Ucuntu n.116

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160811 www.ucuntu.org – [email protected] G.B.Scidà Parcheggi, Palazzi e affari Norma Ferrara Sacrifici per tutti tranne che per corrotti e mafiosi Antonio Mazzeo Qui Mineo, Hotel Inferno Giorgio e Francesco Ruta L'Affare Fortezza Giornalismo 25-26-27-28 Tutti al Festival de “Il Clandestino” “Siamo tutti nella stessa barca”, “Lavorare e combattere per la vittoria”, “Meno feste e più lavoro”, “Vietato scioperare”... Ma dove le abbiamo già sentite tutte queste belle cose? E com'è andata a finire? e e L'appello della società civile L'appello della società civile per il giudice Salvi a Catania per il giudice Salvi a Catania e e Memoria/ 1961- 2011 - Il Muro di Berlino e quelli di ora || 16 agosto 2011 || anno IV n.116 || www.ucuntu.org || stessa barca? ste ? Tutti nella

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il numero di Ferragosto

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160811 www.ucuntu.org – [email protected]

G.B.Scidà Parcheggi, Palazzi e affari

Norma FerraraSacrifici per tuttitranne che percorrotti e mafiosiAntonio MazzeoQui Mineo,Hotel InfernoGiorgio eFrancesco RutaL'AffareFortezza

Giornalismo25-26-27-28

Tutti alFestival de

“Il Clandestino”

“Siamo tutti nella stessa barca”, “Lavorare e combattere per la vittoria”, “Meno feste e più lavoro”, “Vietato scioperare”... Ma dove le abbiamo già sentite tutte queste belle cose? E com'è andata a finire?

e e L'appello della società civileL'appello della società civile per il giudice Salvi a Catania per il giudice Salvi a Catania ee Memoria/ 1961- 2011 - Il Muro di Berlino e quelli di ora

|| 16 agosto 2011 || anno IV n.116 || www.ucuntu.org ||

stessa barca?stessa barca?stessa barca?Tutti nella

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Società Società

Sacrifici per tuttimeno i corrotti e i mafiosi

Nel vuoto gli appelli degli Enti locali antimafiosiNel vuoto gli appelli degli Enti locali antimafiosi

Tagli per 45,5 miliardi nella manovra economica "d'urgenza" varata dal Go-verno. E cade definitivamente nel vuoto l'appello a evitare tagli a servizi e enti locali e recuperare soldi da lotta alle ma-fie e corruzione. A lanciarlo in queste settimane Avviso Pubblico, la rete di enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie.

150 miliardi di euro, tanti sarebbero infatti i soldi sottratti quest’anno dalle mafie all’economia nazionale. Rubati, centesimo dopo centesimo, dalle tasche degli italiani onesti per fare cassa con i business illegali, con la complicità di corrotti e collusi. Come riportato in una recente relazione della Commissione parlamentare antimafia la presenza delle mafie sottrae fino al 15% di PIL in re-gioni come la Basilicata e la Puglia. E secondo il Censis fa perdere nel Mezzo-giorno sino a 180 mila posti all’anno. Questi i veri numeri da tenere a mente in una manovra economica, urgente, che ri-sponda alle richieste dell’Europa, certo, ma anche a quelle della legalità.

E invece nè il Governo nè le opposi-zioni prendono in considerazione queste cifre. Se non bastassero i dati elencati sin qui, secondo l’ultimo rapporto di SOS Impresa di Confesercenti, sono cir-ca 500 mila i commercianti oggetto di attenzione della malavita, per un giro d’affari criminale stimato in 98 miliardi di euro, di cui 37 per mano mafiosa. E la stessa Banca d’Italia per voce della vice direttrice generale Tarantola, ha afferma-to che in Italia il riciclaggio del denaro sporco incide sul 10% del PIL.

Le cifre sono note da anni, e continua-no a peggiorare, ma nemmeno in un pe-riodo di crisi economica generale come questa, la politica vuol tenerne conto. A denunciarlo, con forza, in un appello ca-duto nel vuoto, Avviso Pubblico. Da set-timane chiedono al Governo e alle parti sociali «di introdurre nell’agenda del loro confronto anche il tema della legalità, del contrasto alle mafie, alla corruzione, all’evasione fiscale all’eco-nomia sommersa».

«Ieri – proseguono da Avviso Pubbli-co - il governo ha incontrato le parti so-ciali dopo che queste, nei giorni scorsi, hanno sottoscritto un documento comu-ne per chiedere interventi specifici e ur-genti. Da quanto emerge leggendo i giornali, nel corso dell’incontro si è par-lato della necessità di attuare misure contro inefficienze e sprechi, di provve-dere alla messa in ordine dei conti pub-blici, di liberalizzazioni e privatizzazio-ni, di modifiche da introdurre nel mondo del lavoro». «Non ci risulta che tra l’E-secutivo, gli imprenditori, i banchieri, le associazioni di categoria e i sindacati sia stato affrontato un tema che, secondo Avviso Pubblico, è centrale – concludo-no : quello dei costi economici e sociali dell’illegalità. Ci riferiamo, in particola-re, ai costi delle mafie, della corruzione, dell’evasione fiscale e dell’economia sommersa che incidono pesantemente sulla qualità della nostra economia, della nostra sicurezza, della giustizia e della nostra vita in generale».

Norma FerraraLiberainformazione

APPUNTAMENTIMODICA/ FESTiVALDEL GIORNALISMODAL 25 AL 28

E' ufficialmente partito il conto alla rovescia per l'inizio della terza edizione del “Fe-stival del Giorna-lismo”, organizzato dal mensile “Il Clan-destino”. Sarà il centro storico di Modica, con l'atrio di Palazzo San Domenico, Palazzo della Cultura e Palazzo Grimaldi, a fare da cor-nice alla manifestazione che prenderà il via da giovedì 25 agosto per concludersi, poi, domenica 28.Tanti i momenti di formazione con sette workshop che si terranno tra Palazzo della Cultura e Palazzo Grimaldi.Sarà presente anche Roberto Natale, presi-dente della Federazione Nazionale della Stampa

Info:www.festival-del-giornalismo.it [email protected] - 327.5475852

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Movimento Movimento

Il prossimo passo,un po' più in su

Ne parleremo a Modica, al “Clandestino”Ne parleremo a Modica, al “Clandestino”

Stavolta non c'è nulla di complicato. In-furia la lotta di classe, col Capitale (di-rebbe quel tale) che picchia senza scrupoli i Lavoratori. In realtà le cose non stanno esattamente così: il “capitalismo” come l'abbiamo conosciuto non esiste pratica-mente più da una ventina d'anni (è diven-tato automatico, e incontrollabilmente no-n-umano), e sarebbe anche ora di trovargli un altro nome.

Quanto ai lavoratori (di qualunque la-voro si tratti, alcuni assai strani), si sfrut-tano in buona parte da sé medesimi, an-ch'essi in automatico, senza saperlo. Mar-chionne non è un “padrone” (né lo è il compagno Chin-chi-lao della Commissio-ne Industria del Partito comunista cinese, che sempre più gli somiglia), ed entrambi non comandano in quanto proprietari di qualcosa.

Il computer su cui scrivo, infine, in par-te è ancora una “merce” e in parte no; è merce l'hard-disk faticosamente e marxis-ticamente costruito dai bambini cinesi, ma non lo è affatto il bel design, che invece è un prodotto culturale, che però pesa - nel mercato moderno - per più della metà.

Siamo insomma contemporaneamente nel 1810 e nel Tremila, e questo crea qualche problema nel capire le cose, abi-tuati come siamo a ragionare seriamente solo ogni cent'anni (Marx, Keynes, Gand-hi...) e per il resto a fare o resistenza o no-stalgia.

Sarebbe ora di rimetterci a lavorare di buzzo buono su queste cose, perciò se fra i nostri l'ettori c'è qualche piccolo Marx o Keynes potenziale (cosa niente affatto im-probabile, con la cultura di massa e del-l'internet che la spamma in giro dapper-tutto) lo prego di mettersi subito all'opera senza perder più tempo con la “politica” corrente, il Nintendo e gli altri giochi.

