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UN FENOMENO DI CORREPTIO VOCALICA IN UNA VARIETÀ DI KIKONGO. ROBERTO AJELLO, MASSIMILIANO BARBERA, GIOVANNA MAROTTA * 1. INTRODUZIONE Nessuna delle numerose varietà di kikongo, lingua bantu del gruppo occidentale, né la varietà di maggior prestigio detta kisansala, lingua dell’antica corte dei re del Congo che aveva come suo centro di irradiazione la capitale del regno Mbanza Kongo, dai portoghesi ribattezzata San Salvador, né le altre varietà attualmente parlate nella parte settentrionale dell’Angola e nelle aree meridionali delle due repubbliche del Congo, ha ricevuto molta attenzione da parte dei linguisti. Scarse e parziali sono state le descrizioni di questi idiomi. Ma soprattutto colpisce il fatto che grammatiche e dizionari di kikongo relativamente recenti omettano totalmente di dar notizia, anche solo in forma dubitativa, di alcune caratteristiche di questa lingua in tutte le sue varietà, che ad un ascolto superficiale risultano immediatamente evidenti, ignorando addirittura indicazioni che qualche precedente autore aveva pur fornito. Due omissioni sono particolarmente incomprensibili: l’aver ignorato l’esistenza di opposizioni tonali distintive e di opposizioni fonologiche di quantità

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UN FENOMENO DI CORREPTIO VOCALICA

IN UNA VARIETÀ DI KIKONGO. ROBERTO AJELLO, MASSIMILIANO BARBERA, GIOVANNA MAROTTA *

1. INTRODUZIONE

Nessuna delle numerose varietà di kikongo, lingua bantu del gruppo

occidentale, né la varietà di maggior prestigio detta kisansala, lingua

dell’antica corte dei re del Congo che aveva come suo centro di

irradiazione la capitale del regno Mbanza Kongo, dai portoghesi

ribattezzata San Salvador, né le altre varietà attualmente parlate nella

parte settentrionale dell’Angola e nelle aree meridionali delle due

repubbliche del Congo, ha ricevuto molta attenzione da parte dei

linguisti. Scarse e parziali sono state le descrizioni di questi idiomi.

Ma soprattutto colpisce il fatto che grammatiche e dizionari di

kikongo relativamente recenti omettano totalmente di dar notizia,

anche solo in forma dubitativa, di alcune caratteristiche di questa

lingua in tutte le sue varietà, che ad un ascolto superficiale risultano

immediatamente evidenti, ignorando addirittura indicazioni che

qualche precedente autore aveva pur fornito. Due omissioni sono

particolarmente incomprensibili: l’aver ignorato l’esistenza di

opposizioni tonali distintive e di opposizioni fonologiche di quantità

vocalica, nonostante che, quanto al primo punto, già nel 1922 K.E.

Laman, nel suo The Musical Accent or Intonation in the Kongo

Language, avesse segnalato l’esistenza di toni in questa lingua e H.

Carter abbia dedicato alla questione dei pitch phenomena della varietà

del kikongo chiamata zombo un ponderoso lavoro come Syntax and

Tone in Kongo, e, quanto al secondo punto, nonostante che un piccolo

dizionario, come quello di L. Dereau (1957), portasse già indicazioni

di opposizione quantitativa delle vocali in kikongo.

Bastino questi pochi esempi per mostrare quanto sia immediata

l’individuazione di coppie minime che si oppongano per la quantità

della vocale tonica:

/dila/ “piangere” ~ /di:la/ “mangiare al posto di”

/basa/ “scaffale” ~ /ba:sa/”tagliare, strappare”

/koka/”tirare trascinando per terra” ~ /ko:ka/”discendere”

/kula/”crescere” ~ /ku:la/”liberare”

/teka/”vendere” ~ /te:ka/ “apparire”

In attesa di dedicare uno studio specifico alla questione dell’esistenza

dei toni in kikongo, nel presente lavoro abbiamo inteso misurare la

quantità vocalica della vocale tonica in una serie di parole kikongo

pronunciate sia in isolamento sia inserite in frasi di matrice morfo-

sintattica simile ed abbiamo osservato un fenomeno che ci è sembrato

degno di attenzione: le vocali toniche lunghe subiscono un fenomeno

2

di abbreviamento quando il corpo della parola aumenta per aggiunta di

suffissi. Lo stesso fenomeno di correptio non si verifica, almeno

uditivamente, quando il corpo della parola aumenta per aggiunta di

elementi prefissali. Abbiamo pertanto preso in esame il caso di forme

verbali che al passato possono ricevere sia un solo morfema

desinenziale (/-idi/ o /-ele/, a seconda dell’armonia vocalica innescata

dal timbro della vocale tonica radicale, dove /-d-/ è l’esito di /-l-/

davanti alla vocale /-i/), che conferisce alla forma del passato un

valore aspettuale di perfetto, sia, oltre al medesimo morfema

desinenziale, anche il prefisso /wa-/ per la seconda e terza persona

singolare, che determina per la forma verbale un valore aspettuale

aoristico.

L’analisi ci è servita non solo per ottenere una conferma strumentale

dell’opposizione quantitativa della vocale tonica, ma anche per

riflettere su teorie consolidate come quella del piede trocaico.

Le registrazioni in camera silente sono state fatte utilizzando la

competenza nativa del dott. Ali Yambula Mbanzila, sacerdote della

diocesi di Matadi (RDC), di anni 40, parlante nativo di una varietà di

kikongo chiamata kimanyanga. Il presente studio vale quindi,

strettamente parlando, per il solo kimanyanga e non per altre varietà,

finché non verranno condotte analisi più ampie e diversificate per

aree.

3

2. IL CORPUS

La nostra indagine si basa sull’analisi di un corpus limitato, ma

coerente che risulta indicativo rispetto all’ipotesi di partenza. Lo

scopo è quello di mettere a fuoco il fenomeno di correptio vocalica

ipotizzato per la lingua Kikongo nel passaggio dalla forma base

(presente) del verbo alle forme morfologiche del passato che

prevedono tendenzialmente l’aumento sillabico: perfetto, con valore

compiuto, e aoristo, con valore puntuale.

