javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon...

33
DIAGNOSTICA per IMMAGINI LEZIONE del 17/O3/2O15 SBOBINATA da ANGELA DI PIETRO INTRODUZIONE alla MEDICINA NUCLEARE La MEDICINA NUCLEARE è una specialità medica. Al medico specialista in medicina nucleare è deputato l’utilizzo dei RADIOFARMACI, sostanze radioattive impiegate per trarre informazioni diagnostiche e terapeutiche attraverso l’impiego di queste molecole, sostenute, per caratteristiche fisiche, da RADIONUCLIDI ARTIFICIALI in FORMA NON SIGILLATA, ossia somministrabili in forma simile a quella farmaceutica. Quindi posseggono numerose analogie ai farmaci, ed il termine RADIOFARMACO” (terminologia che fa parte della legislatura) definisce il concetto di molecola che possiede il ruolo, la veste, la sicurezza (quella che oggi si chiama SAFETY per il malato e per l’operatore sanitario) tipica del farmaco, ma contiene in aggiunta un segnale, quello tipico della radioattività, che verrà sfruttato per un momento diagnostico, laddove si vorranno acquisire informazioni attraverso imaging (o informazioni di tipo quantitativo per misure di radioattività), o terapeutico; momenti estremamente diversi che oggi, secondo una modalità definita dalla TERANOSTICA, in medicina nucleare sono spesso concomitanti o consequenziali (uno precedente all’altro). Per cui spesso facciamo diagnosi e con lo stesso strumento cercheremo poi di fare terapia. La radioterapia convenzionale, in un momento storico che ha caratterizzato tale disciplina, utilizzava sorgenti radioattive non sigillate, indovate in tecnologie (pensate alla bomba al cobalto o alla bomba al cesio) che altro non erano che tecnologie che contenevano polvere radioattiva ad elevate quantità, le cui radiazioni γ venivano indirizzate sul bersaglio tumorale, come oggi fanno gli acceleratori di particelle (la GAMMA KNIFE , la

Transcript of javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon...

Page 1: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

DIAGNOSTICA per IMMAGINI LEZIONE del 17/O3/2O15 SBOBINATA da ANGELA DI PIETRO

INTRODUZIONE alla MEDICINA NUCLEARE

La MEDICINA NUCLEARE è una specialità medica. Al medico specialista in medicina nucleare è deputato l’utilizzo dei RADIOFARMACI, sostanze radioattive impiegate per trarre informazioni diagnostiche e terapeutiche attraverso l’impiego di queste molecole, sostenute, per caratteristiche fisiche, da RADIONUCLIDI ARTIFICIALI in FORMA NON SIGILLATA, ossia somministrabili in forma simile a quella farmaceutica. Quindi posseggono numerose analogie ai farmaci, ed il termine “RADIOFARMACO” (terminologia che fa parte della legislatura) definisce il concetto di molecola che possiede il ruolo, la veste, la sicurezza (quella che oggi si chiama SAFETY per il malato e per l’operatore sanitario) tipica del farmaco, ma contiene in aggiunta un segnale, quello tipico della radioattività, che verrà sfruttato per un momento diagnostico, laddove si vorranno acquisire informazioni attraverso imaging (o informazioni di tipo quantitativo per misure di radioattività), o terapeutico; momenti estremamente diversi che oggi, secondo una modalità definita dalla TERANOSTICA, in medicina nucleare sono spesso concomitanti o consequenziali (uno precedente all’altro). Per cui spesso facciamo diagnosi e con lo stesso strumento cercheremo poi di fare terapia. La radioterapia convenzionale, in un momento storico che ha caratterizzato tale disciplina, utilizzava sorgenti radioattive non sigillate, indovate in tecnologie (pensate alla bomba al cobalto o alla bomba al cesio) che altro non erano che tecnologie che contenevano polvere radioattiva ad elevate quantità, le cui radiazioni γ venivano indirizzate sul bersaglio tumorale, come oggi fanno gli acceleratori di particelle (la GAMMA KNIFE, la CYBER KNIFE, etc), i quali utilizzano radiazioni sigillate (ovviamente nel caso della bomba al cobalto e della bomba al cesio) o in piccoli strumenti per dar luogo a terapia. Il medico nucleare, in realtà, ne dispone in forma non sigillata, quindi in preparazioni il più delle volte farmaceutiche.

CAMPI di APPLICAZIONE: i campi di applicazione sono dunque la DIAGNOSTICA, la quale può essere distinta in DIAGNOSTICA in VIVO, nel paziente, ed in DIAGNOSTICA in VITRO o di LABORATORIO, poiché alcune misure che possono essere eseguite al livello ematico, danno luogo alla cosiddetta RADIOIMMUNOLOGIA o IMMUNORADIOMETRIA, in cui la sorgente radioattiva serve per superare la barriera della chimica analitica, scendendo nei nanogrammi e nei picogrammi, per dosare quelli che sono i marcatori tumorali, gli ormoni, quelle grandi sostanze a partire dall’insulina, per la cui scoperta fu assegnato il Premio Nobel; ed il campo TERAPEUTICO, attraverso l’utilizzo di opportuni radiofarmaci (caratterizzati da tale denominazione anche nel contesto prettamente diagnostico). La misurazione in vitro prevede eventualmente la

Page 2: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

somministrazione di tracciante radioattivo; possono essere cioè somministrate piccole quantità di radioattività, ed a partire da specifici campioni biologici si ricorre alla misura stessa della radioattività per studiare eventi fisiologici, tipo la emodiluizione o alcuni pattern legati a momenti importanti, quali l’emopoiesi, etc. Ovviamente si tratta di metodiche che non fanno parte della grande famiglia di diagnostiche che la medicina nucleare esegue in vivo. Rispetto alla diagnostica per immagini morfologica o convenzionale, il ruolo clinico è quello di trarre, il più delle volte, informazioni di ordine fisiopatologico, appartenenti ad organi, apparati o sistemi facenti parte del nostro corpo, con un ruolo complementare, molto spesso, a quello dell’imaging radiologico. Difatti, le immagini di medicina nucleare, per quanto sotto il profilo pittoresco/evocativo del colore siano molto grafiche ed impressionanti, in realtà non hanno nulla a che vedere con l’imaging radiologico, molto puntuale, molto capace nel definire la struttura e l’anatomia di un organo, di un apparato, di un sistema. Di contro, in modo complementare, la medicina nucleare svolge un ruolo risolutivo, per alcuni versi anche sotto il profilo morfologico e strutturale, in relazione alla fisiopatologia dell’oggetto di studio, ed è a questo punto che entrano in azione i radiofarmaci. Quindi le informazioni che otteniamo in ambito diagnostico spesso sono legate alla funzione o alla alterazione che caratterizza un certo organo o un certo apparato, che si discosta, in tal modo, dalla normale fisiologia. Tali informazioni vengono ottenute attraverso l’uso di molecole caratterizzanti i vari pattern funzionali delle strutture in esame, marcate radioattivamente. L’effetto terapeutico, invece, lo si ottiene esaltando la capacità delle radiazioni, e nello specifico di talune radiazioni, emesse da determinati RADIONUCLIDI (quindi soprattutto RADIAZIONI PARTICELLARI) proprio perché maggiormente capaci di indurre un effetto radiobiologico selettivo su tessuti ed organi, secondo le rispettive modalità di tropismo biologico.

