AMBIGUIT ESPRESSIVE IN LICOFRONE - humnet.unipi.it · Atena Iliaca: data la peculiarità del culto...

40
AMBIGUITÀ ESPRESSIVE IN LICOFRONE: LA DARDANOS POLIS DELLA DAUNIA FEDERICO RUSSO, MASSIMILIANO BARBERA 1. Licofrone è l’unico testimone dell’esistenza di un nao;ı dedicato a Cassandra presso il lago di Salpi, costruito dai capi dei Dauni e dagli abitanti di una Dardanos polis: nao;n dev moi teuvxousi Daunivwn a[kroi Savlphı paro[cqaiı, oi{ te Davrdanon povlin naivousi, livmnhı ajgcitevrmoneı potw`n. (Licofrone, Alessandra, vv. 1128-1130 1 ) Il passo ha sollevato molteplici questioni, sia per quanto riguarda la localizzazione del tempio, sia per il significato preciso di Dardanos, che è inteso ora come poleonimo, ora come aggettivo, sia per l’identità della città, sia infine per l’aspetto stesso del culto. Ci troviamo dunque di fronte ad una serie di problemi molto complessi, resi ancora più difficoltosi dal fatto che la Daunia presenta un articolatissimo bagaglio mitico: una sorta di stratigrafia di miti eterogenei per cronologia e significato, ma che trovano un comune denominatore nello spiccato aspetto acheo-troiano che le fonti antiche concordemente attribuiscono a questa regione, letteralmente costellata F. Russo è autore della prima parte del contributo (§§ 1-5), M. Barbera della seconda (§§ 6-8). 1 Edizione tratta da Ciaceri 1901.

Transcript of AMBIGUIT ESPRESSIVE IN LICOFRONE - humnet.unipi.it · Atena Iliaca: data la peculiarità del culto...

AMBIGUITÀ ESPRESSIVE IN LICOFRONE: LA DARDANOS POLIS DELLA DAUNIA

FEDERICO RUSSO, MASSIMILIANO BARBERA∗

1. Licofrone è l’unico testimone dell’esistenza di un nao;ı dedicato a

Cassandra presso il lago di Salpi, costruito dai capi dei Dauni e dagli

abitanti di una Dardanos polis:

nao;n dev moi teuvxousi Daunivwn a[kroi

Savlphı par’o[cqaiı, oi{ te Davrdanon povlin naivousi, livmnhı ajgcitevrmoneı potwn.

(Licofrone, Alessandra, vv. 1128-11301)

Il passo ha sollevato molteplici questioni, sia per quanto riguarda la

localizzazione del tempio, sia per il significato preciso di Dardanos,

che è inteso ora come poleonimo, ora come aggettivo, sia per

l’identità della città, sia infine per l’aspetto stesso del culto.

Ci troviamo dunque di fronte ad una serie di problemi molto

complessi, resi ancora più difficoltosi dal fatto che la Daunia presenta

un articolatissimo bagaglio mitico: una sorta di stratigrafia di miti

eterogenei per cronologia e significato, ma che trovano un comune

denominatore nello spiccato aspetto acheo-troiano che le fonti antiche

concordemente attribuiscono a questa regione, letteralmente costellata

∗ F. Russo è autore della prima parte del contributo (§§ 1-5), M. Barbera della seconda (§§ 6-8). 1 Edizione tratta da Ciaceri 1901.

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

di reminiscenze più o meno sbiadite di fatti e personaggi della Guerra

di Troia.

Fra gli aspetti più evidenti di questo paesaggio troiano abbiamo le

peregrinazioni di Diomede in Daunia (che sembrano costituire il

livello più profondo della stratigrafia mitica che caratterizza questa

regione), i rapporti dell’eroe etolico con i Dauni stessi, un culto di

Atena Iliaca (da identificare forse con un altro culto, indicatoci dalle

fonti antiche, dedicato ad Atena Acaia, in un tempio in cui Diomede

offrì le sue armi come ex voto), le tombe (o cenotafi) di Calcante e

Podalirio, il topos delle donne troiane incendiarie, le pietre delle

fondamenta di Troia, trasportate in Daunia da Diomede e qui

disseminate, ed infine il culto dedicato a Cassandra2.

Licofrone, con parole oscure e di ambigua interpretazione, ci parla di

un tempio dedicato dai principi Dauni e dagli abitanti di una “polis

Dardanos” presso le rive del lago di Salpi, al cui interno si trovava il

simulacro della profetessa, abbracciato dalle donne daune per sfuggire

a nozze non volute, secondo un rituale che richiama trasparentemente

il noto episodio della violenza subita da Cassandra da parte di Aiace

presso la statua di Atena ad Ilio.

Sull’identità della città in questione, e sul significato da attribuire a

Dardanos sono state proposte ipotesi assai diverse e inconciliabili.

Essenzialmente o si pensa ad una città di nome Dardano oggi

2 Su Cassandra, Davreux 1942: pp. 93-96; Ledergerber 1941; Mason 1959: 80-93; Paletti 1994: 956-970; Neblung 1997; non più che un cenno al caso dauno in Mazzoldi 2001: p. 49. Per l’episodio della violenza di Aiace su Cassandra nell’arte greca, alla base evidentemente del culto dauno, cfr. Connely 1993: 88-129.

182

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

scomparsa3, o si tende a riconoscere nella città menzionata da

Licofrone una città già nota della Daunia, attribuendo così a

“Dardanos” una funzione aggettivale. Ovviamente, in entrambi i casi,

è stata proposta anche un’interpretazione del significato intrinseco di

Dardanos: nel primo si pensa che esso celi il riferimento ad

un’enclave illirica stanziata nella Daunia; nel secondo invece vi si

legge un riferimento alla leggenda troiana, cosicché Licofrone si

sarebbe implicitamente riferito ad una sorta di seconda Troia in terra

dauna, chiamata in modo criptico “città dardania”, cioè troiana.

Secondo Torelli4, il culto di Cassandra deve essere collocato a

Luceria, in virtù del fatto che qui è attestato dalle fonti il culto di

Atena Iliaca: data la peculiarità del culto della profetessa troiana, che

ricalca da vicino l’episodio di Cassandra che, assalita da Aiace, si

aggrappa alla statua di Atena Iliaca, lo studioso ritiene che in realtà il

culto sia sempre lo stesso, interpretato ora come riferito a Cassandra,

ora ad Atena. Secondo lo studioso, è possibile tradurre il termine del

verso 1128 come aggettivo anche sulla base di alcuni versi omerici5,

dove Davrdanoı ajnh;r significa “eroe troiano”; il che autorizzerebbe

ad intendere la Davrdanon povlin di Licofrone come “città dardania”,

con un esplicito richiamo a Troia6, o meglio ancora ad una città

“troiana”.

Da alcune testimonianze risulta che almeno in un caso la “città di

Dardano” non è Dardano (sull’ipotesi che si tratti di Dardano della 3 E’questa una delle ipotesi prospettate da Ciardiello 1997: pp. 81-136. 4 Torelli 1984: 319-341, in part. pp. 320-327. 5 Il. II 701 e XVI 807. 6 Torelli 1984: 326.

183

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

Troade torneremo oltre), ma proprio Troia: si tratta dei versi 1493-4

dell’Elena di Euripide, in cui abbiamo l’espressione Dardavnou povliı,

in riferimento certo a Troia, e del v. 69 del Filottete di Sofocle, in cui

ci si riferisce a Troia tramite la figura di Dardano, ma senza che

ricorra anche il termine povliı (Dardavnou pevdon)7.

In generale, dai testi emerge chiaramente non solo che in tutti i

derivati dalla radice Davrdan- è esplicito il legame concettuale a Troia

ed al fondatore della città, posta sempre nella Troade, di Dardano, ma

anche che è attestato l’aggettivo a due uscite Davrdanoı, on, in cui,

coerentemente con gli altri derivati dalla medesima radice, è

assolutamente chiaro il riferimento a Troia8.

Ci troviamo di fronte ad un’ipotesi senza dubbio interessante, anche

perché Lucera porta con sé il culto di Atena Iliaca, ma a mio avviso

persiste nel testo di Licofrone un forte ostacolo all’identificazione

della città dardania con Luceria. Il poeta infatti fornisce due

indicazioni topografiche difficilmente eludibili: egli colloca il tempio

sulle rive del Salpe, e afferma che gli abitanti della città dedicante

sono vicini (nel senso di “confinanti”) alle rive del lago, che altro non

è che il lago di Salpi. Con queste indicazioni è assolutamente

impossibile parlare di Luceria, che si trova in tutt’altro contesto. Il

7 Questa testimonianza è però meno significativa, poiché il riferimento è alla Troade in generale, non alla città di Troia. 8 Oltre al TLG, vd. E. Escher, s.v. Dardanis, in RE, IV, 2, 1901, 2163; C. Buerchner, s.v. Dardania, in RE, IV, 2 1901, 2157-8; H. Hitzig, s.v. Dardanariatus, in RE, IV, 2 , 1901, 2154-5; F- Hultsch, s.v. Dardanios, in RE, IV, 2 , 1901, 2163; C. Patsch, s.v. Dardanis, in RE, IV, 2, 1901, 2155-7; P. Chantraine, Davrda-Dardaivnei, in Dictionnaire étymologique de la langue grecque. Histoire des mots, Paris 1968, p. 252.

