Diritto Tributario Riassunti

82
DIRITTO TRIBUTARIO – PARTE GENERALE. Il principio di legalità dell’imposizione e le fonti del diritto tributario . Il prelievo fiscale trova il suo fondamento nel finanziamento della spesa pubblica. Vi è una molteplicità di tributi, accomunati dal principio di legalità, previsto dall’art. 23 Cost . : “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge ”. Il principio di legalità ha trasformato il prelievo fiscale da atto di forza a momento di solidarietà, in quanto la legge è espressione della volontà popolare, che trova rappresentanza nel Parlamento. In questo senso l’imposizione diviene auto- imposizione. L’art. 23 introduce una riserva di legge relativa: la legge deve prevedere gli elementi essenziali, cioè: 1) soggetti, attivo e passivo; 2) fattispecie; 3) base imponibile; 4) tasso. Le fonti del diritto tributario si dividono in tre livelli: un livello interno un livello comunitario un livello internazionale. Per quanto riguarda le fonti comunitarie, prima si negava la competenza della C.E. a legiferare in materia fiscale. In un secondo momento, l’efficacia dei regolamenti e direttive C.E. è stata subordinata alla loro approvazione da parte del parlamento, per salvaguardare il principio di legalità. Poi si è arrivati alla distinzione tra: direttive auto-applicabili; direttive di mero principio, che necessitano di attuazione. Alla luce degli art. 10 e 11 della Cost., le norme comunitarie in materia tributaria prevalgono su quelle interne (in particolare, ai sensi dell’art. 10, lo Stato acconsente alle limitazioni della propria sovranità, per garantire un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra gli Stati). Tra le fonti internazionali rientrano: le convenzioni internazionali e i principi comunitari.

Transcript of Diritto Tributario Riassunti

Page 1: Diritto Tributario Riassunti

DIRITTO TRIBUTARIO – PARTE GENERALE.

Il principio di legalità dell’imposizione e le fonti del diritto tributario.

Il prelievo fiscale trova il suo fondamento nel finanziamento della spesa pubblica. Vi è una molteplicità di tributi, accomunati dal principio di legalità, previsto dall’art. 23 Cost. : “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. Il principio di legalità ha trasformato il prelievo fiscale da atto di forza a momento di solidarietà, in quanto la legge è espressione della volontà popolare, che trova rappresentanza nel Parlamento. In questo senso l’imposizione diviene auto-imposizione.L’art. 23 introduce una riserva di legge relativa: la legge deve prevedere gli elementi essenziali, cioè:

1) soggetti, attivo e passivo;2) fattispecie;3) base imponibile;4) tasso.

Le fonti del diritto tributario si dividono in tre livelli: un livello interno un livello comunitario un livello internazionale.

Per quanto riguarda le fonti comunitarie, prima si negava la competenza della C.E. a legiferare in materia fiscale. In un secondo momento, l’efficacia dei regolamenti e direttive C.E. è stata subordinata alla loro approvazione da parte del parlamento, per salvaguardare il principio di legalità. Poi si è arrivati alla distinzione tra:

direttive auto-applicabili; direttive di mero principio, che necessitano di attuazione.

Alla luce degli art. 10 e 11 della Cost., le norme comunitarie in materia tributaria prevalgono su quelle interne (in particolare, ai sensi dell’art. 10, lo Stato acconsente alle limitazioni della propria sovranità, per garantire un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra gli Stati).Tra le fonti internazionali rientrano: le convenzioni internazionali e i principi comunitari. Le convenzioni internazionali, per essere valide, devono essere ratificate dal PdR, previa autorizzazione delle Camere. In caso di contrasto tra norme comunitarie e norme interne, prevalgono le prime, in forza della loro specialità, a meno che le norme interne non prevedano un trattamento più vantaggioso in favore del contribuente.Quanto ai principi comunitari, il trattato U.E. non attribuisce all’U.E. il potere di istituire nuove imposte, ma contiene norme in grado di influenzare il regime fiscale degli altri Stati membri:

1) libertà di circolazione dei lavoratori (art. 39): divieto di discriminazioni fiscali tra lavoratori residenti in Italia e lavoratori residenti in altro Stato menbro, che producono tutto o quasi il proprio reddito in Italia;

Page 2: Diritto Tributario Riassunti

2) libertà di stabilimento (art. 43): diritto di esercitare un’attività in uno Stato diverso da quello di origine parità fiscale tra società residenti e società non residenti stabilmente organizzate nel territorio dello Stato;

3) libertà di prestazione di servizi (art. 49);4) liberà di circolazione dei capitali (art. 53);5) divieto di aiuti di Stato (art. 87): sono vietati gli aiuti da parte dello Stato

o di un ente pubblico, che comportano un sacrificio economico e che sono diretti a taluni soggetti (selezionati in base alla nazionalità o al luogo di produzione), al fine di introdurre un trattamento di favore, in deroga alla disciplina generale, e in grado di alterare, anche potenzialmente, la concorrenza negli Stati membri.

Sul piano interno, un problema significativo è costituito dall’abuso di decreti legislativi (art. 76 Cost. sono emessi dal governo su delega specifica del parlamento mediante legge-quadro) e decreti legge (art. 77 Cost. emessi dal governo e approvati dal parlamento entro 60 giorni, a pena di decadenza): essi sono emessi senza le garanzie della legge ordinaria. Quindi sono stati introdotti dei correttivi:

- il ricorso a decreti legislativi e decreti legge è ammesso solo in casi straordinari di necessità ed urgenza (che non sussistono per semplici esigenze di cassa);

- in caso di decreti legislativi, la delega del parlamento deve essere compiutamente espressa, e non sono ammesse deleghe in bianco;

- l’art. 4 della legge 212/2000 vieta che con decreti legge siano istituiti tributi o ne sia estesa la soggettività in casi straordinari di necessità ed urgenza è possibile solo istituire, attraverso decreti legge, tributi nuovi con carattere provvisorio, o aumentare temporaneamente il gettito di un tributo esistente;

- la Corte Costituzionale ha vietato la reiterazione di decreti in materia fiscale, che non siano stati approvati dal parlamento, e ha dichiarato illegittimi i decreti emessi in assenza dei presupposti legittimanti.

Ci si chiede se l’art. 23 Cost. si riferisca solo alla legge statale, o anche agli enti territoriali. Prima della riforma del titolo V della Costituzione:

- l’art. 119 riconosce l’autonomia finanziaria delle regioni, nelle forme e nei limiti stabiliti dallo Stato;

- l’art. 117 non annovera la materia fiscale tra le materie di competenza regionale.

Si riteneva, pertanto, che l’art. 23 Cost. si riferisse solo alla legge dello Stato, che le regioni potevano limitarsi ad attuare attraverso i regolamenti vi era una doppia riserva di legge: quella dell’art. 23 e questa dell’art. 119 Cost.Con la riforma del titolo V, attuata dalla legge 3/2001, il nuovo art. 119 riconosce l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa di comuni, province, città metropolitane e regioni, in armonia con la Cost. e secondo i principi di coordinamento.Le regioni hanno competenza legislativa concorrente in materia tributaria: possono legiferare nell’ambito dei principi generali stabiliti dallo Stato. Le regioni fino ad ora nel legiferare in materia fiscale non si erano attenute ai principi generali stabiliti dallo Stato (ad esempio quando la Sardegna ha introdotto la tassa sul lusso), e quindi la Corte Costituzionale ha annullato le leggi regionali in materia fiscale.

Page 3: Diritto Tributario Riassunti

Gli altri enti territoriali non hanno funzione legislativa, e quindi, ai sensi dell’art. 23 Cost., non possono istituire tributi, ma possono solo attuare, attraverso regolamenti:

leggi statali, che istituiscono tributi e delegano il gettito fiscale agli enti territoriali, e in tal caso si parla di tributi impropri o derivati;

leggi regionali, istitutive di tributi propri.Rientrano tra le fonti anche i regolamenti, ministeriali o governativi, che devono essere adottati in conformità ad una legge, altrimenti, ai sensi dell’art. 23 Cost., saranno illegittimi e quindi impugnabili:

- davanti al TAR, per richiederne l’annullamento;- davanti al giudice tributario, per richiederne la disapplicazione.

Sono, ad esempio, illegittimi i regolamenti autonomi o indipendenti, sono legittimi quelli di attuazione, esecuzione o di delega.La P.A. può emanare regolamenti: di esecuzione delle leggi, organizzativi, delegati, ma non regolamenti indipendenti (cioè adottati in assenza di norme legislative).Le circolari sono fonti secondarie o sub-primarie, emesse da un ufficio della P.A. Prima si riteneva che avessero un’efficacia meramente interna; poi l’art. 10 della legge 212/2000 ha riconosciuto l’efficacia esterna delle circolari, e tutela l’affidamento del contribuente che ha agito secondo quanto indicato nella circolare, e magari non ha applicato il tributo se però la circolare è “contra legem”, il tributo verrà recuperato e applicato, ma il contribuente non incorrerà in alcuna sanzione. Le circolari possono essere informative, organizzative e interpretative; in ogni caso va precisato che la loro efficacia esterna non è diretta (ad esempio, esse legittimano l’altrui affidamento).

Lo statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000).

Lo statuto dei diritti del contribuente è stato adottato con la legge 212/2000. Esso, come afferma il 1° comma dell’art.1, esprime i principi fondamentali dell’ordinamento tributario. L’art. 1 aggiunge che tale legge attua gli art. 3 (eguaglianza), 23 (legalità), 53 (capacità contributiva e progressività) e 97 (buon andamento ed efficienza dell’amministrazione) della Costituzione.Già dagli anni ’30 si è sentita l’esigenza di un codice tributario che:

- garantisse la certezza del diritto;- attuasse un patto sociale tra cittadini e Stato.

Negli anni ’30 Vanoni, professore di diritto tributario e ministro delle finanze, scrisse una serie di saggi relativi alla codificazione. Negli anni ’40 fu elaborato un disegno di legge per l’approvazione di un codice tributario, che constava di 75 articoli. Poi, per via della guerra e della caduta del governo, il codice tributario,a differenza di quello civile, non fu attuato.I principi generali che erano contenuti nel disegno iniziale del codice, sono stati recepiti dallo statuto dei diritti del contribuente, che aspira ad essere “le preleggi” di un futuro codice tributario. La riforma del sistema tributario attuata dalla legge 80/2003, all’art. 3 prevedeva una codificazione tributaria, alla cui base vi fosse lo statuto dei diritti del contribuente.Lo statuto contiene norme indirizzate:

al giudice tributario;

Page 4: Diritto Tributario Riassunti

all’amministrazione finanziaria (uffici e contribuenti); al legislatore tributario, cui sono indirizzate meta-norme, cioè norme

che disciplinano l’esercizio della funzione legislativa (ne sono un esempio gli art. 76 e 77 Cost.).

Le norme rivolte all’amministrazione finanziaria sono: l’obbligo di motivazione degli atti tributari (art.7); l’obbligo di informazione del contribuente; i principi di collaborazione, buona fede e tutela dell’affidamento

interpello e compensazione dei crediti tributari; le garanzie del cliente durante la verifica fiscale (art. 12): la verifica

in loco si fa solo per effettive esigenze di indagine; l’accesso deve avvenire nei normali orari di svolgimento dell’attività; la durata massima della verifica è di 60 giorni, 75 in casi eccezionali; ci sono poi 60 giorni per presentare contro-documenti e deduzioni difensive;

il Garante del contribuente, presso ogni regione, con funzione “propulsiva” di segnalazione degli atti illegittimi.

Una serie di meta-norme è rinvenibile già nei primi articoli dello statuto:- art. 1: quando possono essere adottate norme interpretative in materia

tributaria;- art. 2: chiarezza e trasparenza delle norme tributarie;- art. 3: efficacia temporale delle norme tributarie;- art. 4: utilizzo dei decreti legge in materia tributaria.

Ci si chiede come mai queste meta-norme trovino collocazione qui e non nella Costituzione, quindi ci si interroga sulla natura dello statuto. A questo proposito vi sono numerose ipotesi:

1) è una legge che, attuando la Costituzione, assume rango costituzionale (c.d. “clausola di auto qualificazione”) o para-costituzionale soprattutto in una Costituzione rigida, come la nostra, non basta richiamare la Costituzione per assumere il rango di legge costituzionale, ma occorre un procedimento di formazione “ad hoc”, per cui si guarda alla forma, e non alla sostanza;

2) è una legge rinforzata ma per essere tale deve trarre la sua maggior forza dal procedimento di formazione (che è invece quello ordinario);

3) è una legge-manifesto, che si limita ad esprimere principi generali ma questa tesi non è accettabile;

4) è una legge programmatica ma per la Corte Costituzionale non vi sono leggi programmatiche: tutte le leggi sono vincolanti, poi alcune saranno immediatamente applicabili e altre no;

5) è una legge ordinaria, ma ciò non significa che sia una legge come tutte le altre, infatti l’art. 1 afferma che tale legge non può essere modificata tacitamente o con leggi speciali, ma solo espressamente e con legge ordinaria. Questo è il principio di fissità o immodificabilità relativa. La “ratio” di tale principio è quella di salvaguardare i principi generali espressi nello statuto dalle “regioni legislative”, infatti: la Corte Costituzionale parla di superiorità assiologia dello statuto, in quanto esso orienta l’interpretazione delle altre norme tributarie, e le preleggi del codice civile affermano che, in mancanza di norme specifiche, le questioni dubbie si risolvono alla luce dei principi generali (espressi dallo statuto e dagli art. 3,23,53 e 97 Cost.).

Page 5: Diritto Tributario Riassunti

C’è chi dice che la clausola di fissità è illegittima perché, limitando la funzione legislativa del Parlamento, violerebbe l’art. 1 Cost., in base al quale il Parlamento è sovrano: in realtà questo è un limite relativo, infatti lo Statuto può essere modificato, ma solo espressamente e con legge ordinaria.L’art. 3 dello Statuto afferma che le leggi tributarie si applicano per l’avvenire: esse non hanno effetto retroattivo. Prima, in assenza di indicazioni costituzionali in senso contrario, si riteneva che le leggi tributarie potessero essere retroattive. La Corte Costituzionale poi ha introdotto un limite, sulla base della capacità contributiva: le leggi tributarie possono operare retroattivamente solo in un arco temporale ragionevole.In forza della contiguità tra diritto penale e diritto tributario, è sorta l’esigenza di vietare la retroattività anche in ambito tributario, cosa che è avvenuta con l’art. 3 dello statuto. Per dare ad una legge effetto retroattivo bisognerebbe derogare lo statuto espressamente e con legge ordinaria. Molto spesso, la retroattività operante in deroga allo statuto è una retroattività impropria, perché l’arco temporale è breve (ad esempio la norma retroagisce di un mese).L’art. 1 dello statuto riguarda le norme interpretative. Esse chiarificano il senso ed esplicitano il contenuto di una norma preesistente. Retroagiscono al momento dell’entrata in vigore della norma “interpretata”. In linea di principio le norme interpretative sono vietate (per evitarne abusi finalizzati a conferire alle norme tributari preesistenti effetto retroattivo), a meno che non ricorrano determinate condizioni:che sussistano circostanze eccezionali;che le norme interpretative dirimano effettivamente un conflitto interpretativo;che le norme interpretative siano espressamente qualificate come tali, ossia come leggi di interpretazione autentica.In questo modo si intende tutelare l’affidamento dei soggetti.Problemi interpretativi sono sorti in relazione alla norma sull’ICI sulle aree fabbricabili:

- secondo la giurisprudenza, sono aree fabbricabili quelle in cui è intervenuto uno strumento urbanistico definitivo;

- secondo il ministero, bisogna guardare, invece, all’oggettiva edificabilità, a prescindere dall’intervento o meno di strumenti urbanistici definitivi.

In questo caso è intervenuta una norma interpretativa che ha risolto la questione.

Ai sensi dell’art. 2, il rapporto tra fisco e contribuente deve basarsi sulla correttezza e sulla trasparenza: tutti gli atti devono essere motivati.L’art. 10 introduce i principi di leale collaborazione tra fisco e contribuente, buona fede, e tutela dell’affidamento. Questo articolo ha attuato una rivoluzione copernicana nell’ambito dei rapporti tra fisco e contribuente, che sono sempre stati visti come parti conflittuali. Il principale strumento di attuazione del principio di leale collaborazione è l’istituto dell’interpello, previsto dall’art. 11 dello statuto, in forza del quale, in caso di incertezza sulla norma da applicare, il contribuente può chiedere una consulenza all’amministrazione finanziaria, che diviene “consulente giuridica” del contribuente.

Page 6: Diritto Tributario Riassunti

L’interpretazione.

Bisogna tener presente il contesto: vi è un rapporto triangolare fra legislatore tributario, contribuente e amministrazione finanziaria (uffici del Ministero dell’Economia e delle Finanze). Nel 2000 il Ministero ha subito una sorta di “privatizzazione”: è rimasta solo la struttura centrale, che è stata parecchio snellita, e sono nate 4 agenzie:

Agenzia delle Entrate: è l’agenzia trainante, ha funzione di accertamento e riscossione mediante l’Equitalia spa;

Agenzia delle Dogane: riscuote le tasse e le imposte doganali; Agenzia del Territorio: ha funzione di conservatoria, infatti conserva

i registri immobiliari e gestisce il catasto; Agenzia del Demanio: gestisce le entrate relative ai beni pubblici.

L’interpretazione non è un argomento che interessa solo l’alta giurisprudenza, infatti tutti noi ci facciamo interpreti nel momento in cui compiliamo la dichiarazione dei redditi. Le stesse indicazioni per la compilazione della dichiarazione dei redditi, sono il frutto dell’interpretazione, ad opera dell’amministrazione finanziaria, delle leggi preesistenti.Ultimamente, in ambito tributario, stiamo assistendo ad una legislazione impazzita, in quanto il legislatore cerca di ricorrere e contrastare due fenomeni:

- l’evasione: in presenza di una norma che prevede un tributo, il contribuente non paga;

- l’elusione: in presenza di una norma che prevede un tributo, il contribuente cerca di sottrarsi al pagamento o di pagare di meno, attraverso escamotage interpretativi, eludendo la reale volontà del legislatore.

Questa situazione ha creato confusione nei contribuenti che, sentendosi presi in giro dallo Stato, molto spesso si sono sottratti ai loro doveri. Il rapporto tra fisco e contribuente è stato recuperato dallo statuto dei diritto del contribuente, che all’art. 10 prevede il principio di leale collaborazione e la buona fede nei rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuente.In ambito interpretativo hanno acquisito grande rilevanza esterna le circolari, che vengono trasmesse dall’amministrazione agli uffici.L’art. 12 delle preleggi disciplina l’interpretazione della legge, che non può prescindere:dal significato proprio delle paroledal legame logico tra le paroledalla volontà del legislatore, valutabile con la media ragionevolezza.Nei casi dubbi, in assenza di norme specifiche, si ricorre ai principi generali, contenuti nello statuto dei diritti del contribuente, e negli art. 3, 23, 53 e 97 Cost. Inoltre, in ambito tributario l’analogia è ammessa solo per le norme procedurali (in genere si guarda al codice di procedura civile), ma non per quelle sostanziali.Grande valenza interpretativa ha l’istituto dell’interpello, previsto dall’art. 11 dello statuto: in caso di difficoltà ad applicare una norma tributaria, il contribuente presenta per iscritto e con raccomandata a/r la richiesta di interpello alla direzione regionale dell’agenzia delle entrate competente per domicilio del contribuente. La richiesta va presentata alla Direzione Centrale

Page 7: Diritto Tributario Riassunti

Normativa e Contenziosa dell’agenzia delle entrate, quando riguarda: le amministrazioni dello stato, gli enti pubblici a rilevanza nazionale e i contribuenti con ricavi superiori a 500 miliardi di lire.I presupposti per la presentazione della richiesta sono:

a) la sussistenza di obiettiva incertezza;b) la richiesta deve riguardare l’applicazione delle norme tributarie a casi

personali e concreti;c) la presentazione, da parte del contribuente, della propria interpretazione

della norma.La richiesta di interpello deve contenere, a pena di illegittimità:

1) informazioni personali del contribuente o del suo rappresentante legale;2) esposizione concreta e personale;3) domicilio del contribuente o del domiciliata rio presso cui effettuare le

comunicazioni;4) sottoscrizione del contribuente o del suo rappresentante legale (sanabile

entro 30 giorni dal relativo avviso da parte dell’ufficio);5) in più: il comportamento che il contribuente intende tenere, ritenendolo

conforme alle disposizioni da applicare.Se l’amministrazione finanziaria ritiene che la richiesta sia inammissibile, perché non c’è obiettiva incertezza, deve renderlo noto al contribuente.Una volta presentata la richiesta di interpello, l’amministrazione finanziaria ha 120 giorni di tempo per dare una risposta scritta, il c.d. responso. Esso non è impugnabile per due ragioni:

è un atto meramente interlocutorio, che non definisce nulla; non rientra tra gli atti impugnabili, che sono indicati dall’art. 19 della

legge 546/92.Se decorsi 120 giorni l’amministrazione non dà alcuna risposta, si ha il silenzio assenso: l’interpretazione del contribuente diventa vincolante. Se dopo aver risposto l’amministrazione si accorge di aver sbagliato, essa potrà correggersi solo se il contribuente sarà ancora in tempo per applicare le nuove disposizioni, senza trarne pregiudizio. Se invece l’amministrazione non ha risposto entro 120 giorni, ma nel provvedimento il contribuente non aveva indicato il comportamento che egli intendeva assumere, è possibile una risposta tardiva, per recuperare tributi e interessi, ma senza irrogare santozioni.Alla luce dell’art. 10 dello statuto, che tutela l’affidamento del contribuente, se le indicazioni ottenute dall’amministrazione finanziaria sono errate, essa potrà solo recuperare l’imposta, ma non potrà applicare interessi e sanzioni pecuniarie.Meccanismo generale: il contribuente compila, in base alle indicazioni ottenute, la dichiarazione dei redditi, e l’amministrazione finanziaria procede all’accertamento, con due possibili risultati: tutto è regolare oppure vi sono delle irregolarità. In quest’ultimo caso l’amministrazione notifica al contribuente il provvedimento conclusivo, impugnabile ex art. 19 d.lgs. 546/92.A questo punto il contribuente ha tre possibilità:pagaimpugna il provvedimento davanti alle Commissioni Tributariené paga né impugna: diventa debitore dello stato. L’amministrazione finanziaria redige il ruolo, che è la lista contenente il nome dei debitori e il “quantum”. Il ruolo è poi trasmesso all’Equitalia, i..ncaricata della riscossione, che notifica la cartella di pagamento ad ogni contribuente.