* * *Fine della parentesi. In Italia, distrutte

le garenzie democratiche (e keynesiane, che erano inseparabili da esse) si va al muro contro muro, e prima ce ne rendia-mo conto meglio è. Il fulcro non è Berlu-sconi ma Fiat. Quest'ultima è il prodotto più apertamente esplicito di un sistema che ormai comprende tranquillamente an-che la mafia, in senso lato, ed ecco perché è così importante (a parte legalità ed etica, che pure sono i nostro software di fondo) la lotta antimafia, su cui si decide quasi tutto. Siamo all'altezza? No. Non parlo dell'antimafia mediatica (che pure qualche rara volta ha una sua funzione) ma pro-prio di noi, l'antimafia di base, quella che lavora ogni giorno, quella reale.

Non riusciamo a “far politica” e a fare rete, non quanto occorre, e anzi in questi mesi, nel nostro piccolo mondo (che poi tanto piccino non è) i passi indietro sono stati più dei passi avanti. Non solo sul pia-no concreto, delle cose prodotte, dei “ri-sultati”, ma proprio nello stato d'animo, nel nostro modo di essere, sempre più in-dividualista e tribale e sempre meno mo-dernamente e coscientemente coordinato.

Non faccio esempi (per ora) per carità di tribù, ma credo che ci capiamo. Nella rete informale di Ucuntu, che è un buon esempio per capire tutto il resto, non c'è un solo nodo che funzioni veramente in rete; ciascuno fa quel che deve fare per sé, e rimanda al domani (o rimuove) le cose altrettanto importanti che dovremmo e po-tremmo fare insieme.

Così non ce la facciamo, o meglio ci il-luderemo di farcela ma resteremo in so-stanza – per difetto di massa critica – sempre subalterni. Quando non avremo più un Berlusconi a tenerci insieme e do-vremo affrontare, al posto suo, i

gattopardi, verremo assorbiti da questi ultimi senza nemmeno accorgercene. Perché nel mondo moderno o si è rete o si è spettato-ri. Non c'è via di mezzo.

* * *Un'eccezione, nella geremiade di cui

sopra, è rappresentata dai ragazzi di Liberainformazione, che affrontano con serietà e coraggio, e spirito unitario, la so-litudine in cui li ha precipitati la scomparsa del loro maestro, Morrione. “Non siete soli in realtà, coordinate le for-ze” è stato l'insegnamento di Roberto, e avendolo compreso vanno avanti.

Un'altra eccezione è quella dei ragazzi di Modica, del “Clandestino”. Non solo hanno continuato a sviluppare lo specifico lavoro della loro zona (questo lo fanno anche gli altri), ma hanno sempre cercato di tenersi in rete, di sapere quel che si fa-ceva altrove, di non considerarsi autosuff-icienti e soli. Per questo il loro incontro è importante: è un modello per tutti, e va sottolineato.

* * *Modica, all'estremo Sud dimenticato, è

il posto migliore - a questo punto - per fare un annuncio importante, il salto di qualità a cui tendevamo in tutti questi anni. Da settembre si apre un capitolo nuovo. Ucuntu, Lavori in Corso, Casa-blanca e tutto il resto sono tappe utilissi-me di un viaggio che non è finito, che non si esaurisce in nessuna di esse e che anzi deve ancora toccare i suoi obiettivi più importanti.

Insieme, in rete, come nei momenti più alti, più avanti ancora e più in rete ancora: a Modica, e dopo Modica, comincia un al-tro pezzo di strada.

Riccardo Orioles

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Catania/ Poteri e affari Catania/ Poteri e affari

Piazza EuropaUna storia infinita

Interessi e Palazzi in un caso esemplareInteressi e Palazzi in un caso esemplaredi appropriazione della cittàdi appropriazione della città

Quando il Tribunale di Catania (III Sez.) assolse gli imputati nel processo parcheggi di piazza Europa, i PPMM (Gennaro + 1) si chiusero in composto, esemplare silenzio. Fu il libero giornalismo catanese ad esaltar-ne l'opera e ad investire i giudicanti di acer-rime stroncature (esiste o no, nel nostro Paese il diritto di critica?). Presidente e componenti del Collegio fecero a loro volta la loro parte esemplarmente: muti come se-natori romani davanti all'invasore.

Gennaro ha parlato adesso, come parlano i magistrati, con gli atti del loro Ufficio.

In attesa di conoscere i motivi dell'impu-gnazione che egli ha proposto, cerchiamo di ripercorrere le tappe la vicenda.

INon tutti i provvedimenti amministrativi

inopportuni possono essere sospettati, per ciò solo, di penale illiceità, anche se inop-portuni all'estremo e nello stesso tempo giovevoli, com'è naturale che siano, a colo-ro che li hanno domandati. Tale, per moltis-simi cittadini, è il caso della concessione parcheggi di piazza Europa. Ma gli ammi-nistratori tornarono sulla concessione, con-sentendo l'apertura, in alcuni locali, di ne-gozi. Tre consiglieri comunali (D'Agata, Beretta, Arcidiacono) ne fecero segnalazio-ne alla Procura della Repubblica. Era l'ago-sto del 2006.

Ci proponiamo di ricordare al lettore:- l'assetto, a quel tempo, dell'Ufficio di

Procura;- l'identità dei concessionari;- le tappe del procedimento;- il corso del giudizio, sino alla sentenza.

IIEra Procuratore Aggiunto, da sei anni, il

dott. Gennaro, già membro del CSM (1994/1998) e di nuovo Presidente, da mar-

zo, dell'ANM; era Procuratore Aggiunto il dott. D'Agata, che Gennaro aveva strenua-mente cercato., nel 1998, di mettere a capo della Procura della Repubblica di Messina, competente, ex art. 11 c.p.p., per i magi-strati del Distretto di Catania; era ancora Procuratore della Repubblica il dott. Busac-ca, nominato nel 1996, mentre Gennaro, membro del CSM, faceva parte di quella Commissione Uffici Direttivi.

È noto a molti che nominando Procurato-re il dott. Busacca, già dal 1984 Procuratore Aggiunto, il Consiglio aveva disatteso le ragioni, fatte presenti da un magistrato in servizio a Catania, che consigliavano di chiamare a quell'Ufficio un estraneo alla Procura.

Infine, l'Ufficio di Procuratore Generale era stato conferito, nel maggio 2006, al dott. Tinebra, col voto compatto e tra-scintore del forte gruppo UNICOST, di cui faceva parte un magistrato di Catania, elet-to col sostegno di Gennaro; Tinebra prese possesso in settembre. Sino al febbraio il posto era stato tenuto, per nove anni, dal dott. Scalzo, nominato durante la consilia-tura Gennaro.

Il pensionamento del dott. Busacca, nel novembre di quello stesso 2006, non provo-cò cambiamenti dell'insieme, né subito, perché la reggenza fu assunta dal dott. D'A-gata, né con la copertura del posto, nel 2008, quando l'estraneo all'ambiente cata-nese, che in Commissione aveva riportato quattro voti su sei, fu sconfitto nel plenum proprio dal reggente, come fortemente vo-luto dal grosso battaglione Unicost al quale si unirono il vice Presidente Mancino, il Consigliere Volpi, bertinottiano, e alcuni altri.

Pienamente voluta dal gruppo fu la

nomina, nel 2007, del nuovo Avvocato Generale, in persona del dott. Scalia.

IIINei parcheggi, oggetto dell'esposto, ave-

vano interesse sia l'impresa Virlinzi che una società riconducibile al gruppo Ciancio, de-tentore, in regime di fattuale monopolio, dell'informazione tenti catanese: il quoti-diano La Sicilia, e le più seguite emittenti televisive.

Il giornale era da sempre, con le sue più storiche firme, come l'eco sonora delle po-sizioni e degli interessi del dott. Gennaro. Dell'imprenditore Virlinzi si è poi afferma-to esser consuocero del magistrato Scalia. Ma la Procura della Repubblica non ebbe esitazioni. In ottobre del 1997 il cantiere era sotto sequestro; il provvedimenti del gip resisté al riesame; l'ordinanza del Tribu-nale al ricorso per cassazione.

