Supplemento Agenda Coscioni anno II n.09: settembre 2007

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PER UN RIENTRO DOLCE DELL’UMANITÀ MARCO PANNELLA Lettera a Beppe Grillo, 13 febbraio 2006 Caro Grillo, tu conosci quanto mi siano propri ispira- zioni, obiettivi, urgenze che proponi e che tanta presa di coscienza, di dibattito e di consenso stanno suscitando; a comincia- re dalle fonti rinnovabili per andare alla ri- duzione degli sprechi, al far tesoro della spazzatura che sommerge e inquina il mondo, alla promozione ed alla tutela dei produttori indipendenti. Scusami ma non ce l’ho fatta, con i casini nei quali sono sta- to impegnato, diciamo totalmente, a scri- verti prima sul tuo documento sulle risor- se energetiche. Comunque non tutti i mali vengono per nuocere, il documento è utile, prezioso, ma (mi) urge anche “altro”. Beppe, “quanto, cosa, come consumiamo – e produciamo” è il problema che con e grazie a te si può sperare ora di affrontare; per tentare di tappare le falle aperte da de- cenni di politiche energetiche sciagurate, dove il petrolio è stata la benzina della cor- ruzione dei partiti e degli Stati, della crea- zione e del mantenimento di dittature sanguinarie. Ma alla base, all’origine di tut- to, dobbiamo chiederci e sapere: tutto questo per chi è, di chi è? Insomma “Quan- ti siamo?” “Energia”, per chi? Quanti? per 3, 6, 9, e via crescendo, miliardi di “persone”, di consumatori? Se il nazicomunismo cinese non avesse stabilito da generazioni di nazisticamente impedire la natalità, sterminando con la forza dello Stato feti e neonati, e genitori “colpevoli”, a che punto di già non sarem- mo? Se non imbocchiamo subito la strada di un “rientro dolce” della popolazione del pia- neta da 6 miliardi di persone più o meno alla metà nell’arco di 4 o 5 generazioni, di un secolo, continueremo ad esser travolti dallo tsumani natalista, che ha visto allea- ti nei decenni precedenti sia i poteri fon- damentalisti clericali, Vaticano in testa, sia il Potere dell’Impero sovietico e quelli fa- scisti, nazisti, totalitari di ogni tipo, che hanno imposto e impongono all’umanità di procreare, di moltiplicarsi bestialmen- te, irresponsabilmente, condannando centinaia di milioni di bambini a morire di fame, stenti, guerre… Insomma, una energica, immediata politi- ca demografica di “rientro dolce” mi appa- re come coessenziale per realizzare politi- che di risparmio energetico e di investi- MENSILE DI INIZIATIVA POLITICA E NONVIOLENTA DELL’ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI,PER IL CONGRESSO MONDIALE PER LA LIBERTÀ DI RICERCA Agenda Coscioni Anno II - N. 9 - Speciale Settembre 2007 Direttore Marco Cappato Vice direttore Rocco Berardo SPECIALE Quanto, cosa, come consumiamo e produciamo? MARIO MARCHITTI C'è un elemento per me fondamentale che oggi rende difficile comprendere la minaccia rappresentata dalla sovrappo- polazione e riguarda il paradigma eco- nomico imperante, quello che ho chia- mato la crescita indifferente, o, in modo più banale e comprensibile, la crescita economica materiale. (Non dimenti- chiamoci che il famoso manifesto del Club di Roma era intitolato The Limits to Growth, erroneamente tradotto con I Li- miti allo Sviluppo invece che con I Limi- ti alla Crescita). In un certo senso la cre- scita indifferente può trascinare per col- legamenti diretti ed emotivi anche la crescita demografica. Il collegamenteo fra crescita economica o il PIL (Prodotto Interno Lordo) e la crescita demografica è diretto in quanto oggi per aumentare i livelli di attività alla fin fine occorrono Demografia: limiti allo sviluppo o alla crescita? continua a pagina 2 continua a pagina 7 A differenza delle pestilenze degli anni bui o delle malattie contemporanee che ancora non comprendiamo, la piaga moderna della sovrappopolazione è risolvibile con mezzi che ci sono noti e con risorse che sono in nostro possesso. Quel che manca è non già una sufficiente conoscenza della soluzione, ma la consapevolezza universale della gravità del problema e la diffusione di informazione tra i miliardi di persone che ne sono vittime. Martin Luther King Anni (d.C.) Popolazione (in miliardi)

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Agenda Coscioni - supplemento settembre 2007

Transcript of Supplemento Agenda Coscioni anno II n.09: settembre 2007

PER UN RIENTRODOLCE DELL’UMANITÀ

MARCO PANNELLALettera a Beppe Grillo, 13 febbraio 2006

Caro Grillo,tu conosci quanto mi siano propri ispira-zioni, obiettivi, urgenze che proponi e chetanta presa di coscienza, di dibattito e diconsenso stanno suscitando; a comincia-re dalle fonti rinnovabili per andare alla ri-duzione degli sprechi, al far tesoro dellaspazzatura che sommerge e inquina ilmondo, alla promozione ed alla tutela deiproduttori indipendenti. Scusami ma nonce l’ho fatta, con i casini nei quali sono sta-to impegnato, diciamo totalmente, a scri-verti prima sul tuo documento sulle risor-se energetiche.

Comunque non tutti i mali vengono pernuocere, il documento è utile, prezioso,ma (mi) urge anche “altro”.Beppe, “quanto, cosa, come consumiamo– e produciamo” è il problema che con egrazie a te si può sperare ora di affrontare;per tentare di tappare le falle aperte da de-cenni di politiche energetiche sciagurate,dove il petrolio è stata la benzina della cor-ruzione dei partiti e degli Stati, della crea-zione e del mantenimento di dittaturesanguinarie. Ma alla base, all’origine di tut-to, dobbiamo chiederci e sapere: tuttoquesto per chi è, di chi è? Insomma “Quan-

ti siamo?” “Energia”, per chi? Quanti? per 3,6, 9, e via crescendo, miliardi di “persone”,di consumatori?

Se il nazicomunismo cinese non avessestabilito da generazioni di nazisticamenteimpedire la natalità, sterminando con laforza dello Stato feti e neonati, e genitori“colpevoli”, a che punto di già non sarem-mo?Se non imbocchiamo subito la strada di un“rientro dolce” della popolazione del pia-neta da 6 miliardi di persone più o menoalla metà nell’arco di 4 o 5 generazioni, diun secolo, continueremo ad esser travoltidallo tsumani natalista, che ha visto allea-ti nei decenni precedenti sia i poteri fon-damentalisti clericali, Vaticano in testa, siail Potere dell’Impero sovietico e quelli fa-scisti, nazisti, totalitari di ogni tipo, chehanno imposto e impongono all’umanitàdi procreare, di moltiplicarsi bestialmen-te, irresponsabilmente, condannandocentinaia di milioni di bambini a morire difame, stenti, guerre…

Insomma, una energica, immediata politi-ca demografica di “rientro dolce” mi appa-re come coessenziale per realizzare politi-che di risparmio energetico e di investi-

MENSILE DI INIZIATIVA POLITICA E NONVIOLENTA DELL’ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI, PER IL CONGRESSO MONDIALE PER LA LIBERTÀ DI RICERCA Agenda CoscioniAnno II - N. 9 - Speciale

Settembre 2007Direttore Marco Cappato

Vice direttore Rocco BerardoSPECIALE

Quanto, cosa, come consumiamo e produciamo?

MARIO MARCHITTI

C'è un elemento per me fondamentaleche oggi rende difficile comprendere laminaccia rappresentata dalla sovrappo-polazione e riguarda il paradigma eco-nomico imperante, quello che ho chia-mato la crescita indifferente, o, in modopiù banale e comprensibile, la crescitaeconomica materiale. (Non dimenti-chiamoci che il famoso manifesto delClub di Roma era intitolato The Limits to

Growth, erroneamente tradotto con I Li-miti allo Sviluppo invece che con I Limi-ti alla Crescita). In un certo senso la cre-scita indifferente può trascinare per col-legamenti diretti ed emotivi anche lacrescita demografica. Il collegamenteofra crescita economica o il PIL (ProdottoInterno Lordo) e la crescita demograficaè diretto in quanto oggi per aumentare ilivelli di attività alla fin fine occorrono

Demografia: limiti allo sviluppo o alla crescita?

continua a pagina 2

continua a pagina 7

A differenza delle pestilenze degli anni bui odelle malattie contemporanee che ancora noncomprendiamo, la piaga moderna dellasovrappopolazione è risolvibile con mezzi checi sono noti e con risorse che sono in nostropossesso. Quel che manca è non già unasufficiente conoscenza della soluzione, ma laconsapevolezza universale della gravità delproblema e la diffusione di informazione tra imiliardi di persone che ne sono vittime.

Martin Luther King

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Rientrodolce è un’associazio-ne tematica e telematica ra-dicale che si occupa di so-vrappopolazione, ambienteed energia. Il suo nome deri-va da un’idea di Marco Pan-nella, espressa nell’agosto2001, di un “rientro dolce” adun mondo con 2 miliardi diesseri umani. Il rientro è defi-nito “dolce” perché è perse-guito attraverso il calo dellanatalità e rifiutando l’adozio-ne di ogni genere di coerci-zione. L’associazione indivi-dua nella sovrappopolazionela causa prima della crisiumanitaria, ecologica, ener-getica e alimentare attraver-sata dal pianeta e si proponedi sensibilizzare la società e diesercitare pressione sui re-sponsabili delle scelte politi-che, ambientali e culturalimondiali, nazionali e localiaffinché, senza trascurareogni altro intervento a tuteladell'ambiente, venganoadottate misure dirette aduna consistente riduzionedella popolazione totale delpianeta nel rispetto dei dirittiumani e delle libertà indivi-duali. Rientrodolce attribui-sce particolare importanza,oltre che alla sovrappopola-zione e al riscaldamento glo-bale, al superamento del pic-co della produzione di petro-lio e alle sue conseguenze. Trai membri dell'associazione viè anche Massimo Ippolito,inventore del generatore eo-lico Kitegen. Particolare im-portanza ha avuto per Rien-trodolce l’incontro con BillRyerson, presidente del Po-pulation Media Center, orga-nizzazione americana cherealizza in molte parti delmondo serial televisivi e ra-diofonici per sensibilizzare ilpubblico su tematiche qualiil controllo delle nascite, i di-ritti delle donne, la preven-zione delle malattie a tra-smissione sessuale.