Page 8: Diritto Tributario Riassunti

Accanto all’interpello ordinario, vi sono altre due tipologie di interpello: interpello elusivo: ad esempio un operatore turistico che decide di

aprire un villaggio in un paradiso fiscale, e interpella preventivamente l’amministrazione finanziaria per sapere se il suo comportamento costituisce elusione;

interpello disapplicativo: finalizzato all’individuazione parametrica delle società di comodo (nate dal pacchetto Bersani), che godono di agevolazioni fiscali e pagano meno tasse.

Il principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.) .

Alla luce dell’art. 53 Cost. “tutti sono tenuti a concorrere alla spesa pubblica in ragione della loro capacità contributiva”. Il sistema è uniformato al principio di progressività.La progressività può essere:

diretta: l’aliquota cresce con la base imponibile; per detrazione: aliquota fissa e detrazioni collegate all’imponibile; per classi: aliquota unica determinata in base alla classe di reddito; per scaglioni: suddivisione dell’imponibile in tranches e applicazione di

più aliquote, una per ogni tranche; continua: aliquota crescente in relazione a qualsiasi incremento

dell’imponibile.

Il principio di capacità contributiva, a differenza del principio di legalità (art. 53 Cost.), è abbastanza recente: è stato introdotto dalla Costituzione repubblicana del 1948.Nelle Costituzioni degli altri stati si parla di capacità economica, ma non di capacità contributiva. La capacità contributiva non rientrava neanche nei disegni dell’assemblea costituente, ma poi un gruppo di parlamentari propose di introdurre, accanto ad un limite formale all’imposizione (rappresentato dall’art. 23 Cost.), anche un limite sostanziale alla stessa.Prima vi era un’”onnipotenza” del legislatore, che poteva introdurre qualsiasi tributo, purchè lo facesse attraverso la legge: si riteneva che egli non potesse subire limitazioni, in forza della sovranità popolare che rappresenta.Un primo limite, introdotto dalla dottrina ecclesiastica (San Tommaso) e poi giuridica, è la necessità che il prelievo abbia, per essere illegittimo un fondamento causale. Il prelievo è giusto, se persegue un bene comune, è ingiusto, se serve solo ad arricchire qualcuno. Prima il prelievo era un mero atto di forza, e non rilevava come i soldi poi venissero spesi.E’ necessario introdurre un collegamento tra fattispecie, soggetto e destinazione economica di quanto prelevato, e questo collegamento è attuato con il principio di legalità.Per quanto riguarda la fattispecie, prima si riteneva che l’imposizione potesse colpire qualunque fatto (oggettivo o soggettivo): oggi, ex art. 53, la fattispecie può avere ad oggetti solo situazioni che abbiano una valenza economica.Critiche mosse al principio di capacità contributiva:

Page 9: Diritto Tributario Riassunti

- vuol dire “capacità di contribuire” è una tautologia, cioè si paga perché si paga;

- al posto della capacità contributiva bisognava introdurre l’eguaglianza fiscale ma ciò sarebbe stato una ripetizione dell’art. 3 Cost. (che già prevede l’eguaglianza sostanziale);

- c’è chi riduce la capacità contributiva a mero criterio di ragionevolezza ma la ragionevolezza deve esserci in tutte le leggi, che altrimenti sarebbero illegittime;

- c’è invece chi ritiene che la capacità contributiva sia un mero criterio di ripartizione della spesa pubblica.

In realtà la capacità contributiva si riferisce al finanziamento della spesa pubblica: l’imposta deve, per essere legittima, riferirsi ad una manifestazione di ricchezza. Quindi capacità contributiva significa idoneità a sostenere il prelievo fiscale, nel concorrere al finanziamento della spesa pubblica.Molto discussa è l’eco tassa, in base alla quale paga chi inquina. Ma l’inquinamento non è di per sé una manifestazione di ricchezza, a meno che non si colleghi ad un’attività produttiva. Nell’art. 53 è implicito il principio di esonero da imposta del minimo vitale, cioè di non tassabilità del minimo di capacità economica necessaria a soddisfare i propri bisogni primari (capacità contributiva = capacità economica – minimo vitale).Secondo la Corte Costituzionale, la capacità contributiva, oltre che porre un limite sostanziale all’imposizione, contiene un principio che ne esplica la funzione, ossia l’interesse fiscale, collegato alla destinazione del prelievo al finanziamento della spesa pubblica. Ad esempio la”legge Amato” del luglio del ’93, stabilì che chiunque avesse avuto in quel periodo un deposito bancario, avrebbe subito un prelievo dello 0,6%, al fine di risanare il debito pubblico, e rientrare nei parametri di convergenza economica necessari per l’ingresso in Europa. Per molti tale legge avrebbe dovuto essere dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, perché non tiene conto dell’art. 53, ma si basa sulla “ricchezza di un giorno”. La Corte Costituzionale, invece, ritenne la legge legittima, sostenendo che la “ricchezza di un giorno”, nel suo piccolo, fosse comunque espressione di capacità contributiva, e che prevaleva l’interesse fiscale di sanare il debito pubblico.La Corte Costituzionale ha stabilito i requisiti del principio di capacità contributiva:

realtà: deve fare riferimento a situazioni giuridiche attuali attualità: deve riferirsi a situazioni con una certa vicinanza temporale

sono vietati i tributi con effetto retroattivo effettività: deve riferirsi a fatti e situazioni reali, le presunzioni su cui si

fonda l’obbligazione sono legittime solo se sono relative (e ammettono prova contraria)

personalità: il debito d’imposta non può sorgere nei confronti di terzi diversi dal soggetto che ha realizzato la fattispecie, a meno che non sia prevista la possibilità di trasferire a carico del soggetto passivo l’onere del tributo, mediante rivalsa o ritenuta.

Page 10: Diritto Tributario Riassunti

Le prestazioni imposte e i diversi tipi di entrate.

L’art. 23 Cost. introduce il concetto di prestazione imposta, mentre nello Statuto Albertino si parlava di “tributo”: con la Costituzione vi è stato il rafforzamento della garanzia espressa dal principio di legalità, riferendolo anche a prestazioni, personali e patrimoniali, diverse dai tributi, purchè obbligatorie.Le entrate pubbliche possono essere:

originarie: acquisite in maniera diretta (ad esempio dal godimento di beni pubblici);

derivate: acquisite mediante il prelievo fiscale; sono il risultato di un potere impositivo (ne sono un esempio le entrate derivanti dalla cessione di beni pubblici). Fra le entrate derivate rientrano i tributi.

Le prestazioni imposte:- comportano un sacrificio economico a carico del soggetto obbligato;- comportano una decurtazione di ricchezza;- comportano una limitazione della sfera economica del soggetto, la quale

non si muove nella logica della corrispettività, ma è frutto di un’imposizione.

Le prestazioni imposte possono essere di diversi tipi:- prestazioni tributarie : sono collegate alla spesa pubblica, hanno fonte

legale e hanno un’accentuata coattività;- prestazioni extra-tributarie : hanno fonte contrattuale e una coattività

meno accentuata;- prestazioni imposte per il prezzo : la P.A. offre beni e servizi a fronte di un

corrispettivo economico (ad esempio le tariffe dell’acquedotto). Si ha il monopolio fiscale quando lo Stato avoca a sé la produzione di un determinato bene o l’erogazione di un determinato servizio, fissando unilateralmente il prezzo, che può essere superiore al prezzo di mercato, in modo da conseguire una rendita.

Vi sono tre figure tributarie:tassa: prestazione pecuniaria che un ente pubblico ha diritto di esigere, nei casi, nei modi e nella misura stabilita dalla legge, allo scopo di conseguire un’entrata e in considerazione di un servizio pubblico prestato dall’ente nei confronti del soggetto obbligato che ne ha fatto richiesta e che ne ha tratto beneficio;contributo: prestazione dovuta in relazione all’esplicazione di un’attività amministrativa non richiesta, ma comunque vantaggiosa per il soggetto;imposta:prestazione pecuniaria che un ente pubblico ha il diritto di esigere, nei casi, nei modi e nella misura stabilita dalla legge, allo scopo di conseguire un’entrata in relazione ad una manifestazione di capacità contributiva.Quindi a differenza dell’imposta, ispirata al principio di capacità contributiva, tasse e contributi sono ispirati al principio del beneficio, perché il soggetto trae vantaggio da un’attività che di per sé non è doverosa per la P.A.

Le imposte possono essere:- dirette: colpiscono il reddito o il patrimonio;

Page 11: Diritto Tributario Riassunti

- indirette: colpiscono i singoli atti di consumo o di scambio;- proporzionali: variano in relazione alla base imponibile, in genere hanno

carattere reale;- progressive: aumentano in misura più accentuata rispetto all’incremento

della base imponibile, per effetto della maggiorazione del tasso.

Quindi:l’art. 23 si riferisce sia alle prestazioni tributarie che a quelle extra-tributariel’art. 53 si riferisce alle sole imposte, che per essere legittime devono essere collegate alla capacità contributiva

non vi rientrano tasse e contributi, che sono collegati al principio del beneficio. Tuttavia, una piccola parte della giurisprudenza, sostiene (inutilmente) che la capacità contributiva dovrebbe riguardare tutti i tributi, perché tutti i tributi finanziano la spesa pubblica.

La fattispecie tributaria.

Gli elementi strutturali del prelievo fiscale sono:- fattispecie- soggetti- base imponibile- tasso (criterio di determinazione d’imposta).

La fattispecie è la situazione fattuale cui il legislatore collega il prelievo fiscale. Vi sono diversi tipi di fattispecie, che producono effetti giuridici diversi.

Le fattispecie a struttura chiusa (o “puntuali” o “istantanee”): si originano e si esauriscono il un momento definito, ciò che accade prima o dopo resta irrilevante. Ad esempio, chi presenta la domanda di ammissione ad un concorso pubblico paga l’imposta di bollo; se cambia idea e non si presenta al concorso, non può chiedere il rimborso dell’imposta, perché la fattispecie è nata e si è esaurita nel momento di presentazione della domanda. Un altro esempio è dato dall’imposta di registro: io registro il terreno come catastale agricolo e lo vendo; se l’anno dopo il terreno diventa edificabile non si può aumentare l’ammontare dell’imposta che ho precedentemente versato.

Le fattispecie a struttura aperta: guardano al formarsi della ricchezza in un intervallo di tempo, il c.d. periodo d’imposta, che per convenzione si fa coincidere con l’anno solare (dal 1 gennaio al 31 dicembre). Ne sono un esempio l’IVA e le imposte periodiche.

Le fattispecie alternative: ne sono un esempio l’IVA o l’imposta di registro, perché si paga o una o l’altra.

Le fattispecie plurisoggettive: interessano più soggetti in solido.

Page 12: Diritto Tributario Riassunti

Come nasce il debito d’imposta? Vi sono diverse teorie:

teoria dichiarativa: è improntata sulla fattispecie prevista dalla norma è sufficiente il concorso tra fattispecie e norma perché nasca il debito d’imposta. Questa teoria è nata in Germania negli anni ’30, e poi è stata introdotta in Italia dal prof. Giannini;teoria costitutiva: non rileva la fattispecie, ma l’atto impositivo, di accertamento o di riscossione;teoria procedimentale: rileva il procedimento, ossia la sequenza degli atti dell’amministrazione finanziaria, finalizzati all’accertamento o alla riscossione.

Vediamo il risvolto pratico delle teorie, alla luce del sistema normativo vigente. Attualmente vi è un sistema fiscale di massa, e i tributi vengono, nella maggior parte dei casi, pagati spontaneamente, e non a fronte di un potere impositivo. Del resto non sarebbe possibile eseguire l’accertamento nei confronti di tutti in contribuenti (è obbligatorio solo per le società di grandi dimensioni, ogni 2 anni).La teoria costitutiva pone l’attenzione sull’attività impositiva dell’amministrazione finanziaria; mentre quella procedimentale la pone sul collegamento funzionale tra gli atti dell’amministrazione finanziaria, ma non spiega come nasca il debito d’imposta.Ciò che rileva è l’obbligazione, infatti il rapporto tra fisco e contribuente è un rapporto debito-credito.Quindi la teoria prevalente è quella dichiarativa: è dalla fattispecie che scaturiscono sia il potere impositivo che l’obbligazione.Rispetto a quella civile, l’obbligazione tributaria ha delle peculiarità:

- funzionali: infatti è finalizzata al finanziamento della spesa pubblica;- per i soggetti: fisco e contribuente;- per la fonte legale.

La teoria del rapporto giuridico d’imposta mostra come, accanto all’obbligazione, che è l’elemento essenziale del rapporto, vi sono anche altre componenti, tra cui la soggettività.

La soggettività.

La soggettività è la capacità di un soggetto di essere titolare di diritti e obblighi. Presuppone:

una previsione normativa la capacità contributiva.

A differenza della soggettività civilistica, e giuridica in generale, che presuppone la capacità giuridica e la capacità di agire, la soggettività tributaria è strettamente collegata all’obbligazione il soggetto d’imposta è il debitore d’imposta, che manifesta la propria capacità contributiva. La capacità contributiva fa da ponte tra soggetti e fattispecie, perché la fattispecie deve esprimere la capacità contributiva, ma la capacità contributiva deve riguardare il soggetto.

Page 13: Diritto Tributario Riassunti

La soggettività giuridica di diritto comune, invece, non presuppone la capacità contributiva. Ciò, però, non vuol dire che soggettività giuridica e tributaria siano due cose a sé, anzi, spesso nell’ambito della soggettività il legislatore tributario fa proprie le categorie civilistiche.Ad esempio nel diritto tributario può avere soggettività giuridica anche la c.d. “ricchezza senza soggetto” (ad esempio un’eredità giacente) il solo fatto che vi sia una manifestazione di ricchezza, rivelatrice di capacità contributiva, è una situazione di per sé idonea ad esprimere soggettività da un punto di vista tributario.La soggettività tributaria è più ampia di quella di diritto comune, al fine di evitare che manifestazioni di ricchezza sfuggano a tassazione.La soggettività tributaria è quella che denota capacità contributiva ad esempio, il sostituto d’imposta non ha una soggettività, ma una para-soggettività, in quanto non ha una propria capacità contributiva, e dopo aver pagato è tenuto ad esercitare la rivalsa.Nelle c.d. “fattispecie plurisoggettive”, che riguardano più soggetti, in genere il legislatore prevede la solidarietà, cioè che tutti rispondono del debito. Vantaggi:

- conformità rispetto al principio di capacità contributiva (la fattispecie riguarda tutti, e ne rispondono tutti);

- garanzia per l’ente impositore, perché l’adempimento può essere preteso da ciascun debitore, e l’atto impositivo deve essere notificato a ciascuno di essi (prima era notificato a uno solo di essi: vi era la c.d. “supersolidarietà”, che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima).

Può esserci solidarietà: paritetica: tutti sono sullo stesso piano dipendente: prima ci si rivolge ad un debitore e dopo agli altri (ad

esempio, prima mi rivalgo sulla società, poi, se essa non paga, passo al socio).

In ogni caso se uno paga per tutti, poi si rivale sugli altri (in forza del principio di capacità contributiva).

I soggetti del rapporto giuridico d’imposta.

Nel sistema tributario vi sono: norme che istituiscono un tributo norme che applicano un tributo, in attuazione delle prime.

La norma impositrice evidenzia e misura la capacità contributiva, e individua i presupposti dell’obbligazione, i soggetti (attivi e passivi) e gli effetti giuridici.Il presupposto dell’obbligazione costituisce l’”an debeatur”, cioè la situazione fattuale che determina l’applicazione del tributo.La base imponibile costituisce il “quantum debeatur”, cioè la misura del tributo.Quanto ai soggetti, occorre distinguere:

- il soggetto attivo (creditore) : è il beneficiario dell’applicazione del tributo; ha una serie di diritti e poteri, tra cui quello di esigere la prestazione;

Page 14: Diritto Tributario Riassunti

- il soggetto passivo (debitore) : subisce la decurtazione della propria ricchezza, ha una serie di doveri e obblighi, tra cui quello di adempiere la prestazione.

Soggetti attivi: il soggetto attivo per eccellenza è lo Stato, in più, con la riforma del titolo V, le regioni, i comuni, e le province. Sono legittimati ad applicare tributi anche la Camera di Commercio e la SIAE, che però, a differenza degli altri soggetti, non hanno potestà finanziaria, in quanto non sono organo di rappresentanza politica.Soggetti passivi: persone fisiche residenti nel territorio dello Stato per tutti i redditi goduti; persone fisiche non residenti per tutti i redditi prodotti nel territorio dello Stato; persone giuridiche, residenti o meno, che operano nel territorio dello Stato con un’organizzazione stabile. Ad essi si aggiungono, ai sensi dell’art. 73 T.U., le associazioni non riconosciute e i consorzi (privi di capacità giuridica, ma non di capacità contributiva), quando il presupposto si verifica in modo autonomo e unitario.

Alla luce del principio di personalità e di capacità contributiva, l’art. 64 del dPR 600/73, dichiara l’illegittimità delle norme che pongono l’obbligo di adempiere in capo ad un terzo diverso dal soggetto passivo. In deroga a ciò, lo stesso art. 64 del dPR 600/73, individua due figure tipiche della parasoggettività tributaria o soggettività impropria:

il sostituto d’imposta il responsabile d’imposta.

Il sostituto d’imposta, ex art. 64, è colui che, in forza di disposizioni legislative, è obbligato in luogo di altri al pagamento dell’imposta, per fatti o situazioni riferite ad altri.L’esempio classico di sostituzione è quello del datore di lavoro che paga le imposte in luogo dei lavoratori, in base al loro reddito il fisco è agevolato, perché potrà pretendere il pagamento da un solo soggetto.La sostituzione si verifica soprattutto nelle fattispecie a struttura aperta. Il sostituto può pagare:

- a titolo di imposta (c.d. “sostituzione propria”): il sostituto paga l’intera imposta in luogo del sostituito, che sarà liberato dall’obbligazione non dovrà calcolare, nell’ambito del reddito complessivo, il reddito già tassato; inoltre, se non ha altri redditi, non dovrà redigere altre dichiarazioni dei redditi. Se il sostituto non paga, il sostituito sarà obbligato in solido con lui;

- a titolo di acconto (c.d. “sostituzione impropria”): il sostituto non paga l’intero importo, ma versa una somma a titolo di acconto. A questo punto il sostituito, nel momento in cui si chiuderà il periodo d’imposta, calcolerà il reddito conseguito, e pagherà su di esso l’imposta a saldo, detraendo però l’acconto che è già stato pagato dal sostituto.

In ogni caso, il sostituto deve esercitare la rivalsa (per D’Amati la rivalsa si ha già nel momento della ritenuta; quindi si dovrebbe parlare di ritenuta o trattenuta, e non di rivalsa) verso il sostituito, perché non può pagare per situazioni riferite ad altri, ex art. 53 Cost.

Page 15: Diritto Tributario Riassunti

Può accadere che il sostituto detragga una somma a titolo di acconto, ma non la versi allo stato. Nel momento in cui, con la chiusura del periodo d’imposta, il sostituito paga l’imposta, egli dichiara anche che, su una parte del reddito, il sostituto ha effettuato una ritenuta: in tal caso lo stato agirà direttamente nei confronti del sostituto.Può altresì accadere che il sostituto non operi la ritenuta e non la versi allo stato: in tal caso, nel momento in cui il sostituito paga la somma (per intera), libera anche il sostituto. In caso contrario, lo stato potrà agire nei confronti di entrambi, ma, alla luce del divieto di doppia imposizione, pretenderà dal sostituito il pagamento dell’imposta, e dal sostituto gli interessi e le sanzioni.