Seguì rinvio a giudizio: imputati di abu-so, per il profitto dei concessionari, i pub-blici ufficiali che avevano provveduto; im-putati di concorso con loro gli amministra-tori delle società.

IVLa III Sezione del Tribunale di Catania,

cui toccò giudicare aveva trattato e definito, tra il 2006 e il 2009, un processo insorto molti anni prima, a carico del capo (Alfio) del clan Laudani e di un Di Giacomo, stato-ne reggente, per falsa intestazione di edifi-ci, costruiti in S.Giovanni la Punta a società inalberanti il cognome Rizzo, dell'affiliato Carmelo, o a società come la “Di Stefano costruzioni” delle quali il Rizzo era socio, notoriamente, attraverso la moglie; sotto il nome della “Di Stefano” erano state innal-zate ville bifamiliari, lungo la via Montello di quel Comune, su terreno ceduto, da certo Arcidiacono, a titolo di permuta.

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Catania/ Poteri e affari Catania/ Poteri e affari

Possiamo aggiungere che parte, in verità preponderante, di una di tali bifamiliari, sorta sul lotto n° 16, fu a suo tempo acqui-stata (1991) dal dott. Gennaro, allora sosti-tuto Procuratore della Repubblica, e che della metà giusta di un'altra, sul lotto conti-guo, si rese acquirente un professionista, cognato di altro sostituto della stessa Pro-cura catanese, già dal 1987 in aspettativa per mandato parlamentare.

Del Rizzo si volle negare, nel '93 e nel '94, la situazione di uomo dei Laudani, loro manager e prestanome nella torbida edilizia di San Giovanni, ed inquinatore dell'ammi-nistrazione locale, quale lo descriveva, nel-lo stesso 1993, il D.P.R. di scioglimento del Consiglio Comunale.

Ma nessuno ha mai dubitato, né in quegli anni né dopo che fu spiccato contro di lui ordine di custodia in carcere, per mafia, né dopo che egli fu ucciso per mandato del capo clan, mentre stava per pentirsi: mai si è dubitato che egli fosse socio della “Di Stefano”.

Lo presupposero tutti, come cosa incon-testabile, nel procedimento per misura di prevenzione (1993); fu proclamato da lui con un dépliant del 1996, illustrativo della sue realizzazioni da imprenditore, sulla co-pertina del quale figurava le bifamiliari di via Montello; lo affermava nel 2006 davan-ti al Tribunale di Monza, in processo a cari-co del giornalista Chiocci, il querelante Di Loreto, dolendosi che quel suo consocio nella “Di Stefano” fosse stato detto mafio-so, pur senza essere mai stato condannato come tale: ma il giudice assolse, tenuto conto del significato assunto, nel linguag-gio corrente, da quella espressione: più che

quindici anni, insomma, di pacifica certez-za.

Ci volle l'udienza del 15/06/2006, nel processo a carico del Di Giacomo (e non anche del Laudani, ancora tenuto per non processabile, in quanto infermo di mente), perché un dubbio venisse avanzato dal PM: non bastava, disse il magistrato: non basta-va che della società intestataria fosse socia la moglie del Rizzo, per dare certezza che socio ne fosse costui.

Il Tribunale lo seguì. Condannò l'imputa-to per l'intestazione di altri immobili a so-cietà “Rizzo”; lo assolse, applicato l'art.530 n°2 c.p.p., per l'intestazione alla “Di Stefa-no” e ad altra società. La stampa dette gran-de risalto alle condanne; tacque dell'assolu-zione. Non ci fu appello della Procura Ge-nerale.

Nel 2009 fu finalmente portato a giudizio il Laudani: stessa Sezione, ma collegio di-versamente composto (Presidente, ora, il dott. M.). Il PM di udienza produsse copia della sentenza del 2006, concludendo per l'assoluzione. Il Tribunale ritenne non es-serci motivo di discostarsi da quel prece-dente: ma nel dispositivo non si legge dopo le condanne, alcuna statuizione assolutoria. Non ci fu impugnazione.

VIl processo per i parcheggi (Presidente il

dott. M.) era in corso (ammesse prove pro-poste dalle parti) quando fu depositata una perizia d'ufficio: non produttivi di profitto, per i concessionari, i provvedimenti pei quali era causa; insussistente, dunque, l'as-serito abuso. Il Tribunale ritenne, dato ciò, di revocare le disposizioni ammissive di prove a carico. Potevano i PPMM (dott.

Gennaro e altro magistrato) ricusare per questo il Collegio, ex art.37 n°1 lett. b c.p.p.? non lo fecero.

Trascorso da tempo il termine utile per la ricusa, chiesero revoca dei provvedimenti, con i quali il Tribunale aveva revocato l'ammissione di prove. Al rifiuto fecero se-guire ricusazione. La Corte d'Appello la di-chiarò inammissibile per tardività. I PPMM non impugnarono per cassazione; il provve-dimento della Corte era ineccepibile.

Nel concludere, Gennaro chiese condan-na degli imputati, senza specificare a quale pena. Non ci pare che l'omissione abbia precedenti, nella nostra storia giudiziaria.

VIContro la sentenza, di piena assoluzione ,

il dott. Gennaro ha proposto appello; con l'appello egli ha chiesto, come apprendiamo dalle cronache, rinnovazione della consu-lenza o perizia. Ne aveva fatto richiesta, durante il dibattimento? e se no, perché no?

VIINon è ancora tempo di commenti. Occor-

re che, prima, la rivisitazione dei fatti sia integrata, perfezionata e per quanto del caso corretta (cosa nella quale ci sentirem-mo impegnati). Gioverà conoscere i motivi della consulenza, gli argomenti con i quali sia stato chiesto al Tribunale, com'è verosi-mile, disporsene altra, e i motivi del dinie-go, e come anticipammo, il testo dell'impu-gnazione.

Chi, dopo, vorrà commentare, difficil-mente potrà prescindere da riferimenti a congiunture e contesti. Quel che si può dire sin da ora è ciò che Cittàinsieme ha detto: che piazza Europa non andava toccata.

Giambattista Scidà

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Caso Catania Caso Catania

Le associazioni sottoscritte,nel momento in cui vengono da più

parti riportati episodi sconcertanti che coinvolgono fra l'altro aspiranti al posto di procuratore capo al Tribunale di Ca-tania, manifestano la propria preoccupa-zione per la nomina prevista in conse-guenza del pensionamento del Dott. Vin-cenzo D’Agata e sottolineano la necessità che chi assumerà l’incarico riesca final-mente a disvelare e a rendere pubblico l’intreccio fra poteri economici, politici e mafiosi che, anche in campo nazionale, ormai è noto come il “ Caso Catania”.

Come cittadini abbiamo il diritto di spe-rare in un futuro di legalità e giustizia per la nostra città. A questo scopo le Associazioni firmatarie del presente appello, così come già richiesto, auspicano che la nomina a procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Catania ricada su una persona-lità di alto spessore che eserciti l'autonomia della magistratura rispetto al potere politi-co, che sia capace di operare al di fuori del-le logiche proprie del sistema politico-affa-ristico della città, che possibilmente sia del tutto estranea all'ambiente cittadino, che provenga cioè da realtà lontane dall’humus siciliano e catanese in particolare, una per-sonalità che favorisca il riscatto civile della nostra città e che contribuisca a restituirle orgoglio e dignità.

Associazione Centro Astalli, AS.A.A.E., Assoc.CittàInsieme”, Assoc. Domenicani Giustizia e Pace, Laboratorio della Poli-tica Onlus, La Città Felice, Assoc. Stu-dentesca e Culturale "Nike", Comitato NO-TRIV, Assoc. Oltre la Periferica, Li-brino, Punto Pace Pax Christi Catania, Sicilia e Futuro, Associazione Talità Kum

* * *

La Sicilia è la regione dove si trova la maggior economia sommersa del paese, come recenti e qualificati studi hanno evi-denziato, e gran parte dell’imprenditoria cheopera nell’isola usufruisce di complicità o alleanze con le organizzazioni criminali.

La mafia ha esteso da tempo i suoi inte-ressi nell'economia “legale”, dove l'accu-mulazione della ricchezza avviene attraver-so relazioni e attività costruite sulla base del coinvolgimento diretto e dei favori scambiati con potentati economici, politici, professionali.

