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Teoria cinetica di un plasma Teoria cinetica di un plasma Appare a prima vista che il modello cinetico sviluppate per la trattazione della dinamica dei fluidi si possa estendere al caso di un plasma. Di fatto, parametri macroscopici importanti come la conducibilità termica, devono essere calcolati con una descrizione di tipo cinetico e fenomeni importanti come l’ assorbimento di onde elettromagnetiche di Landau non possono essere descritti con una trattazione fluida, dato che le informazioni sulla natura particellare del sistema sono perse nelle medie effettuate nello spazio delle velocità. Come già notato, esistono differenze sostanziali tra la dinamica di fluidi e plasmi, che rendono la trattazione dei plasmi più complessa. La differenza più importante è che mentre le particelle neutre interagiscono solo attraverso urti a corto raggio e si muovono di moto inerziale tra urti successivi, le cariche di un plasma oltre a subire effetti collisionali a corto raggio sono sempre soggette, oltre che a campi elettromagnetici imposti dall’ esterno, al campo medio generato dal plasma stesso e, anzi, spesso quest’ultimo effetto è dominante. E’ pertanto necessario associare, in modo auto consistente alle equazioni del moto delle particelle, equazioni che descrivano l’ evoluzione del campo EM, (ossia le equazioni di Maxwell) associando le sorgenti di campi interni al moto delle particelle stesse.

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Teoria cinetica di un plasmaTeoria cinetica di un plasmaAppare a prima vista che il modello cinetico sviluppate per la trattazione della dinamica dei fluidi si possa estendere al caso di un plasma.

Di fatto, parametri macroscopici importanti come la conducibilità termica, devono essere calcolati con una descrizione di tipo cinetico e fenomeni importanti come l’ assorbimento di onde elettromagnetiche di Landau non possono essere descritti con una trattazione fluida, dato che le informazioni sulla natura particellare del sistema sono perse nelle medie effettuate nello spazio delle velocità.

Come già notato, esistono differenze sostanziali tra la dinamica di fluidi e plasmi, che rendono la trattazione dei plasmi più complessa. La differenza più importante è che mentre le particelle neutre interagiscono solo attraverso urti a corto raggio e si muovono di moto inerziale tra urti successivi, le cariche di un plasma oltre a subire effetti collisionali a corto raggio sono sempre soggette, oltre che a campi elettromagnetici imposti dall’ esterno, al campo medio generato dal plasma stesso e, anzi, spesso quest’ultimo effetto è dominante.

E’ pertanto necessario associare, in modo auto consistente alle equazioni del moto delle particelle, equazioni che descrivano l’ evoluzione del campo EM, (ossia le equazioni di Maxwell) associando le sorgenti di campi interni al moto delle particelle stesse.

Per illustrare il metodo, supponiamo di avere un sistema contenente No particelle puntiformi e indichiamo con Xi(t) e Vi(t) la posizione e la velocità della particella i-esima. E’ (t) = Vi(t) e l'equazione del moto della particella i-esima, di massa ms e carica qs, è

(15.1)

dove al secondo membro compaiono la forza esercitata dal campo elettrico e quella esercitata dal campo magnetico (forza di Lorentz) e dove l'indice S tiene conto della specie che stiamo considerando (in un plasma coesistono particelle di varie specie; nel caso più semplice elettroni e ioni di idrogeno), mentre l'indice m utilizzato per i campi indica che si tratta dei campi esterni più i campi microscopici generati dalle particelle stesse. In altri termini, Em[Xi(t),t] è il campo elettrico completo , cioè quello dovuto a tutte le particelle del sistema più i campi esterni, e il termine "microscopico" è stato qui usato per sottolineare il fatto che si sta tenendo conto dell'effetto di tutte le particelle e che si sta eseguendo quindi una descrizione microscopica del sistema. Lo stesso discorso vale per il campo magnetico Bm[Xi (t),t].

