VITA CONSACRATA E SIGNUM FRATERNITATIS - Barnabiti ... · In que - sto modo essa addita agli uomini...

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BIBBIA Eco dei Barnabiti 3/2015 2 «L a vita fraterna, intesa come vita condivisa nell’amore, è segno eloquente della comunione ecclesia- le. […] L’amore ha portato Cristo al dono di sé fino al sacrificio supremo della Croce. Anche tra i suoi discepo- li non c’è unità vera senza questo amore reciproco incondizionato, che esige disponibilità al servizio senza risparmio di energie, prontez- za ad accogliere l’altro così com’è senza “giudicarlo” (cfr Mt 7, 1-2), capacità di perdo- nare anche “settanta volte set- te” (Mt 18, 22)». Così recita al nr. 42 l’Esorta- zione apostolica Vita conse- crata, aprendo la riflessione sulla seconda dimensione identitaria della vita consacra- ta, il signum fraternitatis. Se, come dicevamo la volta scor- sa, ogni consacrato – e con lui ogni battezzato – è chia- mato a conformare la sua vita alla bellezza della Trinità, la manifestazione dell’amore tri- nitario non può che concretiz- zarsi in relazioni di vera co- munione, segni visibili e tan- gibili, nel nostro mondo, del modo di essere e di donarsi di Dio all’uomo, della fraternità di Cristo per tutti gli uomini, per ogni creatura. «La vita consacrata ha sicuramente il merito di aver efficacemente contri- buito a tener viva nella Chiesa l’esi- genza della fraternità come confes- sione della Trinità. Con la costante promozione dell’amore fraterno an- che nella forma della vita comune, essa ha rivelato che la partecipazio- ne alla comunione trinitaria può cambiare i rapporti umani, creando un nuovo tipo di solidarietà. In que- sto modo essa addita agli uomini sia la bellezza della comunione fraterna, sia le vie che ad essa concretamente conducono. Le persone consacrate, infatti, vivono per Dio e di Dio, e proprio per questo possono confes- sare la potenza dell’azione riconcilia- trice della grazia, che abbatte i dina- mismi disgregatori presenti nel cuore dell’uomo e nei rapporti sociali» (Vita Consecrata, nr. 41). Come scriveva mons. Lambiasi «è giunto il momen- to di passare dalla dimensione intra- personale – la Trinità dentro di me – alla dimensione interpersonale – la vita della Trinità tra di noi. Dobbiamo transitare dall’intimo al comunitario, dall’io al noi, per mostrare il conta- gioso potenziale di comunione del grande mistero del Dio trino e uno» (Prima di tutto fratelli, pp. 5-6). La comunione trinitaria fonda, in modo radicale e costruttivo, la comunione tra i credenti e dà vita ad ogni comu- nità cristiana. La seconda stella del logo dell’An- no della Vita Consacrata rappresenta proprio il signum fraternitatis, quel modo di essere e di guardare che as- sume lo sguardo, i sentimenti, il pen- siero di Gesù nei confronti dell’altro, facendosene carico in prima persona, facendose- ne custode. La manifestazione più alta e profonda di questa dimensione è la correzione fraterna, nella quale si con- centrano l’attenzione all’altro, la delicatezza e il rispetto del- la sua dignità, la premura sol- lecita per il suo bene, il desi- derio di crescere e migliorare insieme. Del resto, il verbo correggere deriva da cum-re- gere: “guidare insieme”, “con- durre insieme”; la correzione non è un rimprovero, ma un camminare sorreggendosi l’uno con l’altro, un non per- mettere che chi sbaglia riman- ga da solo... Tutto questo è racchiuso nei pochi versetti del capitolo 18 del Vangelo di Matteo, che prendiamo come spunto per la nostra riflessione. una norma d’amore 15 Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammonisci- lo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16 se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni co- sa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17 Se poi non ascolterà co- VITA CONSACRATA E SIGNUM FRATERNITATIS Analizzato il significato della prima stella del logo dell’Anno della Vita Consacrata, il biblista p. Giuseppe Dell’Orto ci introduce nella comprensione del significato della seconda stella, che rappresenta il signum fraternitatis, ossia, quel modo di essere e di guardare che assume lo sguardo, i sentimenti, il pensiero di Gesù nei confronti dell’altro, facendosene carico in prima persona. la cosiddetta Icona dell’amicizia - icona copta del VII secolo - Parigi, Museo del Louvre

