375 kB p.649

26
Medico e Bambino 10/1997 37/649 NOVITÀ IN PEDIATRIA PRATICA 1996-1997 FRANCO PANIZON Clinica Pediatrica dell’Università, IRCCS “Burlo Garofolo”, Trieste C ome ogni anno, il compilatore della rubrica “Novità”, alla fine della fatica, si trova a stupirsi di alcune cose. La prima è che allo spoglio di circa 3000 titoli, gli riman- gano in mano poco più di 100 lavori da considerare merite- voli di attenzione per un pediatra generalista (non importa se lavori sul territorio o in ospedale: lavori che in qualche modo possano contare nella costruzione del proprio bagaglio di sapere, che gli posssano fornire suggerimenti di qualche utilità nella pratica di tutti i giorni, o anche soltanto che lo confermino nella buona pratica clinica). La seconda (e inversa) sorpresa è che in un anno ci pos- sano essere davvero più di 100 novità “utili”. Naturalmente nessuna delle due cose è poi vera del tutto. Da una parte meno della metà degli articoli recensiti con- tengono “vere novità”; dall’altra parte bisogna essere ben consapevoli che questa piccola antologia di fine d’anno non contiene né tutto né solo “quello che conta”. Ciononostante, qualcosa di vero e di sorprendente rima- ne. È vero che c’è un eccesso di informazione e che la mag- gior parte di questa informazione è ad alta componente iner- ziale, in parte ridondante; è vero anche che il progresso con- tinua come un largo fiume, forse non velocissimo (per la no- stra capacità lo è già troppo) ma con enorme cubatura. D’altronde non c’è dubbio che i criteri di selezione di que- sta rubrica potrebbero essere diversi. Luigi Greco ha fatto lo specifico appunto di selezionare troppo poco, di non dare ab- bastanza peso alle vere novità; e di perdersi un poco in chiacchiere. Ha certamente ragione; e il compilatore è fin troppo consapevole che in questa ricerca egli va soddisfacen- do prima di tutto le sue curiosità, le sue carenze, i suoi dub- bi, i suoi bisogni. Ha sempre saputo che questo modo è poco professionale; e ha però anche sempre vantato la componente “non professionale”, nel senso di libera e soggettiva che rende (forse) questa Rivista un po’ diversa dalle altre. Ed ecco i (soliti) dati statistici. I lavori con una prevalente componente concreta (“cose che si possono fare”) sono 74. Di questi una quarantina hanno abbastanza strettamente a che fare con l’attività pe- diatrica ambulatoriale e più specificamente con l’attività del pediatra di famiglia; i restanti, pur essendo concreti, riguar- dano patologie di terzo livello: cure al neonato intensivo, diagnostica neurologica di immagine, malattia di Crohn ecc. Gli altri 68 sono lavori a prevalente interesse teorico, che forse stanno male in una rubrica di terapia “pratica”, ma che ciò nonostante il compilatore ha ostinatamente rite- nuto significativi per la cultura di fondo del pediatra genera- lista; di questi, più della metà, a giudizio del compilatore, ri- guardano da vicino la cultura (e quindi l’operatività) del pediatra di libera scelta. Nell’insieme, le proporzioni sono quelle degli anni scorsi. Tuttavia, più degli anni scorsi, il compilatore si trova insod- disfatto di questa rassegna, nella quale mancano contributi che rappresentino un “vero” progresso riversabile sul quoti- diano. Eppure, i “veri” progressi non sono pochi: la transglu- taminasi riconosciuta come l’autoanticorpo col quale reagi- scono gli EMA, il problema della iposensibilità al GH, l’ipo- staturalità degli SGA, l’esame motoscopico per il riconosci- mento del danno neurologico, il trattamento cortisonico del- la mielite trasversa, la plasmaferesi per la nefrite rapida- mente progressiva, le modificazioni del flusso cerebrale nella emicrania, nell’anoressia nervosa, nell’iperattività con defi- cit dell’attenzione, l’effetto “di fondo” della terapia inalante steroidea sulla risposta atopica, l’importanza del gatto nell’a- sma perenne, i progressi sempre più invadenti della geneti- ca, l’autotrapianto nelle malattie autoimmuni, gli effetti del- l’allattamento al seno sul timo, la prevenzione vitaminica delle malformazioni cardiache. Non poca cosa, non poca co- sa; ma non basta (forse è perché siamo incontentabili? per- ché ormai il nuovo ha già stancato?) per togliere l’impressio- ne che qualcosa si stia spegnendo; che il progresso stia diven- tando un fatto salottiero. Melanconie. P.S. I lavori italiani considerati significativi sono 10; non ci sarebbe male: una partecipazione al “progresso”, d’altronde come negli anni scorsi, rispettabile. PERUGIA 1997 - Novità

Transcript of 375 kB p.649

Medico e Bambino 10/1997 37/649

NOVITÀ IN PEDIATRIAPRATICA 1996-1997FRANCO PANIZONClinica Pediatrica dell’Università, IRCCS “Burlo Garofolo”, Trieste

C ome ogni anno, il compilatore della rubrica “Novità”,alla fine della fatica, si trova a stupirsi di alcune cose.

La prima è che allo spoglio di circa 3000 titoli, gli riman-gano in mano poco più di 100 lavori da considerare merite-voli di attenzione per un pediatra generalista (non importase lavori sul territorio o in ospedale: lavori che in qualchemodo possano contare nella costruzione del proprio bagagliodi sapere, che gli posssano fornire suggerimenti di qualcheutilità nella pratica di tutti i giorni, o anche soltanto che loconfermino nella buona pratica clinica).

La seconda (e inversa) sorpresa è che in un anno ci pos-sano essere davvero più di 100 novità “utili”. Naturalmentenessuna delle due cose è poi vera del tutto.

Da una parte meno della metà degli articoli recensiti con-tengono “vere novità”; dall’altra parte bisogna essere benconsapevoli che questa piccola antologia di fine d’anno noncontiene né tutto né solo “quello che conta”.

Ciononostante, qualcosa di vero e di sorprendente rima-ne. È vero che c’è un eccesso di informazione e che la mag-gior parte di questa informazione è ad alta componente iner-ziale, in parte ridondante; è vero anche che il progresso con-tinua come un largo fiume, forse non velocissimo (per la no-stra capacità lo è già troppo) ma con enorme cubatura.

D’altronde non c’è dubbio che i criteri di selezione di que-sta rubrica potrebbero essere diversi. Luigi Greco ha fatto lospecifico appunto di selezionare troppo poco, di non dare ab-bastanza peso alle vere novità; e di perdersi un poco inchiacchiere. Ha certamente ragione; e il compilatore è fintroppo consapevole che in questa ricerca egli va soddisfacen-do prima di tutto le sue curiosità, le sue carenze, i suoi dub-bi, i suoi bisogni. Ha sempre saputo che questo modo è pocoprofessionale; e ha però anche sempre vantato la componente“non professionale”, nel senso di libera e soggettiva che rende(forse) questa Rivista un po’ diversa dalle altre.

Ed ecco i (soliti) dati statistici. I lavori con una prevalente componente concreta (“cose

che si possono fare”) sono 74. Di questi una quarantinahanno abbastanza strettamente a che fare con l’attività pe-diatrica ambulatoriale e più specificamente con l’attività del

pediatra di famiglia; i restanti, pur essendo concreti, riguar-dano patologie di terzo livello: cure al neonato intensivo,diagnostica neurologica di immagine, malattia di Crohnecc. Gli altri 68 sono lavori a prevalente interesse teorico,che forse stanno male in una rubrica di terapia “pratica”,ma che ciò nonostante il compilatore ha ostinatamente rite-nuto significativi per la cultura di fondo del pediatra genera-lista; di questi, più della metà, a giudizio del compilatore, ri-guardano da vicino la cultura (e quindi l’operatività) delpediatra di libera scelta.

Nell’insieme, le proporzioni sono quelle degli anni scorsi.Tuttavia, più degli anni scorsi, il compilatore si trova insod-disfatto di questa rassegna, nella quale mancano contributiche rappresentino un “vero” progresso riversabile sul quoti-diano. Eppure, i “veri” progressi non sono pochi: la transglu-taminasi riconosciuta come l’autoanticorpo col quale reagi-scono gli EMA, il problema della iposensibilità al GH, l’ipo-staturalità degli SGA, l’esame motoscopico per il riconosci-mento del danno neurologico, il trattamento cortisonico del-la mielite trasversa, la plasmaferesi per la nefrite rapida-mente progressiva, le modificazioni del flusso cerebrale nellaemicrania, nell’anoressia nervosa, nell’iperattività con defi-cit dell’attenzione, l’effetto “di fondo” della terapia inalantesteroidea sulla risposta atopica, l’importanza del gatto nell’a-sma perenne, i progressi sempre più invadenti della geneti-ca, l’autotrapianto nelle malattie autoimmuni, gli effetti del-l’allattamento al seno sul timo, la prevenzione vitaminicadelle malformazioni cardiache. Non poca cosa, non poca co-sa; ma non basta (forse è perché siamo incontentabili? per-ché ormai il nuovo ha già stancato?) per togliere l’impressio-ne che qualcosa si stia spegnendo; che il progresso stia diven-tando un fatto salottiero. Melanconie.

P.S. I lavori italiani considerati significativi sono 10; non cisarebbe male: una partecipazione al “progresso”, d’altrondecome negli anni scorsi, rispettabile.

PERUGIA 1997 - Novità

38/650 Medico e Bambino 10/1997

Cominciamo con alcune note di ag-giornamento epidemiologico.

Asma: epidemiologia, fattori di rischio e patogenesi

Nelle ultime edizioni abbiamo piùvolte ripreso il tema dell’aumento dellapatologia atopica.

Un lavoro di meta-analisi1 (Finlandia) cheanalizza 16 studi basati su confronti trasver-sali della prevalenza corrente e cumulativadell’asma in annate successive (Figura 1). Inverità tutti gli studi rilevano un aumento rela-tivo. L’aumento medio può essere valutato a0,2% all’anno (+ 2% ogni dieci anni). Gli Auto-ri del lavoro di meta-analisi, comunque, con-cludono che l’evidenza nel suo complesso èdebole perché basata su criteri di rilievo in-sufficientemente obiettivi. Il trend, invece,per la mortalità dell’asma, è in discesa (dimi-nuzione media - 0,2% all’anno), e questo vie-ne attribuito all’impiego degli steroidi inalan-ti2 (Gran Bretagna) (Figura 2).

Di questo aumento, le cui dimensionisaranno discutibili finché si vuole masulla cui realtà tutti sembrano d’accor-do, le cause sono ancora da esplorare.Quella che in questo momento ricevemaggiore attenzione è la riduzione delleinfezioni in tenera età3 (Gran Bretagna).Sarebbe la mancata attivazione in sensoTh1 del sistema immune da parte dellostimolo infettivo a facilitarne l’orienta-mento Th2 (atopico) (Figura 3). La re-lazione tra allergia e dimensione del nu-cleo familiare4 (Svezia) e la relazione in-versa tra prevalenza dell’atopia e siero-positività per epatite A5 (Italia) sono so-lo due tra i numerosi indizi in favore diquesta ipotesi.

La correlazione tra asma, bronchiteasmatica e atopia risulta bene in una ri-cerca trasversale sulla popolazione sco-lastica6 (Finlandia), in accordo conquanto noto sulla stretta vicinanza deigeni che controllano la bronco-iper-reat-tività e dei geni che controllano la rispo-sta atopica (vedi Novità 1996).

Una coorte di più di 1000 bambini è stataseguita per 18 anni per individuare i fattori dirischio: il fumo materno, il sesso maschile,l’atopia nei genitori, si confermano come iprincipali fattori di rischio per asma, e la na-scita nei mesi invernali come fattore di ri-schio per la sensibilizzazione al gatto e alla

polvere7 (Svezia). Qualche anno fa poteva an-cora sembrare ridicolo, ma oggi, in un’epocadi nascite programmate, quest’ultimo puntopuò essere tenuto in considerazione, anchemarginale, ai fini della prevenzione (così co-me ogni altra misura intesa al controllo am-bientale nei primi mesi di vita). Fattori di ri-schio per la dermatite atopica, in un altro stu-dio di coorte8 (Danimarca) su circa 10.000bambini seguiti per 6-9 anni: il basso peso al-la nascita, l’età materna elevata, il basso nu-mero dei fratelli (= meno infezioni).

Asma: terapia e prevenzione(steroidi inalanti, ITS)

Se gli anni scorsi sono stati quellidella sempre più prepotente crescita de-gli steroidi inalanti, gli ultimi sono quellidel distanziatore: una componente sem-pre più importante di una terapia inala-toria sempre più diffusa. È solo per unacerta pignoleria storica (cioè perchénon sfugga a questa specie di diario deiprogressi in pediatria che questa rubri-ca è diventata nella mente del suo cura-tore) che viene citato almeno uno deimoltissimi lavori su questo tema: uneditoriale che fa il punto sulla questio-ne, e sui vantaggi di usarlo sempre9.

Un po’ più sottile, ma assai stimolan-te, è l’interesse che desta un altro lavorosull’effetto degli steroidi inalanti10 (GranBretagna): questi riducono significativa-mente non solo il livello della proteinacationica degli eosinofili (ECP) ma an-che il livello del recettore solubile a bas-sa affinità per le IgE (sCD23) che è unimportante regolatore della sintesi delleIgE e dell’attivazione, proliferazione, dif-ferenziazione dei B linfociti. Dunque, uneffetto non meramente anti-infiammato-rio (che sarebbe già abbastanza), ma

ALLERGIA E ASMA

1968 1970 1980 1990 19961975 1985

10

5

20

15

25

30

10

5

1968 1970 1980 1990 19961975 1985

+1/anno

+0,3/anno

1983

10/milione

5

1985 1990 1995

5-14 a

14-44 a

Figura 1. Aumento nell’ultimo ventennio della prevalenza cumulativa (tutta la vita: parte altadella figura) e della prevalenza puntiforme (parte bassa della figura) dell’asma in differenti studidi coorte o trasversali.

Figura 2. Trend di diminuzione della morta-lità per asma nelle età 5-14 e 14-44 anni, nel-l’ultimo decennio.

PERUGIA 1997 - Novità

Medico e Bambino 10/1997 39/651

anche più “profondamente” terapeuticodegli steroidi inalanti (Figura 4). Inol-tre, il trattamento produce una diminu-zione dei segni di attivazione dei linfoci-ti CD4 e CD8 (CD4/CD25, CDA/HLA-DR), una diminuzione della percentualedei linfociti esprimenti il mRNA codifi-cante per IL-5 e IL-4, e un aumento dellapercentuale dei linfociti che esprimonomRNA codificante per interferon-gam-ma, invertendo, a livello di mononuclea-ti circolanti, i segni correlati alla mag-giore gravità dell’asma11 (Norvegia).

Mala tempora currunt, invece, perl’immunoterapia aspecifica. Invero (vedianche Medico e Bambino 7, 435-438,1996) la sua efficacia in sperimentazionicliniche controllate deve essere consi-derata assodata per l’asma stagionalema non assodata per la patologia peren-ne, in particolare per l’asma da polvere(anche se i risultati nel bambino sem-brano più promettenti che nell’adulto).Non si può fare a meno, a questo punto,di citare un lavoro (non esente da criti-che metodologiche ma pubblicato “mol-to bene”) che, a seguito di una speri-

mentazione controllata nel bambino,non dice che non serve, ma che non ag-giunge niente a un trattamento dell’a-sma condotto a regola d’arte12 (Stati Uni-ti). Come dire che la ITS forse è effica-ce, ma sta diventando superflua.

Allergie emergenti: al gatto, al lattice

Solo una notazione di ricordo su due“non-novità”, la cui importanza praticaappare in crescita.

L’allergia al gatto è nota per manife-starsi in maniera chiara: lacrimazione,prurito, asma all’avvicinarsi dell’animale.Oggi invece il gatto è accusato di dareasma e bronco-iper-reattività anchequando non c’è. Perché nella polvere dicasa ci siano quantità sufficienti di Feld1 (l’allergene principale del pelo) persensibilizzare, dare bronco-iper-reatti-vità o scatenare un asma, basta che ungatto abbia abitato in quella casa fino a 3anni prima, o anche che qualche padro-ne di gatto sia venuto più volte in visita.

L’80% dei campioni di polvere di casa con-tiene >2 gamma/g di Fel d1: si tratta di un al-lergene forte, di piccole dimensioni, molto vo-latile, difficile da combattere senza un impe-gno ambientale maggiore di quello racco-mandato per la polvere (filtri). È presente nel-l’aria, in quantità tra 1,8 e 578 nanogram-mi/m3 in 37 su 37 case dove c’è il gatto, maanche, in quantità tra 2,8 e 85 nanogram-mi/m3, nelle case dove il gatto non c’è13 (StatiUniti). L’inalazione di 0,5 nanogrammi/h èsufficiente a causare sintomi e una dose 10volte inferiore a produrre bronco-iper-reatti-vità. Dunque, Fel d1 può essere responsabilesia di dare asma sia di condizionare il broncoad altri stimoli aspecifici (Figura 5).

L’allergia al lattice, egualmente in au-mento, è prevalentemente causa di urti-caria ed edema di Quincke.

Nella pratica quotidiana il fenomeno rive-latore più comune è risultato essere un ede-ma labiale verificatosi soffiando nei palloncinidi lattice14 (Francia), seguito dal contatto conguanti ad uso sanitario (dentista), mentre gliepisodi più drammatici, sistemici, si sono ve-rificati in ospedale (shock pre-operatorio,shock da fleboclisi). La sensibilizzazione, nel-la maggior parte dei casi, è legata ad incidentichirurgici. Il prick test (prick-by-prick) puòessere fatto utilizzando un guanto di lattice epungendo la cute attraverso di questo, oppu-re mettendolo a contatto con le labbra (in am-biente protetto!).

Bibliografia

1. Magnus P, Jaakkola JJK: Secular trend inthe occurrence of asthma among childrenand joung adults: critical appraisal of repea-ted cross sectional survey. BMJ 314, 1795,1997.2. Campbell MJ, Cogman GR, Holgate ST,Johnston SL: Age specific trends in asthmamortality in England and Wales, 1983-95: re-sults of an observational study. BMJ 314,1439, 1997.3. Shahen S: Discovering the cause of atopy.BMJ 314, 987, 1997.4. Strachan DP: Allergy and family size: ariddle worth solving. Clin Exper Allergy 27,235, 1997.5. Matricardi PM, Rosmini F. Ferrigno L etal: Cross sectional retrospective study of pre-valence of atopy among italian military stu-dents with antibodies against hepatitis A vi-rus. BMJ 314, 999, 1997.6. Remes ST, Korppi M: Asthma and atopy inschoolchildren in a defined population. ActaPaediatr 85, 965, 1996.7. Sears MR, Holdaway MB, Harlinson GP,Silva PA: Parental and neonatal risk for atopyairway hyper-responsiveness and asthma.Arch Dis Child 75, 392, 1996.8. Olesen AB, Ellingsen AR, Olesen H: Ato-pic dermatitis and birth factors: historical fol-low up by record linkage. BMJ 314, 1003,1997.9. Barry P: Spacer devices in the treatment ofasthma. BMJ 314, 1061, 1997.10. Tuerkas I, Demirsoy S, Koç E et al: Ef-fects of inhaled steroid treatment on serumeosinophilic cationic protein (ECP) and lowaffinity receptor for IgE (sCD23) inchildhood bronchial asthma. Arch Dis Child75, 314, 1996.11. Gemou-Engsaed V, Bush A, Kay B et al:Inhaled glucocorticoid therapy of childhoodasthma is associated with reduced peripheralblood T cell activation and Th2-Type cytoki-ne mRNA expression. Pediatrics 99, 695,1997.12. Adkinson NF, Eggleston PA, Eney D etal: A controlled trial of immunotherapy forasthma in allergic children. N Engl J Med336, 324, 1997.13. Bollinger ME, Peyton DO, Eggleston A etal: Cat antigen in houses with and withautcats may induce allergic symptoms. J AllergyClin Immunol 97, 907, 1996.14. Sabourand-Leclerc D, Fontaine JF, La-vaud F et al: Allergie au latex chez 16 en-fants. Arch Pédiatr 3, 861, 1996.

Novità in Pediatria pratica 1996-1997

1000

100

10Fel d

1 ng

/m3

NB: 0,5 ng/h bastano a dare sintomi

1

STEROIDIINALANTI

ECPFcE RII/sCD23

CD4/CD25CDA/HLADRLinfociti mRNA IL-4 Linfociti mRNA IF-g →

→→

→→

Figura 4. Effetto degli steroidi inalanti suuna serie di parametri biologici, che documen-ta l’effetto di fondo, che sembra trascendere l’a-zione sulla flogosi locale, di questo tipo di trat-tamento.

Figura 5. Concentrazione dell’allergene Feld1 rispettivamente nelle case dove abita e dovenon abita un gatto: anche in queste ultime sirilevano mediamente concentrazioni poten-zialmente nocive dell’allergene.

Figura 3. Lo stimolo infettivo, specie batteri-co, orienta la risposta linfocitaria in sensoTh1 (non atopico). L’assenza di questo stimo-lo, e/o lo stimolo vaccinale (virus attenuato),orienta invece la risposta linfocitaria in sensoTh2 (atopico).

Questa sezione è quasi interamentededicata al GH.

GH e GH-binding proteins

Un’attenzione sempre maggiore è da-ta alla proteina legante il GH (GHBP)ad alta affinità (vedi anche Novità1996). Questa molecola è in realtà unsegmento (il “dominio” extracellulare)del recettore per il GH, che consta diquesta subunità extracellulare, di unasubunità transmembranale e di una su-bunità intracitoplasmatica. La subunitàextracellulare, separata mediante dige-stione enzimatica, entra in circolo e silega al GH, esercitando una funzioneambigua, di proteina vettrice che allun-ga di molto l’emivita del GH, ma anchedi recettore circolante che compete conl’identico recettore cellulare limitando-ne l’efficacia1,2 (Stati Uniti, Francia).

