Sardegnatavola N. 2

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IL CIBO SARDO TI FA PIÙ BELLA VIP E GIOVANI A TAVOLA IN NAVE CIBO SARDO IO IN CUCINA IN GIRO PER GUSTO A CAGLIARI, CASTELSARDO, BELVÌ, OGLIASTRA

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Gli eventi, le manifestazioni, la cultura e i personaggi della Sardegna raccontati attraverso la tradizione culinaria dell’Isola. Ricette, ristoranti, tendenze, consigli per assaporare i prodotti e i piatti tipici di una terra ricca di sapori esclusivi e unici.

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IL CIBO SARDOTI FA PIÙ BELLA

VIP E GIOVANI A TAVOLAIN NAVE CIBO SARDO IO IN CUCINA

IN GIRO PER GUSTO

A CAGLIARI, CASTELSARDO,BELVÌ, OGLIASTRA

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Sommario

6 il turismo gastronomicoQuanto vale 5 LA SARDEGNA ALLUNGA LA VITA

6 QUANTO VALE IL TURISMO ENOGASTRONOMICO8 LA CARTA DEI VALORI DELLA SARDEGNA9 UN TESORO DI BORGO 10 POLITICAMENTE BUONI E CORRETTI14 I RAGAZZI MANGIANO COSì COSì16 IL MERCATO VERDE FUORIPORTA20 CAGLIARI AMA LA BUONA TAVOLA22 L’ISOLA INCONTAMINATA - BELVÌ30 MANGIAR BENE PER VIVERE MEGLIO31 SADALI, IL PAESE DELL’ACQUA32 QUELLE MITICHE PICCHETTADAS

18IL MERCATO VERDE

FUORIPORTA

PICCHETTADASQUELLE MITICHE

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36 PANICO PROVA COSTUME38 L’ISOLA DEL CIBO40 LE STRADE E LE CITTÀ DEL VINO42 A TAVOLA CON SARDI E IRLANDESI 47 DAL “NON TI PAGO” AL “BAR STARDO”48 CAGLIARI PASSIONE PIC-NIC

A TAVOLA CON SARDI E IRLANDESI36

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Giorgio AriuDirettore di Sardegnatavola

A TAVOLACON ANTINE NIVOLA

Più buoni a tavola

Gli sarebbe bastata la pausa a pane e for-maggio, come ai tempi delle giovinezza ad

Orani, muratore per conto del padre. I ritmi per la messa in posa delle madri sculture in via Roma al Consiglio Regionale erano “americani”, veloci, ma nella solita trattoria a La Marina l’indugiare davanti ad un buon piatto e a tanti tovaglioli bian-chi era tentazione forte. Talvolta Antine Nivola assieme ad un altro uomo “di pietra”, Pinuccio Sciola; altre volte il dopo pasto al nostro giornale a spiegare il bianco dei tovaglioli di carta. C’erano

bozzetti,schizzi, desideri, sfide. L’ultima mai rac-colta dal Comune di Cagliari: ridisegnare e arre-dare la terrazza del Bastione. Così ci fece dono del lucido del bozzetto: i segni di un’opera mai nata, , come il momento alla Brigata Sassari. In redazione, la incancellabile lezione attorno al va-lore del bianco nelle pagine di “Sardegnatavola”, come del “Cagliaritano”: “togli queste bacchette nere che ingabbiano, libera le pagine”. A tavola raccontava della sua Orani, così distante e così vicina alla sua America, a Le Corbusier e a tutti quei grandi suoi estimatori ai quali non smetteva mai di raccontare dal buon cibo sardo della nostra ospitalità e di quel modo tutto nostro di indugiare a tavola.

Da oltre 25 anni bolle in pentola la nostra passione per la valorizzazione dei tesori del-

la nostra terra. Il cibo, che rappresenta la nostra identità e la sfida alla globalizzazione, può trainare la nostra economia esaltando le fatiche dei campi sino a quelle di chef, cuochi e camerieri, sempre più testimonial delle nostre tradizioni enogastro-nomiche e ambitissimi negli scenari internazionali del food. Spiace sentire ancora che qualche giova-ne è “finito in una scuola minore”, all’Alberghiero perchè “con poca voglia di studiare”. In un recen-te incontro con più studenti abbiamo detto loro: complimenti, avete scelto una professione affa-scinante e mirata ai mercati più ricchi. A Dubai, Cortina, Venezia, Toronto, New York, Colonia sono tantissimi i ristoratori sardi che si sono af-fermati e raccontano pagine fitte della nostra vita, della nostra cultura, del nostro modo di intende-

DIMONIOSE CIBO SARDO

re lo stare a tavola. Per questo ci piace la scelta della Giunta Regionale che con la flotta sarda ha infranto il cartello degli armatori che da sempre ci hanno traghettato, anche da bestie, e con i con-tributi di Stato a bordo non ci hanno mai dato nulla che sapesse della nostra terra. Ora a bordo di Dimonios e Scintu, la rivoluzione inizia dalla tavola e dall’accoglienza tutta sarda.

No al nucleare: la straordinaria, corale, mo-bilitazione dei sardi ha fatto scuola in tutta

Italia. Il seme era nella sensibilità di tutti noi e anche nei programmi elettorali di Cappellacci. C’è sempre più sensibilità e più rispetto per la natura, si sta’ più attenti a ciò che portiamo sulla nostra tavola, sui risparmi energetici, insomma sul rispetto dell’ambiente e sulle piccole infinite azioni quotidiane che possono farci vivere in un mondo migliore. La Sardegna è ancora un’isola dal cielo e dalla terra puliti, se è vero che siamo ciò che mangiamo, possiamo abbandonarci agli intimissimi viaggi attorno al nostro territorio per riscoprire la fortuna di poter assaporare luoghi, persone e cibi incontaminati. Forse è questa la cartolina che può girare il mondo per portare qui turisti eco-sensibili che ci scelgono, infine, per svernare, per intraprendere, per abbracciarci in una lunga tavolata ideale.

Intimissimi viaggi in Sardegna

Nivola al Bastione di Cagliari

GIA

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«Quello di quest’anno è un vero e proprio scenario di guerra, tra i sequestri giudiziari a La Maddalena e Quirra e “le entrate a gamba tesa” delle compagnie di navigazione sui viaggiatori e gli imprenditori. Un vincolo vigliacco che la Regione ha saputo superare con una soluzione importante che già ha fatto regi-strare dei dati eccezionali sulle prenotazioni: 4 milioni di euro in soli 20 giorni. Si stima che il fatturato ipotetico delle navi sarde al 60 % di carico per questi tre mesi sarà di 21 milioni di

euro. Questo dato deve essere al centro di tutte le riflessioni. Poi gli interventi sul comparto aereo, perché l’attenzione del Governo regionale al turismo costringe all’attenzione su tut-to. Purtroppo tanti elementi complicano il lavoro. Il dato che misura l’impatto del turismo con l’8,5 % del PIL è un falso storico in quanto non calcola il mondo del sommerso, quello delle seconde case, ecc. Com’è possibile che vengano calco-lati 2 milioni e mezzo di arrivi se solo i porti ne registrano 5 milioni? Dove vanno questi turisti? Un altro dato importante è quello che riguarda le presenze di stranieri: nel 2000 il 75 % delle presenze era nazionale e il restante 25 % straniero, nel 2010 c’è stato un incremento del 10 % delle presenze di stranieri. È un dato importante nonostante si tratti solo del 10 % perché gli stranieri vengono anche nelle stagioni “altre”, i cosiddetti periodi di spalla. Potremmo porci come obietti-vo quello di raggiungere la Toscana, che registra un 50 e 50. Certo che le spiagge rappresentano un’attrattiva enorme ma bisogna fare un salto di qualità con la prospettiva lungimirante del 2015.Due o tre elementi su cui ragionare: il primo è la forte mar-ca della Sardegna, quello che chiamo “Sardinian Style”, che comprende la lingua, le tradizioni, il canto, insomma tutto ciò che ha una forte connotazione identitaria, quindi anche l’eno-gastronomia. Il secondo è il fatto che il turismo sia una grande vetrina, che gira tutte le coste ma anche le regioni interne. La Regione è stata un po’ maldestra in alcuni suoi interventi,

per esempio nel promuovere la costruzione dei mini-caseifici senza imporre materiali completamente inseriti nell’ambiente. Un altro esempio: la creazione dell’Albo dei produttori per gli agriturismi mina lo sviluppo dei minuscoli produttori, al momento nascenti. Questo per spiegare che l’intervento legislativo talvolta non è co-erente e c’è ancora parecchio da costruire. Prima di tutto bisogna fare un percorso culturale importante: distinguere “ospitalità” e “accoglienza”, che ha invece a che fare con la professionalità. Per

questo la Regione ha promosso due master per migliorare e far crescere dei nuovi professionisti del turismoÈ faticoso creare il binomio coste-interno, sarebbe necessario creare più borghi rurali e piccole comunità, investire sulle am-ministrazioni meritevoli e l’Ente Foreste dovrebbe sopperire e lavorare per migliorare la qualità dei luoghi. Inoltre manca-no gli spazi e i servizi per la stagione invernale, piscine riscal-date, centri benessere, ecc. Insomma dobbiamo recuperare tanto tempo perso. Bisogna elevare l’asticella della qualità e attirare più turisti che sappiano spendere e siano di qualità, ossia rispettosi. Da questo punto di vista quello dell’enoga-stronomia è un comparto centrale nell’attività della Regione, un esempio è la firma tra Confcommercio e Confesercendi per la nascita dei “corner della gastronomia”. Poi la creazione della Cooperativa dei pastori, per evitare l’esportazione del pecorino in USA visto che l’America ce l’abbiamo qui tra quei 25 milioni di turisti. E “I borghi del gusto”, per restituire con caparbietà il marchio di qualità ai territori. Ma gli imprendito-ri vanno accompagnati in questa evoluzione, è il compito della Regione. Per questo il motto dell’Assessorato del Turismo è “Sardinian Evolution”: il turismo vince se sa fare ragionamenti utili per tutti i comparti in un regime di trasversalità assoluta. Il mio messaggio vuole lanciare una riflessione: “la Sardegna allunga la vita”».

*Assessore al Turismo, Artigianato e Commerciodella Regione Sardegna

A SARDEGNALALLUNGA LA VITA

CIBO SARDO, AMBIENTE, TRADIZIONIECCO IL SARDINIAN STYLE

Incontro con Luigi Crisponi*

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La Sardegna, con 2,4 milioni di arrivi turistici, è stata la prima regione in Italia per crescita media annua del peso degli arrivi nel periodo 2006-2009 (6,6%) ed è inoltre la prima regione del Mezzogiorno per concentrazione de-

gli arrivi e delle presenze negli esercizi complementari (arrivi 25,6% e presenze 33%), decisamente migliore rispetto al dato meridiona-le (16,9% e 28,2%) e nazionale (20,1% e 33,5%). È anche la se-conda regione del Mezzogiorno per peso di arrivi turistici stranieri (36,1%), dopo la Sicilia (37,5%). Questo è quanto emerge dal rap-porto sul settore turistico della Sardegna realizzato da SRM (Studi e Ricerche per il Mezzogiorno) in collaborazione con la Banca di

Credito Sardo e presentato dal direttore generale di SRM Massimo Deandreis.La domanda turistica confluisce nel sistema alberghiero per il 74,4% degli arrivi e per il 67 % delle presenze: è una domanda di qualità che si concentra prevalentemente nelle strutture alberghiere ad alto stellaggio e nelle province di Olbia-Tempio, Cagliari e Sassari. La Sardegna si conferma una delle mete italiane più amate da chi vuole fare le vacanze al mare, la domanda di un prodotto balneare concentra infatti il 43,6% degli arrivi, ma anche una di quelle che costa di più. La struttura dei prezzi risente, infatti, della maggiore domanda nelle strutture di alta qualità (4-5 stelle). Questa forte dipendenza dal settore balneare fa sì

UANTO VALE Q RICERCA/FLUSSI TURISTICI & CIBO IN SARDEGNA

IL TURISMO GASTRONOMICO

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che le strutture ricettive risentano di una forte stagionalità. L’offerta alberghiera è costituita da 898 strutture con 101.823 po-sti letto, l’offerta degli esercizi complemen-tari (B&B e Agriturismi) è costituita invece da 2.738 strutture con 97.219 posti letto. L’offerta turistica sarda è, dunque, molto variegata e articolata e il rapporto qualità-prezzo è molto elevato. Ma l’isola è anche la regione in cui c’è maggiore differenza di

prezzi tra alta e bassa stagione (+18%), con picchi a Porto Cervo (275€), Pula (210€) e Santa Teresa di Gallura (197€).Per quanto riguarda l’accessibilità, Cagliari è il 4° aeroporto del Mezzogiorno, ad Alghero invece il 65% del traffico è low cost, ma il sistema aeroportuale regiona-le comprende anche gli scali di Tortolì e Oristano-Fenosu, che se valorizzati favo-rirebbero la canalizzazione dei flussi turi-stici verso il centro dell’isola, migliorando

complessivamente tutta la mobilità. Il sistema portuale poggia su due Autorità Portuali, Cagliari e Olbia-Golfo Aranci. Per ciò che riguarda il trasporto fer-roviario, invece, l’offerta non asseconda la domanda ma la particolarità della linea ferroviaria a scartamento ridotto potrebbe favorire forme di turismo alter-nativo, utili per la destagionalizzazione del turismo. L’isola è la meta ideale per il turismo attivo, una filosofia di viaggio che combina avventura, ecoturismo e cultura, includendo tutte le tipologie di fruizione turistica a basso impatto am-bientale che implicano l’impegno del visitatore (cicloturismo, trekking, windsurf, kayak, arrampicata, paracadutismo, ecc..). Grazie alle sue peculiarita territoriali, la Sardegna è ideale per lo sviluppo di questo settore anche nell’ottica della de-localizzazione dell’offerta verso le zone interne.Il turismo è un settore trasversale in grado di generare richezza anche in nume-rosi settori collaterali. Oltre alla spesa destinata ad alberghi e ristoranti (55%), la spesa dei turisti è destinata ai beni culturali (14%), alla moda (10%), all’alimen-tare (7%) e ai trasporti (6%). La vocazione turistica della Sardegna è superiore al dato nazionale: si stima un PIL turistico regionale di 1,6 miliardi di euro, pari al 4,8% del PIL totale regionale, il 3% del PIL turistico nazionale e il 13% di quello del Mezzogiorno. Si stima inoltre che in Sardegna per ogni presenza turistica aggiuntiva si potrebbero generare 34 euro di PIL aggiuntivo. L’impatto economico che potrebbero avere eventuali sinergie organizzative e produttive tra i comparti agricolo, culturale e turistico, potrebbe aumentare di ulteriori 18 punti il PIL aggiuntivo, passando da 34 a 52 euro. Con tali ipotesi si stima che in uno scenario di medio periodo e nell’ipotesi di una crescita delle presenze del 20%, il PIL aggiuntivo diretto ed indiretto per la regione Sardegna sarebbe di quasi un miliardo di euro. SRM ha inoltre individuato 180 comuni a vocazione turistica del Mezzogiorno, 49 dei quali appartengono alla Regione Sardegna e sono essenzialmente località di interesse balneare. Tuttavia il tematismo legato al settore agricolo ed enoga-stronomico è abbastanza diffuso: sono stati rilevati 12 gruppi di località enoga-stronomiche e enoturistiche. Nel 2010 il turismo del gusto ha rappresentato in Italia il 3,8% delle vacanze grazie alla straordinarietà dei prodotti tradizionali. Solo la Sardegna ne possiede 172, 6 prodotti certificato DOP e IGP e 19 vini DOC, di cui uno DOCG. Dopo la Campania, è la regione meridionale con la maggiore presenza di aziende agrituristiche (775 nel 2009) e il suo settore agro-alimentare genera 1.545,2 milioni di euro di valore aggiunto e pesa il 5,3% sul totale della regione (3,9% in Italia). Un binomio, quello di turismo e agricoltura, sempre più importante anche in Sardegna, come ha conferemato l’assessore regionale dell’Agricolotura Mariano Contu. «Il “Sardinian style”», ovvero la forte marca di Sardegna che è il fulcro delle iniziative di promozione dell’Assessorato regionale del Turismo, «comprende anche l’enogastronomia, che insieme alla lingua, al canto, alla cultura e all’artigianato, è portatrice di quella connotazio-ne identitaria che è motivo di attrazione turistica», ha spiegato l’assessore del Turismo Luigi Crisponi. I prodotti tipici isolani sono presenti infatti anche su “Scintu” e “Dimonios”, le due navi della flotta sarda che per tutto il periodo estivo uniranno la Sardegna alla Penisola.

