Scatoladegliatrezziperunantropologiaermeneutica

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Scatola degli attrezzi per un’antropologia ermeneutica Ana Maria Forero Angel Fieldwork Analisis: un’esperienza etnografica nella metropoli Cattedra di Antropologia Culturale Prof. Massimo Canevacci

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Lezione 16 maggio

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Scatola degli attrezzi per un’antropologia ermeneutica

Ana Maria Forero Angel

Fieldwork Analisis: un’esperienza etnografica nella metropoli

Cattedra di Antropologia Culturale Prof. Massimo Canevacci

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• Antecedenti• Esercizi etnografici• Antropologia: esercizio ermeneutico• Antropologia: esercizio dialogico• Concetto di cultura• Thick Descrption• Stupore • Critica Culturale• Critica a lavoro sul campo• Rivaluta il concetto centro - periferia

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• Decade ‘70: un ramo delle scienze sociali abbandonano la convinzione che lo scopo sia quello di proporre teorie scientifiche, leggi scientifiche

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Pretese dell’antropologia universalistica

• Testi Etnografici: il lavoro sul campo produce un tipo di autorità prevalentemente basata sull’esperienza soggettiva sensoriale. Ognuno vive la realtà e le usanze indigene in maniera intima, con i propri occhi partecipa alla vita quotidiana della comunità. Ma il testo professionale prodotto da questo incontro deve conformarsi alla norma del discorso scientifica, la cui autorità risiede nell’assoluto occultamento del soggetto parlante.

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• Etnografia: presente etnografico. Trasformazione dell’esperienza soggettiva in scienza oggettiva

• Malinowski: antropologo è una figura mobile, partecipa nella vita del nativo, osserva da una molteplicità di posizioni

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• Etnografia: opera scientifica, secondo la quale tutti parlano tranne il passivo soggetto del discorso scientifico (incurante della presenza di un osservatore straniero)

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• Testi Etnografici: la scrittura etnografica si costituisce retoricamente come qualsiasi altra formazione discorsiva.

• Invito: accettare il tentativo da parte della disciplina di combinare pratiche oggettive e soggettive

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“I propri tropi non sono né naturali né, spesso, specifici della disciplina. Così, se lo si desidera, è possibile liberarsene, non eliminandoli completamente (cosa che è impossibile), ma inventando nuovi tropi (cosa che è invece possibile)” Mary Louis Pratt, Ricerca sul Campo in luoghi familiari

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• Antropologia: esercizio di interpretazione, ermeneutico. Perciò un esercizio virtualmente interminabile.

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• Antropologia si propone come dialogica. Nega il presupposto gerarchico secondo il quale ‘noi’ studiamo ‘loro’ perché siamo liberi dalle loro ‘stranezze culturali’

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• L’uomo è un animale impigliato nelle reti di significato che egli stesso ha tessuto, la cultura consiste in queste reti e che perciò la loro analisi non è una scienza sperimentale in cerca di leggi ma una scienza interpretativa in cerca di significato.

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• Geertz definisce il concetto di thick description.

• Esempio. L’occhio si chiude e si apre: è un tic nervoso o un modo di ammiccare?

• Una cultura non è fatta di significati privati. Non esistono significati che appartengano a un solo individuo. (Wittgenstein: non esistono i linguaggi privati, il significato di una parola è pubblico, perciò anche la cultura è pubblica)

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• “La cultura consiste in strutture di significato socialmente stabilite, nei cui termini le persone fanno cose come lanciarsi dei segnali d’intesa (…) non significa affermare che essa sia un fenomeno psicologico, una caratteristica della mente di qualcuno, o della sua personalità” (Clifford Geertz).

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• L’antropologo non può diventare indigeno, ma può dialogare, capire il significato. Può interpretare.

• I testi etnografici sono interpretazioni di interpretazioni.

• L’etnografia non deve ambire a proporre modelli universali, deve mirare a spaesare il lettore, a incrinare l’ottundente senso di familiarità.

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• L’etnografia, l’analisi culturale, è sempre incompleta.

• L’etnografia è fictio

• L’etnografia non si fa sui villaggi ma dentro i villaggi (gli antropologi non studiano i villaggi, ma nei villaggi)

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• Le formulazioni teoriche sono interpretazioni.

• L’antropologia non è predittiva

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• Mente e natura umana sono concetti che hanno un contesto, e cercano di tranquillizzare un ‘noi’ che potrebbe perdersi davanti alla minaccia dell’alterità.

• Antropologi: mercanti dello stupore.

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Gli usi della diversità

• “L’alterità non si profila sulla riva del mare ma sull’orlo della pelle (…) Il mondo sociale non si articola in perspicui ‘noi’ da un lato, con cui possiamo empatizzare per quanto grande sia la differenza fra noi, ed enigmatici ‘loro’ dall’altro, con cui non possiamo empatizzare per quanto ci si sforzi di difendere fino alla fine il loro diritto di essere diversi da noi”

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• Se le culture sono impermeabili l’una all’altra (Levi-Strauss), allora è impossibile espandere i propri limiti linguistici. Diventa impossibile conoscere la nostra posizione e il nostro modo di rapportarci con gli altri. Diventa impossibile conoscere se stessi.

• Nel buio dell’incomprensione scompare la possibilità di capire la nostra posizione nel collage nel quale siamo situati.

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• Antropologia: esercizio di critica culturale, l’alterità inizia negli orli della pelle

• Antropologia si fa a casa, è possibile fare antropologia della metropoli, del potere

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• Antropologia come critica culturale mette in crisi il concetto centro periferia

• Rivalutazione del concetto di campo (non viaggio a luoghi inospiti, lunghe permanenze tra i nativi)

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• Antropologia: esercizio di traduzione• Antropologia: esercizio speculativo• Antropologia: esercizio evocativo

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“Speculativo indica qui il rapporto del rispecchiare. Lo specchiarsi è uno scambio continuo. Che qualcosa si specchi in qualcos’altro, per esempio il castello si specchi nello stagno significa che lo stagno riflette l’immagine del castello. L’immagine dello specchio è essenzialmente legata alla cosa che riflette per mezzo dell’osservatore. Non ha un essere per sé, è come un’apparenza che non è la cosa che tuttavia fa apparire la cosa stessa nell’immagine riflessa (…) il peculiare mistero del rispecchiamento è appunto l’inaferrabilità dell’immagine, il carattere fluido e sfuggente dell’immagine riflessa” (Gadamer, Verità e Metodo)