L’assenza del recettore è responsabi-le del classico nanismo di Laron (nani-smo con GH elevato); mutazioni struttu-rali della GHBP producono quadri diipostaturalità, di entità variabile, ma piùspesso nell’ambito dello “short-normal”,e sono (forse) i principali responsabilidel difetto staturale “idiopatico”(ISS).

Lo studio del livello di GHBP in 124 bam-bine e in 499 bambini con ISS ha messo inevidenza che più del 90% di loro hanno valorial di sotto della mediana, e che il 18% ha valo-ri inferiori a 2 DS. Il basso valore di GHBPpuò essere associato (vedi anche Novità1996) a varianti strutturali dello stesso3 (Sve-zia).

C’è una ragionevole evidenza che esi-

sta un continuum di sensibilità al GH,che va dall’insensibilità totale del nani-smo di Laron alla sensibilità normale;sia la secrezione di GH che la sensibilitàal GH dovrebbero essere studiate neibambini con bassa statura.

Effetti psicologici della statura

Quanto giova il trattamento con GHall’autostima degli “short-normal”?

Pare che serva molto poco: primo,perché non c’è una differenza significati-va nell’autostima, nell’autopercezione,nella percezione da parte dei familiari edei compagni, nel comportamento, tra ibambini corti e i loro coetanei.

Semmai, va sottolineato che il QI media-no dei “corti” è relativamente inferiore aquello dei coetanei (102 versus 108) e chenel gruppo dei “corti” si riscontra una signifi-cativamente più bassa estrazione sociale.Quest’ultima correlazione è difficile da com-prendere ma potrebbe essere l’espressionedi una selezione negativa dei “corti”. Di fatto,la classe sociale è il parametro che correlameglio sia con il livello staturale che con i pa-rametri psicosociali sopra considerati. In al-tre parole chi è più ricco ha meno probabilitàdi essere “corto” e, se lo è, se la cava meglio.Risultati quasi identici derivano da due studidistinti4,5 (Gran Bretagna, Svezia).

Complementarmente, nei bambinitrattati con GH non si osserva nessunvantaggio psicologico rispetto ai bambi-ni non trattati4 (Gran Bretagna).

Molto spesso siamo noi medici chegiustifichiamo i nostri interventi con lapressione da parte dei familiari o dei pa-zienti, che sono spinti invece dal biso-gno di fare di noi medici.

E, d’altra parte, quanto giova il GH al-la statura finale dei bambini corti connormale produzione di ormone? Proba-

bilmente niente, se non danneggia. Unincremento di 2,9 cm/anno rispetto allavelocità di crescita precedente al tratta-mento con alte dosi (0,1 mg/kg per 3volte alla settimana), associata al rag-giungimento di valori di GH e di GF1sei volte superiori al fisiologico6 (StatiUniti), è stato dimostrato. Tuttavia è ve-ro anche che un altro lavoro, confron-tando la crescita di 9 bambini corti connormale produzione di GH trattati con-tro un gruppo simile di soggetti nontrattati, trova una statura finale minorenei trattati (154 cm contro 162) e osser-va in questi, durante la pubertà, una pro-gressiva diminuzione della statura ri-spetto all’età ossea7 (Giappone).

GH, sindrome fetoalcolica e ipostaturalità degli “small”

Sei pazienti con sindrome feto-alcoli-ca sono stati confrontati con un gruppodi ex “small-for date” e di soggetti sani8

(Svezia).

I bambini con sindrome feto-alcolica e tut-to il gruppo degli ex small mostravano unaescrezione giornaliera di GH, un livello me-dio di GH-insuline-like, e un livello medio dibinding protein-3 significativamente inferioriai valori normali.

Il dato riferito ha un interesse gene-rale per spiegare lo scadente sviluppostaturale sia dei bambini con sindromefeto-alcolica, sia di alcuni ex “small”. Ècome se una malnutrizione prenatale co-stringesse l’organismo, “per risparmia-re”, a un re-setting di tutto il sistema dicontrollo della crescita (un po’ come ilfenomeno dello “stunting” nei bambinisottonutriti nei Paesi sottosviluppati).

Epidemiologia e patogenesi del diabete tipo I

La Sardegna (che, come si sa, ha unsubstrato etnico assolutamente distintosia da quello greco dell’Italia meridiona-le, sia da quello italo-etrusco dell’Italiacentrale, sia da quello celta-slavo dell’I-talia settentrionale) è la Regione d’Italiacon la più alta incidenza di diabete (30nuovi casi per 100.000 abitanti/anno) eviene seconda solo alla Finlandia9 (Ita-lia). La causa è sicuramente genetica,poiché la stessa frequenza si ritrova nei

40/652 Medico e Bambino 10/1996

AUXOLOGIA, ENDOCRINOLOGIA E DIABETE

1000

100

10

p mol/l

Figura 1. Concentrazione di GHBP in bam-bini normali (blu) e in bambini corti con GHnormale (rosso). I valori del secondo gruppo sicollocano tutti nei centili inferiori.

PERUGIA 1997 - Novità

figli di Sardi emigrati in regioni a inci-denza molto inferiore; ma qualcosa diambientale ci dev’essere, perché anchequesta elevata incidenza sarda sembraessere un evento recente. La sensibiliz-zazione alla caseina del latte vaccino po-trebbe essere uno di questi fattori10 (Ita-lia), tenendo conto anche del fatto dellarelativamente recente diffusione in Sar-degna dell’allevamento dei bovini e del-l’uso di latte vaccino.

Insulina per os?

Una ricerca geniale, un risultato futu-ribile: una tossina colerica (ZOT, o Zo-nula Occludens Toxin) agisce modulan-do le strutture della zonula occludensche tiene insieme gli enterociti, impe-dendo o consentendo il passaggio dimacromolecole. Somministrando assie-me ZOT e insulina (oppure ZOT e gam-ma-globuline), si ottiene un assorbimen-

to della sostanza in questione, con uncontrollo della glicemia simile a quelloottenuto con la somministrazione di in-sulina per via parenterale11.

Bibliografia

1. Baumann G: Growth hormone bindingproteins: an overview. Acta Paediatr Suppl417, 95, 1996.2. McPostel-Vinay: Growth hormone bindingprotein: biological significance. Acta PaediatrSuppl 417, 98, 1996.3. Carlsson L: Growth hormone binding pro-tein in short children. Acta Paediatr ScandSuppl 417, 105, 1996. 4. Gilmour J, Skuse D: Short stature: the roleof intelligence in psychosocial adjustment.Arch Dis Child 75, 25, 1996.5. Downie AB, Mulligan J, Mc Caughey E etal: Psychological response to growth hormo-ne treatment in short normal children. ArchDis Child 75, 32, 1996. 6. Chalew SA, Phillip M, Kowarski A: Effectof six months of growth hormone therapy,

followed by treatment withdrawal in shortchildren with normal quantitative indexes ofgrowth hormone secretion. J Pediatr 129,456, 1996.7. Kawai M, Momol T, Yorifuji T: Unfavora-ble effects of growth hormone therapy on thefinal height of boys with short stature notcaused by growth hormone deficiency. J Pe-diatr 130, 205, 1997.8. Hellstroem A, Jannson C, Bougszewski Met al: Growth hormone status in six childrenwith fetal alcoholsyndrome. Acta Paediatr 85,1456, 1996.9. Montoni S, Fonte MT, Stoduto S et al: Inci-dence of insulin-dependent diabetes mellitusamong sardinian-heritage children born inLazio region, Italy. Lancet 349, 160, 1997.10. Cavallo MG, Fava D, Monetini L et al:Self-mediated immune response to beta-ca-sein in recent onset insulin-dependent diabe-tes. Implications for disease. Lancet 348, 926,1996.11. Fasano A, Uzzau S, Moregetten K: An in-novative oral delivery system for enteral ad-ministration of insulin and other macromole-cules. Abst. of the 30th Annual Meeting ofESPGAN, Thessaloniki, 1997.

Medico e Bambino 10/1996 41/653

Ci sono abbastanza novità: una (ma-gica?) per il Crohn; una (concettuale)per la celiachia; una (pratica? un revival)per l’allergia al latte; una (concettuale epratica) per la diarrea cronica non speci-fica. Il resto è contorno.

Celiachia: patogenesi

È stata identificata la transglutamina-si tissutale (tTG) come l’unico o il prin-cipale autoantigene bersaglio degliEMA nella malattia celiaca1 (Germania,Italia). La funzione fisiologica dell’enzi-ma è incerta: viene rilasciata nel corso

di fenomeni lesionali e di cicatrizzazio-ne, in grado di ristabilizzare la matriceextracellulare nel tessuto di granulazio-ne, e di intervenire nei processi di apop-tosi; aumenta durante la crescita di alcu-ni tumori; la gliadina rappresenta il suosubstrato preferito. C’è spazio per l’im-maginazione. In effetti, l’interessanteeditoriale che accompagna il lavoro2

(Stati Uniti) è intitolato: “Transglutami-nase: food for thought”. Lo stesso edito-riale contesta l’ipotesi della celiachia co-me malattia autoimmune glutine-dipen-dente; un’ipotesi che a noi pare, invece,sempre più salda, ancorché meritevoledi approfondimenti e di chiarificazione.

L’ipotesi è fortemente sostenuta dairisultati di un bellissimo studio speri-mentale: in vitro, la stimolazione congliadina di frammenti intestinali di mu-cosa celiaca produce prontamente au-toanticorpi anti-endomisio e solo moltopiù tardivamente anticorpi anti-gliadina3.

Ipersensibilità alle proteine del latte vaccino (IPLV): dieta di scatenamento

Un capitolo un po’ vecchio, ma cheinteressa un numero così alto di bambi-ni (25%, secondo Hill e Hosking4, Au-stralia) da non poter essere trascuratoné dalla medicina accademica né daquella delle cure primarie.

E, aggiungiamo, tuttora un capitoloin evoluzione. Dovremo anzi dedicareun certo spazio al tema generale, specieper l’uscita di un interessante, anche senon originalissimo, contributo5 (Cana-da), legato a un tipo particolare di chal-lenge in due tempi.

Vale la pena di sottolineare, da subito, chelo studio non riguarda bambini del primo an-no di vita, ma rispettivamente del secondo(per i reattori tardivi) e della scuola materna(per i reattori pronti; vedi oltre). Vengonosottoposti al test 69 pazienti con sospetto diIPLV, senza eczema, già in dieta di esclusio-ne. Il test si svolge in 4 tempi: somministra-zione in cieco di 10 g di latte in polvere o diplacebo (polimero di glucosio), mescolati in100 ml della pappa che il bambino assumenormalmente. Nel tempo 1 e nel tempo 2 (ri-spettivamente al mattino e al pomeriggio del-lo stesso giorno) questa miscela (LV o PL,

GASTROENTEROLOGIA

Novità in Pediatria pratica 1996-1997

EMA

TRAN

SGLU

TAM

INA

SI

CicatrizzazioneApoptosi

Digestione della gliadina

poi PL o LV) viene somministrata progressi-vamente, in piccoli boli, ogni 15 m’: 0,05 ml(1 gtt) > 0,5 > 1 > 2,5 > 5 > 10 > 30 > 60 ml einterrotta se compaiono sintomi rilevanti. Neitempi 3 e 4, che durano ciascuno 7 gg e cheinteressano i bambini che non hanno avutosintomi nei primi 2 challenge, vengono som-ministrati giornalmente almeno 210 ml di LVo rispettivamente di PL e, all’ottavo e al quin-dicesimo giorno, si ha un colloquio con i ge-nitori. Nei “non allergici” il latte viene ridato“in aperto”.

I pazienti risultano divisi in 3 gruppi :44 “negativi”, 10 “reattori pronti” (<2 h)che hanno risposto con urticaria e/oeventualmente con sintomi respiratori,15 “reattori tardivi”(>2 h<6 gg) che han-no risposto con sintomi gastrointestinali(vomito, diarrea, coliche) e/o eventual-mente con eczema. Questo corrispondeall’incirca alla loro storia clinica; e, comevuole la clinica, l’errore diagnostico (pri-ma del test) è basso per i reattori pronti(30%) e alto per i reattori tardivi (70%).

Come commenta il ricco editorialed’accompagnamento4 questa distinzioneera già nota e in qualche modo “classi-ca”.

In realtà, secondo il Melbourne Milk Al-lergy Study, i soggetti con IPLV risultano di-visi in 3 categorie: “reattori pronti” (< 1 h, <20 ml; IgE mediati) con urticaria o asma;“reattori intermedi” (> 1 h< 20 h, > 20 ml; fre-quente difetto di IgA e alta incidenza di sie-roconversione al Rotavirus) che rispondonocon vomito e/o diarrea; e “reattori tardivi”(>20 h, > 120 ml; T-linfociti) che rispondono inmodi diversi, con diarrea e/o con fischi e/ocon eczema.NB: In accordo con l’editorialista, il test do-vrebbe essere evitato nei soggetti con prick-test > 4 mm, e potrebbe essere evitato inquelli che hanno già una storia chiara di“reattore pronto”. Viceversa, una parte deireattori tardivi è così tardivo da dare, in se-guito, abbastanza disturbi digestivi o respira-tori da far re-interrompere poi la dieta (alme-no 10% di falsi negativi).

La rilevanza della IPLV non è limitata aisoli sintomi diretti. È stato individuato (Ballet al, Clin Exp Allergy 24, 758, 1994) un epito-po maggiore della beta-lattoglobulina, che ècomune anche ad altre proteine non correla-te, dette “calicine” (Arrud et al, in stampa);questo spiega la frequente associazione (8volte maggiore che nella popolazione genera-le) di IPLV e sensibilizzazione ad altri aller-geni alimentari e no (Hill et al, Clin Exp Al-lergy 24, 1137, 1994), e forse anche altri effet-ti di autoimmunità indotta (vedi anche Novità1996).

L’eczema (trascurato dagli Autori ca-nadesi) è stato oggetto di studio a parte6

(Finlandia); anche per l’eczema si pos-sono riconoscere due distinti pattern dirisposta al carico allergenico: pronta, ac-compagnata a un alto livello di IgE e aun aumento della proteina cationica eo-sinofila (ECP) nel siero e nelle urine du-rante il challenge, ovvero tardiva, ac-compagnata da un patch test positivo(T-mediato).

Reflusso gastroesofageo e IPLV

Interessante ma bisognoso di confer-ma un lavoro che riguarda la possibilitàdi differenziare, anche alla pH-metria,tra reflusso gastroesofageo primarioisolato (GER) e GER + IPLV, un’asso-ciazione che si ritrova nel 30% dei GER7

(Italia).I soggetti con GER+IPLV, rispetto a

quelli con GER semplice (e allo stessomodo di quelli con IPLV senza GER),presentano un pattern pH-metrico tipi-co, con riduzione progressiva del pHesofageo dopo pasto, che continua finoal pasto successivo. Inoltre presentanoun livello di eosinofili e di IgE totali piùalto (p < 0,005), un livello di IgG anti-lat-te, ALA più alto (p < 0,03), e un effettofavorevole della dieta di esclusione (ilche è ovviamente il dato di maggiore ri-levanza pratica).

NB: L’osservazione, da una parte, mette inguardia contro le semplificazioni eccessive(GER = ispessente e procinetico) e, dall’altra,fornisce un contributo alla comprensione deifenomeni “funzionali” (ad esempio l’iperse-crezione acida) che stanno alla base dei sin-tomi gastrici della IPLV.

IPLV: dieta di eliminazione,prevenzione

Un antico problema, l’efficacia o me-no dell’astensione dal latte e dall’uovodurante la gravidanza e nei primi mesidi allattamento per la prevenzione dell’a-topia nei bambini a rischio, riceve unarisposta (definitiva?) da uno studio pro-spettico su 138 coppie madre-figlio, se-guite dall’inizio della gravidanza al com-pimento del primo anno di vita. Nessu-na differenza è stata trovata in funzionedella dieta materna, libera, semi-libera oristretta8 (Germania).

I risultati di questa ricerca sono inparte equilibrati da uno studio svedese,più rigoroso. L’astensione stretta da al-lergeni alimentari forti (latte vaccino fi-no ai 9 mesi, pesce e uovo fino ai 12 me-si) da parte della madre allattante e delbambino e l’uso di latte totalmente idro-lisato proteggono significativamente ibambini al rischio nei riguardi della der-matite atopica e di sensibilizzazione al-l’uovo nei primi 12 mesi di vita (l’effettoè meno evidente già a 18 mesi)9. Il latteparzialmente idrolisato ha un effettoprotettivo minore, non statisticamentesignificativo.

NB: Si tratta, bisogna dire, di ricerche che la-sciano un po’ il tempo che trovano. Sembraabbastanza ovvio che la non assunzione di al-lergeni protegge dalle manifestazioni allergi-che e dalla sensibilizzazione a quegli stessiallergeni (è peraltro una protezione moltoparziale) fintantoché l’astensione si mantie-ne. Ma ne vale la pena? Ed è pensabile un’a-stensione così rigorosa in tutti i bambini al ri-schio? Con quali risultati?

42/654 Medico e Bambino 10/1997

CHALLENGE

CHALLENGE

CHALLENGE

CHALLENGE

URT

ICA

RIA

, ASM

A, V

OM

ITO

, DIA

RREA

CHALLENGE

URTICARIAASMA IgE

VOMITODIARREA

IgARotavirus

VARIE TLINFO

0

15’

2 h

20 h

6 gg

CHALLENGE

CHALLENGE

ECZE

MA

IgE

TLINFO

0

2 h

2 gg

Figura 2. Anche i soggetti con eczema ri-spondono prontamente (IgE) o tardivamente(risposta T-mediata).

Figura 1. Al carico, i pazienti sensibili allatte hanno reazioni pronte, IgE mediate, o in-termedie, nei soggetti con IgA alte e sieropositi-vi per rotavirus, o tardive, cellulo-mediate.

PERUGIA 1997 - Novità

Non torneremo più, io penso, su questi ar-gomenti, che sono la risacca di una lungacontestazione tra due atteggiamenti mentali,uno molto medicalizzante e uno più liberalenei riguardi della profilassi dell’atopia. Il solofatto che un argomento sia dibattuto così alungo dimostra le debolezze dello stesso. Do-po anni di dibattito gli unici dati forti (perchémisurano una protezione fino a 20 anni) sonoquelli in favore del latte materno, senza re-strizioni alimentari (vedi Novità 1996).

Ancora sulle coliche. Riportiamo i ri-sultati di una ricerca grandiosa10 (Bel-gio), anche se un po’ superficiale, con76.747 coppie madre-bambino interroga-te (questionario). I fattori di rischio so-no risultati essere l’allattamento al seno(OR 1,35), la primiparità o la oligoparità,l’età materna (avanzata) e lo stato socia-le (alto). Le conclusioni degli Autori so-no che le coliche costituiscono un pro-blema prevalentemente sociale e nonalimentare e che l’intervento sulla dietanon può quindi essere considerato pri-mario.

NB: Forse ritengono più opportuno aumenta-re il numero dei fratelli, o abbassare il livellosocio-economico, o ringiovanire la madre.Scherzi a parte (e sottolineando però che laricerca non dimostra nulla in termini di effi-cacia o inefficacia dell’intervento dietetico), sideve convenire che il pianto è anche un fatto“sociale” (i lattanti del brefotrofio non piange-vano mai!).

Reflusso gastroesofageo:storia naturale, cisapride, QT, rigurgito

La prevalenza del rigurgito (almenouno al giorno) è del 50% da 0 a 3 mesi,del 67% a 4 mesi, del 21% tra 6 e 7 mesi,del 5% nell’ultimo trimestre. I casi in cuiil rigurgito è percepito come problema,che sono verosimilmente quelli con ri-gurgito anche lontano dal pasto, quellicon dolore e quelli con risveglio nottur-no, sono circa la metà (23% a 6 mesi)11

(Stati Uniti). La cisapride è il farmaco più usato

come sintomatico nel GER. Sono stati ri-feriti 7 casi, di cui 6 prematuri12,13 (Fran-cia), con un allungamento del QT, chesi è normalizzato dopo passaggio allametoclopramide; l’associazione con laranitidina sembra essere un fattore di ri-schio aggiuntivo.

NB: Sebbene le osservazioni siano ancora po-che, e riguardino solo manifestazioni infracli-

niche, si tratta di una tossicità di cui non sipuò non tenere conto, quanto meno nel pre-maturo13. Poiché un sintomo di presentazionedel GER è la crisi di apnea da sveglio, e poi-ché questa condizione è potenzialmente cor-relata con la SIDS, sembra che la prudenzavoglia che in queste condizioni non si prescri-va la cisapride, per non passare (magari sen-za accorgersene) dalla padella nella brace.

Probabilmente, né l’ispessente (che certa-mente non migliora il reflusso e che è un trat-tamento cosmetico del rigurgito) né il proci-netico (che è soltanto un palliativo) sono le te-rapie del reflusso realmente sintomatico: l’an-tiacido in prima battuta è l’unico trattamentoche elimina sia il rischio sia il danno sia il do-lore da reflusso.

Helicobacter e doloriaddominali ricorrenti (DAR)

Dalle coliche ai DAR e, come d’uso,dai DAR all’Helicobacter pylori (Hp). Inuna ricerca epidemiologica di tutto ri-spetto (640 bambini dell’età della scuo-la), l’incidenza di infezione da Hp è ri-sultata pari al 16,7%, ma nessun rappor-

to è stato trovato tra questo reperto el’incidenza di DAR14 (Gran Bretagna): ildottor Apley e lo Hp si sono di nuovopersi di vista.

Complementarmente, un lavoro retrospet-tivo su 143 bambini studiati per DAR ha di-mostrato una positività per Hp nel 25% dei ca-si, ma nessuna differenza nella clinica trasoggetti positivi e soggetti negativi15 (Belgio).Gli Autori concludono che la gastrite da Hpnon possiede specificità clinica.

