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Atti Parlamentari 551 — Camera dei Deputat i IV LEGISLATURA — DISCUSSIONI -- SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 24 LUGLIO 1963 14 . SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 24 LUGLIO 196 3 PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENT E CINCIARI RODANO MARIA. LISA INDICE PAG . Congedi 55 1 Disegni di legge (Seguito della discussione) : Stato di previsione dell'entrata e stato d i previsione della spesa del Minister o del tesoro per l'esercizio finanziari o dal io luglio 1963 al 30 giugno 196 4 e Nota di variazioni allo stato di pre- visione medesimo (235-235-bis) ; Stato di previsione della spesa del Mini- stero delle finanze per l'esercizio fi- nanziario dal 10 luglio 1963 al 30 giu- gno 1964 (236) ; Stato di previsione della spesa del Mini- stero del bilancio per l'esercizio finan- ziario dal 10 luglio 1963 al 30 giugn o 1964 (237) ; Variazioni al bilancio dello Stato e a quelli di Amministrazioni autonom e per l'esercizio finanziario 1962-63, non- ché incentivi a favore delle medie e piccole industrie e dell'artigianat o (239) 55 1 PRESIDENTE 55 1 GRILLI GIOVANNI 55 2 VILLA 55 6 DIAZ LAURA 56 0 Riccio 56 6 CERUTTI LUIGI 57 6 IozzELLI 57 8 MARIANI 58 1 GAGLIARDI 58 6 Proposte di legge (Annunzio) 551 La seduta comincia alle 9,30 . FRANZO, Segretario, legge il process o verbale della seduta del 19 luglio 1963 . approvato) . Congedi . PRESIDENTE . Hanno chiesto conged o i deputati Canestrari e Spadola . (I congedi sono concessi) . Annunzio di proposte di legge . PRESIDENTE . Sono state presentat e proposte di legge dai deputati : DURANO DE LA PENNE : « Norme per la nau- tica da diporto » (272) ; DE LORENZO ed altri : « Disposizioni su l collocamento a riposo dei sanitari e veterinari condotti, degli ufficiali sanitari e delle oste- triche condotte » (273) ; CETRULLO : « Abolizione della classificazio - ne delle camere di commercio, industria e agricoltura » (274) . Saranno stampate, distribuite e, avendo i proponenti rinunciato allo svolgimento, tra - smesse alle Commissioni competenti, con ri- serva di stabilirne la sede . Seguito della discussione dei bilanci dei di- casteri finanziari (235-235-bis, 236, 237 ) e del disegno di legge : Variazioni al bilan- cio dello Stato e a quelli di amministrazion i autonome per l'esercizio finanziario 1962 - 1963, nonché incentivi a favore delle medi e e piccole industrie e dell'artigianato (239) . PRESIDENTE . L'ordine del giorno rec a il seguito della discussione dei bilanci de i dicasteri finanziari e del disegno di legge : « Variazioni al bilancio dello Stato e a quelli

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Camera dei Deputat i

IV LEGISLATURA — DISCUSSIONI -- SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 24 LUGLIO 1963

14.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 24 LUGLIO 1963PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENT E

CINCIARI RODANO MARIA. LISA

INDICE

PAG .

Congedi 55 1

Disegni di legge (Seguito della discussione) :

Stato di previsione dell'entrata e stato d iprevisione della spesa del Minister odel tesoro per l'esercizio finanziari odal io luglio 1963 al 30 giugno 196 4e Nota di variazioni allo stato di pre-visione medesimo (235-235-bis) ;

Stato di previsione della spesa del Mini-stero delle finanze per l'esercizio fi-nanziario dal 10 luglio 1963 al 30 giu-gno 1964 (236) ;

Stato di previsione della spesa del Mini-stero del bilancio per l'esercizio finan-ziario dal 10 luglio 1963 al 30 giugno1964 (237) ;

Variazioni al bilancio dello Stato e aquelli di Amministrazioni autonomeper l'esercizio finanziario 1962-63, non-ché incentivi a favore delle medie epiccole industrie e dell'artigianat o(239) 55 1

PRESIDENTE 55 1GRILLI GIOVANNI 552VILLA 556DIAZ LAURA 560Riccio 566CERUTTI LUIGI 57 6IozzELLI 578MARIANI 58 1GAGLIARDI 586

Proposte di legge (Annunzio) 551

La seduta comincia alle 9,30.

FRANZO, Segretario, legge il processoverbale della seduta del 19 luglio 1963 .

(È approvato) .

Congedi .

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedoi deputati Canestrari e Spadola .

(I congedi sono concessi) .

Annunzio di proposte di legge .

PRESIDENTE. Sono state presentateproposte di legge dai deputati :

DURANO DE LA PENNE : « Norme per la nau-tica da diporto » (272) ;

DE LORENZO ed altri : « Disposizioni su lcollocamento a riposo dei sanitari e veterinaricondotti, degli ufficiali sanitari e delle oste-triche condotte » (273) ;

CETRULLO : « Abolizione della classificazio -ne delle camere di commercio, industria eagricoltura » (274) .

Saranno stampate, distribuite e, avendo iproponenti rinunciato allo svolgimento, tra -smesse alle Commissioni competenti, con ri-serva di stabilirne la sede .

Seguito della discussione dei bilanci dei di-casteri finanziari (235-235-bis, 236, 237 )e del disegno di legge : Variazioni al bilan-cio dello Stato e a quelli di amministrazion iautonome per l'esercizio finanziario 1962-1963, nonché incentivi a favore delle mediee piccole industrie e dell'artigianato (239) .

PRESIDENTE . L'ordine del giorno recail seguito della discussione dei bilanci deidicasteri finanziari e del disegno di legge :« Variazioni al bilancio dello Stato e a quelli

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di amministrazioni autonome per l'esercizi ofinanziario 1962-63, nonché incentivi a fa-vore delle medie e piccole industrie e del -l'artigianato » .

È iscritto a parlare l'onorevole Giovann iGrilli . Ne ha facoltà .

GRILLI GIOVANNI. Signor Presidente ,onorevoli colleghi, mi si consenta innanzituttoun rilievo di carattere preliminare: il Parla -mento e questo Governo si trovano, in occa-sione dell'attuale discussione dei bilanci d iprevisione, in una situazione strana rispetto aquella che è la normalità dei loro reciproci rap-porti . Noi deputati non possiamo rivolgere al -cuna critica a questo Governo per quanto ri-guarda la struttura dei bilanci di prevision esottoposti al nostro esame e, del resto, nonsappiamo neppure se questo Governo facci apropri in ogni loro parte i bilanci medesimi .Esso ha ereditato quei bilanci da un Governoche aveva una propria configurazione e dice -va di perseguire propri determinati obiettivi .Il Governo che ci sta dinanzi ha invece unadiversa e non ben chiaramente definita con -figurazione: secondo il Presidente del Consiglio ,esso non avrebbe una politica, essendo soloun Governo – si dice – di affari ; ma, secondo idiscorsi pronunciati in Senato, in modo par-ticolare, dai ministri Colombo e Martinell iquesto Governo appare spostato assai più adestra del Governo che ha predisposto i bi-lanci che ora stiamo discutendo . Il che com-porta necessariamente diversità di valutazion esui bilanci medesimi .

Del resto, anche da alcune dichiarazion idell'onorevole Presidente del Consiglio e da isuoi primi atti si desume facilmente che, no-nostante la sua cosiddetta apoliticità, il Go-verno attuale risulta spostato a destra .

Ma v'è dell'altro, onorevoli colleghi . Que-sto Governo ha posto dichiaratamente u nlimite di tempo alla propria attività: la fine d iottobre; cioè il limite stabilito dalla Costitu-zione per l 'approvazione dei bilanci .

Ma, stando così le cose, è chiaro che i lGoverno in carica non può assumere seria -mente impegni di fronte al Parlamento . Nonsarà esso a tradurre in atti concreti il conte-nuto del bilancio così come questo è ora ela-borato o come si troverà rielaborato dopo l adiscussione in atto .

Il Parlamento si trova quindi dinanzi adun ben strano interlocutore ; un interlocutoreche non può rispondere alle critiche moss eai bilanci in esame e soprattutto non è re-sponsabilmente in condizione di assumer eimpegni circa la politica implicita nei bilanci,

né nei confronti di quella diversa politica chela Camera potrà chiedere o suggerire .

Non è pertanto esagerato dichiarare che i nquesto momento né il Parlamento né il Go-verno sono in grado di esercitare pienamentele funzioni loro proprie . Il dialogo avviene i nrealtà fra il Parlamento da un lato e dall'al-tro un Governo che non c'è più e un govern oche non c ' è ancora .

Questo è uno dei risultati paradossali a cu iha condotto la spregiudicata e avventurosapolitica del gruppo di potere, detto doroteo ,interno alla democrazia cristiana : politica irri-spettosa non solo del voto del 28 aprile, maanche del retto funzionamento degli organ icostituzionali . A questo ha condotto una poli-tica volta ad assicurare il controllo del poter ea un partito, anzi a una corrente di un partito ,e che ha in dispregio gli interessi del paese ,l'opinione che il paese ha espresso di recent econ il proprio voto e gli istituti in cui si esprim ela volontà popolare .

Detto questo, che mi pareva andasse detto ,vediamo ora com'è configurato il bilancio d iprevisione dell ' esercizio finanziario già co-minciato . Mi occuperò solamente della part eche riguarda l'entrata .

Nelle sue linee fondamentali la prevision edell 'entrata per l 'esercizio in corso non diffe-risce dalla previsione del precedente esercizio ,anche se il totale delle entrate, in confronto a lprecedente esercizio, è aumentato di ben 793miliardi di lire, pari circa al 18 per cento dell eentrate del precedente esercizio . Va messo inrilievo che tale cospicuo aumento di entrat aavrebbe consentito, se lo si fosse voluto, unmutamento non indifferente delle imposta-zioni del bilancio ; ma per questo sarebbe statonecessario che, durante lo scorso anno, i lGoverno, allorché fu posto dalle circostanze ,dalle lotte di certe categorie di lavoratori edalle esigenze del paese di fronte alla necessit àdi procurare nuove entrate, si fosse orientato ,se non proprio nel senso di avviare una rifor-ma del sistema tributario, almeno nel sens odi correggerne le storture più evidenti . È ac-caduto invece che il ministro delle finanze de lprecedente Governo, nonostante le voci insi-stenti levatesi da questi banchi, nonostantefosse uomo di centro-sinistra, appartenente adun Governo di centro-sinistra (ma certamentefrenato dalla destra del suo partito), si siamesso anch ' egli sulla strada seguita dai suo ipredecessori .

Di conseguenza, una gragnuola di nuoveimposte indirette e di aumenti di aliquotee di addizionali di imposte indirette si èabbattuta sui contribuenti . Basti pensare

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alla nuova imposta sui dischi, all'aument odell'imposta sui biglietti per spettacoli ordi-nari e sportivi, all'aumento delle impostedi registro e bollo (a carico di tutti, financhedei pensionati), per farsi un'idea della dire-zione in cui si è mosso il precedente ministrodelle finanze sotto la spinta, ripeto, di quell adestra che oggi detiene in questo Governoimportanti leve di comando .

Vi fu anche, è vero, l'aumento delle ali -quote più alte dell'imposta complementaree delle categorie A e B di ricchezza mobile ,e vi fu l'introduzione della cedolare d'accon-to; ma in complesso l'aumentato gettito d i793 miliardi comprende ben 586 miliardi d iimposizioni indirette, pari al 74 per centodell'aumento totale . Orbene, questo mododi procedere di un Governo che si dicevadi centro-sinistra, ma che era largament econdizionato dalla destra interna ed esternaalla democrazia cristiana, merita alcune con-siderazioni, anche se si devono ripetere pa-role e argomenti esposti e approfonditi i nquest'aula durante precedenti discussioni .

Del resto, onorevoli colleghi, è da più d isettant'anni, ossia dall'avvento del prim oGoverno Giolitti del 1893, che le sinistreoperaie e democratiche si battono in Parla -mento e nel paese perché una parte più co-spicua del carico tributario venga trasferit adalle spalle dei ceti non abbienti a quelle de iceti ricchi . Sin dal periodo immediatamentesuccessivo all'unificazione nazionale, infatti ,le classi dirigenti italiane hanno fatto ricors ocostantemente soprattutto alla tassazione in -diretta; dal 1860 al 1914 questa ha sempredato gettito pari a circa il 70 per cento deltotale dell'imposizione tributaria. I govern ifascisti aggravarono notevolmente le cose ,e nel 1938 l'ammontare delle imposte indi -rette salì difatti al 75,3 per cento .

I governi democristiani hanno ulterior-mente aggravato la situazione, e la cosa v atenuta ben presente dal Parlamento e da imembri del partito di maggioranza relativa .Negli anni fra il 1950 e il 1962 il gettito dell eimposte indirette ha oscillato fra il 75,5 e1'80 per cento del totale delle entrate delloStato . Va poi tenuto presente che, nellostesso periodo, anche il gettito della mag-giore fra le imposte dirette, quella di ric-chezza mobile, è andato sempre più spostan-dosi sui contribuenti minori. Difatti l'impo-nibile delle categorie C–1 e C–2 (cioè deiredditi di lavoro indipendente e dipendente )è passato dal 1949 al 1959 dal 53,8 al 71,2per cento e ora si aggira sull'80 per cento;il che significa che, tenuto presente la diffe-

renza delle aliquote, più di un terzo del get-tito di quella che è la maggiore fra le impo-ste dirette cade anch'esso sulle spalle deilavoratori .

So bene che in questi ultimi anni i gover-nanti e anche alcuni parlamentari democri-stiani hanno insistito sulla nuova e singolaretesi secondo cui le imposte indirette non s itrasferiscono che in parte sul consumator ee restano a carico dei produttori . Questatesi non è sostenuta da alcun serio econo-mista del lontano e del recente passato, enemmeno da coloro che scrivono oggi di coseeconomiche . Tanto meno questa tesi pu òsostenersi ai nostri giorni, quando la partedecisiva della produzione ed anche del com-mercio è controllata dalle grandi concentra-zioni di capitali, le quali, ovviamente, de-tengono nelle proprie mani, oltre che le levedegli investimenti, anche quelle dei prezzi .

Del resto, nei paesi più moderni (nonparlo di quelli socialisti dove il regime impo-sitivo ha un carattere diverso dal nostro )quali quelli scandinavi, l'Inghilterra e gliStati Uniti, il rapporto tra imposizione di -retta e indiretta è inverso rispetto a quell oesistente in Italia. La cosa è tanto nota chenon occorre insistervi oltre .

Ancora una volta noi denunciamo co nestrema energia il fatto che i governi a di-rezione democristiana, più ancora dei governiliberali e di quello fascista, hanno seguito un apolitica tributaria tale per cui il maggioreonere è stato fatto ricadere sulle spalle de iconsumatori, cioè dei percettori di bass iredditi, risparmiando così i ceti abbienti e din modo particolare le grandi concentrazion idi capitali e i loro maggiori proprietari edirigenti .

Se ciò è da attribuire in parte alla strut-tura del sistema tributario rimasto nelle su elinee fondamentali quello degli anni chehanno seguito immediatamente l'unifica-zione del nostro paese, e non adeguatosi po ialle nuove forme di produzione e di acqui-sizione dei redditi, se ciò è anche dovuto a lfunzionamento degli uffici, va però aggiunt oche l'enorme sproporzione tra l'imposizioneindiretta e quella diretta viene ancor pi ùaccresciuta dal massiccio fenomeno dell'eva-sione in atto, fondamentalmente, nel settoredelle imposte dirette, ad opera dei percettoridei redditi più alti, persone fisiche e grand isocietà .

Né i ministri succedutisi al dicastero dell efinanze si sono preoccupati di fronteggiar econ un minimo di serietà questo tristo feno-meno che in Italia raggiunge limiti quasi

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patologici e che è caratteristico di una classeprepotente, di una classe che ignora i dover iche incombono a chi dirige l'economia de lpaese. I ministri hanno escogitato ogni sort adi espedienti per vessare il piccolo contri-buente che, tra contributi diretti e indiretti ,versa alle casse dello Stato una parte tant onotevole del suo scarso reddito ; essi perònon hanno trovato nulla di efficace per accer-tare realmente l'entità dei grandi reddit idelle persone e delle società . Così il nostr ofisco passa per vessatore, e lo è, per quant origuarda i piccoli contribuenti, mentre è d imanica larga e di un'estrema generosità ne iconfronti delle grandi società e dei loromaggiori azionisti e dei massimi dirigenti ,nonché della grande speculazione di ogn itipo .

Tutto questo – vecchiezza del nostro si-stema tributario, sua inadeguatezza alle strut-ture della nostra economia, porte spalancat ealla grande evasione – ha una sua profond aragione di essere. In realtà, la politica tribu-taria degli anni del dopoguerra seguita da igoverni democristiani risponde, in ogni suamanifestazione, soprattutto agli interessi dell egrandi società finanziarie, le quali anche d iquesta politica si sono servite per rendere piùmassiccio l 'accumulo dei capitali nelle propri emani .

In fondo, la politica finanziaria seguitanegli anni che vanno dal 1948 ad oggi, èstata uno strumento, e non il meno efficace,dell'autofinanziamento delle grandi impres eindustriali e finanziarie e quindi della politicadi investimenti seguita nel paese. A qualirisultati abbia condotto questa politica, la-sciata prevalentemente nelle mani delle grandiconcentrazioni di capitale è a tutti noto, enon è mia intenzione esaminarli in questasede . Basti ricordare che a tale linea si devon ogli squilibri fra nord e sud, fra industria eagricoltura, fra redditi di lavoro da un lato eredditi di capitale e profitti di imprese dal -l'altro; ad essa si devono le enormi specula-zioni sulle aree fabbricabili, con il conseguent eaumento degli affitti fino a cifre insopportabili ;l'arretratezza della nostra scuola, l'inefficienz adei nostri istituti assistenziali, ospedalieri, d iricerca scientifica, ecc .

In rapporto con i contrasti tanto strident idello sviluppo della nostra economia, si èfatta strada anche in Italia l'esigenza- dellaprogrammazione, e di una programmazion eeconomica fatta nell'interesse di tutta lasocietà nazionale, e quindi non diretta da imonopolístí o nel loro interesse, sibbene for-mulata e attuata in modo democratico . con

il concorso determinante delle classi lavora-trici . Ma non è su questo che voglio intrat-tenere la Camera . Però, una volta impostosi i lconcetto della programmazione, del pian oeconomico, appare evidente che uno dei mo-menti decisivi del piano, della programma-zione, è proprio rappresentato dalla politic atributaria. E su questo occorre riflettere .

La riforma tributaria per lungo tempo èstata sollecitata come un mezzo per far con-correre i cittadini alle spese dello Stato i nrapporto all'entità delle loro ricchezze e de iloro redditi ; ed è certo ancora per questo cheva sollecitata e che noi la sollecitiamo . Nonè più possibile, d'altra parte, consentire ch ela maggior parte dei carichi tributari grav isulle spalle dei lavoratori e dei consumator ie che le grandi compagnie finanziarie e indu-striali e i loro massimi dirigenti e azionisti ,vengano meno ai loro doveri di contribuenti .Non è più ammissibile che l ' impiegato, l'ope-raio, il medico, l'avvocato, l'artigiano, i lpiccolo esercente, vadano tassati fino all'ultim ocentesimo dei loro redditi, a volte insufficienti ,e che i signori Agnelli e Pirelli e tutti gli altr igrossi imprenditori, nonché tutti glí specula -tori che in questi anni, con mezzi leciti e avolte illeciti, hanno guadagnato miliardi, pa-ghino le imposte sulla base di imponibiliridicoli che il fisco spesso accetta senza di-scutere. Altra volta ho parlato dei reddit iaccertati a carico dei dirigenti della Bastog i

e della Edison commisurati sulla base d i18-20 milioni di lire, meno di quello che s iaccerta a carico di un medico o di un com-merciante di periferia.

È certo che l'esigenza della giustizia tribu-taria, sentita sempre attraverso i tempi,affonda le radici nel sentimento morale deipopoli. Ma se in passato essa fu chiara sol oalla mente della parte più illuminata de icultori di scienza economica e ai dirigenti deimovimenti operai e democratici, ora essasta diventando patrimonio delle grandi masse .Ciechi sono quegli appartenenti ai grupp idirigenti dell'economia e quei partiti e uo-mini politici che non si rendono conto d iquesta verità e continuano a comportars icome i loro predecessori di generazioni orma ilontane. Certo è, comunque, che un'esigenzasentita ormai dalle masse profonde del popolo ,e già divenuta motivo di azione politica con -creta, non può non produrre i risultati cu itende .

Ma, oggi, il momento decisivo della esi-genza della riforma tributaria è un altro .Mentre, infatti, si vuole che Io strumento fiscalecontribuisca in misura determinante a ridurre

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le disuguaglianze di ricchezza e di redditi (ch eal contrario oggi contribuisce ad accrescere) ,si avverte altresì la necessità che esso serv aa determinare gli orientamenti dello svilupp oeconomico .

È fin troppo noto – già l'ho accennato –che oggi i poteri decisionali in materia d iinvestimenti in tutti i settori dell'economia,compresi quelli controllati in parte o total-mente dallo Stato, e perfino quelli di strett apertinenza dello Stato, come l ' istruzione ,l'assistenza, i trasporti, ecc ., sono di fattoesercitati dalle compagnie finanziarie ed indu-striali, assicurative ed immobiliari . Sono esse ,difatti, che controllano gran parte dei capi -tali accumulati e di quelli che via via ven-gono a formarsi, e sono perciò esse che deci-dono in quale direzione orientare i nuovi in-vestimenti . E ciò fanno tenendo conto unica-mente dei loro interessi, quasi sempre con-trastanti con i reali interessi del paese .

Orbene, noi pensiamo che questi poter idi decisione debbano essere trasferiti all oStato, in primo luogo come già detto, facend odel fisco uno strumento di orientamento degl iinvestimenti, ma anche sottraendo alle grand iimprese parti più cospicue degli utili che ess erealizzano sfruttando lavoratori e tecnici, im-piegati e consumatori, piccoli produttori e iloro stessi minori azionisti .

In sostanza, è necessario limitare co nl'imposizione l ' autofinanziamento delle grand iimprese, e fare in modo che quote più elevat edel risparmio nazionale vengano messe a di-sposizione delle campagne, della piccola emedia produzione e dello Stato, per orientaregli investimenti secondo gli interessi general idella nazione .

È chiaro che una politica finanziaria orien-tata in tal senso, e quindi strettament elegata alla programmazione democratica degl isviluppi dell'economia, richiede nuovi stru-menti, ottenibili solo con una profondariforma del sistema tributario .

Cardini di questa riforma dovranno essere ,in primo luogo, l'imposta personale progres-siva sul reddito, quale esiste in tutti i paes imoderni più avanzati e dove essa, come inAmerica, in Inghilterra ed altrove, rappre-senta la maggior fonte delle entrate delloStato . Ad essa dovrà accompagnarsi ancheun'imposta sul patrimonio, a sua voltapersonale e progressiva .

En secondo luogo si dovrà rivedere afondo la già esistente imposta sulle sóciet àe renderla progressiva sia per la parte atti-nente agli utili sia per quella afferente ai

capitali ; e inoltre dovranno essere colpiti gl iutili non distribuiti .

Ma l'imposta sulle società può essere un ostrumento utile ai fini che con essa si vuol eperseguire, solo se si accompagnerà a unalegge sulla compilazione dei bilanci, che co-stringa gli amministratori a redigere bilanc iassolutamente veritieri e a denunciare l areale entità degli utili conseguiti, compres igli incrementi di valore di tutte le partit eattive, e quindi anche gli utili non distribuit iagli azionisti e agli amministratori .