184

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

Torelli9 , per ovviare a questo problema, traduce o[cqai non col

significato proprio e più diffuso di “riva di fiume”, ma con quello di

altura, la cui attestazione è però assolutamente sporadica. Il testo

invece, come si è visto, indicherebbe un’area presso il lago di Salpi,

mentre Luceria è distante da questo. All’obiezione che intorno al lago

di Salpi non esistono alture, il Torelli sostiene che la descrizione

geografica è fatta da un osservatore che, trovandosi presso Salpi,

descriva la zona interna. Tuttavia, persiste ancora il problema che

Luceria è troppo lontana da Salpi, cosicché definire gli abitanti10 della

città dardania, cioè Luceria, “vicini all’acque della palude” è

francamente azzardato. A mio avviso infatti non possiamo forzare

l’unico dato chiaro ed esplicito che ci fornisce Licofrone, e cioè il

nome del lago presso cui è edificato il tempio (un nome trasparente,

assolutamente riconoscibile), e la posizione rispetto a questo della

città in questione. Senza dubbio la collocazione a Luceria ha dalla sua

parte l’esistenza nel medesimo luogo di un culto dedicato ad Atena

Iliaca, che così chiaramente richiama alla mente l’episodio di

Cassandra; tuttavia Luceria, ottima candidata per motivi “ideologici”,

non ha i requisiti geografici adatti per essere accettata.

9 Torelli 1984: 325-336. 10 Torelli ritiene che oi{ te Davrdanon povlin naivousi sia da collegare ai capi dauni, secondo una traduzione tipo “i principi dei Dauni, quelli che abitano la città dardania”. In questo modo la particella te , che distingueva i due gruppi di dedicanti, verrebbe a cadere, o meglio, assumerebbe una sorta di valore rafforzativo. Si noti che il Torelli accetta che Davrdanon sia aggettivo, e non poleonimo, di qui la sua identificazione con Luceria. Torelli1984: 325-336.

185

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

2. Come si diceva, esiste un ulteriore approccio11 al problema

dell’identificazione della città in questione, che abbandona la sfera

troiana per inserire la città di Dardano (Dardanos dunque nel senso di

poleonimo) in tutt’altro contesto culturale.

A fornire le basi a questa ricostruzione interviene lo scoliaste12 di

Licofrone, che, non trovando in Italia alcuna città o popolazione

ricollegabile a quanto dice Licofrone, riferisce dell’esistenza di una

stirpe di Dardani in Illiria, nota anche a Solino (II, 51).

Secondo la Ciardiello13, poiché in Illiria è ricordata una popolazione14

( jIavpodeı) il cui nome sembra richiamare quello degli Iapigi15, ed in

Daunia esiste una popolazione (Monades)16 che richiama nel nome

una città illirica (Monhvtion)17, esisterebbero motivi sufficienti per

ritenere che dietro al poleonimo Dardanos si celasse un riferimento ad

una città di origine illirica in Daunia.

A sostegno di questa complessa ricostruzione, la Ciardiello riporta

anche un passo di Nicandro18 di Colofone, relativo alla convergenza

stabilitasi tra i figli di Licaone (Iapige, Dauno e Peucezio) e i Messapi,

di origine illirica, contro gli Ausoni.

11 Ciardiello 1997: 81-136. 12 Scholia ad Lyc., v. 1128, s. v. nao;n dev moi. Vol. II, ed. Scheer: “Ho trovato una popolazione, i Dardani, che abitano a nord degli Illiri e dei Macedoni. Anche una città Dardano è là”. 13 Ciardiello 1997. 14 Strabone, IV, 6, 10. 15 H. Philipp, s. v. Iapiges, in RE, IX, 1914, coll. 728-745; Nenci 1978: 43-59. 16 Plinio, N. H., III 104. 17 Strabone, IV, 6, 10. 18 Sulla testimonianza di Nicandro, riportata da Antonino Liberale, cfr. supra.

186

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

In relazione all’identificazione della città “illirica” di Dardano, la

Ciardiello non rifiuta, e anzi accetta come soluzione alternativa,

l’ipotesi del De Juliis19, secondo il quale “Dardanos” sarebbe realtà

una forma corrotta e mal interpretata del toponimo noto da altre fonti

come Herdonea20. E’ quasi superfluo sottolineare l’inconciliabilità di

queste due posizioni, che pure la Ciardiello tende ad accostare, quasi

come se l’una fosse la conclusione dell’altra. Se infatti vogliamo

vedere in Dardanos un poleonimo di ascendenza illirica21, e spiegare

in base a questi legami la genesi stessa del poleonimo, non si può poi

dire che Dardanos potrebbe essere una forma corrotta di Herdonea22,

poiché in questo modo non avrebbe alcun senso chiamare in causa gli

Illiri. Infatti, o pensiamo che esistesse una città illirica di nome

Dardanos, scomparsa prima che qualsiasi altra tradizione letteraria ne

registrasse la presenza o la passata esistenza, o, come il Torelli,

cerchiamo fra le varie città daune note una città che possa giustificare

l’oscura definizione licofronea. Herdonea, il cui nome è attestato per

la prima volta nelle fonti a proposito della guerra annibalica23, ha il

pregio di non essere troppo distante dal lago di Salpi, ma anch’essa, 19 De Juliis, s. v. Ordona, in Nenci, Vallet 1993: 494-505. 20 Secondo la Ciardiello, che si rifà a De Juliis, il toponimo Herdonea, che nella tradizione manoscritta di Livio si presenta anche come Ardanea, potrebbe essere legato alla “città di Dardano” di Licofrone, se si suppone la caduta del delta iniziale. Si noti però che la tradizione di Licofrone in questo punto non presenta problemi testuali e che un eventuale [Ardanon povlin sarebbe incompatibile con la metrica. Ciardiello 1997: 101. 21 La Ciardiello, a conferma della sua ipotesi, cita le attestazioni del rito di inumazione in Daunia, che ricalca le caratteristiche della Dalmazia e dell’Istria. Ciardiello 1997: 100 con indicazioni bibliografiche. 22 La città è stata identificata con la moderna Ordona. W. Weiss, Herdoneae, in RE, VIII, 1912, 1912, coll. 617-618. Mertens, Torelli 1984: 19-25. 23 Livio, XXIV, 20, 8; XXV, 20, 1; XXVII, 1, 4; Appiano, Hann., 48.

187

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

come Luceria, non è coerente con le indicazioni topografiche fornite

da Licofrone.

Altre obiezioni possono essere mosse a questa ricostruzione. Prima di

tutto dobbiamo precisare che Solino, nominando una popolazione di

nome Dardani in Illirica, non manca di rivendicarne le origini troiane,

elemento questo in grado di spiegare il nome della città (e che

dovrebbe essere tenuto presente quando si parla di legami tra la

Daunia ed il mondo illirico tramite la città di Dardano), e soprattutto

che l’autore, nonostante quanto dice lo scoliaste di Licofrone, non

nomina in nessun modo una città di nome Dardano, ma solo una

popolazione. Di conseguenza, non esiste nessuna città omonima di

quella dauna, e soprattutto, qualora si accetti il legame con l’elemento

illirico, non dobbiamo dimenticare che esso è “gravato”, ovviamente

solo in questo specifico caso, da un’origine troiana che, visto il nome

del popolo e della città, non doveva essere stato dimenticato.

In secondo luogo, il collegamento Monadi (Daunia)-Monetio (Illiria)

si basa solo su una lontana, e non dimostrabile, somiglianza

onomastica. Se per altri versi è possibile riscontrare l’esistenza di

rapporti apulo-illirici, in questo caso, a partire dai soli dati onomastici

in questione, è rischioso vedere un rapporto tra realtà locali daune e

realtà illiriche. Ed infatti la studiosa si limita a sottolineare una certa

somiglianza onomastica, senza che esista un rapporto linguistico

definibile in modo certo24.

24 Ciardiello 1997: 96.

188

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

Per quanto riguarda la citata notizia di Nicandro, basterà ricordare che

essa rielabora ed arricchisce quella precedente di Ferecide di Atene,

dove comparivano, come figli di Licaone, solo Peucezio ed Enotro

(quest’ultimo addirittura soppresso da Nicandro). Ciò significa che nel

nucleo mitico originario la componente illirica non era così

sottolineata. E d’altra parte, anche in Nicandro illirici sono i Messapi,

non direttamente gli Iapigi. Il legame tra Iapigi e Iapodes dunque mi

sembra meno evidente di quanto lo voglia far apparire la Ciardiello.

Piuttosto, il legame con il mondo illirico si può accettare solo sulla

base della possibile omonimia che si viene a formare tra la città illirica

di Dardano (ci cui ci parla lo scoliaste, ma non Solino, senza contare

che lo scoliaste potrebbe anche aver scambiato un aggettivo con un

poleonimo) e questa di Licofrone. Tuttavia, siamo costretti a pensare

all’esistenza di due città con lo stesso nome, poiché il testo di

Licofrone, con le sue indicazioni geografiche, parla chiaramente di

una città “Dardano” (o dardania) proprio sulle rive del lago di Salpi.

