Riassunti SCOCA - Giustizia Amministrativa

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72 PARTE 1 LA GENESI DEL SISTEMA DELLE TUTELE NEI CONFRONTI DELLA P.A. CAPITOLO 1: LA FORMAZIONE DEL SISTEMA Sezione prima: La scelta giurisdizionale 1. L’abolizione dei Tribunali ordinari del contenzioso amministrativo Nel 1861, con l’Unità d’Italia, il Parlamento unificò la legislazione amministrativa, per dare maggiore tutela ai cittadini nei confronti della PA. Prima dell’Unità d’Italia (1861) la tutela dei cittadini era affidata al CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO (sul modello del sistema francese), non essendo ancora concepibile che l’amministrazione potesse essere portata davanti ad un giudice da un singolo cittadino. I tribunali del contenzioso amministrativo erano organi collegiali con natura amministrativa, con prerogative di minima indipendenza perché sotto la diretta direzione dell’esecutivo. Tuttavia in Europa già la Costituzione Belga del 1831 aveva proposto un modello alternativo: le controversie con l’amministrazione erano devolute al giudice ordinario. Sulla base di un nuovo modello che prendeva il nome di costituzionalismo liberale, si chiedeva l’abolizione del contenzioso e l’affermazione di una giurisdizione unica. Successivamente alla terza guerra di indipendenza contro l’Impero austro-ungarico, fu promulgata la L. 2248/1865 di UNIFICAZIONE AMMINISTRATIVA. Allegato D: disciplinava il Consiglio di Stato Allegato E: si occupava del contenzioso amministrativo: Art.1: abolizione dei tribunali ordinari del contenzioso amministrativo Art.2: tutte le cause per le contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si facesse questione di un diritto civile e politico, erano deferite al giudice ordinario Nell’espressione “diritto civile e politico” erano ricompresi tutti i diritti soggetti vantati dai cittadini nei confronti della PA 2. I tratti essenziali della riforma del 1865 Art.4: il giudice non poteva annullare i provvedimenti amministrativi, ma eventualmente solo disapplicarli. Vi era inoltre l’obbligo per l’amministrazione di conformarsi alla decisione giurisdizionale (ma all’inizio non vi era comunque alcuna sanzione in caso di inosservanza). Tuttavia tale riforma si riferiva solo a diritti soggettivi: fuori dall’ambito di applicazione della giurisdizione, erano rimaste dunque molto controversie. Inoltre con l’abolizione dei tribunali del contenzioso amministrativo, tali controversie erano risolte solo con ricorsi amministrativi o con ricorso straordinario al re.

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PARTE 1LA GENESI DEL SISTEMA DELLE TUTELE NEI CONFRONTI DELLA P.A.

CAPITOLO 1:LA FORMAZIONE DEL SISTEMA

Sezione prima: La scelta giurisdizionale

1. L’abolizione dei Tribunali ordinari del contenzioso amministrativoNel 1861, con l’Unità d’Italia, il Parlamento unificò la legislazione amministrativa, per dare maggiore tutela ai cittadini nei confronti della PA. Prima dell’Unità d’Italia (1861) la tutela dei cittadini era affidata al CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO (sul modello del sistema francese), non essendo ancora concepibile che l’amministrazione potesse essere portata davanti ad un giudice da un singolo cittadino. I tribunali del contenzioso amministrativo erano organi collegiali con natura amministrativa, con prerogative di minima indipendenza perché sotto la diretta direzione dell’esecutivo. Tuttavia in Europa già la Costituzione Belga del 1831 aveva proposto un modello alternativo: le controversie con l’amministrazione erano devolute al giudice ordinario. Sulla base di un nuovo modello che prendeva il nome di costituzionalismo liberale, si chiedeva l’abolizione del contenzioso e l’affermazione di una giurisdizione unica.Successivamente alla terza guerra di indipendenza contro l’Impero austro-ungarico, fu promulgata la L. 2248/1865 di UNIFICAZIONE AMMINISTRATIVA.Allegato D: disciplinava il Consiglio di StatoAllegato E: si occupava del contenzioso amministrativo:Art.1: abolizione dei tribunali ordinari del contenzioso amministrativoArt.2: tutte le cause per le contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si facesse questione di un diritto civile e politico, erano deferite al giudice ordinarioNell’espressione “diritto civile e politico” erano ricompresi tutti i diritti soggetti vantati dai cittadini nei confronti della PA

2. I tratti essenziali della riforma del 1865Art.4: il giudice non poteva annullare i provvedimenti amministrativi, ma eventualmente solo disapplicarli. Vi era inoltre l’obbligo per l’amministrazione di conformarsi alla decisione giurisdizionale (ma all’inizio non vi era comunque alcuna sanzione in caso di inosservanza).Tuttavia tale riforma si riferiva solo a diritti soggettivi: fuori dall’ambito di applicazione della giurisdizione, erano rimaste dunque molto controversie.Inoltre con l’abolizione dei tribunali del contenzioso amministrativo, tali controversie erano risolte solo con ricorsi amministrativi o con ricorso straordinario al re.

3. L’attuazione della riformaTale riforma si rivelò però insufficiente:Il giudice orinario non era preparato a risolvere controversie amministrative, e per questo motivo il consiglio di Stato restrinse l’ambito giurisdizionale del giudice ordinario qualora la controversia riguardasse i poteri discrezionali della PA, circa i quali non vi erano diritti soggettivi ma solo interessi legittimi, ed era esclusa la competenza del giudice ordinario (interpretazione però errata!)

4. Il quadro teoricoLa tutela dei cittadini era limitata al caso in cui la PA agiva in violazione di leggi civili e politiche, ma non amministrative. Si riteneva infatti che se la legge amministrativa aveva dato dei poteri alla PA, necessariamente era esclusa l’attribuzione dei medesimi diritti ai cittadini. Se questi non potevano vantare diritti, di conseguenza non potevano ottenere tutela giurisdizionale.

5. Il movimento per la “giustizia dell’amministrazione”Si fece così largo la prospettiva di una riforma, soprattutto in seguito alla caduta del governo della destra, durato ininterrottamente dall’unità d’Italia.

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L’allontanamento dal Governo portò ad una rinnovata attenzione al problema della tutela verso la pubblica amministrazione, tanto che nei programmi politici si determinò un movimento per la “giustizia dell’amministrazione”, che aveva il fine di porre un freno ai favoritismi e alle parzialità, tutelando maggiormente i cittadini davanti alla pubblica amministrazione.

Sezione seconda: La giustizia dell’amministrazione

1.La legge Crispi del 1889Nel 1876 cadde il Governo di destra e subentrò la sinistra di Crispi. La L.5992/1889 modificò il Consiglio di Stato, istituendo la IV sezione per la giustizia amministrativa.A tale sezione si poteva far ricorso per impugnare atti o provvedimenti per far valere dei vizi di legittimità (incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere), a tutela di interessi individuali diversi dai diritti soggettivi.Vi era inoltre l’obbligo per l’amministrazione di conformarsi al giudicato del giudice ordinario.Si passa dunque da un sistema monistico (un solo giudice) ad uno dualistico.

2. La cognizione e i poteri della Quarta SezioneCiò non portò tuttavia alla pienezza della tutela, perché i mezzi di tutela non erano cumulabili. Se si trattava di un diritto soggettivo, si effettuava un’azione di accertamento e condanna al pagamento di una somma di denaro, se invece era un interesse legittimo si procedeva all’azione di annullamento.L’obiettivo della pienezza della tutela non era stato ancora centrato.

3. Il problema della natura giuridica. Il tentativo della doppia tutelaLa legge del 1889 non usa mai i termini “giurisdizione” e “sentenza”, ma “competenza” e “decisione”: per il legislatore dell’epoca, il controllo sull’attività amministrativa poteva essere effettuato solo da un organo appartenente all’amministrazione stessa.Per conciliare il carattere amministrativo della Quarta Sezione con quello giurisdizionale della sua funzione, si parlò di controllo giurisdizionale dentro la stessa PA contro l’abuso dei suoi organi (così definito dalle Sezioni Unite della Cassazione romana).Si aprì però a questo punto un dibattito dottrinale sulla possibilità di assicurare ai diritti soggettivi sia la tutela risarcitoria già accordata al giudice ordinario, che quella di annullamento affidata al giudice amministrativo, auspicando così di arrivare alla tanto desiderata doppia tutela.Il problema della natura giuridica. Il tentativo della doppia tutela

- Il riconoscimento della natura giurisdizionale (in senso proprio) della quarta sezione fu opera delle sezioni Unite della Cassazione Romana, sulla base della legge 1877sui conflitti e della stessa legge del 1889. Questo permise alle sezioni unite di fissare il criterio di riparto tra giurisdizione del giudice ordinario e competenza della quarta sezione sulla causa petendi (titolo per il quale si agisce in giudizio), ma soprattutto le permise di trasformare la quarta sezione da organo amministrativo ad organo giurisdizionale.

- In base alla legge del 1877, alle sezioni unite spettava di:1. regolare la competenza tra l’autorità giudiziaria e l’autorità amministrativa quando l’una o l’altra sian

dichiarate incompetenti - decidere quindi i conflitti negativi di attribuzione;2. giudicare i conflitti di giurisdizione positivi o negativi fra i tribunali ordinari ed altre giurisdizioni speciali,

nonché della nullità delle sentenze di queste giurisdizioni per incompetenza od eccesso di potere – ossia di decidere i conflitti di giurisdizione, positivi e negativi.

4. La legge e il regolamento del 1907Tale giurisdizione doveva dunque avere carattere oggettivo, in quanto solo così poteva superarsi il binomio diritto soggettivo-tutela giurisdizionale.Veniva così alla luce l’esigenza di individuare una forma di interesse, che non fosse mero interesse semplice (privo di rilievo giuridico), ma che non fosse nemmeno diritto soggettivo: si iniziò a parlare dunque di interesse legittimo, in rapporto occasionale con un diritto obiettivo. La Quarta Sezione si spostò sempre più verso un modello di processo di diritto oggettivo, e la dottrina iniziò ad approfondire il concetto di interesse legittimo: si enfatizzò in questo modo il carattere davvero giurisdizionale della Quarta Sezione, e il carattere soggettivo del processo che si svolgeva dinanzi al essa.

5. L’introduzione della giurisdizione esclusiva e altre riforme prima della Costituzione

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Tuttavia la nuova impostazione non si dimostrò esauriente: molti problemi ancora non erano risolti, come quello relativo al criterio di riparto, o dell’estrema difficoltà di ottenere tutela nel caso di inerzia della PA. Nel 1923 si rese promiscua la competenza della Quarta e della Quinta Sezione, si consentì al Consiglio di Stato di decidere in via incidentale anche questioni concernenti diritti soggettivi (tranne stato e capacità), e si creò la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.Si individuarono cioè delle materie attribuite all’esclusiva giurisdizione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (come il rapporto di pubblico impiego). Si creò inoltre un secondo criterio di riparto delle giurisdizioni, speciale, fondato sulle materie, rispetto al criterio generale fondato sulle situazioni giuridiche soggettive: con tale criterio si rinunciava al principio del 1865, secondo il quale per la tutela dei diritti soggettivi provvedeva solo il giudice ordinario.Con la legge del 1923 si creò un secondo criterio di riparto delle giurisdizioni, fondato sulle materie, rispetto al criterio generale, fondato sulle situazioni giuridiche soggettive. La legge del 1923 si limitò a creare la giurisdizione esclusiva ma non dettò una disciplina propria del processo relativo; cosicchè la tutela dei diritti soggettivi fu compressa nello stretto ambito del processo amministrativo. La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha eliminato qualche grave strozzatura:

o Ha consentito la proposizione del ricorso entro i termini di prescrizione, anziché entro i termini di decadenza, quando la controversia attiene ai diritti soggettivi;

o Ma non ha mai intrapreso la strada della costruzione in via pretoria di un processo adeguato alla tutela congiunta delle situazioni di diritto e di interesse legittimo, ossia un processo di giurisdizione eclusiva; ne è la conferma la differenziazione dei termini per la proposizione del ricorso a seconda che vengano impugnati atti paritetici (lesivi di diritti) o atti autoritativi (lesivi di interessi legittimi).

CAPITOLO 2L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA

Sezione prima: L’impatto costituzionale

1. La “costituzionalizzazione” del sistemaCon D.L. del 1948 venne istituita la VI sezione e poco dopo, con l’entrata in vigore della Costituzione:- Fu affermato il sistema dualistico- Venne affermato il divieto di istituzione dei giudici speciali- Si richiese l’istituzione dei TAR (attuata poi negli anni ’70)- Viene sancita la doppia vocazione funzionale di entrambi: il CdS resta organo di consulenza giuridico-

amministrativa e di tutela di giustizia nell’amministrazione; la Corte dei Conti è contemporaneamente organo di controllo e organo di giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge.

- I magistrati di entrambi gli istituti vengono considerati giudici delle giurisdizioni speciali, in quanto si collocano fuori dell’ordine giudiziario.

- Per quanto attiene ai giudici amministrativi, la Costituzione prescrive la istituzione di organi si giustizia amministrativa di primo grado; tale prescrizione sarà attuata solo negli anni 70, con la istituzione dei Tribunali amministrativi regionali.

2. Le “aperture” costituzionaliArt.24: fu riconosciuta a tutti la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri interessi legittimi e dei diritti soggettivi.Diritto alla difesa in ogni stato e grado del giudizio.La tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti (art.113).- Nella Parte Prima della Cost., viene riconosciuto a tutti la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri

diritti e interessi legittimi (art.24, comma 1); nonché il diritto inviolabile alla difesa in ogni stato e grado del procedimento (art.24, comma 2).

- Viene ribadito che contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi (art.113, comma 1).

- Gli interessi legittimi vengono accostati ai diritti soggettivi.- Il riconoscimento dell’interesse legittimo sancisce definitivamente il carattere di processo di diritto soggettivo

e di processo di parti che il processo amministrativo aveva da tempo acquisito; inoltre apre la strada all’affermazione della risarcibilità delle lesioni inferte dall’amministrazione all’interesse legittimo.

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- Il testo costituzionale riafferma la generalità della tutela nei confronti dell’amministrazione: vengono meno, pertanto, sia le limitazioni connesse con la impugnabilità di alcune categorie di atti (gli atti politici ne sono l’esempio più rilevante) sia quelle derivanti dalla esclusione della sindacabilità degli atti sotto alcuni profili (di solito sotto il profilo dell’eccesso di potere).

- La Costituzione ha voluto assicurare, oltre alla generalità, anche la pienezza della tutela giurisdizionale. Il che comporta che, nelle controversie con l’amministrazione, devono poter essere esperibili tutte le azioni che, in via generale, sono esperibili nelle controversie tra privati.

3. L’opera della Corte costituzionale- Nei decenni precedenti la nuova Costituzione, il panorama dei giudici speciali si era andato arricchendo di

numerose figure.- L’inerzia del legislatore ha spinto la Corte costituzionale ad eliminare molti dei tali giudici speciali, quali: i

Consigli di Prefettura, le Giunte Provinciali amministrative, i Capitani di porto.- Indicativa è la vicenda del contenzioso elettorale amministrativo: per antica tradizione i ricorsi elettorali

venivano decisi rispettivamente dai consigli comunali e provinciali; la Corte costituzionale dichiarò costituzionalmente illegittime le norme che disciplinavano il contenzioso, senza che fossero garantite l‘indipendenza e l’imparzialità dell’organo giudicante. Il legislatore ritenne di risolvere il problema, istituendo le Sezioni del contenzioso elettorale, come Sezioni speciali degli istituendi Tribunali amministrativi regionali, composte da due funzionari statali e da tre membri eletti dai consigli regionali o provinciali.

- La Corte costituzionale ha contribuito a far nascere i giudici parlamentari.- La Corte costituzionale si è occupata, in una seconda stagione, della disciplina del processo amministrativo:

o È più volte intervenuta sulla tutela cautelare;o Ha riconosciuto valore costituzionale alla regola del doppio grado di giudizio;o Ha stigmatizzato il sistema probatorio, ma soltanto con riferimento al processo di pubblico impiego;o Ha introdotto l’opposizione di terzo ordinaria; o Ha sottolineato l’importanza e le implicazioni del rispetto del principio del contraddittorio;o Ha individuato rigorosi limiti alla espansione della giurisdizione esclusiva.

4. La istituzione dei Tribunali amministrativi regionaliL'articolo 125 Cost. venne attuato tardivamente con legge 6 dicembre 1971, n. 1034, che istituì i Tar quali organi di giustizia amministrativa di primo grado, con circoscrizione regionale. L'istituzione di organi di primo grado era stata resa urgente dalla dichiarazione di incostituzionalità delle giunte provinciali amministrative, che fungevano da organi di giustizia amministrativa di primo grado con giurisdizione limitata. I nuovi tribunali hanno invece giurisdizione corrispondente a quella del Consiglio di Stato, ormai diventato giudice d'appello. L'unico caso di giurisdizione in un unico grado del Consiglio di Stato riguarda il ricorso per ottemperanza alle decisioni dello stesso Consiglio di Stato e alle sentenze del giudice ordinario quando l'autorità amministrativa chiamata a conformarsi sia un ente la cui attività non sia ristretta esclusivamente nei limiti della circoscrizione del Tar. Inizialmente venne riservata la presidenza dei Tar ai consiglieri di Stato, e venne creato il ruolo dei magistrati amministrativi regionali separato; successivamente la presidenza dei tribunali è stata estesa a magistrati amministrativi regionali, inseriti in un unico grado insieme a quelli del Consiglio di Stato. Nel 1982 è stato istituito il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, con le medesime funzioni che il consiglio superiore della magistratura svolge per i magistrati ordinari. Il presidente è nominato con decreto del presidente della repubblica, su proposta del presidente del Consiglio dei Ministri; il consiglio di presidenza ha solo la possibilità di fornire un parere non vincolante. La legge del 1971 sui Tar, quando possibile, ha ripetuto letteralmente le formule del testo unico sul Consiglio di Stato, per non far percorrere agli appena istituiti Tar vie giurisprudenziali diverse da quelle del Consiglio di Stato. Nonostante questo però i Tar hanno fornito un contributo di innovazione rispetto alla tradizionale giurisprudenza amministrativa.

5. Le novità della legge del 1971 e la riforma dei ricorsi amministrativiLa legge del 1971 ha provato a dettare una disciplina processuale che potesse fornire una guida per i nuovi organi giudicanti, apportando innovazioni effettive soprattutto sulla giurisdizione. sono state attribuite ai giudici amministrativi le controversie in materia di operazioni elettorali relative alle elezioni amministrative, ed è stata estesa la giurisdizione esclusiva ai ricorsi relativi ai rapporti di concessione di beni e di servizi pubblici. Relativamente alla giurisdizione esclusiva, nella materia relativa ai diritti, il giudice amministrativo può condannare l'amministrazione al pagamento di somme di cui risulta di debitrice. Altra innovazione riguarda l'appello, in coerenza con il principio del doppio grado, l'appello è stato disegnato secondo lo schema del gravame e non secondo quello di impugnazione in senso stretto. Il giudice d'appello ha la stessa cognizione del primo giudice: il gravame infatti impugnazione illimitata con effetto devolutivo. altra grande innovazione riguarda

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l'impugnabilità dei provvedimenti non definitivi, consentendo l'esercizio dell'azione giurisdizionale a prescindere dalla previa impugnazione dei provvedimenti con ricorso amministrativo. Nonostante le grandi innovazioni però la legge del 1971 non ha dato luogo ad una riconsiderazione globale e sistematica dei mezzi di tutela, né ha introdotto una disciplina processuale esauriente.

Sezione seconda: Verso il sistema attuale

1. L’opera della giurisprudenzaIl Consiglio di Stato, nel periodo in cui è stato giudice unico, ha esercitato la sua giurisprudenza per chiarire ed integrare la lacunosa disciplina processuale. L’entrata in scena dei Tar ha sollecitato una grande ripresa di tale giurisprudenza, essendo il Consiglio di Stato unico giudice con funzione di nomofilachia. Si è dunque è allargata la legittimazione ad agire e il riconoscimento dell’impugnabilità di taluni atti, inizialmente ritenuti non impugnabili, ed è stato ritenuto che il giudice amministrativo possa disapplicare i regolamenti. grande evoluzione si è avuta in tema di processo cautelare, dove si è affermato il carattere decisionale delle ordinanze sospensive e si è consentito l'appello, nonché un metodo per garantire che tali ordinanze fossero effettivamente eseguite dall'amministrazione; è stata estesa la tutela cautelare contro i provvedimenti negativi ed è stato affermato che i diritti soggettivi, anche se relativi e di natura patrimoniale, possono ottenere piena ed effettiva tutela giurisdizionale, anche d'urgenza, da parte dei giudici amministrativi. È stata inoltre riscritta la disciplina del processo di ottemperanza, sottolineando il suo carattere giurisdizionale, la struttura contenziosa, la natura cognitoria e la funzione non semplicemente esecutiva. prima è stata negata, poi affermata, la necessità che la sentenza da ottemperare fosse passata in giudicato, e dopo primo atteggiamento negativo è stata riconosciuta l'appellabilità delle sentenze di ottemperanza. Per il silenzio invece la giurisprudenza ha continuato ad oscillare tra la sua individuazione come oggetto del giudizio e la sua considerazione come semplice presupposto processuale. L'azione risarcitoria invece, introdotta con una sentenza delle sezioni unite della cassazione nel 1999, è stata poi espressamente prevista per legge, ritenendo che fosse ammissibile solo se tempestivamente impugnato il provvedimento illegittimo e lesivo. È stato poi chiarito che in appello è ammissibile l'integrazione del contraddittorio, che la rinuncia ricorso estingue processo solo a seguito della presa d'atto da parte del giudice e che l'eccezione di prescrizione di crediti nei confronti dell'amministrazione può essere sollevata solo nel primo grado di giudizio.La giurisprudenza non ha fatto altro cioè che precisare da disciplina processuale, puntando verso l'obiettivo dell'effettività della tutela giurisdizionale.

2. Nuovi fermenti in tema di giurisdizione e processoSul piano legislativo dal 1971 alla fine degli anni 90 si sono avuti solo interventi episodici, anche se la dottrina ha più volte richiesto una riforma complessiva. Gli interventi legislativi hanno aumentato le materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e hanno ricercato, per le controversie delicate, forme processuali semplificate o riti accelerati. l'allargamento della giurisdizione esclusiva è proseguito in materia edilizia, per gli accordi amministrativi, per la concorrenza, per i provvedimenti dell'autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità e dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni: in tal modo si è ampliato il riparto della giurisdizione e di conseguenza il criterio fondato sulle materie anziché sulle situazioni giuridiche soggettive. Nel 1998 sono state devolute al giudice ordinario tutte le controversie relative al rapporto di lavoro con gli enti pubblici, mentre le materie dei servizi pubblici, edilizia ed urbanistica sono state devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Nel 2000 sono state devolute alla giurisdizione esclusiva anche le controversie relative alle procedure di affidamento di lavori, e di servizio di forniture. Il legislatore si è anche preoccupato di stringere i tempi processuali, ampliando il campo di azione dei riti accelerati. Forme speciali o termini abbreviati sono stati poi applicati per il contenzioso elettorale, per le controversie in materia di sciopero nei servizi pubblici essenziali, per i provvedimenti di espulsione degli stranieri, per il diritto di accesso agli atti amministrativi, in tema di parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali, nei confronti del silenzio dell'amministrazione.

3. La legge n. 205/2000L’intervento legislativo più recente e più importante è dato con legge 21 luglio 2000, n. 205, risultato di un'elaborazione parlamentare incompleta a causa della fretta determinata dalla sentenza della corte costituzionale 17 luglio 2000, n. 292, che ha dichiarato illegittimo per eccesso di delega l'articolo 33 del decreto legislativo n. 80/1998. La fretta si evince dal disordine delle disposizioni, dalle inutili ripetizioni e dalla frequente

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non coordinazione. Per il processo sono state dettate delle norme di razionalizzazione, come quella che prescrive di raccogliere insieme i motivi aggiunti. È stato introdotto un rapido processo avverso il silenzio, per quanto riguarda i riti speciali, e sono state introdotte più discipline processuali speciali, caratterizzate dalla riduzione della durata del processo. Per quanto riguarda la giurisdizione esclusiva sono state allargati i poteri istruttori e decisori del giudice e si è reso uniforme un modello processuale prima assai variegato. Sono stati integrati anche i poteri del giudice amministrativo, che ora in sede di legittimità e in sede di giurisdizione esclusiva, può conoscere anche dell'azione risarcitoria.sicuramente però, nonostante le critiche, con la L.25/2000 il processo amministrativo è stato molto velocizzato e reso efficace.

4. Risultati raggiunti e obiettivi mancatiSe si rivaluta complessivamente l'evoluzione, si nota che i vizi presenti all'origine nel sistema non sono stati risolti: le leggi fondamentali in tale ambito sono tra loro diverse e non riescono ad armonizzarsi. Il legislatore non ha avuto la volontà di intervenire sulla disciplina in modo organico e sistematico, o di colmare le numerose gravi lacune. la dottrina ha sempre auspicato l'adozione di un testo completo ed esauriente, in linea con le disposizioni costituzionali, ancora non del tutto attuate. Sono stati effettuati dei tentativi per porre rimedio a tale situazione, ma nessuna di queste è andata a buon fine. La disciplina è rimasta quindi non organica e incompleta.

