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 SCHAFFER: I CONCETTI FONDAMENTALI DELLA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO CAPITOLO I Lo sviluppo psicologico riguarda ogni età della vita e si riferisce a tutti i tipi di cambiamento, acquisizione o perdita di abilità. Il concetto di sviluppo può essere definito come “il processo di cambiamento associato all’età, che caratterizza tutti gli esseri umani dal concepimento alla morte”. Questo concetto fu concepito solamente a partire dalla seconda metà del XX secolo, grazie all’operato di Stanley Hall; prima del suo intervento l’attenzione era rivolta esclusivamente all’infanzia e all’adolescenza. Si parlava, non a caso, di “Psicologia dell’età evolutiva”; oggi, invece, si parla in modo più appropriato di “Psicologia dello sviluppo”. Sono state suggerite tre proposte in merito alla concettualizzazione del corso della vita: - Approccio organizzativo-adattivo: considera il corso della vita dal punto di vista delle molteplici sfide incontrate nell’arco dell’esistenza di ciascun individuo. - A pprocci o socio-culturale: sottolinea l’importanza dei ruoli culturalmente definiti. - Prospettiva ispirata alla Psicologia evoluzionista: descrive il corso della vita in base alla serie di adattamenti che gli esseri umani hanno ripetutamente dovuto affrontare nel corso della storia della specie. Nello sviluppo è necessario che ci sia, in una certa misura, continuità. Possiamo intendere quest’ultima come il permanere di caratteristiche individuali nel corso della vita. E’ sempre stata forte la convinzione dell’esisten za di una continuità nello sviluppo; tale convinzione è basata su due assunzioni: - Ogni persona nasce con alcune caratteristiche inscritte nei propri cromosomi. Quest’assunzione è stata applicata con particolare attenzione negli studi sull’intelligenza. - L’esperienza compiuta nei primissimi anni di vita ha effetti irreversibili sulla personalità. A sostegno di quest’ultima assunzione vi furono autori come Freud e Watson, i quali, apparentemente, formularono approcci alla personalità decisamente diversi.  Tornando al discorso in merito alla continuità, possiamo distinguerne due tipologie: - Continuità relativa: basata sul grado in cui gli individui mantengono la propria posizione relativa, all’interno di un particolare campione. - Continuità assoluta: riguarda il grado in cui un particolare tratto rimane stabile in una persona nel corso del tempo. Alla luce del suddetto discorso relativo alla continuità, possiamo trarne che: - La continuità delle caratteristiche psicologiche è spesso modesta: la discontinuità è molto frequente. - Il grado di continuità dipende in parte da una combinazione di età e intervallo di rivelazione: maggiore è l’età dell’individuo, maggiore è la probabilità che le caratteristiche rimangano stabili. - La continuità varia a seconda delle dimensioni del comportamento preso in esame. - E’ indispensabile tenere conto del grado di continuità dell’ambiente del bambino: è probabile che drastici cambiamenti nelle esperienze di vita sconvolgano schemi di comportamento convalidanti. - Per continuità non si intende la conservazione di schemi di risposta identici da un’età all’altra e non necessariamente la continuità può essere valutata in base alle prestazioni di test simili (QI). Parliamo di traiettorie di sviluppo per indicare quei percorsi che le persone seguono nell’arco dello sviluppo, i quali comprendono gli schemi di comportamento duraturi, i problemi incontrati e il modo di affrontarli, oltre che le implicazioni che particolari strade scelte hanno per l’andamento a lungo termine. Le traiettorie evolutive vengono determinate dal modo in cui si affrontano i punti di transizione che noi tutti incontriamo in alcuni momenti nel corso dello sviluppo. Parliamo di punto di transizione per indicare la possibilità di un cambiamento di traiettoria. Una traiettoria evolutiva può assumere due concetti fondamentali: - Equifinalità: uno stesso esito può derivare da percorsi evolutivi diversi; negli individui con gravi disturbi della condotta si è osservata una notevole eterogeneità di percorsi evolutivi che hanno portato a quel tipo di comportamento. - Multifinalità: esperienze precoci uguali non necessariamente portano a uno stesso risultato in termini di sviluppo. Parliamo di stadio per indicare, invece, quella fase distinta della vita caratterizzata da uno specifico insieme di caratteristiche mentali. Per identificare uno stadio sono stati proposti tre criteri: - Riorganizzazione: cambiamento evolutivo annunciato dalla comparsa di una forma qualitativamente diversa di funzionamento; ad esempio non mostrare un miglioramento, ma agire in modo palesemente nuovo. - Subitaneità: passaggio da uno stadio all’altro, che ha luogo in modo rapido e repentino. - Concordanza temporale: il cambiamento avviene con una relativa indipendenza in diverse aree dello sviluppo. Le teorie stadiali furono abbracciate da influenzi autori come Freud, Erikson, Gesell e Piaget. Freud, come sappiamo, propose una teoria di sviluppo Psicosessuale. Pur essendo anch’egli uno psicanalista, Erikson propose una teoria Psicosociale dello sviluppo. Il fautore dell’approccio stadiale fu tuttavia Gesell, il quale propose che vi fossero nei bambini una molteplicità di stadi del comportamento. Piaget, invece, riteneva che i quattro stadi da lui individuati (senso motorio, pre-operatorio, operatorio, concreto e operatorio formale), rappresentassero livelli sequenziali di adattamento, ognuno dei quali caratterizzato da una particolare organizzazione mentale che dava origine a una visione del mondo diversa dal precedente. La specificità di dominio è una concezione che si pone in netto contrasto con quella di domino generale. Parliamo

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SCHAFFER: I CONCETTI FONDAMENTALI DELLA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO

CAPITOLO I▪ Lo sviluppo psicologico riguarda ogni età della vita e si riferisce a tutti i tipi di cambiamento, acquisizione operdita di abilità.Il concetto di sviluppo può essere definito come “il processo di cambiamento associato all’età, che caratterizza tuttigli esseri umani dal concepimento alla morte”.Questo concetto fu concepito solamente a partire dalla seconda metà del XX secolo, grazie all’operato di StanleyHall; prima del suo intervento l’attenzione era rivolta esclusivamente all’infanzia e all’adolescenza. Si parlava, non

a caso, di “Psicologia dell’età evolutiva”; oggi, invece, si parla in modo più appropriato di “Psicologia dellosviluppo”.

Sono state suggerite tre proposte in merito alla concettualizzazione del corso della vita:- Approccio organizzativo-adattivo: considera il corso della vita dal punto di vista delle molteplici sfide incontratenell’arco dell’esistenza di ciascun individuo.- Approccio socio-culturale: sottolinea l’importanza dei ruoli culturalmente definiti.- Prospettiva ispirata alla Psicologia evoluzionista: descrive il corso della vita in base alla serie di adattamenti chegli esseri umani hanno ripetutamente dovuto affrontare nel corso della storia della specie.▪ Nello sviluppo è necessario che ci sia, in una certa misura, continuità. Possiamo intendere quest’ultima come ilpermanere di caratteristiche individuali nel corso della vita.E’ sempre stata forte la convinzione dell’esistenza di una continuità nello sviluppo; tale convinzione è basata su dueassunzioni:- Ogni persona nasce con alcune caratteristiche inscritte nei propri cromosomi. Quest’assunzione è stata applicatacon particolare attenzione negli studi sull’intelligenza.

- L’esperienza compiuta nei primissimi anni di vita ha effetti irreversibili sulla personalità.A sostegno di quest’ultima assunzione vi furono autori come Freud e Watson, i quali, apparentemente, formularonoapprocci alla personalità decisamente diversi.

 Tornando al discorso in merito alla continuità, possiamo distinguerne due tipologie:- Continuità relativa: basata sul grado in cui gli individui mantengono la propria posizione relativa, all’interno di unparticolare campione.- Continuità assoluta: riguarda il grado in cui un particolare tratto rimane stabile in una persona nel corso deltempo.

Alla luce del suddetto discorso relativo alla continuità, possiamo trarne che:- La continuità delle caratteristiche psicologiche è spesso modesta: la discontinuità è molto frequente.- Il grado di continuità dipende in parte da una combinazione di età e intervallo di rivelazione: maggiore è l’etàdell’individuo, maggiore è la probabilità che le caratteristiche rimangano stabili.- La continuità varia a seconda delle dimensioni del comportamento preso in esame.- E’ indispensabile tenere conto del grado di continuità dell’ambiente del bambino: è probabile che drastici

cambiamenti nelle esperienze di vita sconvolgano schemi di comportamento convalidanti.- Per continuità non si intende la conservazione di schemi di risposta identici da un’età all’altra e nonnecessariamente la continuità può essere valutata in base alle prestazioni di test simili (QI).

▪ Parliamo di traiettorie di sviluppo per indicare quei percorsi che le persone seguono nell’arco dello sviluppo, iquali comprendono gli schemi di comportamento duraturi, i problemi incontrati e il modo di affrontarli, oltre che leimplicazioni che particolari strade scelte hanno per l’andamento a lungo termine.

Le traiettorie evolutive vengono determinate dal modo in cui si affrontano i punti di transizione che noi tuttiincontriamo in alcuni momenti nel corso dello sviluppo.Parliamo di punto di transizione per indicare la possibilità di un cambiamento di traiettoria.Una traiettoria evolutiva può assumere due concetti fondamentali:- Equifinalità: uno stesso esito può derivare da percorsi evolutivi diversi; negli individui con gravi disturbi dellacondotta si è osservata una notevole eterogeneità di percorsi evolutivi che hanno portato a quel tipo dicomportamento.

- Multifinalità: esperienze precoci uguali non necessariamente portano a uno stesso risultato in termini di sviluppo.

Parliamo di stadio per indicare, invece, quella fase distinta della vita caratterizzata da uno specifico insieme dicaratteristiche mentali.Per identificare uno stadio sono stati proposti tre criteri:- Riorganizzazione: cambiamento evolutivo annunciato dalla comparsa di una forma qualitativamente diversa difunzionamento; ad esempio non mostrare un miglioramento, ma agire in modo palesemente nuovo.- Subitaneità: passaggio da uno stadio all’altro, che ha luogo in modo rapido e repentino.- Concordanza temporale: il cambiamento avviene con una relativa indipendenza in diverse aree dello sviluppo.

Le teorie stadiali furono abbracciate da influenzi autori come Freud, Erikson, Gesell e Piaget.Freud, come sappiamo, propose una teoria di sviluppo Psicosessuale. Pur essendo anch’egli uno psicanalista,Erikson propose una teoria Psicosociale dello sviluppo.Il fautore dell’approccio stadiale fu tuttavia Gesell, il quale propose che vi fossero nei bambini una molteplicità distadi del comportamento.Piaget, invece, riteneva che i quattro stadi da lui individuati (senso motorio, pre-operatorio, operatorio, concreto e

operatorio formale), rappresentassero livelli sequenziali di adattamento, ognuno dei quali caratterizzato da unaparticolare organizzazione mentale che dava origine a una visione del mondo diversa dal precedente.

▪ La specificità di dominio è una concezione che si pone in netto contrasto con quella di domino generale. Parliamo

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esattamente di una convinzione secondo cui ciascun dominio mentale sia controllato da propri meccanismi specificie che pertanto lo sviluppo in un particolare dominio avvenga in modo indipendente dallo sviluppo di qualsiasi altrodominio.Concezione dominio-generale (Piaget): questo tipo di concezione si fonda sulla convinzione che gli esseri umanisiano dotati di un insieme di meccanismi che agiscono in modo uniforme in tutte le aree del funzionamentopsicologico.Concezione dominio specifica: ipotizza l’esistenza di meccanismi mentali diversi per ciascun dominio cognitivo.Secondo Gardner esisterebbe un numero di prove sufficiente a consentire di abbandonare il concetto di intelligenzagenerale per sostituirlo con quello di intelligenze multiple (linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale,

corporea, personale).Chomsky, invece, differentemente da Skinner, il quale si fece fautore del condizionamento operante, sostenne cheil linguaggio è un organo mentale autonomo, che funziona in associazione con regole biologicamente determinate.L’individuo, dunque, è dotato di un vero e proprio modulo linguistico, in grado di indurre all’apprendimento dellinguaggio stesso.

 Jerry Fodor propose il concetto di modularità, una concezione dominio specifica che afferma che gli aspetti diversidella cognizione sono rappresentati nel cervello da strutture innate, ciascuna delle quali funziona autonomamentecome unità di elaborazione di tipi specifici di input provenienti dall’ambiente.

Alla luce del discorso sopra citato possiamo affermare che il termine “dominio” sia stato utilizzato per indicaredisparati significati:- Nel senso di dispositivi neurali dalle caratteristiche innate.- Nel senso di aree circoscritte di conoscenza.- Nel senso di serie distinte di processi mentali.

- Nel senso di compiti cognitivi specifici.A seconda degli autori un dominio può riferirsi a una capacità circoscritta (saper giocare a scacchi), oppure puòindicare particolari ambiti di notevole estensione (conoscenze fisiche, biologiche) nei quali i bambini sembrano chesviluppino precocemente teorie distinte per ciascuno degli ambiti.

▪ Il più delle volte viene dato per scontato che il termine “contesto” indichi l’ambiente in cui opera il soggetto.Analizziamo tuttavia, con più attenzione, i termini che seguono.- Contesto (equivalente di ambiente), per indicare quel setting multilivello in cui ha luogo il comportamento di unapersona, così come la persona stessa lo percepisce.- Parliamo di multilivello per indicare che le persone in un qualsiasi momento nel tempo operano in un complessosistema costituito da varie tipologie di contesti. Tali tipologie avrebbero una struttura gerarchica.- Il termine setting, viene preferito a quello di ambiente, poiché indica il luogo in cui si verifica lo sviluppo, talvoltadinamico e non statico. (L’espressione “così come la persona lo percepisce” indica che il soggetto svolge un ruolofondamentale nel valutare ed interpretare il setting)I primi studi rivolti all’interesse per il contesto, furono effettuati da Baldwin e Dewey, i quali avevano studiato ibambini prendendo in considerazione il contesto nel quale si verificavano le loro rispettive azioni, e la molteplicità

di variabili esistenti.Ulteriori studi furono condotti da Margaret Donaldson, la quale dimostrò che il contesto aveva grande importanzadal punto di vista empirico, oltre che da Vygotskij, il quale sottolineò l’importanza del contesto in relazione albambino inteso come persona che partecipa a scambi di problem solving condivisi con gli altri.Il concetto di contesto è stato schematizzato dall’elaborato di Bronfenbrenner, ideatore della cosiddetta “Teoria deisistemi ecologici”, la quale rappresenta una cornice concettuale per classificare in modo sistematico le influenzederivanti dai molteplici setting di cui le persone fanno esperienza e per studiare l’interazione tra queste influenze el’individuo nel corso della vita.Secondo Bronfenbrenner, i setting possono essere considerati come un insieme di sistemi.

Possiamo non a caso distinguere i seguenti livelli:- Microsistema: parte dell’ambiente con la quale i bambini sono direttamente a contatto (famiglia, scuola).- Mesosistema: relazione tra microsistemi (interconnessione scuola-famiglia).- Esosistemi: setting a cui il bambino non partecipa direttamente, ma che influiscono sul suo sviluppo (esperienzalavorativa di un genitore).