Certo una riforma siffatta deve preveder el'esenzione dall'imposta diretta dei reddit isufficienti al mantenimento almeno fisic odel contribuente e della sua famiglia ; e perciòil limite di esenzione dall'imposta dovràessere quanto meno non inferiore al milion e

di lire .

L'aumento di gettito delle due grandiimposte dirette, a cui ho accennato, dovrebbequindi consentire di rimettere ordine nell a

intricatissima selva delle imposte indirette ,di eliminarne una parte e di semplificare imodi di accertamento e di riscossione d i

altre. Questo va detto specialmente pe rquanto riguarda l'imposta generale sull'en-trata che, ove non potesse essere per or ainteramente soppressa, dovrebbe essere per-cepita una volta tanto nel momento de lpassaggio dal fabbricante al commerciante(ho qualche dubbio sull'opportunità di un aimposizione sul reddito aggiunto nei vari

passaggi: forse si giungerebbe a , vessareancora di più il piccolo commerciante, mentr eil grande avrebbe modo di sfuggire in buon aparte alla tassazione) ; essa dovrebbe esser epoi alleggerita e semplificata a vantaggi odei prestatori di servizi (medici, avvocati ,professionisti in genere), oggi vessati i nmaniera spesso intollerabile .

D'altra parte, per assicurare allo Stat onuove fonti di entrata, come ho già dettoin altre occasioni, si potrebbe stabilire nuov i

monopoli fiscali sullo zucchero, sul caffè ,sugli oli minerali, sulla birra, ecc ., in mododa consentire allo Stato l'acquisizione de imezzi necessari alle esigenze sempre crescent idi intervento pubblico nell'economia .

Infine è necessario perfezionare i sistem idi accertamento, ostacolare sul serio il ver-gognoso fenomeno delle grandi evasioni, isti-tuire o rimettere in funzione organi democra-tici di accertamento, mettendoli in grado d i

ben funzionare e dotandoli di mezzi mecca-nici, e attuando quanto già previsto dall alegge italiana a proposito dei consigli tribu-

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tari, che del resto, ad esempio, in Inghilterrafunzionano con una certa efficacia .

Ma che cosa ci dice in proposito il Governoin carica ? E che cosa ci ha detto il Governoprecedente ? Nulla sappiamo finora, nono-state le nostre reiterate richieste, circa ilavori della commissione per la riforma tribu-taria istituita lo scorso anno e dalla qual efurono esclusi i membri del Parlamento permotivi che non conosciamo .

Dal discorso che l'onorevole Martinelli h afatto al Senato si può dedurre facilment eche la politica del dicastero delle finanze ,non inciderà gran che sul sistema ora vigentee tanto gradito ai grossi redditieri, agli spe-culatori e alle grandi imprese finanziarie eindustriali . Anzi, proprio nel suo discorso alSenato, il ministro Martinelli ha rivolto isuoi strali contro le modeste evasioni dell e« aziende industriali e commerciali medie epiccole » in materia di imposte indirette enon ha speso una parola per denunciare lescandalose evasioni dalla ricchezza mobile ,dall'imposta sulle società e dalla comple-mentare da parte delle grandi imprese e de ipercettori dei redditi più alti . Nulla hadetto contro di essi e ha mosso accuse sol -tanto al piccolo commerciante, all'artigiano ,al piccolo industriale . Consiglio l'onorevoleMartinelli di porre le mani sulle casse dellegrandi aziende e dei grandi istituti finanziar ie industriali, e non sui cassetti del droghiereo dell'artigiano !

Quali che siano le sorti di questo Governoe comunque venga formato quello che gl isuccederà, l'esigenza di una profonda riformadel sistema tributario si farà sempre piùsentire nel paese come un invincibile impe-rativo morale, per consentire e favorire u npiù equilibrato e armonico sviluppo dell'eco-nomia nazionale .

Certo ci rendiamo conto che l'appronta -mento e l'adozione di una riforma tributariaradicale sono problemi di estrema serietà ,che vanno quindi affrontati con grandesenso di responsabilità . Ma sappiamo altresìche la classe dirigente italiana, ora com esempre in passato, continua ad opporsi co nogni energia a tutti i tentativi volti a to-glierle i privilegi fiscali di cui gode. Granparte della vecchia animosità conservatricecontro Giolitti era ispirata dalle intenzion iinnovatrici da lui espresse in materia tribu-taria, e noi non dimentichiamo neanche ch euna delle più grosse battaglie ingaggiate evinte dalla grande borghesia italiana all avigilia dell'avvento al potere del fascismo

fu proprio quella contro i provvediment ifiscali di Giolitti del luglio 1920.

Sappiamo che oggi, contro i tentativi inatto di riforma tributaria, esiste un compattoschieramento che va dalla destra estremaa quella interna al partito democristiano, s enon addirittura alla maggioranza di questopartito . Ma siamo anche consapevoli del fatt oche, al punto a cui siamo giunti, il problem adella riforma tributaria sta rapidamente ma -turando allo stesso modo di altri problemidi fondo del nostro assetto economico . Tut-tavia, per risolverlo non basteranno i discors ipronunciati in quest'aula né gli articoli d istampa. Sarà necessario lavorare nel paeseper mobilitare ancor più la pubblica opinion ee far intendere a tutti quel che significano eil danno che recano gli inammissibili privileg ifiscali di cui godono ora i grandi capitali .

Noi, in questo campo, abbiamo già ri-preso e certo continueremo, in una situazion enuova, quindi con mezzi nuovi, la vecchi abattaglia, cominciata tanti decenni fa dalmovimento operaio e dai partiti democratici .E siamo certi che essa, come le altre lott eingaggiate in questi anni dai lavoratori ita-liani, sarà una battaglia certo non facile ,ma, alla fine, e comunque, vittoriosa . (Ap-plausi all'estrema sinistra) .

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'ono-revole Villa . Ne ha facoltà .

VILLA . Signor Presidente, onorevoli col -leghi, non v'è bisogno di essere grandi espert iin materia finanziaria per capire come l apolitica che intende perseguire il Governoin questo campo sia la più idonea a ridarefiducia a milioni di italiani . Essi temonodi veder compromessi i loro redditi da unaprogressiva instabilità monetaria determinat adall'ascesa dei prezzi e da altri fattori pales ied occulti, alcuni dei quali bene individuat idai ministri finanziari nelle loro repliche al -l'altro ramo del Parlamento .

Stabilizzare il potere d 'acquisto della mo-neta attraverso l'incremento del risparmio ,l'espansione del credito, la crescita dei red-diti senza danneggiare le retribuzioni: que-sto è il traguardo che il Governo si prefigge .

Noi non possiamo che rallegrarci di que-ste intenzioni e, per quanto ci è dato, colla-borare col Governo al raggiungimento de lfine che esso si è proposto .

Tuttavia mancherei ad un dovere versouna non trascurabile parte dell'elettorato semi esimessi dal fare qualche osservazione edall'avanzare alcune richieste che, anche s enon possono trovare immediata rispondenza

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in questo bilancio, appaiono più che giusti-ficate .

A distanza di tanti anni dall'ultimo con-flitto parlare delle esigenze dei superstiti d iquesta e di altre guerre, dei familiari de icaduti e di tutti coloro che, in misura di -versa, dalla guerra hanno ricevuto nocu-mento, potrebbe apparire anacronistico . Tut-tavia così non è. Vi sono ancora in Italiamilioni di cittadini che, nonostante le nume-rose leggi vigenti, attendono .che si faccianei loro confronti una definitiva giustizia .In questa attesa essi si sentono umiliati ea volte addirittura spinti a rinnegare il lor osacrificio per la patria comune . Ma comeriparare ?

Abbiamo potuto notare come l'incrementodella spesa sia per più settori notevole, tantoda determinare una rigidità tale per cui« i margini di manovra consentiti al Governonon possono essere che ristrettissimi », com etestualmente ha affermato il ministro Co -lombo nella sua replica al Senato . Sullo svi-luppo della spesa, secondo le dichiarazion idello stesso ministro, hanno inciso anch e24,1 miliardi per l 'adeguamento delle pen-sioni di guerra. Evidentemente ci si riferisce ,come è detto nel capitolo di spesa iscrittoin bilancio (dove in effetti si parla di 39miliardi), all'adeguamento delle pensioni d iguerra indirette avvenuto circa due anni emezzo fa, con una spesa scaglionata in pi ùesercizi che è andata a compimento il 1 0del mese corrente . Si tratta, dunque, di im-pegni precedenti che sono venuti a scader econ questo esercizio . Sono trascorsi ormaidue anni e mezzo, e gli aumenti allora con-cessi sono stati pressoché riassorbiti dall ' in-cremento dei prezzi verificatosi in quest iultimi tempi; tanto che gli interessati, a iquali fu detto a suo tempo che le loro pen-sioni sarebbero state poi ritoccate, non es-sendo state accolte tutte le loro ri-chieste, attendono oggi un nuovo adegua -mento .

A maggior ragione un adeguamento dell eloro pensioni al costo della vita attendono imutilati e gli invalidi di guerra . Gli ultim iaumenti alle pensioni di guerra dirette fu-rono apportati nel 1957 ; due anni fa ven-nero ritoccate le prime tre categorie nonmodificate a suo tempo . Dal 1957 ad ogg isono trascorsi ben sei anni, e mentre aument iagli stipendi, ai salari, alle pensioni non d iguerra si sono verificati a più riprese e s iverificheranno ancora (e su questo non trovonulla da ridire), i pensionati di guerra se-gnano il passo .

So che l'Associazione nazionale mutilat ie invalidi di guerra si appresta a far presen-tare in Parlamento un progetto di legg erelativo al riordinamento di queste pensioni .Oltre a un assetto più organico della materia ,rispondente alle attuali esigenze, il progett oin questione comporterà un onere di divers edecine di miliardi . Quando questo progettosarà stato approvato, lo scontento che ama-reggia la vita di circa 400 mila personenon avrà più ragione di esistere . Tanto piùse con quello o altro provvedimento ver-ranno forniti all'Opera nazionale per gli in-validi dì guerra i mezzi necessari a svolger ein pieno ed a sviluppare i suoi compiti d iistituto.

Come molti sanno, l'Opera nazionale in-validi di guerra, istituita nel corso dellaguerra 1915-1918 con compiti vari di assi-stenza, per conto dello Stato, ai mutilat ie invalidi di guerra, ha visto di recent enotevolmente ampliata la sua sfera di atti-vità, essendo stata ad essa attribuita l 'assi-stenza di altre categorie, e precisarnente de iperseguitati politici, degli invalidi per ser-vizio e degli invalidi di guerra della repub-blica sociale italiana. Nonostante l'ammis-sione di tali nuove categorie, che am-montano ad oltre 100 mila unità, le qual ivengono ad aggiungersi ai mutilati ed in -validi di guerra, per cui si arriva ad u ntotale di circa mezzo milione di assistiti ,l'assegnazione da parte dello Stato non èstata adeguata al numero degli aventi di -ritto all'assistenza da parte dell'ente, né alleesigenze dell'assistenza medesima, quanto maicomplessa per la diversità delle sue forme :sanitaria, sociale, giuridica, ecc .

Si tenga presente che l'assistenza è sani-taria e medico-chirurgica, ortopedica, ambu-latoriale, domiciliare, che gli invalidi tuber-colotici sono circa 100 mila unità, abbiso-gnevoli ogni anno di cure climatiche . Sol-tanto per tali cure e per quelle idro-balneo-termali, l'Opera sostiene annualmente laspesa di un miliardo e 300 milioni .

Si è obiettato dagli organi competenti ,quando sono state avanzate nuove richiest edi fondi, che è diminuito il numero degl iinvalidi della guerra 1915-18, ma non s iconsidera che nuovi invalidi affluiscono al -l'Opera invalidi di guerra per essere assi-stiti, in seguito all'accoglimento dei lor oricorsi da parte della Corte dei conti e pe rrevisione diretta da parte del Ministero deltesoro, né si tiene conto che in conseguenz adel disposto dell'articolo 25 della legge 9 no-vembre 1961, n . 1240, è stato soppresso il

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limite di tempo per la presentazione dell edomande per la concessione delle pensionidi guerra .

Nei riguardi poi del bilancio dell'ent evi è da valutare in tutta la sua essenza econsistenza l'assistenza medico-sanitaria perinfermità diverse da quelle di guerra, concessaagli invalidi incollocabili e ai loro familiari .L ' onere per tale assistenza, previsto, in sedepreliminare all ' approvazione della legge, i nlire 500 milioni, ha raggiunto nell ' esercizio1961-62 la cospicua somma di un miliardo450 milioni, somma che costituisce la caus apreminente per cui l ' Opera nazionale inva-lidi di guerra chiude fin dall'esercizio 1958-59la sua gestione con un crescente disavanzo ,accertato alla fine dell'esercizio 1961-62 inlire 4.313.299.102 . Tale disavanzo è copert osolo in parte con l 'assegnazione straordinari adi lire 3 miliardi 50 milioni di cui alla legge11 febbraio 1963, n . 115 .

Inoltre è da tenere presente che per l'as-sistenza agli invalidi per servizio, pure es-sendo stato comprovato che la relativa spesaè stata sempre notevolmente superiore all asomma di lire 370 milioni iscritta nello statodi previsione del Ministero dell ' interno, conil passaggio di tale assistenza all ' Opera na-zionale invalidi di guerra, il contributo èrimasto invariato .

Necessita, quindi, che gli organi compe-tenti del Ministero del tesoro esaminino i lbilancio dell'Opera ai fini dell 'assegnazion estatale con una realistica valutazione dell eesigenze dell'ente e delle sue finalità . Occorreevitare che l'andamento dell'Opera nazio-nale invalidi di guerra sia irreparabilmentecompromesso dalle gravi difficoltà finanziariein cui l'ente si dibatte e che sempre piùandranno a peggiorare se nello stato di pre-visione della spesa del Ministero del tesor osi continuerà ad iscrivere una somma infe-riore alle reali esigenze funzionali . Una tal esituazione ineluttabilmente porterà ad u ncrescente disavanzo finanziario non dovut oad eccedenze di spese, ma alla inadeguatezz adei mezzi destinati a coprire il fabbisogno .L 'assegnazione dello Stato per l'esercizi o1962-63 è stata di lire 8 miliardi 270 milioni ,ma è in corso una integrazione di un mi-liardo 200 milioni, invece per l ' esercizio1963-64, nonostante le maggiori spese dovuteal rialzo dei prezzi che incidono sensibilment esul costo dei servizi e delle prestazioni, l'asse-gnazione statale è stata determinata in 8 mi-liardi e 600 milioni ; essa è cioè inferiore d icirca un miliardo alla complessiva assegna-zione del precedente esercizio, mentre per

le esigenze complessive dell ' ente si prevedeuna spesa di circa 10 miliardi 750 milioni .

Sono state ripresentate alla Camera, per -ché decadute nella passata legislatura, da lsottoscritto e da altri proposte di legge in-tese a corrispondere agli ex combattenti ch eabbiano superato il sessantesimo anno d ietà un assegno mensile non reversibile d ilire 5 mila. Si sa che gli ex combattenti guar-dano a questo esiguo assegno da più annicome ad un grande riconoscimento moraleper i loro meriti . Autorevoli promesse pi ùvolte sono state fatte nella passata legisla-tura: cosa avverrà nella presente ? Non sap-piamo. I mutilati e gli invalidi per servizi oanch'essi attendono un giusto miglioramentodel loro trattamento pensionistico .

Si tratta, come si vede, di andare incontr oalle necessità di centinaia di migliaia di citta-dini le cui sofferenze materiali a volte sonoinenarrabili ; cittadini che hanno dato laloro integrità fisica, gli anni migliori al ser-vizio della patria, al servizio dello Stato ;cittadini le cui esigenze, se non si vuol eessere ingrati, vanno tenute nel giusto conto .Tutte queste esigenze non trovano alcu naccoglimento nel bilancio in esame. Noiconosciamo la sensibilità del Presidente de lConsiglio, dei ministri del bilancio e deltesoro: si troverà un modo per non deluder etante attese ? Si potrà conciliare la rigidit àdel bilancio con i bisogni di tanti benemerit iitaliani ?

Penso che alcuni problemi potranno at-tendere, alcuni cittadini anche, ma ch ecertamente non potranno attendere gli excombattenti, i mutilati, gli invalidi di guerra ,i familiari dei caduti, le vittime civili d iguerra, i mutilati per servizio. L'età avanzatadi molti, le ferite o il male che minano l'esi-stenza di altri, signori del Governo, onore-voli colleghi, ci impongono di far presto ; c iimpone di far presto soprattutto la ricono-scenza che dobbiamo loro per quanto hannodato .

Chi si occupa dei problemi degli ent ilocali e soprattutto chi se ne occupa in qua-lità di amministratore sa quanto ogni giorn odiventi più difficile amministrare i nostr icomuni . Le esigenze delle popolazioni, dat oil ritmo della vita moderna, si fanno sempr emaggiori; ogni giorno aumentano i compit icui il comune deve assolvere anche pe rconto dello Stato ; per contro diminuisconoi mezzi a disposizione.

Le spese di spedalità, almeno nel Lazio,lungi dal diminuire (anche se un numerosempre maggiore di cittadini usufruisce delle

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prestazioni mutualistiche), per incuria de iricoverati che non sempre denunciano l aloro qualità di mutuati, o per trascuratezzadelle amministrazioni ospedaliere, aumentan osempre più . Ne risultano un debito semprecrescente e il riassorbimento da parte dell oStato della quota di imposta generale sul -l'entrata spettante ai comuni, per il paga-mento, almeno parziale, dei debiti verso gl iospedali . Nessun cittadino, ricoverato diret-tamente o per mezzo del domicilio di soc-corso, penserà poi a pagare il comune, anch eperché il più delle volte non può .

Le imposte comunali non possono dar epiù del gettito attuale e, al pari delle impost edi consumo, sono vincolate a causa dei mutu iaccesi per varie ragioni, mentre i beni patri-moniali quasi sempre sono scarsissimi . Cosìil deficit aumenta ogni anno, tanto da renderedifficile anche la gestione della spesa ordi-naria .

Molte sono le leggi e le provvidenze i nmateria di lavori pubblici, di ripianament odi bilanci, di concorso nella spesa per l ascuola, ecc . ; tuttavia la vita finanziaria deicomuni si fa sempre più asfittica, impedend oin più casi l'espandersi e il fiorire d 'una vitacomunitaria conforme alle aspettative dellapopolazione e al progresso generale .

Speravamo di trovare in questo bilanci o(poiché in precedenza se ne era molto parlato) ,in materia di finanza locale, qualche novit àsostanziale ; ma abbiamo soltanto notato ne lfondo globale lo stanziamento di una somm adi 15 miliardi per un provvedimento legi-slativo in corso di formazione che preved enorme sull'anticipazione da parte dello Stat odelle rette di spedalità dovute dai comun iagli ospedali e alle cliniche universitarie .Vuoi dire che lo Stato si accolla i debiti dell eamministrazioni comunali verso gli ospedal io, come mi è sembrato di capire, anticipa sol -tanto fondi per poi rientrarne in possesso .

Se non si vuole il fallimento totale degl ienti locali, e in particolare dei comuni, conl'inevitabile involuzione della vita democra-tica nel nostro paese, non bisogna tardareun sol giorno a riformarne l'ordinamento fi-nanziario . Di ciò si parla da più tempo: spe-riamo di non dover attendere ancora permolto e che il rimedio non giunga troppo tardi .Non bastano più i provvedimenti sporadici :ci vuole qualcosa di organico e di definitiv oche dia sicurezza e ampio respiro all'inizia-tiva locale .

Ma, come il critico di un'opera difficil-mente saprebbe crearne una migliore, rnitroverei in grande imbarazzo se mi si do -

mandasse in che debba consistere quest o« qualcosa ». Certamente tocca agli specialist iapprofondire la materia . Come sindaco d'u ncomune, naturalmente, deficitario, mi chied ospesso, per esempio, perché il mio comune ,di circa 6 mila abitanti, debba concorrere co ngrosse somme al mantenimento, che so io ? ,del manicomio provinciale, quando al mi opaese grazie a Dio, non si ricoverano piùalienati da tempo immemorabile . Così dicas iper i brefotrofi e per i tubercolosari provin-ciali e per le spese ospedaliere di cui ho giàfatto cenno . Non dovrebbero essere questi ,ormai, compiti specifici dello Stato ?

Per la scuola, il contributo che da qualch eanno lo Stato corrisponde non basta . Non sa-rebbe lecita e possibile, per esempio, un amaggiore partecipazione dei comuni ai pro -venti dell'imposta generale sull'entrata ? S ifacciano queste cose o se ne facciano altre .Si faccia tutto quanto si ritiene opportun oper far respirare i comuni, ma soprattutt onon si pensi (come è già stato ventilato e comeè stato già operato per il vino, con il sol orisultato di far aumentare involontariamentei guadagni dei rivenditori) di abolire le im-poste di consumo senza prima avere studiat oun sistema che vada realmente a favorire i lconsumatore e non faccia il danno dei comun ie dello Stato, che poi deve rimborsare l emancate entrate (molto a rilento per la ve-rità), come si fa ora per il citato caso dell'abo-lizione del dazio sul vino. A proposito de lquale vino, per mandato di molti miei elet-tori interessati, vorrei spendere qualche pa-rola, molte di meno certamente di quantol'argomento richiederebbe .

Dalla lettura della Relazione generale sull asituazione economica del paese, per quantoattiene all'agricoltura, nell'annata decorsa s inotano incrementi nella produzione e ne iprezzi pressoché generali, anche se per al -cune voci modesti . Per quanto attiene allaproduzione vitivinicola si legge : « Le ottimi-stiche previsioni che si facevano all'inizi odell'estate per il raccolto dell'uva hann otrovato conferma nella vendemmia . La pro-duzione vitivinicola è nel complesso risultata,del 27 per cento superiore a quella dell'ann oprecedente, malgrado alcuni danni provocatinel sud dalla siccità, e il prodotto è risul-tato, specialmente nelle regioni meridionali ,di buone caratteristiche qualitative . Il mer-cato, stabilizzato con l'ammasso volontariograzie alle disposizioni del piano di sviluppo ,ha consentito in genere buoni ricavi; i prezz isono mediamente scesi del 2,3 per cento, maè da ricordare il forte aumento che essi ave-

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vano registrato l'anno precedente .

Del resto, presenti

in questo momento al banco dell'entità della produzione del vino, che si fa Governo .oscillare sui 68 milioni di quintali, corrisponde Signori ministri, so che il mio non èa quelle che sono le aspettative sul consumo stato certamente un discorso incoraggiantenazionale » . per chi intenda perseguire una politica

diUn quadro veramente ottimistico, larga -

mente smentito, purtroppo, dalla realtà, al -meno quella realtà che appare in alcune re-gioni d'Italia e in particolare nel Lazio, co nmaggiore riferimento alla zona dei Castell iromani, dove il 90 per cento della popola-zione vive del prodotto della vite . È veroche il raccolto dello scorso anno fu alquant osuperiore a quello dell'anno precedente, m apurtroppo la flessione dei prezzi è stata ed èdel 20, del 30 e anche del 40 per cento e ,peggio ancora, gran parte del prodotto giac einvenduto . Se si considera l'aumento del co-sto della manodopera, l'aumento di tutti gl ialtri prezzi in genere e la mancanza quas iassoluta di riserve di capitali, si hanno cas idi vera e propria disperazione .

Si deve dare atto al Governo di due im-portanti provvedimenti adottati di recente :l'uno riflettente la promulgazione della legg esui vini tipici, l'altro le agevolazioni fiscali pe rl'estrazione degli spiriti dal vino . Tuttaviatali provvedimenti non sono sufficienti, o al -meno non lo sono per le esigenze immediateche si rilevano nelle zone dei Castelli roman ida me indicati, che, oltre tutto, di recentesono stati colpiti da gravi calamità natural iche hanno sconvolto gli impianti e distrutt opressoché 1'80 per cento del prodotto pen-dente .

