News letter Febbraio 2010

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Numero 4 Numero 4 Febbraio 2011 Febbraio 2011 LA SICUREZZA DEI LA SICUREZZA DEI LA SICUREZZA DEI SISTEMI NUCLEARI SISTEMI NUCLEARI SISTEMI NUCLEARI IL FUTURO SOSTENIBILE DEI IL FUTURO SOSTENIBILE DEI IL FUTURO SOSTENIBILE DEI POPOLI DEL BACINO DEL POPOLI DEL BACINO DEL POPOLI DEL BACINO DEL MEDITERRANEO MEDITERRANEO MEDITERRANEO-MAR NERO MAR NERO MAR NERO GESTIONE E CONSERVAZIONE GESTIONE E CONSERVAZIONE GESTIONE E CONSERVAZIONE DELLA BIODVERSITA’ DELLA BIODVERSITA’ DELLA BIODVERSITA’ ACQUA: SCARSITA’ O ACQUA: SCARSITA’ O ACQUA: SCARSITA’ O ABBONDANZA? ABBONDANZA? ABBONDANZA? NEWS LIBERAMBIENTE NEWS LIBERAMBIENTE NEWS LIBERAMBIENTE I LED: NUOVA FRONTIERA PER I LED: NUOVA FRONTIERA PER I LED: NUOVA FRONTIERA PER L’ILLUMINAZIONE PUBBLICA L’ILLUMINAZIONE PUBBLICA L’ILLUMINAZIONE PUBBLICA

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News letter Febbraio 2010 liberambiente

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Numero 4Numero 4 Febbraio 2011Febbraio 2011

LA SICUREZZA DEI LA SICUREZZA DEI LA SICUREZZA DEI SISTEMI NUCLEARISISTEMI NUCLEARISISTEMI NUCLEARI

IL FUTURO SOSTENIBILE DEI IL FUTURO SOSTENIBILE DEI IL FUTURO SOSTENIBILE DEI POPOLI DEL BACINO DEL POPOLI DEL BACINO DEL POPOLI DEL BACINO DEL MEDITERRANEOMEDITERRANEOMEDITERRANEO---MAR NEROMAR NEROMAR NERO

GESTIONE E CONSERVAZIONE GESTIONE E CONSERVAZIONE GESTIONE E CONSERVAZIONE DELLA BIODVERSITA’DELLA BIODVERSITA’DELLA BIODVERSITA’

ACQUA: SCARSITA’ O ACQUA: SCARSITA’ O ACQUA: SCARSITA’ O ABBONDANZA?ABBONDANZA?ABBONDANZA?

NEWS LIBERAMBIENTENEWS LIBERAMBIENTENEWS LIBERAMBIENTE

I LED: NUOVA FRONTIERA PER I LED: NUOVA FRONTIERA PER I LED: NUOVA FRONTIERA PER L’ILLUMINAZIONE PUBBLICAL’ILLUMINAZIONE PUBBLICAL’ILLUMINAZIONE PUBBLICA

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Newsletter n.4 Febbraio 2011 SOMMARIOSOMMARIOSOMMARIO

Presidente Liberambiente Presidente Liberambiente

Roberto TortoliRoberto Tortoli

Direttore Responsabile Direttore Responsabile

Antonio GaspariAntonio Gaspari

Vice Direttore Responsabile Vice Direttore Responsabile

Giorgio StracquadanioGiorgio Stracquadanio

Marcello InghilesiMarcello Inghilesi

Direttore Editoriale Direttore Editoriale

Fernando FracassiFernando Fracassi

Segreteria di RedazioneSegreteria di Redazione

Stefania ZoppoStefania Zoppo

Hanno collaboratoHanno collaborato

Antonio GaspariAntonio Gaspari

Roberto RussoRoberto Russo

Giuseppe QuartieriGiuseppe Quartieri

Giuseppe CognettiGiuseppe Cognetti

Ferruccio MaltagliatiFerruccio Maltagliati

Andrea AngeliAndrea Angeli

ACQUA: SCARSITA’ O ABBONDANZA? di Antonio Gaspari

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Pagina 2 Informazione, Ecologia, Libertà - Newsletter n. 4 — Febbraio 2011

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IL FUTURO SOSTENIBILE DEI POPOLI DEL BACINO MEDITERRANEO-MAR NERO di Roberto Russo

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LA SICUREZZA DEI SISTEMI NUCLEARI di Giuseppe Quartieri

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LIBERAMBIENTE NEWS Notizie Ambientali da tutto il Mondo 12

www.liberambiente.com

GESTIONE E CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSITA’ di Giuseppe Cognetti e Ferruccio Maltagliati

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I LED: NUOVA FRONTIERA PER L’ILLUMINAZIONE PUBBLICA di Andrea Angeli

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ACQUA: ACQUA: ACQUA: SCARSITA’SCARSITA’SCARSITA’ OOO ABBONDANZAABBONDANZAABBONDANZA??? di Antonio Gaspari

N on c’è riunione internazionale dove non ci sono persone che profetizzino un futuro di scarsità di acqua, con scenari catastrofici dove diverse nazioni entrano in guerra per

il controllo dei fiumi e delle fonti idriche. Il Population Report ha scritto che quella dell’ac-qua è "la situazione più critica, per quanto riguarda le risorse naturali". Il rapporto ambientale dell’Unesco sulla meteorologia e l'educazione ha scritto che stiamo andando verso un "pianeta senza acqua". Il World Watch Institu-te dice che la scarsità di acqua potreb-be scatenare uno shock come quello del petrolio negli anni settanta, e l’au-mento prepotente del prezzo dell’ac-qua potrebbe condizionare lo sviluppo di diversi Paesi. Ma qual è la situazione reale? É vero che ci sono zone del pianeta dove la disponibilità di acqua è scarsa e zone dove invece è abbondante, ma questo è vero per tutte le risorse naturali. É vero anche che il consumo di acqua a livello mondiale è quadruplicato dal 1940. Durante il ventesimo secolo l’uso delle acque è cresciuto da 330 Km³ a circa 2.100 Km³, ma molte delle attuali previsioni sono sovrastimate fino ad un massimo del 100%. Nono-stante questo aumento dei consumi è paradossale indica-re la Terra come un pianeta dove è scarsa la disponibilità di acqua. Il nostro pianeta e l’unico del sistema solare, e non solo, dove l’acqua si trova in dimensione sovrab-bondante ed in forma liquida. Negli altri pianeti l’acqua, se c’è, si trova in forma ghiacciata. Per questo motivo la terra è indicata come il “Pianeta Blu”. Nessuno dei pia-neti del nostro sistema solare ha tanta acqua come la terra. E, per quanto ne sappiamo, nemmeno altri pianeti più lontani hanno tanta acqua come la Terra. Il 71% del-la superficie terrestre è coperta dall’acqua, con una quantità stimata di 13,6 miliardi di Km³. Il 97,2% dell’-acqua presente sulla terra è salata e giace negli oceani, il 2,15% dell’acqua dolce è ghiacciata e sta nei poli Nord e Sud. L’umanità e parte della flora e della fauna dipendo-no soprattutto dallo 0,65% dell’acqua dolce di cui lo 0,62% giace in fonti sotterranee. Queste fonti si rinnova-no secondo il ciclo idrogeologico. Il sole fa evaporare l’acqua, il vento raffredda il vapore acqueo e fa muovere le nuvole che rilasciano il loro contenuto in pioggia, o neve. L'80% delle precipitazioni cade in mare. Il 60% dell'acqua che cade sulla terraferma viene restituita al-l'atmosfera attraverso l'evaporazione e la traspirazione delle piante; il restante 40% alimenta i deflussi nei fiumi e nelle falde sotterranee; questi, in gran parte, tornano al mare e solo un 25% (circa 10 mila miliardi di metri cubi l'anno), trattenuto da dighe e sbarramenti o captato da pozzi e sorgenti, è a disposizione dell'uomo. Si tratta di una quantità limitata, ma comunque sufficiente a soddi-