- Macrosistema: struttura predominante nella cultura in cui si vive.- Cronosistema: dimensione temporale delle esperienze del bambino. Tutti questi sistemi sono strettamente collegati si influenzano vicendevolmente.

Una ulteriore concettualizzazione del contesto è quella di nicchia evolutiva, avanzata da Super e Harkness, la qualeindica il posto che un bambino occupa all’interno di una particolare comunità, determinato dalle molteplici influenzeculturali sullo sviluppo infantile prevalenti in quella comunità.E’ possibile distinguere tre tipi di influssi sulla base degli studi da loro condotti:1. Il setting fisico in cui vive il bambino2. Le pratiche educative3. Le caratteristiche psicologiche delle persone che si prendono cura del bambino.

CAPITOLO II▪ Parliamo di maturazione per indicare quella sequenza di cambiamenti che avvengono nell’organismo nel corsodello sviluppo, sulla base delle istruzioni presenti nel codice genetico.Gesell intendeva individuare, alla luce della maturazione, le cosiddette norme di sviluppo, ossia i valori medi di età

e di variabilità nella comparsa di nuove caratteristiche comportamentali, partendo dalla proposta di delineare ladirezione, le caratteristiche e la velocità della crescita maturazionale nei bambini normali e con problemi.Egli formulò l’ipotesi che lo sviluppo procedesse attraverso una serie di cambiamenti sequenziali.Alla maturazione viene attribuito un influsso sullo sviluppo nella maggior parte delle principali teorie evolutive,

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come quelle di Freud, Piaget, Erikson.

Attualmente si ritiene che la maturazione non possa essere l’unica spiegazione possibile dello sviluppo. Gottileb,non a caso, sostiene l’importanza delle stimolazioni ambientali nel contribuire allo sviluppo e ne distingue quattrodiverse funzioni:- Inducente: stimolazione che guida il comportamento in una direzione piuttosto che in un’altra (bambino allevatoda persone inglesi, acquisisce l’inglese come lingua madre).- Facilitatrice: stimolazione che influenza il momento di comparsa di una nuova funzone (accelerazione orallentamento del comportamento motorio in conseguenza a determinate esperienze).

- Conservatrice: stimolazione che mantiene attive strutture e funzioni già esistenti.- Canalizzatrice: restringimento di reattività in conseguenza di particolari esperienze (percezione del linguaggio daparte del bambino).Questo genere di classificazione agevola l’analisi dell’interazione tra fattori innati ed esperienza.

Parliamo di apprendimento all’ambiente per indicare che: il cambiamento è determinato principalmente da fattoripresenti nell’ambiente esterno, e può essere spiegato sulla base di processi di apprendimento.L’accento viene quindi posto sull’esperienza e sulle azioni degli adulti che modellano il comportamento del bambinoattraverso ricompense e punizioni, e con l’esempio.Ci sono tre prospettive favorevoli all’apprendimento dall’ambente, le quali sono state rispettivamente avanzate daHull, Skinner e Bandura.- Hull e il condizionamento classico: Hull prese a modello gli esperimenti condotti da Ivan Pavlov sui cani, ritenendoche con gli stessi tipi di procedimenti, il comportamento umano potesse essere ampliato e trasformato.- Skinner e il condizionamento operante: Skinner elaborò il cosiddetto “condizionamento operante”, fondato sullaconcezione secondo la quale il comportamento è regolato dalle sue conseguenze, attraverso rinforzi e punizioni.

- Bandura: egli sosteneva che nei bambini la maggior parte dell’apprendimento avesse origine dall’osservazione edall’imitazione degli altri, in particolare gli adulti. Egli formulò il termine di apprendimento osservativo, ossial’acquisizione di nuovi schemi comportamentali attraverso la loro osservazione negli altri.Quest’ultimo tipo di apprendimento si distingue per le seguenti ragioni:1. Ha luogo principalmente in situazioni sociali in cui è presente il modello che il bambino possa imitare2. Non richiede alcun rinforzo.La riproduzione di un comportamento osservato deve implicare una codifica, un immagazzinamento e recuperodelle informazioni. Questa teoria, quindi, prevede una visione meccanicistica dell’apprendimento dall’ambiente.La persone vengono considerate produttive, capaci di organizzarsi autonomamente, di autoriflettere eautoregolarsi. Bandura, alla luce di quanto appena affermato, rinominò la sua teoria da “teoria dell’apprendimentosociale” a “teoria socio-cognitiva”.

▪ Parliamo di costruttivismo per indicare la convinzione secondo cui la mente partecipa attivamente nel costruire laconoscenza del mondo nel corso dell’interazione con l’ambiente, anziché acquisirla passivamente attraverso lapercezione diretta; la conoscenza è quindi il frutto di un’attività mentale di selezione, interpretazione e nuovacreazione dell’esperienza sensoriale.

Bartlett diede risalto alla funzione della mente come organo, mediante esperimenti di memoria, dimostrando che ilricordare è un processo creativo. Piaget, invece, riteneva che il mondo abitato dai bambini fosse compostomaggiormente da oggetti e che le altre persone avessero solo un ruolo periferico; oltretutto sosteneva che lacognizione fosse un’attività costruttiva e che quando un bambino è a contatto con l’ambiente, quest’ultimoseleziona le informazioni disponibili sulla base di conoscenze pre-esistenti.Dalla visione di Piaget, Vygotskij prese le distanze, adottando un punto di vista differente, a cui diede il nome dicostruttivismo sociale, la convinzione che i significati attribuiti all’esperienza siano socialmente costruiti edipendano dalla cultura in cui il bambino cresce e dalle persone che si prendono cura di lui; un ruolo fondamentalenello sviluppo cognitivo non ce l’hanno le scoperte spontanee del bambino, ma i processi interpersonali che sirealizzano quando il bambino interagisce con persone più esperte.

Parliamo di sistema dinamico per indicare qualsiasi organizzazione complessa composta di molteplici parti,ciascuna delle quali ha una propria funzione, ma allo stesso tempo influenza le altre e ne è a sua volta influenzata(reti neurali, embrioni, famiglie).

I sistemi dinamici sono caratterizzati da:- Globalità: un sistema è un tutto integrato che è maggiore della somma delle parti.- Integrità dei sottoinsiemi: i sistemi complessi sono composti da sottoinsiemi ciascuno dei quali può a sua voltaessere considerato come un sistema vero e proprio.- Stabilità e cambiamento: un sistema può essere aperto alle influenze esterne.- Circolarità dell’influenza: le modalità di influenza sono circolari; poiché le componenti sono reciprocamenteinterdipendenti, il cambiamento di una di esse ha implicazioni anche per le altre, dato che il cambiamento è sempreil risultato di influenze molteplici che agiscono in maniera congiunta e quindi in modo non lineare.

Applicata allo sviluppo, tale posizione è espressa dal concetto di epigenesi: l’idea che lo sviluppo comportil’emergere sequenziale di nuove strutture e funzioni risultanti dall’interazione dinamica tra le diverse componenti diun sistema.Il concetto di autorganizzazione, invece, stabilisce che: nuove strutture e schemi di comportamento emergonospontaneamente nel corso dello sviluppo attraverso processi intrinseci al sistema, senza istruzioni esplicite nédall’interno dell’organismo né dall’ambiente.Quest’ultimo aspetto negli ultimi anni ha attirato molto l’attenzione degli studiosi.

▪ Parliamo di Reti confessioniste, indicate anche come reti neurali artificiali, per esplicitare quei modellicomputerizzati liberamente basati sull’elaborazione neurale delle informazioni che si propongono di chiarire ladinamica dei processi cognitivi e di verificare la validità dei modelli dello sviluppo.

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Il Connessionismo si fonda sulla convinzione che l’approccio tradizionale all’unità cognitiva sia fuorviante, perché siconcentra sull’elaborazione seriale di dati. Le reti confessioniste sono sistemi complessi composti di unità semplicicon una gestione delle informazioni in parallelo, attraverso una vasta rete di interconnessioni. Il termine“connessionismo” risale alle opere di Donald Hebb.

CAPITOLO III▪ Con il termine “evoluzione” Darwin indica i continui cambiamenti che avvengono nelle caratteristiche della specieanimale nel corso di generazioni successive, man mano che le specie stesse si adattano al proprio ambiente.

Gli psicologi evoluzionisti fondano il proprio approccio sulla tesi che gli schemi di comportamento comuni agli esseriumani abbiano radici genetiche; l’obiettivo è quello di individuare le caratteristiche psicologiche e definire imeccanismi che garantiscono l’adattamento alle condizioni locali.Il principale meccanismo è la selezione naturale, ossia l’idea secondo la quale le specie maturino un evoluzione chegli permetta di adattarsi all’ambiente.

Col passare degli anni la prospettiva evoluzionistica divenne un ambito di ricerca a se stante, grazie all’operato deineodarwinisti, tra cui Hamilton, Trivers e Wilson, elaboratore della teoria socio-biologica, ossia lo studio di tutti icomportamenti sociali.La psicologia evoluzionistica non aspira a essere una prospettiva alternativa nelle cause del comportamento, bensìsi pone come integrazione.Essa ha preso in considerazione una grande varietà di tematiche, tra cui quella dell’attaccamento, elaborata daBowlby.Bowbly riteneva che il sistema di attaccamento del bambino nei confronti dei genitori dovesse essere paragonato aquando i predatori costituivano un pericolo reale ed era quindi necessario un sistema di difesa che facesse si che i

piccoli ritornassero vicino ai propri caregiver.

▪ Parliamo di etologia per indicare lo studio delle basi biologiche del comportamento.Ognuno di noi possiede degli schemi di comportamento (schemi fissi di azione), complesse sequenzecomportamentali innate, tipiche di una specie. Ciascuno schema è attivato da uno specifico stimolo segnale, laparticolare caratteristica dell’ambiente che attiva uno schema fisso di azione.Il termine etologia fu utilizzato come prospettiva autonoma grazie al contributo di Lorenz e Tinbergen, i qualiritenevano che per uno studio del comportamento fosse necessaria un’osservazione naturalistica.L’etologia umana ha raccolto negli anni un grande numero di dati descrittivi nel comportamento tra cui:- Strumenti di segnalazione sociale nell’infanzia: pianto o sorriso.- Graziosità del bambino: stimolo capace di attirare attenzione o comportamenti affettuosi da parte degli adulti.- Espressioni emotive: risposte geneticamente determinate comuni a tutti gli esseri umani.- Periodi critici: fasi dello sviluppo biologicamente determinate durante le quali l’individuo è più pronto ad acquisireun nuovo schema di comportamento.- Periodi sensibili: fasi dello sviluppo in cui le probabilità che un individuo acquisisca un nuovo schema dicomportamento sono maggiori rispetto ad altri momenti dello sviluppo.

I principali tratti dei periodi critici presentano le seguenti caratteristiche:1. Non istantaneità: uno schema richiede più di una breve o singola esposizione.2. Non irreversibilità: gli effetti prodotti possono essere modificati a contatto con l’ambiente.

Parliamo di processi in attesa di esperienza per indicare quelle vie neurali già presenti alla nascita al fine di gestireesperienze di tipo ambientale. Parliamo di processi dipendenti dall’esperienza, per indicare quelle vie neurali nonspecializzate alla nascita, le cui caratteristiche dipendono dal tipo di input sensoriale cui ciascun individuo èesposto nel corso del tempo.

▪ Con il termine “plasticità cerebrale” intendiamo indicare la flessibilità dell’organizzazione cerebrale, conparticolare riferimento alla capacità delle aree corticali di assumere il controllo delle funzioni di altre aree.Dall’antica Grecia, alla recente frenologia di Gall, si è ritenuto che specifiche funzioni del soggetto fosserolocalizzate in determinate aree del cervello.Un certo grado di plasticità risulta essere una caratteristica intrinseca del cervello.Oggigiorno si è giunti a varie conclusioni legittime, quali:

- Le funzioni linguistiche dipendono generalmente dalle aree corticali dell’emisfero sinistro- L’elaborazione visuo-spaziale è controllata maggiormente dall’emisfero destro- In presenza di deprivazione sensoriale (sordità), ha luogo nel cervello una notevole riorganizzazione.

▪ Parlando di evoluzione non è di certo da sottovalutare una delle tematiche che sta più a cuore alla psicologia,ossia la correlazione e gli effetti prodotti dai geni e dall’ambiente.Parliamo di effetti geni-ambiente per indicare tutti gli aspetti della correlazione tra influenze genetiche e influenzeambientali sul comportamento e sullo sviluppo.Parliamo invece di correlazione geni-ambiente per indicare l’entità del rapporto tra il tipo di esperienze compiutedall’individuo e la sua costituzione genetica.E’ palese il fatto che il soggetto sia il prodotto di entrambi i fattori. Alla luce di quest’affermazione possiamoindicare come “interazione geni-ambiente” gli effetti che i vari tipi di ambiente hanno negli individui e chedifferiscono in base alla costituzione genetica di questi ultimi.Attraverso la scoperta dei geni ha avuto luogo la nascita della genetica comportamentale , il cui scopo è quello distudiare i fattori genetici e ambientali che determinano le differenze di comportamento tra gli individui; il fatto chegeni e ambiente siano entrambi coinvolti nel funzionamento psicologico del soggetto, è un’idea generalmente

condivisa oggi giorno. CAPITOLO N° 4

L’INDIVIDUALITA’

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W.Damon ritiene che nell’analisi dello sviluppo della personalità è utile distinguere tra 2 tendenze evolutive: lasocializzazione e l’individuazione.Socializzazione riguarda i processi attraverso cui il bambino si inserisce nella propria comunità apprendendone leconsuetudini e i valori; in che modo intrattenere relazioni con gli altri, come comunicare in modo da farsi capire ecome regolare le emozioni in modo accettabile.Individuazione Riguarda l’essere diversi dagli altri: si riferisce ai processi attraverso cui il bambino acquisisce unasua specifica identità che lo distingue dagli altri.Il bisogno di definizione di sé è un processo che assume maggior importanza nel corso dell’infanzia e

dell’adolescenza.

 TEMPERAMENTO e COMPATIBILITA’

SIGNIFICATO Il termine si riferisce a caratteristiche individuali biologicamente determinate, presenti fin dalla nascitacon un certo grado di stabilità nel tempo. “ Il modo più efficace di considerare il temperamento è ritenerlo untermine generale che si riferisce al come del comportamento: differisce dall’abilità, che riguarda il che cosa e laqualità del comportamento, e dalla motivazione, che spiega il perché una persona fa quello che fa. Il temperamentoriguarda, piuttosto, il modo in cui una persona si comporta”. Inoltre può anche essere definito come : “L’insieme dicaratteristiche innate che distinguono una persona dall’altra nello stile comportamentale che manifesta’’

ORIGINI L’idea di temperamento come qualità intrinseca agli esseri umani risale al filosofo greco Galeno il qualeaveva elaborato una classificazione con 4 tipi di temperamento ciascuno collegato ad un particolare fluido corporeo( sangue, bile nera, bile gialla e flemma).Solo nella metà del 20° secolo si realizzarono studi sistematici in cui il temperamento veniva esaminato

empiricamente, tra questi il New York Longitudinal Study condotto da Thomas e Chess su 138 persone seguite dallanascita all’età adulta. I cambiamenti evolutivi osservati nel corso dello studio avvenivano nel solco della continuità,nei termini di una serie di dimensioni temperamentali. Furono individuate nove di queste dimensioni deltemperamento: livello di attività, regolarità, avvicinamento-evitamento, adattabilità, soglia sensoriale, intensitàdelle reazioni, qualità dell’umore, distraibilità e durata dell’attenzione.A partire da queste dimensioni Thomas e Chess crearono un’altra suddivisione in 3 tipologie: Bambini facili(adattabili, di umore positivo e dal comportamento regolare), bambini difficili (ipersensibili e spesso di umorenegativo, riluttanti nei confronti dei cambiamenti) e bambini lenti a scaldarsi ( mostrano una combinazione dellecaratteristiche degli altri 2 gruppi)Per superare i punti deboli presenti nello studio longitudinale di NY, quali la sovrapposizione tra dimensioni, sonostati impiegati metodi statistici molto più sofisticati come l’analisi fattoriale.

