Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    Periodico della Famiglia Cottolenghina

    Fondato nel 1948

    Sped. in abb. postalecomma 20, lett. C

    Art. 2 - Legge 662/96Taxe perue - Tariffa riscossaTo C. P. M.

    Anno 68 n. 3 giugno-luglio 2016

    Dio parla nel silenziodel cuore

    Ascoltare liniziodella preghiera

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    Periodico della Famiglia CottolenghinaPeriodico quadrimestraleSped. in abb. postaleComma 20 lett. C art. 2 Legge 662/96Reg. Trib. Torino n. 2202 del 19/11/71Indirizzo: Via Cottolengo 14

    10152 Torino - Tel. 011 52. 25. 111C. C. post. N. 19331107

    Direzione IncontriCottolengo Torinoredazione. incontri@cottolengo. org

    l Direttore responsabile:Don Roberto Provera

    l Redazione:Caporedattore: Salvatore AcquasRedattori: Mario Carissoni Gemma La Terra

    l Collaboratori:Don Emanuele Lampugnani - Fr. Beppe Gaido -Paola Bettella - Patrizia Pellegrino - Nadia Monari

    l Progetto grafco:Salvatore Acquas

    l Impaginazione:Giovanni Grossi

    l Stampa:Tipografa GravineseVia Lombardore 276/F - Lein - Tel. 011 99. 80. 654

    La Redazione ringrazia gli autori di articoli e foto, particolarmente quelli che non riuscita a contattare.

    Incontri consultabile su:www. cottolengo. orgentrate a cuore apertohttp://chaariahospital. blogspot. com/

    Questa rivista ad uso interno della PiccolaCasa della Divina Provvidenza (Cottolengo)

    Fondata nel 1948Anno 68n. 3 Giugno-Luglio 2016

    Periodico della Famiglia Cottolenghina

    Fondatonel1948

    Sped.in abb.postalecomma20,lett. C Art.2 -Legge 662/96Taxeperue- TariffariscossaToC.P.M.

    Anno68n.3giugno-luglio2016

    Dio parla nel silenziodel cuore

    Ascoltare liniziodella preghiera

    SOMMARIO

    Il puntoDon Roberto Provera 3

    I poveri e la globalizzazioneDon Carlo Carlevaris 10-11

    Non c cura senza cuoreAlessandra R. 8-9

    Terremoto in Ecuador, Cottolengo in prima lineaStefano Di Lullo 6-7

    La persona al centro delle cureA cura di Gemma La Terra e Salvatore Acquas 16-18

    Lorario di cena ci seppellir...?Don Andrea Bonsignori 20-21

    Unesperienza indimenticabileSilvia 24-25

    Nuovo ambulatorio per le persone in difficoltLa Redazione 28

    Katja e il senso della vitaLa Redazione 30

    Oggi primavera...La Redazione 32

    La misericordia, un ideale di vitaDon Emanuele Lampugnani 4-5

    Le opere di misericordiaFr. Beppe Gaido 12-13Il valore pi presiosoMario Carissoni 14-15

    Ricorrenze importantiGli Amici del Cottolengo 19

    TeresinaA cura di Gemma La Terra e Salvatore Acquas 22-23

    La nostra parteLa Redazione 27-27

    Un momento da condividere, Testimone per tutta la vitaGinetta 29

    Don Franco Bertini, nella casa del PadreP. Lino Piano 31

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    IL PUNTO

    Misericordia . una parola che risuona spesso in que-sti tempi. Vi propongo un viaggio al centro della mi-sericordia, alla scoperta delcore, che essa nasconde.Ricordiamo il latinocor-cordis , cuore. Gi abbiamo raggiuntouna notevole profondit: il cuore. Il cuore delluomo, il suo nu-cleo. E poi rimane miseri . naturale pensare alla miseria, alla

    miseria umana, alluomo misero. Ma c una relazione fra cuo-re e misero? S, se il cuore si volge, si protende, si china sulmisero, e lo abbraccerebbe, se potesse. Ecco il segreto dellamisericordia. un volto dellamore, che non si rinchiude in sestesso, ma esce e vede e incontra un povero e vorrebbe a er-rarlo e trascinarlo su, su, verso lalto, verso la luce della dignitpropria di ogni essere umano, immagine di Dio. Ma. Quanti maparalizzano questo amore, che cos rimane solo un sentimento,unemozione, nobile, certo, ma nulla pi.Eppure...Comunione . Altra parola... magica. Comunione proviene da co-mune. E comune? Qual ilcore di questo termine cos... comune?Ci soccorre ancora una volta il latino.Co-munus . Munus richiamail compito, il dovere, la missione.Co evidente rimanda a con,insieme, tutti. Qual allora questa responsabilit, che interpellatutti, che coinvolge tutti, che chiama in causa tutti, consapevoli ono, volenti o nolenti? Non forse quella solidariet , che sgorgadalla natura umana, cui tutti partecipiamo? Come allora possia-mo chiudere gli occhi e il cuore di fronte a un essere umano,che so re? Come possiamo ngere di ignorare quel fratello inumanit, che mi passa accanto e che magari ha la pelle nera?Posso considerarmi umano e cristiano, se non tendo o allargo lamano verso quel povero, che mi guarda implorante? Posso ipo-critamente tacitare il cuore e trattenere la mia mano, al pensieroche forse chi mi sta innanzi un falso povero, uno sfruttatore, un

    delinquente, chiss quante ne ha combi-nate! Perch non va a lavorare? E siamomolto bravi a zittire quella vocina che saleda quel residuo di coscienza, che ancorasopravvive nella nostra anima.Lo so, lo so, cari amici. Tu, io, lui non pos-

    siamo salvare il mondo, anche se lo desi-deriamo sinceramente. Ma il tuo piccologesto, il mio piccolo gesto, il suo piccologesto possono salvare un piccolo mon-do, il mondo diquel povero.

    l d. roberto

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    SPIRITUALIT La misericordiaun ideale di vita

    Nella Bolla di indizione dellannogiubilare (Misericordiae Vultus)Papa Francesco ha fatto un invito:

    Tenere sso lo sguardo sulla misericor -dia per diventare noi stessi segno e cacedellagire del Padre... perch la Chiesa ren -da pi forte ed e cace la testimonianza deicredenti (Bolla 1, 3). Sulla scia dellinvitodel Papa, si vogliono o rire, in questo ar-ticolo, alcune ri essioni sul tema della mi-sericordia nella Bibbia, tenendo sempresullo sfondo la Bolla Papale di indizionedellanno giubilare.Il lessico biblico sulla misericordia Divinausa diverse espressioni; la misericordia diDio viene rivelata come un Suo sentimen-to intimo, profondo e amoroso (cfr. Sal103, 3) ma anche come tenerezza, com-passione e perdono (cfr. Sal 106, 4). Ladecisione di Dio di agire con misericordia confermata anche quando la rispostadellamato il tradimento (cfr. Is 63, 7).

    Essa inoltre non solo sentimento inte-riore, ma si traduce anche in gesti con-creti di compassione; scrive ancora PapaFrancesco nella Bolla: La misericordia diDio non unidea astratta, ma una realtconcreta con cui Egli rivela il suo amorecome quello di un padre e di una madre chesi commuovono dal profondo delle viscere

    per il proprio glio (Bolla, 6).

    Per questo la rivelazione de nitiva del nome di Dio a Mosnel libro dellEsodo culmina con la ermazione: il Signore,il Signore, Dio misericordioso e compassionevole, lento allira e

    grande nellamore e nella fedelt (Es 34, 5-6).La piena rivelazione della misericordia Divina avviene poi attrverso Ges: Ges di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti

    e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio (Bolla, 1).

    Egli lha narrata vivendola nel suo corpo, compiendola nellsue azioni, piegandosi amorevolmente su ogni forma di miseriaumana, verso tutti coloro che sicamente o moralmente ave-vano bisogno di piet, compassione, presenza, aiuto, sostegno,comprensione, perdono. La misericordia di Ges stata globa-le e radicale, o erta prima ancora che richiesta, poich pro-prio dellamore misericordioso fare il primo passo.Ricorda ancora Papa Francesco: I segni che Ges compie, so -

    prattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse,malate e so erenti, sono allinsegna della misericordia. Tutto in lui

    parla di misericordia e nulla privo di compassione... ci che muo -veva Ges in tutte le circostanze non era altro che la misericordia,con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlocutori e rispondeva alloro bisogno pi vero (Bolla, 8). Misericordia quindi piena versogliesclusi , i peccatori , glistranieri e iso erenti .

    Ges ha posto la misericordiacome un ideale di vita e come criterio

    di credibilit per la nostra fede

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    NOTIZIECOTTOLENGHINE

    Cottolengo inprima linea

    Ecuador, le comunit dei religiosi delCottolengo sono in prima linea nellac-cogliere e prestare soccorso dopo il

    violento terremoto che nella notte tra il 16e 17 aprile ha lasciato devastazione ovun-que, il sisma pi violento mai registrato nelPaese, 525 le vittime accertate (ma il nu-mero destinato a salire), migliaia i feriti ei dispersi. Parlano le suore cottolenghine.Suor Mary stava prestando il suo servi-zio con gli ospiti della Piccola Casa delCottolengo di Torino quando arriva quellatelefonata che non si vorrebbe mai riceve-re: Manta distrutta, tutto lEcuador inginocchio.