sfare l'intera popolazione del globo se questa risorsa fos-se ugualmente distribuita. L’acqua che torna al suolo alimenta i fiumi, i laghi e le fonti sotterranee. Parte di quest’acqua ritorna al mare e parte rimane nel sottosuo-lo. Il totale delle precipitazioni è pari a 113.000 Km³ di

cui, si presume, che 72.000 Km³ evaporino subito, così che 41.000 Km³ rimangono ogni anno a dispo-sizione del ciclo idrogeologico. Non si tratta di una piccola quantità per-ché è pari ad un volume che, se di-stribuito sulla superficie delle terre emerse, le coprirebbe con almeno 30cm di acqua. Cioè, se consideria-mo l’acqua delle precipitazioni che rimane nel suolo, questa potrebbe

sommergere tutte le terre emerse per almeno trenta cen-timetri. In realtà, quindi, non esiste un’emergenza “acqua” sul pianeta. Esistono invece problemi di dispo-nibilità. Ci sono luoghi dove l’acqua è sovrabbondante e luoghi dove scarseggia. Parte dell’acqua cade infatti in luoghi remoti dove l’uomo non c’è, come per esempio nel Bacino delle Amazzoni, in luoghi sperduti dell’Afri-ca nera, nel luoghi lontani del Nord e Sud America o dell’Asia. Bisogna inoltre considerare che molta di que-sta acqua cade in periodi relativamente brevi. In Asia l’80% delle piogge avviene tra Maggio e Ottobre. Dal punto di vista geografico le fonti di acqua accessibili sono stimate in 32.900 Km³. Le dighe catturano dai fiu-mi circa 3.500 Km³. Dal confronto di tutti i dati raccolti si stima che l’acqua disponibile è di 12.500 Km³, il che equivale a 5.700 litri di acqua per ogni singola persona sulla terra per ogni giorno. Giusto per avere un’idea dei consumi, attualmente ogni persona che vive nell’Unione Europea usa circa 556 litri di acqua al giorno. Uno statu-nitense consuma 1.442 litri di acqua al giorno. Se si guardano i grafici con il consumo di acque bisogna inol-tre considerare che la maggior parte dell’acqua ritorna nel ciclo dopo essere stata utilizzata. Anche quella che beviamo. Per esempio sia nell’UE che negli USA il 46% dell’acqua che viene utilizzata per la generazione ener-getica ritorna successivamente nel ciclo in forma liqui-da, mentre una altra parte si volatilizza in forma di vapo-re acqueo. L’industria per esempio rilascia fino al 90% dell’acqua che utilizza. Anche l’agricoltura ha un mar-gine compreso tra il 30 ed il 70 di acque che tornano nei fiumi, nei laghi, nei bacini. Acqua che nei paesi avanzati viene filtrata e riutilizzata dai depositi acquiferi. Dal punto di vista della disponibilità l’uso dell’acqua am-monta al 17% del totale e anche se fossero vere le cifre sul consumo futuro questa percentuale salirebbe fino al 22%. In ogni caso è evidente che le risorse attuali posso-no garantire l’utilizzo fino a 2000 litri per giorno per abitante della terra per i prossimi cento anni.

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IL FUTURO IL FUTURO IL FUTURO SOSTENIBILESOSTENIBILESOSTENIBILE DEIDEIDEI POPOLI POPOLI POPOLI DELDELDEL BACINOBACINOBACINO DELDELDEL MEDITERRANEO MEDITERRANEO MEDITERRANEO ––– MAR NERO MAR NERO MAR NERO di Roberto Russo - FISPMED ONLUS

Q uando in un’intera regione del mondo scoppia-no quasi contemporaneamente dei moti per cause immediate diverse ciò significa che il vero detonatore della crisi è una causa più am-

pia e profonda anche se magari meno evidente. Fu così in Europa nel 1848, quel “quarantotto” che in varie lin-gue, tra cui la nostra, è divenuto sinonimo di caos, di improvviso sconvolgimento genera-le. In quella circostanza si trattò dell’inizio del-l’esaurimento degli e-quilibri fissati al Con-gresso di Vienna. L’in-treccio tra crisi econo-mica e cambiamenti climatici rischia di acu-tizzare tutte le contrad-dizioni sociali ed ecolo-giche dei popoli che si affacciano sul mar Me-diterraneo. Primi tra tutti i fenomeni migratori. La sfida è quella di affrontare e superare la crisi economica salvaguardando il mare, le coste, la biodiversità attraverso scelte di economia soste-nibile e duratura, facendo cioè della tutela delle risorse naturali un’occasione di lavoro, di scambi e di ricerca scientifica. La condizione principale è che si lavori per far incontrare le nazioni mediterranee. E lo sguardo do-vrà essere rivolto certamente all’Europa ma anche all’A-frica, ai paesi maghrebini e all’area vasta dell’est euro-peo. Servono politiche nuove e azioni comunemente ragionate e scelte dei governi delle nazioni mediterrane-e. A tutto questo si aggiunge il perdurare della crisi eco-nomica internazionale che ovviamente colpisce anche le economie della riva sud del Mediterraneo, e ben più du-ramente che in paesi ad alto reddito come il nostro. L’I-talia può svolgere una importante funzione per favorire scambi culturali, economici e tecnologici. Le nuove spe-cificità delle politiche nell’area del Mediterraneo assu-mono un aspetto decisivo per il nostro paese e per l’Eu-ropa: migrazioni, sostenibilità ambientale. L’Italia è il più mediterraneo dei membri del G8. Deve certo fare non da sola ma insieme all’intera Unione europea e al grande alleato d’Oltreatlantico. Occorre però che si at-trezzi per essere in grado di assumere,ogni volta che sia opportuno, quel ruolo di antesignano nel processo di sviluppo condiviso della regione mediterranea che per vari motivi nessun altro può svolgere, o perché troppo forte o perché troppo debole. È da prospettare una ideale area di scambio per tecnologie sostenibili utili/indispensabili per agricoltura,