UANTO VALE IL TURISMO GASTRONOMICO

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Il Presidente della Regione Cappellacci con gli assessori Solinas e Crisponi: prodotti sardi anche nella Flotta Sarda

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Da troppo tempo il comparto turi-stico regionale attende una siste-mazione definitiva ed organica dei principi e delle regole indispensa-

bili a garantire le condizioni per lo sviluppo e la crescita di un settore considerato strategico per la nostra Regione. Gli interventi legislativi che si sono succeduti nel tempo non hanno mai considerato l’esigen-za di superare la frammentarietà della disciplina di questa materia. Per queste ragioni il PDL ha presentato la proposta di adozione di un testo unico delle leggi regionali in materia di turismo,

utile alla collocazione delle disposizioni vigenti, ma in modo particolare alla parziale riscrittura del corpus normativo.La prima parte del provvedimento legislativo intende offrire una risposta efficace alle esigen-ze degli attori principali del comparto turistico, affidando ad un testo unico il compito di inter-venire in maniera funzionale e attiva su tutti i temi di maggiore rilievo. Dopo aver riaffermato il ruolo strategico del turismo come risorsa fon-damentale per realizzare lo sviluppo sostenibile e accrescere l’integrazione territoriale, il prov-vedimento insiste sull’importanza dei valori identitari, sulla dignità del ruolo della persona e sulla tutela dell’ambiente, come fondamento di ogni progetto di crescita. Particolare enfasi è posta sulla promozione integrata e la valoriz-zazione omogenea sull’intero territorio delle attrattive, dei beni, dei valori, delle risorse am-bientali, naturali, paesaggistiche, artistiche, cul-turali, storiche, dei costumi, dei prodotti tipici, dei saperi e delle tradizioni.É prevista l’istituzione di un autonomo Osservatorio turistico regionale, che consenti-rà di mettere a disposizione dell’ Assessorato regionale competente, dell’agenzia regionale Sardegna promozione e degli altri soggetti pub-blici e privati interessati, gli elementi di cono-scenza del fenomeno turistico, e la possibilità di promuovere marchi di prodotto che presentino valenza strategica nell’ambito della programma-zione turistica regionale.La Carta dei valori della Sardegna, costituita dai principi identitari condivisi dagli operatori e dai territori potrà rappresentare uno strumento

efficace per comunicare le strategie di valorizza-zione, promozione e commercializzazione del prodotto turistico. Particolare rilievo ha anche la Carta dei diritti del Turista, un vero e proprio sistema informativo ufficiale (guida, web, call center), prestato ai viaggiatori con particolare attenzione ai disabili e alle persone bisognose di particolare assistenza.Si è provveduto poi alla riconfigurazione dell’esercizio saltuario di alloggio e di prima colazione come attività non imprenditoriale, as-soggettandolo a coerenti limitazioni e controlli.Per ciò che riguarda le agenzie di viaggio e turi-smo, è stata rinnovata la disciplina per l’apertu-ra e l’esercizio, la necessità dell’autorizzazione regionale è stata sostituita con una più semplice dichiarazione di inizio attività presso la provin-cia nel cui territorio l’agenzia ha sede. La figura del direttore tecnico anziché nell’alveo delle fi-gure professionali di accompagnamento è stato ricollocato in quello delle disposizioni relative alle agenzie di viaggio e turismo. Le modifiche rispetto alla disciplina previgen-te sono state marginali per quanto riguarda gli operatori del turismo subaqueo, in questo caso si è trattato prevalentemente di uniformare il dettato legislativo al testo unico. Dal dettato restano esclusi: l’ambito dei finanziamenti al settore alberghiero e la disciplina complessiva del demanio marittimo regionale con finalità tutistico-ricreative.I 67 articoli del testo unico armonizzano, semplificano e riorganizzano un insieme disaggregato di oltre 10 leggi regiona-li, scomposte in oltre 120 articoli, centinaia di commi, regolamenti e tabelle.

Stefania Onano

LA CARTA DEI VALORIDELLA SARDEGNA

TURISMO & ENOGASTRONOMIA: ECCO COME PROTEGGERSI DAI PACCHI E DAI FALSI CIBI ETNICI

Luigi Crisponi

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Identità e tradizione, buoni sapori e saperi con-servati dalle piccole comunità di una Sardegna “più intima”, meno celebrata ma capace di esercitare la stessa attrazione: così l’assessore del Turismo Luigi Crisponi ha presentato la

Festa Nazionale dei Borghi Autentici, che si è tenuta quest’anno a Galtellì. L’Assessorato sar-do e l’associazione dei Borghi Autentici d’Italia condividono l’idea di promuovere e valorizzare tutte quelle piccole realtà che in Italia si fanno custodi di un patrimonio culturale riconosciu-to tra i più belli al mondo, ma spesso poco espresso, attraverso la formula della rete. Una rete formata da “grappoli di comuni”, «tesori e gioielli che bisogna saper esporre e presentare al meglio», li ha definiti Crisponi, «perché la Sardegna è un diamante grezzo per cui è neces-sario trovare un bravo intagliatore. E un bravo intagliatore è un bravo sindaco».L’associazione raccoglie e rappresenta uno spaccato dell’Italia, come ha spiegato il presi-dente Stefano Lucchini: tanti comuni diversi per lingua e tradizioni, lontani geograficamente ma accomunati dal vivo senso di appartenenza, l’orgoglio di essere parte di una piccola comu-nità “dove tutti salutano tutti”. Ed è infatti que-sto lo slogan di questa quarta edizione dell’ap-puntamento, ancora più importante perché ospitata nell’isola, nella splendida cornice del centro della Baronia. Tre serate in cui è stato possibile conosce-

re i piccoli centri di sette regioni dal nord al sud della Penisola (oltre alla Sardegna, Puglia, Abruzzo, Piemonte, Friuli, Calabria ed Emilia Romagna), assaporare i loro prodotti tipici e ascoltare la loro musica tradizionale, i canti sar-di e la Taranta pugliese. Un’occasione anche per confrontarsi su ambiente, turismo e cultura, nel corso dei due congressi dedicati a “I laghi interni del territorio italiano: politiche di valo-rizzazione per uno sfruttamento sostenibile del-la risorsa acqua” e a “Musica, ballo e canto po-polari: risorse strategiche per la valorizzazione dell’identità locale quale prodotto attrattivo”, organizzati a Sorradile e Santu Lussurgiu.Dieci i Borghi sardi, l’ultimo ad entrare nell’as-sociazione è stato il comune di Borore e si attende l’ingresso della Provincia di Nuoro: in tutto circa venti comuni «che non vogliono rassegnarsi», ha affermato il sindaco di Galtellì Renzo Soro, «ma che cercano di valorizzare tut-ti gli aspetti identitari e di comunità». Si tratta di quei paesi che hanno saputo capire il valore del-la propria storia e conservare la propria archi-tettura originaria, mantenendo il centro vitale anche attraverso manifestazioni culturali come “L’isola del Teatro”, il festival teatrale che si

svolge a Santu Lussurgiu dal 2003. Ma investire sulla propria identità comporta sacrifici, come ha sottolineato il sindaco del comune dell’ori-stanese Emilio Chessa, e questo rende ancora più importante l’interesse della Assessorato del Turismo verso i comuni dell’interno dell’isola, in passato tagliati fuori dalle politiche di promo-zione turistica.

N TESORO URICERCA/FLUSSI TURISTICI & CIBO IN SARDEGNA

DI BORGO

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di Antonello AngioniFotoservizio di Sarah Pinson

Luciano UrasQuali prodotti sardi si trovano sulla sua tavola?«Sicuramente il formaggio, ne mangio molto e di tutti i tipi, il vino, rigorosamente rosso, il pane “pistoccu”, quello di Desulo cotto a legna, e poi la carne e il prosciutto di Desulo e la frutta di stagione. Praticamente quasi tutto insomma».

Qual è il motivo di queste scelte?«Il primo motivo è che sono a favore dello sviluppo locale, cioè in-cominciare a risolvere i nostri problemi producendo e consumando ciò che produciamo. Ci sono realtà come l’Islanda dove ciò che viene prodotto è anche protetto: ecco, vorrei si diffondesse l’idea di produrre e consumare i nostri prodotti, senza esasperazioni ovvia-mente. Sarebbe una soluzione contro lo spopolamento e una pro-spettiva di futuro per i giovani. Questo è un mondo che vive alcune contraddizioni enormi: la crescita esponenziale del fabbisogno ha reso più difficili le condizioni di vita nelle aree maggiormente popo-late come India e Cina. Il tema della produzione agricola e dell’au-tosufficienza alimentare è diventato fondamentale e bisognerebbe abituarsi a questo comportamento non solo per noi, ma anche per sostenere gli altri Paesi. Alla globalizzazione che ci impone di cam-biare modo di pensare e di vivere, dobbiamo rispondere con lo svi-luppo della nostra agricoltura e l’imposizione del primo consumo dei nostri prodotti nel mercato interno».

Dove fa la spesa?«Vado a fare la spesa prevalentemente nei piccoli negozi e in un mercatino biologico. Ma credo che anche la grande distribuzione debba servire il prodotto sardo, anche se la politica ha commesso

un errore nel consentire la creazione di tanti supermer-cati. Viviamo in un’Europa dove il cioccolato non è più cioccolato e l’agroalimentare è in mano alle multinazio-nali, dunque produzione e alimentazione cambiano in base ai loro interessi, con conseguenze negative anche anche a livello ambientale. Noi sardi dovremmo vivere

basandoci sullo sport e sulla qualità del nostro cibo, com-battendo la cattiva alimentazione, la sedentarietà e i vizi

OLITICAMENTE BUONI E CORRETTIP

Luciano Uras, consigliere regionale capogruppo SEL

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come il fumo. Questo comprende anche l’utilizzo del prodotto sardo a fini turistici, per esempio negli agrituri-smo e nei Bed&Breakfast, e non solo come vincoli. La Regione dovrebbe promuovere e sostenere la diffusione di uno stile di vita più sano e farne motivo di attrazione turistica anche per l’estero».

Giulio Steri Quanta Sardegna c’è sulla sua tavola?«Provenendo da una famiglia tradizionale campidanese sono abituato a consumare prodotti sardi, spesso addirit-tura prodotti dalla mia stessa famiglia, per esempio l’olio e le olive, la pasta fatta con il nostro grano, le verdure e la frutta. Ovviamente ne condivido l’utilizzo, ma con intelligenza: la norma sugli agriturismi, per esempio, è troppo assolutista. Va bene per alcuni prodotti, ma se parliamo di caffè o dolcificanti come si fa?».

Ma la politica fa abbastanza per sostenere i pro-dotti sardi?«Sul piano politico e normativo ci stiamo posizionando bene, soprattutto per quanto riguarda gli agriturismo. Servono poi gli interventi per l’agricoltura per risolvere i problemi di produttività. In primo luogo favorire l’accor-pamento fondiario per superare lo spezzettamento della proprietà, secondo abbattere il costo dell’acqua, poten-ziando l’ENAS e ristrutturando i depuratori che permet-terebbero il riutilizzo delle acque reflue per l’agricoltura.

Poi ci sono i problemi specifici di ogni zona, ma perché l’agricoltura funzioni è necessario pensare a questi due interventi e a favorire l’azione unitaria dei produttori e il consumo diretto di ciò che viene prodotto. La filiera corta aumenta il margine di guadagno».

E come si potrebbe contrastare lo spopolamento di queste zone?«Lo spopolamento è nato per l’assenza della politica.Per creare le condizioni per un ritorno dei giovani bisognerebbe pensare

OLITICAMENTE BUONI E CORRETTI A cura di Lorelyse Pinna

Ci vediamo a casa

Giulio Steri, consigliere regionale capogruppo UDC

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ad azioni finalizzate non solo alla creazione di occupazione nell’agricoltura, ma anche nel tu-rismo e nella ricezione, che sono le condizioni per uno sviluppo ulteriore dei territori».

Lina LunesuQuali prodotti sardi mette sulla sua tavo-la?«Sono una vera e propria patita dei prodotti lo-cali, perché sono più vicini, e metto sulla mia tavola pesce, verdure, frutta, insomma tutti i prodotti di consumo giornaliero, necessari alla salute. Credo che la qualità dei prodotti si tra-duca in qualità della vita, come nel detto “siamo ciò che mangiamo”».

Quindi crede nella qualità dei prodotti sardi...«Credo nel biologico: l’agricoltura biologica fa bene all’ambiente perché ha un impatto più basso, più bassi consumi, un utilizzo minore di macchine agricole, non impiega prodotti chimi-ci di sintesi e valorizza le risorse del terreno e del territorio. Molti territori nell’isola, soprat-tutto nell’interno, hanno questa vocazionalità, che dovrebbe essere tenuta in conto per farne distretti biologici, che favorirebbero così lo sviluppo del territorio e il ripopolamento delle campagne. I giovani non fanno più gli agricolto-ri o gli allevatori perché vedono un futuro trop-po grigio. Dovrebbero ricominciare ad amare le campagne attraverso una formazione-lavoro specifica, in cui i genitori diventano “tutor” che trasmettono le loro conoscenze e la loro pas-sione. È necessario sponsorizzare agricoltura e allevamento e sostenere le risorse umane di questi territori: gli imprenditori-allevatori e agri-coltori diventerebbero “custodi” dell’ambiente, guide e testimoni, addirittura retribuiti per que-

sto. Gli studenti delle scuole potrebbero visi-tare i distretti durante le gite scolastiche: quale genitore non manderebbe il proprio figlio in gita in campagna? Sarebbe un percorso di co-noscenza e di educazione, anche al consumo. E poi le mense scolastiche dovrebbero proporre prodotti locali. Tutto questo si tradurrebbe in salute e benessere».

Inoltre il biologico abbatte le barriere create nel mercato dalla grande distribu-zione. La politica a sbagliato nel favorire i grandi supermercati?«Diciamoci la verità, i supermercati piacciono,

anche solo per trascorrerci qualche ora. Ma sono meglio le botteghe e sarebbe bello che continuassero ad esistere. Ancora più belli sono i mercati e i mercatini biologici, il mas-simo in fatto di consumi perché si crea un rap-porto diretto tra produttore e consumatore. La

politica ha fatto poco e ha sbagliato nel dare la possibilità di esistere a troppi grandi centri commerciali».

Nella sua terra d’origine c’è ancora pas-sione o anche lì si è inglobati dalla globa-lizzazione?«Nel Nuorese c’è ancora molta sensibilità: diversi paesi intorno a Nuoro, per esempio Oliena, danno tantissima importanza ai nostri valori e, di conseguenza, ai nostri prodotti. E non credo si faranno travolgere facilmente dal-la globalizzazione perché hanno capito il valore della tradizione e dell’ambiente».

Il menù ideale di Luciano Uras- Carne, prosciutto o pesce- Insalata- Frutta- In compagnia anche un bicchiere di vino rosso- Pochi dolci (anche se mi piacciono molto)

Il menù ideale di Giulio SteriLe ricette della nonna:un fagottino di pasta ripieno di carne ma-cinata, salsiccia e una fettina di uovo sodo, chiuso e cotto al forno. Oppure le lasagne e zuppe.Carne fritta e ripassata in padella con contor-no di piselli, patate fritte, cipolla, ecc.

Il menù ideale di Lina LunesuA pranzo: un primo piatto e verduraA cena: insalata, pesce o carne, soprattutto bianca, verdure cotte (la verdura è fondamen-tale).

Ci vediamo a casaOLITICAMENTE BUONI E CORRETTIP

Lina Lunesu, assicuratrice

Enrico S

panu

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OLITICAMENTE BUONI E CORRETTI

Ristorante “La Guardiola”

Soc. Coop. a r.l.

Piazza Bastione, 4 07031 Castelsardo (SS) Italia Tel. +39 079 470755

P. IVA 02212740902

www.ristorantelaguardiola.com

da 30 anni, i pionieri della tradizione gastronomica castellanese

Il ristorante La Guardiola è nato nel 1976 quando Nino, cresciuto tra le antiche mura di Castelsardo, tornò al suo paese natale dopo una lunga gavetta a Milano e riuscì a trovare un localino sul bastione, dentro un edificio storico in cui ancora si trovava un’antica torre. Da quella torre prese il nome un nuovo locale, una pizzeria-tavola calda e fredda che nel tempo si trasformò in un ristorante e occupò anche la piazza adiacente, offrendo ai suoi clienti un menù speciale e lo splendido panorama di Castelsardo e del suo mare. I suoi antipasti misti, tutti rigorosamente di mare, e la maestria nella preparazione di qualsiasi frutto di mare, gli valsero l’affetto di molti clienti, poi diventati amici, tra i quali Fabrizio De Andrè, Ruggero Orlando, Enzo Biagi, Francesco Cossiga, Bruno Vespa e Marta Marzotto, a cui si sono aggiunti poi Paolo Bonolis, Eva Erzigova e le nostrane Geppi Cucciari e Elisabetta Canalis. Quindici anni fa anche Giampaolo, il figlio di Nino, iniziò a lavorare nell’ormai famoso ristorante del padre, a cui è poi subentrato con il peso e l’onore di una tradizione di famiglia iniziata tanti anni prima, aiutato anche dalla moglie. Ma il vero segreto di questo successo sono le ricette della cucina tradizionale castellanese, che per vent’anni la madre di Giampaolo ha rispettato fedelmente e che “La Guardiola” propone alla numerosa clientela di buongustai, come l’insalata di bottarga e carciofi e gli spaghetti alla granseola, i gamberi allo zafferano, l’aragosta con i carciofi e quella alla castellanese, in cui la polpa del crostaceo è condita con un sugo composto dalle sue uova e dalla parte scura della testa,

soffritte con aglio, cipolla e prezzemolo.

www.giacomunicazione.it

CASTELSARDO

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Frittata con porri, nocciole e provola affumicata.