STATO ATTUALE il temperamento continua ad essere protagonista di molti studi riguardo la variabilità individuale.Sono riportati i temi di ricerca più attuali:- Le dimensioni del temperamento: reattività (umore negativo, irritabilità, rigidità), autoregolazione (controllo delleemozioni e dell’attenzione, perseveranza, non distraibilità) e avvicinamento-evitamento (la tendenza generale a

reagire positivamente o negativamente a situazioni e persone nuove)- Misurazione: I due metodi principali usati x valutare il temperamento sono le descrizioni dei genitori (o in etàsuccessive l’autovalutazione) e l’osservazione (in situazioni della vita reale o in laboratorio)- Ereditabilità: Come è emerso parlando degli effetti geni-ambiente, la sfida maggiore consiste nel comprendere inche modo i fattori genetici e quelli ambientali interagiscono determinando le caratteristiche del comportamento.Riguardo il temperamento l’indice di ereditabilità + elevato sarebbe intorno a 0,60, dunque anche le esperienze divita contribuiscono a determinare l’esito dello sviluppo.- Stabilità: Di rado è presente una stabilità assoluta di un tratto , a causa degli effetti mutevoli dell’esperienza sullestrutture biologiche. Dunque ancora una volta emerge la necessità di studiare i processi attraverso cui ambientidiversi possono indirizzare persone inizialmente simili in direzioni diverse.- Relazione tra temperamento iniziale e successivi tratti di personalità: Il temperamento in se stesso non è del tuttostabile nel corso del tempo, ma ci si domanda se consente di prevedere il tipo di personalità che caratterizzerà unindividuo nell’età adulta. Secondo alcuni autori la risposta a qst interrogativo è affermativa particolari dimensionidel temperamento rilevate in età prescolare mostrano una continuità con le 5 dimensioni della personalitàindividuate nel modello dei Big-Five (estroversione, gradevolezza, coscienziosità, nevroticismo, e apertura

all’esperienza) Tuttavia si tratta solo di ipotesi.

 Temperamento nel contesto poiché ogni predisposizione biologica agisce nel quadro di particolari tipi di ambiente,considerare il temperamento avulso dal contesto non rende giustizia alla sua reale natura. Tale aspetto era giàstato sottolineato da Thomas e Chess, quando avevano formulato il concetto di COMPATIBILITA’. Infatti questoconcetto indica “il grado in cui le caratteristiche temperamentali di una persona si armonizzano con lecaratteristiche dell’ambiente in cui la persona vive”La compatibilità si realizza quando un bambino con un basso livello di controllo emotivo viene accudito da genitoricomprensivi ma fermi: l’incompatibilità è presente invece se un bambino con le stesse caratteristiche ha genitoriimpazienti che applicano una disciplina rigida.La nozione di compatibilità può essere applicata anche alle caratteristiche fisiche dell’ambiente o a culture diverseun bambino tranquillo avrà maggiori probabilità di essere apprezzato nell’Estremo Oriente dove si incoraggianoqualità di questo tipo nei bambini piuttosto che in America.

IL SISTEMA DEL SE’ CONSAPEVOLEZZA DI SE’, CONCETTO DI SE’, STIMA DI SE’

SIGNIFICATO Il concetto del sé è allo stesso tempo molto familiare, perché ciascuno di noi lo considera l’essenzastessa della propria identità individuale, e molto sfuggente, perché non è facile da definire, da descrivere e dastudiare. Dunque il Sé è un insieme altamente complesso e organizzato di molteplici costrutti che pur essendointerrelati esprimono ciascuno una serie di funzioni diverse. Dunque è appropriato parlare di sistema del sé, che

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può essere definito come la teoria sfaccettata che nel corso dello sviluppo tutti noi costruiamo riguardo a chi siamoe a come ci inseriamo nella società, teoria in cui la consapevolezza di sé si fonda su un senso di identitàpermanente. Tale teoria è un punto di riferimento che ci permette di organizzare il comportamento, che determina il modo in cuiinterpretiamo la realtà e selezioniamo le esperienze da compiere e che ci fornisce un senso di continuità.

ORGINI da Socrate a S.Agostino filosofi e teologi hanno formulato varie ipotesi sulla natura del Sé. James fece ilprimo passo verso un’analisi scientifica, propose una distinzione tra due aspetti del Sé che consideravafondamentale x comprendere il concetto:

- L’IO: è il Sé soggettivo, la componente che pensa e sente, che è consapevole della propria unicità e della propriacontinuità personale nel corso del tempo.- IL ME: è il Sé oggettivo, l’oggetto della nostra percezione quando riflettiamo su noi stessi e che quindi rappresentail modo in cui ci definiamo in riferimento a qualità personali. James ipotizzò che il ME avesse 3 elementi costitutivi: il Me spirituale, il Me sociale e il Me materiale, conun’organizzazione gerarchica a più livelli.Oggi vengono si usa il termine ‘consapevolezza di sé’ al posto di ‘Io’ e ‘concetto di sé’ al posto di ‘me’.Gli autori noti come interazionisti simbolici (Baldwin, Cooley e Mead) erano convinti che il Sé fosse una costruzionesociale che si realizzava nel corso delle interazioni del bambino con gli altri, simbolici xkè ritenevano che gli scambilinguistici fossero il canale + importante attraverso cui tale processo aveva luogo. Secondo la nozione di Sé comespecchio di Cooley, i bambini progressivamente interiorizzano le opinioni degli altri, soprattutto delle persone +vicine. Dunque il risultato finale è che crediamo a ciò chi altri pensano di noi senza esperienza sociale non cisarebbe alcun Sé.

L’origine sociale del Sé è un tema ripreso da psicoanalisti come Winnicott, convinto che il compito evolutivo

principale del bambino nei primi mesi di vita fosse differenziarsi dalla madre e stabilire un senso di identitàpersonale Il successo di tale processo dipende dalla qualità della relazione con la madre:qst ultima devecomprendere quando non è opportuno mostrare un coinvolgimento eccessivo nei confronti del bambino perchèaltrimenti questo non acquisirebbe la capacità di stare solo, al contrario un coinvolgimento insufficiente nonpotrebbe fornire l’ambiente di holding di cui un bambino ha bisogno per strutturarsi come persona.Secondo Bowlby (teorico dell’attaccamento), i bambini nel relazionarsi con i propri caregiver, si formanorappresentazioni mentali (modelli operativi interni) delle prime relazioni, delle persone con cui le hanno instaurate equindi di se stessi i bambini che hanno avuto madri sensibili ai loro bisogni nutriranno fiducia in se stessi esvilupperanno un’immagine positiva di sé, i bambini che invece hanno avuto madri poco sensibili con unatteggiamento di rifiuto saranno insicuri e con un’immagine di sé negativa.

STATO ATTUALE Il Sé è stato suddiviso in modi diversi a seconda degli autori, nei loro aspetti specifici. SecondoNeisser è utile distinguere tra 5 tipologie di Sé: ecologico, interpersonale, ricordato, privato e concettuale. Tuttaviadalla maggioranza degli studi empirici sono emersi 3 aspetti:- La CONSAPEVOLEZZA DI SE’ La presa di coscienza da parte del bambino di costituire un essere distinto, separatodagli altri e con una propria identità. Si è concordi sul fatto che la consapevolezza di sé si sviluppi in modo

graduale, attraverso un processo che ha luogo nel corso dei primi 2 anni di vita, ke si caratterizzi per una serie dicomponenti che emergono in tempi diversi nell’arco di questo periodo e che gli elementi essenziali possano dirsiacquisiti quando il bambino è capace di riconoscersi visivamente.- Il CONCETTO DI SE’(immagine di sé o rappresentazione di sé) La specifica rappresentazione mentale che ciascunodi noi si forma di se stesso, per dare una risposta all’interrogativo: Chi sono io? In alcuni casi si è sottolineatal’importanza delle esperienze interpersonali come fattori formativi fondamentali mentre in altri l’interesse si èconcentrato prevalentemente sui meccanismi cognitivi sottostanti, in particolare la memoria autobiografica chefornisce al bambino informazioni sulle proprie esperienze passate, che vengono inglobate nel concetto di sépersonale.- La STIMA DI SE’ (o autostima) Il valore che ciascuno di noi attribuisce alle proprie qualità personali, rispondendoquindi alla domanda Quanto valgo?. Questo concetto di riferisce al senso di competenza e adeguatezza chel’individuo prova in riferimento alle proprie caratteristiche personali. Secondo W.James, questi sentimenti sono infunzione della discrepanza tra il Sé reale e il Sé ideale, tra ciò che l’individuo ha realizzato e ciò che vorrebberealizzare. Sono stati individuati alcuni legami tra stima di sé e salute mentale: livelli di autostima elevati sonoassociati a felicità, livelli bassi a depressione e ansia.

Per misurare il grado di stima di sé sono stati ideati diversi strumenti di autovalutazione, tra cui le scale create daS.Harter in cui si distinguono diversi domini in riferimento ai quali valutare le convinzioni che le persone hanno suse stesse (competenza scolastica, accettazione sociale, aspetto fisico, competenza professionale etc).

Per comprendere il sistema del Sé nel suo complesso sono stati proposti vari modelli teorici, i quali affermano chea) il sistema del Sé sia multidimensionale: b) le dimensioni che lo costituiscono non siano fattori separati mainterrelati e c) queste dimensioni sono organizzate in una struttura gerarchica a più livelli. Secondo Hattie e Marshsi dovrebbe dare la precedenza in futuro a 5 direzioni di ricerca:- Chiarire in che modo le componenti dei livelli inferiori della gerarchia del Sé siano collegate con quelle dei livellisuperiori- Studiare l’influenza della concezione di sé sulla vita personale ed esaminare in che modo l’aumento dell’autostimapuò migliorare la qualità di vita- Analizzare gli effetti dei fattori sociali e culturali sul sistema del Sé-IDENTITA’ SOCIALE e CRISI DI IDENTITA’, IDENTITA’ DI GENERE E IDENTITA’ ETNICA

SIGNIFICATO L’identità personale si riferisce ai sentimenti soggettivi provati da una persona riguardo all’insieme dicaratteristiche della personalità che la distinguono dagli altri e che le danno un senso di unicità. Viene impiegata daalcuni autori come equivalente al concetto di sé.L’identità sociale si riferisce da un lato a ciò che ci rende uguali agli altri in virtù dell’appartenenza a determinati

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gruppi sociali e dall’altro alle caratteristiche che ci distinguono da coloro che fanno parte di gruppi diversi. Puòessere definita come “il senso di appartenenza a particolari gruppi sociali e il senso di differenziazione nei confrontidei membri di altri gruppi”. L’appartenenza si riferisce ad un gruppo psicologico e non ad una mera assegnazioneformale ad un gruppo sociale.L’identità sociale non è uno stato, ossia un’entità destinata a restare uguale una volta formatesi, ma deve essereconcepita come un processo che si sviluppa dinamicamente e può cambiare in reazione a una variazione dellecondizioni.

ORIGINI Il concetto di identità individuale e l’importanza ad esso attribuita sono sempre stati in rapporto con il tipo

do società prevalente. Con la nascita della borghesia, la nozione di identità comincio poi ad assumere importanza econ il tempo raggiunse il rango di concetto scientifico.Erikson, psicoanalista clinico, studiava problemi emotivi dei bambini con disturbi psicologici, le difficoltà degliadolescenti nel trovare il proprio posto nella società ed era convinto che il tema fondamentale riguardassel’identità, intesa come senso di integrità interiore, compito evolutivo principale di ogni individuo lungo tutto l’arcodella vita. Secondo Erikson esistevano otto età dell’uomo e il 5 tra questi, l’adolescenza, era ritenuto la sfida +ardua x i giovani x definire la propria identità individuale. E’ in questa fase infatti che gli adolescenti possonosperimentare una CRISI D’IDENTITA’ “Una fase di confusione e bassa stima di sé che ha luogo come evento normaledurante l’adolescenza”

La mancata risoluzione dei conflitti adolescenziali comporta una continua fase di confusione riguardo al proprioruolo nella vita.La teoria dell’identità sociale di Tajfel, ampliata da Turner nella teoria della categorizzazione del Sé, ha comeprincipale campo di interesse la relazione tra i gruppi una parte considerevole del senso di identità di ciascunapersona deriva proprio dall’appartenenza a particolari gruppi. In parte ciò avviene attraverso il confronto con gruppi

a cui l’individuo non appartiene (outgroup), i quali vengono valutati negativamente rispetto al proprio gruppo.Inoltre l’essere membro di un gruppo dà a ciascuna persona un senso di appartenenza.

STATO ATTUALE i tentativi recenti di definire la natura dell’identità sociale si sono concentrati sull’esame della suamanifestazione in domini specifici come per esempio il genere. L’IDENTITA’ DI GENERE indica “la consapevolezzache ciascun individuo appartiene a un sesso e non all’altro e che i due sessi si distinguono per determinatecaratteristiche fisiche e comportamentali”. Tale identità di scompone di 3 aspetti: la definizione, la stabilità e lacostanza. L’acquisizione dell’identità di genere non avviene in modo automatico, ossia senza l’intervento da partedei bambini.Per quanto riguarda L’IDENTITA’ ETNICA, questa può essere definita come “la consapevolezza di essere membri diuno specifico gruppo etnico unita al senso di appartenenza a quel gruppo”. Essa è costituita da diverse componenti:la salienza (l’importanza che l’appartenenza etnica riveste nel concetto di sé dell’individuo), la centralità(l’abitudine di definirsi in base alla propria etnia) l’ideologia (le credenze e gli atteggiamenti di ciascun individuoriguardo alle azioni dei membri del proprio gruppo etnico) e la considerazione (i sentimenti positivi o negativi neiconfronti della propria etnia).