Perché la crisi del vino non si ripresent ipuntualmente e cessi di essere un fatto ricor-rente occorrono nuovi impianti di cantinesociali, maggiori crediti, agevolazioni fiscali ,l'applicazione radicale dei benefici conness ial «piano verde », l'eliminazione delle frodi ,il blocco delle importazioni .

Ma come far fronte ora, sul momento, all acrisi che prostra migliaia di viticoltori co nle loro famiglie a causa del prodotto inven-duto e dei danni subiti dagli impianti ?Sono stati chiesti soccorsi ai ministeri dellaagricoltura, dell'interno, del tesoro ; in altriperiodi di crisi un certo sollievo immediato f udato anche da acquisti operati sul posto pe rconto delle forze armate : si potrebbe ripe-tere anche questo esperimento . Per le zonecolpite dalle calamità naturali è in corso larichiesta dell'applicazione della legge 21 lu-glio 1960, n . 739; e siccome occorre il concorsodei ministeri finanziari, mi sia consentito d irivolgere a nome delle popolazioni colpit eun particolare appello ai ministri competenti

contenimento della spesa ; ho chiesto, però ,alcune cose che mi sono sembrate giuste . Sesacrificio vi deve essere, come il ministro Co -lombo ha avuto modo di dire al Senato, ess odeve essere equamente ripartito e, per ovv imotivi di giustizia, non deve mai andare ascapito di alcuni cittadini soltanto . (Applaus ial centro) .

PRESIDENTE . È iscritta a parlare l'ono-revole Laura Diaz . Ne ha facoltà .

DIAZ LAURA. Vorrei che mi permettest einnanzi tutto, onorevoli colleghi, di rivolger eal Presidente della nostra Assemblea, cheper la prima volta nella storia del Parla -mento italiano è una donna, il più cordial ee deferente saluto . Io credo di poter interpre-tare il sentimento di tutti i colleghi e so-prattutto delle colleghe, porgendo all'onore-vole Presidente le più vive congratulazioni .Il 24 luglio 1963 costituisce senza dubbio unadata importante per tutte le donne italian eche, per la prima volta, vedono una lorodiretta rappresentante presiedere i lavor idi un'Assemblea parlamentare . (Vivi ap-plausi) . Anche per un'altra ragione, del resto ,la data odierna è di particolare rilievo per i lPresidente di questa nostra seduta che, s enon vado errata, proprio vent'anni fa, i nquesti giorni, usciva dalle carceri fasciste eriprendeva il suo infaticabile lavoro per l arinascita democratica dell' Italia .

A lei dunque, onorevole Presidente, vad ail sincero augurio di tutti noi, con la fiduci ache la sua valida presenza in sì alta caricasia di incitamento anche a tutta l'Assemblea ,per dedicare la massima considerazione a imolteplici problemi che ancora oggi interes-sano le masse femminili e che è nostro pre-cipuo dovere portare a soluzione .

L'onorevole Medici nella sua recente espo-sizione al Senato ha ricordato come da anninel nostro paese siano rimasti sacrificati un aampia serie di bisogni che stentano a mani-festarsi al livello di individui e di comunità ,ma la cui sodisfazione rappresenta la condi-zione di un ordinato . e libero vivere civile .E, più precisamente, aggiungeva : i serviz iscolastici, l'istruzione, l'assistenza, la ricercascientifica, la formazione della gioventù, l'abi-tazione, il sistema dei trasporti pubblici .Più avanti affermava che, « mentre il decen-nio 1953-62 è stato dominato dalla general evolontà di conseguire soprattutto un incre -

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mento della produzione, di utilizzare l eforze del lavoro disoccupate e sottoccupat ee capitali non completamente sfruttati, èprobabile che nei prossimi anni si sentir àmaggiormente l'esigenza di un più equilibrat osviluppo economico e l'esigenza di un mag-gior sodisfacimento dei bisogni sociali » .

Purtroppo, però, l'onorevole ministro no nha tratto da queste osservazioni le conclu-sioni che ne sarebbero dovute conseguire ,così come del resto hanno fatto i suoi collegh idei dicasteri finanziari . In effetti l'imposta-zione dei bilanci finanziari, che sono stati ,purtroppo, così frettolosamente sottoposti a lnostro esame, non solo elude, direi quas icompletamente, questo fondamentale pro-blema, ma indirizza le proprie scelte politico -economiche in una direzione che sfugge all elinee di una programmazione democraticain questo settore ed è anzi ad essa ., a mioparere, in netta opposizione .

Ritengo che il contenuto e gli indirizz idi questi bilanci costituiscano il più eloquent eatto di critica e di accusa verso l'attualeGoverno che, proprio in questa occasione ,ha scoperto senza reticenze la propria naturadi Governo conservatore, di Governo cura-tore di affari, sì, ma nell'interesse precipuodei monopoli e dei grossi gruppi finanziar ie privati in generale .

Il Presidente del Consiglio, nelle su edichiarazioni programmatiche, tra l'altro ,aveva affermato che il Governo si impegnavaad essere presente di fronte a tutti que iproblemi che non sarà possibile accantonare ,nell'attesa che la ripresa del dialogo tra l eforze politiche porti all'auspicata sollecit aformazione di una maggioranza che stia abase di un nuovo Governo ; essere presente ,cioè, « a quei problemi che non aspettano ,ma marciano per loro conto ».

Ebbene, se vi sono problemi che no naspettano, che marciano per conto lorò, ess isono proprio quelli inerenti alla strutturacivile del nostro paese, e cioè i problemidella casa, della scuola, dei trasporti, del-l'assistenza, della salute pubblica, dei serviz isociali collettivi . Essi costituiscono esigenzestoriche fondamentali per lo sviluppo dell apersonalità umana che non possono esseresodisfatte per mezzo del solo (e del restorelativo e contraddittorio) progresso econo-mico.

Purtroppo, invece, come accennavo pri-ma, sia dal contenuto del bilancio, sia da idiscorsi che i vari ministri hanno pronun-ciato, è emersa la sconfessione di ogni siapur timido proposito di risolvere in senso

democratico e programmato i problemi nuov idi carattere civile e sociale e gli squilibr ivecchi e recenti che caratterizzano oggi, in -vece, la realtà italiana .

L'onorevole Colombo, che mi pare abbi aparlato senza reticenze di inflazione, di salarie di stipendi, di necessari sacrifici per i lavo-ratori (e quindi per i loro familiari), ha cri-ticato e apertamente accantonato ogni ten-denza ad una politica di programmazion edemocratica . (Interruzione del Ministro Co-lombo) . Sarò ben lieta se nelle sue dichiarazion ismentirà quanto vado dicendo, non argo-mentando però, mi auguro, la sua rispost acon iniziative tipo quella dei cosiddetti pian iregionali di sviluppo . Io parlo di programma-zione economica democratica in stretta con-nessione con l'istituzione dell'ente regione .

Gli altri ministri, a mio giudizio, non son ostati da meno, sottolineando la pratica ne-cessità di lasciare via libera all'espansion emonopolistica; con tutte le gravi conseguenzeche essa comporta per la grande maggioranzadegli italiani .

In verità, onorevoli ministri, avete deli-beratamente ignorato quale è oggi la realt àdel nostro paese, le esigenze nuove, di enorm eportata. sociale, politica e umana, che il lavorodei singoli e delle comunità, che il formars idi una coscienza democratica più avanzata ,che il progresso stesso hanno fatto maturare .

lo voglio invece in particolare rivolgere lamia e – spero – la vostra attenzione propri osu questi problemi che sorgono dai bisogn ireali, conseguenti al tipo di sviluppo del -l 'attuale società italiana . Da anni sentiamoparlare di miracolo economico, di tendenz aalla piena occupazione, di benessere generaledegli italiani, ivi compresi, a vostro avviso ,i lavoratori, le lavoratrici e le loro famiglie .

Onorevoli ministri, intanto vorrei fare un aprima osservazione . Quando voi fate questeaffermazioni di carattere così generale, no nsolo chiudete la porta in faccia alla vita quo-tidiana, faticosa, dura e difficile che ancoramilioni di italiani sono costretti a condurre ;ma voi – come del resto avete sempre fatto –vi riferite ad una politica che ignora e non fai conti con le necessità e con le aspirazionidella categoria che costituisce oggi la mag-gioranza della nostra popolazione: le donneitaliane. Voi continuate a pensare ed a com-portarvi come se viveste in un mondo ne lquale la popolazione femminile, sotto l'aspettoeconomico, politico e sociale, rappresentass eun fattore marginale, inattivo e quindi estra-neo ai problemi della società e del suo svi-luppo .

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Ritengo che questa sia una finzione poli-tica interessata, tesa a lasciare inalterato i lsistema capitalistico e monopolistico da vo idifeso . Ma un regime del capitalismo e delmonopolio significa squilibri profondi, spess odrammatici, nelle condizioni di vita di milionidi persone: e nella fase attuale di svilupp odella società, ciò vale in particolare per mi-lioni di donne e per le loro famiglie .

Uno degli elementi che caratterizzano ,infatti, questa fase di sviluppo, è dato dall'in-gresso nel sistema produttivo di milioni didonne italiane: un milione e mezzo dal 195 4al 1962, pari al 58 per cento dell ' incrementocomplessivo dell 'occupazione in quel periodo .Il che significa, fra l'altro, che su ogni cinqu elavoratori nuovi occupati, tre sono donne ;con un totale dell ' occupazione femminile ,alla fine del 1962, di 5 milioni e 600 milaunità, di cui 2 milioni e 300 mila (pari a l41 per cento) coniugate . Non vi è dubbio chequesto massiccio ingresso femminile nella pro -

- duzione è un elemento estremamente posi-tivo, rinnovatore, per il quale noi ci siamobattuti e continuiamo a batterci, e che consi-deriamo la fondamentale conquista dell edonne italiane nella lotta per la propriaemancipazione .

Ma è doveroso aggiungere subito che que-sto processo evolutivo, proprio perché av-viene nel quadro di una società capitalista ,comporta una serie di laceranti contraddi-zioni che sarebbe in primo luogo dovere delGoverno risolvere, attraverso l'impiego el'utilizzazione, in senso programmato e demo-cratico, delle risorse di cui la società dispone .

Nel quadro politico delineato dai bilanc iin esame, non vi è invece quasi traccia d iiniziative rivolte alla realizzazione dei serviz isociali moderni la cui urgenza è ingigantit adalle nuove condizioni della donna che h ocitato ora . Però, onorevoli colleghi della de-mocrazia cristiana, quando parlate alle stess edonne iscritte al vostro partito, quand oparlate al vostro elettorato femminile e al -l 'opinione pubblica in generale, allora siet ecostretti a riconoscere queste esigenze e que-ste urgenze ed a prendere anche – almen oformalmente – certi impegni, così come com-prova il discorso pronunciato dall 'onorevoleMoro ad un convegno preelettorale del movi-mento femminile democristiano tenutosi aRoma nel febbraio di quest 'anno, nel cors odel quale l 'onorevole Moro, fra le altre cose ,disse : « La democrazia cristiana fa propri ele richieste che il suo movimento femminil e«ha riassunto in un documento e, in particolare ,l 'ulteriore revisione in materia di assegni fami-

liari, gli ulteriori interventi legislativi speci eper gli aspetti previdenziali e assistenziali, i lpotenziamento dei servizi indispensabili alladonna che lavora, quali le iniziative scolasti -che e quelle parascolastiche per l'infanziafino all'adolescenza, dagli asili nido all escuole materne, ai servizi ausiliari del lavoromateriale, all'armonizzazione degli orari d ilavoro nelle sue diverse branche e rispettoagli orari scolastici e dei pubblici servizi » .

Ancora più recentemente, d 'altra parte, i lmovimento femminile democristiano invi òall'onorevole Moro, quando egli era stat oincaricato di formare il nuovo governo, u ndocumento nel quale, tra l'altro, si dicevache « la politica reale di sviluppo del paes enon può prescindere dalla famiglia com erealtà umana e sociale » e si proseguiva chie-dendo che fosse data particolare attenzion eai problemi della casa, dell'infanzia e dellasua assistenza, e dei necessari e adeguati ser-vizi ausiliari .

Ora, l'onorevole Moro non è riuscito aformare il governo . Ma, onorevoli colleghi ,quellò che ci sta dinanzi è un Governo inte-ramente formato da democristiani e io credo ,quindi, che avrebbe dovuto a maggior ragion etenere rigoroso conto delle esigenze e dell erichieste espresse dallo stesso moviment ofemminile democristiano e sulle quali il segre-tario politico della democrazia cristiana s iera impegnato .

Dove, invece, sono andati a finire gliimpegni di cui si faceva garante l'onorevol eMoro? Ho rilevato prima l ' assenza delle col-leghe del gruppo democristiano (questo av-viene di frequente per tutti e non formuloun rilievo particolare), ma è proprio a loroche io avrei voluto rivolgere alcune osserva-zioni, a loro che sono donne che rappresen-tano le speranze e le esigenze di milioni d ielettrici italiane . Perché le nostre collegh edel partito di maggioranza relativa non por-tano avanti ora le loro buone intenzioni ?2 vero che di buone intenzioni sono lastricat ele vie dell'inferno, ma allora dovremm oproprio pensare che le posizioni che eranostate prese avevano solo carattere strumen-tale e propagandistico ? O forse sarò smentit ada un intervento che verrà fra poco da part edi qualcuna delle colleghe della democrazi acristiana, nel quale verrà chiesta (e vorre ipermettermi di ricordare che questo è il mo-mento) anche da parte loro una divers ascelta nell'ambito della pubblica spesa, ido-nea a modificare l'attuale rapporto tra fami-glia e società, al fine di una radicale trasfor-mazione delle strutture sociali e civili del

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nostro paese ? In verità, se questa smentit avenisse, mi giungerebbe enormemente gradita ,perché purtroppo, onorevoli colleghi, la realtàè che persiste oggi una situazione nella qualele donne lavoratrici, che hanno quasi sempreun salario inadeguato al loro rendimento e a lloro lavoro, vedono ricadere su di esse (tolt ialcuni casi che, in una visione d ' insieme de lproblema, hanno carattere di eccezionalità) ,tutti i mali vecchi e nuovi della societ àitaliana .

Milioni di lavoratrici e lavoratori, perprocurare condizioni di vita almeno digni-tose alle proprie famiglie, sono costretti alunghe ore di lavoro straordinario o addi-rittura all'ormai sciaguratamente diffuso dop-pio lavoro, che li obbliga a rinunciare a lnecessario recupero delle energie e a can-cellare dalla propria esistenza la storica con-quista della classe operaia, la giornata lavo-rativa di otto ore . Altro che quanto diceval'onorevole Moro nel suo intervento al con-vegno femminile della democrazia cristian ache ho citato : armonizzazione e riduzion edegli orari di lavoro ! La situazione si ag-grava sempre di più e in verità invest etutti: ma nei confronti della donna si mani -festa in modo particolarmente acuto. Al suolavoro extradomestico si accoppiano infatt iinesorabilmente il lavoro nella casa, la cur aper i figli e per la famiglia . E non solo :il fatto di dover vivere, nella maggior partedei casi, in abitazioni vecchie, sovraffollate ,prive di adeguati servizi igienici e, quand oanche si tratti di abitazioni recenti (le co-siddette case popolari), mai idonee alle mo-derne esigenze, mai atte ad alleggerire i lsuo lavoro domestico, rende più pesante edifficile per la donna lo svolgimento dellasua doppia mansione.

A ciò si aggiunga il fatto che per molt edi queste abitazioni una famiglia di lavora -tori è costretta a pagare anche un terzodel salario . E tutto ciò avviene grazie all especulazioni sulle aree fabbricabili, al mo-nopolio del cemento, all'espandersi di quell aspeculazione privata di cui con tanta pas-sione (ma avendo l ' avvertenza di chiamarl acon un altro nome) vi siete ancora dichia-rati sostenitori .

Voglio inoltre ricordare che oggi vi son omigliaia e migliaia di donne e di uominiche, per raggiungere il proprio posto di la-voro, devono sottomettersi a lunghe ore d iviaggio, su mezzi di trasporto spesso vetu-sti e inadeguati, il che li costringe a lasciarela propria casa all'alba per tornarvi a lbuio .

A un recente convegno della Lega na-zionale delle cooperative, tenutosi a Bologna,le dirigenti femminili di quel moviment ohanno esposto un approfondito, interessant estudio sui problemi che stiamo esaminando .In esso viene dato un quadro storico eumano estremamente realistico della condi-zione della donna nella nostra società . E frale inchieste statistiche viene citata quell acondotta qui a Roma, al Poligrafico dell oStato, da cui risulta che il 95 per cento delledonne ivi occupate sono costrette, dopo ott oore di lavoro, a impiegare dalle due alle quat-tro ore sui mezzi di trasporto e dalle cinquealle sei ore per il disbrigo privato dei lavoricasalinghi ; il che significa che le donne de lPoligrafico, così come del resto la maggio-ranza delle operaie e delle impiegate ita-liane, sono costrette a far fronte a unagiornata lavorativa di 16-17 ore .

Si hanno così, ripeto, uno sfruttamento euna frustrazione della persona umana chenon hanno precedenti, un drammatico sprec odi energie, cui si aggiunge il tormento mo-rale della lavoratrice madre che vive nell apaura continua dei mali morali e materialiche incombono sulla sua famiglia e che s adi non poter fruire, perché non vi sono ,o sono insufficienti o male organizzati, d istituti pubblici atti a proteggere, ad assi-stere, ad educare i suoi figli .

Forse, a questo punto, onorevoli colleghi ,qualcuno potrebbe sventatamente e tenden-ziosamente concludere che è il lavoro extra -domestico della donna che genera tutti que-sti guai . No, ritengo che non è facendo pro -cedere . a ritroso la storia che si assicuran obenessere e vivere civile a un popolo, bens ìfacendosi lo Stato in prima persona sosteni-tore e realizzatore degli interessi della col-lettività .

In Italia, invece, il tipo di espansione dellasocietà basata sulla legge del massimo pro-fitto mortifica e avvilisce la persona umana ;e non soltanto durante le ore di lavoro, m ain ogni ora della sua giornata soggiogaognuno allo sfruttamento .

E anche qui vorrei ricordare qualch ecosa. « Può forse la donna sperare il su overo benessere da un regime di predomi-nante capitalismo ? No . E non abbiamo bi-sogno di descrivervi ora le conseguenze eco-nomiche e sociali che da questo derivano.Voi donne ne conoscete i segni caratteristic ie ne portate in voi stesse il gravame » . Quest eparole non solo non sono mie, ma non son onemmeno dell'onorevole Moro: furono pro-nunciate nel 1945 dal Papa Pio XII .

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Ebbene, ora noi chiediamo: che cosa avet efatto, che cosa vi proponete di fare per im-pedire che questa situazione si perpetui ,anzi si acutizzi sempre più ? In Italia ab-biamo circa 3 milioni di bambini da zer oa tre anni, di cui un milione e 200 milasono figli di lavoratrici . Ebbene, gli asil inido dell'O . N . M. I. sono in tutta Italia 485,per un massimo di 15-20 mila bambini . ABologna vi sono 35 mila bambini da zeroa tre anni, mentre gli asili nido dell'O . N .M. I . sono 15 e possono ospitare soltant o400 bambini . Vi è quindi un deficit nazionaledi un milione e 180 mila posti, mentre a lriguardo non esiste alcun programma go-vernativo .

Peggio ancora, in un certo senso, vannole cose per quanto riguarda la scuola materna ,che pure è il cardine fondamentale dell'assi-stenza all'infanzia, ma che costituisce atutt'oggi uno dei più gravi problemi cu irifiutate di dare soluzione. Secondo i datidel 1960, in Italia vi sono 2 milioni e 600mila bambini dai tre ai sei anni . Ebbene, i l57,2 per cento di questi bimbi non pu òessere assistito per mancanza di scuole ma -terne: a Torino solo il 3 per cento dei bambin idai tre ai sei anni può essere assistito, mentreil resto, circa 40 mila bimbi, nel periodo incui le madri sono al lavoro, resta affidato aifratellini di poco maggiori di età o addiritturaincustodito e in balìa di se stesso .

Inoltre, in campo nazionale, gli assistit ipossono fruire solo in numero di 247.650delle scuole materne comunali gratuite, men-tre un milione e 90 mila bambini sono co-stretti a frequentare scuole materne private ,quindi a pagamento e con un certo tipo d iindirizzo pedagogico .

Noi chiediamo che la scuola maternaabbia carattere pubblico e universale, econ orari rispondenti a quelli dei luoghi d ilavoro, sia cioè un servizio sociale delloStato, aperto a tutti e gratuito . Non vi èdubbio che una scelta di questo genere èinsieme economica e politica, di alternativaad altre spese; non vi è dubbio che questascelta non potrà avvenire se ancora allacostruzione e alla istituzione delle scuol ematerne, così come di altri servizi di caratter esociale e civile indispensabili ad un democra-tico sviluppo della società, si preferirà ante -porre la scelta di spese che abbiano caratter edi investimenti per l'ulteriore sviluppo d itipo capitalistico e monopolistico .

Ma sull'argomento vorrei citare, seppurbrevemente, il problema che investe 1'O.N .M.I., questo ente che inghiotte pubblico

denaro e, invece di estendere la propria opera ,la va riducendo, come da notizie che stannogiungendo da molte province d'Italia. E i lGoverno che cosa fa ? Invece di attuare unariforma organica e democratica di tutto i lsettore, attribuendone i compiti e i fond inecessari agli enti locali, eroga proprio ora6 miliardi all'O .N.M.I. senza un minimo d igaranzia e di controllo democratico, cioè delParlamento, sull'uso che ne verrà fatto ,cosa che preoccupa ancora di più datol'inaccettabile perdurare del regime commis-sariale in quell'ente .

È questo, onorevoli colleghi, un altroesempio che va ad aggiungersi al problem adi insieme, il quale è caratterizzato da lrifiuto costante dello Stato di adeguare l estrutture della società alle dimensioni nuov edei bisogni umani e sociali, dal suo rifiutodi prevenire e contrastare le pressioni inte-ressate che vengono dall'esterno, di modifi-care e riequilibrare il rapporto fra famigli ae società .

La classe dirigente capitalistica ha trattolargo vantaggio dall'ingresso massiccio dell adonna nella produzione, perché ciò da u nlato le ha permesso una politica di bass isalari (e anche qui potremmo citare unainfinità di cifre, ma bastino alcune cheriguardano la città di Milano, la capitale del« miracolo «, ove le lavoratrici dell'abbiglia-mento percepiscono salari che vanno dall e

25 alle 28 mila lire mensili e le metallurgich esalari che vanno dalle 35 alle 40 mila liremensili) e dall'altro le ha consentito di im-porre la pratica delle occupazioni multiplefamiliari, basate su salari individuali semprepiù lontani dalla intensità e produttività de llavoro .

Ma il Governo non vuole pagare alcu nprezzo sociale per lo sfruttamento di sìlarga parte di popolazione femminile che l aclasse capitalistica ha potuto operare propri ograzie alla compiacente politica governativa.Onorevoli colleghi, quando dianzi citavo l e17-18 ore di lavoro a cui le donne del Poli-grafico e le altre operaie ed impiegate sonosottoposte, ho sentito un mormorio quas i

di incredulità : ma avete provato mai a dimmaginare come si svolge, nella vita d itutti i giorni, l'esistenza di milioni di questedonne ? Alzarsi all'alba, accudire alle prim efaccende domestiche, preparare i bambini perla scuola o, in certi casi, ed è peggio ancora,lasciarli soli in attesa delle ore scolastiche ecorrere al lavoro, ove ogni briciola delle loroenergie viene sfruttata, per ripercorrere poi ,dopo le otto ore di lavoro (se sono otto sol-

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tanto), il lungo tragitto fino a casa, per trovare ancora tutto il lavoro domestico dà,sbrigare . E tutto questo avviene perché i, lmonopolio campeggia indisturbato sullo svi rluppo del nostro paese, e Io Stato non sol onon interviene a modificare le tendenze 61 1questo sviluppo, ma anzi le difende e léagevola, consentendo (come è tanto più evir-dente dalle scelte economiche che aveteassunto in questi bilanci finanziari) un ulte-riore e più acuto processo di, sfruttamentodiretto e indiretto delle grandi masse lavo-ratrici .