4 uova1/2 porro100g di nocciole50 g di provola affumicataPan grattatoOlioSale

iRAGAZZI MANGIANO

Quanti stereotipi quando si parla di cibo e di giovani. Ma è vero che i ragazzi pre-feriscono i piatti veloci, già pronti, pieni di conservanti?

È vero che i fast-food sono i “ristoranti” più fre-quentati dai ventenni? Quale è il rapporto che passa fra loro e la cucina tradizionale sarda?A queste domande cercheremo di dare risposte con una ragazza di 24 anni, Silvia Cau, emigrata per studiare e ora per lavoro, appassionata da sempre di cucina, frequentatrice di innumere-voli corsi gastronomici, anche se poi nella vita fa tutt’altro, laureata in psicologia ora è una sta-gista a Milano. Ma è vero che i giovani mangiano solo-schifezze?”Intanto dipende da cosa intendiamo per giovani e per schifezze. Rispetto ai primi penso che ci possano essere diversità tra quelli che vivono in realtà di piccole dimensioni e quelli che vivono in grandi città (penso alla mia esperienza come studentessa universitaria a Roma). Ma anche tra quelli che continuano a vivere con i genitori e quelli che vanno a vivere da soli. Di norma i secondi si trovano maggiormente coinvolti dal cibo, probabilmente faranno la spesa più spes-so degli altri e questo ha grandi ripercussioni

sulla loro alimentazione. I giovani, che siano studenti o lavoratori quando non entrambi, danno giustificazione della loro alimentazione poco sana e relegata all’ingerimento di calorie per la sopravvivenza al poco tempo che hanno a disposizione. In realtà credo che il problema sia nel fatto che probabilmente non si è stati in-stradati al piacere del cibo e all’importanza del-la materia prima per godere di un buon pasto: il giovane che prima di quel momento raramente era andato a fare la spesa si trova a comprare principalmente pasti pronti preconfezionati o surgelati, salvo quando mangia pizza 7 giorni su 7. Tutto ciò si accompagna a una ingente spesa di cui spesso l’ignaro giovane adulto è inconsapevole (mai visto il prezzo al kilo dell’ “insalata” confezionata?). Nelle piccole realtà soprattutto quelle in cui si hanno a disposizio-ne delle materie prime di qualità si fa maggiore attenzione e si da più importanza alla spesa, ma credo siano pochi i giovani che dedicano parte delle loro energie giornaliere alla preparazione di un buon pasto. Scusa misera se ognuno di noi prova a calcolare quanto tempo passa sui social network, per esempio. Vi assicuro che l’esperienza sociale derivante dal dedicarsi alla preparazione del proprio pranzo o della pro-pria cena o di un dolce, magari da condividere

con un amico, potrà essere molto più gratifican-te sotto molti punti di vista!Tuttavia non si può certo dire che il cibo non sia importante per i giovani. Sia per quei gio-vani che, come me, quando pensano a passare una bella serata con gli amici pensano di “culi-nariococcolarli” o a provare un nuovo ristoran-te con i soldi che si son messi da parte o quelli che “no cibo no party” - e una buona scusa per un party la si trova sempre- o per quelli che tra le prime informazioni ricercate quando orga-nizzano un viaggio c’è quella sui cibi tipici e le usanze gastronomiche, ma anche di quelle ra-gazze (soprattutto donne, ma non solo) che del cibo si privano e con esso si torturano.Non so se tuttavia la mia concezione e il mio amore per il cibo possano ritenersi rappresen-tativi del pensiero dei giovani. La mia espe-rienza con il cibo è profondamente influenzata da un problema di salute che mi ha fatto ap-prezzare, ancor più di quanto non facessi per l’educazione culinaria ricevuta in casa, il buon cibo. Tuttavia altri nella mia condizione ope-rano scelte opposte e superficiali verso il cibo degradandolo a pura forma di sostentamento. Mi piace credere che abbiamo sempre la pos-sibilità di scegliere. E non mi venite a dire che alla settima pizza della settimana (magari pure

Tagliate a rondelle sottili il porro dopo aver-lo mondato e lavato, sbattete le uova con di pizzico di sale (e pepe se volete), aggiungete i porri, le nocciole (intere o tritate a vostro piacimento) e la provola, tenendo da par-te piccole quantità degli ingredienti per la guarnizione. Ungete la teglia con l’olio. Se la teglia è una buona antiaderente ne basterà pochissimo. Cospargetela di pan grattato ( se preferite potete aromatizzarlo con aglio e prezzemolo) e versatevi le uova. Fate cuo-cere a fuoco basso per 5 minuti e staccate i bordi con una spatola. Senza addentrarvi in evoluzioni acrobatiche da cuochi speciali-sti, ripiegate metà frittata sull’altra metà e fate sciogliere bene il formaggio. Togliete dal fuoco, tagliate a fette e servite in un piatto decorato con gli ingredienti che avete tenuto da parte.

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RAGAZZI MANGIANO COSÌ COSÌ

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quella surgelata che sembra di cartongesso per-fino nella pubblicità) ve la godete come la pri-ma o la seconda di inizio settimana!Tutto ciò che influenza il nostro rapporto con il mangiare dipende dal contesto. I miei amici napoletani inorridiscono a vedermi comprare la mozzarella confezionata e a conservarla in frigo tanto quanto noi sardi a cuocere un ma-ialetto in un forno elettrico. Le parole chiave sono esperienza consapevole e critica curiosità perché “chi si accontenta gode così così”.Secondo te in questo periodo storico, si sta perdendo l’attenzione per il momen-to sacro della preparazione del pasto? Insomma si usa “saper cucinare”?Forse sì. Devo dire che è proprio nei momenti in cui ci si allontana dalla semplicità (perché i cibi pronti paradossalmente sono tutto tranne che semplici) che sorgono i movimenti contro-corrente e quindi direi che ci sono possibilità per i giovani che vogliono amare il cibo. In ge-nerale però si tratta di amore per se stessi e di imparare a godere, ad assaggiare, ad assaporare

e a coccolarsi un po’. Tante malattie legate al rapporto con il cibo si sono sviluppate in que-sto secolo più che in precedenza, perché si è fatta una vera e propria guerra al cibo per una linea imposta da chi cura l’immagine e impone quello che deve o non deve piacere. Quale è il rapporto di un giovane come te che si trasferisce in un’altra città, con il cibo tradizionale sardo?Sono una persona molto curiosa, mi piace pro-vare, e innamorarmi delle specialità culinarie del luogo dove vado a vivere, portando natural-mente anche la mia di esperienza tutta sarda. È bello compiere questi scambi culturali. Ripeto, parlo per me, ma ho fatto conoscere a molti miei compagni di stanza, colleghi universitari, ricette tipiche locali. Ma credo nell’universalità del cibo, mi piace mischiare diverse esperienze e creare ricette solo mie. Dovremmo smetter-la di mangiare culurgiones solo in Sardegna e arancini solo in Sicilia. L’Italia dei 150 anni deve impararsi a vicenda.

di Claudia Sarritzu

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Il mercato verdeFUORIPORTA

CHI PROMUOVE I PRODOTTI DI ECCELLENZA DELL’ISOLAQUI IL CENTRO SERVIZI PER LE IMPRESE

Vendere con successo un prodotto non è più semplice come una volta: i clienti non sono più solo i vicini di casa o i compaesani, che entrano nella bottega e toccano con mano il prodotto per valutarne la qualità. Gli oriz-zonti si sono espansi grazie al supporto del-

la tecnologia e per reggere la concorrenza delle altre aziende è necessario “sapersi vendere”, sfruttando le nuove possibi-lità offerte da un mondo senza confini. Ma in tutto questo le aziende sarde hanno un valido aiuto: è il Centro Servizi per le Imprese di Cagliari, il braccio operativo della Camera di Commercio, che opera dal 1989 a sostegno dell’imprendito-ria del Sud Sardegna con attività specifiche di informazione, formazione e promozione. Un’assistenza a 360 gradi, che parte dall’informazione sulle norme e le questioni burocra-tiche con l’Ufficio Assistenza alle Imprese, passa per la for-mazione sui nuovi mercati e la creazione di relazioni con l’estero per mezzo del Servizio Internazionalizzazione, per arrivare alla promozione a fiere e mostre-mercato e all’or-ganizzazione di missioni specifiche, attraverso i settori di Promozione Artigianato, Turismo e Agroalimentare, dedi-cati ai tre comparti più saldi dell’economia isolana.I Servizi di Internazionalizzazione e Innovazione e Qualità

svolgono l’importante compito di informare gli imprenditori e sostenerli nelle relazioni con i mercati esteri e nello svi-luppo di nuove tecnologie. Il primo in contatto il Centro di Cagliari con gli organismi della Commissione Europea e i suoi partner commerciali attraverso la rete Enterprise Europe Network, a cui il Centro Servizi è collegato pratica-mente dalla sua nascita nel 1989. Un collegamento a tappeto che offre due tipi di servizi: sviluppa le relazioni commercia-li e la creazione di innovazioni tecnologiche, che si diffon-dono attraverso il contatto delle diverse realtà imprendito-riali europee e mondiali. In questo senso la rete Enterprise sviluppa la ricerca e le innovazioni tecnologiche, un ambito molto importante per la Commissione Europea, offrendo inoltre il vantaggio di avere punti d’appoggio in tutte le città europee. E sempre di innovazione tecnologica si occupa il Servizio Innovazione e Qualità, attraverso cui gli imprendi-tori possono informarsi sulle novità tecnologiche, vengono assistiti nell’analisi dei loro fabbisogni in tema di innovazio-ne e possono incontrare i ricercatori che operano nel settore pubblico e privato. Si occupa poi di progetti specifici, per esempio la creazione di marchi di qualità per i prodotti tra-dizionali e servizi, un passaggio essenziale per garantire la qualità del prodotto e del sistema di gestione, mettendone

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CHI PROMUOVE I PRODOTTI DI ECCELLENZA DELL’ISOLAQUI IL CENTRO SERVIZI PER LE IMPRESE

“nero su bianco” le caratteristiche fondamentali. Una struttura complessa quella di questa Azienda Speciale, come spiegano il presidente Sisinnio Fadda e il direttore generale Cristiano Erriu, che abbiamo incontrato per parlare degli obiettivi e delle attività del Centro, ma anche per mettere a fuoco le eccellenze, le potenzialità e i limiti del prodotto sardo.Presidente, la missione del Centro Servizi per le im-prese è sostenere lo sviluppo delle imprese sarde, ma com’è organizzato e quali sono le azioni attraverso cui raggiungete questo obiettivo?«Il Centro ha il compito di aiutare le imprese in fase di co-stituzione e quelle già operanti e ha una struttura complessa. Aiutare significa cercare nuovi mercati e vedere dove sono le manchevolezze sulle strutture. Bisogna fare una considerazione preliminare: le categorie di imprese medio-piccole con l’aper-tura di nuovi mercati, la cosiddetta globalizzazione, hanno su-bito un restringimento delle possibilità di vendita, in quanto un grossa fetta del mercato interno è stata conquistata. Il rischio è dunque quello di perdere la fetta di mercato che già si aveva, ma viceversa si ha anche la possibilità di conquistarne di nuove. Cosa bisogna fare? Bisogna essere più bravi degli altri: essere più veloci nei cambiamenti, cioè puntare sull’innovazione, sa-pere quali siano i mercati più interessanti e poterli raggiungere

con un prodotto di qualità, oltre che essere costanti negli im-pegni presi, per esempio nelle consegne. Il Centro interviene fornendo la formazione e l’aiuto necessari alle imprese sarde nel compiere il passo dell’internazionalizzazione, mettendo a loro disposizione la rete capillare delle Camere di Commercio all’estero, non trascurando l’istituto di Commercio Estero, e accompagnandole attraverso missioni economiche mirate per facilitare l’incontro con i buyers».Infatti uno dei settori in cui il Centro agisce è quello della promozione. Quali strumenti utilizzate?«Uno è, per esempio, la partecipazione alle fiere, attraverso le quali le nostre aziende entrano a contatto con il mercato, ma anche con la concorrenza. Per questo gli imprenditori preferi-scono che a monte ci sia una selezione di compratori, in modo da non perdere tempo e avere la sicurezza sui propri partner commerciali. Ciò avviene soprattutto per i comparti dell’arti-gianato, dell’agroalimentare e del turismo. Per quest’ultimo, in particolare, è necessario “presentare” la Sardegna infor-mando la stampa e ci siamo trovati più volte in difficoltà a dover spiegare com’è. Così abbiamo preparato un cd che e abbiamo fatto parlare le immagini in modo da dare in poco tempo la descrizione dell’isola, cercando di appassionare chi ascolta. Il cd parte dalle porte d’accesso, descrive chi siamo e quanti siamo, fa cenno alla flora, la fauna e l’archeologia ed è poi suddiviso in tre sezioni, appunto artigianato, agroali-mentare e turismo. Le ultime due missioni all’estero si sono svolte a Valencia e Sofia, città che abbiamo scelto perché con i problemi del Nord Africa è stato necessario ridisegnare le mappe turistiche prendendo in considerazione altri paesi, tra cui per esempio Bulgaria e Polonia, che sono state collegate a Cagliari con un volo diretto. Ma le aziende necessitano di un’assistenza totale ed è importante anche indirizzarle prima verso la realizzazione di tutto il materiale di presentazione, dai biglietti da visita ai depliant in lingua straniera. Un’altra serie di fiere che riscuotono successo tra gli imprenditori sono quelle con vendita diretta, per esempio “L’artigiano in Fiera”, una mostra-mercato che si svolge a Milano. Siamo presenti all’”EuroFlora”, la manifestazione che si svolge ogni cinque anni a Genova e che riunisce le maggiori aziende floricole. Bisogna considerare però che purtroppo i costi di partecipa-zione a questi eventi sono elevati perché comprendono viag-gio, albergo, trasporto merci, ecc. Per il settore dell’agricoltu-ra abbiamo organizzato di recente due importanti missioni di formazione e informazione, una in Italia e una all’estero, du-rante le quali gli imprenditori hanno potuto confrontarsi con altre importanti realtà del settore. In Italia abbiamo visitato il “MacFrut” di Cesena, la fiera più importante dell’ortofrutta, la Zanzi Vivai e il Mercato ortofrutticolo di Verona. All’estero ci siamo recati in visita alle più importanti aziende frutticole e orticole di Valencia e della Murcia, con attenzione parti-colare alle tecniche di coltivazione, selezione e packaging, e abbiamo chiuso la missione con la visita al Mercato Generale ortofrutticolo di Valencia. Esiste poi un settore specifico per l’internazionalizzazione, l’”Enterprise Europe Network”, che mette a disposizione degli utenti tutto ciò che è necessario per rapportarsi con l’estero ed è il punto unico per la Sardegna».Direttore, a questo proposito si è svolto un grande evento proprio alla Fiera, una fiera delle eccellenze della Sardegna.

