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Studi Linguistici e Filologici Online ISSN 1724-5230 Vol. 8.2 (2010), pp. 35-56 Giacomo De Angelis, Il concetto di forza
Il concetto di forza GIACOMO DE ANGELIS
In questa breve relazione illustrerò alcuni aspetti della ricerca in
struttura nucleare, astrofisica ed interazioni fondamentali inerenti allo
studio dei nuclei cosiddetti “esotici”, una tematica al momento di larga
risonanza con progetti imponenti realizzati da ampie collaborazioni
internazionali. L’obiettivo è lo studio delle proprietà dei nuclei lontani
dalla cosiddetta “valle di stabilità” nucleare, rilevanti per la
caratterizzazione delle interazioni nucleari e coinvolti nei processi di
nucleosintesi stellare. Tali informazioni sono essenziali per verificare la
validità dei modelli matematici delle forze nucleari per valori estremi di
parametri come ad esempio la densità o il rapporto dei costituenti
(neutroni e protoni). Come elemento conduttore utilizzerò il concetto di
forza nella sua evoluzione storica.
Lo studio dei nuclei cosiddetti “esotici”, lontani dalla stabilità è
attualmente di grande interesse con progetti che coinvolgono l’intera
comunità scientifica internazionale [1, 2]. Le domande a cui si cerca di
dare una risposta sono:
Quale è la natura dei nuclei atomici? Quali sono le componenti della
interazione tra nuclei? Quale è il ruolo dei nuclei nella formazione
dell’Universo?
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Figura 1: Lo studio delle caratteristiche dei nuclei esotici forniscono informazioni su
sistemi fisici molto particolari come ad esempio le stelle di neutroni. L’immagine
rappresenta il nucleo residuo lasciato da una supernova [NASA].
A titolo di esempio menziono i processi fisici legati alla formazione
delle stelle di neutroni (figura 1), la cui superficie si prevede composta da
nuclei molto ricchi di neutroni. In particolare per quanto riguarda i
processi di nucleosintesi stellare, le informazioni sperimentali necessarie
alla loro caratterizzazione riguardano nuclei molto lontani dalle regioni di
stabilità, certamente non accessibili alla sperimentazione in un futuro
prossimo. In figura 2 sono rappresentate, in colore, le regioni della carta
dei nuclidi rilevanti per tali processi. Si noti come per molte di esse i
nuclei coinvolti presentino un forte eccesso di neutroni. Tali sistemi
“esotici” non sono attualmente raggiungibili sperimentalmente. Le loro
caratteristiche possono pertanto essere studiate solo attraverso l’utilizzo di
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modelli matematici. Molta della sperimentazione in fisica nucleare è
mirata alla verifica di tali modelli nelle regioni nucleari accessibili alla
sperimentazione più prossime a quelle di interesse.
Figura 2: Regioni della carta dei nuclidi coinvolte nei processi di nucleosintesi. Molti dei
nuclei rappresentati presentano un forte eccesso di neutroni e non sono attualmente
accessibili in maniera diretta alla ricerca sperimentale.
La tecnologia utilizzata si basa sulla produzione di tali nuclei di
riferimento attraverso reazioni nucleari che adoperano fasci di ioni
instabili. Questi, in quanto instabili, decadono in tempi molto brevi,
dell’ordine dei millisecondi o dei secondi, e pertanto non esistono sul
nostro pianeta. Tuttavia possono essere prodotti dagli acceleratori di
particelle mediante reazioni nucleari e successivamente ri-accelerati. Essi
neutroni
protoni
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possono quindi essere utilizzati per sintetizzare, attraverso una successiva
reazione nucleare, quei nuclei le cui caratteristiche (massa, vita media
etc.) sono rilevanti per lo studio dei processi che sovrintendono alla
nucleosintesi stellare.