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BIBBIA

Eco dei Barnabiti 3/20152

«L a vita fraterna, intesacome vita condivisanell’amore, è segno

eloquente della comunione ecclesia-le. […] L’amore ha portato Cristo aldono di sé fino al sacrificio supremodella Croce. Anche tra i suoi discepo-li non c’è unità vera senza questoamore reciproco incondizionato, cheesige disponibilità al servizio senzarisparmio di energie, prontez-za ad accogliere l’altro cosìcom’è senza “giudicarlo” (cfrMt 7, 1-2), capacità di perdo-nare anche “settanta volte set-te” (Mt 18, 22)».

Così recita al nr. 42 l’Esorta-zione apostolica Vita conse-crata, aprendo la riflessionesulla seconda dimensioneidentitaria della vita consacra-ta, il signum fraternitatis. Se,come dicevamo la volta scor-sa, ogni consacrato – e conlui ogni battezzato – è chia-mato a conformare la sua vitaalla bellezza della Trinità, lamanifestazione dell’amore tri-nitario non può che concretiz-zarsi in relazioni di vera co-munione, segni visibili e tan-gibili, nel nostro mondo, delmodo di essere e di donarsi diDio all’uomo, della fraternitàdi Cristo per tutti gli uomini,per ogni creatura. «La vitaconsacrata ha sicuramente ilmerito di aver efficacemente contri-buito a tener viva nella Chiesa l’esi-genza della fraternità come confes-sione della Trinità. Con la costantepromozione dell’amore fraterno an-che nella forma della vita comune,essa ha rivelato che la partecipazio-ne alla comunione trinitaria puòcambiare i rapporti umani, creandoun nuovo tipo di solidarietà. In que-

sto modo essa addita agli uomini siala bellezza della comunione fraterna,sia le vie che ad essa concretamenteconducono. Le persone consacrate,infatti, vivono per Dio e di Dio, eproprio per questo possono confes-sare la potenza dell’azione riconcilia-trice della grazia, che abbatte i dina-mismi disgregatori presenti nel cuoredell’uomo e nei rapporti sociali» (Vita

Consecrata, nr. 41). Come scrivevamons. Lambiasi «è giunto il momen-to di passare dalla dimensione intra-personale – la Trinità dentro di me –alla dimensione interpersonale – lavita della Trinità tra di noi. Dobbiamotransitare dall’intimo al comunitario,dall’io al noi, per mostrare il conta-gioso potenziale di comunione delgrande mistero del Dio trino e uno»

(Prima di tutto fratelli, pp. 5-6). Lacomunione trinitaria fonda, in modoradicale e costruttivo, la comunionetra i credenti e dà vita ad ogni comu-nità cristiana.

La seconda stella del logo dell’An-no della Vita Consacrata rappresentaproprio il signum fraternitatis, quelmodo di essere e di guardare che as-sume lo sguardo, i sentimenti, il pen-

siero di Gesù nei confrontidell’altro, facendosene caricoin prima persona, facendose-ne custode. La manifestazionepiù alta e profonda di questadimensione è la correzionefraterna, nella quale si con-centrano l’attenzione all’altro,la delicatezza e il rispetto del-la sua dignità, la premura sol-lecita per il suo bene, il desi-derio di crescere e migliorareinsieme. Del resto, il verbocorreggere deriva da cum-re-gere: “guidare insieme”, “con-durre insieme”; la correzionenon è un rimprovero, ma un camminare sorreggendosil’uno con l’altro, un non per-mettere che chi sbaglia riman-ga da solo...

