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Sent. n. 379/2015 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL LAZIO Composta dai magistrati: Ivan De Musso Presidente Franco Mencarelli Consigliere Chiara Bersani Consigliere Rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di responsabilità n. 74007, ad istanza della Procura Regionale per la Sezione Lazio, in persona del V.P.G. Rosa Francaviglia, contro: 1. Raniero Vincenzo DE FILIPPIS, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Prof. Angelo Clarizia e Giorgio Leccisi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, alla Via Principessa Clotilde, n.2; 2. Raimondo Luigi BESSON, rappresentato e difeso dall’Avv. Alberto Costantini ed elettivamente presso di lui in Roma, al Corso d’Italia, n. 19; 3. Bernardo Maria FABRIZIO, rappresentato e difeso dall'Avv. Alberto Costantini ed elettivamente presso di lui domiciliato in Roma, al Corso d'Italia, n. 19; 4. Francesco STORACE, rappresentato e difeso dall’Avv. Francesco Scacchi e presso di lui elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Crescenzio, n. 19; 5. Giulio GARGANO, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Alessandro Diddi e Grazia Iannarelli, ed elettivamente domiciliato presso lo Studio di quest’ultima in Roma, al Viale Santi Pietro e Paolo, n. 21; Pagina 1 di 97 Corte dei conti 13/11/2015 file:///C:/Users/angela_balla/Desktop/per%20il%20massimario/15%20nov%20CON...

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Sent. n. 379/2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE

PER IL LAZIO

Composta dai magistrati:

Ivan De Musso Presidente

Franco Mencarelli Consigliere

Chiara Bersani Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità n. 74007, ad istanza della Procura Regionale per la Sezione

Lazio, in persona del V.P.G. Rosa Francaviglia, contro:

1. Raniero Vincenzo DE FILIPPIS, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Prof. Angelo Clarizia

e Giorgio Leccisi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, alla Via

Principessa Clotilde, n.2;

2. Raimondo Luigi BESSON, rappresentato e difeso dall’Avv. Alberto Costantini ed

elettivamente presso di lui in Roma, al Corso d’Italia, n. 19;

3. Bernardo Maria FABRIZIO, rappresentato e difeso dall'Avv. Alberto Costantini ed

elettivamente presso di lui domiciliato in Roma, al Corso d'Italia, n. 19;

4. Francesco STORACE, rappresentato e difeso dall’Avv. Francesco Scacchi e presso di lui

elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Crescenzio, n. 19;

5. Giulio GARGANO, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Alessandro Diddi e Grazia

Iannarelli, ed elettivamente domiciliato presso lo Studio di quest’ultima in Roma, al Viale

Santi Pietro e Paolo, n. 21;

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6. Patrizio CUCCIOLETTA, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Raffaele Izzo e Prof. Diego

Vaiano ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, al Lungotevere Marzio, n.

3;

7. Andrea ABODI, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Raffaele Izzo e Prof. Diego Vaiano, ed

elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, al Lungotevere Marzio, n. 3;

8. Ruggiero BORGIA, rappresentato e difeso dall’Avv. Alberto Costantini, e presso di lui

elettivamente domiciliato in Roma, al Corso d’Italia, n. 19;

9. Flavio DE LUCA, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Angelucci e presso di lui

elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Dardanelli, n. 13;

10. Roberto SERRENTINO, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Lepore, e presso di

lui elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Polibio, n. 15;

11. Aurelio SAITTA, rappresentato e difeso dall’Avv.to Angelo Vallefuoco, dall’Avv.

Valerio Vallefuoco e dall’Avv.to Filippo Loria, e elettivamente domiciliato presso il loro

studio in Roma , al Viale Regina Margherita, n. 294;

uditi alla pubblica udienza del 7 luglio 2015, con l’assistenza del Segretario di udienza

Ernestina Barbone, il P.M. in persona del V.P.G. Rosa Francaviglia e, per i convenuti:

- l’Avv.to Alberto Costantini per Abodi, Borgia, Besson, Fabrizio;

- l’Avv.to Giuseppe Angelucci per De Luca;

- l’Avv. Angelo Vallefuoco per Saitta;

- l’Avv.to Yuri Cataldo per delega dell’Avv. Raffaele Izzo per Cuccioletta;

- l’Avv. Torchia per delega degli Avv.ti Alessandro Diddi e Grazia Iannarelli per Gargano;

- l’Avv. Maria Romana Ciliutti per delega dell’Avv. Lepore per Serrentino;

- l’Avv. Francesco Scacchi per Storace.

Ritenuto in

FATTO

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I fatti storici e i presupposti normativi dai quali la Procura di questa Corte trae l’azione di

responsabilità oggetto del presente giudizio sono ampiamente ricostruiti in maniera

sostanzialmente conforme nell’atto di citazione e negli scritti difensivi delle parti e si possono

così brevemente riassumere.

Con la L.R. 28 ottobre 2002, n. 37 veniva prevista la costituzione della società mista a

prevalente capitale regionale ARCEA LAZIO S.p.a. (con previsione della partecipazione

azionaria della Regione Lazio non inferiore al 51%), con lo scopo di provvedere alla

progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione a tariffa o a pedaggio della rete

autostradale e di infrastrutture di viabilità a pedaggio nel Lazio; per detta società il socio di

minoranza veniva individuato, a seguito di procedura selettiva, nella ATI composta da

Concessione e costruzione Autostrade s.p.a, Monte dei Paschi di Siena Merchant e Consorzio

2050 (composto, a sua volta, da SOCOMASTRO s.r.l., Consorzio cooperative costruzioni,

SPEA Ingegneria Europea s.p.a. e Ingegneri associati s.r.l.), e la società veniva costituita con

Statuto approvato con D.G.R. n. del 16 maggio 2003, n. 448.

L’art. 5 della citata legge prevedeva la stipula di un Contratto di servizio tra la Regione Lazio

e la ARCEA (mai stipulato) volto, tra l’altro, a disciplinare le modalità di affidamento da

parte della stessa società a soggetti privati dei lavori inerenti l’oggetto sociale; la

disposizione prevedeva che i lavori, se sotto soglia comunitaria, “sono realizzati direttamente

dalla società o attraverso l’affidamento diretto ad imprese collegate e/o al socio privato”, e, se

sopra la predetta soglia, “possono essere realizzati mediante affidamento diretto ad imprese

collegate e/o al socio privato, nella misura massima del settanta per cento dei lavori stessi”,

con la ulteriore precisazione che “l’affidamento diretto al socio privato equivale ad

esecuzione diretta delle opera da parte della società affidante”.

Detta previsione è stata successivamente abrogata dalla L.R. n.11 del 20 ottobre 2006, per

incompatibilità con i principi comunitari sulla selezione pubblica dei soggetti affidatari di

pubblici lavori e a seguito dei rilievi di organi competenti a pronunziarsi in materia (delibera

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n.1 del 14.01.004 della A.V.L.P., atto di avvio della procedura di infrazione n.2000/4837

notificato allo stato italiano dalla Commissione Europea il 30 marzo 2004, e provvedimento

n. 2987/08 dell’11.08.2006 emanato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato).

In risposta all’invito della Commissione europea a procedere alla modifica della legge in

conformità ai principi comunitari, il Presidente della Regione Lazio p.t., Francesco Storace,

con nota del 23.03.2005 n. 24498, assicurava la disponibilità della Regione a procedere alla

predetta modifica, e così confermava il Presidente succeduto, Dr. Pietro Marrazzo, con nota

del 13 maggio 2005 n. 59834, atti in base ai quali la procedura di infrazione è stata archiviata.

La nuova L.R. n. 11/2006, emanata a termine del procedimento di revisione della L.R. n.

37/2002, ha sottratto alla ARCEA le funzioni relative alla esecuzione, manutenzione e

gestione della rete autostradale, che sono state riattribuite dalla Regione Lazio ad altra

stazione appaltante, ed ha abrogato il citato art. 5 sull’affidamento diretto dei lavori; tuttavia,

con una clausola di salvaguardia, contenuta nell’art. 7 della medesima legge, ha previsto che

restassero salvi “limitatamente alle prestazioni eseguite anteriormente alla data di entrata in

vigore della presente legge gli affidamenti della progettazione preliminare ed esecutiva del

corridoio autostradale Tirrenico Sud”.

In virtù del previgente art. 5 dell’abrogata L.R. n. 37/2002, tuttavia, si è compiuta e

formalizzata tutta la progettazione preliminare e definitiva relativa agli interventi sulle tratte

autostradali denominati Corridoio Tirrenico Meridionale (A12-Pontina-Appia) e Bretella

Cisterna-Valmontone.

Tale intervento era ricompreso nel primo programma delle opere strategiche da realizzarsi ai

sensi della “Legge Obiettivo” 27 dicembre 2001, n. 443, in armonia con quanto stabilito dalla

delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001, approvativa del “1° Programma delle

infrastrutture strategiche”, e per esso la Regione aveva avviato l’iter procedurale per

l’ottenimento del contributo previsto dal D.lgs. n. 190/2002.

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Per tale intervento la Regione ha acquisito da ARCEA i progetti preliminari, connessi

all’originario progetto “Corridoio Tirrenico Meridionale”, che ARCEA ha direttamente

commissionato al socio di minoranza Consorzio 2050 (ad eccezione della progettazione

preliminare inerente la “Bretella Cisterna Valmontone” realizzata dalla società Mele

Engineering in R.T.I con la Pigreco s.r.l., di cui la Procura si occupa per una distinta e diversa

voce di danno, come si dirà appresso) mediante stipula dei seguenti contratti stipulati tra

ARCEA e Consorzio 2050:

- “contratto di servizi di assistenza per l’istruttoria e l’approvazione del CIPE dei progetti e

dei finanziamenti del Corridoio Tirrenico Meridionale tratto A 12 Pontina Appia Formia e

della tratta Cisterna Valmontone”, stipulato il 19.05.2004, dell’importo di euro 340.000,00

oltre IVA;

-“contratto di servizi di progettazione”, stipulato il 28.05.2004, per la progettazione

preliminare del collegamento A12 (Civitavecchia - Roma), in corrispondenza con lo svincolo

con l’autostrada Roma-Fiumicino, con la S7 (Via Appia), in corrispondenza di Formia, per

l’importo di euro 6.488.290,00, oltre IVA, per i servizi di progettazione, ed euro 707.980,00,

oltre IVA, per indagini topografiche, geognostiche, ambientali e di traffico. Con delibera n.

50 del 29/09/2004 il CIPE approvava entrambi i progetti preliminari e deliberava

l'assegnazione dei primi contributi in favore della Regione Lazio, imponendo a titolo di

condizione risolutiva alcune prescrizioni da osservare in sede di progettazione definitiva.

I progetti definitivi sono stati forniti alla Regione da ARCEA, con il consenso o

l’autorizzazione o la richiesta di diversi soggetti interni alla Regione, dalla fine del 2004 al

2010, sempre mediante affidamento diretto da parte della società al socio di minoranza:

a) in attuazione delle prescrizioni del CIPE è stato depositato un primo progetto definitivo

inerente lo stralcio del CTM, tratto Aprilia Nord – collegamento con Cisterna e della Bretella

Cisterna–Valmontone, consegnato a dicembre 2004, nonché un progetto definitivo di un

primo stralcio di quest’ultima, della lunghezza di km 12, fra l’interconnessione con il

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Corridoio Tirrenico e lo svincolo con la S.S.7 Appia. Quest’ultimo progetto stralcio fu

sottoposto alla Conferenza dei Servizi del 22 febbraio 2005 e ripresentato il 23 febbraio 2005,

recependone le indicazioni;

b) il 15 giugno 2005 ARCEA ha commissionato al socio di minoranza Consorzio 2050, con il

“contratto quadro per l’affidamento dei servizi di progettazione”, la progettazione definitiva

del Corridoio Tirrenico Meridionale e della Bretella Cisterna Valmontone, e con nota del 3

agosto 2005, n. 89/05, ARCEA Lazio S.p.A. ha comunicato tale iniziativa al Dipartimento

del Territorio della Regione Lazio.

Intervenivano, poi, modifiche del sistema normativo e di riferimento per la progettazione.

La Regione, infatti, nel luglio del 2005 modificava il disegno dell’intero sistema viario,

sostituendo il quadro del “Corridoio Tirrenico Meridionale”, del quale facevano parte i

progetti preliminari di ARCEA già approvati dal CIPE, con quello del “sistema integrato

intermodale asse pontino Roma (svincolo Pontina)–Latina Nord, bretella Cisterna

–Valmontone”, approvato dal C.I.P.E. nella seduta del 2 dicembre 2005, che ha costituito un

nuovo quadro di riferimento per la progettazione.

c) Un nuovo progetto definitivo è stato consegnato da ARCEA all’Amministrazione

Regionale, presso gli Uffici della Direzione Infrastrutture Assessorato Regionale ai Lavori

Pubblici, con nota del 16 dicembre 2005, n. 0122/05/A, in prima recezione delle nuove

indicazioni di cui al “sistema integrato intermodale Asse Pontino Roma (svincolo Pontina)

–Latina Nord, bretella Cisterna–Valmontone” approvato dal C.I.P.E. nella seduta del 2

dicembre 2005.

d) A richiesta della Regione, in recezione delle indicazioni fornite dal Tavolo Tecnico,

ARCEA, con nota 3 febbraio 2006 diretta all’Assessorato ai Trasporti ed alla Mobilità,

depositava una nuova versione del progetto definitivo.

e) Con nota 10 marzo 2006, n. GAB/2006/2194/B05, la Commissione del Ministero

dell’Ambiente e della Tutela del Territorio si era espressa in merito al progetto definitivo

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della Bretella Cisterna–Valmontone, rilevando che “il progetto definitivo è sensibilmente

diverso da quello preliminare oggetto di compatibilità ambientale e che le varianti hanno

significativo Impatto sull’Ambiente”, e aveva disposto, per tali motivi, l’aggiornamento dello

Studio di Impatto Ambientale e la nuova pubblicazione dello stesso nei modi previsti dalla

legislazione vigente; seguiva l’intesa, sottoscritta l’8 novembre 2006 tra la Regione Lazio, il

Ministero delle Infrastrutture e l’ANAS, per la realizzazione del Progetto Integrato Corridoio

Intermodale Roma–Latina e Collegamento Cisterna–Valmontone, che poneva ulteriori

elementi di novità, alla luce dei quali sarebbe stata condotta per il futuro la progettazione dei

lavori interessati, della quale si occupava un Tavolo tecnico istituito nel luglio 2007 dopo il

cambio ai vertici politi della Regione.

f) A fronte di ciò, la Regione ha acquisito da ARCEA una ulteriore versione del progetto e i

documenti di progettazione suddetti, con nota del 30 luglio 2007.

Nel frattempo era già intervenuta la citata L.R. 20 ottobre 2006, n. 11, che, a termine del

procedimento di revisione della L.R. n. 37/2002, disponeva per la costituzione di una nuova

stazione appaltante in sostituzione di ARCEA (in attuazione della quale previsione era

costituita nel marzo 2008 la nuova stazione appaltante Autostrade Lazio, che si sostituiva ad

ARCEA “per l’affidamento in concessione delle attività di progettazione, realizzazione e

gestione del Corridoio intermodale Roma-Latina e collegamento Cisterna Valmontone”, e la

delibera CIPE del n.50/2004 era, conseguentemente, sostituita dalla delibera n. 55 del

02.04.2008) e, all’art. 7, “bloccava” la posizione di ARCEA abrogando l’art.5 della L.R.

37/2002 e facendo salve le sole prestazioni di progettazione preliminare e definitiva del

corridoio autostradale Tirreno Sud eseguite anteriormente alla data di entrata in vigore della

legge (ottobre 2006).

Tuttavia, sempre su sollecitazione o autorizzazione della Regione a vari livelli, ARCEA ha

continuato a svolgere l’attività di progettazione definitiva e di integrazione progettuale,

commissionandola in via diretta al Consorzio 2050 e producendo ulteriori modifiche, sino

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alla versione del progetto definitivo depositata da ARCEA nel luglio 2009, con le successive

correzioni e integrazioni che si sono rese necessarie per l’approvazione del progetto

definitivo consegnato il 22 luglio 2010 (approvato dal CIPE nella seduta del 18 novembre

2010).

Ad esito di tale attività sono state avanzate pretese per la liquidazione delle competenze

inerenti la produzione degli elaborati progettuali redatti dal Consorzio 2050 e fatturati alla

ARCEA, e del parco progetti che ARCEA ha messo a disposizione della Regione Lazio (e del

nuovo affidatario, Autostrade Lazio s.p.a.).

Da un lato, sia ARCEA che Autostrade Lazio hanno attivato procedura arbitrale per il preteso

danno che entrambe lamentano prodotto dalla Regione Lazio, rispettivamente, la ARCEA,

per l’emanazione della nuova legge in violazione della precedente convenzione di

affidamento dell’opera del 21.05.2003, successivamente limitata alla sola fase della

progettazione (tale contenzioso esitava nel lodo arbitrale tra Consorzio 2050 e Regione Lazio

del 7 marzo 2012, con il quale la Regione era condannata al pagamento dei danni subiti dal

Consorzio 2050 oltre interessi e spese, nella somma complessiva di euro 42.745.402,64) e ,

Autostrade Lazio, per gli affidamenti che erano stati fatti direttamente ad ARCEA e da questa

al Consorzio 2050. Dall’altro lato, e per quanto concerne il presente giudizio, ARCEA ha

chiesto alla Regione Lazio la liquidazione del corrispettivo del parco progetti ceduto, ed ha

ottenuto la sua stima e liquidazione secondo quanto da lei stessa proposto (in base alla stima

del parco progetti effettuata nel luglio 2009 dalla società RSM, incaricata dalla stessa

ARCEA, in applicazione delle tariffe professionali) e la Regione ha interamente riconosciuto

tale determinazione con la sottoscrizione di un “Atto ricognitivo con effetto transattivo”

stipulato, previa delibera di autorizzazione della Giunta Regionale n. 661 del 07.08.2009, il 3

dicembre 2009 tra la Regione Lazio, in persona del Direttore del Dipartimento territorio p.t.,

Dr. Raniero Vincenzo De Filippis, ed i rappresentanti di ARCEA. In virtù di tale atto,

ARCEA si impegnava a consegnare tutta la progettazione e gli studi svolti, autorizzandone

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ogni utilizzo, a fronte del corrispettivo di euro 40.000.000,00 (euro 48.000.000,00 con IVA)

per tutta l’attività di progettazione svolta, e la Regione procedeva a pagare la differenza tra

tale valore e quanto già corrisposto con le precedenti liquidazioni, avvenute nel periodo 2005-

2007 (euro 18.012.593,20, comprensivi di Iva); il corrispettivo erogato a seguito dell’atto

transattivo del 2009 ammontava ad euro 29.987.406,82, liquidati dalla Regione con i mandati

di pagamento nn. 14589 e 14590 del 29.01.2010 a fronte della fattura di ARCEA n. 1/2009

del 03.12.2009.

A fronte di tali fatti, la Procura ha individuato due profili di danno erariale, che, in tesi,

sarebbe stato arrecato alla Regione Lazio nell’intera vicenda attinente l’affidamento e la

liquidazione dell’attività progettuale di ARCEA.

A. Sotto un primo profilo, la Procura formula rilievi critici in ordine alla stima degli elaborati

progettuali, compiuta a favore della società ARCEA dalla società RSM Italy.

Tale stima (euro 40.133.482,96 per il valore effettivo del complesso delle prestazioni di

progettazione, con la riduzione del valore pieno di euro 53.131.635,13 effettuata dalla società

in considerazione delle criticità, mancanze ed incompletezze riscontrate) sarebbe eccessiva,

in quanto, pur compiuta in base alle correnti tariffe professionali, non tiene conto dei“ ribassi

praticati su tali importi che determinano, negli atti di affidamento dei servizi di ingegneria di

pari importanza, significative economie per la stazione appaltante”; ne conseguirebbe che il

valore determinato sarebbe significativamente superiore al valore di mercato della

progettazione liquidata, che si assesta nel valore delle prestazioni diminuito del ribasso medio

praticato nelle selezioni operate per servizi equivalenti. A base di tale rilievo la Procura pone

la stima redatta dal CTP incaricato, Ing. Boeri, nonché ulteriori accertamenti svolti presso la

A.V.C.P. al fine di ottenere elementi comparabili con le prestazioni progettuali liquidate, ed

accertare quale fosse la percentuale media di ribasso praticata nell’ambito delle gare per

l’affidamento di prestazioni analoghe aggiudicate in tempi coincidenti con l’arco temporale

nel quale è stata redatta la progettazione della quale si tratta. In particolare, il CTP ha

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ulteriormente elaborato i dati acquisiti dalla A.V.C.P. relativi al periodo 2008-2010, tenendo

a punto di riferimento l’aggiudicazione alla S.p.a. Autostrade Brescia Verona Vicenza

Padova dei servizi di ingegneria per il tratto autostradale Autostrada A31-Trento-Rovigo,

tronco Trento-Valdastino-Piovene Rocchette tramite gara d’appalto, su una offerta di importo

similare a quello valutato per il parco progettuale valutato dalla RSM Italy, ed equivalente

sotto il profilo del contenuto della prestazione; il CTU rileva che, per l’affidamento dei

servizi di progettazione stradale, il ribasso medio offerto dalle società di ingegneria è

corrispondente al 49,78%, ed è di norma comunque superiore al 45% del valore della

prestazione professionale posta a base d’asta. Applicando tale percentuale di ribasso al valore

del parco progettuale complessivamente fornito dalla ARCEA come valutato dalla RSM

Italy, la Procura rileva che il suo valore effettivo di mercato si assesta, al netto di IVA, ad

euro 20.088.000,00, a fronte degli euro 40.000.000,00 stimati e liquidati, e che,

conseguentemente, la Regione Lazio avrebbe subìto un danno da mancato risparmio di euro

19.912.000,00. Tuttavia, da tale valore la Procura, ai fini della quantificazione del danno, ha

detratto la quota di ricavo lordo conseguito dalla medesima Regione Lazio quale socio di

ARCEA, calcolata in citazione in euro 3.728.617,65 in funzione della percentuale di

partecipazione azionaria della Regione (51%) al ricavo lordo conseguito da ARCEA; tale

ricavo è individuato nella differenza tra il corrispettivo liquidato al socio di minoranza

Consorzio 2050 per l’attività di progettazione da esso svolta (euro 32.688.985,00 oltre IVA,

come è documentato agli atti) ed il corrispettivo fatturato alla Regione Lazio per il parco

progetti ad essa fornito (euro 40.000.000,00 oltre IVA), e dunque in euro 7.311.015,00.

In conclusione, la Procura ha quantificato il danno concretamente arrecato alla Regione per

effetto della liquidazione del parco progetti di ARCEA, con detrazione di tale quota di ricavo

lordo, determinandolo in euro 16.183.382,35 (euro 19.912.000,00 – euro 3.728.617,65) al

netto di IVA, e, in definitiva, nell’importo di euro 19.420.058,82 comprensivo di IVA.

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La tesi della Procura è che tale danno costituisce un illecito erariale in quanto arrecato alla

Regione Lazio con comportamenti affetti da plurimi profili di illegittimità.

A.1 Osserva la Procura che la Regione, nell’“Atto ricognitivo” del 3 dicembre 2009 ha

pianamente accettato la stima della RSM Italy senza alcuna osservazione in merito al valore

ivi indicato, pur se esso era stato determinato da una società privata incaricata dalla stessa

ARCEA, parte in causa, e senza alcuna considerazione del valore di mercato delle prestazioni

di progettazione, inciso fortemente dal ribasso medio ordinariamente praticato. Per tale

motivo, la Procura ha inizialmente individuato, quali responsabili, il funzionario della

Regione Lazio che ha sottoscritto il predetto atto ricognitivo, nella specie Dr.Raniero

Vincenzo De Filippis, per aver sottoscritto l’atto nella sua qualità di Direttore pro tempore

del Dipartimento Territorio della Regione, ed i componenti della Giunta Regionale Lazio che

nella seduta del 7 agosto 2009 hanno approvato alla unanimità la deliberazione n. 661, che

accertava il valore della predetta progettazione sulla scorta della citata perizia della RSM

Italy e autorizzava il predetto De Filippis alla sottoscrizione dell’accordo, ai quali ha

notificato nel dicembre-gennaio 2014 un primo invito a dedurre; a seguito della relazione

integrativa del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma del 13 febbraio 2014, la Procura ha poi

emesso invito a dedurre integrativo e cumulativo a carico anche di ulteriori soggetti,

unitamente a quelli già destinatari del precedente, per complessivamente 24 posizioni, ed ha

chiesto ed ottenuto la proroga del termine per l’emissione dell’atto di citazione (ordinanze

n.13/2014 del 12 giugno 2014 e n.18/2014).

Definita in sede istruttoria e senza addebito la posizione degli altri soggetti, per la voce di

danno in questione il responsabile è stato definitivamente individuato, in citazione, nella

persona di Raniero Vincenzo De Filippis a titolo di dolo o colpa gravissima, in quanto

firmatario del predetto atto ricognitivo, nonché firmatario della nota/proposta della delibera di

Giunta n. 13484 del 24 luglio 2009, che costituisce l’antecedente della delibera di G.R. n.661

del 7 agosto 2009 con la quale è stato autorizzata la stipula dell’atto ricognitivo del 3

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dicembre 2009, nonché in ragione del fatto che, secondo la Procura, lo stesso De Filippis

sarebbe il soggetto a cui avrebbe fatto concretamente capo tutto l’iter procedimentale tecnico-

amministrativo culminato nella sottoscrizione del predetto atto ricognitivo, per cui nei suoi

confronti sarebbe escluso che detta sottoscrizione possa aver rappresentato un atto meramente

esecutivo del deliberato regionale.

A.2 Rileva, poi, la Procura che gli affidamenti diretti effettuati a favore di ARCEA e di

Consorzio 2050 sarebbero illegittimi per contrasto con la normativa comunitaria, come era

stato inequivocabilmente chiarito dai rilievi sollevati dalla A.V.C.P. (nella citata delibera n.1

del 14.01.004) e dalla Commissione Europea (nel citato atto di atto di avvio della procedura

di infrazione n.2000/4837, notificato allo stato italiano il 30 marzo 2004), e che

l’applicazione da parte di ARCEA della normativa sull’affidamento dei lavori pubblici, alla

quale era soggetta quale stazione appaltante, avrebbe invece garantito l’applicazione dei

ribassi medi percentuali su prezzi della progettazione stessa.

Pertanto, a titolo di corresponsabilità la Procura ha citato anche una serie di altri soggetti, per

il ruolo e le responsabilità che per servizio essi avevano, rispettivamente, in seno ad ARCEA

ed in seno alla Regione Lazio, in base alle quali, in tesi, essi avrebbero dovuto impedire tale

illegittima modalità di affidamento, e precisamente i rappresentanti della parte pubblica in

seno ad ARCEA, nelle persone dei Sig.ri Andrea Abodi, Presidente p.t. di ARCEA, Ruggiero

Borgia, amministratore delegato, Flavio De Luca, Roberto Serrentino e Aurelio Saitta,

Consiglieri di parte pubblica componenti del C.d.A. di ARCEA. A tali convenuti la Procura

imputa che, pur consapevoli sin dal marzo 2004 del provvedimento della A.V.C.P., come

risulta dal verbale della seduta del C.d.A. del 17 marzo 2004 (nella quale l’A.D. Ruggiero

Borgia ne rappresentava ampiamente sia l’esistenza, che i contenuti, facendo specifico

riferimento alle osservazioni dell’Autorità sulla natura di organismo di diritto pubblico di

ARCEA ed alla necessità del rispetto, da parte sua, della normativa sull’affidamento con

procedura ad evidenza pubblica), nelle sedute del 28 maggio 2004 e del 19 maggio 2005 essi

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hanno espresso parere favorevole alla stipula dei relativi affidamenti diretti al Consorzio

2050, pur nella consapevolezza della loro illiceità; precisa la Procura che il Borgia, nella sua

qualità di A.D., è stato anche firmatario di tutte le scritture private intercorse tra il Consorzio

2050 ed ARCEA aventi ad oggetto l’affidamento diretto della progettazione preliminare ed

esecutiva.