Le registrazioni sono state effettuate in cabina silente con

apparecchiatura DAT in due sedute successive presso il Laboratorio di

Linguistica della Scuola Normale Superiore di Pisa. L’unico parlante

disponibile, lingua madre Kikongo, è stato invitato alla lettura di 35

frasi. Il numero totale individua dodici gruppi di tre frasi1, ciascuno

dei quali contestualizza le forme verbali sopra menzionate relative a

verbi basicamente bisillabici.

Quanto ai tre tempi verbali considerati si noterà che: il perfetto di

norma prevede l’aggiunta di un suffisso /-idi/ rispetto alla radice della

forma base2; l’aoristo aggiunge un prefisso /wa-/ alla forma perfettiva

nella II e III ps. sg.. Più precisamente, in relazione al perfetto, andrà

precisato che la forma soggiacente rimanda ad un suffisso originario

1 Solo per il verbo /be:ba/ (= ‘consumarsi’) non si dispone dell’occorrenza relativa alla forma dell’aoristo; per questa ragione le frasi sono 35 e non 36. 2 La norma ha valore generale; le forme del perfetto sono infatti soggette a un duplice fenomeno di armonizzazione del suffisso rispetto alle caratteristiche fonetiche della radice (Ajello e Bortolami 2003: 9), per cui il suffisso subisce l’influenza sia del vocalismo, sia del consonantismo della radice dando luogo a perfetti in /-ele/, /-idi/, /-ene/, /-ini/ (cfr. ultra).

4

*/V/ + /l/ + /V/ «con timbro della vocale mutante in base al vocalismo

della sillaba radicale tonica» (Ajello e Bortolami 2003: 9). In altre

parole la consonante /d/ subentrerebbe alla laterale davanti a /i/

introducendo una alternanza tra forme perfettive con desinenza /-idi/

ovvero /-ele/ (cfr. /»bo:ngele/ vs /»bo:ngidi/). Lo stesso fenomeno

giustifica anche gli esiti in nasale /-ini/, /-ene/ indotti da un processo

di assimilazione rispetto alla nasale semplice eventualmente presente

nella radice (p.es. si-ma “proibire” > si-mini “proibì” e ko-ma

“pregare” > ko-mene “pregò”. Talvolta i radicali contenenti nasale

dentale non aggiungono il suffisso, ma modificano il timbro delle

vocali (cfr. /»bwa:na/ > /»bwe:ne/).

Successivamente alla lettura in contesto di frase, si è proceduto alla

registrazione degli stessi verbi in lettura isolata direttamente dal

lessico della lingua Kikongo (Dereau 1957). Andrà precisato che

quest’ultima tranche di entrate lessicali include soltanto le forme del

presente e del perfetto.

Di seguito si fornisce in tabella l’elenco delle occorrenze analizzate

con l’indicazione del contesto di lettura (frase vs isolamento) di volta

in volta disponibile per le singole forme.

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Tab 1 Elenco delle forme verbali prese in esame con indicazione del contesto di produzione (lettura isolata vs contesto di frase).

Presente (in isolamento e in frase)

Perfetto (in isolamento e in frase)

Aoristo (in frase)

/»ba:ndza/ ‘pensare’ /»ba:ndzidi/ /wa»ba:ndzidi/

/»bi:Nga/ ‘cercare’ /»bi: Ngidi/ /wa»bi: Ngidi/

/»bo:mba/ ‘confortare’ /»bo:mbidi/ /»bo:mbele/ /wa»bo:mbidi/

/»ba:sa/ ‘tagliare’ /»ba:sidi/ /wa»ba:sidi/

/»bo: Nga/ ‘prendere’ /»bo: Ngele/ /»bo: Ngidi/3 /wa»bo: Ngele/

/»bu:mba/ ‘assalire’ /»bu:mbidi/ /wa»bu:mbidi/

/»bu:nda/ ‘unire’ /»bu:ndidi/ /wa»bu:ndidi/

/»be:ba/ ‘consumarsi’ /»be:bele/4 -

/»be:la/ ‘essere malato’ /»be:lele/ /wa»be:lele/

/»bi:ka/ ‘smettere’ /»bi:kidi/ /»wabi:kidi/

/»bo:ka/ ‘gridare’ /»bo:kele/ /wa»bo:kele/

/»bu:ka/ ‘esplodere’ /ki»bu:kidi/ /kja»bu:kidi/5

3. METODO DI ANALISI.

I dati sono stati sottoposti ad analisi spettroacustica con software

Praat (versione 4.2.05). Il parametro utile ai fini di questo primo

stadio di indagine è appunto la durata dei segmenti vocalici, registrata

in millisecondi. L’inventario fonologico Kikongo include

l’opposizione tra vocali brevi e vocali lunghe: /a/, /e/, /i/, /o/, /u/ vs 3 In lettura isolata da lessico la forma disponibile è /»bo:ngele/ 4 La forma /»be:bele/compare in lettura isolata, mentre in contesto di frase compare il prefisso di concordanza con il nome soggetto della classe 8 nello schema raffigurato in Ajello & Bortolami (2003: 6): /ma»be:bele/. 5 In questo caso la forma /kja/- è dovuta al prefisso di accordo con il nome soggetto appartenente alla classe 5 dello schema proposto in Ajello & Bortolami (2003: 6).

6

/a:/, /e:/, /i:/, /o:/, /u:/6. In questa sede sono stati presi in esame

particolarmente lessemi verbali con vocale tonica lunga, al fine di

valutare al meglio la riduzione di durata all’interno del paradigma. Di

timbro medio-chiuso risultano le vocali /o/ ed /e/. Allo scopo di

chiarire alcuni aspetti relativi ai dati presentati di seguito, si ritiene

opportuno fornire alcune precisazioni:

1. la produzione dei fonemi lunghi (lessicalmente) presenta notevole

variabilità di lunghezza nella realizzazione del parlante in esame.