FENOMENO della RADIOATTIVITÀ: La radioattività è un fenomeno naturale, sebbene nell’ambito della medicina nucleare si impieghino solamente radionuclidi prodotti dall’uomo nelle sue tecnologie (reattori nucleari) attraverso il bombardamento della materia (i CICLOTRONI sono macchine che producono radionuclidi artificiali). Ciò che caratterizza i radionuclidi è l’instabilità del nucleo, in cui esiste uno squilibrio numerico tra neutroni e protoni, i quali normalmente si trovano in equilibrio. L’atomo radioattivo possiede dunque uno squilibrio numerico in merito al loro rapporto, che dovrebbe essere di 1:1. Questa rappresenta tuttavia una condizione transitoria, in quanto la stabilità viene nuovamente ottenuta attraverso l’emissione di particelle (elettroni, particelle α, o altro ancora), oppure attraverso l’emissione di radiazioni γ quali i fotoni, i quali costituiscono radiazioni elettromagnetiche del tutto simili ai raggi x, ma aventi un’origine del tutto diversa, che è appunto un’origine atomica. I raggi x si producono all’interno di un tubo, in cui è contenuta una sorgente radiogena prodotta artificialmente attraverso un filo di tungsteno e quant’altro; mentre le radiazioni impiegate in medicina nucleare originano da atomi radioattivi che emettono radiazioni elettromagnetiche e/o particelle subnucleari, espulse dall’atomo stesso affinché quest’ultimo, in un tempo più o meno breve, raggiunga la stabilità e non sia più radioattivo. Quindi questa condizione transitoria, che in natura è espressa da radionuclidi naturali con tempi di durata del fenomeno di migliaia e migliaia di anni, nell’uso medico è espressa da radionuclidi prodotti dall’uomo dotati di una durata sostanzialmente breve, soprattutto laddove ci

Page 3: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

si ponga l’obiettivo di somministrarli al malato. Poiché spesso vengono ritenuti nei vari compartimenti corporei per ore o giorni, ovviamente non potremmo mai immaginare di somministrare all’uomo un radionuclide il cui fenomeno radioattivo abbia una lunga durata; quest’ultima deve essere commisurata ai nostri tempi di rilevazione, e dunque non deve essere talmente fugace da sfuggire al momento osservativo, ma al tempo stesso deve essere breve. Pertanto, nell’uso medico, vengono esclusivamente impiegati radionuclidi in grado di dare luogo a radiofarmaci aventi un emivita della durata di qualche ora o al massimo di qualche giorno.

Un atomo, come ricorderete, si caratterizza per il proprio NUMERO ATOMICO e per il NUMERO di MASSA, il quale è molto importante poiché ci permette di ottenere i famosi ISOTOPI RADIOATTIVI, i quali si contraddistinguono per avere tra di loro lo stesso numero atomico. Basta pensare alla grande famiglia dello Iodio, alla quale si associano molti altri elementi quali il ferro, il calcio, il fosforo, il carbonio, l’idrogeno e l’ossigeno, i quali in natura sono tutti stabili, ma l’uomo, grazie allo sviluppo della fisica nucleare, è in grado di produrre con le proprie tecnologie radionuclidi artificiali, che sono isotopi radioattivi di elementi naturali. Gli isotopi si caratterizzano per lo stesso numero atomico, quindi per il medesimo numero di protoni e di elettroni (particelle subatomiche da cui dipendono le proprietà chimiche di un dato elemento). Per cui essere un isotopo radioattivo dello iodio, significa essere del tutto identico allo iodio stabile naturale, cos’ come il Ca radioattivo, il P radioattivo, il Fe radioattivo, nel nostro organismo, non sono assolutamente differenziati dai corrispettivi elementi stabili naturali. Difatti, un isotopo radioattivo dello iodio possiede, all’interno dell’organismo umano, un destino metabolico e molecolare assolutamente identico a quello dello iodio naturale; partecipa cioè alla costruzione degli ormoni triiodotironina e tetraiodotironina, viene riversato nel sangue e finisce per espletare la propria attività ormonale. L’unica differenza con l’elemento stabile, è rappresentata dalla capacità di emettere un segnale radioattivo, in quanto la sua instabilità è legata ad un DIVERSO NUMERO di MASSA. Lo 127I indica la forma stabile dell’elemento, che assumiamo quotidianamente con il sale iodato, il pesce, il formaggio, la carne, etc. Al contrario, 123I, 125I, 124I, 131I, rappresentano isotopi radioattivi dello iodio stabile, assolutamente identici per comportamento biologico, ma provvisti di caratteristiche ognuno proprie, per cui uno avrà emivita di 8 giorni, l’altro di 15 giorni, l’altro ancora di 7 ore e quant’altro. Pertanto, sono solo le caratteristiche fisiche che differenziano gli isotopi radioattivi. Non tutti i radionuclidi impiegati in medicina nucleare sono necessariamente isotopi radioattivi di elementi naturali. Spesso vengono impiegati elementi “nuovi”, con caratteristiche fisiche legate alla loro radioattività e caratteristiche chimiche utili per il nostro modello di diagnostica.

I radionuclidi emettono innanzitutto RADIAZIONI di TIPO ELETTROMAGNETICO, molto importanti poiché analoghe ai raggi x; oppure emettono PARTICELLE SUBATOMICHE o SUBNUCLEARI. Ciò implica un comportamento fisico estremamente diverso, perché se ricordate dalla lezione precedente in cui abbiamo affrontato il problema della radio – biologia e le basi fisiche che caratterizzano l’interazione con la materia, abbiamo detto che le radiazioni elettromagnetiche, così come agiscono, si caratterizzano per una elevata capacità di penetrare la materia, soprattutto la materia vivente. Per cui, noi che siamo fatti in gran parte di acqua e di tessuti molli, se sottoposti a

Page 4: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

raggi x in radiologia, possiamo essere attraversati fornendo un segnale informativo con delle finalità diagnostiche. lo stesso dicasi per le radiazioni elettromagnetiche in medicina nucleare, con le quali e grazie alle quali noi realizziamo quell’IMAGING definito SCINTIGRAFICO. Quindi la radiazione γ può essere utilizzata come segnale diagnostico poiché il radionuclide (o radiofarmaco o radioisotopo) una volta raggiunto l’organo target, emette un segnale, rappresentato per l’appunto dalle radiazioni γ, attraverso la cui misura saremo in grado di produrre un’immagine. Un’ulteriore tipologia di emissione, vista anch’essa nel corso della lezione precedente, è rappresentata dall’EMISSIONE CORPUSCOLATA, la quale rappresenta una forma particolare di emissione: può trattarsi di PARTICELLE α (quindi del nucleo dell’atomo dell’elio, contenente due protoni e due neutroni molto pesanti), le quali non hanno la capacità di penetrare la materia, ma con essa interagiscono in maniera straordinariamente efficace attraverso moltissimi urti e cessione di energia; e lo stesso dicasi per le PARTCIELLE β-, caratterizzate anch’esse da un potere di penetrazione molto limitato. Tali particelle risultano tuttavia particolarmente utili laddove volessimo espletare quell’effetto radiobiologico ottenuto attraverso bombardamento e urto, quindi nell’ambito della terapia in medicina nucleare. Le PARTICELLE β+ sono un argomento di cui vi parlerò in appendice poiché si tratta di un’emissione particolare che da luogo alla possibilità di produrre immagini mediante il sistema PET (TOMOGRAFIA ad EMISSIONE di POSITRONI), una tecnologia straordinariamente valida in medicina nucleare ed in diagnostica umana. La condizione che da luogo all’emissione è rappresentata, nel caso delle particelle α, da un eccesso di protoni e di neutroni; nel caso delle particelle β- da un eccesso di neutroni; e nel caso di particelle β+ o di radiazioni γ, da un eccesso di protoni.