le fonti rinnovabili, l’acqua, il turismo, lo sviluppo del commercio e del sistema delle piccole imprese, lo svi-luppo delle risorse umane, la cooperazione transfronta-liera. E altro ancora. E il Mezzogiorno potrebbe avere un ruolo nuovo e dinamico. D’altronde i primi bersagli di tali conflitti non possono però che essere i regimi al

potere. Sia chiaro: per quante giustificate cri-tiche si possano fare a tali regimi non è affatto garantito che la loro repentina caduta apra a un roseo futuro. Il ri-schio di cadere dalla padella di una dittatura comunque laica alla brace dell’islamismo non è remoto. Ma al contempo Il Mare Me-diterraneo è un’area che, nonostante le dif-ficoltà e le incompren-sioni che oggettiva-

mente la stanno attraversando, ha tutte le potenzialità per essere un fattore di pace, stabilità e dialogo tra reli-gioni e culture. A dirlo è la storia perché nel corso dei secoli, nonostante guerre e scontri, il Mare nostrum è stato anzitutto il luogo privilegiato dell’incontro tra cul-ture e religioni diverse. Oggi più che mai, in una fase storica segnata da reciproche diffidenze e incomprensio-ni tra Occidente e Oriente, tra Europa e mondo arabo, è necessario che tutti i Paesi mediterranei si uniscano nel tentativo di superare le divisioni. Occorre sostenere quindi un partenariato globale Euromediterraneo-Mar Nero per uno sviluppo sostenibile, economico, sociale e ambientale, al fine di trasformare questo bacino in uno spazio comune di pace, di stabilità e di prosperità attra-verso il rafforzamento del dialogo politico e sulla sicu-rezza. Il nostro Paese deve dotarsi, di conseguenza, di uno strumento che concretizzi, in sintonia con la politica estera in materia di ambiente e sviluppo, la componente ambientale e territoriale nel processo di dialogo e di co-stituzione di riferimenti sociali ed economici nell’area euromediterranea. Nei suoi rapporti con gli altri Paesi del Mediterraneo meridionale e orientale, l’Italia deve spingere l’Unione Europea a trovare un modo migliore per lavorare insieme ai Governi in modo da proteggere gli interessi europei senza fornire legittimazione a siste-mi repressivi. Sarà l’ora del rilancio dell’Unione per il Mediterraneo? Gli elementi oggettivi non ci fanno ben sperare che questa istituzione possa essere la soluzione ma, dobbiamo crederci e adoperarci affinché lo sia!

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LA SICUREZZA LA SICUREZZA LA SICUREZZA DEIDEIDEI SISTEMI NUCLEARI SISTEMI NUCLEARI SISTEMI NUCLEARI di Giuseppe Quartieri University L.U.de.S. LUGANO, Galilei2001, ANFeA—IBR University Tampa - USA

N ella società tecnologica avanzata, la riduzione del rischio ed aumento della sicurezza sono gli aspetti prioritari del benessere della socie-

tà anche soprattutto perché non esiste alcuna possibilità di rischio zero per i lavoratori, il pubblico e l'ambiente. Al-cuni hanno definito la società moderna come la “risk society”: la società del rischio. La sicurezza è antico argo-mento di etica e morale pro-gettuale. Alcuni archeologi del secolo scorso hanno ri-trovato una stele egizia, la cui datazione si aggira a cir-ca 4000 anni prima di Cristo, in cui si descrive il processo progettuale architettonico di grandi opere quali le “piramidi” e si sottolinea che la qualità e la sicurezza (anche forse soprattutto in termini dei lavoratori) è fatto squisitamente progettuale ed ingegneristico e non solo controllo a posteriori. La fisica ed in genere la scienza ha dovuto sempre affrontare problemi di etica della professione, soprattutto nel campo della sicurezza. Ne-gli ultimi decenni i problemi morali si sono spostati nell'ambito della biologia e della coscienza dei biologi, biochimici e biomedici. In questi camio dell’etica della scienza sono impegnati ad esempio le Società di fisici e scienziati quali Galilei2001, oppure ANFeA, IEO ecc. Gli obiettivi dei principi di sicurezza sono quelli di proteggere la popolazione e l'ambiente da effetti allarmanti e critici delle radiazioni ionizzanti. In que-sto ambito i 10 principi fondamentali per la sicurezza e per la protezione della popolazione e dell'ambiente dalla radiazioni e da incidenti degli impianti nucleari (normali o di potenza) installati a scopi pacifici, oltre al relativo trasporto di materiale radioattivo e gestione delle relative scorie, sono: 1. Responsabilità della sicurezza. 2. Ruolo del Governo. 3. “Leadership” e gestione manageriale per la sicu-

rezza. 4. Giustificazione della esistenza degli impianti e

delle loro attività. 5. Ottimizzazione della protezione. 6. Limitazione dei rischi direttamente agli individui. 7. Protezione delle generazioni presenti e future. 8. Prevenzione dei guasti e degli incidenti. 9. Preparazione e risposta all’emergenza. 10. Azioni protettive atte a ridurre i rischi di radiazioni

e sistemi e non regolamentati.

Nel 1960, Farmer della United Kindom Atomic E-nergy Agency eseguì la quantificazione degli obiettivi di sicurezza in campo degli impianti nucleari: il con massimo permissibile di incidenti seri e critici è fun-zione decrescente della severità degli incidenti. Gli obiettivi di sicurezza definiti da Farmer sono:

1. La popolazione che vive vi-cino agli impianti nucleari deve essere adeguatamente protetta da potenziali conseguenze di rischi in modo che nessun individuo possa correre rischi addizionali per a propria vita o per la propria salute a causa del cattivo funzio-namento di impianti nucleari. 2. Il rischio collettivo per la vita e la salute a causa del fun-zionamento di impianti nucleari deve essere paragonabile o al di sotto del rischio corso dalla po-polazione per la produzione di

energia elettrica da fonti alternative e non devono contribuire ad aumentare, in modo significativo, i rischi collettivi.

3. La probabilità di morte immediata di un individuo che vive vicino all'impianto nucleare a causa di un incidente critico non deve eccedere un millesimo della probabilità di morte immediata dovuta ad altri tipi di incidenti nella popolazione (americana, europea ecc.).

4. La probabilità di morte, per cancro indotto, di un individuo che appartiene alla popolazione che vive vicino al sito di una centrale nucleare e che può essere dovuta al funzionamento della centrale nu-cleare stessa, non deve eccedere un millesimo del-la probabilità di morte cumulativa immediata im-putabile a cancro indotto da altre cause.

5. I benefici per la società umana dalla riduzione ad-dizionale di mortalità deve essere paragonabile al risparmio finanziario e radiologico sulla base della misura standard di 100 Euro per uomo-rem.