Non si tratterebbe dunque di un riferimento alla città illirica di

Dardano, ma ad una sua omonima. In ogni caso, è costante il legame

che il toponimo (se di toponimo si tratta) conserva con il mondo

troiano, che è all’origine anche del nome della città di Dardano in

Illiria (per cui si veda Solino).

Un eventuale riferimento ad una città di fondazione illirica in Daunia,

oltre ai problemi a cui prima si accennava, provoca delle perplessità

anche all’interno del contesto stesso a cui appartiene. In che modo

interpretare il legame che si viene a formare tra Cassandra e una città

189

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

illirica? Ciò potrebbe essere spiegato in relazione al fatto che, come

dice Solino, i Dardani dell’Illiria erano di origine troiana. Tuttavia,

una presenza che alla lontana si rivela di origine troiana, ed il fatto che

questa troianità venga conservata abbastanza esplicitamente nel nome

della città (se anche è vero il legame con il mondo illirico), indica a

mio avviso che è proprio in questa sfera che va ricercato il significato

dell’espressione licofronea.

L’Alessandra stessa ci dà delle indicazioni che a mio avviso ci

spingono lontani dalla componente illirica stanziata in Daunia,

costringendoci a rivedere la questione sotto un altro punto di vista.

Prima di tutto la scarsa, se non nulla, congruenza tra gli Illiri emigrati

in Apulia e il culto di Cassandra, elemento questo che può essere

eliminato solo tenendo conto della lontana parentela dei Dardani

dell’Illiria con i Troiani: come si vede, è l’aspetto troiano a rendere

ragione del culto, non quello illirico. Una discendenza però che a detta

di Solino si era annullata nell’imbarbarimento della popolazione.

Licofrone poi parla dei dedicanti del culto, che sono i capi dei Dauni e

gli abitanti della Davrdanoı povliı. Questa espressione a me pare

fortemente interessante. Prima di tutto sottolineiamo, in

corrispondenza con quanto sappiamo a proposito dei Sanniti,

l’esistenza di una classe sociale elevata attiva e aperta al mondo greco,

poiché sono i capi dei Dauni a dedicare il culto, in posizione

senz’altro prevalente.

Se accettiamo l’ipotesi della Ciardiello, e cioè che la città di Dardano

fosse un’enclave illirica stabilitasi in Daunia, non si capisce per quale

190

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

motivo i Dardani avessero una posizione di spicco, equiparati nella

loro totalità, e quindi senza distinzione sociale, ai principi dei Dauni.

E’ chiaro dunque che il culto di Cassandra è un fatto totalmente dauno

e locale, verosimilmente riletto da Licofrone, o dalla sua fonte,

secondo modelli colti e grecizzanti, atti ad attribuire alla Daunia un

ulteriore legame con Troia. Non dobbiamo infatti dimenticare che la

Daunia, così ricca di reminiscenza acheo-troiane, costituiva

certamente un terreno fertile per l’innesto di ulteriori miti di simile

argomento.

3. Nella trattazione di questo problema esiste un dato a mio avviso

fondamentale, che però è stato sistematicamente dimenticato o

svalutato. Rivediamo per esteso la già citata testimonianza di Plinio

(N. H., III, 104): ita Apulorum genera tria: Teani a duce e Grais;

Lucani subacti a Calchante, quae nunc loca tenent Atinates;

Dauniorum praeter supra dicta coloniae Luceria, Venusia, oppida

Canusium, Arpi, aliquod Argos Hippium Diomede condente, mox

Argyripa dictum. Diomedes ibi delevit gentes Monadorum

Dardorumque et urbes duas, quae in proverbii ludicrum vertere,

Apinam et Tricam. Il passo solleva molteplici problemi, sia per quanto

riguarda l’anonima origine greca dei Teani, sia per la menzione di un

Calcante, sia infine per la sorprendente presenza (in questo contesto)

dei Lucani. Per la nostra analisi è importante la menzione di Diomede

e la fondazione da parte dell’eroe della città di Arpi-Argirippa, nota

anche da Strabone (VI, 3, 9) e dallo stesso Licofrone (vv. 592 ss.). La

191

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

struttura del testo pliniano autorizza a pensare, tramite l’indicazione

ibi, che la zona in cui Diomede combatté contro Monadi e Dardi sia da

identificare con l’area di fondazione di Argirippa. La menzione di una

popolazione di nome Dardi in Daunia mi sembra un elemento di

grande interesse, data la somiglianza tra questo etnonimo e l’aggettivo

/ poleonimo Dardanos citato da Licofrone; una corrispondenza molto

più importante e trasparente di quella indicata dalla Ciardiello tra

Monadi e Monetio.

Per motivi linguistici, la studiosa25 rifiuta invece un più diretto

collegamento tra questa città e l’etnonimo Dardi ricordato da Plinio,

poiché il termine latino dovrebbe presupporre un greco Davrdoi e non

Davrdai. La Ciardiello, sulla scorta dello Schwyzer26 che porta

numerosi esempi di aggettivi con suffisso -anoı , ma nessuno che

testimoni l’aggiunta di un suffisso ad un nome in –o della II

declinazione, rifiuta quindi che l’etnonimo latino Dardi sia collegato

al toponimo greco citato da Licofrone, preferendo invece la sua

ricostruzione che lega questa città dauna all’Illiria.

In realtà, la Ciardiello abbandona un po’ troppo sbrigativamente la

possibilità che l’etnonimo Dardi sia da collegare alla città in

questione.

Come l’aggettivo tratto da Arpi figura ora come Arpinus ora come

Arpanus, non ci sarebbe nulla di strano in un aggettivo Dardanus

tratto da Dardi. E soprattutto, non è detto che l’unica ipotesi possibile

faccia di Dardanos un poleonimo derivato da un ipotetico Davrdoi, in 25 Ciardiello 1997: 100. 26 Schwyzer 1968: 488-490.

192

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

latino Dardi; possiamo infatti anche pensare che Dardanos sia

l’aggettivo derivato dall’etnonimo, e non un poleonimo, indicante una

“città dardania”, intesa come città dei Dardi, e cioè di una

popolazione dauna.

Al di là infatti di motivazioni strettamente linguistiche, direi che è

troppo cogente l’esistenza nella zona di un etnonimo come Dardi, che

dimostra una sicura parentela con il poleonimo, o aggettivo,

Dardanus.

A me sembra che l’ipotesi più semplice sia di vedere nell’espressione

di Licofrone un riferimento alla popolazione dauna dei Dardi, e

contemporaneamente rileggere il testo come se dicesse “i principi dei

Dauni, e quelli che abitano la città dardania”, considerando i primi

come i Dauni più importanti, appartenenti alle altre città della Daunia,

i secondi come gli abitanti della città in cui, o presso cui, sorgeva il

tempio dedicato a Cassandra27; in alternativa si potrebbe pensare che

Licofrone si riferisca ad una sola città, di cui menziona prima i

principi (Daunivwn a[kroi) e opi il popolo (oi{ te Davrdanon povlin

naivousi) Non possiamo infatti non notare la corrispondenza delle due

indicazioni topografiche forniteci esplicitamente da Licofrone: in

entrambe il riferimento spaziale è costituito dal lago, sia per quanto

riguarda la collocazione del tempio, sia in relazione alla città in cui

abitano i dedicatari del tempio. A rigor di logica il luogo del tempio,

27 Non così anche Torelli 1984: 326 ss., che identifica i due gruppi, mediante una correzione testuale.

193

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

se non era nella città direttamente, non poteva essere troppo lontano

da questa28.

L’elemento daunio ne uscirebbe così rafforzato, poiché esso solo,

senza interferenze esogene, avrebbe dedicato il culto, venendo meno

quella discrepanza prima notata tra i due gruppi di dedicanti.

Anche in questo senso, la nostra interpretazione si muove tutta

all’interno del mondo daunio, senza apporti dall’esterno.

Possiamo quindi propendere per un’espressione del tipo “città

dardania” nel senso dei Dardi, e non “troiana” come sostiene Torelli.

Tuttavia, come avremo modo di vedere, non è escluso che l’aggettivo

Dardanos, volutamente ambiguo, rimandasse ad entrambe le realtà.

4. Il mito di Diomede, a cui si lega quello di Atena Iliaca in Daunia in

tutte le sue varianti, corrisponde ad una progressiva stratificazione di

notizie, coagulatesi intorno alla figura dell’eroe. Queste notizie si

concentrano o sulle attività di Diomede nella regione (fondazioni di

città, atti religiosi, etc.), o sui rapporti non propriamente pacifici tra

l’eroe e i Dauni (morte di Diomede per mano di Dauno, impresa degli

Etoli, etc.)29. Un filone mitico particolare è proprio quello delle

28 Secondo la Ciardiello, non possiamo aspettarci delle precise indicazioni geografiche da parte di Licofrone, dato che era un poeta e non un geografo; a questo proposito cita il caso della sepoltura di Filottete presso il Crati. Ciardiello 1997: 107. Per questo problema, cfr. anche Musti 1987 1991: 21-35. Giangiulio 1987 1991: 37-53. Per le indicazioni geografiche di Licofrone, cfr. Edlund 1987: 43-49. Per quanto riguarda le osservazioni della Ciardiello, non mi pare che nel caso specifico del culto di Cassandra Licofrone si mantenga sul vago, dato che le due indicazioni fornite sono coerenti e precise e collimano nel collocare il tempio presso il lago Salpe. 29 Non solo perché Diomede, già nella versione che forse risale a Mimnermo, è ucciso da Dauno, ma anche perché uno scolio a Licofrone ci parla di un episodio in

194

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

fondazioni di città da parte di Diomede in Daunia e dell’attività

dell’eroe in questa zona.