    Suor Mary Soshiyath vive, infatti, nel-la Casa del Cottolengo di Manta inEcuador dove operano tre sorelle cot-tolenghine, uno dei luoghi pi colpitidal violento terremoto che nella nottefra sabato 16 e domenica 17 aprile hasfiorato magnitudo 8 lasciando deva-

    stazione, morti e migliaia di dispersi. Suor Mary si era recataper alcuni giorni alla Piccola Casa di Torino, e non riesceancora a credere allaccaduto, a questa ulteriore dura pro-va che colpisce un luogo cos segnato dalla povert e dallamiseria che lentamente sta iniziando a camminare con leproprie gambe.

    Quando la incontriamo indaffarata a riempire le valigie dimedicinali, ci dice che rammaricata per non essere stata lin quei momenti. Mercoled 20 aprile suor Mary rientrata aManta per farsi accanto alla sua gente, secondo la missioneche quotidianamente la famiglia cottolenghina porta avantinelle case sparse in tutto il mondo, con al centro una portaaperta e una mano pronta ad accogliere e accompagnare.Le suore, i fratelli e i sacerdoti del Cottolengo hanno tre casein Ecuador, a Manta, ad Esmeraldas e a Quito.La nostre strutture a erma suor Mary sono rimaste inpiedi, attualmente stiamo ospitando diverse famiglie chehanno perso la casa. Laiuto di Dio e dei fratelli dia lorforza e sostegno. stato il messaggio che Papa Francescoha rivolto alle popolazioni colpite al Regina Coeli di domenca scorsa. La casa di Manta un punto di riferimento per ibarrios (quartieri) delle periferie della citt devastati, in par-ticolare il barrio Santa Marta, si tratta di case costruite conlegno, lamiere, bamb. La stagione delle piogge prosegue aggrava la situazione, umi di fango spazzano, infatti, via lpoche abitazioni rimaste in piedi. Glisciacalli hanno poi com-pletato lopera facendo man bassa nelle case abbandonate efra le macerie. Le case dei religiosi non hanno subto dannistrutturali ma manca luce, acqua, cibo, il che rende di colto-se le operazioni di soccorso e lospitalit verso chi ha persotutto, in particolare si rischia lemergenza sanitaria.

    Laiuto di Dio e dei fratelli dia loro forza e

    sostegno

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    Operiamo in unenorme citt prosegue suor Olga Caddeo,che ora a Torino e prest servizio per molti anni a Manta inuna periferia popolosa che vive di pesca, una zona poverissi-ma. A Manta le sorelle gestiscono un centro di accoglienza ecura con 70 posti-letto per i malati terminali che vengono di-messi dagli ospedali e lasciati per strada, o in un angolo delleproprie case dove non possono ricevere lassistenza adegua-ta. Noi li accogliamo e li accompagnamo a erma suor Olga.I fratelli del Cottolengo conducono invece una casa per anziani.A Esmeraldas, citt sulloceano Paci co, la casa del Cottolengosorge in un quartiere poverissimo formato da afroamericani,La nostra comunit spiega suor Olga punta sul sostegnosanitario e su progetti di integrazione e istruzione per costruireun futuro. Sono infatti attivi un dispensario medico, una scuolamaterna, elementare e uncollege.LU cio missionario della diocesi di Torino in contatto costan-te con la missione di Manta, in cui numerosi giovani torinesi dal2009 hanno prestato servizio attraverso esperienze missiona-rie. Da Torino dunque ci si appresta ad organizzare il prossimoviaggio missionario con lo scopo di sostenere la ricostruzionepost-terremoto.

    l Stefano Di Lullo

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    TESTIMONIANZA Non c curasenza cuore

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    Eccoci qua via Cottolengo 13,Corsi di Laurea in Infermieristicae Magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche . Primo gior-no. Sulle spalle uno zainetto pieno dellorgoglio di aver supe-

    rato il test dingresso, ma anche dei dubbi di chi sa dincominciareun cammino arduo, lungo, per nulla semplice. Il tutto misto allaconsapevolezza di avere avuto anche tanta fortuna e, mai comeora, la certezza che le preghiere e i desideri siano stati in qualchemodo ascoltati. Mi sovrasta una grande responsabilit verso chimi aveva voluto l e chi non sarebbe potuto esserci. Salendo lescale, uno strano rumore e limmagine, altrettanto strana, di unasuora bianco vestita, chitarra in mano, che intona Danza la vita.Che strana Universit mai questa? Soprattutto mi chiedevo,nel constatare quanto mi facesse bene, da quanto tempo la miagiornata non cominciasse con un canto. Era stato spontaneosorridere ai miei futuri amici colleghi!Dincanto, lansia e lo smarrimento avevano ceduto il posto allapiacevole sensazione del sentirmi accolta, di fare parte di untutto che non sarebbe potuto cominciare senza di me. L eroimportante, unica: udire il mio nome, allappello, e rispondere ilmio presente! signi cava che, nel mio esserci, venivo davveroconsiderata un dono.Ero pronta: mi attendevano ore e ore di studio del corpo uma-

    no, lezioni sulla complessit assistenziale; cuore, polmoni, san-gue, guanti, aghi, siringhe sarebbero stati il mio pane quotidiano...

    Invece, nelle giornate universitarie chehanno riempito i primi mesi, il cuore nonlho visto se non in una sbiadita immaginedi un atlante anatomico. Qui, il cuore primati insegnano a sentirlo: mettiti una manosul cuore, ascoltane i battiti, il ritmo. Dl occorre far partire tutto, devi danzare lavita. Ricordo ancora una frase bellissima: Irapporto con la persona assistita dovr es-sere simile ad un ballo, dove il tuo cuore edil suo cuore saranno la musica di sottofon-do. Pensavo che la materia pi importantesarebbe stata lanatomia e invece quellafondamentale, non riportata nei piani di

    studi e nei testi, quella che chiamerei:Ascolta te stesso e gli altri.

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    Gli strumenti a mia disposizione: lintelligenza, i libri, la fatica, cer-tamente; ma il di pi sarebbero stati umilt, altruismo, gratuite soprattutto abbassamento allaltezza del bisognoso di aiuto,chiunque fosse. Lavvicinarmi allaltro e, come fa un buon marina-io, il gettargli una fune salvandolo dal mare in tempesta della vita,avrebbero ispirato e guidato tutto il mio percorso universitario.In questa Universit si insegna prima di tutto una sorta dicodice

    dellanima: gli studenti vengono orientati ad essere cercatori in-stancabili di verit, pensatori che sviluppano un pensiero critico, incostante tensione verso la ricerca del bene e della salute.Durante il periodo di tirocinio, impreparata, di fronte a un abissodi dolore, malattia, timidezza, pudore, alla rabbia di chi costrettoa stare in un letto, alla paura del solo e del povero, mi sono chiestase fossi nel posto giusto, la persona giusta e avessi gli strumentigiusti. In e etti quanto mi aveva dato lUniversit erano le mie manie il mio cuore e mi era stato promesso che sarebbero bastati.Cos stato: ho teso le braccia e ho ricevuto in cambio solo sor-risi, abbracci e tanta gratitudine. Siete gocce di compagnia in unoceano di solitudine ha detto qualcuno; l ho compreso che si eracominciato a ballare insieme e a capire il senso del danza la vitadel primo giorno.Durante gli esami del primo anno, noi studenti abbiamo dovutofare i conti con le di colt e la paura di fallire, deludendo chiaveva riposto ducia in noi: genitori, danzati, amici e noi stessi.Sapevamo quasi per certo che lessere valutati non ci avrebbefatto piacere, poich ci avrebbe comportato il confronto con lenostre debolezze e vanit; perci abbiamo dovuto trovare nuo-vi meccanismi di organizzazione e di adattamento. Qualcunoavrebbe voluto mollare, altri lha fatto, qualcun altro ha anche

    pianto; ma i pi hanno saputo superarelo smarrimento e lo scoraggiamento pro-prio mettendosi la mano sul cuore e a -dandosi a un Compagno di corso. Ebbenes, ci stanno anche insegnando che da solinon si arriva da alcuna parte e chiedereaiuto e condividere bisogni e attese sonoun modo per rendere il cammino menofaticoso e accidentato: insieme si arrivapi facilmente alla mta nale.Ci sentiamo un po tutti piccoli principi ,alla ricerca di quellinvisibile agli occhi,mai cessato di cercare e abbiamo ini-ziato a comprendere perch si pu solovedere col cuore. Noi studenti cottolen-ghini del primo anno desideriamo chelo studio diventi un modo alternativo diamare le persone e noi stessi. Nessunopu dire se diventeremo bravi infermie-ri, se questa la strada giusta, se il co-raggio e la forza di continuare a seguirequella Luce, che scorgiamo lontana da-vanti a noi, ci accompagneranno sempre.Sappiamo per certo, per, che qualcunoascoltandoci ci avr insegnato ad ascol-tare, amandoci ad amare, accogliendociad accogliere, sorridendo a sorridere, ri-spettandoci a rispettare e curandoci adaver cura: lUniversit sar larco e noi lefrecce, e porteremo dentro le nostre si-

    ringhe lamore per lessere umano, cheavremo imparato a sentire e sperimenta-re fra questi piccoli banchi grigi, sui qualiappoggiamo eri ogni mattina, lo stessozainetto del primo giorno.

    l Alessandra R.Studentessa 1 anno di Corso

    di Laurea in Infermieristica

    Prendersi cura delle persone,con le giuste competenze.