Tutto questo è racchiuso neipochi versetti del capitolo 18del Vangelo di Matteo, cheprendiamo come spunto perla nostra riflessione.

una norma d’amore

15Se il tuo fratello commetterà unacolpa contro di te, va’ e ammonisci-lo fra te e lui solo; se ti ascolterà,avrai guadagnato il tuo fratello; 16senon ascolterà, prendi ancora con teuna o due persone, perché ogni co-sa sia risolta sulla parola di due o tretestimoni. 17Se poi non ascolterà co-

VITA CONSACRATAE SIGNUM FRATERNITATIS

Analizzato il significato della prima stella del logo dell’Anno della Vita Consacrata, il biblistap. Giuseppe Dell’Orto ci introduce nella comprensione del significato della seconda stella, cherappresenta il signum fraternitatis, ossia, quel modo di essere e di guardare che assume lo sguardo,i sentimenti, il pensiero di Gesù nei confronti dell’altro, facendosene carico in prima persona.

la cosiddetta Icona dell’amicizia - icona coptadel VII secolo - Parigi, Museo del Louvre

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storo, dillo alla comunità; e se nonascolterà neanche la comunità, siaper te come il pagano e il pubblica-no (Mt 18,15-17).

La «correzione fraterna» si snodadunque in tre momenti: a) in formastrettamente privata; b) mediante al-cuni testimoni; c) da parte della co-munità (ekklesìa). Ad una prima let-tura si può avere l’impressione ditrovarsi di fronte a una regola disci-plinare. Ma una lettura più attentaorienta a comprenderne, viceversa,il significato pastorale, tipico diMatteo.

Innanzitutto va notato il contesto incui la prescrizione è inserita. Subitoprima della norma della correzionefraterna Matteo ha posto la paraboladella pecora smarrita (Mt 18,12-14) ei versetti che seguono contengono leesortazioni sul perdono (Mt 18,21-35). L’accento viene così spostato dauna lettura strettamente giuridica auna istanza ben più profonda. È evi-dente che la regola è considerata unmezzo per salvaguardare ad ogni co-sto la fratellanza.

In secondo luogo, la situazionepresentata e la finalità dell’interventocorrettivo sono definiti con terminiche rivelano chiaramente l’ottica concui leggere questa “norma”.

Per ben due volte nello stessoversetto Matteo utilizza l’espressio-ne il tuo fratello. Nessun cenno al“tipo” di colpa che è stata commes-sa; l’attenzione è posta sulla “per-sona”, che è un fratello; e per dipiù non uno qualsiasi, ma è il tuo!Questo vuol dire in primo luogoche nessuno deve essere identifi -cato con l’azione commessa, perquanto sbagliata possa essere: l’uo-mo è sempre molto di più del suoagire. In secondo luogo, l’aggettivopossessivo rivela la radice della fra-ternità: essere custode dell’altro. Lafraternità, infatti, non è semplicesolidarietà. La fraternità è responsa-bilità dell’altro, è radicale. Chiedeche la mia identità sia un’identitàche sorge anche dall’altro che è ac-canto a me. Io sono innanzitutto unfratello, e solo così, se sento fratel-lo l’uomo, sento Dio come padre(Enzo Bianchi).

Da questo vincolo profondo nascela necessità di “ammonire”. Matteousa in realtà un verbo particolare,elènchein (lo stesso che la LXX utiliz-za per rendere la norma di Lev

19,17), che significa pro-priamente «far presentea qualcuno il suo pecca-to ed incitarlo a ravve-dersi», cioè «scoprire,esporre, svelare, dimo-strare l’errore o la colpadi un altro per provocarein lui un gesto sincero elibero di metanoia (con-versione)». È la stessaazione rivelativa checompirà il Paraclito ...(cf. Gv 16,8).