5. Il dibattito attualeNegli ultimi tempi, anche a seguito dei lavori della commissione bicamerale, è stato riavviato il dibattito sul principio della unitarietà della giurisdizione e sull'architettura stessa della magistratura, ancora non chiara e soddisfacente.secondo l'interpretazione più comune della costituzione, la magistratura si articolano in ordine giudiziario ed in altri corpi che svolgono anch'essi funzioni giurisdizionali: i giudici speciali. In dottrina stesso ritorna l'aspirazione alla ricomposizione unitaria del sistema giudiziale, fortemente sostenuto in assemblea costituente dal Calamandrei.comunque interpretato, il sistema appare però difettoso: controllo sulla giurisdizione dei singoli giudici è affidato ad uno di essi, e manca un organo giudiziario con funzione generale di nomofilachia.l'architettura difettosa è emersa anche ultimamente con la dichiarazioni di incostituzionalità della composizione dei tribunali regionali delle acque. Il dibattito attuale verte anche sul riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo. Il criterio originario fondato sulle situazioni soggettive è stato pian piano soppiantato da altri criteri, primo tra tutti quello per materia. Altro tema di forte attualità tiene alla misura della sindacabilità delle scelte di discrezionalità tecnica effettuate dall'amministrazione: c'è chi ritiene che nel processo amministrativo possa essere sindacata ogni scelta tecnica, e c'è chi punta verso un sindacato più limitato. Il problema di fondo rimane comunque legato alla mancanza di una disciplina dei processi nei confronti dell'amministrazione.

6. Le ultime iniziative legislativeIl legislatore si è occupato di nuovo di riformare la tutela nei confronti della pubblica amministrazione, con due deleghe emanate nel 2009. La prima delega il governo a determinare i mezzi di tutela giurisdizionale a disposizione di qualsiasi interessato: si tratta di un ricorso per l'efficienza degli apparati pubblici. La legittimazione a ricorrere dovrà essere estesa alle associazioni ed ai comitati; il giudice può ordinare all'amministrazione di adottare le misure idonee per risolvere le violazioni, omissioni o mancati adempimenti: non sembra messo il risarcimento del danno (ma ciò sarebbe contrario alla previsione costituzionale della pienezza della tutela).tale azione è vista non solo come mezzo di tutela del cittadino, ma anche come strumento di pressione sugli apparati pubblici per garantire la loro efficienza.La seconda delega è più importante e riguarda il riassetto della disciplina del processo amministrativo, per assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, per disciplinare le azioni e le funzioni del giudice, per rivedere e razionalizzare i riti speciali e le norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, per riordinare la tutela cautelare e il sistema delle impugnazioni.il governo per attuare la delega ha voluto valersi del Consiglio di Stato, presso il quale è stata istituita un'apposita commissione. La disciplina delegata deve essere emanata entro un anno, ossia entro l'inizio di luglio 2010, data storica perché porterà sicuramente ad una tanto auspicata disciplina organica del processo amministrativo.

PARTE 2I GIUDICI E LA LORO ORGANIZZAZIONI

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CAPITOLO 1IL GIUDICE AMMINISTRATIVO

1. Il Consiglio di Stato e la sua composizione

- È definito come organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione.

- Assoluta indipendenza dell’Istituto e dei suoi componenti di fronte al Governo, pur costituendo il Consiglio di Stato un organo ausiliario di esso.

- Le funzioni giurisdizionali sono assegnate a tre Sezioni (in seguito istituite altre 3, la quarta nel 1889, la quinta nel 1907, la sesta nel 1948).

- Il Consiglio di Stato è composto da organi permanenti (Presidente, le Sezioni, L’Adunanza Generale, l’Adunanza Plenaria) e da organi temporanei o straordinari (commissioni speciali).

- Presidente è nominato con decreto del Capo dello Stato, su proposta del presidente del Consiglio, previa delibera del Consiglio dei Ministri, sulla scorta del parere formulato dal Consiglio di Presidenza del Consiglio di Stato, fra i magistrati amministrativi che abbiano esercitato, per almeno 5 anni, funzioni direttive.

Compiti del Presidente

Istituzionale:

o potere di convocare e presiedere le riunioni dell’Adunanza Plenaria, dell’Adunanza Generale e di quelle Sezioni in cui il Presidente intende intervenire;

o stabilisce la composizione delle Sezioni consultive e giurisdizionali ed assegna i ricorsi/pareri alle singole Sezioni;

o presiede le riunioni del Consiglio di Presidenza e nomina l’ufficio elettorale per la scelta degli altri componenti dei Consiglio.

Amministrativo:

o adotta tutti i provvedimenti relativi ai magistrati ed ai funzionari delle segreterie, mentre ha uno specifico potere di proposta in tali materie al Pres. del Consiglio dei Ministri e, tramite quest’ultimo, al Capo dello Stato.

o Esercita il potere di vigilanza su tutti gli uffici del Consiglio di Stato e sui magistrati, ed è titolare dell’azione disciplinare.

Il presidente è coadiuvato, nell’esercizio delle sue funzioni, da un segretario generale, scelto tra i consiglieri di Stato.

- Adunanza Generale del Consiglio di Stato Organo collegiale con funzioni unicamente consultive.

È composta dal presidente del CdS che la presiede e da tutti i consiglieri in servizio.

Ha competenza in materia di pareri sui progetti di legge, testi unici, regolamenti e per le questioni, di rilevanza generale o di massima, sulle quali il presidente, le singole Sezioni ritengano necessario un pronunciamento dell’organo in parola.

Il presidente del CdS può formare, per quanto concerne l’attività di natura consultiva, commissioni speciali, qualora la questione da risolvere non sia riconducibile ad una Sezione consultiva ordinaria.

- Adunanza Plenaria Funzioni esclusivamente giurisdizionali.

È composta dal presidente del CdS e da dodici consiglieri (4 per ogni Sezione giurisdizionale).

Finalità e funzioni:

o Possibilità, su richiesta delle parti o d’ufficio, di investire l’Adunanza Plenaria ad opera della Sezione che ritenga necessario un pronunciamento su un punto di diritto che ha dato luogo o possa dar luogo a contrasti giurisprudenziali;

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o Deferimento del Presidente, sempre su richiesta delle parti o d’ufficio, allo scopo di rimettere il ricorso all’Adunanza Plenaria per la “risoluzione di questioni di particolare importanza”.

- Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione siciliana Ha funzioni di giudice di appello avverso le pronunce di primo grado del TAR Sicilia, nonché funzioni di natura consultiva, quale organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo regionale.

2. I Tribunali amministrativi regionali e la loro composizione- Con la legge 1034/1971, è stata data completa attuazione all’art. 125 Cost., comma 2, laddove si afferma

che “Nella regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado secondo l’ordinamento stabilito dalla legge della Repubblica”.

- In ogni capoluogo di regione è stato istituito un Tribunale amministrativo regionale, articolato in un'unica Sezione.

- La legge individua, inoltre, le regioni presso le quali è possibile attivare le Sezioni distaccate; ad esempio il TAR Lazio, articolato in 3 sezioni interne, ed una sezione distaccata, quella di Latina.

- Composizione: ogni TAR è formato da:o Presidente;o Consiglieri (nominati a tempo indeterminato all’esito del superamento di un concorso pubblico);o Primi referendari e secondi referendari.

- Spetta al Presidente o dirigere i lavori della Prima Sezione, laddove il Tribunale si articoli in più sezioni;o predisporre il calendario delle udienze e la ripartizione delle cause; o nonché stabilire la composizione dei collegi giudicanti sulla base dei criteri individuati dal Consiglio di

Presidenza.- Un rilievo particolare merita la regione Trentino-Alto Adige, nella quale esercitano le funzioni di giustizia

amministrativa di primo grado il TAR Trentino Alto Adige, ed una Sezione distaccata con ordinamento speciale, con sede a Bolzano, che può considerarsi un vero e proprio Tribunale autonomo, al punto che i relativi conflitti di competenza con il TAR Trentino vengono risolti dal CdS.

3. I magistrati amministrativi e la loro organizzazioneSono previste modalità di reclutamento distinte tra i giudici dei TAR e quelli del Consiglio di Stato. Nel primo caso, l’accesso alla qualifica di “referendario” (primo livello di carriera) è subordinato ad un concorso pubblico per titoli ed esami, per soggetti titolari di determinati requisiti. Dopo 4 anni di anzianità si può conseguire la nomina a primo referendario.Per la nomina e Consigliere di Stato i posti vacanti vengono ricoperti in base a tale criteri:Per metà sono riservati a consiglieri dei TAR con 4 anni di servizio che ne facciano domanda¼ nominati dal Governo tra professori di materie giuridiche, avvocati abilitati alle magistrature superiori con 15 anni di anzianità, oppure tra dirigenti generali e equiparati dei ministeri, degli organi costituzionali o di altre PAGaranzia dell’inamovibilità (mantenimento sede e funzioni assegnate).L’autogoverno dei giudici amministrativi è affidato al Consiglio di Presidenza, composto da 11 magistrati amministrativi di cui uno di diritto (Presidente del Consiglio di Stato) e 10 rappresentanti elettivi scelti da collegi elettivi dei magistrati TAR.Competenze: adozione di tutti i provvedimenti in materia di assunzione, assegnazioni di sede e di funzioni, promozioni, conferimenti di uffici e direttivi ed ogni altro profilo connesso allo status giuridico dei magistrati.

CAPITOLO 2GLI ALTRI GIUDICI DELLE CONTROVERSIE CON L’AMMINISTRAZIONE

1. Il giudice ordinario: cenniquesti incontra 2 limiti: da un lato spettano a tale giudice le controversie aventi ad oggetto la tutela di diritti soggettivi (limite esterno); dall’altro a tale giudice non è consentita l’emanazione di sentenze costitutive nei confronti di atti amministrativi (limite interno).Conseguente al divieto di annullamento, il giudice ordinario ha potere di disapplicazione, con sindacato su ogni tipo di vizio, anche l’eccesso di potere.Lo stesso legislatore nel tempo ha delineato ipotesi in cui i limiti non trovano applicazione (in questi casi il giudice ordinario ha piena giurisdizione) e ha potere di annullare, sospendere o riformare l’atto amministrativo.

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Per l’esecuzione del giudice ordinario può esperirsi il giudizio d’ottemperanza; per l’esecuzione forzata invece si seguono le regole del c.p.c.

2. Gli altri giudici specialia) Il giudice contabile:si tratta della Corte dei Conti, che ha funzione giurisdizionale nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge (art.103 Cost.).Rientrano nella giurisdizione contabile i giudizi di responsabilità amministrativa e contabile dei pubblici funzionari, il contenzioso pensionistico, i giudizi di conto, i giudizi a istanza di parte in materia contabile.Ha giurisdizione piena, non sottoposta ad alcun limite circa l’accertamento di atti, fatti e comportamenti; esercita un sindacato esclusivo (sia per diritti soggettivi che interessi legittimi) e sindacatorio (può estendere il processo anche ad altri soggetti non chiamati a parteciparvi).È organizzata in sezioni regionali (a seguito del decentramento della giurisdizione contabile) e presso ognuna opera un procuratore regionale con funzione di p.m., mentre a livello centrale tale funzione è svolta dal procuratore generale.Funzioni: controllo, in sede giurisdizionale, dei conti periodicamente resi da coloro che gestiscono denaro o beni pubblici, per verificare che i movimenti in entrata ed uscita siano conformi alla legge ed alle regole contabili, accertando il credito dell'erario per gli eventuali ammanchi. La corte dei conti ha inoltre il potere di accertare, sempre in sede giurisdizionale, i danni cagionati allo stato o altro ente pubblico dai suoi agenti e condannare i responsabili al risarcimento.Funzione tipica delle corti dei conti è anche la verifica del bilancio consuntivo dello stato o di altri enti pubblici, allo scopo di accertare il rispetto delle regole contabili e l'attendibilità del bilancio stesso, trasmettendo in esito a tale controllo una relazione al parlamento.La corte dei conti può, inoltre, avere funzioni amministrative di controllo, di tipo preventivo o successivo. Il controllo preventivo si esercita sui singoli atti che danno luogo a spese o entrate, impedendone l'efficacia in caso di illegittimità. Il controllo successivo tende, invece, ad essere incentrato, più che sui singoli atti, sulla complessiva attività dell'organo controllato e si traduce in relazioni al parlamento, al governo o allo stesso organo controllato. Questo tipo di controllo tende ora ad essere esteso dalla sola legalità all'efficienza o, addirittura, all'efficacia dell'attività amministrativa.Quanto ai soggetti controllati, oltre alle amministrazioni pubbliche la competenza della corte dei conti può estendersi alle imprese pubbliche e ad altri enti, anche di diritto privato, che utilizzano fondi pubblici.

b) Il giudice tributario(rinvio)Ha la funzione di risolvere le controversie tra cittadini e amministrazione finanziaria o altri enti impositori; tale scelta si spiega con l’esigenza di non aumentare il carico di lavoro dei giudici ordinari e amministrativi.Il sistema attuale si articola in Commissioni tributarie provinciali (organi di primo grado) e Commissioni tributarie regionali (organi di secondo grado).Ogni Commissione si articola in Sezioni, ognuna delle quali composta da un presidente, un vice presidente e da almeno 4 giudici tributari.Il procedimento giurisdizionale è regolato dal c.p.c. Dal 1992 può sospendere l’esecuzione del provvedimento impugnato.In caso l’amministrazione non si adegui alla sentenza delle Commissioni tributarie passate in giudicato, è esperibile il giudizio di ottemperanza.

c) Il giudice delle acque pubblicheIl Tribunale delle Acque Pubbliche sorse come magistratura specializzata nella materia delle acque pubbliche, con il decreto legislativo luogotenenziale 20 novembre 1916 n. 1664, al cui art. 34, venne stabilita una competenza eterogenea relativa a controversie sulla demanialità delle acque, ai limiti dei loro corsi, alvei e sponde, alle derivazioni ed utilizzazioni di acque pubbliche, ai ricorsi avverso i provvedimenti definitivi adottati dall'amministrazione in materia di acque pubbliche, e simili. Venne previsto un doppio binario tra diritti soggettivi e interessi legittimi: per i primi al fine di assicurare un doppio grado di giurisdizione alle controversie che prima del 1916 erano attribuite ai tribunali ordinari, vennero istituiti otto tribunali regionali ; per i secondi giudicava in un unico grado il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, che effettuava altresì l'appello delle decisioni dei Tribunali regionali. Nel 1933 il TU definì i Tribunali regionali quali Sezioni della Corte di appello, di tipo specializzato, costituite da magistrati della Corte di appello, a cui sono aggregati tre funzionari del Genio civile.

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Nel 2002 la Corte costituzionale con la sentenza n. 305/2002 ha ritenuto incostituzionali gli articoli 139 e 143, comma 3 del T.U. acque in quanto non prevedono la nomina di uno o più supplenti, nell'ipotesi di astensione di uno dei componenti titolari, e con la sentenza n. 353/2002 la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della composizione dei tribunali regionali relativamente alla partecipazione al collegio giudicante di uno dei tre tecnici, già funzionari del genio civile.La competenza dei Tribunali regionali delle Acque Pubbliche in materia di diritti soggettivi sussiste anche per le controversie relative alle acque pubbliche sotterranee e per quelle concernenti la ricerca, l'estrazione e l'utilizzazione delle acque sotterranee nei comprensori soggetti a tutela, sempre che le controversie interessino la pubblica amministrazione. Ai sensi dell'art. 142 T.U. acque, delle controversie intorno alla demanialità delle acque, circa i limiti dei corsi o bacini loro alvei e sponde; controversie aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica; controversie riguardanti la occupazione totale o parziale, permanente o temporanea di fondi e le conseguenti indennità; controversie per risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione.Il tribunale è composto da: un magistrato ordinario di qualifica corrispondente a Procuratore generale, che lo presiede, un presidente aggiunto scelto tra i Presidenti di Sezione della stessa Corte, che sostituisce il presidente in caso di suo impedimento; quattro consiglieri di Cassazione; quattro Consiglieri di Stato; tre esperti, iscritti nell'albo degli ingegneri.I Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche sono in numero di otto ed hanno sede presso le Corti d’Appello di Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari. Sulle loro decisioni decide in grado di appello il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.

d) I giudici parlamentariRetti dal principio dell’autodichia (per garantire l’autonomia ed indipendenza degli organi costituzionali, per quanto riguarda l’attività interna da essi svolta) e dalla regola della non sindacabilità, da parte della giurisdizione ordinaria o amministrativa, degli atti emanati da tali organi.Il nuovo regolamento prevede 2 organi interni: il Consiglio di giurisdizione (competente delle controversie di primo grado) e la Sezione giurisdizionale dell’Ufficio di Presidenza (per l’appello).Gli organi sono composti da deputati nominati dal presidente della Camera e il procedimento è simile a quello previsto per il giudizio amministrativo.Organi simili sono previsti presso il Senato della Repubblica.È stata esclusa la ricorribilità in Cassazione contro le sentenze dei giudici parlamentari ex art.111 Cost, poiché trattandosi di giurisdizione domestica, sarebbe assente la terzietà del giudice, e non potrebbero tali organi essere considerati giudici speciali, se non in senso formalistico.

3. L’arbitratoDal 2000 utilizzabile anche nel settore della giustizia amministrativa. Infatti le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto.Problemi: giudice competente a dirimere le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione del lodo arbitrale. Dovrebbe essere competenza della Corte d’Appello, ma così si rischierebbedi derogare in tema di riparto delle giurisdizioni.D’altra parte permangono incertezze sul tipo di situazioni soggettive cui può essere applicato l’arbitrato (es. risarcimento del danno). Per questo è auspicabile un intervento del legislatore.

CAPITOLO 3L’AMBITO DELLA GIURISDIZIONE DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO

1.Il riparto di giurisdizioneCon la riforma si era presentato il problema di fissare il criterio di riparto.Si deve considerare il petitum (che si fonda sulla pronuncia richiesta, possibile il doppio grado di tutela) o la causa petendi (che si fonda sulla natura della posizione giuridica lesa, senza doppia tutela)?Dal 1930 venne adottato il criterio della causa petendi, ma furono comunque necessari ulteriori criteri per individuare il riparto:a) Teoria della degradazione dei diritti soggettivi in interessi legittimi:

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I diritti soggettivi, se colpiti da un potere amministrativo, degradano in interessi legittimi, sotto la giurisdizione del giudice amministrativo. Ma come può un diritto soggettivo, se limitato o estinto, “trasformarsi” in interesse? E quando si è comunque in presenza di poteri amministrativi, ma il diritto soggettivo non è degradabile (es. perché protetto in Cost.)?b) Teoria basata sulla distinzione tra cattivo uso del potere e carenza di potereCattivo uso del potere:Si tratta di interesse legittimo, di competenza del giudice amministrativo. Esistendo una norma di legge che da alla PA il potere di emanare un atto, ci sarò solo un interesse affinché tale atto sia emanato in modo corretto.Carenza del potere:Si tratta di diritto soggettivo, tutelato dal giudice ordinario. Non c’è una norma che da alla PA il potere di emanare l’atto. Non si tratta solo di carenza in astratto (es. perché non vi è la norma), ma anche in concreto (es. per forma, procedimento, termine perentorio, presupposti).c) Teoria che si fonda sulla distinzione tra norme di azione e norme di relazioneLe norme di azione regolano l’esercizio dei poteri della PA, e si riferiscono all’interesse legittimo. Quelle di relazione regolano invece i rapporti tra i cittadini e la PA (e attengono dunque ai diritti soggettivi).Ma dopo aver chiarito a che tipo di norme appartengono diritto soggettivi e interessi legittimi, come si stabilisce quando una norma è di azione, e quando invece di relazione?d) Teoria si basa sulla differenza tra attività discrezionale e vincolataLa prima, comprendente interessi legittimi di cognizione del giudice amministrativo, la seconda diritti soggettivi da tutelarsi tramite giudice ordinario.

Il riparto di giurisdizione

- Il punto controverso è sempre stato quello di capire se il riparto dovesse fondarsi sul criterio del petitum ovvero della causa petendi (o petitum sostanziale).

- In base al primo criterio (petitum) il giudice competente viene individuato non già sulla base della natura della situazione giuridica che si assume lesa, bensì in ragione del tipo di pronuncia richiesta; quindi:

o se si chiede l’annullamento dell’atto amministrativo illegittimo, il giudice competente è il giudice amministrativo;

o se si chiede una sentenza di condanna della PA al risarcimento dei danni, il igudice competente è il giudice ordinario.

- L’applicazione del criterio del petitum determinale seguenti conseguenze:o Il diritto soggettivo leso può essere fatto valere come interesse legittimo attraverso la richiesta di

annullamento del provvedimento illegittimo;o Il sistema di giustizia amministrativa è in grado di offrire una doppia tutela in quanto è possibile

alternativamente rivolgersi al giudice amm. per contestare le modalità di esercizio del potere e al giudice civile per far valere, invece, le conseguenze patrimoniali sfavorevoli derivanti dall’esercizio del potere amministrativo.

- In base al secondo criterio (causa petendi) la giurisdizione si radica sulla base della natura della situazione giuridica che si assume lesa.Se ad essere leso è un diritto soggettivo, il giudice competente è il giudice ordinario;

Se ad essere leso è un interesse legittimo, il giudice competente è il giudice amministrativo.

L’applicazione del criterio della causa petendi comporta che:

o Non vi può essere alcuna doppia tutela poiché ogni situazione giuridica soggettiva ha la tutela sua propria, affidata ad un giudice diverso;

o Ogniqualvolta il giudice travalica le proprie attribuzioni, si pone una questione attinente alla giurisdizione.

- Dal 1889 al 1930, si hanno due orientamenti diversi: la Cassazione che è favorevole all’applicazione del criterio della causa petendi; la giurisprudenza amministrativa favorevole all’applicazione del petitum.

- Nel 1930, dopo un lungo conflitto giurisprudenziale, tanto il CdS quanto la Cassazione, affermarono che il giudice competente va individuato sulla base della natura della situazione giuridica che si assume lesa.

- In seguito giurisprudenza e dottrina hanno dovuto affrontare il problema di individuare ulteriori criteri sulla cui base qualificare una lite tra pubblica amministrazione e privato in termini di controversia concernente la lesione di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo.

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Le principali strade percorse hanno fatto leva su:

1. La teoria della degradazione dei diritti , secondo la quale i diritti soggettivi colpiti dall’esercizio delle potestà amministrative degradano in interessi legittimi, con conseguente competenza del giudice amministrativo e conoscere della relativa controversia.

2. La distinzione tra la carenza di potere e scorretto esercizio del potere, secondo il quale: - si ha carenza di potere allorquando si contesta la stessa esistenza del potere amministrativo, ed

in questo caso la controversia riguarda il diritto soggettivo e la giurisdizione spetta al giudice ordinario;

- si ha scorretto esercizio del potere quando si contesta il suo illegittimo esercizio, ed in questo caso la controversia riguarda l’interesse legittimo e la giurisdizione spetta al giudice amministrativo.

3. La distinzione tra norme di relazione e norme di azione , secondo il quale si ritiene che: - si sia in presenza di una norma d’azione quando la relativa disciplina è volta a tutelare in via

diretta un interesse pubblico; in questo caso il privato è titolare di in interesse legittimo e dunque la controversia appartiene al giudice amministrativo;

- si sia in presenza di una norma di relazione quando la relativa disciplina è volta a tutelare in via principale l’interesse del privato; in questo caso il privato è titolare di un diritto soggettivo e dunque la controversia appartiene al giudice ordinario.

4. La distinzione tra potere discrezionale e potere vincolato ; secondo un primo orientamento dottrinale vi è una tendenziale equivalenza tra attività unilaterale della PA ed esercizio delle potestà amministrative;

un diverso orientamento dottrinale ritiene invece che di esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione si possa parlare soltanto nell’ipotesi in cui la relativa attività abbia carattere discrezionale.

Secondo l’impostazione dottrinale, a fronte dell’attività vincolata, il privato vanti diritti soggettivi, quindi la competenza a giudicare della lesione della posizione del privato spetta al giudice ordinario; a fronte dell’attività discrezionale, il privato vanta interessi legittimi, quindi la competenza a giudicare spetta al giudice amministrativo.

La giurisprudenza, invece, annette rilevanza alla distinzione tra attività discrezionale e vincolata ai fini del riparto di giurisdizione soprattutto in relazione ad alcune fattispecie, quali in particolare il potere della PA di imporre prestazioni patrimoniali a privati (potere impositivo), le obbligazioni pubbliche aventi ad oggetto somme di denaro erogate a vario titolo in favore dei privati, la materia dell’iscrizione agli albi professionali; in questi casi viene riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario.

5. La qualificazione d alcuni atti amministrativi come atti dichiarativi o meramente ricognitivi .

2. Le situazioni giuridiche soggettive del privatoLe situazioni giuridiche soggettive sono il diritto soggettivo e l'interesse legittimo, come ricavato dagli artt. 113,24 e 103 della costituzione, nonché da fonti di livello legislativo anteriori alla stessa come la legge abolitiva del contenzioso amministrativo e la legge istitutiva della IV sezione del Consiglio di Stato.il primo dei due articoli stabilisce che sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzione e tutte le cause nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione (dove per diritto politico civile è da intendersi qualsiasi diritto soggettivo). Il secondo stabilisce che spetta al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale decidere sui ricorsi per incompetenza, eccesso di potere o per violazione di legge contro atti e provvedimenti di un'autorità amministrativa, che abbiano per oggetto un interesse di individui o di enti morali e giuridici (interesse che verrà poi definito interesse legittimo).si è posta dunque la questione di definire le caratteristiche dell'interesse legittimo, di individuarne l'oggetto e le forme e modi di protezione. Si è posta inoltre la questione di capire quando il privato possa vantare nei confronti della pubblica amministrazione un diritto soggettivo o un interesse legittimo, e definire il criterio in base al quale individuare il giudice competente. Soprattutto nella dottrina meno recente si è talvolta negata all'interesse legittimo natura di situazione giuridica soggettiva, soprattutto perché alla fine dell'800 l'unica situazione giuridica soggettiva ammissibile era il diritto soggettivo, e ciò comportava che l'interesse legittimo venisse considerato un mero potere di reazione nei confronti del provvedimento illegittimo idoneo a legittimare la proposizione del ricorso giurisdizionale da parte del privato. Tale impostazione non è però seguita dalla dottrina più recente, soprattutto perché la costituzione colloca l'interesse legittimo a fianco del diritto soggettivo.

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La situazione giuridica soggettiva è la concreta situazione in cui è collocato o di cui è titolare un soggetto dall’ordinamento con riferimento al bene che costituisce oggetto dell’interesse. Tali situazioni sono:

- Diritto soggettivo, situazione giuridica di vantaggia nella quale la legge attribuisce ad un soggetto la possibilità di realizzare il proprio interesse indipendentemente dalla soddisfazione dell’interesse pubblico. E’ tutelato in via assoluta e non mediata. Può essere definito anche situazione giuridica di immunità dal potere.