Lo studio dei meccanismi di reazione che sovrintendono alla loro
sintesi e delle modalità del loro decadimento è inoltre importante per la
caratterizzazione delle varie componenti della forza nucleare. Per mettere
in evidenza i nuovi fenomeni si cerca di raggiungere i limiti di esistenza
dei sistemi nucleari, come ad esempio i massimi momenti angolari
sostenibili o il massimo rapporto dei loro costituenti, protoni su neutroni
(N/Z). Le informazioni ottenute servono a caratterizzare i modelli
matematici utilizzati per descrivere i nuclei atomici o come si è detto, per
comprendere i fenomeni di nucleosintesi, quelli cioè che sovrintendono
alla formazione degli elementi, che spiegano le abbondanze isotopiche
solari e la formazione delle stelle di neutroni. Tutto ciò è fortemente
legato al tipo di forza che agisce tra i costituenti nucleari, al tipo di campo
che tiene legato il nucleo atomico, la cui forma e dinamica si riflette nella
struttura dei sistemi a multicorpi realizzabili, come ad esempio le strutture
a “cluster” di tipo molecolare, nuclei dotati di regioni periferiche a bassa
densità (skin) o nuclei con alone (halo). Tali strutture sono rappresentate
in maniera pittorica in funzione dell’energia di eccitazione e del numero
di neutroni in figura 3. Si cerca così di ricostruire la natura delle
interazioni nucleari, che alla moderna indagine sperimentale sempre più
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appaiono di tipo a tre corpi, con componenti della forza non centrali, di
tipo tensoriale. Lo studio delle forze nucleari e dei nuclei esotici è
pertanto uno dei principali obiettivi delle ricerche in struttura nucleare e
costituisce la principale motivazione per la realizzazione, in molti paesi
europei e d’oltre-oceano, di ambiziosi programmi sperimentali basati
sulla realizzazione di acceleratori per fasci di ioni instabili.
Figura 3: Rappresentazione schematica delle varie strutture nucleari “esotiche” previste
dalla teoria al crescere del rapporto del numero di neutroni sul numero di protoni (N/Z) e
della energia di eccitazione. Si prevede l’esistenza di nuclei dotati di regioni a bassa
densità neutronica (Skin), con alone (Halo) o con deformazioni opposte di neutrone e
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protone (Egg). Nel caso di sistemi non legati, ci si aspetta la presenza di correlazioni a
“cluster” di tipo molecolare o di neutrone o di eccitazioni collettive coinvolgenti solo il
guscio esterno di neutroni (Soft mode).
Come filo conduttore per illustrare brevemente gli sviluppi in tale
campo ho scelto di parlare del concetto di forza (un esempio di esso sono
le forze nucleari) del quale, nel seguito, ricorderò brevemente
l’evoluzione storica. In tale ambito ho fatto riferimento principalmente
all’egregio lavoro pubblicato da Max Jammer [3] sul tale soggetto.
L’idea di forza nasce, nel periodo prescientifico, dalla esperienza
immediata dello sforzo delle nostre membra, dalla sensazione di sentire la
resistenza nel sollevare un peso e nel trasportarlo. Forza, potenza, lavoro,
sono sentiti in tale periodo come sinonimi.
L’estensione della nostra esperienza personale all’ambiente esterno,
caratteristico del periodo animistico dello sviluppo del genere umano,
porta ad una generalizzazione del concetto di forza. Tutto è sentito come
permeato dalla forza. Una analoga sensazione compare come parte dello
sviluppo intellettivo dei bambini. Il complesso di forze, i moti, il
dinamismo del mondo esterno viene sentito come un “panpsichismo” da
cui nascono le credenze nei poteri occulti.
La successiva organizzazione del mondo primitivo in strutture urbane
comporta la formazione di una gerarchia sistematizzata di forze. La forza
si personifica in un principio del bene di immensa potenza (Gotteskraft).
41
Figura 4: Rappresentazione geroglifica del nome Pn-n-nht-w. Si noti la figura con il
coltello rappresentante il concetto divino di forza [3].
Il concetto astratto di forza come divinità può essere fatto risalire agli
egizi. Il termine nht (figura 4) denota la personificazione divina della
forza nella diciannovesima dinastia egizia e successivamente nella
letteratura demotica.