Da Livio (XXV, 12) e Strabone (VI, 3, 9) sappiamo che Diomede

cercò di bonificare il territorio paludoso compreso tra Salapia ed

Argirippa, che per questo motivo veniva chiamato Diomedis campus.

In questa stessa zona, presso il lago di Salpi, Diomede fondò30

Salapia, porto di Argirippa (Vitruvio, De arch., I, 14, 12; Strabone,

VI, 3, 9). In particolare, sulla fondazione di Salapia esistevano due

tradizioni discordanti, ricordate da Vitruvio: Item in Apulia oppidum

Salpia vetus, quod Diomedes ab Troia rediens constituit sive,

quemadmodum nonnulli scripserunt, Elpias Rhodius, in eiusmodi locis

fuerat conlocatum. Sulla base di questa testimonianza, la Ciardiello

espunge Salapia dalla lista delle possibili città candidate ad essere la

cui certo è impossibile avvicinare Diomede e gli Apuli in senso positivo: si tratta dell’episodio degli Etoli giunti in Daunia a reclamare la loro parte di terra a Brindisi, che sarebbero stati uccisi e sepolti dagli Apuli. Questa notizia ci è fornita da Giustino, XII 2 5-6, ma ne esiste anche un’altra versione nello scolio a Licofrone 1056: in questo caso i Dauni seppelliscono vivi gli Etoli, e, fatto ancora più importante, viene citato anche l’episodio della brutale uccisione di Diomede (antenato degli Etoli), gettato in mare insieme alla stele, lasciato quindi privo di sepoltura. Al di là del problema della fonte di questo episodio, resta il fatto che il rapporto Dauni-Diomede nella tradizione ad un certo punto si è incrinato, o in relazione agli Apuli, o più specificatamente in relazione ai Dauni. In altre parole, se accettiamo l’ipotesi che nell’attribuzione di un culto ad una popolazione panellenica fosse insita anche una motivazione politica, il personaggio di Diomede non poteva essere più utilizzato in questo senso, dato che i rapporti mitici tra l’eroe ed i Dauni conoscevano anche degli aspetti negativi, soprattutto per Diomede. Se esisteva una notizia che comprometteva in tal modo i rapporti Dauni-Diomede, o se anche la figura di Diomede si legava, come vuole il Nafissi, alle imprese di Alessandro il Molosso, l’elemento troiano, così come si presenta nella notizia del culto di Cassandra, costituiva senz’altro un’apertura verso il mondo dauno meno compromettente di quanto sarebbe accaduto se fosse stato utilizzato Diomede, già carico di molteplici significati. Cfr. Nafissi 1992: 401-420. 30 Per le fondazioni diomedee in Italia, cfr. Terrosi Zanco 1965: 273 ss..

195

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

polis Dardanos di Licofrone, poiché né la fondazione rodia né quella

diomedea potrebbero accordarsi con la valenza troiana del poleonimo

(che peraltro la studiosa per altri versi nega). Oltre a ricordare che

questo passo costituisce verosimilmente un esempio di quella

stratificazione mitico-storica che si menzionava prima, e che per

questo motivo non può che riportare versioni non coerenti, dobbiamo

ricordare che senza dubbio le fonti antiche conoscevano Salapia e la

ponevano in relazione al lago e alla palude della zona31. Livio (XXIV,

20, 47), Plinio (III, 103), Cicerone (De leg. agr., 71) conoscono il

toponimo Salapia in relazione al lago, e Lucano (V, 377) menziona

una Salapina palus. D’altra parte, Strabone, mentre menziona Salapia

come porto di Argirippa (VI, 3 9), menziona anche la fondazione di

Elpie da parte dei Rodii32 (XIV, 2, 10). Non torneremo in questa sede

sul problema dell’identificazione Salapia – Elpie33: qui interessa

notare la fondazione diomedea di Salapia e la collocazione geografica

della stessa. Si ricordi a questo proposito che Vitruvio, in relazione a

Salapia Vetus (fondazione diomedea), dice che i suoi abitanti in epoca

romana l’abbandonarono, perché posta in una zona insalubre e

paludosa. Rivediamo le parole di Licofrone sulla collocazione della

polis dardanos (vv. 1129-31):

nao;n dev moi teuvxousi Daunivwn a[kroi

Savlphı par’o[cqaiı, oi{ te Davrdanon povlin

31 H. Philipp, s. v. Salapia, in RE, I, 1920, coll. 2007-2009; Tinè Bertocchi 1981: 470-472; Degrassi 1965: 1072-1073; Ferri 1973: 351-364; Marin 1973: 365-388. 32 Per la colonizzazione rodia, cfr. Van Compernolle 1985: 35-45. 33 Tinè Bertocchi 1991: 166-174.

196

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

naivousi, livmnhı ajgcitevrmoneı potwn.

La città indicata da Licofrone è vicino (nel senso di confinante) alla

palude, esattamente come Salapia. E Salapia sorge nel territorio di

Argirippa, dove, secondo Plinio, Diomede distrusse i Dardi. Possiamo

dunque pensare che, a livello ovviamente mitico, Diomede abbia

fondato la città di Salapia dopo aver combattuto i Dardi che erano

nella zona, a cui forse apparteneva anche la città, o che forse

continuavano ad abitare. Di qui si spiegherebbe al definizione di “città

dardania”, nel senso di “città dei Dardi”, cioè Salapia.

5. In questo senso sarebbe possibile trovare una giustificazione

“storica” all’espressione di Licofrone. Tuttavia, dato anche il carattere

della poesia licofronea, oscura e volutamente allusiva, ritengo che

dietro a questa coniazione esistano ulteriori elementi, di pari

importanza rispetto all’esistenza di una popolazione di nome Dardi.

Si è visto infatti come la Daunia costituisca un vero e proprio

paesaggio troiano, ricca com’è di ricordi iliaci. Il fatto che l’eroe

principale di questa regione fosse un Acheo, non significa che la

caratterizzazione anche fosse l’unica percepita dalle fonti.

Il culto di Atena Iliaca non è che l’elemento più esplicito, e più

significativo, dei tanti tratti troiani presenti in Daunia. Ad esempio, lo

Pseudo Aristotele (De mirabilibus auscultationibus, 109), dopo aver

menzionato il culto di Atena Acaia in Daunia (identificabile con

quello di Atena Iliaca menzionato da Strabone) e le armi dedicate da

Diomede e dai suoi compagni, narra il mito topico delle donne troiane

197

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

che, giunte qui con gli Achei, per sfuggire la schiavitù che avrebbero

imposto loro le donne achee, dettero fuoco alle navi. Di qui, secondo

lo Pseudo Aristotele, l’usanza delle donne del luogo di vestirsi di nero

(esattamente come le donne che si rifugiano nel tempio di Cassandra

per sfuggire le nozze)34.

Inoltre, sappiamo dallo scoliaste di Licofrone (v. 615) che secondo

Timeo e Lico di Reggio Diomede, dopo la distruzione di Troia, gettò

nella sua nave delle pietre tratte dalle mura di Troia, come zavorra.

Sempre secondo lo scoliaste, queste pietre sarebbero state tratte dalle

fondamenta degli edifici di Poseidone Amebeo, che fortificò Troia

insieme ad Apollo. Queste pietre, che poi nel prosieguo del racconto

dello scoliaste diventano stele (Alex., v. 625 e ad Lyc. v. 625) o

statue35 (ma non è certa la discendenza timaica anche di questa

parte36), rimandano chiaramente all’attività di fondazioni esercitata da

Diomede in Daunia, come già ipotizzato dal Gagé37, il quale ritiene

che queste pietre non fossero altro che segnali di confine. In effetti, il

testo di Licofrone (vv. 625 ss.) testimonia inequivocabilmente che

queste pietre indicavano il territorio dauno di cui Diomede si era

appropriato (di esse lo scoliaste dice che erano collocate peri; o{lon

to; pedivon). Dunque per Timeo, fonte di Licofrone, la pianura su cui

il mito voleva che Diomede avesse fondato alcune città, sarebbe stata

34 L’usanza era nota pure a Timeo, FGrHist 566 F 55. Per l’analisi di questo mito in ambito italico, Martinez Pinna 1996: 21-53, 35-38. Cenni anche in Vanotti 2002 : 179-185, in part. 181. Vd. anche Vanotti 2000: 291-302. 35 Ad Lyc. v. 615. 36 Propende per Timeo Carulli 1977: 307-315, in part. 310, Pensano invece ad una fonte non timaica Scheer 1958: ad loc., e Della Corte 1972: 221. 37 Gagé 1972: 735-788, in part. 756-762.

198

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

limitata da pietre delle fondamenta dei principali edifici di Troia. E’

quindi evidente la caratterizzazione troiana della zona38.

