04 febbraio 2010

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L’Informazione 1 L Informazione Febbraio 2010 DIRETTORE LUCIANO MIRONE Distribuzione gratuita Periodico di attualità, varietà, sport e costume Tutti devoti tutti...

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1 DIRETTORE LUCIANO MIRONE Febbraio 2010 L’Informazione Febbraio 2010 Distribuzione gratuita

Transcript of 04 febbraio 2010

Febbraio 2010 L’Informazione 1

L’InformazioneFebbraio 2010 DIRETTORE LUCIANO MIRONE Distribuzione gratuita

P e r i o d i c o d i a t t u a l i t à , v a r i e t à , s p o r t e c o s t u m e

Tutti devoti tutti...

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Telefonate dalla provincia di Brindisi, da Palermo, da Chieti, da diversi punti dell’Isola per farci i complimenti su come

facciamo il giornale, e per chiederci di spedire delle copie a domicilio. Molti vogliono “essere informati sugli eventi che si svolgono dalle vostre parti”, ma anche “su determinati fatti di attualità che con le vostre inchieste ci fate conoscere”. I commenti si soffermano soprattutto sulla grafica e sui contenuti di cui, evidentemente, i nostri lettori sono conten-ti. Qualcuno potrebbe storcere il naso e dire: “Pos-sibile che vi abbiano chiamato anche da fuori Sici-lia?”. Vi assicuriamo che è così: quando un giorna-le viene distribuito gratuitamente nei centri dove il flusso di visitatori – non solo di questa regione – è numeroso (pensiamo a Zafferana durante l’Otto-brata, a Bronte durante la Sagra del pistacchio, a Catania durante la festa di Sant’Agata, eccetera), capita di prenderlo gratuitamente nei bar, nelle edicole, nei panifici, nelle macellerie, nei negozi di generi alimentari (insomma nei luoghi di maggio-re ritrovo), di sfogliarlo, di leggerlo e anche, forse, visto l’affetto, di apprezzarlo. E non vi nascondia-mo che queste telefonate di complimenti (con re-lativa richiesta di spedizione) o l’esaurimento delle copie che puntualmente si verifica, ci gratifica e ci ripaga dei sacrifici che facciamo. Ovviamente ac-cettiamo anche le critiche, anzi, se la testata, forse, è migliorata, è perché cerchiamo di essere ricettivi ad ogni tipo di opinione dei nostri lettori. Grazie di cuore. L’Informazione

LE NOSTREGRATIFICAZIONI

L’editoriale

Periodico di attualità, varietà, sport e costume

L’Informazione

Direttore responsabileLuciano [email protected]

Hanno collaboratoBarbara ContrafattoAngelo ContiFederico GiuffridaGiuseppe RussoNorma Viscusi

Progetto graficoLuciano Mirone

FotoFrancesco MironeAss. “Bronte Insieme” Onlus

Impaginazione e StampaTipolitografia TMvia Nino Martoglio, 93Santa Venerina (CT)Tel. 095 [email protected]

Sede: via Fiume, 153 - Belpasso (CT)Tel. 095 917819 - 347 [email protected]

Registrazione del Tribunale di Catanian. 10/2000 dell’11/04/2000

L’Informazione è presente a:Catania, Acireale, Adrano,Belpasso, Biancavilla, Bronte, Motta S. Anastasia, Nicolosi, Paternò, Pedara, Ragalna,S.M. Licodia, Santa Venerina, Trecastagni, Zafferana Etnea.

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ci sia stata una corretta in-terpretazione della volontà dell’elettore, il quale entrava in cabina con la volontà di votare Musumeci ed usciva senza sapere di avere votato Stancanelli”.

In che senso?“La scheda era stampata in maniera tale da non con-sentire un voto disgiunto in maniera corretta, per cui ci siamo visti annullate circa 13mila schede. Se Stanca-

nelli avesse preso il 4,6 per cento in meno, sarebbe stato costretto al ballottaggio. Un ballottaggio che è stato evi-tato perché nei seggi sono state annullate, su precise disposizioni dell’organizza-zione elettorale che faceva capo a Stancanelli, migliaia e migliaia di schede votate Musumeci”.Denunciate delle cose pe-santi.“Noi denunciamo un criterio di interpretazione errato e diverso da quello che andava esercitato. E questo non può che portare alla riconta delle schede. Se dovessero uscire fuori 6, 7mila nuove schede, il ballottaggio sarebbe inevi-tabile”.Può essere più preciso?“Pensiamo che migliaia di voti siano stati dati a Mu-sumeci non nella casella di sindaco ma nella casella della lista del Consiglio comunale, dove pure era presente. In-fatti in Consiglio sono risul-tato il primo degli eletti con 45mila voti. Mentre in un primo momento l’interpre-tazione era chiara circa la vo-lontà dell’elettore, ad un cer-to punto della notte, mentre si procedeva allo sfoglio, l’interpretazione è cambiata diventando penalizzante per

CATANIA, ELEZIONI DA RIFARE?L’ex eurodeputato della Destra, on. Nello Musumeci Il sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli

E se il Tar invalidas-se le ultime elezioni amministrative te-

nutesi a Catania nel giu-gno del 2008? Certamente si andrà al ballottaggio. E dopo? Qualcuno potrà pen-sare che si tratti di un caso di fantapolitica, ma intanto il Tribunale amministrativo regionale – su ricorso di Nel-lo Musumeci, ex presidente della Provincia regionale di Catania ed ex europarlamen-tare, candidatosi alla carica di sindaco – ha deciso la ri-conta delle schede, segno che potrebbe avere riscontrato qualcosa di anomalo nelle operazioni di voto. Ma quali sono stati i motivi che han-no spinto il leader regionale della Destra a presentare ri-corso? Cosa ha denunciato? Quali scenari potrebbero aprirsi? Lo abbiamo chiesto allo stesso Musumeci. Ricor-diamo che le elezioni sono finite con questo risultato: Raffaele Stancanelli 90mila voti (pari al 54,5%), Nello Musumeci 42mila (26%), Giovanni Burtone 18mila (18%).“Il ricorso”, dice l’ex parla-mentare europeo, “chiede-va la riconta delle schede in quasi tutti i seggi della città perché riteniamo che non

L’intervista

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CATANIA, ELEZIONI DA RIFARE?

IL TAR DECIDE DI RICONTARE

LE SCHEDE DELLE ULTIME

AMMINISTRATIVE. PESANTI DENUNCE

DI NELLO MUSUMECI

di Luciano Mirone

si sono organizzati incontri con il candidato Stancanelli interrompendo peraltro un pubblico servizio in alcu-ne strutture. Nei seggi c’era una nutrita e diffusa presen-za di malavitosi, parecchi presidenti di seggio si sono dimessi ancora prima di co-minciare le operazioni di voto, insomma il clima non è stato sereno”.Quindi indirettamente si denuncia una collusione tra mafia e politica.

me e favorevole per Stanca-nelli. Strano, perché questa tendenza è cambiata quando Stancanelli aveva il 48 per cento”.L’ex deputato nazionale dei Comunisti italiani, Orazio Licandro, ha denunciato intimidazioni all’interno dei seggi. “La stessa cosa ho denuncia-to io: sono stato chiamato dal magistrato, ho fatto la mia dichiarazione, ho detto che in campagna elettorale

“No, è un po’ troppo, voglio dire che all’interno dei seggi c’era una presenza interessata di personaggi assolutamente non rispettosi del regolare svolgimento delle operazio-ni”. Adesso cosa potrebbe suc-cedere?“Adesso un apposito comita-to costituito dal prefetto su disposizione del Tar esami-nerà una per una le schede attribuite a Stancanelli su 300 sezioni (su un totale di

330). Ai primi di luglio ci dovrà essere il responso”.Il suo giudizio sulla giunta Stancanelli.“Negativo. Al di là della buo-na volontà di qualche singolo componente, trovo notevole continuità con il passato re-cente”.In caso di ballottaggio farà un’alleanza con il centrosi-nistra?“No. Faccio parte della coa-lizione del centrodestra e in-tendo rispettare gli accordi”.

Catania, il castello Ursino di notte

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Un convegno per dire basta alla cementi-ficazione indiscri-

minata, ma anche per dire che uno sviluppo basato sull’equilibrio fra natura e cemento è possibile, a con-dizione che ci siano delle regole precise da rispettare e da fare rispettare. Questo è quanto si propongono i periodici “L’Informazione” e “Alta frequenza”, la testata web “Sciara”, e la Pro loco attraverso l’organizzazione di un incontro pubblico che si svolgerà il 27 febbraio a Belpasso, e che si prefigge di mettere a confronto la so-cietà civile, l’imprenditoria, l’Università e il mondo po-litico. Lo scopo è quello di tracciare le linee guida di un nuovo modello di sviluppo che abbia nella salvaguardia dell’ambiente, del paesaggio e del centro storico i punti fondamentali di un nuovo tipo di economia. Un con-vegno nel quale si parlerà del Piano regolatore, di certe va-rianti e piani di lottizzazioni che consentiranno una ulte-

riore cementificazione anche delle aree archeologiche e agricole di grande pregio, ma nel quale si tenterà di stila-re un progetto di “sviluppo sostenibile” incentrato sulla valorizzazione dell’esistente da armonizzare con un uso razionale del mattone.

BELPASSO, SVILUPPO SOSTENIBILE“La cementificazione che da qualche anno è facile nota-re nel territorio di Belpasso”, scrivono i promotori dell’ini-ziativa, “incide non solo sul paesaggio, sottoposto a con-tinue modifiche, ma anche sullo sviluppo, che rinunce-rebbe così alla valorizzazione

razionale delle risorse esisten-ti. I centri commerciali che presto potrebbero sorgere anche in aree archeologiche, i capannoni a ridosso del centro abitato, l’abusivismo presente nelle frazioni, sono elementi che meritano at-tenzione per le loro ricadute negative, non solo sulla tra-dizionale vocazione agricola (che per secoli ha garantito sostentamento e ricchezza grazie alla riconosciuta pro-duzione di eccellenza) ma anche sulla futura economia della nostra città che, co-niugando anche agricoltura e turismo potrebbe aprirsi a prospettive interessanti. Un’agricoltura veramente moderna infatti potrebbe essere conciliata con l’agritu-rismo e il turismo rurale nel nostro territorio – con il vul-cano a due passi, le masserie esistenti e un paesaggio fra i più belli e fertili della regio-ne – sarebbe possibile attuare con un’attenta gestione del territorio, basata sulla salva-guardia e sulla valorizzazione delle risorse naturali”.