6. La probabilità di un incidente critico di un impian-to di reattore nucleare che finisca con la fusione termica del cuore (nocciolo) deve rimanere inferio-re a 10-5 per anno di funzionamento del reattore.

LE CENTRALI NUCLEARI Le centrali nucleari sono sostanzialmente delle Centra-li Termoelettriche che utilizzano uno o più reattori nu-cleari a fissione; la differenza sostanziale sta nel tipo di combustibile e di processo tecnologico che viene uti-lizzato per fornire calore e formare il vapore da inviare alle turbine.

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La prevenzione della sicurezza delle Centrali Nucleari significa prevenire la fuoriuscita di prodotti fissili e quindi affrontare successivamente il problema della radioprotezione. La Sicurezza di una centrale nucleare è la probabilità che non si verifichi un incidente critico del reattore nucleare a fissione. La “sicurezza” scienti-fica e tecnologica, include due aspetti e due concetti di base, che, in lingua anglosassone (che in questo caso dimostra di essere più flessibile della lingua italiana), sono la: 1) “Safety” 2) “Security”. Questa distinzio-ne è alla base dell’approccio della IAEA, Ente dell’O-NU, che si interessa e controlla la sicurezza delle cen-trali nucleari sulla Terra. Le relazioni fra “safety” e “security” sono mostrate nelle Fig. 1 e 2. (Fonte IAEA).

Gli attuali reattori nucleari (NPP) della terza genera-zione avanzata hanno raggiunto dei livelli di sicurezza e di “security “ veramente eccelsi che si sono evoluti e migliorati durante le fasi di progetto, sviluppo, costru-zione e lavoro operativo. La prevenzione di accidenti ossia di incidenti critici e catastrofici è quindi al massi-mo dello stato dell’arte. Gli approcci classici alla sicu-rezza basati sul principio di semplicità e sulle ridon-danze sono stati migliorati con l’impiego di forze natu-rali quali gravità, circolazione naturale dell’aria, diffe-renza di pressione nei gas, convezione ecc. I valori teorici raggiunti dai due parametri fondamentali - la frequenza di danneggiamento del cuore del rettore (CDF) e la frequenza di grandi rilasci di materiali fissi-li e radioattività – sono diventati valori ottimali che consentono di affermare che la sicurezza delle Centrali

Nucleari è sostanzialmente perfetta. Per primo passo si definiscono gli obiettivi di sicurezza del sistema (centrale nucleare) in esame quindi si passa alla analisi della progettazione e realizzazione degli aspetti di si-curezza previsti. La “sicurezza” (safety/security) rispecchia un approc-cio scientifico e tecnologico e non un approccio politi-co, psicologico e sociologico e meno che mai religioso e fideistico. L’eccezione prevista ma non del tutto in-clusa, per ragioni di spazio tempo, è la “security” ossia la ineluttabile considerazione progettuale di possibilità di intrusioni, sabotaggi, terrorismi vari e via di seguito, al fine di tenere in debito conto gli effetti dell’attentato del “11 Settembre 2001”. Sicurezza è il raggiungimento di opportune condizioni operative, di prevenzione di incidenti o mitigazione delle conseguenze degli incidenti che producono come risultato la protezione dei lavoratori, del pubblico e dell'ambiente circostante da azzardi prodotti da radia-zioni La “security” nucleare è la prevenzione e la detezione e rilevazione (oltre che la relativa risposta) di furti, sabotaggi, accessi non autorizzati, trasferimento illega-le o altre attività malavitose (terrorismo) che implicano materiali nucleari o altre sostanze radioattive oppure i loro accessori, strumenti, macchine e stabilimenti ope-rativi. Per la IAEA con “sicurezza nucleare” si intende copri-re ambedue i fattori di safety e security. IL PROGETTO DEI MARGINI E DELLE BAR-RIERE DI SICUREZZA La progettazione della sicurezza di un Impianto Nucle-are (NPP) include tre livelli o stadi di analisi e precau-zioni come descritto nella Fig. N° 7 seguente dove si individuano subito tre aree di attività: La parte fisica relativa al nocciolo o “cuore” di reazio-ni nucleari, che è tipicamente un lavoro di fisici (Nuclear Reliability and Safety Physics). La parte di scienza ed ingegneria dei sistemi concer-nente il progetto della sicurezza del sistema nucleare, la progettazione delle barriere ingegneristiche dell’im-pianto nucleare Normalmente è lavoro di fisico ed in-gegnere (Nuclear Science and Engineering). La parte di gestione delle radiazione sia interna al si-stema nucleare che esterna con gli “effetti” della radia-zione stessa sul personale e la popolazione circostante. Normalmente è lavoro di fisico, ingegnere e medico oncologo per la distribuzione dei sensori di radiazione nucleare, la rilevazione e l'analisi degli effetti della radiazione (Lavoro di protezione del personale esegui-to da oncologi).

continua a pagina 7

Fig. 1

Fig. 2

segue da pagina 5

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Pagina 7 Informazione, Ecologia, Libertà - Newsletter n. 4 — Febbraio 2011

Ognuno dei tre stadi presenta difficoltà e responsabi-lità paragonabili, anche se in campi differenti. L’in-terazione e la sinergia fra le tre attività, le tre compe-tenze, le tre professionalità forniscono la vera “sicurezza” (safety/security) del sistema impianto nucleare. PRIMO STADIO: sicurezza fisica Nel nocciolo (cuore=corium) del reattore, la sicurez-za del processo di creazione di energia e calore, tra-mite reazione nucleare che si auto-sostiene sfruttan-do barriere di natura fisica, chimica nucleare oltre che meccanica, è garantita dalla fisica che definisce i limiti della reazione nucleare. Le barriere fisico-chimiche del primo stadio si prefiggono di ridurre al minimo il rischio di fuoriuscita di materiali fissili ed effluenti radioattivi dal contenitore del nocciolo del reattore a causa di surriscaldamento del nocciolo del reattore. A tal fine il nocciolo stesso viene inserito in un contenitore primario in pressione. Quindi, per costruzione, le pasticche di Uranio sono immerse in una matrice di materiale ceramico isolante termico, ad alto rendimento, e quindi tali matrici vengono inserite in opportuni tubo dotati di rivestimento o guaina protettiva e dissipativa. Si devono quindi in-trodurre altri elementi di barriera per arrestare even-

tuali perdite di materiale fissile e fuoriuscite di mate-riali radioattivi a seguito del surriscaldamento del nocciolo dove avviene la reazione a catena che si auto controlla e si auto sostiene. SECONDO STADIO: sicurezza ingegneristica Cosi il secondo stadio della sicurezza nucleare si basa sul concetto cosiddetto di “difesa in profondità” ossia del progetto e realizzazione dei metodi, stru-menti e tecnologie di mitigazione di eventuali effetti di guasti critici all’interno del nocciolo del reattore: ossia delle barriere di sicurezza. TERZO STADIO: sicurezza da radioprotezione e oncologia Questo terzo stadio sulle barriere di radioprotezione e sicurezza ambientale è il più importante dal punto di vista della visione della popolazione che vive (con le dovute restrizioni) vicina alla Centrale Nucleare. Infatti, in caso quasi impossibile di fuoriuscita di prodotti fissili radioattivi, la salute del personale e della radioprotezione delle persone viene garantita con una rete di controllo di sensori e una serie di attività di prevenzione e mitigazione degli effetti delle eventuali perdite. RIF.: Giuseppe Quartieri, Introduzione alla Sicurezza di Sistemi Nucleari, Ed. IBN, Roma 10 nov. 2010