Ora, i campi Em e Bm devono soddisfare le equazioni di Maxwell 15. 2):

(15.2)

iX&

In queste equazioni compaiono la densità di carica elettrica ρm e la densità di corrente jm

Per chiarire l'espressione di queste grandezze, introduciamo nello spazio (x, v). (spazio delle fasi), la densità di particelle di specie S, definita dalla relazione

(15.3)

dove δ indica la funzione di Dirac. Tenendo conto della (15.3) e indicando con qS la carica della specie S, le espressioni di ρm e jm sono

(15.4)

dove nel caso di due specie (elettroni e ioni) S = e.i. Per definizione, NS (e quindi anche ρm e jm ) varia rapidamente malgrado l’ operazione di media nel campo delle velocità, perche’ rimane comunque la variazione spaziale e temporale.

Dalle equazioni di Maxwell (15.2) segue che anche i campi Em e Bm variano anch’ essi rapidamente sia nello spazio che nel tempo.

.Le equazioni fin qui scritte sono esatte e si può anche ottenere un'equazione esatta per l’ evoluzione temporale per la specie S del plasma prendendo la derivata rispetto al tempo di Ns. Il tempo compare in NS attraverso Xj(t) e Vj(t), pertanto si deriva prima rispetto a Xj(t) e Vj(t), e poi queste due rispetto al tempo utilizzano la :

(15.4)

Inoltre , facendo uso del fatto che in (15.4) compaiono delle funzioni δ con argomento (x - Xi) e (v - Vi;) derivare rispetto a Xi e a Vi equivale a derivare rispetto a x e a vrispettivamente e cambiare di segno, [ f(a)δ(a-b) = f(b)(a-b)] possiamo scrivere

(15.5)

Dato che (t) = Vi(t) e = (t) = FEM/ ms = qS/mS [ Em(Xi(t),t) +1/c (v x Bm(Xi(t),t)] la (15.5)si può riscrivere:

E usando il fatto che f(a)δ(a-b) = f(b)(a-b), sostituendo Vi con v e Xi con x

iX&iV&

xxx

x ∂∂−=

∂∂

)()( δδ

dove si è tenuto conto del fatto che i gradienti operano rispettivamente su x e su v, per cui possono essere portati fuori dalle sommatorie. Ricordando la definizione di Ns data dalla (15.3), la precedente equazione può essere riscritta come

(15.6)

Questa equazione è nota come equazione di Klimontovich per la specie S ed èun‘ equazione esatta. Alle equazioni di Klimontovich (ne abbiamo una per ogni specie S) vanno associate le equazioni di Maxwell per i campi Em e Bm, con le definizioni di ρm e jm, date dalle (15.4).

Le equazioni di Klimontovich non sono risolubili, perché ciò equivarrebbe a risolvere l'equazione del moto di tutte le particelle.

L’equazione di Klimontovich esprime il fatto che. seguendo il moto di una particella di specie S lungo la sua traiettoria, Ns (moto lagrangiano) è costante; infatti, posto

(15.7)

l'equazione di Klimontovich 8) risulta essere

(15.8)

equivalente all’ equazione di Liouville per la densità di stati di un ensemble.

Come già nel caso dei fluidi, si può anche qui definire una funzione di distribuzione

fS(x,v,t) = < N S(x,v,t)> (15.9)

Dove il simbolo <> rappresenta la media di ensemble di tutti gli insiemi microscopici diversi associati ad una singola situazione macroscopica.

Anche qui la funzione di distribuzione fS si può anche interpretare come il numero di particelle per unità di volume nello spazio delle fasi (x, v ), mediato su un volumettoabbastanza grande in modo da contenere molte particelle. ma sufficientemente piccolo da conservare informazioni locali.

Definiamo ora la deviazione δNS come la differenza tra NS, che è la grandezza puntuale e la media di insieme

Ns (x, v, t) = fs (x, v, t) + δNS (x, v, f) (15.10)

Introduciamo anche i campi E e B che sono soluzione delle equazioni di Maxwell che si ottengono sostituendo fS al posto di NS nelle definizioni della densità di carica elettrica e della densità di corrente, che indicheremo allora con ρ e j; ossia

campi E e B soddisfano le equazioni di Maxwell mediate sugli ensembles:

'

con lo sorgenti ρ e j date da:

Analogamente a quanto fatto per NS e fS, possiamo allora scrivere I valori “veri” che compaiono nell’ equazione di Klimontovich :

:

(15.11)

:

Per definizione la media delle deviazioni :

mentre le grandezze medie fS,, E e B hanno variazioni in regioni più grandi di quelle utilizzate nella procedura di media. Sostituiamo allora le relazioni (15.10) e.(15.11) nell'equazione di Klimontovich (15.6) e consideriamo la media di ensemble, per cui abbiamo

da cui segue, con semplici considerazioni sull'applicazione del processo di media

(15.12)

Questa equazione è detta equazione cinetica del plasma o di Boltzmann collisi onaleper un insieme di particelle cariche.