@pprofondisciIl sito e il forum dell’associazione: www.rientrodolce.org

www.aspoitalia.netAssociazione per lo studio del picco del petrolio

www.kitegen.comSi prefigge lo scopo di offriresoluzioni più efficienti alla gra-ve penuria di energia che mi-naccia il pianeta

w w w . l o v e a r t h . n e t/worldcounters.htmLe statistiche in tempo realesulla popolazione mondiale

2DEMOGRAFIAENERGIAAMBIENTE

RIENTRODOLCE !sempre più persone (si pensialla litania di Carmelo Palmache sosteneva che per aumen-tare di 2-3% la produzione inPiemonte occorreva 2-300 mi-la nuovi immigrati; ma ancheeconomisti di prim'ordinequali Tommaso Padoa Schiop-pa e Marcello De Cecco hannoespresso dei timori circa il ca-lo demografico). C'è poi, più omeno inconsciamente, l’asso-ciazione fra crescita della pro-duzione delle merci, del con-sumo, e infine dei consumato-ri. Cioè qualsiasi industriale hacome obiettivo l'allargamentodella sua produzione e quindidella sua base di clienti. Tuttele forze politiche oggi quandoparlano di economia auspica-no e hanno come obiettivo lacrescita (si pensi all’auspicio diDaniele Capezzone per cui lacrescita doveva diventare unmantra); la crescita diventaquasi una divinità, un Moloch,una entità che bada solo a sestessa, da qui quindi arrival’aggettivazione di indifferen-te, cioè la crescita oggi non siinteressa della qualità della vi-ta, del territorio, dell'ambien-te, è pertanto una crescita ri-volta a qualsiasi genere di atti-vità, purché faccia aumentareil flusso monetario e le transa-zioni di tipo economico. Ilgrande pubblico poi è portatoad associare la crescita econo-mica all'aumento generale de-gli stipendi, dei redditi, delledisponibilità materiali; per-tanto sollevare delle obiezionicirca il valore di questo para-metro suona stonato, impopo-lare, perché è come dire che sivuole ritornare a una societàpauperistica, frugale, quasicontadina. Io invece ritengoche oggi il mito della crescita,oltre a essere una minaccia al-l’ambiente, oltre a favorire lapressione demografica, ci starendendo anche material-mente poveri. La crescita economica oggi èintesa a livello nazionale, per-tanto con l’aumento della po-polazione la crescita a livelloindividuale può anche non es-serci o essere negativa.Il PIL è un indicatore di attivi-tà attività economica e non dirisultato. Ho quasi l'impres-sione che oggi l’immagine del-l’economia può essere rappre-sentata da una corsa sul tapisroulant. Ad esempio un settoreche contribuisce molto al PIL èil trasporto privato, cioè l'indu-stria automobilistica; in que-sto caso la mancanza di unaprogrammazione del traspor-to collettivo e della mancatadiffusione del car sharing, hadeterminato l'esplosione deltraffico privato che ha letteral-mente invaso tutto il territoriourbano di auto, con i costi am-bientali che ne conseguono.

Pure una mancata normativasulle velocità e le potenze (en-trambi i parametri possono es-sere associati alla crescita delPIL) ha letteralmente trasfor-mato le nostre strade in campidi battaglia e cimiteri (ci sonocirca 6000 morti all’anno in in-cidenti automobilistici, a cuioccorre aggiungere gli invalidie le terapie di cura). In questomodo il PIL non fa distinzionetra le attività che contribuisco-no al benessere e quelle che lodiminuiscono (si pensi allestrutture ospedaliere che de-vono curare i traumi da inci-denti stradali, ma che fannomolto PIL). Un altro settoreche contribuisce molto all'au-mento del PIL è la rete di ven-dita, il packaging e l'allunga-mento della filiera produttiva.Si pensi agli innumerevoli pas-saggi effettuati dai prodottiagricoli per arrivare alla tavoladel consumatore e a tutti i si-stemi di confezionamento.Mentre se l'ambiente e il terri-torio fossero stati strutturati inmodo da favorire un rapportopiù diretto fra produttore econsumatore si sarebbe potu-to migliorare la qualità dei pro-dotti e diminuirne i costi. Unesempio banale, anche se limi-tato, di attività economica de-leteria è dato dal commerciodelle acque minerali in botti-glie di plastica, al posto invecedi più semplici e igienici distri-butori. Le bottiglie di plasticahanno un doppio costo, quel-lo proprio e quello dello smal-timento (c'è poi anche il ri-schio di contaminazioni fra illiquido e il materiale plastico).Mentre tutti questi costi e pro-blemi sarebbero evitati daisemplici distributori. Il fatto èche, a parte gli onnipresentiinteressi dei produttori, i di-stributori di prodotti liquidifanno meno PIL rispetto allavendita del prodotto imbotti-gliato. Oppure, per rimanere incampo energetico, la mancatanormativa verso l'efficienzaenergetica nel condiziona-mento degli edifici ci porta aspendere tantissimo per ac-quistare carburanti, e quindi aprodurre manufatti da espor-tare per compensare la spesa. Wikipedia alla voce PIL riportaun'osservazione interessante:“Il PIL tratta il deprezzamentodel capitale naturale ed am-bientale come componentepositiva e ciò rappresenta unaviolazione dei sani principicontabili. (Esempio: se unaproprietà agricola di pregioviene trasformata in un par-cheggio, il PIL contabilizzal’ammontare del denaro coin-volto ma non considera il de-prezzamento del capitale na-turale per una siffatta trasfor-mazione, da suolo fertile e pro-duttivo a superficie asfaltata).” Il PIL tra l’altro contabilizzaanche la spesa pubblica cheoggi va in buona parte per la

scuola e la sanità. L'analisi dicritica di queste due istituzio-ni fu effettuata da Ivan Illichcon Nemesi Medica e Descola-rizzare la società. Egli era giun-to alla conclusione che questedue istituzioni hanno già datempo raggiunto la loro sogliadi controproduttività, cioè iservizi che sanitari e scolasticisono così invadenti che, quasiper una sorte di nemesi, l’effet-to che producono è quello diallontanare i giovani da unostudio appassionato e di deter-minare una perdita di consa-pevolezza del proprio corpo edella propria salute.Si vanno comunque formandogruppi di economisti che ten-tano di elaborare indici alter-nativi al PIL. Ad esempio ven-gono proposti il GenuineProgress Indicator (GPI), la Fe-licità Interna Lorda (FIL), loHuman Development Index(HDI). Indicatori che purtrop-po sono di difficile definizione,programmazione e di difficileuso, e spesso, nella loro formu-lazione, ricadono nel mero da-to quantitativo, quando gli in-dici generali vengono determi-nati sommando vari indiciparticolari quali il numero de-gli anni di scolarizzazione,l'aspettativa di vita, e sottraen-do i costi ambientali e le ester-nalità. Ci sono pure alcunigruppi e associazioni che si so-no dati il nome di Decrescita,appunto per denunciare que-sta sorta di follia economicisti-ca.Io ritengo invece che piuttostodi proporre altri indici o obiet-tivi, è più interessante ritorna-re o riscoprire le origini del no-stro sistema e pensiero econo-mico; perché nella storia ci so-no stati pensatori e teorici cheavevano già denunciato i rischiper l'ambiente e il territorio diquesto tipo di crescita, moltoprima di Aurelio Peccei e delClub di Roma. Si tratta in pri-mo luogo di Karl Polanyi, e poidi Lewis Mumford, Ivan Illich,Cornelius Castoriadis. Il pri-mo, sicuramente, analizzandoil sistema economico e indu-striale aveva formulato la criti-ca al mercato autoregolato, epoi successivamente avevaanalizzato il concetto di eco-nomia, giungendo alla con-clusione che nella storia, pri-ma della rivoluzione industria-le e del capitalismo, l'econo-mia era sempre situata all'in-terno delle istituzioni ed erapertanto invisibile; si trattavadi un'economia di tipo sostan-ziale, e non formale comequella odierna dove si bada amassimizzare il rapporto pro-dotti/costi. L'esempio che sipuò portare è di nuovo quellodel trasporto. In un'economiaformale si guarda alla produ-zione dei auto, senza neanchepreoccuparsi del fatto chequeste inquinano, creano in-gorghi, creano morti e invalidi-

tà, e che stanno determinandol'esaurimento dei combustibi-li fossili; mentre in un'econo-mia sostanziale si dovrebbemirare a permettere lo sposta-mento prima di tutto in sicu-rezza, poi in comfort e puntua-lità. La motivazione alla cresci-ta è forse insita in una conce-zione ingenua della salute,quella che vede il corpo au-mentare di peso; e così si tra-sferisce questa motivazioneingenua a tutto il resto, allaproduzione di beni materiali,all’allargamento di tutte le isti-tuzioni, da quelle governativee amministrative, a quelle sco-lastiche, sanitarie. Una econo-mia e una società orientata inquesto senso è poi soggetta aquel fenomeno che Illich indi-ca come controproduttività,cioè oltre un certo livello di in-tensità di merci e di crescitadelle istituzioni si generanodegli effetti che vanno controle finalità di quei prodotti. In ogni caso oggi non ci si puòsottrarre a questo paradigmaperché è quello accettato a li-vello generale da tutte le na-zioni e da tutti gli economisti.Ritengo pertanto che prima ditutto occorra interpellare ecoinvolgere gli economisti e ipolitici su questa riflessione,per cercare di elaborare deinuovi modi di valutazione delfatto economico.

* Sintesi della relazione del Presidente di Rientrodolce al II Congresso

I LIMITI ALLO SVILUPPO O ALLA CRESCITA?MARIO MARCHITTI*Continua dalla prima

Ivan Illich Vienna, 1926 - Brema,2002. Filosofo austriaco ecritico sociale di tendenzeanarchiche.

Il suo spirito polemico neiconfronti di varie forme diautorità professionale gli èvalso la fama mondialeconquistata soprattuttonegli anni ’70.