PRIMO STADIO DI SICUREZZA: sicurezza fisica:

barriere di natura fisica e chimica nucleare,

Limiti di reazione a catena: • equazioni di reazioni nucleari 238U + n =¨ 239U reazione a

catena solo se si verifica δ = 235U/238U = 8.2% • riduzione dei neutroni veloci a lenti η ηn 235U/238U = 3% • N = 8/log10[(A+1)/A] numero di collisioni • RBMK 1000: reazione a catena meno rallentata • Matrice delle pasticche di Uranio • Guaine e incamiciature

SECONDO STADIO DI SICUREZZA: sicurezza ingegneristica:

barriere di progetto meccanico, idraulico, elettronico e di controllo

(RIDONDANZE ATTIVE e/o PASSIVE)

Controllo Reattore Nucleare: • LWR: termicamente stabili • RBMK 1000: LOCA catastrofico • Controllo attivo • Barriere sulle barre di combustibile e di controllo • Ridondanze (passive, attive, stand-by) • Barriere naturali (gravità, convezione, circolazione naturale,

gas compressi)

TERZO STADIO DI SICUREZZA: sicurezza radioattiva, rivelatori,

barriere contro la radioattività, controllo ambiente e fattori ambientali, videosorveglianza, antintrusione,

anti-sabotaggio, antiterrorismo

• Rilevazioni di radioattività, sensori, misure e contromisure: • Barriere esterne e controllo ambientale con sensori di radio-

attività sul territorio attorno alle CN logisticamente distri-buite

• Video-sorveglianza, antifurti e antincendio • Controllo spazio aereo con misure e contro misure

Fig. 3 - I tre stadi della sicurezza nucleare

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Pagina 8 Informazione, Ecologia, Libertà - Newsletter n. 4 — Febbraio 2011

IL IL IL CONCETTOCONCETTOCONCETTO DIDIDI SERVIZIOSERVIZIOSERVIZIO ECOSISTEMICOECOSISTEMICOECOSISTEMICO NELNELNEL QUADROQUADROQUADRO DELLADELLADELLA GESTIONEGESTIONEGESTIONE EEE DELLADELLADELLA CONSERVAZIONECONSERVAZIONECONSERVAZIONE DELLADELLADELLA BIODIVERSITÀBIODIVERSITÀBIODIVERSITÀ di Giuseppe Cognetti & Ferruccio Maltagliati Dipartimento di Biologia, Unità di Biologia Marina e Ecologia Università di Pisa.

I n questi ultimi anni si è andata sempre più affer-mando nel mondo scientifico la necessità di va-lutare dal punto di vista economico e sociale i servizi forniti dagli ecosistemi naturali alle atti-

vità umane in fun-zione del loro con-tributo a tali attivi-tà. Tale valutazio-ne, che era stata evidenziata soprat-tutto nell’ambiente terrestre, è stata da noi estesa all’am-biente marino con una serie di ricer-che e osservazioni pubblicate nel 2010 come Viewpoint sul Marine Pollution Bulletin “Ecosystem service provision: an ope-rational way for marine biodiversity conservation and management”, su invito della Dire-zione di quel periodico. Per servizio ecosistemico (SE) si intende l’insieme dei processi e delle funzioni dell’ecosistema che sono di beneficio alle attività umane. La valutazione del SE può consentire infatti ai gestori dell’ambiente di otte-nere valide indicazioni per piani di intervento sul ter-ritorio e di organizzare adeguate competenze nei vari settori delle scienze ambientali. Per comprendere il significato del SE e trasferirlo negli interventi di ge-stione e conservazione, si devono identificare e quan-tificare le componenti biologiche di un determinato ecosistema che sono di supporto alle attività dell’uo-mo. Tali componenti vengono definite “Unità che forniscono un servizio” (UFS). Ma vediamo di chiari-re questi concetti con un esempio pratico relativo alle aree disboscate e messe a coltura. È stato rilevato che la produttività agricola può essere migliorata se per-mangono frammenti del bosco originario nel territorio coltivato. Ciò è dovuto al fatto che certe colture di-pendono strettamente dalla biodiversità originale in termini di insetti impollinatori o di scarabei stercorari che svolgono ruoli fondamentali, i primi per la frutti-ficazione, i secondi per la fertilizzazione del suolo

attraverso la loro azione di rimaneggiamento. In que-sto caso quindi i frammenti boschivi forniscono un importante SE necessario per la produzione agricola, mentre gli insetti impollinatori e gli scarabei sono da

considerarsi delle UFS a tutti gli ef-fetti. Da qui l’im-portanza di identi-ficare i SE per operare in modo mirato alla salva-guardia degli eco-sistemi originali. La valutazione dei SE è fondamentale anche quando i sistemi naturali soffrono le conse-guenze di determi-nate alterazioni. Ad esempio, nelle acque inquinate da scarichi cloacali (corpi riceventi),

in presenza di ossigeno, gli ecosistemi hanno mecca-nismi regolatori per la mineralizzazione della sostan-za organica e l’eliminazione dei batteri patogeni. Questi processi si verificano grazie alla attività di spe-cie appartenenti a gruppi più diversi, che possono es-sere considerate delle UFS, in grado di tollerare nuo-ve condizioni e assicurando un solido supporto alla stabilizzazione delle funzioni ecosistemiche. Si tratta di batteri demolitori della sostanza organica, di batteri e di alghe capaci di produrre sostanze antibiotiche, di animali filtratori come certe specie di bivalvi che svolgono il duplice servizio a beneficio dell’uomo sia come organismi depuratori sia come fonte di cibo. È quindi importante il controllo degli scarichi per evita-re la presenza di sostanze tossiche che potrebbero eli-minare l’effetto del SE, svolto in questo caso dal cor-po ricevente, attraverso la riduzione della sua biodi-versità originale e la scomparsa delle UFS. I controlli devono quindi essere mirati anche a saper fino a quale distanza dallo scarico la biodiversità delle acque adia-centi ha la capacità di depurazione. In certi casi l’uomo può creare le condizioni per dare ad una o a poche specie il ruolo di UFS. Ad esempio, negli ambienti lagunari alcune macroalghe dei generi