Abbiamo dunque un rapporto trilaterale tra: sostituto, sostituito e Stato. Il sostituto-datore di lavoro è debitore del sostituito-lavoratore per la prestazione da questo eseguita. Nel momento in cui il sostituto effettua la ritenuta, vi è una cessione del credito, perché il sostituto cessa di essere debitore del sostituito, e diviene debitore dello Stato.Quando il sostituto è lo Stato nei confronti dei propri dipendenti pubblici, egli sarà al contempo creditore e debitore, per cui, nel momento in cui esso dovrà retribuire i lavoratori, corrisponderà loro un reddito pari alla minor somma (in quanto da esso lo Stato ritiene l’ammontare dell’imposta), e quindi vi sarà un’estinzione del credito per confusione, dal momento che creditore e debitore sono la stessa persona.Il rapporto tra sostituto e sostituito è un rapporto di diritto privato, che è di competenza delle Commissioni Tributarie, competenti, ex art. 2 d. lgs. 546/92, sulle controversie nascenti da tributi di ogni genere e specie. Esse sono competenti anche con riguardo al responsabile d’imposta.Il responsabile d’imposta rientra nelle situazioni c.d.“solidali dipendenti” : ex art. 64 dPR 600/73, è obbligato al pagamento dell’imposta insieme con altri, per fatti ad essi riferibili. Il responsabile ha diritto di rivalsa (e non dovere di rivalsa, come nel caso del sostituto), nei confronti del soggetto cui la fattispecie si riferisce.Nel caso del sostituto vi sarà quindi una cessione del credito. Egli non è soggetto ad accertamenti (a meno che la ritenuta non venga né versata, né effettuata).Nel caso del responsabile vi sarà un’obbligazione in solido (accessoria). Egli può essere soggetto ad accertamento.Quanto alla successione nel debito d’imposta, essa si ha quando una persona subentra all’altra negli obblighi inerenti ad un determinato e tuttora esistente rapporto d’imposta. Anche qui non c’è l’obbligo, ma il diritto di rivalsa.Una volta che un erede presenta la dichiarazione dei redditi, libera anche gli altri, e c’è una proroga dei termini di 6 mesi.Gli eredi, inoltre, devono indicare all’Agenzia delle Entrate:

- generalità e proprio domicilio fiscale per la notifica degli atti ai singoli eredi;

- domicilio fiscale del defunto.L’accollo del debito d’imposta, in base all’art. 53 Cost., è ammesso solo se cumulativo, e non liberatorio (ai sensi art. 8 dello statuto dei diritti del contribuente, devono risponderne sia l’obbligato principale che l’eventuale accollante).

Page 16: Diritto Tributario Riassunti

LA SOGGETTIVITA’ ATTIVA.

Essa consta di due componenti:- astratta: consiste nell’individuazione del tributo nelle sue

caratteristiche, fa capo allo Stato e alle regioni, in più, con la riforma del titolo V (legge 3/2001), a comune, province e città metropolitane in armonia con la Costituzione e con i principi di finanza pubblica e coordinamento del sistema tributario (riserva di legge relativa);

- concreta: consiste nella gestione concreta del tributo.Nell’ambito della gestione concreta occorre distinguere tra:

- indirizzo politico, affidato al Ministero dell’Economia e delle Finanze, e in particolare al Dipartimento per le politiche fiscali, che determina l’indirizzo politico assieme all’organo politico, e ha con le agenzie un rapporto convenzionale, in quanto comunica loro gli obiettivi da attuare mediante atto contrattuale;

- gestione amministrativa, affidata alle agenzie, autonome (anche da influenze politiche).

Struttura delle agenzie:1) direzione centrale, la quale si divide a sua volta in tre sottodirezioni:- accertamento- pianificazione e controllo- questioni interne, direzione del personale, direzione e controllo, servizi e

fiscalità;2) direzione regionale, a livello intermedio;3) uffici locali dell’agenzia delle entrate è in atto una riforma per sostituirli

con uffici su base provinciale.Le direzioni constano di settori, divisi in base alla grandezza economica del soggetto sottoposto ad accertamento si auspica una riforma che differenzi i settori in base alla natura del soggetto, richiedendo così competenze tecniche specifiche, e non trasversali.Nell’Agenzia delle Entrate vi sono due importanti strutture operative:

l’area servizi, che presta assistenza al pubblico; una sua peculiarità è l’attività di discussione degli atti di irregolarità della dichiarazione che essa svolge;

l’area controllo, con funzione di:- verifica: in questa fase vi è un soggetto ausiliario, la guarda di finanza,

con potere di polizia giudiziaria, oltre che tributaria;- accertamento;- riscossione: anche qui si configura un ulteriore soggetto, l’Equitalia Spa,

concessionaria della riscossione. Essa è stata riformata: si è passati dalle precedenti concessionarie provinciali su base territoriale ad una struttura unitaria, con un capitale per la maggioranza assoluta all’agenzia delle entrate, e per la parte minoritaria all’Inps;

- gestione del contenzioso: quando verrà attuata la riforma, la futura struttura sarà su base provinciale la competenza territoriale sulla gestione del contenzioso ricalcherà la competenza giurisdizionale delle Commissioni Tributarie, che è su base provinciale.

Page 17: Diritto Tributario Riassunti

Altri soggetti:- CAF e CAD , ossia centri di assistenza fiscale e centri di assistenza

doganale: svolgono un’attività analoga a quella dell’agenzia delle entrate. La peculiarità dei Cad è la loro attività certificatoria: essi accertano la conformità della documentazione prodotta ai dati indicati nelle dichiarazioni dei redditi.

- Sostituto d’imposta e responsabile d’imposta (figure della c.d. “para-soggettività): nella manualistica sono soggetti passivi preposti ad una serie di adempimenti, ma sono anche soggetti attivi, perché svolgono un’attività per conto dell’agenzia.

Lo stesso istituto dell’interpello qualifica l’amministrazione non solo come organo di vigilanza e controllo, ma anche come soggetto attivo (in veste preventiva).

IL SISTEMA TRIBUTARIO.

L’attuale assetto dell’imposizione è determinato dalla legge delega 825/71, attuata con una serie di decreti attuativi.Prima vi erano pochissime imposte dirette, che non colpivano direttamente la ricchezza (ad eccezione delle imposte fondiarie), ma gli atti di scambio, e la maggior parte delle imposte erano indirette.Dapprima, restando nell’ambito delle imposte indirette, furono introdotti i testatici, che colpivano in eguale misura i singoli soggetti; ad essi si sostituirono poi i fuocatici, che colpivano i nuclei familiari, a prescindere dal numero dei loro componenti e dalla loro ricchezza.Le imposte fondiarie risalgono alla legislazione romana, in cui proprietà e sovranità si confondevano: si trattava di una sorta di canone, pagato dai “non cives”, per disporre di un fondo.Origine dell’imposta sul reddito globale: l’income tax fu introdotta dal primo ministro inglese W. Pitt, su spinta dell’ammiraglio Nelson, per procurare gettito, al fine di finanziare le guerre napoleoniche. Pitt promise che l’imposta sarebbe stata mantenuta solo fino alla sconfitta di Napoleone, e invece fu mantenuta anche dopo, e introdotta in molti altri Stati, tra cui la Francia.L’Italia non seguì il modello inglese, ma introdusse imposte su alcuni tipi di reddito. Non vi erano imposte personali, ma reali, che colpivano il reddito in quanto tale, e non il soggetto per tutti i redditi prodotti non vi è la tassazione della persona, ma della fonte reddituale.Dopo l’unità d’Italia (1860), si avvertì l’esigenza di un sistema tributario unitario. Vi erano due possibili soluzioni:

- adottare anche in Italia l’imposta sul reddito globale;- mantenere un “ventaglio” di imposte reali (mutuate dalle legislazioni

preunitarie), differenziate in base alla natura del reddito colpito.Fu introdotta una serie di imposte sul reddito a carattere reale e proporzionale, che seguivano il criterio della fonte di produzione del reddito (c.d. discriminazione qualitativa dei redditi). Ad esempio: il lavoro operaio non era tassato, il lavoro dei dipendenti pubblici era tassato con un’aliquota del 10%, il

Page 18: Diritto Tributario Riassunti

reddito da capitale con un’aliquota del 25% e il reddito da vincite con un’aliquota del 30%.Dopo la seconda guerra mondiale occorrevano ingenti risorse, e iniziò a sentirsi l’esigenza di un’imposta sul reddito globale.Nel 1919 un decreto legge cercò di introdurre l’Irpef, ma non fu convertito in legge, quindi rimasero in piedi le vecchie imposte indirette reali, che non guardavano alla ricchezza complessiva del soggetto, ma solo alla fonte reddituale.Fu introdotto un correttivo, rappresentato dall’imposta complementare, che calcolava in modo fittizio la base imponibile e le aliquote accanto ad una discriminazione qualitativa, si voleva introdurre una discriminazione quantitativa, in forza della quale non si guardasse più al tipo di reddito, ma alla ricchezza complessivamente prodotta.Applicate le varie imposte, si effettuava un conguaglio attraverso le imposte di secondo grado.L’art. 53 Cost. ha introdotto i principi di capacità contributiva e progressività non si guarda più ai singoli tipi di reddito, ma alla ricchezza complessivamente prodotta dal soggetto.Si cerca di conservare anche la discriminazione qualitativa mediante l’ILOR, imposta locale sui redditi, che non tassava i redditi di lavoro dipendente, e tassava tutti gli altri redditi è stata dichiarata illegittima. L’Ilor è stata sostituita dall’Irap nel 1997.Con la riforma degli anni ’70 sono stati introdotti nel sistema tributario i principi di personalità, globalità e progressività.Nell’Irpef la base imponibile coincide con il reddito globale. Come si calcola il reddito globale? Ci sono due possibili soluzioni:

1) il reddito globale è dato dalla somma delle diverse categorie di reddito (fondiari, di capitale, di lavoro autonomi, di lavoro dipendente, d’impresa, diversi);

2) il reddito globale è calcolato con criteri unitari per tutti i tipi di reddito.La soluzione scelta è la prima, anche se mancano criteri unitari per determinare la base imponibile, quindi la discriminazione rischia di crearsi comunque. Inoltre, con tale soluzione non ci si libera delle vecchie categorie di reddito, che vengono immesse nel nuovo sistema (con i criteri di tassazione propri di ciascuna categoria).

L’IRPEF e l’IRES.

Entrambe sono personali, globali e collettive; la base imponibile varia a seconda della residenza.L’IRPEF: imposta sul reddito delle persone fisiche.Soggetti attivi:

- persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, per tutti i redditi posseduti (criterio dell’imposizione globale);

- persone fisiche non residenti nel territorio dello Stato, per tutti i redditi ivi prodotti (criterio dell’imposizione territoriale).

In tal modo, però, c’è il rischio di doppia tassazione, in quando un soggetto residente in teoria subirebbe l’imposizione dello Stato in cui risiede e dello Stato in cui ha prodotto redditi, pur non essendo residente. Per evitare ciò, si

Page 19: Diritto Tributario Riassunti

attuano le convenzioni internazionali previste tra due o più Stati, oppure si adotta un modello generale previsto dall’OCSE. Quindi, o vi è l’esenzione da parte di uno degli Stati, o si ricorre al credito d’imposta (art. 165 TU) con cui, se alla formazione del reddito globale concorrono redditi prodotti all’estero, il soggetto pagherà l’imposta all’estero è detrarrà una quota dell’imposta estera, proporzionale al rapporto tra reddito estero e reddito globale.Il reddito complessivo è dato dalla somma delle categorie di reddito di cui all’art. 6 T.U. (redditi: fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, d’impresa, diversi), al netto degli oneri deducibili.Quanto al concetto di residenza, ai sensi dell’art. 2 TUIR, “si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta: sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del C.C. (incaricato di accertare questi elementi è l’ufficio fiscale); si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione locale e trasferiti in altri Stati diversi (con sistema fiscale privilegiato, cioè con pressione fiscale inferiore alla metà rispetto a quella presente in Italia) da quelli individuati con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale”.Si considerano altresì residenti, i soggetti che abbiano spostato la loro residenza anagrafica all’estero, ma che conservino la propria dimora abituale o il proprio domicilio nel territorio dello Stato.Nell’Ires la residenza sarà riferita alla sede legale o alla sede dell’attività.Per i non residenti, si guarda alla fonte di produzione del reddito e al suo legame col territorio. Quando è difficile individuare la fonte, si ricorre a criteri convenzionali: il residenza del percipiente, residenza dell’erogante e attività (stabilmente organizzata).Quando si va a localizzare un reddito, bisognerà individuare criteri di collegamento tra reddito e luogo, facciamo degli esempi:

- nel caso del reddito fondiario è semplice, perché tale reddito è collegato al luogo in cui è localizzato il fondo;

- per i redditi di impresa si usa il criterio della “stabile organizzazione”;- per i redditi finanziari si considera la semplice residenza.

Non si fa riferimento, invece, al concetto di cittadinanza, in quanto ai sensi dell’art. 53 Cost. “tutti devono concorrere alla spesa pubblica”.L’IRES: imposta sul reddito delle società, è stata introdotta con la legge delega n.80/2003, attuata con decreto legislativo n.244/2003, in sostituzione dell’Irpeg.Soggetti passivi dell’Ires:

- società di capitali e società cooperative, che nel CC godono di personalità giuridica;

- enti commerciali, pubblici o privati, con o senza personalità giuridica, aventi come oggetto principale ed esclusivo l’esercizio di un’attività commerciale;

- enti non commerciali, pubblici o privati, con o senza personalità giuridica, che non hanno come oggetto principale ed esclusivo l’esercizio di un’attività commerciale;

- società, enti commerciali, enti non commerciali non residenti.

Page 20: Diritto Tributario Riassunti

La riforma del 2003 è stata attuata solo in parte: si voleva seguire il modello della corporation tax, limitando la tassazione alle società di capitali, e introducendo l’IREE, che avrebbe dovuto colpire gli enti diversi dalle società. Per evitare che gli enti diversi dalle persone fisiche e dalle persone giuridiche non fossero soggetti all’imposizione, il legislatore ha stabilito che i soggetti passivi dell’Ires sono gli stessi dell’Irpeg.Alle società di persone non si applica né l’Irpef né l’Irpeg; si applica il criterio della trasparenza: il reddito non è tassato in capo alla società, ma ciascun socio. Vi è l’imputazione pro quota, a prescindere dalla percezione o meno di utili.

LE IMPOSTE SUL REDDITO.

L’imposta sul reddito è personale, globale e collettiva. Nel TUIR manca una definizione di reddito.Sul piano economico abbiamo 3 differenti accezioni di reddito:

1) reddito prodotto: nuova ricchezza derivante da una fonte produttiva;2) reddito entrata: tutta la nuova ricchezza che entra nella disponibilità di

un soggetto (determinando un arricchimento);3) reddito spesa: tutta la ricchezza impiegata per una determinata

destinazione.In tutti e tre i casi, per trattarsi di reddito è necessario un “quid novi”.Il legislatore attinge a questo genere di definizioni, scegliendo il modello a seconda dei casi. Ad esempio, una donazione ricevuta da un imprenditore è reddito (e più precisamente si tratta di reddito entrata), se proviene da un lavoratore autonomo non è reddito (perché si parla, per lui, di reddito prodotto).Sul piano lessicale, invece, distinguiamo due concetti:

patrimonio: è un concetto statico, riferito ad una quantità fissa di ricchezza;

reddito: è un concetto dinamico, riferito ad un incremento di ricchezza formatosi in un certo periodo di tempo.

L’art. 1 del TUIR, relativo alle fattispecie imponibili, non fornisce un concetto generale di reddito, affermando che il reddito è imponibile se rientra in una delle categorie dell’art. 6:

1) redditi fondiari2) redditi di capitale3) redditi di lavoro dipendente4) redditi di lavoro autonomo5) redditi d’impresa6) redditi diversi.

Il legislatore rinuncia ad una definizione unitaria di redditi, e, anziché procedere per principi, procede per casi, adottando il metodo casistico o nominalistico. E’ imponibile tutto ciò che il legislatore considera tale, inoltre, all’interno delle prime 5 categorie, si trova la nozione del relativo reddito (non troviamo una definizione solo nei redditi diversi, perché sono un elenco di casi privi di elementi in comune).

Page 21: Diritto Tributario Riassunti

Ci si chiede se, ai fini della certezza del diritto, sia meglio procedere per casi o per principi:

- quando si procede per principi, bisogna vedere se la situazione fattuale rientra nel principio generale;

- quando si procede per casi, ci può essere un caso nuovo, non contemplato tra quelli precedenti, che richiede un nuovo intervento del legislatore, che adotta la c.d. strategia della rincorsa.

Inoltre bisogna aggiungere che:- nonostante venga adottato il metodo casistico, l’attività interpretativa

non cessa;- vengono utilizzate norme di chiusura (tipo: “ogni caso simile si disciplina

così”), e ciò non giova alla certezza del diritto.Il legislatore ha cercato di ricondurre tutta la casistica alle 6 categorie di reddito, spostando, quando lo ritiene opportuno, i singoli casi da una categoria all’altra, per sottoporli a regole diverse di tassazione.Facciamo un esempio: la mancia al croupier di un casinò è reddito assimilabile ai redditi di lavoro dipendente, perciò è tassato; la mancia al portiere di un albergo, invece, non è tassabile.Attraverso il meccanismo dell’assimilazione il legislatore fa rientrare nelle categorie (che sono un numero chiuso) casi che in teoria non vi rientrerebbero.Ad esempio, l’indennità di congrua di un sacerdote è assimilata al reddito di lavoro dipendente, perché vi sono elementi in comune (attività fissa, continuità, etc.). Altre volte l’assimilazione è un po’ forzata.Ci si chiede se il legislatore, in virtù della sua “onnipotenza”, possa arrivare a qualificare come reddito tutto ciò che vuole.A seguito di una sentenza della Cassazione Belga del 1886 ci si è posti un problema: i redditi illeciti sono tassati? Una legge approvata in Italia, la n. 537/93, ha affermato che i redditi illeciti devono essere tassati alla stregua delle corrispondenti categorie di redditi leciti, salvo sequestro o confisca ai fini della tassazione,non conta la fonte, ma il fatto che tali redditi siano assimilabili a una delle 6 categorie.Ci si chiede cosa accada, invece, per i costi illeciti. Il problema si pose tempo fa quando un imprenditore italiano fu rapito, e alla sua famiglia fu chiesto il riscatto; la somma necessaria ai fini del riscatto fu procurata mediante la cessione di beni aziendali.Al momento della dichiarazione dei redditi, l’imprenditore chiese di poter dedurre il costo illecito, pagato per il riscatto gli fu data ragione sia in 1° che in 2° grado (si riteneva, infatti, che essendo tassati i redditi illeciti, anche i costi illeciti dovessero essere deducibili). Alla fine la Cassazione affermò che non era possibile dedurre il costo illecito, perché esso non era documentato.Nel 2002 il legislatore è intervenuto in maniera definitiva, affermando l’indeducibilità dei costi illeciti. L’onnipotenza del legislatore nel determinare le fattispecie da sottoporre a tassazione, incontra un limite nel principio di capacità contributiva, espresso dall’art. 53 Cost.Prendiamo come esempio il risarcimento dei danni (ad esempio un professore viene investito e per un po’ di tempo non può lavorare, oppure in caso di mobbing):

- il danno emergente consiste nella riparazione della perdita patrimoniale subita, non denota alcuna ricchezza, pertanto non è tassabile;

Page 22: Diritto Tributario Riassunti

- quanto al lucro cessante, i redditi conseguiti in sostituzione di altri, corrispondono ai redditi sostituiti, e vengono tassati come tali, salvo invalidità permanente o morte del danneggiato.

Per individuare le diverse fattispecie reddituali, il legislatore può, come ha stabilito la Corte Costituzionale, usare metodi differenti è una valutazione di opportunità scegliere la categoria in cui far rientrare il reddito.Facciamo un altro esempio: contrariamente a quanto si riteneva all’inizio, la Corte Costituzionale ha sancito la deducibilità delle spese mediche sostenute all’estero, così come avviene (già da tempo) per le spese mediche sostenute in Italia.

I REDDITI FONDIARI (art. 25-43 TUIR).

Ai sensi dell’art. 25 del TUIR, sono redditi fondiari i redditi inerenti a terreni e fabbricati situati nel territorio dello Stato, che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano.Ai sensi dell’art. 26 i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili (a titolo di proprietà, usufrutto, enfiteusi o uso).Se sull’immobile vi sono più diritti, facenti capo a diversi soggetti, il reddito fondiario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto, per la parte corrispondente al suo diritto.Vi sono 3 diversi tipi di redditi fondiari:

- redditi dominicali di chi ha il diritto reale sul fondo;- redditi agrari di chi esercita l’attività d’impresa agricola (che va tenuta

distinta dall’attività d’impresa commerciale, contraddistinta dal bilancio);- redditi dei fabbricati.

I redditi fondiari sono determinati mediante catasto (dal greco catastucon, ossia registro), introdotto con la legge 3682/86, che è una sorta di “inventario” di terreni e fabbricati situati nel territorio dello Stato. Il catasto deve essere aggiornato ogni 10 anni.Il catasto esprime il reddito medio (basato sulla zona censuaria) ordinario (si usano le tecniche normalmente impiegate) continuativo, cioè il reddito che un fondo può mediamente produrre in ragione della propria destinazione e intensità produttiva.Vantaggi di questo sistema:

- incentiva l’attività agricola, perché tutto ciò che eccede il reddito medio ordinario non è tassato;

- viene meno tutta una serie di adempimenti contabili (perché il reddito medio è già predeterminato).

Funzioni del catasto: individua la proprietà dei beni e le successive mutazioni di tale diritto; individua la base imponibile per l’applicazione delle imposte fondiarie.

Il catasto è geometrico particellare fondato sulla misura e sulla stima. La misura rileva la figura e l’estensione delle singole proprietà e delle diverse particelle catastali, e le rappresenta con mappe planimetriche collegate a punti trigonometrici.