IL 27 FEBBRAIOUN CONVEGNO PER TRACCIARE LE LINEE GUIDA DI UN MODELLO

ECONOMICO BASATO SULLA SALVAGUARDIA

DELL’AMBIENTE

di Norma Viscusi

L’intervista

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“L’Istituto Ricerca Me-dico Ambientale di Acireale (Irma) esiste

dal 3 agosto 1978 ed ha sem-pre puntato sull’eccellenza, cercando di investire su tec-nologie di avanguardia. Nato come un semplice laborato-rio clinico-diagnostico, dal dicembre 2001 ha fatto il salto di qualità nel campo della medicina di laborato-rio, al punto che oggi ha una strumentazione modernissi-ma nel campo delle geneti-ca, della farmaco-genetica, ed è un punto di riferimen-to nell’Italia Meridionale (e non solo) anche nel settore dell’allergologia. Basti pen-sare che ormai vengono pa-zienti dal Piemonte, dalla Sardegna, e da altre regioni italiane. Mentre prima si an-dava al Nord per fare i con-trolli, adesso dal Nord, molti vengono in Sicilia”.Il dott. Giovanni Tringali è il fondatore dell’Irma, oltre ad esserne il direttore sanitario.Dott. Tringali, In un mo-mento di difficoltà della sa-nità siciliana, il suo Centro si distingue per una attività di eccellenza.

“Abbiamo continuato il no-stro percorso di crescita e di formazione che abbiamo trasmesso anche agli altri medici con corsi frequenti. È un Istituto che fa scuola nel territorio, innovazione, e risolve dei problemi che molti non risolvono perché non utilizzano questa tecno-logia. Vi lavorano 35 unità, tra personale medico e am-ministrativo”.Come è composto il settore sanitario?“In diverse branche. Quello di medicina del lavoro, che si occupa dei test per valu-tare l’esposizione del corpo umano ai metalli pesanti e alle sostanze tossiche, il dosaggio delle droghe, la percentuale di alcol. Poi c’è il settore di microbiologia dove facciamo test all’avan-guardia per quanto riguarda le infezioni virali, batteriche, che eseguiamo con metodi di biologia molecolare: noi non cerchiamo gli anticorpi ma direttamente il genoma del virus o del batterio, quindi siamo in grado di diagno-sticare una infezione virale molto rapidamente. C’è il

L’IRMA D’ECCELLENZAsettore di genetica dove si fa la mappa cromosomica; e di genetica molecolare dove si identificano le mutazioni delle malattie genetiche, per esempio la infertilità maschi-le e femminile. Ci sono poi diversi settori ultra specializ-zati come la flusso citome-tria (ai primi posti a livello nazionale) che stabiliscono le diagnosi di allergia ai far-maci. E la farmaco-genetica che studia il metabolismo del farmaco in relazione alla specifica sostanza assunta”.Può spiegare meglio quest’ultima parte?“Ci sono soggetti che non possono assumere un deter-minato farmaco, non perché reagiscono contro di esso, ma perché quel farmaco si accumula in quanto lo me-tabolizzano in tempi molto più lenti di altri”.Mettiamoci nei panni di un cittadino comune affet-to dalle patologie trattate dal suo Istituto. Cosa deve fare per contattarvi? Quan-to deve attendere? Quanto deve spendere?“Basta fare una semplice telefonata al numero 095

7685411. Prenotata la visita, potrà venire ad Acireale in via Paolo Vasta 158/C dove c’è la sede dell’Istituto. I test non sono assolutamente co-stosi perché siamo accredita-ti col servizio sanitario regio-nale. Ci sono esami che sono a pagamento ma le cifre sono alla portata di tutti”.Quali?“Ad esempio il test sul ca-pello, che siamo gli unici a fare a livello nazionale con la spettrometria di massa, che ha una sensibilità sull’ordine di parti per trilione: un si-stema sensibilissimo per in-dividuare se nell’organismo esiste accumulo di metalli pesanti”.C’è un fiore all’occhiello di cui lei va particolarmente fiero?“Diversi in verità, ma recen-temente abbiamo acquistato uno strumento fondamen-tale come marcatore per il tumore genetico della mam-mella. Si chiama DHPLC. Individua la suscettibilità genetica a contrarre questo tipo di patologia. È un test che in Italia si effettua solo in pochissimi laboratori”.

di Barbara Contrafatto

Medicina

All’avanguardia nel Meridione, l’Istituto Ricerca Medica e Ambientale di Acireale si pone fra le strutture più importanti d’Italia per la diagnosi delle allergie, delle intolleranze e

dei tumori. “Pazienti provenienti anche dal Piemonte, dalla Sardegna e da altre regioni. Un percorso basato sulla formazione dello staff medico”, dice il dott. Giovanni Tringali.