Questo è dovuto in certa misura al fatto che lo stesso soggetto sembra

prolungare oltre modo le vocali – indipendentemente dal fatto che la

sillaba sia chiusa o aperta – per i casi in cui la lunghezza vs brevità

individua, specie nella dizione isolata, delle coppie minime: una sorta

di effetto di enfasi grammaticale;

2. l’analisi acustica è stata effettuata a più riprese allo scopo di

ridurre al minimo eventuali margini di errore nella misurazione dovuti

alla segmentazione manuale delle stringhe fonetiche, specie nel caso

di contesti critici;

3. per quanto concerne le forme verbali con nasale seguita da C (ad

es. /»ba:ndza/ “pensare”), occorre sottolineare come l’analisi

spettroacustica permetta di individuare non tanto una consonante

nasale (/V/ + /N/ +/C/), quanto piuttosto un’unica struttura

consonantica /V/ + /NC/; depongono a favore di questa interpretazione

la durata della componente nasale notevolmente superiore a quella

6 Nel lessico di Dereau (1957) la trascrizione ortografica prevede la segnatura con il diacritico ˆ dei fonemi vocalici lunghi.

7

della fase consonantica orale successiva, per cui si rinvia a Speeter

Beddor & Onsuwan (2003) (cfr. fig. 1); altro elemento decisivo,

rilevabile nella struttura spettrale, è la cesura piuttosto netta rispetto

alla vocale precedente, che sembra risentire solo in misura limitata

degli effetti coarticolatori di nasalizzazione (si veda in merito la fig.

2).

Fig. 1 Timing segmentale e coarticolatorio in una sequenza VNCV nella lingua bantu Ikalanga (da Speeter Beddor & Onsuwan 2003); la durata della fase nasale (in nero) è superiore rispetto a quella orale successiva.

4. LE CONSONANTI PRENASALIZZATE

La presenza di consonanti prenasalizzate, che è stata individuata in

molte occasioni nelle lingue bantu, comporta frequentemente

l’allungamento della vocale che precede il segmento /NC/ (cfr.

Maddieson & Ladefoged 1993; Hubbard 1995). Questo aspetto

converge con i dati in nostro possesso: il prolungarsi della vocale

prima di /NC/ contraddice in effetti le aspettative di breve durata di

una vocale che fosse eventualmente collocata in sillaba chiusa. Il

confronto diretto tra la struttura spettrografica della forma ikalanga

/gamba/ (Speeter Beddor & Onsuwan 2003) e la forma kikongo

/ba:ndza/ (si vedano le figg. 2 e 3), permette di visualizzare notevoli

affinità in tal senso.

8

Fig. 2 Spettrogramma della parola /gamba/ (lingua Ikalanga);

da Speeter Beddor & Onsuwan 2003.

b a : n d z a

Fig. 3 Spettrogramma della forma verbale /ba:ndza/ (kikongo).

La nostra interpretazione porta a considerare le consonanti occlusive

prenasalizzate come segmenti a contorno (Kenstowicz 1994: 498-

499), unità complesse associabili al costituente Attacco nella struttura

sillabica.

A questo proposito prendiamo in esame alcuni aspetti fondamentali

per un inquadramento fonologico delle consonanti prenasalizzate, che

9

la letteratura scientifica ha analizzato di volta in volta come elementi

unitari ovvero come clusters, con differenti implicazioni a livello di

interpretazione fonologica (Hubbard 1995: 236):

In a given language there may be any of several reasons for

considering these sounds to be single units: they may have distribution

characteristic of single segments (appearing in enviroments where

clusters are prohibited), they may have the approximate duration of

single consonants, they may be treated as units by phonological rules,

they generally appear to be tautosyllabic and their two components

are always homorganic.

Nel nostro caso, alcuni fattori essenziali verificati in fase sperimentale

si sommano a quelli già menzionati in relazione alla struttura

spettroacustica (cfr. § 3):

1. /NC/ → /NC/ funziona nel sistema fonologico kikongo come una

consonante unica, occorrendo frequentemente sia all’interno (cfr.

forme verbali sopra citate), sia in principio di parola (ess. nke:nto

“donna, ragazza”; ntona “intelligenza”; mmbazi “esterno”);

2. la porzione nasale del segmento complesso manifesta correlazione

di omorganicità rispetto alla porzione orale contigua (cfr. /»ba:ndza/

“pensare” e /»bi: Nga/ “cercare”);

3. la diffusione nelle lingue bantu (ad es. Runyambo e Luganda) di

consonanti prenasalizzate, caratterizzate da fisionomia fonetico-

fonologica del tutto analoga a quella rilevata nei dati estratti dal nostro

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corpus, sembra accreditare, a titolo di indizio collaterale, la nostra

interpretazione.

Prendiamo in esame l’ipotesi di partenza, in base alla quale dovremmo

poter considerare /NC/ piuttosto come /NC/; di conseguenza,

potremmo collocare la porzione nasale in Attacco di sillaba e associare

al Nucleo la vocale lunga precedente in strutture di parola del tipo:

(1) σ σ

A N A N

C V V C C V

/b a: n z a/

A un’interpretazione analoga si può arrivare anche formalizzando

sulla base del modello di Clements & Keyser (1983), che rappresenta

segmenti quali affricate e prenasali non come unità caratterizzate da

un cambio di tratti ([+nas, –son], nel caso delle consonanti

prenasalizzate), ma come segmenti multipli che occupano una

posizione unica nel timing tier, diversamente dalla semplice

successione /NC/ (Hubbard 1995: 237):

11

(2) x x x x x x x x x

│ │ │ │ │ │ │ │

b a n z a b a n z a

In questa prospettiva si chiarisce il meccanismo che nelle lingue bantu

porta all’allungamento della vocale precedente NC. Secondo Clements

(1986) è possibile formalizzare il processo fonologico, postulando una

struttura soggiacente in cui la nasale preconsonantica sarebbe

associabile alla posizione virtuale di una vocale (in quanto sonorante),

partendo da un presupposto di non accettabilità di sequenze CC nello

skeleton tier delle lingue bantu; lo schema praticabile sarebbe il

seguente:

(3) C V V C V

b a n z a

L’allungamento vocalico di compenso sarebbe indotto, dunque,

proprio dallo spostamento dell’elemento nasale dalla posizione di

Coda sillabica a quella di Attacco della sillaba successiva.