Si è creato così uno spazio dove lecito e illecito finiscono per entrare in commistio-ne. L'epicentro di questa "area grigia", dove si intrecciano gli interessi di mafia ed eco-nomia, è oggi Catania, come ribadito anche dal Presidente di Confindustria Sicilia.

Una città dove, da anni, diversamente che a Palermo o Caltanissetta, l'azione di con-trasto della Procura è stata assolutamente inefficace. Emblematica, da questo punto di vista, è apparsa la gestione dell’inchiesta che ha coinvolto il governatore Lombardo e il fratello Angelo.

Gli inquirenti si sono divisi sui provvedi-menti da assumere in merito all'esito delle indagini sul Presidente della Regione. Il Procuratore D'Agata, nelle prese di posizio-ne pubbliche, ha dato l’impressione di un evidente imbarazzo e fastidio nei confronti dell’inchiesta; in un'intervista rilasciata a Zermo, sul quotidiano di Ciancio (a sua volta indagato in altro procedimento), sem-bra esprimere contrarietà per le considera-zioni espresse da Ivan Lo Bello sul peso dell'imprenditoria mafiosa a Catania.

Infine, una fotografia pubblicata in questi giorni ha riacceso i riflettori sul “caso Catania”, una vicenda giudiziaria nata dalla denunzia di Giambattista Scidà che lanciò l’allarme di contiguità tra criminalità mafiosa e frange della magistratura etnea.

Alla luce di tutti questi fatti e alla vigilia della nomina del nuovo Procuratore della Repubblica, facciamo appello al Csm affin-ché la Procura di Catania abbia finalmente un Procuratore capo assolutamente estraneo ai giochi di Palazzo e all’intreccio delle poco chiare vicende catanesi. Un magistra-to che non subisca le forti interferenze esterne che hanno condizionato da decenni la direzione della Procura catanese.

Giolì Vindigni, Gabriele Centineo, Mimmo Cosentino, Angela Faro, Santa Giunta, Vincenza Venezia, Salvatore Cuccia, Lucia-no Carini, Giuseppe Di Filippo, Enrico Giuffrida, Lillo Venezia, Claudio No-vembre, Massimo Blandini, Marzia Ge-lardi, Maria Concetta Siracusano, Fran-cesco Duro, Margherita Ragusa, Antonella Inserra, Mario Pugliese, Giovanni Caruso, Elena Maiorana, Tuccio Giuffrè, Rosa Spataro, Paolo Parisi, Marcella Giammusso, Giuseppe Pappalardo, Raf-faella Montalto, Giovanni Grasso, Fede-rico Di Fazio, Claudio Gibilisco, Riccardo Orioles, Elio Impellizzeri, Ignazio Grima, Angelo Morales, Pippo Lamartina, Andrea Alba, Matteo Iannitti, Valerio Marletta,

Marcello Failla, Alberto Rotondo, Riccardo Gentile, Barbara Crivelli,Massimo Malerba, Enrico Mira-bella, Maria Lucia Battiato, Mauro Viscu-so, Sebastiano Gulisano, Aldo Toscano, Anna Bonforte, Grazia Loria, Pierpaolo Montalto, Toti Domina, Fabio Gaudioso, Giovanni Puglisi, Titta Prato, Maria Ro-saria Boscotrecase, Lucia Aliffi, Fausta La Monica, Salvatore Pelligra, Anna In-terdonato, Lucia Sardella, Federica Ra-gusa, Alfio Ferrara, Federico Urso, Paolo Castorina, Giusi Viglianisi, Laura Parisi, Gaetano Pace, Luigi Izzo, Alberta Dionisi, Carmelo Urzì, Pina De Gaetani, Giusi Mascali, Marcello Tringali, Daniela Carcò, Giulia D’Angelo, Alessandro Veroux, Ionella Paterniti, Francesco Schillirò, Francesco Fazio, Tony Fede, Antonio Presti, Luigi Savoca, Salvatore D’Antoni, Alessandro Barbera, Vito Fi-chera, Stefano Veneziano, Pinelda Garoz-zo, Francesca Scardino, Irina Cassaro, Carmelo Russo, Franco Barbuto, Maria Luisa Barcellona, Nicola Musumarra, Angela Maria Inferrera, Michele Spataro, Giuseppe Foti Rossitto, Irene Cummaudo, Carla Maria Puglisi, Milena Pizzo, Ada Mollica, Maria Ficara, Rosanna Aiello, Rosamaria Costanzo, Mario Iraci, Giu-seppe Strazzulla, M. C. Pagana, Vincenzo Tedeschi, Nunzio Cinquemani, Francesco Giuffrida, Maria Concetta Tringali, Maria Laura Sultana, Giovanni Repetto, Giusi Santonocito, Marco Sciuto, Tiziana Cosen-tino, Emma Baeri, Renato Scifo, Luca Can-gemi, Elisa Russo, Angela Ciccia, Alfio Fi-chera, Giampiero Gobbi, Domenico Stimo-lo, Piero Cannistraci, Roberto Visalli, Ma-rio Bonica, Claudio Fava, Giancarlo Con-soli, Maria Giovanna Italia, Riccardo Oc-chipinti, Giuseppe Gambera, Orazio Aloisi, Antonio Napoli, Giovanni Maria Consoli, Elsa Monteleone, Francesco Minnella, An-tonia Cosentino, Sigismonda Bertini, Giusi D’Angelo, Lucia Coco, Fabrizio Frixa, Santina Sconza, Felice Rappazzo, Concetto De Luca, Maria Luisa Nocerino, Alessio Leonardi, Renato Camarda, Angelo Borzì, Chiara Arena, Alberto Frosina, Gianfranco Faillaci, Daniela Scalia, Lucia Lorella Lombardo, Pippo Impellizzeri, Giuseppe Malaponte, Antonio Mazzeo, Marco Luppi, Ezio Tancini, Aldo Cirmi, Luca Lecardane, Rocco Ministeri, Gabriele Savoca, Fulvia Privitera, Daniela Trombetta, Vanessa Marchese, Edoardo Boi, Stefano Leonardi, Ivano Luca, Maria Crivelli, Guglielmo Rappoccio, Grazia Rannisi, Elio Camilleri, Rosanna Fiume, Alfio Furnari, Claudia Urzi, Luigi Zaccaro, Daniela Di Dio, Gigi Cascone, Ettore Palazzolo, Nunzio Cosen-tino, Matilde Mangano, Andrea D'Urso, Daniela Pagana, Stefania Zingale, Concet-ta Calcerano, Luana Vita, Maria Scaccia-noce, Costantino Laureanti, Pierangelo Spadaro, Paola Sardella, Luisa Gentile, Antonio Salemi, Antonino Sgroi...

|| 16 agosto 2011 || pagina 06 || www.ucuntu.org ||

APPELLIPER LA

GIUSTIZIAA CATANIA

Al Vicepresidente del CSMAlla Commissione Uffici Direttivi

e p.c. Al Presidente della Repubblica

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Catania Catania

Non dimenticatePiazza Europa

Piazza Europa è stata sventrata. Non è possibile dimenticarlo e questo nostro stri-scione artistico intende ricordarlo ai catane-si distratti.

Prendiamo atto che le ditte promotrici scelte per realizzare il parcheggio siano sta-te assolte in primo grado. Prendiamo atto che adesso i Virlinzi cercano con queste

iniziative agostane di chiudere una ferita e riaprire una nuova pagina. Ma è necessario tenere sempre vivo nella memoria ciò che è stato fatto finora.

Ed è proprio alla luce del passato che ci auguriamo che queste attuali iniziative arti-stiche e creative realizzate con la partecipa-zione di writers, fotografi, musicisti, ecc...

siano il preludio di un nuovo modo di at-teggiarsi delle società facenti capo ai Vir-linzi nei confronti della città, e non servano invece soltanto a fare dimenticare ai cata-nesi lo sventramento perpetrato per anni.

CittàInsieme

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Promemoria Promemoria

Il MuroEsattamente cinquant'anni fa, 1l 13 agosto 1961, veniva eretto il muro di Berlino.Esattamente cinquant'anni fa, 1l 13 agosto 1961, veniva eretto il muro di Berlino.