Nel mondo greco, i primi cosmologisti, Talete, Anassimandro e
Anassimene consideravano la natura come cosa vivente (ilozoismo) e
pertanto non avevano bisogno di postulare un concetto di forza. Solo più
tardi, quando la materia primaria fu considerata a livello di materia
inanimata, si pose il problema di un agente esterno inteso come causa del
moto. Esempi di un concetto di forza come elemento agente per
determinare l’aggregarsi dei corpi si ritrovano in Eraclito e poi in
Empedocle (Amore ed Odio: Empedocle, in quanto medico, deriva la
fisica dell’universo dalla fisiologia). In Anassagora la forza che agisce
sulla materia è detta Nous, Intelletto, una Mente come causa dell’ordine
dell’universo.
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Per Platone, come per Empedocle, gli elementi fisici non sono animati
da sé. Il concetto di forza è qualcosa di intrinseco alla materia poiché la
materia è dotata di una anima a cui si aggiunge la convinzione che ciò che
è simile attrae il simile. I corpi di uguale natura tendono a tenersi insieme.
La forza di gravità, ad esempio, diventa in tale contesto una qualità, come
una qualità chimica. A tale concetto viene anche dato un valore
quantitativo considerando che tale tendenza è proporzionale alla
dimensione dell’oggetto. Il termine usato da Platone per denotare l’idea di
forza, intrinseca alla materia in quanto permeata dalla psyche, è dynamis
corrispondente al verbo dynastai, ‘essere in grado’, ‘essere capace’, non
solo come essere agente ma anche come soggetto: caldo, freddo, attività
chimica, durezza e luce sono descritte come dynameis: in linguaggio
moderno energia.
Aristotele riconosce l’esistenza di due tipi di forze, una inerente alla
materia, di tipo platonico (physis) e una intesa come emanazione della
sostanza, causa del moto in un secondo oggetto e non in se stesso. La
forza non è separabile dal suo soggetto ed è in diretto contatto con il suo
oggetto, dal quale è indipendente. Sono presenti solo forze di contatto.
Non esistono forze a distanza. Pertanto il moto di pianeti e stelle si può
solo spiegare con l’intervento di un agente esterno o dotando le stelle di
una vita propria, spiegazioni entrambi possibili per Aristotele.
Un punto di svolta si ha con la Stoa. Ci si rende conto della
connessione tra il moto delle maree ed i moti del sole e della luna. Per
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spiegare l’esistenza delle maree in assenza di forze a distanza, Aristotele
suppone che l’azione del sole agisca sui venti e questi, cadendo
sull’oceano, generino le maree. Con la Stoa il concetto di forza cambia:
l’universo è visto come un sistema singolo di forze interagenti
(sympatheia) pervaso dal pneuma, come un unico organismo vivente,
composto di anima e corpo, entrambi materiali. L’anima del mondo
pervade la materia, la dilata, la condensa. La forza diventa una
corrispondenza mutua tra i due oggetti, con azioni a distanza, come quella
delle maree, concepite in maniera sostanzialmente identica a quella dei
secoli XVII e XVIII.
Tali concetti vengono ripresi in senso antistoico dalla scuola di
Alessandria. Con Filone la nozione greca di Mente, combinata con la
nozione Platonica di Idea e con quella neoplatonica di Logos, si traduce
in una sostanza divina, risiedente nelle più alte sfere dell’Universo,
separata dalla sua controparte, la terra, da sfere concentriche di materialità
crescente. Sarà l’intelligenza divina, attraverso l’azione degli angeli, a
spiegare il moto degli astri per i filosofi religiosi del medioevo.
Nessun movimento avviene senza un motore, e per evitare una infinita
progressione di motori bisogna ammettere un motore primo di per se stesso
immobile. Poiché ci si riferisce a moti eterni, questi non possono essere
generati da esseri corporei, possessori solo di qualità finite. D’altra parte, dal
momento che solo i corpi possono essere mossi, il primo mosso deve essere
un corpo animato da un intelletto eterno (Tommaso D’Aquino).