Qualcuno potrebbe obiettare che l'Italiadel « miracolo » ha registrato l'aumento d ideterminati consumi : elettrodomestici, tele -visione, automobili, motorette, il che sta-rebbe a dimostrare l'aumentato benesseredella popolazione. Voglio solo sottolineare-quanto ha scritto sull'argomento il professo rSaraceno, in un articolo apparso nel marzosulla rivista Nord e sud : « La scala dei bi-sogni avvertiti dalla maggioranza tende amodellarsi sempre più in relazione al torna -conto dei produttori ed una importanza cre-scente viene data alla sodisfazione di bisogn iche comportano la domanda di determinat iprodotti, mentre spazio sempre minore vien edato non solo alla possibilità di sodisfare maaddirittura alla capacità di sentire bisogni .Si potrebbe forse dire che la scala dei bisogn istoricamente sentiti dall'uomo è determinata ,come altri fenomeni del mondo moderno ,da una coalizione unilaterale di interessi ,più precisamente gli interessi dei grand iproduttori » . 1 evidente, cioè, che lasciand ovia libera a queste forze il Governo si sottra ead una organizzazione pubblica e sociale de iservizi necessari alla collettività e, per contro ,si fa pagare alla stessa collettività il sodisfa-cimento di certe esigenze che imporrebberoinvece, per il loro stesso carattere, soluzionisociali e pubbliche .

D'altra parte la precarietà e l'ipocrisiadi questo tipo di benessere sono dimostrat ada un lato da dati statistici, secondo i qualinel primo trimestre del 1962 solo il 4 pe rcento della popolazione possedeva i tre elet-trodomestici fondamentali, mentre il 71 pe rcento ne era totalmente privo e dall'altr olato – che è poi fondamentale – dai sacrific ie dalle rinunce che questo tipo di consum iforzati comporta . Per centinaia di migliaiadi famiglie comprare l'aspirapolvere o lalavatrice significa per un certo periodo man-giare meno e mangiare peggio, signific asottrarre alla alimentazione Ie rate necessari ea pagare questi elettrodomestici . Se si acqui-

sta la televisione o la motoretta o l'utilitaria ,si rinuncia alle ferie fuori città, anche ma-gari solo per una settimana, ai libri, a u nminimo di vita culturale (teatro, cinema, ecc .) .

A riconferma della obbligatorietà dell ascelta nei consumi imposta dai monopoli ,voglio ancora citare questi dati : in Italia ,mentre la produzione di automobili è aumen-tata dal 1955 al 1961 del 276 per cento, e l aspesa per il consumo di articoli durevoli d iuso domestico è salita fra il 1959 e il 1960 de l15,8 per cento rispetto ad una media diincremento dell'8 per cento del precedente ,decennio, la spesa per il consumo dello zuc-chero è rimasta invariata, quella per il con-sumo della carne è salita di appena il 6 pe rcento rispetto ad una media di aumento de l6,9 per cento del decennio precedente, e l aspesa per il consumo di frutta e verdura èaumentata solo del 2,3 per cento rispetto aduna media di incremento del 4,4 per centodel decennio precedente . Questa spinta deimonopoli verso determinate scelte e consumicrea, quindi, l'illusione (pagata, come abbiamo visto, a caro prezzo materiale e mo-rale) di risolvere individualmente i nuov iproblemi che incombono oggi su tutte le fa-miglie italiane .

Per contrastare tale spinta dei grand imonopoli verso determinati consumi privat idovrebbe sorgere, anzi dovrebbe già esseresorta, l'autorevole iniziativa dello Stato pe rla creazione di spazi sempre più vasti versoconsumi pubblici e sociali, costituiti dagliasili, dalle scuole materne, da tutti gli isti-tuti di istruzione, dai servizi sociali collettiv ioccorrenti alla vita familiare, dai serviz iper la salute pubblica e l'igiene, dal servizi ostatale che assicuri una casa igienica e deco-rosa ad ogni cittadino, dai servizi cultural ia disposizione delle più larghe masse popo-lari . Ecco, quindi, l'accusa fondamentaleche noi vi rivolgiamo : voi comprimete edannullate in larga parte le spese per quest iservizi che soli, invece, possono caratteriz-zare lo Stato moderno e democratico, pe rmantenere aperti e crescenti gli investiment iche assicurano lo sviluppo della societ àfondata sul profitto, in cui il lavoratore e l asua famiglia sono abbandonati allo sfrutta -mento, alla frustrazione e all'alienazione ,senza difese che provengano, come sarebb edoveroso, dall'ordinamento statale .

Una programmazione economica demo-cratica non può che contenere ai primi grad idelle sue scelte la scuola, la casa, la salutepubblica come servizi sociali . Ma ciò è in -comparabile, è alternativo alla scelta della

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spesa pubblica rivolta soprattutto ad incre-mentare gli investimenti di sviluppo capi-talistico .

Ecco perché, onorevole ministro, sacri-ficando asili, scuole, ospedali, case, serviz iculturali e servizi sociali collettivi per le fa-miglie, difendendo ad ogni costo la linea vo-luta dai grandi monopoli, voi entrate in con-traddizione con le incontenibili spinte cheprovengono dallo sviluppo democratico dellanostra società, spinte che però – cerchiamodi ricordarlo tutti – non potranno non im-porsi a più o meno lunga distanza di tempo .

Concludendo mi pare doveroso sottoli-neare come ciò che noi chiediamo – e cioè unadiversa impostazione dei bilanci, una diffe-rente scelta nella politica sia della spesa siadell'entrata – non abbia solo carattere eco-nomico e contingente : si tratta in realtà d idare oggi un valore nuovo al tipo nuovo d ifamiglia che è venuto creandosi, si tratta d istabilire un rapporto nuovo e democraticotra famiglia e società, per cui sia possibil el'appagamento delle esigenze collettive ve-nute maturandosi e che investe spesso, s ecorrettamente realizzato, gli aspetti più ele-vati della vita umana .

Queste sono le ragioni fondamentali pe rcui noi dissentiamo profondamente dall evostre scelte, e ci battiamo e ci batteremoper uno sviluppo democratico e programmat odell'economia italiana che tenga conto dell eesigenze di tutta la nostra popolazione e siatale da trasformare subito, e non solo do -mani, la relativa espansione economica i natto in un vero progresso ordinato e civil edi tutta la collettività nazionale . (Applaus iall'estrema sinistra – Congratulazioni) .

PRESIDENTE. R. iscritto a parlare l'ono-revole Riccio . Ne ha facoltà .

RICCIO . Signor Presidente, onorevoli col -leghi, il mio intervento riguarderà un argo -mento: agricoltura e sviluppo economico .

Lo squilibrio economico-sociale fra il set-tore della agricoltura e quello delle altr eattività produttive è il fenomeno più rile-vante in Italia, oggi ; e caratterizza la que-stione sociale, costituendone il punto critico .Giustizia ed equità impongono che i rapport ifra l ' agricoltura e le altre attività economichevengano adeguatamente esaminati e composti ,con un ritmo tanto più accelerato quant omaggiore è lo sviluppo dell'economia del paese .

stato osservato, nella relazione sull'at-tività di coordinamento depositata dal pre-sidente del Comitato dei ministri per il mez-zogiorno il 20 aprile 1963 (pagina 28), che« lo sviluppo economico del paese e l'esodo

che si è verificato nelle regioni meridionaliconsentono, oggi più di ieri, di affrontar equesti problemi che implicano, come è noto ,un nuovo assetto fondiario, più moderni rap-porti contrattuali, una forte organizzazion edi mercato ed una notevole capacità finanzia-ria e tecnico-imprenditiva degli agricoltori » .

L'osservazione è giusta ; epperò, la crisi èdivenuta acuta .

La conferenza dell 'agricoltura mise gi àin evidenza la urgente necessità di affrontarei vari e complessi problemi dell'agricoltur aitaliana con visione unitaria e direttive co-stanti. L'agricoltura in questi ultimi anni s iè maggiormente logorata, cadendo in un acrisi talmente grave da riverberare i suo ieffetti negativi anche sullo sviluppo econo-mico generale .

La scarsa produttività del lavoro agricolo ,l'inadeguato tenore di vita, l'esodo dalle cam-pagne – per il modo con cui avviene e per irimbalzi che determina nell'ambiente a cu il'emigrato rimane legato e nel quale ritornasia pure fugacemente, ma sempre diverso ,almeno psichicamente – impongono soluzioninon solo di ordine economico- 'sociale, maanche di ordine umano .

La campagna non può attendere la conclu-sione dei colloqui politici ; tanto più che qual -che interlocutore di essi si pone minaccios onella spinta dei contadini verso forme esa-sperate di lotta. Occorre portare subit oun'aria nuova nell'agricoltura : aria nuovache non deve investire soltanto la mezzadriao qualche strumento di intermediazione, masoprattutto le strutture dell'agricoltura, e ,vorrei dire, tutto il mondo agricolo .

Il contributo dello Stato in sostegnodell'arretrato settore agricolo è stato fort efino ad oggi, ma purtroppo non si è trasfor-mato in risultati adeguati in 'termini d isollevamento del settore stesso ; e, forse, nonè stata neppure formulata una politica agra -ria vera e propria, intesa come un organic oadeguamento tra obiettivi e mezzi alla lucedelle forze evolutive di fondo del mond oagricolo .

Certo una politica organica per l'agricol-tura nel dopoguerra non vi è stata, anchese nello schema Vanoni vennero individuat ele linee secondo le quali l ' agricoltura italian adoveva evolversi e furono indicati gli inter-venti finanziari necessari .

Di fronte all'azione spinta dei coltivatoridiretti organizzati, molteplici provvidenze s isono avute. Anche per il Parlamento italian osono passati glì uomini dalle spalle scure edalle mani annerite, e hanno chiesto e otte-

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mito non solo una rilevanza politico-sociale d icategoria, ma anche importanti provvedi -menti congiunturali e strutturali, di conte-nuto umano e sociale . Ma occorre che l arivoluzione di rinnovamento contadino s icompia presto in Italia, con la conquistadella parità di reddito da parte del coltiva-tore, il quale, come lavoratore e come colla-boratore nella comunità-Stato dell'opera ri-volta al bene comune, ha diritto allo stess oreddito del lavoratore di altri settori produt-tivi .

Il contadino è lavoratore ; il suo redditoè reddito di lavoro ; il frutto del lavoro è de-stinato alla comunità e la comunità ha i ldovere di trattare i suoi componenti consostanziale uguaglianza .

Chi ha di fronte il contadino, il coltivatore?Il proprietario della terra ? Egli lavora an-che per lui, per dargli il canone di affitto ; l'hadi fronte, non per ottenere il corrispettiv odel suo lavoro, ma per dargli una parte de lsuo lavoro. Ma chi ha di fronte ? Per chi la-vora ? Chi utilizza il frutto del suo lavoro ?Il frutto del lavoro del contadino è destinat oal consumo, e quindi alla comunità umana;e dalla comunità egli deve ricevere il corri-spettivo adeguato. Egli deve partecipare a lbene comune, come gli altri e quanto gl ialtri ; e bene comune non è soltanto il reddit onazionale, ma l'insieme di quelle condizion isociali che consentono e favoriscono negli es-seri umani lo sviluppo integrale della persona .

Sicché, nell'organizzazione giuridica dell ecomunità politiche ed attraverso la Costitu-zione, va riaffermato il diritto del lavorator edella terra al conseguimento di un reddito -salario idoneo a favorire lo sviluppo integral edella sua persona. Nella Costituzione italianaè stato riconosciuto tale diritto . Occorre, ora ,articolarlo e renderlo effettivo .

I protagonisti dello sviluppo economico ,del progresso sociale e della elevazione cultu-rale degli ambienti agricolo-rurali devonoessere (è una affermazione di Giovanni XXII I

nella Mater et Magistra) gli stessi interessati ,e cioè i lavoratori della terra . Lo sono stati ,e lo saranno. Ma come? Attraverso il reddito -salario .

Alla nobiltà del lavoro che produce i lnutrimento per l'uomo (e non già le parti diuna macchina) e la varietà degli aliment idi cui si nutre la famiglia umana, e che for-nisce un numero sempre maggiore di mate -rie prime all'industria, non può non corri-spondere l'adeguatezza di una retribuzione'che sia degna dell'uomo . Nella campagna i llavoratore conversa con la natura, e la vince

e la convince a produrre secondo un disegn opreordinato al servizio della comunità ; l'agri-coltore interroga i semi, le piante, gli innest iper conoscere (l'espressione è di sant'Agosti-no, De Genesi ad litteram, VIII, 8) «fin dovesi spinge l'intimo potere dei germi o dell eradici, per iscoprire quanto valga l'operaesterna dell'uomo e la innata virtù interior edella pianta e del suolo » ; il coltivatore s iaffatica sulla terra e nella stalla spingendola bestia o la macchina a rompere i mister idella natura ed offrendo all 'uomo il filod'erba e la goccia di latte che solo la natura– per forza di lavoro – sa produrre nella suacapacità creativa impressale dal Creatore .

Quale lavoro è più nobile, più utile allacomunità ? Qual è il più degno dell'uom oe più diretto all'uomo ? All 'alba, in campa-gna, la rugiada luccicante al primo raggiodel sole ed il canto della gallina e del merloesprimono la generosità della terra, ma anch ela capacità provvidenziale (non è un ' imma-gine di Dio-Provvidenza ?) dell 'uomo. Laterra riveste di bellezza insuperabile il gigli osotto la carezza della mano dell 'uomo ; ma i lgiglio profuma la vita dell'uomo e dell acittà .

Gli uomini dalle spalle scure e dalle man iannerite e deturpate dalla vanga avanzanoportando panieri di frutta, sacchi di patate ,fasci di fiori ; avanzano, spingendo le lor omucche avanti all'aratro ; avanzano e por-tano il latte al cittadino, che ancora non èsveglio; avanzano e offrono la carne, chealimenta e sostiene e invigorisce.

La rivoluzione degli uomini dalle spall escure e dalle mani annerite ha un obiettiv odi giustizia: la conquista della parità delreddito con gli altri lavoratori . E una rivo-luzione non solo economico-sociale, ma uma-na. Ed una rivoluzione umana vuole esseresilenziosa e pacifica; senza violenza, senz a

sangue . Non ricadrebbero la violenza e i lsangue sullo stesso contadino ? E non sonostati forse in altre terre, sotto altri regimi ,in conseguenza di altre rivoluzioni, i conta-dini a pagare con il loro sangue non la con-quista della terra, ma un effimero promovi-mento verso una uguaglianza di reddito chepoi non è stata mai realizzata ? Occorredirlo: nei regimi comunisti, anche sottoquesto aspetto, la rivoluzione ha tradito icontadini .

Nel cristianesimo e per il cristianesim ola questione contadina può e deve avereuna soluzione di giustizia, con la conquist adei diritti sociali per i coltivatori e per leloro famiglie . E conforme a giustizia attri-,

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buire a ciascuno il posto cui ha diritto, pe rnatura o per lavoro. E poiché l'ordine so-ciale tende a coordinare – e cioè a mettereordine – tra l'attività degli uomini, la giusti-zia è virtù sociale per eccellenza. E la giu-stizia, dal punto di vista morale, oltrepassala società organizzata ; essa entra in giuocodal momento in cui alcuni uomini si incon-trano, e si applica anche se tra di essi no nesiste alcun vincolo sociale . La giustizianasce nel diritto naturale e si afferma vigorosanella società degli uomini . La rivoluzionedei contadini – come conquista della egua-glianza nella società – è umana, prima ch esociale ed economica .

Ma come creeremo questo ordine giustoper il contadino ? E urgente provvedere ?

Facciamo la diagnosi della grande amma-lata dell'economia italiana, per identificarnele provvidenze congiunturali e strutturaliimpellenti e necessarie . Quel che è certo èche è urgente eliminare la malattia, per evi -tare la morte ed una morte infettiva .

MICELI. Chiude la stalla quando i buoisono scappati !

RICCIO . Vogliamo tenere aperta la stalla ,onorevole Miceli, per portarci sempre piùbuoi, ma . soprattutto più uomini .

MICELI. Devono stare nella stalla gl iuomini ?

RICCIO . Per ripararvi il loro bestiame ,certo, ma per poi uscirne e trovare una cas amigliore .

Faccio, dunque, questa diagnosi perché i lproblema riguarda il bilancio della comunitàitaliana, e perché si tratta di stabilire unapolitica organica e programmata per il settor ein coordinamento con la politica per gli altrisettori, e perché occorre eliminare l'espan-sione di una infezione sociale verso altrisettori e verso altre zone .

La relazione Pastore contiene una largadisamina delle cause della crisi dell'agricol-tura nel Mezzogiorno ; e la relazione Pastoresi discute in questa sede . Soprattutto nelleregioni meridionali occorre giungere prest oa nuove strutture aziendali capaci di realizzar eun'agricoltura moderna tale da produrrealimenti per tutti gli italiani nella misurae nella qualità necessarie per potenziare a lmassimo anche il rendimento fisiologico de lnostro popolo .

La Relazione generale sulla situazione eco-nomica del paese per il 1962 – la quattor-dicesima della serie – incomincia propri otrattando del capitolo dell'agricoltura e de lcoordinamento fra l'agricoltura e gli altr isettori produttivi .

Nel capitolo primo, avente appunto pe roggetto la formazione del reddito in agricol-tura, la relazione, sia pure in maniera velat ae alquanto ottimistica, pone il problema dell ascelta delle colture e della trasformazionedelle coltivazioni, in quanto (si legge a pagi-na 5) « si va ormai verificando una generaleespansione della domanda, specialmente no-tevole per alcuni prodotti di più elevata quali-ficazione », per cui dovrebbe aversi la « sol-lecitazione per gli agricoltori a migliorare ,mediante investimenti in capitali fondiari e dagrari, gli elementi costitutivi della gestion eaziendale, onde aumentare, pur nell'ambitodi criteri di economicità, le produzioni per l equali si presentano più favorevoli pro-spettive » .

E di quella relazione – che imposta anch eil problema delle scelte e delle trasformazionicolturali – occorre discutere, e discutere inquesta sede, cioè quando prendiamo in esam eil bilancio dello Stato e le prospettive dell osviluppo, articolato e programmato, del no-stro paese.

'Ma come sollecitare gli agricoltori a mi-gliorare gli elementi costitutivi dell'aziendamediante investimenti in capitali fondiari edagrari, se tali capitali non spingiamo vers oquel settore ? L'agricoltura è in crisi ; il red-dito agricolo è basso ; nel Mezzogiorno è piùbasso ; vi sono crisi ricorrenti di prezzo pe ralcuni prodotti, come per patate, pomodori ,ecc . : e vi sono prezzi non remunerativi peraltri prodotti (una bottiglia di latte ed unabottiglia di vino costano meno di una bot-tiglia di acqua minerale) .

Come risollevare il settore depresso ? Nonbasta enunciare il problema; occorre risol-verlo, e risolverlo con urgenza .

Nel rapporto dell'Istituto nazionale perlo studio della congiuntura sull'evoluzionecongiunturale del sistema economico ita-liano dal dicembre 1962 al maggio 1963 (pa-gina 58) tra l'altro si osserva : « L'azione dimodifica delle strutture appare d'altra partetuttora frenata da notevoli incertezze si acirca le prospettive di impiego dei fattor iproduttivi (e specialmente del lavoro), siacirca le prospettive del mercato, entramb elegate alla evoluzione economica delle diversezone e in particolare alle modalità dello svi-luppo industriale, ai tipi di insediamentodella popolazione » . Ancora una volta sono con -fermate la diagnosi e la prognosi ; ma occor-rono i mezzi idonei, gli strumenti di solleva-mento, le medicine per la cura, e per unacura radicale, che rompa il tradizionalismocolturale, il rachitismo economico, I'infanti-

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lismo individualista . E, per di più, se v' èuna interdipendenza tra le prospettive d iimpiego dei fattori produttivi, le prospettivedel mercato dei prodotti agricoli e la evolu-zione economica, considerata sia in rapport oallo sviluppo industriale sia in rapporto al -l'insediamento della popolazione, occorre con-cludere per una interdipendenza tra agri-coltura e industria, e quindi per l'attuazion edi una politica coordinata tra i vari settor iproduttivi .

Se , diverso è il contenuto dei rilievi post inella relazione Pastore, nella relazione L aMalfa-Tremelloni e in quella dell'« Isco »,pure essenzialmente uguali sono le osserva-zioni di fondo e le problematiche politico -sociali individuate per l'agricoltura . Il pro-blema agricolo si pone, quindi, come unproblema di sviluppo economico generale .Si tratta, per altro, di un problema che cam-mina per conto proprio e richiede una riso-luzione adeguata e urgente .

Lo stesso onorevole La Malfa, conside-rando un altro aspetto del mondo agricolo ,nella nota aggiuntiva alla Relazione gene-rale sulla situazione economica del paes epresentata al Parlamento il 22 maggio 1962(ed ora pubblicata nel volume : Verso lapolitica di piano, Edizioni scientifiche ita-liane, Napoli, da cui cito, pagina 27), avevagià rilevato : « Innanzi tutto, occorrerà per -seguire, in campo agricolo, le soluzioni checorrispondono alla massima efficienza tecnicaed economica. Il grande esodo che si è veri-ficato e si sta correntemente verificando dallecampagne, e al quale corrispondono consi-derevoli capacità di assorbimento da part edei settori secondario e terziario, rende ora -mai possibile una soluzione dei probleminella quale le considerazioni di profittabilitàe di efficienza abbiano il sopravvento suquelle di natura meramente sociale » . Sic-ché anche l'onorevole La Malfa, già d atempo, per l'esodo dei lavoratori della terra –esodo che costituisce un generoso e fort eapporto allo sviluppo dell'industria e dell ealtre attività – e per altre ragioni di naturaeconomica e sociale, indicò come urgentela risoluzione del problema agricolo . Ed ilproblema agricolo s'inquadra in quello dell osviluppo economico globale del paese .

Né, in rapporto alla spesa necessaria ,può dirsi che questa concorrerà al frana -mento della moneta. Non lo crediamo, nonlo possiamo credere .

I comunisti hanno reagito sia alle affer-mazioni del dottor Carli, sia alle dichiara-zioni del Presidente Leone, sia alle conclu-

sioni del ministro del bilancio, senatore Me-dici, sulla necessità di difendere la stabilitàmonetaria . È stato osservato che il ministr oMedici l'ha fatto in modo singolare, « senza ,cioè, dare alcuna spiegazione delle cause chestanno all'origine dell'attuale pressione in-flazionistica e senza indicare quali siano lemisure che il Governo intende adottare pe rfar fronte ai pericoli che stanno dinanzi alpaese ». E le cause – a stare alla opinionedel partito comunista – sarebbero i mono-poli . « Si tratta essenzialmente – è stat oscritto – della politica dei grandi gruppimonopolistici e della speculazione sui pro-dotti agricoli, sulle importazioni, sulle areefabbricabili, ecc . » (cito un articolo di fond osu L'Unità di Eugenio Peggio, dal titolo :« Stabilità monetaria ») . Sempre secondo i lPeggio, « rimuovere le cause delle spinteinflazionistiche in atto e del carovita signi-fica condurre con energia una vasta azionecontro lo strapotere dei monopoli e dell aspeculazione ; significa colpire il sistema de isopraprofitti di monopolio e delle rendite ;significa insomma perseguire una rapida ee radicale trasformazione del sistema eco-nomico » .