Il membro di sinistra contiene i campi medi e la funzione di distribuzione, per cui coinvolge funzioni lentamente varabili e rappresenta gli effetti collettivi, mentre il membro di destra contiene le informazioni sulla struttura microscopica, cioè sulla natura discreta delle particelle, e rappresenta gli effetti collisionali, cioè le variazioni dovute alle collisioni

dove

È chiaro il significato delle (15.11): il campo elettrico e il campo magnetico agenti su ogni singola particella sono la somma dei campi esterni al plasma e dei campi generati da tutte le altre particelle . Questi ultimi sono in pratica le forze di interazione tra le particelle e si possono suddividere in due classi:

1. la prima classe è associata ai moti collettivi di volumi relativamen te grandi di particelle . In questo caso la causa delle forze e’ in generale la separazione delle carichee il passaggio di correnti che portano alla comparsa di campi elettrici e magneticimacroscopici.

La scala spaziale caratteristica di questi campi è molto maggiore della distanza media tra le particelle; di conseguenza, rispetto ai gruppi di particelle contenuti in ciascun elemento di volume, i campi generati da moti collettivi si possono considerare come esterni e si possono in generale determinare dai valori medi della densità di carica spaziale e della densità di corrente, senza tener conto delle fluttuazioni dovute al moto disordinato delle particelle.

2. la seconda classe di interazione e legato alle collisioni tra partice lle ovvero a fenomeni che implicano una variazione istantanea dell’ impulso in modulo o angolo.

L'equazione (15.12) viene anche scritta nella forma

(15.13)

cioè, facendo uso della (15.7)

Per un termine (δfs/δt)coll generico, l'equazione (15.13) si chiama anche equazione di Boltzmann, e in generale si ha

dove la sommatoria su tutte le specie tiene conto del fa tto che le particelle di una data specie hanno urti sia con particelle della ste ssa specie che con particelle di specie differente.

L'equazione di Boltzmann può essere scritta quindi per ogni singola specie di particelle(elettroni, ioni, particelle neutre). Per determinare poi la forma concreta dell'equazione, ènecessario specificare i campi E, B e il termine di collisione (δfs/δt)coll , per cui le equazioni cinetiche e le equazioni dei campi vanno trattate simultaneamente.

Nell'equazione di Boltzmann (15.13) il membro di destra è di ordine Λ−1 (Λ = 4πnλD3)

rispetto al membro di sinistra ed è legato essenzialmente al parametro di plasma Nd.

.

(15.14)

Infatti, utilizzando la νcei per la frequenza di collisione e λ per la lunghezza di Debyeωp per la frequenza di plasma,

si ottiene la relazione:

da cui segue che quanto più Λ è grande, tanto più νco è piccola rispetto alla frequenza di plasma. D'altra parte, il termine collisionale è trascurabile nel limite in cui ètrascurabile la frequenza delle collisioni (cioè per fenomeni veloci) e, come abbiamo visto, questo accade, in un plasma, per Λ →∞. Allora, Per questi fenomeni il plasma si comporta come un oggetto senza collisioni, e l'equazione cinetica (15.13) diventa

(15.15)

Questa equazione è nota come equazione di Vlasov [ (oppure equazione di Boltzmann senza collisioni) ed è forse l'equazione più importante della fisica dei plasmi.

Il termine collisionale (δfS/δt)coll può essere ricavato per un plasma in modo rigoroso; qui verrà ottenuto invece con un procedimento euristico, considerando che la maggioranza degli urti è a piccolo angolo di deflessione e l’ effetto delle collisioni multiple e l’ effetto dominante.