Il dott. Giovanni Tringali direttore sanitario dell’Irma; sopra: lo staff dell’Istituto

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Quattro candidati con l’incognita di un quinto che po-

trebbe sparigliare le carte e sovvertire le previsioni. Ma se è vero che la politica vive di certezze, è anche vero che i pronostici per la poltro-na più alta del Comune di Bronte indicano come ultra-favorito il sen. Pino Firrarel-lo, sindaco uscente della città del pistacchio, soprattutto se si pensa che raramente – sta-tisticamente parlando – un sindaco uscente non viene riconfermato. Ma cosa po-trebbe accadere in questi tre mesi – le elezioni sono previste per maggio – se un fronte compatto che va dalla sinistra al centro fino al Mo-vimento per l’autonomia do-vesse coalizzarsi per tentare di soffiare quella poltrona al senatore? Questa la doman-da che serpeggia in città. E la risposta è sempre la stessa: solo una persona potrebbe essere in grado di spariglia-re tutto: Mario Zappia, 48

anni, medico, area Mpa, ex primo cittadino per due legi-slature. Una sua candidatura viene smentita, almeno per il momento.Ma a Bronte si sussurra che potrebbe essere proprio lui l’asso nella manica del pre-sidente della Regione, Raf-faele Lombardo, il quale, pur di fare uno sgambetto a Firrarello, non scarterebbe un’ipotesi del genere, ma-gari studiando le soluzioni più disparate. Attualmente a Bronte tutto è tranquillo, almeno apparentemente. Ma dietro le frasi di circostanza, dietro la “pax politica” che si percepisce in paese vengono segnalati movimenti da non sottovalutare. L’ufficialità ci dice che i candidati sono l’uscente Pino Firrarello; l’ex sindaco Salvatore Leanza; il consigliere provinciale Aldo Catania; e la consigliera co-munale Enza Meli. Uno di questi, a maggio, siederà sul-lo scranno più alto del palaz-zo municipale.

Bronteelezioni

BRONTE, INCOGNITA ELEZIONI

QUATTRO CANDIDATI CON

L’INCERTEZZA DI UN QUINTO CHE POTREBBE SPARIGLIARE LE

CARTEdi Luciano Mirone

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BRONTE, INCOGNITA ELEZIONIAlle scorse elezioni il senato-re Firrarello vinse al primo turno con 7490 voti (pari al 59%), sbaragliando gli avversari Salvatore Leanza (3026 voti, 23%) e Dario Sammartino (2145; quasi 17%), entrambi apparte-nenti ad un centrosinistra che allora si spaccò clamo-rosamente. Adesso il copio-ne sembra ripetersi: Leanza nuovamente in campo (so-stenuto dalla sinistra più ra-dicale, più l’Italia dei valori) contrapposto alla rappre-sentante del Partito demo-cratico, Enza Meli, che non sappiamo se riconfermerà i consensi ottenuti nella scor-sa tornata dal candidato Ds. Una novità potrebbe essere costituita dal consigliere pro-vinciale del Movimento per

l’autonomia, Aldo Catania: ma riuscirà il rappresentante di Lombardo a confermare i

3mila voti ottenuti alle pro-vinciali? Se ci riuscirà, non saranno sufficienti per bat-

tere la trimurti firrarelliana. Anche perché un altro ele-mento fondamentale peserà in queste consultazioni: il ruolo dell’ex deputato regio-nale dei Democratici di sini-stra, Franco Catania, che 5 anni fa appoggiò il candidato diessino, ma oggi, passato al centrodestra, sosterrà il sen. Firrarello con la lista “Franco Catania”. Nessuno di questi candidati, allo stato, sembra infrangere la leadership del senatore, a meno che non si vada al ballottaggio, oppure che scenda in campo Zappia. A quel punto potrebbe suc-cedere di tutto.

A sin. Bronte di notte; al centro la parte storica della città; sopra la Ducea di Nelson

foto Associazione “Bronte Insieme” Onlus. www.bronteinsieme.it

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Dalle sue mani sono passati migliaia di documenti antichi

sulla storia della chiesa cata-nese e sulle origini del culto e della festa di Sant’Agata. Da tanti anni mons. Adolfo Lon-ghitano, componente del di-rettivo della società di Storia Patria, ricostruisce minuzio-samente le tracce, le testimo-nianze, i frammenti sulla Pa-trona di Catania, cercando di dar loro la giusta collocazione temporale. Mons. Longhitano, come nasce la festa di Sant’Agata?“I documenti attestano che una forma di festa potrebbe avere avuto origine nel pe-riodo successivo alla venuta dei Normanni (circa 1126), ovvero dopo il ritorno delle reliquie in città. Ma il primo vero racconto della festa risale all’inizio del 1500 attraverso il Gran Cerimoniere Alvaro Paternò, cioè dopo ben 1250 anni dal martirio, avvenuto nel 251 dopo Cristo”. E prima?“I Normanni arrivarono a Catania dopo 170 anni di do-minio islamico, un periodo in cui fu cancellata qualsiasi traccia delle testimonianze