L’interpretazione sembra suffragata dalla diacronia, dal momento che

le consonanti prenasalizzate rinviano in genere a stadi di lingua

anteriori in cui una sequenza V+N ha visto poi cadere il Nucleo

vocalico precedente la nasale.

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Se accettiamo, almeno come prove indirette, i dati registrati per altre

lingue bantu, possiamo tenere presente che, nel caso della lingua

Luganda (Hubbard 1995: 245), «native speakers, when asked to break

up words typically syllabify NC complexes as onsets, not Codas (i.e.

ku-ta-nda, not *ku-tan-da)». Di seguito (§ 7-9) verrà fornita una

dettagliata interpretazione fonologica del fenomeno all’interno

dell’assetto metrico della lingua kikongo.

5. I DATI.

I valori numerici che emergono dall’analisi condotta si presentano

sostanzialmente coerenti. Di seguito vengono riportate le tabelle

contenenti i valori medi e le deviazioni standard relativi alla lunghezza

della vocale tonica, tenuto conto delle variabili:

1. contesto di produzione (isolato vs frase);

2. lunghezza di parola (bi-, tri-, quadri-sillabo);

3. forma morfologico-temporale;

4. numero di occorrenze per ciascun elemento tabellizzato.

Il computo dei dati è stato effettuato in primis tenendo conto della

distribuzione delle diverse lunghezze sillabiche nelle tre forme

temporali (tabb.1-4); quindi si è considerato il comportamento dei

singoli fonemi ancora in relazione ai parametri relativi a contesto di

produzione e lunghezza sillabica della parola (tab. 6).

Presentiamo innanzi tutto le tabelle che riportano numero di

occorrenze, valori medi (ms) e deviazione standard relativi alla

lunghezza delle vocali toniche distinte in base alla forma morfologico-

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temporale cui appartengono, alla lunghezza della parola, al contesto di

produzione. La distinzione tra forma base (con valore continuo) e

presente progressivo è esclusivamente funzionale al fatto che il verbo,

nel primo caso, si trova ad occorrere in isolamento, nel secondo caso

in contesto di frase, dove la particella /»weti/ conferisce sfumatura

aspettuale progressiva.

Tab. 2 Presente – durata vocale tonica.

forma base (valore continuo) contesto Lunghezza parola Isolato Bisillabo Media di durata segmento 262 presente progressivo contesto Lunghezza parola Dati Frase Bisillabo Media di durata segmento 284 Tab. 3 Perfetto – durata vocale tonica.

perfetto contesto Lunghezza parola Frase Isolato Trisillabo Media di durata segmento 229 203 Tab. 4 Aoristo– durata vocale tonica.

aoristo contesto Lunghezza parola Frase Quadrisillabo Media di durata segmento 174

Il focus della nostra indagine riguarda, come si è detto, la correlazione

di lunghezza all’interno del paradigma di verbi con vocale tonica

lessicalmente lunga. Occorre rilevare però come, nel corso di una

prima fase di analisi si sia potuto constatare che la riduzione della

durata vocalica colpisca talvolta anche alcuni segmenti lessicalmente

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brevi all’interno di quel nucleo di parole isolate che abbiamo attinto al

lessico di Dereau; si veda in merito la tabella 5, dove vengono

presentati i dati relativi ai segmenti brevi analizzati. Come si può

osservare il comportamento delle vocali lessicalmente brevi risulta

ambiguo, dal momento che, nel passaggio dalla forma bisillabica a

quella trisillabica, l’accorciamento (ad es. /e/ in isolamento) alterna

con l’allungamento (ad es. /u/ in isolamento). Si rendono pertanto

necessarie ulteriori verifiche su un corpus più esteso.

Tab. 5 Fonemi /a/, /e/, /u/ tonici: durata media (ms).

/a/ /e/ /u/ Frase Isolato Frase Isolato Frase Isolato

monosillabo 180 170 - - - - bisillabo - 130 140 - 115 trisillabo 210 - 130 110 100 145 quadrisillabo - - 110 - 137 137

Per quanto concerne i segmenti vocalici lessicalmente lunghi, occorre

sottolineare il fatto che in questo contesto il parlante sembra talvolta

iperarticolare, specie nel caso di lettura isolata. La correlazione di

lunghezza risulta particolarmente evidente in strutture di parola

bisillabiche: in questi casi, infatti, la durata delle vocali lunghe è

notevolmente variabile nella dizione del soggetto in esame. Questo

dato si direbbe non inficiare il valore del confronto reciproco delle

lunghezze vocaliche nelle tre forme morfologiche, visto che il corpus

è stato organizzato in maniera tale da equilibrare numericamente le

occorrenze per i tre gruppi di dati. Si è infatti sottolineato come la

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lunghezza vocalica fonologica passi per via lessicale dalle forme del

presente alle forme del passato.

Altro elemento di interesse è la posizione prosodicamente prominente

che il verbo assume all’interno della frase, fattore che senz’altro

influenza (prolungandola) la durata della vocale tonica. L’effetto di

prominenza, verisimilmente dovuta, almeno in certa misura, all’enfasi

della lettura mirata, individua un peculiare andamento ritmico per cui

il sintagma verbale (verbo con affissi e particelle) risulta circoscritto

da fratture tonali collocate sia prima, sia dopo l’occorrenza del verbo;

la pausa che precede il verbo e segue il sintagma nominale soggetto è

tendenzialmente più lunga della pausa successiva. Le analisi

sintattiche e tipologiche hanno dimostrato, del resto, come all’interno

della frase il SN soggetto occupi una posizione a sé rispetto al SV, che

incorpora verbo e SN oggetto.