Si è occupato tra l’altro dieducazione, medicina,uso dell’energia e sviluppoeconomico.

da wikipedia.org

RIENTRODOLCE

3DEMOGRAFIAENERGIAAMBIENTE!

L'esplosione demografica

La popolazione umana è passa-ta da un miliardo circa nel 1800al valore attuale di 6,7 miliardi.E’ importante notare, per ap-prezzare la velocità del proces-so di esplosione demografica,che per raggiungere il primo mi-liardo di umani c’è voluta l’inte-ra storia biologica dell’uomo,poi 130 anni per raggiungere ilsecondo miliardo nel 1930, esuccessivamente 30 per il terzo(1960), 15 per il quarto (1975),12 per il quinto (1987) e ancora12 per il sesto (1999). Da allora iltasso di crescita della popola-zione tende a diminuire. Ma ov-viamente non la crescita, e in-fatti la popolazione umana au-menta di più di 70 milioni di in-dividui ogni anno. Della bio-massa totale dei vertebrati ter-restri (mammiferi, uccelli e ret-tili) solo il 3% è costituito daglianimali selvatici, il 97% è costi-tuito per un terzo dai nostri cor-pi e per il resto dai nostri anima-li domestici, per lo più bovini,ovini e suini. Questo dato da so-lo mostra che siamo in condi-zioni di tracimazione ecologica,di superamento dei limiti biofi-sici del pianeta. Si definisce ca-pacità di carico di un ecosiste-ma la popolazione che quel-l’ecosistema può sostenere conle infrastrutture naturali di cui èdotato. Nel caso dell’uomol’ecosistema è ormai l’interopianeta. Il fatto che la popola-zione continui a crescere signi-fica che la capacità di carico nonè ancora stata raggiunta? Secon-do il nostro modo di vedere, l’at-tuale situazione con un rallenta-mento del tasso di crescita dellapopolazione indica uno statoprecedente al collasso. Tale ri-duzione si accorda bene con lariduzione in atto ormai da di-versi anni dell’energia media di-sponibile pro-capite. Il legamefra questi due dati non può es-sere dimostrato, ma suscita unaforte suggestione. E’ infatti evi-dente che la capacità di caricodel pianeta è stata estesa solograzie alla scoperta dell’uso deicombustibili fossili, ed in parti-colare del petrolio, che hannomoltiplicato enormemente lepotenzialità di produzione di ci-bo e di sviluppo tecnologico,fatto che, a sua volta, ha inne-scato l’esplosione demografica.Di fatto Malthus, pur nella pio-nieristica semplicità del model-lo, aveva ragione nelle sue affer-mazioni su popolazione e risor-se, ma ebbe la sfortuna storicadi formulare la sua teoria pro-prio alla vigilia della scopertadel primo pozzo petrolifero. Purnon sposando quindi, la partestoricamente caduca delle teo-rie politiche e sociali maltusia-ne, con i loro odiosi risvolti di

razzismo e classismo, ci sentia-mo neo-malthusiani sul pianometodologico del riconosci-mento dei limiti biofisici natu-rali come strumento imprescin-dibile su cui costruire il nostrofuturo. Da Malthus ad oggi i mo-delli si sono affinati e, in partico-lare, sul piano dell’indagine delventaglio di possibili scenari fu-turi molto è dovuto al lavoro diForrester e del gruppo di Dina-mica dei Sistemi del Massa-chusset Institute of Tecnologyguidato da Donella Meadows,che dal 1971 ad oggi ha propo-sto un modo di vedere il mondobasato sull’approccio olistico esistemico, invece che riduzioni-sta e meccanicistico. Il primo la-voro universalmente noto diquesto gruppo di ricercatori fu ilfamoso primo rapporto per ilClub di Roma intitolato “I limitidello sviluppo” commissionatoda Aurelio Peccei. Nonostante lapervicace azione di disinforma-zione che ha tentato di propa-gandare la leggenda secondocui quel rapporto sarebbe statopieno di errori di previsione, adistanza di 35 anni si può direche la dinamica del sistemamondo inventata dai ricercatoridel MIT è sorprendentementeaccurata. Il valore di quel lavorodeve essere ancora apprezzatoin tutta la sua gravità proprioperché, pur mantenendo unprofilo di razionale e scientificaprudenza, lo scenario che allorasi riteneva più realistico preve-deva una crisi demografica-eco-nomica ed ambientale nella pri-ma metà del secolo XXI. E’ dun-que evidente che se di errore sitratta, esso deve essere ancoraverificato. Lo stato attuale dell’umanità nelsuo complesso è uno stato dimassimo, di picco, da moltipunti di vista. Siamo probabil-mente prossimi al picco dellapopolazione, abbiamo supera-to il picco dell’energia procapi-te, abbiamo raggiunto nelle na-zioni ricche livelli mai raggiuntinella speranza di vita, nel livellodi alfabetizzazione, nel grado diemancipazione delle donne, nellivello di protezione sanitaria.Ma siamo prossimi al picco del-la principale fonte energeticaprimaria che ha letteralmentemandato avanti il mondo nel-l’ultimo secolo: il petrolio. Cioèsi avvicina il momento in cui lamateria prima che ha determi-nato, quasi da sola, l’esplosionedemografica e del benesserenelle nazioni del nord del piane-ta, inizierà il suo inesorabile de-clino. Il Picco globale del Petro-lio è stato per alcuni anni, dallafine degli anni 90’ fino al 2004,un soggetto trattato in ristretticircoli considerati un po’ eccen-trici e quasi tacciati di settari-smo religioso. In realtà il tema èstato lanciato da personalità chenon hanno nulla di eccentrico,mistico o millenaristico. Molti diloro, di fatto, non possono esse-re definiti neppure ecologisti in

senso stretto. Per lo più si trattadi tecnici petroliferi che dopoaver lavorato per una vita nellepiù importanti compagnie pe-trolifere, raggiunta l’età dellapensione hanno deciso di ap-profondire il lavoro pionieristi-co del geologo Martin KingHubbert che, nel 1954, avevaprevisto con esattezza il piccodel petrolio continentale degliStati Uniti d’America con quasi20 anni di anticipo. C. Cam-pbell, J. Laherrere, K. Deffeyes ealtri non sono chierici di qual-che nuova religione millenari-

sta, ma geologi petroliferi chesanno esattamente dove e comesi trova il petrolio, le tecnicheper estrarlo, quanto ne è statoestratto e quanto sia facile o dif-ficile trovarlo. Di questo si sonooccupati tutta la loro vita pro-fessionale. Essi affermano che ilpicco globale o è gia in atto o siverificherà fra pochi anni. I fattidegli ultimi anni danno loro ra-gione. In rapida sequenza imaggiori bacini petroliferimondiali hanno raggiunto e su-perato il picco. Oggi l’unico ba-cino petrolifero di cui non si hacontezza del superamento del

picco è il Medio Oriente nel suocomplesso, ma, come hanno ef-ficacemente indicato numerosiscritti recenti, i segnali sono an-che per quell’area tutt’altro cherassicuranti. A partire dal 2004anche alcune istituzioni nazio-nali ed internazionali, hannoammesso ufficialmente la real-tà del problema del picco. L’In-ternational Energy Agency(IEA), un agenzia intergoverna-tiva dei governi OCSE, ammet-teva che il picco sarebbe avve-nuto prima del 2015 in assenzadi opportuni investimenti. Daallora vari dipartimenti del go-verno americano si dono occu-pati del tema, diversi paesi eperfino alcune compagnie pe-trolifere vi hanno fatto cenno.Oggi il quadro di previsione sul-la “data” del picco è molto varie-gato, ma si ha la quasi certezzache esso avverrà nella primametà di questo secolo. Secondogli studi più realistici sul temal’evento si colloca fra il tempopresente e il 2018. Questo è ilquadro temporale entro il qua-le secondo noi dovremmo at-trezzare le società umane a rea-gire.Il problema energetico riassu-me in se tutti gli altri, ma non liesaurisce. E’ ovvio che un decli-no della disponibilità di energiapone il problema di sopravvi-venza per centinaia di milioni,forse miliardi di individui. Le ri-sorse minerarie e il cibo dipen-dono interamente dalla dispo-nibilità di energia per produrli.Lo stesso vale per il complessoinsieme di infrastrutture, civili,industriali e del trasporto checaratterizzano la struttura ma-teriale delle società cosiddetteavanzate. Un soft landing ri-chiede una lunga preparazionee non può prescindere da accor-di internazionali, finalizzati astabilire quote di consumo e diproduzione, paragonabili aquelli del Protocollo di Montre-al sui CFC e a quello di Kyoto suigas serra. Per questi motivi noipensiamo che la politica debbaoccuparsi della grave crisi eco-logica ed energetica causatadalla sovrappopolazione uma-na.