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Se il moto terrestre deve dipendere dal moto perfetto dei cieli, i moti
celesti devono essere causa dei moti terrestri, da cui le credenze
nell’Astrologia.
Una fase decisiva nello sviluppo del concetto di forza si realizza con
Keplero attraverso l’introduzione di una definizione quantitativa di essa.
Nella formulazione matematica i risultati ottenuti da Keplero non
risultano corretti. Tuttavia la progressiva elaborazione delle leggi del
moto planetario porta alla convinzione che la facoltà immateriale
responsabile del moto è qualcosa di materiale e di meccanico. Lo studio
del moto delle maree e le connessioni con il moto lunare porta ad una
generalizzazione e la gravità è vista come una proprietà che si estende a
tutti i corpi. Keplero considera la similarità esistente tra terra, luna ecc., e
pertanto assume anche comportamenti simili tra i moti di questi corpi.
Tuttavia considera la forza di attrazione tra la terra e un grave come una
forza di natura magnetica. La gravità è interpretata come una emanazione
magnetica. Basandosi sulla osservazione che la velocità planetaria è più
grande al perielio che all’afelio, egli considera una forza di gravità di
natura meccanica, la cui intensità ha una dipendenza proporzionale
all’inverso della distanza dal sole. Sulla base di tali concetti, Keplero
predice la rotazione del sole prima che venga scoperta sperimentalmente.
La rotazione del sole è infatti necessaria a giustificare la rotazione della
terra sulla base di forze di natura magnetica. L’assenza di rotazione della
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luna, ad esempio, è motivata dal suo essere superflua, dal momento che la
luna non presenta satelliti.
Per Galileo il concetto di forza è usato in relazione a problemi di
statica e spesso tale concetto non è distinto da quello di peso. La sua
espressione favorita per forze istantanee è “impeto”. Nel Discorso intorno
alle cose che stanno sull’acqua dice che ”pesi assolutamente uguali,
mossi con eguali velocità sono di forze e di momenti uguali nel loro
operare”. L’azione della forza è spesso denominata momento, un concetto
originariamente statico poi trasferito alla dinamica. Comunque Galileo
non arriva a una definizione matematica del concetto di forza, dal
momento che non possiede una chiara definizione del concetto di massa.
La velocità non indica l’esistenza di forze. Tuttavia egli considera
l’azione della forza come un graduale aumento di velocità, come
l’accumulazione degli incrementi di velocità, un’idea che implica il
principio di inerzia.
Cartesio, con la teoria dei vortici di etere, realizza una
geometrizzazione della fisica che nega il concetto di forza. La gravità, ad
esempio, viene spiegata con i vortici di etere, a causa dei quali la materia
a maggiore estensione spaziale (in linguaggio moderno a maggiore
densità) segue le traiettorie più esterne, costringendo la materia terrestre a
concentrarsi verso il centro. Tutti i fenomeni fisici sono dedotti da due
assunti cinematici: la legge della conservazione della quantità di moto,
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che per lui non è un corollario del principio di inerzia ma costituisce il
suo reale contenuto fisico, e la teoria dei vortici.
È Newton a fornire una descrizione quantitativa della gravità come
forza di tipo centrale. Tale idea non sembrava spiegare perché, in
presenza di una forza attrattiva, i pianeti non finissero per cadere sul sole.
Non si disponeva ancora, infatti, di una espressione della forza centrifuga,
che sarà introdotta da Hutgens nello Horologium Oscillatorium. In questo
contesto, Huygens usa il concetto di conatus come espressione
quantitativa di forza, di fatto esprimendo la forza come proporzionale allo
spazio percorso per unità di tempo (1/2gt2). Newton riconosce il ruolo
della Massa, intesa come quantità di materia e cioè come il prodotto della
densità per il volume, come concetto fondamentale nella meccanica. La
parola massa, utilizzata in fisica dal XVII secolo, si ritrova in Virgilio,
Plinio, Marziale e Giovenale, in particolare nel contesto della metallurgia.