Enrico M

urru Massa

Cristiano Erriu

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«Si è trattato del Mercato Verde, una mostra-mercato re-alizzata in occasione della Fiera Natale e presentava una selezione di eccellenze agroalimentari della Provincia. È stato possibile acquistare direttamente i prodotti e degustar-li attraverso dei laboratori del gusto, organizzati grazie alla collaborazione con l’Associazione Italiana Cuochi. Si trat-tava di prodotti di vario genere, dal vino alle paste, dagli insaccati al tonno, all’ortofrutta, fino allo zafferano. Questa manifestazione ha riscosso un grande successo di pubblico, dimostrato dalla presenza e dall’apprezzamento ma anche dall’acquisto. L’organizzazione di mostre-mercato è un’at-tività che si affianca all’attività di promozione dei prodotti nei mercati nazionali e internazionali, che è la tradizionale attività del Centro Servizi per le Imprese».Lei è anche sindaco di Santadi, un Comune che vanta numerose eccellenze agroalimentari...«Si, al di là del ruolo di dirigente della Camera di Commercio,

ho avuto il privilegio di essere eletto sindaco del Comune di Santadi, un centro con una grande vocazione agroalimentare soprattutto nei settori vitivinicolo e dell’ovicoltura. Inoltre il nostro Caseificio o latteria sociale ha 50 anni e raccoglie i pro-dotti di tutto il basso Sulcis. Insomma per olio, vino e formag-gi, Santadi è punto di riferimento per tutta la zona. Anche la Cantina ha 50 anni di vita e ha raggiunto livelli di eccellenza che hanno permesso ai suoi vini di essere conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. Ci sono poi due frantoi e diverse decine di produttori di olio, impegnati nelle fasi di commercializzazione e aggregazione del prodotto, che ha raggiunto, come gli altri, livelli di eccellenza. L’ultima settimana di ottobre a Santadi si organizza la manifestazione “Pane e olio in frantoio”, dedi-cata alla promozione dell’olio extravergine di oliva. Inoltre il Comune di Santadi è l’unica realtà sarda a far parte dell’Asso-ciazione Nazionale delle Città dell’Olio, dunque io faccio par-te della Giunta Esecutiva Nazionale con il meglio delle realtà

Il mercato verdeFUORIPORTA

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produttive italiane (Toscana, Umbria e Puglie). E a breve anche Santadi parteciperà ad un evento transnazionale che si terrà a Imperia, il “Forum Euromediterraneo”. L’olio sardo IGP ha infatti molti collegamenti con il Nord Africa e una collaborazione rappresenta un settore di particolare interesse».Data la grande esperienza di direttore del Centro, impegnato soprattutto nel settore dell’agroali-mentare, e anche di sindaco di un Comune agri-colo, quali sono le sue riflessioni e i suggerimenti sulle potenzialità e i problemi del prodotto sardo?«Sul piano della produzione primaria, ossia l’agricoltura, si rilevano problemi di due tipi: il primo è legato alle di-mensioni delle aziende sarde, troppo limitate per consen-tire grandi produzioni. È un problema di competitività: i prodotti sardi, per la loro qualità, si collocano in una fascia alta di mercato, il che diventa un problema di fronte a pro-duzioni quantitativamente maggiori, che quindi riescono a spuntare prezzi inferiori. Il secondo è il problema dei passaggi generazionali: i giovani tendono a non occuparsi più di agricoltura e agroalimentare. La stessa produzione lattiero-casearia, che è una delle più famose in Sardegna, soffre per problemi strutturali e di mercato che non riesco-no a consentire agli allevatori di raggiungere livelli produt-tivi tali da restare sul mercato e consentire i passaggi gene-razionali, ossia che i giovani rilevino le attività dei padri. Inoltre c’è il problema delle trasformazioni dal prodotto primario al prodotto finito, il cui livello qualitativo è alto perché sono produzioni limitate. Questa è una sfida che si gioca sul mantenimento di questi standard qualitativi e, per esempio, con il vino ci si è riusciti perché ci sono stati investimenti. I vini sardi in questo modo possono stare sul mercato con prezzi interessanti nonostante la produzione resti limitata. Consideriamo che la Sardegna produce un decimo della quantità di vino prodotta dalla Sicilia. Ma in altri settori le difficoltà si manifestano tutte, dal pecorino che si esporta soprattutto negli Stati Uniti e risente del-le fluttuazioni della moneta americana, alle paste, l’olio, i salumi e le conserve che continuano a mantenere un li-vello quantitativo limitato. La sfida si vince dunque non cercando di entrare nella grande distribuzione organizzata, ma concentrandosi sui comparti della ristorazione e della ricettività, che sono maggiormente capaci di apprezzare il prodotto e accettarne il prezzo. A tutto questo si aggiunge la tradizionale ritrosia e difficoltà a internazionalizzarsi: i nostri prodotti sono molto apprezzati all’estero ma c’è dif-ficoltà nel farli conoscere. Per le nuove generazioni meno ovviamente, è il lato positivo della globalizzazione, che si-

gnifica anche possibilità di farsi conoscere per esempio con internet. Servono più coraggio e intraprendenza, anche se negli ultimi anni devo dire che vedo sempre più luci e meno ombre».Ha parlato di passaggi generazionali e dell’impor-tanza dei giovani come risorsa e possibilità di aper-tura, ma quanti giovani scelgono ancora di lavorare in questi settori?«I giovani non vogliono più lavorare nel settore primario, cioè nelle campagne, invece nel settore della trasformazione è più facile. Il problema è assicurare i passaggi generazio-nali proprio perché le nuove generazioni sono più aperte anche verso l’innovazione del prodotto. È importante che il prodotto sia in linea con le aspettative del cliente e adottare strategie di marketing moderne. Tutto questo però richiede impegno da parte dei giovani, ora che la competizione è più forte e non basta più avere solo un prodotto d’eccellenza. È necessario, per esempio, costruirsi un’immagine moderna, avere etichettature di un certo tipo e materiali di accompa-gnamento in più lingue, insomma lo spirito di adattamento al mercato in cui si vuole entrare. Queste sono le sfide che attendono le nostre aziende».E qual è invece la situazione dei settori di ristora-zione e ricettività in Sardegna?«Il turismo extra alberghiero in Sardegna è in larga parte un patrimonio sommerso: c’è una grossa quantità di offerta non ancora censita, parliamo per esempio delle seconde case, anche se va diminuendo. E rappresenta una fetta importante dell’offerta turistica sarda a cui bisognerebbe collegarsi. Ora con la nuova legge dell’agriturismo si stanno cercando di combattere gli agriturismi spuri, che di fatto rappresentava-no un’offerta “cammuffata”, e con questa attività di controllo si valorizzeranno gli agriturismi veri. Allo stesso tempo con-sentirà alla ricettività reale, ossia quella gestita dalle imprese turistiche e dai B&B reali, di gestire in modo più efficace la domanda, evitando le concorrenze interne che non fanno bene a nessuno. Sulla valorizzazione delle potenzialità del turismo c’è ancora tanto da fare: il nostro lavoro di promo-zione punta a creare collegamenti tra agroalimentare, arti-gianato e turismo, che sono i settori di qualità. L’obiettivo è “fare sistema”, arricchire l’offerta turistica di produzioni di qualità, di cui l’enogastronomia è una delle principali. Questo è il lavoro della Camera di Commercio».

Sisinnio Fadda

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ama la buona tavolaagliari

PRESENTATO IN FIERA IL TOP DELLA PRODUZIONE DELLE “TRE TERRE”, MARMILLA LINAS E CAMPIDANO

CCagliari si è manifestata la miglior piazza per i pro-

dotti del Medio Campidano. Gli operatori in coro: un evento ben organizzato e ben gestito. Da ripro-porre di anno in anno a complemento del Mercato

Rurale di Villacidro. Martedì 24 maggio, in una riunione convocata dal presidente della provincia Fulvio Tocco, gli agricoltori che fanno parte del Paniere della Provincia Verde, gli artigiani e gli artisti che hanno partecipato a rendere vivo e attivo il padiglione “G” della Fiera Campionaria di Cagliari, dal 29 aprile al 9 maggio 2011, sono intervenuti in coro: “è stata la manifestazione che aspettavamo da tempo!” Cagliari si è manifestata la miglior piazza per i prodotti del Medio Campidano. I legumi del pro-getto Vivere la Campagna, sono andati a ruba. Come lo è stato il pane di Gianfranco Porta di Gonnosfanadiga presentato con varietà diverse: alle gerde; con la ricotta; con le cipolle; con gli spinaci e con le olive nere. La cicerchia è stata, inaspetta-tamente la regina degli acquisti, quasi cinque quintali venduti con le confezioni da mezzo chilo. Lo stesso successo lo ha

avuto il riso sardo allo zafferano di Stefano Curreli di San Gavino che da diverso tempo sta riscuotendo una discreta popolarità tra le massaie. Curiosamente, tutti i giorni, dal-le ore quindici, i visitatori si accalcavano per acquistare la classica carapigna di Graziano Pranteddu. Il dibattito è stato ricco e appassionato, e tutti gli intervenuti hanno parlato col cuore in mano. Per primo ha parlato il presidente della coo-perativa R60 di Las Plassas, Adolfo Erbì “ho partecipato con vero interesse alla Fiera organizzata dalla provincia. Debbo dire che nei trent’anni che mi occupo di agricoltura non ho mai assistito ad un evento così ben organizzato e così ben ge-stito”. Considerazioni confermate dall’artista di Serramanna, Lucio Fanti che ha ridato vita al famoso cavallino in ceramica che in tempi antichi sovrastava le case rurali. Da parte degli intervenuti prima, durante e dopo la riunione l’ammirevole considerazione che hanno avuto i rappresentanti delle azien-de nei confronti dello staff della provincia che ha allestito il padiglione, divulgato il materiale promozionale, assistito gli espositori e animato i dieci giorni di fiera, che di questi tempi

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ama la buona tavola

PRESENTATO IN FIERA IL TOP DELLA PRODUZIONE DELLE “TRE TERRE”, MARMILLA LINAS E CAMPIDANO

vale anche come risposta per chi considera gli impiegati, i funzionari e i dirigenti pubblici delle categoria privilegiate. “Le ragazze della provincia - ha sostenuto la titolare dell’Oro Rosso (zafferano) di San Gavino Silvana Serra - hanno dato prova di attaccamento al territorio e alle sue aziende, ani-mando le giornate, anche per dieci ore consecutive, senza stancarsi mai”. “Tra gli obiettivi che deve perseguire l’ammi-nistrazione provinciale - ha sostenuto Graziella Caria, delle nuove tecnologie di Guspini - vi è quello della valorizzazione del MARCHIO PROVINCIA VERDE ai fini della traccia-bilità delle eccellenze locali, attraverso la promozione delle varie filiere presenti nel territorio provinciale”. Franco Lisci, ha messo in evidenza la forza di quella vetrina per mettere in luce le produzioni tecnologiche della Guspinese impian-ti. La provincia ha imposto alcune ferree condizioni fra cui quella di scegliere, un’immagine coordinata che accomunava tutte le aziende. La degustazione, organizzata a costi e ricavi è stata a insindacabile giudizio di tutti una trovata geniale. L’intento era quello di presentare agli acquirenti il top del-

la produzione delle tre terre” Marmilla, Linas e Campidano ed è andato a buon fine. I visitatori hanno potuto gustare i ceci col sapore del legume conosciuto da generazioni e ge-nerazioni e non quelli d’importazione che hanno sapore di terra. Importante è stato il suggerimento dei rappresentatni delle cooperative culturali “Sa Jara Manna e il Coccio, rispet-tivamente rappresentate da Alberto Pusceddu e da Antonello Castangia, che hanno rivendicato per le prossime iniziative uno spazio adeguato per rappresentare al meglio i beni cul-turali del territorio, che meritano di essere promossi a fianco dell’agroalimentare e dell’artigianato artistico. La riunione è stata conclusa dall’intervento del presidente della provincia Tocco, che dopo aver seguito con grande attenzione il di-battito ha sostenuto: “Abbiamo prodotti dell’agroalimentare, dell’artigianato e dell’industria innovativa, dell’edilizia verde e di beni culturali che rappresentano delle vere e proprie ec-cellenze che meritano di essere conosciute da un pubblico sempre più vasto”.

Provincia del MEDIO CAMPIDANO

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B elvì

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Al centro della Sardegna, difeso e sollevato dai suoi monti, un pic-colo paese segue i ritmi della modernità e del mutamento, custo-dendo e preservando però le proprie radici e le proprie tradizioni. Belvì, paese di 739 abitanti, situato a 669 metri sul livello del mare, con un territorio che si estende su una superficie di 1889 ettari, dà il nome all’omonima Barbagia (Barbagia di Belvì). L’etimologia del suo nome è incerta, esistono diverse ipotesi, tra le quali la più interessante è sicuramente quella che associa il suo significato al termine “brebèi” (pecora).Il paese ha ancora oggi un’economia prevalentemente agro-pasto-rale. E’ circondato da folti boschi di noccioli, noci, castagni, roveri, lecci e agrifogli. Le sue campagne sono bellissime, la vera ricchez-za di Belvì è sempre stata la sua valle, dove scorre il rio “S’iscra” e crescono rigogliosi e imponenti numerosi noci secolari. Già nel 1834 Vittorio Angius, nel suo resoconto di viaggio (Dizionario geografico – storico – statistico - commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna), la descriveva così:

“Per la varietà di fruttiferi, per le numerose specie di alberi e di erbe che vestono le pendici ed il fondo, per la degradazione dei colori e la loro diversità, per la meravigliosa forza che ha la vegetazione, e dal suolo e dal cielo offresi all’occhio come la delizia di una bellis-sima e pittoresca prospettiva”.

Su di un piccolo colle verde e soleggiato, la chiesetta campestre di Santa Margherita domina la vallata. Secondo la tradizione in tempi remoti il villaggio si trovava proprio nella valle, dove il terreno era più fertile e ricco di torrenti e la chiesetta si ergeva imponente a ridosso della vallata, quasi a voler proteggere i suoi abitanti. Belvì conserva ancora oggi diverse testimonianze del suo passato. Oltre a diversi utensili e ceramiche che risalgono a un periodo che va dal neolitico all’epoca romanica, attestando quindi la presenza dell’uo-mo nell’area già da tempi molto antichi, numerose nei boschi che circondano il paese sono le “Domus de Janas” (case delle streghe o delle fate). Se si raggiunge Belvì con il “Trenino verde” si potreb-be rimanere incantati dalle vedute panoramiche, dove la natura si presenta ancora intatta. David H. Lawrence nel 1921 nel suo libro di viaggio “Mare e Sardegna” raccontava così la sua esperienza lungo questi binari:

“E’ una strana ferrovia, sfreccia per le colline e giù per le valli attor-no a curve improvvise, con la massima noncuranza…”.

Sulle eleganti carrozze d’epoca si respira l’odore del carbone, l’odore del legno e della pelle ormai invecchiati, si ha la sensazione di tornare un po’ indietro nel tempo, la stessa sensazione che è capace di evocarci anche l’odore di un vecchio album di fotografie con le pagine ingiallite e consumate dagli anni. Le carrozze ottocen-tesche percorrono lente i binari e dal finestrino si può osservare la

IN VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELL’ISOLA INCONTAMINATA

di Stefania Onano

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densa scia di fumo misto a vapore disciogliersi fra i rami degli alberi, annientando quasi l’orizzonte. Alla stazione di Belvì tutto è rimasto molto fedele al passato, al 1888 quando l’impianto ferroviario fu costruito. L’edificio è di un rosso mattone ormai scolorito, la vernice degli infissi deteriorata dal sole e dalla pioggia. Nella sala d’aspetto, una fredda panca grigia, è vuota. Sul muro fotografie di tempi ormai lontani, dei primi viaggi, di uomini e donne che con il treno si spostavano verso i paesi vicini, ma an-che verso la città, che allora sembrava essere così lonta-na. Agricoltori che portavano i loro prodotti, come le noci, le nocciole e le ciliegie verso il Campidano, in cambio di quei generi di consumo che qui non potevano reperire. Oggi deserta e solitaria, era ieri parte integrante della vita e dell’economia degli abitanti e ha tolto il paese dall’iso-lamento geografico. «La stazione ferroviaria costituisce

una forte attrazione per i turisti, che possono raggiungere Belvì anche attraverso il Trenino Verde, inoltre è in corso una procedura di riconoscimento della stazione ferroviaria come patrimonio UNESCO» - afferma il Sindaco e Vicepresidente del GAL Rinaldo Arangino.A sinistra dello stabile, delle panchine sotto un maestoso salice. Non poteva esserci un albero più appropriato in un luogo come questo. I rami piangenti del salice sono gene-ralmente associati alle lacrime, al dolore e alla malinconia, e questa stazione sembra proprio essere un posto malin-conico, un posto che ha assistito a molti congedi e chissà anche a qualche addio accompagnato da qualche lacrima, nei tempi in cui stare lontani era molto più doloroso per via della difficoltà nei trasporti e nelle comunicazioni. Risalendo lungo la strada rivestita di ciottoli che dalla stazione porta al paese, costeggiata qua e là da qualche abitazione e da mura

Sim

on Pietro Littarru

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con pietre a faccia vista, che si colorano di muschio durante l’inverno e di qualche timido fiore in primavera e in estate, ti accorgi della silenziosità e della riservatezza di Belvì. Nella piazza, seduti nelle panchine a parlare dei tempi andati, ma anche di calcio, di politica e perché no anche di qualche pettegolezzo, ci trovi solitamente gli anziani, sempre ben disposti a scam-biare qualche chiacchiera con i passanti e con i visitatori o a interrogare i bambini, ormai lontani dalle loro generazioni e che stentano ad identifi-care, sebbene in paese ci si conosca tutti, con domande sulla loro discen-denza, domande alle quali tutti i bambini che come me hanno vissuto in un piccolo paese hanno dovuto rispondere almeno una volta. Negli ultimi anni il paese si sta attrezzando e mobilitando per accogliere al meglio i suoi visi-tatori. Molto importante è stata la recente valorizzazione del centro storico, ma anche la costruzione di un ampio anfiteatro comunale che durante i

mesi estivi, perché quelli invernali qui sono davvero pungenti, ospita di-verse manifestazioni teatrali, rassegne cinematografiche e altre attività di intrattenimento. Ai suoi turisti Belvì offre la possibilità di visitare il suo museo naturalistico che oltre ad ospitare esemplari di aquile, poiane, falchi, nibbi reali, numerosi fossili e minerali, vanta una splendida colle-zione di farfalle. « Il nostro territorio si presta ad essere visitato in tutte le stagioni, è questa la peculiarità della Barbagia di Belvì» - afferma il Presidente della Comunità Montana Gian Luigi Littarru «In autunno con le numerose sagre, in inverno offriamo lo spettacolo dei monti innevati, in primavera la natura si mostra al massimo del suo splendore e perfino in estate grazie al clima mite continua ad essere un piacere per i turisti venire a trovarci» - aggiunge inoltre: «Bisogna aprirsi alla mentalità del turismo, abbiamo tanto da offrire, ci stiamo impegnando per poter ac-cogliere al meglio i nostri visitatori».La festa paesana è il 28 di Agosto, il Santo Patrono è S. Agostino al qua-le è intitolata anche la Chiesa Parrocchiale. Sebbene negli ultimi anni il paese abbia subito un certo svuotamento dovuto in primo luogo all’emi-grazione di molti residenti soprattutto verso le città e le zone costiere, la festa patronale continua ad essere fortemente sentita e a costituire un piacevole momento di incontro.