    In ogni momento della loro vita.Questa la professione

    dellinfermiere

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    TESTIMONICOTTOLENGHINI

    I poveri e laglobalizzazioneIgiganteschi processi scienti ci e tecno-logici di questi ultimi decenni apronoagli abitanti del nostro pianeta delle

    prospettive di sviluppo e di gestione delloro destino come mai prima dora.Sempre pi, oggi, gli uomini pensano diessere in grado di prevenire e curarela malattia, di assicurare a ogni essereumano pane e lavoro, di comunicare coni luoghi pi sperduti del mondo, di elimi-nare le fatiche e i pericoli del lavoro, dipermettere alle donne di prendere unconveniente ruolo nella societ, di assi-curare a tutti i giovani le occasioni favore-voli per la loro educazione e formazione.

    Una tale mondializzazione, basata sulla solidariet e la coopera-zione, sar una vera occasione per lo sviluppo dei popoli, per lademocrazia e per la pace. Essa risponde al messaggio di GesCristo che ci dice di guardare allaltro non come un avversarioun concorrente da battere, ma come un fratello da amare.Tutti gli uomini, ma, per tale motivo, tutti i cristiani, sono chimati ad impegnarsi insieme con i vicini di quartiere, di lavorodi organizzazioni sociali, a costruire un avvenire di progresso.Ma questo obbiettivo enorme, di cile, impegnativo. Come nonsentire il grido degli immigrati senza diritti, senza lavoro, senza casaCome non rendersi conto del potere del denaro, incoraggiatoanche da una parte della societ, che porta al disimpegno sullo

    stato sociale e alla caduta di ogni regola-mentazione? Come non ignorare la pres-

    sione delle multinazionali sulle piccoleimprese costrette a vendersi ai pi forti?Come non vedere il dominio dellecono-mia dei Paesi pi ricchi sugli stati pove-ri del Sud? Come non constatare che lapolitica deldio-denaro della speculazioneconcentra sempre di pi il potere nel-le mani di pochi, per il massimo pro ttorealizzato a spese dei pi deboli? Le 200principali imprese del mondo realizzanoun quarto dellattivit economica, mentreimpiegano meno dell1% della manodo-pera mondiale. 250 milioni di bambini la-vorano per sopravvivere, loro e la propria

    C o m e n o n

    s e n t i r e i l

    g r i d o d e g l

    i

    i m m i g r a t

    i s e n z a

    d i r i t t i, s e n

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    s e n z a c a s

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    famiglia. Meno del 10% della popolazionemondiale possiede l80% della ricchezza. urgente gridare che lo sfruttamento dicui vittima la gran parte della popolazio-ne del mondo un cammino di disumaniz-zazione. Campagne ideologiche voglionofarci credere che gli speculatori sarebberodei benefattori perch o rono lavoro adalcuni, ma in verit essi producono con it-ti e concorrenza tra i poveri ed esportanoarmi con cui si uccidono tra loro.Le di colt della vita, la disoccupazione,la paura del domani, lesclusione dallim-piego, tutte conseguenze di questo siste-ma, sono anche fonti di intolleranza e di

    razzismo. C chi semina odio e contrapposizione tra poveri,mentre sfrutta il lavoro nero come fosse unelemosina ad unextracomunitario. Il razzismo e il Vangelo sono incompatibili.Molti intorno a noi incominciano a rendersi conto, a ri utare e arivoltarsi contro un sistema internazionale che schiaccia i dirittifondamentali degli uomini e dei popoli per privilegiare unica-mente le cacia economica e la rendita nanziaria.La storia ci insegna che quando gli uomini e le donne prendonocoscienza del loro destino, nessun idolo indistruttibile, nes-sun modello irreversibile. E siamo coscienti che questo cam-mino oggi pi di cile di ieri, perch niente e nessuno sfuggeai tentacoli e alle sollecitazioni di questo modello di vita che civiene proposto dalla societ dei consumi.La nostra partecipazione attiva alla vita della gente e la nostrafede in Ges Cristo ci sollecitano ogni giorno a prendere co-scienza e a combattere questo stile di vita. in questa lotta chenoi troviamo il modo di far emergere e condividere la speranzache ci anima. Insieme a tutti coloro che ritengono che luomovale pi del denaro, siamo persuasi che possiamo aprire un av-venire diverso per tutti. l che noi dobbiamo essere, perch l che si costruisce luomo. l che Dio si propone a coloro che lo cercano come il Dio dei viventi.

    l Don Carlo Carlevaris

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    TESTIMONIANZA Le opere diMisericordia

    Per me, man mano che il tempo passato e la vita miha ferito e formato con il suo rullo compresso-re, sono diventate sempre pi il fulcro della mia

    spiritualit.Oggi sono convinto che il centro di gravit, a cui ilSignore mi attira fortemente giorno dopo giorno, sialinteriorizzazione del fatto che nel povero che servo cGes. S, penso che questa sia la sempli cazione esisten-ziale a cui Dio mi sta conducendo, con laiuto del tempoche passa inesorabile. Piano piano mi rendo conto che tan-ti orpelli, anche spirituali, sono crollati; prendo coscienza dimolte cose che in passato mi erano sembrate centrali e a cuiora non credo pi o do sempre meno importanza.Per questa idea-forza non viene meno e cresce giorno pergiorno: io ho la possibilit di incontrare il Signore tutti i giorniin quanti hanno bisogno del mio aiuto. Ecco la centralit delleopere di misericordia. una sorta di contemplazione nellattivi-t in cui ho la possibilit di avere Ges tra le mani tutti i giorni edi servirLo sempre meglio nelle sue necessit siche e spirituali.In tale sforzo mi aiuta moltissimo la spiritualit del Cottolengo,quando mi incita a non farmi chiamare due volte, ma a volare alletto del malato come sulle ali della carit . Mi ricorda che i malati

    sono come la pupilla dellocchio nella nostra vita quotidiana,la veri ca del nostro cristianesimo, in cuiabbiamo la diuturna possibilit di veri-care se in cappella abbiamo veramentepregato o se abbiamo solo blaterato pa-role non diventate vita.Oggi un volto, in particolare, che mi hariportato profondamente alle opere dimisericordia, che possono essere il miocammino semplice e quotidiano verso lasantit. Ho meditato pi volte sulla nostrachiamata a dar da mangiare agli a ama-ti, soprattutto quando ero con Gideon, 45anni, al quale da tempo stato diagnosti-cato un carcinoma alla lingua. Ha vendutotutto e subto parecchi cicli di radiotera-pia. Purtroppo per, non migliorato edinoltre le radiazioni gli hanno bloccato lar-ticolazione temporo-madibolare. Gli han-no anche provocato un grosso buco allaguancia destra, da cui si vedono dei molaritraballanti.Gideon sta morendo di fame e di sete di cilissimo nutrirlo poich non pu apri-

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    re la bocca. Non sono le metastasi ad ucci-derlo, ma la denutrizione. molto buonoe sa che stiamo facendo tutto il possibile.Abbiamo inserito un sondino nasogastri-co per nutrirlo con delle pappette semili-quide a base di latte e miglio e dei passatidi verdure e frutta: un lavoro di grandepazienza.Un giorno stava quasi per so ocare.Guardando attraverso il buco nella guan-cia, ci accorgiamo che manca un dente:con orrore ci rendiamo conto che unmolare ormai allimbocco della faringe,pronto ad in larsi in trachea. La possibi-lit ci terrorizza, anche perch non po-tremmo neppure tentare di intubarlo,visto che non puo aprire la bocca. Alla

    ne dobbiamo prendere una decisionenon facile. Jesse si mette una luce frontale e con co-raggio inserisce delle lunghe pinze che

    arrivano n sopra lepiglottide del paziente. Lui molto bravoe cerca di non tossire. Il nostro anestesista alla ne riesce ada errare il dente e lo estrae attraverso la guancia. Gideon ri-prende a respirare pi regolarmente e il colore cianotico mi-gliora. Per non correre altri rischi decidiamo di estrarre i molari,almeno dalla parte in cui sono accessibili attraverso la breccia.Gideon ancora vivo non sappiamo per quanto! Sta in isola-mento a causa dellodore che emana la sua bocca. Ha gli occhichiaramente disperati, ma sempre molto riconoscente ognivolta che uno di noi si siede vicino al suo letto per pompargliin corpo quegli elementi di cui ancora ha bisogno per soprav-vivere.Non possiamo fare molto per prolungare la sua vita, ma oraalmeno non sente pi i crampi della fame.