A fare della Daunia una regione particolarmente ricca di tratti troiani

interviene anche una notizia di Servio (ad Aen., XI, 266), secondo cui

il Gargano sarebbe stato chiamato così da Diomede in ricordo del

Gargaron della Troade39.

Al di là delle caratteristiche troiane disseminate per la Daunia, il passo

stesso di Licofrone relativo al culto di Cassandra suggerisce come sia

Troia lo sfondo mitico su cui proiettare l’usanza delle donne daune:

nao;n dev moi teuvxousi Daunivwn a[kroi

Savlphı par’o[cqaiı, oi{ te Davrdanon povlin naivousi, livmnhı ajgcitevrmoneı potwn.

kou`rai de; parqevnion ejkfugei`n zugo;n

o{tan qevlwsi, numfivouı ajrnouvmenai,

tou;ı JEktoreivoiı hjglaismevnouı kovmaiı,

morfh`ı e[contaı sivflon h] mwmar gevnouı,

ejmo;n periptuvxousin wjlevnaiı brevtaı,

a[lkar mevgiston ktwvmenai numfeumavtwn,

jErinuvwn ejsqhta kai; rJevqouı bafa;ı

pepamevnai qrovnoisi farmakhrivoiı.

(Licofrone, Alessandra, vv. 1129-1138)

38 Secondo la Carulli, queste pietre dovevano servire a perpetuare la gloria di Troia in Italia. Carulli 1977: 313. 39 Così Terrosi Zanco 1965: 274. Gagé cita a questo proposito anche un’oscura notizia riportataci da Siculo Flacco (Gromat. vet., p. 137), in cui lo studioso ravvisa nell’espressione multas quas Phrygis Diomedis fines un riferimento ad un antico popolo apulo, legato contemporaneamente ai Troiani e a Diomede. Tuttavia, il passo è troppo oscuro ed incerto dal punto di vista della tradizione per poter permettere qualsiasi ipotesi riferibile ad esso. Gagé1972: 767.

199

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

Licofrone dà dei promessi sposi un’immagine grottesca e stridente:

essi sono fieri dei capelli alla foggia di Ettore, ma di aspetto brutto e

biasimevole. Le donne daune appaiono vestite di nero come le troiane

(si veda la già citata testimonianza dello Pseudo Aristotele).

L’unico particolare relativo agli sposi è la foggia della chioma.

Secondo lo scoliaste40, la chioma ettorea prevedeva i capelli corti

davanti e lunghi dietro, ed era caratteristica di Ettore, Teseo e degli

Abanti (già in Omero, Il., XXII, 401). Esichio41 dice che questa

pettinatura, di origine troiana, era in uso presso i Dauni e i Peucezi.

Queste ultime testimonianze non specificano se tale pettinatura era

adottata specificamente per il matrimonio; tuttavia, sembrerebbe più

probabile che essa facesse parte del costume di questi popoli, non solo

nel contesto matrimoniale42.

Per quanto riguarda le vesti delle donne daune, oltre il passo dello

Pseudo Aristotele, abbiamo la testimonianza di Timeo43 (citato dallo

scoliaste di Licofrone a proposito del passo in questione), secondo cui

le donne daune portano alte fasce, vesti nere, calzari alti, bastone, e si

dipingono il volto di rosso, ed è a causa di questo abbigliamento,

sempre secondo Timeo, che i Greci pensano alle Erinni. Secondo lo

Pseudo Aristotele invece esse sarebbero simili alle Troiane, così come

le descrive Omero.

40 v. 1133, s. v. touı jEktoreivoiı, ed Scheer. 41 S. v. jEktorevioi kovmai, ed. K. Latte. 42 Così già Ciaceri 1901: 1-51. 43 FGrHist 566 F 56.

200

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

Progressivamente emerge la forte caratterizzazione troiana del rituale

descritto da Licofrone. Il poeta avrebbe descritto un rituale locale44

con immagini e caratteristiche provenienti dal mito troiano, aiutato da

una tradizione che già di per sé assimilava gli usi locali a quelli troiani

(vedi Timeo), e autorizzato dalla forte caratterizzazione acheo-troiana

della regione dauna. Lo stesso culto di Cassandra potrebbe essere una

rilettura grecizzante di un uso locale, che Licofrone poteva già trovare

nella sua fonte. Non si dimentichi infine che Cassandra era una

troiana, ed anche per questo motivo il contesto in cui il suo culto si

inseriva doveva essere troiano. L’effetto straniante determinato dalle

parole del poeta è evidente: da una parte abbiamo il riferimento colto,

ellenizzante e letterario al mito troiano, dall’altra una realtà “rozza”, a

cui il medesimo mito viene applicato per consentirne una lettura

“sorprendente”.

A questo punto si capisce il perché dell’ambiguità semantica

dell’espressione Dardanos polis, in cui il poeta avrebbe racchiuso sia

il rimando alla popolazione locale, sia il riferimento, dalla funzione

ambivalente, all’aspetto troiano con qui viene presentato il culto.

L’ambiguità dell’espressione sarebbe servita appunto a richiamare in

modo implicito il mito di Troia ed in modo altrettanto artificioso la

popolazione dei Dardi. Un duplice significato che si riunifica in un

44 Notiamo che il culto di Alessandra / Cassandra, testimoniato anche in Laconia, non ha gli specifici caratteri del culto dauno. Anche da ciò si potrebbe dedurre che il rituale descritto da Licofrone fosse qualcosa di prettamente locale, determinato da usi indigeni e non dall’eroina oggetto di culto. Per il culto di Cassandra in Laconia, cfr. Salapata 2002: 131-155. Per il culto di Cassandra ed Agamennone ad Amicle, menzionato da Pausania (III, 19, 6), cfr. Belger 1891: 1281-1283, 1315-1316; Stiglitz 1953: 72-83: Calligas 1992: 31-48; Lyons 1997.

201

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

comune denominatore: Diomede. Così come Diomede combatté

contro Troia, allo stesso modo in Daunia egli combatte contro i Dauni.

In questo senso si spiegherebbe dunque anche la forma del tutto

particolare dell’aggettivo, che costituisce quasi un hapax (secondo un

uso caro a Licofrone).

Salapia, città di fondazione diomedea, posta in una zona in cui erano

stanziati i Dardi, delimitata dalle pietre delle fondamenta di Troia, che

ospitava un culto troiano e abitanti dagli usi troiani, poteva essere

chiamata a buon diritto “città dardania”.

6. La correlazione tra mito e società rappresenta un problema

speculativo rilevante della cultura occidentale a partire dal dibattito

sulle forme mitologiche e religiose, così come emergono nella

tradizione mitografico-letteraria greco-antica. Teniamo presente, a tal

proposito, la prospettiva di Durkheim (1912), secondo il quale i miti

nascono come autorappresentazione sociale dell'umanità e del mondo

e costituiscono gli elementi basici di un sistema morale, cosmologico

e, in definitiva, storico, rafforzando la natura sociale degli uomini. Dal

punto di visto socio-antropologico, dunque, il mito costituisce, più che

una funzione della società umana, una dimensione parallela, rispetto

alla quale la società coesiste; l'ordine mitologico si sviluppa come

riflesso perfetto dell’ordine di eventi perfettibili che hanno luogo nella

storia, garantendo una legittimazione altrimenti difficilmente

rintracciabile. In altre parole, il mito sembra poter colmare i gap

funzionali e strutturali che vengono maturando all’interno delle

202

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

comunità e degli schemi culturali, riassorbendo e ammortizzando

incoerenze, stratificazioni, asperità intrinseche nella morfologia delle

architetture storico-sociali.

Che sia il codice culturale condiviso dalla comunità o la mano del

poeta (mai come in questo caso creatore di realtà) a definirne i

contorni, il mito proietta nelle sue maglie frammenti di verità

antropologiche, di dinamiche sociali che riemergono puntualmente ad

un’analisi attenta. Il materiale linguistico – il prodotto della poivhsiς

letteraria – ci si offre come testimone più o meno diretto, più o meno

attendibile di questo retaggio semi-sommerso, ma ancora decifrabile.

Poiché la narrazione mitica è una forma di comunicazione, la sua

struttura linguistica, o meglio la struttura dei suoi codici, si è prestata a

ipotesi diverse di interpretazione che hanno tentato di decriptare il

funzionamento e il significato del mito nelle relazioni di analogia che

attraversano la storia e la struttura del linguaggio stesso (Max Müller

1859; 1868). Decisivo a tal proposito l’apporto teorico di Lévi-Strauss

(1990), secondo cui il mito rappresenta un caso particolare di uso

semantico, un terzo livello oltre la superficie narrativa e la struttura

sottostante, dal quale emergono raggruppamenti di relazioni che, pur

espresse nel contenuto narrativo e drammatico, obbediscono all’ordine

sistematico della struttura linguistica.

Il caso della Davrdano" povli", così come emerge tra le pieghe del

poema licofroneo, pone indubbiamente problemi di interpretazione,

sia di ordine storico-archeologico, sia di ordine filologico-linguistico,

sia anche di ordine antropologico in relazione alla fruizione del

203

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

materiale mitologico da parte dell’autore e all’eventuale legame tra la

sua prospettiva letteraria e la dimensione mitografica condivisa. È

dunque opportuno considerare brevemente la funzione del mito

nell’ambito di realtà di contatto tra greci e non greci, che si presume

possano essere rappresentate, nel nostro testo, dalla città in questione.