A.3 Infine, rileva la Procura che tali affidamenti sono stati attuati dai predetti soggetti con il

concorso del comportamento equivoco e contraddittorio della Regione Lazio che, sul punto

dell’applicazione dell’art. 5 della L.R. n. 37/2002, ha omesso di indirizzare ai propri organi

ed ai rappresentanti di parte pubblica in seno ad ARCEA chiare direttive che fossero coerenti

con la linea di intervento che era stata assunta, invece, nei confronti della Comunità Europea.

In tesi, la Regione avrebbe tenuto un comportamento del tutto contraddittorio, da un lato

assicurando alla Commissione europea la modifica della citata disposizione, che tali

affidamenti diretti consentiva (note dei Presidenti p.t. Sig.ri Francesco Storace, del 23

febbraio 2005, e Pietro Marrazzo, del 13 maggio 2005) e, dall’altro, autorizzando ARCEA a

procedere all’affidamento diretto della progettazione definitiva integrata del Corridoio

Tirrenico Meridionale e della tratta Cisterna-Valmontone (nota del 3 maggio 2005 a firma

dell’Ing. Patrizio Cuccioletta, nella sua qualità di Capo Dipartimento del Territorio pro

tempore). In base a tale nota di autorizzazione, la ARCEA (contratto del giugno 2005)

procedeva all’affidamento al Consorzio 2050 anche della progettazione definitiva dell’opera

e delle fasi integrative e successive, in contrasto con i contenuti dei citati provvedimenti che

avevano ben evidenziato l’illegittimità dell’art. 5 della L.R. 37/2002 in base al quale tali

affidamenti erano stati fatti, per contrasto con la normativa comunitaria e con il dovere di

adeguamento ad essa, il cui rispetto era stato assicurato dalla Regione stessa alle rispettive

autorità emananti. Tale condotta costituirebbe un disallineamento inescusabile rispetto ai

parametri di legalità e buon andamento dell’agire amministrativo, in diretta violazione degli

obblighi di servizio incombenti a diverso titolo sui soggetti coinvolti, senza che per le loro

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azioni omissioni possa essere individuata una valida causa giustificativa. I responsabili sono

stati individuati nei seguenti:

- il Presidente della Regione Lazio p.t., Francesco Storace, nonché l’Assessore ai Trasporti

p.t. , Giulio Gargano, poiché essi non procedevano all’emanazione di alcun atto,

provvedimento o disposizione idoneo a conseguire in capo alla controllata ARCEA l’effettiva

osservanza delle disposizioni il cui rispetto, da parte della Regione, era stato invece

assicurato, nonostante essi fossero a conoscenza dell’indirizzo della Commissione Europea

sin dal marzo 2004, come dimostrerebbe il “fax urgentissimo” trasmesso alla Regione in

quella data dalla Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione Europea, fax registrato

a protocollo in entrata della Regione n. 977 del 30 marzo 2004, pervenuto alla Presidenza il 7

aprile e diramato, tra gli altri, anche all’On. Giulio Gargano, che anticipava la contestazione

della infrazione comunitaria;

-il Capo Dipartimento del Territorio della Regione Lazio, Fabrizio Cuccioletta, in quanto

firmatario della nota del 3 maggio 2005, diretta ad ARCEA, contenente l’autorizzazione alla

stipula diretta del contratto di progettazione definitiva con il Consorzio 2050.

Per tutti i convenuti, in conclusione, previa notifica dell’invito a dedurre integrativo e

cumulativo (ultima notifica dell’invito a dedurre in data 4 gennaio 2014 alla Sig.ra Tibaldi

Alessandra), e ottenuta con ordinanza n. 13/2014/IP del 12 giugno 2014 la proroga di 120

giorni del termine per l’emissione dell’atto di citazione, la Procura ha chiesto la condanna a

favore della Regione Lazio, a titolo doloso ed in via solidale, per complessivi euro

19.420.058,82 oltre rivalutazione, interessi legali dal deposito della sentenza fino al soddisfo

e spese di giustizia, comprensive dell’importo di euro 4.992,00 pari al costo della consulenza

tecnica di ufficio, e, in via subordinata, la condanna a titolo di colpa grave dei medesimi

convenuti nelle seguenti quote:

- il 40% del danno da ripartirsi in quote uguali tra i Sig.ri De Luca, Abodi, Serrentino, Saitta e

Borgia;

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- il 10% del danno a carico dei Sig.ri Storace e Gargano, ripartito in parti uguali tra loro;

- il 25% del danno a carico del Sig. Cuccioletta;

- il 25% del danno a carico del Sig. De Filippis.

B. Un ulteriore voce di danno, per l’importo di euro 438.062,14, è individuato dalla Procura

nella vicenda della soluzione transattiva del contenzioso intercorso tra la Regione Lazio e la

Mele Engineering s.p.a. in R.T.I con la Pigreco s.p.a., che ha portato alla determinazione del

valore della progettazione preliminare della “Bretella autostradale Cisterna Valmontone”.

In citazione si riporta una breve ricostruzione dei fatti, nella quale si rappresenta che la

Regione Lazio, nell’anno 1997, affidava al citato R.T.I la progettazione definitiva ed

esecutiva di tale tratto autostradale, e che, nel periodo successivo all’aggiudicazione, il R.T.I

rappresentava alla Regione la mancanza di un’adeguata progettazione preliminare, allo stato

insufficiente per poter procedere alle successive fasi di progettazione affidate. Il R.T.I si

dichiarava disposto al completamento della progettazione preliminare, e la Regione, con nota

n. 2778/32 del 5 agosto 1998 a firma dell’Ing. Raimondo Besson, nella sua qualità di

Direttore p.t. dei Sistemi Infrastrutturali dell’Assessorato Opere e reti di Servizi e Mobilità,

autorizzava il medesimo R.T.I. a procedere alla progettazione preliminare; a seguito di ciò, il

R.T.I sollecitava la stipula di un atto aggiuntivo, che però non è mai intervenuto, e, pure in

assenza di questo, nel settembre 2002 portava a termine e consegnava la progettazione

preliminare. Detta consegna era certificata dal R.U.P., Ing. Bernardo Maria Fabrizio,

firmando la nota n.34936 del 6 giugno 2003 nella quale si attestava che il R.T.I aveva

elaborato e consegnato il progetto preliminare relativo al collegamento tra l’Area Pontina e

Cisterna Valmontone. Sulla spettanza e la quantificazione del relativo compenso nasceva un

contenzioso, poi oggetto di procedura arbitrale nata nel 2004 e definita con la soccombenza

della Regione Lazio, condannata anche alle spese del giudizio arbitrale.

In tale ambito, la Procura rileva che la Regione, in persona dell’Ing. Luigi Raimondo Besson,

con la sua nota autorizzativa del 1998, determinava di fatto l’affidamento al R.T.I della

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progettazione preliminare, e l’Ing. Bernardo Maria Fabrizio, nella sua qualità di RUP,

certificando la consegna della progettazione preliminare con la sua nota del 2003, emetteva

un atto che, sempre di fatto, avrebbe assunto la valenza di una accettazione della

progettazione medesima da parte della Regione e favorito l’esito negativo del contenzioso

arbitrale, come indicherebbe anche il parere dell’Avvocatura regionale chiesto, all’epoca dei

fatti, dai competenti organi regionali per valutare l’opportunità di resistere in giudizio alle

pretese del R.T.I.., nel quale si afferma, testualmente, che “la certificazione del 6 marzo

2003… ove si attesta che il R.T.I ha eseguito e consegnato il progetto preliminare…può

assumere valenza giuridica di accettazione della prestazione resa..”. Rileva la Procura che

entrambi tali atti, non solo avrebbero disposto per l’esecuzione e l’accettazione di una

prestazione resa in esubero rispetto alle previsioni contrattuali, ma si sarebbero posti in

espresso contrasto con quanto disposto dalla Regione con la nota n. 7604 del 18 gennaio

1999, che chiedeva al R.T.I di astenersi da ogni ulteriore attività, e avrebbero determinato un

indebolimento della posizione della Regione nell’ambito dei rapporti contrattuali con il R.T.I.

e delle pretese di quest’ultimo, sicché entrambi i comportamenti si porrebbero quali elementi

concausali del danno inerente il contenzioso, che, dalla lettura del complesso tenore delle

argomentazioni controdeduttive che la Procura in citazione svolge avverso le deduzioni dei

due convenuti, è quantificato in funzione degli interessi da ritardato pagamento e delle spese

del giudizio arbitrale.

Per tale voce di danno, in conclusione, la Procura ha chiesto la condanna a titolo di colpa

grave a favore della Regione Lazio per euro 438.062,14, ripartiti a carico dei due convenuti

nelle seguenti quote:

- l’80% del danno a carico del Sig. Luigi Raimondo Besson;

- il 20% del danno a carico del Sig. Bernardo Maria Fabrizio;

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oltre rivalutazione, interessi legali dal deposito della sentenza fino al soddisfo e spese di

giustizia, rilevando, quanto al termine prescrizionale, di aver notificato atto di messa in mora

ex art. 1219 e 2943 il 17.11.2011 per il predetto importo.

Ha concluso la Procura per la condanna dei 9 convenuti per l’ipotesi di danno di cui alla

lettera A sopra, a titolo doloso in via solidale e per l’intero, o, in via subordinata, a titolo

gravemente colposo pro quota come sora indicato, alla somma di euro 19.420.058,82 a

favore della Regione Lazio, oltre a rivalutazione , interessi e spese del giudizio comprensive

di euro 4.992,00 per la perizia d’ufficio, e per la condanna dei due convenuti per l’ipotesi di

danno di cui alla lettera B sopra, a titolo gravemente colposo, pro quota, alla somma di euro

438.062,14 , oltre a rivalutazione ed interessi fino al soddisfo e spese del giudizio, sempre

comprensive del costo della perizia suddetta.

Francesco Storace si è costituito conferendo rappresentanza all’Avv. Francesco Scacchi, che

ha preliminarmente rilevato che l’arco temporale nel quale sono ascrivibili ipotetiche

responsabilità si estende necessariamente dal momento in cui il Presidente ha avuto

conoscenza del contrasto dell’art.5 della L.R. n. 37/2002 con la normativa comunitaria (4

aprile 2004, come dimostrerebbe il protocollo di entrata presso la Presidenza regionale) sino

2 maggio 2005 (data di nomina del successivo Presidente Piero Marrazzo), con due

conseguenze.

In primo luogo, sarebbe estranea qualunque imputazione concernente sia l’approvazione dei

progetti, che l’autorizzazione alla ARCEA a stipulare il progetto definitivo, di cui alle note

dell'Ing. P. Cuccioletta 186/2/01 del 28/01/2005, 322/2/01 del 16/02/2005, e 894/2/01 del

3/05/15, con le quali si invitava la società regionale a voler procedere alla progettazione

definitiva del progetto integrato del Corridoio Tirrenico Meridionale (Roma-Terracina), tutte

successive alla sua cessazione.

In secondo luogo, rimarrebbero prescritte le singole componenti del preteso danno derivanti

dai pagamenti effettuati dalla Regione ad ARCEA, con computo del termine dalla data dei

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singoli pagamenti (relativi alle Fatture n. 1/2005 del 1.04.2005, n. 1/2006 del 21.06.2006, n.

2/2006 del 12/07/2006, n. 1/2007 del 30.03.2007 e n. 2/2007 del 28.09.2007 per un totale di €

15.010.494,32 + IVA).

In merito al preciso addebito di tipo omissivo a lui contestato, di non aver provveduto

«all'emanazione di alcun atto, provvedimento o disposizione idonei a conseguire in capo alla

controllata ARCEA l'effettiva osservanza della posizione assunta dalla Commissione U.E. »,

ha rilevato, con tre ordini di censure:

- che la pretesa condotta attiva esulerebbe dai poteri forniti al Presidente della Regione Lazio

(così come alla sua Giunta e agli Assessori), che sarebbero limitati prettamente alla funzione

legislativa ed attuativa, e, semmai, potrebbero estendersi all’emanazione di atti autorizzativi

della stipula di accordi ma sulla base della riserva agli uffici tecnico amministrativi

competenti delle relative valutazioni discrezionali, con conseguente limitazione della

responsabilità, da ripartirsi tra gli organi elettivi e quelli burocratici secondo le rispettive

competenze e funzioni come espressamente dispone l'art. 1, comma 1 ter, della L. n.20/1994,

per il quale, nell'ipotesi in cui il (presunto) danno erariale sia derivato da atto (o omissione di

atto) di competenza degli uffici tecnici o amministrativi di una P.A., «la responsabilità non si

estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano ovvero ne abbiano

autorizzato o consentito l'esecuzione». In materia di rapporti tra Regione ed ARCEA, rileva

la difesa, in virtù della natura della società, della sua autonomia e dell’assenza di qualsiasi

disposizione che ponesse a carico di organi di indirizzo polito alcun potere di gestione o

controllo o indirizzo, sussisterebbe solo un potere di coordinamento della Regione, che nella

fattispecie era esercitato dal Dipartimento del Territorio, posto sotto la direzione dell’Ing.

Cuccioletta, il quale, infatti, risulta aver comunicato ad ARCEA le autorizzazioni di cassa

previste nella Legge di Bilancio Regionale (approvata dal Consiglio Regionale) e le ulteriori

disposizioni con le citate note autorizzative a sua firma;

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- che mancherebbe un nesso causale tra l’imputata condotta omissiva ed il presunto danno

erariale della Regione, atteso che la successiva Legge Regionale 11/2006, che ha proceduto a

modificare l’art. 5 citato per renderlo compatibile con le prescrizioni dell’ordinamento

comunitario, ha comunque previsto all’art.7 che «restassero salvi limitatamente alle

prestazioni eseguite anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, gli

affidamenti della progettazione preliminare ed esecutiva del Corridoio autostradale Tirrenico

sud», e che tale clausola di salvezza, che legittimava ARCEA a proseguire nella realizzazione

della progettazione dell'opera, in ragione degli affidamenti già ottenuti, avrebbe trovato il

vaglio positivo della Commissione Europea, come dimostrerebbe l’avvenuta archiviazione

della procedura di infrazione; rimanendo detti affidamenti legittimi, non ci sarebbero stati

effetti diversi nell'iter di pagamento delle opere di progettazione ARCEA-CONSORZIO

2050, consegnati nel novembre 2003 e si sarebbe comunque giunti il 3/12/2009 alla

sottoscrizione dell'Atto Ricognitivo;

- sempre alla mancanza di nesso causale può ascriversi un’ulteriore argomentazione del

convenuto, e cioè che gli organi direttivi di ARCEA erano autonomamente a conoscenza

della richiesta della Commissione U.E. di avviare una procedura d’infrazione per la gestione

nell'affidamento diretto dei lavori, e che, per quanto detto sopra sull’assenza di ogni potere di

intervento diretto o sollecitazione da parte della Presidenza regionale, ogni iniziativa in

merito non poteva che provenire dai suoi propri organi, tanto più che, rileva la difesa, in virtù

dello stesso art. 5 della L.R. 37/2002 ARCEA aveva la facoltà, non l’obbligo, di avvalersi del

socio di minoranza per l'esecuzione dei lavori;

- che, infine, il comportamento ascritto non potrebbe dirsi "grave", non configurando una

macroscopica ed inescusabile negligenza ed imprudenza nell'espletamento delle mansioni e/o

nell'adempimento dei propri doveri istituzionali;

La difesa di Storace ha contestato anche la sussistenza del preteso danno, censurando le

risultanze della perizia del CTU utilizzata dalla Procura per la quantificazione del danno

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erariale ed il metodo di quantificazione del prezzo delle prestazioni progettuali; si sostiene

che il CTU avrebbe semplicemente applicato la percentuale di ribasso sul prezzo delle

prestazioni progettuali (euro 40.000.000,00), mentre questo deve invece essere determinato in

base al valore dell’opera da realizzare, incidendo per una percentuale spesso di circa il 4-5%

sul costo totale (come dimostrerebbe il caso citato dal C.T.P. relativo alla progettazione dell'

"Autostrada A31 Trento—Rovigo, tronco Trento-Valdastico-Piovene Rocchette", in cui, su

un costo totale dell'opera di € 1.395.806.806,89, la progettazione definitiva messa a base

d'asta fu fissata in € 66.270.794,01, pari, appunto, al 4,75% del prezzo totale dell'opera); su

tale costo andrebbe poi applicata la percentuale di riduzione. Applicando tali criteri, atteso

c he i l c os to s t ima to a ba se de l l ' a ppa l to e s i cu re zza de l l 'Au tos t rada Roma

Latina—Cisterna—Valmontone è stato di € 1.882.000.000,00 (approvazione del progetto

definitivo di cui alla delibera CIPE n. 88 del 18/11/10 pubblicata sulla GU 26.8.11), il prezzo

a base d'asta per i servizi di ingegneria sarebbe potuto/dovuto oscillare fra € 75-96 milioni (il

4-5% del totale); applicando il ribasso medio percentuale del 49,78%, si giungerebbe ad un

costo di progettazione di euro € 37-48.000.000,00. Ne conseguirebbe che la somma

complessiva di € 40.000.000,00 netti, versata dalla Regione ad ARCEA, rimarrebbe

assolutamente congrua rispetto ai valori di mercato, se non addirittura minore, atteso che essa

risulta pari ad appena il 2,13% del totale previsto per l'opera (sia per la progettazione

preliminare sia definitiva).

Ha concluso la difesa, in via principale, per l’assoluzione di Francesco Storace e, in

subordine, per la condanna a corrispondere l'importo minore che sarà accertato in corso di

giudizio in considerazione non solo della condotta generale tenuta da medesimo, ma

soprattutto dell'errata interpretazione del danno da parte dell'accusa.

Giulio Gargano si è costituito eccependo pregiudizialmente la nullità dell’atto di citazione

ex art. 17, comma 30-ter, del D.L. n.78/2009, convertito con modifiche nella legge 3 agosto

2009, n. 102, e s.m.i., in quanto sarebbe privo del presupposto della notizia di danno specifica

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e concreta, la nullità ex artt. 163 e 164 c.p.c.. per assoluta indeterminatezza del suo contenuto,

in quanto non sarebbe individuato il contributo causale di Gargano nella vicenda, ed in via

preliminare ha eccepito la prescrizione del danno, indicando a termine di decorrenza la data

del pagamento da parte della Regione Lazio in favore di ARCEA di una somma pari ad e

9.212.593,20, avvenuta il 01.04.2005. Nel merito ha sostenuto che non sarebbe a lui

imputabile, nella sua qualità di assessore ai lavori pubblici, alcuna colpa grave, né in

relazione al danno da mancato risparmio (in quanto non ha partecipato alla redazione della

perizia), né in relazione all’imputazione di essere stato a conoscenza della procedura di

infrazione della comunità europea sin dal aprile 2004, sulla quale egli non aveva alcuna

competenza, nonché la non incidenza della sua condotta sotto il profilo causale (in quanto

ARCEA stessa era a conoscenza della procedura sin dal mese precedente, e si sarebbe

comunque autonomamente determinata), oltre che l’inesistenza di alcun danno collegabile a

detta procedura, attesa la sua archiviazione. Ha concluso per la dichiarazione di nullità

dell’atto di citazione e per il proscioglimento in accoglimento dell’eccezione di prescrizione,

e nel merito per la assoluzione o per l’esercizio del potere riduttivo da parte del Collegio.

Patrizio Cuccioletta si è costituito eccependo preliminarmente la prescrizione dell’azione, e

comunque la prescrizione parziale, relativamente alla quota di danno riferibile alla somma di €

18.012.593,20, corrisposta in favore di ARCEA nel biennio 2006-2007, e, nel merito, ha chiesto

l’assoluzione per insussistenza di tutti i presupposti della responsabilità nei suoi confronti,

poiché :

- non sussisterebbe il nesso causale con il danno da mancato risparmio, che sarebbe da

ricondurre alla sottoscrizione dell’Atto ricognitivo del 2009, al quale egli è stato del tutto

estraneo perché ha ricoperto l’incarico di Direttore del Dipartimento del Territorio della

Regione Lazio dal 7 ottobre 2002 al 3 agosto 2005 (alla data dell’atto ricognitivo la carica era

ricoperta dal suo successore Dr. Raniero Vincenzo De Filippis, al quale sarebbe imputabile la

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valutazione di congruità della stima degli elaborati progettuali effettuata dalla società RSM

Italy);

- non sussisterebbe alcuna colpa grave, né nell’aver inviato ad ARCEA la nota prot. n.

894/2/01 del 3 maggio 2005 a sua firma, la quale, contrariamente alla prospettazione della

Procura, non avrebbe contenuto una autorizzazione a procedere all’affidamento diretto, ma

un sollecito ad ARCEA a procedere alla progettazione esecutiva in conformità alla delibera

CIPE, senza alcuna indicazione sulla specifica modalità di affidamento di tale fase

progettuale, che è rimasta nella scelta della ARCEA stessa, né nel comportamento omissivo

contestato dalla Procura, in quanto la disapplicazione di una vigente normativa regionale –

mediante l’adozione di comportamenti atti ad evitare che ARCEA procedesse ad affidamento

della progettazione definitiva - avrebbe comportato, al suo livello decisionale, una violazione

dei doveri di ufficio, tenuto conto delle competenze di natura meramente esecutiva

demandate all’ufficio tecnico al cui capo egli era posto, le quali comportavano in assenza di

ogni indicazione da parte del vertice regionale, la necessità di adottare atti in conformità alla

vigente L.R. n. 32/2002 ed agli atti e convenzioni già posti in essere dalla Regione

(Convenzione stipulata in data 21 maggio 2003, disattendendo gli obiettivi fissati nell'Intesa

Generale Quadro del 20 marzo 2002); la Procura non avrebbe, poi, dimostrato il presupposto

della colpa grave che trae dalla pretesa conoscenza, da parte del Cuccioletta,

dell’orientamento assunto dalla Commissione europea sulla L.R. n. 32/2000, in quanto il fax

del 19 aprile 2005 della Rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Unione Europea,

concernente la procedura di infrazione, non era a lui diretto, bensì all'Ing. C. Costanzo, a capo

della Direzione Regionale Infrastrutture all'epoca dei fatti;

- non sussisterebbe alcuna contraddittorietà tra il preteso comportamento omissivo e

l’indirizzo assunto dal Presidente della Regione verso la Commissione Europea, atteso che

con la nota a sua firma, n. 24498 del 23 febbraio 2005, il Dott. Francesco Storace avrebbe

assicurato l’impegno della Regione a procedere alla modifica della L.R. 32/2002 quanto

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all’affidamento dei lavori, e non alla modifica fase progettuale, che, infatti, ha costituito

oggetto di clausola di salvaguardia nella successiva L.R. n.11/2006;

-infine, il danno sarebbe stato quantificato in misura eccessiva, dovendosi considerare che per

le stesse previsioni della legge obiettivo n. 190/2002, nell’ambito della cui attuazione i

progetti erano stati approvati ed affidati, sarebbe stato possibile per l’amministrazione, per

contenere i tempi procedimentali ed in virtù delle specifiche procedure introdotte dal D.lgs. n.

190/2002) e dell’art. 1, comma 2, lett. h), della 1. n. 443/2001, procedere in deroga "alla

vigente disciplina in materia di aggiudicazione di lavori pubblici e di realizzazione degli

stessi" al fine di "favorire il contenimento dei tempi e la massima flessibilità degli strumenti

giuridici" , sì che dovrebbe tenersi conto, non già del ribasso medio del 49,78% offerto nel

corso di ordinarie gare d'appalto, bensì di quello applicato nell'ambito di situazioni

"emergenziali". Ha concluso per la dichiarazione di nullità della citazione, per l’accertamento

della prescrizione, per l’assoluzione del convenuto nel merito e, in via subordinata, per

l’applicazione del potere riduttivo.

Raniero Vincenzo De Filippis ha pregiudizialmente eccepito la nullità dell’atto di citazione

per non sussistere “notizia specifica e concreta di danno” negli articoli di stampa che hanno

sollecitato l’iniziativa della Procura, e, preliminarmente, la prescrizione dell’azione maturata

alla data di notifica dell’invito nei suoi confronti (07.11.2013), con riferimento agli

affidamenti ad ARCEA avvenuti negli anni 2002-2006 , rilevando che la Corte dei conti si

era già interessata della vicenda, come si evincerebbe dalle note di richiesta di

documentazione inviate alla Regione Lazio nel 2006 delle quali, affermando di aver

inutilmente presentato domanda di accesso, chiede l’esibizione in giudizio ai sensi dell’art.14

del R.D. 13.08.1933, n. 1038 – o, in subordine, con riferimento ai pagamenti avvenuti dal

2005 al 2007, in quanto essi non avrebbero costituito meri acconti rispetto al totale saldato,

ma autonomi corrispettivi liquidati ad ARCEA per singoli progetti.

Nel merito ha contestato ogni responsabilità in ordine ai due atti a lui imputati, la proposta di

deliberazione di G.R., di cui alla nota n. 13484 del 24 luglio 2009, avente ad oggetto

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l’“autorizzazione alla stipula con ARCEA Lazio s.p.a. di un Atto ricognitivo con effetto

transattivo”, e la sottoscrizione del predetto atto ricognitivo del 2009, in quanto, sotto il

profilo della legittimità, tali atti sarebbero conformi alle previsioni delle leggi regionali n.

37/2002 e n. 11/2006, tanto più che le delibere del CIPE avrebbero subordinato l’indizione di

procedure di gara per l’affidamento in concessione della progettazione esecutiva e

costruzione delle opere alla definizione di ogni forma del contenzioso in essere; nel merito,

ha sostenuto che l’unico criterio per la determinazione di tali prestazioni era quello di

computarle in base alle tariffe vigenti, secondo gli impegni assunti con i contratti del 2004 e

del 2005, che la pretesa diseconomicità non sarebbe comunque sindacabile in assenza di una

illegittimità ad essa afferente, come nella fattispecie, e, comunque, essa costituirebbe

l’oggetto di una valutazione di merito dell’amministrazione nell’ambito della sua autonomia

contrattuale e discrezionalità, effettuata anche alla luce della comparazione con il costo delle

medesime in caso di contenzioso, motivo per cui la scelta sulla sua determinazione

esulerebbe anche dal sindacato di questa Corte, avverso al quale la difesa solleva

espressamente censura di difetto di giurisdizione (richiamando anche l’ordinanza della Corte

di Cassazione n. 16249/2014, che negherebbe tale giurisdizione anche sotto il diverso profilo

della attinenza al giudice ordinario delle questioni sulla corretta determinazione del

corrispettivo in esecuzione di un contratto di cui sia parte l’amministrazione, e SSUU n.