Sono state individuate varie fasi di sviluppo riguardo l’identità etnica nei bambini:• INDIFFERENZIAZIONE Nei primi 2 anni di vita i bambini mostrano scarsa consapevolezza degli indici percettivi chedistinguono i membri dei diversi gruppi etnici.• CONSAPEVOLEZZA ETNICA La capacità di distinguere le persone in base alla propria etnia comincia a comparireintorno ai 3 anni e può dirsi completamente acquisita a quattro.• IDENTIFICAZIONE ETNICA Si riferisce alla capacità dei bambini di comprendere che appartengono ad unparticolare gruppo etnico e che le altre persone fanno parte di particolari gruppi. Si ritiene che qst capacità vengaraggiunta all’incirca un anno dopo lo sviluppo della consapevolezza etnica.• PREFERENZA ETNICA per il proprio gruppo• COSTANZA ETNICA Comporta la consapevolezza dell’immutabilità etnica, del fatto che l’etnia è una caratteristicacostante che non viene influenzata dai cambiamenti di aspetto o dal modo di fare. Comincia a comparire dopo i 5anni, e nella maggior parte dei bambini, è pienamente sviluppata a sette.

VULNERABILITA’- RESISTENZA e FATTORI DI RISCHIO e FATTORI PROTETTIVI

SIGNIFICATO Esiste una notevole variabilità tra i bambini nel modo di reagire a esperienze di abuso, deprivazione,trascuratezza. Se infatti molti bambini sviluppano forme di disadattamento, altri escono da queste esperienzeapparentemente indenni. Alla base delle differenze individuali in questo ambito vi è un continuum tra vulnerabilitàe resistenza.Vulnerabilità e resistenza possono essere definite come “la predisposizione a sviluppare un funzionamentoinadeguato in seguito a eventi di vita stressanti, contrapposta alla capacità di mantenere un funzionamentocompetente successivamente all’esposizione a fattori di stress”I due termini vengono considerati come le estremità opposte di un continuum: ogni individui può trovarsi inqualsiasi punto tra i due estremi. Inizialmente si riteneva che questi due termini costituissero un tratto fisso,concezione che però oggi viene messa in dubbio in quanto è stato accertato che vi sia variabilità tra le personenella vulnerabilità allo stress a seconda delle situazioni e dell’età.Vulnerabilità e resistenza sono strettamente legate a un’altra coppia di concetti, ossia FATTORI DI RISCHIO eFATTORI PROTETTIVI. Essi si riferiscono rispettivamente a “condizioni che accrescono la probabilità di esitiindesiderati’’ e “condizioni che invece mettono al riparo l’individuo da questo tipo di esiti”La ricerca sui fattori di rischio si propone di individuare i fattori causano o aggravano il disadattamento, loprevengono o lo riducono. Ciò significa che la capacità del bambino di resistere alle avversità dipende sia dalla

natura e dalla gravità di un’esperienza, che dai fattori di rischio.

ORIGINIGli studi sugli effetti di condizioni di abuso, deprivazione, trascuratezza si sono concentrati solo sulleconseguenze negative, senza rendersi conto che alcuni bambini riescono a superare queste esperienze senza

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restarne segnati. Si è compresa quindi la necessità di focalizzarsi anche sulla natura della resistenza.Lois Murphy per definire la capacità del bambino di adattarsi a situazioni di stress , scelse inizialmente il terminecoping, utilizzato anche in riferimento alla capacità di affrontare opportunità e sfide.Un progetto particolarmente rilevante è stato quello realizzato da E. Werner e Smith il cui obiettivo era studiarel’origine della resistenza in bambini nati e cresciuti in condizioni di rischio elevato derivante per esempio dapovertà, malattia o alcolismo di un genitore, disgregazione dell’unità familiare. Molti di questi bambinieffettivamente svilupparono una serie di problemi comportamentali, ma una larga parte di bambini che avevanoaffrontato le stesse condizioni ne era uscita indenne. Per individuare gli elementi che distinguevano qst soggettidagli altri le 2 autrici elencarono una serie di fattori che avevano consentito loro di sfuggire all’effetto negativo

delle condizioni vissute nell’infanzia: un temperamento facile, la presenza di legami stretti con i genitori, maggiornumero di amici intimi .Grazie a studi successivi sono stati individuati altri fattori di rischio e fattori protettivi, che si suddividono in 3gruppi:-TRATTI DI PERSONALITA’ come il temperamento, il successo scolastico e la fiducia in sé stessi-CARATTERISTICHE DELLA FAMIGLIA come coesione, contrasti, povertà, problemi dei genitori e legami diattaccamento-DISPONIBILITA’ DI SISTEMI DI SOSTEGNO ESTERNI forniti da parenti, dalla scuola e dai coetanei.

STATO ATTUALE Sono stati eseguiti numerosi studi sui fattori di rischio e sulla vulnerabilità dei bambini in situazioniavverse. Nell’attività di ricerca si sono succedute tre fasi:1)Inizialmente,lo scopo principale era stabilire i legami tra varie condizioni di rischio ed esiti indesiderati di svilupponei bambini. L’attenzione era rivolta principalmente alla forza della correlazione tra causa ed effetto, senzaconsiderare la variabilità individuale.2)Successivamente si riconobbe la necessità di affinare la conoscenza sia delle condizioni di rischio precipitanti sia

dell’esito per comprendere come i due aspetti fossero collegati. L’esposizione a fattori di rischio non causasolamente livelli diversi di gravità di una patologia, ma anche patologie diverse a seconda degli individui.3)Comporta un cambiamento di prospettiva dalla visione meccanicistica di un collegamento diretto tra avversità edesito negativo, verso un modello + dinamico in cui per ciascun bambino vengono descritte le specifiche traiettorieevolutive che da condizioni di rischio producono alla patologia o invece all’adattamento. Ciò comporta laconsiderazione di tutte le condizioni che potrebbero determinare particolari risultati: influenze moderatrici come lavulnerabilità genetica, il temperamento e il sostegno sociale , in grado di modificare il rapporto tra evento avversoed esito, e influenze mediatrici che hanno un ruolo causale diretto nel determinare il risultato finale.

Nell’odierna attività di ricerca si è andati oltre una semplice elencazione dei fattori di rischio e fattori protettivi xcercare di comprendere le modalità attraverso cui tali fattori esercitano il loro influsso; raramente i fattori di rischioagiscono singolarmente, essi spesso sono in combinazione con altri.La coppia terminologica vulnerabilità-resistenza non viene più considerata un’inclinazione generalizzata, cioè chevalga per qualunque situazione o circostanza. Si è giunti infatti a riconoscere che una persona può essere siavulnerabile sia forte a seconda del contesto in cui è inserita.Le affermazioni riguardanti la vulnerabilità e la resistenza dovrebbero quindi essere basate sul contesto e sul

momento temporalela coppia vulnerabilità-resistenza non deve essere considerata dunque un tratto statico bensìuno dinamico che può manifestarsi in forma diversa a seconda delle circostanze presenti in una determinata fasedella vita.INDIVIDUALISMO-COLLETTIVISMO

SIGNIFICATO “dimensione bipolare che consente di classificare le diverse società in base al grado di priorità datodai loro membri agli obiettivi personali rispetto agli obiettivi del gruppo sociale di appartenenza”Nelle società individualiste, le persone sono animate principalmente dalle proprie predilezioni, dai propri bisogni. Gliindividui sono autonomi e orientati al raggiungimento di obiettivi personali. Sono promessi i valori diautoaffermazione, espressione del sé e realizzazione personale.Nelle società collettiviste, invece, l’enfasi è sul legame con gli altri membri del gruppo: il comportamento socialedel singolo è plasmato da norme, doveri e obblighi che gli vengono imposti. I bambini quindi verranno educati inmodo da promuovere i valori culturali della collaborazione e della dipendenza dagli altri, piuttosto che dellacompetizione e dell’autonomia.

ORIGINIHofstede (1980) propose la dimensione individualismo-collettivismo come una delle + importanti ai finidella classificazione delle culture, dimensione sociale più che psicologica. Tale dimensione è unipolare e comprendeun insieme variegato di differenze nazionali e culturali.

STATO ATTUALE Il concetto di individualismo-collettivismo è ancora attuale e continua a stimolare molte ricerche. Sispazia tuttavia ad una varietà di proposte per un suo ulteriore affinamento, tra cui:- Il concetto di individualismo-collettivismo è stato spesso considerato come se si riferisse a 2 categorie distinte, talix cui una cultura può appartenere o all’una o all’altra. Tuttavia con il tempo si è chiarito che in tutte le culture sonorilevabili segni sia di individualismo sia di collettivismo.- Inizialmente si impiegò il concetto di individualismo-collettivismo come unidimensionale; Triandis (1995) haintrodotto uno schema verticale-orizzontale come ulteriore elemento di categorizzazione. Verticale e orizzontale siriferiscono a differenza e uguaglianza, per cui una persona può appartenere ad un ceto sociale diverso, eall’adesione di una società al principio secondo cui tutti gli individui hanno gli stessi diritti e privilegi. In tal modo èpossibile costruire 4 categorie: individualistica-verticale , individualistica-orizzontale, collettivistica-verticale ecollettivistica-orizzontale.- Una cultura sarebbe più della semplice somma delle caratteristiche dei propri membri individuali e avrebbe

qualità sue proprie. Per contrastare la tendenza a considerare identitici i due livelli di analisi, Triandis, Leung,Villareal e Clark (1985) hanno utlizzato 2 termini per indicare le credenze individuali nel primato nell’autonomiapersonale o della interdipendenza sociale: idiocentrismo e allocentrismo che a livello individuale costituiscono duedimensioni indipendenti.

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Di particolare rilevanza in questa sede sono i rapporti di individualismo e collettivismo con le pratiche disocializzazione adottati dagli adulti:- Se la madre occidentale ritiene che il suo compiti sia quello di aiutare il bambino a passare da una condizione didipendenza ad una di autonomia, la madre giapponese tradizionale considera l’infanzia come un processo che sisvolge nella direzione opposta, dall’autonomia alla dipendenza.- Dal confronto tra scuole materne americane e giapponese, è emerso che il tratto distintivo degli asili asiatici era iltermine gruppismo, ossia tutte le attività venivano eseguite in gruppo rispetto agli asili americani.

Il concetto di individualismo-collettivismo ha dimostrato che l’individualità è un concetto essenzialmente relativo, lacui definizione e importanza dipendono dai valori di ciascuna cultura.

CAPITOLO N° 6

LA COGNIZIONE SOCIALE

La cognizione sociale è o studio del modo in cui comprendiamo noi stessi e gli altri. Il comportamento cognitivo neiconfronti delle persone viene considerato diverso dal comportamento cognitivo riguardante gli oggetti taledifferenziazione si intensifica con il tempo: quando i bambini sono capaci di esprimere la propria consapevolezzadelle caratteristiche mentali degli altri(i motivi che li animano, i loro punti di vista, sentimenti e convinzioni) ecomprendono che le persone si comportano in modo autonomo, questa classificazione in due categorie si consolidadefinitivamente, legittimando lo studio degli aspetti sociali come ambito separato.Secondo Mary Gauvain l’esperienza sociale è una componente essenziale dello sviluppo cognitivo. Vygotskij è statoil sostenitore + influente dell’approccio socioculturale alla cognizione, che ha introdotto nello studio dello sviluppo

cognitivo una prospettiva sociale.

ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE e STRUMENTI CULTURALI, SCAFFOLDING, PARTECIPAZIONE GUIDATA

SIGNIFICATOQuesto concetto è l’aspetto più conosciuto della teoria di Vygotskij. La ZSP (come viene indicata informa abbreviata) esprime la convinzione dell’autore che lo sviluppo cognitivo del bambino sia il risultatodell’interazione con persone + esperte e competenti, disponibili a fornirgli guida e sostegno nelle situazioni in cui ènecessario risolvere i problemi. La ZSP è quindi “l’area intermedia tra ciò che i bambini sanno già fare e ciò chesono in grado di imparare con una guida’’Si tratta di quella zona in cui il bambino pur non padreggiando ancora autonomamente una particolare abilità, puòessere aiutato ad esprimersi al massimo delle proprie possibilità grazie alla presenza di una persona adulta cheadegui le richieste al suo ritmo. La ZSP è espressione della tesi di fondo di Vygotskij, secondo cui lo sviluppocognitivo avviene xke il bambino è inserito in un contesto sociale circondato da persone con un maggior grado dicompetenza. Lo sviluppo cognitivo può quindi essere considerato una progressione dall’intermentaleall’intramentale, dalla regolazione condivisa all’autoregolazione.Secondo Vygotskij la ZSP ha un’altra funzione, legata alla valutazione dell’intelligenza i bambini esprimono al

meglio le loro potenzialità quando lavorano insieme ad una persona + competente rispetto a quando sono da soli.Dunque la capacità dei bambini di trarre vantaggio dalla guida degli altri può dirci molto di + sulle loro futurecapacità di qnt possano farlo i tentativi di risolvere un problema senza alcun aiuto.

ORIGINI Vygotskij non formulò la sua teoria in opposizione alla concezione piagetiana del bambino come discentesolitario. La ZSP rappresenta secondo qst studioso il contesto in cui avviene la trasmissione della sapienza dallegenerazioni precedenti alle nuove. E dunque ha un ruolo essenziale nel far entrare il bambino in contatto con lacultura.

Vygotskij ricorse al concetto di STRUMENTI CULTURALI, come “i mezzi psicologici e tecnologici perfezionati nel corsodella storia di ogni società allo scopo di sostenere ed ampliare la nostra comprensione del mondo” Strumentipsicologici:linguaggio, scrittura, sistemi di calcolo, teorie scientifiche Strumenti tecnologici: libri, orologi, calendari,calcolatori e computer.Ma lo strumento culturale + importante è il linguaggio, che costituisce il mezzo privilegiato per tramandarel’esperienza accumulata dalla società. Per il bambino, il linguaggio è fin dall’inizio parte integrante degli scambi

sociali che intrattiene con le persone che si prendono cura di lui e che adattano la complessità e il contenuto delleloro espressioni verbali alle sue abilità di comprensioneCon il tempo la sua funzione si amplia e fa la sua comparsa il linguaggio privato( che Piaget chiamava egocentrico),con cui i bambini parlano tra sé e sé per regolare il proprio comportamento. Qst tipo di linguaggio verrà poisostituito dal linguaggio interiore, che rappresenta una prima forma di pensiero anche in questo caso una funzioneessenzialmente sociale si evolve nel principale strumento di funzionamento cognitivo.Vygotskij non formulò una teoria compiuta. Il suo obiettivo era quello di comprendere i processi che portavano ilbambino a diventare adulti, in modo da contribuire a creare una società socialista migliore. Egli si estendeva oltre lapsicologia per comprendere la storia, la sociologia, la politica, l’economia, l’educazione e la linguistica, ambiti checonsiderava tutti egualmente importanti x lo studio dello sviluppo individuale. Infatti la sua teoria viene definita siacome socioculturale, storico-sociale e socio cognitiva.