Citiamo a proposito Vernant (1974: 195):

En recherchant des procédures d’interprétation, des techniques de

déchiffrement susceptibles de conférer un sens à ce qui pouvait

d’abord paraître un fatras de fables saugrenues, on a été conduit à

mettre en question les conceptions anciennes et à s’interroger sur la

nature véritable de ce qu’on désignait du nom de mythe.

Può accadere che il mito personalizzi, che proietti sulla figura di un

eroe eponimo i disiecta membra di una consapevolezza storica

tramandata per via orale, focalizzando gli elementi della civilizzazione

autoctona sul personaggio eroico stesso. Può accadere che si sviluppi

una mitologia della “propaganda” funzionale alla necessità di

affermare il senso di appartenenza e di identità dell’ethnos in contrasto

rispetto all’alterità esoetnica o in ossequio ad un generale principio di

estensione culturale (quando non addirittura territoriale) sui popoli

contermini. A ciò si aggiunga che, proprio per via del mito, il fulcro

dell’identità poteva spesso risultare incentrato, nel mondo greco

antico, sull’idea di popolazione piuttosto che sull’idea di città (in

quanto entità topologicamente specificata). In tal senso andrà letta la

frequente presentazione mitografica dei gruppi etnici in associazione

ad un eponimo, che, per via genealogica, stabilisce la possibilità di

204

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

costruire un albero di affiliazione storico-culturale ad un gruppo

geograficamente dislocato altrove e prescelto come latore di origine.

Particolare interesse desta l’intensità con cui il mito si attiva,

seguendo le vie appena delineate, nel contesto delle colonie della

Grecia antica; come sottolinea M.P. Castiglioni (2006: 128):

Le mythe est ici mis au service du renforcement du sentiment

d’appartenance commune des colons, de la légitimation de la

possession du territoire colonial et de la médiation du contact avec les

indigènes, notamment avec les élites.

Il fenomeno mitografico si inserisce, in questa prospettiva, all’interno

di un più articolato processo di acculturazione45 che provoca

frequentemente la ricezione di temi e contenuti del patrimonio

mitologico dei colonizzatori da parte delle culture sulle quali essi

vanno a stratificarsi: una stratificazione, si badi, quasi mai acritica e

avventizia, ma fortemente votata alla circolazione di elementi di

scambio, se non addirittura di osmosi. Il baricentro del mito di

fondazione delle colonie andrà ricercato, dunque, nelle complesse

dinamiche che insorgono laddove si sviluppa un contatto sociale

persistente tra i coloni greci e i non-greci indigeni dei territori

coloniali. 45 «Once again, this process is indebted to the experience of anthropological studies: the reflections developed in studies on American Indians in the late 19th century have led to the introduction into the vocabulary and the field of scientific research of the word and notion of “acculturation”, that is “the collection of phenomena resulting from direct and continued contact between groups of individuals from different cultures with subsequent changes in the cultural types of one group or the other”24. Later contributions, especially from the 1930s, have permitted the introduction of new hypotheses, a better definition of working methods and an early classification of the types of itineraries and acculturative agents». Castiglioni (2006: 132).

205

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

La nozione di acculturazione allude sostanzialmente ai processi di

trasformazione in aree di contatto culturale (qualcosa di apparentabile

ai processi di language attrition noti negli studi di linguistica) che

sottendono a cambiamenti destinati a radicarsi nel tipo culturale

dell’uno o dell’altro gruppo coinvolti.

Realtà così articolate furono con tutta probabilità ben rappresentate

dagli insediamenti di Magna Grecia, dove l’avvento e l’apporto etnico

dei coloni si depositava su un terreno già antropizzato da popolazioni

(la cui memoria storica sfugge talvolta alla possibilità di

identificazioni univoche) caratterizzate da una propria fisionomia

culturale. In un simile contesto, il mito, proiettando la propria matrice

greca su una dimensione che potremmo genericamente definire italica,

riesce a creare un codice concettuale ed espressivo condiviso

dall’ethnos indigeno e tale da poter essere impiegato per affermare

l’identità e i valori del nuovo gruppo costituito. Sottolinea ancora

Castiglioni (2006: 133):

In this case, the myth was often perceived as a vector of prestige and

therefore as an essential power factor: its social and political impact

was such that it contributed to the “heroisation” of indigenous

aristocracies. In these instances, one can witness the phenomenon of

mythic reception.

Come avrò modo di precisare tra breve, in relazione al caso della

Davrdano" povli" citata da Licofrone, talvolta si può ipotizzare che il

fondatore mitico dell’identità autoctona venga invocato come

206

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

elemento storico-narrativo in virtù del quale si verifica la metamorfosi

del racconto leggendario in mito di fondazione.

L’esigenza sostanziale cui il mito di fondazione risponde sembra

essere la volontà, o meglio la necessità, di normalizzare i rapporti che

i Greci venivano instaurando con le popolazioni locali magnogreche;

si tenga presente, a questo proposito, la natura dissimetrica del sistema

di relazioni con l’altro che era tipica della grecità: occorreva integrare

e rendere produttiva su uno stesso territorio la coesistenza di due

elementi socio-etnici che la cultura greca percepiva come antitetici

(greco vs barbaro).

Néanmoins, en milieu colonial les Grecs se retrouvent en situation

particulière parce que leurs voisins sont précisément des populations

non grecques avec lesquelles ils sont contraints d’établir des relations

quotidiennes normalisées. Ils doivent alors produire pour eux-mêmes

une représentation de ces autres, et pour ce faire, ils utilisent le mythe

sous la forme d’un récit de fondation. (Lamboley 2006: 144).

Di più. Verisimilmente i coloni avvertivano il bisogno di giustificare

l’appropriazione di un suolo che non apparteneva loro ab origine;

poiché soltanto la condizione di indigeno poteva assicurare

l’inalienabilità del diritto sulla terra (Lamboley 2006: 147), era

necessario recuperare la legittimità del possesso proprio attraverso la

narrazione mitica, creatrice di realtà. Per tale via, essa garantiva da un

lato, la positività e l’ammissibilità dell’operazione di ingresso

coloniale, dall’altro di ascrivere la popolazione locale, integrata nella

città, ad un retaggio aulico, in cui la dimensione del mito poteva

207

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

riscattare l’alterità etnica, rivalutandola nel segno di una progressione

di eventi guidati dalla volontà divina.

Nel caso della Davrdano" povli" – ma la notazione vale per le

numerose città dell’Italia meridionale la cui fondazione viene messa in

correlazione con l’avvento di un eroe legato alla guerra di Troia, ad un

nostos variamente motivato – ci troviamo davanti ad una struttura del

mito veramente peculiare, se confrontata con il sistema di valori sopra

descritto (Lamboley 2006: 147):

Once again, we are faced with symbolic inversions. We have an exile

and barbarians, the very two faces of “the anticitizen” which

established the civic community.

L’inversione simbolica consiste proprio nel far passare la

legittimazione di una realtà sociale nuova e positivamente connotata

attraverso l’incontro mitologico tra due dimensioni della società

greco-antica costituzionalmente connotate in negativo: l’eroe, esule a

vario titolo, e i barbari locali si incontrano nel mito e innescano una

genesi civica che accrediterà la polis nel sistema di valori riconosciuto

dalla cultura di partenza. Per tale via si ha l’impressione che gli

autoctoni realizzino la fondazione della città concedendo il territorio

all’ingresso del culto esterno che funziona da mediatore tra la figura

greca eroica e il substrato etnico locale.

7. Puntiamo di nuovo il focus sulla città menzionata da Licofrone. In

questo caso siamo in grado di individuare diversi elementi mitografici

coerenti con lo schema interpretativo che abbiamo sopra delineato.

208

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

Abbiamo Diomede, l’eroe greco esule dalla sua patria, Argo, dopo la

fine della guerra di Troia; abbiamo la presenza, sia pure storicamente

evanescente, di un popolo di Dardi localizzati in Daunia e, secondo

Plinio il Vecchio, nemici di Diomede (N.H., III, 104); abbiamo

soprattutto il culto di Cassandra – nella morfologia attestata da

Licofrone – che ristruttura palesemente il culto di Atena Iliaca. Se

invochiamo come principio di revisione dei miti originali una sorta di

transitività di segno opposto (per cui i motivi legati alla dimensione

greca si spostano sulla dimensione non-greca e viceversa), i dati

mitografici licofronei (confrontati con le altre testimonianze passate in

rassegna nei paragrafi precedenti) sembrano assumere una sostanziale

coerenza. Diomede, l’Acheo conquistatore di Troia, diventa esule

dalla propria patria e arriva in Daunia: l’esule assurge a fondatore.

Cassandra, la profetessa troiana che, nella tradizione legata all’Atena

iliaca, cercava salvezza presso l’effige della dea, diventa effige e

a[fqito" qea; a sua volta, rifugio cultuale delle vergini che intendono

sfuggire un legame maritale non gradito; gli sposi promessi paiono

peraltro vestire, in forma quasi caricaturale, i panni di emuli di basso

rango dei principi troiani. L’inversione simbolica sembra inverarsi a

pieno titolo anche all’interno del circuito mitologico della Davrdano"

povli".