- Interesse legittimo, rappresenta la situazione soggettiva tipica che si evidenzia ogni volta che viene esercitato un provvedimento. Rappresenta la pretesa alla legittimità dell’azione amministrativa. E’ definita come una situazione soggettiva di vantaggio costituita dalla protezione giuridica di interessi finali che si attua non in via diretta e immediata ma attraverso la protezione di un altro interesse del soggetto strumentale alla legittimità dell’atto amministrativo. Il soggetto deve sperare che dall’esercizio del potere amministrativo si arrivi alla propria soddisfazione. Il soggetto ha comunque dei poteri giuridici che lo tutelano e che sono:

Poteri strumentali, nel procedimento amministrativo si può inserire il soggetto attraverso poteri di partecipazione e quindi orientare l’ Amministrazione. Sono costituiti dalla partecipazione, consultazione di atti, presentazione di memorie. L’ Amministrazione deve tener conto di quelle che sono le esigenze del soggetto privato e se vuole disattenderle, deve motivare tale scelta.

Poteri di reazione, riguardano la possibilità del soggetto di reagire contro le determinazioni dell’ Amministrazione attraverso ricorsi amministrativi o giurisdizionali.

L’interesse legittimo può essere:

- Pretensivo, il privato pretende qualcosa dall’ Amministrazione. Esempio: concorso pubblico

- Oppositivo, il soggetto privato si oppone all’esercizio di un potere. Esempio: Esproprio

L'interesse legittimo è così caratterizzato:

1. è una situazione soggettiva correlata al potere discrezionale della PA (se c'è potere vincolato di solito c'è diritto soggettivo);

2. il potere discrezionale è esercitato attraverso una scelta (il privato non ha diritto a che il potere venga esercitato nella direzione da lui voluta);

3. l'interesse legittimo può essere soddisfatto dalla PA solo con un atto legittimo;4. la situazione giuridica attiva la cui soddisfazione è rimessa a un comportamento altrui non è esclusiva del

diritto amministrativo (es: anche nel diritto di credito; solo che in tal caso al diritto corrisponde un dovere e non un potere);

5. si distingue tra interessi legittimi oppositivi (privato vuole conservare uno stato di cose contro un provvedimento amministrativo che può alterarlo) o pretensivi (il privato aspira a un atto capace di produrre lo stato di cose desiderato);

6. un tempo si diceva che il diritto soggettivo fosse tutelato col risarcimento, mentre l'interesse legittimo con l'annullamento. Con la recente previsione normativa ciò non vale più: risarcibilità degli interessi legittimi;

7. per effetto del numero 6, le distinzione tra interesse legittimo e diritto soggettivo è più fragile;8. interesse legittimo = interesse a che l'autorità amministrativa eserciti il suo potere in modo da soddisfare

l'interesse stesso, o lasciando inalterato lo stato di cose in atto o modificandolo: interesse che è tutelato nella misura in cui la sua soddisfazione si realizzi con un provvedimento legittimo. L'interesse è tutalto prima che il provvedimento venga preso, con i diritti di partecipazione al procedimento amministrativo, e dopo che il provvedimento è adottato, in senso sfavorevole al titolare dell’interesse, con il potere di reazione in via giurisdizionale o amministrativa.

3. L’interesse legittimo quale situazione correlata alla potestàEsistono in dottrina vari orientamenti circa la definizione di interesse legittimo:1) Situazione giuridica soggettiva utilizzabile a fini di tutela nei confronti dell’esercizio delle potestà della PA. La potestà della PA può portare a 2 effetti, limitativi o ampliativi. Gli interessi legittimi possono essere sacrificati, invece se ci sono diritti soggettivi questi non possono essere potestà della PA.2) Può essere oppositivo (la potestà della PA è sacrificativa) o pretensivo (la potestà è ampliativa).In questo caso è una situazione giuridica soggettiva attiva che fronteggia un’altra situazione soggettiva attiva costituita dalla potestà amministrativa

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3) Come pretesa alla legittimità del provvedimento amministrativo. L’interesse è una situazione soggettiva di vantaggio riconosciuta al privato avente carattere strumentale(perché comporta l’eventuale ed indiretta tutela dell’interesse finale)4) La legittimità dell’azione amministrativa rappresenta il limite della protezione che l’ordinamento giuridico riconosce all’interesse legittimo (ma il limite alla protezione non può trasformarsi nell’oggetto della protezione.)5) Posizione di vantaggio data ad un soggetto dell’ordinamento in ordine ad un interesse ad un bene della vita oggetto di potere amministrativo. La differenza tra diritti soggettivi ed interessi legittimi starebbe solo nel grado della tutela.6) Interesse consistente nella possibilità di conservare o di acquisire un bene della vita. Il bene della vita è diverso dall’interesse finale, è infatti una semplice chance.

4. L’interesse legittimo ed il suo oggetto: orientamenti recentiSe lo spazio entro cui si colloca l'interesse legittimo è quello rappresentato dai limiti posti normativamente all'esercizio delle potestà amministrative, se i limiti non sono violati tali potestà sono esercitate in modo legittimo, e legittimo è l'eventuale sacrificio degli interessi finali del privato; se però tali limiti risultano violati, le potestà amministrative risultano esercitati in modo illegittimo e dunque non era tollerabile l'eventuale sacrificio.L'interesse legittimo è dunque la pretesa alla legittimità del provvedimento amministrativo, dunque una situazione giuridica soggettiva di vantaggio riconosciuta al privato che ha carattere strumentale in quanto comporta l'eventuale ed indiretta tutela dell'interesse finale.

5. Considerazioni sugli orientamenti esaminatiNon vi è ancora oggi accordo in dottrina sulla definizione dell'interesse legittimo, e soprattutto sull'oggetto e sull'interesse tutelato: in ogni caso deve esistere un rapporto di reciproca corrispondenza tra lesione dell'oggetto e bisogno di tutela: nella teoria che identifica l'oggetto dell'interesse legittimo con la pretesa al corretto esercizio del potere amministrativo, tale rapporto non è poi di piena corrispondenza. Se in dottrina vi sono divergenze sulla definizione dell'interesse legittimo, vi è invece consenso per i poteri che sono propri di tale situazione giuridica soggettiva, e che possono essere esercitati dal titolare a fini di tutela: poteri di partecipazione al procedimento amministrativo, potere di esperire i ricorsi amministrativi, potere di proporre ricorso in sede giurisdizionale.è invece dibattuto il problema del modo di individuazione dell'interesse legittimo, ossia di capire quali tra i tanti interessi che l'esercizio delle potestà amministrative può toccare, assuma tale qualità: innanzitutto si può individuare un interesse legittimo quando vi è una base normativa, ma tale operazione non è sempre agevole.

6. Il problema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’interesse legittimo sino alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n.500/1999Cassazione sent.500/1999: pronuncia in sede di regolamento di giurisdizione. La Corte recepisce l’orientamento della dottrina circa l’art.2043 c.c. E’ data una diversa lettura di “danno ingiusto”, ora pregiudizio non giustificato recato ad un interesse giuridicamente rilevante (indipendentemente da quale).

- È il giudice che dovrà selezionare gli interessi rilevanti comparando l’interesse del danneggiato e quello perseguito con la condotta lesiva. Quindi occorre in questo caso valutare l’esistenza di un’azione illegittima e colpevole della PA dalla quale derivi la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo è preordinato. Sino a pochi anni addietro la sentenza, gli interessi legittimi o, per meglio dire, i danni derivanti dalla loro lesione non erano considerati risarcibili.

- Vi era una sostanziale sorta di immunità della PA nei confronti dei danni arrecati al privato nello svolgimento illegittimo della propria funzione.

- Se il privato vantava un interesse legittimo oppositivo collegato ad un interesse finale avente la consistenza di diritto soggettivo, poteva aspirare quantomeno ad una tutela risarcitoria del diritto soggettivo dopo l’annullamento del provvedimento illegittimo; se il privato vantava, a fronte dell’esercizio delle potestà amministrative, un interesse legittimo pretensivo, collegato ad un interesse finale non avente la consistenza di un diritto soggettivo, non poteva aspirare ad alcun risarcimento dei danni subiti a seguito dell’illegittimo o tardivo esercizio delle potestà medesime.

- Vi sono altri fattori che hanno concorso a mettere in crisi l’orientamento tradizionale della Cassazione e a favorire la svolta compiuta con la sentenza.

- Infatti, a partire dagli anni 60, raggiunto l’obiettivo che nei rapporti tra privati vengono risarciti sia danni derivanti dalla lesione di un diritto soggettivo, sia danni derivanti dalla lesione di un interesse non avente la consistenza di un diritto soggettivo, nei rapporti tra privati e PA l’interesse legittimo, che è certamente una situazione giuridica soggettiva con una tutela minore di quella accordata al diritto soggettivo, finiva per valere meno ai fini della tutela risarcitoria di interessi che trovavano nei rapporti tra privati la predetta tutela.

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- Importante è anche l’ordinamento comunitario, per il quale vige il principio che la Comunità deve risarcire i danni arrecati dalle sue istituzioni nell’esercizio delle loro funzioni.

- Importante è anche il d.lgs. 80/1998, con il quale sono state ampliate le materie di giurisdizione esclusiva (facendovi rientrare i servizi pubblici, l’urbanistica e l’edilizia), ed è stata prevista la possibilità per il giudice amministrativo di condannare in sede di giurisdizione esclusiva l’amministrazione al risarcimento del danno ingiusto.

- La sent.Cass. 500, nell’aprire alla risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’interesse legittimo, ha affrontato ed offerto soluzioni alle molte questioni sia di ordine sostanziale sia di ordine processuale.Riguardo alle questioni processuali, nella sentenza i giudici avevano posto due regole molto chiare:

1. Il giudice competente a risolvere le controversie in tema di risarcimento dei danni derivanti dalla lesione dell’interesse legittimo era stato individuato nel giudice ordinario con la sola eccezione delle controversie rientranti nelle materie di giurisdizione esclusiva spettanti al giudice amministrativo;

2. Il rapporto tra l’azione di annullamento del provvedimento illegittimo e l’azione risarcitoria, le quali potevano essere proposte alternativamente ovvero pendere contemporaneamente, l’una dinanzi al giudice amministrativo, l’altra dinanzi al giudice ordinario;Ciò evitava al privato di doversi sobbarcare l’onere di due processi dinanzi a giudici diversi.

Riguardo le questioni sostanziali:

1. Esplicito abbandono da parte dei giudici della necessaria correlazione tra danno ingiusto e lesione del diritto soggettivo; la Cassazione quindi riconosce che non vi è alcun argomento da cui si possa desumere l’applicabilità della disciplina soltanto ai danni derivanti dalla lesione del diritto soggettivo.

2. Esplicito abbandono della tesi della tipicità della fattispecie; la Cassazione afferma quindi che la locuzione danno ingiusto non va correlata ad una situazione giuridica soggettiva tipizzata in altra norma: essa va invece interpretata come una clausola generale che offre protezione nei confronti dei danni arrecati anche da interessi che, pur non essendo riconosciuti da altra norma in termini di situazioni giuridiche soggettive, tuttavia appaiono meritevoli di tutela e protezione da parte dell’ordinamento giuridico, la cui selezione spetta al giudice attraverso un giudizio di comparazione degli interessi in conflitto.

Dunque a giudizio della Cassazione l’illecito disciplinato dall’art. 2043 c.c. non è tipico, bensì atipico, nel senso che esso non offre protezione soltanto nell’ipotesi di danni derivanti dalla lesione del diritto soggettivo (che in quanto tale è riconosciuto e tipizzato in altra norma) ma anche ad interessi non aventi la consistenza di diritto soggettivo (e dunque non tipizzati da altra norma);

Quindi l’art. 2043 non è norma secondaria, ma norma primaria.

- La Cassazione fa propria una particolare teoria dell’interesse legittimo, ossia quella teoria che individua l’oggetto dell’interesse legittimo nell’interesse al bene della vita.In tale circostanza, mentre la lesione dell’interesse legittimo oppositivo da parte di un provvedimento riconosciuto illegittimo è condizione necessaria e sufficiente per ottenere il risarcimento dei danni patiti, viceversa la lesione dell’interesse legittimo pretensivo è una condizione necessaria ma non sufficiente ai fini del risarcimento del danno.

Quindi in quest’ultimo caso, ai fini del risarcimento del danno, il giudice non dovrà limitarsi ad accertare l’illegittimità del provvedimento di diniego ma dovrà anche, per mezzo di un giudizio che viene definito prognostico, verificare se al titolare dell’interesse legittimo spettasse l’adozione del suddetto provvedimento.

- La Corte di Cassazione ha inoltre stabilito: che è necessario dimostrare la colpa dell’apparato (in riferimento alla pubblica amministrazione), la quale consiste nella violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione.

7. La risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’interesse legittimo nell’attuale quadro normativo e giurisprudenziale

- Pregiudizialità dell’atto: ovvero subordinazione dell’azione risarcitoria all’azione di annullamento.- Con la legge 205/2000, il giudice amministrativo acquisisce anche il potere di risarcimento del danno.

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- Inoltre abbiamo la sentenza 204/2004, con la quale la Corte Costituzionale stabilisce che quando si ha un danno nei confronti dell’interesse legittimo, il giudice competente è il giudice amministrativo, cioè colui che si occupa del risarcimento del danno.

- La giurisprudenza del giudice amministrativo ha inoltre confermato la posizione assunta dalla Cassazione nel 1999 in merito al giudizio prognostico volto a verificare la spettanza del bene della vita come condizione per la tutela risarcitoria degli interessi legittimi pretensivi.

- Art. 2 bis della legge 241/1990, stabilisce che il danno da ritardo deve essere risarcito; quindi la pretesa risarcitoria può scaturire non solo da un provvedimento illegittimo, ma anche dal silenzio della pubblica amministrazione.

- Introduzione dell’istituto dell’errore scusabile, che sussiste quando abbiamo:o Incertezza della normativa;o Novità della normativa;o Non collaborazione del privato;o Contrasto giurisprudenziale.

Inoltre il giudice amministrativo, oltre a poter condannare l’amministrazione al pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento per equivalente, dispone, per la riparazione del danno, dell’ulteriore strumento della reintegrazione

8. La giurisdizione esclusiva e il riparto per materie: cenni e rinvioIn presenza della giurisdizione esclusiva il nostro sistema di giustizia amministrativa, da dualista torna ad essere monista: infatti in sede di giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo è competente a giudicare sia della lesione dell'interesse legittimo sia della lesione del diritto soggettivo. Al criterio della causa petendi si sostituisce quello basato sulle materie (ex art.103 Cost.).La giurisdizione esclusiva pone due ordini di problemi: la costituzione parla di particolari materie e si è posta il problema se esista un limite quantitativo all'espansione di tale giurisdizione; inoltre vi è il problema dei criteri sulla cui base andare a scegliere le materie indicate dalle legislatore. Per prima cosa non sarebbe legittimo eliminare del tutto ogni competenza del giudice ordinario rispetto alla tutela di diritti soggettivi, e ci si rende conto di come sia un'operazione difficile delimitare con esattezza le materie. Entrambe le questioni sono state affrontate dalla corte costituzionale nel 2004, la quale ha chiarito che l'art. 103 Cost. non ha conferito legislatore ordinario un'assoluta ed incondizionata discrezionalità nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma io conferito un potere che deve considerare la natura delle situazioni soggettive coinvolte e non fondarsi esclusivamente sul dato oggettivo delle materie.

CAPITOLO 4LE FORME DELLA GIURISDIZIONE

1. PremessaLa giurisdizione del giudice amministrativo può essere:-Di legittimità-Esclusiva-Di merito

2. La giurisdizione generale di legittimità-È limitata quanto ai poteri di cognizione, all’accertamento dei soli 3 vizi di incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge.Non si mirava a verificare la lesione della situazione giuridica soggettiva, ma oggetto dell’accertamento era l’atto amministrativo e la sua eventuale illegittimità. Lo scopo è l’annullamento dell’atto (la situazione giuridica è tutelata solo in via indiretta).La cognizione non poteva estendersi né alle valutazioni di opportunità della PA, né su quelle tecniche. Era precluso inoltre il giudizio sul fatto: si doveva sì accertare l’esistenza di questo, ma poi il giudice non poteva sindacare su quest’ultimo. Le valutazioni riconducibili alla sfera della discrezionalità amministrativa erano insindacabili.-E’ limitata quanto ai poteri istruttori:Inizialmente vi era un limitatissimo numero di mezzi di prova (solo le prove documentali) poi ampliati (dal 2000 anche la consulenza tecnica), ma in ogni caso rimangono esclusi la prova per i testimoni, il giuramento e la confessione.-Limitata quanto al potere di decisione:

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anche se in contrasto con la normativa comunitaria, che pretende la pienezza della tutela, il giudice amministrativo può solo annullare l’atto illegittimo, ma non riformarlo o sostituirlo (come invece accade nella giurisdizione di merito). Non può inoltre pronunciare sentenze dichiarative o di condanna (come invece accade nella giurisdizione esclusiva), anche se ciò è stato in parte superato nel 2000 con la possibilità da parte del giudice amministrativo di risarcire i danni da lesione di interessi legittimi.Sono tradizionalmente individuabili tre forme di giurisdizione:

1. Giurisdizione generale di legittimità2. Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo3. Giurisdizione di merito.Cosa si intende per giurisdizione? Questo termine viene utilizzato con due diversi significati:

- sotto un primo profilo per giurisdizione si intende l’ambito delle competenze o meglio l’ambito delle controversie affidate al giudice ordinario e al giudice amministrativo (che in primo grado è il T.A.R., e in secondo grado il Consiglio di Stato).

- Sotto un diverso profilo, quando si utilizza l’espressione “giurisdizione” si fa anche riferimento a quell’ insieme di poteri assegnati all’autorità giudiziaria adita.In sede di giurisdizione amministrativa, sono distinguibili tre poteri:

1. Poteri istruttori del g.a. 2. Poteri decisori del g.a. 3. Poteri cautelari.

- Giurisdizione generale di legittimitàForma di giurisdizione amministrativa in cui il g.a. conosce delle lesioni dell’interesse legittimo attraverso un sindacato di legittimità sull’atto amministrativo. In concreto vuol dire che al g. a viene portato un provvedimento amministrativo e gli si chiede di valutarne la legittimità. Sappiamo che i 3 vizi di legittimità rilevanti nel nostro ambito sono: eccesso di potere (le figure sintomatiche dell’eccesso di potere sono: la contraddittorietà interna, il travisamento del fatto, la violazione del principio di proporzionalità, la violazione di circolari, ecc.), incompetenza e violazione di legge.

Riguardo alla seconda nozione di giurisdizione, fino al 2000 i poteri istruttori di cui godeva il g.a. erano solo 3 cioè poteva:

- Acquisire i documenti dall’amministrazione- Chiedere i chiarimenti o schiarimenti- Disporre verificazioni( ossia ispezioni che compie lo stesso personale dell’amministrazione cioè la stessa

amministrazione da cui proviene questo provvedimento che effettua le verificazioni).In seguito la L. 205/2000 ha introdotto tra i poteri istruttori del g.a la CTU cioè la consulenza tecnica di ufficio.

Il tipico potere decisorio nelle mani del giudice amministrativo è il potere di annullamento; Fino al 2000 questo era l’unico potere decisorio a disposizione del giudice: infatti, la l. 205/2000 ha introdotto un’ulteriore potere decisorio e cioè il potere di condanna di risarcimento del danno.

Riguardo ai poteri cautelari:

la tutela cautelare serve ad anticipare in via provvisoria gli effetti che potrebbe produrre la decisione nel merito; quindi se dalla sentenza finale voglio ottenere l’annullamento, allora posso chiedere in via cautelare la sospensiva, cioè posso chiedere che l’efficacia di questo provvedimento venga sospesa fino alla conclusione dl giudizio di merito.

Con la legge 205/2000 anche per la misura cautelare c’è stata un’estensione. Oggi non si è più di fronte a una misura cautelare tipica( unica e sola) ma si è di fronte a un principio di atipicità delle misure cautelari, cioè io posso chiedere al g.a. qualunque misura sia idonea ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso.

Si ricorda che il giudice amministrativo giudica in sede di giurisdizione generale di legittimità quando si lamenta la lesione di un interesse legittimo.

- Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo

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E’ quella forme di giurisdizione amministrativa (speciale) in cui al giudice amministrativo viene chiesto di conoscere in via principale non solo delle lesioni dell’interesse legittimo, base propria della giurisdizione generale di legittimità, ma anche delle lesioni del diritto soggettivo quindi conosce qualunque lesione riguardante determinate materie, come la materia dei pubblici servizi oppure la materia dell’urbanistica e dell’edilizia.

Nell’ambito dei poteri istruttori il giudice amministrativo dispone di tutti i poteri istruttori previsti dal c.p.c. ad esclusione dell’interrogatorio formale e del giuramento.

Riguardo ai poteri cautelari, a partire dal 2000 legislativamente, in tutti gli ambiti, sia che so tratti di giurisdizione generale di legittimità sia che si tratti si giurisdizione esclusiva, il g.a. dispone di una misura cautelare atipica.

Riguardo ai poteri decisori, in sede di giurisdizione esclusiva, il giudice amministrativo dispone di questo potere perché questo è un potere che il g.a. ha sempre, sia che si tratti di una giurisdizione generale di legittimità sia che si tratti di una giurisdizione esclusiva sia che si tratti, vedremo, di giurisdizione di merito.

Inoltre, con la legge 205, il g.a. dispone in tutti gli ambiti del potere di condannare la PA al risarcimento del danno.

3. La giurisdizione di meritoStoricamente si tratta della prima forma di giustizia amministrativa. Con la legge abolitiva del contenzioso amministrativo, alcune funzioni a questo appartenenti erano state “salvate” e affidate alla giurisdizione propria del Consiglio di Stato (qui vera e propria giurisdizione di merito), a differenza della giurisdizione ritenuta del Sovrano dove il Consiglio di Stato partecipava solo come organo consultivo (giurisdizione solo di legittimità).Caratteri -Eccezionale:Ammessa in deroga al principio del solo sindacato di legittimità-Tassativa:Attuabile solo nei casi previsti dalla legge-Aggiuntiva:Non esclude, ma si aggiunge alla giurisdizione di legittimità (il giudice amministrativo pronuncia anche sul merito)Al giudice sono demandati maggiori poteri, sia istruttori che decisori (ampliamento della cognizione)-Istruttori:Tutti i poteri del giudice civile, purché compatibili con il tipo di giudizio-Decisori:Il giudice può:-annullare l’atto per motivi di legittimità-riformarlo in tutto o in parte-sostituirlo con un atto da esso stesso formulato-condannare la PA soccombente al pagamento delle spese di giudizio.Ad eccezione del giudizio di ottemperanza, oggi la giurisdizione di merito è quasi dimenticata, a favore della giurisdizione di legittimità (forse per il principio “psicologico” della separazione dei poteri?)

È quella forma in cui il giudice amministrativo va a sindacare il merito dell’azione amministrativa se vi sia espressa previsione normativa.

Il caso tipico di giurisdizione di merito è il cosiddetto giudizio di ottemperanza.

Il giudice amministrativo, in sede di giurisdizione di merito, è in grado di sostituirsi alla p.a.; gode dei più ampi poteri decisori: il g.a. si pone al posto della p.a. e decide per es. anziché annullare il provvedimento amministrativo decide di modificarlo; di conseguenza si estenderà anche al massimo la sfera del potere istruttorio.

Vediamo cos’è il giudizio di ottemperanza: questo giudizio interviene dopo un giudicato amministrativo, cioè dopo che sia stata pronunciata la sentenza. Quando una sentenza amministrativa di annullamento viene pronunciata a questa sentenza si ricollegano 3 effetti:

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1. effetto cassatorio ( la sentenza di annullamento elimina il provvedimento amministrativo dal mondo giuridico);

2. effetto ripristinatorio (la sentenza con effetti ex tunc porta al ripristino della situazione quo antea);3. effetto conformativo ( quando il g.a. annulla un provvedimento amministrativo, quindi lo elimina, ripristina

la situazione quo ante, l’amministrazione, nella successiva riedizione del provvedimento, dovrà necessariamente conformarsi al giudicato, non può adottare un provvedimento identico).

Con la sentenza 204/2004 e 191/2006, la Corte Costituzionale si è pronunciata sul tema del criterio di riparto della giurisdizione e ha detto: “ il criterio di riparto è quello fondato sulla causa petendi cioè su quella che è la situazione giuridica soggettiva di cui si lamenta la lesione ( se è diritto soggettivo g.o., se è interesse legittimo g.a.)”.

Inoltre ha detto che perché si possa parlare di un’ipotesi di giurisdizione esclusiva si devono considerare due subcriteri:

1. è necessario che in quella materia che si attribuisce alla giurisdizione esclusiva sussiste il cosiddetto intreccio tra diritto soggettivo ed interesse legittimo;

2. è necessario che in quegli atti l’amministrazione eserciti potere.

4. La giurisdizione esclusiva (nel suo assetto tradizionale)Non si tratta di una terza specie di giurisdizione rispetto a quella di legittimità e di merito. Qui il giudice infatti pronuncia ora come giudice di merito, ora come giudice di legittimità. Non si tratta nemmeno di un tertium genus rispetto al giudice amministrativo o al giudice ordinario.L’istituzione della giurisdizione esclusiva è da ricercare in quelle situazioni in cui i diritti soggettivi e gli interessi legittimi sono così legato tra loro da non riuscire a distinguerli. E si rischierebbe quindi che il privato si rivolga al giudice amministrativo e al giudice ordinario insieme per ottenere una tutela completa. Ma poi vi sarebbe il rischio di ottenere pronunce discordanti, con un elevato dispendio di energie.Ci si rivolge al giudice amministrativo con la giurisdizione esclusiva in modo da avere un giudice tecnicamente preparato.Ma, essendo nel giudizio amministrativo preferita la giurisdizione di legittimità, si finisce con il privare i diritti soggettivi della tutela della cognizione piena, propria della giurisdizione di merito. La Corte Cost ha tentato di risolvere il problema ampliando i poteri cautelari e probatori, ma in ogni caso la disparità di trattamento permane.