Serviva a impedire la fuga dalla Terra dei Poveri alla Terra dei Ricchi, per ordine deiServiva a impedire la fuga dalla Terra dei Poveri alla Terra dei Ricchi, per ordine dei tiranni dei Poveri e fra il raccapriccio virtuoso dei Ricchi. Si parlò anche – etiranni dei Poveri e fra il raccapriccio virtuoso dei Ricchi. Si parlò anche – e

giustamente – di Libertà. Ogni essere umano dovrebbe poter andare dove vuole,giustamente – di Libertà. Ogni essere umano dovrebbe poter andare dove vuole, scegliersi liberamente il luogo dove crescere i figli e guadagnarsi il pane.scegliersi liberamente il luogo dove crescere i figli e guadagnarsi il pane.

Sono passati cinquant'anni. Quel tiranno è caduto. Ma i Muri ci sono ancora, e anziSono passati cinquant'anni. Quel tiranno è caduto. Ma i Muri ci sono ancora, e anzi sono sempre di più. Servono allo stesso scopo: che nessuno dei Poveri passi daisono sempre di più. Servono allo stesso scopo: che nessuno dei Poveri passi dai

Ricchi. Ma stavolta a sparare sono questi ultimi, e non parlano più di libertà.Ricchi. Ma stavolta a sparare sono questi ultimi, e non parlano più di libertà.

In alto: fra Berlino Est e Berlino Ovest (1961). In basso: fra Palestina e Israele (2010).

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Promemoria Promemoria MuriMuri

In alto: Muro di Berlino (Ddr, 1961). In basso: Vallo anti-immigranti (Usa, 2011).

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Promemoria Promemoria MuriMuri

In alto: un passante dal lato occidentale del muro di Berlino (1961).In basso: disegno di un bambino di Lampedusa (2011).

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Promemoria Promemoria MuriMuri

Durante il periodo di esistenza del Muro di Berlino vi furono circa 5000 tentativi di fuga coronati da successo. Nello stesso periodo varie fonti indicano in un numero compreso tra 192 e 239 le persone uccise mentre tentavano di passare.

Non è noto il numero delle persone morte nei tentativi di oltrepassare i vari Muri contemporanei. Secondo una ricerca diell'osservatorio Fortress Europe sulla base di notizie rinvenute nella stampa internazionale, dal 1988 al 2007 i migranti annegati attraversando il Mediterraneo sono almeno 8.165. Metà delle salme (4.256) non sono mai state recuperate.

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Immigrati Immigrati

Qui MineoHotel InfernoMiserie e business dell'”accoglienza”Miserie e business dell'”accoglienza”

Un posto letto in villette ben arredate, i campi da tennis e di football, i prati all’in-glese, pasti abbondanti tre volte al giorno, la disponibilità di acqua potabile a tutte le ore. Sino a sei mesi fa era il residence di lusso dei militari Usa in forza alla base di Sigonella. Oggi, il Villaggio degli aranci di Mineo (Catania) ospita il più ambizioso dei programmi di “solidarietà” berlusconiani, il Centro di accoglienza (Cara) per circa due-mila richiedenti asilo, donne, uomini e bambini scampati miracolosamente agli or-rori delle guerre e alle dittature.

L’idea del governo è semplice: concen-trare in una struttura confortevole tutti i ri-fugiati dopo averli prelevati manu militari dalle località dove hanno vissuto sino ad oggi nell’attesa di ottenere asilo in Italia. Gli standard di Mineo non sono comparabi-li certo con quelli delle ex caserme ricon-vertite in Cara, ma bastano un paio di gior-ni di permanenza nella torrida piana etnea per rendersi conto che anche l’inferno può essere a cinque stelle.

Il tempo nel centro è scandito da turni e file, in coda per mangiare, per telefonare (solo tre minuti al mese), per fare internet (cinque minuti), per uscire – solo dopo le 8 di mattina - e rientrare – non oltre le 8 di sera - dai cancelli che segnano il confine tra l’oasi del Cara e il deserto di sassi e polvere che si perde a vista d’occhio.

Il centro abitato più vicino è quello di Mineo, 11 Km, più distante (25 km), Calta-girone. Chi voleva doveva arrivarci a piedi; adesso sono attivi i bus navetta, ma costano 2 euro A/R per Mineo e 4,5 per Caltagirone e i richiedenti asilo, a differenza di quanto avviene in tutti gli altri Cara d’Italia, non

percepiscono alcun contributo economico e devono pagarsi pure le schede telefoniche per parlare con i familiari. La gestione del centro è stata affidata per trattativa privata alla Croce Rossa italiana.

Dalagosto, forse, subentra la Protezione civile con servizi da subappaltare a coope-rative e onlus locali. Sperando che non si ripeta quanto avvenuto in aprile, quando uno stretto congiunto del boss mafioso lo-cale, Rosario di Dio, ottenne un breve inca-rico per la rivendita di sigarette e schede te-lefoniche all’interno del Cara.

“Mineo è un centro di segregazione, un esperimento di nuove politiche di detenzio-ne dei migranti”, denuncia la Rete Antiraz-zista Catanese, promotrice di una campa-gna per la sua chiusura immediata.

“L’area è ipermilitarizzata, ci sono dop-pie recinzioni e telecamere, un centinaio tra carabinieri, poliziotti e militari dell’esercito effettua controlli soffocanti e non mancano gli abusi.

Di contro ci sono pochi mediatori cultu-rali, niente giornali e tv, nessuna attività ri-creativa e culturale. Il cibo non piace e no-nostante gli alloggi siano dotati di cucine funzionanti, è proibita la preparazione di alimenti”.

L’insostenibilità del modello Mineo è de-nunciata pure da una ricerca nazionale sul sistema d’asilo condotta dall’ASGI (Asso-ciazione Studi Giuridici Immigrazione) in collaborazione con il Centro Studi Politica Internazionale, Caritas, Consorzio Commu-nitas e Associazione Italiana per il Consi-glio dei Comuni e delle Regioni d’Europa.

Il Centro di Mineo – scrive l’equipe di ri-cerca - per ragioni legate alla sua ubicazio-

ne e per il fatto di inserirsi quale corpo estraneo nel già fragile tessuto socio-economico, rappresenta una struttura ad alto rischio di involuzione verso una realtà-ghetto completamente isolata dall’esterno, dove possono facilmente prodursi gravi fe-nomeni di marginalità e degrado sociale”. Nonostante gli impegni del governo, il cen-tro vive nella totale assenza di programma-zione dei servizi, senza alcun collegamento con le amministrazioni locali.

“La locale ASL, priva di risorse aggiunti-ve, difficilmente è in grado di rispondere efficacemente al proprio compito istituzio-nale di tutela sanitaria”, aggiungono i ricer-catori. “Inoltre non è previsto il potenzia-mento dei servizi scolastici a fronte della nuova utenza (al 13 maggio 2011 risultava-no presenti circa 80 minori con famiglie e 40 minori stranieri non accompagnati)”.

Senso di precarietà ed abbandono, sfidu-cia, solitudine, disperazione sono i senti-menti più diffusi tra gli “ospiti”.

I più forti tentano di rimettersi in gioco, sperimentando la fuga verso la Francia o la Germania. Altri si accontentano di cammi-nare ininterrottamente a ridosso del filo spi-nato come si fa in carcere durante l’ora d’a-ria. Altri ancora traducono rabbia e deside-rio di libertà in legittime manifestazioni di protesta: per tre volte in meno di quaranta giorni, un centinaio di rifugiati ha occupato la carreggiata della superstrada Catania-Ge-la, sfidando la reazione delle forze dell’or-dine.

Il 20 giugno, dieci di loro sono stati co-stretti a ricorrere alle cure dell’ospedale per le contusioni prodotte dalla carica degli agenti. In molti invece soccombono.

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Immigrati Immigrati

Lindeterminatezza della semidetenzione, la condizione di eterna sospensione tra l’essere e il non essere, di persona e non persona, possono condurre all’autolesionismo. Sette rifugiati hanno già tentato il suicidio all’interno del Cara, secondo quanto denunciato dallo staff di Medici senza frontiere che a Mineo sta portando avanti un progetto di salute mentale per 350 residenti.