Un aggiornamento sulla epidemiologia e sulla diagnosi delle infezioni intestinali

Merita menzione, anche per le suedimensioni, una ricerca su larga scala(618 casi di diarrea e 135 controlli) sulla

Medico e Bambino 10/1997 43/655

Novità in Pediatria pratica 1996-1997

30

20

10

8 a 11 a

CLASSIPOVERE

CLASSIRICCHE

0-3 m

50

40

30

20

10

4-6 m 7-8 m 9-12 m

51

60

10

1820

5 5

2

60

Figura 3. Prevalenza del rigurgito (colonnablu) e del rigurgito severo (colonna bianca)nei lattanti del primo anno di vita.

6% –

20% –

< 10 episodi

> 10 episodi

15% +

12% +

2% +

11% –

7% +

10% –

10% +

Dolori epigastrici

Nonepigastrici

Familiarità

Familiarità

Insonnia

Insonnia

16% –

7% + Inappetenza

Inappetenza

Ricorso al medico

Ricorsoal medico

Figura 5. L’incidenza dei sintomi non diffe-risce affatto tra sieropositivi e sieronegativi;semmai l’insonnia e la presenza di sintomisuggestivi in famiglia sono più comuni nei sog-getti sieronegativi.

SIEROPOSITIVITÀ SINTOMIPER HP

Figura 4. Prevalenza della sieropositività al-lo Helicobacter in Inghilterra: le classi “alte” siinfettano più tardi e meno spesso.

6% –

eziologia della diarrea acuta in Italia:23,6% Rotavirus; 19,2% Salmonella; 7,9%Campylobacter; 41% non identificazionedi patogeni16 (Italia).

Per la Giardia e il Cryptosporidiumandiamo in Egitto17 (Stati Uniti). Qui ciinteressano meno i dati epidemiologici,più quelli metodologici. Su 271 casi so-no stati confrontati da una parte i dati diimmunofluorescenza con un preparatocommerciale, dall’altro quelli dell’esa-me diretto (per la Giardia) e con colo-razione semi-specifica (per il Cryptospo-ridium). L’immunofluorescenza dimo-stra una sensibilità doppia (19,7% ver-sus 10,7%) per la Giardia e infinita per ilCryptosporidium (1,5% versus 0). L’asso-ciazione del Cryptosporidium con laGiardia (7,3% versus 0) mostra che ilCryptosporidium si trova più frequente-mente associato alla Giardia che nonda solo.

NB: Sembra ovvio che l’immunofluorescenzao altra tecnica diagnostica più moderna, dallasierologia alla ricerca con sonda DNA, debbaentrare obbligatoriamente nella diagnosticadelle diarree, specie croniche o ricorrenti.

Diarrea e fermenti lattici

Dopo il boom (?) (in realtà, moltopoco si è modificato nella pratica, unapratica in cui il sintomo diarrea si sta fa-cendo giorno per giorno più raro) delLactobacillus GG, una rivalutazione è inatto per tutta una serie di “fermenti”,dal bifido al Saccharomyces boulardi,all’Enterococcus faecium SF68, alloStreptococcus thermophilus, dimostratiefficaci nella prevenzione e nella terapiadella diarrea da antibiotici, della diarreaacuta del lattante, della diarrea cronicaaspecifica18,19 (Italia) con i seguenti mec-canismi: stop alla proliferazione di pato-geni, competizione sui siti di adesione,competizione sui nutrienti, stimolazionedella produzione di anticorpi, degrada-zione delle tossine, effetto trofico sulladisaccaridasi.

Immunoglobuline per os nella diarrea cronica aspecifica (e nella malattia di Crohn)

L’efficacia delle Ig per os nella tera-pia e nella prevenzione della diarrea daRotavirus è accettata. L’applicazione diquesto tipo di terapia alla diarrea croni-ca aspecifica (entità eziopatogenetica-mente mal definita e forse in diminuzio-ne) potrebbe suggerirne una patogenesialmeno in parte infettiva (infezioni ricor-renti, infezioni croniche a bassa carica,infezione + allergia?). Un trattamento su7 pazienti, molto accuratamente studiati(allora è vero che la malattia si sta fa-cendo rara!) con un preparato del com-mercio a base di IgA di origine sierica,si è dimostrato efficace20 (Svezia).

NB: Non è una terapia consigliabile: costatroppo! Gli Autori assumono che i loro risul-tati possano essere dovuti a un effetto delleIgA modulante la produzione locale di cito-chine. La stessa spiegazione è stata data allaefficacia (solo sul laboratorio!) di un tratta-mento con lo stesso farmaco nel Crohn21

(Svezia).

Budesonide, Tumor NecrosisFactor e malattia di Crohn

Risalgono al ’94 (Rutgeerts et al, NEngl J Med 331, 842, 1994; Greenberget al, N Engl J Med 331, 836, 1994) le pri-me ricerche sull’efficacia nella malattiadi Crohn di un corticosteroide non as-sorbibile, la budesonide, in confezioneenteroprotetta che gli permette di arri-vare all’ultima ansa del tenue. I risultati,moderatamente promettenti, anche perla modestia degli effetti collaterali, ave-vano fatto parlare di “magic bullet”(Sa-char, N Engl J Med 331, 875, 1994). Inrealtà si tratta piuttosto di un farmacoadatto al mantenimento della remissio-ne22 (Svezia); con 6 mg di budesoni-de/die la durata media della remissioneè di 258 giorni, con 3 mg/die è di 139gg, con placebo di 92 giorni; ma dopo12 mesi, il 60% dei casi è ricaduto. Nondunque un “magic bullet”, ma certa-

mente un aiuto per il mante-nimento di una malattia altri-

menti abbastanza disperante, assiemealla terapia dietetica. La dieta elementa-re23, ma anche una dieta semi-elementa-re in cui la fonte di proteine è costituitadalla caseina pura, somministrata per

via orale o più facilmente nasogastricao ancora, nei casi che richiedono tera-pia a lungo termine, mediante gastro-stomia24 (soluzione molto usata in GranBretagna), è efficace nella malattia diCrohn, sia nei tempi brevi, dopo ciclisingoli, sia nei tempi lunghi, per tratta-menti continuativi, sia anche per tratta-menti ciclici25, non solo nel bambino maanche nell’adulto. Al contrario, una te-rapia d’attacco sicuramente efficace, an-che se non più del trattamento classico,e da considerare comunque ancora spe-rimentale, è la somministrazione, inunica dose, mediante un anticorpo mo-noclonale contro il Tumor necrosis fac-tor-alfa26. L’armamentario contro la ma-lattia di Crohn, già consistente (vediNovità 1996), sta diventando esorbitan-te: ma il “magic bullet” (che sarà poi un

protocollo ben fatto) è ancorada trovare. La dieta elementare

resta ancora il trattamento più efficace,almeno nella Crohn-ileite, e va protrattaquanto più possibile.

Bibliografia

1. Dietrich W, Ehnis T, Bauer M et al: Identi-fication of tissue transglutaminase as the au-toantigen of celiac disease. Nature Medicine3, 797, 1997.2. Marsh MN: Transglutaminase, gluten andceliac disease: food for thought. Nature Me-dicine 3, 725, 1997.3. Picarelli A, Maluri L, Frate A et al: Produc-tion of antiendomysial antibodies after glia-din challenge of small intestine biopsy sem-ples from patients with celiac disease. Lancet348, 1065, 1996.4. Hill DJ, Hosking CS: Cow milk allergy ininfancy and early childhood. Clin Exper Al-lergy 26, 243, 1996.5. Baehler P, Chad Z, Gurbindo C et al: Di-stinct patterns of cow’s milk allergy in in-fancy defined by prolonged, two-stage dou-ble-blind, placebo controlled food challen-ges. Clin Exp Allergy 26, 254, 1996.6. Isolauri E, Turijanmaa K: Combined skinprick and patch testing enhances identifica-tion of food allergy in infants with atopic der-matitis. J Allergy Clin Immunol in stampa.7. Cavataio F, Iacono G, Montalto G et al: Cli-nical and pH-metric characteristics of gastro-oesophageal reflux secondary to cow’s milkprotein allergy. Arch Dis Child 75, 51, 1996.8. Hermann ME, Dannemann A, Grulers Aet al: Prospective study on the atopy-preven-tive effect of maternal avoidance of milk andeggs during pregnancy and lactation. Eur JPediatr 155, 770, 1996.

44/656 Medico e Bambino 10/1997

NON ISOLAMENTO

ROTAVIRUS

SALMONELLA

CAMPYL.

PERUGIA 1997 - Novità

Lasciamo stare per quest’anno i pro-gressi del progetto Genoma che conti-nua la sua marcia inarrestabile e incon-trollabile e che negli ultimi anni ha se-quenziato e mappato più di 6000 geni.

Alcuni degli aspetti generali più signi-ficativi del progresso genetico degli ulti-mi anni sono: l’evidenza di come alla ba-se di singole malattie ci possano essereerrori genetici diversi, anche molto di-versi (geni diversi in differenti cromoso-mi), meccanismi diversi (errori puntifor-mi, delezioni, duplicazioni, moltiplicazio-ne di triplette, disomie uniparentali) el’invenzione di tecniche per individuareerrori cromosomici minimi (FISH).

Ci soffermeremo soltanto, un po’ aspizzico, su alcuni singoli aspetti con-cettuali riguardanti i geni Hox, su alcu-ne nuove e seminuove conoscenze ri-guardo ad alcuni errori genetici a caricodello scheletro e dei muscoli, che dan-no una nuova dimensione alla compren-sione delle malattie relative, e su qual-che aspetto di genetica clinica su cui varichiamata l’attenzione anche del pedia-tra generalista.

Geni Hox e malformazioni

I geni Hox sono i geni architetti, anti-chissimi e presenti anche nelle forme

animali più ancestrali; provvedono allamodellizzazione del corpo e regolano lasequenza di formazione del capo e degliarti in senso cranio-caudale1,2.

I geni Hox, nei vertebrati, sono 39, divisiin quattro complessi, da HoxA a HoxD, cia-scun complesso localizzato in un diverso cro-mosoma, e ciascun gene di ciascun comples-so venendo attivato sequenzialmente, in sen-so cranio-caudale e prossimo-distale; i genidi diversi complessi collaborano tra di loro inmaniera armonica: in particolare, quelli deidue complessi HoxA e HoxD cooperano allaformazione degli arti, dalla radice alla estre-mità (a-9 e d-9 alla radice dell’omero, a-10 ed-11, a-10 e a-11 con d-11 e d-12 per il gomito,l’ulna e il radio, a-13 e d-13 per la mano). NB: Questo tipo di osservazioni conferisceuna dimensione in parte diversa da quellatradizionale che attribuisce prevalentementele malformazioni a errori accidentali nellaembriogenesi. Qui, come per molte altrecondizioni, dai difetti del tubo neurale allapalatoschisi, al reflusso vescico-uretrale e co-sì via, siamo di fronte, invece, a difetti geneti-camente controllati.

Semplificando, e venendo alla “prati-ca” (pratica per modo di dire), le muta-zioni dei geni HoxA sono centrali allaevoluzione delle specie, e sono coinvoltinelle malformazioni ereditarie1,2 (Fran-

cia, Stati Uniti). La recente dimostrazio-ne di un errore in HoxD-13 alla base diun tipo particolare di poli-sindattilia ne èuna interessante conferma3 (Francia).

Distrofia muscolare dei cingoli

Lo studio delle molecole complica lavita. Dal relativamente semplice approc-cio genetico-fenotipico delle miodistro-fie (distrofia muscolare X-associata se-vera tipo Duchenne, moderata tipoBacker, distrofia dei cingoli autosomicarecessiva) si è arrivati a un numero e aun’articolazione delle conoscenze cosìricca da ingenerare un caos conoscitivo4

(Gran Bretagna). La poli-geneticità del-la distrofia muscolare tipo Duchenne eBacker è stata affrontata in questa ru-brica qualche anno fa (Novità 1993) e siè visto che, assieme all’assenza o quasi-assenza di distrofina, la sindrome pote-va essere legata a difetti strutturali delladistrofina (distrofina troncata) o a difettidi polisaccaridi leganti la distrofina allalaminina (i sarcoglicani, i destroglicanie i subcomplessi della sintropina).

È ora la volta della distrofia dei cin-goli, per la quale sono in atto nuovi ten-tativi classificativi5 (Stati Uniti), con ladistinzione di due forme principali, unadominante LGMD1 (cromosoma 5) e

Medico e Bambino 10/1997 45/657

9. Oldeeus GA, Anjou K., Bjoerksten B et al:Extensively and partially hydrolyzed infantsformula for allergy prophylaxis. Arch DisChild 77, 4, 1997.10. Crowcroft NS, Strachan DP: The socialorigin of infantile colic: questionnaire studycovering 76.747 infants. BMJ 314, 1325, 1997.11. Nelson SP, Chen EH, Syniar G et al: Pre-valence of symptoms of gastroesophageal re-flux during infancy. Arch Pediatr AdolescMed 151, 569, 1997.12. Lupoglazoff JM, Bedu A, Faure C et al:Allongement de l’espace QT sous cysapridechez le nouveau-né et le nourisson. Arch Pé-diatr 4, 509, 1997.13. Autret E, Joinville-Bera AP, Champel V:La toxicité cardiaque du cisapride mérite d’e-tre prise en compte dans sa prescription, enparticulier chez le prématuré. Arch Pédiatr 4,507, 1997.14. O’Donhoe JM, Sullivan PB, Scott R et al:Recurrent abdominal pain and Helicobacterpylori in a community-based sample of Lon-don children. Acta Paediatr 85, 961, 1996.15. Blercker U, Hauser B, Lanciers S et al:Symptomatology of Helicobacter pylori infec-

tion in children. Acta Paediatr 85, 1156,1996.16. Caprioli A, Pezzella C, Morelli R et al: En-teropathogens associated with childhooddiarrhea in Italy. Pediatr Infect Dis J 15, 876,1996.17. Stazzone AM, Slaats S, Mortagy A: Fre-quency of Giardia and Cryptosporidium in-fections in Egyptian children as determinedby conventional and immunofluorescencemethods. Pediatr Infect Dis J 15, 1044, 1996.18. Eimer GW, Surawicz CM, McFarland LV:Biotherapeutic agents, a neglected modalityfor treatment of prevention of selected inte-stinal and vaginal infections. JAMA 275, 870,1996.19. Guandalini S, Gabriele A, Pensabene L:Fermenti lattici e diarree del bambino: qualeruolo? Medico e Bambino 7, 423-427, 1996.20. Casswall TH, Hammarstroem LH, VeressB et al: Oral IgA-IgG treatment of chronicnon-specific diarrhea in infants and children.Acta Paediatr 85, 1126, 1996.21. Tjellstroem B, Stenhammar L, Magnus-son KE, Sundqvist T: Oral immunoglobuintreatment in Crohn’s disease. Acta Paediatr

86, 221, 1997.22. Loefberg R, Rutgeerts P, Malchow H etal: Budesonide prolongs time to relapse inileal and ileocaecal Crohn’s disease. A place-bo controlled one year study. Gut 39, 82,1996.23. Fell JME, Hobbs A, Kitchung P et al: Re-solution of mucosal inflammation on fall inIL-1 Beta mRNA in active Crohn’s disease inresponse topolymeric diet CT3111. Abst. ofthe 30th Annual Meeting of ESPGAN, Thes-saloniki, 1997.24. Cosgrove M, Jenkins HR: Experience ofperitoneous endoscopic gastrostomy in chil-dren with Crohn’s disease. Arch Dis Child76, 141, 1997.25. Herzog D, Deslonders C, Martin S: Cycli-cal exclusive semi-elemental diet therapynormalizes growth and decreases relaps ratepediatric Crohn’s disease. Abst. of the 30thAnnual Meeting of ESPGAN, Thessaloniki,1997.26. Stock WA, Mann SD, Ropy AJ et al: Ran-domized controlled trial of CDP1571 antibo-dies to Tumour Necrosis Factor-a in Crohn’sdisease. Lancet 349, 521, 1997.

Novità in Pediatria pratica 1996-1997

GENETICA

una recessiva LGMD2. Quest’ultima asua volta è dovuta a differenti errori ge-netici.

Ipersemplificando, le distrofie tipo Du-chenne dovrebbero essere caratterizzate daun difetto di distrofina (con perdita seconda-ria di sarcoglicani). Viceversa le distrofie deicingoli sono caratterizzate da una distrofinanormale con difetto primitivo di sarcoglicani.In realtà, nemmeno questa semplificazionesembra accettabile: i difetti che sottendonole distrofie muscolari sono molteplici e la lo-ro distinzione va fatta sia su base clinica chesu base genetica che su base molecolare.

Un lavoro sistematico, in parte italiano6

(Stati Uniti, Italia), su 556 pazienti con distro-fia dei cingoli (distrofia muscolare con di-strofina normale), ha dimostrato un deficit disarcoglicano (alfa > beta > gamma) solo nel10% dei casi.

Malattie del connettivo:recettori per i fattori di crescita(FG) del fibroblasto

I recettori per i fattori di crescita deifibroblasti sono di quattro tipi (FGFR-1,2, 3, 4), localizzati rispettivamente neicromosomi 8, 10, 4 e 5. A differenti erro-ri dei geni che codificano per questi re-cettori sono legate differenti malattiedel connettivo.

L’acondroplasia è legata a una specificamutazione sul nucleotide 1138 (nel 99% deicasi, sostituzione della glicina con l’argininain posizione 380) del gene che codifica perFGFR-3. Una differente mutazione dello stes-so gene dà luogo a una forma più lieve, l’ipo-condroplasia. E il nanismo tanatoforo, nelle

due forme, più severa TD1 e meno severaTD2, legata ad altri tipi di mutazione sullostesso gene. Una mutazione di FGFR-2 è as-sociata alla sindrome di Crouzon; una diver-sa mutazione di FGFR-2 ma anche una muta-zione di FGF-1 sono responsabili di un’altraforma particolare di discrasia, la sindrome diPfeiffer7 (Francia).

Sindrome di Marfan

La sindrome di Marfan è dovuta in-vece a una mutazione del gene codifi-cante per la fibrilina, collocato sul cro-mosoma 15. La frequenza di mutazionidel gene è bassa (10-20%) e questo dàragione della bassa fequenza dei casisporadici; d’altra parte l’errore geneticoè sostanzialmente unico per ogni singo-la famiglia colpita; e questo dà ragionedella eterogeneità del fenotipo e di alcu-ne difficoltà diagnostiche. Lo studio diuna coorte di 40 bambini con diagnosiconfermata di sindrome di Marfan8 aiu-ta a porre la diagnosi, che comporta unaserie di interventi alle diverse età dellavita, dalla cura dell’iperstaturalità allacura della scoliosi, alla cura della vista,con la necessità dunque di un calenda-rio di bilanci di salute.

Alla nascita la statura è contenuta nelledue deviazioni standard. Già all’età di 2 annisi fa però evidente il sintomo più tipico, l’ec-cesso di statura, al di sopra del 97° centile intutti i casi studiati eccetto uno; ma ancor pri-ma si può notare l’iperlassità ligamentosa. Al-l’età della scuola materna si fa evidente l’ano-malia palatale (palato ogivale), meritevole ditrattamento ortodontico, e il piede piatto, me-ritevole di attenzioni ortopediche. All’ingres-so nella scuola dell’obbligo corrisponde l’etàmedia, nella quale si evidenziano le defor-mità toraciche. La scoliosi compare nellamaggior parte dei pazienti tra i 10 e i 14 anni;le striae distensae sono presenti nella mag-gior parte dei casi a 18 anni. Le anomalie del-l’occhio (lussazione del cristallino) si verifi-cano tra i 2 e i 14 anni. La dilatazione dell’ar-co aortico viene riconosciuta ecograficamen-te, in media, attorno agli 11 anni di età.

Terapia della osteogenesiimperfetta con pamidronato

Non è una vera novità: ma si cogliel’occasione di parlarne (trattandosi diun argomento importante e in crescita),riportando i risultati di uno studio sul-l’effetto del pamidronato sulla ipercalce-mia da immobilizzazione nella osteoge-

nesi imperfetta9. In effetti il pamidrona-to non è una terapia patogenetica dell’o-steogenesi imperfetta, che è dovuta aun difetto primario della molecola delcollagene su cui il fosfato di calcio si de-ve depositare.

Tuttavia, da tempo, sia il GH che ilpamidronato (un fosfonato di ultima ge-nerazione, che blocca gli osteoclasti eche è indicato contro l’osteoporosi dacortisone) si sono rivelati degli utiliadiuvanti nel trattamento dell’osteoge-nesi imperfetta, non solo limitando laperdita di calcio da immobilizzazione,non solo aumentando la densitometriadell’osso, ma anche riducendo la pro-pensione alle fratture.

Sindrome della delezione22q11 o sindrome velo-cardiofacciale (VCFS)

È stato dimostrato già nel 1992 chela sindrome velo-cardiofacciale, la sin-drome di Di George e alcuni casi di car-diopatia congenita isolata sono dovuti auna delezione parziale o totale dellabanda 11 del braccio lungo del cromo-soma 22 (che contiene almeno 12 geni)configurando una tipica sindrome dadelezione di loci contigui10.

Lo studio mediante la tecnica della ibrida-zione in situ (FISH), di cui abbiamo parlatoin Novità 1996, ha permesso di migliorare leconoscenze sulla relazione tra l’errore cro-mosomico e lo spettro clinico della malattia edi definirne con relativa precisione l’inciden-za (1:5000): è la più comune causa geneticadi cardiopatia congenita dopo il Down ed èda sola la causa del 5% delle cardiopatie con-genite. Il difetto cardiaco (tipicamente manon esclusivamente conotruncale) è presen-te nell’85% dei casi; una palatoschisi o una in-competenza velo-palatina è presente nel 85%;un ritardo dello sviluppo psicomotorio nel100%; un ritardo della crescita nel 40% dei ca-si; una ipotonia nell’80%; un disturbo del son-no (insonnia, roncopatia, apnea) nel 50%; undisturbo dell’udito nel 75%. Un ipoparatiroidi-smo (ipocalcemia) è presente nel 10%; distur-bi di altre funzioni endocrinologiche (tiroi-de), dell’immunità, della formazione dell’oc-chio possono essere presenti.