5. (Segue): le materie devolute alla giurisdizione esclusivaL'ambito della giurisdizione esclusiva si è determinato per successive stratificazioni legislative: il nocciolo originario vedeva la coincidenza della giurisdizione di merito con quella esclusiva, con l'unica eccezione dei ricorsi relativi alla rapporto di pubblico impiego. Tuttavia anche tale materia di giurisdizione esclusiva è venuta a perdere gran parte della sua importanza in seguito alla privatizzazione dei rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni, in base alle quali le controversie sono state restituite alla giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro. Rimangono le sole controversie relative ad alcune categorie di pubblici dipendenti: magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, personale diplomatico e docenti universitari. Del nucleo originario delle attribuzioni della giurisdizione esclusiva rimane ben poco, ma a quel corpo si sono aggiunte numerose materie e rapporti, come quelle per le controversie relative alle concessioni di beni e servizi, relativa ai servizi pubblici o relativi all'applicazione di una clausola contrattuale. Notevole importanza rivestono i ricorsi contro provvedimenti emanati dall'autorità garante della con urgenza e del mercato, le controversie in materia di contratti di beni e servizi stipulati dalle amministrazioni pubbliche, i ricorsi contro le sanzioni dell'autorità della vigilanza sui lavori pubblici, i ricorsi contro gli atti delle autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità, i ricorsi contro gli atti dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni e le controversie aventi ad oggetto atti del comitato olimpico nazionale italiano o delle federazioni sportive. Accanto a tali materie espressamente indicate dal legislatore si aggiungono poi altre come i ricorsi contro il rilascio o il diniego di autorizzazioni per il commercio, delle controversie relative all'autorizzazione alla vendita dei beni delle imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria.

6.Gli attuali confini della giurisdizione esclusivaè stato da sempre un vivace dibattito sulla portata concreta degli ambiti propri della giurisdizione esclusiva, in quanto nozioni come pubblico impiego e uso del territorio hanno dato luogo a numerosi conflitti di giurisdizione, soprattutto tra le posizioni assunte dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e della cassazione. Per cercare di calmare contrasti il legislatore ha precisato che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice

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amministrativo tutte le controversie relative procedure di affidamento dei lavori servizi e forniture indipendentemente dalla materia dei servizi pubblici. Le stesse difficoltà sono nate relativamente alla materia urbanistica ed edilizia. Tali difficoltà sono state recentemente esaminate dalla corte costituzionale che ha ridisegnato e ridotto l'ambito della giurisdizione esclusiva, precisando che la particolarità delle materie devolute a tale giurisdizione implica che tali materie devono partecipare della stessa natura e quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità. Tale soluzione è stata accolta indottrina con molte critiche, soprattutto a causa dell'intervento manipolativo della corte.

7. I poteri di piena giurisdizione del giudice esclusivo. Grazie al consistente ampliamento dei poteri istruttori del giudice amministrativo sono stati ammessi tutti i mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, nonché dalla consulenza tecnica, esclusi l'interrogatorio formale ed il giuramento. Il giudice così fornito di strumenti idonei ad assicurare un effettivo sindacato sul fatto. Anche il Consiglio di Stato riconosce la sussistenza di un nesso di strumentalità necessaria all'ampliamento dei mezzi di prova nella pienezza della cognizione del fatto, e questo ampliamento della cognizione del giudice è strumentale alla funzione propria del giudizio di giurisdizione piena la cui funzione è quella di assicurare la reintegrazione, anche in forma specifica, delle situazioni giuridiche soggettive di cui il ricorrente assume la lesione. Si sono inoltre superati i limiti posti ai poteri di decisione del giudice amministrativo, consentendo al giudice di disporre una condanna alla reintegrazione anche in forma specifica e quindi una condanna l'amministrazione ad un dare, facere e praestare specifico: non ci si limita più all'eliminazione dell'atto illegittimo, ma si estende la decisione alla reintegrazione delle conseguenze dannose dell'atto, in quanto comprensiva del potere di disporre il risarcimento del danno ingiusto.

8.La legge n. 205/2000 e le prospettive di unificazione delle diverse giurisdizioni nell'unico modello processuale della giurisdizione pienaLe trasformazioni apportate da tale legge alla tradizionale giurisdizione generale di legittimità lasciano intravedere prospettive di unificazione delle diverse giurisdizioni. Secondo la prospettiva della giurisdizione piena il giudice della giurisdizione piena non può non conoscere in via principale dell'atto dei pubblici poteri da cui origina la lesione: anche nell'esaminare un provvedimento amministrativo dovrà essere il giudice della rapporto che dovrà valutare la legittimità dell'atto non in astratto ma con specifico riferimento alla pretesa sostanziale fatta valere in giudizio dalla ricorrente e alla sua fondatezza. In possibilità di configurare un'azione di annullamento autonoma distinta dalla tutela risarcitoria offerta dalla ricorso di piena giurisdizione costituisce il principale e persistente tratto di discriminazione più netta tra la tutela offerta in sede di giurisdizione esclusiva e quella che invece azionabile davanti alla giurisdizione generale. Tale tratto differenziale si fonda più su limiti derivanti da un'interpretazione letterale delle norme che non su una corretta interpretazione della ratio che ha ispirato il legislatore: per questo si ritiene che tale tratto differenziale verrà primo puoi fatto cadere.

CAPITOLO 5LA COMPETENZA

1. I criteri generali di distribuzione della competenzaCos’è la competenza? È la sfera di poteri e facoltà attribuita ad un organo.È attribuita in base a grado e territorio.

2. La competenza per gradoPrima vi era un unico grado, il Consiglio di Stato. Dal 1971 i gradi sono 2: il TAR di primo grado, e il Consiglio di Stato di secondo. L’unica eccezione è data dal giudizio di ottemperanza, dove il Consiglio di Stato è giudice di unico grado.

3. La competenza territorialeLa lite deve essere proposta davanti al TAR nella cui circoscrizione ha sede l’autorità che ha emanato l’atto impugnato, quando la legge non disponga altrimenti.Si è voluto evitare l’indiscriminato ricorso ai criteri del c.p.c., perché altrimenti i ricorsi contro lo Stato o gli enti pubblici nazionali si sarebbero tutti concentrati davanti al TAR del Lazio.Quindi il criterio aggiuntivo (e prevalente) è quello dell’efficacia territoriale dell’atto impugnato (effetti immediati ed indiretti).

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4. Criteri derogatori: il foro speciale del pubblico impiegoFa eccezione il foro speciale del pubblico impiego.Ciascun TAR è competente a conoscere dei ricorsi contro atti relativi a pubblici dipendenti in servizio, alla data di emanazione dell’atto, presso uffici aventi sede nella circoscrizione di quel TAR.

5. Connessione, litispendenza e continenza di causeNel caso di connessione tra più cause, non vi è alcuna legge che disciplini tale ipotesi. La giurisprudenza ha accolto un unico caso, quello cioè in cui l’impugnazione investa l’atto presupposto e l’atto applicativo. In questo caso la competenza è del giudice dell’atto presupposto.In caso di litispendenza, vi è analogia con l’art.39 primo comma c.p.c. Necessario che vi siano gli stessi soggetti, lo stesso petitum e la stessa causa petendi.Se vi è continenza (stessi soggetti, stessa causa petendi ma diverso petitum), non si può applicare la normativa del c.p.c. perché in diritto amministrativo si ritiene non contemplabile come ipotesi (gli atti amministrativi sono di solito troppo diversi tra loro)

6. Competenza derogabile e competenza funzionaleLa competenza territoriale è derogabile, mai rilevabile d’ufficio ma solo dalle parti tramite eccezione o regolamento di competenza al Consiglio di Stato

7. Ipotesi di competenza inderogabile e, in particolare, la competenza del TAR del Lazioal carattere normalmente relativo derogabile della competenza territoriale fanno eccezione alcune ipotesi di competenza inderogabile, ossia funzionale.queste sono:- quella derivante dal regime transitorio della legge istitutiva dei Tar inerente al reparto di competenza tra Consiglio di Stato e Tar- La competenza dichiarata dal Consiglio di Stato nella decisione sul regolamento di competenza- La competenza del Tar della Sicilia e del Trga del Trentino Alto Adige- la competenza in materia di operazioni elettorali (ma è ipotesi dubbia)- La competenza del Tar del Lazio, in tutte le ipotesi previste dalla legge.

8. Il regolamento di competenzaistanza di regolamento di competenza va presentata al Tar davanti al quale pende la causa principale, con nell'indicazione del giudice territorialmente ritenuto competente. L'istanza può essere presentata dal resistente e da qualsiasi interveniente entro 20 giorni dalla scadenza del termine per la costituzione in causa. All'istanza va notificata a tutte le parti in causa che non vi abbiano aderito. Se tutte le parti in causa concordano sulla remissione delle ricorso ad altro Tar, il presidente del Tar da qui competenze stata contestata trasmette d'ufficio degli atti a tale Tar. Se non vi è accorto traslativo, secondo l'avversione originaria la presentazione dell'istanza di regolamento produceva l'immediata sospensione del processo, mentre ad oggi negli atti del processo devono essere immediatamente trasmessi al Consiglio di Stato che provvede in camera di consiglio sentiti i difensori. La sentenza del Consiglio di Stato può accogliere l'istanza o rigettarla, se ne riscontra la fondatezza la causa dovrà essere riassunta cura del ricorrente davanti a Starr è riconosciuto competente entro 30 giorni dalla notifica della decisione. In caso di rigetto invece il Consiglio di Stato condannerà l'istante alle spese mentre il processo proseguirà davanti al Tar adito.

PARTE 3CARATTERI GENERALI DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

CAPITOLO 1IL MODELLO PROCESSUALE

Sezione prima: Profili funzionali

1. Nozioni preliminari

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Con il termine processo si indica l'iter sequenziale nel quale si svolge l'operazione logica del giudizio; con il termine giudizio si indica l'operazione logica consistente nella soluzione della controversia. Il processo può avere struttura e funzioni diverse ma è sempre una sequenza di atti disciplinati in modo più o meno rigoroso nelle forme nei termini. Si possono ricostruire diversi modelli di processo, il nostro è tratteggiato dall'art.111 Cost, che garantisce equità ed efficienza alla tutela giurisdizionale. Qui interessa solo il processo amministrativo, che si svolge dinanzi al Tar in primo grado, e dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato in grado di appello.

2. Profili funzionaliogni processo serve a rendere giustizia, ma per arrivare a questo si possono seguire due strade: costruire il processo come semplice applicazione della legge (processo di diritto oggettivo, come il processo penale) o dare tutela alle situazioni giuridiche soggettive coinvolte (processo di diritto soggettivo, come il processo civile).il processo amministrativo segue il secondo tipo, poiché è finalizzato a tutelare le situazioni soggettive che il cittadino vanta nei confronti della pubblica amministrazione. è un processo di parti, in cui queste, e non il giudice, hanno il potere di dare inizio, farlo proseguire ed eventualmente terminare senza che la controversia sia decisa: hanno dunque la piena disponibilità del processo essendo questo un processo dispositivo (anche se con qualche eccezione, ad es. il metodo acquisitivo).Profili funzionali

- il processo amministrativo risponde all’archetipo del processo di diritto soggettivo, in quanto è finalizzato alla tutela delle situazioni giuridiche soggettive che il cittadino vanta nei confronti della PA.

Il modello processuale che si confà alla tutela delle situazioni giuridiche soggettive è il processo di parti, il processo in cui le parti, e non il giudice, hanno il potere di darvi inizio, di farlo proseguire, ed eventualmente di farlo terminare senza che il giudizio sia reso, ossia senza che la controversia sia decisa.

3. Posizione e poteri delle parti- Il processo amministrativo, come processo di parti, è caratterizzato da una peculiare distribuzione dei poteri

tra giudice e parti; che, lasciando al giudice, come è ovvio, la decisione della controversia, e la direzione del processo, attribuisce alle parti l’intera (o quasi) iniziativa processuale.

- Il modello processuale è caratterizzato dai seguenti principi o regole fondamentali:o Principio della domanda: si tratta di un principio assolutamente generale, che riguarda cioè

qualsiasi modello processuale;tale principio sostiene che: non solo il giudice non può attivarsi ad aprire il processo senza una domanda di parte, ma egli è tenuto a dimensionare il giudizio esattamente sulla domanda (o domande) di parte, nel senso che deve pronunciarsi su tutte e solamente sulle domande di parte;

il giudice è vincolato alla domanda di parte;

o Principio dell’impulso di parte: il processo inizia e persegue soltanto se la parte (una delle parti) adotti appositi atti di impulso.A prescindere dalla domanda iniziale (ricorso), occorre un atto di fissazione per ogni udienza, così come un atto di richiesta per ogni operazione istruttoria, che il giudice debba compiere.

Solo per l’istruzione probatoria sussiste un potere del giudice non condizionato dalla richiesta di parte; ed è ciò determina il c.d. carattere (o metodo) acquisitivo del p. amm;

o Principio della disponibilità del processo: il processo amministrativo non termina necessariamente con la formulazione del giudizio e l’emanazione della sentenza; può terminare per ragioni obiettive (cessazione della materia del contendere; difetto sopravvenuto di interesse) o per atti (rinuncia) e inerzia (perenzione) di parte.La parte attrice (ricorrente) può rinunciare al ricorso in ogni fase e grado del processo, perfino in grado di appello e dopo aver ottenuto una sentenza di primo grado favorevole. A differenza di quanto avviene nel processo civile, la rinuncia non ha bisogno di essere accettata dalle controparti; è sufficiente che venga loro notificata.

4. Posizione e poteri del giudiceIl giudice ha il compito di formulare il giudizio, e di dirigere il processo (su istanza di parte).Può condurre anche d’ufficio l’istruzione, l’integrazione del contraddittorio, i decreti di presa d’atto di rinuncia, l’estinzione, la sospensione e l’interruzione.

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Principi -Di collegialità:Non vi è la figura del giudice istruttore (anche se tale principio di sta ammorbidendo)-Acquisitivo:Il giudice anche d’ufficio può acquisire e valutare le prove (è stato modificato il principio dell’onere della prova: le parti devono solo allegare i fatti e fornire un principio di prova onere del principio di prova).Il giudice in ogni caso non può andare a vantaggio di una sola parte (sarebbe violata l’imparzialità del giudice), bensì ciò si giustifica solo quando la prova non è nella disponibilità della parte.- Al giudice spetta, oltre alla formulazione del giudizio, la direzione del processo:

- Adotta, su istanza di parte, i decreti di fissazione delle udienze;- Adotta, anche d’ufficio, le ordinanze istruttorie e di integrazione del contraddittorio, i decreti di presa

d’atto della rinuncia, della cessazione della materia del contendere, della estinzione del processo e della maturazione del processo;

- Pronuncia eventualmente la sospensione e la interruzione del processo;- Adotta le ordinanze cautelari e, in caso di controversie concernenti diritti soggettivi patrimoniali, le

ordinanze anticipatorie.1. Il dato che caratterizza il processo amministrativo, sotto il profilo dei poteri del giudice, è il c.d. metodo (o

principio) acquisitivo: al giudice viene riconosciuto il potere , non solo di valutare,, ma anche di acquisire le prove, prescindendo dalla iniziativa di parte.Dato il potere del giudice di acquisire d’ufficio le prove, sulle parti grava l’onere di allegare i fatti e di fornire un principio di prova.

Il giudice amministrativo :

o ha il potere di acquisire le prove, ponendole a carico della parte che ne abbia la disponibilità (in genere l’amministrazione);

o ha il potere di valutare liberamente, secondo il suo prudente apprezzamento, la prove acquisite al giudizio;

o ma nei casi dubbi deve applicare la regola di cui all’art. 2697 c.c., ossia la regola di giudizio dell’onere della prova, la quale comporta due regole:

1. regola istruttoria, che attiene all’allegazione e alla prova dei fatti;2. regola decisoria, che attiene al modo di elaborare il giudizio nel caso che i fatti siano allegati

rimasti incerti (non pienamente provati).

Sezione seconda: Profili oggettivi e strutturali

1. L’oggetto del processo in generaleIl processo nasce come giudizio di impugnazione di atti amministrativi. Risponde ad un tipo di tutela reattiva, che presuppone che l'amministrazione abbia posto in essere altro comportamenti e colui che si rivolge al giudice ritiene lesivi delle sue situazioni giuridiche soggettive. Essendo giudizio di impugnazione, il processo amministrativo o di solito essere instaurato solo dopo che un provvedimento sia stato adottato: quest'ultimo riveste dunque il ruolo il presupposto processuale, di oggetto della cognizione del giudice e di oggetto della decisione. Non si può non dire dunque che l'atto sia l'oggetto del processo, anche se la stessa nozione di oggetto del processo è assai controversa. Oggetto del processo è l'operazione logica del giudizio, oggetto del giudizio è là controversia, oggetto della controversia e uno più questioni di diritto sostanziale. Tale situazione sostanziale la questione dedotta in giudizio, su cui il giudice deve pronunciarsi. La materia del contendere può assumere dimensioni assai vaste dovendo articolarsi in questioni pregiudiziali di rito, questioni preliminari di merito e questione principale di merito.

2. L’oggetto del processo amministrativoOggetto è l’atto (perché presupposto dello stesso processo) o la questione che concerne la sua legittimità?La dottrina propende più per la prima soluzione, ma poi non si spiegherebbe il contenuto conformativo della sentenza, che traccia la via che la PA deve seguire per adottare gli altri provvedimenti necessari a colmare la lacuna giurisdizionale. Questo si spiega solo se l’oggetto si espande fino a comprendere le questioni attenenti la tutela delle situazioni giuridiche soggettive.Oggetto sono questioni attinenti la tutela quando si tratta non più di processo su atti, ma su comportamenti (es. silenzio, accesso).

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Oggetto è quindi il rapporto amministrativo, ossia la legittimità degli atti che costituiscono l’esercizio del potere amministrativo, in funzione della tutela dell’interesse dei privati.

3. Profili strutturaliCaratteri principali sono la concentrazione, l’oralità e la pubblicità. Manca la fase istruttoria. Si passa dalla fase introduttiva alla decisione, in una sola udienza di discussione orale.Oltre al rito ordinario:a) Rito immediato:Il giudizio è definito nel merito in sede di decisione della domanda cautelare, se la materia del contendere è di facile soluzioneb) Rito abbreviato:Riduzione della metà di tutti i termini tranne che per la proposizione della domanda e dell’appello, previsti necessariamente in alcuni casic) Rito accelerato:Nei casi in cui si applica il rito abbreviato, vi può far ricorso il giudice se vi è illegittimità dell’atto impugnato o la sussistenza di pregiudizio grave e irreparabile.Comunque in tutti i casi vi è cognizione piena, e si tratta di riti ordinari.Riti speciali infatti sono: quello avverso il silenzio, quello per l’accesso e il processo elettorale.

4. Spunti di riflessioneIl processo amministrativo, concepito originariamente come processo di impugnazione di atti e di verifica del modo di esercizio del potere, non ha mai perso tale carattere; tuttavia nel tempo si è adattato alle esigenze di effettiva tutela delle situazioni giuridiche soggettive. Infatti il processo di impugnazione non può assicurare nessuna tutela quando non esista alcun atto, come ad esempio nel caso del silenzio. Con l'avvento della giurisdizione esclusiva il processo di impugnazione è risultato troppo stretto per assicurare da solo piena tutela dei diritti soggettivi. Non ha però avuto modifiche profonde sostanziali, ritenendo il legislatore di elaborare diversi modelli processuali. Solo dal 2000 si può ritenere che sia iniziata una diversa fase evolutiva, ma ben lontano ancora da maturazione.

CAPITOLO 2I PRINCIPI DEL GIUSTO PROCESSO

Sezione prima: I principi strutturali o di equità

1. Il giusto processo1999: modifica dell’art.111 Cost., al quale venne aggiunta l’espressione “giusto processo”, rendendo espliciti i principi già attuati nella pratica.1 comma:“la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”È sancita la riserva assoluta di legge: la disciplina processuale deve essere stabilita da leggi statali e si deve modellare secondo i principi del giusto processo (tuttavia nel diritto amministrativo tale riserva di legge non è del tutto rispettata, perché la disciplina è contenuta in un regolamento)2 comma:“ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”.

Principi strutturali, attribuiti al processo in quanto tale, e sono:

Principio di precostituzione, indipendenza, terzietà ed imparzialità del giudice Principio del contraddittorio paritario Principio della necessaria motivazione di tutti i provvedimenti giurisdizionali

Principi funzionali, riguardanti il processo come strumento efficiente di tutela giurisdizionale, e sono:

Principio della generalità della tutela giurisdizionale e della inviolabilità del diritto di difesa; Principio di pienezza della tutela; Principio di tempestività della tutela; Principio di tendenziale massima accessibilità alla tutela nel merito.

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2. I principi riguardanti il giudice-Principio del giudice naturale-Principio di indipendenza-Imparzialità (principio della domanda)-Terzietà (ricusazione ed astensione)-Il giudice ha inoltre il dovere di motivare tutti i provvedimenti giurisdizionali.

- Il principio del giudice naturale, nel quale le regole sulla giurisdizione e sulla competenza consentono di evitare che il giudice possa essere scelto, volta a volta, da una delle parti.

- Il principio di indipendenza, in cui il giudice, inteso come organo giudicante, deve essere posto al riparo da influenze estranee, soprattutto da influenze (sia formali che informali) di altri poteri pubblici.

-3.Sui principi di terzietà ed imparzialità.i principi di terzietà ed imparzialità riguardano il giudice come persona: gli si richiede di essere terzo, ossia equidistante rispetto alle parti, ed imparziale nella decisione della controversia, ossia equidistante rispetto agli interessi coinvolti. Tali principi sono della corte costituzionale elemento essenziale della stessa natura della giurisdizione. Dovendo i magistrati amministrativi, come ogni altro cittadino, rivolgersi spesso alle amministrazioni pubbliche, è auspicabile che venga stabilito un limite di durata della permanenza dei magistrati amministrativi nella stessa sede e con le stesse funzioni. È necessario poi distinguere tra poteri di direzione del processo poteri di giudizio: mentre è meglio lasciare larga discrezionalità al giudice circa i primi, per i secondi è necessario che se la legge ha disciplinato in modo per quanto possibile incisivo. Al principio di terzietà può essere rapportato anche il principe della domanda, che si fonda sulla distinzione tra chi propone e illustra alla controversia e chi la decide.

- I principi di terzietà ed imparzialità riguardano direttamente il giudice come persona: a lui l’ordinamento richiede di essere terzo, ossia equidistante, rispetto alle parti, ed imparziale nella decisione della controversia, ossia equidistante rispetto agli interessi coinvolti nel giudizio.

- Inoltre, per evitare che si stabiliscano rapporti di consonanza (o dissonanza) tra il giudice e le parti, è stato proposto un limite di durata della permanenza dei magistrati amministrativi nella stessa sede e con le stesse funzioni.

- Il principio di terzietà rispetto alle parti può, e forse deve, influire sui poteri attribuiti al giudice;Distinguendo tra poteri di direzione del processo e poteri di giudizio, mentre per i primi è opportuno lasciare al giudice ampia discrezionalità, per i secondi è più opportuno che sia la legge a disciplinarli in modo per quanto possibile incisivo.

4. La forza della prevenzioneIn relazione al principio di imparzialità è stato più volte affrontato il problema della forza della prevenzione: un giudice persona fisica che si sia occupato una volta di una controversia non può occuparsene una seconda volta, in altro grado o fase del suo stesso processo. La soluzione dell'astensione e della ricusazione, adottate nel processo civile, possono essere accolte anche per quello amministrativo. La forza della prevenzione può avere peso effettivo quando lo stesso magistrato si deve pronunciare esattamente il suo stesso oggetto, e ciò non si verifica netta processo cautelare processo di merito, né tra processi ingiuntivo e processo di merito su opposizione al decreto, netta processo ordinario e processo di ottemperanza. Sussiste forza di prevenzione invece tra primo secondo grado, da processo ordinario processo di rievocazione e tra processo ordinario e opposizione di terzo. A differenza del giudizio civile, in presenza di un'istanza di ricusazione è qui il giudizio principale non viene sospeso, e il giudice ricusato può partecipare al collegio che decide sulla sua ricusazione (disciplina non conforme al principio di imparzialità, che dovrebbe essere presto modificata). L'imparzialità rappresenta infatti un connotato intrinseco dell'attività del giudice e dove dovesse mancare, le regole le garanzie processuali si svuoterebbero di significato. I principi di imparzialità è infatti canone essenziale del giusto processo riferibile al giudice: l'indipendenza da terzietà sono suoi corollari. Il giudice deve anche motivare tutti provvedimenti giurisdizionali, regola a lungo inosservato dal giudice amministrativo per quanto riguarda le ordinanze cautelari, ma ormai tale prassi è superata. Anche le sentenze in forma semplificata devono contenere la motivazione che può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto di diritto ritenuto risolutivo o ad un precedente conforme.

5. Principi riguardanti le parti

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Per quanto riguarda il principio del contraddittorio e della parità delle armi, tra la PA e i privati vi è notevole squilibrio di base, che non può riflettersi sul processo.Metodo acquisitivo: in relazione al principio della parità effettiva tra le parti nel caso in cui le prove si trovino nella disponibilità della sola parte pubblica.- Il principio del contraddittorio, in cui ciascuna parte deve disporre di strumenti equivalenti per determinare

il convincimento del giudice e, di conseguenza, il contenuto della decisione.- Nel diritto sostanziale amministrativo i soggetti non hanno posizioni paritarie: i soggetti pubblici sono di norma

titolari di poteri e i soggetti privati di interessi legittimi; quindi la parte pubblica deve avere posizione e poteri del tutto equivalenti a quelli delle parti private.