Λ = 4πnλD3 νcoll = n<vσ>>>>

Per calcolare (dfS/dt)Coll assumiamo che il plasma sia spazialmente omogeneo (∇∇∇∇x = 0) e che non ci siano campi (E = B = 0); Dalla (15.13) segue

(15.16)

per cui la variazione della funzione di distribuzione nel tempo è dovuta solo alle collisioni. D'altra parte, per ogni specie S la funzione di distribuzione al tempo t + ∆tsi può esprimere in termini di quella al tempo t. tramite la relazione (“funzione di correlazione”)

(15.17)

In cui, per l'omogeneità spaziale del plasma, è stata omessa l'indicazione della dipendenza da x e dove, in generale P(v, ∆∆∆∆v) è la probabilità che una particella con velocità v al tempo t abbia un incremento di velocità ∆∆∆∆v nell'intervallo temporale tra t e t + ∆ t;

La (15.17) ci dice che la densità di particelle in un punto dello spazio v al tempo t + ∆ t si ottiene dall'integrale delle densità di particelle di zone adiacenti moltiplicato per la probabilità che particelle di queste regioni si spostino al punto considerato. In altri termini, le particelle che al tempo t + ∆t che hanno velocità v sono quelle che avevano velocità v - ∆∆∆∆v al tempo t e che nell'intervallo tra t e t + ∆t hanno avuto un incremento di velocità ∆∆∆∆v.

In particolare, se gli urti sono coulombiani e con piccolo angolo di deflessione, per ∆tpiccolo, dell'ordine del tempo medio tra due collisioni, si ha ∆∆∆∆v << v e possiamo sviluppare la (15.17)

al primo ordine in ∆t e al secondo ordine in ∆∆∆∆v . ottenendo così la relazione

(15.18)

dove gli indici ripetuti sottintendono una sommatoria. Facendo uso della (15.16), per la quale si ha dfS/dt = (dfS/ dt)coll e portando fuori dagli integrali la funzione di distribuzione (che non è funzione di ∆∆∆∆v) e le derivate rispetto alle componenti della velocità (che non operano su ∆∆∆∆v), la (15.18) diventa:

(15.18 bis)

Per definizione, (15.19)

(15.17)

Definiamo inoltre

(15.20)

dove il simbolo <> indica una media pesata. In virtù di queste definizioni e della (15.19), possiamo riscrivere l'equazione precedente come

e quindi raccogliendo ∂/∂vi

(15.21)

che mostra che per le collisioni coulombiane entrambi i termini sono proporzionali all'intervallo temporale ∆t, in quanto la variazione di velocità è un accumulo dovuto a piùeventi, e quindi le medie sono funzioni lineari del tempo.

Αι Dιj

Ha senso, quindi, porre

(15. 22)

e riscrivere la 21) come

(15.23)

II termine collisionale espresso in questa forma è noto come termine collisionale di Fokker-Planck.

Il primo termine al secondo membro della (15.23) determina la variazione della velocitàdelle particelle di una data specie in seguito a collisioni con altre particelle sia della stessa specie che di specie differenti. Si tratta di un frenamento , cioè di una perdita di quantitàdi moto di una componente del plasma, questo termine è chiamato effetto di attrito, e corrispondentemente il vettore A è detto coefficiente di attrito dinamico.

Il secondo termine al secondo membro della (15.23) descrive invece il flusso nello spazio delle velocità associato alle derivate della funzione di distribuzione rispetto alle componenti della velocità e tende a livellare la funzione di distribuzione.

Questo termine produce un allargamento della funzione di distribuzione, cioè una diffusione di particelle nello spazio delle velocità, e quindi, per analogia con la diffusione nello spazio delle coordinate (in cui il flusso è proporzionale al gradiente della concentrazione). questo termine è chiamato di diffusione nello spazio delle velocità, e corrispondentemente il tensore D è detto coefficiente di diffusione nello spazio delle velocità.