L'impostazione comunista è semplicisticae inadeguata . Le stesse strutture economichenon possono avere determinato – come causaesclusiva – ora la salita ed ora la disces adella moneta. Il fenomeno dell 'aumentodei prezzi – che non è soltanto italiano –trova origine anche nella corsa incontrol-lata agli alti salari. Epperò la colpa non èdei lavoratori, ma di una politica sindacaleesasperata e non armonizzante . Nell'inte-resse dei lavoratori va difesa, prima ditutto, la moneta: e, quando parlo di lavo-ratori, mi riferisco anche a quelli agricoli .La pressione inflazionistica che si è manife-stata nel sistema economico attuale vacombattuta ed eliminata subito ; la difesadella stabilità monetaria è urgente e deveessere fatta con provvedimenti e pressioniimmediati .

Epperò, la stabilità monetaria è condi-zione essenziale perché lo sviluppo si realizzicon elevati tassi di incremento della produ-zione e del reddito. Questi, d'altro canto ,rappresentano condizioni necessarie per un aprogrammazione economica che affronti glisquilibri regionali, settoriali e sociali caratte-ristici della società italiana .

Se è semplicistico attribuire ai monopol il'inflazione, è anche semplicistico parlar e– e ciò avviene a destra – di blocco salariale ,in quanto costante di una politica di sviluppo

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è la maggiore partecipazione dei lavorator ialla distribuzione del reddito. , La question enon è di bloccare i salari, ma di attuare unagiustizia distributiva in rapporto al reddito .

Una politica dei redditi non significablocco dei salari . Epperò, per una saggi apolitica economica, vi sono obiettivi fonda-mentali ed irrinunciabili da conseguire . Ess isono : sviluppo economico, alto livello d ioccupazione, equilibrio della bilancia de ipagamenti, stabilità monetaria . La difesadei ceti economici più deboli è tanto più va-lida quanto più stabile è la moneta ; è questoil dovere fondamentale della comunità-Stato ,per i lavoratori e nell'interesse dei lavoratori .È indispensabile una programmazione, con -dotta dapprima in senso previsionale e po iin senso operativo, tendente sempre al pienoimpiego. Gli aspetti sociali e quelli econo-mici vanno fusi insieme nel vasto disegnodi una generale politica di sviluppo in mododa raggiungere, in un certo periodo, e danche in agricoltura, l 'occupazione otti-male, la quale permetterebbe la miglioreutilizzazione del potenziale di manodoperae realizzerebbe nel contempo le condizionidi maggior beneficio per i lavoratori .

Il problema dell 'espansione economicariguarda tutti i lavoratori, ma, in particolare ,i lavoratori della terra, per i quali non son oulteriormente ammissibili pause riflessive n éattese esasperate . Per tutto lo sviluppo delpaese, ma soprattutto per l ' agricoltura, dun-que, occorre una particolare programmazioneche tenga conto degli aspetti economici esociali del problema .

Occorre muoversi, e muoversi su un alinea di politica organica per l 'agricoltura ,ad evitare l ' incendio sociale e politico ; oc-corre andare avanti, con provvedimenti le-gislativi idonei e con strumenti esecutiv iefficienti, per creare un ordine giusto per i lcontadino .

Ma, per individuare i provvedimenti ido-nei, occorre approfondire l'analisi delle caus edella crisi in agricoltura .

Un esame, anche sommario, ci porta a dindividuare i principali motivi che concor-rono ancora, in diversa misura, a determinar euna inferiorità relativa della redditività inagricoltura. Essi sono: difficoltà di adatta-mento delle strutture agricole ad una eco-nomia in fase di più o meno rapido sviluppo ;rapporto relativamente elevato fra popolazion ee risorse in agricoltura (nonostante l'esod odalla terra ; eppure in vaste zone manca ma-nodopera agricola, e ciò aggrava la crisi) ;

funzionamento e grado di efficienza dellaeconomia di mercato; limiti di produttivit àderivanti da fattori naturali di produ-zione; relativamente minore ricettività del -l'agricoltura al progresso tecnologico ; rigi-dità della produzione agricola e limitat acapacità di adattamento delle imprese allevicende dei mercati ; elevato rischio tecnico ;fluttuazioni dei prezzi e dei redditi partico-larmente ampie; dimensioni e tipo di im-presa; insufficiente preparazione professio-nale ; polverizzazione della produzione ; ina-deguata disponibilità e scarsa elasticità de lcapitale proprio ; insufficiente organizzazione ;rigidità della domanda dei prodotti agricoli .

In questa disamina non ho fatto cennoalcuno alla politica economico-commerciale ,fiscale, creditizia, ecc ., che è pure element ofondamentale nei rapporti fra l 'agricolturae gli altri settori produttivi, intendendo con-siderare, come farò tra poco, detta politicaquale strumento di riequilibrio fra i settor imedesimi .

Epperò, tra le varie cause di crisi in agri -coltura, occorre porre l'accento soprattuttosu due fattori negativi : l'incapacità di re-cepire il progresso tecnologico e l'incapacitàdi recepire nuove soluzioni organizzative eproduttive, idonee a consentire l'adegua-mento del settore agricolo alle esigenzedello sviluppo economico del paese .

Il problema nodale è dato dalla diffusion edelle innovazioni tecnologiche ; ed è soprat-tutto su di esso che occorre soffermarsi ,perché esso imprime spinte evolutive all eistituzioni economiche operanti ai vari li -velli della produzione, della trasformazione edella commercializzazione dei prodotti .

Dall 'analisi dei fattori della crisi emer-gono le linee di una politica di sviluppoagricolo la quale deve tendere al solleva-mento economico del settore e alla reden-zione sociale del coltivatore . Tale politica ,riequilibrando fattori economici e fattor isociali, deve ridare la dignità dell'uguaglianz aumana al contadino, risvegliare in lui l afiducia verso la comunità-Stato e l'amorealla terra, portarlo alla conquista dellalibertà dal bisogno . A questo proposito ,occorre approfondire l'indagine in rapport oai movimenti che si sono verificati negl iultimi anni, operando direttamente sullaimpresa agricola . È necessario passare dallamacroeconomia alla microeconomia, in mod oche, attraverso indagini aziendali e parti-colari, si possa acquisire ulteriori opportun ielementi relativi alle realtà che si intend emodificare .

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L'agricoltura, anche negli ultimi anni ,ha subito trasformazioni, le quali, però, no nsono riuscite a cancellare i tradizionali indiriz-zi e le consolidate diversità strutturali regio-nali . Altrove, per esempio in Germania, que-ste indagini microeconomiche sono compiutecontinuamente . Ivi, agli effetti della vigent elegge sull'agricoltura, nota come « legge dell aparità », vengono compiute ogni anno inda-gini su circa seimila imprese agricole sceltein funzione dell'ambiente, del sistema di con-duzione, della dimensione e dell'indirizz oproduttivo. Da queste risulta, in relazionea determinati criteri assunti per definire l aparità di remunerazione, come in certi am-bienti e in alcuni tipi di imprese con deter-minati indirizzi produttivi la parità sia u nfatto acquisito. In altri ambienti, (o nellostesso ambiente per altri tipi di impresa) laparità risulta invece più o meno lontana .Evidentemente, sono queste le situazion iconcrete cui occorre riferire la politica d isviluppo, per operare ove è necessario e co nmezzi rispondenti alle situazioni che si vuol emodificare . Finché non si scenderà a questaconcretezza, il discorso resterà vago ed inutile .

Numerosi altri elementi possono natural -mente essere ancora tratti da indagini d icarattere socio-economico e da inchieste uffi-cialmente condotte in vari paesi a testimonia -re, per altra via, le condizioni di inferiorit àin cui versa l'agricoltura . Per l'Italia bast iricordare l ' inchiesta parlamentare sulla mi -seria, la quale, nei limiti in cui può esser eaccettata per l'intera collettività, offre dat idi notevole interesse . Mentre sul complessodella popolazione risulta trovarsi in condizio-ni misere o disagiate il 24 per cento delleunità, per le famiglie il cui capo è un addettoall'agricoltura tale rapporto sale al 51 percento (24 per cento in condizioni misere e17 per cento in condizioni disagiate) .

In base all'indagine condotta dall'Istitut ocentrale di statistica, pubblicate pure negl iAtti della Commissione parlamentare di in-chiesta sulla miseria., risulta invece che i l33,7 per cento delle famiglie agricole, in com-plesso, è in condizioni misere o disagiate .Tale dato, che è motivo di serie riflessioni, èpiù interessante ancora nel suo valore rela-tivo, e cioè confrontato con quelli delle vari eregioni d'Italia .

Dal 6,4 per cento nelle regioni settentrio-nali si passa al 19,7 per cento nelle region icentrali, al 62,3 per cento in quelle meridio-nali e al 56,1 per cento nelle isole .

L'incidenza delle famiglie misere e disa-giate varia, però, non soltanto da regione a

regione, ma anche da categoria a categoria .Dal punto di vista nazionale e per grand icircoscrizioni geografiche, i dati confermanol 'aumento delle condizioni misere e disagiat ea mano a mano che si procede dal nord alsud e nel passare dai coltivatori dirett i(15,3 per cento) ai coloni parziari (30,1 percento) ed ai salariati e compartecipant i(47,6 per cento) .

Questa geografia delle disparità riman eoggi, nella sostanza, anche se i dati sonoquantitativamente mutati . L'agricoltura nelMezzogiorno, anche nella Campania « felice »una volta perché carica di messi, oggi è ri-dotta alla povertà ; e la povertà economica èportatrice di incendi sociali .

Non mi soffermo ad esaminare i dati of-ferti dall'ultimo rapporto dell' Istituto nazio-nale per lo studio della congiuntura, all'esam edel Consiglio nazionale dell'economia e del

lavoro dal 3 luglio 1963, pur riscontrand oin esso elementi importanti di giudizio circa

l'esodo rurale, l'espansione della domand adei prodotti elementari, la flessione dell eforze di lavoro maschili rispetto a quelle

femminili, la più elevata contrazione degl i

occupati indipendenti e coadiuvanti in con-fronto ai lavoratori dipendenti : la loro riela-

borazione pur conferma le nostre osserva-zioni precedenti . Né mi fermo ad esaminare i

risultati della inchiesta sui giovani rural i

italiani, su cui si è tanto discusso nella re-cente conferenza regionale europea della gio-ventù rurale, promossa dall'Assemblea mon-diale della gioventù (W. A. Y.) ed organiz-zata dal Comitato d'intesa della gioventù

italiana (C. I . G . I .) sul tema: « La gioventù

rurale in una Europa in evoluzione » . Da essapure emergono dati interessanti . Su circa

20 mila giovani interrogati, soltanto il 20,77per cento è deciso a proseguire nel lavor o

della terra ; il 39 per cento è incerto sul pro-prio avvenire ed il 40 per cento ha decisodi cambiare lavoro . Occorre rilevare, agl ieffetti sociali, che la quasi totalità non cono-sce altro mestiere, per cui è difficile la tra-smigrazione . Deve altresì considerarsi che i l70 per cento trova enorme difficoltà nelformare una famiglia a causa del basso red-dito personale . Anche questi dati confermanole nostre osservazioni .

Epperò, prima di concludere sul punt oin esame, desidero dare una indicazionecirca la necessità di un ammodernament odei metodi di indagine sull'elemento umano

nel mondo agricolo . Qui la problematica s i

presenta ricchissima di aspetti interessanti ,da quello psicologico a quello sociale, e per-

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tanto possiamo affermare che ogni indirizz odeve tendere ad accertare tutte le situazioniumane e di ambiente per potere avvistare ladimensione del contadino-uomo, investit odella uguaglianza sostanziale, ad ogni livelloed in ogni direzione della rinascita.

Augusto Graziani, nel capitolo conclusiv odei volumi Il nuovo volto del sud (EdizioniLaterza, volume VI, pagina 404), intitolat o« Le due Italie », rileva che si sono « imper-donabilmente trascurati gli investimenti i ncapitale umano (scuole, biblioteche, centr idi cultura), che a lungo andare sono gli unic iveramente produttivi ». Ciò è vero . La tra-sformazione del mondo agricolo deve avvenireper l'uomo e con l'uomo . La rinnovazione o èdell'uomo o non è . La prosperità di un paesenon dipende tanto dalle ricchezze donatedalla natura e dalle infrastrutture elargit eda un governo, quanto dalla capacità e dall atenacia dei suoi abitanti .

Il Nitti, oltre sessant'anni fa, ammoniva :« È l'educazione che bisogna mutare, chebisogna, anzi, rifare ». Il monito ha validit àattuale per il mezzogiorno d'Italia; la con-quista della dignità umana è l 'obiettivo dellarivoluzione dei lavoratori della terra . 0 que-sta si compie, e la democrazia nel nostr opaese si stabilizzerà; o questa rimarrà sol -tanto ansia e tormento, e la democrazia nelnostro paese correrà rischi gravissimi d imorte . In conclusione, centro motore delletrasformazioni agricole è l 'uomo; per lui oc -corre creare un ambiente degno; a lui varidonata la dignità del figlio della libertà ;con lui va operata la rinnovazione del mond oagricolo .

L'analisi delle cause della crisi del mond oagricolo e la puntualizzazione della linea d iconquista della dignità umana per il lavora-tore della terra ci portano a fare altre con-siderazioni e valutazioni circa una politic adi riequilibrio economico tra i settori pro-duttivi .

Il mondo agricolo non è un mondochiuso ; è un mondo aperto, socialmente edeconomicamente . Se da esso è stata attintala ricchezza delle forze di lavoro per lo svi-luppo industriale e delle attività terziarie ,occorre ricompensarlo di tale ricchezza of-ferta generosamente, e soprattutto non de-fraudarlo delle forze del domani, cioè dell eforze giovanili, in maniera da evitare ognicausa permanente di impoverimento e d idecadenza .

È stato rilevato nella relazione Pastoreche «problemi nuovi si pongono . . . alla poli-

tica di trasformazione agraria, finora prevalen-temente assorbita nel Mezzogiorno dalla crea-zione di complessi di opere di carattere in-frastrutturale, ritenuti preliminari ad unamoderna agricoltura ». I problemi nuovi ri-guardano un nuovo assetto fondiario, pi ùmoderni rapporti contrattuali, una forte or-ganizzazione di mercato e una notevole ca-pacità finanziaria e tecnico-imprenditiva degl iagricoltori . È la politica nuova per il solle-vamento del Mezzogiorno agricolo, per l'ele-vazione del settore depresso dell'agricoltura ,per la redenzione dell'uomo della terra ; quindi ,politica diretta di sollevamento della dignitàdel lavoro rurale e politica di riequilibrio frai settori economici. È al livello umano e ,direi, di civiltà che si impone tale politic anuova, per la quale sí presentano alcune diret-tive fondamentali, e cioè : adeguamento de ipubblici servizi negli ambienti rurali ; ade-guamento dell'ambiente igienico-sanitario esociale (scuole, case, acqua, luce, ecc .) ; ade-guamento del sistema previdenziale ed assi -curativo, nel senso di un conseguimento d iuguaglianza piena rispetto alla situazione d iogni altro lavoratore; adeguamento del si-stema creditiz,io: giacchè il lavoratore no nha soltanto bisogno della terra, ma anche del -l'aratro, del seme e del concime, è necessarioche il sistema creditizio si adegui e si fondisull'unica fonte di ricchezza che è data a lcontadino, il lavoro . Soltanto con il lavoro esul lavoro può e deve essere poggiata la fiduci acreditizia .

Occorre, inoltre, un adeguamento delsistema fiscale, con la determinazione, siapure regolata nei principi, di una mobilità odi una gradualità dell'imposta e tassa, pro-porzionata al reddito annuale e decurtatil esino al totale annullamento in caso di inesi-stenza di reddito . Quante esperienze amare ,nella sola annata agricola 1962-63, con gl iagrumi, gli ulivi, la frutta, le patate; quanteingiustizie sarebbero state evitate, se vi foss estata una facoltà, sia pure regolata, di unadeguamento alle situazioni emerse !

Ancora occorre un adeguamento del si-stema di guida, di controllo e di assistenzadella produzione e un intervento oculato escientificamente calcolato per la trasformazio-ne delle colture, per la individuazione e l ascelta di colture idonee in rapporto alla natu-ra del terreno, per la graduazione delle col-ture medesime ed anche per il loro conteni-mento articolato . È necessario che gli ispet-torati dell'agricoltura o antri enti o istitutisi pongano come validi strumenti di un oStato che ritiene legittimi la programmazione

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e l'intervento per spingere, aiutare, integrare ,assistere, garantire il salario dei lavoratori .

È necessario che essi rispondano ad unaesigenza educativa e correttiva . È indispen-sabile avere strumenti idonei, agili, di avvi-cinamento e di educazione dei coltivatori .

Si impone, poi, la costruzione di un siste-ma di iniziative agricole nelle fasi successive aquelle della produzione, in maniera da creareun rapporto ravvicinato tra mercato e cam-pagna, ma soprattutto per garantire la gra-duale immissione sul mercato, anche a rile-vante distanza di tempo, del prodotto natu-rale o del prodotto conservato o semiconser-servato . Soltanto attraverso questa via s iavrà la garanzia del prezzo nel momento cri-tico della raccolta ; e si intende che questanecessità deve essere considerata anche agl ieffetti del sistema creditizio .

Infine, necessiteranno un adeguamentodelle strutture delle imprese agrarie e la istitu-zione, pur nella libertà individuale e di inizia-tiva, di un sistema cooperativistico obbligant eal conseguimento dei benefici dei progressiscientifico-tecnici ed a realizzare forme di di -fesa e di valorizzazione del settore produttivo .

Dopo avere individuato le cause della cris ie dopo avere individuato gli obiettivi d iconquista per il rinnovamento agrario, è i lcaso di fermarsi sul divario fra i redditi con-seguiti dalle categorie agricole e quelli con -seguiti dalle altre categorie, agli effetti d istabilire la via per risolvere il problemasociale .

È necessario rilevare tutti i diversi angol ivisuali da cui può essere osservato lo squi-librio esistente fra il settore agricolo e gl ialtri settori ; e sarebbe indagine interessan-tissima, per esempio, cogliere le differenz efra le condizioni di vita e di ambiente in cam-pagna ed in città . Molti elementi important ivalgono ad evidenziare i rimedi Urgenti pe ril coordinamento tra la città e la campagna ,nella nostra ora storica in cui la città s iespande verso la campagna e l'uomo di cam-pagna si sposta verso la città .

Il concetto di città-regione esprime que-sto incontro e questa osmosi, indica quest einterrelazioni e questi nessi, manifesta questarealtà viva e collaborante . È, questo, unproblema al livello di civiltà, e vi sono impe-gnate ragioni umane e sociali, in quanto èla strutturazione della società nuova cheavanza e si impone .

Ho parlato di società nuova perché s itratta di problemi umani e civili, di fondo ,di progresso e di sviluppo comunitario . Il

problema, quindi, non riguarda soltantol'Italia, ma tutti i paesi ; ed in tutti i paesi ,la questione rurale, oggi, costituisce gravescoglio e punto cruciale della politica chetende ad uno sviluppo armonioso ed equi-librato . Così è anche nei paesi in cui non èpossibile l'esplosione psicologica antisocialecontadina per la inesistenza della democrazi ae per l'incancrenimento di un vecchio feuda-lismo individualista o di un nuovo feudalismocollettivista .

11 problema assume contenuto di giustizi ae di promozione umana verso la libertà ; èun problema di fondo per la democrazia .La mia impostazione importa la conquista ,da parte del coltivatore della terra, di unadignità umana e della parità di reddito ; eparità di reddito significa uguaglianza sostan-ziale nella comunità statuale e, cioè, ugualepartecipazione al progresso ed allo svi-luppo .

In alcuni paesi, come ad esempio, i nSvezia, Norvegia, Inghilterra, Germania, Sviz-zera e Stati Uniti d'America, sono stati attuat idispositivi per un più ragionevole equilibriofra il reddito della popolazione rurale e quell odegli addetti ad altre attività. In altri sonostate emanate leggi di Stato che sanciscon odetti obiettivi, spesso attinenti alla parit àdi remunerazione, predisponendo gli stru-menti atti a realizzarli ; in altri ancora vi sonodichiarazioni programmatiche, sollecitanti im-mediati provvedimenti legislativi . In Italia ,dalle dichiarazioni programmatiche si devepassare alla legge di struttura della comunitàagricola per la parità di reddito . Nella prima -vera del 1961, mentre le notizie sulla cris iagricola nella Unione delle Repubbliche So-cialiste Sovietiche sollevavano curiosità ecritiche, il presidente Kennedy, nel messaggioal Congresso degli Stati Uniti, affermava –riconfermando, su questo punto, quanto so-stenuto dai predecessori – che « la lungapiaga economica dell'agricoltura americana ,in confronto alla sempre crescente fortunadel resto della economia, non può esser eattribuita agli agricoltori ; bisogna quindieliminarla, perché l'agricoltura rappresentasempre il settore più importante dell'econo-mia ». Il presidente Kennedy precisava, tragli scopi della politica agraria, quello ch eormai è universalmente noto sotto il nom edi « parità » . Ed una legge per la parità dev eaversi in Italia: è la programmazione perl'agricoltura che deve avere questo contenutoe tendere a questo obiettivo . Motivi morali esociali lo impongono . Ma quali sono i fonda-menti morali e sociali per la parità di reddito ?

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Il fondamento morale per la parità è datoda due principi:

Io ) Il prezzo dei prodotti agricoli costi-tuisce più una remunerazione del lavoro ch euna renumerazione di capitali. Il principiogiustifica la tutela dei prezzi e la eventual eintegrazione del reddito, in quanto in defini-tiva – si tratta di assicurare un salario mi-nimo al lavoratore . E questo è compito nonsoltanto dei produttori agricoli, ma anch edei poteri pubblici : essi devono adoperars iper la difesa del prodotto con i mezzi che latecnica economica suggerisce, attraverso ladisciplina dei mercati, gli ammassi volontari ,gli stoccaggi, e così via .

2°) La politica di un paese deve essereimprontata a fini di giustizia e di solidariet àumana; a questi fini è essenziale l 'elevazioneeconomica e sociale delle classi agricole ,come quelle più depresse. Da ciò discendeche, anche sul piano della sicurezza sociale ,il trattamento usato alle forze del lavorodell'agricoltura e alle loro famiglie deve esserepari a quello usato agli altri lavoratori . Èsotto questo profilo che si inquadra la leggeper gli assegni familiari ai coltivatori diretti .

La giustificazione comunitaria e socialeè data, invece, dalla esistenza della depres-sione psicologica dell'uomo della terra : sitratta di arrivare ad una revisione dellaripartizione del reddito nazionale rispondentea maggiore giustizia . Una migliore distribu-zione del reddito nazionale è imposta, delresto, dalla Costituzione: il fondamento so-ciale si chiarisce e si evidenzia, dunque, su lpiano costituzionale, essendo compito dell oStato rimuovere gli ostacoli di ordine eco-nomico e sociale che limitano- la libertà elo sviluppo della persona umana .

Aggiungiamo subito che in Italia son oandate verificandosi tensioni interne, propri edi un paese in via di rapido sviluppo, esono andati manifestandosi sintomi di gravecrisi di adattamento in rapporto alle tra-sformazioni veloci verificantisi nel compless odel sistema economico-sociale, per cui i lproblema dell'agricoltura è evidenziato comeun vero e proprio problema sociale, di rap-porti tra determinati gruppi della popola-zione .