- Nella concreta disciplina processuale la parità della posizioni e il razionale svolgimento del dibattito tra le parti vengono assicurati dalla sequenza del ricorso, controricorso, memorie scritte, discussione orale.

- È opinione universalmente condivisa che il confronto dialettico tra le parti costituisca il metodo migliore per giungere ad una decisione “giusta”

6. Completezza e continuità del contraddittorio

- Il contraddittorio, per essere tale, deve rispondere ai requisiti della:o Completezza , ossia deve estendersi a tutti i soggetti interessati alla controversia;

Sotto questo profilo il processo amministrativo mostra qualche smagliatura: il ricorso deve essere notificato, a pena dell’inammissibilità, soltanto ad uno dei contro interessati; ciò comporta che alcune parti necessarie del giudizio non partecipino a tutte le fasi del processo, così che l’integrazione del contraddittorio deve essere disposta dal giudice tempestivamente, anche, se necessario, prima della decisione sulla istanza cautelare.

Più grave è la prassi di consentire che il processo di ottemperanza sia instaurato, proseguito e concluso senza che ne siano avvertite le controparti; ciò detto è in contrasto con il principio del contraddittorio.

o Continuità , ossia deve riguardare ogni fase del processo;Sotto questo profilo il contraddittorio deve essere integro lungo l’intera durata del processo: deve consentire che la dialettica tra le parti sia organizzata razionalmente e che il dialogo con il giudice sia continuo.

Nella fase cautelare si può giustificare che la decisione venga assunta anche in assenza di contraddittorio nei soli casi di “estrema gravità ed urgenza”.

Di regola, viceversa, il contraddittorio deve essere integro anche nella (ordinaria) fase cautelare. Peraltro, secondo la disciplina in vigore, questa esigenza può apparire non rispettata, per la compresenza di due disposizioni:

1. L’una che prevede che la decisione sull’istanza cautelare venga assunta nella camera di consiglio immediatamente successiva ai 10 giorni decorrenti dalla notifica del ricorso;Rispettando tale termine, si lede il principio del contraddittorio;

2. L’altra che assegna alle parti resistenti e contro interessate il termine di 20 giorni, decorrenti dal termine per il deposito del ricorso, per costituirsi in giudizio;se si tiene conto di ciò si svalutano le ragioni d’urgenza.

- Il contraddittorio deve sussistere sia nella fase istruttoria, in particolare nella formazione delle prove, sia nella formazione del convincimento del giudice.In linea generale si può affermare che nessuna decisione del giudice, sia istruttoria, sia di merito, possa essere adottata senza che le parti abbiano avuto modo di pronunciarsi preventivamente sulla questione da decidere.

7. Il contraddittorio nell’istruzione e nella decisioneSul piano istruttorio, dato che il giudice amministrativo a grazie al metodo acquisitivo il potere di acquisire le prove, è necessario che l'ordinanza di acquisizione sia preceduta dal dibattito sulla rilevanza delle prove d'acquisire. Anche per quanto riguarda le questioni rilevabili d'ufficio, tale rilevabilità d'ufficio non significa che tale questione possa essere decisa d'ufficio senza essere sottoposta contraddittorio delle parti. Per la stessa ragione

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il giudice non può decidere la controversia assumendo una soluzione diversa da quelle prospettate dalle parti (cd.terza via) e sulle quali si è svolto il confronto dialettico. Si giudice ritiene di scegliere la terza via deve sottoporla preventivamente al contraddittorio. Lo stesso se il giudice voglia utilizzare il suo sapere privato, o fatti notori o presunzioni. Il pieno rispetto del contraddittorio può certo appesantire il processo ma è l'unico modo per giungere ad una più convincente decisione.

Sezione seconda: Principi funzionali o di efficienza

1. Sulla generalità della tutelaScopo del processo è sicuramente fornire tutela giusta alle situazioni giuridiche soggettive: questa per essere giusta deve essere generale, piena e tempestiva. La generalità è sancita dall'articolo 24 della costituzione e, con riferimento specifico alle controversie nei confronti dell'amministrazione pubblica, dall'articolo 113 s il quale contro di atti della medesima è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti degli interessi legittimi davanti agli organi di giurisdizione ordinario amministrativa. Oltre al diritto di azione, è sancito dalla costituzione anche il diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento che è qualificato come diritto inviolabile. comportando il processo dei costi economici, la costituzione assicura ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire di difendersi davanti ad ogni giurisdizione (anche se finora si sono rilevati completamente inadeguati alle esigenze).

2. Sulla pienezza della tutelaIl processo deve assicurare ogni possibile forma di tutela, senza limitazioni: la stessa costituzione prescrive che la tutela non può essere escluso limitata a particolari mezzi di impugnazione. Tuttavia la disciplina del processo amministrativo non consente tutte le forme di tutela possibili: tale situazione in chiaro contrasto con i principi del giusto processo si spiega solo con nell'inerzia delle legislatore. Il quadro ancora più insoddisfacente se si pensa al sistema probatorio. C'è da concludere che la disciplina del processo amministrativo deve essere quindi profondamente rivista, per adeguarla a modello costituzionale, ridisegnando in senso riduttivo anche le innumerevoli cause di inammissibilità, i ricevibilità ed improcedibilità che impediscono che il processo possa chiudersi con una soluzione della questione di merito.

3. Sulla ragionevole durata del processoOvviamente la tutela giurisdizionale per essere effettiva deve essere tempestiva: già Bentham scriveva justice dalayed is justice denied.La stessa corte costituzionale, prima della modifica dell'articolo 111, aveva sancito che il diritto di azione implica una ragionevole durata del processo affinché la tutela giurisdizionale assicuri l'efficace protezione dei diritti e della realizzazione della giustizia. La CEDU configura come vere proprio diritto alla controversia sia decisa in tempo ragionevole, secondo parametri ormai consolidati che tengono conto della peculiarità dei procedimenti, della complessità della controversia e del comportamento delle parti nonché degli organi pubblici. L'articolo 111 demanda invece alla legge dello Stato il compito di assicurare che il processo abbia una durata ragionevole, prevedendo anche riti semplificati abbreviati accelerati per soddisfare tutte le esigenze di rapida soluzione. Ciò che manca è però un adeguato numero di magistrati e di personale di segreteria. Per porre freno alle ricorrenti condanne della corte di Strasburgo per l'eccessiva durata dei processi, in Italia è stata emanata una legge del 2001 che aprisse una speciale processo di competenza della corte d'appello per coloro che abbiano subito un danno, anche patrimoniale, per l'eccessiva durata del processo. La nuova legge trasforma quello che secondo la convenzione è un diritto all'indennizzo in un diritto al risarcimento del danno, il che comporta che non si debba provare in giudizio solo la durata irragionevole del processo ma anche l'esistenza di un danno e il nesso di causalità tra la durata del processo e il danno subito.

PARTE 4STATICA DEL PROCESSO

CAPITOLO 1LA TIPOLOGIA DELLE AZIONI PROPONIBILI

Sezione prima: Premesse

1. Azione e situazioni giuridiche soggettive

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Il comma 1 dell'art.24 Cost.fa definire l'azione come il potere, attribuito a tutti i soggetti dell'ordinamento, di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi." tutti" assicura il carattere della generalità dell'azione, che prescinde dall'esistenza della situazione giuridica sostanziale: l'agire in giudizio ha rilevanza alle norme processuali che considerano il profilo oggettivo dell'esercizio dell'azione, staccandolo dalla situazione giuridica sostanziale. Tuttavia l'azione è data per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, per cui si agisce in giudizio per tutelare situazioni giuridiche soggettive sostanziali. È dunque descritta l'azione come diritto autonomo rispetto le situazioni giuridiche soggettive e si intendono far valere in giudizio, ma occorre sempre che si lamenti della lesione di una situazione giuridica sostanziale.I caratteri dell’azione sono:

Generalità Autonomia Astrattezza Le tipologie di azioni che possono essere prospettabili dinnanzi all'autorità giurisdizionale sono essenzialmente 3:

1. Cognizione2. Esecutive (giudizio di ottemperanza)3. CautelariOgnuna di queste tipologie di azioni ha tutti i suoi perché dal nome stesso:

- l'azione cautelare è un qualcosa che serve prima per cautelare, per cautelarsi;- l'azione esecutiva è l'azione che serve per fare qualche cosa, per eseguire qualcosa;- l'azione di cognizione serve per conoscere qualcosa.

Questi sono i 3 macrotipi di azioni che poi si andranno a suddividere al loro interno ulteriormente,in particolare quelle di cognizione dove abbiamo le azioni di mero accertamento,di condanna e le azioni costitutive.

Le azioni esperibili nel processo di cognizione sono:

1. Azione di mero accertamentoL’azione di accertamento è l’azione con cui la parte chiede al giudice il mero accertamento, cioè semplicemente di accertare il proprio diritto senza che a ciò consegua la condanna, senza che a ciò consegua alcunché: tipica azione di mero accertamento è l’azione di nullità del contratto, perché si dice che se io accerto che il contratto è nullo accerto che il contratto non c’è mai stato, quindi non lo sciolgo, non faccio niente, è un’azione di mero accertamento.

Azione dichiarativa finalizzata al mero riconoscimento della sussistenza di un diritto soggettivo, patrimoniale e non, in capo al ricorrente in sede di giurisdizione esclusiva;

Poiché l’oggetto deve essere un diritto soggettivo, l’azione non è soggetta a termini di decadenza, salvi i termini di prescrizione del diritto stesso;

Tale azione non può essere esperita a tutela di interessi legittimi ed in tutti i casi in cui sia impugnabile un provvedimento amministrativo.

2. Azione di condannaIl passaggio successivo è l’azione di condanna: io chiedo il mero accertamento del mio diritto, ma chiedo anche che una volta che il giudice l’ha accertato condanni la controparte a pagare. Questo secondo tipo di azione, si differenzia da quella precedente perché consente la formazione del titolo esecutivo. All’azione di condanna consegue, come effetto primario, la formazione del titolo esecutivo ed il passaggio all’esecuzione forzata.

Introdotta dall’art.26 della legge Tar per le controversie inerenti la giurisdizione esclusiva e di merito poteva avere ad oggetto la condanna della p.a. solo ad obbligazioni pecuniarie;

La legge imponeva quindi due grossi limiti:o l’azione poteva essere esperita SOLO contro la p.a., a cui invece veniva negata la possibilità

di chiedere la condanna del privato;o la sentenza poteva imporre SOLO il pagamento di una somma di denaro, quando invece a

fronte di lesione di diritti soggettivi sarebbe stato necessario prevedere anche forme differenziate di esecuzione (facere, dare).

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3. Azione costitutivaIl terzo tipo di azioni di cognizione civile sono le azioni costitutive, che sono quelle azioni con cui il giudice con la sua pronuncia modifica una situazione di fatto.

Esempio: c’era un contratto, il giudice lo risolve, lo rescinde, lo annulla, il contratto non c’è più, quindi la sentenza agisce sul mondo dei fatti giuridici cambiando qualche cosa. Il divorzio è una sentenza costitutiva, la separazione è una sentenza costitutiva, anche in campo contrattuale ne troviamo tantissime: la risoluzione, la rescissione, l’annullamento, la creazione di una servitù.

Azione generale (sempre ammessa) di tutela successiva per la lesione di un interesse legittimo e finalizzata all’annullamento di un provvedimento amministrativo definitivo o, nel caso di giurisdizione di merito la riforma dello stesso in senso utile per il ricorrente;

Presupposto dell’azione è la lesione concreta ed attuale di un interesse legittimo; Oggetto dell’azione deve essere un provvedimento emanato da un‘autorità amministrativa.

L’azione contro il silenzio-rifiuto

Il silenzio-rifiuto identifica un’inerzia della p.a. a fronte di un DOVERE di adempiere in maniera espressa; In tale ipotesi la lesione dell’interesse legittimo non è connessa ad un provvedimento, ma alla carenza dello

stesso, quindi è causata dall’inerzia della p.a., dall’inadempimento dell’obbligo di provvedere; Secondo la normativa precedente, di fronte al silenzio il cittadino, trascorso inutilmente il termine di adozione

del provvedimento, doveva notificare un diffida ad adempiere entro 30 giorni, trascorsi inutilmente i quali, era legittimato a ricorrere

Il novellato art. 21-bis della legge Tar disciplina il ricorso contro il silenzio come rito speciale ed abbreviato: Il silenzio rifiuto si configura automaticamente allo scadere del termine previsto per provvedere; Il ricorso non è soggetto a termini di decadenza (60 giorni) ma deve avvenire, nell’inerzia della p.a., entro 1

ANNO dalla scadenza del termine utile del procedimento omesso. Il Giudice, una volta accolto il ricorso, ed indagato la fondatezza dell’istanza, ORDINA alla p.a. di provvedere

(non come provvedere) in un termine perentorio (non oltre i 30 gg.), trascorso inutilmente il quale, nomina un commissario ad acta.

Il silenzio-rigetto

Il silenzio-rigetto è un silenzio che ha natura effettivamente negativa sul ricorso ma ha effetti meramente processuali, cioè ha l’effetto per il ricorrente di adire un’ulteriore via, tanto amministrativa quanto giurisdizionale.

Decorso il termine di 90 giorni dalla presentazione del ricorso senza che l’amministrazione abbia risposto, il ricorso si considera respinto a tutti gli effetti e contro il provvedimento impugnato (e non contro il silenzio, che quindi non è atto amministrativo) è possibile il ricorso al TAR o al PdR.

La pubblica amministrazione può sempre assumere una decisione tardiva e se è di accoglimento cesserà la materia del contendere e potrà essere impugnata dai controinteressati e se è di rigetto non porrà alcun onere di impugnativa.

Passato in giudicato della sentenza rende inefficace decisione tardiva.

Il silenzio rigetto dà la possibilità di presentare prima il ricorso amministrativo e poi, nel caso in cui sia rigettato, il ricorso davanti al tribunale amministrativo entro i 60 giorni dal silenzio rigetto o al Presidente della Repubblica entro i 120 gg.

Se si è formato il silenzio rigetto, che non ha natura sostanziale, anche dopo il silenzio rigetto posso insistere affinché l’amministrazione si pronunci, diffidandola a provvedere: dato che il silenzio rigetto non sostituisce un atto amministrativo, come il silenzio diniego, è quindi ancora aperto il procedimento amministrativo azionato dal ricorso. Il privato può o agire direttamente davanti al tribunale amministrativo oppure diffidare all’emanazione di un atto.

Con il silenzio rigetto non si produce un effetto pregiudiziale: mentre il silenzio diniego riguarda un’attività amministrativa in senso proprio dell’Amministrazione, che è come se emanasse un provvedimento di diniego di un ricorso, nel caso di ricorso gerarchico, che prevede un’attività quasi-giurisdizionale, non c’è attività propriamente amministrativa.

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Dal momento in cui decorre il termine per la pronuncia dell’amministrazione, 90 gg., e si sarà formato il silenzio rigetto, inizieranno a decorrere i termini per presentare il ricorso al TAR o il ricorso straordinario al PdR, che avranno come oggetto non il silenzio rigetto , ma il provvedimento già impugnato con il ricorso gerarchico.

4. Azione generale di legittimità, anche in merito ed esclusivaAltra distinzione riguarda l'insieme dei poteri del giudice amministrativo nelle tre giurisdizioni che gli appartengono: legittimità, merito ed esclusiva. L'azione di legittimità è detta generale, perché è esercitabile davanti al giudice amministrativo indipendentemente dalla giurisdizione cui decida. L'azione anche in merito è estesa all'opportunità e convenienza dell'azione amministrativa ed al fatto, ed è fornita quindi di più ampi mezzi di prova. L'azione in sede di giurisdizione esclusiva è attribuita al giudice per le materie espressamente previste dalla legge.

5. Azione di piena giurisdizioneL'azione esclusiva, soprattutto in seguito alla novella del 2000, ha indotto la dottrina a parlare di azione di piena giurisdizione, poiché vi è esercizio di potere giurisdizionale e spesso a tutti gli aspetti della controversia per tutti i poteri. Il giudice amministrativo conosce anche delle questioni conseguenziali e può condannare da pubblica amministrazione alle risarcimento dei danni; svolge dunque un'indagine a tutto campo, senza essere condizionato dall'atto amministrativo.

6. Azione collettivaLa legge 4 marzo 2009, n. 15 ha delegato il governo ad adottare decreti legislativi per ottimizzare il lavoro pubblico e l'efficienza e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni. l'esercizio di questa delega prevede mezzi di tutela giurisdizionale degli interessati nei confronti delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici e si discostano dagli standard qualitativi ed economici fissati, e prevede l'obbligo per le amministrazioni con standard al di sotto dei minimi di fissare l'obiettivo di allineamento entro un termine ragionevole. Lo scopo sembra quello di voler istituire controllo diffuso da parte dei cittadini che possono investire anche il giudice amministrativo in caso di disfunzioni della pubblica amministrazione. L'azione è posta a tutela di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti o consumatori, la lesione di tali interessi è dovuta al cattivo funzionamento della pubblica amministrazione, e l'azione è proponibile a seguito di apposita diffida all'amministrazione. Le controversie sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva e di merito, che offre al giudice i più ampi poteri istruttori. L'azione si propone lo scopo di soddisfare gli interessi di una pluralità di utenti o consumatori e di attivare le procedure relative all'accertamento già nella fase precedente al giudizio, ossia con la diffida processuale.

Sezione seconda: L’azione di mero accertamento

1. Azione di mero accertamento: principi generaliNella giurisdizione generale di legittimità si è uso che sia possibile un'azione di mero accertamento, perché qui si tutela solo l'interesse legittimo, situazione che nasce quando si dà inizio al procedimento amministrativo. Sulla sua soddisfazione passa quindi necessariamente attraverso l'eliminazione degli effetti dell'azione autoritativa o nella produzione degli effetti dell'azione amministrativa, non in una mera affermazione. L'azione di mero accertamento è dunque esclusa per la tutela dell'interesse legittimo, anche se in passato si riteneva esistente nel caso in cui il giudice decideva sul silenzio-inadempimento della pubblica amministrazione, oggi considerato però azione di condanna. Sono ovviamente pronunciati sentenze di mero accertamento per la tutela dell'interesse legittimo, ma queste saranno limitate al rito.

2. Azione di nullitàRecentemente la giurisdizione di legittimità sta facendo strada ad azioni dichiarativo è nei casi di nullità dell'atto amministrativo e di impugnativa della DIA da parte di terzi interessati. L'esclusione di un'azione di accertamento nella giurisdizione generale di legittimità è legata all'affermazione che l'unico stato viziato del provvedimento amministrativo è l'annullabilità, con la conseguenza che l'atto pur illegittimo produce effetti. La questione dell'ammissibilità di tale azione di accertamento della nullità dell'atto amministrativo, improduttivo di effetti giuridici, ha acquistato rilevanza nel 2005 a seguito di un articolo che disciplina le ipotesi di nullità dell'atto amministrativo ravvisandole: nella mancanza degli elementi essenziali, nel difetto assoluto di attribuzione, nella violazione o elusione del giudicato e negli altri casi espressamente previsti dalla legge.

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3. Tutela del terzo avverso la DIAL'azione di era accertamento trova il suo campo di elezione nella giurisdizione esclusiva che riguarda anche la tutela diritti soggettivi. Per quanto riguarda la DIA, si sono dibattute diversi tesi per l'azione che può usare il terzo leso dall'attività svolta: per alcuni dovrebbe proporre domanda di annullamento della determinazione formatasi in forma tacita, poiché l'amministrazione non è intervenuta a bloccare l'attività; per altri dovrebbe notificare atto di diffida all'amministrazione ad esercitare il suo potere. Di recente è stato evidenziato che la DIA è un atto privato e che la sostituzione del provvedimento espresso quella dichiarazione dell'interessato non può diminuire le possibilità di tutela giurisdizionale del terzo: per questo il Consiglio di Stato ha individuato nell'azione di accertamento autonomo la tutela del terzo tipo chiedere al giudice amministrativo di accertare che non sussistono i presupposti giuridici per svolgere l'attività oggetto della DIA.in caso di esito favorevole dell' accertamento, grava sull'amministrazione l'obbligo di ordinare la rimozione degli effetti. Per là giurisdizione di merito l'azione di era accertamento è ammissibile quando le materie attribuite a tale giurisdizione riguardino anche diritti soggettivi o interessi legittimi se si è in presenza di un atto amministrativo nullo.

Sezione terza: Le azioni di condanna

1. Condanna al pagamento di somme di denaro di cui la P.A. risulti debitriceEra previsto in precedenza che il giudice amministrativo potesse condannare l'amministrazione al pagamento delle somme di cui risultava debitrice nella materia relativa ai diritti attribuiti alla sua competenza esclusiva e di merito: tale previsione era interpretata nel senso che il giudice potesse condannare la pubblica amministrazione anche nelle materie appartenenti alla sola giurisdizione esclusiva o di merito. Tuttavia raramente il giudice amministrativo ha emesso sentenze di condanna.

2. Condanna al pagamento delle spese di liteL'azione di condanna al pagamento delle spese e competenze di lite, pur consequenziale all'accoglimento del ricorso, è autonoma, perché accessoria all'esito della lite. Il giudice amministrativo si avvale spesso del potere di compensare le spese di lite, ed appare restio a condannare al pagamento delle spese la pubblica amministrazione, perché ancora condizionato dall'idea che alla parte pubblica non possa essere irrogata alcuna sanzione. Tale azione di condanna è ammissibile in tutte e tre le giurisdizioni, ed anche in sede cautelare.

3. Condanna al risarcimento del danno, anche in forma specificaPrima del decreto legislativo 80/1998, il risarcimento dei danni era domanda riservata al giudice ordinario, mentre successivamente si stabilì che fosse possibile disporre anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto. La legge 205/2000 attribuisce la cognizione della domanda di risarcimento del danno ingiusto al giudice amministrativo in tutte le controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, anche se l'azione risarcitoria è ora ammessa anche in sede di giurisdizione di legittimità. La domanda di risarcimento conosciuta dal giudice amministrativo, è autonoma dall'azione di annullamento può è possibile solo a seguito di questo? per la generalità della dottrina l'annullamento del provvedimento amministrativo è pregiudiziale, ma tale interpretazione comporta un netto arretramento della tutela risarcitoria che la sentenza della cassazione 500/1999 ammetteva a prescindere dall'annullamento dell'atto amministrativo.si tratta sempre di un'azione di condanna, anche se ad un facere specifico poiché passa attraverso l'ordine del giudice rivolge alla parte soccombente di tenere un determinato comportamento o di adottare un atto amministrativo.

4. Condanna all’accesso ai documenti amministrativiRecentemente i documenti amministrativi sono, di regola, accessibili e solo eccezionalmente segreti per la tutela di rilevanti ed individuati interessi pubblici e diritto alla riservatezza di terzi. Contro il rifiuto della pubblica amministrazione di visione o estrazione, o il silenzio-rifiuto, è ammesso ricorso entro 30 giorni a star: il giudice ordina l'esibizione dei documenti richiesti, e si tratta dunque di un'azione di condanna ad un facere specifico. L'azione è ammessa non solo controllato della pubblica amministrazione, ma anche contro il suo comportamento inerte.

5. Condanna a provvedere (silenzio): rinvio

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Il procedimento si svolge in camera di consiglio, ed il ricorso deciso con sentenza succintamente motivata, entro 30 giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso. L'appello può essere proposto entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza o 90 dalla comunicazione della pubblicazione. Alla ricorrente è attribuita un'azione di condanna ad un facere specifico.

6. Condanna alla restituzione di un bene immobile occupato senza (valido) titoloQui è prevista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Può accadere che l'amministrazione si immetta in un fondo senza alcun titolo o che il decreto di esproprio venga annullato: in tal ipotesi l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, valutati gli interessi in conflitto, può disporre che il bene immobile ad acquisito al suo patrimonio disponibile e che al proprietario vadano risarciti danni. L'interessato ovviamente può ricorrere controllato di acquisizione e la quantificazione del danno e può inoltre esercitare un'azione volta le restituzione di un bene utilizzato per scopi di interesse pubblico. Questa azione è di condanna alla restituzione di un bene determinato, e si può inquadrare nell'azione di condanna alle risarcimento in forma specifica.

Sezione quarta: Le azioni costitutive

1. Costitutive di annullamentoSin dall'inizio l'azione il principe davanti al giudice amministrativo è stata quella costitutiva di annullamento dell'atto bugnato, tuttora di gran lunga prevalente: l'effetto è quello di eliminare il provvedimento amministrativo, l'azione ha dunque effetto demolitorio.

2. Azioni miste: costitutive di annullamento e di condanna all’emanazione dell’atto amministrativoAmministrativo, pur mantenendo fermo il dispositivo della sentenza nell'annullamento della impugnato, ha indicato le direttive dell'azione amministrativa attraverso la motivazione, con l'effetto conformativo.La motivazione della sentenza del giudice amministrativo ha tuttavia un rilievo diverso da quella del giudice civile: quest'ultimo conclude la sentenza con un dispositivo articolato, assegnando la motivazione solo il compito di spiegare le ragioni; la sentenza del giudice amministrativo invece si conclude con un dispositivo di mero annullamento, rendendo necessario l'esame della motivazione per comprendere le ragioni della decisione. L'effetto conformativo della sentenza si ricava dunque dalla motivazione.

3. Costitutive di riforma e di produzioneSono quelle azioni che attribuiscono alla ricorrente il potere di chiedere al giudice di modificare l'atto amministrativo impugnato, o comunque di dettare direttamente la regolamento azione del rapporto tra le parti della controversia. Il giudice ha potere cognitorio pieno, e tale azione è completamente sconosciuta al processo civile poiché comporterebbe la sostituzione della volontà del giudice alle scelte autonome delle parti. È invece possibile nel giudizio amministrativo in sede di giurisdizione di merito, in quanto la pubblica amministrazione esercita un potere discrezionale, soggetto a principi fissati dalle norme giuridiche e da regole di buona amministrazione oggettivarli e verificabili, ed alle quali si adegua il giudice quando pronuncia la sentenza.