Page 23: Diritto Tributario Riassunti

Le particelle catastali rappresentano l’unità di misura del catasto; esse sono porzioni continue di terreno, situate nel medesimo comune, appartenenti allo stesso proprietario, e soprattutto aventi la medesima destinazione.La stima comprende diverse operazioni:

classificazione qualificazione formazione delle tariffe d’estimo (per ciascuna qualità e classe di

terreno) classamento: verifica delle particelle catastali per attribuire loro una

categoria o qualità.

Il reddito dominicale, ex art. 27, è costituito dalla parte dominicale del reddito medio ordinario, detraibile dal terreno attraverso l’esercizio delle attività agricole di cui all’art. 32, cioè delle attività (strettamente connesse al terreno) dirette:

1) alla coltivazione del terreno, alla silvicoltura, alla funghicoltura;2) all’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno ¼ dal

terreno e alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione insiste;

3) alla manipolazione, conservazione, trasformazione e valorizzazione dei prodotti agricoli e zootecnici, purchè rientrino nel normale esercizio dell’attività agricola;

4) all’esercizio di attività connesse, previste dal codice civile, ottenute prevalentemente con l’utilizzo del terreno o degli animali allevati, di cui al punto 2.

Il superamento dei limiti di connessione al fondo comporta l’imputazione del reddito eccedente come reddito d’impresa.In pratica il reddito dominicale è la parte del reddito complessivo del terreno attribuita al proprietario, è dato dalla somma tra valore della terra e interesse relativo ai capitali in essa investiti.E’ un reddito continuativo, in quanto è calcolato senza riguardo alla maggiore o minore produttività.Il reddito dominicale necessita di un duplice requisito:

soggettivo: possesso del fondo in forza di un diritto reale oggettivo: i terreni devono essere atti alla produzione agricola.

Il reddito dominicale può subire variazioni: in aumento: sostituzione della qualità di coltura allibrata in catasto

con un’altra di maggiore reddito; in diminuzione: sostituzione della qualità di coltura allibrata in

catasto con un’altra di minore reddito, o diminuzione della capacità produttiva del terreno per naturale esaurimento delle risorse o per causa di forza maggiore.

Entrambe le variazioni vanno denunciate entro il 31/01 dell’anno successivo a quello in cui si è verificato il fatto.Il reddito catastale dominicale si abbassa del 30% se il fondo non viene coltivato per un’intera annata, mentre lo si considera inesistente se, per eventi naturali, si sia perduto almeno il 30% del prodotto ordinario del fondo.Il reddito agrario, ex art. 32, è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imponibile al capitale d’esercizio e al lavoro di

Page 24: Diritto Tributario Riassunti

organizzazione impiegati nel limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso.Mentre il reddito dominicale deriva dalla rendita attribuibile al fondo, il reddito agrario deriva dallo sfruttamento del fondo, è il reddito dell’agricoltore.Quanto all’imputazione, alla stregua del reddito dominicale, anche il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo del possessore del terreno, per il periodo d’imposta in cui si è verificato il possesso.Il reddito è determinato in base alle tariffe d’estimo stabilite dalla legge catastale per ciascuna qualità e classe. In caso di mancata coltivazione per un’intera annata o di perdita del raccolto per cause naturali, il reddito agrario si considera inesistente.Il reddito dei fabbricati, ex art. 36, è costituito dal reddito medio ordinario (determinato mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo stabilite per ciascuna classe o categoria di immobili) ritraibile da ciascuna unità immobiliare urbana, intendendosi per unità immobiliari urbane i fabbricati e le altre costruzioni stabili o le loro porzioni (purchè non appartengano a persone diverse) suscettibili di reddito autonomo le aree occupate dalle costruzioni e quelle che costituiscono pertinenze si considerano parti integranti delle unità immobiliari.Esempio: per quanto riguarda le case popolari, una circolare ha stabilito l’imputazione del reddito al possessore del fabbricato.L’art. 41 afferma che il reddito delle unità immobiliari ad uso abitazione possedute in aggiunta a quelle adibite ad abitazione principale del possessore, è aumentato di 1/3. Gli immobili che sono luoghi di culto (ex art. 8 e 19 Cost.) non si considerano produttivi di reddito; né deve trattarsi di fabbricati rurali e di quelli necessari all’esercizio dell’impresa agricola o commerciale.Il reddito dei fabbricati concorre a formare il reddito complessivo del possessore per il periodo di tempo in cui si è verificato il possesso.

I REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE E I REDDITI DI LAVORO AUTONOMO.

I redditi di lavoro dipendente, ex art. 51 TUIR, sono quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione altrui, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato lavoro dipendente secondo le norme sulla legislazione del lavoro.Essi sono tassati a lordo, cioè senza la possibilità di detrarre le spese sostenute, cosa che invece è possibile per i redditi di impresa.

Quest’argomento non va fatto da qui ma dall’altro file.

I REDDITI D’IMPRESA.

I redditi d’impresa compaiono sia all’interno dell’Irpef, per l’imprenditore individuale e le società di persone, (art. 55 e ss.) che dell’Ires, per le società di capitali e gli enti commerciali (nonché per gli enti non commerciali che svolgono un’attività commerciale, seppure non abituale), (art. 72, 73 e ss. e in particolare 85). Ne troviamo una prima definizione nell’art. 55 TUIR: “sono

Page 25: Diritto Tributario Riassunti

redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 del codice civile”, ossia: Attività industriale diretta alla produzione di beni e serviziAttività intermediaria nella circolazione di beniAttività bancaria e assicurativaAttività ausiliarie alle precedenti

La disciplina dei redditi d’impresa nel TUIR è così articolata:- nell’art. 55 vengono indicate le attività cui, in quanto commerciali, si

applica la disciplina della categoria;- nell’art. 56 si rinvia alla normativa IRES per la determinazione del reddito

d’impresa, nel caso in cui si tratti di società di capitali (ed enti commerciali).

L’art. 55 muove dal concetto di impresa commerciale proprio del codice civile; ma la nozione civilistica e quella fiscale non sono completamente allineate: se l’attività ricade nell’art. 2195 del codice civile, può anche non essere organizzata in forma imprenditoriale. Infatti, quando l’attività è commerciale per natura, può anche non essere organizzata sotto forma di “impresa commerciale ex art. 2195”, ma rimane sempre un’impresa a livello fiscale. Le attività che non rientrano nell’art. 2195 danno vita a reddito d’impresa solo se organizzate in forma di impresa.Quindi, ricapitolando:

- per le persone fisiche e le società di persone: i beni devono essere riconducibili all’attività d’impresa (e questa distinzione avviene in sede di inventario);

- per le società di capitale: non occorre nessuna distinzione, perché ogni bene appartiene all’impresa.

Ci sono poi delle attività espressamente assimilate al reddito d’impresa:attività estrattive (sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne) non ci sono problemi se è il titolare del diritto reale avente ad oggetto l’immobile che procede allo sfruttamento, infatti in tal caso vi è piena coincidenza tra proprietà e gestione; può altresì accadere che il proprietario affidi la gestione a terzi a fronte del pagamento di un canone, che tuttavia non ha carattere commerciale;attività eccedenti il limite del reddito agrario;qualunque tipologia reddituale si considera d’impresa, se prodotta da società commerciale, di persone o di capitali.

Criteri di determinazione: si fa riferimento al bilancio (a differenza dei redditi fondiaria non vi sono meccanismi di stima, né parametrizzazioni basate su una media).Il reddito d’impresa è al netto contabile, in quanto è dato dalla differenza tra i componenti positivi e negativi del conto economico.Tuttavia, non c’è una piena identificazione tra utile civile e reddito fiscale, poiché le due cose corrispondono a regole differenti, ispirate a differenti esigenze:

nel diritto commerciale il bilancio corrisponde, infatti, all’esigenza di rappresentare il la situazione economica in maniera corretta, nell’interesse alla trasparenza di soci e creditori l’utile civilistico ha due

Page 26: Diritto Tributario Riassunti

funzioni fondamentali: ripartire l’utile tra i soci (art. 2247) e garantire un credito;

al legislatore fiscale interessa solo che ci sia una base per la tassazione.La distinzione si fa ancora più chiara se si considera che l’utile civilistico è quello già epurato dall’imposizione fiscale; nel diritto tributario l’utile civilistico è il punto di partenza per operare i prelievi fiscali. Vi sono tre possibili strade:

- identificazione tra utile civile e utile fiscale;- doppio binario: determinare l’utile civile in base alle risultanze

civilistiche, è l’utile fiscale in base ad una contabilità fiscale;- si utilizza il conto economico, ma si apportano variazioni fiscali strada

prescelta dal legislatore.Il reddito d’impresa è determinato al netto, apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta (del Bilancio determinato secondo norme civilistiche), le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione delle disposizioni del TUIR (si fa seguendo il prospetto delle variazioni contenuto nel 740).Ai fini della determinazione del reddito, non si può prescindere da due principi fondamentali:

- Principio di competenza, che più che un principio di determinazione è un principio di imputazione temporale, infatti si guarda al momento del compimento dell’atto giuridico. Nel caso delle società di consulenza, si guarda all’ultimazione della prestazione; nel caso della cessione dei beni, ci sono diversi criteri:

per gli immobili: si guarda alla data di cessione risultante da atto pubblico o al momento in cui si produce l’eventuale effetto traslativo;

per i beni mobili: si guarda al momento della consegna o della spedizione

se la cessione è subordinata al verificarsi di una condizione (sospensiva), si guarda al momento in cui essa si è avverata.

In ogni caso il presupposto è la certezza oggettiva dell’operazione che dà luogo all’entrata o alla spesa.- Principio di cassa: i componenti positivi sono tassati quando sono percepiti, e i componenti negativi quando sono pagati o sopportati. - Principio di inerenza, fondamentale ai fini della tassazione del reddito

netto; qui si guarda al momento dell’ultimazione. L’inerenza attiene alla deducibilità dei costi, e ha una duplice accezione:

collegamento tra costi e ricavi (ma non tutti i costi producono dei ricavi); collegamento tra costi e oggetto dell’attività imprenditoriale.

Componenti dell’attivo sono:1) ricavi2) plusvalenze3) sopravvenienze attive 4) rimanenze5) interessi attivi6) proventi immobiliari.

Componenti del passivo sono:

Page 27: Diritto Tributario Riassunti

1) costi (intesi come costi di esercizio e come quote di ammortamento)2) imposte3) tasse4) contributi previdenziali5) compensi agli amministratori6) minusvalenze7) sopravvenienze passive8) interessi passivi9) perdite su crediti10) accantonamento di utili ammessi in deduzione.

COMPONENTI POSITIVI:Occorre operare una distinzione tra:

beni merce: sono i beni oggetto dell’attività d’impresa; beni strumentali (art. 43): sono impiegati in maniera durevole nella

produzione, fornendo, per più esercizi, il loro contributo alla produzione del reddito. Essi possono essere strumentali per natura o per destinazione.

I ricavi sono il corrispettivo per la cessione di un bene o per la produzione di un servizio rientrante nell’oggetto dell’attività d’impresa. Rientra nell’ambito dei ricavi anche l’autoconsumo di beni rientranti nell’oggetto dell’attività d’impresa, e in tal caso si prende in considerazione il valore di mercato del bene. Costituisce altresì ricavo l’indennizzo derivante dalla perdita o dal danneggiamento dei beni che formano oggetto dell’attività di impresa.Infine sono ricavi i contributi in conto esercizio dovuti in base a contratto o a norma di legge, nonché la cessione dei titoli destinati alla circolazione che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie.Le plusvalenze derivano dalla cessione a titolo oneroso di un bene strumentale o relativo all’impresa (quindi di beni diversi da quelli che danno luogo a ricavi). I beni strumentali sono soggetti ad ammortamento, cioè il loro costo viene ripartito in più anni, in base alla durata di vita del bene (il bene strumentale è un bene ad utilità ripetuta).Il Ministero delle Finanze emana periodicamente dei decreti con cui determina la durata media delle diverse tipologie di beni strumentali. La quota di ammortamento è data dal costo del bene diviso la durata media per i coefficienti di ammortamento (che sono individuati dal legislatore).In caso di cessione di un bene strumentale, la differenza tra il corrispettivo ricevuto e il costo non ancora ammortizzato costituisce plusvalenza, mentre se il risultato è negativo vi è una minusvalenza.In caso di autoconsumo o indennizzo possiamo avere una plusvalenza, equivalente alla differenza tra valore venale del bene e costo non ancora ammortizzato.Le sopravvenienze sono dei componenti straordinari del reddito, possono essere attive o passive, proprie o improprie.Per quanto riguarda le sopravvenienze proprie, il concetto di sopravvenienza fa riferimento a proventi reddituali a fronte di costi e oneri dedotti in esercizi precedenti, c’è uno sfasamento temporale tra ricavi è costi, che non corrispondono allo stesso esercizio:

- se sopraggiunge un ricavo a fronte di un costo, avremo una sopravvenienza attiva;

Page 28: Diritto Tributario Riassunti

- se sopraggiunge un costo a fronte di un ricavo, avremo una sopravvenienza passiva.

Sono sopravvenienze improprie le liberalità, i contributi (ricevuti da enti pubblici), e i risarcimenti di danni per eventi diversi da quelli che comportano ricavi o plusvalenze, e quindi che non riguardino né beni strumentali, né beni merce. Le rimanenze si riferiscono a beni (merci, semilavorati e materie prime) non venduti: il relativo costo è stato portato in deduzione, ma i beni non sono stati venduti, quindi manca un corrispettivo.Le rimanenze vanno ricondotte a categorie omogenee, per natura e per valore.Nel primo esercizio il valore è dato dal prodotto tra costo unitario (dato a sua volta dal costo totale diviso la quantità) e numero di pezzi.Negli esercizi successivi, le rimanenze possono aumentare o diminuire.Nel primo caso, vanno distinte in base all’esercizio di formazione.Nel secondo caso possono essere adottati criteri di determinazione differenti:LIFO (last in, first out): se c’è un decremento si considera il valore delle rimanenze più vicine nel tempo è il criterio più conveniente, considerato che i prezzi aumentano nel tempo. Si applica anche a servizi e opere di durata ultra-annuale;FIFO (first in, first out), le prime entrate sono le prime uscite: se c’è un decremento, si considera il valore delle prime rimanenze, le più risalenti nel tempo.Il primo criterio è più conveniente quando i costi crescono, il secondo è più conveniente in caso di decremento dei costi.Quanto ai proventi immobiliari, all’art. 90 è previsto che per gli immobili relativi all’impresa, ma meramente patrimoniali (che non siano né beni strumentali né beni merce), concorra un ammontare determinato secondo la disciplina dei redditi fondiari.Se li si cede, si creano plus o minusvalenze; mentre se sono locati, si estende al reddito d’impresa la parte che esula dal reddito catastale.Dividendi e interessi attivi: all’art. 89 del TUIR si regola il concorso al reddito d’impresa degli utili derivanti dalla partecipazione in società di persone residenti. Gli utili concorrono al reddito secondo il criterio di cassa:

- al 40% se il percettore è soggetto irpef o società di persone;- al 5% se il percettore è soggetto ires.

Gli interessi attivi si valutano secondo il normale criterio di maturazione; se non è diversamente determinato, si ritengono fruttiferi di tasso legale.Gli interessi attivi sono percepiti a fronte di contratti di mutuo, deposito, etc. al di fuori dell’impresa sarebbero redditi di capitale, ma percepiti in regime di impresa, comsì come i proventi immobiliari, diventano redditi d’impresa, in forza del principio di avulsione o attrazione.

COMPONENTI NEGATIVI:Mentre i componenti positivi concorrono a formare il reddito anche se non sono imputati a conto economico, i componenti negativi non sono ammessi in deduzione, se non nella misura in cui siano imputati a conto economico. Questa regola conosce alcune deroghe:

- sono deducibili i componenti negativi già imputati al conto economico di un esercizio precedente, se la deduzione era stata rinviata in base a norme del tuir;

Page 29: Diritto Tributario Riassunti

- è possibile dedurre spese ed oneri nel momento in cui risultino maggiori rispetto a quelli del conto economico, ma sempre se adeguatamente provati;

- in più sono deducibili, a prescindere dall’imputazione a conto economico, gli ammortamenti di beni materiali o immateriali e gli accantonamenti di spese relative a studi e ricerche.

Per quanto riguarda i costi, vanno imputati seguendo i criteri di inerenza e competenza. Le spese per le prestazioni di lavoro includono anche le liberalità in denaro o in natura.L’ammortamento consente di ripartire in più esercizi il costo di un bene strumentale. Il valore della quota di ammortamento è dato dal prodotto tra costo del bene e coefficiente di ammortamento (stabilito con decreto del ministero delle finanze) diviso il numero di anni di ammortamento.Prima si parlava anche di ammortamento anticipato o accelerato, che consisteva in un aumento della quota di ammortamento in due casi:

- nel momento in cui il bene entrava in funzione- nel momento in cui il bene era utilizzato in modo più intenso.

Esso è stato abolito perché la norma fiscale finiva per inquinare il bilancio civile, dando luogo ad una dipendenza rovesciata.L’ammortamento è escluso in alcuni casi particolari.Per i beni “gratuitamente devolvibili”, ossia quelli ricevuti e poi restituiti (ad esempio la concessione di una spiaggia), l’ammortamento può essere effettuato, dividendo il canone di concessione per il numero di anni; ma sarebbe un “ammortamento finanziario”, deducibile non in relazione alla vita dei beni, ma alla durata della concessione. Per quanto riguarda l’accantonamento di utili ammessi in deduzione, ha ad oggetto una somma di utili destinata a far fronte ad una spesa. La legge individua tassativamente i tipi di ammortamento ammessi e i tetti massimi per ciascuno di essi. Ad esempio è ammesso l’accantonamento per quiescenza e previdenza. E’ altresì ammesso, nei limiti del 50% ogni anno, l’accantonamento per svalutazione e rischi sul credito. Quando l’inadempimento diviene definitivo (ad esempio per fallimento o procedura concorsuale in corso), il legislatore ammette che venga portato in deduzione l’intero importo.Infine ci sono accantonamenti “speciali” per particolari categorie di imprese, ad esempio per lavori di manutenzione delle imprese che operano nel settore marittimo o aereo.Gli interessi passivi sono gli interessi che l’impresa sopporta a fronte di un rapporto di debito. Ci si chiede se essi, poiché dettati da ragioni di opportunità politica, siano deducibili. In molti Paesi europei la deducibilità è esclusa, in Italia si è constatato che ci si indebita per far fronte ad un costo, e se non fosse ammessa la deducibilità avremmo un reddito fittizio (infatti accanto ai ricavi, vi sono dei costi). Però vi sono delle limitazioni, onde evitare che ciò agevolasse le manovre elusive con il pro-rata generale è stato stabilito che se ci sono dei redditi esenti, la deducibilità degli interessi passivi è limitata.Inoltre, c’era il rischio del “fenomeno del finanziamento soci”, cioè gli interessi passivi non erano pagati nei confronti di istituti di credito, ma di soci. Ciò diminuiva il rischio di impresa, ma anche le imposte.Per evitare ciò nel 2003 fu introdotta la thin capitalization: le imprese con un capitale basso e che si rifinanziano attraverso i prestiti dei soci non possono dedurre tutti gli interessi passivi, in quanto una parte di essi è soggetta a

Page 30: Diritto Tributario Riassunti

riqualificazione, e se percepiti dal socio finanziatore non sono interessi, ma dividendi. Limiti:

- occorreva che la società finanziatrice constatasse che la società finanziata superasse certe soglie;

- occorreva constatare che la società finanziaria non versasse in condizioni di difficoltà.

Giacchè anche qui c’erano frequenti manovre elusive, nel 2008 la thin capitalization è stata abolita ed è stata prevista una regola di forfetizzazione della deducibilità dei costi finanziari nei limiti del 30% del ROL (risultato operativo lordo).

REDDITI DI CAPITALE.

I redditi di capitale nel sistema IRPEF creano un “vulnus”, poiché non è fatta salva la progressività: vi sono due aliquote fisse, che possono essere del 12,5% oppure 27%.I redditi di capitale derivano dall’impiego di denaro/capitale. E’ importante distinguerli dai redditi diversi, per i quali sono deducibili le spese, mentre i redditi di capitale sono tassati a lordo.Una prima distinzione, attiene al provento reddituale, che:

- nel reddito di capitale deriva da elementi certi- nei redditi diversi deriva da elementi aleatori.

In poche parole: i redditi di capitale sono i frutti dell’investimento (interessi derivanti da mutui o obbligazioni, dividendi azionari, ecc.); i redditi diversi sono l’eventuale eccedenza del prezzo (il ricavo nella vendita).La disciplina relativa ai redditi di capitale è contenuta fondamentalmente nell’art. 44 TUIR, la cui attuale formulazione è stata determinata dal d.lgs. 461/97.Le aliquote sono obiettivamente basse, e questo porta ad una certa sperequazione rispetto agli altri redditi, anche a quelli di lavoro.Va tenuto conto, però, che storicamente quest’aliquota è stata sempre tenuta bassa, perché nel 2° dopoguerra si volle finanziare la ricostruzione attraverso il ricorso ad obbligazioni (nei confronti dei cittadini), favorite da un regime fiscale molto favorevole. Ciò attualmente incentiva gli investimenti in paesi straniere, e quelli ad opera di paesi stranieri.La riforma del 2003 ha cercato di introdurre la tassazione in base al regime fiscale del paese del’erogante, e non dell’investitore.I redditi di capitale sono tassati a lordo in virtù del fatto che, storicamente, un reddito di questo tipo non comporta alcuna fatica tale da essere ritenuto meritevole di tutela (cosa che in realtà non è del tutto vera). Sono costituiti dall’ammontare degli interessi, utili o altri proventi percepiti nel periodo d’imposta senza alcuna deduzione.L’Ilor, poi abolita, colpiva il capitale (16,2%) e consentiva la possibilità di attuare una perequazione fiscale: al 12,5% si aggiungeva una seconda aliquota del 16,2%. Questa perequazione è venuta meno con l’Irap, che colpisce al 4,5%. La tassazione dei redditi di capitale avviene, inoltre, per cassa, cioè in base alla percezione (fatta salva l’eccezione di cui al comma 2 dell’art. 44, relativa ai mutui).