STATO ATTUALE Negli ultimi decenni le opere di Vygotskij hanno suscitato enorme interesse. La nozione di ZSP harappresentato la base di partenza per molti studi successivi. Tuttavia sono state dirette molte critiche riguardo aiseguenti aspetti:- Insufficiente definizione dei processi. La ZSP secondo i critici non specificherebbe la molteplicità e la diversità dei

processi coinvolti né fornirebbe indicazioni sulle variazioni che si possono prevedere nelle zone di sviluppoprossimale a seconda dei domini o dei contesti.- Mancanza di considerazione per gli aspetti evolutivi. Vygotskij avrebbe concepito un prototipo di bambino cheagirebbe nella ZSP sempre nello stesso modo, a 2 anni come a 12. Non si tiene in considerazione la comparsa di

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nuovi motivi, bisogni e abilità.- Disinteresse per l’individualità del bambino. Vygotskij non affrontò mai il tema delle differenze individuali inaspetti come lo stile di apprendimento, la motivazione e la regolazione emotiva, né si occupo della qualità dellarelazione adulto-bambino.- Insufficiente definizione delle modalità con cui si realizza l’apprendimento. Vygotskij non specificò nei dettagli iprocessi che hanno luogo tra il bambino e il suo partner e che portano il bambino ad interiorizzare parti del compitocome abilità proprie.

Un tentativo di fornire una risposta all’ultimo interrogativo si basa sul concetto di SCAFFOLDING, formulato da

Wood, Bruner e Ross: “il processo attraverso cui un partner + esperto offre il proprio aiuto a un bambino per larisoluzione di un problema, adeguando il tipo e la quantità di aiuto al livello di prestazione del bambino’’ Perstabilire quello che gli adulti fanno quando eseguono un compito insieme ad un bambino per aiutarlo a diventarecapace di risolverlo da solo, Wood e colleghi hanno osservato le tecniche di insegnamento adottate dalle madri coni propri figli di età compresa tra i 3 e i 4 anni quando questi dovevano eseguire un compito di costruzione con i cubiche all’inizio non riuscivano a completare da soli è stato possibile individuare due regole che le madri sembravanoseguire: 1) quando il bambino sembrava essere in difficoltà, l’adulto doveva dargli un aiuto maggiore 2) quando ilbambino se la cavava bene l’adulto doveva ridurre il proprio aiuto.Le due regole di contingenza indicano che il comportamento dell’adulto si modifica costantemente in base alleprestazioni del bambino, portandolo man mano alla padronanza finale. Anche questo concetto è stato criticato,perché si ritiene che non presti sufficiente attenzione ai processi comunicativi che hanno luogo nell’interazioneadulto-bambino.L’approccio basato sulla PARTECIPAZIONE GUIDATA ha cercato di correggere queste carenze Termine coniato daBarbara Rogoff, è “il processo che vede i bambini realizzare il proprio sviluppo attraverso il coinvolgimento nellepratiche peculiari della comunità di cui fanno parte”

Rogoff ha sottolineato come, nello sviluppo del bambino, esso e l’adulto abbiano ruoli complementari: di guida allepratiche culturali quello dell’adulto, di apprendista, partecipante che contribuisce attivamente al compito su cui siconcentra, quello del bambino.

Secondo il tema generale formulato da Vygotskij, Rogoff e altri sostenitori, per comprendere lo sviluppo cognitivo ènecessario riconoscere l’origine sociale dei processi mentali e divenire consapevole che le funzioni cognitive nonrappresentino esclusivamente un fatto individuale lo studio dell’ io viene quindi abbandonato a favore dellemodalità sociali, culturali e storicamente determinate.

EGOCENTRISMO

SIGNIFICATO usato da Piaget per spiegare le caratteristiche cognitive dei bambini, egocentrismo indica “la tendenzadei bambini a percepire il mondo esclusivamente dalla propria prospettiva, senza essere consapevoli del fatto chele altre persone potrebbero avere punti di vista diversi” . L’egocentrismo non indica un’attribuzione intenzionale; inun bambino piccolo assume la forma di mancanza di consapevolezza del fatto che le altre persone possano averepunti di vista diversi dal proprio il bambino presume inconsapevolmente che la propria prospettiva venga condivisa

da chiunque altro.Piaget era convinto che l’egocentrismo fosse espressione di uno stato cognitivo generalizzato prevalente neibambini piccoli, per il quale egli impiegò il termine di CENTRAZIONE, che indica “la tendenza a concentrarsisolamente su una particolare caratteristica di un oggetto o di una situazione alla volta, escludendo ogni altracaratteristica potenzialmente rilevante”Quando il bambino diverrà capace di spostare l’attenzione in modo flessibile da una dimensione all’altra e di tenereconto di entrambe contemporaneamente si parlerà di decentramento(come definito da Piaget)

ORIGINI L’egocentrismo, concetto fondamentale della teoria di Piaget, ha implicazioni per molteplici aspetti delcomportamento:- Egocentrismo percettivo. Si riferisce alla supposizione da parte del bambino che gli altri vedano un particolareoggetto o una determinata scena nello stesso modo in cui li vede lui. (Compito delle 3 montagne: i bambiniindicano la foto che corrisponde a ciò che si vede nella loro posizione)- Egocentrismo comunicativo. E’ visibile nelle conversazioni che i bambini piccoli intrattengono tra di loro: ciascunoparla dei propri interessi, senza ricollegarsi a quello che dice l’altro, contribuendo a realizzare quello che Piaget

definì monologo collettivo.- Gioco tra pari. Il gioco tende ad assumere la forma di gioco parallelo anziché di gioco condiviso, perché i bambininn hanno ancora sviluppato la capacità di collegare il proprio contributo individuale a quello degli altri per giungeread un prodotto collettivo.- Comprensione morale. Nei primi anni di vita i bambini credono che le regole morali dipendano esclusivamentedall’autorità dei propri genitori. Solo nel corso dello sviluppo i bambini si rendono conto che le circostanze possonomodificare le regole.Piaget interpretò come manifestazioni di egocentrismo anche altri fenomeni: l’animismo, ossia la tendenza deibambini piccoli ad attribuire una coscienza a oggetti inanimati, e il realismo, la convinzione che i fenomenipsicologici come i pensieri e i sogni abbiano esistenza materiale.

STATO ATTUALE l’egocentrismo è un concetto utile per caratterizzare l’approccio dei bambini piccoli al mondo è ilcaso di un’ampia serie di funzioni, tra cui il problem solving, l’attività ludica, l’orientamento nello spazio e lacomunicazione: questi ambiti indicano la presenza fin dalla prima infanzia di una marcata tendenza ad esserecentrati su se stessi e avere difficoltà nell’adottare un punto di vista + flessibile.Alcuni studi hanno però dimostrato che alcuni bambini riescono molto prima dei 6 anni ad agire almeno in parte in

modo non egocentrico:- A un gruppo di bambini in età prescolare sono state fatte ascoltare delle storie riguardanti eventi con una fortecarica emotiva che avevano come protagonisti dei bambini successivamente ai partecipanti allo studio venivachiesto di indicare i sentimenti provati dai protagonisti di ciascuna delle storie. Già a 3 anni i bambini erano

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diventati abili nel riconoscere i sentimenti che 1 altra persona avrebbe potuto provare in una determinatasituazione.- Alcuni bambini di 4 anni , messi in coppia di volta in volta con 1 adulto, 1 coetaneo e un bambino di 2 anni,adottavano del tutto istintivamente il proprio modo di parlare al livello di sviluppo dell’interlocutore.Questi studi e quelli sulla teoria della mente hanno dimostrato che anche bambini molto piccoli sono già in grado diriconoscere ed immedesimarsi nelle emozioni altrui nonché di rendersi conto che gli altri possono sapere qualcosache a loro non è noto.L’egocentrismo deve essere considerato come concetto dominio-specifico.Anche se l’egocentrismo viene solitamente considerato in termini negativi, Bjorklund sostiene che i bambini piccoli

devono necessariamente ‘autocentrati’ per non lasciarsi distrarre dal modo di pensare e sentire degli altri e perportare avanti così in modo + efficiente il proprio processo di apprendimento pertanto se considerato dal punto divista evolutivo, l’egocentrismo non comporta svantaggi ma benefici. TEORIA DELLA MENTE e DISTINZIONE REALTA’-APPARENZA

SIGNIFICATO Gli adulti considerano le altre persone non solo come esseri dotati di proprietà fisiche, ma anche comeindividui caratterizzati da stati mentali interni(emozioni, desideri,credenze, pensieri e intenzioni) Quindi ricorrono aduna teoria della mente, che può essere definita come “la comprensione intuitiva che le persone hanno degli statimentali propri e altrui”. Si parla anche dei termini lettura o comprensione della mente e mentalizzazioneSi rendono necessarie 2 precisazioni: 1)il termine teoria è giustificato dal fatto che la conoscenza degli stati mentalisi basa su inferenze: uno stato mentale infatti non è direttamente osservabile ma si desume dalle sue espressionimanifeste. Si tratta quindi di teorie intuitive o teorie ingenue, che si costruiscono a partire dalla consapevolezzaindividuale 2) In passato si è verificato un certo grado di disaccordo sugli aspetti da includere nella categoria distati mentali rilevante per la teoria della mente vengono inclusi solo gli stati che consentono un raggiungimento diuna teoria della mente matura simile a quella degli adulti, quindi sono esclusi stati come desiderio, emozione e

percezione x concentrarsi sulla capacità del bambino di comprendere stati + complessi come le credenze.

Intorno all’età di 4 anni i bambini cominciano a comprendere che il contenuto mentale non è solo una copia dellarealtà, ma una sua interpretazione la mente non è solo uno strumento percettivo, ma è anche capace di formarsi leproprie rappresentazioni dell’esperienza.I bambini piccoli presumono che le convinzioni di una persona siano una copia fedele della realtà e non riescono acomprendere che gli altri possano avere credenze diverse riguardo ad un evento.Successivamente il bambino si rende conto che le persone agiscono sulla base di informazioni così come sonorappresentate nella loro mente, anche se queste possono essere fuorvianti e indurre un comportamento basato suuna credenza errata Compito dello spostamento inaspettato (barretta di cioccolato spostata da un contenitoreall’altro)Alcuni risultati sembrano indicare che le prove di una transizione nella comprensione della mente sia una tendenzavisibile nel rapporto teorico ed empirico con lo sviluppo della capacità di comprendere la DISTINZIONE REALTA’-APPARENZA “consapevolezza che le cose possono essere diverse da come sembrano”.Come hanno dimostrato Flavell e Green i bambini di 3 anni non sono ancora in grado di compiere questadistinzione. Entro i 4 anni essi divengono capaci di tenere conto contemporaneamente di 2 impressioni

apparentemente contraddittorie e comprendono che una è reale e l’altra è solo apparente comparsa di unaconcezione rappresentazionale della mente

ORIGINILa ricerca riguardo la teoria della mente ha preso avvio nella seconda metà del XX secolo. Come illustratoda Wellman, Cross e Watson vi è oggi un accordo generale nella letteratura a proposito del fatto che lacomprensione della falsa credenza emerga tra i 3 e i 5 anni.Bartsch e Wellman sostengono che i bambini già dopo i 2 anni parlino di stati mentali, in particolare di desideri. Dai4 anni, invece, compare la consapevolezza delle credenze e dei pensieri degli altri.Gli studi che hanno individuato i cambiamenti a età successive, hanno consentito di delineare un quadro completodello sviluppo della teoria della mente.- Dalla prima infanzia sono presenti i ‘precursori forti’, x indicare come i bambini posseggano 1 conoscenza basilaredei fenomeni mentali che li distingue dai fenomeni fisici (Il bambino che indica col dito un oggetto per condividerel’interesse con la mamma, sa che l’attenzione di quest’ultima è concentrata su qualcosa di diverso e che quindideve reindirizzarla x realizzare una condivisione)- Dopo i 2 anni i bambini dimostrano una comprensione di stati non rappresentazionali come il desiderio quindi

sanno che particolari tipi di azione derivano da specifici stati di desiderio e acquisiscono quella che Wellmandefinisce psicologia del desiderio.- Solo all’età di 4 anni tuttavia i bambini acquisiscono la cosiddetta psicologia della credenza-desiderio ora ibambini sanno che la credenza di una persona può differire non solo da ciò che sta accadendo nella realtà maanche dalla credenza che essi stessi hanno.

STATO ATTUALE L’attenzione si è spostata su altri 2 temi :1) Gli effetti dell’esperienza sociale sullo sviluppo delle abilità di teoria della mente l’esperienza sociale ha un ruolonelle differenze individuali nell’età di raggiungimento di tappe fondamentali come la comprensione della falsacredenza. Differenze culturali, socio-ecnonomiche, lo stile educativo adottato dai genitori sembrano avereun’influenza a riguardo. Un aspetto fondamentale dell’esperienza sociale è il linguaggio cui i bambini sono esposti.2) Deficit nelle abilità di comprensione della mente riscontrato nei bambini con autismo i Secondo Baron-Cohen(1995) i bambini autistici soffrirebbero di cecità mentale, ossia l’incapacità di concettualizzare l’altro come esseredotato di stati mentali. E’ indubbio che essi non riescano a completare molti compiti analoghi a quello della falsacredenza, tra cui la comprensione di intenzioni, inganni, emozioni complesse battute e finzione.

Resta una notevole incertezza riguardo ai meccanismi alla base di questo sviluppo: è possibile distinguere ariguardo 3 prospettive teoriche:- Secondo la posizione della teoria della teoria, i bambini passano attraverso una serie di cambiamenti nelle proprieteorie della mente, in cui ciascuna teoria viene sostituita di volta in volta da una versione + elaborata ed accurata.

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Almeno due di questi cambiamenti avvengono nei primi 5 anni di vita: il primo quando il bambino acquisisce lapsicologia del desideri (2 anni), il secondo quando la psicologia del desiderio viene sostituita dalla psicologia dellacredenza-desiderio (4 anni). In questa posizione teorica si attribuisce all’esperienza sociale un ruolo formativo diprimaria importanza.- Secondo la teoria del modulo innato (Leslie), l’evoluzione della teoria della mente è da ricondurre a fattori innati:tutti noi verremmo al mondo con un meccanismo di elaborazione predisposto a comprendere gli stati mentali;meccanismo inteso come modulo dominio-specifico presente nel cervello. Secondo questa posizione, l’esperienzasociale avrebbe la funzione di attivare il meccanismo e non influirebbe sulla sua natura.- La teoria della simulazione(Harris) sostiene che i bambini acquisiscono la capacità di comprendere la mente altrui

perché sono in grado di simulare come si sentirebbero o cosa penserebbero in una data situazione. Quindi non ènecessario ricorrere ad uno strumento esplicativo complesso quanto una teoria, perchè possediamo già una

conoscenza degli stati mentali a partire dalla nostra esperienza personale. CAPITOLO N° 4

L’INDIVIDUALITA’

W.Damon ritiene che nell’analisi dello sviluppo della personalità è utile distinguere tra 2 tendenze evolutive: lasocializzazione e l’individuazione.Socializzazione riguarda i processi attraverso cui il bambino si inserisce nella propria comunità apprendendone leconsuetudini e i valori; in che modo intrattenere relazioni con gli altri, come comunicare in modo da farsi capire ecome regolare le emozioni in modo accettabile.Individuazione Riguarda l’essere diversi dagli altri: si riferisce ai processi attraverso cui il bambino acquisisce unasua specifica identità che lo distingue dagli altri.Il bisogno di definizione di sé è un processo che assume maggior importanza nel corso dell’infanzia e

dell’adolescenza.