CAPITOLO 2LE PARTI

Sezione prima: Le parti

1. Concetti generaliNel diritto processuale, per parti si intendono i soggetti titolari del potere di costituire rapporti processuali, allo scopo di ottenere una decisione del giudice. Sono, dunque, i soggetti, diversi dal giudice, nei confronti dei quali questi è investito della decisione sulla controversia.

Si può distinguere in:

1. Parte in senso formale, cioè parte come soggetto degli atti processuali, quindi colui che propone la domanda e colui nei cui confronti la domanda è proposta;

2. Parte in senso sostanziale, cioè la parte è presa in esame non soltanto come soggetto di atti processuali, bensì come destinataria degli effetti del processo e della sentenza.

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Le parti sono i soggetti che entrano in un processo e, quindi, acquisiscono il ruolo di parti in senso formale.

In seguito possiamo distinguere in:

1. Parti necessariea. Soggetto Ricorrenteb. Soggetto Resistentec. Soggetto Controinteressato

2. Parti non necessaried. Soggetto interventore/intervenientee. Soggetto cointeressato

a. Ricorrente : è una parte necessaria che introduce il processo e che propone il ricorso, avendo interesse all’annullamento o alla riforma di un provvedimento amministrativo.(si pensi al soggetto escluso dalla graduatoria di un concorso).In questa fase è importante sottolineare gli aspetti dell’interesse a ricorrere e la legittimazione a ricorrere:

Interesse e legittimazione al ricorso sono elementi e condizioni necessarie per la corretta instaurazione del processo amministrativo;

Spetta al giudice accertare la sussistenza di entrambi in capo al ricorrente per poter procedere all’esame della domanda.

Interesse a ricorrere

Interesse proprio del ricorrente al conseguimento di una utilità o di un vantaggio attraverso il processo amministrativo;

Caratteri dell’interesse a ricorrere devono essere:o personalità : il risultato del vantaggio deve essere connesso direttamente al ricorrente;o attualità : l’interesse deve sussistere al momento del ricorso;o concretezza : l’interesse deve valutarsi con riferimento ad un pregiudizio concretamente

verificatosi ai danni del ricorrente; Se nel corso del giudizio si verifica un mutamento tale da escludere il risultato vantaggioso per il

ricorrente il ricorso diviene inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse; In questo senso sono esclusi tutti gli atti che precludono l’esistenza di uno dei caratteri necessari

dell’interesse a ricorrere:o Atti preparatorio Atti internio Atti non esecutivio Atti normativio Atti confermativi

Legittimazione a ricorrere

Il ricorrente è legittimato a ricorrere in quanto titolare di una posizione soggettiva qualificata di interesse legittimo o diritto soggettivo;

In alcuni casi eccezionali la legittimazione può essere costituita da una condizione formale prevista per legge (c.d. legittimazione ex lege) come nel caso della tutela degli interessi diffusi tutelabili in sede processuale da associazioni di settore, titolari di legittimazione ad agire ma non dell’interesse qualificato.

b. Resistente : propone il rigetto del ricorso avendo interesse che il provvedimento venga conservato. (ad esempio l’ente pubblico che indice il concorso).

c. Controinteressato : è il soggetto che ha un interesse uguale e contrario rispetto a quello del ricorrente e di conseguenza avrà interesse a che il provvedimento mantenga i suoi effetti (si pensi al soggetto vincitore del concorso). Sono contraddittori formali.

2 requisiti del contradditore:

- Titolare di una situazione di contro interesse (sostanziale); deve avere un vantaggio nella sua sfera giuridica;

- Individuato o individuabile dall’atto impugnato.d. Interventori : sono parti eventuali e sono ammessi quelli adesivi ad adiuvandum o ad opponendum. Sono

ammessi gli interventi litisconsortili e quelli principali solo se sono rispettati i termini di ricorso. Il soggetto che

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intenda intervenire ha l’obbligo di notificare l’atto alle altre parti nel domicilio eletto nel giudizio per poi depositarlo entro 20 giorni dalla data dell’ultima notifica.

4. La pubblica amministrazione come parte ricorrenteParte ricorrente può essere anche la PA in alcuni casi di giurisdizione esclusiva, o quando il processo si svolge tra 2 soggetti pubblici.

5. La parte resistenteÈ parte necessaria, ma non vi è l’onere di comparire in giudizio (nel rito amministrativo non esiste la contumacia). Spesso sorgono difficoltà in merito all’individuazione della PA, sono così stati creati diversi criteri:È giusta parte solo quella che ha emanato l’atto finaleMa talvolta anche quella che emana un atto che interviene nel corso del procedimento, ovvero assume un carattere vincolante per l’autorità preposta all’emanazione dell’atto finalePer le attività di controllo, se tale controllo conduce all’annullamento dell’atto controllato, il ricorso è contro l’amministrazione controllante; se invece conduce all’emanazione dell’atto, il ricorso è contro l’amministrazione che ha emanato quel provvedimento.Se una data funzione amministrativa è trasferita da una PA ad un’altra, è parte quella la cui funzione è stata trasferita, perché ha poteri di disposizione sull’atto impugnato.Per quanto riguarda la legittimazione dello Stato, la chiamata deve essere effettuata nella persona del Ministro competente per la materia.Per le altre amministrazioni sta in giudizio il soggetto che ne ha la rappresentanza per legge o per Statuto. Se la parte resistente è un organo indiretto della PA (soggetto privato concessionario), in ogni caso non si tratta di una vera e propria eccezione, perché comunque è un soggetto pubblico, in quanto esercita poteri spettanti alla PA.

6. I controinteressati quali contraddittori formaliColoro che traggono vantaggio nella loro situazione giuridica da un provvedimento, e che verrebbero lesi dall’annullamento di quest’ultimo (oppure coloro i quali hanno sollecitato l’autorità ad emettere il provvedimento). È contro interessato dunque chi ha interesse alla conservazione dell’atto.È parte necessaria (altrimenti sarebbe violato il principio del contraddittorio), ma non sempre è presente. Il contro interessato si individua non solo quando è specificamente indicato nell’atto impugnato, ma anche quando è agevolmente identificabile dalla lettura di questo.Il contraddittorio è integrato quando si notifica ad “almeno uno” dei contro interessati.

7. Il principio dell’integrità del contraddittorio e l’integrazione iussu iudicisIl contraddittorio è assicurato dalla Cost. In diritto amministrativo interessa solo nel momento formale in cui si instaura il rapporto processuale.Il principio del contraddittorio è rispettato se tutti i soggetti coinvolti sono messi nella condizione di poter partecipare al giudizio, perché il contraddittorio (effettivo) nel diritto amministrativo è solo eventuale.Per la parte ricorrente, vi è l’obbligo di realizzare il contraddittorio “minimo”, che sarà poi eventualmente integrato con ordine del giudice (si tratta di un potere discrezionale? Per la dottrina è potere-dovere).Anche se la dottrina spinge per riconoscere tra i possibili contro interessati anche quelli in senso sostanziale, ad oggi nella pratica si tiene conto solo di quelli in senso formale, ossia individuabili sulla base dell’atto. Il contraddittorio in diritto amministrativo, dunque, palesa evidenti limiti.I contro interessati formali hanno più facile accesso al giudizio, anche se poi per quelli in senso sostanziale vi sono maggiori aperture per quanto riguarda l’appello.I contro interessati che volessero partecipare in primo grado devono ricorrere all’intervento volontario (chi ha interesse può intervenire).Per l’appello vi sono aperture ai contro interessati sostanziali che, pur non avendo partecipato al giudizio di primo grado, hanno interesse al mantenimento dell’atto.

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8. Il controinteressato sostanzialeParti non necessarie nel processo amministrativo sono tutti quei soggetti che prendono parte al giudizio, diversi dal ricorrente, dal resistente ed al controinteressato formale. Il tema del controinteressato in senso sostanziale è destinato ad acquisire rilevanza maggiore quando si consideri l'ambito delle materie di giurisdizione esclusiva, dove il giudizio non ha necessariamente carattere impugnato odio e può dunque mancare la possibilità di ancorarsi al criterio formale della individuabilità sulla base del provvedimento impugnato. Il controinteressato sostanziale non accede al processo in e regole processuali dettate per il controinteressato in senso formale, parte necessaria, ma non gli è comunque del tutto preclusa la possibilità di partecipare nel processo attraverso altri meccanismi processuali. Per il primo grado può ricorrere allo strumento dell'intervento volontario, mentre maggiori aperture si riscontrano in tema di legittimazione ad appellare, possibile per tutti coloro che, anche se non siano stati propriamente controinteressati nel giudizio di primo grado, o che abbiano partecipato in qualità di interventori volontari, abbiano tuttavia un apprezzabile interesse al mantenimento dell'atto impugnato.

9. I cointeressatiSono soggetti titolari di un interesse della stessa natura di quello del ricorrente.Non sono parti necessarie, perché la legge istitutiva dei TAR indica come contraddittori necessari i contro interessati ai quali l’atto si riferisce. Non nomina i cointeressati.Non vi sono quindi ipotesi di litisconsorzio necessario dal lato attivo, tranne che in tema di giurisdizione esclusiva, quando una decisione non può pronunciarsi che nei confronti di più parti (in questo caso vi è l’obbligo di integrare il contraddittorio).Tale disciplina deriva dal fatto che il non partecipare al giudizio non provocherebbe al cointeressato un danno maggiore rispetto al provvedimento che non ha impugnato. Quindi i cointeressati partecipano al giudizio solo se propongono autonoma impugnativa contro il provvedimento lesivo.L’intervento, per la giurisprudenza, è da escludere se è usato per eludere il termine di decadenza, ma se è effettuato nei limiti, è ammesso per ragioni di economia processuale (ma in questo caso l’interventore non può ampliare il thema decidendum).

10. La difesa in giudizio delle partiVi è l’obbligo per le parti private di farsi assistere da un avvocato patrocinato alle giurisdizioni superiori. La procura può essere conferita ad litem (per una sola causa) o ad lites (per una serie di cause).Il conferimento deve avvenire con atto pubblico, scrittura privata autenticata o procura in calce al ricorso.La procura si può estinguere volontariamente per revoca o rinuncia. Non si produce per questo interruzione di processo.È previsto il gratuito patrocinio per i non abbienti, e le spese processuali sono a carico dello Stato per quanto riguarda le controversie di lavoro.Anche per la PA è necessario un avvocato, e di solito si tratta dell’Avvocatura dello Stato (ma ogni amministrazione è dotata comunque di una propria struttura legale interna della quale può servirsi).

Sezione seconda: La tutela degli interessi meta-individuali

1. La giustiziabilità degli interessi meta-individuali nella società globale del rischioSituazioni meta- individuali (o diffuse) sono quelle caratterizzate da un debole profilo soggettivo, ma da una forte rilevanza sociale. Ultimamente si è accresciuta la sensibilità della società, e ciò ha comportato un rinnovato interesse verso tali azioni. Mentre negli anni ’70 l’associazionismo aveva lo scopo di garantire i minimali di qualità della vita, oggi si tende a proteggere invece gli individui da pericoli connessi alle nuove tecnologie, inquinamento o cambiamenti climatici.Il processo amministrativo tuttavia non sempre è stato capace di tutelare tali bisogni; oggi più che mai l’individuo dovrebbe però essere posto al centro delle scelte pubbliche. Proprio per questo motivo sono necessarie forme di informazione, consultazione, negoziazione, ed il giudice amministrativo non può esimersi dal tutelare anche tali interessi meta-individuali, essendo questi non riferibili ad alcun soggetto in particolare e dunque in astratto non giurisdizionalmente tutelabili.Certamente il giudice non può porsi come tutore di tali situazioni, perché tale compito spetta alle amministrazioni, ma in caso di loro cattiva gestione deve poter intervenire per soddisfare le esigenze della società.

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L’ampliarsi della sfera dei soggetti legittimati a proporre ricorso, risulta essere il naturale completamento degli strumenti di controllo dell’azione amministrativa, insieme a quelli di partecipazione democratica.

2. La legittimazione speciale ex lege delle associazioni riconosciuteL’ordinamento ha previsto, soprattutto per le due categorie più importanti di interessi diffusi (tutela dei beni ambientali e tutela del consumatore), un meccanismo astratto per individuare i soggetti collettivi deputati a fare in modo che tali interessi vengano protetti.È dunque prevista una speciale legittimazione ex lege per le associazioni che hanno ottenuto il riconoscimento ministeriale in base a determinati requisiti (rappresentatività e democraticità) indicati negli statuti. Tale legittimazione esiste a prescindere dalla dimostrazione della lesione di una posizione di vantaggio qualificata dall’ordinamento.Nella pratica però tale individuazione appare più complessa, ed è ancora una volta la giurisprudenza a delimitarne gli aspetti, sulla base di un acceso dibattito non ancora risolto.

3. L’ampliamento della giustiziabilità degli interessi meta-individualiLa giurisprudenza ha cercato di allargare sempre più le maglie del processo amministrativo, applicando a situazioni di vantaggio inidonee ad essere considerate nel processo, i caratteri della legittimazione ad agire propria dei portatori di interessi legittimi.Il criterio della vicinitas (o stabile collegamento) nacque nel 1970, quando il consiglio di stato decise sull’interpretazione restrittiva che era stata data ad una legge che consentiva a chiunque di ricorrere contro la licenza edilizia rilasciata ad altri soggetti.La decisione dei giudici permise di ampliare l’area dei legittimati al ricorso, pur non introducendo ancora un’azione popolare. Soprattutto in passato i giudici amministrativi richiedevano da parte del ricorrente la prova dell’effettivo pregiudizio subito, pregiudizialmente verificando la personalità e l’attualità della lesione subita. Ma nell’attuale società tale schema non è più in grado di garantire effettiva tutela, e perciò una parte della giurisprudenza amministrativa propende per accogliere una prospettiva di tutela più ampia. L’ampliamento si è avuto prendendo le mosse dal concetto di “stabile collegamento”, sia ammettendo anche pretese legate in modo più tenue al bene inciso,sia escludendo la valutazione preliminare sul pregiudizio subito dal ricorrente.Parte della dottrina fa derivare la tutela degli interessi meta – individuali dal disposto dell’art.118 Cost., che riconosce l’apporto diretto dei singoli e delle loro formazioni sociali nella gestione diretta di attività amministrative. Si finisce così per riconoscere la legittimazione ad agire anche a comitati spontanei di cittadini, anche se privi dei requisiti di rappresentatività e organizzazione necessari per il riconoscimento ministeriale.Di segno opposto invece il Consiglio di Stato, che ha precisato che l’art.118 Cost. si riferisce a forme più evolute di esercizio di attività amministrativa, e come tale non suscettibile di incidere sui cittadini della funzione giurisdizionale.

4. Le azioni collettiveIl legislatore, per conformarsi anche ai principi comunitari, ha previsto l’istituzione di una nuova azione azione processuale per rendere più efficace la giustizi abilità delle situazioni giuridiche a carattere diffuso.Ha disciplinato dunque l’istituto dell’azione collettiva risarcitoria, che però purtroppo non sembra essere chiara in quanto mutuata dall’ordinamento anglosassone, e difficilmente inseribile nella nostra realtà. Unici soggetti legittimati a proporre l’azione sono gli organismi associativi, ossia le associazioni di categoria che hanno ottenuto il riconoscimento ministeriale, e le associazioni e i comitati che pur privi dell’iscrizione risultino adeguatamente rappresentativi degli interessi collettivi fatti valere.Non si può dunque parlare di class action anglosassone, in quanto in quest’ultima anche un singolo cittadino può proporre il giudizio anche nell’interesse di una pluralità di soggetti, mentre qui sono legittimati solo centri di imputazione facenti capo ad organismi comunque rappresentativi.Sembra in ogni caso però apprezzabile lo sforzo del legislatore nel senso di ampliare il novero dei soggetti legittimati, sforzo che deve essere affiancato anche dalla sensibilità dei vari giudici nella valutazione del criterio.Tali soggetti sono legittimati a richiedere al tribunale del luogo in cui ha sede l’impresa l’accertamento dei diritto al risarcimento del danno e alla restituzione delle somme spettanti ai singoli consumatori o utenti nell’ambito di rapporti giuridici relativi a contratti stipulati ex art.1342 c.c., ovvero in conseguenza di atti illeciti extracontrattuali, di pratiche commerciali scorrette o di comportamenti anticoncorrenziali.

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Certamente, spesso può essere molto difficoltoso valutare il contenuto patrimoniale di un interesse collettivo, dovendo considerarsi il danno prodotto nella sua globalità. Da segnalare che il termine “impresa” utilizzato, non esclude la pubblica amministrazione quando eserciti un’attività a carattere non autoritativo, come nel caso di gestione diretta dei servizi pubblici.La recentissima L.15/2009 ha dettato al Governo principi e criteri per disciplinare anche un’altra azione collettiva, non a carattere risarcitorio, per consentire ad ogni interessato di agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici per la lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti o consumatori, a causa della violazione di standard qualitativi o di obblighi contenuti nelle carte dei servizi, per l’omesso esercizio dei poteri di vigilanza, controllo o sanzionatori e per la violazione dei termini o la mancata emanazione di atti amministrativi generali.La norma, che devolve il giudizio alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudizio amministrativo, indica tra i criteri direttivi la circostanza che la proposizione dell’azione sia consentita anche ad associazioni o comitati a tutela dei propri associati. Il giudizio deve però essere strutturato come quello d’ottemperanza, deve cioè essere preceduto da una diffida all’amministrazione o al concessionario ad assumere, entro un termine fissato per legge, le iniziative utili per soddisfare gli interessati. All’esito del giudizio il giudice può ordinare all’amministrazione e al concessionario di porre in essere le misure idonee a porre rimedio alle violazioni, alle omissioni o ai mancati adempimenti e, in caso di perdurante inadempimento, può anche disporre la nomina di un commissario ad acta.

CAPITOLO 3GLI ATTI PROCESSUALI

Sezione prima: Nozioni generali

1. La nozione di “atto processuale” nel processo amministrativoIl processo è uno speciale tipo di procedimento che consiste in una sequenza di atti connessi perché strumentalmente rivolti (direttamente o indirettamente) all’adozione di un provvedimento finale.

2. Tipologia degli atti processualiSono previsti 2 tipi di atti processuali: quelli di parte (istanze rivolte al giudice ed atti defensionali) e i provvedimenti giudiziari (dotati di imperatività, ai quali le parti sono assoggettate. Questi ultimi si dividono in atti preparatori e atti finali, di merito o di rito).

3. Forma e luogo degli atti processualiArt. 121 c.p.c.: Libertà delle formeGli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo.Quasi tutti gli atti sono per iscritto, nel caso in cui si ricorra ad atti orali, questi devono essere verbalizzati.L’atto processuale per essere valido deve essere inoltre sottoscritto dall’autore.

4. Adempimenti relativi agli atti processualiGli atti processuali possono essere :Registrati: sono annotati in pubblici registri alcuni dati contenuti negli atti giudiziari, per certificarne l’avvenuto deposito. Non tutti gli atti sono comunque soggetti a registrazioneAcquisiti: operazione tramite la quale l’atto fa ingresso nel processo. È preso in consegna dall’ufficiale giudiziario perché lo conservi a disposizione del giudice (l’atto è iscritto nel fascicolo).Pubblicati: l’atto autentico è depositato nell’ufficio giudiziario. Si tratta dunque di una particolare forma di deposito.

5. La notificazionePuò essere eseguita dagli ufficiali giudiziari o dai messi comunali, oppure dal 1994 dallo stesso avvocato, purché munito di una procura speciale e autorizzato dal Consiglio dell’ordine forense.

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Si può notificare o tramite posta, o personalmente.La notificazione può riguardare persone fisiche o persone giuridiche. Nel primo caso, essa può essere consegnata o direttamente nelle mani del destinatario (che l'ufficiale giudiziario rintraccia in base alla residenza, dimora o domicilio dello stesso), oppure qualora esso non sia reperibile, la notificazione può essere consegnata ad una persona di famiglia, all'addetto alla casa o all'ufficio, al portiere, ad un vicino, in tutti casi l'atto dev'essere sottoscritto in originale e successivamente l'ufficiale giudiziario deve spedire all'interessato un avviso, a mezzo raccomandata, della notifica. Qualora i soggetti sopra indicati si rifiutino di prendere la copia dell'atto, o qualora non sia possibile reperirle, l'ufficiale giudiziario dovrà affiggere alla porta della casa comunale l'avviso dell'avvenuto deposito (sarà ancora suo compito spedire un altro avviso mediante raccomandata).Nel caso di persone giuridiche la notificazione verrà effettuata presso la sede legale dell'azienda o presso il rappresentante o nelle mani di una persona eventualmente incaricata.Si ha nullità della notificazione se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi e' incertezza assoluta sulla persona a cui e' fatta o sulla data (art.160 c.p.c.).

6. L’udienzaNel diritto amministrativo possono esservi pubbliche udienze (che è la regola generale) o adunanze camerali (nei casi di giudizio di ottemperanza e misure cautelari. Possono essere presenti gli avvocati, ma mai le parti personalmente).

7. Rinvio dell’udienzaNon vi alcuna norma che disciplini i rinvii, e il giudice amministrativo è restio a concederli per il principio della concentrazione processuale (anche se ciò potrebbe cambiare, qualora si scegliesse di adottare l’istruzione probatoria piena).Il rinvio è tuttavia ammesso quando:-Vi sia accordo tra le parti-Ve ne sia richiesta dai una sola parte-Sia ritenuto necessario dal giudice

Sezione seconda: Gli atti del giudice

1. PremessaGli atti del giudice sono classificati come decreti, ordinanze e sentenze

2. Ordinanze e decretiLe ordinanze regolano lo svolgimento del processo ed in genere non hanno valenza decisoria (eccezioni: ordinanza di convalida di sfratto o di rilascio dell'immobile). Di norma è modificabile e revocabile dal giudice che l'ha emessa, inoltre deve essere brevemente motivata. Può essere pronunciata in udienza, quindi risulta dal verbale, o fuori udienza nel qual caso è scritta in calce al verbale ed è datata.Il decreto invece è una delle forme in cui si può presentare un provvedimento giurisdizionale.A differenza della sentenza e dell' ordinanza il decreto non presuppone il contraddittorio e viene emesso quindi inaudita altera parte, sia perché può determinare un fatto processuale che necessariamente non presuppone ancora la conoscenza della lite da parte del convenuto (es. decreto di fissazione dell'udienza di discussione a seguito della presentazione di un ricorso), sia perché può risolvere una questione che, a causa della sua urgenza, non consente la previa instaurazione del contraddittorio (es. decreto di sospensione dell'efficacia di un atto avverso il quale è presentato ricorso).Nei casi più ricorrenti il decreto ha funzioni ordinatorie, non presuppone l'insorgere di questioni tra le parti e non ha bisogno di un contraddittorio (tranne qualche rara eccezione). Non ha bisogno di essere motivato (anche qui sono contemplate delle eccezioni: ad esempio, decreto con cui si abbreviano i termini di comparizione oppure di rigetto di ricorso avverso a decreto ingiuntivo) e può essere pronunciato d'ufficio o su istanza di parte, orale o scritta (ricorso in calce al quale è, se accolta dal giudice, scritto il decreto), presentata in udienza o fuori.

3. La sentenzaÈ provvedimento decisorio che può essere di rito, di merito, può decidere parzialmente il merito, può essere definitiva o non definitiva. Sono irrevocabili dal giudice che le ha poste in essere, e devono contenere: l’indicazione del giudice, l’indicazione delle parti, l’indicazione delle conclusioni delle parti (cosa chiedono), lo

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svolgimento del processo, la motivazione e il dispositivo, la data, la sottoscrizione a pena di nullità. È pubblicata mediante deposito in cancelleria e il cancelliere entro 5 giorni la comunica alle parti costituite (senza notificazione), con un biglietto che contenga il dispositivo.

4. Inesistenza e invalidità degli atti processualiartt. 156, 157, 159 c.p.c. e art.162 c.p.c. per quanto riguarda la rinnovazione degli atti e la correzione della sentenza.Art. 156 c.p.c.:Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge (principio della tassatività delle nullità).Può tuttavia essere pronunciata quando l'atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo (estensione).La nullità non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato (limite).Art. 157 c.p.c.:Non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata d'ufficio (principio cardine del processo, la nullità degli atti, a meno che la legge non preveda la rilevabilità d’ufficio, può essere esaminata solo su istanza di parte: principio del dispositivo).Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell'atto per la mancanza del requisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso.La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente.Art. 159 c.p.c.:La nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti, né di quelli successivi che ne sono indipendenti (limiti esterni).La nullità di una parte dell'atto non colpisce le altre parti che ne sono indipendenti (limiti interni).Se il vizio impedisce un determinato effetto, l'atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo (conversione).Art. 162 c.p.c.:

5. Rinnovazione e correzione degli atti invalidiIl giudice che pronuncia la nullità deve disporre, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende.Se la nullità degli atti del processo è imputabile al cancelliere, all'ufficiale giudiziario o al difensore, il giudice, col provvedimento col quale la pronuncia, pone le spese della rinnovazione a carico del responsabile e, su istanza di parte, con la sentenza che decide la causa può condannare quest'ultimo al risarcimento dei danni causati dalla nullità.

PARTE 5DINAMICA DEL PROCESSO

CAPITOLO 1PRESUPPOSTI PROCESSUALI E CONDIZIONI DELL’AZIONE

1. I presupposti processualiI presupposti del processo

“Presupposto” significa requisito che deve esistere prima di un determinato atto perché da quell’atto discendono determinate conseguenze. Riferendosi al rapporto giuridico processuale, i presupposti processuali sono quei requisiti che debbono esistere prima dell’atto col quale si chiede la tutela giurisdizionale, che è la domanda.

Essi si distinguono in: presupposti di esistenza e presupposti di validità o di procedibilità del processo.

I presupposti di esistenza del processo: requisiti che debbono sussistere prima della proposizione della domanda perché la domanda stessa possa dar vita ad un processo. È costituito da un unico requisito: la giurisdizione, ossia che quel soggetto al quale la domanda verrà proposta, sia un giudice, e quindi sia dotato del potere di giudicare.