3349/2004). Ha contestato di aver svolto un ruolo determinante nell’adozione di tali atti,

poiché, diversamente da quanto prospetta la Procura, la nota n.13484 del 24/07/2009 non

sostanzierebbe una “proposta” relativamente alla successiva deliberazione della Giunta n. 661

del 07.08.2009 di quantificazione delle prestazioni di ARCEA, bensì un atto preparatorio

definito uno “schema di deliberazione”, redatto ai sensi dell’art. 65, comma 2, del Reg.reg. n.

1/02 di riorganizzazione degli uffici della Giunta regionale e, comunque, proveniente dal

Dirigente regionale e sottoscritto anche dal RUP, dal quale si evincerebbe anche la

provenienza della proposta dall’Assessorato ai lavori pubblici; la difesa cita anche la nota

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diretta ad ARCEA a firma degli Ing. Fabrizio e Meiattini, n.143098/2D/00 del 22/07/2009,

con al quale si anticipava sia l’intenzione della Regione di addivenire alla sottoscrizione di un

atto transattivo, sia l’importo del medesimo, a dimostrazione del fatto che entrambe le

decisioni sarebbero già state prese prima della nota a sua firma, e che quest’ultima si

presenterebbe, dunque, come mero atto conseguenziale ed attuativo delle previsioni del

regolamento. Ha concluso “per il rigetto della domanda per tutti i motivi sopra indicati”,

previo accoglimento della istanza istruttoria e previa integrazione del contraddittorio con i

soggetti coinvolti nei medesimi fatti a lui imputati, e, in via subordinata, per l’esercizio del

potere riduttivo dell’addebito.

Andrea Abodi e Ruggiero Borgia si sono costituiti tramite l’Avv. Costantini ed hanno

eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione, sostenendo che il preteso danno da

mancato esperimento della gara pubblica inciderebbe direttamente sul patrimonio di ARCEA

e non su quello della Regione Lazio, nonché la prescrizione dell’azione erariale, sia con

riferimento al danno collegabile alla stipula dell’Atto ricognitivo (dovendosi identificare

come primo atto interruttivo della prescrizione la notifica dell’atto di citazione, avvenuta nei

loro confronti il 2 febbraio 2015, e individuare, quale termine iniziale di decorrenza, la data

della stipula della transazione, il 3 dicembre 2009), sia per la parte di danno afferente i soli

contratti del 2004 e 2005 (gli unici atti compiuti nel periodo in cui essi erano in servizio),

poiché questo ultimo sarebbe comunque prescritto, assumendo come termine iniziale quello

della relativa stipula. Nel merito, quanto al danno correlabile all’atto ricognitivo del 2009, al

quale essi sono rimasti estranei, hanno sostenuto l’assenza di ogni nesso causale con gli

affidamenti diretti del 2004 e 2005, i quali ne costituirebbero un mero antecedente storico

privo di autonoma rilevanza causale, mentre gli antecedenti aventi diretta rilevanza causale

sul predetto atto andrebbero, invece, correttamente identificati nella Delibera della Giunta

della Regione Lazio n.661 del 7 agosto 2009, con la quale si diede "mandato al Direttore del

Dipartimento Territorio di sottoscrivere con ARCEA Lazio Sp.a. il predetto "Atto

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Ricognitivo", e nella delibera CIPE n.55/2008, di sostituzione della società interamente

pubblica "Autostrade del Lazio" alla Regione Lazio quale "soggetto aggiudicatore" della

Roma-Formia e della Cisterna-Valmontone, con la quale l’autorità, valorizzando la

progettazione sino a quel momento sviluppata da ARCEA, avrebbe fatto integralmente salva

la progettazione fino a quella data sviluppata dalla ARCEA medesima, limitandosi a

rideterminare il termine entro il quale i progetti definitivi avrebbero dovuto essere sottoposti

al CIPE. Quanto, invece, agli affidamenti diretti del 2004 e 2005, la difesa ne sostiene la

perfetta legittimità, sia richiamandosi all’art. 7 della L.R. n.11/2006, sia con riferimento alle

originarie previsioni dell’art.5 della L.R. n.32/2002 in base al quale essi erano stati conferiti,

sostenendo che ARCEA non avrebbe costituito un organismo di diritto pubblico soggetto alla

disciplina comunitaria sugli appalti. Sostiene la difesa, inoltre, l’assenza di dolo e colpa

grave, sia per essere al tempo controversa l’identificazione della figura dell’organismo di

diritto pubblico e, conseguentemente, la titolarità in capo ad ARCEA di doveri di procedere

ad affidamenti con selezione pubblica, sia perché gli amministratori di ARCEA avrebbero

comunque dovuto dare prevalenza al dovere di attuare l’oggetto sociale, e dar corso alla

attività di progettazione nei modi in cui essa era disciplinata e procedimentalizzata dallo

Statuto e dalla legge regionale, non potendo essi percorrere la strada di individuare in altro

soggetto un diverso affidatario, sia in quanto, come specificatamente si afferma, “la

percezione soggettiva che, in quel dato contesto, il Borgia e l'Abodi maturarono sulla

correttezza e conformità a legge del proprio operato non può non aver risentito delle pressanti

richieste della Regione Lazio in ordine al celere avanzamento della progettazione, in

occasione delle quali nessuna perplessità o riserva sulle modalità di selezione del progettista

fu mai avanzata da chicchessia” (richiama la difesa la nota del Dipartimento del Territorio

del 3 maggio 2005 prot. n.894/2/01, nella quale la Regione confermava il proprio pieno

consenso ed interesse all'avvio della "progettazione definitiva integrata del Corridoio

Tirrenico Meridionale (....) e della Cisterna Valmontone così come previsto dall'ordinanza del

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CIPE approvativa dei relativi progetti preliminari" e comunicava ad ARCEA che "codesta

Società può procedere all'affidamento della progettazione definitiva integrata del Corridoio

Tirrenico Meridionale (Roma- Terracina) e della Cisterna—Valmontone così come previsto

dalla delibera del CIPE approvativa dei relativi progetti preliminari finalizzato al pagamento

di tutte le attività da quest'ultima svolte relativamente alle progettazioni ed agli studi resi e

serviti alla Regione per l'istruttoria e l'approvazione in sede CIPE dei progetti preliminari e

definitivi e relativi studi, riferiti al progetto integrato "Corridoio Tirrenico Meridionale" (oggi

Roma—Latina) e collegamento Cisterna—Valmontone, di cui alla deliberazione CIPE

n.50/2004". Nemmeno sarebbe configurabile una colpa per aver essi omesso di rilevare il

preteso danno da mancata applicazione delle percentuali di ribasso in detti contratti, poiché,

quanto ai due contratti preliminari, “la delibera CIPE n. 50/2004, oltre ad approvare i progetti

preliminari, aveva approvato anche il Piano Economico Finanziario”, e, quanto al definitivo,

il relativo contratto era stato preceduto dalla approvazione da parte del Comitato Tecnico

Consultivo Regionale, istituito con legge regionale 8 novembre 1977 n.43 (poi sostituito dal

Comitato regionale per i lavori pubblici, istituito con Legge Regionale 31 gennaio 2002 n. 5)

di un apposito modello tariffario (doc. 36 difesa), poi effettivamente applicato per

determinare il detto corrispettivo”, e comunque in quella sede era stato altresì applicato un

coefficiente di riduzione del 22%”. Ha sostenuto, infine, l’assenza del preteso danno,

producendo una "Valutazione economica della progettazione preliminare e definitiva della

stima del valore di ribasso medio atteso del mercato per gare di affidamento dei servizi

d’ingegneria", commissionata alla Società Proto Check a r.l, che individua diversamente il

ribasso da applicare al valore della progettazione fornita alla Regione Lazio, sostenendo che

per “ una progettazione di qualità, non può e non deve passare il principio che una gara di

progettazione, qualunque essa sia, con un valore a base d'asta correttamente stimato, possa

essere assegnata con ribassi maggiori del 25%/30%”, e ha confutato la perizia del CTU in

quanto “errata per la quantificazione delle percentuali di ribasso offerte per il progetto

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preliminare, in quanto il periodo analizzato è diverso (2004-2008, e non 2003) dal momento

temporale dell'eventuale gara, ed è limitativa per la quantificazione delle percentuali di

ribasso offerte per il progetto definitivo e SIA, in quanto il periodo analizzato è in parte

diverso (2004-2008 e non 2005) dal momento temporale dell'eventuale gara di selezione.” Ha

concluso la difesa per l’accertamento del difetto di giurisdizione, per la dichiarazione

dell’intervenuta prescrizione, per il rigetto della domanda in quanto infondata o, in subordine,

per l’esercizio del potere riduttivo dell’addebito.

Si sono costituiti e difesi anche Flavio De Luca, Roberto Serrentino e Aurelio Saitta,

componenti del C.d.A. di ARCEA.

La difesa di Flavio De Luca ha eccepito in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione a

favore del giudice ordinario, per mancanza di rapporto di servizio tra ARCEA e Regione

Lazio e perché il preteso danno sarebbe stato arrecato direttamente ad ARCEA. Nel merito,

dopo aver precisato di aver ricoperto la carica di consigliere di Amministrazione di Arcea dal

21 maggio 2003 al 15 settembre 2006, ha sostenuto la legittimità degli affidamenti diretti del

2004 e 2005, avvenuti in base alla gara a doppio oggetto (vinta dal Consorzio 2050 “socio

privato non solo finanziatore degli interventi ma anche, almeno in parte, esecutore”) sia in

quanto i minimi tariffari all’epoca dei fatti erano inderogabili, sia in quanto Arcea non

sarebbe stato un organismo di diritto pubblico tenuto all’espletamento di gara pubblica, nella

vigenza dell’art. 5, comma 3, della L.R. n. 37/2002 e della L.R. n. 11 del 20 ottobre 2006,

che avrebbe conservato salvezza agli affidamenti; ad esclusione della colpa grave ha

richiamato la nota della Regione Lazio del 3 maggio 2005 già citata sopra, autorizzativa alla

progettazione, e l’efficacia non vincolante della delibera della AVCP del 2004, nonché la non

prevedibilità dell’evento dannoso. Ha contestato sia la sussistenza e attualità del danno,

rilevando che nella stessa delibera regionale n. 661 del 7 agosto 2009 si legge che l'importo

corrisposto dalla Regione ad Arcea riceverà "copertura finanziaria nell'ambito di quanto

Autostrade del Lazio S.p.A. corrisponderà alla Regione relativamente ai finanziamenti di cui

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alla deliberazione CIPE n. 50 del 2004 tramite idonea operazione di bilancio", sia la

sussistenza del nesso causale tra gli affidamenti del 2004 e 2005 ed il corrispettivo versato ad

ARCEA in virtù dell’atto transattivo, dovuto a diverse e maggiori attività progettuali

commissionate dopo le delibere cui l'Avv. de Luca ha partecipato e che avrebbero fatto

lievitare i costi della progettazione, dai 18 mln di euro iniziali, ai 40 mln di euro, poi

riconosciuti come complessivamente spettanti per l'intera progettazione. Sarebbe errata

anche la quantificazione del preteso danno, sia per eccessività della percentuale di ribasso

applicata dal CTU, considerando che nel 2005 i ribassi medi si sarebbero invece attestati

intorno al 19%, sia perché non avrebbe tenuto conto che ai 18 mln di euro si era pervenuti già

a seguito del ribasso del 22%. Ha concluso, in via pregiudiziale, per il difetto di giurisdizione,

in via subordinata e nel merito per l’improcedibilità e/o l'inammissibilità e, in ogni caso,

l'infondatezza della domanda .

Roberto Serrentino si è costituito sollevando le medesime censure in tema di giurisdizione

(difetto di giurisdizione sull'azione di responsabilità degli amministratori di una società

partecipata per il danno inferto al patrimonio della società) e prescrizione dell’azione

(individuando il termine di decorrenza nel 29 gennaio 2010, ovverosia dal giorno in cui

l'Amministrazione Regionale ha emesso i mandati di pagamento nn. 14589 e 14590, e con

riferimento al primo atto interruttivo da individuarsi nella notifica dell’atto di citazione, il 12

febbraio 2015). Nel merito ha rilevato l’estraneità del Serrentino, quale membro del

Consiglio di Amministrazione dell’Arcea Lazio S.p.A., a qualsivoglia attività riferibile alla

stipula dell'atto ricognitivo sottoscritto il 3 dicembre 2009, ha sostenuto la legittimità degli

affidamenti diretti del 2004 e 2005 con considerazioni analoghe a quelle già sopra riportate in

merito alla doverosità di medesimi, che la difesa svolge anche ai fin di escludere non solo il

dolo, che afferma non provato, ma anche la colpa grave (vincolatività dell’indirizzo

regionale, necessità di dare attuazione all’oggetto sociale, portata non vincolante sia della

delibera AVCP, peraltro gravata da impugnazione sia dall'Amministrazione Regionale, che

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dall’Arcea Lazio S.p.A., che della procedura di infrazione europea, previsione espressa di

legge regionale e, semmai, incertezza normativa sull’indirizzo da intraprendere in materia di

affidamenti). Infine, ha contestato la sussistenza del danno, sia per la congruità della

valutazione del parco progetti eseguita da RSM, sia in quanto l’esborso sarebbe stato

comunque inferiore a quello che si sarebbe presumibilmente dovuto liquidare a seguito di

azioni contenziose del Consorzio 2050 avverso ARCEA. Ha concluso per l’accertamento del

difetto di giurisdizione e, nel merito, per l’improcedibilità e/o l'inammissibilità e, in ogni

caso, l'infondatezza della domanda .

Aurelio Saitta si è costituito precisando di aver svolto attività quale consigliere di parte

pubblica dal 2003 al 30 giugno 2006, ed ha eccepito pregiudizialmente il difetto di

giurisdizione, sotto i medesimi profili sopra esposti per le altre difese, la nullità dell’atto di

citazione e degli atti istruttori compiuti in assenza di una notizia di danno qualificata, la

prescrizione del danno computata dalla piena conoscenza da parte della Corte dei conti della

problematica ARCEA sin dal 2006. Nel merito, ha sostenuto la legittimità degli affidamenti

diretti, la mancanza di alcun profilo soggettivo di addebito e la mancanza del nesso causale,

facendo riferimento alla doverosità degli stessi con argomentazioni analoghe a quelle sopra

esaminate per le altre difese. Ha richiamato, a ulteriore giustificazione, i verbali delle

assemblee ordinarie tenute nelle sedute del 22 dicembre 2004 (il verbale sarebbe chiaramente

illustrativo della posizione della Regione manifestata da Gargano in quella sede), del 17

febbraio 2005 (seduta nella quale egli avrebbe espressamente rilevato agli amministratori

l’opportunità di agire diversamente, perlomeno non procedendo agli affidamenti o dell’uso

della progettazione), e dell’11 maggio 2005 (seduta alla quale il Saitta, interrogandosi

sull’opportunità di percorrere la strada dell’affidamento degli incarichi di progettazione,

avrebbe considerato la possibilità di sospendere momentaneamente l’affidamento degli

incarichi di progettazione, nell’attesa di un previo confronto volto a verificare l’effettivo

gradimento dell’attuale maggioranza politica”, posizione mantenuta anche nell’intervento alla

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seduta del 12 luglio 2005). Ha rilevato, inoltre, che “risulta quanto riportato nella perizia

Boeri (pagine 103 e seguenti) nella quale viene scritto, testualmente, “dalla Memoria

dell’Ing. Antonio Mallamo, Consulente Tecnico di Parte della Regione Lazio nella

controversia insorta con il Consorzio 2050, emerge che gli Uffici Regionali (l’Assessore ai

Trasporti e Lavori Pubblici ed il Direttore Infrastrutture dello stesso Assessorato della

Regione Lazio), al fine di acquisire rassicurazioni sulle possibili lesività della Legge

Regionale nei termini esposti dall’ANCE, chiese delucidazioni a un professionista esterno,

nella fattispecie l’Avv. Mario Rocco (Racco). L’Avv. Rocco (Racco) nel parere reso il 9

settembre 2003 chiarì che la Legge Regionale 37/2002 si muoveva all’interno della disciplina

generale di cui al D.Lgs. n.190/2002 (di attuazione della Legge 443/2002) e, pertanto, non

solo ARCEA poteva effettuare direttamente i lavori relativi all’Oggetto Sociale, ma tutte le

preoccupazioni espresse dai Servizi della Commissione Europea erano prive di fondamento,

cosi come le affermazioni dell’ANCE”. Ha infine contestato la sussistenza del danno,

riferendo la stima della società Protos Check, della quale ha chiesto l’acquisizione. Ha

concluso pregiudizialmente per l’accertamento della nullità degli atti istruttori e per la

dichiarazione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti, e, nel merito, per l’assoluzione

per insussistenza dei fatti contestati, per mancanza di nesso causale e per mancanza di dolo e

colpa grave, e, in estremo subordine, per la prescrizione del presunto danno erariale.

B. L'Ing. Luigi Raimondo Besson e l'Ing. Bernardo Maria Fabrizio si sono costituiti

tramite l’Avv. Alberto Costantini precisando, in punto di fatto, che il danno loro ascritto trova

origine nel lodo arbitrale del 7 ottobre 2005, con il quale il Collegio arbitrale accolse "...la

domanda proposta dalla società Mele Engineering in ordine al credito residuo vantato nei

confronti della Regione Lazio per l’elaborazione del progetto preliminare e per l'attività

svolta per la redazione dello studio di impatto ambientale, condannando la Regione Lazio al

pagamento della somma di euro 5.662.161,21, oltre gli interessi legali dalla data della notifica

della domanda di arbitrato, e condannando altresì la Regione Lazio al pagamento delle spese

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di giudizio che liquida nella somma di €15.000,00 e alle spese di funzionamento del Collegio

arbitrale e agli onorari degli arbitri, che vengono liquidati con separata ordinanza".

Hanno eccepito preliminarmente la prescrizione, con riferimento a tali fatti ed alla notifica

dell’atto di citazione (12 febbraio 2015), ma anche con riferimento alla notifica dell’invito a

dedurre (notificato all'Ing. Besson il 6 novembre 2013 e all'Ing. Fabrizio il successivo 7

novembre) che si pone oltre il quinquennio prescrizionale dall’ultimo dei pagamenti degli

importi accessori liquidati a seguito del lodo nel 2007. Nel merito hanno rilevato che

l’addebito trarrebbe origine da un errore di lettura del lodo, che dirimeva il giudizio arbitrale

avviato nel 2004 dal medesimo RTI, avente ad oggetto il contenzioso sulla progettazione

preliminare di una superstrada il cui importo presunto superava i 400 milioni di Euro, il

quale, però, non riguarderebbe la progettazione presa in considerazione dalla Procura a base

degli addebiti colposi dei convenuti (che è la progettazione relativa alla gara aggiudicata nel

1998 al RTI Mele-Pigreco, la quale aveva ad oggetto l'acquisizione della progettazione

definitiva ed esecutiva relativa al potenziamento ed all'adeguamento del collegamento viario

tra Cisterna di Latina e l'uscita autostradale di Valmontone, per un importo presunto dei

lavori, di euro 80.000,000.000) .

Ampiamente descrivendo i fatti attinenti ai due diversi procedimenti, e rilevando l’estraneità

a quelli di cui in citazione, hanno concluso per l’assoluzione per prescrizione, e nel merito

per l’erroneità dei presupposti della responsabilità, indeterminatezza del danno, mancata

descrizione del profilo soggettivo dell’illecito, rilevando anche l’assoluta estraneità dei

convenuti all’addebito concernente le spese per la perizia del CTU ( che si riferisce ai diversi

fatti dannosi contestati agli altri convenuti a diverso titolo di danno).

All’udienza del 7 luglio 2015 il P.M. e le parti hanno ripercorso le tesi, ampiamente

integrandole e concludendo come in atti.

DIRITTO

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Le due voci di danno azionate dalla Procura devono essere esaminate partitamente, avendo

esse diverso titolo.

A. Danno imputato a titolo di mancata applicazione del corrente ribasso d’asta nella

determinazione del valore del parco progetti liquidato ad ARCEA a seguito dell’“Atto

ricognitivo” del 3 dicembre 2009.

1. L’eccezione di nullità degli atti ex art. 17, comma 30-ter, del D.L. n.78/2009, convertito

con modifiche nella legge 3 agosto 2009, n. 102, e s.m.i., per assenza del presupposto della

notizia di danno specifica e concreta di danno, è palesemente infondata, emergendo agli atti

che, sia le notizie di stampa che hanno originato la prima istruttoria (articolo pubblicato sul

settimanale l’Espresso n. 8 del 25 febbraio 2010), sia gli atti dai quali la Procura si è

determinata ad aprire istruttoria a stralcio per fatti connessi a quelli originariamente rilevati

(esposto – denuncia del Codacons del 22 novembre 2010, relazione della Corte dei conti -

Sezione del Controllo sugli enti su A.N.A.S. S.p.A. – Esercizio 2009 – Determinazione n. 9

dell’8 marzo 2011), istruttorie compendiate entrambe nell’atto di citazione di cui al presente

giudizio, presentano ampia descrizione dei fatti e degli effetti dannosi che, in sede istruttoria,

sono stati poi ulteriormente sceverati, identificati e posti a base degli addebiti.

2. Sulla eccezione di difetto di giurisdizione.

Il danno è individuato dalla Procura nel mancato risparmio, ovvero, recte, nel maggior costo

della attività di progettazione liquidata ad ARCEA in attuazione dell’Atto ricognitivo del

2009, in ragione del fatto che in quella occasione il corrispettivo di progettazione sarebbe

stato calcolato solo in base alle tariffe professionali applicabili al valore del parco progetti,

senza tener conto del ribasso percentuale medio ordinariamente applicato in sede di gara per

l’affidamento dei servizi di progettazione.

La questione di giurisdizione è stata posta dai soggetti convenuti in qualità di componenti del

C.d.A. di ARCEA (Andrea Abodi, Presidente p.t. di ARCEA, Ruggiero Borgia,

amministratore delegato, Flavio De Luca, Roberto Serrentino e Aurelio Saitta, Consiglieri di

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parte pubblica componenti del C.d.A. di ARCEA) in ragione del fatto che, seguendo la

ricostruzione dei fatti operata dallo stesso CTU nella perizi agli atti, il preteso danno sarebbe

stato causato, semmai, ad ARCEA, e, dunque, ad un soggetto privato, distinto dalla Regione e

non in rapporto di servizio con essa, con conseguente mancanza del rapporto di servizio

anche nei confronti degli amministratori della medesima società.

Va premesso che l’impostazione del CTU nella ricostruzione della dinamica dei fatti e

nell’incidenza del danno non é stata seguita dalla Procura, la quale, basandosi solo sui dati

tecnici della perizia, ha individuato, invece, una ipotesi di danno sofferto dalla Regione, e non

dalla ARCEA; è in relazione al petitum ed alla causa petendi che va vagliata la sussistenza o

meno della giurisdizione, e non alla perizia in atti, peraltro disattesa, sul punto, dalla Procura.

2.1 Ciò posto, la questione concerne un presupposto necessario perché, secondo la più recente

giurisprudenza della Corte di cassazione, si radichi la giurisdizione di questa Corte sul

preteso danno arrecato da amministratori di parte pubblica delle società partecipate; in realtà,

la questione coinvolge tutte le posizioni dei convenuti, ed è quella dell’individuazione del

soggetto sul quale il preteso danno incide, poiché rimane esclusa la giurisdizione di danno

erariale per i danni sofferti dalla società direttamente, e, dunque, anche per i danni sofferti dal

socio (anche pubblico) in ragione della partecipazione espressa nella sua quota sociale, cioè

per i danni incidenti sulla quota stessa quale parte del patrimonio della società.

Il Collegio rimarca, però, che nella fattispecie la giurisdizione di questa Corte va decisamente

affermata, ed è conforme ai criteri di riparto succitati, per il motivo che appresso si dirà.

Il petitum dell’odierna azione di danno erariale non è il recupero del danno arrecato alla quota

pubblica di ARCEA, bensì il danno arrecato alla Regione quale soggetto con essa contraente.

Infatti, il danno azionato è costituito dal maggior costo di progettazione che la Regione ha

corrisposto ad ARCEA, e cioè dall’eccesso di corrispettivo corrisposto da un contraente

pubblico (Regione Lazio) ad un soggetto privato (ARCEA) in violazione della normativa

pubblicistica sugli appalti e degli obblighi di servizio dei convenuti; a fronte dell’incidenza

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del danno direttamente sull’ente pubblico, e della sussistenza di rapporto di servizio con i

convenuti, il fatto che il contraente avvantaggiato da tale eccesso di corrispettivo sia una

società a partecipazione maggioritaria regionale non pone di certo problemi di giurisdizione,

incidendo il danno interamente sulla Regione quale contraente, e non quale socio.

L’eccezione è quindi palesemente infondata; valga a maggior ragione, del resto, considerare

che nessun danno si è prodotto a carico di ARCEA (e della quota di partecipazione della

Regione).

A meglio precisare, infatti, le due posizioni della Regione – da un lato contraente, e dall’altro

socio di ARCEA – sono del tutto antitetiche quanto agli effetti delle vicende illegittime qui

prospettate.

Rispetto al mancato ribasso prospettato dalla Procura, la posizione della società – e del socio

- non è affatto una posizione di danno, in quanto ARCEA, al contrario, ha lucrato un

vantaggio ricevendo una liquidazione, in tesi, superiore a quella che sarebbe stata in linea con

i prezzi di mercato; ciò, nei fatti, è dimostrato dalla differenza tra il corrispettivo per la

progettazione liquidato ad ARCEA con l’atto del 2009 e quello corrisposto da ARCEA al

Consorzio 2050 (il vantaggio del socio pubblico – come ha correttamente osservato la

Procura - si è ridotto in proporzione alla sua quota di partecipazione). Ciò che preme ribadire,

però, è che, comunque, in relazione a tale posizione (di vantaggio o danno di ARCEA, e,

indirettamente, della sua compagine sociale), prima ancora che un danno, non sussiste la

giurisdizione di questa Corte, e che, conseguenzialmente, come non può la Corte dei conti

accertare un danno arrecato alla quota del socio pubblico di una società a partecipazione

pubblica, in quanto tale danno è arrecato direttamente alla società e solo pro quota e di

riflesso al socio, così, anche, questa Corte non può avere giurisdizione sull’eventuale

vantaggio che la quota di partecipazione del socio pubblico abbia maturato nella vicenda di

danno erariale, nemmeno nella ipotesi, come la presente, in cui vi sia identità del socio

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pubblico con il soggetto erogatore del corrispettivo, rimanendo i due patrimoni perfettamente

separati.

Da tali considerazioni emerge non solo la piena giurisdizione di questa Corte sul danno, che è

arrecato direttamente alla Regione quale contraente e non quale socio di ARCEA, ma anche

la mancanza di giurisdizione sul possibile vantaggio ad essa derivante quale socio, con la

conseguenza che ne è precluso l’accertamento in questa sede. Nella determinazione del danno

la Procura ha invece detratto, quale quota di utile, il vantaggio conseguito dalla Regione in

quanto socio di ARCEA – vantaggio che la Procura, come detto, ha commisurato alla quota

di partecipazione del 51% alla società, e determinato nella differenza tra quanto ARCEA ha

corrisposto al progettista-socio Consorzio 2050 nella scrittura privata coeva all’“Atto

ricognitivo con effetto transattivo” del 3 dicembre 2009 – e quanto percepito dalla Regione a

titolo di compenso contrattuale in forza dell’atto ora citato.

Il Collegio, per quanto ora detto, dissente da tale criterio.