Nella tabella 6 si presentano numero di occorrenze, valori medi (ms) e

deviazione standard relativi ai fonemi vocalici lunghi tonici distinti in

base alla forma morfologico-temporale cui appartengono, alla

lunghezza della parola, al contesto di produzione. Un elemento che

influenza (innalzandoli) i valori di deviazione standard è il fatto che

spesso la funzione venga applicata soltanto a due o tre occorrenze (per

il singolo fonema appunto). In questi casi non si può parlare

propriamente di standard, né tanto meno di deviazione standard,

mentre sembra accettabile, per un eventuale confronto delle durate tra

fonemi diversi, piuttosto il calcolo della media.

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Tab. 6 Fonemi /a:/, /e:/, /i:/, /o:/, /u:/ tonici: durata media (ms).

/a:/ /e:/ /i:/ /o:/ /u:/ Frase Isolato Frase Isolato Frase Isolato Frase Isolato Frase Isolato

Presente 300 330 330 327 240 275 309 260 258 266 Perfetto 240 240 250 240 165 250 227 187 175 235 Aoristo 185 225 140 175 160

I dati salienti in nostro possesso riguardano, come si è accennato, i

fonemi vocalici lunghi che costituiscono le 35 occorrenze in contesto

di frase; a questa cifra si sommano 24 forme (forma base + perfetto)

prodotte in lettura isolata. Posta questa premessa, la lettura dei valori

reperiti mette in evidenza una dinamica sistematica per cui il fonema

tonico in bisillabo presenta la durata più elevata, che costantemente

supera i 250 ms; i trisillabi riducono lo span temporale della tonica,

che talora risulta ulteriormente ridotto – sia pure in misura minore –

nei quadrisillabi. Di seguito si propongono, a titolo di esempio, le

immagini spettrografiche e il corrispettivo file audio relativi a due

paradigmi verbali (presente e perfetto).

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Fig. 4 Oscillogramma e spettrogramma della forma / bo:mba/.

Fig. 5 Oscillogramma e spettrogramma della forma /bo mbidi/

18

Fig. 6 Oscillogramma e spettrogramma della forma /bu:ka/.

Fig. 7 Oscillogramma e spettrogramma della forma /bukidi/.

19

Infine, visualizzando in prospettiva sinottica (cfr. tab.7) le durate

relative per forma morfologica in funzione del numero di sillabe della

parola, perveniamo a conclusioni coerenti:

Tab. 7 Valori medi (ms) e deviazione standard (σ) delle vocali toniche nelle tre forme morfologico-temporali considerate.

Contesto Durata

Bisillabi piani (presente)

Trisillabi sdruccioli (perfetto)

Quadrisillabi sdruccioli (aoristo)

isolato media (ms) 262 229 -

frase media (ms) 284 203 174

La durata della vocale tonica lunga subisce dunque un processo di

accorciamento sistematico e significativo nel passaggio dalla forma

verbale bisillabica piana a quella trisillabica e quadrisillabica

sdrucciole.

6. ASPETTI DELLA PROSODIA DEL KIKONGO

Dopo la presentazione dei dati raccolti, cerchiamo di delineare un

primo quadro dell’assetto metrico della lingua kikongo. L’aggettivo

metrico viene qui usato in senso tecnico, con specifico riferimento a

quel modulo della fonologia generativa non lineare che si occupa della

fenomenologia accentuale delle lingue naturali.7 Come abbiamo già

7 Cfr. Hogg & Mc Cully (1987), Goldsmith (1990), Kenstowicz (1994).

20

avuto modo di osservare (cfr. § 1), il nostro contributo rappresenta il

primo tentativo sia di descrizione che di interpretazione di questo

aspetto della fonologia del kikongo, se si eccettua la monografia di

Carter (1973). Nonostante la relativa esiguità del corpus di

rilevazione, e pur nel ricorso limitato, sia in termini qualitativi che in

termini quantitativi, al mitico ‘parlante nativo’, riteniamo che alcune

tendenze prosodiche possano comunque essere delineate, il che

dovrebbe costituire un punto di partenza per analisi successive, più

ampie ed esaustive.

Prima di illustrare la nostra proposta di interpretazione della struttura

metrica, sarà opportuno prendere in esame alcuni aspetti fondamentali

della prosodia del kikongo. Va innanzitutto osservato che questa

lingua manifesta contrasti tonali evidenti, anche sulla base della

semplice analisi uditiva, corroborata del resto dall’analisi acustica.

Riteniamo, ad una prima analisi, che il kikongo sia una lingua tonale

in senso classico, cioè che utilizza le differenze di frequenza a fini

distintivi. La categoria di accento in una lingua tonale ha uno statuto

diverso da quello che detiene in una lingua non tonale. Anche dal

punto di vista fisico, il parametro primario per veicolare la

prominenza risulta la frequenza, con durata ed intensità con valore

sussidiario.

Sulla base dell’analisi svolta, pare inoltre di poter affermare che nella

varietà di kikongo presa in esame sia attivo il contrasto fonemico di

quantità vocalica: vocali lunghe e vocali brevi si oppongono infatti

con valore distintivo con un buon rendimento funzionale; ciò emerge

21

chiaramente anche dal Dizionario di Dereau (1957), in cui le vocali

lunghe vengono indicate graficamente in modo sistematico e, per

quanto abbiamo finora potuto verificare, corretto, mediante l’uso

dell’accento circonflesso. Tutti i timbri vocalici che appartengono

all’inventario fonologico del kikongo (/a e o i u/) conoscono

l’opposizione /V ~ Vì/ (cfr. supra, § 1).

L’unità prosodica di base è la mora, non la sillaba, il che è del tutto

compatibile con il fatto che il kikongo sia una lingua tonale.

La struttura sillabica appare relativamente semplice e poco marcata,

contrassegnata da un template (C)V; infatti:

a) non sono ammesse consonanti geminate;

b) l’Attacco può essere associato ad una sola consonante semplice o

complessa; il dato pare essere confermato dai prestiti entrati nelle

prime attestazioni scritte di questa lingua (sec. XVII); ad es. kuluzu

“croce” < portoghese cruz; divulu “libro” < portoghese livro (cfr.