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Cladophora e Enteromorpha possono dare luogo ad una crescita anormale per eccessivo arricchimento di nu-trienti nelle acque dovuto a scarichi cloacali o di impian-ti di acquacoltura mal gestiti dal punto di vista della so-stenibilità ambientale. In estate i processi di decomposi-zione e di sottrazione dell’ossigeno possono causare cri-si distrofiche e anossiche con conseguente distruzione dell’ecosistema e danni gravissimi, sia per la produzione ittica, sia per la salute delle popolazioni limitrofe. Se tali alghe vengono invece coltivate in opportuni bacini di lagunaggio nei quali vengono fatti confluire gli scarichi, esse contribuiscono all’assorbimento dell’eccesso di nutrienti nelle acque di scarico che raggiungeranno de-purate la laguna. In questo caso lo sviluppo controllato di queste alghe modifica il loro ruolo da agenti di distur-

bo a UFS che contribuiscono a mantenere salubre l’am-biente lagunare. Un altro esempio è l’immissione di nutrienti (nitrati e fosfati) nelle aree marine inquinate da petrolio, atta a favorire lo sviluppo di batteri che degradano tali idrocar-buri, da considerarsi quindi delle UFS a tutti gli effetti. Ai fini di una migliore comprensione del concetto di SE abbiamo proposto una classificazione pratica dei servizi ecosistemici riguardanti l’ambiente marino, in modo da evidenziare le strategie da seguire per interventi mirati ad una razionale gestione delle risorse e della conserva-zione ambientale. In base agli esempi citati si possono evidenziare tre tipi principali di SE: 1) SE forniti dall’-ambiente naturale; 2) SE negli ambienti alterati; 3) SE negli ambienti controllati dall’uomo (Tabelle 1, 2 e 3).

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Tabella 1 Esempi di servizi ecosistemici forniti dall’ambiente naturale marino. Biotopo Unità che fornisce il

servizio (UFS) Attività dell’UFS Beneficio

area di reclutamento prede per gli avannotti accrescimento dei pesci incremento del pescato

fondi rocciosi adatti comunità del coralligeno attrazione estetica turismo subacqueo

acque costiere adatte popolazioni di cetacei attrazione estetica turismo “dolphin-watching”

fondi mobili adatti organismi bioturbatori bioturbazione qualità dell’acqua e dei fondali

fondi sabbiosi adatti praterie di fanerogame Barriere all’idrodinamismo riduzione dell’erosione costiera

Tabella 2 Esempi di servizi ecosistemici forniti in ambienti marini soggetti a disturbo. Tipo di disturbo Biotopo Unità che fornisce il

servizio (UFS) Attività dell’UFS Beneficio

inquinamento da petrolio

aree inquinate da petrolio

microorganismi degradatori

biodegradazione purificazione dell’acqua

inquinamento organico

aree inquinate da scarichi organici

batteri, fitoplancton, ecc.

biodegradazione, azione antibiotica

purificazione dell’acqua

pesca a strascico fondali strascicabili migranti dai fondali vergini a quelli strascicabili

recupero della comunità sui fondali strascicabili

ricostituzione degli stock, incremento del pescato

Tabella 3 Esempi di servizi ecosistemici forniti in ambienti marini controllati dall’uomo. Biotopo Unità che fornisce il

servizio (UFS) Attività dell’UFS Beneficio

bacini di lagunaggio che raccolgono gli effluenti dell’acquacoltura

macroalghe nitrofile nei bacini di lagunaggio

assorbimento dei nutrienti purificazione dell’acqua (indiretto: produzione ittica)

Cantonnement de pêchea comunità biologica ricostituita

ricostituzione degli stock incremento del pescato

a termine francese che indica zone interdette alla pesca, la cui ubicazione viene periodicamente variata.

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È da tenere presente che l’applicazione di questi concetti all’ambiente marino si basa su un modello differente da quello terrestre relativo soprattutto ai paesi industrializ-zati, dove l’organizzazione del territorio si riconduce ad una matrice largamente antropizzata con frammenti del-la biodiversità originale (Fig. 1). Nell’ambiente marino invece il modello è riconducibile a frammenti dove ven-gono condotte le attività umane e la matrice è rappresen-tata dalla biodiversità originale che fornisce i SE (Fig. 1).

Inoltre nell’ambiente terrestre un gran numero di tali servizi è fornito da ecosistemi largamente modificati dall’agricoltura,dalla urbanizzazione, dagli allevamenti o da ecosistemi seminaturali che richiedono costanti in-terventi di manutenzione. Al contrario in mare la biodi-versità originale è di supporto ad una delle attività più produttive dell’uomo e cioè alla pesca. Mentre la caccia ha perso da tempo la sua importanza come supporto all’-alimentazione umana, la pesca al contrario ha ancora un ruolo fondamentale nell’economia mondiale. Nell’ambito della concezione di SE le strategie di con-servazione relative all’ambiente marino dovrebbero es-sere organizzate in modo da bilanciare i valori della pro-duzione ittica e delle attività turistiche e educative come servizi ecosistemici derivati dal mare. Superando la tra-dizionale concezione di conservazione intesa a interdire qualsiasi attività in vaste aree marine, spesso senza una sicura base scientifica, l’applicazione del concetto dei SE è ideale per la identificazione e il controllo di tali servizi come ad esempio le aree di riproduzione di spe-cie pregiate o l’attrazione estetica, e procedere su basi concrete alla loro salvaguardia (vedi Tabelle 1, 2 e 3). Pertanto le aree marine protette dovrebbero essere fun-zionali alla conoscenza delle UFP come parte integrante

delle strategie di gestione in modo da evitare interdizioni indiscriminate penalizzanti per le attività economiche e prive di significato ai fini della conservazione. La valu-tazione economica dei servizi ecosistemici, sia in mare che nell’ambiente terrestre, è quindi una condizione es-senziale per rendere le strategie di conservazione finan-ziariamente sostenibili in quanto possono stimolare la necessità di investire nella protezione e sfruttamento delle risorse. La richiesta basilare è che le strategie di conservazione forniscano anche benefici economici at-traverso l’individuazione e la salvaguardia dei SE fonda-mentali. A questo fine è necessaria un’adeguata politica di informazione per gli operatori dei vari settori ambien-tali, perché la loro azione sia tesa a conciliare il poten-ziale economico degli ecosistemi con la protezione della natura in modo da rendere la conservazione economica-mente attrattiva (Fig. 2).

Questo concetto apre nuove prospettive per le strategie di conservazione specialmente nelle regioni dove lo sfruttamento delle risorse è massimo, evidenziando i vantaggi economici in un contesto di sviluppo sostenibi-le. Esso supera le tradizionali teorie della conservazione basate sulla separazione dell’uomo dalla natura prospet-tando nuovi approcci manageriali per una migliore inte-grazione delle necessità ecosistemiche nei sistemi uma-ni.