La relativa somma (euro 3.728.617,65, oltre IVA), costituisce una parte del maggior costo di

progettazione indebitamente erogato ad ARCEA, e come tale la sua valutazione esula

dall’ambito di questa giurisdizione anche ai soli fini della compensazione per utile versum:

ne consegue che l’oggetto del presente giudizio, sotto il profilo della quantificazione del

danno, è costituito dalla somma rappresentata dalla percentuale di mancato ribasso, non

applicata sul corrispettivo erogato ad ARCEA in esecuzione dell’atto ricognitivo del 2009,

senza decurtazione della predetta somma.

2.2 A reiezione di un rilievo formulato dalla difesa del De Filippis, il Collegio osserva che in

nessuna occasione la recente giurisprudenza della Corte di cassazione ha ritenuto

l’inesistenza della giurisdizione di questa Corte in connessione al fatto che il danno di cui il

procuratore erariale chiede il ristoro a favore dell’ente pubblico, imputabile a soggetti legati

ad essa da rapporto di servizio, possa essere costituito da una differenza (in più) di

corrispettivo contrattuale.

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Il richiamo che la difesa fa alla recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 16240 del

2014 non giustifica affatto tale tesi; anzi, in quella occasione (danno sofferto da ANAS in

occasione di un appalto di costruzione di opere stradali) la Corte ha affermato

inequivocabilmente la giurisdizione della Corte dei conti proprio in una fattispecie di danno

costituito da eccesso di riserve su lavori, che, in tesi, sarebbero state iscritte in assenza di

presupposti e con metodi di calcolo errati, e che erano state nonostante ciò liquidate al

contraente a seguito della procedura di accordo bonario ex art. 31 bis della legge n. 109/94.

Tale giurisdizione è stata affermata in applicazione degli ordinari criteri di riparto, e cioè in

base alla sussistenza o meno del rapporto di servizio, e, dunque, è stata affermata nei

confronti dei soggetti dipendenti dell’ANAS e dei componenti della commissione di

collaudo, ed è stata esclusa nei confronti dei componenti la commissione ex art. 31 bis,

nonché del contraente generale (art. 176 del codice contratti pubblici), soggetti entrambi nei

confronti dei quali non sussisteva rapporto di servizio, quest’ultimo in quanto, in quella

fattispecie, esso era stato convenuto non sulla base della trasgressione di regole pubblicistiche

su di esso gravanti, ma come mera controparte contrattuale – come tale non in rapporto di

servizio con l’amministrazione. La frase dalla quale la difesa ritiene di poter trarre il principio

generale, che alla Corte dei conti sarebbe sottratta la giurisdizione sul danno derivante da

erronea o eccessiva corresponsione di corrispettivo contrattuale, è quella con la quale la

Cassazione, argomentando con esclusivo riferimento alla posizione del contraente generale, si

dà carico di precisare il criterio di riparto applicabile a tale peculiare soggetto, e ricostruire

sistematicamente i molteplici precedenti nei quali la stessa Cassazione ha, invece, affermato

nei suoi confronti la giurisdizione di danno erariale. Tale frase è la seguente “Ciò di cui si fa

carico alla – OMISSIS - S.p.a. è di aver iscritto in contabilità riserve per le quali si assume

che non ricorressero i presupposti o che sarebbero state computate in misura maggiore del

dovuto: cioè, in definitiva, di aver preteso ed ottenuto, grazie al parziale riconoscimento di

dette riserve, una contropartita della propria prestazione che non le sarebbe spettata; siffatta

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pretesa, con ogni evidenza, innesca una controversia tra le parti contrattuali, avente ad

oggetto la corretta determinazione del corrispettivo dovuto per l’esecuzione del contratto,

che, come tale, manifestamente non appartiene ala giurisdizione della Corte dei conti”. Tale

frase non ha alcuna valenza se estrapolata da tale contesto argomentativo, né si riferisce in

generale alla ipotesi di danno da eccesso di corrispettivo, come dimostra con altrettanta

evidenza il fatto che la stessa decisione, per la medesima ipotesi di danno da eccesso di

corrispettivo, lì costituito da eccessivo riconoscimento di riserve, afferma la giurisdizione

della Corte dei conti nei confronti di soggetti legati, invece, da rapporto di servizio con

l’amministrazione. Il Collegio concorda pienamente con questo criterio, e osserva che,

peraltro, di esso la Procura mostra di aver tenuto perfettamente conto, laddove ha citato per

danno erariale i soli soggetti legati da rapporto di servizio con la Regione Lazio che hanno

permesso, in violazione dei rispettivi e specifici doveri di ufficio, e del generale dovere di

agire nell’interesse pubblico, che questo venisse determinato in maniera incongrua, favorendo

la ARCEA per la differenza tra il corrispettivo a lei erogato e i prezzi medi di mercato per le

prestazioni offerte. Nessuna imputazione è stata sollevata nei confronti del contraente

ARCEA, controparte contrattuale, per la differenza in tesi indebitamente lucrata.

2.3 In merito alla specifica posizione dei convenuti Abodi, Borgia, Saitta, Serrentino e De

Luca, che sono stat i convenuti in quali tà di “componenti di parte pubblica di

ARCEA” (Presidente e membri del C.d.A.), l’eccezione di difetto di giurisdizione va

esaminata anche sotto il profilo della sussistenza o meno di un rapporto, tra i convenuti e la

Regione, assimilabile ad un rapporto di servizio.

Ritiene il Collegio che, pur se il rapporto che nasce dall’atto di designazione, con il quale la

Regine individua alcuni dei componenti dei vertici decisionali della società, non è

assimilabile a quello che nasce da un mandato, né costituisce una forma di rappresentanza in

senso tecnico, esso ha indubbiamente il contenuto di un rapporto fiduciario, tale che il

designato debba svolgere la propria funzione di organo istituzionale della società, seppure

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nell’interesse della società delineato dall’oggetto sociale – e dunque anche se, in ipotesi, esso

sia economicamente confliggente con quello del soggetto dal quale promana l’investitura – ,

nel pieno rispetto quantomeno della normativa, e, specificatamente, della disciplina

pubblicistica che vincola l’azione della società partecipata. L’affermazione che i

rappresentanti di parte pubblica non sono legati da un rapporto di vera e propria

rappresentanza legale con la Regione, perché esso contrasterebbe con il rapporto di

amministrazione che essi hanno con la società, è altrettanto vera come l’affermazione che il

rapporto tra la pubblica amministrazione ed i soggetti da essa designati in seno alla società

partecipata nasce ed esiste in funzione del rapporto di fiducia con quelli, che è la ragione

della designazione di un particolare soggetto, e che l’atto di designazione vincola gli

amministratori “di parte pubblica” ad agire rispondendo alle aspettative che sono il legittimo

ed esigibile contenuto di quel rapporto di fiducia con l’amministrazione designante; questo

contenuto, pure se oggettivamente limitato nel senso ora detto, non è di certo irrilevante nei

rapporti con l’amministrazione designante, al momento in cui al designato si contesti proprio

la trasgressione al dovere di aderenza al complesso normativo di natura pubblicistica

(ordinato al perseguimento del pubblico interesse ed alla sua tutela) che costituisce, insieme

alla competenza tecnica o agli altri profili curriculari richiesti, la ragione per la quale

l’amministrazione ha individuato fiduciariamente quel soggetto, tra gli altri, come idoneo a

svolgere, in seno alla società, i propri compiti sia in aderenza all’interesse della società, sia

all’interesse del soggetto pubblico designante al rispetto delle norme pubbliche con le quali

esso è obbligato ad agire. Una tale interpretazione è confortata dalla stessa Corte di

Cassazione, che in una recente decisione (Cassazione civile, sez. I, 15 ottobre 2013) ha

accertato che “ In una società di capitali a partecipazione pubblica, il venir meno del

rapporto fiduciario tra socio Amministrazione comunale e amministratori è rilevante, ai fini

di integrare una giusta causa di revoca del mandato, solo quando i fatti che hanno determinato

il venir meno dell’affidamento siano oggettivamente valutabili come idonei a mettere in forse

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la correttezza e le attitudini gestionali dell’amministratore. Altrimenti lo scioglimento del

rapporto fiduciario deriva da una valutazione soggettiva della maggioranza, che legittima da

un lato il recesso ad nutum ma legittima altresì l’amministratore revocato senza una giusta

causa a richiedere il risarcimento del danno derivatogli dalla revoca del mandato”,

conferendo così particolare rilevanza al rapporto fiduciario nascente dalla designazione.

Limitando l’esame agli aspetti di pertinenza del presente accertamento, tale peculiare

contenuto del rapporto che nasce dalla designazione è sufficiente a radicare la giurisdizione

di danno erariale per i danni prodotti all’ente designante mediante la perpetrazione di illeciti

in violazione della normativa pubblicistica. Altro, poi, è verificare quali siano i limiti della

esigibilità del comportamento contestato, questione che non concerne la giurisdizione ma,

semmai, la verifica dell’elemento soggettivo (l’estensione del sindacato sulla loro colpa

grave).

3. In merito all’eccezione di prescrizione, sollevata da tutti i convenuti relativamente al danno

da “mancato risparmio”, va precisato che, nella fattispecie, il corrispettivo di ARCEA stato

liquidato dalla Regione Lazio in due diverse occasioni.

3.1 Nel periodo dal 2005 al 2007 la Regione ha liquidato corrispettivi ad ARCEA in

connessione ai contratti stipulati nel 2004 e nel 2005, secondo la seguente tabella dei

pagamenti, che riporta dati non contestati dalle parti:

QUADRO DEI PAGAMENTI EFFETTUATI DALLA REGIONE LAZIO

IN FAVORE DI ARCEA

ESTREMI FATTURE

ARCEAIMPONIBILE I.V.A. 20% IMPORTO

1/2005 del 01.04.2005

(cfr.all.n.56)€ 7.677.161,00 € 1.535.432,20 € 9.212.593,20

1/2006 del 21.06.2006

(cfr.all n.56)€ 2.000.000,00 € 400.000,00 € 2.400.000,00

2/2006 del 12.07.2006

(cfr.all.n.56)€ 2.000.000,00 € 400.000,00 € 2.400.000,00

1/2007 del 30.03.2007

(cfr.all.n.56)€ 1.666.666,66 € 333.333,34 € 2.000.000,00

2/2007 del 28.09.2007

(cfr.all n.56.)€ 1.666.666,66 € 333.333,34 € 2.000.000,00

TOTALE € 15.010.494,32 € 3.002.098,88 € 18.012.593,20

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Pagamenti ai quali corrispondono le fatture emesse dal Consorzio 2050 a carico di ARCEA:

QUADRO DEI PAGAMENTI EFFETTUATI DA ARCEAIN FAVORE DEL CONSORZIO 2050

ESTREMI

FATTURE

CONSORZIO

2050

IMPONIBILEC.N.P.A.I.A.

2%

TOTALE

IMPONIBILE

I.V.A.

I.V.A. 20% IMPORTO

1/04 del

14.07.2004

(cfr.all.n.57)€ 35.000,00 ========= € 35.000,00 € 7.000,00

€ 42.000,00*

2/04 del

01.09.2004

(cfr all.n.57)€ 1.800.000,00 € 36.000,00 € 1.836.000,00 € 367.200,00 € 2.203.200,00**

3/04 del

13.09.2004

(cfr.all.n.57)€ 100.000,00 ========= € 100.000,00 € 20.000,00 € 120.000,00*

6/04 del

23.11.2004

(cfr.all.n.57)€ 205.000,00 ========= € 205.000,00 € 41.000,00 € 246.000,00*

1/05 del

01.04.2005

(cfr all n.57)€ 5.396.270,00 € 107.925,40 € 5.504.195,40 € 1.100.839,08 € 6.605.034,48**

06/05 del

01.09.2005

(cfr.all.n.57)€ 1.200.000,00 € 24.000,00 € 1.224.000,00 € 244.800,00 € 1.468.800,00***

01/06 del

03.07.2006

(cfr.all n.57)€ 1.633.986,94 € 32.679,73 € 1.666.666,67 € 333.333,33 € 2.000.000,00***

06/06 del

04.09.2006

(cfr.all.n.57)€ 1.307.189,53 € 26.143,80 € 1.333.333,33 € 266.666,67 € 1.600.000,00***

01/07 del

11.05.2007

(cfr.all.n.57)€ 1.411.404,19 € 28.228,08 € 1.439.632,27 € 287.926,45 € 1.727.558,72***

06/07 del

05.12.2007

(cfr.all.n.57)€ 1.633.986,94 € 32.679,73 € 1.666.666,67 € 333.333,33 € 2.000.000,00***

TOTALE € 14.722.837,60 € 287.656,74 € 15.010.494,34 € 3.002.098,87 € 18.012.593,21

* importi derivanti dal “contratto di servizi di assistenza per l’istruttoria e l’approvazione CIPE dei progetti e dei

finanziamenti del corridoio tirrenico meridionale e della Cisterna- Valmontone” (Doc. n. 13 .All. n.19).

** importi derivanti dal “contratto di servizi di progettazione” (Doc. n. 13 All. .n.20).

*** importi derivanti dal “Contratto quadro per l’affidamento dei servizi di progettazione” (Doc. n. 13 All. n. 21).

Giova premettere che è irrilevante la questione, insorta tra le parti, se i pagamenti effettuati

sino al 2007 siano o meno da considerarsi degli anticipi rispetto alla liquidazione avvenuta

nel 2009 in esecuzione del citato “atto ricognitivo”.

Anche a voler accedere alla tesi che essi costituiscano un saldo, in quanto differenza tra

quanto liquidato alla ARCEA per competenze di progettazione con riferimento all’intero

“parco progetti” da essa consegnato alla Regione Lazio e quanto già liquidato alla stessa

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società per i servizi di progettazione sino al 2007, rimane che il preteso depauperamento che

ad essi si ricollega (la quota di ribasso che, in tesi, anche su tali liquidazioni non sarebbe stata

praticata) si è compiuto in maniera definitiva al momento dell’emissione dei mandati di

pagamento ad ARCEA, dei quali l’ultimo è stato emesso nel 2007. Ne consegue che, rispetto

alle liquidazioni a tutto il 2007, e rispetto alla quota di mancato ribasso su di esse

prospettabile, il termine prescrizionale risulta ampiamente maturato, anche con riferimento

alla data di notifica dell’ultimo invito a dedurre (4 gennaio 2014).

La conclusione non muta anche a voler più correttamente inquadrare la vicenda della

liquidazione del parco progetti di ARCEA.

Tale vicenda, come si è visto, è caratterizzata dalla stipula di soli tre contratti di

progettazione, tra ARCEA e Consorzio 2050, nel 2004 e nel 2005, e dal fatto che tutta

l’attività di progettazione successiva all’esecuzione di quelli è stata svolta di fatto, in assenza

di idoneo titolo contrattuale, con continue variazioni e ripresentazioni di progetti che

avrebbero dovuto, invece, sicuramente essere oggetto di separati incarichi, per la diversità sia

dell’oggetto progettuale che della normativa di legge e programmatica in cui esso doveva

avere i suoi riferimenti, e che ne costituiva un presupposto del tutto diverso rispetto ai

precedenti incarichi di progettazione. Solo a maggior riprova di tale evidenza, del tutto

intuitiva solo all’esame degli atti, si rilevi che già nella nota del 10 marzo 2006, n.

GAB/2006/2194/B05, la Commissione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del

Territorio, valutando la seconda versione del progetto definitivo della Bretella Cisterna –

Valmontone, trasmessa da ARCEA il 3 febbraio 2006 alla Regione Lazio-Assessorato ai

Trasporti ed alla Mobilità, rilevava che “il progetto definitivo è sensibilmente diverso da

quello preliminare oggetto di compatibilità ambientale e che le varianti hanno significativo

Impatto sull’Ambiente”, e per tali motivi disponeva l’aggiornamento dello Studio di Impatto

Ambientale e la nuova pubblicazione dello stesso nei modi previsti dalla legislazione vigente.

La progettazione definitiva, recependo le modifiche programmatiche del nuovo piano di

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viabilità varato dalla Regione nel luglio del 2005, aveva assunto contenuti assai diversi, tali

che la stessa progettazione preliminare doveva essere rifatta partendo dai documenti basilari

(ivi compreso il SIA); è evidente l’impossibilità di inquadrare l’attività di progettazione

svolta dopo il luglio del 2005 nell’ambito dell’attività di esecuzione dei contratti del 2004 e

del 2005, e che essa avrebbe, invece, necessitato di autonomo titolo, nei modi di legge,

nonché la reale funzione dell’“atto ricognitivo” del 2009, che pur premettendo una

valutazione globale sin dal 2004 della progettazione fornita da ARCEA, è stata quella di

valorizzare contrattualmente l’attività progettuale svolta al di fuori di un titolo formale di

incarico, attribuendo ad essa un titolo contrattuale (l’atto stesso) ed un valore (la differenza

con quanto liquidato al 2007).

Anche ciò considerando, l’attività progettuale remunerata a tutto il 2007 rimane egualmente

coperta dalla prescrizione rispetto al termine di maturazione, fissato per legge al quinquennio

antecedente il primo atto interruttivo e decorrente dalla data di maturazione del preteso

danno, poiché detta data coincide egualmente con l’ultima delle liquidazioni del 2007; anche

a voler considerare l’ultima notifica dell’invito a dedurre originario, avvenuta in data 4

gennaio 2014, tale termine è maturato alla data del 4 gennaio 2009, per cui la quota di

mancato ribasso applicabile all’importo di euro 18.012.593,20, liquidato a tutto il 2007,

rimane comunque prescritta.

Va anche precisato che in questa sede è irrilevante la questione, posta dalle parti,

dell’ammontare di tale quota (le parti sostengono che i contratti del 2004 e del 2005 avevano

comunque stabilito un compenso di progettazione sul quale era stata applicata la percentuale

di ribasso del 22%); l’invocato ribasso è elemento che, comunque, afferisce unicamente quei

contratti, la cui liquidazione è avvenuta a tutto il 2007. In altri termini, la percentuale di

ribasso eventualmente applicata nei contratti del 2004 e 2005 tra ARCEA e Consorzio 2050

rimane fatto irrilevante nella parte in cui essa afferisce a quota di danno prescritta; invece,

nella vicenda della liquidazione del 2009, che riguarda i diversi rapporti tra ARCEA e

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Regione, è evidente che nessuna percentuale di ribasso è stata applicata, per cui non può

correlativamente detrarsi alcun ribasso invocando quei contratti, pure volendo accedere alla

tesi che con l’atto ricognitivo si sia operata una “rideterminazione” del corrispettivo in modo

complessivo e globale con inclusione della valutazione anche dell’attività di progettazione

svolta dal 2004 dalla ARCEA, poiché a tale complessiva rivalutazione è rimasto del tutto

estraneo il criterio del ribasso, convenuto in quei contratti.

3.2 Il corrispettivo spettante ad ARCEA in virtù dell’atto del dicembre 2009 è stato liquidato

alla società con i mandati di pagamento nn. 14589 e 14590, entrambi datati 29.01.2010, e

nessun pagamento si registra in data antecedente a questa; ne consegue che nessuna

prescrizione è maturata, invece, sull’intera quota di danno computabile sul “saldo”, così

definito nel citato atto del 2009, liquidato ad ARCEA nell’importo di euro 29.987.406,82.

Tale conclusione è conforme al principio, del tutto pacifico nella giurisprudenza di questa

Corte e condiviso dal Collegio, per il quale la prescrizione comincia a decorrere dal momento

in cui si verifica la concreta lesione del patrimonio pubblico, cioè nel momento in cui è

effettuato il pagamento (SSRR 14/QM/2011); è infondata la diversa prospettazione difensiva,

che farebbe decorrere il termine iniziale di prescrizione dalla data di stipula del predetto atto

del 3 dicembre 2009, poiché una tale decorrenza non trova motivo di essere nella presente

fattispecie, trovando la sua genesi giurisprudenziale, e la sua ratio (come è evidente nella

decisione di questa Corte SSRR, 3/QM/2003), in materia di prescrizione del danno indiretto,

cioè del danno che l’amministrazione subisce per effetto della condanna patrimoniale che

essa sia costretta a liquidare in virtù di una sentenza (o, appunto, di un atto transattivo con i

terzi danneggiati); in tali ipotesi, infatti, il danno è determinato in virtù di un autonomo titolo

genetico (la sentenza o l’accordo transattivo) che ne determina immediata liquidità ed

esigibilità per l’intero importo in esso indicato, che il giudice non può contestare né nei

presupposti della sua imputazione, né nell’ammontare nei confronti dell’ente pubblico (salvo

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il potere, in seno al giudizio di responsabilità patrimoniale, di accertare quale parte sia

concretamente imputabile al convenuto).

Peraltro, l’eccezione è infondata anche se si volesse computare, a termine di decorrenza

iniziale, la data di stipula dell’atto, il 3 dicembre 2009, atteso che il termine, in questo caso, si

maturerebbe comunque il 3 dicembre 2014 e che il primo atto interruttivo della prescrizione

(la notifica del primo invito a dedurre cumulativo) è intervenuta in data antecedente al 3

dicembre 2014 (atteso che il 4 gennaio 2014 è avvenuta l’ultima notifica dello stesso invito).

In considerazione del fatto che l’invito a dedurre riveste ad oggi piena efficacia interruttiva

del termine di prescrizione, se fornito, come nella fattispecie, di tutti gli elementi sufficienti

per definire il preteso credito sia sotto il profilo quantitativo che del titolo che si va ad

azionare (Corte dei Conti, SS.RR., 18 luglio 2007, n. 4/QM/2007; 20 dicembre 2000, n.

14/QM/2000; SS.RR. 20 marzo 2003, n. 6/QM/2003;SS.RR. 27 gennaio 2004, n.

1/QM/2004), l’eccezione, pertanto, è comunque infondata.

Con riferimento alle liquidazioni esecutive dell’atto transattivo del 2009, rimane del tutto

irrilevante il rilevo di alcune difese che la Procura di questa Corte fosse già a conoscenza dei

fatti sin dal settembre 2006 (come dimostrerebbe la nota prot. 149984 del Direttore regionale

infrastrutture Ing. Meiattini, indirizzata ad ARCEA, con la quale si chiede documentazione

da trasmettere alla Procura regionale presso la Sezione Lazio, la quale avrebbe richiesto in

quella occasione “atti di qualsiasi natura - contratti, convenzioni, accordi programma, ecc. -

stipulati da codesta società e la Regione Lazio”); è, infatti, evidente che la richiesta, semmai,

è riferibile ai fatti antecedenti il 2006, e non a quelli successivi, nei quali rientra la seconda

liquidazione, e, conseguentemente, la questione è irrilevante poiché quei fatti sono già

accertati come prescritti. Per conseguenza, è inammissibile anche la richiesta della difesa del

De Filippis di esibizione in giudizio degli atti medesimi.

In conclusione, rimane azionabile, perché non coperto da prescrizione, tutto il preteso danno

derivante dall’emissione dei mandati di pagamento del 2010, i quali liquidano alla ARCEA la

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differenza tra quanto corrisposto sino al 2007 e quanto accertato spettante in esecuzione

dell’atto transattivo.

4. La Procura afferma l’illegittimità degli affidamenti diretti fatti da ARCEA in collegamento

alla sua natura di organismo di diritto pubblico ai sensi delle Direttive 93/37/CEE, 92/50/CEE

e 93/36/CEE, alla correlata qualità di amministrazione aggiudicatrice ai sensi delle stesse, ed

al correlato obbligo di attuare le norme delle direttive comunitarie sopra citate, e porre in

essere le procedure di aggiudicazione ivi previste, sostenendosi che “ARCEA, per

l’esecuzione dei lavori pubblici e, quindi, anche per l’espletamento dell’attività di

progettazione, quale organismo di diritto pubblico, non avrebbe potuto rivolgersi né al socio

privato di minoranza né a società collegate, bensì agire alla stregua di un’amministrazione

aggiudicatrice”.

Il Collegio premette di concordare perfettamente con quanto rilevato specificatamente per

ARCEA nella Deliberazione AVCP n. 1 del 14/01/2004; in quella sede, in breve, l’Autorità

rilevava che “Una società per azioni dotata di personalità giuridica, controllata dalla regione,

che detiene la maggioranza del capitale sociale, ed istituita per svolgere un’attività che non

riveste carattere industriale o commerciale, quale l’attività di costruzione ed esercizio di

autostrade e strade, finalizzata ad un interesse generale in quanto rapportata ad esigenze

qualitative dei livelli di servizio e di sicurezza, possiede le caratteristiche dell’organismo di

diritto pubblico e, come tale, è assimilabile alle amministrazioni aggiudicatrici. Da ciò

discende che per la realizzazione di opere e l’esecuzione di lavori pubblici, nonché per

l’espletamento di attività di progettazione, detta società non potrà rivolgersi né al socio

pr ivato d i minoranza né a società co l legate , ma dovrà agi re , a l la s t regua d i

un’amministrazione aggiudicatrice, nel rispetto della disciplina normativa e regolamentare sui

lavori pubblici, ai sensi dell’art. 2, comma 2, lett. a) della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e

s.m. nel rispetto della disciplina normativa e regolamentare sui lavori pubblici, ai sensi

dell’art. 2, comma 2, lett. a) della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m.”. Tale principio,

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rileva il Collegio, trovava rafforzato obbligo di attuazione da parte della Regione Lazio dopo

l’entrata in vigore della legge quadro (D. Lgs. n. 163/2006 e ss.mm.ii., cd. testo unico sugli

appalti di lavori e forniture), che recepisce i principi comunitari in materia, senza che,

diversamente da quanto afferma la difesa di alcuni convenuti, potesse prospettarsi alcun

dubbio, al momento dei fatti, sulla natura di organismo di diritto pubblico di ARCEA (dubbio

oggettivamente da escludersi, in base alle caratteristiche di ARCEA e alla giurisprudenza

comunitaria e nazionale già consolidata al tempo, e soggettivamente da escludersi, per i

convenuti, in quanto in radice escluso dalla pronunzia della AVCP su citata).

Ne consegue che gli affidamenti diretti effettuati da ARCEA con i contratti del 2004 e del

2005 dovevano considerarsi illegittimi pur nella vigenza dell’art. 5 della L.R. n.37/2002, in

quanto tale disposizione è contraria alla predetta disciplina e non doveva essere applicata.

Per gli affidamenti successivi, cioè per la progettazione consegnata dopo il 2007, la questione

- che è rilevante perché afferisce fatti non coperti da prescrizione - è ancora più semplice in

punto di diritto.

In primo luogo, si deve rilevare che gli affidamenti successivi alla legge regionale n. 11/2006,

che sono avvenuti nel corso del 2006 e per tutti gli anni successivi sino al 2009, sono

illegittimi non solo per lo stesso motivo sopra detto, ma anche perché la sopravvenuta L.R. n.

11/2006 (dalla quale, invece, la difesa pretende di trarre la loro legittimità), non aveva

comunque un contenuto tale da consentirli.

Difatti, la clausola di salvezza di cui all’art. 7 della medesima legge prevedeva che

dall’effetto abrogativo dell’art. 5 della previgente L.R. 32/2002 (per opera del quale ARCEA

non poteva più commissionare in via diretta al socio privato la progettazione de qua) erano

fatti salvi “gli affidamenti della progettazione preliminare ed esecutiva del corridoio

autostradale Tirrenico Sud” ma solo “limitatamente alle prestazioni eseguite anteriormente

alla data di entrata in vigore della presente legge” (ottobre 2006); dunque, le prestazioni di

progettazione eseguite successivamente all’ottobre del 2006 non potevano né trovare

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legittimo titolo nell’invocato art. 5 della L.R. 37/2002, al quale non poteva darsi applicazione

perché abrogato, né trovare legittimo titolo nella norma transitoria della legge abrogativa (art.