Ajello & Bortolami 2002-2003);

c) il Nucleo può essere associato ad un segmento vocalico unico (sia

breve che lungo), oppure ad un dittongo, sia ascendente che

discendente;

d) non sono ammesse C in Coda, se consideriamo le sequenze NC

come consonanti prenasalizzate, che proiettano un unico slot sul

livello scheletrico astratto, associato al costituente Attacco (cfr. § 4).

22

7. L’ASSETTO METRICO

Per quanto concerne la struttura metrica, la lingua kikongo risulta

caratterizzata dai seguenti parametri prosodici:

a) testa a sinistra

b) [+Quantity Sensitivity]

c) piede limitato

Il parametro testa fa riferimento alla posizione occupata dalla sillaba

accentata nell’ambito del piede metrico: iniziale o finale; una lingua

può quindi avere un ritmo trocaico, se la testa si trova all’inizio del

piede metrico, oppure un ritmo giambico, se la testa è collocata alla

fine. Nel caso del kikongo, viene selezionato il parametro ‘testa = a

sinistra’, quindi, il ritmo trocaico. Le basi lessicali sono infatti

accentate di norma sulla prima sillaba radicale; ad es. bómba

“confortare”, perfetto bómmbidi; búka “curare”, perfetto búkidi.

Il fatto che in kikongo l’accento lessicale non sia distintivo, ma

fondamentalmente fisso nell’ambito della radice (in posizione iniziale)

non può che confermare l’assunzione del parametro testa nei termini

sopra enunciati. Né può costituire eccezione a tale assunto il caso in

cui ad una base bisillabica si aggiungano prefissi o suffissi clitici:

l’accento di parola resta infatti associato alla base lessicale e gli affissi

restano atoni; ad es. búmba “assalire”; Perfetto búmbidi. Vi sono

tuttavia anche elementi morfologici dotati di accento e di tono, come

23

ad es. wa, il prefisso che conferisce valore aoristico alla forma verbale

del Perfetto, che pare dotato di tono ascendente autonomo.

Per le sillabe atone delle forme suffissali si può ricorrere alla nozione

di extrametricalità. Una sillaba extrametrica è per definizione

invisibile alle regole accentuali; pertanto non conta nell'algoritmo

metrico. In kikongo, l’extrametricalità può essere invocata per

interpretare forme verbali come bíngidi “ha cercato”, bwélele “ha

aggiunto”. Lo status morfosintattico e prosodico della sillaba finale,

un suffisso enclitico, fornisce ulteriore giustificazione per una tale

assunzione:

(4) a. bí ndi di b. bwé le le

| | | | | | σf σd <σ> σf σd <σ> | | Pd Pd | |

Pa Pa8

Sull'extrametricalità vige la condizione di 'perifericità': la sillaba

extrametrica deve occupare una posizione marginale nel costituente

prosodico (tipicamente, la parola prosodica; cfr. Kenstowicz 1994:

567). Inoltre, in una stessa struttura metrica, non possono esserci due o

più elementi extrametrici, ma soltanto uno. Entrambe le restrizioni

sono rispettate nel caso del kikongo.

8 In questo, come negli schemi seguenti, σf = sillaba forte, cioè tonica, σd = sillaba debole, cioè atona, Pd = Piede metrico, Pa = Parola.

24

Nei domini metrici superiori a quello del piede, e specificamente

nell’ambito della parola fonologica, come pure del sintagma

fonologico, la testa si trova invece a destra. Questo significa che il

Designed Terminal Element, vale a dire la sillaba tonica che è

dominata sempre e soltanto da nodi forti nell’albero metrico, è di

norma l’ultima tonica. Sul costituente che si trova a destra nella catena

lineare cade pertanto l’accento primario, mentre su quello che sta a

sinistra cade l’accento secondario. Così, ad es. [«mwa:na »nke:nto] “la

ragazza”, [«weti »ba˘sa] “sta tagliando”.

Il parametro relativo alla sensibilità alla quantità fa riferimento al

legame che può instaurarsi nelle lingue naturali tra la struttura interna

della sillaba, ed in particolare il suo peso, e l’assegnazione

dell’accento lessicale. Le lingue in cui i princìpi che sovrintendono

alla struttura metrica hanno accesso alla struttura sillabica selezionano

il parametro [+QS] (= Quantity Sensitivity). In tali sistemi, le sillabe

pesanti sono tendenzialmente accentate, cioè sono associate a

posizioni forti nell’albero metrico, mentre quelle leggere sono atone

(cfr. Goldsmith 1990: 178). In termini negativi, il parametro prevede

che una posizione metricamente debole non possa dominare una

sillaba pesante.

In kikongo, la posizione forte nell’albero metrico può essere associata

sia ad una sillaba leggera che ad una sillaba pesante, ma l’elemento

fondamentale è che una sillaba pesante non è mai dominata da una

posizione debole. Del resto, in questa lingua l’unità metrica primaria

25

non è la sillaba, bensì la mora, come spesso accade nei sistemi tonali

(cfr. supra).

In sintesi, il kikongo può dirsi sensibile alla quantità, sia perché

l'attrazione dell'accento sulle sillabe pesanti si esercita in maniera

sistematica, nel senso che il contrasto di quantità vocalica è limitato

alle sole sillabe toniche, sia soprattutto perché non si danno casi di

associazione di sillabe pesanti a nodi deboli del piede metrico.

8. LIMITATEZZA DEL PIEDE ED EXTRAMETRICALITÀ

Il parametro di limitatezza (boundedness) fa riferimento all’ampiezza

del piede metrico. Nelle lingue in cui viene selezionato il parametro

[-bounded], il piede può avere estensione sillabica variabile;

viceversa, nelle lingue [+bounded], il piede ha un’ampiezza

determinata, che deve essere fissata nella grammatica.

La teoria metrica ha previsto inizialmente sia piedi limitati che

illimitati (cfr., ad es. Halle e Vergnaud 1987). In realtà, nella prassi

concreta sono stati di norma proposti soltanto piedi limitati e con

ampiezza pari a due sillabe oppure a due more (cfr. Hayes 1994;

Kager 1995). Le ragioni per l'adozione del binarismo sono varie:

tipologicamente, si osserva che le lingue naturali adottano più

frequentemente strutture accentuali binarie che ternarie;

nell’acquisizione linguistica, il ritmo binario precede quello ternario

(cfr. Vihman 1996). Inoltre, dal punto di vista teorico, l'adozione del

binarismo è in pieno accordo con la sintassi, ove viene adottata la sola

ramificazione binaria.