Il rientro dolce

Per “rientro dolce” intendiamoil rientro della popolazionemondiale entro limiti social-mente ed ecologicamente so-stenibili. Il termine rientro nonva inteso come ritorno ad unpassato pre-moderno, pre-tec-nologico, pre-scientifico. Lasperanza del Rientro (dolce)prende sostanza proprio nelcontenuto tecnologico dellescelte possibili. La rinuncia allatrasformazione dell’energia ter-mica in energia meccanica, adesempio, passaggio essenzialedell’uscita dall’era fossile, impli-ca l’uso di quelle tecnologie cheproprio l’era fossile ha permes-

so di sviluppare. La potenzialitàdel risparmio energetico si nu-tre delle tecniche moderne dicostruzione delle abitazioni.L’idea di un trasporto meno en-tropico di quello basato sul mo-dello attuale è, anche’esso, unsalto in avanti tecnologico. Nonc’è quindi alcuna condannamoralistica dell’energia fossilein quanto tale. I combustibilifossili hanno permesso unastraordinaria crescita ecologica,economica e culturale della no-stra specie. Adesso dobbiamofarci carico delle responsabilitàche derivano da questa crescita.Ultimo aspetto, la possibilità diconcepire con amore e non nel-la schiavitù del mandato biblicodell’andate e moltiplicatevi (co-me bestie) risiede nella diffusio-ne delle semplici tecnologiecontraccettive fra tutti gli uomi-ni e le donne del mondo e dellacura e cultura della salute ses-suale e riproduttiva. Una cultu-ra che ha anch’essa solide basinaturali. Nell’uomo infatti, ani-male sociale per eccellenza, ilsesso non ha solo una funzioneriproduttiva, ma una eminentefunzione di coesione fra indivi-dui che si manifesta nel godi-mento della natura ricreativa,rituale, e disinteressata dell’attosessuale. In questo punto preci-so io credo si inserisca una spe-cificità radicale nel dibattito sul-la e sulle famiglie. Il sesso vistoin questa prospettiva, liberatodalla funzione riproduttiva, nonesclude più infatti le personeanziane e gli omosessuali e nonrelega nella vergogna neppurela sessualità prepuberale. Il futuro possibile può essere so-lo un Rientro (dolce) ecologico,in senso stretto, con le tecnolo-gie esistenti e quelle possibili.Non certamente un Ritorno(amaro) ad un medioevo ecolo-gico termodinamicamenteinaccessibile. Il rientro dolceconsiste nel problema di armo-nizzare tre strumenti principali:il contenimento demografico, ilcontenimento dei consumi,l’aumento dell’efficienza nellosfruttamento delle risorse.Ognuno di questi strumenti haun contenuto politico, tecnolo-gico e culturale. Nessuno di essiimplica, secondo noi, la via perun ritorno a qualcosa di pre-esi-stente. Certo sarà difficile, in un con-fronto proficuo, convincerci chel’impossibilità del ritorno si rea-lizzi con la perpetuazione dellostatus quo, o del business asusual, che caratterizza la visioneeconomicista della società. Ilmantra della crescita è quantodi più lontano da una visione re-lativista, è, al contrario, militan-za fanatica, fede religiosa, e ne-gazione tutto ciò che non sial’elefantiasi del metabolismosocio-economico.

* Sintesi della relazione del Segretario di Rientrodolce al II congresso

L'ESPLOSIONE DEMOGRAFICA E IL "RIENTRO DOLCE"LUCA PARDI*Continua dalla prima

Mentre il XX secolovolge al termine, sco-priamo che il mondoè diventato più picco-lo e che i popoli dellaterra formano quasiuna sola comunità.[...] Ci unisconoanche i gravi proble-mi che abbiamo difronte: la sovrappopo-lazione, l'esaurimentodelle risorse naturalie una crisi ambienta-le che minaccia l'aria,l'acqua, gli alberi e ilvasto numero dimeravigliose forme divita che costituisconoil reale fondamentodell'esistenza su que-sto piccolo pianetache condividiamo.Credo che per affron-tare queste sfide deinostri tempi, gli esseriumani debbano svi-luppare un maggiorsenso di responsabili-tà universale.XIV Dalai Lama

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RIENTRODOLCE !

MEGA-CITTÀ, MEGA-PROBLEMINICOLAS P. RETSINASLos Angeles Times, 28 febbraio 2007

Il mondo ha raggiunto una situa-zione di iper-urbanizzazione: il2007 segna il primo anno in cui piùdella metà della popolazione mon-diale è "urbana", non "rurale". Ineffetti siamo entrati nell'era delle"mega-città", metropoli con più di10 milioni di abitanti. Nel 1950 so-lo Tokyo e New York avevano rag-giunto quella soglia. Oggi ci sono20 mega-città, tra cui Città delMessico, Karachi, Manila, Dacca,Lagos, Giacarta, e Chongqing.

Questo fenomeno di drastici spo-stamenti di popolazione non èsenza precedenti. Durante la Rivo-luzione Industriale, le concentra-zioni di popolazione nelle città eu-ropee e americane facevano parte,e ne erano il contraltare, di unaeconomia rurale. Ma il progressoeconomico e tecnologico di queitempi era avvenuto al prezzo di de-cenni di fetidi slum, spaventosamortalità infantile, e terribili epi-demie. Questa volta, con città 10volte più grandi e una domanda dilavoratori incerta, i costi potrebbe-ro essere esponenzialmente piùgrandi.

In generale, un ottimista potreb-be rallegrarsi dell'urbanizzazio-ne, in quanto segno di moderniz-zazione: la probabilità che citta-dini dei paesi sviluppati vivano incittà è molto maggiore di quelladei cittadini di paesi ancora in viadi sviluppo (74% contro 43%). Lacittà, in fin dei conti, è un centrodi cultura, una calamita che atti-ra artisti, scrittori, musicisti: illuogo dove gli spiriti creativi crea-no. Le grandi città hanno compa-gnie di ballo, spettacoli operistici,orchestre. Ancora, la città è il luo-go dove si concentrano le indu-strie, che generano il grosso delprodotto interno lordo della mag-gior parte dei paesi. Ancor più, lacittà è un centro di sviluppo delleidee. Il mescolamento delle per-sone stimola l'innovazione intel-lettuale che alimenta le societàpiù vivaci, almeno nel mondo svi-luppato.

Ma l'urbanizzazione, storicamen-te, ha anche creato le premesse peruna classe povera, di cittadini con

impieghi marginali o disoccupati,che vivono in una crudele dispera-zione. Pensiamo alla Londra diCharles Dickens: Scrooge voleva ri-durre la "popolazione in eccesso".;oppure pensiamo alle riflessioni diKarl Marx sul "lumpen proleta-riat", condannato alla sussistenza.

Il colera, il tifo, l'influenza, sonomalattie che hanno falciato moltevite, in tutto il 19.mo e parte del20.mo secolo. Poi, col tempo,questi orrori sono finiti, quandofurono create le infrastrutture:acqua potabile, fognature, leggisul lavoro, istruzione pubblica,progressi della medicina. Coltempo, nel 19.mo secolo, le cittàsi sono trasformate in luoghi divita brillante. Oggi, Dickens eMarx potrebbero felicementeprendere un cappuccino a Firen-ze, andare all'opera a Londra, alCovent Garden, o perlustrare imusei di Parigi.

Le città americane ed europeehanno ancora folti gruppi di pove-ri, certamente. Vivono in piccoliappartamenti con poche comodi-tà, ma non muoiono più, né di fa-me né di colera. Gli immigrati, inparticolare, che si affollano - legal-mente o no - in queste città svilup-pate, confidano che, per quantodisperate siano le ristrettezze in cuivivono, i loro figli staranno meglio.

Le nuove mega-città, in ascesanel mondo in via di sviluppo, pos-sono tuttavia scoraggiare anche ilpiù incaponito degli ottimisti. Sitratta di spaventosi agglomeratidi gente, attirata non tanto da unapromessa di prosperità, ma dauna speranza di pura sopravvi-venza.

La popolazione di migranti cheinvade la maggior parte di questearee urbane in esplosione provie-ne dalle campagne dello stessopaese. In Cina, per esempio, 150milioni di persone hanno lascia-to le loro residenze rurali negli ul-timi 10 anni, creando un vuoto dilavoratori nel settore agricolo.Anche il flusso di rifugiati politicio di guerra è costante. Pochi for-tunati possono conseguire unreddito fisso, a volte persino averedelle proprietà, ma la maggiorparte vive in slum ove la sporcizia

dell'acqua,il caos po-litico, el ' i n e s i -stenza dii n f r a -strutturepubblichesono taliche fareb-bero sobbal-zare Dickens eMarx.

Le Nazioni Unite sti-mano che, oggi, 2,8 mi-liardi di persone vivono conmeno di 2 dollari al giorno. E' que-sta enorme e disperata classe infe-riore quella che affolla queste me-ga-città. E' più probabile che ibambini vadano in giro a delin-quere in bande che andare a scuo-la. Il colera e il tifo, malattie defini-te "rare" nei libri di testo occiden-tali, sono endemici. Spesso nonesiste un nucleo geografico centra-le, come pure non esiste un gover-no centrale che soprintenda a que-sto caos. Parti di queste città sonomoderne, con i soliti grattaceli, au-tostrade e lavoratori con i borsonidella spesa. Intorno, però, ci sonoanelli di povertà spaventosi, dovemilioni di persone vivono in barac-che con tetti di carta.

Senza qualche azione concertata,da parte di Stati e istituzioni in-ternazionali, queste mega-città siestenderanno, sia in superficie siain disperazione. La filantropiaaiuta, ma questi paesi in via di svi-luppo richiedono politiche pub-bliche che promuovano l'acquisi-zione di proprietà, allarghinol'accesso al credito e favoriscanola trasparenza del governo.

Non esistono panacee per miglio-rare le condizione di miliardi dipersone: ci vollero più di 50 anniper arrivare ad occuparsi deglislum nel 19.mo secolo. Ma è ur-gente occuparsi di quello che sideve fare oggi. Gli abitanti deglislum di Lagos, Manila e Karachisono parte dell'economia globa-le, strettamente connesse al restodel mondo. La loro miseria siespanderà al di là delle loro fron-tiere e, se ciò avviene, l'era dellecittà rischia di divenire un incuboglobale.