Basti pensare all'esodo rurale – di cuiabbiamo già parlato e su cui torneremo –per rendersi conto della primazia dell 'aspett osociale del problema. L'esodo rurale è con-seguenza del reddito relativamente minore ,delle condizioni di vita e, più in generale ,di un ambiente più o meno in strident econtrasto con quello urbano . Esso, però,

mentre è un fatto tipicamente naturale i nuna società in fase 'di sviluppo, e quindi ,entro certi limiti, è un fenomeno fisiologic oossia positivo, pure presenta talune mani-festazioni patologiche rivelatrici degli squi-libri economici esistenti tra i settori .

L'emigrazione incontrollata e il trasfe-rimento squilibrato di lavoratori indican oun desiderio di fuga da un mondo conside-rato inferiore, e questa fuga crea due squi-libri : uno nell'ambiente da cui si fugge, i nquanto in alcune regioni anche del Mezzo-giorno è venuta a mancare la manodoperaagricola; l'altro nell'ambiente cui arriva l'emi-grante o il fuggitivo, con i fenomeni dell'in-certezza d'impiego, del sottoproletariato edell'ambiente inumano igienico-sanitario chene deriva .

Altro è il trasferimento previsto e rego-lato, altro è la fuga incontrollata . Occorreregolare e contenere il trasferimento, perevitare la creazione di situazioni disagiat eper i lavoratori e per le comunità di immigra-zione. Le cinte umane – depresse e disorga-niche – alla periferia di alcune grandi citt àdel nord costituiscono conseguenze ancorapiù gravi del fenomeno di fuga : si tratta d iuna disarticolazione disordinata e pericolosa .Se questo esodo, dunque, presenta un aspett osociologicamente patologico, occorre conte-nerlo, incanalarlo, normalizzarlo, determi-nando spinte d'adattamento, creando am-bienti idonei all'uomo anche in campagna ,impegnando moralmente il lavoratore allaterra, stabilizzandolo sulla terra . Ma lastabilizzazione, sociale e psicologica, richiedela risoluzione della crisi, con l'elevazione de lreddito e con la costruzione di un ambientecontadino migliore; e richiede anche chel'industria si diffonda non già soltanto allaperiferia delle città, Ina anche – attravers ola creazione di poli di sviluppo – nelle zon eagricole . Sarà determinata, in questo modo,una spinta a conseguire una parità di redditonei due settori, derivante dal principio de ivasi comunicanti, valido anche sul terren osociale .

Dunque, ancora una volta, dopo avereconsiderato gli aspetti sociali del problemae dopo aver rilevato la necessità che la citt àsi espanda verso la campagna e che il sistem aindustriale si estenda alle zone in cui più ènecessario lo sfollamento rurale, emerge chiar oche il punto di incontro tra l'agricoltura el'industria va stabilito sulla nuova fron-tiera della giustizia sociale e della libertà ,al quadrivio tra città e campagna e traespansione economica industriale ed espan-

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sione umana rurale . Il punto risolutivo delproblema – ora appare chiaro – è dato dallaconquista della parità di reddito e di dignit àda parte del lavoratore della terra .

Prima di concludere, occorre fare u nultimo rilievo in rapporto all'esodo dei gio-vani. Quello dell'esodo dei giovani è un pro-blema umano e sociale più urgente anche d iquello della parità del reddito .

Se le forze di lavoro in agricoltura si son oimpoverite, se la loro diminuzione non èavvenuta con carattere di uniformità, ne èderivata una squilibrata struttura della po-polazione residua rurale . Se ne sono andat isoprattutto i giovani ; ed invece non se nedovevano andare tutti i giovani . L'esodo haavuto luogo nel settore delle forze giovani e ,comunque, in pieno vigore, dai 15 anni ai 45anni; e sono andati via più uomini che donne ;onde nella campagna è in atto un process odi senilizzazione ed un processo di femminiliz-zazione .

La senilizzazione e la femminilizzazioneincidono negativamente non solo sulla sceltadelle colture e sulla loro promozione, ma anche ,e soprattutto, sulla vitalità della famigliacontadina . Non sono sorti soltanto problem idi lavoro e di sviluppo aziendale; sono sort ianche problemi umani e psicologici, che mi-nacciano di distruggere la famiglia contadina .Una indagine personalmente da me condottain alcune zone di esodo mi ha svelato aspett inuovi e tormentosi del problema, in rapport oal fidanzamento delle giovani contadine e dal mantenimento della promessa di matri-monio da parte dei contadini a trasferiment oavvenuto, con un rimbalzo patologico anch ein senso sociale e politico .

In conclusione: l ' aspetto positivo dell adiminuzione della popolazione agricola aglieffetti del processo di sviluppo economic odeve essere considerato insieme con gli aspett inegativi e patologici . Ne consegue che va mo-dificata la struttura della popolazione agricol aresidua e va regolato l'esodo in rapporto all eeffettive esigenze dell ' industria e dei servizi ,ma senza determinare processi di esauriment oin campagna di forze di lavoro idonee .

Una ultima parola intendo dire per unalegge di programmazione delle strutture agri-cole, che va presentata al più presto . L 'aspet-to sociale giustifica l'intervento dello Stato ,che è urgente . Il problema contadino no npuò attendere le soluzioni di una program-mazione economica globale ; richiede una suaprogrammazione ordinata ed immediata, ten-dente al conseguimento della parità di red-dito e di dignità per il coltivatore .

È vero che la crisi agricola è crisi di red-dito; ma è anche vero che occorre dare unalinea di sviluppo agricolo . « La grave cris iagricola attuale è sostanzialmente crisi d iredditi » è stato osservato nella Guida predi-sposta dal comitato organizzatore per le re-lazioni alla conferenza nazionale del mond orurale e dell'agricoltura, che ha avuto luog oin Italia nell'estate 1963 . Epperò, nella stess aGuida, nelle relazioni e nel dibattito dellastessa conferenza, sono state espresse opi-nioni diverse circa il modo di risoluzione dell aredditività delle imprese agrarie . Qualcunoha detto che è necessario sostenere i prezzi ;qualcuno ha parlato di riduzione di costi ;qualcuno si è fermato sul divario fra prezz ialla produzione e prezzi al consumo, soste-nendo la necessità di una diretta partecipa-zione al processo della intermediazione .

A noi è facile affermare che la redditivit àè la risultante di fattori molteplici, internied esterni all'agricoltura, su molti dei qualici siamo già fermati . Una politica di parit àdi reddito non può non considerare tutti i

fattori . Qualche osservazione lo dimostra .Certo sarebbe preferibile puntare sui cost iper evitare la riduzione di espansione dell adomanda; ma la esperienza insegna che l'obiet -tivo non si raggiunge per questa via. È dif-ficile, cioè, raggiungere una redditività so -disfacente, che consenta alla popolazion erurale un tenore di vita degno dell'uomo .Pure, occorre puntare con priorità assolut asui costi ; è un dovere.

È necessario, poi, rendere efficiente e vi -tale l'impresa agricola ; efficiente nel sens oche siano fatte scelte ragionate in ordinealla quantità dei mezzi produttivi ; vitale,nel senso che i fattori produttivi impiegat inon siano sollecitati a trasferirsi verso altr eattività più redditizie .

È anche necessaria una adeguata orga-nizzazione economica, su base cooperativ ao consortile, per tendere :

a) a valorizzare la produzione sui mer-cati interni ed esteri, mediante razional ipolitiche di vendite, che devono neutraliz-zare gli effetti negativi della polverizzazion eeccessiva dell'offerta e dell 'accesso contem-poraneo sui mercati di quantità di prodott isuperiori alla richiesta: in altri termini, lacooperativa deve inserire il contadino effica-cemente nelle fasi di conservazione, trasfor-mazione e commercializzazione di prodott iagricoli ;

b) a conseguire un adeguato poter econtrattuale nell'acquisto dei beni e serviz iproduttivi necessari alla azienda .

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c) a fornire una assistenza tecnica

ed l'umanità, ma soprattutto agli uomini dellaorientamenti per le scelte delle colture, con terra.studi accurati di mercati ; Libertà significa ammodernamento del -

d) a

realizzare

il cosiddetto

« servizio l 'economia, imbrigliamento

dei

corsi de iper conto », tanto utile alle piccole e medie fiumi,

sistemazione

dei

corsi

d 'acqua, co-aziende, non solo nel campo della meccaniz-zazione, ma anche nell ' acquisto di merci enella vendita di prodotti .

Le cooperative non sono sentite ? Èvero ; occorre, però, educare i contadini, oc-corre dare evidenti vantaggi ai contadin iriuniti in cooperativa, occorre che la coopera-zione sia sana, in un fecondo incontro dilavoratori e di tecnici . E mi fermo su quest opunto, convinto come sono di dovervi ritor-nare ancora in altro momento e in altrasede .

Il problema agricolo, dunque, è uman oe sociale ; è anche un problema di libertà .

Onorevoli colleghi del triangolo indu-striale, di Torino, di Milano, certamente v isiete accorti di un fenomeno nuovo, di unfenomeno umano e sociale, di lacrime, d isofferenze, di miseria. Giungono nelle vostrezone uomini con un misto di speranze e d iangosce, perché si sono lasciati alle spallecuori spezzati, campi isteriliti ed una terrache agogna ad essere libera .

James Joyce definì l 'Atlantico una coppadi lacrime amare ; erano le lacrime degli emi-granti . Noi possiamo definire alcuni treni itreni delle lacrime . I lavoratori della terravanno ; forse vorrebbero restare, ma nonpossono chiedere di restare, perché i lorocampi non rendono ; forse non vogliono re -stare, spinti dal miraggio della città e dellaindustria . Non hanno la forza di attender eil giorno buono del lavoro dignitoso, e vanno ,molte volte non sapendo dove . Ma nessuncielo di altro paese è bello come quello az-zurro della loro terra ; nessun vento notturnorinfresca la loro fronte come quello rugia-doso corrente tra gli ulivi stormenti ed ipioppi luccicanti sotto la luna. E nasce iltormento, il fenomeno patologico, il paros-sismo da fuga, la incertezza di impiego .

E il tormento non è libertà; la miserianon è libertà. Per gli uomini della terra vo-gliamo eliminare il tormento e costruire l alibertà. Non riduciamo la libertà, onorevol icolleghi, ad una chiassata di sciocchi ; nonvi è bisogno di ricordare la amarezza di unpassato recente per scoprire il significato d iuna demagogica ed eversiva azione politic adi un gruppo. Si tratta del presente e delfuturo dell ' Italia, che oggi offrono tantesperanze, che si pongono come cariche d ipromesse alla nostra nazione ed a tutta

struzione delle grandi strade di comunica-zione, sviluppo economico, elettrificazion edelle aziende agricole, miglioramento de ltenore di vita. Ma la prosperità non basta :occorre risolvere il problema umano, che èdi giustizia e di libertà; e il problema dellavoratore della terra si risolve, al livellodella civiltà, con la conquista piena dell adignità umana, che è anche parità economica .(Applausi al centro) .

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'ono-revole Luigi Cerutti . Ne ha facoltà .

CERUTTI LUIGI. Signor Presidente, ono-revoli colleghi, il bilancio dello Stato pe rl'esercizio finanziario 1963-64 che ci è statopresentato non dovrebbe essere neppure di-scusso dal Parlamento, perché è un comun edocumento contabile e non un bilancio . Unbilancio deve contenere, nella loro totalit àqualitativa e quantitativa, tutte le entratee tutte le spese previste . Il documento chestiamo discutendo e che alcuni pretendereb-bero di farci approvare come il bilancio delloStato italiano per l'anno finanziario 1963-64 ,è invece un documento contabile zoppo ,non completo, non veritiero come bilancio ;un documento che esprime in termini fi-nanziari il programma politico formulat odal Governo che l'ha compilato : programmaimpostato al di fuori della realtà economicae quindi arbitrario, visionario e inganne-vole .

Per essere il bilancio dello Stato, ess odovrebbe comprendere molte altre ingent ispese previste che invece non registra ; edovrebbe valutare in modo prudente, e nonlargamente azzardato come fa, moltissimeentrate . Se tenesse conto di tutte le spesepreviste, di tutte le gestioni, il suo defici tsupererebbe i 1 .500 miliardi (e ciò anchesenza tenere conto dell'imprudenza con laquale in esso sono state stimate le entrate) .Se il bilancio 1963-64 fosse reale come lo èla drammatica situazione economico-finan-ziaria che ci circonda e continuamente s iaggrava, esso si denuncerebbe da sé com eun bilancio antieconomico e antisociale : di-mostrerebbe all'opinione pubblica di esser eil bilancio dell'inflazione; dimostrerebbe ch ele spese sono aumentate di una percentual epaurosa, superiore a qualsiasi ottimistica pre-visione di incremento del reddito nazionale ;dimostrerebbe che il cosiddetto risparmi o

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pubblico, cioè la differenza fra il disavanz oe gli investimenti, è ridotto sotto zero .

Ma il bilancio è comunque soltanto undocumento. Anche se il Parlamento appro-verà questa specie di documento che si os adenominare bilancio, e che invece è un « no nbilancio », oppure è un bilancio falso, l asituazione reale dell'economia italiana re-sterà quella che è, e peggiorerà di continuo ,fino a tanto che l'onestà amministrativa, ilbuonsenso e Ia competenza economica nonritorneranno a trionfare .

Il Presidente onorevole Leone, i ministrisenatore Medici e onorevole Colombo invo-cano la fiducia, chiedono la collaborazion edi tutte le categorie, di tutti i lavoratori, d itutti gli operatori economici . Ma come s ipuò pretendere fiducia, quando si agiscein modo da non meritarne ? Come si pu òchiedere fiducia, quando si presenta e si faapprovare un bilancio ingannevole ? Com esi può chiedere fiducia, quando il risparmio ,in tutte le sue forme, viene tartassato di con-tinuo, quando l'iniziativa privata è costan-temente calpestata, quando si parla di un acerta programmazione che non sarà altro senon una integrale nazionalizzazione dell avita economica. ?

Diversi ministri, in varie epoche e circo -stanze, e fra questi l'onorevole Pella, hannodefinito le borse valori come i barometr idella situazione economica di un paese . Eb-bene, mentre alcuni mercati finanziari stra-nieri, specialmente quello nordamericano ,hanno manifestato da molto tempo una ten-denza media verso il rialzo, le borse valor iitaliane, da oltre un anno, volgono decisa -mente al ribasso. La quotazione dei titol iazionari italiani, per effetto della caotica po-litica del centro-sinistra, per effetto dell anazionalizzazione delle imprese elettriche, dellavessatoria fiscalità, della programmazione ,degli aumentati costi di produzione e soprat-tutto a causa delle nere previsioni concer-nenti il futuro della nostra economia se no nsi cambierà indirizzo politico, è diminuitain media in poco più di un anno di circa i l28 per cento .

Il valore realizzabile della ricchezza mo-biliare italiana, soltanto quella inerente a ititoli azionari quotati, è diminuita in poc opiù di un anno di oltre 3.700 miliardi. I ri-sparmiatori in azioni, che in Italia si valutanointorno ai due milioni (e fra questi circa unmilione e 900 mila piccoli azionisti dipendent idelle stesse industrie di cui posseggono poch eazioni), hanno visto in poco più di un annoil loro risparmio azionario diminuire com-

plessivamente di oltre 3.700 miliardi; e ciòmentre tutti i prezzi dei beni di consumo nell ostesso periodo sono aumentati in media d icirca il 12 per cento per l'inflazione trottante ,pur essa provocata dalla caotica politica eco-nomica del Governo di centro-sinistra .

Alla fiducia che si invoca, i risparmiator irispondono tesaurizzando la loro moneta,preferendo essi ancora i rischi dell'inflazioneai rischi politici ; rispondono mandando al -l'estero i loro risparmi (si dice che in un ann ovi sia stata una fuga all'estero di circa 850miliardi) ; rispondono comprando beni rifugi odi qualsiasi specie .

Il mercato finanziario nazionale, che inpassato ha convogliato verso le imprese l amaggiore quantità dei capitali che serviron oa creare quello che fu il miracolo economico esociale italiano, oggi è deserto e inattivo . Igrandi complessi produttivi hanno orma iscarse possibilità di autofinanziamento, pe rla grande riduzione che si è avuta nei profitt idi impresa, e non possono effettuare aument idi capitale sociale o emettere titoli obbliga-zionari, perché non vengono più sottoscritt idai risparmiatori .

Il rapporto tra depositi e impegni del si-stema bancario ha superato l'indice 76, ch ecostituisce il massimo finora raggiunto . Ilsistema bancario italiano, ossia, non è piùin grado di sostenere con mezzi normali un aulteriore richiesta di cospicui finanziamenti d aparte del sistema economico .

In queste condizioni, si osa promettereun ulteriore progresso e sviluppo economicoe si domanda fiducia . Si offra piuttosto fiducia ,e non a parole, ma a fatti, e la fiducia verràaccordata. Vi è un articolo della Costituzione ,il 47, che prescrive che il risparmio debb aessere agevolato in tutte le sue forme . Oggiè agevolato in modo tale che qualsiasi rispar-miatore non sa più come impiegare il frutt odei propri sacrifici . La proprietà immobiliareè ormai considerata un furto; i titoli azionariportano alla rovina centinaia di migliaia dipiccoli azionisti che ebbero fiducia, con ra-gione, nelle nostre migliori industrie, ma pur -troppo ebbero anche fiducia, a torto, nellapolitica economica del Governo; i titoli diStato, le obbligazioni e le cartelle fondiarieseguono le stesse disastrose sorti della mo-neta, perdono costantemente di potere d ' ac-quisto per il continuo svilimento monetario .

Quando i responsabili della nostra politicaeconomica avranno finito di giocare con i lrisparmio e con il lavoro degli italiani, quand oavranno finito di distruggere la capacit àcompetitiva delle nostre industrie, quando

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l'economia vedrà nuovamente rispettate l esue leggi fondamentali e la pubblica ammini-strazione presenterà al Parlamento per l'ap-provazione documenti onesti e veritieri, lafiducia ritornerà, e ritornerà senza che si ainvocata . (Applausi) .

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'ono-revole Iozzelli . Ne ha facoltà .

IOZZELLI . Signor Presidente, onorevol icolleghi, un esame attento ed analitico dell osviluppo dell 'economia nazionale negli ultim ianni ci indurrebbe certo a molteplici consta-tazioni di diverso e vario carattere, natur aed importanza . Noi ne rileviamo soltant oalcune, e proprio quelle che posero al nuov oStato democratico nuovi e pesanti problem ida affrontare e da risolvere .

Le constatazioni, per altro ovvie e bennote, che enucleo tra le altre che è possibilefare, riguardano in primo luogo la marcat adivergenza della redditività dei settori agri-coli, rispetto a quelli non agricoli . Un solodato: se consideriamo come unità di con-fronto il valore aggiunto per addetto, ve -diamo che in agricoltura si aggira intorno al47 per cento rispetto al valore aggiunto peraddetto prodotto nelle attività extragricole .Ciò ovviamente contribuisce ad un'altra fon-damentale disuguaglianza del nostro sistemaeconomico: quella territoriale, che si rilevachiaramente dalla comparazione fra i reddit ipro capite prodotti nelle varie regioni delpaese .

E da constatare inoltre che la insufficientedisponibilità di servizi infrastrutturali – i qual icondizionano decisamente la utilizzazione diogni tipo di risorse naturali ed umane – com-prime, quando non riduce, la possibilità d iuna azione di autentico sviluppo economic oe produttivo della iniziativa privata .

I governi democratici e il Parlamento ,nel prendere sempre più coscienza di siffatt isquilibri e nel sollecitarne quindi una solu-zione, hanno sempre più postulato in tutt iquesti anni una azione economica dell oStato che abbia come finalità la promozion ee il sostentamento di un tipo di sviluppo ch eassicuri, sia pure in una certa prospettiv atemporale adeguata, indici di produttivit ànon più sperequati tra i vari settori, unalarga base di omogeneità tra i redditi procapite nelle varie regioni, l'attuazione di un apolitica di investimenti pubblici che assicur ila espansione a ritmo sodisfacente del sistem aeconomico, garantendo altresì un equo sodi-sfacimento dei consumi civili nelle varieregioni del paese .

Sembrò allora che tali azioni lo Stat odemocratico dovesse sviluppare essenzialmen-te nel mezzogiorno d'Italia: e di fatto tal eazione condusse e sviluppò . Non tocca cert oa me richiamare le tappe di questo lungo efecondo cammino, di incentivazioni, di riso-luzioni di problemi infrastrutturali, di solle-citazione e di insediamenti di investiment iindustriali . Possiamo conclusivamente direche, anche se il cammino non è stato ancoratotalmente percorso – tantoché il Governooggi sollecita, cogliendo la realtà nuovamaturata, ulteriori forme di intervento orga-nico e di azione proprio per accelerare i lconseguimento del fine proposto – purequanto è stato già fatto costituisce un pass odecisivo per dare al meridione ed alle isol euna nuova fisionomia economica e sociale .

Nel mentre però si veniva svolgend oquesta felice esperienza di politica meridio-nalistica, in una considerazione nuova deiproblemi economici, cui in gran parte dev ericondursi la stessa fiorente espansione delsistema economico nazionale, l 'attenzione ve-niva pure attratta da altri squilibri territo-riali a carico di alcune regioni del centro-nord, e al tempo stesso dalle disarmoni ecrescenti tra i settori economici fondamen-tali .

Il problema di uno sviluppo economic oarmonico ed equilibrato non riguardava piùsolo il mezzogiorno d'Italia (anche forse pe rle iniziative colà prese ed avviate a risolu-zione), ma incominciava a porsi, in mod osempre più pressante, per altre regioni delnostro paese . Incominciava a porsi e si pon esempre più il problema delle zone depress edi quasi tutta l'Italia centrale ed anche d iparte dell'Italia settentrionale . Di qui unalegislazione in loro favore che si è andatavia via delineando per favorirne una ripres aeconomica: e cioè i provvedimenti previst inella legge 10 agosto 1950, n . 647, integratapoi con le leggi 15 luglio 1954, n. 543, 29luglio 1957, n . 635, e 24 luglio 1959, n . 622 .Con tali strumenti furono assegnati al Mini-stero dei lavori pubblici e a quello dell'agri-coltura e delle foreste, per gli esercizi dal1950-51 al 1964-65, 420 miliardi di lire perla realizzazione di opere straordinarie d ipubblico interesse nelle località economica-mente depresse dell' Italia centro-settentrio-nale, pur senza addivenire ad una sodisfa-cente delimitazione delle aree depresse de-stinatarie delle opere previste .

Sul piano delle incentivazioni allo svi-luppo del settore industriale nelle stesse are edepresse del centro-nord, le disposizioni sono

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quelle contenute nell'articolo 8 della legg en . 635 per l 'esenzione decennale da ogn itributo diretto sul reddito, ampliata poi co nla legge 18 giugno 1961, n . 526 ; e quelle d inatura creditizia contenute nella legge n . 623del 1959 .

Purtroppo, però, per i provvediment iriguardanti le infrastrutture la scarsa ade-guatezza dello strumento finanziario adot-tato apparve fin dal momento iniziale del -l ' intervento, e ancor più risaltò a fond iesauriti, tanto che, talvolta, determinateopere iniziate non poterono essere compiut ea causa della scarsità dei fondi assegnati .

Analogamente l'efficacia delle incentiva-zioni alla industrializzazione si rivelò scarsa,sia per le condizioni discriminanti rispettoad analoghi provvedimenti destinati al Mez-zogiorno, sia per la inadeguatezza del rife-rimento alle aree d'intervento delimitate s ubase comunale, sia ancora per l'alto numerodei comuni dichiarati depressi .

Va dato atto al Governo di avere av-vertito l'urgenza e la gravità del problemagià da tempo, tanto da avere costituitocommissioni di studio che dessero le indica-zioni di più organiche strumentazioni pra-tiche e contribuissero inoltre – necessariapremessa – a definire con chiarezza, second ole moderne enunciazioni teoriche della dot-trina, il concetto di « depressione economica » ,con riferimento specifico ad alcune aree de lcentro-settentrione italiano .