Per l’alto numero di rifugiati ospitati e la cronica inefficenza delle istituzioni chiama-te a riconoscere lo status di rifugiato si ri-schia di prolungare all’infinito il confina-

mento nel limbo-inferno di Mineo. La com-missione territoriale competente per l’esa-me delle richieste d’asilo ha iniziato le au-dizioni solo il 19 maggio e riesce ad incon-trare solo due persone al giorno per non più di due volte la settimana.

A questo ritmo, per smaltire le pratiche relative ai duemila richiedenti, ci vorranno non meno di tre anni. Inoltre sono già stati pronunciati numerosi dinieghi e per un’intera comunità, quella dei pakistani del Punjab, le richieste sono state rigettate in blocco.

Antonio Mazzeo

SCHEDADA DOVE VENGONOGLI INTERNATI

Paesi di provenienza dei richiedenti asilo del Cara di Mineo (aggiornato al 18 luglio 2011)Afghanistan 160, Bangladesh 24, Burkina Faso 47, Ciad 18, Costa D’Avorio 133, Eritrea 116, Etiopia 49, Georgia 1, Ghana 136, Guinea 17, Iran 24, Iraq 11, Kenya 1, Libia 8, Mali 136, Niger 14, Nigeria 328, Pakistan 317, Senegal 54, Siria 1, Somalia 5, Sudan 36, Tunisia 6, Turchia 20, Camerun 7, Gabon 2, Liberia 5, Marocco 1, Mauritania 3, Guinea Bissau 2, Togo 37, Gambia 32, Sierra Leone 12, Benin 4, Congo 12, Egitto 2, Palestina 1.

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Inchiesta Inchiesta

L'affareFortezza

Modica: dietro il nuovo centro commerciale...Modica: dietro il nuovo centro commerciale...

Ci sono tutti i nomi, le società, le com-pravendite, le date, i brogliacci giudiziari a far pensare che dietro la costruzione del centro commerciale La Fortezza ci sia un grande affare. Soprattutto ci sono una mon-tagna di soldi e una piccola banca modica-na: la Banca di Credito Cooperativo della Contea.

Tutto si svolge tra contrada Michelica, alle porte di Modica, in Via S. Cuore, cuore commerciale della città della contea e Piaz-zale degli Oleandri, sede della Banca della Contea.

A distanza di pochi chilometri si svolge una storia che si compone, come un com-plicato puzzle, in cui i tasselli sono date, in-dirizzi, e nomi. Tutto combacia perfetta-mente delineando un grande affare in cui i protagonisti sono i condottieri della Modica bene.

Tutto inizia molti anni addietro. È il lu-glio 2004 e una società modicana, la Gag srl, con sede in Via Sacro Cuore 14 acqui-sta in contrada Michelica, proprio dove sor-gerà l'imponente centro commerciale, degli appezzamenti di terreno per 420 mila euro. Tra i venditori risulta Giuseppe Cappello. Un nome da tenere in mente.

Nel gennaio 2006, la storia prosegue, Giovanni Vindigni per la Polis distribuzio-ne Srl e per l'albergo del Polo srl, entrambi con sede in Via Sacro Cuore 14, firma un contratto preliminare di compravendita per alcuni terreni, sempre situati nell'area inte-ressata dal centro commerciale, per un va-lore di 1.850.000 mila euro. L'esito del con-tratto preliminare non è a nostra conoscen-za.

Ma le compravendite proseguono e l'ulti-ma viene effettuata nel febbraio del 2007. La Gag acquista terreni per un valore di 33 mila euro da alcuni soggetti, tra cui c'è un'altra volta Giuseppe Cappello. Ritornerà questo nome.

Fin qui niente di strano. Comincia a far sorgere i primi dubbi un fatto accaduto nel-l'ottobre del 2007. A Palazzo S. Domenico, l'8 ottobre, è riunito il consiglio comunale, siamo ancora nella giunta Torchi. La pub-blica assise delibera una variante al Prg che interessa la zona in cui Gag, Polis distribu-zione e Albergo del Polo hanno acquistato i terreni. Ormai, dopo la decisione del consi-

glio, quei terreni non sono più agricoli ma edificabili. Un affare per chi sapientemente ha fiutato dove girava il vento.

Pochi mesi dopo, nel giugno del 2008, Gag, Polis e Albergo del Polo vendono i terreni acquistati per 3.150.000 mila euro. Un surplus milionario.

Ma ora per ricomporre il puzzle bisogna svelare chi ci sta dietro le anonime sigle so-cietarie. La vendita milionaria delle tre ditte aventi sede in Via Sacro Cuore 14 è stata fatta al Consorzio centro commerciale di Modica. Dove è la sede legale del consor-zio? A Modica, presso Via Sacro Cuore 14.

Chi fa parte del Consorzio? Il consorzio nasce nel 2004 ed è composto, dopo l'uscita di due aziende nel 2007, dalla Polis distri-buzione amministrata da Xiumè Giuseppe e con un capitale suddiviso tra Lucifora An-tonip per il 67,5%, Vindigni Giovanni per il 22,50% e Verona Maurizio per il restante 10%. Fanno parte del consorzio anche la Albergo del Polo, la Gag e la Mida consul-ting, tutte e tre amministrate da Antonino Lucifora.

Insomma, hanno venduto i loro terreni a loro stessi per un prezzo maggiore di quello con cui l'hanno acquistati. Perchè?

Antonino Lucifora, leader del consorzio, è il presidente del Consiglio di amministra-zione della Banca di credito cooperativo della Contea e Giuseppe Xiumè è il vice-presidente. I nomi ritornano.

Il Cda della banca di Via dell'Oleandri ha cognomi pesanti. Seduti a decidere c'è la Modica che conta: Raimondo Minardo, fi-glio del petroliere; Alessandro Spadola, Moak; Giorgio Alescio, Ag distribuzione; Riccardo Radenza, della catena di super-mercati; Giorgio Cicero, dell'omonimo mangimificio. In Via dell'Oleandri c'è la Modica che ha saputo sfruttare al meglio il proprio lavoro. Curioso anche il presidente onorario: Michele D'Urso, consigliere co-munale Pdl e giovane avvocato della fami-glia Minardo.

C'è la banca dietro l'affare del centro commerciale? La risposta sembra scontata, i nomi si ripresentato puntuali.

Intanto, gli intrecci per la costruzione del centro commerciale continuano e si sposta-no fino in Calabria. Il Consorzio centro commerciale di Modica vende le pratiche e

i terreni per la costruzione del mega im-pianto alla Sercom del Gruppo Russo di Catanzaro. La stessa azienda che ha co-struito le Masserie a Ragusa.

La ditta calabrese, in passato ebbe un im-previsto sgradevole: la Sercom si occupò dei lavori di costruzione del centro com-merciale La Vigna, a Castrofilippo nell'a-grigentino. La società del Gruppo Russo acquistò per 4 milioni di euro le autorizza-zioni e i terreni da una società di Canicattì riconducibile a persone “vicine” a Cosa Nostra.

Ma c'è di più. Ai lavori, realizzando in-genti guadagni, avrebbero partecipato alcu-ne imprese di soggetti vicini al boss mafio-so di Campobello di Licata, ritenuto il nu-mero uno di Cosa Nostra nell'agrigentino e – prima del recente arresto – fra i 30 ricer-cati più pericolosi d'Italia, Giuseppe Falso-ne. Per tutto questo fu disposto il sequestro dell'impianto, poi revocato a fine 2008 per “l'estraneità della Sercom alle indagini del-l'inchiesta Agorà e del legale rappresentante Rosario Russo, ascoltato solo come “perso-na informata sui fatti”.

Ma veniamo ad oggi: i nomi continuano a ripetersi. La Sercom affida i lavori ad una ditta individuale: la Cappello Giuseppe. Proprio quel Cappello che vendette i terreni alla Gag di Lucifora. Una strana coinciden-za.