Se si tiene conto poi del riferimento, pure solo alluso, ai Dardi di

Daunia, la catena del mito sembra chiudersi con una sorta di modulo

storico-antropologico Greci vs Troiani, dislocato in territorio di

Magna Grecia. Consideriamo infatti l’osservazione di Gigante

209

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

Lanzara (2000: 388), secondo cui la nostra città sarebbe «collegata

alle relazioni dell’Apulia con l’Illiria, dove è testimoniata da Solino

(II 51) l’esistenza di un popolo di Dardani, considerati di origine

troiana»; l’accostamento, per via puramente onomastica, tra i Dardi di

Daunia, sottomessi da Diomede, e i Dardani di Illiria risulta alquanto

suggestiva e confermerebbe, se non altro, una notevole circolazione di

etnonimi di ascendenza iliaca nelle colonie occidentali.

8. A livello eminentemente linguistico, non si pone, a nostro avviso, la

necessità di sofisticare in merito alla struttura morfologica

dell’aggettivo davrdanoς, on, che non sembra porre grossi problemi di

accettabilità, sia che lo si consideri aggettivo denominale da Davrdanoς

(forma, si è detto, attestata), sia che lo si ponga in relazione con il

nome dei Davrdai; in quest’ultimo caso si ammette una trafila

morfologica #Davrd+ai# > #Davrd+ano+ς# che non risulta così

peregrina. La struttura è quella tipica degli aggettivi di appartenenza

geografica ed etnica che impiegano un suffisso in nasale in no-ς, nh

preceduto da a(h), i, come in Sardini-anov-ς, Lamyak-hnov-ς, Buzant-

inov-ς (cfr. Smith 1984: 233).

Se passiamo a considerare la struttura metrica del verso 1129 (quello

in cui appunto occorre il nostro poleonimo) possiamo formulare

alcune osservazioni essenziali. La struttura del trimetro giambico46,

con dieresi dopo il terzo piede, assume la forma:

46 Cfr. Martinelli (1995: 75 sgg.).

210

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

− − | ∪− | − − || ∪− | ∪− | ∪−

Savlphς | par∆ o[c- | -qaiς oi{ || te Davr- | -danon | povlin

A parte le lunghe irrazionali del primo e del terzo spondeo, il trimetro

non manifesta anomalie; il piede 5° presenta la struttura di un giambo

regolare, in cui la vocale breve della desinenza -o(n risulta allungata in

posizione di contiguità rispetto al nesso metrico diconsonantico o#n +

p-. Questo dato ci induce a considerare che la scelta della forma

aggettivale Davrdanon, in luogo di un eventuale

dardavnion/dardavneion, potrebbe rispondere ad alcune motivazioni di

carattere metrico e stilistico.

Innanzitutto, l’uso di dardavnion/dardavneion avrebbe comportato

un’anomalia metrica del piede: sia nel primo, sia nel secondo caso,

dovremmo accettare un anapesto (-da(ni(o#n/-da(nei(o#n ∪∪−),

struttura piuttosto improbabile nel secondo colon e per di più in

posizione avanzata, laddove l’accelerazione ritmica indotta

dall’eventuale soluzione sarebbe normalmente accettabile piuttosto ad

inizio colon47:

47 Nel trimetro tragico il piede anapestico occorre esclusivamente in posizione iniziale del primo metron (Korzeniewski 1998: 60). A questo proposito, i dati di frequenza registrati in Descroix (1931: 112-117) evidenziano come il 5° piede sia sede assai poco probabile per la soluzione anapestica, quantomeno nel metro tragico, che Licofrone ripete accuratamente. La possibilità di occorrenza dell’anapesto, peraltro, è di norma sottoposta ad un ulteriore vincolo: «In tragedy this license is restricted, except in the first foot, to proper names, and the syllable scanning ∪∪− must all belong to the same word.» (West 1987: 26); nel nostro caso la soluzione riguarderebbe una forma aggettivale, per quanto derivante da nome proprio.

211

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

L’intrusion de l’anapeste rompait donc le rythme en faisant galoper la

récitation et enlevait de sa noble dignité au vers : aussi son emploi

demeure limité dans le trimètre sévère des iambographes et de

tragiques (Descoix 1931: 195).

Se è vero che, per quanto concerne il metro, «la caratteristica

peculiare dell’Alessandra è la regolarità» (Gigante Lanzara 2000: 42),

la scelta dell’aggettivo davrdano" risulta pressoché obbligata; il quinto

piede, infatti, tendenzialmente non è sede, nel trimetro rigoroso, di

soluzione, ciò che comporterebbe la lezione dardavnion/dardavneion.

Non si tratta ovviamente di una prova dirimente a favore

dell’interpretazione aggettivale dell’occorrenza, ma è opportuno

tenerne conto per valutare la accettabilità lessicale e semantica del

termine.

Conoscendo la predilezione licofronea per stilemi espressivi arditi,

inoltre, potremmo a buon diritto ipotizzare che si tratti di una scelta

stilistica mirata; come sappiamo, Licofrone è incline alla ricerca

lessicale non scontata, al gusto del peregrino, per cui, soprattutto

«all’aggettivazione, originale perché costituita in gran parte da hapax,

è affidata la non comune attrattiva delle immagini» (Gigante Lanzara

2000: 42). In questo caso, la suggestività del richiamo paronomastico

all’etnonimo Davrdai, unito al riferimento eponimico che allude

all’eroe del mito, costituirebbe un caso efficace di multiple causation

(cfr. Pap 1992); in altre parole, la quasi omofonia tra le radici delle

due denominazioni avrebbe indotto il nostro autore a sfruttare il gioco

verbale, contando probabilmente sulla risposta evocativa che si

212

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

sarebbe attivata nel lettore, grazie alla consapevolezza della doppia

matrice referenziale dell’aggettivo. Entra qui in gioco la circolazione

del patrimonio mitologico ristrutturato nel territorio della colonia, che,

evidentemente – se vale la nostra ipotesi – avrebbe trovato una

diffusione tale da giustificare l’impiego letterario di una suggestione

epica nota.

Si consideri, in ultima analisi, la struttura del sintagma nominale

Davrdano" povli": sembra assai probabile che lo si possa interpretare

piuttosto come un nesso Aggettivo (in posizione attributiva) +

Sostantivo (povliς), in alternativa alla lettura corrente che individua un

sintagma Sostantivo (povliς) + Nome geografico: quest’ultimo caso

viene infatti frequentemente espresso con il genitivo del nome di città,

o con l’articolo in posizione attributiva o oppositiva. Precisa inoltre

Carrière (1960: 11):

L’apposition […] aide seulement à identifier l’être ou l’objet, supposé

connu, dont le nom lui est apposé […] ; le grec exprime alors d’abord

le nome propre, puis son apposition, introduite par l’article : Silhno;ς

oJ mavntiς, hJ Ai[tnh to; o[roς, jAristeivdhς oJ Lusimavcou (s.e. uiJovς).

Valgono a tal proposito anche gli esempi proposti da Smith (1984:

291): hJ Mevndh hJ povliς, Mevndh hJ povliς, in cui l’articolo sembra

svolgere la funzione di determinante essenziale per il sintagma

nominale. Nel nostro caso, invece, la struttura corrisponderebbe

213

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

perfettamente alle due occorrenze omeriche (Il. 2, 701; 16, 807) in cui

davrdanoς ajnh;r significa appunto “eroe dardanio, troiano”.

«L’oscurità asseconda la predizione ispirata di Cassandra, ma la

rappresentazione criptica del mito e della storia è soprattutto gara di

sottigliezza e di erudizione, sfida al lettore, gioco intellettualistico»

(Gigante Lanzara 2000: 39); in questa prospettiva, mi sento di

propendere – come già anticipato – per una lettura della Davrdano"

povli" come “città dardania”, ovvero città di Dardano e dei Dardi: una

perifrasi semanticamente ed etimologicamente ancipite e per ciò

stesso più potente dal punto di vista connotativo.

In buona sostanza, verificato che i limiti linguistici che si impongono

alla lettura del nostro passo come riferimento ad una città dardania

(piuttosto che ad una imprecisata città di Dardano) risultano, alla

nostra analisi, inconsistenti, ritengo inopportuno ipotizzare l’esistenza

di un sito non altrimenti identificabile e non altrove indicato dal

presunto poleonimo Davrdanoς. Salapia è un’ottima candidata come

città dardania (per le ragioni storico-documentarie e geografiche che

abbiamo sopra enunciato) e le caratteristiche della versificazione

licofronea (sia sul piano stilistico, sia su quello metrico) sembrano

deporre a favore della nostra ipotesi, o quantomeno non smentirla.

Oltre a ciò la tessitura dei dati mitografici, così come possono essere

inferiti dal passo in questione dell’Alessandra, lasciano ampio spazio

ad una interpretazione coerente del mito di fondazione relativo al sito

alluso, come luogo di incontro culturale e cultuale tra due matrici

etniche – quella italica e quella greca – secondo stilemi antropologici

214

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

e mitologici diffusi nei contesti di colonizzazione ellenica magno-

greca.