7 della L.R. n.11/2006), poiché il limite temporale dell’ottobre del 2006, da questa indicato a

definizione dell’arco temporale della ultrattività della norma abrogata, riguarda il momento

della effettuazione delle prestazioni di progettazione, non già al momento del loro

affidamento.

La norma fa salve (dall’applicazione delle nuove norme regionali che impongono la scelta del

progettista tramite le ordinarie procedure di appalto) le sole prestazioni di progettazione

eseguite entro la data di legge, e pertanto rimanevano comunque fuori da tale “deroga”, e

illegittime anche per questo precipuo motivo, tutte le prestazioni di progettazione eseguite

dopo l’ottobre del 2006, e, dunque, tutte quelle remunerate con il “saldo” del 2009, anche a

voler ritenere - e ciò non è affatto, come si è visto - che esse fossero state rese in esecuzione

degli affidamenti del 2004 e del 2005.

Ciò posto, preme a questo Collegio sgombrare il campo da una falsa prospettiva di analisi

della illegittimità dei fatti qui contestati, e conseguente illiceità del preteso danno, emersa

nelle argomentazioni di alcune difese che, anche in udienza, hanno sostenuto che a base della

contestata illiceità la Procura abbia posto la violazione delle regole sugli affidamenti diretti

da parte di ARCEA, ed hanno a ciò opposto sia l’inapplicabilità ad ARCEA di tali regole, sia

che di tale violazione non potrebbero essere chiamati a rispondere soggetti che non avevano

alcuna competenza su tali affidamenti.

L’imputazione, viceversa, non afferisce direttamente il metodo di affidamento da parte di

ARCEA delle attività di progettazione, bensì la corresponsione, da parte della Regione, di un

corrispettivo per la progettazione non determinato sulla base del prezzo di mercato, cioè

mediante applicazione al valore tariffario del ribasso medio praticato in gara; la Procura

contesta che nell’atto ricognitivo del 2009 tale corrispettivo è stato determinato sulla base

delle tariffe professionali senza tale ribasso, e che ciò costituisce una illegittimità, e nella

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imputazione del preteso danno, determinato nel mancato ribasso, coinvolge anche i soggetti

che hanno permesso che l’attività di progettazione fosse affidata da ARCEA senza gara

perché, in tesi, a ciò sarebbe conseguita la pretesa ad un corrispettivo superiore a quello che,

in gara, sarebbe stato determinato dai meccanismi concorrenziali.

La tesi è corretta, sia nelle premesse di diritto (illegittimità di un compenso non in linea con il

prezzo di mercato) che nell’esame dei fattori causali.

In punto di diritto, anche l’affidamento diretto, pur quando consentito (e dunque anche

nell’ipotesi in cui non si volesse affermare che ARCEA fosse obbligata, per l’attività di

progettazione specificatamente commissionata al Consorzio 2050, ad affidare tale attività

mediante pubblica gara), non costituisce un legittimo motivo per remunerare in base alla

piena tariffa professionale, e senza alcun riferimento al valore di mercato, le prestazioni

professionali che ARCEA ha reso alla Regione.

Nel sistema degli affidamenti diretti consentiti dall’ordinamento è espressa la regola che, in

ogni caso, l’amministrazione aggiudicatrice debba tener conto del valore di mercato delle

prestazioni; anche in tali casi occorre una previa verifica di tale valore, ed una comparazione

del corrispettivo richiesto con il prezzo ordinariamente praticato, e ciò a maggior ragione

dopo l’abrogazione dei cd. “minimi tariffari” avvenuta nel 2006, cioè in un periodo nel quale,

come dopo si vedrà, tale valore di mercato si è ampiamente e progressivamente ridotto, in

corrispondenza all’aumento della percentuale di ribasso ordinariamente praticata non solo

nelle procedure aperte, ma anche in quelle ristrette (dati OICE agli atti).

La libera contrattazione del corrispettivo senza riferimento a prezzo di mercato, sulla base

della libera autonomia contrattuale delle parti, è possibilità che rimane caratteristica delle

contrattazioni tra soggetti privati o regolate da norme di diritto privato, ma non è contemplata

nei rapporti regolati dalla disciplina pubblicistica, e tipicamente dalla disciplina degli

affidamenti di lavori, servizi e forniture, perché il riferimento a un prezzo parametrato a

quello di mercato serve alle esigenze pubblicistiche in una doppia misura: nelle procedure

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aperte, esso tutela la concorrenza (e offre garanzia di qualità delle prestazioni) impedendo

affidamenti a prezzi notevolmente inferiori alla media di quelli rilevabili dalle offerte, e, nelle

procedure ristrette o negli affidamenti diretti, tutela l’amministrazione committente dal

rischio di acquisire un bene ad un prezzo ingiustificatamente superiore a quello di mercato.

Nei rapporti tra Regione e ARCEA, pertanto, tale regola doveva trovare comunque

applicazione, trattandosi di committenza di servizi di progettazione, comunque si voglia

inquadrare la peculiare struttura del rapporto tra i due soggetti, poiché non si può di certo

ammettere che il fatto che ARCEA fosse una società partecipata dalla stessa Regione, e

riservataria (per un certo arco di tempo) in virtù della L.R. 37/2002 dell’affidamento della

progettazione (ed esecuzione) delle opere de quibus, possa costituire un legittimo motivo per

violare tale regola pubblicistica, e acquisire dalla stessa servizi di progettazione ad un prezzo

superiore a quello di mercato.

In punto di fatto, e in ciò le argomentazioni della Procura colgono un elemento

obiettivamente rilevante sotto il profilo causale, come si vedrà, se tutta l’attività di

progettazione fosse stata commissionata da ARCEA nel rispetto delle norme di legge, cioè

mediante l’espletamento di gara nei casi in cui essa era obbligatoria per l’ordinamento,

ovvero, negli altri, con fissazione di un corrispettivo in linea con i prezzi di mercato e

previamente oggetto di incarico, il corrispettivo complessivamente dovuto per la

progettazione sarebbe stato semplicemente la somma dei corrispettivi di progettazione, già

determinati in linea con i prezzi di mercato, corrisposti al progettista, e poco o nessuno spazio

vi sarebbe stato per una maggiorazione del “valore del parco progetti” in seno all’accordo del

2009.

La riprova della validità della tesi sta agli atti: gli incarichi di progettazione che ARCEA ha

commissionato con affidamento diretto al Consorzio 2050 nel 2004 e nel 2005 sono stati

retribuiti, per affermazione concorde di tutte le perizie agli atti, applicando alle tariffe una

percentuale di ribasso medio del 22%, e l’ammontare delle fatture che il Consorzio 2050 ha

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emesso nei confronti di ARCEA per i predetti contratti (euro 18.012.593,21) corrisponde

perfettamente con l’ammontare delle liquidazioni che la Regione Lazio ha erogato ad

ARCEA a tutto il 2007 (euro 18.012.593,21). Viceversa, nessun ribasso è stato applicato alla

progettazione che ARCEA ha fornito alla Regione dopo il 2007, liquidata con i mandati del

2010 in esecuzione dell’atto ricognitivo del 2009.

5. Accertamento del preteso danno.

La Procura basa la richiesta risarcitoria sulla quantificazione del mancato ribasso sul servizio

di progettazione offerto da ARCEA come valutato nell’atto transattivo del 2009, cioè di euro

48.000.000,00 comprensivi di IVA (anche se liquidato nel 2010 per la sola differenza di euro

29.987.406,82, rispetto alle liquidazioni già avvenute al 2007 di euro 18.012.593,20, sempre

comprensivi di IVA).

Va premesso che la Procura richiama gli accertamenti del CTU incaricato, Ing. Massimo

Boeri, contenute nella perizia agli atti, ma segue una linea del tutto indipendente dalle sue

conclusioni, e chiede il risarcimento a favore della Regione Lazio dell’importo di euro

19.912.000,00 oltre IVA, corrispondente al danno che la Regione ha subito per il mancato

ribasso del predetto corrispettivo, di 48 mln, nella percentuale media praticata nelle gare di

affidamento dei servizi di progettazione stradale, in tesi corrispondente al 49,78% (pag. 26

atto di citazione), concludendo per la condanna, per questa voce di danno, ad euro

19.420.058,82 comprensivi di IVA (decurtando dal danno, come si è visto, la quota di utile,

pari ad euro 3.728.617,65, determinato dalla differenza tra il corrispettivo liquidato ad

ARCEA e l’utile conseguito verso il Consorzio 2050 dalla Regione Lazio in qualità di socio

della società stessa, in ragione della quota di partecipazione pubblica del 51%).

Va anche premesso che tutte le parti convengono nella stima del valore del parco progetti

ceduto da ARCEA alla Regione Lazio, e forniscono dati corrispondenti a quelli accertati nella

perizia della RSM (le parti concordano anche sulla correttezza dell’applicazione del

Tariffario contenuto nel D.M. Giustizia 4 aprile 2001 “Corrispettivi delle attività di

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progettazione e delle altre attività, ai sensi dell’art.17, comma 14 bis, della legge 11 febbraio

1994, n.109 e successive modifiche”).

Tali dati sono i seguenti:

- una prima perizia estimativa della RSM, effettuata in data del 30 settembre 2008, ha

accertato che il “valore pieno” delle prestazioni professionali necessarie a produrre il progetto

delle opere in programma era di € 53.131.635,13. In considerazione delle carenze progettuali

riscontrate, il “valore effettivo” della progettazione fornita, derivante dalla applicazione delle

percentuali di riduzione previste dalla vigente normativa, diminuiva ad euro € 35.54121 1,74;

- in una seconda perizia, redatta in data 24 luglio 2009, RSM Italy S.p.A. valutava il valore

della progettazione all’esito delle modifiche ed integrazioni a quest’ultima apportate, e ne

determinava il “valore effettivo” in euro 40.130.000,00 oltre IVA (48 mln);

- con tale stima concorda la stima del CTU della Procura, che così riporta il valore di tutti i

documenti progettuali consegnati da ARCEA dal 2004 al 2010, distinti nelle seguenti fasi e

valori:

precisando che “L’importo di € 53.131.635,13 rappresenta il valore della progettazione delle

opere in caso di piena rispondenza di contenuti e forma degli elaborati di progetto” (cd.

valore pieno), e che il valore effettivo al luglio del 2009 era minore, in quanto al valore pieno

erano da apportare riduzioni in relazione a carenze riscontrabili in diversi livelli di

progettazione, come di seguito elencate:

concordando, dunque, con il “valore effettivo” del progetto al luglio del 2009 di euro

40.133.482,96 (48 mil. con IVA);

- la stima di parte prodotta dalla difesa di Abodi e Borgia riporta identici valori: fase di

progettazione preliminare completa (aprile 2004) € 15.573.776,09; fase di progettazione

definitiva completa (definitivo + SIA al 22 aprile 2010) € 37.557.859,04, per un “valore

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pieno” della progettazione, cioè valore della progettazione delle opere in caso di piena

rispondenza di contenuti e forma degli elaborati di progetto, di € 53.131.635,13, ed

“effettivo” di euro 40.000.000,00 + IVA (48 mil. comprensivi di Iva).

Di tali valori dà atto anche l’“atto ricognitivo” del 2009, il cui art.3 testualmente recita: “Gli

importi sino ad oggi erogati, come indicati al precedente art. 2” – ndr.: gli acconti a tutto il

2007 – “vengono concordemente imputati dalle parti ad acconto e parziale pagamento

dell’importo complessivo di € 40.000.000,00 + IVA. Le parti, avuto riguardo anche alle

risultanze della perizia di RSM ltaly citata in premessa, hanno concordemente definito tale

importo di € 40.000.000.00 + IVA, come la somma integralmente dovuta dalla Regione ad

ARCEA a fronte dell’attività di progettazione eseguita da quest’ultima sino alla data

odierna, comprensiva di tutte le spese legali inerenti l’assistenza e redazione del presente

atto”.

Dunque, il valore effettivo della progettazione al luglio del 2009 era di euro 48 mil.

comprensivi di IVA, e su tale valore è stata liquidata la differenza “a saldo” rispetto ai

pagamenti già effettuati ad ARCEA sino al 2007, liquidandosi ad ARCEA nel successivo

2010 euro 24.989.505.68 + IVA.

Vi è, invece, discussione in ordine a tre questioni.

5.1 La difesa del De Filippis rileva che il valore del parco progetti effettivamente consegnato

alla Regione sino al 2010 non corrisponderebbe al valore “effettivo” accertato al 2009, che

soffriva delle decurtazioni percentuali per carenze progettuali, bensì quello “pieno”, pari ad

euro 53.131.635,13, poiché dopo il 2009 ARCEA ha consegnato alla Regione ulteriori

documenti integrativi. Tale maggior valore, per la difesa, costituirebbe un vantaggio

necessariamente da scomputarsi sul preteso danno, e tale da annullarne l’entità.

Rileva in contrario il Collegio che nell’atto ricognitivo le parti convenivano, all’art. 4, comma

1, che “La somma di € 40.000.000.00 + IVA concordata tra le parti si considera a saldo di

tutta l’attività di progettazione di cui all’art. 2, nonché delle integrazioni e dei completamenti

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progettuali forniti successivamente da ARCEA e comunque per la progettazione nello stato di

avanzamento risultante nella perizia integrativa di RSM Italy Spa del 24 luglio 2009, che si

allega al presente atto”. Al comma 2 dello stesso articolo si prevedeva una procedura di

verifica della effettiva corrispondenza della progettazione allo stato accertato dalla RSM nel

luglio del 2009, per la correzione di difetti che era facoltà della Regione di rilevare anche

tramite altri soggetti diversi dalla RSM: “In ogni caso, ARCEA, senza oneri aggiuntivi per la

Regione, si impegna ad effettuare qualunque modifica si rendesse necessaria a seguito della

disamina, effettuata nel termine di cui all’articolo 5, ad opera della Regione, per supplire a

carenze, incompletezze, inesattezze e/o vizi della progettazione non esplicitamente

considerate nelle due perizie di RSM Italy SpA.”. Dunque, il valore accertato e il compenso

liquidato facevano esclusivo riferimento allo stato della progettazione al luglio del 2009, già

rivista a seguito delle carenze riscontrate, e che la RSM aveva dichiarato esente da vizi (pur

se non valutabile nel valore pieno di euro 53 mln), inclusa nel compenso l’ulteriore attività si

rendesse necessaria per supplire “carenze, incompletezze, inesattezze e/o vizi della

progettazione non esplicitamente considerate nelle due perizie di RSM Italy SpA.”; in altri

termini, tale valore si riferiva ai documenti progettuali già depositati al luglio del 2009 nel

caso di mancanze, di carenze e difetti loro propri, mancanze non rilevate dalla RSM ma che si

concordavano rilevabili anche da soggetti diversi dalla RSM, come è concretamente risultato

in seguito.

Nella fattispecie è avvenuto proprio che gli elaborati progettuali, consegnati in più giorni dal

4 dicembre del 2009 sino al 15 gennaio 2010 (Allegato n.46 perizia del CTU), sono stati

sottoposti all’esame della nuova stazione appaltante, Autostrade per il Lazio S.p.A., che con

nota 16 febbraio 2010, ADL 46 P (Allegato 42 CTU) li ha ritrasmessi alla Regione Lazio,

Dipartimento del Territorio, Direzione regionale Infrastrutture e all’Assessorato ai Lavori

Pubblici, unitamente ai risultati (negativi) della verifica del Progetto Definitivo effettuata da

ANAS S.p.A.. L’ANAS aveva, infatti, rilevato incompletezze e carenze di informazioni in

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molti elaborati, riassunte in allegato alla nota stessa, per le quali la Regione, nei termini di cui

all’art. 4, comma 2, dell’atto, ha chiesto i relativi adattamenti ed integrazioni ad ARCEA alla

progettazione depositata (nota 16 febbraio 2010, n. 41440/2D/00 , All. 4 CTU).

Dunque, come risulta anche evidente dal verbale di consegna del 15 marzo 2010 di ARCEA,

e da quello del successivo 22 luglio (agli atti), le integrazioni progettuali non hanno

ulteriormente incrementato il valore della progettazione consegnata al luglio del 2009 rispetto

a quello accertato a quella data, ma sono servite per eliminare imperfezioni che già a quella

data essa presentava, pur se non rilevate dalla RSM, e senza considerare le quali la RSM

aveva attribuito al parco progetti un “valore effettivo” di euro 40 mln oltre IVA: il valore

“effettivo” della progettazione consegnata al 2010, pertanto, rimane esattamente quello del

luglio del 2009, cioè euro 48 mln comprensivi di IVA, valore che essa non avrebbe avuto

senza le successive correzioni del 2009 e del 2010.

5.2. Un secondo elemento di discussione concerne l’individuazione della percentuale di

ribasso plausibilmente applicabile alle progettazioni liquidate ad ARCEA.

Per la Procura il valore della progettazione liquidato ad ARCEA “non trova corrispondenza

con i reali valori di mercato delle prestazioni che, qualora sottoposte ad offerta economica,

avrebbero determinato una riduzione del valore del 49,78 % corrispondente al ribasso medio

delle selezioni operate per Servizi equivalenti”.

In ordine a tale questione il Collegio rileva che nella perizia del CTU, della quale il Collegio

tiene conto unicamente nei limiti in cui essa possa fornire elementi per estrapolare i dati

tecnici relativi al valore dell’attività di progettazione svolta, ed al ribasso ordinariamente

praticato per una tale attività in ipotesi di affidamento mediante gara, si premette che il

consulente ha operato sulla base dei “dati ufficiali relativi alle percentuali di ribasso offerte,

nel periodo 2004-2008, a seguito di selezione pubblica per progettazioni definitive di opere

stradali con valori di progetto analoghi a quelli di cui trattasi”, dati che il CTU afferma di

aver chiesto e ottenuto dall’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici e dall’O.I.C.E.,

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Associazione di categoria, aderente a Confindustria, che rappresenta le organizzazioni

italiane di Ingegneria, Architettura e consulenza tecnico–economica; in base a questi dati, il

CTU afferma che “il ribasso medio valutato per i Servizi di Ingegneria di opere stradali

offerto dalle Società di Ingegneria è corrispondente al 49,78%”. La Procura, pur

disattendendo la perizia nelle argomentazioni svolte in punto di soggetto leso e di criteri di

computo del danno, ne ha recepito il dato sulla percentuale di ribasso, applicandola al valore

dell’attività di progettazione resa da ARCEA (come correttamente suggeriva il CTU,

“all’Importo posto a Base di Gara, determinato ai sensi dell’art. 17, comma 14 bis, della

Legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modifiche “Corrispettivi delle attività di

progettazione e delle altre attività”) per ricavarne il compenso di progettazione

legittimamente spettante, ed ha computato come danno la differenza concretamente

corrisposta ad ARCEA.

La difesa di Abodi e Borgia ha prodotto una diversa stima del valore di ribasso medio atteso

del mercato per gare di affidamento dei servizi di progettazione, commissionata alla Società

Proto Check a r.l., nella quale si sostiene che per “una progettazione di qualità, non può e non

deve passare il principio che una gara di progettazione, qualunque essa sia, con un valore a

base d'asta correttamente stimato, possa essere assegnata con ribassi maggiori del 25%/30%”,

e richiamando l'art. 4, comma 12-bis della l.n. 155/1989, sul presupposto che questo sia

applicabile considerato “il periodo di assegnazione del progetto al Consorzio 2050 (2003-

2005)”, ai sensi del quale “per le prestazioni rese dai professionisti allo Stato e agli altri enti

pubblici relativamente alla realizzazione di opere pubbliche o comunque di interesse

pubblico, il cui onere è in tutto o in parte a carico dello Stato e degli altri enti pubblici, la

riduzione dei minimi di tariffa non può superare il 20%”; in base a tali argomentazioni ha

sostenuto che la percentuale di ribasso atteso in caso di gara non avrebbe potuto comunque

superare il 20% del valore della progettazione. Applicando tale percentuale al “valore pieno”

della progettazione prodotta da ARCEA (€ 53.131.635,13), ne ha concluso che il prezzo

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d’asta presunto sarebbe stato superiore del 6,2% al corrispettivo liquidato nell’atto ricognitivo

e che, pertanto, nella fattispecie non sussisterebbe alcun danno a carico della Regione.

Le conclusioni del documento di parte non sono attendibili per due motivi.

In primo luogo, la stima privata computa a base d’asta il “valore pieno” della progettazione, e

non il “valore effettivo” che è stato ad essa concretamente attribuito nell’atto del 2009 a

seguito della stima ANAS, valore che, come si è visto, non era di € 53.131.635,13 ma di €.

40.133.482,96 (euro 48 mln. comprensivi di IVA); è a tale valore che deve essere rapportato

il ribasso, non al valore che essa avrebbe avuto se fosse stata conforme agli elaborati

progettuali in linea con il programma, per le ragioni che più avanti saranno meglio precisate.

In secondo luogo, la stima di parte erra nell’individuazione della normativa applicabile

all’attività di progettazione svolta da ARCEA e liquidata nell’atto del 2009, ritenendo che

essa vada individuata nelle norme in vigore nel 2003 e nel 2004, date in cui si sarebbero

concretati i titoli contrattuali in virtù dei quali essa si sarebbe svolta (la perizia offre un

“campionamento delle gare esperite negli anni compresi tra il 2000 e il 2005 -Acquisizione

dati OICE -”, precisando che “si è proceduto ad analizzare in modo approfondito gli

affidamenti nel periodo antecedente al 2003 per l’affidamento unico; e nei periodi antecedenti

al 2003 e al 2005 per affidamenti parziali”). In tale arco temporale però, come detto, sono

collocabili i soli contratti di affidamento della progettazione preliminare del 2004 approvati

dal CIPE nella determina n.50/2004 ed il contratto di progettazione definitiva stipulato nel

giugno del 2005, ma la successiva attività progettuale, che è stata svolta di fatto ed in assenza

di alcun titolo sia tra ARCEA e Consorzio 2050, sia (in assenza anche del contratto di

servizio) tra Regione ed ARCEA. Ne consegue che gli anni 2003 e 2004 possono essere presi

in considerazione solo per evidenziare le percentuali di ribasso applicabili ai contratti del

2004 e del 2005 (e dunque sono qui irrilevanti, perché la relativa percentuale di preteso danno

è coperta da prescrizione), ma per il resto dell’attività di progettazione svoltasi senza titolo in

tutto l’arco temporale dal 2005 sino al 2009, è a questo arco temporale che si deve fare

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riferimento, perché è in quegli anni che hanno avuto maturazione i relativi incarichi di

progettazione.

Rimane da accertare se sia corretta la percentuale di ribasso medio individuata dal CTU della

Procura.

Il CTU premette di aver analizzato i dati emergenti da “selezione pubblica per progettazioni

definitive di opere stradali con valori di progetto analoghi a quelli di cui trattasi”, e conclude

nel senso che “per ordinarie prassi seguite dagli studi di Ingegneria nell’affrontare gare ad

evidenza pubblica” gli sconti sono “di norma superiori al 45%”.

Tuttavia, la perizia del CTU non fornisce sufficiente prova della consistenza della percentuale

di ribasso praticata nel periodo che interessa il presente giudizio.

Infatti, cosi come per la perizia di parte, anche per la perizia del CTU vale l’osservazione che

non sono rilevanti, ai fini del presente giudizio, i dati che si collocano in un arco temporale

diverso da quello in cui si è svolta l’attività di progettazione di ARCEA; dunque, le

conclusioni che il CTU formula basandosi sulla gara per l’affidamento dei Servizi di

Ingegneria finalizzati alla realizzazione dell’Autostrada A31 Trento-Rovigo, tronco Trento-

Valdastico-Piovene Rocchette, che si è svolta nel 2010, e che ha scontato una percentuale di

ribasso del 66,00%, non sono qui in alcun modo rilevanti, come non lo sono le altre

percentuali di ribasso medio riferibili a periodi successivi al 2009.

Ciò posto, l’unico dato relativo a tale periodo, riportato nella perizia del CTU è relativo al

bando di gara del 2009 per l’“affidamento della progettazione definitiva per appalto integrato,

comprensiva delle indagini geognostiche ed ambientali necessarie e delle prime indicazioni

sulla sicurezza per i lavori di costruzione della variante di Pieve”, per una base d’asta di euro

3.350.000,00, alla quale è stata applicata la percentuale ribasso del 51,23%. Tale dato,

costituendo un dato isolato, non è indicativo per determinare una media per l’anno in

questione; inoltre, la perizia non riporta i dati per gli anni 2005, 2006, 2007 e 2008, così

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mancando di fornire al giudice la prova della correttezza delle conclusioni tratte sulla

percentuale di ribasso medio applicata in gara per il periodo in questione (2005-2009).

In ciò può supplire la citata perizia di parte, che, pur erronea nelle premesse e conclusioni per

i motivi sopra detti, riporta la tabella dei dati OICE per tali periodi, che, come tali,

costituiscono un elemento oggettivo e incontestato a disposizione del Collegio, e che si

assestano nei seguenti:

2005 : ribasso medio del 26,1% (per base d’asta E. 1.729.000)

2006 : ribasso medio del 25,1% (per base d’asta E. 844.000)

2007 : ribasso medio del 30,5% (per base d’asta E. 466.000)

2008 : ribasso medio del 35,4% (per base d’sta E. 445.000)

2009 : ribasso medio del 38,7% (per base d’asta E. 499.000).

La citata perizia di parte precisa che le percentuali dei ribassi, nel periodo 1996-2006

(abolizione delle tariffe minime professionali –Decreto Bersani – GU del 11/08/2006) e

anche in parte per il 2007, risentono dell’applicazione dell'art. 4, comma 12-bis della L. n.

155/1989 (limite del 20% alla riduzione del limite di tariffa), e che le percentuali di ribasso

maggiori a tale entità si spiegano con il fatto che “la norma consente un ribasso del 100%

sulle prestazioni accessorie, che in quanto tali incidono in maniera minore sul totale

dell’affidamento (Determinazione n. 30 del 13 novembre 2002 dell’Autorità per la vigilanza

sui lavori pubblici)”. Tale analisi è corretta, e, rileva il Collegio, i predetti dati OICE

mostrano con evidenza il fenomeno di progressivo incremento delle percentuali di ribasso

d’asta per gli affidamenti dei servizi di progettazione, che notoriamente è occorso dopo il cd.

Decreto Bersani (fenomeno che, negli anni successivi, è arrivato a determinare riduzioni sino

alle percentuali ben più alte rilevate dal CTU).

In base a tali dati si può, con base oggettiva, fondatamente ricavare una percentuale media di

ribasso per tutti gli anni in questione, percentuale che si assesta nel 31,16% della base d’asta;

ponendo per dato certo che alla base d’asta corrisponda il valore del progetto, come è nelle

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ipotesi fisiologiche, è questa la percentuale da applicare al valore della progettazione fornita

da ARCEA.

5.3 Una terza questione concerne l’ammontare del corrispettivo di progettazione sul quale

applicare la percentuale di preteso ribasso.