    l Fr Beppe Gaido

    Il Giubileo chestiamo vivendo

    ci invita a riscoprirele opere di

    misericordia

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    SPECCHIODEI TEMPI

    Stiamo ormai da tanto tempo vivendogrosse trasformazioni sociali che han-no cause complesse e radici lontane,ma che hanno prodotto cambiamenti dif-

    cili da controllare. Progressi della scien-za, della tecnica e della medicina, cambia-

    menti nel lavoro e nel campo economico,fenomeni migratori di dimensioni bibliche,mescolanza di razze e culture; un insiemeche ha profondamente modi cato il no-stro modo di vivere. Trasformazioni chehanno anche portati bene ci per lumani-t, ma di cui purtroppo solo pochi hannosaputo cogliere lutilit per trasformarela loro vita, migliorarla e viverla nel cuo-re delle comuni esperienze fondamentalinella famiglia umana: una morale rispet-tosa delluomo e della natura, nella pace enel benessere per tutti. Incontriamo, pur-troppo spesso, egoismo di uso, imbarba-rimento nei con itti, guerre regionali mo-tivate da distorti ideali religiosi, carichi diodio, menzogne e paura.Sono spazi storici che stiamo percorren-do tutti e, consapevoli o meno, passiamoattraverso avvenimenti e situazioni checi pongono dinnanzi realt sconfortan-ti. In molte parti della Terra, anche nelmondo vicino a noi, le certezze della vitaquotidiana sono ormai precarie, svilite eprivate del riconoscimento dei diritti fon-

    damentali che tutelano la dignit umana. Ne siamo investiti emagari possiamo anche subirne conseguenze, ponendoci difronte a realt che vanno anche a invadere lambito familiare.Tutto questo deve renderci vigilanti e pronti a reagire, per ricu-perare la serenit necessaria a difendere i legami nati quandotutto andava bene e tempi migliori consentivano una vita con

    poche inquietudini.Nel cuore di questi legami si colloca il valore pi prezioso, lspazio della famiglia. Un bene da difendere con tutte le nostreforze, per mantenervi sempre vivo il dono dellamore come irrinunciabile necessit. Un amore che per lanima della famigliadeve essere il cuore di una rinascita.La lotta, poi, per la difesa di quanto rimasto del nostro piccolobenessere personale, potrebbe averci portati al rischio di viverereclinati su noi stessi, di denti o chiusi alle ordinarie relazioni

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    della vita quotidiana, al punto di trascura-re limpegno di ogni cristiano di mettere ilproprio tempo a disposizione e in comu-nicazione con chi ci vive accanto. Forsenon potremo risolvere problemi di cili oinsormontabili ma trasmettere speranzas, attivando la parte migliore che in noi,stabilendo normali relazioni, muovendo-ci attraverso elementi di autentica uma-nit, amando il nostro prossimo al puntodi prevenirne i bisogni. Un percorso nontanto di cile da seguire: partendo daipropri congiunti cercare apertura versolaltro, con denze amichevoli sono ne-cessarie per fare i primi passi verso re-ciprocit che poi portano a stabilire rap-porti e le risposte necessarie per liniziodi un dialogo. Dobbiamo cominciare adusare la parola dare nella gratuit e in-sieme fare ogni sforzo per passare dallIO egoista alla bellezza delNOI fraterno, ri-cuperando la coscienza che facciamoparte di un progetto antico che d signi-

    cato alla nostra vita. Rendendoci capacie forti nelle scelte, solleciti nel risponderealle chiamate per ritrovare speranza enuove gioie da condividere. Una picco-la dimostrazione damore, umile ma co-stante, giorno dopo giorno, pu portarciverso quei piccoli passi tanto necessari

    per controllare e trasformare la nostra vita. Credenti e non cre-denti, appartenenti alle pi varie fedi religiose, ma insieme contutti gli uomini di buona volont accomunati da un impegnofaticoso, costante ed eroico, se necessario, con un unico desi-derio: un mondo aperto ai valori della ducia, dellaccettazionee della condivisione. Quanto basta, ad esempio, per modi care

    il di uso concetto che limmigrazione un costo sociale ed eco-nomico. Stiamo vivendo un trapianto di genti che si pu quasidire necessario; va a compensare il calo di natalit proprio dellenostre popolazioni. Limmigrazione accettata, ben guidata daprogrammi intelligenti e lungimiranti, nel tempo potrebbe an-che diventare conveniente. Ma anche non lo fosse, sono sem-pre dei fratelli!

    l Mario Carissoni

    Dai a ogni giornatala possibilit di essere

    la pi bella

    della tua vita

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    I NOSTRIOSPEDALI

    LOspedale Cottolengo una delle pi anticheistituzioni della Piccola Casa, comprende di -verse specializzazioni altamente quali catee per questo molto frequentato. La nostraredazione, proponendosi di scoprire lanimadei servizi resi, cercher di conoscere le diverserealt, partendo dal Servizio di Fisioterapia.

    Entrando in punta di piedi, ci si af-faccia quasi timorosi di disturba-re, come si spinge con delicatezza

    il portone di una silenziosa chiesettadi campagna. Un corridoio luminosoaccoglie i pazienti in attesa di incon-trare mani amiche, che con dolcezza liaccompagneranno nei box o nella pa-lestra per la rieducazione. Siamo nellaFisioterapia dellOspedale Cottolengo.Dalle porte dei vari ambienti aperti,grandi finestre lasciano intravederepaesaggi magnifici: monti, campi, fio-ri, uno scenario mozzafiato sul mare

    pannelli con immagini straordinarie

    Quando pcorpo di undimenticare

    unanima

    La personaal centro

    delle cure

  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    mimetizzano uno stretto passaggio,sotto il livello della strada, che prendeluce dallalto.Veniamo accolti dal sorriso aperto e gio-viale di Viviana, sioterapista, che ci rac-conter qualcosa della vita in questo ser-vizio e laria che vi si respira.Cosa signifca vivere la carit, scopo delCottolengo, in un contesto terapeutico e,nello specifco, in fsioterapia? Chi arriva allospedale sempre unapersona con una disabilit, una di colt.Per questo il primo gesto di cura la-scolto, capace di farsi carico del disagiodella persona, pi o meno grave, per ac-compagnarla nel recupero delle funzio-ni perse, agevolandone il reinserimentonelle attivit quotidiane e migliorandonela vita. importantissimo incontrare lapersona nel suo insieme, considerandola sua storia, la famiglia e il contesto incui vive per intraprendere un percorso,spesso faticoso, di recupero sico. Il pri-mo contatto inizia quindi in un atteggia-mento di accoglienza.Chi si rivolge al vostro servizio? A noi si rivolgono persone provenientida tutte le classi sociali, dal pi ricco alpi povero, persone ospitate in case diaccoglienza, pensionati, lavoratori e cos

    via. Questi pazienti provengono dal no-stro reparto di degenza riabilitativa op-pure possono essere persone esterneseguite ambulatorialmente.Per gli operatori presenti in fsioterapiaquali sono i requisiti richiesti? Inizialmente conosciamo lambiente lavo-rativo che ci attende; ovviamente valuta-ta la professionalit, senza dubbio laspet-to fondamentale della nostra presenza.Ci viene anche spiegato che opereremoa stretto contatto con personale religio-so. Quando si arriva da altre esperienzelavorative, per quanto professionalizzantipossano essere, si scopre che qui moltodiverso. Oltre alla possibilit di frequen-tare corsi di formazione speci ca, conlesperienza si progredisce professional-mente, si impara a dare valore allumani-t e a mettersi in contatto con laltro, nonsolo dal punto di vista terapeutico, ma an-che umano. Tutto questo necessario ai

    le mani suliente, none vi abitaente

  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    I NOSTRIOSPEDALI

    ni della terapia e della cura della personache si rivolge al nostro servizio.Che tipo di ambiente accoglie il paziente?La nostra struttura antica, ma perio-dicamente rinnovata, secondo le risorseeconomiche del momento, e i pazientipercepiscono subito laccuratezza deivari ambienti. Anche questo ha la sua im-portanza ai ni della terapia. Una pazien-te si fatta ritrarre davanti a uno dei pan-nelli, quello con il mare, per poi inviare lafoto a parenti ed amici, scrivendo che erain vacanza.Quale posto ha il rapporto personale col

    paziente? fondamentale! Nonostante una gran-de professionalit, se non entri in em-patia, se non conquisti la ducia del pa-ziente non ottieni risultati. Con qualcuno,talvolta, non si riesce. Questo ci spronaa mettere in campo tutte le nostre ri-sorse umane, ad esercitare la pazienza,a variare lapproccio riabilitativo, a volte necessario cambiare terapista, perchsenza un rapporto di questo genere, di cile avanzare nella riabilitazione.Nel frattempo arriva Suor Betty, coordi-natrice della Fisioterapia, alla quale po-niamo la seguente domanda:Come laspetto spirituale centra conlaspetto riabilitativo? Alcuni pazienti qui riscoprono tutta la loroparte spirituale, forse un po dimenticata.Tanti, soprattutto anziani, ringraziano perla possibilit della messa quotidiana.Ci sono stati pazienti che vivendo lespe-rienza della malattia in modo pi positi-vo, hanno ritrovato la Fede, ra orzandosi

    in essa e trovando quel giovamento cheanche le migliori terapie non riescono adare, soprattutto se a causa di alcune pa-tologie, gli esiti sono permanenti.Diversi pazienti riscoprendo rapporti diamicizia e di solidariet con gli altri ricove-rati, vivono la dimissione, il tornare a casa,con nostalgia perch qui hanno trascorsoun periodo bello mentre a casa spessosono soli. Accade anche che in questat-mosfera di amore e collaborazione unpaziente, che sta un po meglio, si mettaal servizio degli altri. Allora facile incon-trare chi porta il ca o anche solo un bic-

    chiere dacqua allaltro che non pu muo-versi agevolmente.Questi gesti fannobene al cuore di chili fa e di chi li riceve.Anche chi viene percure ambulatoria-li lo si pu trovarenel box di terapia

    sica mentre pre-ga in silenzio con lacorona del rosarioin mano aspettan-do che termini lacura.Possiamo dire, al-lora, che quandoci si sente amati spontaneo mettersi a

    propria volta ad amare? Certamente: lesperienza quotidianache tocchiamo con mano e che ci spronaa continuare per questa strada!