E lo scopo «non è quel-lo di un controllo poli-ziesco che denuncia escomunica ogni mem-bro alla minima infrazio-ne; al contrario, la suapremura si porta verso ilfratello: non deve per-dersi. L’amore fraternoche accoglie e perdonadeve stare alla base del-la “purezza” della co-munità, non il rigore diun giudizio che esclude.Allora soltanto l’agiredel discepolo riflette quello di Gesùstesso. L’atteggiamento è di delica-tezza, prudenza, umiltà, attenzionenei confronti di chi ha commessouna colpa, evitando che le parolepossano ferire e uccidere il fratello.[…] La correzione fraterna è unaspetto dell’amore e della comunio-ne che devono regnare nella comu-nità cristiana, è un servizio reciprocoche possiamo e dobbiamo rendercigli uni gli altri» (Papa Francesco, An-gelus del 7 settembre 2014).

Lo scopo, dunque, è guadagnare(kerdaino) il fratello! Il fratello checommette una colpa deve essere“corretto” a partire dal livello pro-fondo della relazione personale, per-ché possa essere recuperato comefratello, perché si possa ricostruirequella relazione che il male ha in-franto. Più che una prassi disciplina-re, si tratta di un serio impegno perogni membro della comunità alloscopo di ristabilire l’unità e la con-cordia. Non è facile, quando si è sta-ti offesi, fare il primo passo; ma èproprio questo vincolo fraterno checi impegna a scegliere il momentoopportuno per recarci dall’altro te-nendo conto sia della nostra dispo-nibilità ad ascoltare sia della possibi-lità che l’altro può comprendere.

Anche solo la scelta del momentoopportuno richiede la grande virtùdella pazienza evangelica, l’hypo-moné, cioè lo “stare sotto”, accet-tando quella posizione che porta ilpeso dell’altro (cf. Gal 6,2) e si sotto-mette al male subìto. Con questa di-sposizione d’animo si deve andare aparlare all’altro, da solo a solo, conmitezza, senza spirito di vendetta edi umiliazione, nella discrezione,per correggerlo e convincerlo checon il suo comportamento ha con-traddetto il legame fraterno che il Si-gnore vuole che regni tra noi.

In questa dimensione, anche ilcoinvolgimento della comunità assu-me un ruolo diverso da quanto appa-re. Anche qualora il fratello che hasbagliato rifiuti la correzione frater-na, colui che è stato offeso non puòlasciare il peccatore a se stesso, ha ildovere di rinnovare il tentativo condei testimoni. Per quanto la necessitàdei testimoni sembri derivare da Dt19,15b (dove si dice che se un solotestimone non avrà valore, il fattocommesso dovrà essere stabilito sullaparola di due o tre testimoni), il con-testo (e quindi lo spirito) è radical-mente diverso.

Infatti, è chiaro che per il Deute-ronomio i testimoni debbono essere

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Koinonia - Icona del Piccolo Eremo delle Querce

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testimoni oculari di una offesa o diuna mancanza nei confronti diqualcuno; i due testimoni, dunque,hanno funzione giuridica e sonochiamati nel processo per attestarela colpa di un uomo davanti ai giu-dici e al popolo. In Matteo, invece,la prospettiva è capovolta. Non citroviamo in un procedimento giudi-ziario, ma di fronte a un altro tenta-tivo di convincere il fratello del suoerrore. In questo contesto i testimo-ni, che sono a loro volta fratelli del-la comunità, accompagnano coluiche è stato offeso e prendono parteattiva al suo discreto tentativo diammonire il peccatore, conferendouna maggiore autorevolezza e auto-rità alla correzione. In altre parole,non sono convocati per testimonia-re che gli sforzi precedenti per ri-conciliare il peccatore sono falliti,ma per attestare l’autenticità dellacorrezione fraterna e per incorag-giare il loro fratello a riconoscere ilsuo errore.

Se anche il secondo tentativo haun esito negativo, esso non è ancoral’ultima chance per il peccatore. Co-lui che ha subito un’offesa ha un’al-tra possibilità per “guadagnare” il fra-tello: presentare la questione allaekklesìa, la quale può rinnovare iltentativo con ancora maggiore auto-rità. La comunità di fronte al male ealle deviazioni non può porsi in at-teggiamento indifferente. Deve saperdenunciare il male e nello stessotempo offrire fiducia e spazio dicomprensione per chi può orientarsiin modo diverso.