Ciò che definisce la radioattività (e che costituisce un paragrafo molto importante) è il cosiddetto TEMPO di DIMEZZAMENTO che, sotto il profilo fisico, non è altro che il tempo necessario affinchè una certa quantità di atomi radioattivi si dimezzi. Quindi se affermo che il Tc 99 M (TECNEZIO 99 M, un radionuclide che utilizziamo molto in medicina nucleare) possiede un’emivita di 6 ore, significa che dopo un simile lasso di tempo la quantità di atomi di tecnezio ancora instabili sarà pari al 5O%, mentre la parte restante nel frattempo avrà emesso tutta la propria energia sotto forma di radioattività e sarà diventata stabile: non saranno più Tc 99 M, ma saranno diventati altro, attraverso, naturalmente, il fenomeno del DECADIMENTO RADIOATTIVO. Questo processo fisico, tuttavia, si complica un po’ nell’uomo, poiché va ad inserirsi con il tempo richiesto affinchè dall’organismo la radioattività venga eliminata attraverso i normali emuntori, così come accade per qualunque farmaco. Quando difatti assumiamo una qualsiasi sostanza farmacologica (mi riferisco alle molecole di cura, agli antibiotici, agli antinfiammatori) sappiamo che sono soggetti ad essere eliminati, dopo aver fatto effetto, dal nostro corpo. Il TEMPO di DIMEZZAMENTO BIOLOGICO, descrive dunque il tempo necessario affinchè la sostanza radioattiva esca dal nostro corpo. Dall’integrazione di questi due parametri, fisico e biologico, discende il TEMPO di DIMEZZAMENTO EFFETTIVO, che in realtà descrive meglio la condizione per cui una stessa quantità di radioattività nel nostro corpo si dimezza.

In diagnostica ed in medicina nucleare, la radiazione di cui si dispone è fornita da fotoni elettromagnetici, che posseggono un’energia compresa tra 1OO e 3OO KeV e che noi solitamente

Page 5: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

non utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello iodio, o in talune situazioni del ferro o del fosforo, li utilizziamo in forma pura, perché spesso è sufficiente utilizzare questi isotopi radioattivi per descrivere il fenomeno che vogliamo studiare. Ma lo sviluppo della medicina nucleare, negli ultimi anni, è teso verso l’imaging molecolare, la quale prevede che un radionuclide venga sfruttato come segnale di radioattività e che esso sia marcatore di una molecola le cui connotazioni chimico – biologiche descrivano il fenomeno fisiopatologico che ci interessa studiare. Per intenderci, se prendiamo una sostanza con affinità o tropismo particolare per un dato organo, apparato o sistema, e la rendiamo radioattiva nella nostra struttura di radiofarmacia (un laboratorio di camera calda che possediamo e che a livello industriale fornisce un sacco di molecole pronte per l’uso), possiamo seguirne il percorso all’interno dell’organismo non attraverso dosaggi clinici o analitici, bensì attraverso la rilevazione del segnale radioattivo. Quindi, nel caso dello iodio, se somministro iodio radioattivo al paziente, vedrò che esso va a finire in maniera selettiva e più specifica (al di là di altri distretti, legati ad esempio alla secrezione gastrica dello iodio, alla captazione da parte delle ghiandole mammarie provviste di recettori specifici, ed in altre strutture anatomiche) al livello tiroideo, poiché la tiroide rappresenta l’organo che elabora ed utilizza lo iodio per produrre specifici ormoni. Allo stesso modo, se riesco ad utilizzare molecole che si caratterizzano per uno specifico tropismo nei confronti di un dato organo, apparato o sistema, o che sono caratteristiche di un dato fenomeno patologico, rendendole radioattive prima di somministrarle riuscirò a studiare proprio il fenomeno che mi pongo come obiettivo. Da qui vengono fuori i cosiddetti RADIOFARMACI.

RADIOFARMACI: sono una categoria sempre più sviluppata e sempre più ricca (grazie allo sviluppo della radiochimica e delle radiofarmacologia) di molecole contenenti radioattività (poiché in esse si trova indovato un radionuclide) destinate all’impiego clinico con scopo diagnostico e terapeutico. Quando somministrate nella più piccola dose possibile non causano effetto farmacologico, proprio perché, volendo fare diagnosi, non stimoliamo il sistema che stiamo studiando. Per tale motivo somministriamo dosi traccia, sfruttando il segnale radioattivo che esse emettono (segnale che deve essere rilevato dall’esterno e misurato), ed evitando di condizionare minimamente l’organo sotto esame. Banalmente, se dobbiamo eseguire uno studio di medicina nucleare possiamo utilizzare le nostre apparecchiature per rilevare la radioattività o attraverso misura (cioè quantificando la radioattività in un organo) oppure produrre delle immagini, definite IMMAGINI SCINTIGRAFICHE.

SCINTIGRAFIA: così come l’ECOGRAFIA rappresenta una modalità di produzione di immagini attraverso gli ultrasuoni, la SCINTIGRAFIA descrive un’immagine legata alla ricostruzione della distribuzione spaziale della radioattività nel contesto di un organo o apparato, ove la radioattività espressa dal radiofarmaco si concentri per affinità elettiva. Quindi, ritornando all’esempio della tiroide, se vogliamo eseguirne la scintigrafia, possiamo somministrare una piccolissima quantità di iodio radioattivo o di un suo analogo, ottenendo la ricostruzione della distribuzione della radioattività nell’organo. La scintigrafia è dunque un’immagine che rappresenta la distribuzione

Page 6: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

spaziale di un tracciante radioattivo in un organo, un apparato o un sistema biologico, e la cui concentrazione ha un SIGNIFICATO di tipo BIOFUNZIONALE. Tale concentrazione è dunque legata ad una ATTIVITÀ BIOLOGICA ESPRESSA. Se volessimo eseguire una TAC dell’encefalo di un cadavere, soprattutto se deceduto da pochissimo tempo (pochi minuti), non riscontreremmo nessuna differenza con un soggetto in piena attività vitale. Lo studio dell’encefalo, in medicina nucleare, presuppone al contrario la presenza di attività biofunzionale. In assenza di funzione o di attività biologica non siamo in grado di visualizzare la struttura anatomica. Quindi, un rene che non funziona non è paradossalmente visualizzabile in medicina nucleare, cosa che non permette di determinare la funzionalità residua dell’organo. Tale concetto vale anche nel caso di una determinata patologia tumorale, che abbiamo magari individuato con un tracciante specifico, ed il cui “spegnimento visivo” in relazione alla medicina nucleare significa che il tumore è in fase di debellamento, cioè che lo si sta curando bene. Quindi il dato biofunzionale completa in maniera straordinaria l’informazione morfologica offerta dall’imaging TC, dall’imaging RM, dall’imaging ecografico, poiché l’informazione funzionale possiede un’importanza straordinaria per capire quali siano i momenti di cura che devono intervenire per risolvere il problema del paziente in questione.

La rilevazione e la ricostruzione dell’immagine in medicina nucleare è sottesa da un momento inziale importantissimo rappresentato dal FENOMENO della SCINTILLAZIONE. Quindi in un laboratorio di medicina nucleare, la GAMMA CAMERA SPECT, ma anche la PET come vedremo più avanti, è in grado di rilevare il segnale radioattivo, trasformandolo in un segnale luminoso, poiché utilizza come rilevatori del segnale stesso dei CRISTALLI FOTOSCINTILLANTI, cioè dei cristalli (che nel caso specifico della gamma camera sono costituiti da IODURO di SODIO ATTIVATO al TALLIO) che dopo essere stati urtati dal fotone incidente emettono lampi di luce, denominati SCINTILLAZIONI. Queste non sono visibili dall’esterno, ma è piuttosto lo Strumento (la gamma camera, la PET stessa e tutti i nostri rilevatori) che captano questo segnale elettromagnetico trasformandolo in lampi di luce, ed attraverso il sistema elettronico esso è capace di posizionarli nel tempo e nello spazio (nello spazio, perché è indispensabile sapere da dove provengano per ricostruire l’immagine; e nel tempo, perché molte immagini di medicina nucleare sono immagini dinamiche, quindi è indispensabile seguire la funzione di un organo per alcuni secondi, minuti, o ore, per tracciare in maniera completa un dato fisiopatologico proprio dell’organo in esame). Posizionare, dunque, nel tempo e nello spazio è fondamentale pe ricostruire l’immagine scintillante. La moderna gamma camera è un sistema provvisto di un letto capace di ruotare e di almeno due rilevatori contrapposti a geometria variabile, i quali osservano il paziente. Quindi, non si tratta di un’apparecchiatura che emette radiazioni, ma sono i pazienti stessi sorgente di radioattività, dal momento che hanno assunto precedentemente, per via spesso endovenosa, una certa quantità di radiofarmaco, il cui destino biologico per la natura stessa della sostanza, è quello di raggiungere i polmoni, piuttosto che i reni, il fegato, le ossa, l’encefalo, la tiroide, le paratiroidi, il cuore, i surreni e quant’altro; oppure di raggiungere un tumore nel quale è presente una particolare espressione che andiamo ad inseguire per localizzarlo e tracciarlo sotto il profilo delle sue caratteristiche funzionali e strutturali. Quindi una volta che il radiofarmaco ha raggiunto il target, ossia il bersaglio diagnostico, con la gamma camera eseguiamo una scansione WHOLE BODY (inventato dalla medicina nucleare, il whole body o total body oggi è proprio anche della