    l a cura di Gemma La Terrae Salvatore Acquas

  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    NOTIZIE DALVOLONTARIATORicorrenze

    importantiI primi quindici anni dellAssociazione Amici del Cottolengo

    Maggio 2016, gli Amici del Cottolengo passano lim-portante traguardo di quindici anni dalla rma delloStatuto costitutivo dellAssociazione. Una tappa che

    porta la memoria a quel lontano 19 ottobre 1991, quando nellaPiccola Casa della Divina Provvidenza si sono mossi i primi passiper dare lavvio alla Costituzione di unAssociazione Privata diFedeli a norma dei can. 298-311- e 321-329 del Codice di DirittoCanonico e ispirata ai criteri indicati dallaChristi deles laici poiripresi dalla Conferenza Episcopale Italiana del 29 aprile 1993.Nello scorrere di questi lunghi anni attraversiamo variegati av-venimenti della Piccola Casa e accompagniamo lavvicendamen-to di persone e di Superiori. Iniziamo quando Padre Generaleera don Francesco Gemello, seguir don Bertini, rmeremo loStatuto con don Aldo Sarotto. LAssociazione che sin dal suonascere e per lungo tempo stata accompagnata dallassisten-za spirituale di don Roberto Provera ora passata a don PaoloBoggio, responsabile della Pastorale Cottolenghina.Il nucleo iniziale degli aderenti allAssociazione si mantenu-to compatto e stabile, nel tempo cambiato naturalmente.Scomparse molte gure storiche amiche e care, ne sono appar-se altre, piene di buona volont che partecipando attivamentealla vita associativa e muovendo i passi necessari per attingere

    e vivere la spiritualit cottolenghina, sono poi giunte ad enun-ciare la Promessa prevista dallo Statuto e passaggio dobbligoper far parte dellAssociazione.Ora non vogliamo per qui fare una statistica dei pi e dei meno,desideriamo invece solo buttare uno sguardo sui frutti della fedel-t promessa singolarmente e come gruppo: Cosa abbiamo rac-colto navigando nel cuore di tanti avvenimenti, dei tanti insegna-menti, delle tante esperienze e testimonianze ricevute e vissute?Per poter rispondere onestamente e con sincerit, dobbiamochinarci su quanto a dato allo Statuto, tu arci nei ricordi econ umilt portare in super cie il vissuto da confrontare congli impegni assunti: Il primato della vocazione cristiana, respon -sabilit di professare fede cattolica, ubbidienza al magistero dellaChiesa, testimonianza, presenza e impegno nel servizio delluomo .Un programma di vita cristiana da vivere attingendo alle rego-le ispirate alla Spiritualit Cottolenghina chiaramente espressenellimpegno di Vivere in costante preghiera, azione di grazia e

    fede nel Dio Provvidente. Percorsi di vita infraterna condivisione, dedicandoci ai po-veri, nutrendoci damore per lEucaristia edevozione della Vergine Maria, accettan-do serenamente le prove della vita nellagioiosa speranza del Paradiso.Umilmente per qui noi riconosciamo chele opere non sempre hanno corrispostofedelmente a propositi e intenzioni. Il quo-tidiano da vivere, nel cuore dei problemiposti da momenti pieni di di colt comequesti, sempre da far scorrere con im-pegni e modalit diverse, chiede animeforgiate dalla fede con robusta fedeltal sacri cio. La strada della perfezione ancora molto lunga e gli anni potrebberoforse magari averci indotti a scorciatoiee rilassamenti, lasciando qualche nebbianella memoria dellanima; mai per ve-nuta meno e mutata la volont dellincon-tro, mai abbiamo ceduto alla tentazione difermarci o indietreggiare. Forse non tutti

    gli associati sono cresciuti nella stessa mi-sura, in tutti per la crescita presente epercepibile e quando varchiamo la sogliadella Piccola Casa, basta lo sguardo dellaConsolata e il concerto delle campane eritroviamo il gusto dellesame di coscienza,la serenit necessaria per scrollare dubbie ricordarci che tutti abbiamo qualcosada o rire sempre : una presenza preziosa,un servizio generoso, una parola buona,una preghiera da collocare nella mani delPadre Provvidente, l dove gi sono molteanime di carissimi Amici passati attraver-so congedi pieni di so erenza, ma esem-pi luminosi di accettazione serena dellavolont del Padre e ora pregano per noi.Esempi che riconciliano la nostra fragilite ci spronano a proseguire mettendo alprimo posto carit e amore, con lo sguar-do sempre rivolto verso le cose di lass.Un cammino di vita che ha chiesto anchemomenti di sacri cio, ma percorsi conimpegno sincero e costante ci hanno do-nato profumi di tanta grazia. Deo gratias!

    l Gli Amici del Cottolengo

  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    SPECCHIDEI TEMPI

    Meno mi occupo di me,pi se ne occupa Dio.

    Quando corsero dal Santo Cotto-lengo, perch soccorresse la Ma-ria Gonnet, non era certamente

    un buon orario. Probabilmente cena fat-ta, tutti ormai tranquilli e una situazionedove stanchezza e rilassamento si mi-schiano in una dolce sonnolenzaCapita a tutti noi a volte di essere distur-bati in momenti, che potrebbero sem-brare inopportuni, ma limprovvisa emer-genza ci carica di quella adrenalina chenon fa avvertire stanchezza e timore: siparte in soccorso.Ma a fronte di ci la domanda potrebbeessere tutta qui la santit?, ed e etti-vamente non pu essere questo leroi-smo che decantiamo nel santo di Bra.Leroismo nato dalla fatica quotidiana,dallemergenza che lo ha fatto vivere sem-pre nella rincorsa del bene per lultimo,per lesigenza inaspettata, per il padroneche improvvisamente chiede.

    Forse per questo, girando per Torino o

    per altre strade, ascoltiamo di una fati-ca di usa. Come mostrarci parte di quelprogetto, quando siamo legati dallorolo-gio, dai vincoli dellabitudine, da quellora-rio di tavola che ci seppellir?S, perch non possiamo mettere di fron-te a tutto, come pia giusti cazione, inostri orari con la semplice scusa di unaregola, con loppressione di muri del si facos, di un tranquillo inscatolamento del-le emergenze, che ci costruiamo comecontenitori dove mettere le fatiche chebussano e se non vi rientrano tuttosommato la nostra coscienza resta tran-quilla perch non spetta a noi.

    Perch il maletrionf su ciente

    che i buoni non facciano nulla

    Ma spettava dunque a un canonico del Corpus Domini il soc-corso di una donna di passaggio? O la costruzione di ricoveriparticolari nella citt di Torino?E. Burke diceva: Perch il male trion su ciente che i buoninon facciano nulla.Questa amma che a volte non riusciamo a tenere accesa, que-sta angoscia che va oltre le tante attivit bellissime e meravi-gliose che la Piccola Casa gi compie, questo sentirsi sempreinadeguati per le urla di dolore e di angoscia che si rinnovanoe ripetono in un mondo sempre nuovo, che non possiamo te-nere fuori dalla nostra porta... questa la santit a cui ci siamoispirati!Sono le piccole gioie per i nostri padroni, incontri, relazioniche non possono essere evitati perch ora di cena! ci chenon fa guardare alle nostre esigenze ma alle nostre possibilitdi aiuto, e non ci fa restare legati tra noi da un orario o da unincontro ma dal centro che sono e devono essere i pi poveri,perch loro sono il nostro momento di incontro.Questo non signi ca non rispettare orari, persone, regole o pro-grammi, ma solo comprendere cosa mettiamo al primo posto. lo spirito che fece alzare il nostro Giuseppe non solo quel 2settembre, ma giorno dopo giorno, ora dopo ora, per incon-

    trare, lungo le strade della Torino povera, un nuovo problema,sempre diverso, un orario mai stabilito, dal momento che la ca-rit non ha ore, bens una spinta; quella spinta che ci fa lasciareogni cosa, citt, famiglia per un grande ideale e proprio in quan-to grande non possiamo frenarlo solo perch... ora di cena!

    l Don Andrea Bonsignori

  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    Il Santa Elisabetta, uno dei padiglionidella Piccola Casa di Torino, ci acco-glie oggi per incontrare una sua ospite

    speciale. Tutto qui parla di armonia e diquiete, dalle aiuole ormai orite ai vasidi rose lungo il vialetto di accesso. Untempo qui vivevano no a centosettan-ta ospiti, ora scese a trenta. Mi spieganoche oggi il disabile vive pi in un conte-sto familiare e qui ormai si a accianoprevalentemente anziani. Ma ecco chearriva Teresina, veloce sul suo cavallo dibattaglia, una carrozzina elettrica targa-ta TI AMOOOO. Giunta a 18 anni dalle

    Marche, vive alla Piccola Casa da pi di

    cinquantanni. Poco pi che tredicenne,vede comparire i primi sintomi di distro-

    a muscolare, che la porter sulla car-rozzella: cadute frequenti, passo incer-to, fatica a salire le scale. Allepoca noncerano cure n palliativi; unica possibili-t per rallentarne il decorso era la sio-terapia. Per quattro anni viene portataa Bologna, dove ogni volta sosta per tremesi in un centro riabilitativo. Ma eccola svolta: la morte improvvisa della mam-ma. Il pap, incoraggiato da una zia, lepropone di proseguire le cure riabilitati-ve a Torino, dove la sioterapia, dicono, molto pi avanzata.