La correzione fraterna, dunque,non è un atto puntuale; si connota,viceversa, come un percorso fatto dipazienza, di gradualità, di accompa-gnamento anche. E soprattutto diamore. Non ha i caratteri di una de-nuncia per umiliare le persone, ma siconnota come cammino per scoprirel’esigenza di una continua conversio-ne e la possibilità di un volgersi albene insieme.

mai esclusi dall’amore

E se tutto fosse inutile? Se questopercorso di delicato accompagna-mento non avesse alcun esito? Leparole di Matteo risultano dure:«sia per te come il pagano e il pub-blicano».

In Matteo «pagani e pubblicani»rappresentano i due gruppi che nonappartengono più alla sua comunità,ma che sono diventati sinonimi di“persone da evitare”, persone con lequali si riconosceva di non averenulla da condividere.

Leggendola alla luce di tutto ilVangelo ci rendiamo conto però diun altro significato! Gesù stesso èstato definito «amico dei pubblicanie dei peccatori» (Mt 11,19); in que-st’ottica, allora, l’espressione significa«rimandarlo all’amore misericordiosodi Dio». Se umanamente falliscono ipropri tentativi, allora è il caso diadottare la «tattica di Dio», il qualenon vuole che alcuno si perda (cf.Mt 18,14). Paradossalmente, l’ultimachance che è nella mani dell’uomonon è l’ultima: la riconquista del fra-

tello è affidata alla mise-ricordia di Dio! Coluiche rifiuta il dialogo e l’ammonimento dellacomunità si estrometteda essa, rientra nella ca-tegoria dei «pagani epubblicani», che noncondividono lo stile divita dei discepoli; ma èe rimane sempre oggettodell’attenzione e del-l’amore misericordiosodi Dio.

Sulle labbra di Gesù,l’espressione «sia per tecome il pagano e il pub-blicano» equivale a dire:«Vallo a trovare, alloggiapresso di lui, mangiacon lui, convertilo con

il tuo amore e la tua attenzione, come ho fatto io con Levi, il pub -blicano (cf. Mc 2,13-17 e par) e con tanti peccatori che sono alla miasequela».

Se poi leggiamo i versetti imme-diatamente seguenti, possiamo tro-vare un’ulteriore precisazione diquesto “rimandare a Dio”. «19In veri-tà io vi dico ancora: se due di voisulla terra si metteranno d’accordoper chiedere qualunque cosa, il Pa-dre mio che è nei cieli gliela conce-derà» (Mt 18,19). Qui Gesù promet-te l’esaudimento di una richiesta ri-volta al Padre in modo concordecirca un “affare”, un pragma, comedice il vocabolo greco. Ma in con-creto, di quale affare si tratta? Allaluce dei versetti precedenti si puòarguire che si tratti proprio dellaconversione del peccatore, del suoritorno nel seno della comunità. Edè bellissima l’espressione utilizzatada Matteo per indicare l’accordonella preghiera: ean dyo sympho-nousin. La preghiera comune puòriuscire là dove ogni altro sforzo uti-lizzato si è rivelato vano, proprioperché è preghiera “sinfonica”. Lacomunità è realizzata dallo stare in-sieme nella ricerca della concordia,animati dalla stessa fede, sorrettidalla preghiera all’unico Padre, conlo sforzo sincero per realizzareun’unità di intenti, tra cui prioritarioè il bene del fratello più debole esmarrito. Ecco quanto dice il termi-ne greco del testo evangelico: è unostare insieme per “realizzare unasinfonia” (symphonein).

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la pecora smarrita - Evangeliario dello zar Ivan Alexander f. 184r

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Conclusione

Come, dunque, possiamo praticarela correzione fraterna? La Lettera agliEbrei risponde dicendo: «prestandoattenzione gli uni agli altri» (Eb10,24). Il cristiano è per sua naturaun vigilante, uno che presta attenzio-ne, che tiene fisso lo sguardo sul Si-gnore (Eb 12,2).