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Come già detto, gli abitanti hanno molto a cuore le proprie tradizioni ed anche per questo che recentemente il paese ha preso diverse iniziative mirate a valorizzarle. Già da qualche anno anche Belvì è entrato a far parte del circuito di “Autunno in Barbagia” che coinvolge numerosi paesi del Centro Sardegna. Durante la manifestazione chia-mata “Giochi e sapori in Barbagia” che si svolge durante il penultimo fine settimana di Ottobre, vi è l’apertura di diverse mostre tra le quali, quella del costume sardo, quel-la dei mestieri antichi, ma anche quella del

giocattolo antico. Il gioco, infatti, è al centro della manifestazione, nelle vie e nella piaz-za i bambini del paese, ma anche quelli dei paesi limitrofi, si dilettano nella pratica dei giochi tradizionali, quelli ai quali giocavano i nostri nonni. Perfino gli adulti e i turisti sono invitati a scendere in campo. Non semplice svago quindi, ma anche un momento in cui il gesto ludico può veicolare la conoscenza e il confronto tra persone con diverse culture e diverse tradizioni.Oltre al gioco, altro protagonista della mani-festazione è il cibo. A Belvì la tavola è sem-plice, a base dei prodotti della tradizione: le zuppe e le minestre preparate con i legumi

o le erbe selvatiche, come la “minestra di lampazzu”, un erba che cresce spontane-amente nei terreni umidi e incolti, le carni di agnello, pecora, maiale, i salumi e i for-maggi. Grazie alla sua posizione geografica, al suo clima e alle numerose fonti d’acqua, Belvì vanta una forte produzione di materie prime di ottima qualità, come già detto, nelle sue vallate si coltivano noci, nocciole, casta-gne, ciliegi, legumi, ortaggi e sono presen-ti inoltre delle serre per la coltivazione dei funghi. Fino a poco tempo fa questi prodotti venivano impiegati quasi esclusivamente

nella produzione di dolci, il più importante dei quali è il “caschettes”, a base di nocciole e miele, noto anche come “dolce della spo-sa”. Questo dolce, prodotto esclusivamen-te a Belvì, dove sono presenti gli unici due punti di produzione di tutta la Sardegna, ha origini remote che risalgono al 1600, veniva servito nelle occasioni più importanti, in par-ticolare durante i matrimoni, quando veniva offerto dallo sposo alla sposa per omaggiar-la, e durante le feste religiose più sentite dalla comunità. Uno degli aspetti più impor-tanti è la sua lavorazione, in particolare la sfoglia finissima che lo contiene e che dà al dolce quell’aspetto così unico e particolare.

Tale sfoglia era fino a qualche decennio fa lavorata e stirata interamente a mano, con l’ausilio di un semplice mattarello, ottenuta così sottile e trasparente quasi per magia. Ancora oggi gran parte della lavorazione si effettua a mano, quindi artigianalmente sebbene vi sia l’aiuto di macchine per la sti-ratura della sfoglia. Il dolce è reso protago-nista insieme alla ciliegia, di cui il paese è grande produttore, della sagra che si tiene durante la prima metà del mese di giugno.«E’ in atto una collaborazione con Slow Food della Provincia di Nuoro per la valo-

rizzazione del caschettes» - ci informa il Sindaco, « Durante la Sagra delle Ciliegie e dei Caschettes, il dolce è stato consumato in abbinamento a numerosi vini da dessert regioali grazie alla consulenza e alla valuta-zione degli esperti di Slow Food, in modo da individuare l’abbinamento che maggiormen-te esalti le caratteristiche organolettiche del prodotto. La nostra intenzione è quella di po-ter realizzare delle confezioni da immettere nel mercato che contengano i caschettes e in abbinato uno dei vini selezionati, le gran-di cantine sociali della Sardegna fungeran-no quindi anche da traghettatori per il dolce locale».

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Durante la “Sagra delle ciliegie e dei caschettes” ad esaminare i vini abbi-nati al dolce tipico sono state chiamate due giurie distinte: una giuria di esperti estremamente qualificata e una giuria popolare costituita da amatori. Ciascuna delle due giurie ha dato un giudizio auto-nomo. La giuria tecnica era formata da: Donatella Muscianese – Sommelier ed enotecnico; Giusy Armas – Sommelier; Giannetto Lapia – Enogastronomo; Lussorio Salis- Sommelier; Giovanni Borto- Sommelier.La classifica della giuria tecnica è sta-ta la seguente : 1° Classificato Cantina Roccavorte di Porto Torres con il vino :

Brillante – Moscato di Sorso ; 2° Classificato Cantina di Mogoro con il vino : Villabbas – Nasco di Cagliari; 3° Classificato Cantina di Monserrato con il vino: Centelles – Moscato di Cagliari. La classifica della giuria popolare forma-ta da 20 giurati ha dato i seguenti esiti: 1° Classificato Cantina di Monserrato con il vino: Centelles – Moscato di Cagliari; 2° Classificato Azienda agricola Melis di Terralba con il vino Laurentum – moscato di Cagliari; 3° Classificato ex-aequo Cantina Carboni Giuseppe – Ortueri e Cantina Giogantinu – Berchidda con il vino: Lughente – passito vendemmia tardiva.

CANTINE PARTECIPANTICarboni Giuseppe - Ortueri Cantina Fulghesu - MeanasardoAzienda Agricola Melis Terralba (OR)Azienda Agricola Tondini – CalangianusAzienda Vinicola Contini- CabrasCantina Giogantinu Berchidda Cantina del Mandrolisai – SorgonoCantina di Mogoro Cantina Sociale di MonserratoCantine di Dolianova Cantine Picciau – Pirri Gostolai - OlienaRoccavorte – Porto TorresVigne Deriu CodrongianosFerruccio Deiana

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Negli ultimi anni è stato dimostrato che i prodotti tipici sono ottimi e apprezzati oltre che dalla popolazione e dai visitato-ri, anche dagli operatori del settore della ristorazione per la preparazione di varie pietanze, che vanno dagli antipasti, ai pri-mi e ai secondi. Principale promotore di questa iniziativa è stato lo Chef belviese Fulvio Giorgi, che per la manifestazione “Giochi e sapori in Barbagia”, in collabo-razione con l’ Amministrazione Comunale, con la Provincia, la Comunità Montana, l’ Ersat (oggi Laore), il Centro Commerciale Naturale, l’ Associazione Cuochi Provinciali e l’ Unione Cuochi Sardegna ha ideato e re-alizzato un circuito gastronomico all’interno delle vie del paese lungo il quale i visitatori hanno la possibilità di degustare un menù completamente a base di prodotti locali, che tra il fumo dei fuochi, l’odore di caldarro-ste, l’umido della terra, la musica, i balli, i colori delle foglie secche e dei costumi tra-dizionali, sembrano avere davvero un sapo-re speciale. Nelle edizioni più recenti della manifestazione, è stato istituito inoltre, un concorso gastronomico dove diversi chef ar-rivati da tutta la Sardegna esprimono tutta la loro fantasia nel creare diversi piatti con i prodotti locali. I turisti rimangono incantati dalla sua semplicità, dall’ospitalità della sua gente, dalla sua tranquillità e dall’atmosfera quasi magica che si respira, questo sembra essere davvero un posto in cui condurre una vita serena, lontano dal rumore e dal disor-dine che caratterizzano invece le città.

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Rinaldo Arangino - Sindaco di Belvì e Vice Presidente del GAL

Gian Luigi Littarru – Presidente dalla Comunità Montana Gennargentu-Mandrolisai

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Le ricette

Ingredienti:

Acqua LatteLampazzuPasta per minestra RicottaUovoLardo di maialeOlio d’oliva CipollaSale

Preparazione:

Mettete a bollire le foglie di “lampazzu” in abbondante acqua. Preparate intanto un soffritto con un filo d’olio di oliva, il lardo del maiale tagliato a dadini e la cipolla, a questo punto scolate le foglie, tenendo da parte l’acqua di cottura, sminuzzatele e unitele al soffritto. All’acqua di cottura delle foglie unite ora il latte e il soffritto, portate a ebollizione, salate, aggiungete la pasta e lasciate cuocere lentamente, a cottura quasi ultimata aggiungete un po’ di ricotta e un uovo sbattutto, avendo cura di mescolare il tutto. Terminate la cottura e servite la minestra calda.

Una ricetta tradizionaleMinestra di lampazzu (romice)

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Le ricette di Chef Fulvio

Fegato d’agnello o vitello, con crostini di pane di grano duro (Pane tipico di Belvì) e castagne arrosto

Ingredienti:

kg 0,600 fegato d’agnello pulito 60 g di porroN° 2 pomodori secchi¼ di moscato di Barbagia (alternativa vernaccia)¼ fondo bruno di manzo18 castagne arrosto (caldarroste)N°1 rametto rosmarino o timo frescoN°1 cucchiaio di farina 00¼ olio extravergine d’oliva50g di burrosale q.b.g1000 di pane

Preparazione:

Soffriggere in metà olio la cipolla e i pomodori secchi finemente tritati Aggiungere il fegato a pezzi piccolissimi, lasciare rosolare per qualche minuto con aggiunta di un po’ di farina.Aggiungere le castagne tritate grossolanamente precedentemente ar-rostite sbucciate e saltate in padella con il burro e il rametto di rosma-rino o timo.Bagnare con il moscato e successivamente aggiungere il fondo bruno.Lasciare cuocere per circa dieci minuti .Deve risultare cremoso Servire ben caldo sui crostoni di pane (3 a porzione)

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Ravioli di patate e granella di nocciole al profumo di mentuccia selvatica, in salsa noci

Ingredienti per la pasta Ingredienti per la farcia Ingredienti per la salsa

300g farina 00 400g patate 120g noci sgusciate100g semola 60 g pecorino semi stagionato 100g fondo bruno di selvaggina (alte. vitello)2 uova 50 granella di nocciole 300g panna da cucina 1 cucchiaio olio oliva 2 tuorli d’uovo 1 spicchio di scalogno (alternativa aglio)sale q.b. mentuccia essiccata 2 pomodori secchiacqua q .b. sale q.b. 50g burro 1 piccolo peperoncino rosmarino q.b. sale q.b.

Preparazione:

Procedimento per la pasta.Sul tavolo di lavoro disporre la farina e la semola a fontana, aggiungere al centro le uova il sale e poca alla volta l’acqua. Amalgamare bene l’impasto e farlo riposare per circa 20 minuti, coperto con un panno umido.

Procedimento per la farcia:Dopo averle lavate,lessare in acqua salata, sbucciare e passare al passa verdura, le patate.Mettere il composto in un recipiente e aggiungere il pecorino la granella di nocciole, la menta,i tuorli d’uovo, e aggiustare con il sale.

Procedimento per la salsa:Mettere nel cuter le noci, lo spicchio di scalogno ,i pomodori secchi,il peperoncino,il timo,e tritare il tutto finemente.In un sauteuse mettere il burro a sciogliere, aggiungere il composto precedentemente tritato,e far saltare per pochi minuti a fuoco basso, aggiungere la panna il fondo bruno,aggiustare di sale,e fare cucinare per circa 5 minuti sempre a fuoco basso.

Presentazione Fare i ravioli come tradizione,cuocerli in abbondante acqua,scolarli e condire con la salsa.

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mangiar bene per vivere meglio

RUBRICA

Mangiar bene per vivere meglio questa è la mia risposta alla do-manda “si vive per mangiare o si mangia per vivere?”. Così ho

deciso d’intitolare e fondare il mio gruppo su facebook: “Mangiar bene per viver meglio” con l’intento di aprire una finestra sul mondo attra-verso la quale dare consigli, fornire nozioni ma soprattutto ricevere stimoli dai tanti interventi lasciati sulla bacheca a testimoniare le vicissitu-dini alimentari di chi si sente libero di condivi-dere esperienze positive o negative che siano. Grazie al mio lavoro sono ogni giorno a contatto con persone diverse per età, stile di vita, cultura e stato sociale, tutte accomunate dalla necessità di stare meglio, meglio con il proprio fisico, con la propria salute e in fin dei conti con se stesse e con il mondo intero. Osservando così da vicino le abitudini dei nostri conterranei non ho potu-to fare a meno di notare la profonda spaccatura negli usi alimentari dei più giovani nei confronti degli adulti e ancor di più degli anziani. E que-sto è maggiormente marcato nei grossi centri urbani rispetto a quelli piccoli, in cui rimango-no ancora vive le tradizioni locali e il legame

A cura di Sara Canu

con il territorio. Le necessità lavorative porta-no i genitori a star lontani per tante ore anche durante la pausa pranzo, mentre la sera capita spesso che i giovani trascorrano la cena in com-pagnia dei loro coetanei: è così che si perdono i saperi e i sapori della tradizione, mancando i punti di riferimento e l’esempio dei genitori che a loro volta avevano ricevuto dai più anziani della famiglia. Capita che i ragazzi si ritrovino a mangiare merendine e cibi industriali dalle scarse proprietà nutritive, ricchi di grassi per lo più saturi e zuccheri raffinati, mentre le sera-te in compagnia degli amici spesso e volentieri sono trascorse ai fast-food. Potremmo mai im-maginare il nonnino di Tiana Antonio Todde, super centenario italiano di 112 anni e 346 gior-ni, certificato come l’uomo più vecchio d’Italia dall’organizzazione Guinness World Record mentre era in vita, entrare in un Mac Donald per ordinare un hamburger? Di lui è noto che fece il pastore fino a 85 anni, si spostava a piedi e non usava mai l’automobile, montava ancora a cavallo, non fumava e beveva un bicchiere di vino rosso a pasto, mantenne un’alimentazio-ne a base di pasta e di zuppe e talvolta maiale e agnello. Ecco svelato il segreto dell’elisir di lunga vita: un’alimentazione equilibrata e uno stile di vita attivo. Questo deve essere l’esem-pio per i più giovani che ha portato alla ribalta la Sardegna in tutto il mondo come “l’isola dei centenari”. Siamo, infatti, il popolo più longevo d’Italia e fra i più longevi del pianeta. Il dato in-teressante è che a tagliare il traguardo dei cento anni in compagnia delle donne vi sono anche molti uomini, cosa non comune poiché è nota la maggiore mortalità dell’uomo a un’età media inferiore rispetto alla donna. Il progetto AKeA, (acronimo di A Kent’Annos, tradizionale augu-rio sardo che significa “a cent’anni”), che stu-dia la longevità della popolazione sarda, è stato scelto dalla Regione Sardegna per rappresenta-re l’Isola alla mostra presente al Vittoriano, a

Roma, in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Qual è il segre-to della longevità del popolo sardo? Molti sono i fattori che concorrono a questo elisir di lunga vita, genetici in primo luogo, ancora oggetto di studio, fattori ambientali legati all’alimentazio-ne, alla possibilità di vivere in un territorio poco densamente abitato e quindi ancora ospitale e meno contaminato dalla pressione antropica. Il vantaggio di vivere in piccoli paesi assicura aria pura, prodotti locali eccellenti e, a livello sociale, interrelazioni più strette: tutti si cono-scono, si aiutano e gli anziani sono meno soli e possono contare sul sostegno di parenti, amici e conoscenti. Questo è il presente, ma il futuro cosa ci prospetta? Potremmo ancora vantarci di essere “l’isola dei centenari”? La genetica da sola non basta, come abbiamo visto, fattori am-bientali e culturali concorrono al raggiungimen-to dei più alti traguardi in termini di longevità e benessere. I nostri centenari conoscevano bene la lezione “Mangiar bene per vivere meglio”, ma le nuove generazioni sembrano ignorarla e spetta a noi il compito d’insegnare loro cosa è meglio mangiare scegliendo i prodotti loca-li, eccellenti da un punto di vista nutrizionale, freschi e saporiti grazie anche al fatto che sono consumati a breve distanza dalla loro raccolta giacché prodotti a chilometri zero, il che non soltanto assicura freschezza e qualità organo-lettiche elevate ma attiva una filiera virtuosa a vantaggio dell’economia sarda e dell’ambiente in termini di minore inquinamento. Questo da solo non basta, insegniamo loro le ricette della tradizione perché non vadano perse e possano giungere alle generazioni future come patrimo-nio culturale del popolo Sardo

La Comunità della Longevità è nata nel 2010 dal grande interesse che il tema sta suscitando a livello mondiale. Si tratta di una rete internazionale che riunisce i rappresentati di tre regioni, la Sardegna, in particolare le Province di Cagliari e Ogliastra, Okinawa (Giappone) e Gu.kon.sun.dam (unione di quattro contee della Corea del Sud), finalizzata alla cooperazione e allo scambio reciproco di informazioni ed esperienze. Il progetto prevede la creazione di un database che raccolga tutte le informazioni sui centenari della provincia di Cagliari con lo scopo di sostenere le ricerche svolte finora per accertare il nesso tra longevità e stile di vita sano, abitudini alimentari e caratteristiche ambientali. L’ambizione, oltre a promuovere tutti i fattori che concorrono a determinare una lunga vita sana, quindi anche l’alimentazione, è anche quella di sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni sulle necessità comportate dal processo di invecchiamento delle popolazioni. La prima tappa è stata la visita a Cagliari e in Ogliastra, durante la quale i membri di una delegazione coreana hanno avuto modo di conoscere l’isola e gustarne i prodotti tipici.