    Cominciai aconsiderare la

    mia situazione daunottica nuova

    Ci credetti. Appena approdata per, giovane e intelligentecomero, capii che non si trattava di un centro riabilitativo, ma dun istituto. Mi prese il panico: trovai realt per me sconvolgentiRagazze giovani con disabilit pi o meno gravi; tanta so erenzacos tutta assieme, non lavevo mai vista. Supplicai che mi portassero a casa, certa che l sarei morta. - Prova qualche mese, senon ti trovi bene verremo a prenderti. - Non accadde mai pi. Inpochi anni la mia vita era stata sconvolta da tre momenti tragici:scoprire la malattia in unet in cui si pieni di aspirazioni e progetti; la morte della mamma e larrivo alla Piccola Casa, traumatco al massimo. Ero confusa, provavo solo rabbia e ribellione. Unragazza socievole che si trova improvvisamente a vivere in unmondo dove erano negate le cose pi semplici come uscire, farsiuna cerchia di amici Ho fatto fatica ad abituarmi a tale chiusurcol mondo esterno. Nonostante un inizio decisamente negativo, cosa ha fattoscattare in te laccettazione della nuova realt? Ero profondamente impressionata dalla serenit dellacompagne. Mi chiedevo come fosse possibile tanta vogliadi vivere in un ambiente dove tutto dolore e malattia! Unaltro enigma erano le suore giovani: Perch questa bellagiovent si trova qui, -mi chiedevo - chi le ha spinte a lasciare i luoghi dorigine, forse un fidanzato, la possibilit di unfamiglia, per una scelta cos definitiva, qui al Cottolengo?Compresi allora che la loro presenza era un servizio damo-re. Cominciai a considerare la mia situazione da unotticanuova, che segn linizio di un cammino fruttuoso di fedeche dava senso a tutto. Da bambina, la mamma mi manda-va a messa, per il rapporto con Dio era marginale; qui coltempo nato il desiderio di approfondirlo. Comprendevoche linfermit non era solo una realt negativa ma potevadiventare una ricchezza. stato un percorso di maturazio-ne interiore, che mi ha portata ad accettare la malattia e lavita alla Piccola Casa, trasformandomi in una donna nuovaRitrovavo la Teresina spensierata e piena di vita, insiemea quei sentimenti che avevo persi per strada. Sentendomiamata, avvertivo che anchio potevo essere dono per gli al-tri, nei piccoli gesti del quotidiano.

    TESTIMONIANZA

  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    Ricordi qualcosa di particolare di quel tempo?Mi piaceva tanto fare la parrucchiera e, appena arrivata, erorimasta impressionata nel notare queste giovani pettinate tut-te allo stesso modo. In particolare, aveva attirato la mia atten-zione una ragazza della mia et e con la stessa malattia, magi completamente immobile, Poich riuscivo ancora a stare inpiedi e ad alzare le braccia, iniziai a pettinarla - era il tempo deicapelli cotonati - e lei era tutta gioiosa per questo suo nuovolook! Un gesto damore ricompensato con sorrisi e tanta gioia.Divenne poi la mia migliore amica. Tempo dopo, il mio primopellegrinaggio a Lourdes diede il via a una sequenza di amiciziee relazioni; ho girato lItalia, visitato Parigi, Barcellona Si va inpizzeria, a teatro, alla partita, a convegni, a volte ci si ritrova daqualche parte in citt, con le carrozzine elettriche, e poi via

    Quali attivit svolgete? Tutte eseguiamo con gioia e soddisfazione lavoretti secondole varie attitudini capacit: ricamo, punto croce, telaio, Il SantoCottolengo voleva dare dignit ad ognuno dei suoi gli. Ci an-che venuta lidea di una mostra-vendita, nel periodo natalizio, ilcui ricavato va alle missioni cottolenghine. Pur restando qui, misento anchio missionaria, Qualche anno fa ho seguito un corsodi pittura, scoprendo un nuovo talento ed ho prodotto bellissimilavori, pur con un ritmo via via calante. Mi sono impegnata anchea o rire la mia testimonianza a gruppi in visita alla Piccola Casa;limpatto con questa realt pu essere allinizio molto duro per

    qualcuno, ma pian piano si scoprono la gioia e la fede che ani-mano la Casa. Non mancata la compagnia teatrale, sempre piconsapevole che la carrozzina non pone limiti a sentimenti edemozioni e ultimamente ho scoperto il computer!Oggi posso dire che tutto stato provvidenziale, frutto della-more di Dio. Alla Piccola Casa ho capito il valore della so eren-za, non pi maledizione o tragedia, ma strumento di redenzio-ne. La mia prospettiva mutata: dal ri uto allaccettazione, dallarabbia alla riconoscenza. Sono veramente grata a Teresina per questa forte testimonian-za e per la gioia con cui lha donata. Torno a casa in contempla-

    zione di quanto lAmore di Dio opera allorch tocca un cuore!l A cura di Gemma La Terra e Salvatore Acquas

  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    TESTIMONIANZA Unesperienzaindimenticabile

    Due volontarie italiane alla periferia di una grande citt indiana

    Lestate scorsa Francesca ed io abbiamovissuto un periodo di volontariato pres-so il Convento di Suore del Cottolengo

    di White eld Bangalore India.Il Convento di White eld si trova alla peri-feria di Bangalore, capitale dello stato fe-derale del Karnataka in India. Negli ultimi10-15 anni la zona ha subito forti cambia-menti conseguenti allinsediamento di mol-tissime industrie tecnologiche americaneed europee (risultato della cosiddetta de-localizzazione tecnologica) quali HP, IBM,Deloitte, Shell, e cos via. Ci ha trasforma-to Bangalore in una metropoli di oltre ottomilioni di abitanti e il sobborgo povero diWhite eld in un suo quartiere periferico,circondato da occidentali con il conseguen-te miglioramento delle condizioni di infra-strutture e servizi (trasporti urbani, ospe-dali, palestre, ristoranti, college informatici,etc. ). La struttura dove vivono le dieci in-stancabili suore molto ampia e rappre-

    senta una delle comunit pi numerose inIndia di suore cottolenghine, tutte indiane,provenienti dagli stati vicini del sud, in par-ticolare Kerala e Tamil Nadu.Cosa fanno le suore nella comunit diWhite eld? Si possono distinguere essen-zialmente tre tipi di attivit, oltre natural-mente alla preghiera, allaccompagna-mento spirituale e al servizio parrocchiale:

    1. Special School: formata da classi speciali che accolgono bambini dai treai quindici anni circa, con problemi di apprendimento, me-moria e disturbi dellattenzione, sindrome di Down, disabilitmentali, che per legge non possono frequentare scuole pub-bliche o private maspecial schools ! Il programma di studio stabilito dal Ministero della Scuola del Governo Indiano eperiodicamente i bambini sostengono esami paritari.La retta per la frequenza alla scuola regolata a secondadelle possibilit di ciascuna famiglia. Cos pu capitare di incontrare, allingresso della scuola, untuk tuk (tipico mezzo ditrasporto orientale) carico di frutta e verdura per lintera co-munit, contributo della famiglia contadina di Danush alla suaeducazione scolastica! Linsegnamento a questi circa novantabambini curato dalla suore e da alcune volontarie locali.

  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    Francesca si trattenuta in missione per ben tre mesi ed hainsegnato informatica ad alcune classi; io mi sono occupatadi predisporre delle dispense educative.

    2. Centro di fsioterapia. presente una struttura molto e ciente per curare sia leospiti del boarding proponendo loro attivit siche quali lacyclette, iltapis roulant , sia per pazienti esterni.Sono presenti strumentazioni per applicazioni antidolori-che, una palestra per esercizi di riabilitazione motoria e lepreziose mani delle suore professioniste per i massaggi!Questa attivit, rivolta a personale esterno di qualsiasi credo(ricordiamo che in India convivono induisti, mussulmani, bud-disti, cristiani, Sikh) rappresenta anche unimportante entra-ta di denaro per il quotidiano sostentamento del convento.