Nel caso della nostra città, probabilmente ci troviamo di fronte

all’approdo paradossale di una tradizione che vuole rivendicare un

passato troiano (e forse una più alta e nobile antichità) ed esprime

quest’aspirazione attraverso la commistione superficiale tra il nome

della popolazione autoctona e il nome dell’ascendente eponimo

dell’alta rocca di Priamo, riuscendo così a celebrare, nella

dimensione parallela dell’a[ition, le proprie mitiche glorie nella guerra

troiana: la Davrdano" povli" come città dell’eroe greco, della

profetessa troiana, del popolo, la cui assonanza onomastica con

Dardano, garantisce il trait d’union con la matrice iliaca.

FEDERICO RUSSO* E MASSIMILIANO BARBERA**

*UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL MOLISE

**UNIVERSITÀ DI PISA

[email protected], [email protected]

Riferimenti bibliografici

Belger, C. (1891), Agamennon und Kassandra zu Amyklä und zu

Mykenä. «Philologische Wochenschrift» 11, pp. 1281-1283, 1315-

1316.

Joseph, Brian D. (Ed.) (2003), When languages collide: Perspectives

on language conflict, language competition, and language

coexistence. Columbus, Ohio State University.

215

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

Calligas, P. G. (1992), From the Amyklaion, in J. Sanders, Philolakon.

Lakonian Studies in Honour of H. Catling. The British School,

Athens, pp. 31-48.

Carrière, J. (1960), Stylistique grecque pratique. C. Klincksieck, Paris.

Carulli, M. (1977), La saga di Diomede fino a Fabio Pittore.

«BullStLat» VII , pp. 307-315.

Castiglioni, M.P. (2006), Myth as an Instrument for the Study of

Greek and Indigenous Identities I. Greek Myths in the Illyrian Area.

In Carvalho, J (Ed.), Religion, ritual and Mythology. Aspects of

Identity Formation in Europe. Edizioni Plus, Pisa, pp.127-141.

Ciaceri E. (1901), La Alessandra di Licofrone. Nicolò Giannotta

Editore, Catania.

Ciardiello, R. (1997), Il culto di Cassandra in Daunia. «AISS» 14, pp.

81-136.

Connely, J. (1993), Narrative and Image in Attic Vase Painting: Ajax

and Kassandra at the Trojan Palladion. in Holliday, P. J., Narrative

and Event in Ancient Art, University Press, Cambridge, pp. 88-129.

Davreux, J. (1942), La légende de la prophétesse Cassandre. Droz.

Editeur, Liège.

De Juliis, E.M. (1993), s. v. Ordona, in G. Nenci, G. Vallet,

Bibliografia topografica della colonizzazione greca in Italia e nelle

isole tirreniche. Vol. XII, Ed. Scuola Normale Superiore, Pisa Roma,

pp. 494-505.

Della Corte, F. (1972), La mappa dell’Eneide. La Nuova Italia,

Firenze.

216

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

Degrassi, N. (1965), s. v. Salaria. In EAA, VI, pp. 1072-1073

Descroix, J. (1931), Le trimètre iambique des iambographes a la

comédie nouvelles. Protat Frères Imprimeurs, Macon.

Dowden, K. (1992), The Uses of Greek Mythology. Routledge,

London.

Edlund, I. E. M. (1987), The sacred geography of southern Italy in

Lycophron’s Alexandra. «Opuscola Romana» XVI, 2, pp. 43-49.

Ferri, S. (1973), Salapia nell’ambito della civiltà dauna. «ASP»

LXXVI, pp. 351-364.

Gagé, J. (1972), Les traditions diomediques dans l’Italie ancienne, de

l’Apulie à l’Etrurie méridionale, et quelques-unes des origines de la

légende de Mézence. «MEFR» 84, 2, pp. 735-788.

Giangiulio, M. (1987-1991), Filottete tra Sibari e Crotone.

Osservazioni sulla tradizione letteraria. In Épéios et Philoctète en

Italie. Données archéologiques et traditions légendaires, Actes du

Colloque Internazionale, Centre Jean Bérard, Lille, Napoli, pp. 37-53.

Gigante Lanzara, V. (2000), Introduzione a Licofrone, Alessandra.

BUR, Milano, pp.5-50.

Ledergerber, K. (1941), Kassandra. Das Bild der Prophetin in der

antiken und insbesonders in der altern abendlandischen Dichtung.

Aufgebot-Druckerei, Freiburg.

Korzeniewski, D. (1998), Metrica greca. L’Epos, Palermo.

Lamboley, J.-L. (2006), Myth as an Instrument for the Study of Greek

and Indigenous Identities II: Myths in Western Greek Colonies. In

217

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

Carvalho, J (Ed.), Religion, ritual and Mythology. Aspects of Identity

Formation in Europe. Edizioni Plus, Pisa, pp.143-150.

Lyons, D. (1997), Gender and Immortality: Heroines in Ancient

Greek Myth and Cult. University Press, Princeton.

Marin, M. D. (1973), Il problema delle tre Salapia. «ASP» LXXVI,

pp. 365-388.

Martinelli, M.C. (1995), Gli strumenti del poeta: elementi di metrica

greca. Cappelli, Bologna.

Martinez Pinna, J. (1996), Helanico y el motivo del incendio de los

barcos «un hecho troyano». «GIF» 48, pp. 21-53.

Mascialino, L. (1964), Lycophronis Alexandra. Teubner, Lipsiae.

Mason, P. G. (1959), Cassandra. «JHS» 79, pp. 80-93.

Mazzoldi, S. (2001), Cassandra, la vergine e l’indovina: identità di un

personaggio da Omero all’Ellenismo. Istituti editoriali e poligrafici

internazionali, Pisa.

Mertens J., Torelli, M. (1984), Ordona: abitato daunio e città romana,

in La civiltà dei Dauni nel quadro del mondo italico. Atti del XIII

Convegno di Studi Etruschi e Italici, Manfredonia 1980, Firenze, pp.

19-25.

Musti, D. (1987-1991), Lo sviluppo del mito di Filottete da Crotone a

Sibari, in Épéios et Philoctète en Italie. Données archéologiques et

traditions légendaires. Actes du Colloque Internationale, Centre Jean

Bérard, Lille, Napoli, pp. 21-35.

Musti, D. (Ed.) (1990), Le origini dei greci. Dori e mondo egeo.

Laterza, Bari.

218

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

Nafissi, M. (1992), Atridi, Eacidi, Agamennonidi, e Achille: religione

e politica tra Taranto ed i Molossi. «Athenaeum» 80, pp. 401-420.

Neblung, D. (1997), Die Gestalt der Kassandra in der antiken

Literatur. Teubner, Stuttgart.

Nenci, G. (1978), Per una definizione della jIapugvia. «ASNP» 8, pp.

43-59.

Paoletti, O. (1994), Kassandra. LIMC 7, pp. 956-970.

Philipp, H. (1914), s. v. Iapiges. in RE, IX, coll. 728-745.

Philipp, H. (1920), s. v. Salaria. in RE, I, coll. 2007-2009.

Salapata, G. (2002), Myth into cult: Alexandra/ Kassandra in Lakonia,

in Oikistes. Studies in Constitutions. Colonies, and military Power in

the Ancient World. Offered in Honor of A. J. Graham. Brill, Leiden,

pp. 131-155.

Scheer, E. (1958), Alexandra. Apud Weidmannos, Berlin.

Schwyzer, E. (1950), Griechische Grammatik. Beck, München, pp.

488-490.

Stiglitz, R. (1953), Alexandra von Amiklai. «JOAI» 40, pp. 72-83.

Terrosi Zanco, O. (1965), Diomede greco e Diomede italico. «RAL»

XX, pp. 273-292.

Tinè Bertocchi, F. (1981), Salapia. Scavi e scoperte. «StEtr» XLIX,

pp. 470-472.

Tinè Bertocchi, F. (1991), Elpia. In G. Nenci, G. Vallet, Bibliografia

topografica della colonizzazione greca in Italia e nelle isole

tirreniche. Vol. VI, Ed. Scuola Normale Superiore, Pisa Roma, pp.

166-174.

219

Studi Linguistici e Filologici Online 5.1 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa

www.humnet.unipi.it/slifo

Torelli, M. (1980), Aspetti storico-archeologici della romanizzazione

della Daunia. In La civiltà dei Dauni nel quadro del mondo italico.

Atti del XIII Convegno di Studi Etruschi e Italici, Manfredonia 1980,

Firenze 1984, pp. 319-341.

Van Compernolle, Th. (1985), La colonisation rhodienne en Apulie:

réalité historique ou légende? «MEFRA» 97, pp. 35-45.

Vanotti, G. (2000), De mirabilibus auscultationibus 78 e 110:

riflessioni. In Hesperia 13, L’Erma di Bretschneider, Roma, pp. 291-

302.

Vanotti, G. (2002), Aspetti della leggenda troiana in area apula. In I

Greci in Adriatico, Hesperia 15. L’Erma di Bretschneider, Roma, pp.

179-185.

West, M.L. (1987), Introduction to Greek Metre. Clarendon

Paperbacks, Oxford.

220