L’ossido di carbonio è rock?PIERGIORGIO WELBYcalibano.ilcannocchiale.it, 4 novembre 2005

“[…] la percezione dei limiti che derivano dall’ambientelocale è facilmente neutralizzata da segnali che prometto-no prosperità.” (Virginia Abernethy)

Il tormentone è tale perché unisce, in un gioco perverso, iltormentatore e il tormentato che sadomasochisticamen-te si scambiano i ruoli, subendo o infliggendo il molesto e

ossessivo refrain.Chi non si è mai lasciato sedurre dalla diade

rock/lento, scagli la prima pietra. In atte-sa della lapidazione riprendo il giochi-

no del Molleggiato: l’ottimismo èrock, il pessimismo è lento. Il Pa-

pa è hard rock quindi è un hard-ottimista.Di tutte le definizioni datedell’ottimismo la più ironicaè quella di Guido Ceronettiche recita pressappoco co-sì: l'ottimismo è come l'os-sido di carbonio. Uccide,ma lascia sui cadaveriun'impronta rosa. Sì, un’im-

pronta rosa come le lenti de-gli occhiali che i rock-ottimisti

non si tolgono neanche per an-dare a letto. Ma cosa può acca-

dere se il Papa, la sola autorità cheha, come Vittorio Sgarbi, il discutibi-

le dono dell’infallibilità, invita chi credenella sua autorità ad inforcare gli occhiali

rosa ed indica, come famiglia-modello una cop-pia con dieci figli?L'agenzia vaticana Fides ha reso noto che i cattolici nelmondo alla fine del 2003 erano 1.085.557.000 (17,23% del-la popolazione), +0,3% rispetto al 2002. L'unica diminu-zione, nonostante, o forse a causa, dell’impegno del duoPera-Ruini, è stata in Europa, con meno 214 mila unità.Bene, il Pontefice, al termine dell’Udienza generale, nel sa-lutare i rappresentanti dell’Associazione Italiana FamiglieNumerose radunate in piazza San Pietro, ha dichiarato:“Nell’odierno contesto sociale, i nuclei familiari con tantifigli costituiscono una testimonianza di fede, di coraggioe di ottimismo, perché senza figli non c’è futuro [...] Auspi-co che vengano ulteriormente promossi adeguati inter-venti sociali e legislativi a tutela e a sostegno delle famigliepiù numerose, che costituiscono una ricchezza e una spe-ranza per l’intero Paese!”.La sovrappopolazione è rock? la morte per fame è rock? ladenutrizione è rock? Si fa presto a dire che dieci figli per fa-miglia siano “una testimonianza di fede, di coraggio e diottimismo, perché senza figli non c’è futuro”, ma due + duefa quattro, sarà troppo laicista ma nessun hard-ottimistapuò sostenere che faccia 2,6 (media dei componenti dellafamiglia italiana, Istat), e se i 16 milioni 453 mila nuclei fa-miliari italiani guardassero il mondo attraverso le lenti ro-sa che il Papa consiglia aumenterebbero la popolazione di164.530.000 unità portandola a quota 224.530.000. Avrem-mo così 745 abitanti per km2 che al confronto dei 125 abi-tanti per Km2 della Cina, ci regalerebbero una citazionenel Guinness dei primati e l’ammirazione delle sardine inscatola.La realtà è, grazie a Dio, un’altra e la nostra sopravvivenza,il nostro tenore di vita sono possibili perché -si mantengo-no stabili le coppie senza figli (19 per cento circa) e i nucleidi un solo genitore con figli (7,6 per cento). In progressivadiminuzione anche le famiglie numerose, quelle con 5componenti e più: nel 2002-2003 sono il 6,8 per cento deltotale delle famiglie rispetto all’8,4 per cento del 1994-1995.Siamo un popolo di relativisti che applaude all’ottimismo,ma, come scriveva Ennio Flaiano, sa che -essere pessimi-sti circa le cose del mondo e la vita in generale è un pleona-smo, ossia anticipare quello che accadrà- e se senza figlinon c’è futuro, con dieci figli in ogni famiglia cattolica delpianeta non ci sarebbe nemmeno un presente.

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22 DIMENSIONIDEL PROBLEMA DEMOGRAFICOLUIGI DE MARCHI

Frugando nella mia libreria mi ècapitato per le mani uno dei pri-mi rapporti del Worldwatch Insti-tute di Lester R. Brown, pubblica-to una ventina di anni fa e intitola-to significativamente “22 dimen-sioni del problema demografico”.

Come sapete io chiamo la sovrap-popolazione “la madre di tutte letragedie contemporanee” e indi-co tra i suoi effetti rovinosi la guer-ra, la fame, la sete, la disoccupa-zione di massa, la povertà, l’inqui-namento e le migrazioni dispera-te. Ma i mostri generati dalla so-vrappopolazione sono ben piùnumerosi e, già vent’anni fa, Le-ster Brown ne poteva indicareben 22: dall’analfabetismo al crol-lo della pesca oceanica, dallascomparsa dei parchi naturali al-l’inquinamento, dall’inflazionealle malattie ambientali, dai cam-biamenti climatici alla cronica ca-renza di abitazioni, dalla deserti-ficazione all’urbanizzazione, dal-l’estinzione di molte specie allascomparsa di alcuni minerali rarie necessari, dal degrado dei servi-zi sanitari alla crisi energetica e aquella dei diritti umani.

Non erano fantasie. Per esempiosul problema dell’analfabetismoe dell’istruzione il rapporto dice-va: “I paesi coi massimi tassi dinatalità sono anche quelli chehanno minori risorse da investi-re nell’istruzione. Oltre a una ca-renza di fondi, nei paesi più proli-fici la distribuzione piramidaledelle classi d’età comporta spes-so un aumento insostenibile delnumero degli

scolari in rapporto a quello degliinsegnanti, col risultato che mol-ti governi un tempo impegnati adassicurare a tutti l’istruzione pri-maria hanno silenziosamente ab-bandonato questo fondamentaleobiettivo”. E, ancora, a propositodel pescato oceanico, il rapportosegnalava che mentre tra il ‘65 e il‘70 il pescato era aumentato del35%, tra il ‘70 e il ‘73 esso era dimi-nuito di circa 35 milioni di tonnel-late, col risultato che la disponibi-lità pro-capite di pesce era dimi-nuita dell’11% nel triennio, pro-ducendo drammatici aumentidei prezzi.

Purtroppo in questi ultimi anni,nonostante, anzi forse proprioper, il formidabile potenziamen-to delle flotte pescherecce e delleloro tecnologie, il totale del pesca-to oceanico è crollato paurosa-mente, svelando che l’insaziabilee irresponsabile rapina umana(dovuta alla crescente domandaalimentare) aveva ormai larga-mente superato le capacità ripro-duttive del patrimonio ittico.

L’affollamento urbano dovuto al-l’esodo di moltitudini affamatedalle campagne, era indicato giàvent’anni fa da Lester Brown co-me un tragico problema da af-frontare anche con la regolazionedelle nascite. Nulla si è fatto e og-gi Città del Messico ha 18 milionidi abitanti e Il Cairo 24 milioni, ingran parte stipati in miserabili bi-donvilles. In Bangladesh, l’esplo-sione demografica ha spinto mi-lioni di persone a occupare isole,costiere e depressioni un tempodisabitate per il perico-

lo delle inondazioni e già nel 1970venivano segnalate 168.000 vitti-me per una violenta mareggiatanella zona costiera. In Ghana il so-vraffollamento delle abitazioni èquadruplicato toccando le ventu-no persone per stanza nella cittàdi Kumasi.

Nell’ottimo volumetto di LesterBrown mancavano due “dimen-sioni” del problema della sovrap-popolazione che, nell’ultimo de-cennio, sono divenute dramma-tiche: le migrazioni di massa e ilterrorismo. Come ho già ricorda-to spesso, l’esodo dai paesi sotto-sviluppati ai paesi industrializza-ti, che minaccia ormai di travolge-re le società liberali, è ovviamentel’onda d’urto della bomba demo-grafica del Terzo Mondo, anche senessuno, tra i nostri molti specia-listi e “maestri di giornalismo”, lodice mai. Pur di scampare alla fa-me, migliaia di persone rischiano(e trovano) la morte in mare o neicontainers. Più complessa, manon meno determinante, è laconnessione tra esplosione de-mografica e terrorismo. Anzituttova ricordato che il mondo islami-co, grazie alla sua ossessiva ses-suofobia e misoginia, registra ilpiù alto tasso di natalità del mon-do intero. Questa spaventosa pro-lificità, che noi europei stiamoimportando spensieratamentecol permessivismo immigratorio,ha prodotto un crollo del 60% delreddito pro-capite negli ultimivent’anni, nonostante le grandirendite petrolifere di molti di queipaesi (peraltro distribuite nel mo-do più iniquo dai loro reggitori

islamici), e reso impossibile l’in-vestimento della metà del Pro-dotto Interno Lordo nelle infra-strutture abitative, scolastiche,agricole e idriche indispensabiliper provvedere ai bisogni primarid’una popolazione in così rapidacrescita. Questa disperata povertàha indotto le popolazioni ad ap-poggiarsi sempre di più, per ilmantenimento e l’istruzione deifigli, alle scuole coraniche, che so-no proliferate a migliaia negli ul-timi anni coi miliardi degli sceic-chi (tra cui Bin Laden) ed hannopotuto estendere a milioni dibambini e ragazzi il loro indottri-namento al fanatismo, vivaio deiterroristi e dei kamikaze.

Ciò che mi interessava evidenzia-re oggi, comunque, è che già ven-t’anni fa un esperto internazio-nalmente famoso di problemiambientali documentava le riper-cussioni molteplici e rovinosedell’esplosione demografica in at-to. Chi voleva sapere e agire, quin-di, aveva già allora tutti gli ele-menti di giudizio. Anzi, per quan-to mi riguarda, sia pure senzal’immensa documentazione for-nita dal Worldwatch Institute,avevo già cominciato oltre qua-rant’anni fa a segnalare quella tre-menda minaccia.

Ma tutto è stato vano. E questo si-stematico rifiuto di ascoltare lavoce della scienza e del buon sen-so ci dimostra inconfutabilmenteche siamo in presenza di un feno-meno patologico che in psicolo-gia viene definito “rimozione”,cioè cancellazione di

una realtà troppo temuta e osteg-giata. Insomma, come ho altrevolte sottolineato, il vero drammadella bomba demografica non èla bomba in sé, ma il rifiuto di ve-derne gli effetti atroci e di preve-nirli con un’adeguata regolazionedella natalità. E questo rifiuto, purnascendo da fattori psicosessuali(i tabù), si è esteso poi a tutti gliopportunisti del mondo politicoe scientifico, cioè alla maggioran-za di quel mondo.

A questi fattori centrali si sono in-fine aggiunti quelli che Freudchiamava gli “utili secondari dellanevrosi”: le religioni dogmatichehanno avuto, grazie alla miseriaprodotta dalla prolificità, abbon-danza di giovani da indottrinare etrasformare in sacerdoti (o, nel-l’Islam, in terroristi) dei rispettiviculti, mentre i fanatismi politicihanno avuto abbondanza di car-ne da cannone per le rispettiveguerre e rivoluzioni.Insomma, la superiorità dell’ap-proccio psico-politico rispetto aquelli tradizionali è dimostratadal fatto che esso può spiegarci ilcarattere trasversale che la rimo-zione del problema demograficoha avuto nei più diversi gruppipolitici e religiosi (dai nazisti ai co-munisti, dagl’islamici ai cattolici,dai liberisti agli statalisti) nono-stante i loro feroci antagonismiideologici, teologici ed economici.