 TEMPERAMENTO e COMPATIBILITA’

SIGNIFICATO Il termine si riferisce a caratteristiche individuali biologicamente determinate, presenti fin dalla nascitacon un certo grado di stabilità nel tempo. “ Il modo più efficace di considerare il temperamento è ritenerlo untermine generale che si riferisce al come del comportamento: differisce dall’abilità, che riguarda il che cosa e laqualità del comportamento, e dalla motivazione, che spiega il perché una persona fa quello che fa. Il temperamentoriguarda, piuttosto, il modo in cui una persona si comporta”. Inoltre può anche essere definito come : “L’insieme dicaratteristiche innate che distinguono una persona dall’altra nello stile comportamentale che manifesta’’

ORIGINI L’idea di temperamento come qualità intrinseca agli esseri umani risale al filosofo greco Galeno il qualeaveva elaborato una classificazione con 4 tipi di temperamento ciascuno collegato ad un particolare fluido corporeo( sangue, bile nera, bile gialla e flemma).Solo nella metà del 20° secolo si realizzarono studi sistematici in cui il temperamento veniva esaminato

empiricamente, tra questi il New York Longitudinal Study condotto da Thomas e Chess su 138 persone seguite dallanascita all’età adulta. I cambiamenti evolutivi osservati nel corso dello studio avvenivano nel solco della continuità,nei termini di una serie di dimensioni temperamentali. Furono individuate nove di queste dimensioni deltemperamento: livello di attività, regolarità, avvicinamento-evitamento, adattabilità, soglia sensoriale, intensitàdelle reazioni, qualità dell’umore, distraibilità e durata dell’attenzione.A partire da queste dimensioni Thomas e Chess crearono un’altra suddivisione in 3 tipologie: Bambini facili(adattabili, di umore positivo e dal comportamento regolare), bambini difficili (ipersensibili e spesso di umorenegativo, riluttanti nei confronti dei cambiamenti) e bambini lenti a scaldarsi ( mostrano una combinazione dellecaratteristiche degli altri 2 gruppi)Per superare i punti deboli presenti nello studio longitudinale di NY, quali la sovrapposizione tra dimensioni, sonostati impiegati metodi statistici molto più sofisticati come l’analisi fattoriale.

STATO ATTUALE il temperamento continua ad essere protagonista di molti studi riguardo la variabilità individuale.Sono riportati i temi di ricerca più attuali:- Le dimensioni del temperamento: reattività (umore negativo, irritabilità, rigidità), autoregolazione (controllo delleemozioni e dell’attenzione, perseveranza, non distraibilità) e avvicinamento-evitamento (la tendenza generale a

reagire positivamente o negativamente a situazioni e persone nuove)- Misurazione: I due metodi principali usati x valutare il temperamento sono le descrizioni dei genitori (o in etàsuccessive l’autovalutazione) e l’osservazione (in situazioni della vita reale o in laboratorio)- Ereditabilità: Come è emerso parlando degli effetti geni-ambiente, la sfida maggiore consiste nel comprendere inche modo i fattori genetici e quelli ambientali interagiscono determinando le caratteristiche del comportamento.Riguardo il temperamento l’indice di ereditabilità + elevato sarebbe intorno a 0,60, dunque anche le esperienze divita contribuiscono a determinare l’esito dello sviluppo.- Stabilità: Di rado è presente una stabilità assoluta di un tratto , a causa degli effetti mutevoli dell’esperienza sullestrutture biologiche. Dunque ancora una volta emerge la necessità di studiare i processi attraverso cui ambientidiversi possono indirizzare persone inizialmente simili in direzioni diverse.- Relazione tra temperamento iniziale e successivi tratti di personalità: Il temperamento in se stesso non è del tuttostabile nel corso del tempo, ma ci si domanda se consente di prevedere il tipo di personalità che caratterizzerà unindividuo nell’età adulta. Secondo alcuni autori la risposta a qst interrogativo è affermativa particolari dimensionidel temperamento rilevate in età prescolare mostrano una continuità con le 5 dimensioni della personalitàindividuate nel modello dei Big-Five (estroversione, gradevolezza, coscienziosità, nevroticismo, e apertura

all’esperienza) Tuttavia si tratta solo di ipotesi.

 Temperamento nel contesto poiché ogni predisposizione biologica agisce nel quadro di particolari tipi di ambiente,considerare il temperamento avulso dal contesto non rende giustizia alla sua reale natura. Tale aspetto era giàstato sottolineato da Thomas e Chess, quando avevano formulato il concetto di COMPATIBILITA’. Infatti questo

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concetto indica “il grado in cui le caratteristiche temperamentali di una persona si armonizzano con lecaratteristiche dell’ambiente in cui la persona vive”La compatibilità si realizza quando un bambino con un basso livello di controllo emotivo viene accudito da genitoricomprensivi ma fermi: l’incompatibilità è presente invece se un bambino con le stesse caratteristiche ha genitoriimpazienti che applicano una disciplina rigida.La nozione di compatibilità può essere applicata anche alle caratteristiche fisiche dell’ambiente o a culture diverseun bambino tranquillo avrà maggiori probabilità di essere apprezzato nell’Estremo Oriente dove si incoraggianoqualità di questo tipo nei bambini piuttosto che in America.

IL SISTEMA DEL SE’ CONSAPEVOLEZZA DI SE’, CONCETTO DI SE’, STIMA DI SE’

SIGNIFICATO Il concetto del sé è allo stesso tempo molto familiare, perché ciascuno di noi lo considera l’essenzastessa della propria identità individuale, e molto sfuggente, perché non è facile da definire, da descrivere e dastudiare. Dunque il Sé è un insieme altamente complesso e organizzato di molteplici costrutti che pur essendointerrelati esprimono ciascuno una serie di funzioni diverse. Dunque è appropriato parlare di sistema del sé, chepuò essere definito come la teoria sfaccettata che nel corso dello sviluppo tutti noi costruiamo riguardo a chi siamoe a come ci inseriamo nella società, teoria in cui la consapevolezza di sé si fonda su un senso di identitàpermanente. Tale teoria è un punto di riferimento che ci permette di organizzare il comportamento, che determina il modo in cuiinterpretiamo la realtà e selezioniamo le esperienze da compiere e che ci fornisce un senso di continuità.

ORGINI da Socrate a S.Agostino filosofi e teologi hanno formulato varie ipotesi sulla natura del Sé. James fece ilprimo passo verso un’analisi scientifica, propose una distinzione tra due aspetti del Sé che consideravafondamentale x comprendere il concetto:

- L’IO: è il Sé soggettivo, la componente che pensa e sente, che è consapevole della propria unicità e della propriacontinuità personale nel corso del tempo.- IL ME: è il Sé oggettivo, l’oggetto della nostra percezione quando riflettiamo su noi stessi e che quindi rappresentail modo in cui ci definiamo in riferimento a qualità personali. James ipotizzò che il ME avesse 3 elementi costitutivi: il Me spirituale, il Me sociale e il Me materiale, conun’organizzazione gerarchica a più livelli.Oggi vengono si usa il termine ‘consapevolezza di sé’ al posto di ‘Io’ e ‘concetto di sé’ al posto di ‘me’.Gli autori noti come interazionisti simbolici (Baldwin, Cooley e Mead) erano convinti che il Sé fosse una costruzionesociale che si realizzava nel corso delle interazioni del bambino con gli altri, simbolici xkè ritenevano che gli scambilinguistici fossero il canale + importante attraverso cui tale processo aveva luogo. Secondo la nozione di Sé comespecchio di Cooley, i bambini progressivamente interiorizzano le opinioni degli altri, soprattutto delle persone +vicine. Dunque il risultato finale è che crediamo a ciò chi altri pensano di noi senza esperienza sociale non cisarebbe alcun Sé.

L’origine sociale del Sé è un tema ripreso da psicoanalisti come Winnicott, convinto che il compito evolutivoprincipale del bambino nei primi mesi di vita fosse differenziarsi dalla madre e stabilire un senso di identità

personale Il successo di tale processo dipende dalla qualità della relazione con la madre:qst ultima devecomprendere quando non è opportuno mostrare un coinvolgimento eccessivo nei confronti del bambino perchèaltrimenti questo non acquisirebbe la capacità di stare solo, al contrario un coinvolgimento insufficiente nonpotrebbe fornire l’ambiente di holding di cui un bambino ha bisogno per strutturarsi come persona.Secondo Bowlby (teorico dell’attaccamento), i bambini nel relazionarsi con i propri caregiver, si formanorappresentazioni mentali (modelli operativi interni) delle prime relazioni, delle persone con cui le hanno instaurate equindi di se stessi i bambini che hanno avuto madri sensibili ai loro bisogni nutriranno fiducia in se stessi esvilupperanno un’immagine positiva di sé, i bambini che invece hanno avuto madri poco sensibili con unatteggiamento di rifiuto saranno insicuri e con un’immagine di sé negativa.

STATO ATTUALE Il Sé è stato suddiviso in modi diversi a seconda degli autori, nei loro aspetti specifici. SecondoNeisser è utile distinguere tra 5 tipologie di Sé: ecologico, interpersonale, ricordato, privato e concettuale. Tuttaviadalla maggioranza degli studi empirici sono emersi 3 aspetti:- La CONSAPEVOLEZZA DI SE’ La presa di coscienza da parte del bambino di costituire un essere distinto, separatodagli altri e con una propria identità. Si è concordi sul fatto che la consapevolezza di sé si sviluppi in modo

graduale, attraverso un processo che ha luogo nel corso dei primi 2 anni di vita, ke si caratterizzi per una serie dicomponenti che emergono in tempi diversi nell’arco di questo periodo e che gli elementi essenziali possano dirsiacquisiti quando il bambino è capace di riconoscersi visivamente.- Il CONCETTO DI SE’(immagine di sé o rappresentazione di sé) La specifica rappresentazione mentale che ciascunodi noi si forma di se stesso, per dare una risposta all’interrogativo: Chi sono io? In alcuni casi si è sottolineatal’importanza delle esperienze interpersonali come fattori formativi fondamentali mentre in altri l’interesse si èconcentrato prevalentemente sui meccanismi cognitivi sottostanti, in particolare la memoria autobiografica chefornisce al bambino informazioni sulle proprie esperienze passate, che vengono inglobate nel concetto di sépersonale.- La STIMA DI SE’ (o autostima) Il valore che ciascuno di noi attribuisce alle proprie qualità personali, rispondendoquindi alla domanda Quanto valgo?. Questo concetto di riferisce al senso di competenza e adeguatezza chel’individuo prova in riferimento alle proprie caratteristiche personali. Secondo W.James, questi sentimenti sono infunzione della discrepanza tra il Sé reale e il Sé ideale, tra ciò che l’individuo ha realizzato e ciò che vorrebberealizzare. Sono stati individuati alcuni legami tra stima di sé e salute mentale: livelli di autostima elevati sonoassociati a felicità, livelli bassi a depressione e ansia.Per misurare il grado di stima di sé sono stati ideati diversi strumenti di autovalutazione, tra cui le scale create da

S.Harter in cui si distinguono diversi domini in riferimento ai quali valutare le convinzioni che le persone hanno suse stesse (competenza scolastica, accettazione sociale, aspetto fisico, competenza professionale etc).

Per comprendere il sistema del Sé nel suo complesso sono stati proposti vari modelli teorici, i quali affermano che

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a) il sistema del Sé sia multidimensionale: b) le dimensioni che lo costituiscono non siano fattori separati mainterrelati e c) queste dimensioni sono organizzate in una struttura gerarchica a più livelli. Secondo Hattie e Marshsi dovrebbe dare la precedenza in futuro a 5 direzioni di ricerca:- Chiarire in che modo le componenti dei livelli inferiori della gerarchia del Sé siano collegate con quelle dei livellisuperiori- Studiare l’influenza della concezione di sé sulla vita personale ed esaminare in che modo l’aumento dell’autostimapuò migliorare la qualità di vita- Analizzare gli effetti dei fattori sociali e culturali sul sistema del Sé-

IDENTITA’ SOCIALE e CRISI DI IDENTITA’, IDENTITA’ DI GENERE E IDENTITA’ ETNICA

SIGNIFICATO L’identità personale si riferisce ai sentimenti soggettivi provati da una persona riguardo all’insieme dicaratteristiche della personalità che la distinguono dagli altri e che le danno un senso di unicità. Viene impiegata daalcuni autori come equivalente al concetto di sé.L’identità sociale si riferisce da un lato a ciò che ci rende uguali agli altri in virtù dell’appartenenza a determinatigruppi sociali e dall’altro alle caratteristiche che ci distinguono da coloro che fanno parte di gruppi diversi. Puòessere definita come “il senso di appartenenza a particolari gruppi sociali e il senso di differenziazione nei confrontidei membri di altri gruppi”. L’appartenenza si riferisce ad un gruppo psicologico e non ad una mera assegnazioneformale ad un gruppo sociale.L’identità sociale non è uno stato, ossia un’entità destinata a restare uguale una volta formatesi, ma deve essereconcepita come un processo che si sviluppa dinamicamente e può cambiare in reazione a una variazione dellecondizioni.

ORIGINI Il concetto di identità individuale e l’importanza ad esso attribuita sono sempre stati in rapporto con il tipo

do società prevalente. Con la nascita della borghesia, la nozione di identità comincio poi ad assumere importanza econ il tempo raggiunse il rango di concetto scientifico.Erikson, psicoanalista clinico, studiava problemi emotivi dei bambini con disturbi psicologici, le difficoltà degliadolescenti nel trovare il proprio posto nella società ed era convinto che il tema fondamentale riguardassel’identità, intesa come senso di integrità interiore, compito evolutivo principale di ogni individuo lungo tutto l’arcodella vita. Secondo Erikson esistevano otto età dell’uomo e il 5 tra questi, l’adolescenza, era ritenuto la sfida +ardua x i giovani x definire la propria identità individuale. E’ in questa fase infatti che gli adolescenti possonosperimentare una CRISI D’IDENTITA’ “Una fase di confusione e bassa stima di sé che ha luogo come evento normaledurante l’adolescenza”

La mancata risoluzione dei conflitti adolescenziali comporta una continua fase di confusione riguardo al proprioruolo nella vita.La teoria dell’identità sociale di Tajfel, ampliata da Turner nella teoria della categorizzazione del Sé, ha comeprincipale campo di interesse la relazione tra i gruppi una parte considerevole del senso di identità di ciascunapersona deriva proprio dall’appartenenza a particolari gruppi. In parte ciò avviene attraverso il confronto con gruppia cui l’individuo non appartiene (outgroup), i quali vengono valutati negativamente rispetto al proprio gruppo.

Inoltre l’essere membro di un gruppo dà a ciascuna persona un senso di appartenenza.

STATO ATTUALE i tentativi recenti di definire la natura dell’identità sociale si sono concentrati sull’esame della suamanifestazione in domini specifici come per esempio il genere. L’IDENTITA’ DI GENERE indica “la consapevolezzache ciascun individuo appartiene a un sesso e non all’altro e che i due sessi si distinguono per determinatecaratteristiche fisiche e comportamentali”. Tale identità di scompone di 3 aspetti: la definizione, la stabilità e lacostanza. L’acquisizione dell’identità di genere non avviene in modo automatico, ossia senza l’intervento da partedei bambini.Per quanto riguarda L’IDENTITA’ ETNICA, questa può essere definita come “la consapevolezza di essere membri diuno specifico gruppo etnico unita al senso di appartenenza a quel gruppo”. Essa è costituita da diverse componenti:la salienza (l’importanza che l’appartenenza etnica riveste nel concetto di sé dell’individuo), la centralità(l’abitudine di definirsi in base alla propria etnia) l’ideologia (le credenze e gli atteggiamenti di ciascun individuoriguardo alle azioni dei membri del proprio gruppo etnico) e la considerazione (i sentimenti positivi o negativi neiconfronti della propria etnia).