Tale concetto si presenta, infatti, be ndifferenziato da quello di «sottosviluppo » ,riferibile a più ampie regioni situate nel mez-zogiorno d'Italia . Come è noto, si è giunt ia considerare « zone depresse » quelle che ,pur avendo in genere infrastrutture essen-ziali e di base, popolazione con sodisfacentelivello culturale e con ridotti fenomeni d ianalfabetismo, sono situate per lo più, comeisole, tra zone a più alto tenore di vita ,e si trovano perciò a subire una declinanteprosperità economica, in dipendenza o deldecadimento di un tipo di industria chevi aveva una funzione fondamentale, o d iun processo involutivo della redditività d igià prospere attività agricole non sostenuteda una valorizzazione su base industrialee moderna dei prodotti della terra .

D'altro canto si intende per « zone sot-tosviluppate » quelle che hanno una carenz ainfrastrutturale, bassi indici colturali, un adislocazione per lo più eccentrica rispett oalle aree sviluppate, ma che in genere mani-festano una crescita tendenziale, sia purelenta, da potersi accelerare attraverso la

progressiva attuazione di una base infra-strutturale garantita da massicci investiment idello Stato, cui facilmente faranno coron acrescenti investimenti del settore privato .

Alla chiara identificazione di questa di-versità di situazioni economiche, di quest ecarenze ambientali, non ha fatto però sinorasufficiente riscontro un idoneo approntamentodi strumenti neppure qualitativamente ade -guati, segnatamente per quanto riguarda l ezone depresse del centro-nord . A questa de-ficienza bisogna porre riparo . Appare impro-crastinabile, nel quadro di una visuale d isviluppo equilibrato da garantire all'econo-mia nazionale in vista di una programma-zione generale, porre il problema della situa-zione attuale delle zone depresse del centro -nord, e delineare fin d'ora direttrici di inter -vento che potranno poi essere ricondotte nell elinee di una futura politica di piano, la qua-le di per sé non rende incompatibile quantopossa preliminarmente operarsi in meritoad evidenti strozzature territoriali di piùurgente intervento .

In primo luogo è da affrontare il pro-blema della delimitazione delle « aree de -presse » mediante la scelta di opportune me-todologie, che in ogni caso devono risultar erinnovate rispetto a quelle sinora seguit eper la determinazione dei « comuni depressi » .

Occorre poi considerare, nei limiti di unacompatibilità di fondo sul piano della poli-tica generale, quali strumenti sia nécessari oapprontare con tempestività, ad evitare ch enelle more della determinazione del pro-gramma nazionale di sviluppo le giàl precari esituazioni lamentate possano ancore più de-teriorarsi, pregiudicando poi irrimediabilmen-te ogni positivo risultato di interventi futuri ,oppure accrescendo i costi sociali di provve-dimenti a venire che pur dovranno esserein ogni caso assunti .

Proprio per questo un folto gruppo d ideputati presentò già nella scorsa legisla-tura una proposta di legge ben conosciut adal Governo, esattamente quella n . 3719,

per offrire una base di discussione é di riso-luzione al problema di cui ci stimino occu-pando. Tale proposta, dal titolo indicativ o« Nuovi provvedimenti per le aree depressedell'Italia centrale e settentrionale », 'sarà pre-sentata di nuovo e sottoposta alI'aittenzionedel Parlamento e del Governo . Cil permet-tiamo fin d'ora di rivolgere pressante ap-pello alla Presidenza della Camera per un asua sollecita discussione, e al Parlament oe al Governo l'invito ad una rapida !approva-zione .

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Il progetto in questione si articola, com edel resto il precedente, in una serie di norm e– ed è quello che -si richiede – tendenti adottenere il passaggio dalla politica di oper epubbliche a quella di un intervento organic oe globale, con preminenza della incentiva-zione delle attività economiche rispetto all einfrastrutture; ed inoltre tendenti a realiz-zare una articolazione dell'auspicato inter-vento per zone economicamente omogenee enel quadro di programmi organici di sviluppozonale . In tale prospettiva, il progetto, indi-cati preliminarmente nuovi criteri per l aclassificazione delle aree depresse, prevedeprovvedimenti per lo sviluppo della piccol ae media industria, cercando di mettere or-dine nei provvedimenti esistenti, differen-ziando tra zone del nord e zone del centro ,proprio perché si vada incontro a zone effet-tivamente depresse, sotto forma di agevola-zioni ed incentivi, facilitazioni creditizie, fiscal ie per l'acquisto e l'attrezzatura di aree in-dustriali .

Il progetto poi prevéde, oltre a questo ,una serie di altri interventi a favore dellezone definite a risorse marginali . Ed infatti ,per queste zone, oltre a stabilire agevolazion icreditizie per l 'artigianato e per attivitàinerenti allo sviluppo turistico, prevede l acostituzione di comitati zonali di sviluppo ,con il fine di individuare le vocazioni econo-miche nelle singole zone e località e di indi-viduare altresì alcune esigenze prioritarie edimmediate, da porre a base degli intervent iattuabili con i fondi che il progetto stess ostanzia e prevede in buona misura e perlarghi settori .

Con tale proposta di legge si vorrebb eimpedire un ulteriore aggravamento nellasituazione 'economica in queste zone e predi-sporre più ampi sviluppi futuri . L'urgenzache abbiamo invocato non è quindi unanostra cervellotica richiesta, ma deriva dallarealtà di situazioni che tutti conoscono .

Un rapidissimo cenno, prima di chiudere ,ad una zona che più conosco per esperienzadiretta, servirà a inquadrare in un esempioconcreto la situazione delineata, senza farl eperdere il suo carattere generale (poiché l ecaratteristiche che in essa si riscontrano s iritrovano, con maggiore o minore accentua-zione, nelle varie zone interessate, anche se ,ovviamente, con particolarità e toni tipic ie propri) .

Intendo riferirmi alla zona depressa de lLazio settentrionale . Se l'intera regione lazial epone problemi di particolare delicatezza pe rla fisionomia nettamente differenziata delle

sue cinque province sotto l 'aspetto fisico-economico e anche per la presenza di u ngrande centro come Roma, con le sue esi-genze e con le sue caratteristiche, l'alto Lazio ,specie in questi ultimi anni, ha visto per ògravemente accentuarsi una fuga di uomini ,di capitali, di iniziative, sollecitata non uni-camente ma certo essenzialmente dalla vici-nanza di territori favoriti dalle incentivazion idella Cassa per il mezzogiorno . La situazion edinamica della regione, in base all 'esame de ivari indici, del reddito, demografico, dell 'oc-cupazione, degli investimenti e dei consumi ,appare, quindi, attualmente condizionata d asquilibri crescenti e da disparità che si mani-festano in forme più accentuate .

Purtroppo gli indirizzi economici più re-centi non sono valsi se non ad accrescere tal isquilibri e disparità . E recente la costituzion edi una area industriale Roma-Latina che s ispinge, con incentivi statali e di enti pub-blici, fino al raccordo anulare, a sud dell acapitale . Appare evidente come tali realiz-zazioni siano destinate ad aumentare i cost isociali conséguenziali della accentuazione d iflussi migratori da zone periferiche, ove re-gnano situazioni di disoccupazione e sottoc-cupazione, a quelle già demograficamentepesanti e congestionate . D'altra parte, l adinamica propria dell'espansione dei centr iurbani, specie di più rilevanti dimensioni ,indica come già l ' indirizzo degli investimenti ,spontaneamente emergente nel loro ambito ,si realizzi non tanto nella direzione di un aproduzione sollecitata da razionale utilizza-zione delle risorse disponibili, quanto nelladirezione di una produzione di beni che,come quelli del settore edilizio e connessialla espansione urbanistica, non solo provo-cano, nei rispettivi comparti produttivi enell'intero sistema, problemi di ordine econo-mico-sociale di estrema delicatezza, ma nep-pure sembrano i più idonei a consentir el'espansione di una economia in fase di svi-luppo così tormentato ed incerto .

L'economia dell'alto Lazio, così comequella di moltissime zone dell'Italia central ee di alcune dell ' Italia settentrionale, è ancoraoggi un'economia tipicamente basata sull eattività primarie. La mancanza quasi com-pleta di iniziative industriali di un certorespiro fa sì, quindi, che l'ampio esodo dall ecampagne, in mancanza della utilizzazion edelle forze di lavoro in altri settori, si risolvain movimenti migratori veri e propri, orma idi dimensioni notevoli .

Ovviamente ogni iniziativa nell'ambito d iun ordinamento che garantisca la libertà

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nelle scelte della occupazione e nella organiz-zazione della produzione è legata al calcol oeconomico della convenienza ; ed è noto comeil risultato di questo calcolo economico de isingoli sia oggi condizionato sempre piùlargamente dalla presenza di alcuni serviz iforniti dalla collettività . Tali servizi sonocerto le infrastrutture, i servizi civili, la di-sciplina urbanistica, l ' assistenza tecnica; masono anche gli incentivi fiscali e creditizi e l agaranzia che lo Stato dà di uguali condizioni ,riferibili sempre alla pubblica iniziativa, pe ranaloghe situazioni e problemi .

Ora, solo uno strumento legislativo ade -guato può affrontare e risolvere tali problemi ,riscontrabili in tutte le aree depresse delcentro-nord. Un simile strumento deve mi -rare soprattutto a che, attraverso provvidenzefiscali e creditizie, si possa imprimere almen ouna capacità di decollo ad iniziative imprendi -toriali suscettibili di per sé di consolidarsi edi divenire vitali e, a loro volta, centri pro-pulsivi di ulteriori intraprese economiche ; edeve altresì eliminare i condizionamenti ester-ni alle volontà individuali, creando i presup-posti affinché tutte le risorse umane e natu-rali disponibili siano economicamente uti-lizzabili e rese operose e feconde . Si tratta i nsostanza di affrontare e di risolvere il pro-blema, per consentire alle popolazioni dell ezone depresse dell' Italia centro-settentrional enon solo di superare l 'attuale disagio psicolo-gico e sociale, ma anche di inserirsi piena-mente nel circuito produttivo della nazione .

Il mio intervento è certamente lacunosoed insufficiente, e nella diagnosi e nella tera-pia. Ma voi, onorevoli colleghi, conoscet ecome me il problema e meglio di me le stradeda percorrere per risolverlo . Ho voluto sol-tanto sollevarlo, certo che non mancherannola vostra sollecitudine e comprensione nel -l'affrontarlo e condurlo a soluzione . Saràun'ulteriore prova effettiva di unità e d isolidarietà nazionali che onorerà il Parla -mento e il paese . (Applausi al centro) .

PRESIDENTE . È iscritto a parlare l'ono-revole Mariani. Ne ha facoltà.

MARIANI . Signor Presidente, onorevolicolleghi, il rilievo politico di questa discus-sione sui bilanci finanziari, che avrebbe do-vuto essere di poco momento, anche e soprat-tutto per il carattere provvisorio dell'attualeGoverno, sta invece crescendo a mano a man oche in tale discussione si procede . E ciò per-ché, in relazione alla congiuntura economic asfavorevole ed ai rilevanti problemi che n ederivano per tutto il paese, le forze econo-miche e sociali italiane non possono attendere

scadenze politiche più o meno lontane e deb-bono trovare una rapida risposta ai problemipiù immediati nel quadro, naturalmente, diuna impostazione che vada oltre l'oggi edanche oltre l'ottobre prossimo, prima impor -tante scadenza politica prefissata .

È su questa risposta e su questa impo-stazione che la discussione si è fatta più ac-cesa ed anche, a mano a mano, più chiar aed impegnata nel Parlamento e nel paese .

La congiuntura sfavorevole è aggravat ada anni di governo imprevidente, chiuso nel -l'egoismo di classe, sì da aver fatto trascorrerecon scarso profitto il triennio 1958-1961, che èstato quello del massimo boom economico, eda aver contemporaneamente deteriorato sem-pre di più proprio quello che è lo strumentoanticongiunturale per eccellenza, cioè il bi-lancio dello Stato, che è stato portato a limit itali di anelasticità da non poter più soppor-tare alcuna ulteriore sollecitazione, con undisavanzo che si avvicina ai 700 miliardi d iparte effettiva, con un debito pubblico d icirca 9 mila miliardi, con residui passivi salit ia 2 .500 miliardi e con il passivo dei comunipassato dai 200 miliardi di alcuni anni fa ai700 miliardi attuali .

La congiuntura è sfavorevole, ed è dunqu eaggravata dal tentativo delle stesse forzepolitiche che hanno imposto quegli anni d igoverno imprevidente e chiuso nell'egoism odi classe, di affrontare i drammatici problemiche si pongono oggi di fronte alla società ita-liana con la stessa imprevidenza e con l ostesso egoismo di classe del passato, operand oscelte illogiche prima che ingiuste, antiecono-miche e antisociali .

Relazione Carli e blocco dei salari sono ilnuovo verbo e l ' antico rimedio : escogitazion iinfantili e, come sempre, imprevidenti edegoistiche .

Ma la situazione politica è diversa daquella del passato e non si comprende comeall ' imprevidenza e all'egoismo si possa oggiaggiungere l'ingenuità, o la superficialità, d iignorare il risultato politico delle elezioni de l28 aprile 1963 . Neppure nella situazione po-litica di dieci anni fa sarebbe stato possibilefare accettare al popolo italiano una relazionedel governatore della Banca d'Italia secondola quale chi- compromette l'equilibrio econo-mico del paese è il lavoratore, colpevole d icontinue ed eccessive richieste di aument isalariali . Neppure dieci anni fa ! Dunque, col-pevole è il lavoratore ? E il profitto monopo-listico ? E le evasioni fiscali ? E il sistema tri-butario divenuto ormai il sistema dell ' impo-sizione indiretta, la più ingiusta e lapiù rozza?

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IV LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 24 LUGLIO 1963

E le grandi speculazioni fondiarie sulle are efabbricabili e di valore turistico ? Il lavora-tore è il grande responsabile ! E l'esporta-zione sempre più massiccia di capitali al -l'estero ? E la non tassazione di redditi noti ,sottratti al reimpiego produttivo per lo sper-pero voluttuario dell'ordine di miliardi ? Eil disordine, la corruzione, la frode, gli amman -chi dell'ordine di mille miliardi (per fare unesempio) nelle gestioni pubbliche dello Stat oo per conto dello Stato ?

COLOMBO, Ministro del tesoro . Anch ' ellacosì superficialmente parla di ammanchi jMa non ha cercato di rendersi conto del pro-blema prima di ripetere simile accusa ?

MARIANI . Allo stato delle cose me nerendo ben conto . Per quanto è accaduto i nrelazione alla questione della Federconsorzi ,con una Commissione parlamentare d'inchie-sta, con una relazione fatta da un professor ed'università, con la possibilità di dimostrar eil contrario, con tutto il tempo che è tra-scorso, e con 50 milioni di italiani schierat iad attendere questa risposta e questo con-trollo, noi abbiamo assistito al diniego si-stematico d 'una risposta e allo svolgimentodi una campagna elettorale che di quest ofatto avrebbe dovuto tenere conto e ha tro-vato il partito di maggioranza relativa im-pegnato a tutti i suoi livelli (non Io dimenti-chiamo) a celare la verità !

COLOMBO, Ministro del tesoro . Vi sononegli atti parlamentari le giustificazioni in -torno alla questione di cui ella ora si occupa .In alcuni discorsi si è parlato di questo .

MARIANI . La parola « ammanco » è inrelazione ad un fatto contabile e i conti no inon li abbiamo avuti (Interruzione del Mini-stro Colombo), e fino a ieri giornali di divers etendenze ribadivano questa grave mancanza :la vignetta satirica di un settimanale a largadiffusione mostrava giorni fa, prendendospunto dai «libri bianchi» di cui ora si parla ,un grande libro bianco con scritto su « Feder-consorzi », il libro ancora bianco del rendi -conto, del rendiconto cui mancano mill e

miliardi !Peccato veramente che un governatore

della Banca d ' Italia, con una relazione no nimprontata a rigore scientifico, abbia tracciat oun solco così sterile, sul quale purtroppo èstato seguito qualche settimana fa dal Pre-sidente del Consiglio con l'affermazione chela corsa agli aumenti salariali oltre i limit idegli incrementi produttivi accelera il pro -cesso inflazionistico, e così pure dal ministroMedici e dal ministro Colombo nei loro di -scorsi al Senato !

La relazione Carli non è improntata arigore scientifico per due ordini di ragion imolto elementari, e sorprende proprio pe rquesto che esse siano sfuggite: la relazioneCarli è in primo luogo limitata a fenomen iche coprono un ristretto arco di tempo, ecioè il solo anno 1962 ; in secondo luogo noncontiene alcun riferimento ad altri paesi ,neppure a quelli del mercato comune. Eppure ,bastava considerare il decennio 1953-196 2(non un anno, ma dieci anni) : siamo nel camp odelle previsioni e delle analisi, siamo ne lcampo della ricerca che ha bisogno del mag-gior numero possibile dì dati per arrivare aun giudizio convincente e persuasivo . Unanno, non un decennio ! (Commenti) . 2 unacritica elementare, onorevoli colleghi ! Ba -stava considerare il decennio 1953-1962 efare i confronti con la Francia, il Belgio ,

l'Austria e la Germania . Bastava fare quest iconfronti sulla base dei dati dell'O .E.C.E .per constatare come mentre in questi paes ila curva degli aumenti salariali ha seguitoquella degli aumenti della produzione, i nItalia nei primi sette anni del decennio con-siderato sono aumentati unicamente la pro-duzione e i profitti ; senza dire (e anch equesto non è un mistero o un dato pocoaccessibile per uno studioso) che in Italia idati in questione vanno completati con quell irelativi all'aumento dei prezzi al consumo.Dal dicembre 1961 al dicembre 1962 tal eaumento è stato, in Italia, superiore a quell overificatosi negli altri paesi europei .

La relazione non è dunque improntataa rigore scientifico per queste due fondamen-tali, inesplicabili lacune; ma essa è anch einsufficiente e sempre sorprendente, la doveafferma seccamente nei suoi due corollari di

sostegno : 10) che la riduzione dei profitti afavore di un più equo compenso del fattorelavoro avrebbe ripercussioni negative sugl i

investimenti ; 20) che il finanziamento de imaggiori costi trova un limite invalicabil enella bilancia dei pagamenti . Ordunque, sec-camente, non una parola di più, non un aparola di meno: solo la enunciazione di quest i

due corollari !Quando io affermo che la riduzione dei

profitti a favore di un più equo compens odel fattore lavoro avrebbe ripercussioni ne-gative sugli investimenti, come faccio a no ndire che in Italia almeno le aliquote di red-dito che non pochi imprenditori, o comunqu enon pochi percettori di reddito, destinano abeni di consumo futili o di ridondanza sot-traendole al processo produttivo, dovrebber oessere assorbite attraverso la via tributaria ?

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Negli Stati Uniti una delle giustificazion idella pesantezza e del rigore con cui vengon ocolpiti i redditi sottratti al ciclo produttiv oe sperperati edonisticamente si basa appunt osull'esigenza conclamata di contenere l'au-mento del costo della vita . Mi sembra che amaggior ragione un obiettivo del generedovrebbe essere valido e auspicabile perl'Italia, almeno come doverosa indicazion eda parte degli studiosi .

Quanto al secondo corollario, è notorioche se nell'ultimo anno la bilancia dei paga -menti è fortemente peggiorata, ciò si deveanche alle massicce dimensioni raggiunt edall'esportazione di capitali all'estero, cu inaturalmente si aggiunge in questa sed eun'altra enorme fetta di evasioni fiscali .

Relazione, dunque, non convincente, uti-lizzata dalla destra economica e politica i nmodo grossolano per fare un gioco che no nha oggi, nell'attuale situazione, alcuna possi-bilità di riuscire sol che le forze costituit edalle classi lavoratrici siano sufficientement evigilanti e consapevoli dell'urgenza di ope-rare perché alcune pedine non siano d isoppiatto spostate sulla scacchiera della poli-tica italiana, nonostante il dichiarato impe-gno del Governo di voler essere ligio alla su anatura di governo delimitato nel tempo, co nfunzione di ponte . Ora, essere un governodelimitato nel tempo non può significare ,rispetto alla situazione politica ed economic adel paese, tentare di mettere questa situazionein frigorifero per tre mesi, né può significarenon voler compiere per tre mesi determinatescelte imposte invece dalle leggi economichee dalle spinte politiche e sociali : questo sabene il Presidente del Consiglio, hanno dimo-strato di saper bene i ministri Medici eColombo in particolare nella discussione alSenato, e sa bene la destra economica e poli-tica che vuole subito muovere alcune d iquelle pedine con lo spauracchio dell'infla-zione e con la leva della relazione Carli . Malo sanno bene anche le classi lavoratrici lequali, se alcune mosse devono essere fattesubito, intendono essere esse a farle, nelloro interesse e quindi nell'interesse dell astragrande maggioranza del popolo italiano .

Si tratta di intenderci bene su questemosse, sulle necessità, sulle cose da faresubito, perché la situazione lo richiede enon si può attendere ottobre . Se tra questecose vi è l'inizio dell'attuazione della « line aCarli *, non si facciano illusioni le forzedella destra economica e politica : neppureun passo potrà essere mosso in quella dire-zione senza la reazione generale delle forze

del lavoro in difesa dei loro interessi e quindidi quelli nazionali . Se tra queste cose vi èl'inizio della rimozione di alcune pietre mi-liari poste con fatica per avviare un process odi rinnovamento della struttura della societ àitaliana, come ad esempio la programmazion e(e una programmazione che si prefigga l'obiet-tivo di farci cominciare ad operare in Italianell'ambito di una politica di piano), no nvi siano del pari illusioni a destra . La pro-grammazione deve andare avanti . La destraed i dorotei vorrebbero collocare il pont edel Governo Leone con il suo primo imbocc onon in asse con la strada già percorsa i nquesto senso, anche se si tratta soltanto d iun modesto viottolo ; la loro preoccupazionemaggiore è proprio quella di discostar equesto ponte dai temi della programmazion ee della politica di piano !

Ogni manovra del genere deve trovareunitaria e decisa reazione . inutile, infatti ,parlare di riforme di struttura e di ammoder-namento della società italiana senza coeren-temente lavorare per una politica di piano ,costruendola giorno per giorno, difendendol agiorno per giorno dall'attacco inesorabile econtinuo dei monopoli e delle oligarchie pri-vilegiate che nella politica di piano ravvi-sano naturalmente il loro primo nemico ,la condizione della loro vera e definitivaeliminazione .

Ora, onorevoli colleghi, agitare lo spau-racchio dell'inflazione, sostenere l'esigenza de lblocco dei salari, richiedere la diminuzionedella spesa pubblica soprattutto nel settoredi attività economica diretta o indiretta dell oStato, tirare fuori la tesi della globalità nellapolitica dei redditi, significa volere una cosasola, molto chiara e semplice ; significa, senzamezzi termini, che lo Stato, poiché è finita lacongiuntura economica favorevole, deve met-tersi a disposizione dei soliti gruppi mono-polistici dell'industria, della finanza, del com-mercio, dell'agricoltura, per garantire ch econtinui I'aumento dei redditi di quei grup-pi, anche se in misura minore rispetto al pas-sato, a scapito degli interessi della stra-grande maggioranza del popolo italiano .