cristiane. Anche se ci fosse stata una festa precedente, quei 170 anni l’hanno can-cellata del tutto”. Dunque non esistono testi-monianze precedenti?“Assolutamente no. Gli atti relativi al martirio ci dicono però che dopo un anno dalla morte di Sant’Agata il velo, portato in processione, fermò un’eruzione che stava minac-ciando Catania. Questo di-mostra che già da allora esi-steva una forma di culto. Le notizie sulla festa risalgono tuttavia ad un’epoca notevol-mente successiva”. Cosa accadde nei 170 anni di dominazione islamica?“Era proibito il culto della re-ligione cristiana in pubblico. O meglio, previo pagamento di una tassa, i cristiani pote-vano professare il culto, ma in forma del tutto privata. Sparì la cattedrale, trasforma-ta in moschea o addirittura distrutta. Fu successivamente Ruggero il Normanno ad edi-ficare l’attuale edificio. Quei 170 anni furono sufficienti a far perdere la memoria di una presunta festa esterna”. Anche se non esistono frammenti che attestino

Catania eSant’Agata

SANT’AGATA LA STORIA, LA FESTA l’esistenza di una festa pre-cedente, lei si sente di esclu-derlo categoricamente? “Il termine festa riguarda anche la funzione liturgica, e questa subito dopo il mar-tirio ci fu sicuramente. Altre testimonianze sul culto di Sant’Agata sono due preziose tavolette funerarie, una trova-ta a Catania (e conservata al Louvre di Parigi) riguardante Julia Florentina, una bambi-na di Hibla, l’attuale Paternò, trovata nel cimitero paleo-cristiano dove sorge l’odier-na via Androne, e un’altra rinvenuta ad Ustica in cui si parla di una donna morta nel giorno di Sant’Agata. Da questo si evince che dopo cir-ca sessant’anni dal martirio il culto si diffuse non solo a Ca-tania ma a Ustica e soprattut-to in oriente. Nel 371 dopo Cristo un vescovo della Licia (l’attuale Turchia) parla di un corteo di vergini fatto in ono-re di Sant’Agata”.Cos’era il cimitero paleo-cristiano?“Un luogo di culto per i mar-tiri detto martirium. Il pri-mo luogo di culto in onore di Sant’Agata era ubicato nel sottosuolo dell’attuale via

Androne”. Chi era Julia Florentina?“La lapide risalente all’ini-zio del IV secolo (dopo cir-ca sessant’anni dal martirio) dice che questa bambina fu battezzata in punto di mor-te. Durante il battesimo ci fu una visione in cui fu detto che la bambina doveva ottenere il privilegio di essere seppellita vicino alle tombe dei marti-ri. Nella lapide non si parla di Agata. Ma a quel tempo a Catania c’erano soltanto due martiri, Agata ed Euplo (o Euplio)”. Da tutto ciò cosa si può de-durre?“Che il culto in onore di Sant’Agata risale certamente alle epoche precedenti alla dominazione araba. La stessa cosa, dato che non possedia-mo testimonianze, non può dirsi della festa”.Dopo i musulmani tuttavia la festa esplose splendida-mente.“Dopo, appunto. Probabil-mente la festa non riprese un rito già interrotto, ma fu l’inizio di una cristianità che diede alla città, grazie soprat-tutto al ritorno delle reliquie, una nuova identità”.

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SANT’AGATA LA STORIA, LA FESTA

nel tentativo di conquistare l’isola, fece tappa a Catania, riuscì a trafugare le reliquie e a portarle a Costantinopoli. Trent’anni dopo, i normanni vollero riportarle in città. In epoca medievale possedere le reliquie di un santo era mo-tivo di grandissimo prestigio in tutto il mondo cristiano. Come sostenne il vescovo Maurizio (il secondo vescovo normanno), due militari si re-carono nottetempo a Costan-tinopoli, ripresero le reliquie, le nascosero nelle loro arma-ture, sbarcarono a Taranto, arrivarono ad Acicastello, ac-colti dalle più alte autorità del clero catanese, che le riporta-rono in città. Dai documenti non si deduce che ci fu festa, semmai potrebbe esserci stata un’accoglienza festosa. Quel momento divenne il punto centrale per la ricostruzione dell’identità di Catania. Non dimentichiamo che i catanesi erano un miscuglio di razze e di lingue diverse: dopo la do-minazione islamica, la mino-ranza cristiana era di lingua greca, quindi di rito greco bizantino; i normanni erano francesi. Assieme a loro ven-