La conoscenza della sindrome, il cuisospetto può derivare già dalla sempliceispezione della fisionomia, è rilevantespecialmente per i numerosi tipi di in-tervento, da quello chirurgico a quellosulla ipocalcemia, che la presenza dellasindrome impone.

46/658 Medico e Bambino 10/1997

PERUGIA 1997 - Novità

Annata forse senza grandi progressi“pratici” (la talidomide come potente an-tinfiammatorio?). In ogni modo ci sonoalcuni progressi di terapia ancora speri-mentali e qualche progresso sulla com-prensione delle malattie che non meritadi andar perduto.

Parvovirus B19 e artritereumatoide: zero a zero

Una ricerca sistematica, mediantePCR del DNA del Parvovirus B19 nel li-quido sinoviale di 29 bambini con artritecronica1,2 (Finlandia, Gran Bretagna), ri-porta la presenza dell’antigene nel 28%dei casi, tutti sieropositivi per lo stessovirus; lo stesso reperto, peraltro, si ritro-va con ancor maggiore frequenza (48%,anch’essi tutti sieropositivi per B19) neibambini senza artrite: in sostanza, men-tre si conferma la frequente, anzi comu-ne, localizzazione e persistenza del virusnell’endotelio sinoviale, sembra si deb-ba negare a questo evento un ruolo pa-togenetico.

NB: Ricordiamo brevemente che, scolastica-mente, le artriti non settiche si possono divi-dere in 3 categorie: quelle con l’agente infet-tante “vivo” nel liquido sinoviale (tipicamentela Borrelia burgdorferi e la Chlamydia tracho-matis); quelle con la presenza dell’antigene“morto” (tipicamente le enteroartriti reattiveda E. coli, Salmonella, Shigella), e infine l’ar-trite reumatoide, nella quale sono stati trovatiautoanticorpi verso antigeni della sinovia edella cartilagine.

Anche per l’artrite reumatoide non è maimorta l’ipotesi di una reazione flogistica ver-so la presenza di un antigene esogeno (infet-tivo) o quanto meno l’ipotesi di una malattiaindotta dalla localizzazione di un agente infet-tante a bassa patogenicità nella articolazione.

Il Parvovirus B19 ne è uno dei principali can-didati, anche per la recente segnalazione del-la sua presenza nel liquido sinoviale nel 75%delle artriti croniche (Saal et al, RheumatolInt 12, 147, 1993), osservazione che sembrasmentita dal lavoro sopra recensito.

Cronicizzazione dell’epatite B e proteine leganti il mannano

Un tipo molto particolare di difetto didifese, una mutazione nel codone 52 delgene MBP (Mannose-Binding Protein),è stato trovato nel 27% dei soggetti cau-casici con epatite B cronica e nel 4% deicontrolli normali2 (Gran Bretagna).

NB: Questa osservazione, interessante persé, è anche un’occasione per parlare di que-sto difetto. Si tratta di un difetto individuatogià più di 20 anni fa da quel genio dell’immu-nologia pediatrica che è stato Soothill, suc-cessivamente caduto in dimenticanza, che èresponsabile di infezioni ricorrenti a impron-ta suppurativa nel bambino e nel ragazzo,condizione che si corregge in età adulta.

Anergia post-infettiva, anergia post-vaccinale

L’anergia tubercolinica secondaria almorbillo è conosciuta “da sempre” ed èanche considerata clinicamente non irri-levante. Da almeno 30 anni si sa che an-che il vaccino antimorbilloso induce unaperdita transitoria della risposta cutaneaalla tubercolina; più di recente è stato vi-sto che anche altri virus, più tipicamen-te lo EBV, inducono una simile anergia;e ancora più di recente è stata attribuitaalla vaccinazione antimorbillosa effettua-ta nel secondo semestre la causa di uneccesso di mortalità riscontrato in que-

sta età nei Paesi poveri. Il discorso nonè solo teorico; deve essere correlato aquanto è stato detto sugli effetti possibi-li delle malattie infettive (e dunque del-le vaccinazioni) sulla presunta e proba-bile emergenza della patologia atopica.

NB: Questa anergia è solo una delle manife-stazioni di un più complesso disturbo del-l’immunità da infezione-vaccinazione. L’alte-razione più caratteristica è costituita da unoshift nella produzione di citochine, da IL-2(citochina tipo Th-1) a IL-4 (citochina tipoTh-2), con stimolazione dei B-linfociti e pro-duzione anticorpale, ma con depressionedelle funzioni CD4 e CD8 e dell’immunitàcellulare. Un altro effetto riguarda i monociti e la pro-duzione di IL-12 che viene inibita per il lega-me della particella virale col recettore CD46,una proteina modulatrice della risposta com-plementare. A sua volta IL-12 è la molecolachiave che stimola la produzione di citochi-ne Th-1, di gamma-interferon e della citotos-sicità NK-mediata3,4 (Stati Uniti).

La sindrome da anticorpi antifosfolipidi

Ne abbiamo già parlato in questa ru-brica (Novità 1996); dunque, una novitànon lo è più, nemmeno per la pediatria.Ma, una volta diagnosticata, non si sabene come curarla, anche perché è ab-bastanza rara nel bambino. Anche perquesto può essere considerato preziosoil contributo di un singolo caso, sia per iltipo di presentazione (episodi di marez-zatura, cianosi e ipotermia alla gamba si-nistra, dall’età di 2 fino all’età di 5 mesi)sia per il trattamento instaurato (aspiri-na a basso dosaggio); il paziente dopo 3anni di follow-up era asintomatico e sen-za più anticorpi5 (Gran Bretagna).

Medico e Bambino 10/1997 47/659

Bibliografia

1. Hérault Y, Kondo T, Zakany J, Double D:Les génes Hox et le controle génétique de lafabrication des membres. Arch Pédiatr 4,suppl 2, 107s, 1997.2. Sordino P, van der Hoeven F, Duboule D:Hox gene expression in teleost fins and theorigin of vertebrate digits. Nature 375, 678,1995.3. Muragaki Y, Mundlos S, Upton J, ObsenBR: Altered growth and branching patternsin synpolydactyly caused by mutations in

Hoxd-13. Science 272, 548, 1996. 4. Dubowitz V: The muscolar dystrophies-chlarity or chaos? N Engl J Med 336, 650,1997.5. Bushby K: Towards the classification ofthe autosomal recessive limb-girdle dy-strophies. Neuromusc Disord 6, 439, 1996.6. Duggan DJ, Gorospe JR, Fanin M et al:Mutation in sarcoglican genes in patientswith myopathy. N Engl J Med 336, 618, 1997.7. Bonaventure J, Rousseau F, Legeal-MalletM et al: Recepteurs des facteurs de croissan-ce fibroblastique et anomalies héréditaires

de la croissance osseuse. Arch Pédiatr suppl4, 112s, 1997.8. Lipshomb KJ, Clayton-Smith J, Harris R:Devolving phenotype of Marfan’s syndrome.Arch Dis Child 76, 41, 1997.9.Wilians CJC, Smith RA, Ball RJ, Wilkinson:Hypercalcemia in osteogenesis imperfectatreated with pamidronate. Arch Dis Child 76,169, 1997.10. Thomas JA, Graham JM jr: Chromosome22q11 deletion syndrome: an update and re-view for the primary pediatrician. ClinicalPediatrics 36, 253, 1997.

Novità in Pediatria pratica 1996-1997

IMMUNOLOGIA

Per una più larga descrizione clinica dellasindrome da anticorpi antifosfolipidi (malat-tia vaso-occlusiva, con manifestazioni clini-che complesse, dalla livedo reticularis all’in-farto, alla malattia vaso-occlusiva polmonare,al morbo di Addison, alla corea) rimandiamoa un articolo recente (Scheven et al, Journalof Pediatr 129, 339, 1996).

Terapia delle malattie autoimmuni

AutotrapiantoL’autotrapianto nelle malattie au-

toimmuni è un trattamento non più sin-tomatico ma “quasi” patogenetico.

NB: L’autotrapianto, a priori meno efficacema più “tranquillo”, è quello di deprimerepesantemente (con “salvataggio” da autotra-pianto) il sistema immune di un soggettocon autoaggressione, rimanipolando “in vi-tro” il midollo autologo.

Un incontro su questo tema specifico èstato fatto a Basilea, e raccomandazioni con-sensuali sono state date6 (Australia).

Terapia dell’artrite reumatoide e anticorpi anti-TNF

Dell’anticorpo antimonoclonale con-tro il TNF-alfa abbiamo già parlato nelcapitolo sulla gastroenterologia, a pro-posito della malattia di Crohn. Lo stes-so anticorpo è efficace anche nell’artritereumatoide7 (Figura 1).

NB: Questi risultati sperimentali indicanonel TNF-alfa un protagonista chiave del pro-cesso flogistico in queste due malattie (ma-lattia di Crohn e artrite reumatoide).

TalidomideLa talidomide sembra essere un’altra

“pallottola magica”; da usare con pre-

cauzione, come tutte le pallot-tole e come tutto ciò che è magi-

co. Come serva, non sappiamo; non è unfarmaco immunosoppressivo, è un far-maco antinfiammatorio e immunomodu-lante8.

Modula la sintesi di citochine da partedelle cellule mononucleate, e specificamentedel TNF-alfa; riduce l’adesività all’endoteliodelle venule postcapillari. La sua efficacia an-tinfiammatoria è stata inizialmente provatasull’eritema nodoso della lebbra; sulle afte in-trattabili idiopatiche o associate alla malattiadi Behçet, e anche in quelle da HIV. È effica-ce nell’artrite reumatoide e nella colite ulce-rativa. Parlando in termini generali, può esse-re considerato l’ultima spiaggia degli antin-fiammatori. Non protegge dal rigetto di tra-pianto, ma è efficace nella graft-versus-hostcronica resistente al cortisone e alla ciclospo-rina. I suoi effetti collaterali sull’embrione so-no ben noti; a questi bisogna aggiungere unaneuropatia periferica dolorosa e irreversibile9

(Gran Bretagna).

Terapia della neutropeniaLa neutropenia da farmaci citostatici10

(Stati Uniti), così come la neutropeniabenigna autoimmune del lattante, unadelle meno rare e più precoci malattieautoimmuni dell’infanzia10, e anche laneutropenia isoimmune del neonato11

(Australia), si trattano al meglio seguen-do una filosofia “non intelligente”, anzi

brutale, quella di far crescere i globulibianchi col Granulocyte Colony Stimula-ting Factor (GCSF); gli effetti sono rapi-di (1-2 gg) e la dose efficace (personaliz-zabile nei casi cronici) può essere anchemolto bassa (economica), dell’ordinedei 5 microgrammi ogni 2-7 gg per laneutropenia del lattante.

NB: Il GCSF deve essere considerato il far-maco di prima scelta in ogni neutropenia as-sociata a situazioni di rischio anche acuto.

Terapia della trombocitopeniaInfine, riprendiamo in considerazio-

ne la questione delle immunoglobulineendovena (IgV) nel trattamento dellaporpora trombocitopenica, per due con-tributi recenti. Il primo12 (Stati Uniti) ri-guarda la risposta alle IgV come predit-tiva della risposta alla splenectomia; ipazienti che rispondono alle gammaglo-buline rispondono bene alla splenecto-mia (19 su 21); i pazienti che rispondo-no male alle IgV rispondono male allasplenectomia (9 su 9).

NB: Forse è un po’ la scoperta dell’acqua cal-da: le forme più leggere rispondono meglio atutto, le forme più severe rispondono malesempre. È una regola da Catalano che valesia per le malattie infettive che per quelle au-toimmuni che per quelle tumorali.

Il secondo contributo13 (Danimarca)consiste in una sperimentazione control-lata su 43 bambini che mette confrontol’efficacia delle IgV (1 g/kg) versus i bo-li di metilprednisolone 30 mg/kg e.v.per due giorni consecutivi (dopo 3 gg diattesa senza terapia) nella trombocitope-nia cronica idiopatica. L’effetto è statostatisticamente molto più netto e più sta-bile con le IgV, e la percentuale di rica-duta nei 6 mesi successivi non è stata si-gnificativamente diversa. Dunque, iltrattamente con IgV è superiore al trat-tamento cortisonico.

NB: Anche questa è lungi dall’essere una no-vità; anzi l’abbiamo sentita tante volte chenon so bene perché ho portato questo lavoro;ma ormai è fatta. Quello che non si capisce ècome mai nessuno faccia il conto della spesamettendo a confronto due tipi di trattamento,in pratica “quasi” eguali (ma con maggiori ef-fetti collaterali per le IgV); né come mai tutticontinuino ad usare 2 g di IgV (1g/kg per 2giorni) anziché uno, “quasi” altrettanto effica-ce, e comunque probabilmente da riservareai (rari) casi veramente impegnativi; né infi-ne perché si continui nella scalata terapeuticausando boli di cortisone quando la terapia

48/660 Medico e Bambino 10/1997

Figura 1. Esoantigeni e autoantigeni in gioco nei diversi tipi di artrite immune.

PERUGIA 1997 - Novità

È il più corposo dei capitoli (22 vocibibliografiche), ma non contiene nessu-na vera novità. Solo aggiornamenti sullostato dell’arte. Tuttavia non sarà una let-tura del tutto inutile.

Resistenze agli antibiotici

Tradizionalmente, ormai, il capitolo siapre su questa nota dolente, con 4 con-tributi sulla “scalata” del fenomeno. I pri-mi 2 articoli selezionati1,2 (Stati Uniti) ri-guardano il problema della resistenza al-la vancomicina negli ospedali. La vanco-micina è (era?) un farmaco “al di sopradi ogni sospetto”, una riserva “sicura”contro i resistenti: ma il suo uso semprepiù largo in ospedali anche pediatrici1

produce “naturalmente” dei resistenti

nella flora ubiquitaria2 che è quella piùinsidiosa per i pazienti (ospedalieri) conimmunodepressione (neonatologie, ria-nimazioni, oncologia, trapianti ecc.).

Al momento dell’ammissione in un repar-to di rianimazione per adulti, i soggetti daventilare avevano una percentuale di coloniz-zazione di enterococchi vancomicina-resisten-ti (VRE) del 24%; nell’arco di altri pochi giornianche un 41% dei soggetti non colonizzati sicolonizzava.

Non meno preoccupante è l’emerge-re di ceppi di virus resistenti. Sebbene lericerche di farmaci antivirali abbiano si-gnificativamente ridotto il rischio dimorte nei pazienti immunodepressi perchemioterapia e abbiano modificato l’at-tesa di vita dei malati di HIV, la banaliz-

zazione dell’uso di alcuni di questi far-maci, in ispecie l’acyclovir, ha fatto sìche segni di resistenza stiano emergen-do nei riguardi di tutti i composti antivi-rali (amantadina, acyclovir, gancyclovir,foscarnet, farmaci antiretrovirali) conuna rapidità inattesa3 (Gran Bretagna).

NB: Ancora una volta, il problema riguardasolo una piccola parte della popolazione, quel-la a più alto rischio; ma, sebbene questo pro-blema possa apparire lontano dalla vita quoti-diana, inevitabilmente finirà per riguardarequalcuno di noi, o dei nostri cari, o dei nostripazienti più difficili. Il mondo produce risorsee speranze che continua a bruciare.

Un più diffuso interesse professionaleriguarda la resistenza (oggi, ancora piùspesso, la “tolleranza” o la “resistenza in-

Medico e Bambino 10/1997 49/661

Novità in Pediatria pratica 1996-1997

INFEZIONE

tradizionale per os è efficace con un ottimomargine di sicurezza. Diversa, naturalmente,è la questione delle (rare?) forme cronichesevere “intrattabili”.

Trapianti: cellule staminali dal cordone

È dalla fine degli anni ’80 che si èpensato al sangue di cordone come fon-te potenziale di cellule staminali per iltrapianto di midollo. Nel sangue cordo-nale è infatti presente una larga percen-

tuale di progenitori ematologici “com-mitted”, e una percentuale di cellule sta-minali CD34 sufficienti per un trapianto;la raccolta di sangue cordonale sistema-tica (un problema meramente organiz-zativo di raccolta e di conservazione,senza remore etiche e con una potenzia-lità praticamente infinita) viene propostaquindi come “un dono per la vita”14,15

(Canada) e con un basso rischio digraft-versus host anche in ricevitori per-sonalmente non compatibili16.

Bibliografia

1. Kingsley G: Microbial DNA in the syno-vium-a role in aethiology or a mere bystan-der? Lancet 349, 1038, 1997.2. Thomas HP, Foster GP, Sumiya M et al:Mutation of gene for mannose-binding pro-tein associated with chronic hepatitis B viralinfection. Lancet 348, 1417, 1996.3. Karp CL, Wysocka M, Wahl LM et al: Me-chanism of suppression of cell-mediated im-munity by measles virus. Science 273, 228,1996.4. Starr SE: Novel mechanism of immuno-suppression after measles. Lancet 348, 1257,1996.5. Evans RE, Dillon MJ, Alfaham M: Antipho-spholipid syndrome presenting as episodiclimb ischaemia. Arch Dis Child 75, 342, 1996.6. Snowden JA, Biggs JC, Brooks PM: Auto-logous blood stem cell transplantation for au-toimmune disease. Lancet 348, 1112, 1996.7. Moredand LW, Baumgartner SW, Schiff

MH et al: Treatment of rheumatoid arthritiswith a recombinant Human Tumor Growthfactor Receptor (p75)-FC Fusion Protein. NEngl J Med 337, 141, 1997.8. Powell RJ: New roles for thalidomide. BMJ313, 377, 1996.9. Hartmann LC, Tschetter LK, HabermannTM: Granulocyte colony-stimulating factor insevere chemotherapy induced afebrile neu-tropenia. N Engl J Med 336, 1776, 1997.10. Bernini JC, Worlag R, Buchanan GR: Lowdose recombinant human granulocyte co-lony-stimulating factor therapy in childrenwith symptomatic chronic idiopatic neutrope-nia. J Pediatr 129, 551, 1996.11. Rodwell RL, Gray PH, Taylor KM, Mini-chinton R: Granulocyte colony stimulatingfactor treatment for alloimmune neonatalneutropenia. Arch Dis Child 75, F57, 1996.12. Law C, Marcaccio M, Tam P et al: High-dose intravenous immune globulin and theresponse to splenectomy in patients withidiopathic thrombocytopenic purpura. N EnglJ Med 336, 1494, 1997.13. Rosthoj S, Nielsen S, Pedersen K et al:Randomized trial comparing intravenous im-munoglobulin with methylprednisolone pul-se therapy in acute idiopathic thrombocyto-penic purpura. Acta Paediatr 85, 910, 1996.14. Cairo MS: A gift for life: umbilical cordblood. J Pediatr 130, 686, 1997.15. Kurtzberg J, Laughlin M, Graham ML etal: Placental blood as a source of hematopoie-tic stem cells for transplantation into unrela-ted recipients. N Engl J Med 335, 157, 1996.16. Wagner JE, Rosenthal J, Sweeman R et al:Successful transplantation of HLA-identicaland HLA-1 and-2 antigen mismatched unrela-ted umbilical cord blood; analysis of engraft-ment and acute graft-versus-host disease.Blood 88, 795, 1996.

50/662 Medico e Bambino 10/1997

termedia”) del pneumococco. Questo èun problema che, a differenza del prece-dente, sta nelle mani di ciascuno di noi,che tornerà nelle mani di ciascuno dinoi, e che riguarda ogni singolo assisti-to. In Islanda i pneumococchi resistenticostituiscono il 10% di quelli isolati nelnasofaringe dei bambini sani (52,7% dipositività per pneumococco); l’età dimaggior consumo degli antibiotici (< 2anni), l’appartenenza ad aree geografi-che di maggior consumo degli antibioti-ci, e specialmente l’avere o non avereutilizzato nell’ultimo anno antibiotici(specialmente per l’otite) sono variabilifortemente correlate al rischio di essereportatori di pneumococchi resistenti4

(Islanda) (Figure 1 e 2).

Emofilo non tipizzabile

Una larga revisione sulla patologiadovuta a questo deuteragonista dellapatologia respiratoria batterica è uscitadi recente5 (Stati Uniti). È responsabiledi 1/4 circa delle otiti e di 1/4 delle si-nusiti; delle polmoniti è in genere re-sponsabile il più temuto emofilo B(Hib); ma nei soggetti con bronchietta-sie e/o fibrosi cistica, così come neiPaesi poveri, anche l’emofilo non tipiz-zabile dà broncopolmoniti. Nella stessamisura dello Hib, presenta da un 10%(da noi) fino a un 30% (negli Stati Uniti)di resistenza plasmidica ai beta-lattami-ci. A differenza del pneumococco, l’e-mofilo non tipizzabile scompare anchesolo col placebo in pochi giorni (parlia-mo di otite) in almeno la metà dei casi:dunque la ricerca di un antibiotico “si-curo”, almeno per la cura dell’otite, nonè così impellente. Dal 90 al 70% dei cep-pi risponde all’amoxicillina: si arrivadunque al 95-85% considerando anchele guarigioni spontanee, con l’1,2 - 2,2%di fallimenti “teorici” (tenendo contoche solo il 25% delle otiti è da emofilo).L’associazione con l’acido clavulanico,ovvero le cefalosporine orali di terzagenerazione (cefixime, cefibuten), cor-rispondono a questo non incomprensi-bile ma razionalmente inaccettabile bi-sogno di sicurezza, che contrasta con laraccomandazione sempre più impellen-te di risparmiare sull’uso degli antibioti-ci. Ma né le cefalosporine, né tantome-no l’associazione con l’acido clavulani-co, contrastano il ben più importante fe-nomeno delle “resistenze intermedie”del pneumococco, che richiede semmail’uso di dosi un po’ maggiori di beta-lat-tamici.