LA COMUNITÀ DELLA LONGEVITÀ

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per vivere meglio

SADALIIL PAESE DELL’ACQUAU

na delle fermate della linea turistica più lunga dell’Isola, quella che da Mandas porta ad Arbatax, percorrendo la Sardegna dal centro verso la co-sta orientale, è quella di Sadali, un paese sorto ai margini di un altopiano calcareo chiamato ap-

punto Taccu di Sadali, nella Barbagia di Seulo. Un borgo molto suggestivo per le sue viuzze e le sue case antiche, che ha cercato di mantenere vivo il suo legame con il passato e con le tradizioni, senza rinunciare ad aprirsi al turismo, supportato dalla nota ospi-talità barbaricina.Un turismo particolare quello accolto da Sadali, un turismo di nicchia, fatto di passeggiate ed escursioni su strade e sentieri im-mersi nella natura, per giungere in luoghi dall’aspetto fiabesco. Boschi e grotte, ma soprattutto fonti, ruscelli e cascate per cui Sadali è stato chiamato anche “il paese dell’acqua”. Le acque han-no infatti qui plasmato tutto il territorio con il loro lento lavoro di erosione del sottosuolo calcareo, ma la loro presenza si avverte prima ancora nell’intenso verde di cui il centro è circondato e nell’aria salubre che porta il rumore del suo scorrere, un eco che proviene dalle viscere della terra e del tempo.Tra le case sgorgano trenta sorgenti di acqua purissima, scor-rono ruscelli e, caso unico in Europa, si può ammirare una ca-scata alta 7 metri: è la Cascata di Sadali, di fronte alla chiesa di San Valentino, in cui si raccolgono tutte le acque delle sor-genti cittadine, che da lì poi corrono verso “Sa Ucca Manna”, un grande inghiottitoio sempre all’interno del paese, in cui pre-cipitano per 150 metri. In questi luoghi l’acqua ha scavato in-ghiottitoi come questo, ma anche doline e grotte, come quella di “Is Janas”, la “grotta delle streghe”, immersa in un bosco alla periferia del paese. Leggenda vuole che tre streghe vi avessero trovato riparo da un incendio che stava devastando il bosco e

che lì avessero deciso di vivere, preparando dolciumi per sod-disfare la loro golosità. I giorni passarono e, senza che le tre streghe se ne rendessero conto, iniziò la Quaresima. Così, men-tre ridevano e mangiavano frittelle, all’imboccatura della grot-ta passò un prete che, sentendo le loro risate, entrò e le vide mangiare dolci. Il suo rimprovero suscitò l’ira delle tre, che lo picchiarono selvaggiamente fino ad ucciderlo. Allora Dio per punirle le trasformò in pietra e ancora giacciono lì, dentro la grotta, a ricordare la loro storia a tutti i visitatori. Si tratta di tre grandi stalagmiti, che insieme alle altre concrezioni di varia forma, costituiscono un’attrattiva particolare per i turisti più esperti.Ma c’è un turismo ancora più esclusivo a Sadali, non legato propriamente alle bellezze naturalistiche, ma attratto dall’at-mosfera romantica del borgo e, in particolare, dalla presenza della chiesa di San Valentino, l’unica in Sardegna intitolata al santo protettore degli innamorati. Si dice che la sua statua, oggi conservata nella chiesa, provenisse da lontano e nel pa-ese dovesse sostare solo una notte insieme a colui che la tra-sportava. Ma al mattino nessuno riuscì a spostarla e ancora si trova laddove il viaggiatore l’aveva appoggiata. Ecco perché Sadali è anche “il paese degli innamorati”. La sua grande de-vozione verso il santo viene dimostrata nella festa patronale, che non è il 14 febbraio, come vorrebbe il calendario, ma il 6 ottobre. Infatti l’inizio dell’autunno è il periodo più ricco per il paese, che a San Valentino offre in dono il meglio delle proprie produzioni: pane, dolci, carne di pecora, capra e porchetto, bagnati del tipico vino rosso corposo. La statua viene vestita e portata in processione e, dopo i riti liturgici, inizia la festa popolare, durante la quale Sadali si anima per tre giorni con la musica delle launeddas, i balli sardi e i più ricchi banchetti.

SARDEGNATAVOLA IN GIRO PER L’ISOLA CON IL TRENINO VERDE

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LE OCCASIONI PER LE GRANDI MANGIATEDI GRUPPO DEI CAGLIARITANI

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PICCHETTADASQuelle mitiche

Le occasioni per le mangiate in gruppo ed alle-gria non mancano mai per i cagliaritani, noti buongustai ed amanti della cucina tradiziona-le. Si direbbe, anzi, che is pichetadas, ossia i pranzi in compagnia di amici e parenti, siano una costante di quasi tutti i loro incontri, anche

di quelli improvvisati, che inizialmente possono prevedere uno semplice spuntino, ma che, si può stare certi, vanno sempre ben al di là del parco cibo. Insomma “Tutti i Salmi finiscono in gloria” e la pancia vuole la sua parte. Quando, poi, la mangiata è addirittura programmata da tempo e ricade in una delle festività più care al comune sentimento popolare, allora la sua portata assume dimensioni decisa-mente più significative e aspetti di autentica socializzazio-ne, quale momento di spontanea aggregazione di un’inte-ra comunità e preciso punto di riferimento di una giornata trascorsa all’aperto.In quest’ambito rientra oggi, ad esempio, la Pasquetta, con la gita fuori porta del lunedì dopo Pasqua, che è en-trata anche nelle usanze dei cagliaritani specialmente da quando, ormai da parecchi anni, dispongono di un proprio mezzo di trasporto. La gita, nei pressi o lontano dalla città, riserva alcune ore di serenità al pranzo in campagna con vere e proprie leccornìe portate da casa per la gioia del palato di grandi e piccini. Ma in un passato che appare sempre più lontano e dai colori più sbiaditi la scampagna-ta a cui i cagliaritani tenevano con maggiore piacere era quella del 1° maggio, in prossimità dei ponti della Scaffa, vicinissimo quindi alla città, per assistere al passaggio di Sant’Efisio in partenza per Nora.Le comitive erano innumerevoli. Intere combriccole festan-ti e vocianti vi si recavano a piedi sin dal primo mattino e prendevano posizione negli spazi disponibili per passare una giornata in allegria e spensieratezza, dando sfogo a quella cagliaritanità sincera, aperta e piena di sana ironia di cui attualmente molti sentono la mancanza. Si cantava-no a voce spiegata, a boxi prena, i motivi e i ritornelli delle canzoni più conosciute, si improvvisavano is mutetus più spassosi che facevano sganasciare dalle risate, con scra-callius generali e l’accompagnamento immancabile della chitarra o del mandolino.Solo pochi cucinavano sul posto, magari alla brace. La maggior parte, invece, preferiva portarsi da casa il pranzo minuziosamente confezionato secondo la precisa tradizio-ne cittadina. Non poteva certamente mancare, soprattut-to, la frittata di piselli freschi, sa turt’ ‘e pisurci, che ancora oggi i veri cagliaritani desiderano mangiare proprio in quel giorno. Ma le stesse uova sode (is ous buddius), le favette in umido (sa faixedda a schiscionera), i carciofi (sa can-cioffa) e, naturalmente, il vino (su binu) facevano parte di quel menu consumato all’aperto subito dopo il passaggio della Processione appena uscita dalla città. A quel pranzo in compagnia si andava col vestito buono (sa bestimen-ta bona), in prevalenza, già quasi estivo. Al termine della mangiata, coloro che non avevano bevuto in eccesso quel

LE OCCASIONI PER LE GRANDI MANGIATEDI GRUPPO DEI CAGLIARITANI di Alessandra Scifoni

di Giampaolo Lallai

Florence Fredoc

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vino che tende a salire alla testa (arziat a conca) e a rendere molli le gambe (arrem-moddiat is cambas) ci si augurava “A ate-rus annus” (“Ad altri anni”), con la fatidica risposta “Deus bollat” (“Se Dio vorrà”).Paolo De Magistris, attento conoscitore delle tradizioni cagliaritane, ha saputo cogliere, in modo dettagliato e profondo, questi aspetti nella sua poesia intitola-ta, appunto, Sa partenz’ ‘e Sant’Efis (La partenza di Sant’Efisio). Sono versi che parlano con affettuosa simpatia dell’an-sia che precedeva il passaggio del Santo Guerriero: occorreva, anzitutto, aver pre-parato per bene le pietanze per essere, poi, pronti a portarle, con il fiasco del vino, alla Scaffa e, precisamente, alla Quarta Regia, prima che si stipasse di troppa gente. Perciò era determinante tenere d’occhio i movimenti dei vicini, possibili concorrenti nel raggiungere la meta, e del-la Guardianìa la cui presenza già a cavallo nei paraggi della chiesetta di Stampace, era ed è segnale inequivocabile dell’ap-prossimarsi della partenza.Il ritardo nella corsa contro il tempo poteva essere causato proprio dalla frittata di pi-selli che era nel forno po acabai’e indorai (per raggiungere la doratura) oppure dal non aver preparato is fiascus de su binu (i fiaschi del vino) o sa cancioffa businca (i carciofi bosani). Rileggiamo insieme alme-no una parte di questi versi:

“Est pronta sa faixedda, Arrita?chi est ora de si moviripo lompiri a Quarta Regiaprimu de agatai prenusu logu a istibbidura;là chi sa Guardianaest giai arziada a cuaddua ndi pigai de domua ziu Lillinu Denaci.”

“Sa faixedda già est pronta,ma est sa turt’ ‘e pisurcichi est a intr’ ‘e su forrupo acabai ’e indorai.Ma tui dd’ as preparausu scarteddu? E is fiascusde su binu? E is ous buddius?E sa cancioffa businca?”

Quelle mitichePICCHETTADAS

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Arremundu, chi est prontucun sa bestimenta bona,est giai in s’ or’ ‘e sa portae salutat is bixinusincamminaus issus purua su pont’ ‘e sa Scaffapo abettai su passaggiude Sant’ Efis gloriosu.

E ananti de su cocciusu zumiu de is launeddas.Efixeddu in su cocciucastiat a celue ascurtat is arresuse tot’ is promittenzias.

“A aterus annus”. “Deus bollat”.“Boga sa turta, Arrita,chi est ora de pappai”.

“A sa parti, Chicchinu”.“Ita naras, Peppinu;nd’iast essiri bistu maide burricus a cuaddu?”.

“Nara, Lolletta, cantus concas de alluas postu in sa faixeddapo fai sa schiscionera?”

Sezzias in sor’ ‘e mariis cumpangìas picchetant;su binu arziat a concae arremmoddiat is cambas.Efixeddu in su cocciuest andend’a Giorginu:acabada est sa festae calat sa tristura.Ma abbarrat sa speranzade biviri ancora un annupo assistiti a sa partenzia.

Anche la festa finisce e subentra, pertanto, la tristezza con la speranza di poter assi-stere anche in futuro ad altre partenze del Santo col suono delle launeddas (su zumiu de is launeddas) che le caratterizzano e, ma-gari, la sempre rinnovata sorpresa di vedere nuovi, penosi personaggi a cavallo, non tutti degni di tale visibilità, tanto da far pensare ad “asini a cavallo”. Così vengono indicati questi personaggi dallo stesso De Magistris, con inattesa ma chiara ironia,

“nd’iast essiri bistu maide burricus a cuaddu?”.

Florence Fredoc

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Come ogni anno, quando l’estate si avvicina scatta il panico da “prova costume”. Palestra, mas-saggi, creme e, soprattutto, die-ta: sono queste le parole d’ordi-

ne di questi mesi primaverili, in cui tutti cer-cano di prepararsi per fare il loro ingresso in spiaggia il più in forma possibile. Per chi ha passato i mesi invernali senza preoccuparsi di grassi e zuccheri aggiunti, lo specchio è impietoso e questo è il momento di prende-re provvedimenti. Così le iscrizioni in pale-stra aumentano, ma soprattutto aumentano vertiginosamente le ricerche di diete sul web e le iscrizioni a forum di alimentazione. Gli esperti hanno già lanciato l’allarme: le diete “fai da te” non funzionano, anzi spesso sono dannose, quindi stiamo attenti a chi promet-te di farci perdere cinque chili in pochi giorni mangiando solo mele o minestrone, o a chi spaccia per infallibili le diete già seguite dal-le star.“SardegnaTavola” ha chiesto il parere e PANICOprova costume!

di Lorelyse Pinna

MODA E MODI TRA LE TENTAZIONI DEL CIBO E CERTE DIETEA

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qualche consiglio alla Dott.ssa Sara Canu, Biologo Nutrizionista, di recente impegnata a Cagliari nel convegno “Educazione alimen-tare, linee guida comportamentali e tecni-che” e fondatrice del gruppo su Facebook “Mangiar bene per viver meglio”.Innanzitutto di cosa si occupa il nutrizio-nista?«Si occupa di nutrizione a 360 gradi. Elabora i piani alimentari personalizzati, le cosiddet-te “diete”, anche se dieta è un termine ge-nerico che deriva dal greco e significa “stile di vita”, per questo si preferisce usare il ter-mine “nutrizione”. Lo fa per chi ha bisogno di perdere peso e per chi ha bisogno di ac-quistarne, sia per persone che non hanno alcun disturbo se non un eccesso pondera-le, sia per persone che hanno patologie o di-sturbi accertati dal medico. L’alimentazione è infatti un elemento fondamentale nel trat-tamento di qualsiasi patologia in quanto può mantenere, se non migliorare il quadro clini-co del paziente. Il nutrizionista si occupa poi di curare l’alimentazione degli sportivi per mantenere e migliorare le loro prestazioni ed è un esperto di educazione alimentare, ossia un insegnante di corretta alimentazio-ne, che introduca un apporto equilibrato di nutrienti fornendo energia all’organismo e mantenendo il benessere psicofisico».Si parla tanto di diete, ogni anno se ne trovano di nuove che riscuotono un gran-de successo e diventano una moda, per esempio qualche anno fa quella famosa “del minestrone” e addirittura quella “del-la pizza”. Poi però le si prova e i risultati non arrivano...«Le diete come quella “del minestrone” sono monotematiche ossia ad ogni pasto si man-gia un solo alimento preparato in mille modi e per questo sono completamente sbilan-ciate. La dieta del minestrone fu inventata da un cardiochirurgo del Sacred Memorial Hospital di St. Louis, per soggetti obesi car-diopatici che dovevano essere sottoposti ad interventi di cardiochirurgia e doveva essere seguita per un periodo massimo di 10/14 giorni, si tratta quindi di un regime alimentare d’urgenza finalizzato a una rapi-da perdita di peso per persone che neces-sitano di un intervento chirurgico salvavita. Altri soggetti non otterranno risultati a lungo termine da una dieta simile poiché lo scar-so apporto di proteine e la forte restrizione calorica portano esclusivamente alla perdi-ta di muscoli e acqua piuttosto che grasso. Oggi vanno molto di moda le diete “iper-proteiche”, note anche come “low carb”, a basso contenuto di carboidrati: ce ne sono diverse varianti tra cui la dieta di “Atkins”,

il metodo “Montignac” e la dieta “Dukan”, diventata famosissima perché seguita da Kate Middleton per prepararsi alle nozze re-ali, tutte nutrizionalmente sbilanciate verso le proteine, con effetti collaterali come sec-chezza delle fauci, stanchezza muscolare, stipsi, alitosi e tutto ciò che sia direttamente causato dalla carenza di frutta, verdura e carboidrati nella normale assimilazione ali-mentare. Tali tipi di diete sono molto perico-lose se seguite senza la supervisione di uno specialista poiché non sono adatte a tutti e occorrono accertamenti sulle condizioni fisiche e dei parametri ematochimici prima di procedere con l’introduzione della dieta, che comunque dovrà essere sostenuta per brevissimi periodi di tempo durante i quali sono necessari controlli clinici. Se mal gesti-te, infatti, possono provocare seri problemi agli organi interni e una depauperazione della massa magra con conseguente per-dita di peso a scapito anche della muscola-tura e di conseguenza un rallentamento del metabolismo basale, causa di un immediato incremento ponderale con accumulo adipo-so nel momento in cui si sospende il regime iperproteico per tornare a un’alimentazione tradizionale con la reintroduzione dei car-boidrati. Allora bisognerebbe continuare a non introdurre carboidrati per tutta la vita? Sarebbe impossibile e pericoloso per la salute. Un’alimentazione nutrizionalmente bilanciata deve apportare carboidrati, lipidi e proteine nelle corrette quantità. Un’altra opinione molto diffusa è che la pasta o il pane non si debbano mangiare a cena, ma in realtà molti miei pazienti perdono peso pur mangiando anche la pasta a cena, che è tra l’altro molto più digeribile della carne. Tutto sta nell’introdurre la giusta quantità e nel cambiare stile di vita, unendo una corret-ta alimentazione all’attività fisica. Bastano, per esempio, trenta minuti di camminata a passo sostenuto al giorno per aumentare il dispendio energetico e favorire la perdita di peso».Ma esistono diete specifiche per favorire l’abbronzatura?«Un’alimentazione specifica per incremen-tare l’abbronzatura in realtà non esiste, i consigli di aumentare l’assunzione di ali-menti ricchi di carotenoidi o addirittura di assumere integratori, in quanto i carotenoidi aumenterebbero la produzione di melanina, non sono fondati poiché non esiste una re-lazione tra l’assunzione di beta-carotene e l’aumento della melanina. In genere quan-do arriva l’estate il consiglio è mangiare molta frutta e verdura ed evitare cibi troppo pesanti, limitando le abbuffate e gli alcoli-