Immaginiamo, per esempio, di introdurre in un plasma di idrogeno un fascio mono-energetico di ioni di elio. Se non ci sono campi e il plasma è omogeneo, allora le variazioni di velocità sono dovute solo alle collisioni e quello che si trova è che il fascio rallenta, mentre la velocità quadratica media trasversa aumenta e questi due fenomeni sono descritti rispettivamente dalla "frizione" A e dalla "diffusione" D nello spazio delle velocità.

Osserviamo inoltre che nella.(15.23) abbiamo separato fS e dfS/dvj mescolando <∆v,> e < ∆vι ∆vj > per mezzo delle (15.22), C’ è un altro modo di scrivere il termine (dfS/dvi,)col. lasciando separati <∆v,> e < ∆vι ∆vj > usando i cosiddetti potenziali di Rosenbluth

Infine ricordiamo che stiamo descrivendo l'equazione cinetica di una data specie S e che la (15.13) comprende nel termine (dfS/dt)coll sia urti con particelle uguali che con particelle diverse , per cui abbiamo una sommatoria su tutte le specie, come indicato nella (15.14).

Per esempio per un plasma di idrogeno, in cui abbiamo solo elettroni e ioni, il termine collisionale è formato da due parti, corrispondenti a collisioni elettrone-elettrone e elettrone-ione nell'equazione per gli elettroni, e a collisioni ione-ione e ione-elettrone nell'equazione per gli ioni. Questo è il motivo per cui i coefficienti CSS' della 14) sono funzioni di fS e fS’ .

Nella (15.23) compare il termine collisionale delle particelle di specie S ed è presente la funzione di distribuzione fS

La dipendenza a S’ sta nei coefficienti Aij e Dij che compaiono nella (15.23). in quanto essi esprimono le variazioni della funzione di distribuzione rispetto alle collisioni, e in questo processo si hanno contributi dovuti agli urti con tutti i possibili tipi di particelle.

Come nel caso dei fluidi, la funzione di distribuzione fs(x, v , t) rappresenta la concentra-zione di particelle nello spazio a sei dimensioni (x, v ) e permette di determinare il numero di particelle in un certo intervallo delle coordinate e delle componenti della velocità, in un dato istante di tempo.

Si può verificare che se la funzione di distribuzione è una "maxwelliana" nello spazio, delle velocità, i due termini del termine di collisione si bilancia no col risultato che (dfS/dt)coll = 0.

Questo dimostra che anche nel caso di un plasma la distribuzione maxwelliana delle velocità e’ una distribuzione di equilibrio, ossia un a funzione di distribuzione che in assenza di gradienti spaziali, e di campi estern i, non fa evolvere il sistema ossia anche df S/dt =0.

In vari casi di interesse pratico l’equazione di Fokker-Planck può essere scrittanella forma semplificata:

(15.24)

con i coefficienti di attrito Av e di diffusione Dv da esprimere sulla base dellafisica delle interazioni del sistema cui si fa riferimento.

In un fluido la presenza di un coefficiente di attrito appare naturale. Ci si può attendere che un simile effetto esista anche nei sistemi gravitazionali e nei plasmi rarefatti dove le interazioni sono a lungo raggio. Chandrasekhar ricavò infatti nel 1943 che tale attritodinamico deve esistere nei sistemi stellari. Infatti quando una stella si muove attraverso ad un sistema astronomico crea un’attrazione gravitazionale che tende a far addensarealtre stelle nella sua scia. Di conseguenza la stella verrà frenata dal loro campo gravitazionale: si tratta di un attrito dinamico.

Un caso relativamente semplice è quello in cui la funzione di distribuzione siafunzione solo del modulo della velocità f|v| e non da v. In questo caso l’equazionedi Fokker-Planck diventa:

(15.25)

Av

Se i coefficienti possono essere considerati costanti, si mostra che la soluzionerilassa verso una maxwelliana. Senza eseguire tutta la derivazione, si può verificareche una maxwelliana è in effetti la soluzione asintotica della (14.43). Si pone ∂f /∂t = 0 per cui il secondo membro fornisce:

(15.26)

che è appunto una maxwelliana se:

(15.27)

relazione non irragionevole essendo ambedue i coefficienti risultati dallo stesso processo fisico; ciò è stato provato nel caso del moto browniano nei liquidi daReif nel 1965.