Sono state individuate varie fasi di sviluppo riguardo l’identità etnica nei bambini:• INDIFFERENZIAZIONE Nei primi 2 anni di vita i bambini mostrano scarsa consapevolezza degli indici percettivi chedistinguono i membri dei diversi gruppi etnici.• CONSAPEVOLEZZA ETNICA La capacità di distinguere le persone in base alla propria etnia comincia a comparireintorno ai 3 anni e può dirsi completamente acquisita a quattro.• IDENTIFICAZIONE ETNICA Si riferisce alla capacità dei bambini di comprendere che appartengono ad unparticolare gruppo etnico e che le altre persone fanno parte di particolari gruppi. Si ritiene che qst capacità vengaraggiunta all’incirca un anno dopo lo sviluppo della consapevolezza etnica.• PREFERENZA ETNICA per il proprio gruppo• COSTANZA ETNICA Comporta la consapevolezza dell’immutabilità etnica, del fatto che l’etnia è una caratteristicacostante che non viene influenzata dai cambiamenti di aspetto o dal modo di fare. Comincia a comparire dopo i 5anni, e nella maggior parte dei bambini, è pienamente sviluppata a sette.

VULNERABILITA’- RESISTENZA e FATTORI DI RISCHIO e FATTORI PROTETTIVI

SIGNIFICATO Esiste una notevole variabilità tra i bambini nel modo di reagire a esperienze di abuso, deprivazione,

trascuratezza. Se infatti molti bambini sviluppano forme di disadattamento, altri escono da queste esperienzeapparentemente indenni. Alla base delle differenze individuali in questo ambito vi è un continuum tra vulnerabilitàe resistenza.Vulnerabilità e resistenza possono essere definite come “la predisposizione a sviluppare un funzionamento

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inadeguato in seguito a eventi di vita stressanti, contrapposta alla capacità di mantenere un funzionamentocompetente successivamente all’esposizione a fattori di stress”I due termini vengono considerati come le estremità opposte di un continuum: ogni individui può trovarsi inqualsiasi punto tra i due estremi. Inizialmente si riteneva che questi due termini costituissero un tratto fisso,concezione che però oggi viene messa in dubbio in quanto è stato accertato che vi sia variabilità tra le personenella vulnerabilità allo stress a seconda delle situazioni e dell’età.Vulnerabilità e resistenza sono strettamente legate a un’altra coppia di concetti, ossia FATTORI DI RISCHIO eFATTORI PROTETTIVI. Essi si riferiscono rispettivamente a “condizioni che accrescono la probabilità di esitiindesiderati’’ e “condizioni che invece mettono al riparo l’individuo da questo tipo di esiti”

La ricerca sui fattori di rischio si propone di individuare i fattori causano o aggravano il disadattamento, loprevengono o lo riducono. Ciò significa che la capacità del bambino di resistere alle avversità dipende sia dallanatura e dalla gravità di un’esperienza, che dai fattori di rischio.

ORIGINIGli studi sugli effetti di condizioni di abuso, deprivazione, trascuratezza si sono concentrati solo sulleconseguenze negative, senza rendersi conto che alcuni bambini riescono a superare queste esperienze senzarestarne segnati. Si è compresa quindi la necessità di focalizzarsi anche sulla natura della resistenza.Lois Murphy per definire la capacità del bambino di adattarsi a situazioni di stress , scelse inizialmente il terminecoping, utilizzato anche in riferimento alla capacità di affrontare opportunità e sfide.Un progetto particolarmente rilevante è stato quello realizzato da E. Werner e Smith il cui obiettivo era studiarel’origine della resistenza in bambini nati e cresciuti in condizioni di rischio elevato derivante per esempio dapovertà, malattia o alcolismo di un genitore, disgregazione dell’unità familiare. Molti di questi bambinieffettivamente svilupparono una serie di problemi comportamentali, ma una larga parte di bambini che avevanoaffrontato le stesse condizioni ne era uscita indenne. Per individuare gli elementi che distinguevano qst soggettidagli altri le 2 autrici elencarono una serie di fattori che avevano consentito loro di sfuggire all’effetto negativo

delle condizioni vissute nell’infanzia: un temperamento facile, la presenza di legami stretti con i genitori, maggiornumero di amici intimi .Grazie a studi successivi sono stati individuati altri fattori di rischio e fattori protettivi, che si suddividono in 3gruppi:-TRATTI DI PERSONALITA’ come il temperamento, il successo scolastico e la fiducia in sé stessi-CARATTERISTICHE DELLA FAMIGLIA come coesione, contrasti, povertà, problemi dei genitori e legami diattaccamento-DISPONIBILITA’ DI SISTEMI DI SOSTEGNO ESTERNI forniti da parenti, dalla scuola e dai coetanei.

STATO ATTUALE Sono stati eseguiti numerosi studi sui fattori di rischio e sulla vulnerabilità dei bambini in situazioniavverse. Nell’attività di ricerca si sono succedute tre fasi:1)Inizialmente,lo scopo principale era stabilire i legami tra varie condizioni di rischio ed esiti indesiderati di svilupponei bambini. L’attenzione era rivolta principalmente alla forza della correlazione tra causa ed effetto, senzaconsiderare la variabilità individuale.2)Successivamente si riconobbe la necessità di affinare la conoscenza sia delle condizioni di rischio precipitanti siadell’esito per comprendere come i due aspetti fossero collegati. L’esposizione a fattori di rischio non causa

solamente livelli diversi di gravità di una patologia, ma anche patologie diverse a seconda degli individui.3)Comporta un cambiamento di prospettiva dalla visione meccanicistica di un collegamento diretto tra avversità edesito negativo, verso un modello + dinamico in cui per ciascun bambino vengono descritte le specifiche traiettorieevolutive che da condizioni di rischio producono alla patologia o invece all’adattamento. Ciò comporta laconsiderazione di tutte le condizioni che potrebbero determinare particolari risultati: influenze moderatrici come lavulnerabilità genetica, il temperamento e il sostegno sociale , in grado di modificare il rapporto tra evento avversoed esito, e influenze mediatrici che hanno un ruolo causale diretto nel determinare il risultato finale.

Nell’odierna attività di ricerca si è andati oltre una semplice elencazione dei fattori di rischio e fattori protettivi xcercare di comprendere le modalità attraverso cui tali fattori esercitano il loro influsso; raramente i fattori di rischioagiscono singolarmente, essi spesso sono in combinazione con altri.La coppia terminologica vulnerabilità-resistenza non viene più considerata un’inclinazione generalizzata, cioè chevalga per qualunque situazione o circostanza. Si è giunti infatti a riconoscere che una persona può essere siavulnerabile sia forte a seconda del contesto in cui è inserita.Le affermazioni riguardanti la vulnerabilità e la resistenza dovrebbero quindi essere basate sul contesto e sul

momento temporalela coppia vulnerabilità-resistenza non deve essere considerata dunque un tratto statico bensìuno dinamico che può manifestarsi in forma diversa a seconda delle circostanze presenti in una determinata fasedella vita.INDIVIDUALISMO-COLLETTIVISMO

SIGNIFICATO “dimensione bipolare che consente di classificare le diverse società in base al grado di priorità datodai loro membri agli obiettivi personali rispetto agli obiettivi del gruppo sociale di appartenenza”Nelle società individualiste, le persone sono animate principalmente dalle proprie predilezioni, dai propri bisogni. Gliindividui sono autonomi e orientati al raggiungimento di obiettivi personali. Sono promessi i valori diautoaffermazione, espressione del sé e realizzazione personale.Nelle società collettiviste, invece, l’enfasi è sul legame con gli altri membri del gruppo: il comportamento socialedel singolo è plasmato da norme, doveri e obblighi che gli vengono imposti. I bambini quindi verranno educati inmodo da promuovere i valori culturali della collaborazione e della dipendenza dagli altri, piuttosto che dellacompetizione e dell’autonomia.

ORIGINIHofstede (1980) propose la dimensione individualismo-collettivismo come una delle + importanti ai fini

della classificazione delle culture, dimensione sociale più che psicologica. Tale dimensione è unipolare e comprendeun insieme variegato di differenze nazionali e culturali.

STATO ATTUALE Il concetto di individualismo-collettivismo è ancora attuale e continua a stimolare molte ricerche. Si

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spazia tuttavia ad una varietà di proposte per un suo ulteriore affinamento, tra cui:- Il concetto di individualismo-collettivismo è stato spesso considerato come se si riferisse a 2 categorie distinte, talix cui una cultura può appartenere o all’una o all’altra. Tuttavia con il tempo si è chiarito che in tutte le culture sonorilevabili segni sia di individualismo sia di collettivismo.- Inizialmente si impiegò il concetto di individualismo-collettivismo come unidimensionale; Triandis (1995) haintrodotto uno schema verticale-orizzontale come ulteriore elemento di categorizzazione. Verticale e orizzontale siriferiscono a differenza e uguaglianza, per cui una persona può appartenere ad un ceto sociale diverso, eall’adesione di una società al principio secondo cui tutti gli individui hanno gli stessi diritti e privilegi. In tal modo èpossibile costruire 4 categorie: individualistica-verticale , individualistica-orizzontale, collettivistica-verticale e

collettivistica-orizzontale.- Una cultura sarebbe più della semplice somma delle caratteristiche dei propri membri individuali e avrebbequalità sue proprie. Per contrastare la tendenza a considerare identitici i due livelli di analisi, Triandis, Leung,Villareal e Clark (1985) hanno utlizzato 2 termini per indicare le credenze individuali nel primato nell’autonomiapersonale o della interdipendenza sociale: idiocentrismo e allocentrismo che a livello individuale costituiscono duedimensioni indipendenti.

Di particolare rilevanza in questa sede sono i rapporti di individualismo e collettivismo con le pratiche disocializzazione adottati dagli adulti:- Se la madre occidentale ritiene che il suo compiti sia quello di aiutare il bambino a passare da una condizione didipendenza ad una di autonomia, la madre giapponese tradizionale considera l’infanzia come un processo che sisvolge nella direzione opposta, dall’autonomia alla dipendenza.- Dal confronto tra scuole materne americane e giapponese, è emerso che il tratto distintivo degli asili asiatici era iltermine gruppismo, ossia tutte le attività venivano eseguite in gruppo rispetto agli asili americani.

Il concetto di individualismo-collettivismo ha dimostrato che l’individualità è un concetto essenzialmente relativo, lacui definizione e importanza dipendono dai valori di ciascuna cultura.

CAPITOLO N° 6

LA COGNIZIONE SOCIALE

La cognizione sociale è o studio del modo in cui comprendiamo noi stessi e gli altri. Il comportamento cognitivo neiconfronti delle persone viene considerato diverso dal comportamento cognitivo riguardante gli oggetti taledifferenziazione si intensifica con il tempo: quando i bambini sono capaci di esprimere la propria consapevolezzadelle caratteristiche mentali degli altri(i motivi che li animano, i loro punti di vista, sentimenti e convinzioni) ecomprendono che le persone si comportano in modo autonomo, questa classificazione in due categorie si consolidadefinitivamente, legittimando lo studio degli aspetti sociali come ambito separato.Secondo Mary Gauvain l’esperienza sociale è una componente essenziale dello sviluppo cognitivo. Vygotskij è statoil sostenitore + influente dell’approccio socioculturale alla cognizione, che ha introdotto nello studio dello sviluppocognitivo una prospettiva sociale.

ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE e STRUMENTI CULTURALI, SCAFFOLDING, PARTECIPAZIONE GUIDATA

SIGNIFICATOQuesto concetto è l’aspetto più conosciuto della teoria di Vygotskij. La ZSP (come viene indicata informa abbreviata) esprime la convinzione dell’autore che lo sviluppo cognitivo del bambino sia il risultatodell’interazione con persone + esperte e competenti, disponibili a fornirgli guida e sostegno nelle situazioni in cui ènecessario risolvere i problemi. La ZSP è quindi “l’area intermedia tra ciò che i bambini sanno già fare e ciò chesono in grado di imparare con una guida’’Si tratta di quella zona in cui il bambino pur non padreggiando ancora autonomamente una particolare abilità, puòessere aiutato ad esprimersi al massimo delle proprie possibilità grazie alla presenza di una persona adulta cheadegui le richieste al suo ritmo. La ZSP è espressione della tesi di fondo di Vygotskij, secondo cui lo sviluppocognitivo avviene xke il bambino è inserito in un contesto sociale circondato da persone con un maggior grado dicompetenza. Lo sviluppo cognitivo può quindi essere considerato una progressione dall’intermentaleall’intramentale, dalla regolazione condivisa all’autoregolazione.Secondo Vygotskij la ZSP ha un’altra funzione, legata alla valutazione dell’intelligenza i bambini esprimono al

meglio le loro potenzialità quando lavorano insieme ad una persona + competente rispetto a quando sono da soli.Dunque la capacità dei bambini di trarre vantaggio dalla guida degli altri può dirci molto di + sulle loro futurecapacità di qnt possano farlo i tentativi di risolvere un problema senza alcun aiuto.

ORIGINI Vygotskij non formulò la sua teoria in opposizione alla concezione piagetiana del bambino come discentesolitario. La ZSP rappresenta secondo qst studioso il contesto in cui avviene la trasmissione della sapienza dallegenerazioni precedenti alle nuove. E dunque ha un ruolo essenziale nel far entrare il bambino in contatto con lacultura.

Vygotskij ricorse al concetto di STRUMENTI CULTURALI, come “i mezzi psicologici e tecnologici perfezionati nel corsodella storia di ogni società allo scopo di sostenere ed ampliare la nostra comprensione del mondo” Strumentipsicologici:linguaggio, scrittura, sistemi di calcolo, teorie scientifiche Strumenti tecnologici: libri, orologi, calendari,calcolatori e computer.Ma lo strumento culturale + importante è il linguaggio, che costituisce il mezzo privilegiato per tramandarel’esperienza accumulata dalla società. Per il bambino, il linguaggio è fin dall’inizio parte integrante degli scambisociali che intrattiene con le persone che si prendono cura di lui e che adattano la complessità e il contenuto delle

loro espressioni verbali alle sue abilità di comprensioneCon il tempo la sua funzione si amplia e fa la sua comparsa il linguaggio privato( che Piaget chiamava egocentrico),con cui i bambini parlano tra sé e sé per regolare il proprio comportamento. Qst tipo di linguaggio verrà poisostituito dal linguaggio interiore, che rappresenta una prima forma di pensiero anche in questo caso una funzione

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essenzialmente sociale si evolve nel principale strumento di funzionamento cognitivo.Vygotskij non formulò una teoria compiuta. Il suo obiettivo era quello di comprendere i processi che portavano ilbambino a diventare adulti, in modo da contribuire a creare una società socialista migliore. Egli si estendeva oltre lapsicologia per comprendere la storia, la sociologia, la politica, l’economia, l’educazione e la linguistica, ambiti checonsiderava tutti egualmente importanti x lo studio dello sviluppo individuale. Infatti la sua teoria viene definita siacome socioculturale, storico-sociale e socio cognitiva.