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I presupposti di validità o procedibilità del processo: requisiti che debbono esistere prima della proposizione della domanda, affinché il giudice sia tenuto a rendere una pronuncia che giunga fino al merito. Essi sono due: la competenza, e quindi che il giudice abbia effettivamente il potere di decidere quella controversia; la legittimazione processuale, ossia il potere di compiere atti nel processo, con riguardo sia al soggetto che chiederà la tutela giurisdizionale sia a quello nei cui confronti la domanda verrà proposta.

Esiste un altro ordine di requisiti che non sono presupposti perché la loro esistenza non è richiesta prima della proposizione della domanda, ma della domanda stessa costituiscono requisiti intrinseci con riguardo al suo contenuto: le condizioni dell’azione.

Le condizioni dell’azione sono tre:

Possibilità giuridica (o esistenza del diritto): che consiste nella esistenza di una norma che contempli in astratto il diritto che si vuol far valere.

Interesse ad agire (art. 100 c.p.c.): l’interesse per cui si agisce o contraddice deve essere concreto (ossia deve sussistere concretamente) ed attuale (ossia deve esistere al momento della pronuncia del giudice). Mancando l’interesse ad agire, il giudice non avrà motivo di portare il suo esame sul merito, ma dovrà arrestarsi al rilievo di tale difetto: difetto di interesse e, quindi, difetto di azione.

Legittimazione ad agire: consiste nella corrispondenza tra colui che agisce (attore) ed il titolare del diritto fatto valere, e tra colui contro il quale si agisce (convenuto) ed il soggetto che ha violato tale diritto. Si possono far valere soltanto quei diritti che si affermano come diritti propri e la cui titolarità passiva si afferma in capo a colui contro il quale si propone la domanda. Quindi “un soggetto agisce in nome proprio per un proprio diritto”. Tale condizione, si può desumere, indirettamente, dall’art. 81 c.p.c., secondo cui “fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui”. Si parla di legittimazione straordinaria1 o sostituzione processuale. Un esempio di legittimazione straordinaria è l’azione surrogatoria, prevista dall’art. 2900 c.c., a favore del creditore nel caso che il debitore trascuri di far valere i propri diritti.

Capacità di essere parte:

La capacità di essere parte è la trasposizione in chiave processuale della capacità giuridica; se non si è soggetti di diritto non si può ricorrere, ne resistere, ne assumere le vesti delle altre parti del giudizio; essere titolare del diritto di azione.

Capacità processuale e legittimità processuale:

Se la parte si afferma come titolare del diritto dedotto in giudizio si dice parte legittimata ad agire;

Se la parte, invece, ha il potere di proporre domanda è legittimata ad processum, ossia ha la legittimazione processuale per esercitare i poteri e le facoltà che l’ordinamento le riconosce fino alla pronuncia di merito della causa.

La tutela del diritto di accesso

Ex. Art. 25, l.n.241/1990 il cittadino interessato può richiedere l’accesso ad atti e documenti che lo riguardano o che siano utili per la tutela dei propri interessi e diritti;

Di fronte ad un diniego od al silenzio della p.a., il cittadino proporre ricorso al Tar, in sede di giurisdizione esclusiva (data la qualifica del diritto di accesso come diritto soggettivo);

Il ricorso deve essere notificato ai soggetti contro interessati all’accesso a pena di inammissibilità, data la delicatezza di alcuni contenuti.

Il giudice, valutata la legittimità della richiesta (cioè del diritto in capo al ricorrente), può imporre alla p.a. di esibire il documento (obbligo specifico);

La p.a. può adempiere spontaneamente adeguandosi al giudicato o, nel caso dell’inerzia sarà necessario il giudizio di ottemperanza.

2. La giurisdizione e la competenza: rinvioLa giurisdizione si caratterizza per l'insieme dei rapporti cognitori, cautelari, istruttori e decisori attribuiti ad un ordine giurisdizionale. Nelle controversie in cui è parte pubblica amministrazione vi sono due ordini giurisdizionali:

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il giudice ordinario e quello amministrativo. L'erronea individuazione del giudice comporta una pronunzia di difetto di giurisdizione.La competenza serve invece per distribuire, in base a regole predeterminate, la giurisdizione dai diversi giudici che compongono lo stesso ordine giurisdizionale, ed il suo difetto comporta il giudice adito dichiari la propria incompetenza consentendo all'interessato di riproporre la domanda davanti al giudice competente. Nel giudizio amministrativo di primo grado la competenza a tre diversi Tar è regolata per territorio, ed è generalmente derogabile, per cui l'incompetenza se non è sollevata entro i termini stabiliti, si radica.

3. La capacità di essere parte e la capacità processualeLa capacità di essere parte: è una manifestazione della capacità giuridica. Possono essere parte le persone fisiche e quelle giuridiche. La capacità di assumere il ruolo di parte nel processo va distinta dalla capacità di stare in giudizio, in proprio o in rappresentanza di un altro soggetto (legitimatio ad processum): la prima è manifestazione della capacità giuridica, la seconda è la proiezione sul piano processuale della capacità d’agire. Questa spetta solo alle persone fisiche che abbiano il libero esercizio dei diritti.

4. La legittimazione ad agire e le legittimazioni formaliLa capacità di stare in giudizio, a sua volta, non va confusa con la legittimazione ad agire (legitimatio ad causam: condizione dell’azione: consiste nella titolarità della situazione giuridica fatta valere) e con lo ius postulandi o rappresentanza in giudizio (le parti non possono stare in giudizio se non con l’assistenza di un avvocato): essi non rientrano comunque tra i presupposti processuali.

5. L’interesse al ricorsoL'interesse alle ricorso è l'utilità concreta, anche solo morale, che la sentenza favorevole può recare alla situazione giuridica soggettiva di cui si affermi la lesione. È elemento necessario e consente altro movimento dell'azione soltanto colui che ne ha interesse. L'azione processuale dell'interesse alle ricorso ha il suo fulcro concettuale nell'utilità, nel vantaggio, che la sentenza favorevole può recare alle ricorrente. L'interesse per il personale, deve quindi riguardare direttamente il ricorrente; deve essere diretto, cioè la lesione deve derivare immediatamente dal provvedimento impugnato o dal comportamento contestato; ed essere attuale, per cui occorre che la lesione dell'interesse sia già avvenuta, non richieda l'emanazione di provvedimenti successivi, non dipenda da avvenimenti futuri ed incerti, venga riparata dalla sentenza, sussista al momento della decisione.quando il giudice dichiara la carenza di interesse non valuta il merito, ma tale pronuncia non consente la riproposizione della domanda: per questo l'interesse alle ricorso è annoverato tra le condizioni dell'azione e non tra i presupposti.

6. Gli atti impugnabiliInizialmente il ricorso era ammesso solo contro un atto amministrativo definitivo, ma dal 1971 può essere impugnato anche un atto non definitivo; è necessario però impugnare un atto amministrativo nel giudizio di annullamento per la tutela dell'interesse legittimo. Non tutti gli atti amministrativi sono impugnabili: non sono impugnabili gli atti endoprocedimentali, accessori, preliminari, istruttori. Si è formata una tipologia di atti non impugnabili, caratterizzati da precisi elementi, frutto di elaborazione giurisprudenziale. Questi sono:- gli atti esecutivi che e seguono materialmente quanto stabilito in un precedente provvedimento- gli atti conseguenziali, se sono un mero svolgimento di atti presupposti non impugnati- gli atti regolamentari che contengono norme generali ed astratte, non determinanti una lesione attuale e concreta- gli atti confermati ivi i precedenti atti- gli atti di proroga se il ricorso riguarda l'assetto degli interessi determinato dall'atto prorogato non impugnatoTale indicazione funge solo da esempio, e non preclude che vengano individuati altri atti non impugnabili.

7. Il silenzioLa prima dottrina, per tutelare i privati quando la Pa non adottava alcun provvedimento, lo costruiva come silenzio-rifiuto (provvedimento negativo). Ma il silenzio è patologia della PA, che in ogni caso deve esercitare il potere che le spetta.

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Quindi il silenzio diviene significativo sulla base delle norme che possono attribuire a questo effetti positivi (silenzio-assenso) o negativi (silenzio-diniego).Se invece mancano tali previsione normative, si può ricorrere al giudice se la PA non conclude nei termini il procedimento amministrativo (silenzio-rifiuto o silenzio-inadempimento).

CAPITOLO 2LO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO DI PRIMO GRADO

Sezione prima: Lo svolgimento del processo di primo grado

1. Il ricorso introduttivoAnche nel processo amministrativo vige il principio della domanda e dell’impulso di parte.

La domanda giudiziale assume, nel processo amministrativo, la forma del ricorso, proveniente dalla persona che invoca la tutela, ed è indirizzata al giudice competente. Il ricorso si riempie di contenuto variabile in ragione del tipo di azione che viene esperita; così, nelle azioni di tipo costitutivo, esso è volto ad ottenere dal giudice l’annullamento del provvedimento, ovvero, nelle ipotesi di giurisdizione di merito, la modifica o la sostituzione del provvedimento medesimo

È un’istanza rivolta dall’interessato per ottenere l’annullamento, la modifica o la revoca dell’atto per i motivi in esso indicati.Il ricorso deve contenere:-L’epigrafe:Nome, cognome, residenza e domicilio del ricorrente-L’indicazione dell’atto di cui si chiede l’annullamento-Data della sua notificazione-Svolgimento del ricorso:Esposizione sommaria dei fatti e dei motivi del ricorso. Si devono indicare gli artt.di legge che si ritengono violati e le conclusioni (la domanda principale e quella connessa sulle spese del giudizio)-I motivi:elemento essenziale. Vincola non solo il ricorrente, ma anche il giudice per il principio della domanda (eccezione: i motivi aggiunti)-Sottoscrizione:Dei ricorrenti e del difensore o procuratore speciale, con l’indicazione del mandatoinvalidità del ricorso:Il ricorso è insanabilmente nullo se manca della sottoscrizione, o se vi sia incertezza assoluta sulle persone o sull’oggetto della domanda (nullità non rilevabile dalla parte che vi ha dato causa. Determina l’inammissibilità del ricorso ed è rilevabile d’ufficio).Se l’intimato comunque si costituisce, la nullità è sanata. Il giudice può tuttavia chiedere la rinnovazione della notifica del ricorso.

2. Il ricorso collettivo, ricorso cumulativo e cumulo di azioniDomanda proposta da più soggetti con un unico atto introduttivo (CUMULO SOGGETTIVO) RICORSO COLLETTIVOUn unico atto introduttivo racchiude più domande giurisdizionali (CUMULO OGGETTIVO) Con un unico atto si impugnano provvedimenti diversi (anche provenienti da PA diverse) che però disegnano congiuntamente un effetto lesivo per il ricorrente (RICORSO CUMULATIVOLa dottrina e la giurisprudenza hanno individuato limiti alla loro proponibilità:Ricorso collettivo:Anche quando più soggetti impugnano un atto plurimo (più provvedimenti diretti a più persone) chiedendo ciascuno l’annullamento della parte che lo pregiudica; o quando più soggetti nella stessa posizione giuridica propongano con un’unica azione la stessa domanda giudiziale.Ma non vi deve essere conflitto di interessi tra i ricorrenti e la causa petendi e il petitum devono essere comuni a tutti i ricorrenti.Le condizioni di ammissibilità riguardano singolarmente ogni ricorrente e l’iniziativa processuale è individuale.Ricorso cumulativo:

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Anche quando si propongano più domande giudiziali differenti (ad es. azione impugnatoria e di condanna) o quando l’atto introduttivo si fonda su più causae petendi.La giurisprudenza ammette solo i ricorsi cumulativi per cause connesse, mentre la dottrina ammette anche il litisconsorzio facoltativo improprio (connessione impropria).Se si verifica la compresenza del cumulo soggettivo e di quello oggettivo insieme, si proporranno ricorso collettivo e cumulativo insieme.Il cumulo oggettivo può verificarsi anche durante il giudizio (es. per i motivi aggiunti).

3. Il termine per la proposizione del ricorso. La notificazioneIl ricorso deve essere notificato, a pena di inammissibilità, all’Amministrazione che ha emanato l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati, entro sessanta giorni dalla comunicazione, o pubblicazione o piena conoscenza dell’atto impugnato. La notifica ad un’Amministrazione statale deve essere effettuata presso l’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede il TAR competente, se giudice competente è il TAR del Lazio o il Consiglio di Stato, la notifica deve essere effettuata presso l’Avvocatura Generale dello Stato che ha sede a Roma.

Il termine perentorio di sessanta giorni riflette esigenze di certezza delle situazioni giuridiche, per l’Amministrazione e soprattutto per i cittadini interessati che possono aver prestato affidamento nel provvedimento in questione. Il termine decorre dalla comunicazione (o notificazione) dell’atto amministrativo, per i diretti destinatari; dalla pubblicazione su albo o pubblicazione ufficiali per i non diretti destinatari. Ai fini della decorrenza del termine, è equipollente della comunicazione per pubblicazione dell’atto la “piena conoscenza” dello stesso, essa però non consiste nella conoscenza completa dell’atto amministrativo, e quindi del suo testo e di tutti i suoi vizi, ma consiste solo nella conoscenza dei contenuti essenziali dell’atto, in modo che l’interessato sia in grado di coglierne la lesività.

Se il ricorrente viene a conoscenza solo in un secondo tempo di determinati altri vizi del provvedimento impugnato, può farli valere con il ricorso per motivi aggiunti: i motivi aggiunti vanno proposti con un atto da notificare alle altre parti, entro sessanta giorni dal momento in cui si abbia avuto conoscenza legale del vizio del provvedimento impugnato. La piena conoscenza è in ogni modo acquisito alla comunicazione. La prova dell’avvenuta conoscenza incombe su chi eccepisce la tardività del ricorso.Nei casi di giurisdizione esclusiva il termine è quello di prescrizione ordinaria del diritto soggettivo che si fa valere.Per il diritto d’accesso, il termine è di 30 giorni.I ricorsi sono in ogni caso sospesi dal 1° Agosto al 15 settembre, tranne che per le istanze cautelari.È inoltre prevista la remissione in termini.

4. La proposizione dei motivi aggiuntiI motivi aggiunti possono essere proposti dal ricorrente che sia venuto incolpevolmente (per motivi non imputabili a sua inerzia o negligenza) a conoscenza di ulteriori vizi di legittimità dell’atto impugnato, dopo il decorso del termine decadenziale per la proposizione dell’impugnazione.

Infatti possiamo distinguere tra:

1. Motivi aggiunti tempestivi (o integrativi), che sono il supplemento del ricorso, cioè attraverso i quali il ricorrente fa valere nuovi profili di illegittimità conosciuti dopo la proposizione del ricorso ma prima della scadenza del termine per l’impugnazione;

2. Motivi aggiunti successivi, che possono essere presentati per i seguenti motivi: quando il privato, dopo la proposizione del ricorso, viene a conoscenza di circostanze che erano preesistenti ma a lui ignote; quindi per tutto ciò che viene dopo la proposizione del ricorso.

Può accadere, infatti, che l’amministrazione abbia inizialmente comunicato soltanto gli estremi essenziali del provvedimento, ovvero abbia reso disponibili gli atti del procedimento soltanto dopo la scadenza del suddetto termine.

La Legge n. 205/2000 ha esteso l’utilizzabilità dell’istituto per l’impugnazione degli ulteriori provvedimenti adottati dall’amministrazione resistente in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto dell’impugnativa. Solo per tale ultima categoria di motivi aggiunti, si ritiene che il difensore debba essere munito di apposito mandato.

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I motivi aggiunti si propongono con atto da notificarsi alle parti in causa.

Dai motivi aggiunti debbono tenersi distinti i “motivi nuovi”, che possono essere proposti in aggiunta a quelli articolati nel ricorso, ma entro il termine decadenziale ed ammessi senza limiti, purché siano rispettate le medesime formalità prescritte per il ricorso.

B) Ora:Si sollevano con un atto nuovo, da notificare con le stesse modalità del ricorso. Possibili in 2 ipotesi:Quando sono fondati su fatti e documenti sconosciuti al ricorrente al momento della proposizione del ricorsoQuando scaturiscono dai provvedimenti adottati in pendenza di ricorso tra le stesse parti, e sono connessi all’oggetto del ricorso medesimo.Questa ipotesi è stata introdotta nel ’71, ed è ampliativa rispetto alla fattispecie tradizionale.La connessione può essere sia oggettiva (non in senso proprio, ma più nel senso di legame logico-giuridico) che soggettiva.

I requisiti formali per formulare i motivi aggiunti sono quelli propri del ricorso, inoltre è necessario indicare gli estremi del giudizio nel quale si innestano.Da proporre nello stesso termine del ricorso principale. Se si è in prossimità dell’udienza, si rinvia ad una nuova. La notifica deve essere effettuata al domicilio eletto delle parti già costituite.È comunque revocabile dalla parte che l’ho proposta, e così facendo la causa è cancellata dal ruolo.Il decreto di fissazione del giorni dell’udienza deve essere notificato alle parti almeno 40 giorni prima della data dell’udienza. Non vi è un termine massimo per fissare l’udienza, ma in ogni caso questo deve essere breve se vi è una situazione d’urgenza.Costituzione in giudizio

La costituzione in giudizio del ricorrente si attua mediante il deposito del ricorso presso la segreteria del TAR. Entro venti giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, ossia entro cinquanta giorni dall’ultima notifica del ricorso, l’Amministrazione resistenze e i controinteressati che hanno ricevuto la notifica del ricorso possono costituirsi in giudizio, depositando una memoria con le loro difese e istanze istruttorie (c.d. controricorso) e i relativi documenti.

Entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso i controinteressati possono proporre ricorso incidentale, il quale deve essere notificato alle parti entro sessanta giorni.

I termini per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente non sono perentori: la costituzione di esse può intervenire fino all’udienza di discussione del ricorso, è invece perentorio il termine per il ricorso incidentale.

Indipendentemente dalla sua costituzione in giudizio, l’Amministrazione è tenuta a depositare in giudizio, entro sessanta giorni dal termine per il deposito del ricorso, “l’eventuale provvedimento impugnato, nonché gli atti e i documenti in base ai quali è stato emanato, quelli in essa citati e quelli che l’Amministrazione ritiene utili in giudizio”. La legge intende, a tal stregua, accelerare il giudizio, consentendo alle parti di venire a conoscenza degli atti del procedimento amministrativo fin dalla prima fase dello stesso. Se l’Amministrazione non provvede al deposito, il presidente del TAR, o un magistrato da lui delegato, può ordinare anche d’ufficio, l’esibizione degli atti stessi.

Integrazione del contraddittorio

Una volta instaurato il giudizio, chi ha interesse può intervenire.

L’intervento va proposto con apposito atto, che deve essere notificato alle altre parti e poi depositato presso il TAR avanti al quale pende il giudizio.

Se il ricorso principale non è stato notificato a tutti i controinteressati, ma è stato notificato ad almeno uno di essi, il giudice amministrativo deve ordinare l’integrazione del contraddittorio, fissando un termine (perentorio) ed eventualmente le modalità per la notifica del ricorso da parte del ricorrente agli altri controinteressati.

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Perché il ricorso possa essere deciso è però necessario, di regola, che sia richiesta, con apposita istanza, la discussione del ricorso stesso. In difetto di questa istanza scaduto il termine di due anni dal deposito del ricorso quest’ultimo cade in perenzione: di conseguenza la sua presentazione perde ogni effetto, travolgendo anche eventuali provvedimenti cautelari ottenuti nel frattempo, e il giudizio si estingue.

Il ricorso incidentale e la tutela dei controinteressati

Il ricorso incidentale è l’atto processuale con cui il controinteressato può impugnare il provvedimento stesso o un provvedimento connesso per i vizi che, in caso di accoglimento, potrebbero produrre un risultato favorevole.

La legge sul C.D.S. impone che tutte le impugnazioni successive alla prima debbano essere poste in essere con ricorso incidentale. Ciò per ragioni pratiche di economia processuale che tende alla concentrazione delle azioni, ma anche per evitare contrasti di giudicato. Successivamente alla prima impugnazione, quindi, colui che riceve la notifica del ricorso deve, se vuole impugnare a sua volta il provvedimento, proporre ricorso incidentale ai sensi dell'art. 37 t.u leggi sul CDS e 22 della legge T.A.R.; il ricorso incidentale va proposto quando si vuole chiedere l'annullamento del provvedimento in una parte diversa rispetto a quanto chiesto dal ricorrente principale oppure per annullare un atto presupposto del provvedimento impugnato in via principale. Deve essere presentato entro 30 giorni dalla notificazione del ricorso principale.

Esempi:

1. Ricorso incidentale per richiedere l'annullamento in parti diverse del provvedimento impugnato in via principale. Tizio ha partecipato ad un concorso pubblico senza rientrare in graduatoria, impugna quindi tale atto sostenendo che la valutazione posta in essere dalla commissione giudicante è errata perché se fosse stata corretta egli avrebbe avuto un punteggio superiore. Poniamo il fatto che a ottenere beneficio dalla graduatoria sia stato Caio, se quest'ultimo vuole evitare di perdere il posto in graduatoria può prima di tutto presentare un controricorso, un atto cioè in cui si controbatte alle posizioni del ricorrente. Ma Caio ben potrebbe presentare un ricorso incidentale con il quale non controbatte la tesi del ricorrente ma introduce nuove argomentazioni con le quali ad esempio sostiene che anche la sua valutazione è stata errata e che se fosse stata corretta egli avrebbe avuto un punteggio ancora più alto tanto da renderlo ancora vincitore nei confronti di Tizio nella graduatoria.

2. Ricorso incidentale volto a richiedere l'annullamento di un atto presupposto del provvedimento impugnato.Tizio impugna la concessione edilizia grazie alla quale Caio ha costruito un'abitazione confinante con Il primo. Tizio deduce nel ricorso che il provvedimento di concessione edilizia sia illegittimo perché contrastante con le norme del piano regolatore . Caio propone invece ricorso incidentale sostenendo che il piano regolatore è illegittimo perché contrastante con una legge regionale che ne disciplina il contenuto e che se fosse stato legittimo la concessione edilizia non sarebbe stata contrastante con il piano regolatore impugnato da Tizio.

Ricorso contro il silenzio

L'interessato può essere danneggiato non da un atto ma da un'omissione. Un modo per risolvere la questione è dare al silenzio valore di assenso (non si può fare in ambito culturale o paesaggistico, ambientale, di pubblica sicurezza, salute e incolumità pubblica, difesa nazionale, pubblica sicurezza o immigrazione). C'è poi l'ipotesi del silenzio rifiuto (D.lgs. 35/2005): tale silenzio può essere subito impugnato davanti al giudice amministrativo senza fare diffida ad adempiere. In tal caso il giudice può anche valutare se il provvedimento richiesto spetti effettivamente al ricorrente o no, sostituendosi all'amministrazione. Da questo accertamento deriva alla PA un obbligo di rilasciare il provvedimento con quel contenuto.

La l.n. 205/2000 ha introdotto un'ulteriore tutela per il privato: scaduto il termine per il deposito (30 giorni da notifica), il ricorso va decisono nei successivi 30 giorni con sentenza succintamente motivata; tale sentenza è appellabile entro 30 giorni dalla notificazioni o 90 giorni da comunicazione della pubblicazione. Se il giudice accoglie il ricorso, ordina all'amministrazione di provvedere entro 30 giorni. Se l'inadempimento persiste, il giudice su richiesta del ricorrente nomina un commissario perchè provveda in luogo della PA. Dal 2005 il giudice può anche provvedere direttamente, senza passare per la nomina del commissario.

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Il Consiglio di Stato ha ridimensionato la portata dei poteri del giudice: 'accertamento sull'istanza su cui la PA ha mantenuto il silenzio è ammissibile solo quando l'atto richiesto è dovuto o vincolato o quando l'istanza è el tutto infondata (perchè sarebbe diseconomico obbligare la PA a provvedere quando l'atto non potrà essere che di rigetto). Per quanto riguarda i terzi che si ritengono lesi da una DIA, secondo alcuni decorsi 30 giorni dalla comunicazione della DIA si formerebbe un'autorizzazione tacita, impugnabile davanti al TAR entro 60 giorni. Un'altra tesi (preferibile) dice che il terzo che si considera leso ha l'onere di sollecitare l'amministrazione a inibire l'attività del privato; solo l'eventuale silenzio-diniego mantenuto dall'autorità sarebbe impugnabile.

La tutela cautelare

Fino al 2005 la tutela cautelare è sempre stata individuata nella sospensione del provvedimento impugnato. Con la legge 205 del 2000 il legislatore ha introdotto maggiori forme di tutela cautelare più adeguate alle differenti situazioni del processo amministrativo. L’art.39 del T.U. Cons. di Stato stabilisce che “i ricorsi in via contenziosa non hanno effetto sospensivo” ma “per gravi ragioni” e su richiesta del ricorrente” può essere disposta la sospensione del provvedimento che si assume lesivo di una situazione giuridica soggettiva. Allo stesso modo, anche l’art. 21 della legge Tar, come modificato dalla riforma del 2000. È nel 2000 che la tutela cautelare subisce grandi modifiche: l’art. 3 della legge 205/2000, ha aggiunto all’unica misura cautelare prevista e cioè la sospensione, altre ipotesi attraverso cui attuare la tutela cautelare. Mentre prima non vi era nessuno spazio per una tutela cautelare che non fosse tipica, l’art. 3 ha avuto il compito di introdurre le “misure cautelari atipiche”: come si legge dallo stesso articolo, il soggetto potrà quindi chiedere “l'emanazione di misure cautelari (…) che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso”.

In base ai principi generali la concessione della misura cautelare da parte del giudice presuppone l’accertamento di due requisiti :

3. fumus boni iuris. Consiste in una valutazione sommaria sul merito della pretesa fatta valere dal cittadino con l’impugnazione in cui il giudice realizza una “ragionevole previsione sull’esito del ricorso “ in cui si ad un sommario esame emerga una ragionevole probabilità sul buon esito del ricorso.

4. periculum in mora. Si identifica con la probabilità di “danni gravi e irreparabili” derivanti dal provvedimento impugnato; tali danni devono essere specificatamente allegati dal ricorrente nell’istanza di sospensione e perciò il giudice non può d’ufficio ipotizzarne l’esistenza né introdurli nel processo.