ci. Il nostro organismo ricava la vitamina A dai carotenoidi, di cui sono particolarmente ricchi i vegetali di colorazione giallo-arancio e vegetali a foglia, e gli alfa-caroteni hanno sorprendenti qualità antiossidanti. Quindi se introdotti nell’alimentazione regolarmente, insieme alle altre vitamine antiossidanti C ed E, possono proteggere la pelle dai danni del sole».Ci darebbe qualche consiglio?«Le raccomandazioni che posso dare sono valide per tutto l’anno, non solo nel periodo estivo, e sono alcune semplici abitudini che una volta acquisite ci aiuteranno a mante-nere una corretta nutrizione per tutta la vita. Prima di tutto è bene consumare più pasti nell’arco della giornata, almeno 5, che per-mettono di stabilizzare la glicemia e man-tenere alto il metabolismo. Attenzione alla prima colazione, che deve essere abbon-dante ed apportare il 20% del fabbisogno energetico giornaliero: è forse uno di quei pochi momenti in cui ci si può concedere il dolce senza sensi di colpa! Un errore molto frequente è quello di bere un caffè al volo e di uscire per svolgere le proprie attività lavo-rative: non c’è niente di più sbagliato perché dopo il prolungato digiuno notturno il nostro organismo ha esigenza di energia da spen-dere, altrimenti facilmente ci ritroveremo con difficoltà di concentrazione e fiacchezza e non è la condizione ideale per affrontare bene la giornata. I pasti principali vanno pre-feribilmente consumati seduti a tavola e non sul divano o davanti alla televisione, perché non ci si rende conto di quel che si mangia ed è più facile eccedere. Devono essere pre-senti tutti i nutrienti nelle giuste proporzioni, quindi carboidrati (pasta, pane, ecc.), protei-ne (carne, pesce, uova, ecc.), lipidi (preferi-re l’olio extravergine d’oliva ma in quantità moderata). Verdura e frutta non devono mai mancare perché sono la principale fonte di vitamine, sali minerali, fibre , io spesso le consiglio ai miei pazienti anche come spun-tino mattutino o merenda. Un ultimo consi-glio: adottare uno stile di vita più attivo in abbinamento a una corretta alimentazione. Bastano 30 minuti di camminata al giorno a passo sostenuto, che equivalgono a 5000 passi, per aumentare il consumo calorico medio di 150 Kcal giornaliere.»

prova costume!

MODA E MODI TRA LE TENTAZIONI DEL CIBO E CERTE DIETENella foto: Stefania Barbarossa

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Sardegnatavola

Valorizzare il ciliegio e recuperare le antiche varietà cerasico-le, questi gli obiettivi del progetto proposto dalla Pro Loco di Lanusei, da 28 anni organizzatrice della famosa fiera della ci-liegia, per rilanciare uno dei settori produttivi più importanti in Ogliastra. Il primo passo è stato il corso teorico-pratico “La potatura di allevamento e di produzione del ciliegio”, tenutosi di recente, in cui produttori e potatori dei comuni della zona hanno avuto la possibilità di approfondire le loro conoscenze con l’aiuto di uno dei maggiori esperti del settore. Lanusei e Bonnannaro fanno parte dell’associazione nazionale Città del-le Ciliegie, che raccoglie le più affermate realtà cerasicole italia-ne e rappresenta il 90 % della produzione del settore.

Valorizzazione del ciliegio

Sud SardegnaL’alleanza tra imprese agroalimentari del Sud Sardegna e operatori dei settori alberghiero e della ristorazione pro-muoverà la presenza dei prodotti isolani negli hotel e nei ristoranti. I problemi principali da superare sono la poca costanza di qualità e quantità dei prodotti e la poca com-petitività dei prezzi. I settori da potenziare saranno quelli della carne, dei salumi, dei formaggi vaccini, del latte, dei liquori, del miele, dell’acqua, dell’olio, delle paste secche e delle farine, in cui i fornitori del Sud Sardegna risultano poco presenti.

La Sardegna è stata protagonista all’interno del Vinitaly: lo stand dell’isola è stato tra i più visitati. Ed è proprio al Salone che è stato pre-sentato “Etilpiù”, l’alcoltest a saliva prodotto da Pharmapiù, un test rapido che permette di “salvarsi” la patente con un semplice gesto: appoggiando il tampone reattivo alla lingua e verificando la colorazione che assume, si può valutare la propria idoneità alla guida secondo i parametri del codice della strada. Un com-portamento virtuoso che dovrebbe diventare un’abitudine per proteggersi dai pericoli legati alla guida in stato di ebrezza e dalle sanzioni previste dal codice della strada.

Vinitaly

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l’Isola del cibo

“Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo”: questo il titolo del volume a cura di Andrea Segrè, preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, e Luca Falasconi, ricercatore e docente di Politica agraria e svi-luppo locale. Lo spreco alimentare è una cat-tiva abitudine molto diffusa, ma anche sotto-stimata: il rapporto della Last Minute Market, prodotto nell’ambito del progetto “Un anno contro lo spreco 2010”, mette invece in luce gli sprechi e le loro conseguenze in tutta la filiera dell’agroalimentare, con l’obiettivo di individuare e correggere i comportamenti scorretti. Ogni anno in Italia vengono infat-ti sprecati 12 miliardi di prodotti alimentari, una quantità di cibo che potrebbe sfamare tre quarti della popolazione italiana, ovvero oltre 44 milioni di persone.

A ndrea Segrè

La rassegna gastronomica “Gusta l’Estate” coinvolgerà quest’anno i ristoratori di Castelsardo, cittadina gioiello dell’Anglona, arroccata su un promontorio da cui si affaccia sul Golfo dell’Asinara e su cui svetta il castello costruito dai Doria il XII secolo e oggi sede del museo dell’arte dell’intreccio, tra i più visitati dell’isola. Intorno ad esso il borgo medievale, che si raggiunge percorrendo una strada che risale la rupe partendo dalla parte bassa della cittadina, chiamata la Pianedda. Passeggiando per le sue stradine strette e ripide e le scalinate, ci si im-batte nelle chiese e nei tanti monumenti che testimoniano la sua storia quasi millenaria. Tra questi il palazzo episcopale, che ospita due mostre permanenti “Memorabilia Canonicorum et Episcoporum Ampurienses” e “Stregoneria, Eresia e Santa Inquisizione”, e la chiesa di Santa Maria, al cui interno è conservato il simulacro ligneo detto “Cristo nero”. Ancora cir-condato dalle antiche mura con le fortificazioni e il ponte levatoio, dalle terrazze del centro storico si può godere di un panorama unico sulle coste del Golfo fino alla Corsica.Nonostante il suo aspetto dal sapore medievale, Castelsardo è una realtà vivace e dinamica. Molte le feste che fanno risuonare le antiche strade delle note della tradizione e della mo-dernità: prime fra tutte le celebrazioni legate alla Settimana Santa, in particolare il Lunissanti durante il quale i canti tipici accompagnano una pittoresca processione che giunge fino alla basilica di Tergu. E poi il Capodanno in piazza e la “Pasquetta in musica”, che anima i prati vicini alle mura sul mare.Tradizione e innovazione convivono anche nella cucina castellanese, il cui protagonista asso-luto è il mare. E sarà proprio su una delle ricette più antiche, la zuppa di pesce, che gli chef metteranno alla prova questo connubio tra sapori di una cucina antica e povera e nuovi aromi e accostamenti: scorfano, gallinella, san pietro, tracina, calamari, seppie, gamberi, vongole e cozze preparati ad arte, che daranno vita a nuovi piatti senza dimenticare però la tradizione.“Sardegna a Tavola” ne propone la versione dello chef Michele Farru, noto al grande pubbli-co per la partecipazione alla “Prova del Cuoco” al fianco di Antonella Clerici.

A CASTELSARDO SI “GUSTA L’ESTATE”

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L’Italia è la prima produttrice di vino al mondo: nel 2010 ha superato la Francia , la cui produzione è cala-ta dell’1 % nonostante la maggiore

estensione territoriale dei vigneti. Non solo, nei primi mesi del 2011 è aumentata anche la quota di export del vino italiano (+15 %), grazie alla crescita del mercato americano (+31 %), europeo (+6 %) e cinese (+146 %). Tutto que-sto, afferma la Coldiretti, è dovuto anche all’im-magine del vino “made in Italy”, che offre un migliore rapporto qualità-prezzo ed è più alla moda del vino francese.Il vino sta diventando anche un’attrattiva turisti-ca per i sempre più numerosi visitatori delle sa-gre e delle fiere italiane del settore: 4-5 milioni di eno-turisti secondo il Rapporto annuale del Censis Servizi, per un giro d’affari che va dai 3 ai 5 milioni di euro. E la Sardegna si candida come meta ideale per gli amanti del vino italiani e stranieri, con i suoi 180 vitigni autoctoni di cui 80 coltivati e la natura incontaminata che garantisce la qualità delle produzioni, a cui si aggiungono il mare e l’ambiente, le tradizioni e le ricchezze archeologico-culturali. Millenni di coltivazione e produzione confermati dal ri-trovamento di vinaccioli in alcuni nuraghi, che smentiscono la teoria secondo cui vite e viticol-tura sono state introdotte nell’isola dai Fenici e potrebbero permettere ai sardi di riappropriar-si di un altro pezzo della loro storia, visto che degli antichi vitigni autoctoni si sa ancora poco.Un patrimonio eccezionale, secondo l’assesso-

re dell’Agricoltura Mariano Contu, che deve essere valorizzato e promosso se non si vuole perdere un’importante opportunità di sviluppo che favorisca le zone interne dell’isola e i “mesi di spalla”. Di questo si è parlato al Forum eu-ropeo “Strade del vino e sviluppo economico locale”: quali modelli adottare perché questo patrimonio venga promosso e sfruttato a pieno, come il turismo rurale possa combattere la crisi mantenendo i territori vivi, sia dal punto di vi-sta economico che sociale, e come comunicare al meglio il territorio, utilizzando anche i nuovi strumenti del web.L’enogastronomia come strumento di promo-zione e recupero del territorio è l’idea da cui nascono “Le Strade del Vino” e “Le Città del Vino”, realtà già consolidate a livello naziona-le, che propongono percorsi turistici per un turismo attento ai valori dell’ambiente e delle produzioni locali: come ha spiegato l’assessore Contu infatti, «il turista enogastronomico pre-dilige la ricerca di prodotti di nicchia tipici e rappresentativi del territorio, che vuole consu-mare durante il soggiorno nelle località d’ori-gine». Tra questi il vino è protagonista, soprat-tutto in Sardegna dove si contano ben 19 vini a marchio DOC, di cui uno DOCG. Sono per ora tre le Strade del Vino sarde riconosciute: quella del Carignano del Sulcis, che compren-de anche l’Inglesiente, quella del Cannonau delle province di Nuoro e Ogliastra e quella della provincia di Cagliari. In via di definizione le Strade del Vermentino di Gallura, del Vino

della Sardegna Nord-Ovest, della Vernaccia di Oristano e della Malvasia di Bosa. Venticinque invece i Comuni che aderiscono, insieme alle provincie di Cagliari e Sulcis, all’associazione “Le Città del Vino” che si è riunita a Selargius per l’Assemblea nazionale, in cui si è discusso anche di ambiente ed energie rinnovabili. Un legame significativo quello tra turismo enoga-stronomico e salvaguardia dell’ambiente, che dimostra come questo settore possa far bene all’economia e insieme alla natura, promuo-vendo la riscoperta e il rispetto delle peculiarità di ogni territorio.

L’ECCELLENZA

DEI VINI SARDILE STRADE E LE CITTÀ

Mariano Contu, assessore regionale all’Agricoltura

Franco Mulas, Area Manager Starwood Costa Smeralda con Elisabetta Canalis

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la Strada del Carignano del Sulcisla Strada del Cannonaula Strada dei vini della provincia di Cagliariin via di definizione:la Strada del Vermentino di Gallurala Strada del Vino della Sardegna Nord-Ovestla Strada della Vernaccia di Oristanola Strada della Malvasia di Bosa

Comune di AlgheroComune di AtzaraComune di BadesiComune di BerchiddaComune di CardeduComune di DorgaliComune di JerzuComune di MagomadasComune di Meana SardoComune di MontiComune di OrtueriComune di OschiriComune di Quartu Sant’ElenaComune di Samugheo

Comune di Sant’Anna ArresiComune di Sant’AntiocoComune di SelargiusComune di SennoriComune di SerdianaComune di SorgonoComune di SorsoComune di Tempio PausaniaComune di TerralbaComune di TortolìComune di UsiniProvincia di CagliariProvincia del Sulcis

LE STRADE DEL VINO IN SARDEGNA

LE CITTÀ DEL VINO IN SARDEGNA

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A TAVOLA CON SARDIE IRLANDESI

A molti non suonerà nuovo l’amore dei sardi per l’Irlanda, isola dell’Oceano Atlantico Settentrionale, luogo famoso per il verde, l’allegria legata alle musiche travolgenti e al bere, la ribellione alla vicina Inghilterra.

Tralasciando le peculiarità totalmente originali delle rispet-tive culture, vorrei sottolineare qui quei punti in comune che contribuiscono a rendere irlandesi e sardi due popoli fratelli, uniti dall’appartenenza a una terra antica, a una cul-tura isolana ricca di tradizioni e vivaci sfaccettature.

Il piccolo popolo: si tratta delle piccole e leggendarie crea-ture che abitano i boschi e le campagne o i castelli abban-donati, in particolare folletti dall’aspetto buffo o terrifican-te. In Sardegna abbiamo l’Ammuntadori logudorese, dal tipico cappello rosso, che si diverte a tormentare il sonno degli uomini e le giovani donne, e che trova il suo perfetto equivalente nel Red Cap irlandese. In Irlanda poi ci sono

diverse varietà di folletti, molti dei quali brutti e cattivi, che hanno l’abitudine di rapire e divorare i bambini, proprio come il nuorese Bobboi, che corrisponde al ca-gliaritano Mommotti, una sorta di uomo nero, vecchio spauracchio per tutti i bambini indisciplinati.Anche tra le storie di fantasmi troviamo delle ana-logie: la Bean Sidhe, ovvero “donna delle brughiere” irlandese, è lo spettro di una donna morta di parto, che con la sua presenza e i suoi gemiti, annuncia la morte a coloro che le sono vicini. Simile in tutto e per tutto alle nostre Panas, condannate a lavare i loro panni sporchi di sangue nei ruscelli, durante la notte, cantano una tristissima ninna-nanna e non vogliono essere disturbate dai vivi.La musica: i Celti, l’antico popolo irlandese, cono-scevano uno strumento a fiato molto simile all’attuale cornamusa e alle nostre Launeddas, il Tripple Pipes. Composto da tre canne di diversa lunghezza, emette

di Alessandra Scifoni

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A TAVOLA CON SARDIE IRLANDESI

una vibrazione che ricorda i suoni della natura, il soffio del vento, il fruscio dell’erba, e viene suonato con la tecnica della respirazio-ne circolare o fiato continuo.Altri strumenti che appartengono ad entrambe le tradizioni sono l’organetto, simile alla fisarmonica ma più piccolo, fornito anch’es-so di bottoni, e il tamburo, in pelle di capra, percosso da una piccola bacchetta di legno, e che in Irlanda si chiama Bodhràn.Utilizzati spesso durante le feste o nelle sfilate di gruppi folklori-stici, tutti questi strumenti accompagnano le famose danze, carat-teristiche delle due isole: i ritmi cadenzati, anche piuttosto veloci, e l’immobilità della testa e del busto, sono similitudini che non possono passare inosservate.I canti tradizionali attingono per lo più dalle semplici realtà quoti-diane, hanno i toni vivaci della ribellione a un potere opprimente, ma il più delle volte contengono elementi malinconici legati alle difficoltà della vita, come dimostrano le note canzoni “Nanneddu meu” e “Finnegan’s Wake”.La gastronomia: sardi e irlandesi hanno di certo un’altra cosa in comune, sono entrambi un popolo di buongustai. Inoltre le di-verse latitudini non impediscono alle due tradizioni culinarie di avvicinarsi sotto vari aspetti, a cominciare dalla preferenza per la

carne di maiale e quella d’agnello.Sulle tavole poi non potrà mai mancare almeno un piatto a base di patate e una vasta scelta di formaggi, come vuole la tradizione pastorale, ma non solo. Il mare vicino porta con sé molte preli-batezze, tante varietà di pesce, molluschi e crostacei, che danno origine a ricette particolari e gustosissime, come la Fregola sarda alle arselle o la Seafood Chowder irlandese, una zuppa di pesce e vongole.I dolci delle due isole non si somigliano molto, ma troviamo co-munque alcune eccezioni. L’uso dell’uvetta, ad esempio, caratte-rizza la preparazione sia dei Papassinos, sia del Barm Brack, un pane dolce spesso accompagnato da una tazza di tè. Inoltre non mancano in Irlanda i dolcetti alle mandorle, i più diffusi qui in Sardegna, nella loro variante farcita di conserva di frutta e brandy.Infine, altra caratteristica comune delle due cucine, l’utilizzo degli alcolici tradizionali (vini, birra scura o liquori e creme) per insapo-rire i secondi, creare gelati e sorbetti o altri originali dessert.