A dirigere i lavori è invece una coppia già testata nella costruzione delle Masserie: Marco Giampà di Catanzaro e Carmelo Piccitto di Ragusa. Quest'ultimo finì in car-cere assieme all'ex presidente della provin-cia Giovanni Mauro, oggi in Forza del Sud. Gli inquirenti misero agli arresti Mauro, Piccito e altri per un giro di tangenti denun-ciato da un ex collaboratore del rampante politico ragusano.

Molti tasselli di questo immenso puzzle sono stati messi al loro posto ma ancora molti rimangono da piazzare: Modica ha bisogno di un altro centro commerciale? Cosa significano quelle strane operazioni di compravendita? Che ruolo ha la Banca del-la Contea? Piccitto è un semplice ingegne-re? E ancora: ci possiamo fidare della Ser-com?

Giorgio Ruta, Francesco RutaIl Clandestino

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Inchiesta Inchiesta

SCHEDACENTRI COMMERCIALIIN PROVINCIA DI RAGUSA:COME DOVE E PERCHE'

I centri commerciali nascono dal bisogno di investire capitali di provenienza dubbia. Questo lo si può dire con un certo margine di sicurezza perché confermato dalle inchieste della magi-stratura che ne hanno messo in chiaro gli aspetti (Misterbianco, Siracusa, Modica) e dagli accer-tamenti finanziari, come nel caso Sciuto.

Dagli anni ’80 si è assistito alla colonizzazio-ne del west, ossia all’arrivo degli imprenditori catanesi che in breve tempo hanno aperto nuovi punti vendita a Modica e di altri imprenditori che hanno investito in provincia di Ragusa.

Uno dei primi ad approdare nella città della Contea e a stabilirsi in pianta stabile in tale luo-go fu Scaringi, il cui fratello più giovane, Giu-seppe, è stato ucciso nel 1993 a Catania, all’in-terno della guerra di mafia fra i clan Santapaola e Cappello, i quali, nel periodo compreso fra il 1992 e il 1993, fecero segnare più di cento omi-cidi. Seguì l’imprenditore Strano, il quale, in breve tempo tolse le tende.

Ma, al di là dei nomi, calcolando che la pro-vincia di Ragusa ha un bacino di utenza poco sviluppato (solo 300.000 abitanti contro gli oltre 1.090.000, ad esempio, della provincia di Cata-nia), la domanda sorge spontanea: come mai sono nati in breve tempo (e direi, continuano a sorgere) tanti centri commerciali?

Già è anomala la situazione di Misterbianco,

ma quella della nostra provincia presenta aspetti ancora più singolari.

Spesso i centri commerciali non nascono con l’idea del guadagno, bensì per la necessità di na-scondere del denaro e spesso questo viene fatto investendo nei c.d. paradisi fiscali.

Non bisogna andare lontano perché si trovi un posto dove le condizioni base di un paradiso fi-scale (mancanza di controlli, minore imposizio-ne fiscale, minore costo del lavoro, copertura bancaria) si realizzino.

Analizzando la situazione della provincia iblea dagli anni Ottanta ad oggi possiamo pren-dere atto dei carenti, se non in alcuni casi ine-sistenti, controlli capillari sul territorio. Adesso che è cambiata la guardia, si sta muovendo qualcosa (e questo fa ben sperare!).

Una minore tassazione (per completare la quale si è tentata anche la strada della defisca-lizzazione della benzina) consente a chiunque un beneficio in termini di profitto. Se a questo aggiungiamo il minore costo del lavoro la frit-tata è fatta. Infatti, non dobbiamo dimenticare gli stipendi ridotti percepiti dalle commesse in questa area, gente sottopagata ma che deve svolgere tutto l’orario lavorativo, oppure paga-ta a mezzo di baratto, con l’acquisto di prodotti all’interno del negozio dove lavora, a prezzo pieno.

Il carattere peculiare di questa provincia fa sì che ancora una volta Ragusa si trovi ad essere un’isola nell’isola.

A completare il quadro c’è la situazione del-le banche che garantiscono la copertura com-pleta dei capitali, diventando altamente

protettive. È strano che in tale contesto non vi sia stata una sola inchiesta forte su banche po-tenti locali. Anche in questo caso siamo innan-zi ad un’anomalia tutta nostra.

Il silenzio che cela tutto il sistema bancario di questa zona ha permesso addirittura di met-tere a tacere i possibili veri motivi che hanno portato al suicidio lo scorso maggio di Giusep-pe Prizzi, funzionario quarantenne della Banca Agricola Popolare di Ragusa, il quale ha la-sciato una lettera in cui ha accusato, facendone i nomi, le persone che lo hanno indotto moral-mente a compiere questo gesto.

Nel West, quando si scopriva una miniera d’oro, cominciava a costruirsi accanto una città con case, negozi e banche che potessero custo-dire quelle ricchezze, ma, appena l’oro scar-seggiava o addirittura si esauriva, la popolazio-ne si spostava. Si assisteva così al fenomeno delle città fantasma: la popolazione andava via, i negozi chiudevano, le banche pure.

Nel territorio ibleo possiamo contare negli ultimi anni crisi agricole, edilizie, adesso la forte pressione della crisi economica, eppure le banche sono sempre salde sul territorio, anzi, aprono sportelli ovunque. Come è possibile?

Forse perché in questa zona conviene inve-stire: ci guadagnano tutti, sia chi vuole celare qualcosa sia chi vuol trarre profitto.

E poi, come è già avvenuto, non è detto che a qualche imprenditore non venga intitolato uno spiazzale così da poter passare alla storia.

Angela AllegriaIl Clandestino

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In questo Stato In questo Stato

Mortedi un emigranteUn ragazzo di 28 anni, Cinoso Evans, ni-

geriano, n° badge 3507, è morto a Trapani per arresto cardiaco. Dalle dichiarazioni raccolte presso gli amici e i compagni di detenzione del CARA di Mineo (dove ave-va soggiornato prima del trasferimento a Trapani), Evans aveva iniziato la sua gior-nata bevendo un caffè: questo ragazzone dal fisico atletico, ottimo giocatore di foot-ball, che mai aveva accusato patologie di alcun tipo, testimoniano gli immigrati, ave-va, lo stesso giorno, giocato una partita di calcio, poi era andato a letto a riposare per non rialzarsi mai più.

Si prova sgomento di fronte a fatti del ge-nere, perchè è difficile accettare il fatto che un individuo pieno di vita, possa spegnersi in un modo così banale. E proviamo rabbia, perchè non si può ammettere che un ragaz-zo possa morire, in un luogo di detenzione in cui era recluso senza aver commesso al-cun reato!

E' morto Evans Cinoso nigeriano, biso-gna che noi tutti, insieme agli immigrati, ri-petiamo questo nome, e questa nazionalità, perchè si tratta di un essere umano e non di un numero di badge, da eliminare e dimen-ticare in fretta. Morto come? Vogliamo sa-pere la verità. Morto perchè? Questo lo sappiamo, in parte, ma è quello che ignoria-mo o che temiamo di apprendere che ci in-quieta, anche in considerazione del fatto che la notizia della morte del ragazzo l'ab-biamo appresa, non dalle autorità che l'han-no censurata per circa dieci giorni,ma dai compagni di detenzione.

Hanno sentenziato : morto per arresto cardiaco . Eh, già ...bella tautologia, quan-do uno muore si ha sempre un arresto car-

diaco...sarebbe come dire,nel caso di una nuova nascita, che è avvenuta per "avvia-mento" cardiaco.

Noi vogliamo conoscere la verità!!! Pre-tendiamo di poter raccontare la storia della vita breve e sfortunata di Evans. Che essa non rimanga reclusa, come Lui, in un lager, ma che possa uscire, librarsi in volo, essere parte della storia di tutti noi!!! Facciamo in modo che questo caso non venga trattato come l'ennesimo evento che va ad asssommarsi alle statistiche sull'immigrazione.

"Ciò che tu puoi patire è il massimo che si possa patire sulla terra. Se morirai di ine-dia o di violenza, avrai sofferto tutta l'ine-dia e la violenza che c'è stata e ci sarà"(Shaw).