A partire da questo esercizio aguardare con attenzione il Signore sidiventa capaci di guardare i fratelli,le sorelle e gli eventi della storiaquotidiana facendo su di essi discer-nimento, cioè leggendoli nella loroverità profonda e cercando di guar-dare l’altro con lo sguardo che a luirivolge Cristo.

Gesù stesso molte volte ha pratica-to la correzione verso quanti loascoltavano o lo seguivano: in talmodo voleva appunto correggere ilpeccatore “guadagnandolo”, certonon dargli la condanna o la morte.Le sue parole di rimprovero sonosempre state finalizzate a dare la sal-vezza; a volte sono state parole forti,dure, di collera; hanno però sempreraccontato il suo pathos, vero erededel pathos dei profeti, della loro pas-sione per l’uomo e la sua salvezza,per la vita.

Per correggere l’altro occorre dun-que spogliarsi del pregiudizio, diquel pensiero che ci abita e ci indu-ce a giudicare una persona soprat-tutto in base alla eventuale reitera-zione del suo errore. No, occorreinvece sforzarsi di ve-dere l’altro come lo ve-drebbe Gesù.

Una vita comunitaria– dicono molti padri –si giudica innanzi tuttodalla qualità e dalla fre-quenza della correzio-ne fraterna, perché que-sta è la forma di caritàpiù faticosa e difficilema è, nello stesso tem-po, la più feconda: isuoi frutti non tardano amostrarsi.

«La vita consacrata puòaiutare la Chiesa e la so-cietà intera dando testi-monianza di fraternità,che è possibile vivereinsieme come fratelli nel-la diversità: questo è im-portante! Perché nella

comunità non ci si sceglie prima, cisi trova con persone diverse per ca-rattere, età, formazione, sensibili-tà… eppure si cerca di vivere dafratelli. Non sempre si riesce, voi losapete bene. Tante volte si sbaglia,perché siamo tutti peccatori, peròsi riconosce di avere sbagliato, sichiede perdono e si offre il perdo-no. E questo fa bene alla Chiesa: fa

circolare nel corpo della Chiesa lalinfa della fraternità. E fa bene an-che a tutta la società» (Papa France-sco, Discorso ai Superiori Maggiori,7 novembre 2014).

Siamo tutti chiamati ad essere que-sta stella nel mondo; un vero e au-tentico signum fraternitatis!

Giuseppe Dell’Orto

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Agape fraterna - Catacombe di Domitilla

INTENZIONI DI PREGHIERA 2015ANNO DELLA VITA CONSACRATA.

SULLE ORME DI CRISTO, SECONDO LA GRAZIACHE CI È STATA DATA, NELLA COMUNIONE DEI SANTI,

VERSO LA PERFEZIONE DELLA CARITÀ

Settembre: Incontro mondiale delle famiglie (Filadelfia, 22-27 settembre 2015) -XIV assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia (ottobre 2015).–  Perché nei nuclei familiari dei nostri parenti e amici e di quanti fanno riferimentoalla spiritualità paolino-zaccariana ci si sforzi di realizzare in pienezza il progetto diDio sul matrimonio e la famiglia.Ottobre: Quarto centenario della morte del Venerabile Carlo Bascapè, “legislatore”di Barnabiti e Angeliche, XI Superiore generale dell’Ordine e Vescovo di Novara(6 ottobre 1615).–  Perché l’intercessione del Venerabile Bascapè ci ottenga un costante impegnonella disciplina regolare e un desiderio sconfinato per la salvezza delle anime.Novembre: Per i Confratelli che vivono la loro terza età.–  Perché l’esempio di Cristo li aiuti a comprendere «la pace infinita, l’infinita mestiziadell’amore che soffre, del dolore che ama».Dicembre: 50° anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II(8 dicembre 1965).–  Perché, continuando il cammino di rinnovamento promosso dal Concilio Vaticano II,ci sforziamo di seguire sempre il Signore, vivendo con entusiasmo il nostro carisma, incompagnia di quanti ci hanno preceduto, per raggiungere insieme la pienezza dell’amore.