In conseguenza dell’accertata prescrizione della percentuale di danno afferente le liquidazioni

corrisposte a tutto il 2007, la percentuale sopra individuata non può essere applicata

sull’intero valore del “parco progetti” di euro 48 mln., come è nella ricostruzione della

Procura, bensì sulla sola parte di tale valore che è stata effettivamente e concretamente

retribuita in esecuzione dell’atto transattivo del 2009, cioè su euro 29.987.406,82. Se ne

ricava che il ribasso che sarebbe stato conseguito, riferendo il valore della progettazione al

suo prezzo di mercato, è di euro 9.344.076,00.

Il preteso danno, pertanto, è provato in tale ammontare.

E’ infondata la censura che la percentuale di ribasso andrebbe applicata non sul valore della

progettazione, bensì sul valore del progetto a base d’asta (il “valore pieno” del progetto);

nella fattispecie si deve accertare se sia o meno legittimo corrispondere per una progettazione

avente un dato valore certo calcolato sulla base delle tariffe professionali (euro 40 mln più

IVA) esattamente quel prezzo, ovvero, come prospetta la Procura, e come qui si afferma, il

costo che essa avrebbe avuto se, nello stato in cui essa è stata resa disponibile alla Regione,

essa fosse stata commissionata nel rispetto della regola del valore di mercato, dunque con

applicazione della percentuale di ribasso medio applicata in gara (che ne determina il prezzo

corrente di mercato). Nelle ipotesi in cui una gara vi sia stata, è ovvio che, poiché il progetto

consegnato deve corrispondere al progetto posto a base d’asta, il valore da prendere in

considerazione è quello a base d’asta; nella presente fattispecie, dove una gara non vi è stata,

il valore su cui applicare la riduzione percentuale per rendere la prestazione in linea con il

mercato è quello della documentazione di progetto concretamente consegnata, la quale, come

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si è visto, è inferiore (valore euro 40 mln) per qualità e compiutezza a quella che sarebbe stata

in linea con il programma (valore euro 53.131.635,1353 mln).

5.4 Sono infondate le altre censure addotte dalle parti in punto di quantificazione del danno.

Per alcune difese si dovrebbe tener conto del fatto che, in virtù delle specifiche procedure

introdotte dal D.lgs. n. 190/2002 e dell’art. 1, comma 2, lett. h, della legge n. 443/2001,

sarebbe stato possibile per l’amministrazione, per contenere i tempi procedimentali,

procedere in deroga "alla vigente disciplina in materia di aggiudicazione di lavori pubblici e

di realizzazione degli stessi" al fine di "favorire il contenimento dei tempi e la massima

flessibilità degli strumenti giuridici", sì che dovrebbe tenersi conto, non già del ribasso

medio del 49,78% offerto nel corso di ordinarie gare d'appalto, bensì di quello applicato

nell'ambito di situazioni "emergenziali". Il Collegio ribadisce che, come sopra detto, la

deroga alle ordinarie procedure di affidamento non comporta la deroga alla regola generale,

vigente per tutte le modalità di affidamento ed anche per gli affidamenti diretti, della

congruità del compenso, che si concreta nell’obbligo di corrispondere un compenso

parametrato al valore di mercato della prestazione, soprattutto quando l’affidamento si

inserisce in un rapporto stabile tra i due soggetti, come quello istituzionale tra la Regione ed

ARCEA, cristallizzato nella costituzione della società e definito entro un preciso obiettivo e

ambito di progettazione, e dunque nient’affatto caratterizzato da situazioni emergenziali,

peraltro non provate e nemmeno descritte dalla difesa, ma da ordinarie necessità di produrre i

documenti progettuali circoscritti alle opere contemplate nell’oggetto sociale.

Per altre difese sarebbe stata esclusa ogni possibilità di determinare il compenso con criteri

diversi da quelli pattuiti nei contratti del 2004, che avrebbero fatto esclusivo riferimento alle

tariffe professionali; l’osservazione è priva di pregio, in primis, perché anche ammettendo

che tale fosse stato il criterio remunerativo di tali pattuizioni, intervenute tra ARCEA e

Consorzio 2050 (e agli atti emerge che non è così), esso di certo non vincolava la Regione,

che non era parte in quelle. Inoltre, come detto, l’attività di progettazione complessivamente

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valorizzata comprendeva quella svolta in esecuzione dei contratti del 2004 e del 2005 ma

anche quella successiva, che non poteva in alcun modo essere considerata conseguenziale a

quella, per i motivi già detti.

E’ infondata anche la censura, che la difesa del De Filippis traduce in una formale eccezione

di difetto di giurisdizione, che un sindacato sull’entità del compenso pattuito tra le parti si

tramuterebbe in un’indebita invasione, da parte di questo giudice, della sfera di

discrezionalità amministrativa; è del tutto pacifica la separazione delle valutazioni di merito

(sulla opportunità di una scelta, nell’ambito di più scelte legittime e razionali) da quelle di

legittimità (sulla conformità a legge della stessa), nelle quali ultime rientra la decisione del

criterio da adottare per la determinazione di un corrispettivo congruo, non eccessivo e in linea

con i valori di mercato, oltre che, anzi, prima di tutto, determinato in seno alle procedure di

affidamento prescritte dalle vigenti disposizioni. La questione della pretesa invalicabilità dei

cd. minimi tariffari, poi, rimane irrilevante perché circoscritta, semmai, agli affidamenti

anteriori alla entrata in vigore del cd. Decreto Bersani del 2006, ma non a quelli successivi,

per i quali, non coperti da prescrizione, qui si procede.

Infine, è infondata anche la tesi che non sussisterebbe alcun danno in ragione dei successivi

eventi che hanno riguardato l’acquisizione della progettazione da parte della Autostrade

Lazio S.p.a. (l’intero importo del corrispettivo liquidato dalla Regione ad ARCEA sarebbe

stato chiesto in rimborso ad Autostrade Lazio, alla quale la progettazione è stata consegnata,

e che l’avrebbe inserito nel quadro economico connesso alla realizzazione delle opere,

assicurando il versamento nelle casse della Regione di un pari importo. Detto importo, si

riferisce, sarebbe destinato a gravare sul concessionario che risulterà vincitore della gara

indetta nel 2014 dalla nuova stazione appaltante); tali eventi sono irrilevanti, perché non

incidono sulla attualità e concretezza del danno riferito all’erogazione del surplus di

corrispettivo che si è invece avuta nel 2010, la quale rappresenta un danno che ad oggi è

concreto ed attuale, non ristorato da meri impegni di soggetti terzi la cui vincolatività, ad

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oggi, è limitata all’efficacia (non certo contrattuale) della iscrizione di somme in bilancio o

degli atti di partecipazione ad una selezione pubblica - motivo per cui va respinta, per

irrilevanza, la domanda di esibizione del documento con il quale la predetta stazione

appaltante avrebbe indetto la gara, atteso che, per i motivi suddetti, a differenza di quanto

sostiene la difesa tali documenti non proverebbero comunque alcun “ribaltamento dei costi” a

carico di Autostrade o del futuro affidatario .

E’ infine irrilevante il rilievo della medesima difesa, che gli affidamenti del 2004 e del 2005

avrebbero già scontato una percentuale di ribasso del 22% circa; come detto, tale percentuale

è comunque stata applicata sui corrispettivi che ARCEA ha determinato contrattualmente con

il Consorzio 2050, e non sul corrispettivo che ARCEA in virtù dell’atto del 2009 ha preteso

dalla Regione per i progetti presentati, che sono stati complessivamente rivalorizzati senza

ribasso in euro 48 mln con IVA, comprendendovi anche le attività rese in esecuzione dei

suddetti contratti; ma, prima ancora, esso è irrilevante perché su tale quota di preteso danno è

comunque intervenuta la prescrizione, sicché le liquidazioni effettuate sino al 2007 sono state

detratte dal computo del preteso danno.

6. All’esame delle singole posizioni deve necessariamente precedere un inquadramento dei

fatti sotto il profilo della loro concatenazione causale rispetto al danno che è prospettato.

Il danno risale a due distinte serie causali.

Una prima serie causale sta nella serie di fatti che hanno determinato gli affidamenti diretti di

ARCEA, sia nel regime dell’art. 5 della L.R. 37/2002, inapplicabile per contrasto con la

normativa in materia di appalti, che sotto la vigenza della L.R. 11/2006, che prevedeva

espressamente, con i due commi dell’art. 7, non solo che “1. Le modifiche apportate dalla

presente legge alla legge regionale 37/2002 costituiscono titolo per l’esercizio della facoltà di

recesso, a norma degli articoli 2437 e seguenti del codice civile, dei soggetti o enti che

partecipano, alla data di entrata in vigore della presente legge, alla società già costituita ai

sensi dell’articolo 1 della legge regionale 37/2002.”, ma anche che “2. Resta salvo,

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limitatamente alle prestazioni eseguite anteriormente alla data di entrata in vigore della

presente legge, l’affidamento della progettazione preliminare e definitiva del corridoio

autostradale Tirreno Sud”, introducendo anche a livello di normazione regionale il divieto per

ARCEA di conferire direttamente incarichi di progettazione, divieto comunque sussistente

anche in precedenza, in base all’ordinamento nazionale e comunitario. A questa serie causale

sono ascrivibili i comportamenti di tutti i convenuti che, nel periodo di tempo dal 2004 al

2009, hanno concorso a che la ARCEA iniziasse e continuasse la attività di progettazione a

favore della Regione Lazio al di fuori delle ordinarie procedure di affidamento dei servizi, in

spregio alla normativa vigente.

Un secondo fattore causale sta nel fatto che, ai fini della definizione dei rapporti tra ARCEA

e Regione Lazio, tale attività è stata valorizzata determinandone il corrispettivo senza

applicazione del ribasso medio ordinariamente praticato per gli affidamenti dei servizi di

progettazione; ciò è avvenuto nell’ambito dell’accordo del 2009 anche con riferimento alle

prime liquidazioni avvenute nel periodo 2005-2007, come si evince dal fatto che, come detto,

il relativo importo è entrato nella valutazione del corrispettivo, complessivamente valutato

nel 2009 senza ribasso.

Quanto all’individuazione dei soggetti i cui comportamenti sono riferibili anche a questa

seconda serie causale, a differenza di quanto le rispettive difese dei convenuti sostengono al

fine di escludere la responsabilità di un convenuto per mancata partecipazione all’una o altra,

va osservato che le due serie causali hanno entrambe concorso al fatto dannoso, senza che

l’una elimini l’efficacia causale dell’altra.

In particolare, non si può negare, in linea di principio, che l’affidamento dell’attività di

progettazione, senza alcuna preclusione ad ARCEA in merito al metodo dell’affidamento

diretto previsto dall’art. 5 cit., costituisca un antecedente causale (e non solo “storico”, come

alcune difese ritengono) dei fatti del 2009 (e dunque del danno ad esso eventualmente

collegabile), per il motivo che l’efficacia causale dei comportamenti va rilevata in

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connessione a quei fatti che, secondo un criterio di prevedibilità ex ante, basato sulle

conoscenze professionali dell’agente e sull’id quod plerumque accidit, essi sono

ordinariamente in grado di produrre.

Limitando l’indagine ai fatti non coperti da prescrizione, l’affidamento diretto della attività di

progettazione per il periodo successivo ai contratti liquidati nel 2007, in mancanza, evidente

agli atti, non solo di alcuna gara nel senso proprio e dovuto, ma anche di alcuna procedura di

previa contrattazione sul corrispettivo, non poteva che ingenerare l’aspettativa ad una forte

pressione verso la retribuzione in base alle ordinarie tariffe professionali, e dunque era una

circostanza che non poteva che fare prevedere già da allora l’esito delle pretese economiche

di ARCEA nei confronti della Regione - pretese che, infatti, si sono assestate esattamente

nell’importo del corrispettivo determinato secondo tariffa. Per questo motivo, in teoria, alla

seconda serie causale (determinazione del corrispettivo complessivo senza ribasso) è

ascrivibile non solo il comportamento imputato al convenuto De Filippis, che la Procura

individua quale dominus dell’accordo, ma anche le azioni ed omissioni di coloro che hanno

posto il presupposto di fatto di quell’accordo, e cioè il fatto che ARCEA ha posto in essere,

affidandola direttamente al Consorzio 2050, una attività di progettazione senza alcun titolo,

né direttiva, né atto che circoscrivessero preventivamente il meccanismo di determinazione

del corrispettivo, come avrebbe senz’altro potuto fare la prescrizione di seguire le procedure

di affidamento previste dalla normativa vigente.

In pratica, tuttavia, e sempre valutando la potenzialità causale dei fatti ex ante, pur essendo

certo, perché del tutto prevedibile, che una tale omissione avrebbe generato i presupposti di

fatto per una risoluzione problematica della questione del corrispettivo, e il forte rischio che

ARCEA, nella sua posizione di forza contrattuale, premesse per un compenso nella misura

massima, cioè in piena applicazione delle tariffe professionali, l’ambito dell’attività di

progettazione che ARCEA ha effettivamente fornito alla Regione Lazio non era un elemento

certo se non al momento dei primi affidamenti, contrattualmente definiti e finalizzati

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all’ottenimento del primo contributo CIPE (i due progetti preliminari depositati da ARCEA

nel 2004, il primo progetto definitivo inerente lo stralcio del CTM, tratto Aprilia Nord –

collegamento con Cisterna e della Bretella Cisterna – Valmontone, consegnato a dicembre

2004 e ripresentato dopo la Conferenza dei Servizi del 23 febbraio 2005, nonché la

progettazione definitiva affidata con il “contratto quadro” del 16 giugno 2005 per la

“progettazione definitiva integrata del Corridoio Tirrenico meridionale e della Cisterna

Valmontone come previsto dalla ordinanza CIPE 50/2004”).

Nei fatti, come si è visto, la successiva attività di progettazione si è svolta ben oltre quanto ci

si potesse aspettare in attuazione dei primi affidamenti, e al momento di tali primi affidamenti

non era prevedibile, almeno non lo era da parte di tutti i convenuti in virtù della mera loro

partecipazione alla prima serie di affidamenti , i l mutamento del quadro della

programmazione regionale in materia, avvenuto solo un mese dopo il contratto per la

progettazione definitiva tra ARCEA e Consorzio 2050, e cioè nel luglio 2005, né la sorte che

la nuova legge regionale avrebbe previsto per gli affidamenti già posti in essere.

Tutti i progetti definitivi depositati dal luglio del 2005 in poi recepiscono il mutamento di

programmazione, e come detto, al pari dei precedenti ma anche per tale ulteriore motivo,

avrebbero dovuto essere oggetto di autonoma procedura di affidamento, non costituendo

affatto una attività progettuale conseguenziale a quelli. In concreto, la realtà dei fatti è che,

ottenuto il contributo sui progetti preliminari approvati dal CIPE con la delibera n. 50 del 29

settembre 2004 (progetto del “Corridoio Tirrenico Meridionale”, per il quale è stato concesso

il contributo di euro 259,560 mln, più euro 100 mln), la Regione si è attivata per ottenere un

altro contributo per il nuovo sistema stradale e autostradale definito nel luglio 2005, in cui

detto programma si andava a inserire e integrare, il “Sistema Integrato Intermodale asse

pontino Roma (svincolo Pontina)-Latina Nord, Bretella Cisterna-Valmontone”, approvato dal

CIPE nella seduta del 2 dicembre del 2005. E’ nell’ambito di tale quadro e finalità che la

Regione ha sollecitato ad ARCEA la successiva attività di progettazione, come dimostra il

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fatto che la determinazione finale del compenso ad essa relativo è avvenuta con l’atto del

2009 per una progettazione esitata nell’approvazione da parte del CIPE del contributo del

2010 di euro 468,4 mln.

Inoltre, la L.R. n. 11/2006, come si è visto, ha “blindato” le competenze di ARCEA a partire

dall’ottobre del 2006, abrogando la possibilità di conferire la progettazione direttamente al

socio privato, e valorizzando solo la progettazione depositata sino a quella data; introducendo

un ulteriore elemento ostativo alla prosecuzione e valorizzazione contrattuale dell’attività di

ARCEA dopo l’ottobre 2006, essa costituisce un ulteriore evento che interrompe la serie

causale prevedibile al momento degli affidamenti del 2004 e 2005, in quanto della violazione

di tale legge, che si è perpetrata valorizzando in applicazione delle tariffe professionali anche

la progettazione svolta e depositata successivamente a tale momento, non possono essere

chiamati a rispondere soggetti che non avevano più alcuna competenza nel rapporto tra

Regione e ARCEA.

7. Ciò premesso, si esaminano di seguito le singole posizioni per valutare l’incidenza

dell’apporto causale dei comportamenti dei convenuti.

7.1 Storace ha ricoperto la carica di Presidente della Regione sino al 2 maggio 2005.

La sua responsabilità rimane ascrivibile al fatto di aver omesso di dare alcuna indicazione

agli organi della Regione sulla posizione da prendere in relazione alla questione degli

affidamenti diretti ad ARCEA.

Il Collegio concorda con la tesi della Procura, che il comportamento tenuto dal Presidente

della Regione nella vicenda non appare essere stato conforme a diritto, ma presenta omissioni

ascrivibili quantomeno a colpa grave, poiché egli, come Presidente della Regione, e

considerata la piena conoscenza che aveva sia dei fatti, che delle illegittimità contestate alla

legge regionale, doveva prontamente provvedere, nei confronti dei vertici apicali delle

strutture di indirizzo politico- amministrativo della Regione (raccordo tra la funzione politica

e quella di gestione) a rappresentare ed attuare l’indirizzo che la Regione aveva assunto a

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livello europeo, indirizzo che, diversamente da quanto afferma la sua difesa e come invece

emerge agli atti, era nel chiaro senso di un impegno ad emendare la legge regionale n.

37/2002 dalle previsioni che la rendevano non conforme ai principi europei in tema di

affidamento diretto di appalti, ampiamente esposti nei rilievi della Commissione; dunque, in

primis proprio l’art.5, che quei rilievi aveva causato, e la possibilità per ARCEA di affidare in

maniera diretta al proprio socio Consorzio 2050 i lavori inerenti l’oggetto sociale.

E’ conforme a un’evidente regola di correttezza, ma, prima ancora, al dovere di rispetto della

normativa comunitaria che s’impone al legislatore regionale in base all’art. 117, primo

comma, della Costituzione, introdotto dalla legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3,

(“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto [...] dei vincoli

derivanti dall’ordinamento comunitario”), e specificatamente al Presidente della Regione in

virtù delle sue competenze in materia di indirizzo di Giunta (il Presidente, ai sensi dell’art.

121 della Costituzione, “dirige la politica della Giunta e ne è responsabile, promulga le leggi

ed emana i regolamenti regionali…”) che, assunto un tale impegno a livello internazionale, il

Presidente provveda a trasfonderlo immediatamente e senza possibilità di equivoci

nell’adozione delle direttive necessarie, nei modi e termini che possono variare a seconda dei

soggetti a cui sono indirizzate, a impedire che, nel tempo ordinariamente richiesto per

l’adozione degli emendamenti della normativa regionale necessari a renderla conforme a

quella comunitaria, non si determinino meccanismi contrattuali che, di fatto, si pongano in

aperto contrasto con tali principi e con l’impegno assunto, permettendo così una facile

elusione della legge stessa.

Per la Regione Lazio l’espressa previsione del potere/dovere del Presidente di indirizzare gli

organi di vertice di indirizzo politico amministrativo si trova nell’art.64 del regolamento

regionale n. 1/2002, intestato “Atti d’indirizzo politico-amministrativo: le direttive”, a mente

del quale “Il Presidente della Giunta emana direttive per indirizzare l’attività politico-

amministrativa della Regione, nonché quelle connesse alla propria responsabilità di direzione

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della politica generale dell’ente. Nell’ambito degli indirizzi politici definiti dalla Giunta i

singoli assessori, per le materie relative alla delega politica ricevuta, possono emanare

specifiche direttive per indirizzare l’attività amministrativa gestionale.”

Ai sensi degli artt. 48, comma 3, lett. f), e 56, comma 3, dello Statuto Regionale, il Presidente

è tenuto, poi, a rappresentare gli interessi della Regione in seno all'assemblea della società

partecipata, definendo "gli indirizzi ed i criteri generali per la gestione finanziaria, tecnica e

amministrativa" della società stessa; l’omissione di qualunque intervento in materia di

decisioni sugli affidamenti di ARCEA al socio di minoranza, pur in presenza delle

illegittimità dell’art. 5 cit. rilevate in più sedi istituzionali, concreta una grave e inescusabile

violazione d legge.

In conclusione, è effettivamente imputabile al Presidente Storace, nella sua carica di

Presidente della Regione, di non aver dato disposizioni interne a livello di Giunta e di organi

di indirizzo politico-amministrativo, nonché di non aver rappresentato alcunché, quale socio

di maggioranza di ARCEA (né direttamente, né per mezzo dell’Assessore Gargano, che egli

ha delegato alle varie sedute dell’assemblea dei soci), corresponsabile, in virtù di tale

funzione, della mancata rappresentazione di tale indirizzo da parte dei rappresentanti di parte

pubblica in seno ad ARCEA.

L’omissione di alcun indirizzo sulla necessità di adeguare gli affidamenti di ARCEA alla

normativa vigente ha sicuramente concorso a determinare gli affidamenti del 2004 e del

2005. Anche l’attività commissionata al Consorzio 2050 con il contratto per la progettazione

definitiva del giugno 2005 può essere ricondotta (anche) alle omissioni della presidenza

Storace, per assenza di alcun indirizzo alla Giunta o al socio unico, in quanto trae origine

dalla sollecitazione che la Regione, nella stessa giornata del 28 gennaio 2005 (e dunque

durante la sua Presidenza), indirizzava ad ARCEA (nelle due persone, come si vedrà,

dell’Assessore Gargano e del Direttore del Dipartimento del Territorio Cuccioletta, che in

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quella giornata, in diverse e separate occasioni, chiedevano ad ARCEA di procedere alla

progettazione definitiva in attuazione delle prescrizioni della delibera CIPE 50/2004).

Lo stesso non può dirsi per l’attività di progettazione successiva, quella che, in assenza di

titolo contrattuale, si è svolta per la consegna della progettazione successiva alla modifica del

progetto autostradale dell’asse pontino. Nel corso del successivo periodo, infatti, non può non

considerarsi che, sul piano dell’efficacia causale, la sua omissione perde gradatamente

potenza, perché ad essa nulla è seguito, nemmeno sotto la successiva presidenza della

Regione: dal 2 maggio 2005 (data della sua cessazione) in poi, invece, si è svolta forse la

parte più consistente della attività di progettazione di ARCEA, ed in particolare risultano

consegnati:

- il nuovo progetto definitivo consegnato da ARCEA all’Amministrazione Regionale, presso

gli Uffici della Direzione Infrastrutture Assessorato Regionale ai Lavori Pubblici, con nota

del 16 dicembre 2005, n. 0122/05/A, in prima recezione delle nuove indicazioni di cui al

“sistema integrato intermodale Asse Pontino Roma (svincolo Pontina)–Latina Nord, bretella

Cisterna–Valmontone” approvato dal C.I.P.E. nella seduta del 2 dicembre 2005;

- la nuova versione del progetto definitivo consegnata da ARCEA alla Regione con nota 3

febbraio 2006, diretta all’Assessorato ai Trasporti ed alla Mobilità;

- l’ulteriore versione del progetto, nonché i documenti di progettazione preliminare

consegnati da ARCEA alla Regione con nota 30 luglio 2007, redatti in conformità alle

osservazioni della Commissione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio

(nota 10 marzo 2006, n. GAB/2006/2194/B05), e richiesti dalla Regione, nonché delle

indicazioni fornite dal Tavolo Tecnico istituito nella nuova Giunta per dare corso all’Intesa

dell’8 novembre 2006 tra la Regione Lazio, il Ministero delle Infrastrutture e l’ANAS, per la

realizzazione del Progetto Integrato Corridoio Intermodale Roma–Latina e Collegamento

Cisterna–Valmontone.

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Si noti che proprio a tale punto la distanza tra la progettazione svolta in esecuzione dei vecchi

contratti del 2004 e del 2005 e quella necessaria ad integrare il minimo contenuto per un

progetto spendibile avanti al CIPE per la autorizzazione e l’ottenimento del contributo era

tale e tanta che la Commissione, come visto, si esprimeva nel senso che “il progetto

definitivo è sensibilmente diverso da quello preliminare oggetto di compatibilità

ambientale…”. Rispetto a tali attività non è provata una sua partecipazione causale.

Infine, alla mancanza di un suo indirizzo ha supplito, dall’ottobre del 2006, il citato art. 7

della L.R. n. 11/2006, che, come detto, nell’abrogare la norma in base alla quale ARCEA

pretendeva affidamenti diretti, faceva salve le sole progettazioni consegnate sino a quella

data; le successive attività di progettazione del Consorzio 2050 rimanevano, pertanto,

comunque precluse dopo l’ottobre del 2006, perché da tale data in poi “l’attività di

progettazione preliminare ed esecutiva del corridoio autostradale Tirrenico Sud” era da

considerarsi comunque non più “coperta” dagli affidamenti precedenti, ed avrebbe dovuto

essere affidata in conformità alle previsioni della L.R. 11/2006, che non contemplavano più la

possibilità per ARCEA di procedere ad affidamento diretto al socio privato.

Pertanto, il danno collegabile all’erogazione del corrispettivo ad ARCEA in esecuzione

dell’“atto ricognitivo” del 2009, riferito, per la quota non prescritta, alla attività di

progettazione successiva ai contratti del 2004 e 2005, non è in diretta e determinante

connessione con il comportamento del convenuto Storace, poiché la violazione delle citate

disposizioni che ha interrotto il nesso di causalità con il danno che si pretende derivato dai

fatti successivi, è stata compiuta in un periodo nel quale egli non era più in carica, o

comunque da soggetti sui quali, a causa della cessazione dalla sua carica, egli non aveva

alcun potere.

In conclusione, poiché gli unici affidamenti avvenuti sotto la sua presidenza sono quelli

esitati nei progetti preliminari del 2004, nel progetto definitivo del dicembre 2004 e nel

progetto definitivo del primo stralcio funzionale approvato dal CIPE con delibera 50/2004, la

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cui quota di danno è coperta da prescrizione, nei suoi confronti deve essere dichiarata la

prescrizione dell’azione.

7.2 Gargano ha ricoperto la carica di Assessore ai Trasporti e Lavori Pubblici nella Giunta

Storace; inoltre, come risulta dai verbali delle sedute del C.d.A. di ARCEA, egli è stato

sempre delegato dal Presidente Storace a rappresentare il socio pubblico nelle sedute del

C.d.A. della società alle quali è intervenuta la Regione.

In tale duplice posizione, e quale delegato del Presidente a rappresentare il socio di

maggioranza, la sua responsabilità può prospettarsi con tratti ancora più marcati di quella del

Presidente della Regione.

Gli atti evidenziano non solo la sua conoscenza delle questioni sull’illegittimità della L.R. n.

37/2002, ma anche la sua diretta partecipazione, sia ad atti inerenti la procedura di infrazione,

che ai rapporti con ARCEA inerenti l’affidamento della progettazione.