    3. Boarding. una residenza permanente per ragazze con disabilit men-tali, attualmente circa quaranta,orfane o abbandonate dalla famiglia di origine. Alcune di lorofrequentano la scuola, altre ne sono impossibilitate a causadella grave malattia e quindi, seguite costantemente dallesuore, svolgono piccoli lavoretti quali produzione di borse di

    carta, aiuto in cucina nel pulire le verdure, inna are il giardi-no o lavare i pavimenti; lassegnare loro un compito/ruolo, leresponsabilizza ed esalta la loro autostima.

    Momento importante della vita di comunit il pranzo: in ungrande refettorio i bambini, dopo aver ringraziato il Signore,con grande gioia mangiano tutti insieme.Immaginate quindi il lavoro delle suore, dalla preparazione dei pa-sti alla scolarizzazione, alla sioterapia, al seguire costantemente

    le ragazze delboarding , alla gestione del-la comunit oltre alla costante preghieraquotidiana, che inizia alle 6:30 con la Messagiornaliera! Una presenza importante perla Comunit di White eld che riconosce co-stantemente il super lavoro delle suore!Di grande supporto le volontarie che,col proprio contributo, seppur esiguo etemporaneo, nelle attivit domestiche,in quelle scolastiche (cartelloni formativi,dispense, slides per canti e attivit ricrea-tive), sollevano grandemente le suore. Levediamo anche impegnate nel boarding,soprattutto al mattino, permettendo allesuore di seguire regolarmente la Messa,oppure nella sioterapia per i disabili. LaProvvidenza aiuta sempre e la si vedeconcretamente ogni giorno!Cos non inconsueto che intere famiglievengano al convento a condividere uncompleanno o un anniversario con le ra-gazze, oppure a portare degli indumenti,e non manca il sostegno di un supermer-cato locale che dona frutta e verdura trevolte a settimana.La mia esperienza durata solo due in-tensissime settimane e mi rimarr nelcuore cos come i sorrisi e gli abbrac-ci dei bambini con i quali spesso risul-ta di cile comunicare, ma la comuni-

    cazione non verbale totale, come ladedizione delle suore che compiono illoro servizio talvolta superando osta-coli non banali! Vivendo tale vita di co-munit ho potuto apprendere il signi-cato di Provvidenza e di Amore che siconcretizza qui in tanti modi: lAmore sitocca veramente con mano!Mi servir come lezione da portare inItalia, testimoniando quanto la presenzadel Signore sia tangibile a White eld!

    l Silvia

  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    SPECCHIODEI TEMPI La nostra

    parteOnest nel dare, onest nel ricevere

    Parlare di povert oggi come mettere le mani in un gran-de contenitore, dove puoi attingere argomenti e notiziea piene mani. Limitandoci al solo campo delle necessit

    materiali, vediamo lumanit povera che incontriamo ovunquein mezzo alla via, sui mezzi di trasporto, tra la posta che riempiele cassette del condominio, su riviste di associazioni bene cheo di ispirazione cattolica, ne parla giornalmente ogni mezzo dicomunicazione. Volti vicini o lontani dalle mille sfaccettature, -gure solitarie o gruppi pi o meno numerosi, incolonnati versocon ni ostili quando non chiusi. Nessuno riesce pi ad evitare ilrichiamo delle tante mani tese da sconosciuti fratelli, bisognosidi aiuto. Un problema che ha raggiunto ormai dimensioni glo-bali ed epocali assillanti.Siamo posti di fronte a povert che hanno ribaltato completa-mente numeri e immagini che avevamo dei poveri storici, purancora presenti. Nel secolo scorso e ancor prima, negli anni deiSanti sociali - Cottolengo, Faletti di Barolo, don Bosco e tanti altri- il povero era una gura subito riconoscibile; emarginato e va-gabondo, privo di istruzione, lavoro, famiglia, sovente ammalato, nessun mezzo di sostentamento, bisognoso di tutto e senzadiritti. Laiuto, lasciato a sensibilit e buon cuore dei singoli, erfatto di piccole elemosine per le necessit primarie, o dagli Istitut

    di Bene cenza e Carit, le quali, quando ne avevano possibilito rivano assistenza; lo Stato era normalmente assente. Con iltempo le necessit della persona sono diventate sociali ed lasociet a doversene fare carico, non con la bene cenza benscon lassistenza, mediante una rete di servizi che hanno il doveredi mettere al centro delle problematiche la singola persona. Lasociet, ognuno di noi, partecipa e gode dei doveri dello Stato(istruzione, salute, pensione, ecc. ) e la risposta ai bisogni un diritto acquisito che il cittadino possiede non per spirito di carit o

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    per benevolenza, ma per dovere di chi lo deve concedere. Un do-vere che impone partecipazione, essendo un impianto che muo-ve fabbisogni nanziari di notevoli entit e sostenuti dal cittadino,che partecipa attraverso il versamento delle imposte. Per sod-disfare tutte le richieste per necessario uno Stato forte, consu cienti possibilit che potranno aversi col contributo onesto esincero di tutta la comunit. Tale sincerit corre su due percorsiparalleli:onest nel ricevere, onest nel dare ; pertanto no ai com-mercianti che non rilasciano scontrino scale, ai dentisti che nonfanno fattura, ai gioiellieri che dichiarano redditi inferiori a quellidei propri lavoratori, ai dipendenti pubblici che timbrano il car-tellino e poi vanno al supermercato, o che presentano certi catimedici (con relative inutili medicine) per giusti care assenze dicomodo, la serie sarebbe lunghissima. Situazioni reali e purtrop-po molto di use, che vanno di pari passo con disonest e corru-zione presenti nelpubblico impiegocol risultato che loStato privato diingenti risorse, indi-spensabili per sod-disfare adeguata-

    mente la domandadi servizi, e la fasciadi popolazione in attesa di risposte pervasa da un clima avvele-nato, che alimenta tensioni del tipo tutti contro tutti.Naturalmente anche altri fattori sono responsabili di questa ina-deguatezza nel compimento ottimale dei doveri dello Stato, maquesti hanno una circolazione planetaria fuori dal nostro con-trollo; a noi preme il richiamo a quella carit che alla portata ditutti: onest nelladempimento dei nostri doveri. Perch siamo

    Nutrire gli a amati lopera che pi ciavvicina a Dio

    tutti portatori di una carit, che andr ver-so ignoti volti di fratelli che hanno bussa-to per chiedere; potrebbe essere il voltosereno dellanziano che riceve laiuto dallaASL o forse il salvataggio delle centinaia diprofughi in fuga dalla guerra; ma che im-

    porta se tutto questo non reca il nostronome; se hai fatto il tuo dovere hai resapossibile la carit verso dei bisognosi.Tutto ci ovviamente non cancella il nostrodovere di soccorrere quanti incontriamo evanno alla deriva bisognosi di aiuto e con-divisione. Nutrire gli a amati lopera chepi ci avvicina a Dio e la condivisione lamanifestazione pi bella dellappartenen-za al genere umano. Ce lo chiede tutta lu-manit e ce lo ricorda Ges, che non hamai rimandato alcuno, e ai discepoli chesuggerivano di allontanare la folla accorsaad ascoltarlo, dice: Voi stessi date loro damangiare (Mt 14, 15-16).Non stanchiamoci mai di fare la nostraparte; solo cos salveremo fratelli dallavergogna del chiedere, suscitando ma-gari piet per ottenere quanto invecespetta loro di diritto. Se le nostre manisapranno essere misericordiose, potre-mo allora vivere in un altro mondo, privodi egoismi e con pi amore. Lo possiamofare, possibile.

    l La Redazione

  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    INFERMERIACOTTOLENGO Nuovo

    ambulatorioper le persone in difcolt

    stato inaugurato il giorno 21 marzo2016, in via Cottolengo 13, il nuovoambulatorio del servizio infermie-

    ristico cottolenghino intitolato al dottorLorenzo Granetti, medico di ducia diSan Giuseppe Cottolengo. Lambulatorio nato per aiutare i pi bisognosi chenon hanno la possibilit economica disostenere spese economiche per curar-si. Le cure mediche di base infatti sonogratuite. Erano presenti inoltre don LinoPiano, padre della Piccola Casa, che hadato il via alla cerimonia benedicendo ilreparto, suor Maurizia Cardone, diret-tore generale dellOspedale Cottolengo,il direttore sanitario, medici e infermieridellospedale.Il servizio nanziato da una Fondazione(che vuol rimanere anonima) e lambula-torio funzioner 7 giorni su 7, al mattinodalle 8 alle 12 e il pomeriggio dalle 16alle 18. Uninfermiera ssa presidier la

    sala. Lambulatorio gi funzionante dal

    mese di marzo e ad oggi ha gi accolto 220 persone, con unamedia di 8 persone al giorno.Spesso ha spiegato suor Maurizia Cardone le persone chevengono qui oltre che a trovarsi in di colt e con problemi dipovert patiscono la solitudine; ci raggiungono per farsi scri-vere una ricetta medica o per farsi fare una puntura e poi sifermano anche unora per parlare con noi di qualsiasi cosa. Cil bisogno di essere ascoltati e noi ci prestiamo volentieri anchein questo.In ambulatorio prestano il loro servizio infermieristico volontarprofessionali, ex infermieri in pensione e le stesse suore chelavorano nella Casa della Divina Provvidenza.