Page 31: Diritto Tributario Riassunti

I redditi di capitale ovviamente non sono percepiti nell’ambito di attività d’impresa, altrimenti sarebbero redditi d’impresa (ex art. 48 TUIR).Elementi essenziali dei redditi di capitale, ai sensi dell’art. 44:impiego di capitaleperdita temporanea della disponibilità di capitaleda questa operazione derivi una “novella ricchezza” per il titolare del capitale se deriva un provento certo nell’”an”, anche se incerto nel “quantum”, è un reddito di capitale; se deriva un provento incerto nell’”an” è un reddito diverso.Manca, tuttavia, una definizione espressa dei redditi di capitale.L’art. 44 individua due macrocategorie, con la lettera A ed E:

- A (meccanismo lineare): interessi e altri proventi derivanti da mutui, prestiti, depositi e conti correnti (tassati al 27%) in pratica tutto ciò che deriva dal mettere a disposizione del denaro (anche obbligazioni);

- E (tassazione dei dividendi, profondamente riformata da Tremonti): gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale (azioni) o al patrimonio (obbligazioni) di società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società, salvo il disposto della lettera d) del comma 2 dell’art. 53 (le partecipazioni agli utili spettanti ai promotori e ai soci fondatori si spa, sapa e srl); è ricompresa tra gli utili la remunerazione dei finanziamenti eccedenti di cui all’art. 98 direttamente erogati dal socio o dalle sue parti correlate, anche in sede di accertamento.

Dalle azioni possono derivare: dividendi redditi di capitale plusvalenze redditi diversi.

Per i non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti, o da stabili organizzazioni di soggetti non residenti. Alla lettera H dello stesso articolo, introdotta nel ’97, si dice che sono altresì redditi di capitali gli interessi e gli utili derivanti da altri rapporti che implicano l’uso di capitale, esclusi i redditi legati alla realizzazione di eventi incerti (che ricadono nei redditi diversi, come le plusvalenze elementi aleatori).Sui redditi di risparmio c’è una direttiva CE del 1994 che pone un principio generale, per cui si tassano secondo le regole di residenza del percettore.Per l’art. 44 sono redditi di capitale anche gli strumenti finanziari diversi dalle azioni, solo se vengono remunerati sulla base dei risultati economici dell’impresa. Se dipendono anche da altri fattori, come ad esempio il lavoro prestato, seguono un regime sostitutivo con aliquota del 27%.

Metodi storicamente usati per tassare le società:- metodo classico: vengono assoggettati a tassazione sia i redditi (quindi

l’utile) della società (al 33%), sia i dividendi dei soci (al 40%), in quanto sono due distinti proventi reddituali ciò si risolveva in una doppia imposizione;

- metodo d’imputazione dei dividendi: la società è assoggettata in modo pieno a tassazione (per il 33%), i soci vengono a loro volta tassati, ma poi ricevono un credito d’imposta sulle proprie aliquote. Questo sistema, tuttavia, discriminava i contribuenti residenti da quelli non residenti (che magari avevano un’imposizione sui dividendi molto più bassa, ad esempio nel Lussemburgo è del 6%), in questo modo molto

Page 32: Diritto Tributario Riassunti

spesso venivano finanziati gli Stati esteri. Per evitare ciò, e per altri motivi, Tremonti si è allineato alla disciplina europea;

- metodo dell’esenzione (attuale): prevede una tassa solo sulla società, e non sui soci (se non nella percentuale minima del 5%, che ha radici nella direttiva madre-figlia sulla Control Foreign Companies). I soci hanno, quindi, un’esenzione per il 95% del dividendo, e possono dedurre i costi di partecipazione (che si presumono essere del 5%).

Tuttavia bisogna distinguere tra soci-soggetti ires, che godono di un’esenzione del 95%, e i soci-non soggetti ires, che godono di un’esenzione del 60%, e quindi sul restante 40% vi è una doppia imposizione. Per i soci (persone fisiche) non soggetti ires, bisogna distinguere:

- se la partecipazione è qualificata (25% del patrimonio sociale o 20& dei voti esercitabili in assemblee; per le società quotate queste percentuali sono rispettivamente del 5% e del 2%), la tassazione sul 40% avviene in base ad una aliquota marginale, applicando gli scaglioni dell’irpef;

- se la partecipazione non è qualificata,si paga un’imposta sostitutiva fissa del 12,5% alla fonte;

- se il percettore è imprenditore, che sia qualificato o no, paga come se lo fosse (progressiva nel 40%).

Le regole generali sono (art. 44 e 45 TUIR):- tassazione a lordo dell’importo risultante dal titolo, senza alcuna

deduzione per i costi di produzione o la svalutazione;- tassazione effettuata secondo il principio di cassa, cioè in relazione al

periodo in cui l’importo è percepito. Tuttavia, gli interessi derivanti dai mutui si considerano percepiti, salvo prova contraria, alle scadenze e nei metodi pattuiti per iscritto. In mancanza di accordo scritto si presumono percepiti a tasso legale e per il periodo d’imposta. Se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale;

- si imputano come redditi d’impresa tutti quei redditi che normalmente sarebbero di capitale, ma percepiti nell’esercizio di attività commerciali o da società o da enti commerciali.;

- i redditi di capitale possono essere soggetti a ritenuta a titolo d’imposta o ad imposte sostitutive (a seconda della situazione del percipiente si possono applicare aliquote del 12,5% o del 27%);

- la normale disciplina viene derogata (se il contribuente lo vuole) nel caso in cui si tratti di proventi del risparmio gestito, in cui il capitale viene affidato ad un intermediario professionale. Nel caso di risparmio gestito, infatti, si applica un’imposta sostitutiva al 12,5% del netto della gestione, sempre maturata nel periodo d’imposta. L’eventuale negativo è deducibile fino al quarto esercizio successivo basta maturare l’incremento di valore, che non necessariamente va incassato.

I REDDITI DIVERSI.

Il legislatore ha individuata questa categoria per evitare la creazione di un’”area di evasione legittima”. I redditi diversi sono privi di elementi unificanti, l’art. 1 del TUIR vi colloca anche i redditi occasionali.

Page 33: Diritto Tributario Riassunti

Soggettivamente manca il requisito dell’abitualità dell’attività, mentre oggettivamente non sono riconducibili, in genere, alle fattispecie tipiche dell’impresa o del lavoro dipendente o autonomo.L’art. 67 individua tassativamente i redditi diversi, cui vanno ricondotti i proventi che“non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da snc e sas (società commerciali), né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente”.Fanno parte di questa categoria:

le plusvalenze immobiliari, che a loro volta comprendono: o le plusvalenze realizzate dalla cessione a titolo oneroso di beni

immobili acquisitati costruiti da non più di 5 anni, esclusa la prima casa, o acquisisti per successioni;

o le plusvalenze realizzate dalla lottizzazione dei terreni o dall’esecuzione di opere intese a renderli edificabili;

le plusvalenze finanziarie, che comprendono: o le plusvalenze realizzate dalla cessione a titolo oneroso di azioni o

di altre partecipazioni sociali, di valute e metalli preziosi;o le plusvalenze realizzate della cessione di strumenti finanziari;

le vincite delle lotterie, concorsi a premi e similari; i redditi di beni immobili situati all’estero; i redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente; i redditi derivanti dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno e di

brevetti industriali; i redditi derivanti da attività commerciali o professionali non esercitate

abitualmente; i redditi derivanti dalla concessione in usufrutto e dalla sublocazione di

beni immobili; i redditi derivanti dall’affitto, locazione, noleggio o concessione in

usufrutto di veicoli, macchine e altri beni mobili; i redditi derivanti da affitto e usufrutto di aziende; le indennità di trasferta, i rimborsi di spese, i premi e i compensi erogati

da alcuni enti artistici e sportivi.

L’IMPOSTA SUL REDDITO COMPLESSIVO.Ai sensi dell’art. 3, comma 1 TUIR, si applica al reddito complessivo del soggetto, formato, per i residenti, da tutti i redditi posseduti e, per i non residenti, da quelli prodotti nel territorio dello Stato, computati al netto degli oneri deducibili indicati nell’art. 10.Il reddito complessivo è dato dalla somma delle categorie di redditi dell’art.6, sottraendo le perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali di cui all’art.66 e quelle derivanti dall’esercizio di arti e professioni.L’art. 7 TUIR delinea il concetto di “periodo d’imposta”, affermando che l’imposta è dovuta per anni solari, a ciascuno dei quali corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma, con le deroghe previste nello stesso comma, in ordine alla ripartizione delle perdite nei periodi d’imposta successivi. L’art. 3 TUIR elenca i redditi non rientranti nella base imponibile (assegni periodici destinati al mantenimento dei figli, spettanti al coniuge in conseguenza di separazione legale ed effettiva, assegni familiari, tfr,ecc.).

Page 34: Diritto Tributario Riassunti

Dalla base imponibile vanno sottratte poi determinate spese. A tale proposito occorre distinguere:

- oneri ancora scomputabili dal reddito complessivo, ossia deduzioni consentono risparmi crescenti col crescere del reddito;

- oneri trasformati in detrazioni dall’imposta, ossia detrazioni essendo riferite all’imposta (lorda), assicurano, a parità di oneri sostenuti, lo stesso risparmio d’imposta, indipendentemente dall’ammontare del reddito del contribuente.

Per quanto riguarda i redditi familiari, prima vi era la regola del cumulo, poi dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale: al soggetto passivo venivano imputati, oltre ai redditi propri quelli della moglie, dei figli minorenni non emancipati e i redditi altrui ricadenti nella sua disponibilità. Oggi vi è la regola del decumulo, che prevede che i redditi oggetto della comunione legale (nonché quelli facenti parte del fondo patrimoniale) siano imputati a ciascun coniuge per la metà del loro ammontare netto, o per la diversa quota stabilita ai sensi dell’art. 210 del codice civile. Per quanto riguarda i redditi in forma associata, poi, l’art. 5 TUIR prevede che i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato, siano imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Le quote di partecipazione agli utili si presumono uguali se non risultano determinate diversamente da atto pubblico o scrittura privata autenticata con data anteriore all’inizio del periodo d’imposta.Riepiloghiamo il procedimento di determinazione dell’IRPEF:

1) individuazione e qualificazione dei redditi (all’interno di una categoria);2) determinazione dei redditi di categoria, con le regole di determinazione e

imputazione temporale previste per ciascuna categoria;3) somma algebrica dei redditi di categoria, determinando il reddito

complessivo lordo;4) deduzione degli oneri (spese di interesse sociale o comunque ritenute

meritevoli di tutela giuridica dal legislatore);5) determinazione della base imponibile = reddito complessivo lordo -

deduzioni;6) determinazione dell’imposta lorda, applicando alla base imponibile le

aliquote progressive per scaglioni;7) determinazione dell’imposta netta, mediante l’applicazione delle

detrazioni dall’imposta lorda: soggettive (per familiari a carico), oggettive (soprattutto per redditi di lavoro dipendente o pensione), per oneri (spese mediche, premi assicurativi, ecc.);

8) scomputo di ritenute di acconto, crediti d’imposta e acconti.

L’IMPOSTA SUL REDDITO SOCIETARIO.

E’ subentrata all’Irpeg con la riforma attuata dal d.lgs. 344/2003, ed era ispirata al modello anglosassone della corporation tax, anche se alla fine la riforma non è stata attuata integralmente, e l’Ires si è rivelata una copia dell’Irpeg.Soggetti passivi (art. 73 TUIR):società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità, società

Page 35: Diritto Tributario Riassunti

cooperative e mutue assicuratrici residenti nel territorio dello Stato;enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno come oggetto principale o esclusiva l’esercizio di un’attività commerciale;enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno come oggetto principale o esclusiva l’esercizio di un’attività commerciale;società ed enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, nonché i trust, non residenti nel territorio dello Stato.Per le società di capitali e gli enti commerciali si fa riferimento alla determinazione del reddito d’impresa.Tuttavia, con riferimento all’ires, vi sono regole aggiuntive, presenti nella legislazione di molti stati europei:

- metodo dell’esenzione, per dividendi e plusvalenze- trasparenza- tassazione consolidata da gruppo.

Per gli enti non commerciali si ha una sommatoria di distinte categorie, similmente alle persone fisiche (ovviamente senza considerare il lavoro).Non sono soggetti all’imposta gli organi e le amministrazioni statali, compresi quelli di ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica.Inoltre, non costituiscono esercizio di attività commerciali:

- l’esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici;- l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti

pubblici istituiti esclusivamente a tal fine.

Per gli ENTI NON COMMERCIALI la tassazione avviene secondo i criteri previsti per le persone fisiche, quindi in base alla natura del reddito; e in base al principio di territorialità, per i soggetti non residenti. Gli enti commerciali sono quegli enti che non esercitano un’attività commerciale, come attività principale o esclusiva.Enti non commerciali e società ed enti di ogni tipo non residenti rientrano tra i soggetti passivi dell’Ires. Il reddito complessivo degli enti non commerciali è formato dai redditi fondiari, di capitale, d’impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti da imposta, soggetti a ritenuta a titolo di imposta o a imposta sostitutiva (art. 143, 1° comma, TUIR).Gli enti non commerciali hanno l’obbligo di tenere una contabilità separata per l’attività commerciale esercitata, al fine di rendere trasparenti le diverse attività da esso svolte, facilitando la determinazione del reddito d’impresa.Spese e altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente all’esercizio dell’impresa e all’uso personale o familiare dell’imprenditore, sono deducibili per la parte del loro importo corrispondente al rapporo tra l’ammontare dei ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi; per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile la rendita catastale o il canone di locazione, anche finanziaria, per la parte del loro ammontare, che corrisponde al predetto rapporto.L’ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora, indipendentemente dalle previsioni statutarie, eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d’imposta (art. 149, comma 1°, TUIR).

Page 36: Diritto Tributario Riassunti

Ai fini della qualificazione commerciale, si tiene conto anche dei seguenti parametri:

a) prevalenza delle immobilizzazioni relative all’attività commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attività;

b) prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti alle attività istituzionali;

c) prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali, rispetto alle entrate istituzionali, intendendo, per queste ultime, i contributi, le sovvenzioni, le liberalità e le quote associative;

d) prevalenza delle componenti negative inerenti all’attività commerciale, rispetto alle restanti spese.

Queste disposizioni non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche e alle associazioni sportive dilettantistiche.Il mutamento di qualifica opera a partire dal periodo d’imposta in cui vengono meno le condizioni che legittimano le agevolazioni e comporta gli adempimenti conseguiti al mutamento di qualifica.

Per quanto riguarda le società, prima vi era la regola della doppia imposizione: del socio, soggetto all’IRPEF i soci residenti avevano poi un credito

d’imposta, ma ciò contrastava con la regola della non discriminazione; della società, soggetta all’IRPEG.

Si è quindi passati dal meccanismo dell’esenzione a quello della c.d. “partecipation exemption”, che prevede un esenzione del 95% in favore dei soci, che siano o meno residenti. E’ prevista, inoltre, l’esenzione parziale dei dividendi e delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazione a seguito di un periodo prolungato di possesso (18 mesi).

Ci sono due meccanismi che consentono di azzerare la doppia imposizione sui dividendi: il CONSOLIDATO e la TRASPARENZA: essi si riferiscono esclusivamente alle società di capitali e agli enti commerciali.Il CONSOLIDATO è una “strategia fiscale” per evitare, all’interno di un gruppo societario, la compresenza di utili o perdite. Possono ricorrervi, ex art. 73, 1° comma TUIR, le società di capitali e gli enti pubblici o privati che hanno per oggetto principale e esclusivo l’esercizio di attività commerciali, tra i quali sussiste un rapporto di controllo ai sensi dell’art. 2359, 1° comma del Codice Civile (che considera “società controllate” quelle in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea. La legge tributaria richiede una partecipazione superiore al 50% da determinarsi relativamente all’ente o alla società controllante, tenendo conto dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo, e senza considerare la quota di utile delle azioni prive di diritto di voto esercitabile nell’assemblea generale. Il rapporto di controllo deve esistere sin dall’inizio di ogni esercizio in cui ci si avvale dell’opzione, la quale dura per tre esercizi sociali, ed è irrevocabile. Comporta la tassazione del gruppo societario attraverso un’unica base imponibile. Il presupposto del gruppo è il controllo.Il legislatore prevede la solidarietà di tutte le società che partecipano a tassazione consolidata, quindi, se una società non paga, il fisco può rivolgersi alle altre. Anche gli adempimenti dichiarativi incombono, seppure in misura differente, su tutte le società facenti parte del gruppo.L’opzione è esercitabile da ciascuna entità legale, in qualità di controllata o controllante, a certe condizioni:

Page 37: Diritto Tributario Riassunti

- identità dell’esercizio sociale della controllata con quello della società o ente controllante;

- l’esercizio congiunto dell’azione da parte di ciascuna (in quanto l’opzione è una facoltà discrezionale delle singole società interessate) controllata e dell’ente o società controllante;

- elezione di domicilio da parte di ciascuna controllata presso la società o ente controllante, ai fini della notifica degli atti e provvedimenti relativi ai periodi d’imposta per i quali è esercitata l’opzione; l’elezione è irrevocabile fino al termine dell’azione di accertamento o di irrogazione delle sanzioni relative all’ultimo esercizio, il cui reddito è stato incluso nella dichiarazione;

- l’avvenuto esercizio congiunto dell’opzione deve essere comunicato all’agenzie delle entrate entro il 16° giorno del 6° mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta precedente al primo esercizio dal quale è operante l’opzione, secondo le modalità previste dal decreto del ministro dell’economia e delle finanze di cui all’art. 129.

Per quanto riguarda, invece, il consolidato mondiale, ai sensi dell’art. 73, 1° comma, società di capitali ed enti commerciali possono esercitare l’opzione per includere proporzionalmente nella base imponibile, indipendentemente dalla distribuzione, i redditi conseguiti da tutte le proprie società o enti controllati non residenti.Agli effetti del consolidamento mondiale si considerano controllate le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, le cui azioni, quote, diritti di voto e di partecipazione agli utili sono posseduti direttamente o indirettamente dalla società o ente controllante, per una percentuale superiore al 50% da determinarsi relativamente alla società controllante e alle società controllate residenti, tenendo cono della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo.Nel caso in cui la partecipazione di una controllata non residente sia detenuta da una o più controllate residenti, l’opzione per essere valida deve essere esercitata congiuntamente dalla controllante e da ciascuna delle controllate residenti.Le partecipazioni devono sussistere alla fine dell’esercizio del soggetto controllante; se il requisito del controllo si è verificato entro i 6 mesi precedenti la fine dell’esercizio della società controllante, il reddito prodotto è escluso dalla formazione della base imponibile.L’esercizio dell’opzione è consentito a società ed enti:

- con titoli negoziati su mercati regolamentati;- controllati ai sensi dell’art. 2359 comma 1, esclusivamente dallo Stato o

enti pubblici o da persone fisiche residenti che non si qualifichino a loro volta, tenendo conto delle partecipazioni possedute da loro parti correlate.

L’efficacia dell’opzione è subordinata alle seguenti condizioni:- il suo esercizio deve avvenire relativamente a tutte le controllare

residenti (vi è la regola “all in/all out”: tutte le società facenti parte del gruppo devono/non devono essere coinvolte nel consolidato. Alla luce di ciò perché non si possono inserire nel gruppo società in perdita e lasciare fuori società in attivo. Ciò non vale per il consolidato interno, in quanto il bilancio delle società non sfugge ad accertamento, e quindi si può controllare che nessuno si sottragga ai propri doveri fiscali);

Page 38: Diritto Tributario Riassunti

- identità dell’esercizio sociale di ciascuna società controllata con quello della società controllante, salvo che questa coincidenza non sia consentita dalle legislazioni locali;

- revisione dei bilanci del soggetto controllante residente e delle controllate residenti e di quelle non residenti (dalla Consob o anche da altri soggetti per le società non residenti);

- attestazione rilasciata da ciascuna società controllata non residente, secondo le modalità previste dal decreto del MEF, dal quale risulti il consenso alla revisione del proprio bilancio; l’impegno a collaborare con il soggetto controllante per la determinazione dell’imponibile e per l’adempimento, entro un periodo non superiore a 60 giorni dalla notifica delle richieste dell’Amministrazione finanziaria.

Entro il primo esercizio del periodo di opzione, la società controllante interpella l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 11 lg. 212/2000, al fine di verificare la sussistenza dei requisiti dell’opzione.

L’esercizio dell’opzione consente di imputare al soggetto controllante, indipendentemente dalla distribuzione, i redditi e le perdite prodotti dalle controllate non residenti, per ls psrte corrispondente alla quota di partecipazione agli utili dello stesso soggetto controllante e delle società controllate, tenendo conto della demoltiplicazione determinata dalla catena societaria di controllo.Il reddito imponibile complessivo è determinato dalla società controllante, che effettua la somma algebrica del proprio imponibile e di quelli delle controllate estere.