In questo contrasto di interessi non èpossibile permanere nell'equivoco : o si stacon gli uni o si sta con gli altri . Il ministroColombo si illude se crede di essersela cavat abrillantemente al Senato dove, dopo averesaurita la gamma delle figure retoriche edopo avere protestato e conclamato che egl inon è tra coloro per i quali « il solo parlar edell'argomento dell'aumentato peso delle re-tribuzioni deve poi per forza di cose portare

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alla conclusione della necessità del bloccodelle remunerazioni », ha finito col parlare ediscettare solo di questo . Oltre che dell'au-mentato peso delle retribuzioni parli anche ,l'onorevole Colombo, con la stessa diffusione ,con la stessa dovizia di dati, con la stess aricchezza e completezza di ragionamento ,con lo stesso stile e con la stessa competenz ache ammiriamo, dei nuovi profitti monopoli-stici, delle evasioni fiscali, della prevalenz aantipopolare dell'imposizione indiretta, dellespeculazioni fondiarie, della fuga all'esterodei capitali, degli sperperi babilonici indi-viduali di alcuni grandi evasori nazionali, de -gli sperperi e degli ammanchi nelle gestion idello Stato o per conto di esso effettuate .

Se ella, onorevole ministro Colombo, par-lasse anche di tutto ciò, allora le posso assi -curare che noi riterremmo senz'altro sinceroil desiderio, espresso da lei in questi giorni ,di voler perseguire altre vie, oltre il bloccodei salari, per « governare con avvedutezzale risorse a disposizione del paese » .

Ma l'onorevole Colombo ed i suoi amicinon parlano di questi rimedi ; giocano con lefigure retoriche per non dover fare i cont icon la reazione immediata e naturale dellestesse masse cattoliche e concludono i lorodiscorsi sempre alla stessa maniera, non ren-dendosi sufficientemente conto del fatto ch eormai l'equivoco non è più possibile, almen overso di noi .

Dire, ad esempio, che le condizioni dell aprogrammazione vanno ricercate nell'ipo-tesi di una continuità del processo di sviluppoin condizioni di stabilità monetaria significa ,onorevole Colombo, non solo avere della pro-grammazione una visione profondamente di -versa, per esempio, da quella del senator edemocristiano Roselli, relatore al Senato su ibilanci finanziari, ma significa soprattutt oenunciare il principio che, se la situazione eco-nomica italiana è quella che è, cioè non tal eda rientrare in una ipotesi del genere, l avolontà dell'attuale ministro del tesoro èquella di seppellire quanto prima possibil e(di concerto con il ministro del bilancio se-natore Medici, che con tanta sintonia si muov ein ogni campo con l'onorevole Colombo)quel poco che si era riusciti a fare in materiadi programmazione.

Onorevoli colleghi, oggi con amarezza, ne lmomento in cui constatiamo e paghiamotutti lo scotto dell'inizio e dello sviluppo d iuna congiuntura economica sfavorevole, nonpossiamo non registrare l'aumento degli squi-libri già esistenti nella società italiana, squi-libri che per 'responsabilità ormai indiscuti-

bile dei gruppi dirigenti non si è provvedut oalmeno ad attenuare durante il periodo eco-nomicamente più favorevole .

Si è avuto in Italia uno sviluppo capitali-stico, controllato dai gruppi monopolistici ,costituito da una serie di equilibri successivie instabili, su cui la pubblica autorità avreb-be dovuto agire tempestivamente . Quando s iparlava di miracolo economico e l'euforiadominava ogni atteggiamento dei gruppi a lpotere, da parte socialista vennero monit itempestivi e indicazioni precise, proprio i nrelazione all'urgente necessità di porre sguar-do e mente all'attenuazione di quegli squili-bri .

Dopo il luglio 1960 e con il Governo Fan-fani sembrò che si volesse mutare strada . Vifu finalmente il riconoscimento esplicito, su lpiano governativo, della necessità di inter-venire per garantire uno sviluppo più ordi-nato e più giusto : ma i dati forniti oggi dalministro del bilancio ci hanno detto che glisquilibri sono aumentati .

L'aumento dei divari tra nord e sud ,tra città e campagna, tra industria e agri -coltura significa che è peggiorato nei suo itermini reali il problema del Mezzogiorno ,è aumentata la crisi dell'agricoltura, è au-mentata l'emigrazione, specie dal sud, co nindici che, se fossero superati, potrebberorendere ormai insolubili questi problemi d ifondo della società italiana . Nel dibattito alSenato, nella illustrazione dell 'aumentato di-vario tra nord e sud e delle drammatichecondizioni del Mezzogiorno, sono state spess ocitate le regioni calabrese ed abruzzese .Dettagli sono stati forniti solo per la Calabria .Mi sia consentito dire che dettagli analoghi ,e per alcuni settori molto peggiori, posson oessere forniti per l'Abruzzo, oggi senza dub-bio la cenerentola tra le regioni meridional ied insulari, la più colpita dal fenomenomigratorio, la più dimenticata dall'inter-vento del Governo, delle aziende di Stato e da partecipazione statale . Il ministro dellepartecipazioni statali ha esaltato l'opera de lGoverno nel Mezzogiorno nei due settor idella siderurgia e delle autostrade : ebbene,per l'Abruzzo niente è stato fatto in quest idue settori . L'« autostrada dei due mari »(Tirreno-Adriatico), la Roma-Adriatico, pre-vista dalla legge del 1955, è ancora in alt omare e l'Abruzzo invano ha atteso dall'I .R.I .una parola di speranza per ben otto anni !Dopo la fuga dell'energia elettrica dall'Abruz-zo, dopo la spoliazione delle bauxiti abruz-zesi, è venuta quella del metano: in tutte leregioni d ' Italia dove è stato reperito metano

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la utilizzazione dello stesso è avvenuta" lar-gamente nell'ambito della regione . Per loAbruzzo il metano di Vasto non deve costi-tuire una speranza : un costoso metanod ottoè in costruzione per portare il metano de lvastese a Roma e a Terni . Si scherza vera-mente con la pazienza delle popolazioniabruzzesi, si irride alle loro gravi difficoltà ,si chiudono gli occhi alle esigenze di un aregione che pure ha sempre dato il suo con -tributo allo sviluppo del paese, con le capa-cità, lo spirito di sacrificio, la millenari aciviltà dei suoi abitanti . L'Abruzzo è il cas olimite per il Mezzogiorno, il Mezzogiorno èil problema che dall'unità d ' Italia sta sultappeto. La speranza ormai è in una politic adi piano, anche per le popolazioni meridio-nali .

In queste obiettive condizioni, attaccarela linea della programmazione economica edostacolare le forze che si battono in Italiaper una politica di piano è un fatto antina-zionale . Questo va detto subito e con forza .Il poco, infatti, che si era riuscito a fare ne l1962 in materia di programmazione è espostooggi agli attacchi della destra economica epolitica, che chiede al gruppo doroteo d iutilizzare al massimo questi tre mesi perdistruggere quanto si era faticosamente co-struito .

La destra non vuole che proprio nell acongiuntura economica sfavorevole comin-cino ad operare i criteri di un interventoorganizzato e predeterminato dello Statonella vita economica e sociale, diretto a dimpedire, almeno nel primo momento, ch enel disordine e tra gli squilibri continuino aprevalere le solite oligarchie, lasciando ognionere, di congiuntura o in assoluto, sempre ,come nel passato, sulle spalle delle class ilavoratrici .

La politica di piano, che è l 'unica capacedi realizzare quello che l'onorevole Colomb ovuole solo a parole, cioè trovare tutte le vieper « governare con avvedutezza le risors ea disposizione del paese », comporta que icriteri di globalità sostanziale che sono u nmero pretesto formale ed ingannevole nelleenunciazioni di questi giorni degli econo-misti della Confindustria .

Sono note le vicende della Commission enazionale per la programmazione, che h aaggiornato i suoi lavori fino a settembre ,mentre il professore Saraceno, suo vicepre-sidente, si accinge a redigere ex novo il suorapporto e mentre le due relazioni Saracen oe Fuà-Sylos Labini hanno visto la luce inposizioni quasi contrapposte .

Sulla programmazione economica oggi s icompie una grande manovra tattica dell adestra che tende a creare confusione facen-dosi paladina anch'essa di una cosa che ,invece, teme come il peggiore dei mali . Dallaconfusione sulla stessa terminologia alla con-fusione sui fini, dalla sapiente orchestrazion econtro le impostazioni degli urbanisti piùimpegnati alla paralisi o addirittura all aeliminazione dei deboli strumenti già creati .La stessa nota aggiuntiva dell'onorevol eLa Malfa che poneva esplicitamente il pro-blema di un deciso e sollecito intervento pe raffrontare ed eliminare, o almeno ridurre ,alcuni squilibri tra i più pericolosi per l'eco-nomia nazionale, è oggi fuori del discors oufficiale del Governo .

Onorevoli colleghi, che significato pu òavere discutere oggi i bilanci finanziari d iun Governo a tempo e con funzione di pontesenza che questi bilanci tengano conto dell anecessità politica obiettiva di adeguare, si apure con una prima, modesta per quanto s ivoglia, approssimazione, il bilancio dell oStato al tema fondamentale, centrale, dell aprogrammazione economica ? Non denunciarein Parlamento oggi questo passo indietro ,questo arresto, significherebbe aver perdutofiducia nella battaglia per dare all'Italia unapolitica di piano quanto prima possibile .

inutile che il senatore Roselli esalti- laprogrammazione economica come un fattodi progresso per lo sviluppo ordinato egiusto della società italiana, se non si chied econ noi una linea di azione in difesa di quantosi è fatto e di quanto è necessario fare perch éla programmazione diventi fatto istituzionale ,di governo, di consapevolezza e di vita pe rtutto il popolo italiano .

Esistono le condizioni obiettive per pro -cedere speditamente sulla strada della pro-grammazione economica e per una politic adi piano. Gli strumenti già propri dello Stat oper una sua attività economica, la naziona-lizzazione dell'energia elettrica (senza l aquale non sarebbe stato possibile portar eavanti i temi della programmazione, che ri-chiede appunto il controllo pieno delle font idi energia), la manovra del credito (possibilecon una impegnata e continua azione di in-teresse collettivo da parte del ministro delbilancio e della programmazione) costitui-scono già le condizioni sufficienti per passi

ulteriori . Ma è evidente che se questa conce-zione, se questa scelta politica prevale ,l'intera vita economica e sociale del paesedeve restarne influenzata ed impegnata . Laproprietà pubblica dei suoli urbani, le ri-

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forme strutturali in agricoltura, l'organiz-zazione della distribuzione dei beni e de iservizi rappresentano altrettanti elementi pri-mari di questa scelta; e la volontà politicadi andare avanti con la programmazion edeve verificarsi necessariamente esprimen-dosi in senso favorevole su questi punt iprimari .

Se invece questo processo a catena edialettico non progredisce, vuol dire che ipaladini della programmazione non sono sin -ceri: sono per la programmazione del lorocomodo e del loro interesse, non per quell oche riguarda i bisogni e le aspirazioni d imilioni di lavoratori che intendono, comehanno detto il 28 aprile, non attendere piùrinvii o troppo elaborate soluzioni . La pro-grammazione economica andrà avanti : co-me per l'energia elettrica da nazionalizzare ,siamo in ritardo rispetto a paesi come laFrancia e l'Inghilterra. Il senatore Rosell iha fatto molto bene a parlare di questo argo -mento, ma né il ministro Medici né il mini-stro Colombo hanno annesso molta impor-tanza alla questione. La programmazion eandrà avanti se nel Parlamento, specie i nquest'aula, si terrà duro contro le manovredella destra economica e politica .

Su quattro obiettivi dovrà articolarsi es-senzialmente l'azione delle forze impegnat ea dare all'Italia una moderna politica eco-nomica, una politica di piano, per la qual el'azione e l'iniziativa del partito socialist aitaliano nel paese hanno già avuto larghi con -sensi e riconoscimenti e per la quale i sociali-sti, uniti a tutte le forze interessate – da isindacati ai gruppi di studio, dalle organiz-zazioni contadine ai tecnici e agli urbanisti –daranno il contributo più impegnato e piùcontinuo possibile. Gli obiettivi sono: 1 o) va-lore istituzionale e costituzionale della pro-grammazione; 2o) impegno globale di Gover-no; 30) preparazione ed evoluzione degli stru-menti ; 4o) impegno culturale o di informazione .

Valore istituzionale e costituzionale dellaprogrammazione: la programmazione econo-mica deve significare, cioè, l'accoglimentoistituzionale nel nostro sistema del prin-cipio che lo sviluppo economico e sociale deverealizzarsi con ordine, vale a dire second oscelte prioritarie democratiche, e pertant ologiche e coordinate ; con giustizia, second ocioè l'interesse delle classi lavoratrici ; conlibertà, ossia secondo i principi e le garanziedella Costituzione .

Impegno globale di Governo : non si puòdelegare questa nuova funzione ad uno soloo a più ministeri, né a settori staccati dalla

responsabilità diretta del Governo, al fin epreciso di conservare al Parlamento il con-trollo diretto di essa, per l'ovvio sindacat osul Governo .

Preparazione ed evoluzione degli stru-menti: l'insufficienza della Commissione na-zionale e degli uffici del piano si è già resaevidente di fronte alle prime esigenze dell aprogrammazione . Orbene, fermo il criteri odel metodo democratico (che dovrà trovare ,soprattutto agli inizi, un necessario contem-peramento tra le esigenze tecnologiche ele esigenze di rappresentatività della collet-tività produttrice), la preparazione e l'evo-luzione degli strumenti saranno Iegate all econcrete necessità della collettività non pre-determinate con criteri burocratici ed astratt ie, quindi, antidemocratici .

Impegno culturale e di informazione : im-pegno necessario, se si pensa alla imponenza ,alla novità ed alla varietà dei problemi cheuna politica economica programmata com-porta. Impegno culturale verso tutti i set -tori ed ambienti all'interno, verso ogni dire-zione nei contatti con le esperienze straniere .

Questi obiettivi pdssono trovare largh eforze che li sostengano, e già vi è il favoredell'ambiente. Possiamo ben affermare chela programmazione ha già vinto la sua bat-taglia, se la destra ha bisogno da camuffars ida sua paladina. Ma è anche, per altro, evi -dente che una radicale svolta della politicaeconomica in senso democratico sarà possi-bile solo con l'appoggio delle masse popo-lari e a condizione di seguire la strada dell ademocrazia, della libertà e del rispetto de iprincipi autonomistici . Spetterà al Parla -mento svolgere la funzione che ad esso com-pete di organo dirigente della politica d isviluppo economico, della quale il Govern odovrà essere solo l'esecutore, e che dovràmirare allo sviluppo democratico in tutt ii settori della vita nazionale .

Questa, onorevoli colleghi, può essere l ameta della legislatura in corso -se, superand odubbiezze ed evitando inutili attese, si ini-zierà subito l'azione concorde e generale che ,elaborando e attuando una politica di pianoanche per l'Italia degli « anni sessanta », ren-da finalmente concrete, per i suoi 50 milion idi abitanti, le parole « progresso » e « giu-stizia sociale » e riempia di più vitale e umanocontenuto quelle di democrazia e di libertà .(Applausi a sinistra – Congratulazioni) .

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'ono-revole Gagliardi . Ne ha facoltà.

GAGLIARDI. Signor Presidente, ono-revoli colleghi, onorevoli ministri, per la

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IV LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 24 LUGLIO 1963

verità non era mia intenzione intervenire suibilanci dei Ministeri finanziari : la mia iscri-zione a parlare è di pochi giorni fa. Ma horitenuto fosse mio dovere far risuonare inquest'aula una voce di viva preoccupazionein ordine a due problemi che in questi ultim imesi, direi in questi ultimi giorni, si sono par-ticolarmente acuiti . Si tratta di un primo pro-blema di carattere generale e di un secondo ,che, pur di carattere particolare, assume unatale importanza da meritare l'interessamentodi noi tutti . Mi riferisco alla grave crisi ch esta attraversando nel nostro paese il settoredel teatro lirico . Mi riferisco al problema d iuna città cara a tutti gli italiani che minacciadi scomparire: la città di Venezia .

Sul primo argomento, onorevole ministro ,quello degli enti lirici, ella potrà obiettarmi :non sarebbe stato più opportuno una tratta-zione di questo tema in sede di discussione de lbilancio del Ministero del turismo e dell ospettacolo ? È facile rispondere che in quell asede già unanimemente, da tutti i gruppi poli-tici, dallo stesso ministro responsabile, è ve-nuta una, voce accorata, una voce preoccu-pata che, purtroppo, non ha trovato l'econecessaria presso i competenti ministri deltesoro e del bilancio .

La storia degli enti lirici in Italia è un astoria annosa e non certo confortante, è un atipica storia del modo di procedere in talun isettori, un procedere ad interventi ritardati ,chiudendo le falle quando già la barca f aacqua: un modo di procedere che, purtroppo ,ha condotto ormai questo settore sull'orl odella chiusura definitiva, se è vero che duegiorni fa a Verona i sovraintendenti, cioè iresponsabili degli enti lirici di tutta Italia ,hanno unanimemente concordato di chiuderl ia settembre, se non giungeranno con urgenz ale necessarie e ripetutamente richieste prov-videnze. Non si tratta di cifre eccezionali ,di stanziamenti irreperibili nel pur angustiat obilancio dello Stato . Si tratta di porre ordineuna volta per sempre in un settore la cuiimportanza ritengo non sfugga ad alcuno dinoi, sia sul piano spirituale e culturale, si asu quello della difesa di una tradizione che at-tualmente onora l'Italia e della preserva-vazione di uno strumento di educazione, d iciviltà, di prestigio .

Che cosa chiedono gli enti lirici ? Qual iaiuti hanno chiesto, attraverso il dicaster ocompetente del turismo e dello spettacolo ,per non essere costretti a chiudere i battent iin settembre ? Chiedono che il previsto con-tributo fisso di 5 miliardi ad integrazione de iloro striminziti insignificanti bilanci sia elevato

a 7 miliardi ; chiedono anche che i disavanzi al30 giugno 1963, cosl come è avvenuto ripetutevolte, purtroppo con ritardo e quindi conun carico di interessi passivi veramente rile-vante, siano ripianati con l'intervento dell oStato .

Onorevole ministro, la mia obiettività m ipermette di riconoscere che vi sono cose chenon vanno all'interno degli enti lirici, che v isono economie e risparmi che è possibile edoveroso fare, che vi è un riordinamento gene-rale che la stessa nuova legge, volta a ristrut-turare questi enti, dovrà pur apportare . Mase noi opereremo su un cadavere, non potrem oristrutturare un bel niente, perchè avremogià disperso un tesoro prezioso : masse corali ,orchestrali, artisti, cantanti, direttori d ' or-chestra, registi, maestranze, che costituiscon oun patrimonio di grandissimo valore, ch efa onore ali' Italia e che non abbiamo il dirittodi lasciar estinguere .

Perciò la mia voce accorata viene a daggiungersi alle molte altre . Lo so, sarebb emolto più responsabile che, oltre a chieder eal bilancio dello Stato ulteriori sforzi, no iindicassimo anche le linee sulle quali questobilancio potesse rimpinguare le sue insuf-ficienti entrate . Però questo appello accoratoche credo trovi consenzienti tutti i grupp i

parlamentari, perchè da ogni parte è echeg-giato questo grido di allarme, intendo qu iportarlo perchè si eviti, con l'eco disastros ache si avrebbe in tutto il mondo, che, dop ole stagioni estive già abolite e quelle autun-nali già soppresse, vengano impedite anchele stagioni invernali, con il che noi definitiva-mente segneremmo la morte di queste isti-tuzioni .

Il secondo argomento riguarda la citt àdi Venezia . Pur essendo un problema parti -colare, voglio sperare, anzi sono certo cheesso troverà eco in tutti gli italiani, cos ìcome trova eco in •tutti gli uomini che s isentono degni di tale nome, perché hanno acuore i valori di una civiltà prestigiosa chetrova nella città di Venezia orme e segn iinconfondibili che non vogliamo veder scom-parire .

Ebbene, signor ministro, con la stessadrammaticità ed urgenza con la quale h ofatto risuonare qui il mio appello per l asalvezza degli enti lirici, senza esagerare ,senza drammatizzare, senza che la mi aqualità di deputato veneziano mi faccia velo ,debbo dirle con viva preoccupazione che sead autunno con le mareggiate che orma istagionalmente si verificano, dovesse, comeè accaduto due anni fa, cedere anche per

Atti Parlamentari

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Camera dei Deputat i

IV LEGISLATURA — DISCUSSIONI

SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 24 LUGLIO 1963

pochi metri una diga foranea che al port odi san Nicolò difende dal mare questa pre-ziosa perla che nella laguna è Venezia, ver-rebbe sommersa l'isola di Sant ' Erasmo ch ecostituisce l'antemurale alla città, e l'ond apotrebbe giungere fino al centro storico ,compromettendolo nelle sue stesse struttur eessenziali .

Non è che finora abbiamo dormito : nonha dormito il Governo, non ha dormito i lParlamento, che anche nella passata legi-slatura su mia iniziativa costituì una com-missione ministeriale composta di tecnici ,esperti e funzionari ministeriali . Ebbene ,questa commissione ha già concluso i suo ilavori e trasmesso le sue conclusioni al mi-nistro competente, richiedendo due inter -venti .

Il primo di essi comporta una spesa d ì834 milioni, che permetterà di continuare astudiare in modo approfondito per altr idiciotto mesi, a livello universitario e scien-tifico (creando addirittura presso l'universit àdi Padova il modello della laguna di Venezia )i fenomeni, non ancora del tutto chiari ,dell'erosione, del bradisisma, del mancatoripascimento dei litorali, dell'aumento de llivello medio marino, tutte cause concorrenti ,alcune addirittura misteriose, a determinarel'attuale situazione: di fronte alla qualel'uomo, che ormai è capace di tutto, non pu òcerto arrendersi, se vorrà conservare allegenerazioni venture questa città unica a lmondo che è Venezia .

Questi studiosi hanno chiesto 834 milioni ,che dovranno essere resi disponibili da lbilancio dello Stato . Gli studi in questionenon sono diretti a rinviare o a dilazionar eil problema, ma ad approfondirlo e a farsì che le varie amministrazioni dello Statonon abbiano più a spendere i loro quattrin iin modo disordinato, inefficiente, frammen-tario e saltuario, ma abbiano ad intervenireveramente ed efficacemente là dove lo scien-ziato avrà individuato le cause del fenomeno .

Fino a che non saranno state individuate que-ste cause, non sarà possibile un interventopreciso, puntuale e qualificato .

Il secondo intervento richiede uno stan-ziamento di 12 miliardi, sia pure suddivis oin 4 o cinque annualità, per le opere di prima ,indilazionabile e urgente necessità . Quell emagnifiche costruzioni definite « i murazzi » ,che la Repubbiica veneta costruì con ingent esforzo (e allora mancavano i mezzi che ogg iinvece abbiamo) a difesa del lido e dell acittà, sono oggi praticamente e largament ein crisi . Voragini paurose si aprono e il marevi irrompe con tutta la sua forza distruttrice ,compromettendo le fondamenta della citt àstorica, corrose dal moto ondoso, dalla sal-sedine, dall'aumento del livello medio ma-rino collegato allo scioglimento delle calott epolari, da fenomeni inarrestabili di fati-scenza, di continuo marcire dell'acqua, delsalso che crepa tutto, consuma le malte ,s'infiltra nei mattoni, scava nelle fonda -menta .

Onorevole ministro, non aggiungo altro .So che non è questo il solo problema giacent esul suo tavolo di lavoro, ma ho il doveredi portare queste cose in Parlamento, perch éil Parlamento e il Governo sappiano, perchéciascuno assuma le proprie responsabilità ,perché soprattutto dallo sforzo di tutti siasalvata Venezia, sia lasciata all'umanitàfutura questa consolazione dello spirito edell'arte che intere generazioni, per il nostr ogodimento, hanno creato e custodito . (Ap-plausi al centro — Congratulazioni) .

PRESIDENTE. Il seguito della discus-sione è rinviato alla seduta pomeridiana .

La seduta termina alle 13,10.

IL DIRETTORE DELL'UFFICIO DEI RESOCONT I

Dott . VITTORIO FALZONE

TIPOGRAFIA DELLA CAMERA DEI DEPUTATI