Rrose magazine 2

4
magazine 02 marzo 2010 Rrose Sélavy SIRIO BELLUCCI

description

Rrose magazine Sirio Bellucci

Transcript of Rrose magazine 2

Page 1: Rrose magazine 2

magazine02marzo2010

Rrose Sélavy

SIRIOBELLUCCI

Page 2: Rrose magazine 2

SIRIOBELLUCCI

magazine02marzo2010

RS

Se un uccello dipingesse non lo farebbe forse lasciando cadere le sue piume; , un serpente le sue squame; , e il bosco non soffierebbe sulla tavolozza il respiro misterioso e turrito della sua luce e delle sue ombre? Se il cielo impugnasse un pennello, non lo intingerebbe nella pasta stessa di cui è fatta l’aria? Se un albero potesse far gocciolare qualcosa sulla tela, non vi lasce-rebbe piovere i grumi muschiosi della sua cortec-cia, le ali dei suoi parassiti e lo smalto squillante delle sue foglie?E poi si sa, da bambini tutti abbiamo cominciato col disegnare un albero. Piero Feliciotti

“Che cosa è apparenza? Che cosa è realtà?” ripete col sorriso sulle labbra Sirio Bellucci, come all’inizio della sua avventura di artista. L’Avanguardia degli anni ’60 e ’70 è stata un viaggio alla ricerca della verità dell’arte: la verità, infatti, e non certo la novità a tutti i costi, è il problema della modernità. Cos’è arte? Che cosa non lo è? Oltre la provocazione, al di là della ribellione verso le convenzioni, in queste domande c’è la grande lezione etica della pittura Concettuale: l’artista non è il mago che tocca gli oggetti e li trasforma in arte; non è il depositario di una tecnica élitaria; , ma è chiunque, per genio e sensibilità, abbia la capacità di convocarci davanti all’opera richiamandoci, uno per uno, alla responsabilità di un giudizio sulla verità delle cose. Così Sirio Bellucci ci fa entrare nel quadro, come spettatori, e ci invita a rifare, con la nostra sensibilità e cultura, con le nostre passioni, lo stesso percorso dell’artista che, al limite dello stupore, vede qualcosa di inaudibile.A partire dagli anni ’80, presenze favolose popolano i suoi quadri che si riempiono di storie, “ricordi”, dei sogni e degli incubi della sua vita, di esseri mitici che abitano la montagna e la natura aspra e purissima - quasi un ritorno al genius loci delle terre d’Appennino dove egli vive. La semplicità terribile del pittore è qualcosa da ricondurre, prima che all’oggetto rappresentato, all’atto stesso di dipingere; e il più possibile vicino alla pioggia del pennello. Nessuna arte è figurativa, perché, dice Klee, non si tratta di rendere il visibile, ma di rendere visibile. Questione su come la visione sorga, prima di ogni riflessione dell’occhio o di immagine della memoria; come possa accadere che, dalla carne del mondo o della Natura sgorghi la sensazione pura, nello sguardo e soprattutto nelle mani del pittore. Sapienza pratica del fare e disfare: i segni e le presenze che animano le nostre terre feroci e incantate sono prima di tutto disegni ripetuti, estenuati. Perché il pittore vede con la mano. E i disegni hanno un potere: fissano queste forze e le placano - come nel rituale che, nella nostra campagna, si chiama ancora “scansare l’occhio”. Se concetto c’è nell’arte, esso coincide con lo strumento ed è sempre a posteriori, cioè dalla parte di chi guarda. Mentre all’origine c’è solo il pittore che si approssima all’oggetto tanto da coincidere con esso. Definirla un’operazione di morte e rinascita è solo una metafora. Nella pratica tutto è più semplice.

Page 3: Rrose magazine 2

magazine02marzo2010

RS

La natura interpretata da Bellucci è un paesaggio intricato, a volte anche labirintico, un “bosco intenso” (titolo del quadro). Quando le nature si fanno “interpretazione”, “simbologie” ricevono poca luce, perché vanno in profondità, le abbiamo dentro, sono, recuperando il titolo di una mostra di Bellucci di qualche anno fa, “Notturna in anima”.

Page 4: Rrose magazine 2

magazine02marzo2010

RSAutoritrattoin codaAcrilico su tela199190x110