Una patologia comune ma meno no-ta da emofilo non tipizzabile è la con-giuntivite6 (Stati Uniti).

Un isolamento batterico si ha nel 70% del-le congiuntiviti acute, e l’emofilo non tipizza-bile è il germe più comunemente trovato(60%), mentre solo nel 20% dei casi il respon-sabile è l’adenovirus. Nell’associazione conl’otite (“sindrome congiuntivite-otite”, de-scritta 15 anni fa da un pediatra, che in ve-rità è una sindrome “rinite purulenta-otite-congiuntivite”), l’analisi molecolare dimo-stra che sia la colonizzazione otitica chequella congiuntivale sono dovute allo stessoceppo. La terapia è naturalmente topica (uncollirio antibiotico è sempre indicato nellacongiuntivite, e il suo effetto è comprovata-mente superiore al placebo; la somministra-zione deve essere frequente, ogni 3 ore, e

praticamente tutti gli antibiotici sperimentatisono efficaci). Nella sindrome otite-congiun-tivite il trattamento sistemico guarisce sial’otite che la congiuntivite; viceversa, il trat-tamento sistemico della congiuntivite pro-tegge, nei bambini a rischio, dalla successi-va localizzazione otitica. NB: Sulla reale opportunità di questo tratta-mento sistemico è evidentemente lecito di-scutere; ci torneremo nel capitolo dedicatoalla ORL.

Streptococco

Questo paragrafo, come il preceden-te, avrebbe forse trovato collocazionemigliore nel capitolo di ORL. Consiglia-bile la lettura di una rassegna che rive-de lo stato delle conoscenze sullo strep-tococco e malattia reumatica7 (StatiUniti). Ne estraiamo alcune notizie suitipi (M1, M3, M5, M6, M18, M19, M20)e sui ceppi “più reumatogeni” (tenendoperò presente che il reumatismo puòassociarsi a qualunque tipo di strepto-cocco A che dia faringite). La ricchezzain proteina M e lo spessore della capsu-la sono fattori di patogenicità e di con-seguenza di reumatogenicità7.

Una qualità studiata di recente, che diffe-renzia gli streptococchi del faringe (e dellamalattia reumatica) da quelli della cute (edella glomerulonefrite), è la capacità di pro-durre un’apolipoproteina (fattore-opacità) incoltura. Questa capacità è dovuta a una pe-culiarità di struttura della proteina M8 (StatiUniti) che distingue gli streptococchi A diclasse I (faringotropi-reumatogeni) da quellidi classe II (dermotropi-nefritogeni). Un’al-tra proprietà degli streptococchi faringotro-pi-reumatogeni è la capacità di adesione allefibronectine delle cellule mucose del farin-ge, che è in parte dovuta all’acido lipoteicoi-co incorporato nelle fimbrie costituite daproteina M, in parte a un’altra proteina di su-perficie di recente identificata9 (Gran Breta-gna). La degradazione degli streptococchida parte degli enzimi leucocitari libera dallaparete batterica e dalla capsula molecolecross-reagenti con i glicoproteidi valvolari econ altre molecole dei tessuti implicati nellemanifestazioni anatomo-cliniche della malat-tia reumatica; nella stessa proteina M vi so-no epitopi cross-reagenti con strutture car-diache10 (Stati Uniti). Nel reumatismo, laproduzione di anticorpi contro le esotossinee le molecole della parete batterica è mag-giore che nelle semplici faringiti streptococ-ciche; nella malattia reumatica, accanto aquesta risposta di immunità sierica, si docu-menta, anche istologicamente, una impor-

Cicli antibiotici

Perc

entu

ale

di c

eppi

res

iste

nti

0 3

25

20

15

10

5

1 2

Figura 1. Correlazione tra isolamento dipneumococchi resistenti e numero dei cicli diantibiotico effettuati.

Tempo dall’ultimo ciclo antibiotico

Perc

entu

ale

di c

eppi

di p

neum

o re

siste

nti

1-2 2-4 4-6 6-8 8-10

60

50

40

30

20

10

Figura 2. Isolamento di pneumococchi resi-stenti in funzione del tempo trascorso dall’ulti-mo ciclo antibiotico.

PERUGIA 1997 - Novità

Medico e Bambino 10/1997 51/663

Novità in Pediatria pratica 1996-1997

tante risposta CD4 > CD8. Per parte loro, isoggetti predisposti a questo tipo di rispostaposseggono in più del 35% dei linfociti circo-lanti un alloantigene “marker” dimostrabilecon l’anticorpo monoclonale D8/17, anch’es-so cross-reagente con un simile antigenestreptococcico.

Meningite batterica:desametasone, sordità

La brillante osservazione del gruppodi McKracken circa l’efficacia del desa-metasone, somministrato prima dellaterapia antibiotica nel prevenire i dannidella meningite da emofilo (e forse dialtre meningiti), appare oggi forse piùdebole se riportata “sul campo” ed este-sa a tutte le meningiti batteriche. Appa-rentemente disastrosa11 (Pakistan) neiPaesi sottosviluppati (42% di sorditàcontro 30% nel gruppo placebo), è forseinutile nei Paesi industrializzati, doveuna diagnosi tempestiva e una buonaconduzione terapeutica hanno per con-to loro quasi azzerato l’incidenza degliesiti12 (Italia).

NB: In verità, la ricerca nippo-pakistana haalmeno due bias: il primo è quello di prende-re in considerazione bambini ricoverati an-che 10, 20, 30 giorni dopo l’esordio, per iquali l’effetto-cortisone era praticamente im-pensabile; il secondo è quello di usare, pro-babilmente per economia, l’associazioneCAF-ampicillina.Ora, è noto che i corticosteroidi, attivando ilcatabolismo del CAF, ne riducono di molto illivello ematico. In sostanza, forse va dettoche la sperimentazione “in corpore vili”, spe-cie se pasticciata, non è sempre una buonacosa; che l’antibiotico è comunque più im-portante del cortisone; che questo può por-tare un vantaggio marginale (ma non senzaeffetti collaterali come la fastidiosa febbresecondaria), molto mal misurabile dove il li-vello delle cure è buono, e potenzialmentenegativo dove il livello delle cure è cattivo;che la vaccinazione contro l’emofilo, che danoi non potrà incidere sullo stato di salutedella popolazione pediatrica, sarebbe salva-vita in Pakistan; e infine che il mondo medi-co è così pieno di contraddizioni che ognitanto è meglio lasciar perdere.

Una recente ricerca su 124 casi dimeningite batterica (mortalità zero) di-mostra in effetti solo 3 casi di sorditàpermanente (nessuna di queste era daemofilo!); invece, osservazione del tuttonuova, riporta 13 casi di sordità senso-riale (cocleare) transitoria. In tutti e 16

i casi la sordità era presente al momen-to del ricovero13 (Gran Bretagna). Inquesti casi, l’impianto tempestivo di co-clea artificiale si impone (con costi mi-nori rispetto alla vaccinazione di mas-sa): è importante che l’impianto vengafatto tempestivamente, perché unaosteogenesi della scala tympani puòrendere inapplicabile l’impianto, ovveroconsentire un impianto parziale, conpochi elettrodi14 (Gran Bretagna).

De minimis: batteriologia della parotidite ricorrente

Si sa molto più sulle malattie rareche sulle malattie comuni. La parotiditecronica ricorrente (ICRP), tra questeultime, è una delle più frustranti, in cuinessuno sa che cosa fare. Una anchemodesta ricerca può dunque essercid’aiuto. Si tratta (Stati Uniti)15 dello stu-dio batteriologico della saliva (ottenutaper aspirazione dal dotto di Stenone do-po decontaminazione dell’orifizio) su 57bambini con ICRP: nel 91% dei casi lacoltura è risultata positiva per Strepto-coccus pneumoniae (spesso resistentealla penicillina) o per Hemophilus in-fluentiae (sensibile a tutti gli antibioticitestati), mentre in 20 controlli la positi-vità era solo nel 65% dei casi, ma sem-pre a basso titolo e per non patogeni(streptococco alfa).

NB: I dati appoggiano fortemente l’ipotesiche la patogenesi (forse solo la patogenesiprevalente) della ICRP sia quella battericaascendente. Questa ipotesi è coerente conquanto si sa sulla evoluzione della ICRP (piùspesso in guarigione, a volte in cronicità condilatazione e atrofia degli acini). Gli Autoridella ricerca hanno preferito non trattarecon antibiotici bensì con lavaggi periodicidella ghiandola con soluzione acquosa di io-dio a debole concentrazione (settimanale >quindicinale > mensile), con buoni-ottimi ri-sultati.

Malattia di Lyme: diagnosi,misdiagnosi e terapia

Un ragionamento molto semplice (emolto tradizionale) mette in guardiasulla ragionevolezza di estendere la ri-cerca sierologica per la malattia a sog-getti con sintomi vaghi e inconsistenti.Si tratta di ricordare che il valore pre-dittivo di qualunque esame è diretta-mente proporzionale all’incidenza realedella malattia e inversamente propor-

zionale alla numerosità del campioneallo studio16 (Stati Uniti).

Su un campione molto numeroso (nonselezionato, come in uno screening) il valorepredittivo positivo è “naturalmente” basso eil numero dei falsi positivi “naturalmente” al-to. Ipotizzando in una determinata regioneuna incidenza dello 0,1% (in realtà sia in Ita-lia che nel Connecticut da 10 a 100 unità piùbassa), se si studiano 1000 persone non se-lezionate, per una sensibilità del 95% e unaspecificità del 90%, ci si debbono attendere51 positività, di cui una sola “vera”.

Quanto migliore è la selezione clini-ca, tanto più basso è il rischio di mi-sdiagnosi; ma nella realtà quotidiana, incui l’esame è fatto “anche” su richiestadel paziente e della famiglia, il rischio èinvece molto alto; ed è dunque indi-spensabile attenersi a criteri clinici “ra-gionevoli”17.

L’eritema cronico migrante è presentecome segno di esordio nel 90% dei casi, l’ar-trite nel 6%, la paralisi del facciale nel 3%, lameningite asettica nel 2% e la cardite nello0,5%. Queste sono le manifestazioni clinicheche giustificano l’esame.

Una coorte di 201 bambini, che ave-vano presentato uno di questi sintomi,ed erano stati trattati per 2-4 settimanecon terapia antibiotica convenzionaleper os, è stata seguita per 2 anni17 (StatiUniti): in nessuno si è avuta l’evidenzadi una evoluzione cronica o ricorrentedella malattia. L’efficacia del trattamen-to convenzionale viene dunque confer-mata su larga scala; e le questioni sullaopportunità di trattamenti più prolunga-ti o per via parenterale sembrano futili.

Acyclovir

L’effetto preventivo dell’acyclovir neicontatti di varicella durante la secondametà del periodo di incubazione è statovalutato in funzione della dose (da 5 a80 mg/kg). L’effetto sull’espressioneclinica della malattia è risultato, comeprevedibile, dose dipendente, e così pu-re l’effetto sulla risposta anticorpale18

(Giappone).

NB: Anche questo lavoro non sarebbe statoda recensire. Dopo tante sparate ufficialicontro l’uso dell’acyclovir nella terapia dellavaricella, una rivista altamente qualificata ac-cetta uno studio sul suo uso addirittura pre-ventivo. Un lavoro, poi, che dimostra cose

assolutamente inutili, da quanto erano pre-vedibili. La recensione è giustificata solo dauna storia del costume.

L’acyclovir, 15 mg/kg x 5/die, è sta-to confrontato con placebo nel tratta-mento della gengivostomatite erpetica.Gli effetti sono risultati significativi,con un dimezzamento della durata dellafebbre, delle lesioni orali e periorali,delle difficoltà di bere e di mangiare19

(Israele). In verità, anche senza unasperimentazione controllata, lo sapeva-mo già tutti.

Osteomielite stafilococcica

50 casi consecutivi di osteomielitestafilococcica sono stati trattati secondodue schemi: clindamicina 40 mg/kg/die o cefradina 150 mg/kg/die, per iprimi 4 gg per via venosa, poi per os,per 3 settimane. L’intervento chirurgicoè considerato “probabilmente opportu-no” solo nei casi in cui si riscontra findall’inizio una cavità metafisaria, o unlargo ascesso subperiosteale, o nei casiche non rispondono entro 48 ore. Conquesto regime semplificato e non inva-sivo si è avuto il 100% di guarigione. LaCRP è l’esame più fedele e si normaliz-za in una settimana20 (Finlandia).

Vaccinazione antimorbillosa

In un’isola della Micronesia, dopo 27anni dall’ultima esposizione al morbillo(quindi in assenza di “richiami natura-li”) solo l’11% dei contatti che avevanoricevuto una sola dose di vaccino si am-malavano, e nessuno dei contatti condue dosi vaccinali. L’efficacia di unasingola dose viene calcolata all’86%, enon sembra che un tempo anche lungosenza esposizione porti all’esaurimentodell’effetto vaccinale21 (Stati Uniti).

Vaccinazione contro l’epatite B

Sempre in tema di “grandi vaccina-zioni” non sembra fuori luogo registra-re il successo sui grandi numeri e neitempi brevi della vaccinazione control’epatite B a Taiwan22. Dopo la vaccina-zione l’incidenza dell’epatocarcinomanei bambini dai 6 ai 14 anni di età è sce-sa da 0,70/100.000 a 0,36/100.000 per inati dopo il 1984 e a 0,13 per i nati dopoil 1990. Un calo forse atteso ma sicura-mente molto rilevante.

Bibliografia

1. Bonten MJM, Hayden MK, Nathan C: Epi-demiology of colonization of patients and en-vironment with vancomycin-resistant entero-cocci. Lancet 348, 1615, 1996.2. Sinkowitz RL, Keyserling H, Walker TJ etal: Epidemiology of vancomycin usage at achildren’s hospital, 1993 through 1995. Pe-diatr Infect Dis J 16, 485, 1997.3. Pillay D, Geddes AM: Antiviral drug resi-stance. BMJ 313, 503, 1996.4. Arason VA, Kristinsson KG, SigurdssonJA et al: Do antimicrobials increase the car-riage rate of penicillin resistant pneumococ-ci in children? Cross sectional prevalencestudy. BMJ 313, 387, 1996.5. Klein JO: Role of nontypeable Haemophi-lus influenzae in pediatric respiratory tractinfections. Pediatr Infect Dis J 16, S5, 1997.6. Wald ER: Conjunctivitis in infants andchildren. Pediatr Infect Dis J 16, S17, 1997.

7. Veasy L, Hill HR: Immunologic and clini-cal correlations in rheumatic fever and rheu-matic heart disease. Pediatr Infect Dis J 16,400, 1997.8. Bessen DE, Sotir CM, Readdy TL, Hol-lingshead SK: Genetic correlates of throatand skin isolates of group A streptococci. JInfect Dis 173, 896, 1996.9. Courtney HS, Hale JB, Hasty ID: Differen-tial effect of fibronectil-binding proteinFBP54, on adhesion of group A streptococcito human buccal cells and Hep-2 tissue cul-ture cells. Infect Immun 64, 2415, 1996.10. Bronze MS, Dale JB: The reemergenceof serious group A streptococcal infectionsand acute rheumatic fever. Am J Med Sci311, 41, 1996.11. Qazi SA, Khan MA, Mughal N: Dexa-methasone and bacterial meningitis in Paki-stan. Arch Dis Child 75, 482, 1996.12. Martini C, Ronfani L, Borgnolo G, et al:La meningite nel Friuli-Venezia Giulia. Unostudio retrospettivo. Giornale Italiano diMalattie Infettive, in press.13. Richardson MP, Reid A, Tarlow MJ: Hea-ring loss during bacterial meningitis. ArchDis Child 76, 134, 1997.14. Dodds A, Tyszkiewicz E, Ramsden R:Cochlear implantation after bacterial menin-gitis: the dangers of delay. Arch Dis Child76, 139, 1997.15. Giglio MS, Landaeta M, Pinto ME: Mi-crobiology of recurrent parotitis. Pediatr In-fect Dis J 16, 386, 1997.16. Seltzer EG, Shapiro ED: Misdiagnosis ofLyme disease: when not to order serologictests. Pediatr Infect Dis J 15, 762, 1995.17. Gerber MA, Shapiro ED, Burke GS et al:Lyme disease in children in southeasternConnecticut. N Engl J Med 335, 1270, 1996.18. Suga S, Yoshikawa T, Yazaki T et al: Do-se-dependent effects of oral acyclovir in theincubation period of varicella. Acta Paediatr85, 1418, 1996.19. Amir J, Hare L, Smetana Z: Treatment ofherpes simplex gingivostomatitis with acy-clovir in children: a randomized doubleblind placebo controlled study. BMJ 314,1800, 1997.20. Peltola H, Unkila-Kallio L, Kallio MJT:Simplified treatment of acute staphylococcalosteomyelitis of childhood. Pediatrics 99,846, 1997.21. Güry D, McCready J, Watson JC et al:Measles vaccine effectiveness and durationof vaccine-induced immunity in the absenceof boosting from exposure to measles virus.Pediatr Infect Dis J 15, 1082, 1996.22. Chang MH, Chen CJ, Lai MS et al: Uni-versal Hepatitis B vaccination in Taiwan andthe incidence of fegatocellular carcinoma inchildhood. N Engl J Med 336, 1855, 1997.

Associazione Culturale Pediatri - ACP Emilia

TTABIANO VIIABIANO VII - DAI SINTOMI ALLA TERAPIA- DAI SINTOMI ALLA TERAPIA

Tabiano, 27-28 febbraio 1998 - Grande Albergo Astro

Iscrizione e informazioni: tel 0524-565523; fax 0524-565497

PERUGIA 1997 - Novità

Medico e Bambino 10/1997 53/665

Novità in Pediatria pratica 1996-1997

Unica novità importante, quella del-l’efficacia dimostrata dalla plasmaferesiprecoce nella nefrite rapidamente pro-gressiva.

Plasmaferesi nellaglomerulonefrite rapidamenteprogressiva (RPGN)

Un importante studio retrospettivo1

(Italia, Gran Bretagna) su 48 pazienticon RPGN idiopatica, o secondaria a va-sculite, tutti trattati con steroidi e/o im-munosoppressori e tutti anche con pla-smaferesi, ha dimostrato che, se que-st’ultima viene effettuata entro il primomese dall’esordio, il 100% delle RPGNidiopatiche e il 58% di quelle associate avasculite provocano un miglioramentosignificativo della funzione renale, senzaricadute.

NB: In Novità 1996 abbiamo visto dimostratal’efficacia dell’olio di pesce nella nefropatiaIgA e degli ACE-inibitori nella glomerulone-frite cronica. Il contributo di Novità 1997 nonè meno importante: non solo non potremo piùaffermare che lo spazio di intervento nelleglomerulopatie è minimo, ma avremo un im-pegno assoluto al trattamento e, nel caso del-la RPGN, a un intervento obbligatoriamentetempestivo, che comprenda anche una pla-smaferesi precoce.

Cistouretrografia: quando?

Nei protocolli tradizionali la cistoure-trografia viene effettuata a guarigionedell’infezione urinaria consolidata, in ge-nere dopo 4 settimane, nell’ipotesi cheun’incompetenza transitoria (flogistica)del giunto possa dar luogo a falsa positi-vità per reflusso vescico-ureterale (VUR)di basso grado. Invero, più di 20 anni fa,prima di standardizzare il nostro proto-collo regionale, avevamo confermatoche questo accadeva realmente, in unapiccola parte dei casi. Un recente lavoroconfronta la percentuale di reflussi trova-ti in vari momenti dopo l’infezione urina-ria (UTI), senza trovare alcuna differen-za, e conclude che il “timing”, dopo laprima settimana, non è necessario2.

NB: Si tratta di un brutto lavoro, che non di-mostra niente, se non quanto era già ovvio:ciascun gruppo di pazienti (esaminati rispetti-vamente nella prima settimana, nella seconda

e via via fino all’ottava) è composto da relati-vamente pochi pazienti (il maggior numero èconcentrato tra la quarta e la quinta settima-na). I 2 pazienti della prima settimana hannoil 100% (2 su 2) di VUR, le percentuali degli al-tri gruppi oscillano tra 15,0% e 39,4% di positi-vità. Con un lavoro retrospettivo così condot-to non si può dimostrare proprio niente. I pa-zienti avrebbero dovuto essere suddivisi indue gruppi: uno in cui la cistouretro venivafatta subito, e uno in cui l’esame era rimanda-to di qualche settimana. Siccome comunqueuna UTI viene dimessa per lo più in terza-quarta giornata, diventa quasi inevitabile pro-grammare il controllo a distanza: e a questopunto, giorni o settimane è indifferente. Per-ché recensirlo, dunque? Perché propone del-le modifiche alla routine, che probabilmentesono ragionevoli ma che richiedono una mi-gliore conferma. Per inciso, la possibilità didistinguere la UTI con reflusso dalla UTI sen-za reflusso in base alla presenza di intervallolibero tra i segni clinici della “cistite” (febbri-cola, pianto, urine fetide) e quelli della “pielo-nefrite” (febbre alta), prospettata da Perato-ner alcuni anni fa (vedi Novità 1994) non haancora trovato accesso alla stampa, ma ha ri-cevuto continue conferme “nostrane”.