L’OPZIONE DELLA TRASPARENZA, è un’opzione obbligatoria per le società di persone, per cui vi è la tassazione del reddito “pro quota” in capo a ciascun socio; mentre invece nelle società di capitali è un’opzione facoltativa.Per effetto dell’esercizio di tale opzione, ai sensi dell’art. 73 TUIR il reddito imponibile della società è tassato in capo a ciascun socio con diritto di voto esercitabile nell’assemblea generale, e con una partecipazione agli utili non superiore al 50%, indipendentemente dall’effettiva percezione e proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.Deve essere esercitata da tutte le società e va comunicata all’Amministrazione finanziaria entro il 1° giorno degli esercizi sociali. Va tenuta ferma per almeno 3 anni, o, in caso di consolidato mondiale, per almeno 5 anni.La società partecipata è solidalmente responsabili con ciascun socio per l’imposta, le sanzioni e gli interessi conseguenti all’obbligo di imputazione del reddito.L’esercizio dell’opzione non è ammesso se la società partecipata ha emesso strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o amministrativi.Nelle società di capitali possono aderirvi le società di stretta base azionaria (con massimo 10 soci, 20 per le cooperative): questo è il modello naturale di applicazione della trasparenza alle società di capitali, perché se ci fossero tanti soci sarebbe ben più difficile imputare il reddito in capo a ciascuno di essi, e sarebbe più difficile in controllo dell’amministrazione fiscale. L’opzione non può essere esercitata nel caso di possesso o acquisto di una partecipazione in società o enti, in regime di redditi prodotti in forma associata, escluse le società semplice e gli enti ad esse equiparati.

Page 39: Diritto Tributario Riassunti

Quindi, nell’ambito IRES, l’art. 106 TUIR prevede la possibilità di tassare per trasparenza, accanto alle società di persone, le società di capitali a ristretta base azionaria.Un’altra forma di trasparenza è quella delle “joint-venture”, con cui si dà vita, senza formalità, ad una nuova struttura giuridica, in presenza di rapporti intensi.Il fondamento normativo dell’opzione è nell’art. 2262 del Codice Civile: “salvo patto contrario, ciascun socio ha diritto a percepire la sua parte di utili, dopo l’approvazione del rendiconto” la produzione del reddito determina un diritto (originario) di credito, una volta che l’utile è stato accertato, e il relativo rendiconto è stato approvato.

L’ultima categoria da esaminare riguarda gli ENTI E SOCIETA’ NON RESIDENTI. E’ una categoria che comprende società di persone e di capitali, enti commerciali e non. Per i soggetti non residenti la regola di tassazione è la territorialità, avente ad oggetto i redditi prodotti nel territorio dello Stato, mentre per gli enti residenti c’è la regola della “world wild taxation”, avente ad oggetto tutti i redditi, ovunque posseduti.Per quanto riguarda i soggetti non residenti, un problema molto avvertito è l’elusione fiscale internazionale, soprattutto ad opera delle multinazionali, che tendono a localizzarsi nei posti con un regime fiscale privilegiato e strumentalizzano le norme fiscali per ottenere una riduzione dei carichi fiscali. Un problema analogo è rappresentato dal fenomeno del “threaty shopping”, che si verifica quando si va alla ricerca di Stati i cui trattati contengono disposizioni particolarmente privilegiate. Per contrastare questo fenomeno, il legislatore ha introdotto nel 2000 il modello, presente negli USA fin dagli anni ’60, della CFC legislation (“control foreign companies”, cioè società controllate estere), prevedendo la tassazione della controllata estera in capo alla controllante residente. Questa disciplina permette all’amministrazione fiscale di neutralizzare gli effetti della localizzazione fiscale, e non si applica se la controllata estera è situata in uno Stato a fiscalità ordinaria, e non privilegiata (se la controllata estera ha sede in Italia, si applica direttamente il principio della tassazione mondiale, in forza del quale il soggetto residente paga le imposte sui redditi ovunque prodotti).

L’IRAP.

L’imposta regionale sulle attività produttive (irap) è stata istituita il 1 gennaio 1998, sulle ceneri dell’ILOR, che era stata introdotta negli anni ’70, assieme all’irpef e all’irpeg, con funzione di “perequazione fiscale”. Si applicava sui redditi di natura patrimoniale, ma non sui redditi di lavoro dipendente ed autonomo.Assieme all’ilor, l’irap ha assorbito anche altri contributi minori: contributi al servizio sanitario nazionale (c.d. “tassa sulla salute”), imposta sul patrimonio netto delle imprese e tassa sulla partita iva. La funzione dell’irap è quella di dotare le regioni delle risorse necessarie all’assolvimento dei propri compiti fondamentali, in primo luogo la sanità.

Page 40: Diritto Tributario Riassunti

A differenza dell’ilor (e di irpef e ires), l’irap non è un’imposta sul reddito, in quanto non era finalizzata a moltiplicare i tributi sul reddito, ma di procurare gettito, individuando una fattispecie che non fosse riconducibile al reddito, ma al risultato economico.L’irap colpisce il valore della produzione netta, senza portare in deduzione interessi passivi e costo del lavoro: capitale e lavoro sono fattori produttivi, l’irap colpisce, infatti, l’organizzazione produttiva, che è la combinazione dei fattori produttivi.Quindi, ad esempio, un’impresa con tanti dipendenti e 0 reddito, non è soggetta a ires o irpef, ma non sfugge all’irap.Nel 2001 la Corte Costituzionale ha riconosciuto la legittimità dell’imposta, perché la capacià contributiva non si identifica col reddito, ma dà valore a qualsiasi elemento indicativo di capacità produttiva, tra cui l’organizzazione produttiva.Di contro è un tributo che non favorisce il lavoro, perché minore è il numero dei dipendenti e minore sarà l’ammontare dell’irap.Soggetti passivi dell’irap sono: società di persone o di capitali, imprese individuali o collettive, lavoratori autonomi, enti pubblici, enti commerciali e non, tutti coloro che svolgono un’attività che implica una produzione e l’impiego di fattori produttivi.Il requisito della produzione non implica che l’attività svolta debba necessariamente avere natura commerciale, tuttavia se essa non ha natura commerciale e si traduca in un’erogazione di servizi, la base imponibile comprende solo il costo del lavoro.Quindi, ad esempio, il comune di Bari paga l’irap solo sulle retribuzioni corrisposte.Il meccanismo basilare è quello della sottrazione di costi delle produzione, valori della produzione, e si sommano costo del lavoro e interessi passivi, che non possono essere portati in deduzione.Inizialmente l’Amministrazione finanziaria aveva affermato che tutti i soggetti passivi sono soggetti all’irap; poi Corte Costituzionale e Corte di Cassazione hanno affermato che il requisito per l’applicazione dell’irap è la sussistenza di un’organizzazione produttiva significativa, ravvisabile solo laddove vi sia l’utilizzo di fattori produttivi, a prescindere dalla natura dell’attività svolta.

L’IVA.

L’IVA, imposta sul valore aggiunto, è un tributo armonizzato, nato in Europa e destinato a trovare applicazione in tutti gli ordinamenti interni degli Stati europei; addirittura è divenuta un requisito per l’ingresso in Europa. L’iva trova la sua regolamentazione nella disciplina comunitaria, è stata istituita con D.P.R. 633/72 per adeguare la legislazione italiana alle direttive comunitarie. Le considerazioni di fondo erano che l’Iva non provocava effetti discorsivi della concorrenza e non turbava il mercato, fenomeni causati dal sistema italiano precedente, che constava di imposte che colpivano i singoli atti di scambio (sulla scia delle “sale taxes” americane) e di imposte a cascata plurifase (“ice”). Il precedente sistema aveva effetti discorsivi, perché privilegiava gli operatori economici che riuscivano a raggiungere direttamente il destinatario della propria attività economica, riducendo al minimo gli atti di scambio (in quanto l’imposta colpiva ciascuno di essi, in maniera cumulativa).

Page 41: Diritto Tributario Riassunti

Gli obiettivi principali del trattato sono proprio libertà d’impresa, di stabilimento, libera circolazione delle merci e tutela della concorrenza. Per attuare questi obiettivi occorreva un’imposta che preservasse la neutralità delle scelte imprenditoriali.L’obiettivo dell’iva è quello di evitare il cumulo delle imposte, colpendo il solo valore aggiunto.L’iva ha, come l’irap, natura di imposta sull’attività giuridica, ma se ne differenzia perché si fonda sulla concatenazione dei rapporti giuridici afferenti ai diversi stadi della produzione, fino al consumo finale. L’imposta è dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili, i quali devono versarla all’erario cumulativamente per tutte le operazioni effettuate e al netto della detrazione prevista nell’art. 19, nei modi e nei termini stabiliti nel titolo secondo (art. 17 DPR 633/72).La sua base imponibile è data dai corrispettivi delle cessioni di beni (qualunque atto, a titolo oneroso, che implichi il trasferimento della proprietà o la costituzione di un diritto reale su un bene mobile o immobile; implica l’esistenza di un effetto traslativo) e prestazioni di servizi (è un concetto residuale: tutto ciò che non è cessione di beni), effettuate nell’ambito di attività d’impresa (esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli art. 2135 e 2195 cod. civ. , anche se non organizzate in forma d’impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma d’impresa, dirette alla produzione di servizi che non rientrino nell’art. 2195 cod. civ.) o di lavoro autonomo (esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche, ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle attività stesse).L’iva non prende in considerazione i singoli atti di scambio, ma sull’insieme di tali atti, che compongono volume d’affari, l’attività economica dell’impresa. I due meccanismi fondamentali dell’iva sono la detrazione e la rivalsa.Io produco una merce e la vendo a 100 euro, il commerciante all’ingrosso, che l’acquista, pagherà 120 euro: 100 euro + il 20% di iva. Nel momento in cui egli vende la merce al dettagliante cessionario, applica l’iva. Il dettagliante rivende la merce al consumatore al prezzo di 200 euro, quindi il consumatore pagherà 240 euro: 200 euro + il 20% di iva.Il meccanismo della detrazione consente di recuperare l’imposta addebitata: il cessionario detrae l’iva sugli acquisti dall’iva sulle vendite, quindi 30% - 20% = 10%, che bisognerà pagare all’erario. Questa somma corrisponde all’applicazione del tributo sul valore aggiunto (se compro a 100 euro e rivendo a 150 euro, 50 euro sarà il valore aggiunto, il 20% di 50 euro corrisponde alla somma da pagare all’erario).Anche il produttore stesso porta in detrazione l’iva sull’acquisto delle materie prime. Attraverso l’interazione dei meccanismi di rivalsa e detrazione, l’imposta verrà pagata sul solo valore aggiunto. La rivalsa è “un diritto di credito ad esercizio obbligatorio”. Non è rinunciabile, né compensabile con altri tributi. Gode dei privilegi propri dei crediti tributari. Essa consente di addebitare l’onere del tributo nei confronti del cessionario (di beni) o del committente (di servizi), previa fattura che deve essere registrata e deve indicare le operazioni effettuate e l’ammontare complessivo dell’imposta

Page 42: Diritto Tributario Riassunti

addebitata. Sulla base di questi elementi, coloro che effettuano prestazioni imponibili diventano soggetti d’imposta, limitatamente alla fase del procedimento al quale partecipano. Attraverso canali propri e autonomi, l’imposta, scorrendo tra i soggetti che partecipano alle operazioni imponibili, perviene direttamente allo Stato. La detrazione è un diritto di credito che va esercitato a pena di decadenza, nell’ambito della dichiarazione iva. Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile. Tale operazione consente di scomputare l’iva sugli acquisti nel momento in cui si determina il tributo, quindi si sottrae dall’iva sulle vendite l’iva sugli acquisti (iva a monte – iva a valle): l’imposta colpisce solo il valore aggiunto. La detrazione è ammessa a condizione che il soggetto che la effettua sia un soggetto passivo d’imposta, esercente attività d’impresa (commerciale o agricola) a esercente arti e professioni (condizione di soggettività). La seconda condizione è l’inerenza: deve trattarsi di un acquisto inerente all’attività svolta dal soggetto. Vi è poi la territorialità dell’imposta, che opera nel territorio nazionale e comunitario.L’iva non è un’imposta che colpisce i singoli atti; si tratta di una fattispecie aperta perché guarda a tutte le operazioni effettuate nel periodo d’imposta.Fondamentale ai fini della detrazione è la fatturazione di ciascuna operazione imponibile, e la registrazione delle fatture. La fattura può essere emessa “anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili”. Costituisce un documento rappresentativo dell’operazione svoltasi tra le parti, con la duplice funzione di accertare e qualificare i singoli elementi di tale operazione.Va emessa in duplice esemplare: per chi vende la merce e per chi la acquista. Ciò garantisce la trasparenza e agevola i controlli dell’amministrazione fiscale. Ha diritto alla detrazione il soggetto in favore del quale la fattura è emessa, anche se ciò crea il rischio di frodi fiscali realizzate attraverso l’emissione di fatture che documentano operazioni fittizie in tal caso la legge prevede che l’imposta sia dovuta per l’intero ammontare indicato dalla fattura. Se l’iva sugli acquisti è maggiore rispetto all’iva sulle vendite vi è il rimborso iva. Ai fini dell’iva occorre distinguere tre diverse categorie di operazioni:

1) operazioni imponibili: ricorrono tutti i requisiti dell’iva, quindi quello soggettivo (che si tratti di un imprenditore o di un professionista), quello oggettivo (che si tratti cessioni di beni o prestazioni di servizi) e quello della territorialità (le operazioni sono state svolte nel territorio nazionale o comunitario);

2) operazioni in cui ricorrono tutti i requisiti, ma che non sono soggette ad iva, per evitare che essa gravi sul consumatore finale (attività sociali, culturali ed educative), tuttavia possono esserci acquisti il legislatore prevede il meccanismo del “pro rata temporis”: la detrazione non compete nella percentuale corrispondente all’esenzione;

3) operazioni con aliquote diverse (ad esempio gli acquisti hanno un’aliquota più alta delle vendite) in base agli effetti giuridici degli atti.

Per quanto riguarda l’iva intracomunitaria, relativa a cessioni di beni e prestazioni di servizi transfrontaliere nell’ambito dell’UE, essa viene applicata nel paese di destinazione (il meccanismo precedente prevedeva che essa venisse applicata nel paese di origine). Anche qui è fondamentale che le operazioni vengano adeguatamente documentate, soprattutto considerando che aumenta il rischio di frodi.

Page 43: Diritto Tributario Riassunti

RAPPORTO TRA L’IVA E ALTRI TRIBUTI.L’iva è stata introdotta in Italia con la riforma degli anni ’70; si è sovrapposta ad alcuni tributi, tra cui l’imposta di registro (che colpisce tutti gli atti giuridici e collega il diritto tributario agli altri settori del diritto), e sono stati aboliti ice ed imposta di consumo.L’imposta di registro si applica ai singoli atti giuridici e ne prende in considerazione gli effetti, non fermandosi alla loro forma apparente o alle dichiarazioni rese dalle parti; è una fattispecie a struttura chiusa, quindi ciò che accade prima e dopo è ininfluente.L’iva è un’imposta che colpisce l’attività, il volume d’affari, ed è una fattispecie a struttura aperta.Tra l’iva e l’imposta di registro vi è un rapporto di alternatività: se l’atto è soggetto ad iva non può essere soggetto all’imposta di registro, e viceversa. Poiché l’iva è un tributo comunitario armonizzato, essa prevale sull’imposta di registro, che non si applica se non nella misura fissa di 168 euro, corrispondenti al costo del servizio di registrazione (dell’atto), ma non è una vera e propria imposta, manca una manifestazione di capacità contributiva.Se l’atto è esente da iva, sarà soggetto a imposta di registro, nella misura del 10% dell’importo pattuito (4% per la prima casa).Può altresì darsi che l’atto sia escluso da iva in forza di disposizioni legislative, come accade, ad esempio, in caso di cessione di azienda, esente da iva ma soggetta ad imposta di registro (per cui non è prevista alcuna detrazione) . In casi di iva esente, come questi, il legislatore lascia ferma l’alternatività (per evitare che l’esenzione si traduca non in un vantaggio ma in un danno, perché non si può effettuare alcuna detrazione).

LA DICHIARAZIONE DEI REDDITI.

La dichiarazione dei redditi ha natura di negozio giuridico (inteso come assetto giuridico di situazioni sociali giuridicamente rilevanti) unilaterale recettizio (non esaurisce la propria efficacia all’interno della sfera del soggetto, ma va portata a conoscenza dell’Amministrazione fiscale, che, in quanto portatrice di interessi, ha diritto a procedere alla rettifica della dichiarazione, o ad accertamento in caso di omessa presentazione). I soggetti obbligati sono: il soggetto passivo del tributo, il sostituto d’imposta o altro soggetto indicato dalla legge; il destinatario è, invece, l’ente impositore.Essa è unica, e deve indicare in maniera analitica tutti gli elementi necessari per la determinazione della prestazione tributaria. Va sottoscritta, a pena di nullità, dal contribuente (persona fisica o giuridica) o dal suo rappresentante legale o negoziale. La nullità è sanata se si provvede alla sottoscrizione entro 30 giorni dall’invito dell’ufficio dell’agenzia delle entrate competente territorialmente.Per la dichiarazione in formato elettronico che va presentata in via telematica, la sottoscrizione deve essere apposta su copia cartacea, che i dichiaranti devono conservare. La dichiarazione unificata annuale, presentata in via telematica, va inviata all’Amministrazione finanziaria attraverso una banca convenzionata, un ufficio delle Poste Italiane spa o in via telematica, e la prova della presentazione è data dalla ricevuta.

Page 44: Diritto Tributario Riassunti

La dichiarazione dei redditi delle persone fisiche deve contenere: gli elementi necessari per l’individuazione del contribuente, gli elementi per determinare redditi e imposte dovute e per effettuare i controlli, e quelli richiesti nel modello di dichiarazione. Ciò vale anche per la dichiarazione resa dal sostituto d’imposta, eccezion fatta per gli elementi che Imps e Inail sono in grado di acquisire direttamente. I sostituti d’imposta devono rilasciare una certificazione unica ai fini fiscali e contributivi, attestante l’ammontare complessivo di somme e valori erogati, delle ritenute operate e delle detrazioni operate dai contributi previdenziali e assistenziali.

Rettificabilità della dichiarazione.

Molto discusso è il problema della ritrattabilità delle dichiarazioni tributarie. Essa non è possibile, per quella parte della dottrina che ritiene che, trattandosi di norme pubblicistiche che pongono termini perentori e condizioni formali, è consentito solo l’eventuale esercizio dell’azione di rimborso. La maggior parte della dottrina, invece, si è espressa in senso favorevole. Prima della scadenza del termine di presentazione, è possibile presentare una dichiarazione correttiva.Una volta scaduto il termine di presentazione:

- se dalla dichiarazione emerge un maggior debito o un minor credito: se la dichiarazione integrativa è stata presentata entro i termini previsti per il ravvedimento (che corrispondono a quelli spettanti all’ufficio per la rettifica) si applicano le sanzioni ridotte; se essa è stata presentata dopo la scadenza dei termini previsti per il ravvedimento, si applicano le sanzioni per intero;

- se dalla dichiarazione emerge un minor debito o un maggior credito: non si applica alcuna sanzione se la dichiarazione integrativa è stata presentata entro i termini previsti per la dichiarazione relativa all’anno successivo, in caso contrario essa non può più essere presentata, salva la possibilità di chiedere il rimborso per l’importo pagato in eccedenza.

L’IVA.