Page 7: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

radiologia), cioè di tutto il corpo se sto cercando una patologia che può essere ubiquitaria o un qualcosa che sto studiando nella sua globalità (pensate, ad esempio, allo studio scintigrafico dello scheletro, che offre una visione panoramica ed esplorativa in un sol colpo di tutto lo scheletro). Per tale motivo la sorgente (cioè il paziente) si muoverà sotto i rilevatori permettendo la ricostruzione dell’immagine scintigrafica. Affinchè ciò sia possibile è dunque necessario che il rilevatore “veda” la struttura anatomica che deve ricostruire, rappresentando la distribuzione della radioattività.

SCINTIGRAFIA TIROIDEA: un’immagine che ha fatto la storia della medicina nucleare, ma che è ancora attuale, è l’immagine planare della tiroide successiva alla somministrazione di una piccolissima quantità di 123I o di Tc 99 M PERTECNETATO, i quali rappresentano i due radionuclidi capaci di concentrarsi in maniera elettiva nella tiroide. L’informazione fornita dall’imaging non è dunque quella dell’ecografia (inerente piuttosto le caratteristiche strutturali della ghiandola) ma fornisce innanzitutto informazioni relative alla funzionalità ed alla sua localizzazione, soprattutto nei casi di AGENESIA del NEOANTO o nel caso di ECTOPIA LINGUALE (chi di voi ricorda l’embriogenesi della ghiandola tiroide, sa che origina dalla radice della lingua, ed è quindi probabile trovarla li o non trovarla affatto nei casi di agenesia). La misurazione della radioattività è inoltre fondamentale per la misurazione dell’attività tiroidea, e quindi fornisce un significato funzionale ad un eventuale nodulo solido evidenziato dall’ecografia, proprio poiché i noduli solidi della tiroide possono essere iperfunzionanti.

SCINTIGRAFIA SCHELETRICA: visione whole body e dunque panoramica dell’intero scheletro, attraverso la somministrazione di un altro tipo di radiofarmaco, rappresentato

Page 8: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

sempre dal TECNEZIO ma non come ione pertecnetato, quanto piuttosto come marcatore di un DIFOSFONATO. Il difosfonato è una molecola che elettivamente traccia il metabolismo dell’osso, impiegata oggi nella cura dell’osteoporosi e delle malattie osse, ma che somministrato in quantità traccia (rispondendo a quella esigenza preliminare di cui vi ho parlato quando ho introdotto il concetto di radiofarmaco), nell’ordine inferiore al mg, non interferisce con la fisiologia ossea. Quindi se il paziente è allergico ai difosfonati può ugualmente eseguire la scintigrafia ossea. Stessa cosa dicasi per chi è allergico allo iodio, poiché la quantità somministrata è nettamente inferiore alla quantità assunta quotidianamente con l’alimentazione. La scintigrafia scheletrica descrive le caratteristiche metaboliche di tutti i distretti anatomici, esaltando gli ambiti dove maggiormente vi è attività metabolica, ed in virtù di questo segnale è ancora oggi una delle metodiche più sensibili per evidenziare le metastasi ossee prima ancora che si possano evidenziare in radiologia, poiché il dato metabolico è l’elemento che caratterizza il grado di aggressione tumorale dell’osso. Si tratta dunque di una metodica molto sensibile, che fonda l’informazione diagnostica sull’attività osteoblastica, che rappresenta il primo segnale attivato quando l’osso è sede di processi morbosi. Quindi il fosfonato marcato con tecnezio descrive in maniera piuttosto completa il concetto di radiofarmaco, poiché il fosfonato è di per sé una molecola ad uso farmacologico, la quale, marcata con un radionuclide (nella fattispecie con Tc 99 M) si trasforma in un segnale specifico in grado di evidenziare la sua localizzazione al livello osseo. Gli accumuli visibili come ammassi in corrispondenza delle coste, dello sterno, del bacino, delle creste iliache, dell’ischio, della sinfisi pubica, del rachide dorsale e lombo – sacrale, rappresentano dunque metastasi in cui l’attività metabolica è esaltata dall’aggressione tumorale.

SCINTIGRAFIA RENALE: alcune molecole radioattive possono essere utilizzate per fornire informazioni di tipo dinamico, come avviene nel caso della SCINTIGRAFIA RENALE SEQUENZIALE, che non rappresenta uno studio mirato alla valutazione dell’attività

Page 9: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

metabolica, quanto piuttosto alla valutazione della capacità che il rene possiede (e nel rene il nefrone) di filtrare molecole analoghe dell’INULINA, o di secernere (o anche in questo caso eliminare) per via tubulare molecole analoghe all’ACIDO PARAMINOIPPURICO (quali l’IPPURAN). La medicina nucleare utilizza dunque molecole simili, quali l’ACIDO DIETILENDIAMINOPANTACETICO marcato con tecnezio, il quale fuoriesce dal nostro organismo con un fenomeno di clearance, espresso mediante il GFR (GLOMERULAR FILTRATION RATE), che è esclusivamente renale. Quindi, se i reni funzionano perfettamente questa sostanza viene eliminata attraverso l’emuntorio renale, altrimenti rimane in circolo e viene in parte eliminata per via epatica. La scintigrafia sequenziale renale, permette dunque non soltanto di ottenere un’imaging, ma consente anche di fornire misure quantitative, poiché tutte le immagini finora viste sono immagini digitali, le quali non hanno un’entità unitaria, ossia rappresentata dal colore o dal grigio, quanto piuttosto dal PIXEL (ed in tomografia dal VOXEL) il quale è piuttosto espressione di una quantità. Nella TAC l’unità più semplice è rappresentata dall’unità tissutale, che viene trasferita poi in grigio. In medicina nucleare il pixel è misura della radioattività: un insieme di pixels costituisce la MATRICE, ed un insieme di matrici costituiscono l’organo, nel caso specifico i reni. Quindi l’analisi, momento per momento, della variazione di radioattività all’interno dl rene, permette di costruire una grafica che descrive la captazione e l’escrezione, rappresentata tramite immagini sequenziali.

Ciò viene espresso attraverso una CURVA di ATTIVITÀ – TEMPO, anche detta RADIONEFROGRAFIA, che esplora la funzione dei reni in maniera semi – quantitativa. L’utilizzo di alcuni algoritmi propri dei computers consente in maniera non invasiva, partendo dai dati anatomici del paziente e da alcune condizioni di misura, di ottenere parametri funzionali assimilabili a quelli ottenuti fisiologicamente (con campionamenti delle urine o con dosaggi ematici), cioè il GFR, la frazione di filtrazione glomerulare, la quale è espressa in numeri poiché la forte valenza delle immagini medico – nucleari, trova una mera sublimazione nella quantificazione. Attraverso tale metodica misuriamo dunque il fenomeno della radioattività, magari nel tempo, per valutare cosa succede nel contesto di un organo, come espressione di un dato fisiopatologico rilevante. Nel caso dei reni ciò che studiamo è il patrimonio di nefroni, la clearance. Affermare dunque che il paziente in esame possiede una clearance di 92 ml/min vuol dire che il sangue viene depurato

Page 10: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

nell’unità di tempo in maniera valida, e che quindi esso possiede una buona funzionalità renale.