@pprofondisciAltri articoli sul sito di Luigi DeMarchi: www.luigidemarchi.it

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RIENTRODOLCE !Intervista a Bill Ryerson del Population Media Center

ARMI DI EMANCIPAZIONE DI MASSAGIOVANNI DE PASCALIS,GUIDO FERRETTI*

Il WWF ha diffuso un suo rap-porto annuale in cui si può leg-gere una previsione secondo laquale, nel 2050, occorrerebbeuna seconda Terra per far frontealle necessità di una popolazio-ne umana che in quel momentosarà arrivata a superare gli 8 mi-liardi (oggi siamo a 6 miliardi e650 milioni). Per questo a BillRyerson,presidente del Popula-tion Media Center,iniziamo conil chiedere:quali sono le aree delmondo dove si concentra lamaggiore crescita demografica?L’India è il paese a maggior cre-scita demografica, con una nuo-va Bombay ogni anno: 19 milionidi persone che si aggiungonoogni 365 giorni. La Cina è al se-condo posto come crescita tota-le, e al terzo posto ci sono gli StatiUniti. La crescita mondiale equi-vale invece ad una nuova Etiopiaogni anno: ogni anno 80 milionidi persone in più, e tutta questa

popolazione necessita di cibo,acqua, casa, lavoro, scuole, e ditutte le cose di cui le personehanno normalmente bisogno.

Quali sono le previsioni rispettoalla crescita complessiva del-l'umanità per i prossimi anni,te-nendo conto che abbiamo giàsuperato i 6 miliardi e mezzo dipersone?Le Nazioni Unite hanno compiu-to varie proiezioni. La proiezionemediana per il 2050 è di circa 9miliardi di persone. Si dovrebbefare tutta una serie di calcoli, mapenso che nel 2035 dovremmoarrivare a 8 miliardi di persone.

Qual'è la situazione in Africa eAmerica Latina, due aree delmondo costantemente in cresci-ta?L’Africa è la regione del mondoche cresce più velocemente,l’America sta cominciando a cre-scere meno velocemente.

Per quanto riguarda in partico-lare il Brasile?Il Brasile sta ancora crescendo,ma negli ultimi dieci anni la po-polazione va verso il raggiungi-mento del livello di sostituzione,ossia due figli per donna.

Qual è il rapporto tra i tassi dicrescita della popolazione e lacrescita economica di un paese?Questo è sicuramente uno deitemi chiave all'interno dellaquestione demografica. Esisto-no degli studi in proposito?Esistono parecchi ottimi libri sul-l’argomento. Uno dei migliori èquello di un professore di Prince-ton, il cui nome è Hensley Cole,economista e demografo, che haanalizzato in profondità la strettacorrelazione esistente tra tasso dinatalità e crescita economica.Prima che il Brasile riuscisse adabbassare il suo tasso di natalità,egli ha realizzato una compara-zione molto interessante traGiappone e Brasile. Subito dopola seconda guerra mondiale, in-torno al 1950, i due paesi aveva-no lo stesso reddito pro capite. Apartire da quel momento però ilGiappone si impegnò moltissi-mo nel convincere la propria po-polazione a limitare il numerodei figli per ciascuna famiglia ecome conseguenza di questo la

povertà scese bruscamente: lapopolazione non doveva piùspendere tutto il proprio denaroper la mera sopravvivenza, pernutrire e dare un tetto ai propri fi-gli. Così si resero disponibili perla prima volta risparmi per gli in-vestimenti. Questo fece sì che ilcapitale disponibile per gli affarisi espandesse, e con ciò crebbel'occupazione. Poterono investir-lo anche nell'istruzione e, attra-verso il governo, nelle infrastrut-ture. Tutte queste cose portaronoad un incremento della produtti-vità e dell'economia. L'economiagiapponese cominciò a migliora-re fortemente. Questo avvennenegli anni '50 e '60. Il Giapponefaceva una forte pressione affin-ché la gente riducesse la dimen-sione delle famiglie. La sua eco-nomia decollò e come risultatodivenne la prima tigre asiatica. IlBrasile nel frattempo aveva fattomolto poco a proposito del pro-prio tasso di natalità. Così, dopocirca 20 anni, l’analisi di HensleyCole mostrò che il prodotto na-zionale lordo pro capite dei giap-ponesi era dieci volte quello delBrasile e ciò era una diretta con-seguenza dell’avere ridotto il tas-so di natalità.

Il Brasile ha poi finito per seguirela stessa strada del Giappone...Sì, e anche in Brasile l’economiasta fiorendo e forse avrete notatoche l’economia che sta crescen-do di più è quella cinese. Ancheloro hanno ridotto il proprio tas-so di natalità. Sfortunatamentehanno utilizzato metodi in con-trasto con i diritti umani. Co-munque, il risultato della riduzio-ne del tasso di natalità è stato chel'economia cinese è in una fase diboom.

Verso quali paesi si è concentra-ta l’azione del Population MediaCenter?Riconoscendo che è importanteper ogni paese raggiungere unapopolazione stabile, i nostri sfor-zi si sono concentrati su alcunidei paesi con crescita demografi-ca più rapida. Ho menzionatoprima l’Etiopia: quando abbiamocominciato in Etiopia, nell’anno2000, la media era di 6-7 figli percoppia. Iniziammo le trasmissio-ni nel 2002, dopo aver stabilito lài nostri uffici e aver fatto ricerchesulla situazione culturale relativaalla dimensione delle famiglie, ailoro processi decisionali e all’usodella pianificazione familiare.Quando iniziammo, forse solo il10% delle donne usava metodi dipianificazione familiare: non fa-ceva parte delle loro consuetudi-ni farne uso. Noi abbiamo creatoun programma, un dramma ra-diofonico a puntate, di lunga du-rata, nel quale i protagonisti ma-turavano gradualmente la deci-sione di usare la pianificazionefamiliare, di elevare lo status del-le donne, di educare le figlie adevitare l’infezione da AIDS e altriproblemi analoghi. Questi perso-naggi divennero modelli positiviper gli ascoltatori in un periodo didue anni e mezzo. Poiché il pro-gramma era molto attraente, ab-biamo ottenuto l’ascolto di metàdella popolazione del paese. Allafine del programma, abbiamofatto una indagine a livello nazio-nale per confrontarla con quellafatta all'inizio del programma:abbiamo rilevato che, fra quelliche avevano ascoltato, le donnesposate avevano incrementato illoro utilizzo della pianificazionefamiliare. Nella regione amarica,dal 27% che fino ad allora avevausato la pianificazione familiareeravamo saliti al 79% alla fine delprogramma. In sostanza, l'utiliz-zo della pianificazione familiaresi era triplicato. Anche fra i nonascoltatori vi era stato un aumen-to del 20%. Evidentemente eranostati influenzati da discussionicon gli ascoltatori. Il risultato tracoloro che avevano ascoltato ilprogramma era di due volte emezzo più grande che tra quelliche non lo avevano ascoltato. Ab-biamo controllato i dati relativa-mente a fattori che potrebberoavere influenzato i risultati, comeil reddito, il livello di istruzione edi urbanizzazione, ma è rimastochiaro che è stata la trasmissionea determinare il cambiamento

dei comportamenti relativi allapianificazione familiare. Indi-pendentemente dalla nostra ri-cerca, l’indagine del 2005 sullapopolazione e sulla salute scoprìche vi era stato un aumento del133% in tutto il paese nell'usodella pianificazione familiare ri-spetto alla precedente indagine.

Nella vostra esperienza qual è ilmedium più efficace, la televi-sione o la radio?Dipende dalle società: evidente-mente, dove la televisione è diffu-sa, essa è il mezzo che ottiene mi-gliori risultati. [...] In Etiopia solo il4% delle persone ha la televisio-ne, perciò essa non ha alcuna in-fluenza, non serve. La radio rag-giunge invece più della metà del-la popolazione, perciò là abbia-mo utilizzato la radio. Nella mag-gior parte dell'Africa i nostri pro-grammi sono focalizzati sulla ra-dio. La radio può essere a mano-vella o a batteria: quella a mano-vella è più costosa, ma con essanon si devono cambiare le batte-rie.

Parliamo dell’India, il secondopaese al mondo per popolazio-ne.Qual’è la situazione in questogigante asiatico?L’India ha avuto un grande suc-cesso nel ridurre il tasso di nata-lità: esso è sceso da sei figli perdonna negli anni '60 a tre figli perdonna adesso. D'altra parte l'In-dia è cresciuta così tanto negli ul-timi anni che ancora il numero difigli che stanno avendo è di granlunga superiore al numero deglianziani che muoiono. Perciò lapopolazione continua a crescereal ritmo di 19 milioni l’anno. Que-sto è un problema molto serioper l’India, e lei avrà probabil-mente sentito parlare della crisidell’acqua che quel paese sta vi-vendo.

Anche in India è stato utilizzatolo strumento degli sceneggiatiradiofonici e televisivi?Sì. Il primo uso di questo metodoè stato portato avanti in seguitoad una visita in India nel 1982 delnostro presidente onorario Da-vid Pointdexter e di Miguel Sabi-do. Essi incontrarono IndhiraGandhi e il responsabile della TVindiana [...] Questi fu molto intri-gato da ciò che Miguel Sabidoaveva fatto in Messico, e disse:“Facciamolo anche in India”. Sa-bido addestrò uno scrittore [...] erealizzarono un programma dinome Hum Log (“Noi gente”),che fu trasmesso per due anni emezzo. [...] Ebbe una grande in-fluenza. Ci sono stati recente-mente altri due programmi. Unsecondo programma televisivochiamato Humraahi (“Vieni conme”) prodotto da Roger Pereira,un produttore di Bombay, che ot-tenne il primato di ascolti nel1990 con 230 milioni di spettato-ri. Feci una ricerca finanziata dal-la Fondazione Rockfeller sui ri-sultati ottenuti da quel program-ma, che mise in evidenza effetti

molto significativi sugli atteggia-menti culturali relativi ad alcunidei problemi che esso affrontava.Più recentemente c'è stato unprogramma radio (ancora moltepersone in India non hanno ac-cesso alla TV) [...] Si trattava ditrasmissioni nazionali. Erano inlingua Hindi, e furono molto se-guite nella cosidetta “cintura Hin-di”, dove si parla questa lingua.Oggi in India si parlano molte lin-gue ed i media sono stati libera-lizzati; risultato, ci sono oltre 120canali televisivi e molte stazioniradio, perciò è più complesso diprima raggiungere un pubblicovasto.