Massa, spesso sinonimo di moles, indica la materia che occupa un
determinato volume. Indubbiamente originato dal greco µάζά, ‘pane
d’orzo’, da distinguersi dal pane di frumento (Áρτός). Tale termine greco
(µάζά) è forse legato al pane azimo (mazza) degli israeliti. È stato anche
ipotizzato un legame con la festa dell’Eucarestia, la messa, nel senso di
‘offerta’.
Per Newton esiste una molteplice natura della Forza: passiva,
resistenza al cambiamento (inerzia) (definizione III), attiva agente su altri
oggetti (definizione IV), centripeta (definizione V). Il termine forza (vis)
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appare per la prima volta in Newton nella definizione III “Materiae vis
insita est potentia resistendi, qua corpus unumquodque, quantum in se est,
perseverat in statu suo vel quiescendi vel movendi uniformiter in
directum”. La forza innata della materia è il potere di resistere per il quale
ogni corpo è a riposo o procede in linea retta. È una definizione
dell’inerzia non dissimile da quella di Cartesio, con la sola differenza che
per Cartesio l’inerzia è proporzionale al volume, mentre per Newton alla
quantità di massa. In contrasto con la definizione di forza innata, nella
definizione IV è introdotta la forza impressa come azione esercitata su un
corpo per cambiarne lo stato di moto: “Vis impressa est actio in corpus
exercita, ad mutandum ejus status vel quiescendi vel movendi uniformiter
in directum”. La forza impressa si distingue per tre aspetti da quella
innata: è una pura azione transiente, non resta nel corpo una volta che
l’azione è finita, può essere di origine diversa. Nella Definizione V è
introdotta la forza centripeta: “Vis centripeta est, qua corpora versus
puntum aliquod tamquam ad centrum undiquetrahuntur, impellantur, vel
utcunque tendunt”. Di tale tipo è la forza di gravità.
Con Leibniz il concetto di forza cambia di significato: da elemento
meccanico diventa un principio di attività quasi vitalistica. Il concetto di
forza per Leibniz è quello che chiamiamo oggi energia cinetica ma
concepito come intrinseco alla materia, rappresentandone la sua più
intima natura. Per Leibniz un corpo in movimento è intrinsecamente
diverso da uno a riposo. Il suo moto non è la diversa occupazione di
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differenti posti nello spazio, è un stato di moto in ogni separato momento.
Leibniz deduce una definizione di vis viva come uguale a mv2 da cui trae
origine la lunga controversia con i seguaci di Cartesio su quale sia
l’essenza del moto: la quantità di momento (uguale a mv) o la forza viva
(uguale a mv2).
Nel 1700 i concetti di forza, di materia e di moto diventano un
problema di generale interesse filosofico. La forza viene vista da
Berkeley come una mera costruzione, come uno schema concettuale della
fisica, con un significato simile a quello degli epicicli in astronomia.
Anche se l’uso di tali termini (es. forza) porta a risultati corretti, non ci si
aspetta che essi costituiscano una parte reale della natura. “Force is a
construct of the conceptual scheme of physics and should not be
confounded with metaphysical causality” (G. Berkeley). Si afferma
un’immagine della forza come schema relazionale funzionale tra punti
massivi e relazioni spaziali. “Un mot qui ne sert qu’á cacher notre
ignorance” (P. L. M. Maupertuis). “The product of the mass value and the
acceleration induced in that body is called the moving force” (E. Mach).
Per Mach questo si generalizza a tutta la scienza: “Io spero che la scienza
del futuro scarti l’idea di causa ed effetto in quanto formalmente oscura”
(Mach).
Definendo la forza accelerativa, Kirchhoff dice:
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dal momento che la forza ha il solo significato di essere la derivata seconda
della coordinata rispetto al tempo, ci si può chiedere perché non la derivata
terza, la quarta, etc... Che la derivata prima sia esclusa è ovvia conseguenza
della legge di inerzia.