Enuresi

L’argomento fa da padrone in questanostra rubrica, quest’anno, senza peròvere novità. Da segnalare un articolo sto-rico-riassuntivo sulla teoria endocrinadella enuresi3 (Francia; si ricorda che lapoliuria notturna degli enuretici era giàstata segnalata più di 100 anni fa!) e duelavori critici. Il primo4 (Canada) dimo-stra (in disaccordo con quanto affermatodai fautori della teoria endocrina “pura”)che i bambini enuretici bagnano il lettoprevalentemente nella prima parte dellanotte, che è anche quella in cui il risve-glio è più difficile, e che la loro capacitàdi svegliarsi dopo un richiamo è moltoinferiore a quella dei controlli (9,3% con-tro 39,7%, con un’elevatissima significati-

vità statistica). Il secondo lavoro5 (Sve-zia) è critico nei riguardi delle originarieosservazioni di Norgaard (J Urol 134,1029, 1985) che dimostravano un diver-so ritmo nictemerale della adiuretina ne-gli enuretici. In effetti, in un gruppo dienuretici notturni “puri” (cioè in quelliche non presentano disturbi funzionalidella minzione diurna) ha confermatoche esistono differenze nel peso specifi-co e nella quantità di urine notturne traenuretici e controlli, ma nessuna diffe-renza nella secrezione (che è a picchi,come quella del GH) di adiuretina, mal-grado la raccolta ravvicinata (ogni 2 ore)dei campioni di sangue; e nemmeno siosservano differenze nell’escrezione diadiuretina tra i soggetti che rispondonoe quelli che non rispondono alla terapiacon vasopressina Minirin/DDAVP.

NB: Questa osservazione si accorda conun’altra simile riportata in Novità 1996, dovesi negava un difetto secretivo e si suggerivaun difetto recettoriale. Che le cose siano piùcomplesse di quanto si pensasse forse in pas-sato, ma anche di quanto la teoria endocrinaabbia voluto più recentemente inferire, sem-bra ovvio. L’enuresi non è un disturbo delsonno, ma il sonno ci ha la sua parte; non èuna malattia psicologica, ma la psiche ci ha lasua parte; non è una malattia del controllosfinteriale, ma sfinteri e detrusore ci hanno laloro parte; non è una malattia dell’ipofisi, mal’osmolarità urinaria ci ha la sua parte. Tuttoquesto ha poi pochissimo a che fare con la te-rapia con vasopressina, che è efficace ma, giu-stamente, empirica.

Bibliografia

1. Gianviti A, Trompeter RS, Barratt TM et al:Retrospective study of plasma exchange inpatiens with idiopathic rapidly progressiveglomerulonephritis and vasculitis. Arch DisChild 75, 186, 1996.2. Jonathan C, Craig, Knight JP, Sureshku-mar P: Vescicourinary reflux and timing ofmicturating cystouretrography after urinarytract infection. Arch Dis Child 76, 275, 1997. 3. Guignard JP: La théorie endocrinienne del’énuresie nocturne idiopathique. Arch Pé-diatr Suppl 1, 3s, 1997.4. Wolfish NM, Pivik RT, Busby KA: Elevatedsleep arousal thresholds in enuretic boys: cli-nical implications. Acta Paediatr 86, 381,1997.5. Laeckgren, Nevéus T, Stenberg A: Diurnalplasma vasopressin and urinary output in ado-lescents with monosymptomatic nocturnalenuresis. Acta Paediatr 86, 385, 1997.

NEFRO-UROLOGIA

Questo capitolo, questa volta, contie-ne delle curiosità piuttosto che delle no-vità.

Neuroimmagini: SPECT

Non abbiamo parlato sinora mai dineuroimmagini; ce ne dà l’occasioneuna review che riporta alcune nozioniconcettualmente interessanti, alcune direcente, e alcune di recentissima, ac-quisizione.

Lo strumento in questione è loSPECT: Single Photon Emission Com-puter Tomography, utilizzato con il tec-nezio 99 per lo studio del flusso cere-brale regionale.

Le indicazioni “organiche” per l’usodella SPET sono: la morte cerebrale,dove sembra poter sostituire l’elettroen-cefalogramma come gold standard (“nobrain uptake”); i deficit neurologici acu-ti con tecnezio normale (nel 78% dei ca-si si registra un disturbo del flusso ce-rebrale regionale, rCBF); l’epilessia in-trattabile, per evidenziare il focus epilet-togeno a scopo chirurgico (aumento dirCBF in crisi, ipoperfusione intercriti-ca); la disfasia congenita (ipoperfusionefrontale e/o temporo-parietale sinistra,interessante anche l’area di Broca); leparalisi cerebrali (asimmetrie, modifica-zione del normale rCBF antero-poste-riore); ipertensione nefrovascolare (incui l’iperplasia fibromuscolare dei vasipuò interessare anche il sistema nervo-so centrale con ipoperfusioni localizza-te); i traumi cranici; l’emicrania (nell’a-dulto: ridotta perfusione asimmetricaposteriore all’inizio, iperperfusione du-rante la crisi dolorosa secondo lo sche-ma interpretativo “classico”; ma nelbambino disturbi del flusso più inco-stanti e variabili)1.

Più interessanti e recenti i reperti as-sociati a patologie psichiatriche: ipoper-fusione unilaterale del lobo temporalenell’anoressia nervosa (in press); asim-metria di flusso e ipoperfusione nei lobifrontali e temporali e perdita della do-minanza emisferica sinistra nell’auti-smo(1995); ipoperfusione delle struttu-re striate e periventricolari nella sindro-me da deficit di attenzione con iperatti-vità (ADHD) (1993).

NB: La neurologia (organico) e la psichiatria(funzionale) si stanno nuovamente, obbliga-toriamente, avvicinando.

Deficit di attenzione con iperattività: funzionale o organico?

Torniamo sull’ultimo tema aperto dalparagrafo precedente: il disordine dadeficit di attenzione con iperattività(ADHD).

Un articolo di aggiornamento, scrittoda un neuropsicologo che si è occupatoappunto, mediante la SPECT, del flussocerebrale dei bambini con ADHD2 (Da-nimarca), propone una serie di dati coe-renti, clinici, neurofisiologici e speri-mentali, che concorrono a dare dellaADHD un’interpretazione molto più le-sionale che psicogena, indicandola co-me una disfunzione dello striato.

Gli studi con la SPECT hanno dimostratoin questi bambini una ipoperfusione striato-talamica, e un’iperperfusione occipitale. Lostriato è una struttura particolarmente a ri-schio, sia per l’elevato fabbisogno metaboli-co - dovuto all’enorme quantità di sinapsiglutamminergiche provenienti da tutto l’en-cefalo - sia per la sua posizione allo spartiac-que tra la circolazione talamica e la circola-zione corticale; e d’altra parte è un crocevianel circuito cortico-striato-talamo-corticale eha probabilmente un ruolo centrale nell’ac-quisizione di consapevolezza.

Il carattere prevalentemente dopaminer-gico delle sinapsi bene si adatta alla ricono-sciuta efficacia del metilfenidato (liberatoreesclusivo di dopamina) e della d-amfetamina(liberatore sia di norepinefrina che di dopa-mina e inibitore del loro re-uptake).

Il disordine dello striato può avere moltecause: gli studi sperimentali hanno dimostra-to che il feto con una saturazione di ossigenodel 50% (nel feto normale 60% circa) perde lacapacità dell’autocontrollo pressorio e va inipotensione, con danno più o meno severo; evi è una larga documentazione dell’altissimaprevalenza di sintomi di ADHD (20-25% nellediverse casistiche) a 2, 4, 8 anni di età neinati di peso <1500 g, e tra questi particolar-mente nei soggetti che avevano avuto perpiù tempo necessità di ossigenoterapia e di

sostegno alla funzione respiratoria; sicché l’i-potesi che almeno in una parte dei casi il di-sordine sia da attribuire a una lesione striatadi natura ischemica appare consistente. Do-po un lungo cammino, forse la “minimalbrain disease” (MBD), dopo essere diventa-ta “minimal brain disfunction” e poi ADHD,tornerà ad essere MBD. O forse no.

Dislessia

Un discorso in parte simile viene fat-to per la dislessia. Anche qui, ci forni-scono l’occasione di parlarne una brevema succosa rassegna3 (Gran Bretagna)e una ricerca di neuroimmagine5 (StatiUniti) che suggerisce l’esistenza di unsubstrato anatomo-funzionale del di-sturbo (difetto di connessione tra laparte anteriore e la parte posteriore del-l’area del linguaggio nell’emisfero sini-stro). In base a evidenze cliniche e fun-zionali la dislessia sarebbe essenzial-mente un problema di linguaggio, chesi esprime, anticipando la dislessia, condifficoltà a produrre la parola, a elabora-re frasi grammaticamente corrette, adarricchire il vocabolario, alla conoscen-za dell’alfabeto, alla comprensione dellastruttura della parola pronunciata.

NB: Tutto questo, che contrasta in parte conquanto riportato in Novità 1996 sullo stessotema, indica che probabilmente non c’è unasola dislessia ma che ce ne sono almenodue, una visiva e una di linguaggio.

Convulsioni febbrili e carenza di ferro

È ancora una volta Pisacane di Napo-li a sorprenderci con le sue ricercheepidemiologiche un po’ strambe: nel30% dei bambini con convulsioni febbri-li era presente un’anemia ferroprivacontro il 12% dei controlli sani e controil 14% dei bambini ricoverati in ospedaleper altre cause6 (Italia).

Mielopatia trasversa e cortisone

Un’indicazione rara, ma preziosa. Laterapia cortisonica ad alte dosi è signifi-cativamente efficace nella mielite tra-sversa, una delle più severe complican-ze immunomediate. I risultati di un trat-

54/666 Medico e Bambino 10/1997

NEUROPSICHIATRIA

PERUGIA 1997 - Novità

Medico e Bambino 10/1997 55/667

Novità in Pediatria pratica 1996-1997

tamento con 3-5 boli di metilprednisolo-ne, 1 g/1,73 m2 a giorni successivi, su 5bambini confrontati con 10 casi storicimostrano: un’abbreviazione del tempodella paraparesi (23 gg contro 97 senzapoter camminare), un aumento dellapercentuale di guarigione in 12 mesi(80% contro 10%), una percentuale diguarigione completa del 100% contro20%7 (Francia).

Fisioterapia randomizzata

Un lavoro eticamente corretto e cor-rettamente condotto8 (Gran Bretagna)sembra negare l’utilità di una fisiotera-pia precoce (vecchio problema più volteaffrontato nella rivista, con risentiti in-terventi successivi): lo studio è statocondotto su 105 bambini con lesioni ul-trasonografiche cerebrali, dunque al ri-schio di sviluppare paralisi cerebrale.Nella metà di questi, come di routine, sidecise per l’attesa, rimandando l’iniziodella fisioterpia alla comparsa dei segnidi paralisi cerebrale, nell’altra metà siiniziò un trattamento fisioterapico da su-bito. A 12 e 30 mesi non si poterono os-servare differenze tra i due gruppi.

Solo nel 54% dei casi le lesioni ultra-sonografiche risultarono predittive di undisturbo della motricità. Dunque, comegià altri lavori sembrano aver dimostra-to (Palmer et al, NEJM 318, 803, 1988;Piper et al, Pediatrics 78, 216, 1986) lacorsa all’intervento precoce anche inuna situazione dubbia sembra venir con-dannata dallo studio “random”, e la ra-gionevole attesa sembra giustificata.

NB: Non bisogna dimenticare, facendo que-ste affermazione, che una non dimostrazionenon è la dimostrazione del contrario; e che,data la inevitabile variabilità del danno neuro-logico da caso a caso, ogni caso dovrebbeavere per controllo se stesso. Alla fine, però,il buon senso ha sempre ragione. L’interven-to (e la preoccupazione) troppo precoce nonavviene senza danno psicologico ed economi-co; l’intervento riabilitativo primario è, alla fi-ne delle fini, quello inconsapevole dato dall’a-morosa manipolazione materna e dal suo col-loquio continuo, che vanno sempre incorag-giati. L’allattamento al seno fa parte di questapolitica di “stimolazione per tutti”.

Psichiatria: la sindrome della stanchezza cronica

Un editoriale del BMJ9 (Gran Breta-gna) trae lo spunto dalla critica a una ri-

cerca epidemiologica10 (Gran Bretagna)forse mal condotta, ma comunque indi-cativa di una diffusione non trascurabiledel disturbo (apparentemente, la piùimportante causa di assenteismo scola-stico, con 0,5% degli insegnanti e lo0,07% degli allievi colpiti), per affrontareil problema del “che fare” in pediatria.

Avevamo già affrontato il tema in Novità1996, con una risposta possibile, l’approcciocognitivo11, che è forse il più connaturato allaprofessione del pediatra (vedi anche, per un“superficiale approfondimento”, un articolodi aggiornamento, Gran Bretagna9; si trattadi un intervento “comprensibile”, anzi basatosulla “comprensione” e sugli esercizi; e lastbut non least di un intervento che si presta auna valutazione in termini statistici).

Nell’editoriale in questione la sindrome èconsiderata francamente “psichiatrica”, o al-meno da trattare come tale in chiave utilitari-stica (giacché quello psichiatrico è l’unicoapproccio terapeutico possibile). Le cose dafare, per il medico (per il pediatra), sono: ladiagnosi (sindrome di nuova insorgenza, mache dura da almeno tre mesi, con una stan-chezza fisica e mentale inabilitante); anam-nesi, visita ed esami, in un solo tempo(esclusione di altre diagnosi); conduzione(intervento precoce; riconoscimento dellaautenticità dei sintomi presentati; sottolinea-tura della inseparabilità tra “fisico” e “psico-logico”; valutazione della famiglia e delle suerisorse psicosociali; stretto legame con lascuola; programma di vita quotidiana con-cordato con la famiglia; sostegno domesticoriservato solo ai casi in cui la frequenza sco-lastica risulta impossibile). Queste linee so-no state tracciate da un gruppo di lavoro po-lidisciplinare del Royal College of Physi-cians12 (Gran Bretagna).

Personalmente, devo aggiungere a tuttoquesto (che ho riportato perché mi parevagiusto e per non incorrere in colpa di omis-sione), che non mi sono trovato mai, nel cor-so di una vita, a porre la diagnosi di sindro-me di stanchezza cronica (post-infettiva).Sotto che diagnosi si sono nascosti questipazienti mai riconosciuti? sotto il nome di“febbricola innocente”? o di “malattia fitti-zia”? o di “fobia scolare”? Il problema noncambia cambiando l’etichetta.

Anoressia nervosa

Nel paragrafo sulle neuroimmaginisi è accennato alle alterazioni del flussocerebrale nell’anoressia mentale. Quipiù banalmente si parla di RMN; ma an-che con questo più tradizionale stru-mento si riscontrano delle alterazioni

“organiche”: un aumento del liquido ce-falorachidiano, una riduzione sia dellasostanza grigia che della bianca; laquantità di cortisolo escreto con le uri-ne è direttamente correlato con questealterazioni che sono tanto più spintequanto minore è il Body Mass Index. Èprobabile che queste alterazioni sianosecondarie e non primitive al disturbocomportamentale13 (Canada).

Bibliografia

1. Gordon I: Cerebral flow imaging in pae-diatrics: a review. Nuclear Medicine Commu-nications 17, 1021, 1996.2. Lou HC: Etiology and pathogenesis of At-tention-deficit Hyperactivity Disorder(ADHD): significance of prematurity and pe-rinatal hypoxic-haemodynamic encephalo-pathy. Acta Paediatr 85, 1266, 1996.3. Pauleau E, Frith U, Snowling M et al: Isdevelopmental dyslexia a disconnection syn-drome? Evidence from PET scanning. Brain119, 143, 1996.4. Snowling M: Dyslexia: a hundred yearson. BMJ 313, 1096, 1996.5. Eden GF, Van Meter JW, Rumsey JM etal: Abnormal processing and visual motionin dyslexia revealed by functional brain ima-ging. Nature 382, 66, 1996.6. Pisacane A, Sansone, Impagniazzo N et al:Iron deficiency anaemia and febrile convul-sions: case-control study in children under 2years. BMJ 313, 343, 1996.7. Sébire G, Hollenberg H, Meyer L: Highdose methylprednisolone in severe acutetransverse myelopathy. Arch Dis Child 76,167, 1997.8. Weidling AM, Hallam P, Gregg J et al: Arandomized controlled trial of early phy-siotherapy for high-risk infants. Acta Paediatr85, 1107, 1996.9. Marcovich H: Managing chronic fatiguesyndrome in children. BMJ 314, 1635, 1997.10. Dowsett EG, Colby J: Long term sick-ness absence due to ME/CFS in UKschools: an epidemiolocal study with medi-cal and educational implications. J ChronicFatigue Syndrome 3, 29, 1997.11. Enright SJ: Cognitive behaviour therapy-clinical applications. BMJ 314, 1997. 12. Chronic fatigue syndrome workinggroup: Report of the joint working group ofthe Royal College of physicians, psychiatristand general practitioners. London RCP CR54, 1996. 13. Katzman DK, Lambe EK, Mikulis DJ etal: Cerebral gray matter and white matter vo-lume deficits in adolescent girls with ano-rexia nervosa. J Pediatr 129, 794, 1996.

56/668 Medico e Bambino 10/1997

Capitolo non affollato ma con almenouna osservazione “luminosa”: l’effettosul timo dell’allattamento al seno.

Allattamento e timo

È stato studiato, mediante ecografia,l’effetto del tipo di allattamento sulle di-mensioni del timo in 75 lattanti, alla na-scita e a 4 mesi di età. A questo secondocontrollo l’indice timico (maggior diame-tro sagittale x maggior diametro trasver-so), indice che è risultato proporzionaleal volume e al peso in studi sul cadavere,è risultato in me-dia pari a 38,3nei bambiniallattati esclu-sivamente alseno, a 27,3nei bambiniallattati al senosolo parzialmente,e di 18,3 negli al-lattati al poppa-toio. Negli allattati al seno il timo restagrande finché dura questo tipo di ali-mentazione, poi si ridimensiona gradual-mente. È ragionevole pensare che que-sto probabile effetto positivo del lattematerno sia dovuto ai fattori immunomo-dulanti che contiene1 (Danimarca).

Disturbi dell’appetito

La ricerca è stata effettuata in 201bambini sotto i 7 anni (età media 33 me-si), osservati longitudinalmente nel cor-so di 5 anni solari, con una storia di im-portante difficoltà all’assunzione del ciboper almeno 6 mesi (inadeguata quantitào tipo di preparazione inadeguata all’età;disinteresse verso il cibo; vomito; assun-zione iperselettiva di cibo, rifiuto a masti-care, estrema lentezza nei pasti, rifiuto ainghiottire, sputo). È stato condotto me-diante un’intervista, arricchita da ripresevideo effettuate durante il pasto, mirata avalutare l’entità e la natura del disturbo ea ricercarne anamnesticamente le cause.La prematurità, o il basso peso alla nasci-ta, un distress durante il pasto nei primi6 mesi di vita, e il vomito abituale sonorisultati i fattori di rischio più importanti.

76% avevano o avevano avuto dei problemimedici (tra questi 107 avevano avuto proble-mi intestinali, dalla stenosi pilorica al reflusso,

all’ernia jatale, alla fistola tracheo-esofagea);30% circa avevano avuto problemi più o menoseveri di sviluppo motorio o di linguaggio;42% disturbi di comportamento; 33% disturbiseveri del sonno. In una metà dei casi c’eranostate difficoltà importanti dell’alimentazionenei primi 3 mesi di vita e successivamente unrifiuto dei cibi semisolidi o solidi; il 70% deibambini aveva una storia di vomito; il 34%una nutrizione per sonda nei primi 6 mesi e il63% in qualche momento della vita.

Le difficoltà di assunzione del cibosembrano da riferire in buona parte adesperienze alimentari negative nella pri-ma età2 (Gran Bretagna).

NB: Tra queste va presa in considerazionel’allergia al latte, i cui effetti sul sonno e sul-l’appetito sono noti. È stato dimostrato chel’allergia alimentare può indurre un disgustoselettivo; se insorta troppo presto nella vita,può probabilmente indurre un disgusto nonselettivo, ”anamnestico”. È mia convinzioneche un’ipersensibilità alimentare sia spesso incausa nelle inappetenze severe e non spiegatedel bambino; ma certamente la cosa è piùcomplessa e fattori “misti” (condizionamentopsicologico by proxy, autocondizionamentoanamnestico negativo, ipersensibilità attuali,cause organiche vanno prese in considerazio-ne, danno cerebrale anche minimo).

Obesità

Una serie di approcci educativi all’o-besità sono stati messi a confronto tra diloro e rispetto alla scelta di “non inter-vento” in uno studio condotto per un an-no. Il risultato migliore si è avuto con laterapia (cognitiva) di gruppo (13-14% diperdita di peso) e con il campo-scuola,un po’ meno buono con la terapia indivi-duale (10%), discreto con il consiglio da-

to una tantum (7%). I bambini del grup-po di controllo sono andati invece pro-gressivamente peggiorando3 (Belgio).

NB: Il trattamento dell’obesità è frustrante;ma il non trattamento è ancora peggio.

Ferro, QI, spasmi affettivi e convulsioni febbrili

È vecchia l’idea-nozione che il difettodi ferro fa male alle performances men-tali e che (forse) questo danno perdura.Va in questa direzione anche una ricercasvolta in Costarica4 (Stati Uniti, Costari-ca): i bambini con anemia ferroprivahanno un quoziente di sviluppo più bas-so dei coetanei non anemici e lo manten-gono anche dopo la terapia, malgrado glieccellenti effetti ematologici di questa. Èche sono bambini più poveri, meno allat-tati al seno, più infelici, meno stimolati,più affamati. La carenza di ferro è forsesolo un marker di miseria.

Nuove le osservazioni sugli spasmiaffettivi (77 bambini! Da noi è certamen-te molto difficile trovarne tanti, e anchequesto potrebbe essere un segno checollega gli spasmi affettivi a una situazio-ne nutrizionalmente povera): trattandocon ferro metà dei bambini con spasmiaffettivi, la frequenza scende dell’88%,mentre solo del 6% nel gruppo non trat-tato5 (Giordania?).

Nuova anche l’osservazione napoleta-na (riferita nel capitolo dedicato alla neu-ropsichiatria) sulla maggior frequenza dianemia ferropriva nei soggetti con con-vulsioni febbrili rispetto ai coetanei dicontrollo.