Come si finanzia il PopulationMedia Center?E’ la domanda che mi pongoogni mattina quando mi sveglio.Siamo sostenuti da individui, daalcune fondazioni, da agenziedelle Nazioni Unite come l’UN-FPA e l’UNICEF, da un paio di go-verni. Il governo dell’Etiopia èuno dei principali finanziatori delnostro lavoro laggiù, e il governodegli Stati Uniti sostiene ciò chefacciamo in Africa Occidentale ein Giamaica. Abbiamo dunquediversi tipi di donatori ma siamosempre alla ricerca di nuovi ed al-tri aiuti. Uno dei motivi è che vor-remmo espanderci. Attualmentesiamo presenti in 12 paesi conprogrammi in corso di diffusionedel tipo di quello menzionato perl’Etiopia. Molti di essi sono inAfrica, ma ci sono paesi dove ènecessario che noi lavoriamo,dove la situazione della popola-zione è alquanto disperata e do-ve non abbiamo avuto la possibi-lità finanziaria di lavorare, comeil Pakistan. Vorremmo anche rea-lizzare un altro progetto in India.Stiamo poi pianificando inter-venti in un certo numero di paesiafricani e asiatici ma attualmentenon abbiamo le risorse per realiz-zarli: Mozambico, Madagascar,Kenya, Namibia, Indonesia, Ci-na, Vietnam, e abbiamo un pro-getto nelle Filippine in cui voglia-mo fortemente continuare a la-vorare perché la situazione dellaloro popolazione è molto seria. Inostri piani sono di espandercinei paesi a maggiore crescita de-mografica nei prossimi dieci an-ni. Questo richiederà un signifi-cativo aumento del nostro bud-get. Attualmente è di circa 2 mi-lioni di dollari l’anno e avremmobisogno di circa 30 milioni di dol-lari l’anno per fare un lavoro real-mente efficace nel motivare mu-tamenti comportamentali neipaesi ad alta crescita demografi-ca. Tutti sono benvenuti nel sup-portarci e persone da tutto ilmondo hanno contribuito e pos-sono contribuire nel farlo andan-do nel nostro sito www.popula-tionmedia.org

* L’intervista è stata realizzata il 26ottobre 2006 ed è andata in ondasu Radio Radicale il 17 dicembre2006.

William N. Ryersondetto Bill, è il presidente del Population Media Center MediaCenter, organizzazione non governativa con base negli USA, chesi occupa di diffondere, nei paesi emergenti caratterizzati da al-ti tassi di crescita demografica, nuova informazione sui metodicontraccettivi, sull’igiene sessuale e riproduttiva. Un’organizza-zione che tenta di incidere sugli orientamenti culturali in modotale da accrescere la consapevolezza dei vantaggi della procrea-zione responsabile. Si serve di ben studiate strategie di comuni-cazione per diffondere informazione e nuova consapevolezza eanche, in definitiva, rafforzare i diritti delle donne. Abbiamo in-tervistato Ryerson mentre si trovava a Roma per partecipare al-la prima conferenza mondiale su comunicazione e sviluppo, or-ganizzata dalla FAO. La sua partecipazione è stata resa possibiledall’invito del Partito Radicale Transnazionale.

RIENTRODOLCE

7DEMOGRAFIAENERGIAAMBIENTE!

mento sulle fonti rinnovabili per il futurodel nostro paese il documento sulle risorseenergetiche.

Lo ripeto: fascismo, nazismo, comunismostalinista, fondamentalismi vaticani, tale-bani, e quelli nazionalisti e razzisti hannorilanciato in questi giorni dissennate politi-che nataliste.Oggi, in questi giorni, in Italia i programmielettorali, i congressi dei partiti recitano undogma comune: la “difesa della famiglia”. Eper “famiglia” intendono la riproduzionecontinua, intensificata, statalmente incen-tivata, con milioni di mancia ad ogni bebé,sovvenzioni e detassazioni alla famiglie piùnumerose… Non una voce si alza contro, aparte i… soliti… Radicali? Rosa nel Pugno?Margherita e Udc, Mastella e Lega trainanopossenti, a rimorchio F.I. e in ginocchio per-fino i DS, “Verdi” e Comunisti “distratti”.

La famiglia? Quale? Quali diritti sociali, “eti-ci”, politici per i suoi “costitutori”, donne euomini di ogni latitudine, colore, opinione,religione? Beppe: anche tu hai l’età per ri-cordare - siamo ancora in tanti - ma stiamoper essere travolti se gli “altri”, i “giovani”non sanno: “Dio, Patria, Famiglia”. La“bomba” non è quella “nucleare”, se non in

termini di rischio, di pericolo. Ma la “bom-ba demografica” deflagra da più di un seco-lo e sul suo cammino distrugge tutto: natu-ra, umanità, pianeta, appesta il mondo e isuoi dintorni.

Lanciamo anche questo SOS, questo May-Day? Io sono pronto, da tempo a dare unamano, e di più. Dai tempi del Club di Ro-ma, quando proponemmo Aurelio Peccei(e chi sarà mai?) a Presidente del Consi-glio…Ma che disastro quella genìa di sessuofo-bi, di assolutisti, di disperati, di blasfemiaccumulatori di ori e di poteri, di impoten-ti e prepotenti, sbarcati, di nuovo, da unasponda all’altra del Tevere, e che dispera-zione i potenti, prepotenti, impotenti diqui, che hanno loro spalancato porte eportoni del Palazzo e delle loro storie, e co-scienze!”. anche durante quei giorni, ci sipuò immaginare in quale stato), con ac-canto la moglie costretta a vegliare il corpodel marito in attesa che si prosciugasse emorisse nel silenzio.

Giovanni Nuvoli ha scelto la sua mortenon mettendosi a livello di uno Stato cheimpone il protrarsi di una tortura atroce.Quando il medico anestesista radicale del-l'Associazione Luca Coscioni, TommasoCiacca, su richiesta reiterata di Nuvoli edopo le visite di numerosi specialisti, si re-

cò a casa sua per praticare il distacco delrespiratore sotto sedazione, fu fermatodalle forze dell'ordine su decisione dellaProcura e del Tribunale di Sassari. L'Italiadei fautori della “buona tortura” contro la“buona morte” applaudì, dal giornale del-la Conferenza Episcopale Italiana fino allastampa locale.

Soltanto una settimana dopo si sono do-vuti arrendere al coraggio e alla forza di unuomo che aveva già sopportato oltrequanto umanamente sopportabile, e cheaveva perciò deciso di interrompere l'as-sunzione di cibo e di acqua. Ma invece diobbedire finalmente a Nuvoli, come impo-ne la Costituzione e il rispetto umano, con-sentendo al medico Ciacca di intervenire,lo Stato ha a questo punto deciso che erameglio (eticamente? legalmente?) lasciar-lo morire un po' alla volta. Erano tutti d'accordo: “giustizia” (quale?), forzedell'ordine (quali?), Sanità (quale?), e cer-tamente anche parte del sistema dell'in-formazione (lo stesso che aveva definitoCiacca “dottor morte”).

Seguendo la volontà di Nuvoli, abbiamo inquesti giorni accettato anche noi, come lamoglie e chi lo amava, la consegna del si-lenzio. Abbiamo obbedito a Giovanni, cheha scelto l’estrema lotta nonviolenta e cheha accettato alcuni giorni di aggravamen-

to clandestino della sua tortura come prez-zo da pagare per non andare incontro anuovi mesi o anni di ulteriore violenza esequestro del suo corpo. Ora Giovanni Nu-voli riposa in pace. Ma questo “prezzo” diinfame violenza sul suo corpo è responsa-bilità dello Stato italiano, delle azioni eomissioni di questi giorni e mesi.

La vicenda giudiziaria sul caso Welby erastata determinante per creare paura e di-serzione dagli obblighi professionali neiconfronti di Giovanni Nuvoli, basti pensa-re ai notai che non ne riconoscevano la vo-lontà, o ai medici che abbandonavano ilcollegio costituito attorno a

Ciacca. Alla luce dell'esito positivo del pro-cedimento contro Riccio, il modo oppostoin cui hanno terminato i propri giorni Wel-by e Nuvoli sono la rappresentazione piùchiara, almeno per chi è interessato a ca-pire, che in nessuno dei due casi era in gio-co una scelta tra “vita” e “morte” (con i ri-spettivi “partiti”), ma tra una morte nel ri-spetto della volontà e dell'umanità dauna parte e una morte nell'agonia dall'al-tra, quando quella volontà non è rispet-tata.

Grazie a Piergiorgio e Giovanni siamo orameglio attrezzati per impedire che troppialtri debbano subire tanto dolore.

ProgettoNigeriaSolo se almeno il 70% dellecoppie utilizza mezzi anti-concezionali per la regola-zione delle nascite è possi-bile una stabilizzazionedella popolazione che nonderivi da una riduzionedella durata della vita.L’appello del PopulationMedia Center è stato rac-colto da Rientrodolce, cheha presentato alla Direzio-ne Generale del Ministerodegli Esteri Italiano per laCooperazione e lo svilup-po, congiuntamente al Po-pulation Media Center, unprogetto per il consegui-mento di un cambio diprospettiva nell’affrontarele problematiche demo-grafiche, sessuali e sanita-rie in Nigeria, uno dei pae-si che più soffrono di unacrescita demografica cheminaccia la pace, la demo-crazia e lo sviluppo soste-nibile.

In Nigeria il tasso di fertili-tà nel 1950 era di 6,9 figliper donna. Solo negli ulti-mi anni ha cominciato adecrescere, arrivando a5,8. In assenza di interven-ti specifici, la Divisione perla Popolazione e lo Svilup-

po delle Nazioni Unite pre-vede che la popolazionedella Nigeria, dopo esseresalita dai 34 milioni del1950 ai 150 milioni attuali,si stabilizzerà intorno al2035 su una cifra compre-sa tra 223 e 263 milioni(questo in considerazionedelle politiche di conteni-mento in atto, poiché, atasso di fertilità costante, lapopolazione salirebbe, nel2035, a 330 milioni).