Lei esclude che nel corso di quei 170 anni, malgrado i divieti e le proibizioni, la fede in Sant’Agata, seppu-re privatamente, sia stata trasmessa di generazione in generazione?“E’ possibile, ma nell’archivio della cattedrale non possedia-mo documenti che lo attesti-no scientificamente”. Perché fra i due martiri cata-nesi, Sant’Agata e Sant’Eu-plio, fu Sant’Agata ad essere proclamata Patrona?“Euplio subì il martirio dopo Agata. A parte questo, pos-siamo fare delle ipotesi: forse Sant’Agata incarna meglio l’ideale cristiano-popolare perché in fondo è una fan-ciulla di quattordici o quindi-ci anni, inerme, che secondo gli atti del martirio sfida il potere e resiste ai tormenti, diventando l’incarnazione di una debolezza che diventa forza”.Un punto essenziale nella storia della festa, come det-to, è il ritorno delle reliquie a Catania.“Fu il generale bizantino Giorgio Maniace nel 1040 (durante la dominazione araba) che venne in Sicilia

nero tedeschi, piemontesi, liguri, amalfitani, calabresi: erano questi i cristiani-latini che si insediarono a Catania. Insieme con i cristiani di rito greco formarono la cristianità catanese, che trovò il suo rife-rimento in Sant’Agata.”. Da più parti viene sostenu-to che la festa di Sant’Agata sia la prosecuzione del cul-to della dea Iside risalente all’epoca romana. “Si tratta di dicerie che non hanno alcun fondamento sto-rico. Ammesso questo, l’inter-ruzione del periodo islamico cancellò tutto. Si ricominciò con un culto, una devozione e una prassi autenticamente cristiani, elementi che si fu-sero con la cultura catanese e siciliana del tempo”. La prima autentica testi-monianza della festa risale dunque al 1500. Di cosa parla Alvaro Paternò? “Racconta la festa del 3 e del 4 febbraio. Descrive la pro-cessione della luminaria e i carri allegorici del 3 febbraio, grandiose costruzioni a for-ma di piramide che venivano ammirate da tutti i catanesi a prescindere dallo stato so-

ciale. Il 4 febbraio si faceva il giro esterno, la santa girava attorno alle mura poiché la città, essendo medievale, per motivi di difesa non dispone-va di strade larghe e di gran-di piazze. Il 5 la festa veniva celebrata solo in cattedrale. Dal 1844 la santa cominciò ad uscire anche quel giorno: arrivava alla Porta di Aci e fa-ceva ritorno in chiesa”. Qual è l’origine del sacco?“Una leggenda dice che il sac-co sia il residuo della cami-cia da notte usata dai devoti quando le reliquie provenien-ti da Costantinopoli torna-rono a Catania. Secondo la credenza popolare, quella notte, molti catanesi indos-sarono quell’indumento. Ma è una ricostruzione priva di ogni riscontro: storicamente le camicie da notte fecero la loro comparsa nel 1800 in Francia presso le classi aristo-cratiche. Il sacco comincia ad essere documentato a Catania all’inizio del 1500. Alvaro Pa-ternò testimonia che all’epoca erano i nudi (cioè delle perso-ne che indossavano un peri-zoma) a portare la santa. Poi a causa del freddo si comin-ciarono ad usare questi abiti bianchi. Alvaro Paternò criti-ca questa usanza definendola una ‘tentazione del demonio’. Nonostante questo, i nudi scomparvero e si affermò il sacco bianco, che secondo la cultura cristiana sono il sim-bolo della purezza”.Lei ritiene che sulla storia di Sant’Agata esistano testi-monianze non ancora sco-perte?“Certamente. Se ne potreb-bero trovare tante, però biso-gnerebbe cercarle. Oggi è dif-ficile: a Catania la parte anti-ca è stata coperta dalle varie epoche, mentre dagli anni ’60 in poi una urbanizzazione sel-vaggia ha relegato nell’oblio tante testimonianze preziose e straordinarie”.

MONS. ADOLFO

LONGHITANO DESCRIVE LE ORIGINI E IL

CULTO DELLA PATRONA DI

CATANIAdi Norma Viscusi

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Da vent’anni è il ret-tore della candelora dei pescivendoli, il

responsabile di uno dei cerei più popolari ed antichi del-la festa di Sant’Agata. Il suo compito è quello di dirigere i portatori sia quando sfilano a passo di danza nei giorni che precedono la festa, sia quando dal 3 febbraio vanno in processione in modo più sommesso per le vie citta-dine. Una carica importan-te che Giuseppe Pidatella, pescivendolo da almeno tre generazioni, ha ereditato dal cugino Salvatore Romeo, il quale, “vedendomi così ap-passionato, cedette la sua ca-

rica con l’avallo di tutti i pe-scivendoli devoti”. “Si fece una riunione dove si decise che sarei stato io il nuovo re-sponsabile della candelora. Il mio compito è quello di co-ordinare il giro, evitare inci-denti e rispettare l’orario.Dal 3 febbraio la sfilata si trasforma in processione, non c’è più musica e tutto viene svolto in forma più composta: da quel momento mi devo attenere alle diret-tive della chiesa. Per soste-nere un onere del genere ci vuole disponibilità, tempo e passione”. “Appartengo ad una famiglia di pescivendo-li del quartiere degli Angeli