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Figura. 1. I due modelli opposti mediante i quali vengono forniti i servizi eco-sistemici (SE) in ambiente terrestre e in quello marino.

Figura 2. Il ponte tra i servizi forniti dagli ecosistemi e i benefici che ne deri-vano per le attività umane rappresenta l’azione dell’uomo mirata alla conser-vazione della natura e, più in generale, alla gestione dell’ambiente.

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D a alcuni anni a questa parte concetti come efficienza energetica ed eco sostenibilità sono entrati a pieno titolo a fare parte del nostro lessico comune. Malgrado ciò, alcuni

studi condotti da centri di ricerca specializzati indicano che le città italiane sono ancora molto distanti dagli standard ambientali che invece caratteriz-zano altre realtà urba-ne, sia in Europa che nell’America Setten-trionale. Recentemente il Glo-bal City Report 2010 redatto dall’Istituto Scenari Immobiliari ha premiato la cana-dese Toronto come la città più sostenibile al mondo. Purtroppo in questa lodevole clas-sifica nessuna delle due realtà italiane prese ad esame, ovvero Roma e Milano, è riuscita a po-sizionarsi nelle prime venti posizioni. Certamente nel nostro paese occorre una maggiore at-tenzione verso queste tematiche e spesso una più con-vinta propensione ad investire verso progetti innovativi. Una lungimiranza, questa, che sembrano, invece, posse-dere in una piccola realtà del nostro Mezzogiorno, quel-lo che, malgrado, i suoi problemi strutturali talvolta è capace di generare anche dei piccoli “miracoli”. Torra-ca, un paesino di circa 1.300 abitanti, in provincia di Salerno, è stata la prima città al mondo ad aver sostituito la vecchia rete di illuminazione con circa 700 punti luce a LED. Un caso, studio di eccellenza assoluta, che continua a suscitare un interesse planetario tanto da indurre la stes-sa Toronto che, occorre ricordarlo, ha una popolazione di oltre quattro milioni di abitanti, a stringere un gemel-laggio proprio con la piccola cittadina del Cilento allo scopo di studiare da vicino la sperimentazione. Ma dove sta la portata rivoluzionaria di un simile inter-vento? Ebbene, la sorprendente intuizione sta proprio nell’uti-lizzo dei LED, una tecnologia matura, che, sempre mag-giormente, trova ampia applicazione nell’industria tec-nologica e automobilistica, solo per citare gli esempi più eclatanti. A dispetto delle tradizionali lampade questi diodi ad emissione di luce offrono infatti molti vantaggi, proporzionali all’applicazione che ne viene fatta. Innan-zitutto essi si caratterizzano per una elevata efficienza in

termini di rapporto tra quantità di luce prodotta e consu-mo. È stato stimato che un lampione a LED determina una riduzione dei consumi fino al 70% rispetto ai lam-pioni tradizionali. Quindi un notevole risparmio energetico che si associa ad altre fondamentali caratteristiche quali una notevole

affidabilità e un ci-clo vitale dieci volte superiore rispetto a quello delle soluzio-ni convenzionali. Riprova ne è il fatto che il comune di Torraca, grazie al-l’introduzione dei nuovi sistemi di illu-minazione, è riuscito a risparmiare il 65% dell’energia necessa-ria e a ridurre del 50% i costi di manu-tenzione degli im-pianti stessi.

Un vero affare dunque con un investimento, tutto som-mato, contenuto se, in base alle dichiarazioni degli am-ministratori torrachesi, i costi per la realizzazione del-l'intero progetto si sono aggirati intorno ai 280.000 euro che prevedono di ammortizzare nel giro di pochi anni. Senza dubbio si tratta di un esperimento che, in un mo-mento di difficile congiuntura economica mondiale co-me quello attuale, mira a soddisfare un’esigenza fonda-mentale che caratterizza i piccoli come i grandi comuni d’Italia ovvero quella di far quadrare i bilanci, riducendo sensibilmente i costi dell’illuminazione stradale che del resto costituiscono una voce consistente della spesa pub-blica. Allo stesso tempo questo tipo di realizzazioni se-gnano anche il tracciato per un nuovo modo di concepire il risparmio energetico quello che concilia al contempo il rispetto per l'ambiente circostante e nuove opportunità di business. Grazie alle caratteristiche intrinseche dei LED, sempre a Torraca, affermano infatti di aver ridotto del 90% l’in-quinamento luminoso prodotto. Un aspetto anch’esso che certamente li ha spinti a crede-re ancora maggiormente nelle possibilità di sviluppo dell’intero esperimento e ad indurli a realizzare quattro impianti fotovoltaici sul territorio comunale nonché una fabbrica a partecipazione pubblica per la produzione di pannelli solari.

I LED, NUOVA FRONTIERA PER IL MONDO I LED, NUOVA FRONTIERA PER IL MONDO I LED, NUOVA FRONTIERA PER IL MONDO DELL’ILLUMINAZIONE PUBBLICADELL’ILLUMINAZIONE PUBBLICADELL’ILLUMINAZIONE PUBBLICA

di Andrea Angeli

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IL REGISTA DI AVATAR, IL REGISTA DI AVATAR, IL REGISTA DI AVATAR, MANIFESTO AMBIENTALE, MANIFESTO AMBIENTALE, MANIFESTO AMBIENTALE, SOSTIENE IL NUCLEARE. SOSTIENE IL NUCLEARE. SOSTIENE IL NUCLEARE.

(fonte: newclear.it)(fonte: newclear.it)(fonte: newclear.it) James Cameron è il regista canadese che ha girato il pluripre-miato e campione d’incassi Avatar. Il film che ha rivoluzio-nato l’esperienza visi-va nelle sale cinema-

tografiche, viene spesso indicato come una condanna dell’ecoimperialismo occidentale che, spinto dalla sua insaziabile fame ener-givora, conquista altri pianeti per razziare fonti di energia. Avatar è un film ecologi-sta? Probabile. A giusto titolo allora, James Cameron, predicatore della salvaguardia del pianeta dall’autodistruzione, viene chiamato come speaker all’Earth Day, la mega mani-festazione ambientalista che si tiene annual-mente a Washington. E quando non è dietro la macchina da presa, il noto regista si mobi-lita per controbattere “la campagna di disin-formazione che viene utilizzata per scredita-re le scienze e orientare l’opinione pubblica lontano dal senso di responsabilità sociale sui cambiamenti climatici”. Proprio questa incombente minaccia alla salute del pianeta suggerisce a James Cameron una decisa pre-sa di posizione a favore delle energie pulite. Link dell’intervista integrale. http://www.youtube.com/watch?v=RknO0izoxk8