L’IVA, imposta sul valore aggiunto, è un tributo armonizzato, nato in Europa e destinato a trovare applicazione in tutti gli ordinamenti interni degli Stati europei; addirittura è divenuta un requisito per l’ingresso in Europa. L’iva trova la sua regolamentazione nella disciplina comunitaria, è stata istituita con D.P.R. 633/72 per adeguare la legislazione italiana alle direttive comunitarie. Le considerazioni di fondo erano che l’Iva non provocava effetti discorsivi della concorrenza e non turbava il mercato, fenomeni causati dal sistema italiano precedente, che constava di imposte che colpivano i singoli atti di scambio (sulla scia delle “sale taxes” americane) e di imposte a cascata plurifase (“ice”). Il precedente sistema aveva effetti discorsivi, perché privilegiava gli operatori economici che riuscivano a raggiungere direttamente il destinatario della propria attività economica, riducendo al minimo gli atti di scambio (in quanto l’imposta colpiva ciascuno di essi, in maniera cumulativa).Gli obiettivi principali del trattato sono proprio libertà d’impresa, di stabilimento, libera circolazione delle merci e tutela della concorrenza. Per

Page 45: Diritto Tributario Riassunti

attuare questi obiettivi occorreva un’imposta che preservasse la neutralità delle scelte imprenditoriali.L’obiettivo dell’iva è quello di evitare il cumulo delle imposte, colpendo il solo valore aggiunto.L’iva ha, come l’irap, natura di imposta sull’attività giuridica, ma se ne differenzia perché si fonda sulla concatenazione dei rapporti giuridici afferenti ai diversi stadi della produzione, fino al consumo finale. L’imposta è dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili, i quali devono versarla all’erario cumulativamente per tutte le operazioni effettuate e al netto della detrazione prevista nell’art. 19, nei modi e nei termini stabiliti nel titolo secondo (art. 17 DPR 633/72).La sua base imponibile è data dai corrispettivi delle cessioni di beni (qualunque atto, a titolo oneroso, che implichi il trasferimento della proprietà o la costituzione di un diritto reale su un bene mobile o immobile; implica l’esistenza di un effetto traslativo) e prestazioni di servizi (è un concetto residuale: tutto ciò che non è cessione di beni), effettuate nell’ambito di attività d’impresa (esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli art. 2135 e 2195 cod. civ. , anche se non organizzate in forma d’impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma d’impresa, dirette alla produzione di servizi che non rientrino nell’art. 2195 cod. civ.) o di lavoro autonomo (esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche, ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle attività stesse).L’iva non prende in considerazione i singoli atti di scambio, ma sull’insieme di tali atti, che compongono volume d’affari, l’attività economica dell’impresa. I due meccanismi fondamentali dell’iva sono la detrazione e la rivalsa.Io produco una merce e la vendo a 100 euro, il commerciante all’ingrosso, che l’acquista, pagherà 120 euro: 100 euro + il 20% di iva. Nel momento in cui egli vende la merce al dettagliante cessionario, applica l’iva. Il dettagliante rivende la merce al consumatore al prezzo di 200 euro, quindi il consumatore pagherà 240 euro: 200 euro + il 20% di iva.Il meccanismo della detrazione consente di recuperare l’imposta addebitata: il cessionario detrae l’iva sugli acquisti dall’iva sulle vendite, quindi 30% - 20% = 10%, che bisognerà pagare all’erario. Questa somma corrisponde all’applicazione del tributo sul valore aggiunto (se compro a 100 euro e rivendo a 150 euro, 50 euro sarà il valore aggiunto, il 20% di 50 euro corrisponde alla somma da pagare all’erario).Anche il produttore stesso porta in detrazione l’iva sull’acquisto delle materie prime. Attraverso l’interazione dei meccanismi di rivalsa e detrazione, l’imposta verrà pagata sul solo valore aggiunto. La rivalsa è “un diritto di credito ad esercizio obbligatorio”. Non è rinunciabile, né compensabile con altri tributi. Gode dei privilegi propri dei crediti tributari. Essa consente di addebitare l’onere del tributo nei confronti del cessionario (di beni) o del committente (di servizi), previa fattura che deve essere registrata e deve indicare le operazioni effettuate e l’ammontare complessivo dell’imposta addebitata. Sulla base di questi elementi, coloro che effettuano prestazioni imponibili diventano soggetti d’imposta, limitatamente alla fase del

Page 46: Diritto Tributario Riassunti

procedimento al quale partecipano. Attraverso canali propri e autonomi, l’imposta, scorrendo tra i soggetti che partecipano alle operazioni imponibili, perviene direttamente allo Stato. La detrazione è un diritto di credito che va esercitato a pena di decadenza, nell’ambito della dichiarazione iva. Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile. Tale operazione consente di scomputare l’iva sugli acquisti nel momento in cui si determina il tributo, quindi si sottrae dall’iva sulle vendite l’iva sugli acquisti (iva a monte – iva a valle): l’imposta colpisce solo il valore aggiunto. La detrazione è ammessa a condizione che il soggetto che la effettua sia un soggetto passivo d’imposta, esercente attività d’impresa (commerciale o agricola) a esercente arti e professioni (condizione di soggettività). La seconda condizione è l’inerenza: deve trattarsi di un acquisto inerente all’attività svolta dal soggetto. Vi è poi la territorialità dell’imposta, che opera nel territorio nazionale e comunitario.L’iva non è un’imposta che colpisce i singoli atti; si tratta di una fattispecie aperta perché guarda a tutte le operazioni effettuate nel periodo d’imposta.Fondamentale ai fini della detrazione è la fatturazione di ciascuna operazione imponibile, e la registrazione delle fatture. La fattura può essere emessa “anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili”. Costituisce un documento rappresentativo dell’operazione svoltasi tra le parti, con la duplice funzione di accertare e qualificare i singoli elementi di tale operazione.Va emessa in duplice esemplare: per chi vende la merce e per chi la acquista. Ciò garantisce la trasparenza e agevola i controlli dell’amministrazione fiscale. Ha diritto alla detrazione il soggetto in favore del quale la fattura è emessa, anche se ciò crea il rischio di frodi fiscali realizzate attraverso l’emissione di fatture che documentano operazioni fittizie in tal caso la legge prevede che l’imposta sia dovuta per l’intero ammontare indicato dalla fattura. Se l’iva sugli acquisti è maggiore rispetto all’iva sulle vendite vi è il rimborso iva. Ai fini dell’iva occorre distinguere tre diverse categorie di operazioni:

4) operazioni imponibili: ricorrono tutti i requisiti dell’iva, quindi quello soggettivo (che si tratti di un imprenditore o di un professionista), quello oggettivo (che si tratti cessioni di beni o prestazioni di servizi) e quello della territorialità (le operazioni sono state svolte nel territorio nazionale o comunitario);

5) operazioni in cui ricorrono tutti i requisiti, ma che non sono soggette ad iva, per evitare che essa gravi sul consumatore finale (attività sociali, culturali ed educative), tuttavia possono esserci acquisti il legislatore prevede il meccanismo del “pro rata temporis”: la detrazione non compete nella percentuale corrispondente all’esenzione;

6) operazioni con aliquote diverse (ad esempio gli acquisti hanno un’aliquota più alta delle vendite) in base agli effetti giuridici degli atti.

Per quanto riguarda l’iva intracomunitaria, relativa a cessioni di beni e prestazioni di servizi transfrontaliere nell’ambito dell’UE, essa viene applicata nel paese di destinazione (il meccanismo precedente prevedeva che essa venisse applicata nel paese di origine). Anche qui è fondamentale che le operazioni vengano adeguatamente documentate, soprattutto considerando che aumenta il rischio di frodi.

RAPPORTO TRA L’IVA E ALTRI TRIBUTI.

Page 47: Diritto Tributario Riassunti

L’iva è stata introdotta in Italia con la riforma degli anni ’70; si è sovrapposta ad alcuni tributi, tra cui l’imposta di registro (che colpisce tutti gli atti giuridici e collega il diritto tributario agli altri settori del diritto), e sono stati aboliti ice ed imposta di consumo.L’imposta di registro si applica ai singoli atti giuridici e ne prende in considerazione gli effetti, non fermandosi alla loro forma apparente o alle dichiarazioni rese dalle parti; è una fattispecie a struttura chiusa, quindi ciò che accade prima e dopo è ininfluente.L’iva è un’imposta che colpisce l’attività, il volume d’affari, ed è una fattispecie a struttura aperta.Tra l’iva e l’imposta di registro vi è un rapporto di alternatività: se l’atto è soggetto ad iva non può essere soggetto all’imposta di registro, e viceversa. Poiché l’iva è un tributo comunitario armonizzato, essa prevale sull’imposta di registro, che non si applica se non nella misura fissa di 168 euro, corrispondenti al costo del servizio di registrazione (dell’atto), ma non è una vera e propria imposta, manca una manifestazione di capacità contributiva.Se l’atto è esente da iva, sarà soggetto a imposta di registro, nella misura del 10% dell’importo pattuito (4% per la prima casa).Può altresì darsi che l’atto sia escluso da iva in forza di disposizioni legislative, come accade, ad esempio, in caso di cessione di azienda, esente da iva ma soggetta ad imposta di registro (per cui non è prevista alcuna detrazione) . In casi di iva esente, come questi, il legislatore lascia ferma l’alternatività (per evitare che l’esenzione si traduca non in un vantaggio ma in un danno, perché non si può effettuare alcuna detrazione).

LA RISCOSSIONE.

La riscossione delle imposte sui redditi può essere:1) spontanea: tramite versamento diretto;2) coattiva: tramite ruolo;3) anticipata: mediante ritenute effettuate a titolo di acconto, quando

costituiscono una mera anticipazione del tributo dovuto, o a titolo d’imposta, quando estinguono definitivamente il prelievo;

4) provvisoria: in pendenza di giudizio.

Il ruolo contiene l’elenco delle somme da pagare; esso può essere ordinario o straordinario. Nei ruoli straordinari le imposte, gli interessi e le sanzioni sono iscritti per l’intero importo risultante dall’avviso di accertamento, prescindendo dall’eventuale impugnazione dinanzi alle Commissioni Tributarie. L’iscrizione a ruolo può avvenire in base a dichiarazione o in base ad accertamento.

La cartella di pagamento è l’estratto del ruolo concernente il singolo contribuente; essa ha funzione di avviso di pagamento e avviso di mora. Contiene l’intimazione a pagare le somme dovute, entro 60 gg., decorsi i quali è possibile procedere ad esecuzione forzata.

Dopo la notifica della cartella di pagamento, il contribuente può:

Page 48: Diritto Tributario Riassunti

- pagare imposte, sanzioni ed interessi entro 60 gg. acquiescenza – riduzione delle sanzioni ad ¼ del minimo, il pagamento può essere dilazionato, previa presentazione di idonea garanzia;

- pagare solo le sanzioni entro 60 gg.,- chiedere dilazione di pagamento;- impugnare la cartella entro 60 gg. dalla notifica (in tal caso il

contribuente può chiedere la sospensione amministrativa o giurisdizionale della riscossione).

Se il contribuente né impugna e né paga:- decorrono gli interessi;- è possibile procedere al pignoramento entro un anno dalla notifica della

cartella.

CONTROLLO FORMALE DELLE DICHIARAZIONI (art. 36 ter DPR 600/73).

Caratteristiche:

- non riguarda tutte le dichiarazioni, ma solo quelle presentate da contribuenti individuati in base ai criteri selettivi stabiliti annualmente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze;

- è basato sul raffronto tra il contenuto della dichiarazione presentata, le dichiarazioni dei sostituti d’imposta e la documentazione richiesta al contribuente.

Procedura: il controllo va effettuato entro il 31 dicembre del 2° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Se il contribuente risulta debitore, l’ufficio invia un avviso bonario assegnando al contribuente un termine per fornire chiarimenti:

- se il contribuente non si presenta o se l’ufficio non ritiene sufficienti le spiegazioni fornite, provvede all’iscrizione a ruolo (entro il 31 dicembre del 3° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione) e notifica la cartella di pagamento (entro il 31 dicembre del 4° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione).

- Se il contribuente si presenta e l’ufficio ritiene sufficienti le spiegazioni fornite, si procede all’archiviazione.

Se il contribuente risulta creditore, l’ufficio procede al rimborso.

L’ACCERTAMENTO TRIBUTARIO.

I tre poteri istruttori fondamentali degli uffici fiscali sono: accessi, ispezioni e verifiche. L’accesso è un atto strumentale, che consente all’amministrazione finanziaria di acquisire, mediante ispezione, gli atti e i documenti necessari ai fini dell’esercizio della propria attività. Necessita di autorizzazione e deve

Page 49: Diritto Tributario Riassunti

essere accompagnato dal verbale, sottoscritto dal contribuente o dal suo rappresentante.L’accertamento è finalizzato alla verifica della sussistenza dei presupposti necessari all’applicazione del tributo, e, in caso affermativo, alla verifica della misura effettiva del debito d’imposta sorto.Il legislatore disciplina l’accertamento e le modalità con cui esso può essere svolto, per rimediare all’astrattezza delle norme tributarie (che disciplinano il presupposto del tributo, riferendosi a soggetti indeterminate e a fattispecie astratte) e al pericolo di evasione con riferimento all’evasione l’accertamento svolge una duplice funzione: deterrente e di cassa (consentendo il recupero di quanto non è stato versato dal contribuente).Il punto di partenza è rappresentato dalla dichiarazione dei redditi redatta dal contribuente, che costituisce una sorta di “auto-accertamento”, ma che non ha carattere alternativo o sostitutivo rispetto all’accertamento svolto dall’amministrazione finanziaria, che prescinde dall’esistenza o meno della dichiarazione. Tuttavia, se la dichiarazione è stata effettuata, avremo l’accertamento in rettifica; in caso di dichiarazione omessa o nulla avremo l’accertamento d’ufficio, con metodi differenti.Vi sono molteplici metodi di accertamento:

1) accertamento analitico2) accertamento analitico – contabile3) accertamento sintetico4) accertamento induttivo5) accertamento parziale6) accertamento integrativo7) accertamento d’ufficio.

Il legislatore prevede una molteplicità di metodi, spinto da finalità anti-evasive, ma si preoccupa anche di tutelare il contribuente da eventuali abusi dell’amministrazione, ad esempio nel ricorso a metodi invasivi senza che ne ricorrano i presupposti.Il legislatore, quindi, disciplina i presupposti per l’utilizzo di ciascuna tipologia di accertamento.Il procedimento di accertamento si articola in più fasi:

1) fase d’impulso;2) fase istruttoria;3) fase decisoria sulla base degli elementi raccolti si verifica la

sussistenza dei presupposti per procedere al recupero;4) fase conclusiva provvedimento di archiviazione (se l’esito

dell’istruttoria è negativo) o avviso di accertamento (se l’esito dell’istruttoria è positivo). Una volta emesso l’avviso di accertamento, il contribuente viene invitato a comparire per definire l’accertamento con adesione:

se si presenta: si instaura il contraddittorio con l’amministrazione fiscale; se non si presenta: non si può più presentare l’istanza di accertamento

con adesione.

Metodo analitico: è disciplinato dall’art. 38 d. lgs. 600/73, che si intitola “rettifica delle dichiarazioni” consiste nella rideterminazione del reddito complessivo. Presuppone l’esistenza di una dichiarazione da rettificare. Bisogna distinguere:

Page 50: Diritto Tributario Riassunti

1) la rettifica analitica dei redditi dichiarati dalle persone fisiche presupposti:

il reddito complessivo dichiarato è inferiore a quello effettivo l’ufficio scopre la sussistenza di un elemento reddituale che non era stato indicato in maniera specifica e lo colloca nella categoria corrispondente, ricalcolando poi il maggior reddito complessivo;

accertata insussistenza o non spettanza di deduzioni o detrazioni indicate nella dichiarazione;

2) la rettifica analitica dei redditi determinati in base alle scritture contabili (per i soggetti passivi diversi dalle persone fisiche – si fa riferimento all’art. 40, che a sua volta rinvia all’art. 39) presupposti:

contrasto tra dichiarazione e bilancio; erronea applicazione della disciplina sul reddito d’impresa; constatata inesattezza, falsità o inesattezza delle dichiarazioni.

Tale metodo non si applica per tutte le categorie reddituali: ad esempio, per i redditi di lavoro autonomo e per i redditi d’impresa, si applicano i metodi dell’art. 39, tra i quali figura il metodo analitico - induttivo.

Metodo analitico – contabile: anche qui il reddito va ricalcolato e rettificato se vede che la differenza tra i componenti positivi e negativi del reddito è maggiore di quella indicata dal contribuente. Quanto ai presupposti:

- devono sussistere ragioni giuridiche, ad esempio l’errata applicazione di una norma relativa alla determinazione del redito d’impresa;

- oppure possono sussistere “irregolarità di fatto” che prescindono dalla contabilità e sono desunte da documenti provenienti da terzi (relativi a determinate operazioni).

L’ufficio ripercorre in modo specifico e dettagliato le operazioni compiute dal contribuente per la determinazione del reddito, per verificare se la conclusione è la medesima. Se esso perviene ad una conclusione diversa, o riscontra un errore nell’applicazione della norma, recupera ciò che non avrebbe dovuto essere portato in deduzione.

Metodo sintetico: l’ufficio non ripercorre le operazioni compiute dal contribuente per addivenire alla determinazione del reddito, ma opera sulla base di una presunzione legale, basata sulla capacità di spesa del soggetto. Si basa sulla presunzione che un soggetto con un certo tenore di vita, incompatibile con quanto dichiarato, dispone di un reddito maggiore, che non è stato dichiarato. Si applica solo alle persone fisiche.Ai sensi dell’art. 38 comma 2, anche se ricorrono i presupposti per applicare anche il metodo analitico e quello analitico – contabile, il reddito complessivo netto (cioè come se fossero state calcolate tutte le deduzioni spettanti normalmente al contribuente può essere determinato in maniera sintetica, in base a circostanze di fatto certe. L’art. 38 riguarda il reddito delle persone fisiche, e presuppone l’esistenza di una dichiarazione.A differenza dell’accertamento analitico, quello sintetico è basato su circostanze di fatto certe. Per utilizzare questo metodo deve sussistere un’ulteriore condizione: che tra il reddito complessivo netto determinato in base alla capacità di spesa e quello dichiarato sussista una differenza minima del 25% . Questa condizione, tuttavia, non sempre è necessaria: non lo è se il contribuente ha omesso di rispondere ad inviti o questionari

Page 51: Diritto Tributario Riassunti

dell’amministrazione questa eccezione ha funzione deterrente e sanzionatoria.Il metodo di accertamento sintetico richiede un’ulteriore condizione, qualora venga condotto col meccanismo del “redditometro” : che la differenza del 25% sia riscontrata per due periodi d’imposta consecutivi.Quindi tale accertamento può essere condotto o attraverso il meccanismo del redditometro, oppure in base ad elementi certi.Il redditometro è un decreto ministeriale, avente natura regolamentare, che contiene un elenco dei beni (case, aerei, palazzi, navi, etc.) che viene considerato indicativo di capacità di spesa. Ad ogni bene rientrante nella disponibilità (non occorre il possesso, e ciò è vantaggioso per l’amministrazione finanziaria) del soggetto la tabella associa poi un reddito – base (ad esempio, per la prima casa, 25 euro al metro quadro). L’ufficio redige poi una graduatoria dal reddito – base più elevato a quello più basso. Alla fine si calcola il reddito complessivo netto attraverso la somma algebrica: non si prende in considerazione l’intero importo del reddito – base di ciascun bene, ma il 100% del primo, il 60% del secondo, il 50% del terzo… dal quinto in poi si prende in considerazione il 20%.Il contribuente potrà poi contestare il reddito complessivo netto risultante dall’applicazione del redditometro, ad esempio per errori di calcolo, o perché non aveva la disponibilità del bene, ecc.L’accertamento sintetico può anche essere effettuato sulla base di elementi e circostanze di fatto certe, ad esempio spese per incrementi patrimoniali (ad es. acquisto di un immobile) l’art. 38, dice che “nell’ipotesi di spesa per incrementi patrimoniali la spesa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti in quote costanti nell’anno in cui la spesa è effettuata e nei quattro precedenti”. Quindi solo 1/5 della somma è addebitabile al reddito conseguito nel periodo d’imposta in cui la spesa è stata sostenuta, gli altri 4/5 si presumono conseguiti, in quote costanti, nei 4 periodi precedenti. L’ufficio che utilizza questo metodo può procedere alla rettifica se riscontra uno spostamento in uno dei 5 periodi d’imposta, cioè se accerta che il reddito di uno dei 5 periodi è inferiore ad 1/5 della spesa sostenuta per l’incremento patrimoniale.

Metodo analitico – induttivo: riguarda solo i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili. Si basa su presunzioni gravi, precise e concordanti e consente di determinare l’esistenza di maggiori ricavo o l’inesistenza di costi. Si fa riferimento alla nozione civilistica di presunzioni: sono quelle che il giudice trae per risalire, da un fatto noto, ad un fatto ignoto. L’amministrazione costruisce la propria prova sulla base di tre elementi:

- fatto noto;- collegamento logico tra fatto noto e fatto ignoto- che la presunzione si basi su elementi gravi, precisi e concordanti.

La gravità di un elemento consiste nell’idoneità dello stesso a rendere palese il ragionamento logico che conduce a generare il collegamento logico tra fatto noto e ignoto.Gli elementi devono essere circostanziati, dettagliati, precisi. La concordanza significa che tutti gli elementi raccolti devono confluire verso un’unica soluzione: l’esistenza di una materia imponibile non dichiarata.

Page 52: Diritto Tributario Riassunti

Il legislatore ha introdotto delle presunzioni semplici tipiche, prevedendo, ad esempio, che l’accertamento analitico – induttivo possa essere basato su gravi incongruenze tra ricavi e compensi dichiarati e le condizioni di esercizio dell’attività (pensiamo ad esempio ad una società, collocata in via Sparano, che dichiara un reddito esiguo). Un’altra presunzione tipica è quella della non congruità agli studi di settore. Dobbiamo distinguere le presunzioni atipiche, in presenza delle quali l’ufficio deve costruire la prova in base ai 3 suddetti elementi, e quelle tipiche, in cui l’ufficio è autorizzato a desumere un fatto ignoto in presenza di incongruità, ma deve in ogni caso dimostrare la sussistenza di elementi gravi, precisi e concordanti. Una particolare categoria di accertamento analitico – induttivo è l’accertamento in base agli studi di settore. Esso si basa su presunzioni semplici, infatti lo studio di settore è un metodo di calcolo per determinare, in termini probabilistici, il ricavo che dovrebbe essere conseguito a fronte dell’esercizio di un certo tipo di attività. Questo calcolo si effettua in base ad una serie di variabili che tengono conto dei fattori territoriali (ubicazione dell’attività), di variabili contabili (disponibilità di beni strumentali, di macchinari avanzati, di nuove tecnologie) e di variabili strutturali (ad esempio la dimensione dell’azienda che consente alla stessa di avvalersi di un’economia di scala). Tutte queste variabili indipendenti sono inserite in una funzione matematica, che viene elaborata a livello ministeriale, per determinare la variabile dipendente, cioè il probabile livello di ricavo, cioè il c.d. ricavo puntuale di riferimento. Il contribuente che dichiara un ricavo inferiore al ricavo minimo accertabile in base agli studi di settore, rischia di essere sottoposto ad accertamento analitico – induttivo, e l’ufficio che vi procede, oltre a dimostrare la non congruità e la gravità e concordanza degli elementi, che il ricavo non dichiarato sia pari alla differenza tra ricavo dichiarato e ricavo risultante dagli studi di settore. Raccolti questi elementi, l’ufficio può andare avanti con l’accertamento analitico – induttivo, dopo aver preventivamente istaurato un contradditorio con il contribuente (così come disposto dal contribuente). A questo punto il contribuente, per evitare di essere sottoposto ad accertamento analitico – induttivo, può dichiarare il ricavo puntuale risultante dallo studio di settore: ciò non esclude, tuttavia, che possano essere eseguiti altri metodi di accertamento dei quali ricorrono i presupposti.Qualora durante l’attività vengano scoperti costi occulti (che si presume diano luogo a ricavi maggiori), essi, ai sensi dell’art.109 del TUIR, non sono deducibili, a meno che non sino correlati a ricavi omessi e recuperati dall’ufficio, e se non risultino da elementi gravi, precisi e concordanti. E’ il contribuente, in tal caso, che deve dimostrare che per produrre i ricavi che aveva omesso di dichiarare, ha dovuto sostenere costi maggiori.