SPECT: l’evoluzione dell’imaging di medicina nucleare, ci ha portato, seguendo un po’ e connaturandoci a quella che è l’informazione radiologica, a produrre TOMOGRAFIE ad EMISSIONE. A differenza della TAC in cui il segnale viene trasmesso al corpo umano e rivelato sulla matrice digitale dell’immagine, nella SPECT (così come nella PET) è la sorgente – paziente ad emettere radiazioni; quindi per differenziarle dalla tomografia trasmissiva, le nostre immagini vengono definite “tomografia ad emissione”. Si parla di SPECT (SINGLE PHOTON EMISSION COMPUTERIZED TOMOGRAPHY/TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA ad EMISSIONE di FOTONE SINGOLO) nel caso in cui si usino fotoni singoli, caratteristici dei radionuclidi che emettono radiazioni γ (quali il tecnezio, lo iodio, ed altri ancora). La TOMOGRAFIA ad EMISSIONE di FOTONI SINGOLI si ottiene ruotando la gamma camera intorno al paziente e fornendo un’immagine tridimensionale che, così come avviene per la TAC o la RISONANZA, appare “affettata” (da qui il termine di “tomografia”).

SPECT MIOCARDICA: Attraverso la rotazione intorno al cuore siamo in grado di acquisire un numero molto elevato di proiezioni angolari dell’organo stesso e grazie all’ausilio di computers riusciamo a visualizzare il cuore in tre dimensioni, per poi affettarlo lungo i piani principali così da riprodurne la perfusione. L’organo può essere tagliato lungo l’asse corto, permettendoci così di visualizzare un’immagine del ventricolo sinistro di dimensioni cilindro – coniche; lungo l’asse lungo orizzontale, tagliandolo in senso latero – laterale; oppure possiamo ottenere immagini verticali tagliandolo dalla base all’apice.

Page 11: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

L’immagine, tuttavia, non offre informazioni sull’anatomia cardiaca (che possono essere piuttosto ottenute mediante la risonanza o la TAC), ma consente di visualizzare la perfusione dell’organo; essa costituisce cioè un parametro che descrive l’omogeneità di distribuzione del flusso coronarico nel miocardio. Una patologia responsabile della alterazione del flusso è rappresentata dalla CORONAROPATIA ISCHEMICA. Attraverso la SPECT è dunque possibile evidenziare l’immediata ricaduta della coronaropatia aterosclerotica sul miocardio ipoperfuso. Si tratta dunque di immagini che dobbiamo imparare a leggere molto bene. Quando poniamo un individuo sotto sforzo, dopo avergli somministrato un radiofarmaco quale il Tc 99 M METOSSI – ISOBUTIL – ISONITRILE (99mTc – MIBI, un tracciante che viene estratto dal miocardio nell’ambito di 2 – 3 minuti dalla somministrazione in ragione del range di perfusione e dell’integrità dei miocita) la zona sotto sforzo nel paziente in esame non mostrerà perfusione. Questa ischemia sotto sforzo è ben evidente, poiché l’immagine che noi rileviamo viene eseguita in maniera assolutamente contemporanea alla prova da sforzo (somministrando radiofarmaco all’acme dello sforzo). Nel paziente in esame, in corrispondenza del territorio antero – settale ed antero – puntale del ventricolo sinistro, vi è ipoperfusione. Il paziente deve dunque essere sottoposto ad una rivascolarizzazione della discendenza anteriore, che costituisce il ramo tributario di quel distretto, poiché in condizione basale sta bene; va in crisi in seguito ad una partita di pallone, se si stressa e corre perché lo insegue un cane, etc. Pertanto, prima che la patologia evolva in INFARTO, condizione irreversibile, noi

Page 12: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

possiamo rivascolarizzare e recuperare il vaso interessato affinchè inondi di una quantità di sangue e di ossigeno normale, il distretto miocardico.

SPECT CEREBRALE: l’utilizzo di molecole particolari consente di marcare la vitalità cellulare per studiare tumori cerebrali, evidenziati magari con la risonanza, e di cui vogliamo conoscere l’eventuale regressione in seguito a radioterapia. A tal proposto utilizziamo in maniera abbastanza speculativa e sperimentale un opportuno tracciante (99mTc – SESTAMIBI e 99mTc – TETROFOSMIN) per capire se, in seguito a radioterapia, ancora sopravviva tessuto neoplastico, in quanto si tratta di traccianti che si concentrano nei mitocondri. Non si tratta di mezzi di contrasto. ATTENZIONE: ricordate che io agli esami salto dalla sedia quando qualcuno mi dice che per la medicina nucleare si utilizzano mezzi di contrasto. Perché in realtà il mezzo di contrasto è altra roba, e serve appunto a contrastare, cioè ad evidenziare agli occhi del radiologo ciò che all’interno di un’immagine vede adombrato, ma che non è capace di differenziare per densità tissutale modesta. La medicina nucleare, al contrario, utilizza radiocomposti che descrivono funzioni biologiche. Pertanto, nel caso in esame, ciò che vedete significa che il glioblastoma è ancora in parte vivo, poiché gli accumuli di radiofarmaco indicano la presenza di mitocondri funzionali, escludendo apoptosi e necrosi. Questo stesso principio, notevolmente amplificato, è straordinariamente ancora più valido nel caso della PET.

Page 13: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

SPECT SURRENALICA: la maggior parte delle molecole impiegate in medicina nucleare sono tipiche, in quanto vogliamo raggiungere sempre un target particolare. Una di quelle maggiormente utilizzate è rappresentata da 123I, il quale viene indovato all’interno di una specifica sostanza, denominata MIBG (METAIODIOBENZILGUANIDINA), per marcarla radioattivamente. Essa rappresenta un precursore dell’epinefrina e della norepinefrina, cioè del sistema adrenergico e viene normalmente utilizzata per la ricerca selettiva di neoplasie surrenaliche, quali il feocromocitoma (neoplasia che insiste nella midollare del surrene). Tale molecola radiomarcata con 123I, ci consente dunque di poter evidenziare la presenza di una simile neoplasia surrenalica sia in sede topica, cioè sopra i reni, che in sede ectopica, in quanto il feocromocitoma è un tumore che origina dalla cresta neuronale e quindi può localizzarsi in numerose altri sedi quali la parte posteriore del collo (poiché la cresta neuronale con l’abbozzo neuroectodermico sale su trascinandosi dietro tessuto enterocromaffine), nel torace o in qualunque altra sede (sotto forma di tumore secondario, in quanto il feocromocitoma metastatizza). Tale tracciante (123I – MIBG) permette dunque di individuarlo ed in un secondo momento di curarlo, poichè la radioattività ad alte dosi (un certo tipo di radioattività) è capace di distruggerlo.