STATO ATTUALE Negli ultimi decenni le opere di Vygotskij hanno suscitato enorme interesse. La nozione di ZSP harappresentato la base di partenza per molti studi successivi. Tuttavia sono state dirette molte critiche riguardo ai

seguenti aspetti:- Insufficiente definizione dei processi. La ZSP secondo i critici non specificherebbe la molteplicità e la diversità deiprocessi coinvolti né fornirebbe indicazioni sulle variazioni che si possono prevedere nelle zone di sviluppoprossimale a seconda dei domini o dei contesti.- Mancanza di considerazione per gli aspetti evolutivi. Vygotskij avrebbe concepito un prototipo di bambino cheagirebbe nella ZSP sempre nello stesso modo, a 2 anni come a 12. Non si tiene in considerazione la comparsa dinuovi motivi, bisogni e abilità.- Disinteresse per l’individualità del bambino. Vygotskij non affrontò mai il tema delle differenze individuali inaspetti come lo stile di apprendimento, la motivazione e la regolazione emotiva, né si occupo della qualità dellarelazione adulto-bambino.- Insufficiente definizione delle modalità con cui si realizza l’apprendimento. Vygotskij non specificò nei dettagli iprocessi che hanno luogo tra il bambino e il suo partner e che portano il bambino ad interiorizzare parti del compitocome abilità proprie.

Un tentativo di fornire una risposta all’ultimo interrogativo si basa sul concetto di SCAFFOLDING, formulato da

Wood, Bruner e Ross: “il processo attraverso cui un partner + esperto offre il proprio aiuto a un bambino per larisoluzione di un problema, adeguando il tipo e la quantità di aiuto al livello di prestazione del bambino’’ Perstabilire quello che gli adulti fanno quando eseguono un compito insieme ad un bambino per aiutarlo a diventarecapace di risolverlo da solo, Wood e colleghi hanno osservato le tecniche di insegnamento adottate dalle madri coni propri figli di età compresa tra i 3 e i 4 anni quando questi dovevano eseguire un compito di costruzione con i cubiche all’inizio non riuscivano a completare da soli è stato possibile individuare due regole che le madri sembravanoseguire: 1) quando il bambino sembrava essere in difficoltà, l’adulto doveva dargli un aiuto maggiore 2) quando ilbambino se la cavava bene l’adulto doveva ridurre il proprio aiuto.Le due regole di contingenza indicano che il comportamento dell’adulto si modifica costantemente in base alleprestazioni del bambino, portandolo man mano alla padronanza finale. Anche questo concetto è stato criticato,perché si ritiene che non presti sufficiente attenzione ai processi comunicativi che hanno luogo nell’interazioneadulto-bambino.L’approccio basato sulla PARTECIPAZIONE GUIDATA ha cercato di correggere queste carenze Termine coniato daBarbara Rogoff, è “il processo che vede i bambini realizzare il proprio sviluppo attraverso il coinvolgimento nellepratiche peculiari della comunità di cui fanno parte”Rogoff ha sottolineato come, nello sviluppo del bambino, esso e l’adulto abbiano ruoli complementari: di guida alle

pratiche culturali quello dell’adulto, di apprendista, partecipante che contribuisce attivamente al compito su cui siconcentra, quello del bambino.

Secondo il tema generale formulato da Vygotskij, Rogoff e altri sostenitori, per comprendere lo sviluppo cognitivo ènecessario riconoscere l’origine sociale dei processi mentali e divenire consapevole che le funzioni cognitive nonrappresentino esclusivamente un fatto individuale lo studio dell’ io viene quindi abbandonato a favore dellemodalità sociali, culturali e storicamente determinate.

EGOCENTRISMO

SIGNIFICATO usato da Piaget per spiegare le caratteristiche cognitive dei bambini, egocentrismo indica “la tendenzadei bambini a percepire il mondo esclusivamente dalla propria prospettiva, senza essere consapevoli del fatto chele altre persone potrebbero avere punti di vista diversi” . L’egocentrismo non indica un’attribuzione intenzionale; inun bambino piccolo assume la forma di mancanza di consapevolezza del fatto che le altre persone possano averepunti di vista diversi dal proprio il bambino presume inconsapevolmente che la propria prospettiva venga condivisa

da chiunque altro.Piaget era convinto che l’egocentrismo fosse espressione di uno stato cognitivo generalizzato prevalente neibambini piccoli, per il quale egli impiegò il termine di CENTRAZIONE, che indica “la tendenza a concentrarsisolamente su una particolare caratteristica di un oggetto o di una situazione alla volta, escludendo ogni altracaratteristica potenzialmente rilevante”Quando il bambino diverrà capace di spostare l’attenzione in modo flessibile da una dimensione all’altra e di tenereconto di entrambe contemporaneamente si parlerà di decentramento(come definito da Piaget)

ORIGINI L’egocentrismo, concetto fondamentale della teoria di Piaget, ha implicazioni per molteplici aspetti delcomportamento:- Egocentrismo percettivo. Si riferisce alla supposizione da parte del bambino che gli altri vedano un particolareoggetto o una determinata scena nello stesso modo in cui li vede lui. (Compito delle 3 montagne: i bambiniindicano la foto che corrisponde a ciò che si vede nella loro posizione)- Egocentrismo comunicativo. E’ visibile nelle conversazioni che i bambini piccoli intrattengono tra di loro: ciascunoparla dei propri interessi, senza ricollegarsi a quello che dice l’altro, contribuendo a realizzare quello che Piagetdefinì monologo collettivo.

- Gioco tra pari. Il gioco tende ad assumere la forma di gioco parallelo anziché di gioco condiviso, perché i bambininn hanno ancora sviluppato la capacità di collegare il proprio contributo individuale a quello degli altri per giungeread un prodotto collettivo.- Comprensione morale. Nei primi anni di vita i bambini credono che le regole morali dipendano esclusivamente

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dall’autorità dei propri genitori. Solo nel corso dello sviluppo i bambini si rendono conto che le circostanze possonomodificare le regole.Piaget interpretò come manifestazioni di egocentrismo anche altri fenomeni: l’animismo, ossia la tendenza deibambini piccoli ad attribuire una coscienza a oggetti inanimati, e il realismo, la convinzione che i fenomenipsicologici come i pensieri e i sogni abbiano esistenza materiale.

STATO ATTUALE l’egocentrismo è un concetto utile per caratterizzare l’approccio dei bambini piccoli al mondo è ilcaso di un’ampia serie di funzioni, tra cui il problem solving, l’attività ludica, l’orientamento nello spazio e lacomunicazione: questi ambiti indicano la presenza fin dalla prima infanzia di una marcata tendenza ad essere

centrati su se stessi e avere difficoltà nell’adottare un punto di vista + flessibile.Alcuni studi hanno però dimostrato che alcuni bambini riescono molto prima dei 6 anni ad agire almeno in parte inmodo non egocentrico:- A un gruppo di bambini in età prescolare sono state fatte ascoltare delle storie riguardanti eventi con una fortecarica emotiva che avevano come protagonisti dei bambini successivamente ai partecipanti allo studio venivachiesto di indicare i sentimenti provati dai protagonisti di ciascuna delle storie. Già a 3 anni i bambini eranodiventati abili nel riconoscere i sentimenti che 1 altra persona avrebbe potuto provare in una determinatasituazione.- Alcuni bambini di 4 anni , messi in coppia di volta in volta con 1 adulto, 1 coetaneo e un bambino di 2 anni,adottavano del tutto istintivamente il proprio modo di parlare al livello di sviluppo dell’interlocutore.Questi studi e quelli sulla teoria della mente hanno dimostrato che anche bambini molto piccoli sono già in grado diriconoscere ed immedesimarsi nelle emozioni altrui nonché di rendersi conto che gli altri possono sapere qualcosache a loro non è noto.L’egocentrismo deve essere considerato come concetto dominio-specifico.Anche se l’egocentrismo viene solitamente considerato in termini negativi, Bjorklund sostiene che i bambini piccoli

devono necessariamente ‘autocentrati’ per non lasciarsi distrarre dal modo di pensare e sentire degli altri e perportare avanti così in modo + efficiente il proprio processo di apprendimento pertanto se considerato dal punto divista evolutivo, l’egocentrismo non comporta svantaggi ma benefici. TEORIA DELLA MENTE e DISTINZIONE REALTA’-APPARENZA

SIGNIFICATO Gli adulti considerano le altre persone non solo come esseri dotati di proprietà fisiche, ma anche comeindividui caratterizzati da stati mentali interni(emozioni, desideri,credenze, pensieri e intenzioni) Quindi ricorrono aduna teoria della mente, che può essere definita come “la comprensione intuitiva che le persone hanno degli statimentali propri e altrui”. Si parla anche dei termini lettura o comprensione della mente e mentalizzazioneSi rendono necessarie 2 precisazioni: 1)il termine teoria è giustificato dal fatto che la conoscenza degli stati mentalisi basa su inferenze: uno stato mentale infatti non è direttamente osservabile ma si desume dalle sue espressionimanifeste. Si tratta quindi di teorie intuitive o teorie ingenue, che si costruiscono a partire dalla consapevolezzaindividuale 2) In passato si è verificato un certo grado di disaccordo sugli aspetti da includere nella categoria distati mentali rilevante per la teoria della mente vengono inclusi solo gli stati che consentono un raggiungimento diuna teoria della mente matura simile a quella degli adulti, quindi sono esclusi stati come desiderio, emozione epercezione x concentrarsi sulla capacità del bambino di comprendere stati + complessi come le credenze.

Intorno all’età di 4 anni i bambini cominciano a comprendere che il contenuto mentale non è solo una copia dellarealtà, ma una sua interpretazione la mente non è solo uno strumento percettivo, ma è anche capace di formarsi leproprie rappresentazioni dell’esperienza.I bambini piccoli presumono che le convinzioni di una persona siano una copia fedele della realtà e non riescono acomprendere che gli altri possano avere credenze diverse riguardo ad un evento.Successivamente il bambino si rende conto che le persone agiscono sulla base di informazioni così come sonorappresentate nella loro mente, anche se queste possono essere fuorvianti e indurre un comportamento basato suuna credenza errata Compito dello spostamento inaspettato (barretta di cioccolato spostata da un contenitoreall’altro)Alcuni risultati sembrano indicare che le prove di una transizione nella comprensione della mente sia una tendenzavisibile nel rapporto teorico ed empirico con lo sviluppo della capacità di comprendere la DISTINZIONE REALTA’-APPARENZA “consapevolezza che le cose possono essere diverse da come sembrano”.Come hanno dimostrato Flavell e Green i bambini di 3 anni non sono ancora in grado di compiere questadistinzione. Entro i 4 anni essi divengono capaci di tenere conto contemporaneamente di 2 impressioni

apparentemente contraddittorie e comprendono che una è reale e l’altra è solo apparente comparsa di unaconcezione rappresentazionale della mente

ORIGINILa ricerca riguardo la teoria della mente ha preso avvio nella seconda metà del XX secolo. Come illustratoda Wellman, Cross e Watson vi è oggi un accordo generale nella letteratura a proposito del fatto che lacomprensione della falsa credenza emerga tra i 3 e i 5 anni.Bartsch e Wellman sostengono che i bambini già dopo i 2 anni parlino di stati mentali, in particolare di desideri. Dai4 anni, invece, compare la consapevolezza delle credenze e dei pensieri degli altri.Gli studi che hanno individuato i cambiamenti a età successive, hanno consentito di delineare un quadro completodello sviluppo della teoria della mente.- Dalla prima infanzia sono presenti i ‘precursori forti’, x indicare come i bambini posseggano 1 conoscenza basilaredei fenomeni mentali che li distingue dai fenomeni fisici (Il bambino che indica col dito un oggetto per condividerel’interesse con la mamma, sa che l’attenzione di quest’ultima è concentrata su qualcosa di diverso e che quindideve reindirizzarla x realizzare una condivisione)- Dopo i 2 anni i bambini dimostrano una comprensione di stati non rappresentazionali come il desiderio quindisanno che particolari tipi di azione derivano da specifici stati di desiderio e acquisiscono quella che Wellman

definisce psicologia del desiderio.- Solo all’età di 4 anni tuttavia i bambini acquisiscono la cosiddetta psicologia della credenza-desiderio ora ibambini sanno che la credenza di una persona può differire non solo da ciò che sta accadendo nella realtà maanche dalla credenza che essi stessi hanno.

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STATO ATTUALE L’attenzione si è spostata su altri 2 temi :1) Gli effetti dell’esperienza sociale sullo sviluppo delle abilità di teoria della mente l’esperienza sociale ha un ruolonelle differenze individuali nell’età di raggiungimento di tappe fondamentali come la comprensione della falsacredenza. Differenze culturali, socio-ecnonomiche, lo stile educativo adottato dai genitori sembrano avereun’influenza a riguardo. Un aspetto fondamentale dell’esperienza sociale è il linguaggio cui i bambini sono esposti.2) Deficit nelle abilità di comprensione della mente riscontrato nei bambini con autismo i Secondo Baron-Cohen(1995) i bambini autistici soffrirebbero di cecità mentale, ossia l’incapacità di concettualizzare l’altro come esseredotato di stati mentali. E’ indubbio che essi non riescano a completare molti compiti analoghi a quello della falsa

credenza, tra cui la comprensione di intenzioni, inganni, emozioni complesse battute e finzione.

Resta una notevole incertezza riguardo ai meccanismi alla base di questo sviluppo: è possibile distinguere ariguardo 3 prospettive teoriche:- Secondo la posizione della teoria della teoria, i bambini passano attraverso una serie di cambiamenti nelle proprieteorie della mente, in cui ciascuna teoria viene sostituita di volta in volta da una versione + elaborata ed accurata.Almeno due di questi cambiamenti avvengono nei primi 5 anni di vita: il primo quando il bambino acquisisce lapsicologia del desideri (2 anni), il secondo quando la psicologia del desiderio viene sostituita dalla psicologia dellacredenza-desiderio (4 anni). In questa posizione teorica si attribuisce all’esperienza sociale un ruolo formativo diprimaria importanza.- Secondo la teoria del modulo innato (Leslie), l’evoluzione della teoria della mente è da ricondurre a fattori innati:tutti noi verremmo al mondo con un meccanismo di elaborazione predisposto a comprendere gli stati mentali;meccanismo inteso come modulo dominio-specifico presente nel cervello. Secondo questa posizione, l’esperienzasociale avrebbe la funzione di attivare il meccanismo e non influirebbe sulla sua natura.- La teoria della simulazione(Harris) sostiene che i bambini acquisiscono la capacità di comprendere la mente altrui

perché sono in grado di simulare come si sentirebbero o cosa penserebbero in una data situazione. Quindi non ènecessario ricorrere ad uno strumento esplicativo complesso quanto una teoria, perchè possediamo già una

conoscenza degli stati mentali a partire dalla nostra esperienza personale.