CANDELORE, BAROCCO IN MOVIMENTO

INTERVISTA A GIUSEPPE PIDATELLA,

RESPONSABILE DEL

CEREO DEI PESCIVENDOLI

di Luciano Mirone

Catania eSant’Agata

foto Francesco Mirone

foto Francesco Mirone

Febbraio 2010 L’Informazione 13

CANDELORE, BAROCCO IN MOVIMENTOCustodi dove l’usanza del-la candelora è sempre sta-ta molto sentito. Vedeste i bambini quando passiamo, ‘Sta passannu a cannilora de’ pisciari’, è una festa. Nel mio rione sono tutti marinai, pe-scatori, cuzzulari (venditori di cozze), appartengono alla categoria dei pescivendoli. Quando passa il cereo scatta un senso di orgogliosa ap-partenenza”.“Un tempo la candelora ve-niva conservata alla pesche-ria, sotto il famoso tunnel, dove il cereo restava nei gior-ni dei festeggiamenti, poi as-sieme agli altri cerei veniva

conservato per tutto l’anno nella chiesa di San Nicola. Successivamente le cande-lore furono trasferite nella chiesa di Sant’Agata la Vete-re. Dopo il terremoto del 13 dicembre 1990 si è deciso di lasciarle al mercato ittico”.“Mi rendo conto che le sfi-late che precedono i giorni dei festeggiamenti hanno un carattere folcloristico, ma al tempo stesso penso che in ogni devoto esista una componente religiosa: origi-nariamente ogni ceto socia-le, attraverso la candelore, esprimeva grande devozione verso Sant’Agata donandole

un cereo. Questa devozione è stata trasmessa di genera-zione in generazione come memoria storica”. “Rispetto a un tempo la festa è cam-biata parecchio”.“Oggi c’è più partecipazio-ne. Una volta c’era più di-sciplina, soprattutto nella Salita di San Giuliano”. “La candelora dei pescivendoli risale al Settecento, non ha uno stile barocco ma roco-cò. Viene portata a spalla da otto uomini che sfilano a suon di musica. Uomini ner-boruti che, contrariamente a

quanto si pensi, non appar-tengono alla categoria che rappresentano. La loro carat-teristica deve essere la forza. Una volta erano i portuali a sostenerne il peso, gente abituata a sopportare carichi di oltre cento chili. Oggi a portare il cereo sono persone che fanno altri mestieri di fa-tica: c’è chi trasporta piano-forti, chi mobili, chi cucine a gas. A fine serata hanno le pieghe. Eppure dall’indoma-ni i portatori hanno la forza di volontà di mettere il legno sulla ferita”.foto Francesco Mirone

Febbraio 2010 L’Informazione14

È uno dei luoghi più caratteristici di Ca-tania. Uno dei posti

dove da oltre un secolo i ca-tanesi (ma anche molti fo-restieri) consumano un rito piacevole e magico perché piacevoli e magiche sono cer-te atmosfere fatte di colori, di sapori, di profumi. Colori sa-pori e profumi che il bibitaro trasforma in sciroppi diluiti in fiumi di acqua frizzante o di “acqua seltz”, dandoti la sensazione di assaporare un pezzo di Sicilia dove le essen-ze di arancia, di limone e di mandarino sono gli elementi prevalenti. Il chiosco delle bi-bite. Dove si possono gustare bevande come il mandarino al limone; il seltz, limone e sale; lo sciampagnino; il ta-marindo, il mandarino verde, ed altre deliziose combina-zioni tratte dalla fantasia del gestore. Il prezzo di un drink oscilla: 75-80 centesimi a 2 euro. A Catania, di chioschi, ce ne sono tanti, sparsi nei punti più disparati. Quel-li più antichi si trovano nel centro storico. Risalgono al periodo a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, epoca in cui i venditori di acqua e zammù (anice) – diretti discendenti

dei progenitori che si stan-ziarono in Sicilia nel periodo della dominazione araba – decisero di sostituire l’antico carretto con eleganti strutture liberty che ben si integravano con l’architettura barocca del-la città. Il nostro “viaggio” in tre chioschi storici di Catania inizia da piazza Spirito Santo, alle spalle di piazza Stesicoro, dove incontriamo Umberto Costa, discendente del fon-datore della struttura, che fu il nonno. A proseguire fu il padre, adesso c’è lui, dedito a tempo pieno a questa attività e alla produzione di sciroppi nel laboratorio attiguo, aiuta-to dal giovane Walter Gioco. “Alla fine dell’Ottocento”, dice, “mio nonno costruì due bellissimi chioschi di marmo bianco con colonne e tetto in ghisa abbellito da vetri colo-rati. Continuò fino al 1928. Poi il podestà decise di farli sgombrare perché secondo lui deturpavano il centro sto-rico. Ci spostammo qui”. Da allora la struttura è ubicata nel cuore del vecchio San Be-rillo, il popolare quartiere che negli anni Sessanta subì un grosso sventramento dal qua-le fu ricavato il corso Sicilia. Stretto fra le case antiche e i palazzi moderni, il chiosco è