NET WHOLE BODY SPECT: questa è una tomografia whole body di un NET, la grande famiglia dei TUMORI NEUROENDROCINI, comprendenti APUDomi e VIPomi, che originano dal sistema inizialmente caratterizzato da una componente neuroendocrina, presente in alcuni organi e maggiormente frequenti nel pancreas e nella sfera addominale (pensate agli insulinomi, ai gastrinomi, alla Sindrome di Zollinger – Ellison, ai VIPomi, ai tumori pancreatici non secernenti). In medicina nucleare disponiamo di un tracciante specifico, denominato INDIO 111 OCTREOTIDE (111In – OCTREOTIDE) attraverso il quale realizziamo l’OCTREOSCAN, ossia una scansione di tutto il corpo per caratterizzare una massa pancreatica, magari evidenziata precedentemente mediante TC o ECO, attraverso la messa in evidenza dei recettori per gli analoghi della somatostatina. I tumori neuroendocrini ben differenziati si caratterizzano, difatti, per esprimere almeno 5 sottotipi di recettori per gli analoghi della somatostatina. Per tale motivo, se il chirurgo non riesce ad asportarli tutti o se dovessero metastatizzare, questi tumori possono essere curati proprio con molecole analoghe alla somatostatina (le quali sono in grado di determinare un effetto somatostatico sulle cellule tumorali). Ad esempio, nel caso di un tumore metastatico al

Page 14: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

fegato, il chirurgo potrebbe provare ad asportare la massa primaria, eseguendo magari anche un’epatectomia; ma se la malattia dovesse ripresentarsi in altre sedi (attraverso metastasi allo scheletro, ai polmoni, ai linfonodi) può essere curata, se ben differenziata (dato fornito dalla SPECT attraverso l’evidenziazione dei recettori specifici) con gli analoghi della somatostatina. Immagino molti di voi abbiano letto del professor Di Bella, il quale aveva avuto una grande intuizione: usare la somatostatina per curare i tumori. Tale teoria presentava tuttavia una serie di inconvenienti. Nel sangue, difatti, la somatostatina vive pochi minuti, il suo effetto farmacologico è un flash. Gli analoghi, al contrario, sono capaci di rimanere vitali (e quindi attivi) anche per giorni, motivo per cui noi utilizziamo un analogo radiomarcato innanzitutto per fare diagnosi, e successivamente, nella visione teranostica di cui vi ho parlato in precedenza, per fare terapia.

USO di SONDE GAMMA in SEDE INTRAOPERATORIA: un argomento molto importante nell’ambito della chirurgia della mammella è rappresentato dall’utilizzo di sonde gamma per la rilevazione della radioattività intraoperatoria. Questa procedura diagnostica nasce dalla semplice misura della radioattività successiva ad una LINFOSCINTIGRAFIA, cioè alla somministrazione sottocutanea, in regione peri - tumorale (nel contesto pre – operatorio di un tumore noto localizzato alla mammella che insista però nello stadio 1 o al massimo due, e che quindi non superi i 2 cm) di una piccolissima quantità di TRACCIANTE RADIOATTIVO COLLOIDALE, cioè TECNEZIO MARCANTE un COLLOIDE.

Page 15: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

I colloidi sono difatti capaci di migrare nel tessuto cutaneo dopo essere stati inglobati dai macrofagi (aventi il compito, in quanto spazzini, di fagocitare macromolecole) e trasportati al linfonodo più vicino al tumore stesso, denominato LINFONODO SENTINELLA. Quest’ultimo può essere studiato attraverso un colorante vitale, anche se, secondo la FDA, può essere evidenziato meglio mediante questo tipo di sonda, successiva a linfoscintigrafia, che rappresenta l’imaging eseguito in medicina nucleare. Il chirurgo, una volta ottenuto il dato, utilizza il proprio campo operatorio per asportare il linfonodo sentinella ed inviarlo al patologo, affinchè lo analizzi e verifichi se sia infiltrato o meno da micrometastasi. Nel caso in cui il referto anatomo-patologico dovesse confermare la presenza di infiltrazione tumorale, egli provvederà a LINFOADENECTOMIA, intervento importante e devastante per la donna, oggi sempre meno visibile grazie anche a questa tecnica ed alla diagnosi precoce di cancro alla mammella.

Una volta eravamo abituati a vedere devastazioni del cavo ascellare conseguenti a forme avanzate, in cui i linfonodi venivano asportati in maniera indiscriminata. Oggi, grazie a questa metodica, i linfonodi vengono asportati solo se il linfonodo sentinella, che è il primo a ricevere le cellule tumorali, dovesse essere sede di metastasi e risultare pertanto positivo all’esame isto – patologico. In quest’ultimo caso la paziente deve tornare in sala operatoria e subire in seconda battuta una asportazione della catena linfonoidale laterale al cancro della mammella. La sonda intraoperatoria ha le dimensioni di una penna e, protetta da materiale sterile, permette al chirurgo di esplorare il campo operatorio e di trarre il segnale. Ma prima di lui, il medico nucleare, con una gamma camera, localizza il linfonodo nel cavo ascellare, fornendo un segnale termografico positivo sulla cute della regione ascellare in cui il chirurgo eseguirà un taglietto di 1 cm ed asporterà il linfonodo.

Page 16: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

Dopo di che il chirurga misurerà (sul campo operatorio stesso) la radioattività per avere la certezza di non aver asportato tessuto connettivo o ghiandola mammaria sottratta impropriamente.

PET: rappresenta un altro capitolo molto importante della medicina diagnostica. PET è l’acronimo di TOMOGRAFIA ad EMISSIONE di POSITRONI (POSITRON EMISSION TOMOGRAPHY). Tale acronimo sottende, dunque, una modalità di rilevazione di uno specifico segnale diversa da quanto considerato finora, in quanto i radionuclidi precedentemente analizzati decadono emettendo fotoni γ, i quali si disperdono nello spazio con una sorta di anglo solido di 36O°. L’emissione positronica, al contrario, caratterizza alcuni radioisotopi o radionuclidi (alcuni dei quali molto importanti, pensate al carbonio, all’azoto, all’idrogeno, all’ossigeno, al gallio, al rame che rappresenta un tracciante PET straordinario soprattutto nelle applicazioni a sfondo oncologico della medicina nucleare) dotati di un comportamento chimico – biologico molto importante, in quanto capaci di tracciare la materia vivente (proprio poiché isotopi radioattivi di elementi presenti in natura). Essi posseggono inoltre un modo di decadere differente: essi decadono, cioè, emettendo positroni, elettroni positivi. Queste particelle, a differenza degli elettroni negativi, in seguito al proprio decadimento nella materia seguono un destino completamente diverso, cioè si muovono in uno spazio submillimetrico, ed essendo di carica positiva attraggono un elettrone che reperiscono nella materia circostante, determinando un fenomeno denominato ANNICHILAZIONE, il quale rappresenta un processo straordinario grazie al quale la materia si trasforma in energia pura sotto forma di radiazione elettromagnetica. Quest’ultima, tuttavia, è doppia (motivo per cui la PET si differenzia dalla SPECT, in cui la radiazione elettromagnetica è singola), poiché espressa da due fotoni, due radiazioni elettromagnetiche, aventi la stessa energia (511 KeV) ed egual direzione, ma verso opposto. Il tomografo PET, che è uno strumento molto complesso ed estremamente sofisticato sotto il profilo tecnologico, possiede 4 anelli rilevatori, i quali attraverso una tecnologia denominata ToF (TIME of FLIGHT/TEMPO di VOLO) sono capaci di rilevare e di puntare esattamente tempo e spazio di provenienza di questi fotoni, riconducendoli all’evento che li ha originati, i quali andranno a colpire in maniera assolutamente anti – coincidente due punti simmetrici di due cristalli, con un tempo diverso (in picosecondi) detto per l’appunto TEMPO di VOLO DIVERSO. Ciò ci consentirà di ottenere un’immagine ad altissima risoluzione temporale e spaziale. La PET possiede dunque tale denominazione per via della diversa origine di fotoni e per l’impiego di diversi radioiostopi rispetto alle altre metodiche di imaging.