Bibliografia

1. Hasselbach H, Jeppsen DL, EngelmannMDM et al: Decreased thymus size in formul-fed infants compared with breastfed infants.Acta Paediatr 85, 1029, 1996.2. Douglas JE, Bryon M: Interview data on se-vere behavioural eating difficulties in youngchildren. Arch Dis Child 75, 304, 1996.3. Braet C, Van Vinkel M, Van Leeuwen K:Follow-up results of different treatment pro-grams for obese children. Acta Paediatr 86,397, 1997.4. Lozoff B, Wolf AW, Jimenez E: Iron-defi-ciency anemia and infant development: ef-fects of extended oral iron therapy. J Pediatr129, 129, 1996.5. Daoud AS, Batieha A, Al-Sheyyab M et al:Effectiveness of iron therapy on breath-hol-ding spells. J Pediatr 130, 547, 1997.

NUTRIZIONE

TERAPIA COGNITIVACAMPO SCUOLA

TERAPIA INDIVIDUALE

SINGOLO CONSIGLIO

NIENTE

+–13-14%

10%

7%

PERUGIA 1997 - Novità

Questo è tradizionalmente il capitolopiù “pratico” della raccolta di novità; pra-tico lo è, anche quest’anno, ma novitàpoche.

Otite

Molte delle cose che diremo qui han-no un aggancio con quelle

dette nella sezione diinfettivologia. In 78 casi di otite

pneumococcica, in 37(40%) era in causa un ger-me con resistenza interme-dia alla penicillina (MIC >0,125 < 1 ml) e l’insuccessoclinico (col trattamento abase di cefalosporine) si èavuto in misura crescentedai casi con germi sensibili(6%) a quelli con germi aMIC> 0,38 < 1 (64%). Il trat-

tamento con cefaclor risulta infe-riore rispetto al trattamento con cefu-roxime axetil1 (Israele). Paradossalmen-te succede invece che la vecchia amoxi-cillina raggiunge nell’essudato concen-trazioni sufficienti a uccidere i pneumo-cocchi relativamente resistenti alla peni-cillina2 (Stati Uniti), anche se non rag-giunge quelli sufficienti a uccidere l’e-mofilo produttore di beta-lattamasi (maabbiamo visto che l’otite da emofilo gua-risce da sola).

Dunque, la strada nuova della terapiadell’otite (cefalosporine) è molto piùsdrucciolevole della strada vecchia(amoxicillina). La scalata antibiotica ap-pare ancora meno sensata quando ri-spunta la vecchia questione se l’otitemeriti davvero una terapia antibiotica3

(Australia); trattasi di un lavoro di meta-analisi su 6 studi clinici controllati: con-fronto tra terapia antibiotica e placebo; il60% dei bambini trattati con placebo nonpresentavano più otalgia dopo 24 ore,senza svantaggio rispetto alla terapia an-tibiotica; l’antibiotico dimezza il numerodei casi con otalgia persistente oltre le24 ore; serve a ridurre la frequenza diotite controlaterale ma non modifica l’i-poacusia successiva né la frequenza diricadute.

NB: Dunque, come sapevamo, l’antibioticoserve, ma poco (si trattano 17 bambini perchéuno se ne avvantaggi); forse abbastanza perusarlo, certo non abbastanza per cercare tan-

te strade nuove (i nuovi antibiotici), che nonsembrano portare lontano. I costi del tratta-mento, negli Stati Uniti - dove tutti badano al-la spesa ma dove devono anche essere tuttiladri, o quanto meno preda della medicina deiconsumi - è di 115 dollari per la prima otite e124 per ogni ricorrenza4 (Stati Uniti).

Non sono novità; e tuttavia, se si continua-no a scrivere questi lavori, vuol dire che trop-pe cose suonano nuove a troppi.

L’uso ragionevole dell’antibiotico, e unaragionevole attenzione al problema, trovanoperaltro giustificazione, oltre che dai riscontriclinici e batteriologici anche dagli effetti sul-l’apprendimento dell’ipoacusia da otite ricor-rente: i bambini con più di 4 otiti prima dei 3anni rispondono significativamente meno be-ne dei coetanei ai test di comprensione dellalettura a 9 anni di età5 (Finlandia). Anche quinon siamo nel campo delle novità, ma ogni di-mostrazione positiva in campi controversi me-rita di essere “conservata”. La prevenzionecon amoxicillina, in uno studio clinico control-lato contro placebo, è efficace6 (Stati Uniti): di-mezza il tempo dell’effusione nell’orecchiomedio e riduce a 1/4 gli episodi di OMA. L’e-mergenza di ceppi di pneumococco resistenti(cosa che non riguarda più solo “la comunità”ma anche “l’interessato”) suggerisce che que-sta pratica debba essere ridimensionata.

Piccola notazione epidemiologica finale: lacausa principale di otite nel primo anno di vitaè la frequenza alla scuola materna da partedel fratello maggiore7 (Norvegia).

Rinite e sinusite

Anche qui possiamo esordire con unostudio clinico controllato (effettuato nel-l’adulto): la terapia antibiotica “sempli-ce” (penicillina V o amoxicillina) è supe-riore al placebo nel trattamento della si-nusite, accorciando i tempi del malesse-re individuale e della pulizia (TAC) delseno8 (Stati Uniti).Di fatto, nelb a m b i n ocon rinitepurulen-ta (che ègià unasinusitebattericaanche seancora nonviene chiamatacosì, per conformismo) i medici ameri-cani, pediatri o family practitioners, usa-no l’antibiotico fin dal primo giorno, pur

sapendo che le indicazioni dei libri dico-no di usarlo solo dopo 7-10 gg di mocciopurulento, e pur avendo chiaro in mente,quasi nel 100% dei casi, il problema dellaresistenza9 (Stati Uniti).

NB: A me pare che, se i pediatri si limitasserodavvero alla cura antibiotica nelle complican-ze suppurative anche banali e rifiutassero ladiffusa abitudine di curare con antibiotici tut-te le infezioni respiratorie febbrili, non sareb-be poi tanto male.

Tonsillite streptococcica

Quanto spesso, negli States, i medicifanno il tampone faringeo? Nel 22% delletonsillofaringiti e nel 36% di quelle checomunque risulteranno streptococci-che10 (Stati Uniti). Viceversa, tampone onon tampone, il 73%delle tonsillo-faringiti rice-ve una tera-pia antibio-tica. Tuttoil mondo èpaese.

L’azitromi-cina per 3 gior-ni, in uno studiocontrollato contro lapenicillina V per 10 giorni, ha lo stessosuccesso clinico (93%) anche se la per-centuale di eradicazione è alquanto piùbassa11 (Svizzera). Tuttavia crediamoche l’uso dei macrolidi per la tonsillitestreptococcica non vada incoraggiato. Lastoria della resistenza dello streptococcoai macrolidi è lunga ed è stata ricca disorprese con percentuali di resistenza,in alcune regioni, anche del 40%. Osser-vazioni episodiche che indicano una cor-relazione possibile tra trattamento conmacrolidi della tonsillite streptococcica ecomplicanze non suppurative post-strep-tococciche (reumatismo, nefrite) costi-tuiscono un altro motivo, epidemiologi-camente debole ma non trascurabile,per raccomandare che le scelte terapeu-tiche rimangano limitate nell’ambito de-gli antibiotici “naturali” dello streptococ-co, i beta-lattamici.

Croup

Precedenti lavori (a parte quelli congli steroidi inalanti) avevano saggiato

Medico e Bambino 10/1997 57/669

Novità in Pediatria pratica 1996-1997

ORL E PNEUMOLOGIA

l’efficacia sul croup di dosi di steroidimolto alte, per via parenterale o per os(tipo 0,6 mg/kg). Uno studio svolto aPerth, in doppio cieco, su 100 bambinitrattati12 (Australia) mostra che ancheuna dose “normale” (0,15 mg/kg) di de-sametasone, in singola somministrazio-ne, azzera il numero dei fallimenti (0contro 16%).

Il croup ricorrente è un predittore diasma: OR 2,9 per i bambini con storia dicroup; 2,6 per una storia familiare diasma; 8,6 per la combinazione di storiafamiliare di asma + croup13 (Germania).

NB: In effetti, il croup ha molti punti in comu-ne con l’asma: si associa frequentemente aiperreattività bronchiale, è sostenuto da unarisposta IgE all’agente infettivo; non di rado siaccompagna a broncospasmo.

Bronchiolite

Anche per la bronchiolite abbiamo adisposizione una ricerca clinica control-lata, anche se su un argomento un po’trito: in un gruppo di bambini con età da6 settimane a 15 mesi (!): nessuna diffe-renza tra corticosteroidi + salbutamoloinalante versus placebo + salbutamolo14

(Stati Uniti). Dei due gruppi, comun-que, quello che è andato un po’ peggio èstato quello del desametasone. Malgra-do questo, e malgrado non sia il primo(né sarà l’ultimo) lavoro che dimostrasempre la stessa cosa, più dell’80% deimembri della European Society for Pae-diatric Infectious Diseases dichiaranoche nei loro centri si cura la bronchioli-te con cortisonici15 (Olanda). Qualcosabisogna pur fare.

Interessante, dal punto di vista dellacomprensione della malattia, mi pareuno studio sul surfactant16 (Australia) in12 casi di bronchiolite severa, confronta-ti con 8 lattanti normali: nei primi è statotrovato un marcatissimo difetto dellaproteina A del surfactant (1,02 versus14,4 mg/l) e della fosfatidilcolina desatu-rata (35 versus 1060 mg/l).

NB: In effetti, malgrado tutte le lamenteledelle società degli infettivologi e dei pediatrid’ospedale sulla mancanza di linee guida o diun comportamento omogeneo nella bron-chiolite, le indicazioni “forti” non mancano, esono molto semplici: ossigenoterapia miratasul grado di desaturazione e trattamento conadrenalina inalante (farmaco assai più decon-gestionante che broncodilatatore e l’unico di-mostratosi sicuramente efficace). Se il pa-ziente non è desaturato, si può anche non far

niente. L’altra verità, che permette la “dere-gulation” terapeutica di cui ci si lamenta (eche non è poi così grave dal momento che siguarisce sempre), è che la malattia denomi-nata oggi bronchiolite è molto diversa daquella che si chiamava bronchiolite 50 annifa, e che oggi è di raro riscontro: malattia dellattante sotto i 6 mesi, per lo più da VRS,spesso mortale, con interessamento occlu-dente dei bronchioli, con interessamento al-veolare obbligatorio, severa desaturazione,acidosi respiratoria e poi mista; in sostanzauna polmonite interstiziale che solo molto dalontano assomigliava a una bronchite asmati-ca. Probabilmente è a questa entità clinicache si allude quando si parla di “bronchiolitesevera”.

Oggi, si chiama bronchiolite ogni bron-chite o fischio dei primi 12, o addirittura deiprimi 18 mesi di vita (la maggior parte diqueste sono delle bronchiti asmatiformi, an-che se sono spesso dovute allo stesso VRS).Se non si fa ordine con i termini, difficilmen-te si troverà una regola terapeutica. L’osser-vazione riguardante il difetto del surfactant(il quadro istologico delle bronchioliti “di unavolta” era molto simile a una malattia dellemembrane jaline in 12 casi di “bronchiolitesevera”) indica appunto una diffusione del-l’infezione alla parte più distale dell’apparatorespiratorio.

Streptokinasi nell’empiema pleurico

Uno studio prospettico randomizzatosull’uso della streptokinasi (250.000 Uin 20-100 ml di fisiologica, introdotti neltubo di drenaggio e lasciati nel cavopleurico per 2 h per 3 gg consecutivi) neha dimostrato con evidenza l’efficacia17,18

(Gran Bretagna).

NB: Ho riportato, per la seconda volta in que-sto capitolo, un lavoro sull’adulto, per il moti-vo un po’ personale che credo sia da applica-re anche al bambino, e che in realtà viene giàapplicato nella mia Clinica (pochi casi, im-pubblicabili) con risultati molto soddisfacen-ti. La controindicazione che io seguo, e chemi sembra ragionevole, è la presenza di unafistola bronco-pleurica.

Bibliografia

1. Dagan R, Abramson O, Leibovitz E et al: Im-paired bacteriological response to oral cepha-losporins in acute otitis media caused by pneu-mococci with intermediate resistance to peni-cillin. Pediatr Infect Dis J 15, 980, 1996.2. Harrison CJ: Using antibiotic concentrationsin middle ear fluid to predict potential clinicalefficacy. Pediatr Infect Dis J 16, S12, 1997.3. Del Mar C, Glasziou P, Hayem M: Are anti-biotics indicated as initial treatment for chil-dren with acute otitis media? A meta-analysis.BMJ 314, 1526, 1997.4. Kaplan B, Wandstrat TL, Cunnigham JR:Overall cost in the treatment. Pediatr Infect DisJ 16, 89, 1997.5. Uthari M, Aitola L et al: Recurrent otitis me-dia during infancy and linguistic skills at theage of nine years. Pediatr Infect Dis J 15, 854,1996.6. Mandel EM, Casselbrant ML, Rockette HEet al: Efficacy of antibiotic prophylaxis for re-current middle ear effusion. Pediatr Infect Dis J15, 1074, 19967. Kvaerner KJ, Nafstad P, Hagen JA et al:Early otitis media and sibling’s attendance atnursery. Arch Dis Child 75, 338, 1996.8. Lindbaeck M, Hjordahl P, Johnsen ULHE:Randomized, double blind, placebo controlledtrial of penicillin V and amoxycillin in treat-ment of acute sinus infections in adults. BMJ313, 325, 1996.9. Schwartz RH, Freli BJ, Zial M, Sheridan MJ:Antimicrobial prescribing for acute purulentrhinitis in children: a survey of pediatriciansand family practitioners. Pediatr Infect Dis J 16,185, 1997.10. Mainous AG, Roorob RJ, Kohrs FP: Strep-tococcal diagnostic testing and antibiotics pre-scribed for pediatric tonsillopharyngitis. Pedia-tr Infect Dis J 15, 806, 1996.11. Schaad UB, Heynen G, Swiss Tonsil-lopharyngitis Study Group: Evaluation of theefficacy, safety and toleration of azytromycinevs Penicillin V in the treatment of acute strep-tococcal pharyngitis in children; results of amulticenter, open, comparative study. PediatrInfect Dis J 15, 791, 1996.12. Geelhoed GC, Turner J, Macdonald WBG:Efficacy of a small single dose of oral dexa-methasone for outpatient croup: a double blindplacebo controlled clinical trial. BMJ 313, 140,1996.13. Nicolai T, Mutius E: Risk of asthma in chil-den with a history of croup. Acta Paediatr 85,1295, 1996.14. Klassen TP, Sutcliffe T, Watters L et al:Dexamethasone in salbutamol-treated inpa-tients with acute bronchiolitis: a randomizedcontrolled trial. J Pediatr 130, 191, 1997.15. Kimpen JLL, Schaad UB: Treatment of re-spiratory syncytial virus bronchiolitis; 1995poll of members of the European Society forPaediatric Infectious Diseases. Pediatr InfectDis J 16, 479, 1997.16. Dargaville PA, South M, McDougall PN:Surfactant abnormalities in infants with severeviral bronchiolitis. Arch Dis Child 75, 133,1996.17. Davies RJO, Traill ZC, Gleeson FV: Rando-mized controlled trial of intrapleural streptoki-nase in community aquired pleural infection.Thorax 52, 416, 1997.18. Muers MF: Streptokinase for empyema.Lancet 349, 1491, 1997.

58/670 Medico e Bambino 10/1997

PERUGIA 1997 - Novità

Questo è certamente il più debole ca-pitolo della serie: debole non tanto cultu-ralmente o ideologicamente, quanto neifatti: perché quello che vi si dice, pur es-sendo rilevante (in qualche modo più ri-levante di tutto il resto), non porta poi, oquasi, a gesti efficaci.

Il capitolo non contiene d’altrondeaspetti di prevenzione direttamente me-dica (le vaccinazioni sono trattate nel ca-pitolo delle malattie infettive, le malfor-mazioni in perinatologia, la sensibilizza-zione alimentare in gastroenterologiaecc.) ma solo quella che per realizzarsideve mettere in moto risorse legislative,di sanità pubblica, di assistenza. Noncontiene “novità”, solo problemi irrisolti,più o meno sentiti.

Aria sporca, aria pulita

Uno studio caso-controllo su circa1000 casi ricoverati per asma e circa4000 controlli permette di definire lecondizioni di rischio da polluzione out-door: la probabilità di ricovero è stretta-mente correlata alle basse (<20 gam-ma/m3) e alle alte (<80 gamma/m3) con-centrazioni di ozono e alle alte concen-trazioni di disolfuri1 (Gran Bretagna).

L’esistenza di un livello ottimale (protetti-vo?) di ozono non era stata sinora dimostrata;potrebbe essere un falso effetto, poiché esisteuna correlazione inversa tra livello di ozono elivello di disolfuro.

In ogni modo, la correlazione tra par-ticelle PM10 e durata della vita, così co-me quella tra ricoveri per asma e con-centrazione atmosferica di ozono e tramortalità giornaliera e concentrazione diPM10, trova continue conferme2 (Cana-da). Inviti a uno sforzo legislativo e di in-tervento attivo per ottenere una migliorequalità dell’aria outdoor, dell’aria indoor,della concentrazione di radon, della con-centrazione di piombo nell’acqua potabi-le e del livello di inquinamento acusticosono pressanti3 (Gran Bretagna).

Fumo e alcol

Una coorte di circa 1500 ragazzi/e è stataseguita dai 10 ai 14 anni per individuare i fat-tori di rischio per il fumo correlati alla pub-blicità4 (Gran Bretagna). Quanto più un ra-gazzo che non fuma ricorda il nome della

marca che spende più in pubblicità, tanto piùfacilmente diventerà un fumatore. I recentifumatori fumano qualunque cosa. La succes-siva scelta della marca da fumare dipendedal gusto, dalla “forza”; non dipende dal co-sto (fumare sigarette poco costose è controtendenza). Tra gli 11-12 e i 13-14 anni, il 23%dei maschi e il 26% delle ragazze passano da“non fumatore” a “fumatore”. La sponsorizza-zione di determinate attività sportive da partedi determinate ditte manufatturiere ha unaconsistente influenza sulla decisione di fuma-re5 (India).

In Scozia, solo 1/3 dei ragazzi/e tra 12 e15 anni non beve alcol, e circa 1/5 si ubriacatalvolta6 (Gran Bretagna). Un numero eleva-to di “nuove” bevande alcoliche (succo difrutta o altre bevande dolci) costituisce spes-so il ponte di passaggio da “non bevitore” a“bevitore”.

Personalità e famiglia comefattori di rischio di deliquenza, insuccesso e suicidio

Uno studio caso-controllo tra circa13.000 ragazzi, 15-17 giudicati colpevoli,e circa 40.000 controlli dimostra che siai maschi che le femmine nati da madriminori di 18 anni hanno 5 volte più pro-babilità di delinquere rispetto ai control-li, e che, se la madre non è sposata, il ri-schio sale a 8 volte; i figli maschi di ma-dri < 18 anni non sposate hanno 11 voltepiù probabilità di diventare delinquentiabituali7 (Stati Uniti).

La visita domiciliare fa parte del pro-gramma di sorveglianza della salute deibambini in Svezia.

Una valutazione negativa dell’am-biente familiare da parte dell’assistentevisitatrice si associa molto bene con lapresenza di ritardo a 4-5 anni; e la se-gnalazione di problemi di alimentazionesi associa con problemi di comporta-mento alla stessa età8 (Svezia).

Tuttavia, quella prima visita non è seguitada alcun intervento. Sarebbe forse ormai ilcaso (dicono gli Autori) di considerare al giu-sto valore il giudizio della visitatrice e di farseguire alla constatazione di una situazionedi rischio un programma di intervento.

Il divorzio e il conflitto coniugale so-no altrettanti fattori di rischio di insuc-cesso scolastico, disturbi di comporta-mento, depressione, senso di colpa, di-fetto di fiducia9 (Gran Bretagna); gli ef-

fetti si portano avanti per anni, probabil-mente per tutta la vita; i figli di divorziatidivorziano più facilmente.

Che fare? Counselling e mediazione tra iconiugi, non perché non divorzino, ma per-ché coinvolgano meno possibile i figli nei lo-ro risentimenti.

La fuga da casa, in Inghilterra, hauna incidenza valutata, sui casi denun-ciati, a circa 6/1000 ragazzi/anno10

(Gran Bretagna). In realtà, 1 bambinosu 7 (12/1000) riferisce di aver dormitofuori casa, almeno una volta.

I fuggitivi possono essere divisi in duegruppi: quelli che sono stati fuori di casa solouna notte, di solito di più tenera età (ancheundicenni!), forse mossi da ribellione, vogliadi esplorazione e forse da infelicità; e i fuggi-tivi cronici, più grandi, meglio conosciuti aiposti di polizia, in cui la fuga rappresenta unprogressivo distacco, non solo dalla famiglia(spesso una famiglia affidataria) ma anchedalla società, mossi per lo più da un bisognodi difesa (un abuso è presente nel 75% dei ca-si). Sia per i primi che per i secondi la fugada casa esprime una mancanza di protezione.

Uno degli effetti della fuga (il fuggiti-vo non ha altro modo di mantenersi) èrappresentato dalla prostituzione (asso-ciazione presunta: 20%). A questa si ag-giungono tutte le piaghe dello homeless:malnutrizione, malattie sessuali, alcol edroga, incidenti.

Che fare? Servizi di accoglimento (per lopiù affidati al volontariato); servizi sociali perle situazioni di rischio; conoscenza del pro-blema, vigilanza, disponibilità a intervenire.Per ora ci si limita a censire.

Anche per i ragazzi che si suicidano(un fenomeno in crescita: negli USA, da4,5/100.000 nel ’50 a 13,2/100.000 nel’90) è probabile che ci sia uno spazio diintervento. Il 5% dei maschi e il 13% del-le ragazze hanno esperienze di tenta-men11 (Stati Uniti).