26

Per quanto riguarda il kikongo, l’adozione del parametro [+ bounded]

con limitatezza pari a due more sembra essere empiricamente

motivata, per le seguenti ragioni:

a) nell’ambito del lessico indigeno, i piedi metrici sono di tipo

trocaico;

b) nella lingua funziona l’equivalenza prosodica tra una sillaba

pesante e due sillabe leggere;

c) i monosillabi sono sempre lunghi, essendo la Rima associata ad un

dittongo (ad es. sya “estrarre vino di palma”, fwa “morire”, bau

“loro”).

Consideriamo la struttura metrica di una forma quale bélele “ha

disprezzato”: la base è qui data dalla radice verbale bél-a, cui sarà

assegnata la struttura trocaica, nei termini di un trocheo quantitativo

composto da due sillabe leggere, e quindi da due more, mentre alla

sillaba finale del suffisso enclitico di perfetto sarà riconosciuto lo

status di sillaba extrametrica, collocata in posizione legittima, in

quanto periferica sul lato destro della sequenza lineare:

(5) be le le | | | σ σ <σ> | Pd

27

In alternativa, si potrebbe rinunciare alla nozione di extrametricalità e

pensare che nel caso di forme come bélele, si tratti di un’unica

struttura metrica, con la conseguenza di riconoscere il piede dattilico

al fianco di quello trocaico.

In effetti, non sono mancate proposte teoriche in tal senso, con

applicazione a diverse lingue naturali (cfr. Haraguchi 1991, Burzio

1994, Marotta 1999), che puntano verso il superamento della

restrizione binaria sui piedi metrici. Tali proposte sono tuttavia

maturate all’interno di analisi condotte su dati empirici relativi a

lingue quali l’italiano o lo spagnolo, per le quali l’adozione del

binarismo stretto appare problematica, in virtù del diverso statuto

dell’unità prosodica di mora.

Non è questo il caso del kikongo, dove la nozione di extrametricalità

pare essere sufficientemente motivata tanto sul piano empirico quanto

su quello teorico.

D’altra parte, l’extrametricalità dovrà essere sospesa in tutti quei

contesti in cui entrerebbe in conflitto con il principio di esaustività,

che richiede che ad ogni lessema venga assegnato un accento, e di

conseguenza una struttura metrica, indipendentemente e prima

dell’applicazione dell’extrametricalità (cfr. Hayes 1995: 110 sgg.).

È questo il caso delle parole monosillabiche, come pure dei bisillabi

costituiti da due vocali brevi, strutture rispettivamente H e LL,9 nelle

quali il mancato computo dell’ultima sillaba contrasta con la

9 Qui come in seguito, L = light, H = heavy, ad indicare il peso rispettivamente leggero o pesante della sillaba; ricordiamo che la sillaba leggera conta per una mora, mentre quella pesante per due more.

28

minimalità del piede trocaico, pari a due more. Si osservi tuttavia che

la subordinazione dell’extrametricalità ai vincoli di esaustività e di

bimoraicità li rende ben formati e compatibili con l’assetto prosodico

generale della lingua.

Ad es. nel caso delle forme syá “estrarre il vino di palma”, struttura H,

e béla “disprezzare”, struttura LL, la rappresentazione metrica dovrà

essere necessariamente la seguente, se si vuole mantenere la

minimalità del piede trocaico pari a due more:

(6) a) syá b) bé la | | | |

µ µ µ µ \ | | Pd Pd

Viceversa, nel caso dei bisillabi con vocale lunga o dittongo, strutture

HL, l’extrametricalità si applicherà senza problemi; ad es. per bé˘la

“essere malato”, come per lwáka “paura”:

(7) a) bé˘ la b) lwá ka | \ | | | | µ µ <µ> µ µ <µ> | / | / Pd Pd

29

9. LA CORREPTIO VOCALICA

Una volta assunta per la lingua kikongo (almeno nella varietà in

esame) la massimalità del piede trocaico pari a due more, il fenomeno

di accorciamento vocalico rilevato nelle forme verbali trisillabiche

andrà interpretato semplicemente come strategia non marcata per

rendere tali forme compatibili con i parametri vigenti. Il mancato

accorciamento della vocale radicale creerebbe infatti strutture

trimoraiche, non tollerate dal sistema metrico kikongo:

(8) a) ba˘ nza b) *ba˘ nzi di | \ | | \ | | µ µ <µ> µ µ µ <µ> | / \ Pd Pd

La struttura in (8b) è agrammaticale, in quanto crea un piede

bisillabico, ma trimoraico; la correptio ripristina il trocheo

quantitativo che rispetta i vincoli prosodici, con minimalità e

massimalità pari a due more:

(9) a) ba˘ nza b) ba nzi di | \ | | | | µ µ <µ> µ µ <µ> | / | Pd Pd

30

Osserviamo en passant che il trocheo del kikongo è un vero e proprio

trocheo quantitativo à la Mester (1994), più di quanto lo sia il piede

trocaico che vige in latino, che ammette anche piedi bisillabici

trimoraici (cfr. Marotta 2000). Il vincolo di bimoraicità è dunque

stringente in kikongo più che in latino, anche perché il parametro di

sensibilità alla quantità è qui sempre rispettato, non essendo ammesse

strutture del tipo LH , come invece accade in latino (ad es. in pater,

amo˘).

Concludiamo questa sezione del nostro lavoro ricordando che in molte

lingue si osserva l’accorciamento vocalico in parole trisillabiche

rispetto a forme correlate di tipo monosillabico o bisillabico, un

fenomeno noto in letteratura come Trisyllabic Shortening.