Page 17: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

Una volta originatosi il positrone, i due fotoni vanno a colpire in maniera simmetrica due cristalli contrapposti, i quali posseggono una estrema sensibilità e sono dunque capaci di dirci esattamente dove si è originata la coppia di fotoni anti – coincidenti. La tecnologia PET è molto simile alla tecnologia di TAC e RISONANZA MAGNETICA. Le nuove PET, tutte quelle che abbiamo in dipartimento e che stiamo cominciando a lanciare nella produzione di prestazioni diagnostiche, sono macchine oggi soventemente denominate TANDEM, MULTIMODALI, o IBRIDE, poiché (come le SPECT più moderne) posseggono in se una TAC o, nel caso delle ultime, una RM (PET – RM), permettendo la realizzazione di quel concetto, formulato all’inizio della lezione, di “completamento dell’informazione diagnostica” attraverso un imaging morfologico che caratterizza i tessuti, la morfologia degli organi, le relazioni strutturali, volumetriche, dimensionali e quant’altro, ed il dato bio - funzionale che si accoppia alla PET (PET – CT).in questo modo i pazienti si sottopongono a quello che in America piace definire “one stop – one shop”.

Nell’immagine possono essere visualizzati due pallini radioattivi posti in sede para – cardiaca, di cui posso ipotizzare la natura sulla base della mia esperienza. La TAC, con cui l’immagine viene sovrapposta, permette di verificare che si tratta di due linfonodi, consentendo alla stesso tempo di modificare la stadiazione del malato in esame. Per cui la TAC permette di osservare che i linfonodi sono più o meno ingranditi, mentre la medicina nucleare consente di osservare che tali linfonodi posseggono attività metabolica patologica, poiché il substrato utilizzato come radiofarmaco (in seguito a marcatura) è una molecola che la cellula tumorale metabolizza per vivere. Le cellule tumorali rappresentano, ad oggi, un laboratorio straordinario su cui la PET sta lavorando, e che si affianca ad ulteriori campi di studio quali l’ipossia, l’immissione farmacogenomica, etc. Uno dei capostipiti dei radiofarmaci PET è il FLUORODESOSSIGLUCOSIO (18FDG), il quale non è altro che un banale zucchero (glucosio) il cui gruppo –OH, dopo essere stato ceduto, viene sostituito con 18F, legato stabilmente al monosaccaride. Sulla base di un dato conosciuto ormai da 9O anni, i tumori solidi umani maligni vivono attraverso metabolismo glucidico (di grassi e proteine non se ne fanno niente), e tanto più sono aggressivi, tanto più zucchero metabolizzano. Tuttavia, essendo cellule atipiche, non sono in grado di metabolizzarlo attraverso le varie tappe della glicolisi, per cui lo introducono voracemente accumulandolo, poiché incapaci di utilizzarlo. Quindi, ciò che

Page 18: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

caratterizza la capacità diagnostica della PET è proprio la capacità di individuare questa attività metabolica esaltata. E questo è un capitolo che apre scenari relativi a tutta l’espressione patologica; tutti i connotati che sono tipici della cellula neoplastica (di membrana, intracellulare, ormonale, recettoriale), che si stanno oggi esplorando nel mondo dell’oncologia, potranno essere parametrati anche attraverso la PET.

Quella che vedete a sinistra è un’immagine whole body di un soggetto a circa un’ora dalla somministrazione di una piccola quantità di glucosio (una quantità, sotto il profilo molare, trascurabile; ma è comunque necessario che il paziente abbia una glicemia normale, altrimenti sarà necessario normalizzarla attraverso i farmaci). Eseguendo una PET in un soggetto normale, l’informazione che otteniamo è che lo zucchero (poiché il 18FDG non è altro che zucchero, seppur fosforilato) si concentra nell’organo che per eccellenza metabolizza zucchero, cioè l’encefalo. La PET dell’encefalo, di un soggetto vivente ovviamente, si presenta in tal modo, fornendo un dato fisiopatologico estremamente utile nel caso di specifiche malattie quali la demenza conseguente ad Alzheimer, la quale si caratterizza per la specifica attività ipometabolica di alcuni distretti corticali, nello specifico la corteccia parietale posteriore e la corteccia parieto – occipitale. In medicina nucleare possediamo inoltre traccianti specifici anche per altre patologie, quali l’amiloidosi cerebrale. Insomma, è un mondo già in parte sviluppato e che sta continuando a svilupparsi.

Tornando all’oncologia, il contributo fornito dalla PET consiste, alle volte, nell’evidenziare una quantità di metastasi sorprendenti in quanto a possibilità di sopravvivenza nell’uomo. L’immagine che vedete riguarda le metastasi conseguenti ad un sarcoma, in un giovane paziente che sarà sicuramente morto. Oltre al contributo diagnostico, ciò che fornisce la PET – CT è anche un contributo stadiativo, in quanto stadiare bene un malato è di estrema importanza per poterlo curare in modo opportuno. Sottostadiare un paziente significa difatti mandarlo inutilmente dal

Page 19: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

chirurgo o in radioterapia quando ha già metastasi e quindi sarebbe stato più oppotuno sottoporlo a chemioterapia. Analogamente, sovrastadiare consente di commettere un errore simile, sottoponendo il paziente a trattamenti estremamente aggressivi, quando invece sarebbe stata sufficiente la chirurgia per rimuovere il tumore. Quindi la PET - CT rappresenta una metodica estremamente efficace nello stadiare in modo corretto. Essa possiede inoltre la capacità di delimitare il tessuto vitale che deve essere irradiato dal radioterapista. Questi ultimi circoscrivono solitamente attraverso CURVE di ISODOSE o mediante computer. TAC e PET rappresentano un mezzo coadiuvante nel descrivere i limiti di un tessuto patologico dotato di attività metabolica esaltata (poiché quello è il vero tumore da irradiare) e nel seguire nel tempo gli esiti della radioterapia. Difatti per verificare se un tumore ha ridotto la propria massa alle volte è necessario attendere anche diverse settimane. Ma se noi colpiamo il tumore con la cura giusta, ciò che per primo si compromette è la sua capacità metabolico - vitale. Quindi la radioattività evidenziata con l’FDG e che noi misuriamo attraverso un parametro definito SUV (il quale misura la quantità di captazione dello zucchero espressa dal tumore), se si riduce (o si “spegne” del tutto) poco tempo dopo la chemio, indica che la cura sta facendo effetto e che l’oncologo può continuare lungo la strada intrapresa. Di contro, se la quantità di radioterapia captata rimane immutata allora l’oncologo dovrà cambiare strategia terapeutica, il quanto il tumore non è responsivo al trattamento. In tale ambito si fa spesso uso di aminoacidi radiomarcati, quali la metionina (aminoacido impiegato per tracciare la sintesi proteica), la colina (per tracciare i tumori prostatici), ect.

RADIOFARMACI e TERAPIA RADIOMETABOLICA: Abbiamo detto più volte che il segnale di radioattività γ è quello utilizzato per fare diagnosi con la scintigrafia, con la PET e quant’altro. Abbiamo però più volte detto che il decadimento di alcuni atomi si caratterizza per essere PARTICELLARE. Queste particelle interagiscono con la materia in maniera purtroppo pesantissima, bombardando la materia stessa e dunque bombardando la cellula (se questa materia è vivente).

Page 20: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

Quindi, in medicina nucleare, la terapia si caratterizza di due eventi che devono coesistere affinchè la si possa compiere:

Un primo EVENTO METABOLICO, che prevede che la sostanza somministrata vada a finire laddove voglio curare. Questo è un presupposto importantissimo, in quanto la sostanza non può disperdersi nel corpo, poiché in tal modo andrei ad irradiare tessuti sani provocando gravi danni al malato.

Secondariamente, questo benedetto radiofarmaco deve emettere RADIAZIONI CORPUSCOLATE, ossia particelle α e β-, le quali, in base a quanto abbiamo detto più volte, sono capaci di distruggere la materia vivente. Poichè proprio in questo consiste la loro utilità terapuetuca, dal momento che non si stratta d’altro che di radioterapia.