Kirchhoff nota inoltre la non unicità di un sistema di forze. Se un
sistema è soggetto a più forze, sulla base del suo moto le singole forze
non possono essere determinate separatamente in quanto solo la forza
risultante ne è determinata. Le singole forze possono quindi essere prese
arbitrariamente in modo che la risultante resti la stessa:
Es folgt daraus, dass nach Einführung von Kräftesystemen an Stelle
einfacher Kräfte die Mechanik außer Stande ist, eine vollständige Definition
des Begriffs der Kraft zu geben (G. Kirchhoff).
Hertz, discutendo del concetto di forza, dice: “It is a transitory aid in
the calculation and disappears finally from our consideration. The same
applies to chemical forces, molecular Forces and many electric and
magnetic actions” (H. Hertz). Con i lavori di Mach, Kirchhoff ed Hertz il
processo di eliminazione del concetto di forza arriva al suo
completamento. Tuttavia viene riconosciuto il vantaggio di una tale
costruzione relazionale in quanto permette di descrivere le leggi del moto,
indipendentemente dalle specifiche situazioni fisiche a cui tale moto è
associato.
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In senso moderno pertanto la Forza diventa una relazione
funzionale:
Per ogni configurazione (X) si definisce ma=Φ(X) con Φ(X) = forza
con la condizione al contorno Φ(X) = 0 per X → infinito
essendo la forza uguale alla variazione di energia δ/δx(E)
Attualmente tutti i fenomeni naturali si spiegano grazie all’azione di 4
forze fondamentali :
• La forza gravitazionale è comune a tutta la materia: tutti i corpi
materiali si attraggono reciprocamente.
• La forza elettromagnetica agisce tra cariche elettriche: essa è sia
attrattiva che repulsiva.
• La forza nucleare debole agisce all'interno dei nuclei atomici: essa è
responsabile della radioattività.
• La forza nucleare forte agisce all'interno dei nuclei atomici: essa
tiene assieme i costituenti del nucleo (protoni e neutroni).
Alcuni nuovi fenomeni tuttavia sfuggono ancora alla comprensione,
in particolare la Materia oscura, l’Energia oscura, l’Espansione
dell’universo con velocità crescente, la Energia del vuoto. Si sta inoltre
cercando di unificare le quattro forze in una sola forza. La forza
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elettromagnetica e la forza nucleare debole sono unificate. Il problema
non ancora risolto è l’unificazione della gravità con le altre. Uno degli
attuali tentativi di unificazione è la cosiddetta teoria delle stringhe.
Figura 5: Energia degli stati dei sistemi nucleari dal deuterio al carbonio. I valori
sperimentali (verde) sono confrontati con il risultato di modelli matematici cosiddetti
ab initio, che non assumono cioè l’esistenza di un campo medio. Il confronto con la
teoria è fatto tra una interazione che si basa su sole forze a due corpi (Argonne v18) ed
una interazione che include anche forze a tre corpi (Illinois-2).
Il concetto di forza come pura relazione funzionale è in perfetto
accordo con la sua applicazione in meccanica quantistica. Un esempio è
dato dalle forze nucleari: queste, in prima ipotesi, sono costruite in
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analogia alle forze tra gli atomi, di tipo centrale ed agenti tra coppie di
particelle (a due corpi). I risultati sperimentali sembrano al momento
indicare la necessità di estendere tale costruzione alle forze a tre corpi,
non centrali di tipo tensoriale. La figura 5 mostra il confronto tra le
energie di legame sperimentali dei vari stati dei sistemi nucleari compresi
tra il deutone (con massa A=2) e il carbonio (A=12) e le previsioni di
modelli teorici basati su forze a due corpi (Argonne v18) o che includono
anche forze a tre corpi (Illinois-2). Si noti che un accordo soddisfacente
tra le previsioni della teoria ed i valori sperimentali si ottiene solo
introducendo un termine a tre corpi nell’interazione.
Caratteristiche e simmetrie dei potenziali nucleari possono essere
ricavate dalla studio della densità degli stati eccitati. Un potenziale più
simmetrico dà luogo ad un numero maggiore di stati degeneri, ossia con
la stessa energia, e pertanto a più intervalli di energia proibita (gap di
shell) tra gruppi di livelli. La presenza e la dislocazione di tali intervalli di
energia proibita caratterizza il tipo di potenziale nucleare. In figura 6 è
indicata l’energia di legame dei nuclei in funzione del numero di neutroni.