L'orrenda somma dei patimenti umani non deve essere un freno bensì costituire la guida per la volontà di riscatto e per il recu-pero della dignità di questi uomini cui si vuole sottrarre tutto, in vita ed anche dopo la morte. Il cuore di Evans si è fermato, ma i nostri cuori e i cuori di migliaia di immi-grati continuano a battere: battono per non dimenticare, battono il tempo della lotta per la conquista della giustizia e della libertà .

Il 13 agosto Cinoso Evans è stato ricor-dato, all'interno del CARA di Mineo, con una fiaccolata ed una partita di calcio com-memorativa, a sottolineare l'amore del ra-gazzo per questo sport.

Ernesto Leone

Miracoloa Catania“Lombardo promosso”. Così “La Repub-

blica” del 22/7 titola il resoconto della con-ferenza stampa (Catania 21/7) della Segre-taria Generale della Cgil; che non si tratti di un’iperbole è testimoniato dal comunicato ufficiale del sindacato: “Promozione della Camusso per il governo Lombardo”. “Cre-do – ha detto – sia da giudicare sotto profili molto diversi perché ci sono delle cose che sono state fatte che possono essere anche positive….”. Un pensiero complesso, ma vuoto. Quali le cose che possono o potreb-bero essere positive? Manca quel piglio de-cisionista che accompagna spesso le dichia-razioni della Camusso. I rigassificatori (che non sono cose positive) in Sicilia “s’hanno da fare”, l’accordo del 28 giugno deve es-sere approvato. Il Ponte di Messina? Lom-bardo lo vuole, la Cgil no. Che fare? Ma se manca il concitato imperio, se al dover es-sere si sostituisce un più pacato poter esse-re, nello stesso tempo la Camusso rimuove quella pacata riflessione che l’ha portata pochi giorni dopo, commentando l’appello delle “parti sociali” per l’unità nazionale, a dichiarare che “non spetta a noi sostenere un governo tecnico. Consapevoli di questo andiamo al confronto e siamo pronti a farci stupire”.

Qui da noi, in Sicilia, il governo “tecni-co” non è da costruire, c’è già, e Susanna si è già fatta (in)stupi(di)re. Vorremmo a quel-lo stupore partecipare anche se sappiamo che così intense emozioni appartengono spesso ad esperienze mistiche che nascono nel nucleo inattingibile della personalità e che non sono per questo razionalmente comunicabili.

In ogni caso possiamo anche noi parteci-pare dello stupore. Pensavamo infatti, mili-tanti della Cgil, che del governo Lombardo non ci si potesse fidare. Fondavamo questa certezza non solo sulla nostra personale esperienza, ma soprattutto sul giudizio che Mariella Maggio, Segretaria Generale della Cgil Sicilia aveva espresso. Non solo una critica aspra della Finanziaria Regionale, ma anche un secco ed incisivo commento sul dossier elaborato dal Cerdfos: “Il gover-no regionale è una macchina bloccata ed

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In questo Stato In questo Stato

immobile. Intanto la situazione sociale è come una bomba pronta ad esplodere….(le risorse ci sarebbero) il problema è che non esiste un piano per spenderle e sarebbe il momento di smetterla con gli incarichi esterni per l’utilizzo dei bandi comunitari”.

Non continuiamo con le citazioni. È chiaro che, fosse per Mariella Maggio, Lombardo non potrebbe neppure essere ammesso agli esami. Ma per la Camusso “il governo Lombardo ha fatto anche cose in-teressanti” e “sia da giudicare sotto profili tra loro molto diversi”. Alcuni di questi sono impediti dal blocco dell’inchiesta Iblis, imposta dal Procuratore della Repub-blica, altri dal generoso aiutino della Camu-so.

La promozione di Lombardo ha così tutte le caratteristiche del miracolo, dell’azione nella Storia della Provvidenza. Non a caso il prof. Barcellona, pochi mesi fa, aveva evocato, contro i critici di Lombardo, lo spettro di Berlinguer, “una tradizione nella quale era possibile (proporre) agli Italiani la questione meridionale insieme a quella dell’austerità”. Per chi come noi non crede né alla Provvidenza né agli spettri, si tratta molto più semplicemente di una semplice questione di raccomandazioni. Il presidente della commissione d’esami (Camusso) non può accogliere il giudizio dell’esaminatore (Maggio), perché pressato dalle raccoman-dazioni dei Cracolici, dei Lupo, che alla ta-vola di Lombardo si sono assisi.

Non pensavamo che questo potesse acca-dere nella Cgil. Alla Camusso vorremmo chiedere soltanto che ci spieghi, in modo articolato, il suo giudizio: cosa ha fatto il governo Lombardo, contro cui abbiamo, nella scuola e nella sanità, organizzato criti-che ed azioni, da meritare il suo plauso?

Gabriere Centineo

Nuove intimidazioninel casertanoAlta tensione per una nuova intimidazio-

ne della camorra, a Pignataro Maggiore (CE), città tristemente nota come la “Sviz-zera dei clan”, ai danni di chi desidera uti-lizzare i beni confiscati alle cosche a fini sociali, antimafia e per il ripristino della le-galità. Un’intimidazione di oltre tre mesi (già al vaglio delle forze dell’ordine dal 30 aprile 2011) ma la notizia è trapelata solo oggi 11 agosto 2011 per puro caso. Si tratta del “furto” (in realtà un’aggressione camor-ristica in piena regola) della recinzione in ferro di un immobile sui terreni confiscati di Masseria Pratilli, appartenenti al fascicolo “Vincenzo Simonelli più tre” (co-sca Nuvoletta-Lubrano). I terreni sono at-tualmente nella disponibilità della coopera-tiva “Le Terre di don Peppe Diana- Libera Terra” che recentemente, il 26 luglio 2011, ha effettuato la raccolta della cicerchia.

Secondo quanto si apprende, a voler sot-tolineare la matrice camorristica dell’incur-sione, ad apporre una vera e propria minac-ciosa firma, l’unica parte di recinzione che non è stata rubata è quella con la tabella re-cante la scritta: “Proprietà del Comune di Pignataro Maggiore – Bene confiscato alla camorra”. Ora si attende una pronta rispo-sta delle Istituzioni, un’indagine serrata per individuare i responsabili della intimidazio-ne.

Al Comune di Pignataro Maggiore (dove dei beni confiscati alla camorra si stanno occupando soprattutto il sindaco Raimondo Cuccaro e il comandante della Polizia loca-le, capitano Alberto Parente) la tensione è altissima, nervi a fior di pelle. Tanto è vero

che questa mattina (11 agosto 2011), dopo un sopralluogo si era diffusa la voce – con-fermata per alcune ore in sede istituzionale – di un nuovo furto. In realtà si trattava di un furto già denunciato il 30 aprile 2011 ma la notizia non era mai arrivata alla stampa locale. E da allora la recinzione non era sta-ta mai ripristinata. E’ ora che si provveda a ripristinarla.

Va ricordato che dopo anni di abbandono degli immobili confiscati, nella sostanza ri-masti nella piena disponibilità delle cosche, e una volta rimosso l’ostacolo rappresenta-to dall’ex sindaco Giorgio Magliocca, in carcere dall’11 marzo 2011 con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, esponente politico (Pdl, ex An) completa-mente asservito alla camorra, finalmente si è riusciti a dare un segnale forte con la inti-tolazione a Franco Imposimato del bene confiscato al boss Raffaele Ligato in via Ferdinando IV di Borbone, immobile che adesso ospita l’aula consiliare del Comune e il Comando della Polizia locale.

Non si possono escludere ulteriori ven-dette della camorra (in particolare le fami-glie mafiose Lubrano e Ligato) per aver do-vuto subire uno schiaffo tremendo con la creazione del Polo civico “Franco Imposimato”, inaugurato il 23 luglio 2011 dal neo-sindaco Raimondo Cuccaro, con i figli di Franco Imposimato, Filiberto e Giuseppe.

Intanto nell’opinione pubblica locale si è diffusa la notizia di nuovi sviluppi nelle in-dagini sulle collusioni tra politica e camor-ra a Pignataro Maggiore e, con i fans del-l’ex sindaco Giorgio Magliocca, tremano i suoi sodali nelle Istituzioni e nelle cosche.

Comitato anticamorraPignataro Maggiore (CE)

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