La RADIOTERAPIA METABOLICA è impiegata nella cura di patologie specifiche (terapia degli ipertiroidismi, dei cancri della tiroide, di metastasi, radioimmunoterapia, terapia recettoriale, terapia endocavitaria, e quant’altro) e ci permette di disporre di un “proiettile magico” che somministrato per via sistemica, in virtù della propria natura, è capace di raggiungere il bersaglio e di irradiarlo in maniera elettiva. Quindi, utilizzando il medesimo radiofarmaco, io posso fare diagnosi di patologia, utilizzando le metodiche di imaging di cui abbiamo parlato finora, ed allo stesso tempo fare terapia. Ciò è reso possibile dall’utilizzo di un radiofarmaco in quantità particolari o di un isotopo che emetta radiazioni α o β, il quale mi consente di irradiare uno specifico distretto anatomico in cui è localizzata la patologia. Tale forma di terapia è definita per l’appunto TERAPIA INTERNA, poiché, diversamente alla radioterapia convenzionale (la quale usa una tecnologia che le permette di bombardare la patologia in maniera loco - regionale, motivo per cui non può essere utilizzata per curare focolai neoplastici sparsi, poiché altrimenti ammazzerei il paziente con la dose somministrata) è una radioterapia che agisce per via sistemica e che risponde a quella magica idealità del proiettile, cioè di un farmaco radioattivo che raggiunge in modo elettivo e specifico il proprio target e lo bombarda.

Uno dei capostipiti della grande famiglia di radiofarmaci impiegati in medicina nucleare è lo IODIO (131I), oggi è molto meno utilizzato, il quale emette particelle β- . Esso ha trovato largo impiego nella terapia dei tumori indifferenziati della tiroide. Come ricorderete, il cancro alla tiroide possiede numerosi istotipi: le forme differenziate, le forme indifferenziate, la forma midollare (legata alle cellule parafollicolari secernenti calcitonina) e la forma anaplastica. Ciò che differenzia questi tumori è il fatto che le forme differenziate mantengono caratteristiche che li avvicinano alla cellula sana. Esprimono pertanto il NIS (TRASPORTER dello IODIO e del SODIO/SODIUM and IODINE TRANSPORTER). La localizzazione, tramite imaging, di un tumore differenziato della tiroide (seppur con metastasi) mi permette di curare il tumore stesso attraverso l’impiego di iodio radioattivo. Alcune delle patologie benigne che noi curiamo sono rappresentate dal MORBO di BASEDOW (IPOTIROIDISMO SECONDARIO) e dal MORBO di PLUMMER (ADENOMA TOSSICO). Nell’immagine è presente un paziente con tireotossicosi; nella scintigrafia si evidenzia un grosso nodulo caldo ed un ulteriore nodulo di piccole dimensioni. Se ricordate dalla fisiopatologia, nel caso dell’ipotiroidismo il TSH è pari a zero, poiché l’ipofisi a causa del feedback negativo si blocca.

Page 21: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

La mancata produzione di TSH ipofisario induce un’ipofunzione tiroidea evidenziata dalla scintigrafia come una concentrazione di tutto il radiotecnezio esclusivamente in corrispondenza del nodulo caldo (definito pertanto INIBENTE o AUTONOMO). Ciò indica che una eventuale somministrazione di radiofarmaco si concentrerà in maniera pressoché esclusiva in corrispondenza del nodulo caldo. Pertanto dopo aver somministrato al paziente un po’ di iodio radioattivo (in quantità di cura, e non in dose traccia per eseguire una scintigrafia) a distanza di mesi, ripetendo l’imaging, si vedrà che la tiroide è nuovamente presente e che i noduli, al contrario, sono scomparsi. In particolare, il nodulo caldo è diventato freddo, non captante, poiché distrutto dalla radioterapia, che ha sfruttato la capacità mortale del radioiodio per distruggere il tessuto adenomatoso.

Quella che segue è l’immagine whole body di un paziente con metastasi da cancro differenziato della tiroide, un tumore che ammazza, e per il quale l’unica cura è rappresentata dal radioiodio (in quanto essendo differenziato possiede la capacità di captare lo iodio ad alte dosi). Questo stesso malato, a distanza di due anni dalla radioetarpia, presenta solo un piccolo linfonodo evidente all’esame; le metastasi ossee e polmonari sono sparite. Tale modello teranostico, di diagnosi e terapia, lo utilizziamo anche nel trattamento delle metastasi ossee. Se difatti nel fosfonato sostituisco al tecnezio il RENIO 186 (186Rn) o il SAMARIO 153 (153Sm), uso come tracciante un radionuclide capace di emettere particelle β-, capace di localizzarsi elettivamente (essendo comunque un fosfonato seppur radioattivo) e di bombardare le metastasi, determinandone la riduzione (in parte) ed al contempo realizzando il trattamento del dolore. Nell’ambito dell’immunologia oncologica si fa grande uso di anticorpi radiomarcati (pensate al CEA ma anche al CD che caratterizza i linfomi, qual il CD2O tipico dei LINFOMI NON – HODGKIN, nei quali si trova iperespresso). Noi disponiamo di un frazione anticorpale MoAB anti – CD2O che marcata con un radionuclide β- emittente è in grado di effettuare radioterapia.

La TARGET THERAPY RADIORECETTORIALE fa riferimento ai tumori neuroendocrini di cui abbiamo parlato in precedenza, che si caratterizzano per una iperespressione recettoriale per gli anloghi della somatostatina. Se questi stessi analoghi li utilizziamo non più legati a radionuclidi per fini diagnostici (ma dopo averli comunque impiegati come radiofarmaci diagnostici per scovare il tumore) ma li marchiamo con un radionuclide β- emittente, saremo capaci di indurre effetti radiobiologici sul tumore. Alcuni esempi sono rappresentati dalle METASTASI EPATICHE. All’esame diagnostico preliminare si presentano caratterizzate da elevata captazione radioattiva; dopo terapia radiorecettoriale sono quasi del tutto scomparse. Tale trattamento rappresenta l’unico modo per poterle curare. Ogni radiofarmaco utilizzato nella terapia radiorecettoriale presenta una specificità elettiva esclusiva per la patologia che si presuppone di curare (non per altre). Non posso curare un adenocarcinoma con tale molecola, in quanto l’adenocarcinoma non esprime il recettore specifico (localizzato esclusivamente sulla superficie dei tumori neuroendocrini ed evidenziato precedentemente attraverso l’imaging diagnostico)

La nuova frontiera della terapia radiomolecolare è rappresentata dall’utilizzo di RADIONUCLIDI α EMITTENTI. Più volte ho ribadito (come concetto fisico trasferito poi alla materia vivente) come le

Page 22: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/4a2sA/radio/diagImmag/06... · Web viewnon utilizziamo in forma pura. Tuttavia, quando lavoriamo con isotopi radioattivi dello

particelle α siano le più terribili sotto il profilo radiobiologico, poiché provviste di una massa elevatissima; per cui se dovessero bombardare il DNA lo distruggerebbero. Attualmente utilizziamo il RADIO 223 (223Ra), il quale è stato già registrato e con il quale stiamo partecipando ai trials clinici europei per la cura della malattia metastatica dell’osso, conseguente al cancro della prostata. Il radio è difatti un CALCIO - MIMETICO, pur essendo radioattivo; quindi si inserisce nel metabolismo del calcio e finisce nell'osso. Esso, tuttavia, possiede una massa 7.OOO volte maggiore dell’elettrone, quindi quando bombarda il DNA lo rompe in maniera duplice, impedendo che questo si possa ricostituire. Tale meccanismo d’azione, nell’ambito del trattamento (o della distruzione) delle metastasi ossee si rivela particolarmente utile rispetto a radionuclidi emittenti particelle β-, in quanto queste ultime posseggono un approccio probabilistico nettamente inferiore.