Per quanto riguarda il primo profilo, l’affermazione di non essere a conoscenza dei motivi

d’illegittimità degli affidamenti diretti di ARCEA è smentita agli atti, oltre che del tutto

inverosimile. Agli atti risulta che era a lui specificatamente diretta la nota della AVLP del 21

gennaio 2004, con la quale si trasmetteva la delibera in cui l’Autorità ampiamente e senza

ombra di dubbi interpretativi prendeva posizione in ordine ad ARCEA, classificandola un

organismo di diritto pubblico soggetto alla normativa comunitaria in materia di appalti, e alle

previsioni della L.R. n. 37/2002, e si sollecitavano “le valutazioni di competenza ai fini del

procedimento di riesame e alla stregua delle indicazioni di cui in motivazione”. Il “fax

urgentissimo” del 5 aprile 2004, con il quale la Rappresentanza permanente d’Italia presso

l’Unione Europea notiziava la Regione della procedura d’infrazione e dei motivi della stessa,

risulta pervenuto alla Presidenza della Giunta della Regione Lazio e specificatamente

smistato a “Dr.ssa Florio, Ass. Gargano” in data 07 aprile 2004, e acquisito a prot. di Giunta

n. 46921 il giorno dopo. Entrambe le autorità rilevavano che le disposizioni della Legge

Regionale, ed in particolare dell’art. 5 commi 2, 3, e 4, relative alle modalità di affidamento

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dei lavori, contrastavano con le Direttive 93/37, 93/36, e 92/50 relativamente agli appalti

sopra soglia, e con le norme del Trattato CE, relativamente agli appalti sotto soglia, nonché

con la legge n. 109/94, in ragione del fatto che ARCEA Lazio S.p.A. doveva qualificarsi

come organismo di diritto pubblico, obbligato, in tale veste, a rispettare le norme comunitarie

in caso di affidamento a terzi di appalti. Nella nota d’inizio della procedura d’infrazione,

anzi, con espresso riferimento alla progettazione preliminare che la Regione Lazio aveva

consegnato ad ARCEA (sin dal 2003, ai fini della redazione del progetto da presentare al

CIPE per l’ottenimento del primo contributo), e richiamando ampia giurisprudenza non solo

comunitaria ma anche italiana, nonché confutando le opposte argomentazioni avanzate dalla

Regione nella sua nota di risposta del 13 novembre 2003, richiamava l’attenzione delle

Autorità “sulla circostanza che l’eventuale conclusione di ulteriori contratti tra la società

ARCEA e i suoi soci privati al di fuori di qualsiasi procedura di messa in concorrenza

avverrebbe a loro rischio e pericolo”.

Indipendentemente dal fatto che il “fax” notiziasse l’inizio della procedura d’infrazione, e

non la sua conclusione, e che la delibera della Autorità fosse stata impugnata dalla Regione

come dai soci di minoranza, costituiva una imperativa regola di buona amministrazione che la

attività di ARCEA, al momento di tali atti non ancora svolta né oggetto di incarico al

Consorzio 2050 (il contratto preliminare consegnato nel 2003 sarà oggetto di incarico solo il

18 aprile del 2004, dunque dopo entrambi i citati provvedimenti), non iniziasse tale attività o

la proseguisse, se non con modalità almeno compatibili con quelle concordemente rilevate

dalle due autorità, e che la relativa problematica fosse quantomeno portata in Giunta, onde

ottenere un indirizzo per l’esecutivo, o in seno ad ARCEA quale volontà del socio di

maggioranza.

Viceversa, la posizione di Gargano si è sempre assestata in una linea d’indiscussa e sollecita

prosecuzione dell’attività di ARCEA per la Regione Lazio, senza alcuna prescrizione in

ordine alle modalità degli affidamenti al Consorzio 2050.

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Nell’assemblea degli azionisti del 28 gennaio 2005, espressamente richiesto dai soci di

esprimere la volontà della Regione in ordine alla destinazione del finanziamento ottenuto in

virtù della approvazione da parte del CIPE della progettazione preliminare, egli,

diversamente da quanto sostiene la sua difesa, non pone affatto alcuna problematica in ordine

alla stessa possibilità per ARCEA di continuare con affidamenti diretti la successiva fase di

progettazione, ma comunica di riservarsi di acquisire chiarimenti, mediante quesito alla

Commissione Europea, in merito alle “condizioni di sostenibilità finanziaria di ARCEA

rispetto all’impostazione 40%-60%”, nonché su temi come “il contributo, l’investimento, i

tassi di redditività, la garanzia dei rischi”, questioni che riguardano unicamente la spartizione

dei costi della progettazione; risulta dal verbale, invece, che egli “chiede come mai non è

arrivata ala Regione Lazio alcuna comunicazione in merito ai progetti definitivi dei lotti

stralcio”, sollecitando ARCEA a successive fasi di progettazione senza alcun richiamo alla

necessità di evitare il metodo dell’affidamento diretto ex art.5 cit., e addirittura senza

nemmeno necessità di alcun incarico (anche diretto) formale da parte della Regione. A fronte

del rilievo del Borgia, che tale fase non era stata affidata ad ARCEA, affermava che “la

società è completamente autonoma” e che “non si può sostenere che il progetto definitivo non

sia stato fatto perché la Regione non lo ha chiesto”, e, in quella seduta, egli concludeva con

l’affermazione che “comunque nelle more del parere della Comunità Europea sarebbe

opportuno che si proceda alla progettazione definitiva da sottoporre alla approvazione del

CIPE”.

Tale comportamento evidenzia la sua piena partecipazione, sotto il profilo dell’efficacia

causale, all’affidamento in via diretta di ARCEA anche del contratto di progettazione

definitiva del giugno del 2005.

Una tale posizione, di aperta e grave violazione dei doveri su di esso gravanti quale membro

dell’organo esecutivo della Regione competente per materia, e di delegato a rappresentare il

socio unico Regione, ovviamente tenuto a l r ispet to del le leggi vigent i anche

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indipendentemente da una espressa delega del Presidente in tal senso, assume connotati di

ancor maggiore gravità dal momento in cui, con la sua nota del 23 febbraio 2005, il

Presidente Storace prendeva posizione in ordine alla L.R. 37/2002 in sede di Commissione

Europea, rassicurando quest’ultima della “disponibilità dell’Ente a trarre le conseguenze della

posizione espressa dalla Commissione nel corso della procedura d’infrazione e ad aprire alla

concorrenza gli appalti di lavori affidati alla società ARCEA in conformità alla normativa

comunitaria applicabile con conseguente modifica, per la parte specificamente interessata da

questa problematica, dell’architettura giuridica finora individuata nella legge regionale che

attualmente disciplina la materia” (nota Prot. n. 24498 del 23.02.2005). E’ del tutto

inverosimile che l’Assessore Gargano non fosse a conoscenza di tale posizione, in quanto la

sua struttura rappresenta il diretto riferimento del vertice politico nella materia interessata

(tant’è che è a firma dell’Assessorato ai lavori pubblici la successiva nota del 2 agosto 2005,

con la quale la Regione Lazio comunicava all’organo comunitario l’avvio del procedimento

per la revisione della L.R. 37/2002); eppure, egli nulla ha fatto per impedire che l’attività di

progettazione di ARCEA, che egli stesso aveva sollecitato, non proseguisse con le stesse

modalità, cioè senza alcun richiamo alle procedure aperte alla concorrenza, neppure dopo la

formale emissione della nota.

E’ opportuno un seppur breve esame del contenuto di tale nota, per dimostrare l’infondatezza

della tesi, che alcuni convenuti sostengono, che essa limitasse l’impegno della Regione a

contenere entro i limiti del diritto gli affidamenti di ARCEA che inerissero i soli “lavori”, e

non anche la progettazione dei medesimi.

Tale tesi è anzitutto in contrasto con l’evidente scopo della nota, come emerge dal tenore

dell’insieme delle sue affermazioni. In essa il Presidente, con specifico riferimento alle

“argomentazioni evidenziate dalla Commissione Europea con la procedura di infrazione in

oggetto” - le quali, come si è visto, concernevano il fatto che ARCEA era da considerarsi

amministrazione aggiudicatrice e che pertanto essa fosse soggetta alle direttive comunitarie e

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dovesse affidare appalti di progettazione, esecuzione e gestione mediante gara - ,e ritenendo

che la società non potesse procedere ad aggiudicare appalti (di ogni genere) con il metodo

dell’affidamento diretto – rassicurava che la Regione “intendeva risolvere con la massima

sollecitudine le problematiche concernenti l’apertura degli appalti pubblici alla

concorrenza” (quindi tutti gli appalti, di lavori e di progettazione). Alla luce di tali premesse,

il riferimento ai soli “lavori” nella parte conclusiva appare del tutto incoerente, ed in aperta

violazione del dovere del legislatore regionale di operare in conformità al citato art. 117,

primo comma, della Costituzione, per cui il termine “lavori” era da interpretarsi, secondo

buna fede e correttezza, come riferito a tutti gli appalti che ARCEA avrebbe commissionato.

Ciò a meno di non voler ammettere che, sia nelle intenzioni di chi scriveva che in quelle di

chi leggeva, fosse insita una riserva di interpretazione elusiva della legge (e delle prescrizioni

della Commissione), la quale porterebbe però la questione dell’atteggiamento psicologico

oltre la colpa grave, e nell’ambito della intenzionale e consapevole lesione delle vigenti

disposizioni.

Rileva il Collegio, infine, che è del tutto inverosimile che l’Assessore Gargano, nella sua

qualità, non avesse conoscenza dell’ampio progetto di rivisitazione della rete stradale e

autostradale che la Regione andava predisponendo, il “sistema integrato intermodale Asse

Pontino Roma (svincolo Pontina)–Latina Nord, bretella Cisterna–Valmontone”, che ha varato

solo un mese dopo la stipula dell’incarico al Consorzio 2050 per la progettazione definitiva

del giugno 2005, e che tale programma, rivisitando l’intero sistema viario, avrebbe invece

richiesto, come di fatto è stato, notevoli rivisitazioni non solo della progettazione definitiva

che egli stesso sollecitava in relazione al precedente progetto preliminare, ma anche della

progettazione preliminare, come si è visto sopra; in tale contesto, la sua attività in seno ad

ARCEA (quale rappresentante del socio Regione) di forte sollecitazione al deposito del

contratto definitivo appare evidentemente in contrasto (oltre che con le norme sugli appalti)

con i più evidenti canoni di razionalità e economicità dell’attività amministrativa.

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Sotto il profilo causale, tuttavia, valgono le medesime considerazioni fatte dal Collegio per la

posizione del presidente Storace, e cioè che anche il Gargano è cessato con la sua Giunta, e

anche per la sua posizione deve osservarsi che i peculiari eventi che si sono prodotti dopo la

sua cessazione (la modifica del piano della viabilità e del sostrato normativo), per

l’importanza che rivestono sulla entità della progettazione successivamente prodotta da

ARCEA, per l’autonoma rilevanza delle violazioni della intervenuta L.R. n. 11/2006, e per le

altre considerazioni sopra fatte, si pongono quali fattori di interruzione del nesso causale tra i

contratti del 2004 e del 2005 ed il danno che si è prodotto per la remunerazione, nel 2009,

della attività di progettazione prestata dopo quella esecutiva dei contratti stessi (del 2004 e

2005).

In conclusione, pertanto, poiché gli unici affidamenti nei quali è coinvolta la responsabilità

ascrivibile al Gargano sono gli affidamenti diretti della progettazione preliminare stipulati da

ARCEA nel 2004, e del progetto definitivo del novembre del 2004, con le prime modifiche

indicate dalla delibera CIPE n. 50 del 29/09/2004, nonché il contratto di progettazione

definitiva del giugno 2005 ad ulteriore attuazione di tali modifiche (tutte attività remunerate

con le liquidazioni del 2007), anche per la sua posizione deve essere accertata la prescrizione

della azione.

7.3 In merito alla posizione del Cuccioletta si osserva quanto segue.

Con sua nota del 28 gennaio 2005, n.186/2/1, in qualità di Direttore del Dipartimento del

Territorio, invitava ARCEA Lazio S.p.A. a dar corso alla progettazione definitiva del CTM e

della Cisterna–Valmontone. Con altra successiva nota del 3 maggio 2005, prot. 894/2/01,

comunicava ad ARCEA che “questa società può procedere all’affidamento della

progettazione definitiva integrata del Corridoio Tirrenico Meridionale e della Cisterna

–Valmontone, cosi come previsto dall’Ordinanza del CIPE approvativa dei relativi Progetti

Preliminari”. Tali iniziative egli prendeva, rileva la Procura, nonostante le sollecitazioni

espresse dagli organi di vigilanza comunitari e nazionali, nonché le intenzioni degli organi di

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vertice regionali (nota del Presidente Storace succitata, del febbraio 2005) di addivenire alla

modifica della L.R. n. 37/2002.

Va preliminarmente precisato, a confutazione della tesi difensiva, che se il contenuto di tali

note non concretava di per sé un affidamento diretto al Consorzio 2050, la mancanza di

alcuna indicazione o prescrizione ad ARCEA, più che opportuna nella vigenza dell’art. 5

della L.R. n. 37/2002 e nella pendenza dei procedimenti per la sua revisione, per garantire

che esso non consentisse elusione alla normativa che la Regione ed ARCEA erano tenuti ad

osservare, equivale perfettamente, sotto il profilo causale, ad un tale contenuto, soprattutto

considerando che ARCEA aveva già proceduto in passato, con i contratti del 2004, a

elaborare i progetti ad essa commissionati mediante incarico di progettazione conferito in via

diretta al suddetto socio privato: era del tutto prevedibile che tale prassi continuasse anche per

le future progettazioni, a meno di una presa di posizione della Regione ai vari livelli.

Quanto alla specifica sfera di competenza del Cuccioletta, la direttiva del Presidente della

Giunta della Regione Lazio n. 2 del 14.06.2003, prodotta da diverse difese, conferma la tesi

della Procura, che fosse sua specifica responsabilità attuare l’indirizzo della Regione

nell’ambito delle competenze di gestione a lui spettanti; per tale direttiva “il Direttore del

Dipartimento ha competenza generale sulla gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa da

esercitare mediante l’attività di direzione, coordinamento e controllo delle direzioni

regionali”, e “l’attività da essi svolta come attività di vertice dell’amministrazione deve

essere soprattutto intesa quale mezzo di recepimento e di attuazione della volontà dell’organo

di direzione politica”. Tale volontà egli non ha di certo recepito con le note in questione.

Anche al momento della sua prima nota, del 28 gennaio 2005, egli era perfettamente a

conoscenza della questione sull’incompatibilità degli affidamenti ad ARCEA con la

normativa vigente, come emerge dalla nota a sua firma del 20 ottobre del 2004 con la quale,

facendo espresso riferimento alla procedura d’infrazione comunitaria in essere, chiedeva al

Dipartimento Politiche Comunitarie di “fare conoscere alla scrivente Regione quali iniziative

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medio tempore devono essere adottate in relazione alla risoluzione non contenziosa della

vicenda… al fine di prevenire violazioni del diritto comunitario”, e garantiva che “si assicura

che la vicenda è all’esame degli organi politici della Regione Lazio che delibereranno

conformemente alle prescrizioni del Governo Italiano”; in ordine alla questione è agli atti

anche a sua nota, sempre del 28 gennaio 2005 (stessa data in cui però sollecitata ad ARCEA

la progettazione definitiva, senza ulteriori prescrizioni) con la quale nominava una

“commissione tecnico legislativa istituzionale” con “lo scopo di dare riscontro alla richiesta

della Commissione europea al Governo Italiano di chiarimenti riguardo alcune presunte

violazioni del diritto comunitario poste in essere a seguito della costituzione della ARCEA”,

note non seguite da alcun atto di interpello successivo per ottenere, né dal primo organo né

dal secondo, le richieste indicazioni. Né è plausibile che, dopo tali iniziative, egli si sia

talmente disinteressato della vicenda da non essere nemmeno a conoscenza della predetta

nota del Presidente Storace del 23.02.2005; neppure appare conforme alla aspettativa di

legalità dell’azione di un vertice della gestione della pubblica amministrazione che, nel

dubbio che la presa di posizione ivi contenuta potesse riguardare solo l’affidamento dei lavori

e non quello della progettazione, come qui sostiene la sua difesa, egli abbia, prontamente e

senza chiedere alcuna precisazione nemmeno a tale autorità, provveduto in tal senso.

Infatti, con la sua seconda nota del 3 maggio 2005, egli ha semplicemente rassicurato la

ARCEA che, quanto al finanziamento, “sarà cura di questa Amministrazione provvedere ad

erogare le somme necessarie alla liquidazione delle relative fatture professionali”, e ciò

nonostante la posizione della Regione fosse stata a quel momento già chiaramente espressa.

E’ corretta anche l’osservazione della Procura, che l’incarico per l’affidamento della

progettazione del 3 maggio 2005 è addirittura avvenuto un solo giorno dopo la cessazione del

presidente della Regione Storace: trattandosi di questione, quella degli affidamenti ad

ARCEA, che aveva coinvolto il vertice della Regione, e per la quale egli aveva rassicurato,

come si è visto, piena aderenza al suo indirizzo, in virtù della sua posizione di Capo del

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Dipartimento e assiduo referente del rapporto tra Regione ed ARCEA egli doveva

sicuramente contattare il nuovo Presidente per avere disposizioni in tal senso. Viceversa, egli

nulla ha notiziato o sollecitato, ed ha per le vie brevi ed immediatamente proceduto ad

affidare la progettazione definitiva ad ARCEA, senza alcuna precisazione in materia di

metodo di affidamento, consentendone modalità viziate sotto tutti i profili di illegittimità

sopra detti.

Tuttavia, non risulta agli atti di causa che egli abbia partecipato alla attività di progettazione

commissionata al Consorzio 2050 successivamente alla variante del programma stradale e

autostradale della Regione (luglio 2005).

Secondo quanto affermato, e non contestato dalla Procura, egli ha ricoperto l’incarico di

Direttore del Dipartimento del Territorio della Regione Lazio dal 7 ottobre 2002 (giusta

deliberazione di Giunta Regionale n. 1314 del 1° ottobre 2002) al 3 agosto 2005. Pertanto,

anche per il Cuccioletta la sua partecipazione causale al danno che si è concretato nella

determinazione del corrispettivo corrisposto ad ARCEA nel 2009 appare limitata agli atti del

21004 e del 2005, i quali si inseriscono, come per il Presidente Storace e per l’Assessore

Gargano, nell’ambito dell’attività di progettazione remunerata sino al 2007, per cui anche la

sua posizione deve essere definita con l’accertamento della prescrizione del danno relativo ai

fatti a lui imputabili.

7.4 Infine, quanto ai convenuti che sono stati citati in qualità di Presidente, A.D. e membri

del C.d.A. di ARCEA si osserva quanto segue.

Secondo la Procura i convenuti avrebbero potuto "valutare autonomamente l'opportunità o

meno di procedere agli affidamenti de quibus – n.d.r.: i contratti del 2004 e del 2005 - in

favore del socio di minoranza Consorzio 2050, avuto riguardo alle osservazioni formulate

dall'A.V.C.P. e dalla Commissione U.E., trasfondendo, ciascuno, la propria volontà

nell'ambito delle richiamate sedute di C.d.A., piuttosto che determinare, con il proprio parere

favorevole e consapevole, l'approvazione alla stipula della contestata contrattualistica, cui ha

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fatto seguito, con la sottoscrizione da parte dei medesimi intimati, la stipula del contratto

quadro del 15 giugno 2005".

L’addebito, dunque, è circoscritto ai fatti inerenti i tre affidamenti del 2004 e del 2005.

Quanto alla posizione del Dr. Abodi, egli ha rivestito la carica di Presidente della Società

ARCEA Lazio dal 21 maggio 2003 al 30 giugno 2006. La sua partecipazione causale ai fatti,

pertanto, risulta comunque riferibile unicamente a fatti per i quali la quota di danno si è

prescritta, e conseguenzialmente anche nei suoi confronti deve essere pronunziata la

prescrizione dell’azione.

Quanto alla posizione del Dr. Borgia, egli ha rivestito la carica di Amministratore Delegato

dal 13 novembre 2003 al 30 dicembre 2008; in linea ipotetica, pertanto, non può essere

esclusa una sua partecipazione causale a fatti inerenti anche la liquidazione del 2009.

Tuttavia, la Procura non ha formulato alcuno specifico addebito in relazione a ciò,

imputandogli unicamente il voto positivo espresso in occasione degli affidamenti del 2004 e

del 2005. Poiché, come si è detto, tale serie causale è stata interrotta da successivi eventi di

fatto e di diritto, sicuramente non imputabili ad un soggetto non più nella carica al momento

del loro verificarsi, una sua partecipazione non può essere ricavata dagli atti in giudizio se tali

fatti non siano stati previamente a lui contestati. La mancanza di alcuna contestazione o

ricostruzione del suo comportamento che abbia inciso sui fatti del 2009, diverso da quello –

la decisione di ARCEA di affidare a Consorzio 2050 i contratti del 2004 e del 2005 - per il

quale la quota di danno è prescritta, determina anche nei suoi confronti l’accertamento della

prescrizione dell’azione per i fatti a lui imputati.

Anche il Prof. Serrentino, l’Avv. Saitta e il Dr. De Luca sono stati citati perché ciascuno di

loro “nella qualità di Rappresentante della Regione Lazio nel C.d.A. di ARCEA esprimeva

parere favorevole, nelle sedute del 28 maggio 2004 e del 19 maggio 2005, alla stipula della

contrattualistica con il Consorzio 2050 attraverso la quale si procedeva al contestato

affidamento diretto delle progettazioni”, “pur consapevole, già dal marzo 2004, dei contenuti

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dei provvedimenti emessi dall’A.V.C.P. e dalla Commissione U.E.”. Non risulta alcun

addebito a loro carico per gli affidamenti della progettazione successivi a tale data, né

afferente alla loro partecipazione o influenza causale sui fatti del 2009. Pertanto, anche nei

loro confronti, rimanendo l’addebito circoscritto a fatti ai quali può ricollegarsi causalmente

solo la quota di danno prescritta, deve essere affermata la prescrizione della azione.

7.5 Il comportamento imputato al De Filippis, Direttore del Dipartimento Territorio e

firmatario dell’“atto ricognitivo” del 2009, si inserisce, invece, esclusivamente nella seconda

serie causale che ha ingenerato il preteso danno, e cioè in quei fatti che hanno portato alla

stipulazione dell’atto ricognitivo del 2009 con liquidazione ad ARCEA di un corrispettivo

complessivo, per il parco progetti consegnato nell’arco del periodo 2004-2010, senza alcuna

considerazione dei ribassi medi ordinariamente praticati per gli affidamenti delle stesse

attività progettuali.

In tesi, il suo ruolo si evincerebbe dalla nota n. 13484 del 24 luglio 2009 (Doc. n. 229

Procura- All. n. 4), avente ad oggetto l’autorizzazione alla stipula con ARCEA del predetto

atto ricognitivo, che costituirebbe l’antecedente della delibera di G.R. n. 661 del 7 agosto

2009, e dal fatto, affermato dalla Procura, che il De Filippis risulterebbe in concreto essere

stato il soggetto a cui avrebbe fatto capo tutto l’iter procedimentale tecnico-amministrativo

culminato nella sottoscrizione del predetto atto ricognitivo, per cui nei suoi confronti sarebbe

escluso che detta sottoscrizione possa aver rappresentato un atto meramente esecutivo del

deliberato regionale.

Va premesso che:

- l’atto ricognitivo è stato stipulato tra le parti senza che si possano rinvenire precedenti atti

stragiudiziali, diffide, o pretese, contenenti una quantificazione del corrispettivo antecedenti

alla perizia della RSM ed alla mera e piana recezione della stessa con la delibera n. 661 del 7

agosto 2009 (autorizzativa alla stipula dell’accordo), sicché esso, in realtà, è un atto di mera

quantificazione del corrispettivo di ARCEA, con il quale le parti “intendono concordare sia le

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modalità di consegna della progettazione definitiva completa sia la definizione del

corrispettivo della detta progettazione e delle sue modalità di pagamento”, come richiamato

nelle premesse, a integrazione postuma di un titolo contrattuale inesistente per l’attività di

progettazione già svolta;

- la valorizzazione di tale corrispettivo non avrebbe dovuto necessariamente, in quella sede,

avvenire ai prezzi corrispondenti alle tariffe professionali, e ciò in primis perché per l’attività

di progettazione svolta dal 2005 in poi mancava di titolo contrattuale che ciò concordasse tra

ARCEA e Regione Lazio; a differenza di quanto sostiene la sua difesa, poi, non è affatto vero

che ciò fosse conforme a quanto era già stato precedentemente convenuto tra Regione e

ARCEA, mancando qualsivoglia accordo in tal senso tra tali soggetti (e restando irrilevante

quanto eventualmente concordato sul punto tra ARCEA e Consorzio 2050 con i contratti del

2004 e del 2005, trattandosi di contratti intercorsi tra soggetti diversi). In assenza di un tale

vincolo, la contrattualizzazione del rapporto e la valorizzazione dei contenuti progettuali,

come anche la stessa Regione aveva mostrato di ritenere nella nota del Dipartimento del

Territorio del 15 aprile 2009, avrebbe dovuto avvenire “a prezzi di mercato”, e dunque con

applicazione, alle predette tariffe, del ribasso usuale a prezzo di mercato, per le ragioni sopra

illustrate;

- a differenza di quanto testualmente è riportato nelle premesse della delibera di Giunta n.

661/09, non corrisponde affatto al vero “che con l’art.7, comma 2, della L.R. n.11/06 veniva

comunque fatto salvo l’affidamento delle progettazioni affidate antecedentemente alla

entrata in vigore della stessa legge”: come più volte chiarito, anche indipendentemente da

ogni altro motivo di illegittimità degli affidamenti diretti di ARCEA attinente la pretesa

violazione del diritto comunitario, rimane certo che la legge del 2006 vietava ad ARCEA di

porre in essere ulteriori affidamenti diretti al socio di minoranza per le progettazioni de

quibus, e che il regime transitorio dell’art. 7 faceva salvo “limitatamente alle prestazioni

eseguite anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, l'affidamento della

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progettazione preliminare e definitiva del corridoio autostradale Tirreno sud”. Dunque, essa

non copriva affatto l’attività di progettazione svolta dopo tale data a seguito di affidamento

diretto (l’unica per la quale qui si procede, attesa la prescrizione del danno per le liquidazioni

del 2007), e rimane del tutto certo, oltre che oggettivamente evidente dalla stessa lettura della

citata disposizione, che si trattava di remunerare il compenso di una attività di progettazione

illegittimamente conferita da ARCEA con affidamento diretto al Consorzio 2050, e che di

tale illegittimità anche la quantificazione del compenso avrebbe dovuto tener conto, non

potendosi ritenere che una tale violazione di legge potesse costituire legittimo titolo per una

valorizzazione addirittura premiativa del prodotto della progettazione;

- la valorizzazione contrattuale del corrispettivo per l’attività di progettazione avrebbe

comunque dovuto avvenire con riferimento al prezzo di mercato della stessa, anche se

affidata al di fuori di procedure aperte o affidamenti mediante gara, poiché, come detto,

anche in tali ipotesi, in analogia con quanto dispone la normativa pubblicistica sugli

affidamenti diretti (che impone la regola della gara informale o della previa consultazione di

una rosa di offerte per verificare proprio il prezzo medio di mercato), il corrispettivo non può

essere determinato in misura notevolmente superiore al prezzo di mercato della prestazione.