LA SICILIA A COLORI

testimone di un cambiamen-to urbanistico che ha deter-minato un cambiamento an-tropologico dei suoi abitanti: l’umanità che quotidiana-mente transita da qui non è uniforme come in altre zone, ma ibrida e variegata, come il rione. C’è il personaggio “martogliano” che convive col “fighetto” del pub, la bel-la ed elegante signora con il bullo che sgomma, scende dalla macchina (camicia sbot-tonata, collana d’oro, pancia in fuori) e con fare perento-rio ordina ‘u sciampagninu. Ne sono passate di persone da qui, persone comuni ma anche importanti, Giampie-ro Mughini, Rocky Roberts, Massimo Lopez, Pippo Pat-tavina, ma basta immaginare quel periodo splendido della Catania di fine Ottocento ed inizio Novecento, per com-prendere che dai chioschi di piazza Stesicoro il vecchio don Umberto Costa avrà vi-sto passare uomini come Gio-vanni Verga, Luigi Capuana, Federico De Roberto, Nino Martoglio, Giuseppe De Feli-ce, Giovanni Grasso, Angelo Musco. Anche loro desidero-si di rinfrescarsi la gola con l’acqua frizzante prelevata a quel tempo dalla sorgente

dell’acqua grassa di Paternò e portata fino a Catania dentro i bummuli caricati sui carret-ti. “Da quando il quartiere è stato sventrato”, dice Costa, “si lavora meno. Prima era un’altra cosa. C’era il mercato che si estendeva fino a questa zona e veniva molta più gen-te”. Il signor Umberto mostra con orgoglio un bel libro su Catania che dedica un capi-tolo al chiosco. Apre il casset-to e prende una lettera prove-niente dall’Olanda: “E’ di un turista che venne a Catania e restò colpito favorevolmen-te da una bibita fatta da me.

Paternò eSanta Barbara

VIAGGIO NEI CHIOSCHI

DELLE BIBITE DI CATANIA. I PERSONAGGI.

LE STORIEdi Luciano Mirone

Umberto Costa, gestore del chiosco di piazza Spirito Santo

Un chiosco fra gli anni ‘50 e ‘60

Costume

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LA SICILIA A COLORIC’è scritto: ‘Grazie per aver-mi fatto assaporare un pezzo della sua isola”.Attraversi la via Etnea, ar-rivi all’altezza della villa Bellini, svolti l’angolo e sei in via Umberto. Dopo circa trecento metri, in piazza Vit-torio Emanuele, ecco un altro glorioso chiosco, quello della famiglia Giammona, an-che questo risalente alla fine dell’Ottocento. I capitelli di marmo sono quelli origina-li, il resto (sempre in marmo bianco) benché ristrutturato, riproduce fedelmente l’im-pianto di un tempo. Il tetto è ornato da una copertura in legno, tipico esempio di architettura liberty, abbellita ed arricchita da lastre di ve-tro colorato. A gestirlo sono i sei fratelli Giammona, di-scendenti da don Francesco che circa settant’anni fa lo rilevò dal primo proprietario e lo lasciò in eredità al fratello Salvatore, da un anno passato a miglior vita. “Il chiosco”, afferma Roberto Giammo-na, 36 anni, “è il punto di riferimento di molti catanesi desiderosi di far vedere agli ospiti provenienti da altre città i posti più caratteristici di Catania. Fra i personaggi conosciuti sono passati Fran-co Battiato, Francesco Pao-lantoni, Vittorio Sgarbi che venne di notte e chiese un ta-marindo”. “Facciamo decine di bibite: le più richieste sono il mandarino verde (in in-

verno) e il seltz, limone e sale (in estate), con una costante vendita del Completo che vie-ne fatto con orzata, limone e arance”. Da cinque anni la famiglia imbottiglia lo “Sci-roppo Giammona” (quindici prodotti derivati soprattutto dagli agrumi), venduto nei mercati siciliani, nazionali ed esteri, specie in Francia e ne-gli Stati Uniti. “La richiesta è buona”, afferma Roberto, “col tempo pensiamo di au-mentare la produzione”.Ultima tappa: piazza Borgo. Il chiosco dei fratelli Salvo e

Vittorio Consoli, famoso per la Bevanda del cardinale, una bibita a base di macedonia e spremuta d’arancia, ma an-che per i frappé alla nutella e alla fragola. La struttura resta aperta dalle 9 di mattina alle 3 di notte, “ma nei giorni di Sant’Agata”, dicono i titolari, “non chiude mai”. Anche da qui, nel corso degli anni (cir-ca un secolo, secondo i pro-prietari), un mare di umanità consuma un rito che agevo-la gli incontri e le amicizie. Anche da qui sono passate persone famose che hanno

chiesto le bibite più dispara-te, da Vincenzo Spampinato a Marcella Bella, da Lello Arena a Valentina Persia. An-che da qui – dopo essere stato dai Giammona – è transitato Vittorio Sgarbi. “Quando lo vedemmo”, dicono alcuni frequentatori del locale e del-la piazza, “lo avvicinammo per lamentarci che i lavori della piazza erano stati so-spesi a tempo indeterminato. Il giorno dopo ripresero ala-cremente e in poco tempo la piazza fu ultimata. Sarà stata una coincidenza”.

Un chiosco fra gli anni ‘50 e ‘60

Il famoso chioso “Giammona” di piazza Vittorio Emanuele

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