Gueffus aromatizzati al liquore di mirto

Ingredienti:

300 g di mandorle spellate e macinate300 g di zucchero semolato2 cucchiai di liquore di mirto½ bicchiere d’acqua

Preparazione:

Prima di tutto preparate uno sciroppo con metà dello zucchero e mezzo bicchiere di acqua. Fatelo radden-sare su fiamma moderata e quando avrà assunto una consistenza abbastanza densa, unite le mandorle ma-cinate e i due cucchiai di liquore al mirto. Amalgamate con un mestolo e fate sobbollire per altri 5 minuti, fino ad ottenere un impasto piuttosto asciutto. Fate raffreddare il composto nella stessa pentola o su un ripiano foderato con carta da forno.Quando sarà tiepido, ricavatene delle palline grandi come noci, rigirando un poco il composto fra le mani umide. Mano a mano che formate le palline, fatele ro-tolare in un vassoio cosparso con il rimanente zucche-ro. Se volete confezionarle secondo la tradizione, ritaglia-te dei quadrati di carta metalizzata e velina colorata; incartate i gueffus prima con la carta metallizzata e poi con la carta velina, disponendola a forma di cara-mella e sfrangiandola ai bordi con le forbici.

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Ingredienti:

140 g di cioccolata fondente110 g di burro90 g di zucchero2 cucchiaini di estratto di vaniglia1 pizzico di sale3 uova250 g di farina 0075 ml di crema di whisky220 g di cioccolata bianca o fondente

Preparazione:

Scaldate il forno a 160° e ricoprite una teglia quadrata con carta d’alluminio anche sui bordi.Sciogliete cioccolata e burro a fuoco lento, mescolando continuamente. A fusione avvenuta, lasciate raffreddare. Versate poi zucchero, vaniglia e sale nella cioccolata fusa, seguiti dalle uova, uno per volta e mescolate finché l’impa-sto non è omogeneo. Aggiungete la farina e amalgamate per bene il tutto. Versate l’impasto nella teglia preparata e infornate per 35 minuti o finché il dolce non appare cotto. Infine fate raffreddare.Per realizzare la glassa, portate ad ebollizione la crema di whisky. Toglietela dal fuoco e versateci i pezzi di cioccolata bianca. Mescolate affinché essa si sciolga e il composto risulti fluido.Lasciate raffreddare finché la glassa non è abbastanza densa per essere spalmata, mescolando di tanto in tanto. Versate la glassa sul browny e mettete in frigorifero. Prima di servirlo, lasciate il dolce a temperatura ambiente per mezz’ora.

Gueffus aromatizzati al liquore di mirto

Sarah P

inson

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La Provincia del Medio Campidano è impegnata a difendere e valorizzare le biodiversità del territorio al fine di tutelare l’identità locale e la salubrità del territorio. Il progetto “Vivere la Campagna”, coinvolge 750 agricoltori per una superficie coltivata di 2000 ettari. L’obbiettivo è quello di valorizzare il “prodotto del territorio”, investendo sulle diverse potenzialità di sviluppo. I piani di va-lorizzazione prevedono interventi finanziari diretti che ,seppur piccoli, possono mantenere in attivo le microimprese del territorio. I bandi hanno riguardato prodotti come gli asparagi, lo zafferano, il suino a razza sarda e il miele, capaci di potenziare la tradizionale

cultura agroalimentare sarda.

Provincia del MEDIO CAMPIDANO

ivere la campagna

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DAL “NON TI PAGO”

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Le indagini di Ampelio, Aldo, Rimediotti e Del Tacca, i quattro anziani protagonisti dei ro-manzi di Marco Malvaldi, si svolgono al Bar-Lume di Pineta, una località balneare nella costa di Livorno. Nomi nati dalla fantasia dello scrittore toscano? Non tutti. Il “BarLu-

me” infatti esiste davvero, si trova in provincia di Savona ed è solo uno dei tanti bar, ristoranti, pizzerie, paninote-che e locali che ha giocato con il proprio nome, un po’ per puro divertimento, un po’ per distinguersi e pubbliciz-zarsi. E d’altronde il potere di un nome è proprio quello di colpire, farsi ricordare, e saperlo usare può diventare un’operazione di marketing molto efficace.A sfruttare l’ambiguità tra nome e sillaba iniziale sono anche “Bar Akka”, “Bar Attolo”, “Bar Baresco”, “Bar a onda” e i più fiabeschi “Bar Banera” e “Bar Bablù”, men-tre “Bar Collo” e “Bar Collando” sembrano alludere agli effetti di quel bicchierino di troppo a cui qualche avven-tore spesso cede. Ci sono poi “Zanzi Bar” e “Esco Bar” e chi ha giocato con parole dal suono simile: “Bar Con-dicio” e “Bar Stardo”. Qualcuno ha consacrato il bar al successo sanremese di Alex Britti “7000 caffè”, qualcun altro al personaggio della saga di Matt Groening “Bar(t) Simpson”.Un sorriso per chi decide di fare colazione, ma anche per chi ha voglia di una pizza o di un panino: si va dall’inter-pretazione particolare del comandamento cristiano della pizzeria “Porgi l’altra panza”, alla rassicurazione per il

cliente: “Da Ciro se magna e nun se more”. Divertente, anche se meno rassicurante, il nome del ristorante “L’ul-tima cena”, e qualcuno non si preoccupa della dieta e in-neggia “Evviva la ciccia”. Sicuramente si entra con le idee chiare nella paninoteca romana “Che te ce metto?”, ma c’è anche chi ha parafrasato il famoso programma in “C’è pizza per te”. “Escopocodisera”, afferma una pizzeria e, al contrario, un ristorante “Nonescodirado”. E qualcuno ad-dirittura anticipa i pensieri del cliente nei ristoranti “Non ti pago” e “Pensavo peggio”.Le rivisitazioni dei modi di dire più diffusi sono tra i nomi più divertenti: si può andare a mangiare nei ristoranti “Anema e cozze” e “Nel buco del mulo”, o a servirsi nel pa-stificio “Punto e pasta” e nelle panetterie “Mondo Pane” e “Pan Pier Focaccia”. Si suppone sia specializzato nei piatti di carne il ristorante “Il testamento del porco”, mentre in prodotti di mare “La cozza infuriata”. Allusivi anche i nomi delle vinerie “Il brillo parlante” e “John Wine”, rivisitazione del leggendario attore dei western americani. E i sardi non sono da meno, da “Su Caddozzu” a “Il vecchio porco” o “Al Buon Samaritano”. Non poteva mancare il riferimento let-terario alla nostra Grazia Deledda con “Canne al Vento”.Ci si sbizzarrisce persino nei nomi delle macellerie: “Rossi e Grassi”, “Il paradiso della trippa” e “L’anima del pollo”. E c’è anche chi, forse per esorcizzare la paura della sin-drome diffusa qualche anno fa, ha chiamato la propria macelleria “Mucca Pazza”. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. L.P.

al “Bar Stardo”

IN GIRO PER L’ITALIA ALLA RICERCA DELLE DENOMINAZIONI PIÙ INCREDIBILI

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Gli alberi sono liriche che la terra scrive sul cielo. Noi li abbattiamo e li trasformiamo in carta per potervi registrare, invece, la nostra vuotaggine. - così affermava Kahlil Gibran in Sabbia e spuma

(1926).Purtroppo oggi sempre più foreste lasciano spazio ai palazzi, il cemento sostituisce le distese erbose e i sentieri vengono ricoperti dall’asfalto. Fortunatamente la nostra società non è totalmente insensibile al problema del disboscamento. In molti comuni sono diffuse numerose iniziative a tutela e a so-stegno della natura e dell’ambiente, anche attraverso campa-gne di sensibilizzazione dei cittadini. Cagliari è senza dubbio una delle città più verdi d’Italia, lo ha dimostrato anche il IV Rapporto APAT sulla qualità dell’ambiente urbano, la città si era classificata al primo posto fra quelle con la più alta per-centuale di verde pubblico, il 53% della superficie cittadina.Le oasi verdi all’interno delle città hanno grandissima im-portanza, infatti, aumentano la concentrazione di ossigeno rendendo l’aria più respirabile, contribuiscono a mitigare la calura durante il periodo estivo, offrendo riparo dal sole e zone di refrigerio. La vegetazione oltre ad abbellire l’ambien-te cittadino migliora la qualità della vita, è per questo motivo che molto spesso le persone vanno alla ricerca di spazi dove poter soddisfare il proprio desiderio di contatto con la natura. Un occasione per poter soddisfare questo piacere è quella del Pic-nic, il tradizionale pasto all’aperto che oltre ad avere funzione alimentare ha anche funzione sociale e ludica. La pratica del Pic-nic è legata alla gita fuori porta in ambito fami-liare o amichevole, a pensarci ci affiorano alla mente l’erba, i plaid, la tovaglia a quadretti, come nelle rappresentazioni fat-te dagli impressionisti, ma anche i piatti e i bicchieri di carta, ecologici e soprattutto pratici, da infilare nelle classiche ceste di vimini già troppo piene di cibo. I piatti privilegiati sono quelli freddi, precedentemente preparati: pane, salumi, uova, insalate di pasta o di riso, verdura, frutta e torte, accompa-gnati solitamente da bevande analcoliche o a bassa gradazione

alcolica. Tuttavia oggi l’idea di Pic-nic non è più legata esclusivamente alla gita fuori porta, rappresenta invece un modo per riavvicinarsi alla vita all’area aperta, per riappropriarsi dei luoghi verdi che le stesse città offro-no. Cagliari offre numerose zone ai cittadini e ai turi-sti che desiderano, sempre nel rispetto dell’ambiente, consumare il proprio pasto a contatto con la natura. Queste aree sono attrezzate con fontane, tavoli, pan-chine, servizi igienici e contenitori per i rifiuti, spesso predisposti per la raccolta differenziata. Per i meno avventurosi, in molte aree sono presenti punti di risto-ro, mentre prati e distese erbose restano a disposizione dei veri amanti della vita bucolica. Il nostro percorso alla scoperta di queste aree parte dal sud della città, a 98 metri sul livello del mare. Nella via Pietro Leo, troviamo l’ingresso del bellissi-mo Parco di Monte Urpinu. A vederlo così, immerso nel verde, popolato da anatre, oche, germani reali, e da pavoni che aprono vanitosamente la loro ruota, quasi a voler fare mostra dei loro incantevoli colori, riesce difficile credere che in piena guerra fredda il parco abbia ospitato una base militare contenente serbatoi per il rifornimento di mezzi navali, dismessa soprattutto grazie al forte impegno dei cagliarita-ni. Lungo i viali alberati cosparsi di aghi di pino e di baccelli di carrubo è possibile praticare jogging, portare a spasso il proprio cane oppure sostare nelle panchine, immersi nel giallo delle ginestre in fiore, tra i salici piangenti e gli ulivi. E’ soprattutto gra-zie alla presenza di questo parco che il quartiere di Monte Urpinu è considerato il quartiere verde della città.Lasciataci alle spalle la via Pietro Leo e dirigendoci ver-so i Giardini Pubblici, attraversiamo il quartiere di San Benedetto. La Via Dante con ben tre file di alberi (due laterali e una centrale ), ha quasi l’aspetto di un viale.

Cagliaripassione pic nic

IN GIRO PER LA CITTÀ VERDE, PER COLLI E PARCHI IL GUSTO DELLA GITA IN PIENA LIBERTÀ

di Stefania Onano Servizio fotografico di Maurizio Artizzu

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Le vie San Benedetto e Pergolesi sono costeggiate da alberi di arancio amaro. Sempre nel quartiere di San Benedetto troviamo le piazze Michelangelo e Giovanni XXIII che contribuiscono a colorare di verde la città con aiuole e gi-ganteschi alberi, e il Parco della Musica, inaugurato di recente durante la manife-stazione “ Monumenti Aperti”. Il nuovo parco, adiacente al Teatro Lirico, con le sue piazze, i sentieri, gli alberi, i giardini, un piccolo fiume artificiale, una fontana musicale, ma anche nuovi teatri e labo-ratori, prende il posto di un grande par-cheggio sterrato e vuole essere oltre che un originale polmone verde, anche un polmone culturale per il capoluogo.I Giardini Pubblici si trovano nel quar-tiere di Villanova, nel largo Dessì e si possono raggiungere percorrendo la via Regina Elena, comunemente chia-mata Terrapieno, una bella passeggia-ta ornata di alberi e sedili dalla quale poter godere della vista del mare, così come la descriveva il Canonico Giovanni Spano nel 1861 nella Guida della città di Cagliari. Giunti all’ingresso dei giar-dini ci troviamo di fronte ad un incante-vole viale alberato abbellito da aiuole, fontane e sculture. Sono presenti diver-si esemplari di palme e piante esotiche, ma il più attraente è senz’altro il gigan-tesco ficus secolare.Nel cuore del centro storico, nel quar-tiere di Stampace, passando lungo il viale Merello costeggiato da grossi

alberi dalle foltissime chiome, i ficus, gli alberi più diffusi nelle piazze e nei viali cagliaritani (li troviamo in Piazza Yenne, in Piazza Garibaldi, in Piazza del Carmine, in viale Trieste, un bel-lissimo esemplare è presente anche nella via Roma, all’incrocio con il via-le Regina Margherita), giungiamo nel Viale S. Ignazio da Laconi. Qui, difeso da imponenti mura troviamo l’ Orto Botanico, progettato dall’architetto Gaetano Cima nel 1853, e fondato dal Prof. Patrizio Gennari nel 1866. Il giardi-no ospita le piante tipiche dell’area me-diterranea ma anche numerose piante tropicali, come le ninfee, meravigliosi fiori acquatici, e piante succulente. E’ possibile ammirare anche numerosi e interessanti esemplari di piante medi-cinali, sapientemente raggruppate se-condo i loro effetti terapeutici. Nella parte Nord della città, si trova in-vece il parco del castello di S. Michele, situato sull’omonimo colle dalla quale cima è possibile godere di un panora-ma davvero suggestivo. Il percorso che porta al Castello è circondato da gine-pri, carrubi, phylliree, arbusti come il mirto il corbezzolo e il rosmarino, tipici del nostro clima mediterraneo. Il parco ospita annualmente la “festa degli albe-ri”, organizzata dal Comune di Cagliari e che coinvolge le scuole elementari e quelle medie. Immersi nel verde è pos-sibile praticare lunghe camminate, op-pure godersi semplicemente un po’ di relax. Spostandoci verso la via Cadello, racchiuso entro le mura di cinta dell’ex ospedale pschiatrico “Villa Clara”, tro-viamo il Parco di Monte Claro, il suo nome deriva probabilmente dal latino “mons clarus”, a causa del calcare bian-co che caratterizza il colle sul quale il

parco è situato. Accedendo dalla can-cellata in ghisa dell’ingresso principale, ci troviamo di fronte ad un largo viale costeggiato da lecci, proseguendo lun-go i sentieri, abbelliti dalle famose pie-tre sonore dell’artista Pinuccio Sciola e dai laghetti artificiali popolati da oche e anatre, giungiamo ad un’ enorme fontana che riproduce il logo simbolo del parco. Anche qui la vegetazione è quella tipica dell’area mediterranea: carrubi, pini, lentischi, ulivi, gelsi, sa-lici, oleandri, ma soprattutto essenze come il rosmarino, il timo l’alloro e il mirto che profumano l’aria facendoci quasi dimenticare di essere ancora nel cuore della città. Il nostro percorso ter-mina in periferia, dove troviamo altri due parchi. In via Cesare Pintus a Pirri, possiamo visitare il Parco Terramaini, caratterizzato dalla presenza di ulivi, corbezzoli, aranci amari, limoni, melo-grani, tra i quali praticare jogging, cam-minare, rilassarsi e permettere ai più piccoli di giocare.Anche il Parco della Ex Vetreria si tro-va al centro di Pirri, ed è raggiungibi-le dalla via Italia. Il parco è formato da viali che collegano le sue diverse aree: il cinema - teatro all’aperto, lo spazio chiuso per i giochi dei bambini, un’area dedicata ai cani, un porticato e una bellissima fontana. La vegetazione è ancora una volta quella tipica dell’area mediterranea.Come abbiamo visto, Cagliari rega-la ai suoi cittadini numerose possibi-lità di godere di spazi che appaiono quasi incontaminati. Sempre durante Monumenti Aperti è stata aperta al pubblico la Villa Devoto, sede di rap-presentanza della Regione. Il suo par-co chiamato “Parco dell’Autonomia” è ricco di alberi monumentali e di specie di rarità assolutà e insieme alla Villa, rimarrà aperto al pubblico tutte le do-meniche, per consentire ai cittadini di usufruire di un’ ulteriore oasi, lontano dal traffico e dal frastuono, dove può sembrare che il tempo si fermi e dove gli unici rumori sono quelli della natu-ra: una cinciallegra che cinguetta o un frutto che cadendo al suolo fa scric-chiolare le foglie.

passione pic nic

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