Le conseguenze di tale sta-to di cose si vedono nonsolo nel reddito pro capiteo nella turbolenza politicache affligge il paese, ma,per esempio, nella percen-tuale di foreste che copro-no il territorio, che, giàbassa nel 1990 (quandocoprivano soltanto il19,2% del territorio), si è ri-dotta, nel 2000, al 14,9%.

Il progetto studiato dalPMC e da Rientrodolce eproposto al nostro Mini-stero degli Affari Esteri,della durata di tre anni,prevede un ciclo di tra-smissioni radiofoniche,diffuse in tutto il paese concadenza bisettimanale, dicirca 15 minuti ciascuna,nel quale si sviluppano levicende di una telenovelaa contenuto sociale, svi-luppata utilizzando un ap-

proccio massmediaticoscientificamente provatoper la sua efficacia nell’in-durre cambiamenti com-portamentali

L’impatto dei drammi ra-diofonici e televisivi, pro-dotti con l’assistenza delpersonale del PopulationMedia Center, è stato do-cumentato da ricerche sta-tistiche indipendenti intutti i paesi in cui essi sonostati trasmessi, dall’Etiopiaal Messico, dall’India allaTanzania.

E’ viva la speranza che, an-che con il supporto delpartito e dei suoi parla-mentari e con la collabora-zione di altre associazioniradicali, tra cui Non c’è Pa-ce senza Giustizia e la Lu-ca Coscioni, questo pro-getto possa andare in por-to e aggiungersi alle altreiniziative, come quelle re-lative alle mutilazioni ge-nitali femminili e, in gene-rale, alla liberazione delladonna, aprendo un nuovofronte di intervento dei ra-dicali nel campo della pia-nificazione familiare e del-la salute riproduttiva, nelquale la lotta alle malattiea trasmissione sessuale haun rilevo fondamentale.

QUANTO, COSA, COMECONSUMIAMO E PRODUCIAMO?MARCO PANNELLAContinua dalla prima

Ringrazio i compagni diRientrodolce, i compagni checon impazienza che iocomprendevo, da qualcheanno mi hanno rimproveratodi non dar seguito ad una“inezia”, nella quale avevoparlato per la prima volta dirientro dolce in quote“umane”, non solocompatibili, ma in grado dirianimare davvero in mododiverso il pianeta, l’umanità etutte le specie viventi.

Marco Pannella

PAOLO MUSUMECI*

Da svariati anni, sentiamo sulla bocca dipolitici, banchieri, opinionisti ecc. le paro-le sviluppo e crescita alle quali da poco èstato anche aggiunto l’epiteto sostenibile.Ma a quale definizione di economia corri-sponde un così deciso accento sullo svi-luppo? Per il Napoleoni, l'economia è lascienza che studia le azioni, in conseguen-za della limitatezza dei mezzi disponibili,che gli uomini compiono per soddisfare iloro bisogni. Questa definizione fu in par-te ripresa dal Robbins, che sottolineò chel'economia non riguarda tutte le scelteumane, ma soltanto quelle che implicanol'uso razionale di risorse scarse. Appareevidente come entrambi gli autori consi-derino la limitatezza delle risorse un fatto-re imprescindibile della scienza economi-ca, eppure c’è chi persiste nel distacco trala scienza economica, quale avrebbe do-vuto essere, aggiornandosi coi risultati del-le scienze ambientali e una ideologia che,prescindendo dalla scienza, trova più ap-pigli nella fantascienza che nella realtà.Se è vero che, ormai da due secoli, lo svi-luppo è stato tumultuoso e che tecnologiaed efficienza hanno sempre superato sestesse, non si dovrebbe dimenticare chetutto ciò è stato consentito da una dispo-nibilità di energia straordinaria. Si è passa-ti dalla legna al carbone, al petrolio, al gas,al nucleare in un crescendo che ha acceca-to anche gli studiosi, che solo di recentehanno cominciato a porsi il quesito se esi-ste una differenza tra un barile di petrolio,che si deve estrarre da un pozzo, traspor-tare, raffinare, distribuire, e la borsa di Ma-ry Poppins.La realtà è che, se all'inizio dell'era del pe-trolio si estraevano 100 barili consuman-do l'equivalente energetico di uno, ora sene estraggono circa 8. Continuare a crede-

re che il petrolio è una pillola è un atto difede che conferma la differenza tra scienzae ideologia.Ma, se alla domanda "cos'è l'economia?"si risponde evidenziando che, da tempo,essa comprendeva per definizione la scar-sità, nasce ora la domanda: "cos'è l'effi-cienza?". Troviamo la definizione allocati-va, per la quale l’efficienza si ottiene non èpossibile migliorare la condizione di unsoggetto senza peggiorare la condizione diun altro, con la quale Pareto ci ricorda il li-mite di risorse. C’è poi la definizione tecni-co-operativa, che afferma l'efficienza esse-re la condizione che si raggiunge quandoil rapporto tra risorse consumate (input) erisultati ottenuti (output) raggiunge il mas-simo.Queste definizioni, se comprendesseroanche parametri ambientali sarebbero ac-cettabili, ma non è questa l'accezione incui vengono considerate. Così abbiamo ilrisultato che, prendendo ad esempio lapopolazione, sarà "efficienza" raggiungereil massimo numero di figli col minimo deicosti. Una cosa che si raggiunge passandoil passeggino da un figlio all'altro, sempreche non sia di quelli usa e getta, inventatiper aumentare i consumi, la spazzatura egli inceneritori, in omaggio al PIL, indiffe-rente a ciò che si fa, purché si faccia e si di-sfaccia, si "crei" sempre più, fino a distrug-gere il pianeta e con esso dei lavoratori, cheavrebbero potuto dedicarsi più profittevol-mente alla lettura della Divina Commediao all'osservazione del bonobo. Siffatta efficienza non considera la possi-bilità che le risorse planetarie non rinno-vabili che quei figli useranno, per abitudi-ne, perché questo è lo stile di vita, potreb-bero poi venire a mancare ai nipoti. Questo è il problema del mercato cometeorizzato finora: che non è sufficiente chesia libero e cioè che esista la concorrenza e

che esista la possibilità per tutti di intra-prendere. Non è neppure sufficiente che isindacati tutelino i lavoratori o che i giudi-ci assicurino il rispetto dei contratti, tutticoncetti peraltro più utopici che reali. Unsimile mercato potrà solo condurre l'uma-nità al declino, perché nessuno dei fattoriche intervengono in esso ha una visualeche si estenda al di là degli interessi deglistessi e, per di più, degli interessi immedia-ti, poiché questi, quando parlano di lungotermine pensano, al più, agli ammorta-menti, da raggiungere entro pochi lustri. Per convincersi della necessità di cambia-re rotta basta chiedersi se uno qualsiasi de-gli operatori agirà mai in base alla valuta-zione che la popolazione della terra sarà di9 miliardi intorno al 2050. Questi non po-tranno che rallegrarsi della possibilità divendere più merci a più persone: ed è que-sto, infatti che sta accadendo, in attesa che"il mercato" cominci ad accorgersi chenon è più in grado di produrre le merci ri-chieste. Possiamo essere certi che, a que-sto punto del ragionamento, l'economistarazionale ricorderà le curve di macroeco-nomia: uno shock da offerta aumentandoi prezzi rallenterà la domanda. Ma falliràcompletamente l'analisi in quanto il pro-blema non saranno i prezzi alti ma gli scaf-fali vuoti.Se questa è la razionalità degli economisti,non è da meno quella dei consumatori,che pagano un perizoma il doppio di unoslip tre volte più grande, o soddisfano ilproprio ego fallocentrico con auto enormie veloci, poi impotenti nel traffico. Sulla ra-zionalità degli imprenditori basterà ricor-dare che esistono studi serissimi che arri-vano alla conclusione che, in pratica, le lo-ro decisioni sono semplicemente casuali.Affidare il mondo al mercato, sperare nellarazionalità di decisioni che non potrannomai essere pienamente informate, non

può che portare all'esaurimento delle ri-sorse, proprio per il meccanismo che haconsentito il benessere a un quinto del-l'umanità, che ora lo vuole estendere allaCina e all'India e che nulla può fare per glialtri disperati. Presto questo meccanismonulla potrà più fare per nessuno.E' il concetto stesso di crescita dell'econo-mia, della produzione e dei consumi chedeve essere scardinato, non certo per amo-re di regimi che già hanno manifestato laloro inconsistenza, ma per una costanteesterna, un vincolo, direbbero gli ingegne-ri, che non resta che accogliere.Con le attuali, e preziose, conoscenzescientifiche e la consapevolezza che è ne-cessario utilizzare solo le risorse rinnova-bili del pianeta, senza rammaricarsi chel'età del fuoco sia finita, è possibile aprirsiad una crescita diversa, interiorizzata,spostata dal materiale al mentale e al con-viviale. Ne cominciamo a intravedere alcu-ni percorsi, che principiano dal conteni-mento demografico, dalla produzione dienergia con macchine eoliche di alta quo-ta (Kitegen), dalla riduzione di una mobili-tà frenetica, dalla riduzione di consumiche rasentano la psicopatia, dalla ricosti-tuzione delle foreste e dei mari, dalla revi-sione dei modi di abitare umani, dalla pro-tezione dei terreni agricoli, dalla fine diprogetti di opere titaniche, inadatte per unfuturo che non potrà essere che di decre-scita. Questa transizione è l'unica grandeopera possibile, l'unica a cui occorre dedi-carsi con la consapevolezza di non avereletteralmente alternativa.Siamo davanti ad una nuova frontiera, co-me sempre si tratterà del possibile contro ilprobabile, ma è necessario che la novitàparta da una revisione del concetto di libe-rismo che inglobi i limiti della natura.

* Tesoriere di Rientrodolce

ECONOMIA E LIMITI DELLE RISORSE

“AMBIENTE, DEMOGRAFIA,ENERGIA: UN RIENTRODOLCE”

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