Questi tentativi sono associati a condizioninote (depressione, ideazione suicida, com-portamento impulsivo, famiglia disfunzionaleecc.). Il tentamen non è quasi mai un fenome-no isolato, e tende ad associarsi ad altri di-sturbi del comportamento, che possono esse-re riconosciuti, in genere marker di violenza.I fattori di rischio sono: il sesso femminile

Medico e Bambino 10/1997 59/671

Novità in Pediatria pratica 1996-1997

PEDIATRIA PREVENTIVA

Il capitolo contiene alcuni argomenticaldi o almeno tiepidi: la prevenzionedelle malformazioni e del Down, la ven-tilazione liquida, la vitamina K, la dimis-sione precoce della puerpera, l’allatta-mento al seno alla nascita; la maggiorparte del restante è fatta di “rivisitazio-ni” (di cortesia).

Prevenzione prenatale:malformazioni, Down

Vengono rivalutati i risultati concretidi una politica di prevenzione del Downbasata sulla amniocentesi supra i 35 an-ni. Si sono avuti 315 nati con Down, e107 interruzioni di gravidanza (33% cir-ca). Si calcola che anche utilizzandouna politica di prevenzione basata sul-l’associazione dello screening sierologi-co (estriolo + alfa-fetoproteina + gona-dotropina corionica) ed ecografico (car-diopatia, atresia duodenale, plica nucalespessa, femore corto) la percentuale deiDown intercettabili non sarebbe supe-riore al 44%1 (Gran Bretagna).

Dopo l’osservazione della prevenibi-lità delle malformazioni del tubo neura-le con la somministrazione prenatale diacido folico (in Inghilterra si è avuto uncalo da 34 a 8 per 1000 nati!2, Gran Bre-tagna), si dimostra ora che anche lasomministrazione pre-periconcezionaledi un polivitaminico riduce l’incidenzadelle malformazioni (cardiache); 158casi di difetti conotruncali furono con-frontati a 3026 controlli; il rischio dimalformazione è del 43% minore se lamamma ha ricevuto un trattamento po-livitaminico in epoca periconcezionale3

(Stati Uniti).

Forse 1/4 degli aborti ripetuti, specie senel secondo trimestre, può essere associatoalla presenza di anticorpi antifosfolipidi. Unasindrome (sindrome di Hughes) possibil-mente lupus-associata (vedi anche nel capi-tolo “Immunologia”), che interessa dunqueil bambino dopo e prima della nascita; l’aspi-rina o l’aspirina associata all’eparina costitui-scono delle valide misure preventive4,5 (GranBretagna).

Cure al neonato: ventilazione liquida, vitamina K, eritropoietina

La corticoterapia prenatale, le diffe-renti strategie di ventilazione e special-mente la pressione positiva continua, ilsurfactant inalante, hanno contribuitosostanzialmente a modificare l’inciden-za e la prognosi della malattia dellemembrane jaline. La ventilazione liqui-da, utilizzando i perfluorocarbonati co-me vettori di O2 e CO2, è stata utilizzatadapprima sull’animale, poi nell’adulto,poi nel neonato: i primi risultati deglistudi in fase I e fase II dimostrano unabuona tolleranza, l’assenza di effetti im-prevedibili, la compatibilità con alte tec-niche di supporto alla insufficienza re-spiratoria6 (Francia).

Sembra definitivamente rientratol’allarme di qualche anno fa (vedi ancheNovità 1995-96) per il presunto effettoteratogeno della vitamina K per via in-tramuscolare7. Due studi caso-controllo(272 casi di leucemia e 334 controlli8,Germania; e rispettivamente 109 leuce-mie e 218 controlli9, Gran Bretagna),condotti molto rigorosamente, sembra-no chiudere il problema.

Home birth, dimissioneprecoce, allattamento al seno

La nascita a domicilio10 (Gran Breta-gna), uno dei prodotti dello zefiro dellaNew Age (vista con occhio cauto dagliostetrici e con maggiore apertura da par-te dei pediatri), assieme alla de-ospeda-lizzazione precoce della puerpera (unodei prodotti della politica di deo-spedalizzazione-aziendalizzazio-ne di questianni ruggenti,vista con cautaattenzione daipediatri, e piùfavorevolmen-te dagli ostetri-ci) hanno pola-rizzato l’attenzione rivolta alle cure neo-natali.

Il parto a domicilio risulta altrettanto sicu-ro del parto in ospedale, a patto che si tratti diuna gravidanza non a rischio e nell’ambito diuna pianificazione organizzata, e deve essererispettoso dei desideri della gestante. Altret-tanto si deve dire della dimissione precoce: vavista come una opportunità, per l’ospedale, diavere maggior spazio e di fornire maggioricure per chi resta, per la puerpera di tornarein seno a una famiglia protettiva, per il pedia-tra di assumere più tempestivamente in cari-co il lattante, per il bambino di avere unachance in più di essere allattato al seno.

I fattori di rischio di un allattamento bre-ve, o di non allattamento al seno (oltre ai giànoti: livello culturale, livello economico, corsidi preparazione, atteggiamento del personaleospedaliero), sono lo stato civile (nubile),l’età materna (<21 anni), il basso peso alla na-

(OR 3); scontri fisici nell’ultimo anno (OR1,3); fumo (OR 2); uso di sostanze stupefa-centi prima dell’atto sessuale (OR 1,64); nonuso della cintura di sicurezza (OR 1,3); abitu-dine a girare armato (OR 1,4). Ciascuno diquesti fattori di per sé è debole; ma, presi in-sieme, possono orientare l’attenzione del me-dico o del servizio e mettere in atto strategiepreventive.

Bibliografia

1. Buchdahl R, Parker A, Stebbings T, Ba-biker A: Association between air pollutionand acute childhood wheezy episodes: pro-

spective observational study. BMJ 312, 661,1996.2. Bates DV: Air pollution: time for moreclean legislation? BMJ 312, 649, 1996.3. Katsouyanni K, Toloumi G, Spir C et al:Short term effects of elemental sulfur dioxideand particulate matter on mortality in 12 euro-peans results for two series data from theapnea project. BMJ 314, 1658, 1997.4. While D, Kelly S, Huang W, Charlton A: Ci-garette advertising and onset of smoking inchildren: questionnaire survey. BMJ 313, 398,1996.5. Vaidya SG, Naik UD, Vaidya J: Effects ofsports sponsorship by tobacco companies onchildren’s experimentation with tobacco. BMJ313, 400, 1996.6. McKegayney N, Forsyth A, Barnard M,

Hay G: Designer drinks and drunknessamongst a sample of Scottish schoolchildren.BMJ 313, 401, 1996.7. Conseur A, Rivara FP, Barnoski R, Ema-nuel I: Maternal risk factors for later delin-quency. Pediatrics 99, 785, 1997.8. Larsson JO, Aurelius G, Nordberg L et al:Home visiting the newborn baby as a basisfor developmental surveillance at child welfa-re centres. Acta Paediatr 85, 1450, 1996.9. Hartnup T: Divorce and marital strife andtheir effects on children. Arch Dis Child 75, 1,1996.10. Lawrenson F: Runaway children: whoseproblem? BMJ 314, 1064, 1997.11. Woods E, Lin IG, Middleman A et al: Theassociation of suicide attempts in adolescen-ce. Pediatrics 99, 791, 1997.

60/672 Medico e Bambino 10/1997

PERINATOLOGIA

PERUGIA 1997 - Novità

scita, il sesso (maschile), la primiparità, il par-to notturno (tra le ore 21 e le 24). Le mammeche hanno allattato poco sono le più restie ariprendere il questionario11 (Norvegia).

Prematurità e basso peso

La prognosi dei neonati di età gesta-zionale inferiore a 28 settimane è cam-biata significativamente ma non critica-mente negli ultimi 10 anni11 (Gran Breta-gna). È aumentata del 30% la sopravvi-venza a 1 anno per tutti i nati di più di 23sett. e si è moltiplicata per 4 quella deinati vivi di più di 24 sett., raggiungendopercentuali dell’80% a partire dalle 28sett. dei nati vivi. La percentuale dei pa-zienti gravemente danneggiati è rimastapari al 10% di tutti i sopravviventi di que-sta categoria dei neonati.

Quanto più basso è il peso del neonato,tanto più probabile è che riceva una o più tra-sfusioni; l’uso sistematico, in questi bambini,oltre che del ferro e dell’acido folico, anchedell’eritropoietina umana ricombinante(reHuEPO) permette di risparmiare circa 1/3di trasfusioni (non tanto).

Una discreta quantità di sangue trasfusio-nale si potrebbe (si dovrebbe) risparmiare suiprelievi: si calcola che se ne perda così in me-dia fino alla metà della massa circolante, eche nei bambini di peso molto basso si arrivia perderne più della massa circolante totale12

(Gran Bretagna).

Basso peso per l’etàgestazionale (SGA) e sviluppo post-natale

L’argomento è già stato affrontato, daun altro punto di vista, quello del GH,nel capitolo di “Endocrinologia”. Circa il10% dei nati con peso < 2,5 kg avrà unastatura finale < 2 DS.

L’entità del difetto staturale alla na-scita è un fattore rilevante per la cresci-ta post-natale, e una differenza di unadiecina di centimetri a termine di svilup-po separa gli SGA con lunghezza alla na-scita <2 DS da quelli con lunghezza >2DS13 (Svezia).

Il recupero pondero-staturale (catch-up) del primo mese di vita è un impor-tante fattore prognostico positivo; ma seintervengono dei motivi di crescita di-sturbata tra 6 e 18 mesi (per lo più diret-tamente o indirettamente legati a fattorisocio-economici), il rischio di bassa sta-tura da adulto è consistentemente au-mentato14.

La morbilità post-natale è stata confrontatain 284 SGA e in 359 non-SGA15,16; i primi han-no quasi il doppio di probabilità rispetto ai se-condi di venire ricoverati, per lo più per unamalattia respiratoria. Questo è vero però solose la madre è fumatrice (Norvegia). NB: È lecito pensare allora che il rischio dimalattia respiratoria dipenda semplicementedalla stessa causa che ha prodotto lo SGA,semplicemente, ancora una volta, il fumo ma-terno.

SIDS, ALTE

Il fumo materno, e forse anche l’alcol,e forse anche l’aumento della temperatu-ra ambientale, sono associati ad aumen-tato rischio di SIDS. Probabilmente i fat-tori correlati al dormire assieme, che au-mentano o riducono il rischio di SIDS,sono complessi e non è giusto ridurli aun unico denominatore. Per esempio -vedi Novità 1996 - il dormire assieme ri-duce il rischio se la madre non fuma (au-mento di stimoli affettivi, maggiore fre-quenza di allattamento al seno), e lo au-menta se fuma (effetto negativo del fu-mo sulla risposta di risveglio all’ipos-sia)17,18. Allo stato attuale la condivisionedel letto deve essere considerata un’abi-tudine “neutra” sul rischio SIDS: ma me-rita forse un impegno di counsellingmaggiore17 (Nuova Zelanda).

La posizione del lattante, in tutti i ca-si, deve essere supina. Anche l’insulsa,ipocrita, instabile e innaturale soluzione“sul fianco” va proscritta, perché ha unrischio di SIDS doppio rispetto alla posi-zione supina (Gran Bretagna, Francia).

Quanto all’ALTE (Apparent Life Treathe-ning Event), accidente molto lontanamentecorrelato alla SIDS, essa è tanto più comune(quasi una epidemia) e paranoicamente temu-ta, quanto più rara (e per definizione inattesa)è la SIDS. Questo fenomeno trova forse la suaspiegazione in uno squilibrio neurovegetati-vo. Lo suggerisce un lavoro col Tilt test (un

test basato sullo studio degli effetti circolatoridella posizione del corpo). Quando il lettinorotante porta il paziente a testa in su, la rispo-sta degli ALTE è significativamente diversache nei controlli20 (Svezia).

Madre-figlio: pelle-a-pelle e memoria prenatale

Neonati sani con temperatura rettaledi 36,3 °C, messi pelle-a-pelle con la ma-dre, vedono risalire rapidamente la tem-peratura a 37 °C, malgrado la cute nonprotetta perda calore21 (Svezia). La perdi-ta termica è paragonabile a quella delbambino in incubatrice a 32 - 32,5 °C.

La pratica del pelle-a-pelle è stata trasferitada culture primitive a culture tecnologica-mente avanzate come il modo più naturale, eforse anche più efficiente, per mantenere ilneonato, specie pretermine, in una condizio-ne di risparmio di energia termica(Kangaroo). Nello stesso tempo, il contattoprecoce madre-figlio, che si conferma essereun ottimo modo per riscaldare il neonato, hadimostrato di essere un forte anello della ca-tena del bonding tra figlio e madre, e vicever-sa. E non è difficile pensa-re che l’associare l’o-dore della madre(probabilmentegià conosciutoprenatalmente)alla gradevolesensazione dinaturale riscalda-mento produca deiriflessi condizionati“amorosi”. Perché tut-to, o molto di ciò chenella vita è conoscenza elegame, è riconoscimento.

Che già il feto “riconosca” e ricordi èsuggerito da moltissime e non tutte re-centi osservazioni. Gli studi che dimo-strano che il feto riconosce determinatimotivi musicali, la voce della madre, l’o-dore della madre, il sapore di quello chela madre mangia, e ne sia emotivamente“interessato”, sono forse non numerosima concordi22 (Gran Bretagna).

Ci sono dati per poter essere convinti chela capacità di ricordare stimoli uditivi inizia at-torno alle 22-23 settimane (ma forse anche

Medico e Bambino 10/1997 61/673

Novità in Pediatria pratica 1996-1997

prima), e si sviluppa poi progressivamente(prima nelle femmine, poi nei maschietti), sic-ché tra le 30 e le 36 settimane il feto divienecapace di riconoscere stimoli sensoriali ripeti-tivi; e la memoria di questo rimane vigile en-tro le prime tre settimane di vita (poi proba-bilmente si accoccola nell’inconscio). È pro-babile che questa capacità abbia delle funzio-ni specifiche, sia nell’orientare il gusto, sianell’apprendimento del linguaggio, sia nelcondizionare le scelte affettive.

Encefalopatia ipossico-ischemica

Dalla decima settimana l’embrioneinizia a compiere dei “movimenti genera-li”, che continuano fino alla nascita e chedopo la nascita vengono chiamatiwrithing (o “di contorcimento”).

Un indicatore precoce di danno neu-rologico perinatale è dato dal mancatoviraggio, nel secondo mese (6-9 settima-ne), al “movimento irrequieto” (fidgety),o alla povertà e irregolarità dei relativirepertori.

Il fidgety movement interessa essenzial-mente il bambino sveglio e attento, pratica-mente in continuità; e può associarsi ad altreattività motorie. Si tratta di ondate di movi-menti, eleganti, circolari, di ampiezza mode-rata, che interessano il collo, il tronco e gli ar-ti, e vengono interrotti da stimoli “interessan-ti” il bambino; questi movimenti raggiungonola loro maggiore espressione tra le 9 e le 13settimane, per scomparire tra le 14 e le 20.

Lo studio in questione23 (Austria, Ger-mania, Italia, Olanda), basato essenzial-mente sull’osservazione motoscopica, èfrutto di una larga ricerca collaborativaguidata da Prechtl, con importanti con-tributi anche di gruppi neuropediatriciitaliani. La ricerca è stata condotta me-diante ripetute riprese video su 130 bam-bini, studiati anche sotto il profilo eco-grafico alla nascita e in base a questo de-scritti come ad alto o a basso rischio diencefalopatia. Tutti i 60 bambini con fid-gety movements anormali o assenti aveva-no anche anormali movimenti generaliwrithing, con un repertorio povero, ovve-ro crampiforme; 67 dei 70 bambini connormali movimenti fidgety ebbero unosviluppo neurologico normale; 13 dei 16con fidgety movements anormali e 44 su44 di quelli che non mostrarono maiquesto pattern motorio andarono incon-tro a paralisi cerebrale e/o ritardo men-tale. Anche la correlazione con l’ecogra-fia è stata discreta: dei 70 con ecografia

normale o quasi 58 ebbero movimentinormali e sviluppo neuromotorio norma-le. La sensibilità e la specificità (80% e83%) dell’ecoscan sono risultate peròmolto inferiori a quelle della motoscopia(96% e 95%, rispettivamente).

La risonanza magnetica24 (Gran Breta-gna) fornisce egualmente dei buoni cri-teri predittivi. Sedici neonati con encefa-lopatia ipossico-ischemica sono stati se-guiti nel tempo mediante RMN. Le diso-mogeneità della sostanza bianca si risol-sero bene sotto il profilo dello svilupponeuromotorio. Tutti quelli con cattivosviluppo avevano invece danni estesi del-la sostanza bianca; e quelli col decorsopeggiore presentavano in aggiunta atro-fia dei gangli della base.

Non la necrosi (un processo di morteper difetto dei fenomeni vitali mitocon-driali e delle pompe di membrana, segui-to dalla rottura della stessa e da fenome-ni flogistici di riassorbimento) ma l’apop-tosi (cioè la morte cellulare programma-ta, un processo attivo, controllato da ge-ni specifici, che mette in moto specificimeccanismi biologici con consumo dienergia, che si conclude con una involu-zione cellulare che non mette in atto unareazione flogistica) è il fenomeno checonclude l’evento ipossico-ischemico25

(Gran Bretagna). L’apoptosi è indotta dameccansmi diversi; nel caso dell’ische-mia cerebrale sia l’ossido nitrico che l’a-cido glutammico costituiscono dei se-gnali che la attivano. Esiste in teoria lapossibilità di bloccare questo fenomeno,se non si arriva troppo tardi, impedendola morte cellulare (per esempio col raf-freddamento; o con un inibitore dellasintesi proteica, la cicloeximide; o con ilfattore di crescita insulino-simile IGF-1).Questo potrebbe aprire nuove strade altrattamento dell’ischemia cerebrale.

Bibliografia

1. Wyllie JP, Madar RJ, Wright M et al: Stra-tegies for antenatal detection of Down’s syn-drome. Arch Dis Child 76, F26, 1997.2. Murphy M, Seagroatt V, Hey K et al: Neu-ral tube defect 1974-94-down but not out. Ar-ch Dis Child 75, F133, 1996.3. Botto LD, Khoury MJ, Mulinare J, Erick-son JD: Periconceptional multivitamin useand the occurrence of conotruncal hearth de-fects: results from a population-based, case-control study. Pediatrics 98, 911, 1996.4. Mackworth-Young C: Antiphospholipid(Hughes?) syndrome. A treatable cause of re-current pregnancy loss. BMJ 314, 244, 1997.5. Rai R, Cohen H, Dave M et al: Randomizedcontrolled trial of aspirin and aspirin plus he-parin in pregnant woman with recurrent mi-scarriagen associated with phospholipid (or

antiphospholipid antibodies). BMJ 314, 253,1997.6. Hamon I: La ventilation liquide: nouveaumode de ventilation en néonatologie? ArchPédiatr 4, 176, 1997.7. Zipurski A: Haemorrhagic disease of thenewborn can be eradicated without risk ofleukeima or cancer. BMJ 313, 179, 1996.8. Von Kries R, Gobel U, Hachmeister A et al:Vitamin K and childhood cancer: a populationbased case-control study in lower Saxony,Germany. BMJ 313, 199, 1996.9. Ansell P, Bull D, Roman E: Childhoodleukemia and intramuscolar vitamin K: fin-ding from a case-control study. BMJ 313, 204,1996.10. Hey E: Home births. BMJ 313, 679, 1996.11. Pande H, Unwin C, Haheim L: Factors as-sociated with the duration of breastfeeding:analysis of the primary and secondary re-sponders to a self-completed questionnaire.Acta Paediatr 86, 173, 1997.12. Tin W, Wariyar U, Hey E: Changing pro-gnosis for babies of less than 28 weeks gesta-tion in the North of England between 1983 an1994. BMJ 314, 107, 1997.13. Williamson P, Griffith G, Norfolk B et al:Blood transfusion and human recombinanterythropoietin in premature newborn infants.Arch Dis Child 75, F65, 1996.14. Karlberg J, Albertsson-Wikland K, BaberFM et al: Born small for gestational age: con-sequences for growth. Acta Paediatr 417, 8,1996.15. Torstein V, Markestad T, Ahlsten G: Mor-bidity during the first year of life in small forgestational date infants. Arch Dis Child 75,F33, 1996.16. Jongmns M, Mercuri E, de Vries L et al:Minor neurological signs and perceptual-mo-tor difficulties in prematurely born children.Arch Dis Child 76, F9, 1997.17. Fleming PJ, Blair PS, Bacon C et al: Envi-ronment of infants during sleep and risk ofsudden infant death syndrome: results of1993-5 case-control study for confidential in-quiry into stillbirths and death in infancy.BMJ 313, 191, 1996.18. Mitchell EA: Co-sleeping and sudden in-fant death syndrome. Lancet 348, 1466, 1996.19. Messer J, Jernite M, Matis J: La positiondorsale est plus sûre que la latérale pour laprévention de la mort subite du nourisson.Arch Pédiatr 4, 96, 1997.20. Edner A, Katz-Salamon M, Lagercrantz H,Milerad J: Heart rate response profiles du-ring head upright tilt test in infants with appa-rent life threatening events. Arch Dis Child76, 27, 1997.21. Karlsson H: Skin to skin cae: heat balan-ce. Arch Dis Child 75, 130, 1996.22. Hepper PG: Fetal memory. Does it exists?What does it do? Acta Paediatr 416, 16, 1996.23. Prechtl HFR, Einspieler C, Cioni G et al:An early marker for neurological deficits af-ter perinatal brain lesion. Lancet 349, 1361,1997.24. Rutheford M, Pennock J, Schwieso F etal: Hypoxic-ischaemic encepholopathy: earlyand late magnetic resonance imaging fin-dings in relation to outcome. Arch Dis Child75, F45, 1996.25. Mehmet H, Edwards AD: Hypoxia,ischaemia and apoptosis. Arch Dis Child 75,F73, 1996.

62/674 Medico e Bambino 10/1997

MeB

PERUGIA 1997 - Novità