La presenza dei minimi per numeri di neutroni (o protoni) uguali a 2, 8,
20, 28, 50, 82, 126 (detti numeri magici) è indicativo della chiusura di
gusci (shell) nucleari e quindi del tipo di potenziale.
53
Figura 6: Energia di legame dei nuclei in funzione del numero di neutroni. Si notino
i minimi in corrispondenza dei cosiddetti numeri magici di neutroni (o protoni). I
nuclei con 2, 8, 20, 28, 50, 82, 126 neutroni (o protoni), corrispondenti alla chiusura
di gusci (shell) di nucleoni, risultano particolarmente stabili e sono tra i più diffusi
in natura.
I dati sperimentali ottenuti sui nuclei lontani dalla stabilità negli ultimi
anni sembrano indicare che i numeri magici, e quindi il tipo e la
simmetria del potenziale nucleare, cambiano quando ci si sposta in
regioni esotiche della carta dei nuclidi. Un tale comportamento, se
dimostrato, ha enormi implicazioni sia sui modelli teorici utilizzati per
descrivere la struttura dei nuclei atomici che su quelli che descrivono i
processi di nucleosintesi stellare. La figura 7 mostra una sezione della
tavola dei nuclidi dove i nuclei stabili sono rappresentati dalla zona in
colore. Le chiusure di shell per N=Z=8, 20, 28 sono indicate dalle linee
20 60 100
-10
0
10
-10
0
-10
0
Numero di Neutroni
20 28
50 82 126
Energia di legame (MeV)
discrepancy
esperimento
teoria
diff.
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tratteggiate. Si osservi che i nuclei corrispondenti ai numeri magici di
protone e neutrone 8 e 20, contrariamente alle aspettative teoriche, non
sono legati.
Figura 7: Parte della tavola dei nuclidi che mostra (zona in colore) i nuclei legati per
interazione forte. Si noti che i nuclei lontani dalla stabilità con Z≈8 ed N≈20,
corrispondenti a una doppia chiusura di shell (numeri magici), non sono legati. Nella
figura sono anche indicati i nuclei con le gap di shell maggiori (blu) o minori (verde)
delle previsioni teoriche.
Lo studio di tali effetti ha motivato e motiva la costruzione di nuovi
acceleratori di ioni instabili in Germania (FAIR), Francia (SPIRAL2) e
Italia (SPES) e negli Stati Uniti (FRIBS).
55
Figura 8: Schema del progetto SPES in costruzione presso i Laboratori Nazionali di
Legnaro dell’INFN. Da sinistra il Ciclotrone con le sorgenti di fissione, il separatore di
massa e l’acceleratore lineare superconduttivo.
La figura 8 mostra una rappresentazione schematica del progetto
SPES [4] dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), attualmente
in costruzione presso i Laboratori Nazionali di Legnaro (Padova). SPES è
un acceleratore di ioni instabili dedicato alla produzione di nuclei ricchi
di neutroni prodotti per fissione. Si basa su un Ciclotrone ad alta intensità
in grado di accelerare un fascio di protoni da 70 MeV. Tale fascio è
utilizzato per produrre fissione indotta in un bersaglio di 238U. I nuclei
prodotti, estratti dalla sorgente e separati in massa, sono poi accelerati per
mezzo di un acceleratore lineare superconduttivo ed utilizzati per la
produzione e lo studio di nuclei esotici ricchi di neutroni.
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56
References
[1] NuPEcc Long Range Plan:
http://www.nupecc.org/index.php?display=lrp2010/main
[2] DOE White Paper:
http://www-spires.slac.stanford.edu/grp/rd/ssi-whitepaper/
[3] Max Jammer, Concept of Force, Harvard University Press 1957.
[4] The SPES project: http://www.lnl.infn.it/pages/sp_projects.html