Tipico è il caso dell’inglese (cfr. Goldsmith 1990: 246; passim); ad es.

le classiche coppie divine, serene, opaque versus divinity, serenity,

opacity: un piede monosillabico, ma bimoraico, con dittongo lungo

(H), da un lato, un trocheo bisillabico e bimoraico, con vocale tonica

breve e sillaba finale extrametrica (LL<L>), dall’altro.

Il fenomeno di correptio illustrato per la varietà di kikongo in esame

appare dunque non marcato, anche su base tipologica: essendo

l’ampiezza massima del piede pari a due more, l’aggiunta di una

sillaba ad una forma bisillabica determina l’accorciamento di una

vocale lunga radicale, per il rispetto del vincolo di bimoraicità.

31

10. CONCLUSIONI

L’analisi metrica svolta, pur se riferita ad un corpus ridotto di dati, ci

induce a considerare il kikongo come lingua a struttura trocaica. In

riferimento ai parametri adottati di norma nell’analisi metrica non

lineare, il trocheo del kikongo risulta caratterizzato da testa a sinistra,

ampiezza pari a due more e sensibilità alla quantità. Come abbiamo

visto, in maniera del tutto non marcata, vige in kikongo

l’extrametricalità, governata sulla base di un vincolo morfologico,

essendo riservata a sillabe precedute da confine morfologico.

Le ipotesi avanzate in questa sede potranno essere convalidate oppure

smentite da ulteriori e più ampi studi sul sistema metrico-prosodico

del kikongo. In particolare, una questione che andrà affrontata in

maniera sistematica in futuro riguarda il rapporto tra accento, durata e

tonalità. Pur nella consapevolezza dei limiti di quest’analisi, resta

l’auspicio di aver contribuito alla descrizione della prosodia della

lingua kikongo, ancora quasi del tutto inesplorata.

*Il lavoro è stato concepito e sviluppato concordemente dai tre autori.

Ai soli scopi accademici valgano le seguenti attribuzioni:

R. Ajello: § 1 e Appendice; M. Barbera: § 2-3-4-5; G. Marotta: § 6-7-

8-9-10.

32

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36

APPENDICE: IL CORPUS DI FRASI10

1 a- Mwa:na bakala weti ba:nza mwa:na nke:nto

“il ragazzo sta pensando alla ragazza”.

b- Mwa:na bakala banzidi mwa:na nke:nto

“il ragazzo pensò alla ragazza”.

c- Mwa:na bakala wabanzidi mwa:na nke:nto

“il ragazzo pensò alla ragazza”.

2 a- Mwa:na bakala weti bi:nga mwa:na nke:nto

“il ragazzo sta cercando la ragazza”.

b- Mwa:na bakala bingidi mwa:na nke:nto

“il ragazzo ha cercato la ragazza”.

c- Mwa:na bakala wabingidi mwa:na nke:nto

“il ragazzo cercò la ragazza”.

3 a- Mwa:na bakala weti bo:mba mwa:na nke:nto

“il ragazzo sta confortando la ragazza”.

b- Mwa:na bakala bombidi mwa:na nke:nto

“il ragazzo ha confortato la ragazza”.

c- Mwa:na bakala wabombidi mwa:na nke:nto

“il ragazzo confortò la ragazza”.

10 Si fa presente che nella trascrizione dei segmenti vocalici lunghi/brevi si è seguita la notazione di Dereau (1957), salvo disconferma derivante dalla nostra analisi empirica.

37

4 a- Mwa:na bakala weti ba:sa nkuni

“il ragazzo sta tagliando per lungo la legna”.

b- Mwa:na bakala basidi nkuni

“il ragazzo ha tagliato per lungo la legna”.

c- Mwa:na bakala wabasidi nkuni

“il ragazzo tagliò per lungo la legna”.

5 a- Mwa:na bakala weti bo:nga tadi

“il ragazzo sta prendendo una pietra”.

b- Mwa:na bakala bongidi/bongele tadi

“il ragazzo ha preso una pietra”.

c- Mwa:na bakala wabongidi/wabongele tadi

“il ragazzo prese una pietra”.

6 a- Mwa:na bakala weti bu:mba mwa:na nke:nto

“il ragazzo sta assalendo la ragazza”.

b- Mwa:na bakala bumbidi mwa:na nke:nto

“il ragazzo ha assalito la ragazza”.

c- Mwa:na bakala wabumbidi mwa:na nke:nto

“il ragazzo assalì la ragazza”.

7 a- Mwa:na bakala weti bu:nda nguba ye madezo

“il ragazzo sta unendo arachidi e fagioli”.

b- Mwa:na bakala bundidi nguba ye madezo

“il ragazzo ha unito arachidi e fagioli”.

38

c- Mwa:na bakala wabundidi nguba ye madezo

“il ragazzo unì arachidi e fagioli”.

8 a- Madya meti be:ba mu lo:nga

“il cibo si consuma nel piatto”.

b- Madya mabebele mu lo:nga

“il cibo si consumò nel piatto”.

9 a- Mwa:na bakala weti be:la mu nzo yayi

“il ragazzo è malato in casa”.

b- Mwa:na bakala belele mu nzo yayi

“il ragazzo era malato in casa”.

c- Mwa:na bakala wabelele mu nzo yayi

“il ragazzo fu malato in casa”.

10 a- Mwa:na bakala weti bi:ka musa mpaka

“il ragazzo smette di fare discussione”.

b- Mwa:na bakala bikidi musa mpaka

“il ragazzo ha smesso di fare discussione”.

c- Mwa:na bakala wabikidi musa mpaka

“il ragazzo smise di fare discussione”.

11 a- Mwa:na bakala weti bo:ka mu nzo yayi

“il ragazzo sta gridando in casa sua”.

39

40

b- Mwa:na bakala bokele mu nzo yayi

“il ragazzo ha gridato in casa sua”.

c- Mwa:na bakala wabokele mu nzo yayi

“il ragazzo gridò in casa sua”.

12 a- Kyula kieti bu:ka mu nzo

“un rospo sta esplodendo in casa”.

b- Kyula kibukidi mu nzo

“un rospo è esploso in casa”.

c- Kyula kiabukidi mu nzo

“un rospo esplose in casa”.