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VOCABOLARIO ECCLESIALE

RELIQUIE/PREPUZIO – L’ostensione della Sin-done ha riportato alla ribalta una parola chiavedel vocabolario ecclesiale: re liquia. Dato – e ra-gionevolmente concesso, non fosse che per il cal-colo delle probabilità – che le tracce lasciate dalcorpo crocifisso nel lenzuolo funerario di Torinorappresentino la più celebre del le reliquie di Cri-sto, di un’altra conserva memoria l’Europa cristia-na: il prepuzio, l’anello di carne dovuto alla cir-concisione di Gesù l’ottavo giorno dalla sua na-scita. C’è chi sostiene che questa deb ba essereconsiderata la vera, unica reliquia del corpoumano del Salvatore, la storia della quale ha delromanzesco (cf Tonino Ceravolo, Il prepuzio diCristo. Storia di reliquie nell’Europa cristiana,Rubbettino 2015).

Se vogliamo dar credito alle “rivelazioni” regi-strate da santa Brigida di Svezia, la Vergine Ma-ria la ragguagliò sulle vicende del famoso pre-puzio. «Dopo il taglio della circoncisione, ellastessa prese quella piccola membrana recisa dal-le carni del suo unigenito Figlio, conservandolacon grandissima diligenza finché giunse il tempodella sua prodigiosa Assunzione, poco prima delquale la consegnò a Giovanni Evangelista, insie-me con il sangue rimasto nelle ferite del Reden-tore quando fu deposto dalla croce. Quindi dimano in mano capitò in potere dei fedeli cristia-ni e da questi fu sepolta in un luogo mondissi-mo, sotto terra, dove rimase per molto temposconosciuta, finché per mezzo di un angelo fu ri-velata ad alcuni amici di Dio» che la trasferirononella basilica del Laterano. La stessa Vergine co-sì terminò la sua rivelazioni: «O Roma, o Roma,se tu sapessi, ti rallegreresti grandemen te, anzipiangeresti inconsolabilmente, poiché hai dentrodi te un tesoro a me carissimo, e pure così pocolo stimi, anzi, con tanta ingratitudine lo disonorie lo disprezzi», finché scomparve con il saccodella Città nel 1527.

Non è il caso, a questo punto che ci soffer-miamo sulle intricate vicende di questa reli-quia, la cui presenza venne attestata in almenotrentadue località! Basti ricordare come allostato attuale ne van ta il possesso la città di Cal-

cata nel Viterbese a 40 km da Roma (diocesi diCivita Castellana). Per non dire che si tratta diun soggetto che interessò non pochi scrittori a partire dal XVI secolo fino ai contemporaneiJames Joyce, José Saramago e Umberto Eco,senza parlare di Voltaire e della sua ironia. Alnostro intento è più importante sottolineare ilsignificato mistico assunto dalla reliquia e atte-stato da santa Caterina da Siena in questi tenni-ni: «Il Figlio di Dio tutti ci sposò con la sua cir -concisione, quando si tagliò la carne sua, dan-doci quanto una [e]stremità d’anello, in segnoche vo leva sposare l’umana generazione». Diqui lo sviluppo di tutta un’iconografia che perlo più raffigu ra Cristo in braccio alla Madre nel-l’atto di consegnare l’anello sponsale. La santache gode di mag gior numero di richiami è lamartire Caterina d’Alessandra, ma non pochealtre figure vantano simi le privilegio. Le ha pas-sate di recente in rassegna Paola Giovetti, illu-strando i Fenomeni straordina ri di mistici e santi(San Paolo, 2015, pp. 84-91), da Caterina daSiena a Veronica Giuliani a Cateri na de’ Ricci,la cui esperienza viene considerata particolar-mente interessante per la copiosità di testimo-nianze in suo favore. Mentre in alcuni casil’anello ricalca quelli nuziali confezionati conme talli di pregio e arricchiti da brillanti o perlepreziose, in altri si parla espressamente di un“anello di carne”, di un “cerchietto rosso”, equindi intriso di sangue. Ciò che risulta ancorpiù significativo della natura sponsale che rive-ste la reliquia del prepuzio, è il fatto che in alcune raffigurazioni non è il sommo sacerdotea operare la circoncisione, bensì sono delledonne! Come a dire, appunto, che questa scenava ben oltre l’adempimento della legge mosaicae riveste un significato altamente sim bolico. Trai diversi dipinti possiamo ricordare quello delPerugino (1446-1523) nella Cappella Si stina e,assai meno noto ma degno di menzione, l’affre-sco conservato nel Chiostro Verde del Mona -stero di sant’Anna in Foligno (PG), dovuto alpennello di Francesco Melanzio, contempora-neo del Vannucci.