Metodo induttivo: attraverso tale metodo, l’ufficio accerta il reddito sulla base di elementi che prescindono, in tutto o in parte, dalla contabilità (art. 39). Un esempio tipico è rappresentato, nel settore della ristorazione, dal “tovagliometro”: l’attività di ristorazione comporta l’utilizzo di tovaglie e tovaglioli, che vengono poi mandati in lavanderia. Dalle fatture della lavanderia si può capire quante volte i tovaglioli sono stati utilizzati, quanti coperti ci sono stati, e quindi, in base al prezzo medio dei coperti, si possono presumere i ricavi e i relativi costi, in base alla percentuale di redditività, che è data dal rapporto tra redditi e ricavi dichiarati da altre persone, e risultati congrui.

Page 53: Diritto Tributario Riassunti

Il presupposto di questo metodo è proprio il disconoscimento della contabilità, inoltre tale metodo si basa su elementi che non necessariamente devono essere gravi, precisi e concordanti, purchè si verifichino alternativamente (e non cumulativamente) quattro condizioni:

che il reddito d’impresa non sia stato dichiarato, quindi non vi sono elementi per procedere all’accertamento analitico – contabile o analitico – induttivo;

che dal verbale d’ispezione risulti che il contribuente non ha tenuto o ha sottratto ad ispezione le scritture contabili, o quando le scritture non sono disponibili per cause di forza maggiore;

che nelle scritture contabili vi siano irregolarità gravi, ripetute e numerose;

che il contribuente non abbia risposto ad inviti o questionari. Accertamento d’ufficio (art. 41): i metodi sono gli stessi

dell’accertamento induttivo, ma cambiano i presupposti: la dichiarazione deve essere assente, omessa o nulla. La dichiarazione non si considera omessa se presentata con un ritardo non superiore a 90 giorni. A questo punto l’ufficio può prescindere dalla contabilità, sulla base di presunzioni che non siano gravi, precise e concordanti o di qualunque circostanza di cui sia venuto a conoscenza.

Premessa: l’avviso di accertamento è unico per tutte le imposte relative al medesimo periodo d’imposta, si parla infatti di accertamento unificato. Questo principio subisce due deroghe nelle ipotesi di accertamento integrativo e accertamento parziale.

Accertamento integrativo: presuppone la conoscenza di elementi nuovi rispetto a quelli in base ai quali è avvenuto il precedente accertamento, e che la conoscenza di tali elementi sia sopravvenuta rispetto all’epoca in cui è stato emesso il precedente accertamento. Può essere emesso entro i termini ordinari di decadenza (che decorrono dal periodo successivo a quello in cui è giunta la dichiarazione), che non possono essere in alcun modo prorogati.

Accertamento parziale: avviene in base a segnalazioni della Guardia di Finanza, della Pubblica Amministrazione o di altri enti, o del Centro Informativo delle Imposte dirette. Può riguardare solo una singola imposta o una singola categoria reddituale è un “accertamento settoriale”, in quanto riguarda solo il contenuto della segnalazione, e non preclude ulteriori accertamenti e attività istruttorie.

Accertamento con adesione: può avvenire: su iniziativa dell’ufficio mediante invito a comparire; su iniziativa del contribuente, prima della notifica dell’avviso di

accertamento, se nei suoi confronti sono stati effettuati accessi, ispezioni e verifiche mediante istanza con cui si chiede all’ufficio di formulare una proposta ai fini della definizione;

su iniziativa del contribuente, dopo la notifica dell’avviso di accertamento, ma prima della scadenza dei termini per l’impugnazione, se l’avviso di accertamento non è stato preceduto dalla notifica dell’invito a comparire.

Procedura:

Page 54: Diritto Tributario Riassunti

1. redazione di un atto scritto in duplice esemplare;2. sottoscrizione del contribuente e del capo dell’ufficio o di un suo

delegato;3. versamento entro 20 gg. dell’intero importo o della prima rata, se è

previsto il pagamento dilazionato;4. esibizione della quietanza di pagamento entro 10 gg. dal versamento.

Effetto dell’istanza è la sospensione per 90 gg. dei termini di impugnazione dell’avviso di accertamento.Effetti dell’accertamento con adesione:

a) limita il potere di accertamento dell’Amministrazione, che non può procedere a nuovi accertamenti per gli stessi periodi e gli stessi tributi definiti con adesione, salvo casi eccezionali;

b) rende inefficace l’avviso già notificato;c) consente di rideterminare in diminuzione l’imposta già accertata;d) comporta la riduzione delle sanzioni ad ¼ del minimo;e) comporta la riduzione delle sanzioni penali fino alla metà e l’esclusione

delle sanzioni accessorie (se il pagamento avviene prima della dichiarazione di apertura del dibattimento).

NATURA DEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO.

Gli atti impugnabili davanti alle Commissioni Tributarie sono indicati tassativamente nell’art. 19 del d.lgs. 546/92.tra essi rientrano: avvisi di accertamento, atti di riscossione, atti sanzionatori, atti negativi e silenzio rifiuto con riferimento ad istanze di rimborso. Sono impugnabili solo gli atti che incidono sulla sfera di interessi del soggetto; ad esempio non sono impugnabili gli atti istruttori; tuttavia per vizi della fase istruttoria può essere impugnato l’atto di accertamento finale.I modelli di processo sono sostanzialmente due: il processo civile e il processo amministrativo.Il processo civile è un processo di cognizione, finalizzato all’accertamento della titolarità di un diritto (il più delle volte si tratta di un diritto di credito) che l’attore rivendica. L’onere di prova grava sull’attore, mentre il convenuto dovrà fornire prova contraria per discolparsi. L’impulso del processo civile è rappresentato dall’atto di citazione.Il processo amministrativo si introduce mediante ricorso, presentato dal destinatario dell’atto amministrativo, entro 60 giorni dalla sua notifica (o pubblicazione).Nel costruire il processo tributario, il legislatore ha guardato ad entrambi i modelli: sia quello amministrativo, nella fase introduttiva, il processo tributario, infatti, è un processo di impugnazione, in cui vengono impugnati gli atti dell’amministrazione finanziaria (che sono recettizi e riguardano il contribuente) entro 60 giorni dalla loro emanazione. Nella fase successiva all’introduzione, il processo tributario segue il modello del processo civile, perché occorre accertare l’”an” e il “quantum” del debito d’imposta. Quindi quello tributario è un processo di impugnazione – accertamento.L’onere di prova:

- nel processo civile ricade sull’attore;

Page 55: Diritto Tributario Riassunti

- nel processo amministrativo vi è la presunzione di legittimità dell’atto (anche se per alcuni ciò contrasta con i principi di parità e giusto processo);

- nel processo tributario l’onere di prova ricade sull’amministrazione finanziaria, che è l’attore sostanziale (il contribuente lo è solo nel giudizio di rimborso, e in tal caso deve dare prova del maggior credito che vanta nei confronti dell’amministrazione finanziaria). Il contribuente nel ricorso potrà presentare prove contrarie. Il legislatore tributario prevede, per facilitare l’ufficio nell’assunzione di prove, il meccanismo della presunzione, che consente di risalire da un fatto noto a un fatto ignoto.

Il processo tributario si basa sul principio della domanda: il giudice decide nei limiti del contenuto della domanda.Il processo ordinario è un “processo veloce”, che consta (a partire dal ’96) di tre gradi di giudizio: Commissione provinciale, Commissione regionale e Corte di Cassazione. La celerità trova la sua ragione nell’interesse dello stato a incassare le somme accertate, essa è dovuta in gran parte al fatto che l’istruttoria è una fase eventuale, ed è limitata ai fatti dedotti dalle parti. In ogni caso è vietata la prova testimoniale, è ammessa solo quella documentale. Tale divieto non contrasta con il diritto alla difesa, di cui all’art. 24 Cost.: infatti, la Corte Costituzionale ha affermato che vietare la testimonianza non significa vietare tutte le prove; inoltre nulla vieta che vengano rese dichiarazioni per iscritto.Inoltre prima del ’96 il processo tributario era gratuito e non conosceva definizioni delle controversie, e in più permetteva di guadagnare tempo ai fini della decadenza o di un condono, favorendo l’evasione. Il legislatore ha previsto una “fase preliminare”, in cui si verifica dell’ammissibilità di un ricorso, una volta che esso viene presentato. Questa fase fa da “filtro” del processo. Inoltre, fisco e contribuente possono accordarsi tra loro, attraverso due meccanismi: accertamento con adesione, che permette la quantificazione consensuale dell’ammontare del debito d’imposta, e conciliazione giudiziale, nella prima udienza di merito e solo in primo grado con la conciliazione viene determinato l’ammontare dell’imposta e viene ridotto di 1/3 l’ammontare delle sanzioni.

IL SISTEMA SANZIONATORIO.

Le sanzioni sono reazioni dell’ordinamento giuridico, derivanti dalla violazione di una norma che identifica una condotta e irroga una sanzione in caso di inottemperanza queste determinazioni sono rimesse al legislatore, in forza del principio di legalità.Tale principio discende, in materia sanzionatoria, sia dall’art. 23 che dall’art. 25 Cost. (“Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge”), e trova conferma degli art. 2 e 3 d.lgs. 427/97, che ha riordinato il sistema sanzionatorio.Il nostro ordinamento conosce tre modelli sanzionatori: quello civilistico, quello penalistico e quello amministrativo. Tutti e tre i modelli sono idonei a trovare applicazione in ambito tributario, cosa che è accaduta in un primo momento. Ci

Page 56: Diritto Tributario Riassunti

si avvaleva delle sanzioni civilistiche, denominate “sopratasse”, che si aggiungevano al tributo in fondo l’obbligazione tributario è un’obbligazione di diritto civile; accanto ad esse vi erano sanzioni penalistiche, per le violazioni particolarmente gravi, e sanzioni amministrative, ispirate al modello penalistico delle c.d. “pene pecuniarie”.Con la riforma attuata attraverso il d.lgs. 427/97 (che trova una corrispondenza, in ambito amministrativo, nella legge 689/81), è stato riordinato il sistema sanzionatorio, per evitare che la stessa condotta potesse essere colpita più volte da sanzioni differenti, ed è stato adottato il solo modello della sanzione amministrativa tributaria (ispirata al modello punitivo penalistico e ai principi penalistici, tra cui favor rei, personalità, rilevanza dell’elemento soggettivo, etc. ), affiancata da sanzioni accessorie di tipo interdittivo.Quindi, a differenza delle sanzioni civilistiche, quelle tributarie, essendo ispirate a modello penalistico, sono intrasmissibili agli eredi.Abbiamo poi sanzioni penali vere e proprie per i fatti più gravi che costituiscono illeciti penali e sono disciplinati dal d.lgs. 74/2000 che ha affiancato il d.lgs. 427/97.Il legislatore ha introdotto la regola della specialità, per evitare la compresenza di sanzioni penali – tributarie e sanzioni amministrative, qualora siano applicabili entrambe.L’accertamento fiscale segue un procedimento simile a quello utilizzato per accertare la violazione amministrativa, ma i metodi utilizzati nel processo penale sono diversi (ad esempio si utilizza la testimonianza e non si utilizza la presunzione, anzi vi è presunzione di innocenza). In un primo momento fu introdotto il criterio della “pregiudiziale tributaria”: l’instaurazione del processo penale presupponeva l’accertamento della violazione tributaria. In questo modo, però, i tempi si allungavano parecchio il più delle volte la scadenza dei termini impediva che si arrivasse ad una sentenza penale.Oggi vi è invece il principio del “doppio binario”: il processo tributario e quello penale seguono due strade separate (ma ciò non esclude che quanto accade in una sfera possa incidere sull’altra, ad esempio, nell’accertamento con adesione si riducono anche le sanzioni penali). Ciò determina il rischio di conflitto di giudicati nell’82, nell’individuazione delle fattispecie rilevanti, erano state differenziate le condotte incriminate:

- in ambito tributario si guardava alla fattispecie (che nella maggior parte dei casi riguardava l’evasione) e all’insorgere dell’obbligazione;

- in ambito penale si guardava al “fatto prodromico dell’evasione”, cioè ai fatti sintomatici della condotta evasiva (ad esempio la fattura falsa) senza che bisognasse accertare l’obbligazione il problema è che a tali fatti non sempre seguiva la violazione, quindi poteva essere punito anche chi, pur avendo compiuto delle inosservanze formali, aveva adempiuto il tributo correttamente.

Con la legge 74/2000 sono stati aboliti i fatti prodromici, salvo rari casi (ad esempio le fatture per operazioni inesistenti) il “momento di consumazione” del reato è rappresentato dalla dichiarazione (cui si ricollega l’obbligazione), sulla quale vanno costruiti i reati. Un’evasione fiscale apprezzabile è quella che superi determinate soglie, infatti le sanzioni penali presuppongono la gravità della condotta posta in essere in

Page 57: Diritto Tributario Riassunti

base al principio di proporzionalità, il fatto evasivo deve superare la c.d. “soglia di evasione”.In ogni caso, il giudice penale deve guardare all’obbligazione (per vedere se il debito d’imposta supera una certa soglia): ciò impone un accertamento che ha un effetto esclusivamente penale, e non interferisce con l’ambito tributario. Mentre nell’ambito penale è essenziale l’elemento soggettivo, occorre cioè il “dolo specifico di evasione”, nell’ambito amministrativo è sufficiente la colpa. In entrambi i casi la valorizzazione della condotta del soggetto rileva anche ai fini della gradazione dell’entità della sanzione. Vi sono dei minimi e massimi edittali, sia in materia penale che tributaria (dove il massimo edittale è di 6 anni). La valorizzazione dei principi penalistici, soprattutto di personalità, può comportare una dissociazione tra autore della violazione (colpito dalla sanzione in forza del principio di personalità) e soggetto passivo d’imposta, che trae vantaggio dalla violazione in tal caso il legislatore prevede la solidarietà. Vi è stato inoltre il superamento del principio penalistico, secondo cui le società non possono delinquere (principio affermatosi nel diritto penale): anch’esse, infatti, possono incorrere in sanzioni, pur non avendo personalità di diritto comune. Ciò non vale se i fatti illeciti sono commessi dalla persona fisica e la società ne fosse all’oscuro o si fosse adoperato per impedirne il compimento (pensiamo, ad esempio, all’amministratore truffaldino).

L’IMPOSTA COMUNALE SUGLI IMMOBILI (ICI).

E’ il più importante tra i tributi comunali, sia per l’entità del gettito, che per gli ampi poteri attribuiti ai comuni nell’accertamento e nella riscossione.L’ICI è un’imposta patrimoniale, il presupposto è il possesso di immobili, terreni e aree fabbricabili, siti nel territorio dello Stato, a qualunque uso destinati, compresi quelli strumentali e quelli alla cui produzione o scambio è diretta l’attività di impresa.L’imposta si applica sul valore di:

- fabbricati: unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano;

- terreni agricoli: terreni adibiti all’esercizio delle attività di cui all’art. 2135 cod. civ.;

- aree fabbricabili: aree utilizzabili a scopo edificatorio, in base agli strumenti urbanistici, generali o attuativi, o in base alle possibilità effettive di edificazione.

Si considerano non fabbricabili i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli, sui quali persiste la utilizzazione agro – silvo – pastorale mediante l’esercizio di attività agricole, fatta eccezione di quelle connesse, a condizione che il comune attesti l’esistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi.Soggetti passivi dell’imposta sono i proprietari degli immobili o i titolari di dititto di usufrutto, uso o abitazione sugli stessi, enfiteusi, superficie, anche se non residenti nel territorio dello Stato.

La base imponibile è data dal valore dell’immobile, che si può determinare attraverso diversi criteri:

Page 58: Diritto Tributario Riassunti

- per i terreni agricoli e gli immobili, il valore si calcola applicando alla rendita catastale i coefficienti moltiplicatori determinati ai fini della valutazione automatica degli immobili;

- per le aree fabbricabili si guarda al valore venale in comune commercio (in base alla zona territoriale di ubicazione, ai prezzi medi di vendita, alla destinazione d’uso consentita, etc.).

Alla base imponibile si applica poi l’aliquota stabilita, con deliberazione da adottare entro il 31 ottobre di ogni anno, entro i limiti minimi del 4 per mille e massimi del 7 per mille (la finanziaria del 2008 prevede la possibilità per i Comuni di fissare aliquote agevolate).Le aliquote potranno essere diversificate con riferimento agli immobili diversi dalle abitazioni o posseduti in aggiunta all’abitazione principale, etc.Sul piano procedimentale, i Comuni, con proprio regolamento adottato secondo le modalità indicate, possono eliminare le operazioni di controllo formale sulla base dei dati ed elementi dichiarati, con conseguente soppressione dell’obbligo di presentazione della dichiarazione, potenziare l’attività di controllo anche attraverso l’utilizzo di sistemi informativi, introdurre l’accertamento con adesione, attribuire compensi incentivanti al personale addetto agli uffici tributari comunali, razionalizzare le modalità di esecuzione dei versamenti.

TRIBUTI ERARIALI MINORI: imposta di registro, imposta di successione e imposta di bollo.

L’imposta di registro: è un imposta che si applica all’attività giuridica, colpisce gli atti giuridici (ad esempio gli atti di compravendita, gli atti dichiarativi, gli atti con o senza un contenuto patrimoniale) tranne quelli “mortis causa”.Il legislatore distingue:

- registrazione obbligatoria, relativa agli atti che devono necessariamente essere presentati per la registrazione la registrazione, a seconda del momento in cui sorge l’obbligo, può essere a termine fisso, entro una data fissa che decorre dalla stipulazione dell’atto, o in caso d’uso, cioè nel momento in cui l’atto viene depositato;

- registrazione volontaria, che è richiesta spontaneamente 8per dare prova dell’atto).

L’imposta di registro è una via di mezzo tra imposta e tassa: imposta perché la capacità contributiva si manifesta nella ricchezza consacrata dall’atto; tassa perché la registrazione legale degli atti è un servizio, in quanto ne attesta la legale esistenza, e perché può essere richiesta dal soggetto, e non sempre è un obbligo.L’imposta di registro si applica in misura proporzionale o in misura fissa: l’imposta è fissa se l’atto è soggetto a iva; è proporzionale se si applica sul valore espresso dell’atto, con aliquote che vanno dall’1% (per gli atti dichiarativi) al 15% (per gli atti traslativi).Ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro non si guarda alla forma apparente (cioè a ciò che le parti dichiarano o vogliono far apparire), ma agli effetti giuridici dell’atto.

Page 59: Diritto Tributario Riassunti

L’imposta di successione: era stata abolita nel 2001, ed è stata reintrodotta nel 2006. Colpisce i trasferimenti “mortis causa”. Einaudi criticava quest’imposta dicendo che “non si può tassare la morte”, in realtà viene tassata la ricchezza. E’ un’imposta progressiva, con aliquote crescenti. Vi è una doppia progressività: una legata al valore dell’asse ereditaria e una legata al grado di parentela (più sarà vicino e minore sarà l’imposta).

L’imposta di bollo: sono soggetti a tale imposta “gli atti, i documenti (per il solo fatto che esistono) e i registri (in caso s’uso) indicati nell’annessa tariffa”. L'imposta non si applica agli atti legislativi e, se non espressamente previsti nella tariffa, agli atti amministrativi dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e loro consorzi.L'imposta di bollo può essere fissa o proporzionale. Per gli atti, documenti e registri soggetti a bollo solo in caso d'uso l'imposta è dovuta nella misura vigente al momento in cui se ne fa uso.

a) L'imposta di bollo si corrisponde secondo le indicazioni della tariffa allegata:in modo ordinario: mediante carta filigranata e bollata;

b) in modo straordinario: mediante marca da bollo, visto per bollo o bollo a punzone;

c) in modo virtuale: mediante versamento dell’imposta all’ufficio del registro o ad altri uffici autorizzati, senza materiale apposizione di bollo o di visto per bollo.

Nei primi due casi il pagamento è indirizzato ad un intermediario convenzionato con l’Agenzia delle Entrate, che, con modalità telematiche, rilascia l’apposito contrassegno.