    l La Redazione

  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    TESTIMONIANZAUn momentoda condividereTestimone per tutta la vitaM

    i stato chiesto di scrivere qualcosa sulla nostraPerla della Piccola Casa di Biella, Suor GiuseppinaVerderio, che il 4 aprile ha festeggiato linvidiabile

    traguardo di 108 anni. Una richiesta che mi ha causato uncerto imbarazzo, perch della sua biografia tutto gi statodetto, quando ha festeggiato il centenario e non v altroda aggiungere, fatte salve alcune note destinate a quantiancora non lavessero conosciuta.Suor Giuseppina (Annunziata Luigia) nata il 4 aprile1908 nella localit di Trezzano Rosa in una zona a est diMilano denominata Martesana a motivo del Naviglio, chepartendo dallo sbarramento sul fiume Adda pochi chi-lometri a monte, attraverso la pianura lombarda, arriva aMilano. Una zona a vocazione rurale con gente forte e difede solida.Conosco questa eccezionale donna da lungo tempo, pre-stando il mio servizio di volontariato ai bagni nel reparto Suore Anziane Madonna del Rosario, e neho sempre ammirato la lucidit di mente e la ferrea volont (che dura tuttora , come mi conferma lasuperiora Suor Lucia).Ricordo la cautela e la cura con cui maneggiavo il suo esile corpo, nel timore che un movimento mal-destro potesse danneggiarla, ma lei mi rassicurava collaborando con perfetta sincronia nei movimen-ti e la vestizione terminava, grazie a Dio, senza alcun problema.

    Uno dei ricordi pi stupefacenti che ho di lei fu circa tre anni fa, quando si ruppe il femore, e io andaia trovarla in ospedale, per augurarle un buon esito dellope-razione (ed il buon esito ci fu) e lei mi accolse con un sera-fico sia fatta la Sua volont, gli anni ci sono! Parole che miconfermarono la sua incrollabile fede e serenit danimo.La volont di Dio si compiuta nellaverci lasciato ancoraquesta indomita donna che, seppur fragile, dimostra unastraordinaria voglia di vivere, partecipando alle funzioni re-ligiose e conviviali con le consorelle.Ed ecco la mia pietra dinciampo. Perch, mi chiedo, ilSignore permette a questa creatura, che apparentementenon ha nulla da dare, un cos lungo percorso di vita, quandovediamo giovani mamme malate che non potranno allevarei loro bimbi, vite schiantate di adolescenti con tanti progettiper il loro futuro e innumerevoli situazioni di disagio che,secondo il nostro buon senso fatichiamo ad accettare?Ma la risposta me la offre la fede. Sono certa che SuorGiuseppina ha il suo preciso posto nella misteriosa econo-mia della Divina Provvidenza.Con la sua serena accettazione dei disegni divini e la cal-ma che emana dalla sua pace interiore ci offre un luminosoesempio di come affrontare con equilibrio e fiducia il mo-mento, che tutti temiamo, del supremo trapasso.

    l Ginetta (volontaria)

    Una vita donataagli altri con

    fermezza e serenit,di cui quarantanni

    trascorsi aMongrando nellAsiloe nelle attivit della

    Parrocchia

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    TESTIMONICOTTOLENGHINI Katja

    e il senso della vita

    Una donna straordinaria per coloro che lhanno conosciuta.Come per tutte le persone veramente grandi, per, la sua stata una vita allinsegna dellamore, quello vero, quel-

    lo che sa rinunciare, pazientare, andare oltre, amare per primo,operare nel nascondimento, insomma quello che in San Paoloha le meravigliose connotazioni nel cosiddetto inno alla carit.Una esistenza semplice, ma piena di Dio e del desiderio dicompiere la Sua Volont nel quotidiano, iniziando dalla fami-glia, dove ha saputo vivere e trasmettere, insieme al marito, ivalori fondamentali, sempre ispirati al Vangelo, che hanno fattodi una famiglia semplice, alle prese con i problemi di tutti, unpunto di riferimento per tanti prossimi in di colt, nello ertadel poco condiviso e del tanto donato in amicizia, solidariet eaccoglienza.Ed ecco che arriva il momento della malattia, tappa della vitain cui siamo messi davanti a Dio e la nostra fede viene provata,come loro nel crogiuolo. Anche qui, nonostante le molteplicitappe e lacuirsi della so erenza, Katja ha sempre testimoniato,con la forza del sorriso e della bont, che lAmore veramenteil senso della vita. Il giorno del suo funerale lo si sperimentavavedendo la folla di amici, per i quali lultimo saluto stato il gra-zie ad una maestra di vita. Vita cristiana.

    l La Redazione

  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    NELLA CASADEL PADRE

    DON FRANCO BERTINI

    Padre emeritodella Piccola Casa

    della Divina Provvidenza

    L8 aprile 2016 deceduto il sac. Franco Bertini, gi Padre dellaPiccola Casa della Divina Provvidenza negli anni 1993-99.Nacque a Mathi (TO) il 7 maggio 1934. Entr nella Famiglia deiTommasini (il seminario interno della Piccola Casa della DivinaProvvidenza ) il 6 ottobre 1947.Terminato il curricolo degli studi, fu ordinato prete il 22 giugno1958 nella chiesa della Piccola Casa di Torino dal vescovo au-siliare di Torino Mons. Francesco Bottino. Fu Vice-Prefetto delSeminario dei Tommasini nel triennio 1958-61.Negli anni 1968-69, quando venne costituita la SSC (Societ deiSacerdoti Cottolenghini), egli si distinse per il suo atteggiamen-to moderato, consapevole dellimportanza delle decisioni cheerano state prese dalla S. Sede alle quali ader, emettendo lapromessa perpetua di obbedienza il 18 ottobre 1970.Negli anni 1976-1983 fu addetto alla contabilit nellU cioLavori di Torino. Nel sessennio 1981-1987 fu consigliere gene-rale e segretario generale della SSC.Nel sessennio 1987-1993 fu vicario generale della SSC e fu no-minato superiore locale della comunit di Torino.Il 6 settembre 1993 fu eletto Padre della Piccola Casa e rima-se in questa carica no al 1999. Fu il 13 successore di sanGiuseppe Cottolengo, in tale veste fu nominato canonico ono-rario della SS. Trinit.Don Bertini fu dedito principalmente al ministero sacerdotalenella Piccola Casa. Fu apprezzato predicatore, richiesto soprat-tutto per esercizi e ritiri spirituali. Fu anche insegnante di teolo-gia e liturgia nelle case di formazione cottolenghine. Ha coltivatoin modo particolare la liturgia nella quale era particolarmenteesperto. Profondo conoscitore della vita del Santo Fondatore edella tradizione cottolenghina, fu insegnante di storia cottolen-ghina nelle case di formazione.Per suo uso personale aveva annotato il librettoFiori e profu-mi , contenente i detti del Cottolengo, con i riferimenti delle te-

    stimonianze dei processi di canonizzazione da cui erano statidesunti, lavoro che stato utilissimo quando venne pubblicataledizione di Fiori e Profumi .Terminato il suo mandato di Padre della Piccola Casa, per unanno fu padre spirituale dei Tommasini. Successivamente si de-dic al ministero sacerdotale, in particolare fu cappellano delmonastero San Giuseppe, situato nella Piccola Casa di Torino.In questi ultimi anni la sua salute era diventata precaria e da cir-ca due anni era ricoverato nel Reparto Consolata del padiglioneAnnunziata nella Piccola Casa di Torino dove deceduto.Tendenzialmente timido, non ha mai fatto ostentazione della suacultura e della sua conoscenza storica della Piccola Casa. Il Signoremisericordioso gli renda merito della sua opera sacerdotale.

    l P. Lino Piano

  • 7/26/2019 Rivista Incontri - Mese di Giugno 2016

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    Un giorno, un non vedente era seduto sul gradinodi un marciapiede con un cappello ai suoi piedie un pezzo di cartone con su scritto:Sono cieco, aiutatemi per favoreUn pubblicitario che passava di l si ferme not che vi erano solo alcuni centesimi nelcappello. Si chin e vers della moneta, poi,senza chiedere il permesso al cieco, prese ilcartone, lo gir e vi scrisse sopra unaltra fraseAl pomeriggio, il pubblicitario ripass dal ciecoe not che il suo cappello era pieno di monete edi banconote. Il non vedente riconobbe il passo

    delluomo e gli domand se era stato lui che avevascritto sul suo pezzo di cartone e soprattuttoche cosa vi avesse annotato.Il pubblicitario rispose:Nulla che non sia vero, ho solamente riscrittola tua frase in un altro modo.Sorrise e se ne and.Il non vedente non seppe mai che sul suopezzo di cartone vi era scritto:Oggi primavera e io non possovederla.

    Morale:Cambia la tua strategiaquando le cose non vannomolto bene e vedrai chepoi andr meglio.

    Oggi primavera