Vocabolario ecclesiale

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BIBBIAVOCABOLARIO ECCLESIALE

7Eco dei Barnabiti 3/2015

Francesco Melanzio - Circoncisione -Chiostro Verde del Monastero disant’Anna in Foligno Perugino - Mosè in Egitto - circoncisione del figlio di Mosè (par.)

Cattolici e ortodossi celebrano la ricorrenza della Circoncisione di Gesù, avvenuta secondo un rito pe-culiare al popolo ebraico fin dai tempi di Abramo. Con la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, i catto-lici hanno “ribattezzato” la suddetta festa intitolandola alla Divina Maternità di Maria Santissima. In que-sto giorno, il 1° dell’anno, si celebrano attualmente entrambe le ricorrenze, oltre all’Ottava del Natale, ela liturgia include elementi di riflessione su tutte e tre le festività.

La Chiesa cattolica di rito ambrosiano, a differenza del rito romano, ha mantenuto la solennità della Cir-concisione del Signore il 1º gennaio, celebrando la solennità di Maria Santissima Madre di Dio la VI do-menica di Avvento con l’appellativo di Divina Maternità della Beata Vergine Maria.

Anche il più sprovveduto cultore d’arte pensa alla circoncisione come una scena che raffigura il Sommosacerdote alla presenza dei genitori del Bambino Gesù, nonché di Simeone e Anna. Questo evento regi-stra però una variante a dir poco curiosa, in cui a circoncidere Gesù sono delle donne. Il pittore fiorentinoSandro Botticelli (1445-1510) dipinse simile evento nientemeno che nella Cappella Sistina, mentre un suocoetaneo, Francesco Melanzio (1465-1526), di Montefalco in Umbria, ne riprese il soggetto nel cosiddetto“Chiostro verde” del Monastero di sant’Anna in Foligno (PG), culla dell’Osservanza francescana.

Spontanea la domanda perché simile compito sia disimpegnato, poco verisimilmente, da donne. Quan-to si illustra nell’articolo ne offre la spiegazione. Il cerchietto di carne circonciso simboleggia, non senzaun richiamo alle dinamiche nuziali, l’anello sponsale che Cristo stesso inserisce nel dito della mistica spo-sa. Questo soggetto ha avuto infinite riprese nell’arte soprattutto nei cenobi femminili, come fa fede la du-plice raffigurazione tuttora visibile negli affreschi dei due Monasteri confluiti nel Convento di Campellosul Clitunno. Due sono infatti i siti che ne conservano traccia. Il più antico, verosimilmente risalente allafine del XIV o inizi XV secolo, si trova nella lunetta che sovrasta l’affresco del Crocifisso con Santi dipintodal Maestro di Fossa (1342) e conservato nel Monastero di S. Giovanni fondato dall’intraprendente suorAgnesuccia all’inizio del Quattrocento. Purtroppo, però, il particolare dell’inanellamento è scomparso,mentre lo si può rintracciare nelle raffigurazioni, non ancora restaurate, della cappella del più antico Mo-nastero di S. Pietro. Qui risulta evidentissimo l’incastro tra la mano del Bambino e quella di Caterina, defi-nita “uxor”, e quindi sposa, nella didascalia che si legge tuttora ai piedi del dipinto. Si suppone che ne siaautore il cosiddetto Maestro di Eggi (prima metà del XV sec.), una località nei pressi di Spoleto.

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