UNA NOTA AZIENDA DI BERGAMO UNA NOTA AZIENDA DI BERGAMO UNA NOTA AZIENDA DI BERGAMO “PULISCE” LA STRADA PER IL “PULISCE” LA STRADA PER IL “PULISCE” LA STRADA PER IL FUTURO: FUTURO: FUTURO: GRAZIE AD UN ESCLUSIVO IMPIANTO, UNICO IN EUROPA, PER IL RECUPERO ED IL TRATTAMENTO DEI RIFIU‐TI PROVENIENTI DALLO SPAZZAMENTO STRADALE.  I problemi legati alla produzione e allo smaltimento dei rifiuti si fanno ogni giorno sempre più critici e richie-dono soluzioni ed interventi concreti ed efficaci, che pos-sano limitare il loro impatto sull’ambiente. Ma c’è anche chi, crede in un futuro attento alle problematiche ambien-tali e in un equilibrio tra il progresso, la qualità della vita e dell’ambiente. Da alcuni anni infatti, in provincia di Bergamo (ma da alcuni mesi anche in altre province lom-barde), i rifiuti raccolti dallo spazzamento delle strade e dalla pulizia delle carreggiate non sono più destinati a finire in discarica, ma vengono recuperati e riciclati per ricavare materiali differenziati di qualità e certifi-cati, come sabbia e ghiaia, riutilizzabili nell’edilizia e commercializzabili in tutta l’Unione Europea. Questa grande società in provincia di Bergamo, dal 2006 si dedi-ca, infatti, con impegno e competenza alla progettazione, realizzazione e gestione degli impianti per il tratta-mento e recupero dei rifiuti. Dopo il primo impianto realizzato nel 2004, primo in Europa per il trattamento dei rifiuti non pericolosi provenienti dallo spazzamento stradale, tutti gli impianti brevettati successivamente dalla società bergamasca sono concepiti su criteri che mi-rano a garantire sicurezza e salubrità dell’ambiente, a massimizzare il recupero e il relativo riutilizzo di mate-riali limitando lo spreco di risorse, sempre nell’ottica di una maggiore attenzione alla tutela dell’ambiente. Rici-clando ogni giorno centinaia di tonnellate di rifiuti urbani, ogni impianto è in grado di recuperare oltre il 70% dei materiali in ingresso aspirati dagli automezzi stradali, consentendo molti benefici in termini economici e am-bientali. Alle operazioni di recupero, infatti, sono appli-cati costi inferiori rispetto a quelli delle discariche auto-rizzate e le materie prime certificate ottenute in uscita (ghiaia, sabbia e materiale utile per l’edilizia, l’industria dei laterizi e dell’argilla espansa) consentono alle indu-strie di ridurre le escavazioni degli alvei e delle cave. Os‐servando questi crescenti ed eccellenti risultati in termini di qualità, specializzazione ed avanguardia tecnologi-ca, viene naturale pensare che questi impianti, per il trat-tamento e lo smaltimento dei rifiuti, possano davvero co-stituire una valida ed efficiente alternativa ai tradizionali sistemi di smaltimento dei rifiuti stessi.

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Che cos’è LIBERAMBIENTEChe cos’è LIBERAMBIENTEChe cos’è LIBERAMBIENTE

“LIBER’AMBIENTE” è un’asso-ciazione politico/culturale/ambientale che nasce per interpretare e dare voce a tutti quei moderati che sono interessati ad affermare, nel Paese, una nuova ecologia umanista, una nuova cultura ambientale che guardi all’Uomo con più ottimismo. Un Uomo che non è maledizione ma benedizione del pianeta, un Uomo che è ricchezza e non impoveri-mento del mondo. Un Uomo che ha l’esaltante mis-sione di rendere compatibile lo sviluppo economico e il progresso umano con l’ambiente, la natura, gli animali, la vita su questa terra. La globalizzazione dei processi economici, sociali, culturali, religiosi, etici e politici ci pone tutti di fronte a nuove sfide e difficoltà e, come ogni cambia-mento, ci offre dei rischi ma anche delle opportunità. Nel settore ambientale si può razionalmente intrave-dere la possibilità di un concreto governo dell’am-biente che sappia dare risposte efficienti al degrado ecologico di importanti aree del nostro pianeta; ri-sposte efficienti a fenomeni come la desertificazione, l’effetto serra, la scarsità delle risorse idriche che coinvolgono tutta l’umanità. Noi siamo pronti ad accettare questa sfida lottando contro le culture ca-tastrofiste e nichiliste che sono alla base dell’ideolo-gia ambientalista dominante che ha teso a privilegia-re o gli aspetti contemplativi e conservativi dell’Uo-mo sull’ambiente o a ricercare un’egemonia politica dei problemi, indirizzando la questione ambientale in un solco di protesta prima anti-capitalista e poi sem-plicemente anti-sistema. In antitesi ad una cultura di sostanziale conservazio-ne, di negazione di ogni ragionamento attorno allo sviluppo dell’ambiente e del vero rapporto tra Uomo e Natura, noi di Liber’ambiente, siamo per una cul-tura di sviluppo dell’ambiente in un continuo con-fronto tra esigenze della Natura ed esigenze dell’Uo-mo. Siamo per porre i problemi ma anche per limi-

tarli e risolverli. L’associazione Liber’ambiente ha come scopo prioritario quello di riunire tutte le real-tà associative e tutti quelli che nella società civile, a diverso titolo, si sono impegnati e s’impegnano per una più avanzata cultura ambientale, avvalendoci della collaborazione di un importante Comitato Scientifico che sarà il vero valore dell’iniziativa che si adopererà per fronteggiare la cultura ambientale dominante. Siamo contro i catastrofismi a buon mercato e la nostra attenzione è rivolta a tutti gli studi dei feno-meni naturali e artificiali, prodotti dalle attività u-mane. Siamo per non trasformare le tendenze verificabili, in destini fatali. Siamo per non attribuire, ai pareri di tutti quelli che studiano o parlano di ecologia e ambiente, la patente di scientificità obiettiva, perché la scienza è studio e confronto continuo e non dogma a piacimento. Nel concreto vogliamo approfondire tutti i temi oggi posti dal rapporto Uomo-Ambiente per cercare di trovare sempre la migliore soluzione per la vita di questa terra. Questa impostazione del rapporto Uomo-Ambiente sarà sempre più fattore di sviluppo delle nostre civil-tà: sarà fonte di nuove attività umane, tese alla ri-cerca del benessere dell’umanità intera, sarà stru-mento di comprensione dei limiti dello sviluppo e del suo controllo affinché esso sia sempre al servizio dell’Uomo e non viceversa. “LIBER’AMBIENTE” sarà un laboratorio di propo-ste e di dibattito tra le varie esperienze. Si occuperà di formazione sui temi ambientali più scottanti per uniformare i comportamenti degli amministratori del centro-destra sul territorio. Le sfide e gli interrogativi in campo ambientale ri-chiedono un ampio e approfondito dibattito al quale intendiamo dare il nostro contributo con impegno e con la forza delle idee.