Il fatto che, nella vigenza della L.R. n. 37/2002, per le prestazioni progettuali in questione

ARCEA, in realtà, fosse riservataria del “mercato” con contestuale previsione della

possibilità di affidamento diretto al suo socio di minoranza, non ostava di certo alla

determinazione del corrispettivo con riferimento al “prezzo di mercato” delle prestazioni

similari, a meno di non voler assicurare alle sue specifiche prestazioni, tramite la mera scelta

dello strumento societario, un valore extra ordinem, esente dall’applicazione dei criteri di

valorizzazione ordinariamente e generalmente applicati. Pertanto, anche considerata la

speciale situazione degli affidamenti diretti di ARCEA al Consorzio 2050, e senza voler

considerare che tale situazione nemmeno più trovava giustificazione a livello normativo dopo

l’ottobre del 2006, la regola generale del riferimento al prezzo di mercato, recepita anche

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dalle disposizioni sugli affidamenti diretti, oltre che regola di buon andamento, efficienza ed

economicità dell’azione amministrativa, non trovava alcun motivo di deroga;

- come detto già sopra, tale criterio andava comunque applicato alle progettazioni fornite da

ARCEA, indipendentemente anche dal soggetto che le aveva realizzate, o dal metodo di

affidamento che questa aveva scelto, o dei rapporti tra quello e ARCEA; in altri termini, la

questione dell’eccessiva valorizzazione non si pone nei rapporti tra ARCEA e Consorzio

2050, ma in quelli tra ARCEA e Regione, nei quali rimane che il parco progetti fornito da

ARCEA è stato valutato a termini di tariffa professionale, e non a prezzo di mercato;

- non ha alcun rilievo la questione che il socio privato di ARCEA sia stato scelto a suo tempo

con procedura di selezione pubblica, perché tale circostanza non giustifica comunque la

fissazione di un corrispettivo, per il parco progetti ceduto alla Regione, superiore a quello che

si assesta sui prezzi di mercato, i quali sono parametrati sui prezzi di aggiudicazione di gare

aventi ad oggetto specificatamente la attività di progettazione di volta in volta

commissionata;

- non corrisponde al vero l’affermazione della difesa del De Filippis, che la “normativa

statale” da individuarsi nelle delibere del CIPE di approvazione dei progetti inducesse ad una

rapida definizione dei rapporti con ARCEA nel senso che si è concretamente avuto, se solo si

considera che dette delibere entrano nel merito del contenuto della progettazione fornita, non

in quello del corrispettivo degli affidamenti; né che, addirittura, la delibera CIPE 55/08

avesse “legittimato gli affidamenti pregressi”, atteso che il CIPE non ha alcuna competenza a

decidere o a ratificare affidamenti di servizi o lavori;

- non è conforme a regola di economicità e buon andamento (regola di legittimità, non di

opportunità) quantificare un corrispettivo in misura massima e non consentita, neppure se ciò

sia fatto, come afferma la difesa, al fine di una rapida soluzione di eventuali future

controversie; la difesa invoca, in particolare, il fine transattivo dell’accordo del 2009, nel

quale s’inserirebbe la valutazione del corrispettivo dovuto, paventando i più onerosi effetti

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che sarebbero potuti derivare dal ritardo nell’affidamento dell’attività di progettazione alla

nuova stazione appaltante Autostrade Lazio, che avrebbe preteso la previa definizione dei

rapporti tra ARCEA e Regione. Rileva il Collegio che, anche a prescindere dall’osservazione

che l’intero quadro della vicenda della progettazione dei tratti stradali in questione presenta

un contenzioso esteso a tutti i possibili aspetti, e a tutti i rapporti prospettabili tra i diversi

soggetti interessati, ivi compreso il rapporto tra Regione e Autostrade Lazio, già ampiamente

inserito nel contenzioso arbitrale, rimane imprescindibilmente affidato alla Regione il

compito, contenuto di un potere/dovere che deve essere esercitato entro i limiti di legge, di

valutare ogni possibile soluzione ma sempre entro detti limiti, che in nessun caso possono

essere superati per un asserito fine di opportunità. Il fine transattivo, in altri termini, non può

essere realizzato con contenuti contrattuali che travalicano il limite di regole pubblicistiche

che disciplinano gli affidamenti e le remunerazioni delle prestazioni, e, tra queste, di quella

più volte richiamata per la quale il corrispettivo deve corrispondere al valore della

prestazione secondo il suo prezzo di mercato.

Di tutto ciò non ha tenuto conto la liquidazione ad ARCEA, che la Regione ha determinato in

piana ricezione della perizia di parte prodotta dalla società, atteso che le uniche censure alle

valutazioni delle perizie prodotte dalla società hanno riguardato la congruità del livello di

progettazione presentato, ritenuto affetto da carenze e imperfezioni.

Quanto all’elemento soggettivo e causale dei fatti imputati al De Filippis, la proposta n.13484

del 24 luglio del 2009 presenta uno schema di deliberazione al quale la successiva delibera di

Giunta n. 661 si è attenuta in modo del tutto conforme, e del quale l’atto ricognitivo è

attuazione; i contenuti che sono arrivati in Giunta, pertanto, sono stati individuati in tale

proposta, che non ha tenuto conto di nessuno degli elementi di cui sopra, e che,

effettivamente, deve essere considerata quale diretta causa del contrasto della liquidazione ad

ARCEA sia con la normativa che con la realtà dei fatti che costituivano l’antecedente delle

pretese della società.

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La difesa oppone che la proposta proveniva dall’assessorato ai Lavori Pubblici, e deposita

una serie di documenti che attestano la diretta riferibilità all’assessorato della decisione di

addivenire ad un accordo per la quantificazione del corrispettivo, e di accettare la proposta

che tale quantificazione fosse effettuata da società incaricata dalla stessa ARCEA tra cui la

nota del 5 marzo 2008, che comunicava l’assenso a tale iniziativa di ARCEA comunicando

anche che la quantificazione avrebbe costituito “sicuro elemento di riferimento per la

quantificazione del valore delle prestazioni effettuate da ARCEA e potrà consentire la

definizione di tutti i rapporti ancora pendenti per quel titolo tra la Regione e codesta società”,

la nota del 20 gennaio 2009 con la quale ARCEA comunicava alla Regione, e

specificatamente all’assessorato ed al Direttore regionale, la perizia della RSM, la nota del

19 febbraio 2009 con la quale ARCEA comunicava alla Regione l’intenzione di determinare

il corrispettivo mediante applicazione del tariffario, e la nota del 2 settembre 2009 a firma del

Direttore regionale e del RUP con la quale, già antecedentemente alla nota a firma del De

Filippis, si comunicava ad ARCEA l’importo del futuro atto ricognitivo in euro 40 mln. oltre

IVA. Tale corrispondenza, intercorsa direttamente tra ARCEA e soggetti diversi dal De

Filippis, mostra effettivamente l’infondatezza dell’assunto che fosse egli unicamente, e non

anche altri, a gestire l’intero procedimento che è pervenuto alla quantificazione del

corrispettivo di ARCEA. La sua partecipazione, pertanto, va verificata da un lato con

riferimento alle competenze che egli per legge e regolamento esercitava all’interno della

Regione, e dall’altro con riferimento al ruolo concretamente ricoperto.

Rileva il Collegio che le competenze in materia di proposte di deliberazione di Giunta sono

distribuite in più centri di responsabilità dal Regolamento regionale 6 settembre 2002, n. 1,

che disciplina la procedura per l’approvazione delle delibere di Giunta, disponendo all’art. 67

che: “Lo schema di deliberazione è proposto dall’Assessore competente per materia o dal

Presidente della Regione, previa verifica della rispondenza alle direttive e agli indirizzi

impartiti. A tale fine il direttore regionale competente trasmette lo schema di deliberazione

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all’Assessore o al Presidente. Lo schema di deliberazione è corredato di un frontespizio sul

quale sono apposte le firme del Presidente o dell’assessore proponente, del direttore di

dipartimento, del direttore regionale competente per materia e, ove previsto ai sensi

dell’articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 del responsabile del procedimento.”

Dunque, l’iter prevede un punto di partenza, che è l’attivazione da parte dell’Assessorato

delle competenze del Direttore competente per materia, ed un punto di arrivo, che è la

proposta formale che l’Assessore porta in Giunta.

Nella fisiologia del procedimento, ed indipendentemente dalla maggiore o minore ingerenza

della struttura politica nella definizione del contenuto anche tecnico dell’atto, rimane che la

struttura amministrativa è competente a valutare la corrispondenza del contenuto della

delibera alle norme di legge; nella fattispecie, il Dipartimento del Territorio, nelle sue

articolazioni, doveva curare che la proposta proveniente dall’organo politico (l’assessorato)

fosse conforme a tali criteri. Non ad altro serve, la struttura amministrativa, che a garanzia

della legittimità e concreta attuazione delle scelte politico amministrative in conformità , in

primis, alle norme di legge, e, in secondo luogo, a criteri di buona amministrazione, ai vari

livelli in cui essa è strutturata. Pertanto, delle illegittimità ed incongruità della “proposta”,

sotto i profili sopra rilevati, è la stessa struttura amministrativa che è responsabile, perché tali

illegittimità ed incongruità avrebbe dovuto quantomeno fare rilevare, e non recepire

pianamente solo perché esse costituivano elementi che la struttura politica aveva dati per certi

o che addirittura aveva contribuito a determinare.

Il fatto che l’atto (la nota contenente la proposta) è stato firmato, oltre che dal Direttore del

Dipartimento, anche dal Direttore Regionale (e dal RUP) non comporta, diversamente da

quanto rileva la difesa, che sarebbe solo questi il soggetto cui è riferibile l’istruttoria e che,

conseguentemente, ne assorbirebbe le responsabilità, in analogia a quanto prevede l’art. 6 lett.

e) della L.n. 241/90 nei rapporti tra responsabile del procedimento e firmatario dell’atto.

Infatti, nella specifica materia delle proposte alla Giunta, che è disciplinatra dalla speciale

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disposizione dell’art. 67 cit., la responsabilità dei due livelli dirigenziali coinvolti non può

essere regolata come negli ordinari procedimenti amministrativi. Le due firme, qui,

corrispondono a due autonomi centri di decisione (entrambi strutture apicali della dirigenza),

ai quali fanno riferimento due coesistenti sfere di responsabilità, ben delineate dalla citata

direttiva del Presidente della Giunta della Regione Lazio n. 2 del 14.06.2003, per la quale “il

Direttore del Dipartimento ha competenza generale sulla gestione finanziaria, tecnica ed

amministrativa da esercitare mediante l’attività di direzione, coordinamento e controllo delle

direzioni regionali”, e “l’attività da egli svolta come attività di vertice dell’amministrazione

deve essere soprattutto intesa quale mezzo di recepimento e di attuazione della volontà

dell’organo di direzione politica”. Il livello di partecipazione del Direttore del dipartimento

all’attuazione diretta dell’indirizzo politico amministrativo, superiore rispetto al livello del

direttore regionale, non lo esime in sede di proposta di delibera di Giunta dalla verifica della

correttezza e legittimità delle suddette decisioni omettendo un qualsiasi ruolo di verifica sulla

proposta proveniente dall’assessorato e firmata dal direttore regionale, perché ciò

equivarrebbe a vanificare la funzione di uno dei due livelli di previa verifica della legittimità

e correttezza della delibera di Giunta voluti dal citato art. 67 del Reg. reg..

Ciò, da un lato, esclude che il Direttore del Dipartimento possa invocare la firma del

Direttore Regionale a scusante della propria responsabilità. Non corrisponde alla realtà delle

sue responsabilità istituzionali che nella sua “attività ricognitiva” egli sia stato messo di

fronte a “scelte già compiute da altri di transigere ad un determinato prezzo”, poiché una tale

scelta è in concreto avvenuta solo a compimento del procedimento (delibera di Giunta n.

661/09) che lo vedeva coinvolto nel suo ruolo specifico, e che, seppure già manifestata una

intenzione della sua struttura regionale o dell’assessore in tal senso, egli non poteva abdicare

a tale ruolo, non potendo affatto la sua firma corrispondere, come prospettato, ad una mera

competenza “formale”. Ciò vale in linea generale, ma soprattutto nella specifica fattispecie,

dove le illegittimità che si presentavano sia negli affidamenti diretti di ARCEA che nella

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valorizzazione del corrispettivo, a differenza di quanto afferma la difesa, erano grossolane e

palesi, ed afferivano sia il fatto stesso che la società avesse tranquillamente continuato a

svolgere attività di progettazione pur in assenza di alcun titolo, contrattuale o di legge, dopo

l’abrogazione dell’art. 5 della L.R. n. 37/2002 ed in violazione della successiva disposizione

transitoria della L.R. n.11/2006, sia il fatto che la valorizzazione della sua attività potesse

avvenire sulla mera base del tariffario professionale, senza considerazione alcuna né degli

ordinari ribassi d’asta, né del prezzo di mercato, su quelli normalmente assestato. Concreta

una grave violazione del ruolo e della funzione di garanzia ad egli affidata il fatto che nulla

egli abbia rilevato a fronte del contenuto della proposta che, in ultimo, con la propria firma,

egli ha pianamente sposato, ivi compresa la parte in cui essa (e la pedissequa delibera di

Giunta n. 661/09) giunge a riportare il contenuto dell’art. 7 della L.R. n.11/2006 in maniera

palesemente distorta, al fine di mostrare una copertura di legittimità all’attività di

progettazione svolta da ARCEA, copertura del tutto inesistente a tenore della stessa

disposizione.

Né la decisione sul quantum del corrispettivo può essere considerata il frutto di un’attività

conciliativa, tale che la sua firma sulla proposta di deliberazione sia da ricondurre unicamente

alla titolarità formale del potere conciliativo che l’art. 160, comma 2, n. 8 del Reg. reg. citato

pone in testa al Capo del Dipartimento, e che, nella fattispecie, la scelta concretamente presa

sarebbe stata opportuna per evitare maggiori esborsi a fronte della pretesa di ARCEA; quanto

al preteso fine transattivo, le evidenze agli atti mostrano che tale scelta è stata presa in

immediata recezione delle richieste di ARCEA, senza alcun contenzioso né in atto, né

minacciato, ma soprattutto è evidente che la questione del corrispettivo non avrebbe potuto

trovare in sede giudiziale una migliore soluzione di quella che con l’“atto ricognitivo” ha

trovato, atteso che le prestazioni sono state liquidate nella misura massima prospettabile (a

tariffa). Ma, soprattutto, la funzione del Direttore del Dipartimento nello specifico

procedimento di proposta di delibere di Giunta non è limitata a tali compiti, ma si estende,

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come si è detto, alla verifica della legittimità della soluzione proposta, pur nell’ambito della

funzione di raccordo tra scelte del vertice politico e compiti della struttura amministrativa

della quale è il referente ed il coordinatore.

Dall’altro lato, fondatamente la difesa evidenzia la presenza del ruolo di altri soggetti nella

causazione dei fatti, quantomeno di pari efficacia causale rispetto a quello del De Filippis

(tutti i soggetti firmatari della proposta).

Non essendo provato il ruolo esclusivo della omissione del De Filippis, prospettato dalla

Procura, ed emergendo, anzi, agli atti analoghe omissioni da parte di altre figure dirigenziali

competenti sul punto, non convenute, nonché l’attiva e pressante partecipazione della sfera

politica nella determinazione del corrispettivo, in persona di soggetti istituzionali di vertice

pure non convenuti, il suo ruolo nella vicenda, pur rimanendo imputabile a titolo di colpa

grave, deve essere ricalibrato con riferimento alla sua partecipazione causale, e, considerata

l’entità dell’apporto causale altrui, deve essere ampiamente ridotto.

Deve in primis considerarsi che il suo comportamento rientra solo nella seconda serie causale

del fatto dannoso, non essendogli stato contestato alcun comportamento inerente gli

affidamenti dell’attività di progettazione; rimane, pertanto, teoricamente imputabile alla

esclusiva competenza e responsabilità di altri soggetti l’aver posto in essere, dall’ottobre del

2006 in poi, i presupposti di fatto perché ARCEA vantasse verso la Regione un generico e

non quantificato diritto al corrispettivo che, invece, avrebbe dovuto essere determinato

previamente, solo per prestazioni legittime (e dunque non per quelle rese dopo l’ottobre del

2006, che avrebbero dovuto sottostare alle regole sull’affidamento degli appalti) e,

comunque, in base ai prezzi di mercato. Considerato che tale prima serie causale di fatti è

ascrivibile a più vertici decisionali ai quali è affidato l’interesse della Regione (il soggetto che

rappresenta la Regione quale socio di ARCEA, i componenti del C.d.A. di ARCEA designati

dalla Regione, e, soprattutto, la struttura di indirizzo politico-amministrativo che ha gestito i

rapporti con ARCEA quanto all’affidamento della progettazione sino al 2009, soggetti, si

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ripete, non citati in giudizio), e che la situazione che ne è derivata nel 2009 comportava, in

concreto, una sola variabile - il quantum del corrispettivo di ARCEA -, a tale prima serie

causale deve essere ascritta una efficacia pari almeno al 50%, restando ascrivibile alla

seconda (nella quale rientra il comportamento del De Filippis) la restante parte. Ai fatti

inerenti la determinazione del corrispettivo del 2009, pertanto, corrisponde solo il restante

50% del preteso danno come sopra quantificato, e dunque euro 4.672.038,00 (50% di euro

9.344.076,00).

In secondo luogo, si deve tener conto delle competenze che spettavano di diritto a tutti i

soggetti proponenti la delibera di Giunta n. 661/09, competenze e responsabilità alle quali

deve essere sicuramente data pari efficacia causale. Seppure con ruoli diversi, come detto,

intervenivano nel procedimento ex art. 67 cit. anche il RUP, il Direttore Regionale e lo stesso

Assessorato (che sollecitava quest’ultimo in sede di iniziativa): seppure tali soggetti non

siano stati citati, e per conseguenza il Collegio non ne abbia potuto esaminare le difese,

rimane certo che l’organo di indirizzo politico è titolare del potere di proposta, ed in ciò

partecipa, sotto il profilo causale, della responsabilità che da essa possa derivare se, come

nella fattispecie, la proposta è stata pedissequamente portata avanti senza i dovuti rilievi da

parte delle strutture della dirigenza. Inoltre, anche a voler limitare la sfera di responsabilità

del RUP alla verifica dei contenuti tecnici della progettazione o della legittimità degli

affidamenti, rimane evidente che anche il Dirigente Regionale doveva essere altrettanto

avveduto, come il Direttore del Dipartimento qui convenuto, della perfetta illegittimità

quantomeno della “attività di progettazione svolta” da ARCEA dopo l’ottobre del 2006, e,

soprattutto, della necessità che la sua remunerazione, indipendentemente dal metodo di

affidamento seguito da ARCEA o dalla presenza di altre illegittimità, dovesse rispettare

quantomeno il principio di economicità ed efficienza della spesa della Regione, e non potesse

travalicare, per questo, il “prezzo di mercato”, e che tale ruolo omissivo pure incide sotto il

profilo causale. Al comportamento del De Filippis, pertanto, sotto l’aspetto puramente

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causale non può essere imputato quanto supera un quarto del danno, e dunque il danno a lui

causalmente riconducibile è contenuto entro euro 1.168.009 ,00.

Il Collegio ritiene, inoltre, che nella fattispecie non possa essere seguito un criterio

d’imputazione del danno puramente risarcitorio, che faccia leva solo sulla sussistenza di tutti

i presupposti della responsabilità e determini la quota di danno del convenuto sulla mera base

del suo apporto causale.

Pur se la piana accettazione, da parte sua, delle condizioni dell’accordo inserite nella proposta

a firma congiunta concreta una grave violazione dei doveri che al suo livello di alta dirigenza

non potevano essere pretermessi, e che non è giustificabile proprio in relazione alla specifica

funzione di raccordo tra la sfera di indirizzo politico e la struttura amministrativa, inserendo

la sfera di competenze e responsabilità del De Filippis nel concreto assetto dei fatti si evince

facilmente che il concatenarsi delle premesse storiche della vicenda, e la posizione da sempre

univocamente assunta dalla Regione nel senso di lasciare la ARCEA assolutamente libera

quanto al metodo degli affidamenti, e addirittura svincolata da qualunque accordo con la

Regione in merito alla stessa attività di progettazione commissionata e al relativo

corrispettivo, avevano costituito solide premesse per l’aspettativa a che la determinazione

della Regione, anche in tale occasione, si conformasse pianamente sulle richieste della

società. In tale contesto, pur rimanendo esigibile da parte sua, perché correlato alla alta

funzione che egli ricopriva e alle responsabilità necessariamente e specificamente a quella

connesse, un comportamento rispettoso delle regole dell’ordinamento sopra richiamate, la sua

omissione deve essere valutata anche nell’ambito del rischio di organizzazione che

l’amministrazione, che inserisce un funzionario in una determinata posizione apicale, si

assume come parte del rischio connesso alla sua condotta o alle sue omissioni, a quel livello

necessariamente più gravide di effetti dannosi di quanto non lo possano essere a livelli

inferiori di responsabilità.

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Per tale motivo il Collegio ritiene giustificata un’ampia riduzione del danno concretamente

imputabile, sino ad euro 600.000,00. Tale somma egli deve rifondere alla Regione Lazio,

oltre interessi dalla data della presente decisione sino al soddisfo. Le spese di giustizia sono a

suo carico per un undicesimo del loro ammontare, in ragione del numero dei convenuti, e con

esclusione del costo della CTU, in quanto non utilizzata ai fini della determinazione

dell’addebito nei suoi confronti, e sono liquidate come in dispositivo.

7.6 Per quanto concerne la decisione sulle spese legali dei convenuti nei confronti dei quali è

stata accertata la prescrizione dell’azione di danno erariale, rileva il Collegio che, in

applicazione dell’art. 10 bis, comma 10, del D.L. n. 203/2005, convertito nella legge n.

248/2005, non spetta al convenuto prosciolto per prescrizione dell’azione di responsabilità il

rimborso da parte dell’amministrazione di appartenenza delle spese per onorari e diritti di

difesa e non sussiste nemmeno, per conseguenza, l’obbligo del giudice contabile di liquidare

le spese stesse (cfr. SSRR 3/QM/2008 del 27.6.2008). Nulla pertanto è a provvedere sulle

stesse.

B. Danno imputato ai convenuti Ing. Besson, nella sua qualità di Dirigente del Dipartimento

opere pubbliche e servizi per il territorio, e Ing. Fabrizio, RUP, di euro 438.000,00 per

interessi da ritardato pagamento e spese del giudizio arbitrale sul contenzioso intercorso tra la

Regione Lazio e la Mele Engineering s.p.a. in R.T.I con la Pigreco s.p.a., che ha portato alla

determinazione del valore della progettazione preliminare della “Bretella autostradale

Cisterna Valmontone”.

Le parti confliggono in ordine alla stessa ricostruzione dei fatti generatori del preteso danno;

poiché, tuttavia, il Collegio deve esaminare il petitum in relazione ai fatti imputati e provati in

giudizio, è la versione della Procura che deve essere primariamente vagliata, incombendo

sull’accusa l’onere della asserzione ed asseverazione dei fatti addotti.

In tesi, i due convenuti avrebbero posto in essere un comportamento causalmente collegato al

preteso danno costituito dalle spese connesse al giudizio arbitrale e, specificatamente,

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avrebbero posto in essere i presupposti che avrebbero favorito la condanna della Regione

Lazio procedendo, rispettivamente, l’Ing. Besson a conferire incarico di progettazione

preliminare alla società Mele Engineering oltre l’ambito del contratto di progettazione già

stipulato tra le parti, contratto che tale fase progettuale non includeva, avendo ad oggetto la

sola progettazione definitiva ed esecutiva del collegamento Area Pontina-A2 (bretella

autostradale Cisterna Valmontone) e, l’Ing. Fabrizio, ad accettare il progetto preliminare

depositato dalla Mele Engineering nel 2002.

In relazione ai fatti imputati va preliminarmente esaminata l’eccezione di prescrizione, che le

parti avanzano sottolineando che gli importi che trovavano titolo e fondamento nel lodo

conclusivo del giudizio sono stati pagati in più soluzioni, l'ultima delle quali il 7 giugno 2007,

e che il termine prescrizionale del credito erariale, pertanto, sarebbe è in ogni caso qui

maturato il 7 giugno 2012 (prima della notifica dell'invito a dedurre, perfezionatasi il

successivo 6 novembre 2013); oppone la Procura di aver notificato in data 17 novembre 2011

ai convenuti un atto di messa in mora ex artt. 1219 e 2943 c.c. per l’importo suindicato,

mediante la Guardia di Finanza a ciò autorizzata. Seguiva la notifica dell'invito a dedurre,

notificato a Besson il 6 novembre 2013 e a Fabrizio il 7 novembre 2013.

Osserva il Collegio che con riferimento alla notifica dell’invito a dedurre l’azione è prescritta,

ponendosi esso, quale primo atto interruttivo, oltre la maturazione del termine prescrizionale

di cinque anni dall’emissione dell’ultimo mandato di pagamento.

Non può considerarsi, a tale effetto, la notifica dell’atto di costituzione in mora notificato ai

convenuti dalla Procura nel novembre del 2011.

L’effetto interruttivo del termine prescrizionale, che è riconosciuto all’invito a dedurre che

sia fornito di tutti gli elementi richiesti per determinare siffatto effetto ai sensi degli articoli

1219 e 2943 del Codice Civile (cfr. SS.RR. di questa Corte, nn. 14/QM/2000, 6/QM/2003,

1/QM/2004 e 4/QM/2007), non è manifestazione di un autonomo potere di messa in mora che

sia attribuibile al Procuratore contabile al di fuori dell’esercizio delle funzioni sue proprie; in

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altri termini, non rientra nell’ambito dei poteri del Procuratore contabile azionare un diritto al

risarcimento del danno al di fuori delle modalità con le quali l’ordinamento gli attribuisce il

potere di azionare la responsabilità amministrativa patrimoniale - modalità che concretamente

si esplicano nei soli atti tipici dell’invito a dedurre e dell’atto di citazione – e, dunque,

interrompere la prescrizione con atto di costituzione in mora distinto e precedente rispetto

all’invito a dedurre.

Un autonomo atto di costituzione in mora, rientrando nelle facoltà del titolare del diritto

sostanziale al risarcimento del danno, e cioè della pubblica amministrazione, può essere solo

da questi validamente emesso agli effetti interruttivi del termine di prescrizione, anche su

sollecitazione del Procuratore contabile.

In conclusione, anche nei confronti dei due convenuti citati a rispondere del danno di cui alla

fattispecie B sopra descritta deve essere dichiarata la prescrizione dell’azione.

Nulla è a disporre nei loro confronti per le spese legali, sempre in applicazione dell’art. 10

bis, comma 10, del D.L. n. 203/2005, convertito nella legge n. 248/2005.

P. Q. M .

La Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio,

CONDANNA

Raniero Vincenzo De Filippis a rifondere alla Regione Lazio euro 600.000,00, oltre interessi

dalla data della presente decisione sino al soddisfo, e a rifondere le spese del giudizio

nell’importo di euro 4.381,35 (€ quattromilatrecentottantuno/35).

Dichiara prescritta l’azione nei confronti di:

Raimondo Luigi BESSON;

Bernardo Maria FABRIZIO;

Francesco STORACE;

Giulio GARGANO;

Patrizio CUCCIOLETTA;

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Andrea ABODI;

Ruggiero BORGIA;

Flavio DE LUCA;

Roberto SERRENTINO;

Aurelio SAITTA.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 7- 14 -23 luglio 2015.

Il Relatore Il Presidente

F.to Chiara Bersani F.to Ivan De Musso

Depositata in segreteria il 11 Settembre 2015

P.IL DIRIGENTE IL RESPONSABILE DEL SETTORE

GIUDIZI DI RESPONSABILITA’ F.to Dott. Luigi DE MAIO

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