Prima della decisione del ricorso, il ricorrente che ne abbia interesse al fine di non pregiudicare la sua situazione fa istanza cautelare. La misura cautelare eventualmente concessa, avrà effetto fino alla pronuncia della sentenza di merito: è questo l’effetto interinale della misura cautelare.

L’istanza può essere proposta in via ordinaria o in via urgente.

Nel primo caso, una volta ricevuta l’istanza cautelare e trascorsi almeno dieci giorni dalla notifica della domanda, la stessa viene discussa in Camera di Consiglio, a cui possono partecipare i difensori delle parti. Al termine di questo procedimento, il collegio provvederà quindi con una ordinanza motivata, a norma dell’art. 21, co. 8, legge Tar.

Nel secondo caso, (art. 21, co.9, legge Tar) caratterizzato dalla “estrema gravità ed urgenza” delle situazione “ tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. Il presidente provvede con decreto motivato, anche in assenza di contraddittorio. Il decreto è efficace sino alla pronuncia del collegio, cui l'istanza cautelare è sottoposta nella prima camera di consiglio utile”. In questo caso la situazione di estrema gravità è tale che il Presidente emetta un decreto senza il rispetto del contraddittorio. In Camera di Consiglio, il collegio deciderà poi se confermare o meno il decreto presidenziale con l’ordinanza emessa all’esito della camera di consiglio.

In ogni caso, nel processo amministrativo la tutela cautelare è sempre un incidente processuale nell’ambito della proposizione del ricorso principale. Essa può essere proposta o nello stesso ricorso o con atto separato da notificare alle parti del giudizio, ma sempre nell’ambito del ricorso principale, a differenza di quanto avviene nel processo civile (per esempio, art.700 del codice di rito).

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Solo recentemente, sulla spinta della giurisprudenza della Corte di giustizia europea (nonostante la Corte Costituzionale nel 2002 fosse intervenuta a dichiarare costituzionalmente legittima la mancanza di una tutela cautelare ante causam) è stata introdotta una tutela cautelare “indipendente”, con il d.lgs. 12 aprile 2006, il cd. codice dei contratti pubblici. L’ordinanza cautelare a contenuto decisorio è impugnabile al Consiglio di Stato, entro 60 giorni dalla notifica della misura o entro 120 dalla comunicazione dell’avvenuto deposito della stessa presso la segreteria del Tribunale, a norma dell’art. 28 della legge Tar (prima non era ammesso l’appello contro l’ordinanza cautelare). È inoltre possibile, su istanza di parte, chiedere la revoca dell’ordinanza ma solo per sopravvenienza di motivi nuovi come il mutamento della situazione di fatto e il mutamento della situazione di diritto. Nel caso in cui l’amministrazione non ottemperi a quanto stabilito nell’ordinanza, la parte interessata può adire il giudice e richiedere l’adozione di misure attuative >(art.21, co. 14, legge Tar, come modificato dall’art.3 legge 205/2000).

In conclusione il giudice sospende o l’efficacia o la sospensione dell’atto, ma non sospende l’atto amministrativo.

5. Il deposito del ricorso notificato e la costituzione in giudizio del ricorrenteNel processo amministrativo l'instaurazione della rapporto tra organo giudicante e parti si realizza con la costituzione in giudizio. Per quanto riguarda il ricorrente, la costituzione si realizza con il deposito, presso la segreteria del giudice adito, dell'originale delle ricorso con la prova delle avvenute notificazioni e della procura del difensore e conferita con atto separato dall'atto del ricorso. Il deposito, da effettuarsi entro 30 giorni dall'ultima notifica, costituisce il momento rispetto al quale va valutata la litispendenza e la perpetuatio jurisdictionis.

6. La costituzione delle parti diverse dal ricorrenteAvviene mediante deposito di una memoria difensiva (il controricorso) 20 giorni dalla data di scadenza del deposito del ricorso.

7. La domanda di fissazione di udienzaIl giudizio prende avvio concreto con il deposito della domanda di fissazione d'udienza ad opera della parte che vi abbia interesse, e quindi di una qualunque delle parti costituite presso l'ufficio giurisdizionale adito. Tale domanda è sempre revocabile dalla parte che l'ha presentata: in tal caso il ricorso viene cancellato dal ruolo e non può essere assunto cognizione se non a seguito della presentazione di una nuova domanda di discussione.

8. L’integrazione del contraddittorio. L’interventoNel processo amministrativo l’intervento se ADESIVO (ad adiuvandum o ad opponendum) non è soggetto a termini. L’intervento principale e litisconsortile invece sono ammessi purché in termini di ricorso.La domanda di intervento deve essere presentata entro 10 giorni prima dell’udienza, da notificarsi come il ricorso, da depositarsi presso la segreteria del TAR entro 20 giorni dall’ultima notificazione (per i giudizi davanti al Consiglio di Stato, il termine prima era di 2 giorni, ma dal 2000 esteso a 10).Può avere interesse ad intervenire in modo adesivo:Sia chi dall’annullamento dell’atto può ricevere un vantaggio indirettoSia colui che dall’atto impugnato possa prevedere un danno solo eventualeI ogni caso con l’intervento adesivo non si può estendere il thema decidendum oltre il limite di ciò che è stato già fissato dal ricorrente con il ricorso principale.Inoltre va notificato a tutte le parti e alla PA, anche se non costituita. Deve essere poi depositata entro 20 giorni.Nel giudizio d’appello possono partecipare tutti quelli che hanno preso parte al primo grado, e coloro che ritengono di essere in qualche modo pregiudicati dalla sentenza. Non può partecipare invece chi non ha impugnato (o proposto ricorso in primo grado come cointeressati) perché decaduti dai termini (si è prestata acquiescenza).

9. Il ricorso incidentaleStrumento offerto al contro interessato intimato per impugnare l’atto in quella parte che non è stata impugnata dal ricorrente, ed eventualmente per motivi diversi. E’:Consentito solo ai contro interessati e non alla PA (se riconosce che il proprio atto è illegittimo, lo può annullare, non impugnarlo)Proponibile solo nei confronti dell’atto già impugnato con ricorso principaleNon è proponibile dal ricorrente principale

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Accessorio rispetto al ricorso principale. Se questo è irricevibile o inammissibile, lo sarà anche quello incidentale (inefficace)Le dottrine più recenti propendono per estendere la possibilità di proporre il ricorso incidentale ai contro interessati sia formali che sostanziali.

Sezione seconda: La fase cautelare

1. La norma sulla sospensione del provvedimento impugnatoPrima della L.205/2000 vi era una sola misura cautelare e tipica, la sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.Nel 1985 la Corte Cost. aveva stabilito che nelle materie di pubblico impiego il giudice amministrativo potesse adottare i provvedimenti più idonei per assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito. Ma in ogni caso fu data a tale istituto scarsa applicazione.Le norme che regolavano la tutela cautelare erano così riassunte: “Il giudice amministrativo sospende l’esecuzione del provvedimento amministrativo quando il ricorrente alleghi danni gravi ed irreparabili”. Le norme che la regolavano erano poche, poiché la misura cautelare era vista come un incidente di percorso di scarsa applicazione.Ma successivamente vi fu una forte domanda di giustizia amministrativa, è ciò comportò giudizi troppo lunghi, e necessità di tutela urgente.Ma alla base del processo amministrativo vi era l’impugnazione del provvedimento amministrativo e la misura cautelare tipica era la sospensione di questo.L’atto della PA era considerato lesivo perché idoneo a produrre modifiche unilaterali nella sfera giuridica del destinatario. Me tale configurazione era inadeguata quando oggetto dell’impugnazione era un provvedimento negativo della PA (diniego di autorizzazione) o il suo silenzio. Qui la sospensione del provvedimento era inutile e tali situazioni rimanevano prive di tutela.

2. L’interpretazione della norma nella giurisprudenzaL’evoluzione della giurisprudenza è stata di ampliare la possibilità di tutela cautelare.Nel 1940: si procede a distinguere tra esecuzione istantanea e continuativa (solo la seconda poteva essere sospesa).Nel 1960: si cambia orientamento circa la non so spendibilità degli atti negativi.

3. Le misure cautelari atipiche ed il carattere della strumentalitàL.205/2000: la misura cautelare diventa atipica.Il giudice amministrativo può emanare le misure cautelari, compresa l’ingiunzione a pagare una somma, che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente (“provvisoriamente” del c.p.c.) gli effetti della decisione sul ricorso (“sul merito” del c.p.c.) Art. 700 c.p.c.Ma l’art. 700 è sì una misura cautelare, ma residuale rispetto agli altri provvedimenti tipici.Qui invece è sempre atipico, ma non residuale, anzi è l’unico applicabile, unico sia tra le misure che tra le giurisdizioni. Tuttavia non sono stati ristretti i mezzi cautelari, bensì vi è stata una grande apertura secondo il principio della strumentalità.

4. Il procedimentoSostanzialmente ancora regolato dalla normativa precedente alla L.205/2000.Si procede con ricorso o con istanza successiva a questo, da comunicarsi alla parte resistente e ad almeno uno dei contro interessati (questi entro 10 giorni dalla notifica possono presentare memorie e resistenze).Il giudice si pronuncia in camera di consiglio. Se si segue il corso normale del processo, non serve alcuna comunicazione; se invece la misura cautelare si discute in data diversa dall’udienza pubblica deve essere dato avviso di comunicazione alle parti.Se vi è urgenza, la parte deve avanzare richiesta al TAR per abbreviare il termine di 10 giorni.Il giudice si pronuncia con ordinanza, immediatamente esecutiva e motivata (obbligo di motivazione anche prima del 2000, ma spesso ignorato).Prima del 2000: danno grave ed irreparabile derivante dall’esecuzione dell’atto

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Dal 2000: pregiudizio grave e irreparabile derivante dall’esecuzione dell’atto impugnato e dal comportamento inerte dell’amministrazione durante il tempo necessario a giungere ad una decisione sul ricorso.

5. Presupposti per la concessione della tutela cautelare: pregiudizio grave ed irreparabile e fumus boni jurisMotivazione del fumus boni iurisPrima si riteneva un vicolo per il giudice, e quindi si tendeva a non motivare il provvedimento. Oggi, per ragioni di trasparenza, questi cominciano ad essere motivati. Inoltre non si può ritenere che vincolino il giudice nella decisione sul merito, perché si decide in base ad una sommaria cognitio, senza contraddittorio.

6. La prestazione della cauzione

Con la L.20572000 è stata prevista la possibilità di disporre una cauzione (la cui prestazione subordina la concessione o il diniego della misura cautelare) se dal provvedimento cautelare potrebbero derivare effetti irreversibili. Può essere prestata da tutte le parti, e il giudice deve stabilire le modalità e l’entità della cauzione, che può essere prestata anche tramite fideiussione. È applicabile in modo generale tranne quando la richiesta cautelare attenga interessi essenziali della persona (diritto alla salute, all’integrità fisica, all’ambiente) o ad altri beni di rilievo costituzionale.

7. Definizione del giudizio nel merito in forma semplificataDurante il giudizio in camera di consiglio fissato per trattare la misura cautelare, può accadere che il giudice definisca nel merito il ricorso con l’adozione di una sentenza succintamente motivata.La norma fissa dei presupposti perché il giudice possa subito definire il giudizio, ma sono comunque di carattere soggettivo. In ogni caso però il giudice deve prima sentire sul punto le parti costituite, altrimenti la sentenza sarà annullabile. Il giudice deciderà il ricorso nel merito:Se risulta la manifesta fondatezza o infondatezzaSe la causa è di semplice risoluzione (il giudice per decidere della misura cautelare deve in ogni caso conoscere la causa….)

8. La condanna alle speseAdunanza primaria del consiglio di stato: le spese della fase contenziosa possono essere liquidate con l’ordinanza che definisce tale fase perché vi dovrebbe essere il dato oggettivo della soccombenza nel merito. Il legislatore tuttavia ha introdotto una specifica disposizione che contempla la possibilità di provvedere in “via provvisoria” alla liquidazione delle spese.La condanna potrà poi essere modificata o eliminata a seguito di un diverso esito di merito sul giudizio.

9. I rimedi contro l’ordinanza: a) l’appello; b) la revocail giudice amministrativo aveva stabilito che contro le ordinanze cautelari adottate dai TAR ci si potesse appellare al consiglio di stato (l’appello è previsto sì solo contro le sentenze, ma tali ordinanze hanno comunque carattere decisorio).L.205/2000: contro le ordinanze del TAR è previsto l’appello entro 60 giorni dalla notificazione dell’ordinanza o 120 giorni dalla comunicazione del deposito in segreteria.Il termine che si riferisce alla comunicazione è problematico (il c.p.c. infatti si riferisce alla pubblicazione) perché non è sempre agevole risalire alla data della comunicazione (si auspica un intervento legislativo in tal senso).Sull’appello si pronuncia il consiglio di stato, con le stesse regole e procedimento previsti davanti al TAR.Per la revoca, è stata ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza qualora si sia modificata la situazione di fatto, o siano state violate norme di procedura, o quando la domanda contenga nuove ragioni di fatto e di diritto.Tuttavia la L.205/2000 ha stabilito che la revoca sia ammissibile solo per fatti sopravvenuti. È dunque esclusa la revoca per nuovi fatti o per diversi profili di diritto? Si prospetta una forte limitazione di tutela…La revoca deve essere presentata allo stesso giudice che ha adottato l’ordinanza che si vuole far revocare, insieme ad i motivi che inducono ad una ragionevole previsione sull’esito del ricorso (fumus boni juris).Il danno è diverso dal pregiudizio:

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Il primo nel c.p.c. deve essere imminente ed attuale, cosa qui non richiesta. Il secondo è meno grave, non richiede (come il danno) una quantificazione economica Correlazione tra pregiudizio e tempoUno stesso atto amministrativo può recare pregiudizio grave e irreparabile a seconda della durata del processo che si svolge davanti, di volta in volta, ad uno specifico TAR (se questo è più affollato, come ad es. quello di Roma, vi è maggiore possibilità di pregiudizio)

Sezione terza: La fase istruttoriaLa fase istruttoria

L’istruzione è l’attività del giudice diretta a conoscere i fatti rilevanti per il giudizio. L’attività del giudice comporta, oltre alla valutazione dei termini di diritto della controversia anche e soprattutto la conoscenza della vicenda o della situazione in termini di fatto. Ciò non significa necessariamente che una particolare indagine debba essere svolta sempre, la necessità di un’indagine è, ad esempio, esclusa quando i fatti non siano controversi.

Si distingue un’istruttoria preparatoria, concernente, genericamente, l’impostazione del giudizio, da una probatoria, diretta ad accertare gli elementi di fatto della controversia.

La regola, nel processo amministrativo, è che l’attività istruttoria si svolga senza soluzioni di continuità, nel corso della trattazione della controversia davanti all’organo decidente.

Nell'istruttoria l'aspetto più importante è quello della prova visto che si deve ricostruire un fatto controverso. Il principio anche nel processo amministrativo è quello che l'onere della prova spetta a chi compie l'affermazione, ma poiché la posizione delle parti è diversa rispetto ad altri tipi di processo (il ricorrente è infatti un privato e l'altra parte è l'amministrazione) per ovviare alla situazione di disparità del ricorrente rispetto all'autorità pubblica è stato coniato il concetto di principio di prova dove si chiede solo un inizio di dimostrazione della fondatezza della propria pretesa e dove se l'amministrazione intimata non ottempera alle disposizioni istruttorie, in relazione agli elementi forniti dal ricorrente, il giudice può trarre da tale omissione conseguenze sfavorevoli all'amministrazione e utili a corroborare i dati probatori forniti dal ricorrente.

Nel procedimento amministrativo si rilevano tre aspetti legati alla fase istruttoria:

1. individuazione dei fatti che possono essere allegati solo dalle parti.

E’ fondamentale perché, alle manchevolezze delle parti non può supplire un intervento d’ufficio del giudice. Essi si identificano con i c.d. fatti principali, vale a dire i fatti materiali su cui si fonda la pretesa di annullamento dell’atto impugnato, che sono i fatti costitutivo del vizio dedotto in giudizio. E’ un’applicazione del c.d. principio della domanda ( o principio dispositivo ) in forza del quale spetta alle parti e soltanto ad esse allegare i fatti su cui fondare la propria domanda. Dal punto di vista del giudice, in buona sostanza, esso comporta che il giudizio in ogni sua fase, dall’istruttoria alla decisione, dovrà rigidamente attenersi al c.d. petitum, vale a dire a quanto la parte chiede nel ricorso, basandosi solo sui fatti principali dedotti dalla parte ricorrente. Vale il principio che regola il rito civilistico in base al quale il giudice deve pronunciare si tutta la domanda e non oltre i limiti di essa ( art. 101 p.c. ).

2. prova dei fatti. Vale il principio generale dell’articolo 2697 c.c. sull’onere della prova che comporta, fra l’altro, che la parte che contesta la legittimità di un provvedimento debba fornire la prova dei fatti posti a fondamento della sua contestazione e che la regola di giudizio, nel caso di incertezza su un fatto, è contraria alla parte che avrebbe dovuto fornire la prova di quel fatto. La mancanza della prova determina la soccombenza.

3. libero apprezzamento del giudice. Le prove raccolte nel giudizio sono rimesse, quanto alla loro valutazione, al prudente apprezzamento del giudice. Questo principio comporta l’esclusione delle prove legali quali il giuramento e la confessione. Fa eccezione la disciplina dell’atto pubblico, che anche nel processo amministrativo ha l’efficacia prevista dall’art. 2700 c.c. vale a dire che fa piena prova ( o prova legale ) e che, quindi, si sottrae al libero apprezzamento del giudice in forza dell’efficacia generale che possiede sul piano del diritto sostanziale, prima che processuale.

1. Istruzione preparatoria e probatoria

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Nel processo civile prima vi è una fase preparatoria (di trattazione) poi istruttoria (art. 183, 7° comma e art.184 c.p.c.).Nel processo amministrativo non vi è un’autonoma fase di istruzione, per il principio della concentrazione.Tale impostazione nasce dal pensiero allora radicato che il giudice di legittimità non fosse giudice del fatto (infatti solo nella giurisdizione di merito si applicavano le norme del c.p.c.). Allora l’attività di istruzione era ordinata direttamente alla PA interessata(ossia parte in causa) perché formata da prove prevalentemente documentate).

2. Istruzione probatoria e poteri di cognizione del fattoSuccessivamente l’oggetto del giudizio non è stato più incentrato sull’atto impugnato, bensì sul rapporto giuridico amministrativo. Accanto ad un’istruzione di tipo documentale, veniva a crearsene un’altra ora di tipo processuale (uso della verificazione, ma non più ordinata alla PA, bensì ad un’amministrazione terza).Prima l’indagine era solo sul fatto storico, successivamente questa si focalizzò anche su fatti qualificati da regole proprio di determinate scienze (spesso quindi il giudice si trova a valutare atti che rientrano nella discrezionalità tecnica).Quando vi sono però fatti complessi in cui non è rintracciabile una sola linea di giudizio, allora il giudice amministrativo di legittimità utilizza il criterio della ragionevolezza.

3. Le novità in tema di istruzione probatoriaLo schema del processo amministrativo è stato per lungo tempo usato nella giurisdizione esclusiva, anche quando si trattava di diritti soggettivi.Ne è nato però un problema in materia di pubblico impiego:La Corte Cost infatti dichiara illegittime le norme sul sistema probatorio dinnanzi al giudice amministrativo nella parte in cui non prevedono che, nel pubblico impiego, fosse possibile usare gli stessi mezzi di prova previsti per il processo del lavoro davanti al giudice ordinario.Sentenza additiva: inserisce alcuni tra i mezzi di prova previsti dal c.p.c.

4. Istruzione probatoria ed esibizione documentale

La L.205/2000 non solo aggiunge il consulente tecnico d’ufficio, ma differenzia le prove in base ai vari tipi di giurisdizione (per quella esclusiva, devono essere previste tutte le prove del c.p.c. tranne l’interrogatorio formale e il giuramento, perché prove legali, che andrebbero contro il principio del libero convincimento del giudice, cardine della giustizia amministrativa.L.1889: l’istruzione è ancora di tipo documentale. Necessario il deposito del ricorso più la copia del provvedimento impugnato, pena decadenza. Se non se ne ha disponibilità, si deve ricorrere all’interpello, tramite l’ufficiale giudiziario, per poter depositare il verbale con cui la PA si rifiuta di esibire il documento.1971: solo ora si pone a carico della PA il deposito del documento all’atto della costituzione in giudizio. Se vi è inadempimento, il TAR ha il potere di ordinarne l’esibizione.Con la L.205/2000, l’esibizione del documento non è più legata alla costituzione in giudizio. La PA ha l’obbligo di esibizione entro 60 giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, altrimenti interviene il giudice amministrativo (perché la PA, non esibendo il documento, ostacola la realizzazione della pienezza del contraddittorio).

5. Istruzione probatoria e principio dispositivoSi compone delle attività svolte per fare in modo che la decisione della causa si svolga sulla base della completa conoscenza della realtà rappresentata dal ricorrente.L’istruzione è per lo più documentale, quindi di solito è realizzata dalle stesse parti senza l’intervento del giudice. Il processo amministrativo è processo di parti. Vale il principio del dispositivo, e il ricorrente ha l’onere di allegare i fatti principali e secondari che vuole far valere, ed è su questi che il giudice può assumere l’iniziativa probatoria (principio acquisitivo), non anche sulla realtà extra-processuale.Fino alla metà del secolo scorso, anche il processo civile era caratterizzato dall’assoluto signoria delle parti. Tuttavia si è notato che tale schema non poteva essere più adottato, perché soprattutto in diritto amministrativo comportava una diseguaglianza tra privati e PA, in quanto i primi difficilmente potevano essere a conoscenza di fatti antecedenti l’emanazione dell’atto, propri della realtà amministrativa.La signoria delle parti allora rimane sicuramente nella fase costitutiva del rapporto, mentre non sembra poterne condizionare lo svolgimento (la parte non può decidere circa la tecnica del processo).

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La fase istruttoria è caratterizzata non da poteri monopolistici delle parti (necessari solo per individuare i fatti oggetto della pretesa), ma anche da poteri d’ufficio del giudice (con i quali non è violato però il principio del contraddittorio: infatti i documenti sono nelle mani della PA, e sarebbe irragionevole addossare l’onere della prova sul privato).

6. L’onere del principio di prova e la regola di giudizioSpetta poi al giudice colmare le eventuali lacune anche d’ufficio. L’onere è valutato in maniera neanche troppo severa, infatti spetto il giudice si accontenta che nel ricorso siano indicati indizi idonei a fondare la pretesa (ma non si sta confondendo il principio di prova con la specialità del motivo di ricorso?!)

7. Onere della prova e giudizio risarcitorioSeguendo le indicazioni richiamate, anche nel giudizio risarcitorio non è escluso che la parte interessata conservi l'onere di allegare le circostanze gli elementi posti a fondamento del diritto fatto valere in giudizio, soprattutto quando siano nella disponibilità della parte. Tuttavia ciò fa nascere vari ordini di problemi: il requisito della colpa dell'amministrazione era tappezzato di una stessa adozione ed esecuzione di un provvedimento amministrativo illegittimo da parte dell'amministrazione, ma tale schema è stato ritenuto incompatibile con il carattere personale della responsabilità civile. Se la colpa dell'amministrazione non può essere quindi ricondotta alla mera legittimità del provvedimento, l'attenzione del giudice deve incentrarsi sulla valutazione e sa verificare la gravità della violazione alla luce delle circostanze in cui è stata commessa e dei riferimenti normativi giuridici. Se invece si accetta la tesi che vede una presunzione di responsabilità dell'amministrazione, in capo al privato viene ricondotto l'onere di provvedere alla sola legazione del danno patito, mentre l'amministrazione è tenuta di mostrare la propria innocenza. Altra parte della dottrina della giurisprudenza hanno invece aderito alla tesi della responsabilità extracontrattuale, tramite la quale il privato risulta agevolato dell'onere probatorio attraverso la possibilità di offrire elementi indiziari quali la gravità della violazione, l'univocità della normativa di riferimento e l'apporto partecipativo del privato al procedimento. Spetta poi all'amministrazione allegare elementi ascrivibili allo schema dell'errore scusabile. In ogni caso si esclude che l'onere probatorio gravante incappa la parte possa essere assolto senza che il giudice ripercorra l'interattività amministrativa all'interno del giudizio prognostico, per verificare effettivamente quale sia il danno verificatosi. In tal caso si assiste ad una naturale attenuazione del principio di prova, in quanto si applica il principio generale per il quale si agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi la domanda: è dunque il privato che agisce in giudizio tenuto a fornire la prova dell'esistenza del danno.

8. Partecipazione procedimentale e attenuazione del principio dispositivoTuttavia tale ampiezza di poteri attribuiti al giudice si scontra con la disciplina della legge del 1990, che riconosce ai soggetti privati ampie facoltà di partecipazione al procedimento e all’istruttoria, e il diritto di accesso agli atti amministrativi (dato ormai il principio della generale accessibilità agli atti amministrativi, in sede processuale il ricorrente deve fornire concrete indicazioni documentali).2 principi fondamentali:Per i fatti nella disponibilità del ricorrente vi è l’onere della provaPer i fatti nella disponibilità esclusiva della PA vi è l’onere del principio di prova.Se la PA resiste al potere istruttore del giudice, questi tramite l’art. 116 c.p.c. valuterà tale comportamento come argomento di prova. Nel caso della giurisdizione esclusiva invece, dal 2000 devono essere applicate le regole proprie del processo civile, incluso il principio dell’onere della prova.

9.Onere della prova e giudizio risarcitorioFermi restando i poteri ampi del giudice nell’istruzione della causa, in ogni caso la parte ha l’onere di allegare i fatti posti a fondamento del diritto che vuole far valere (soprattutto se questi sono nella sua disponibilità). Ma poi come si qualifica la responsabilità della PA? Prima del 1999 la colpa si ravvisava nella stessa adozione ed esecuzione da parte di questa di un atto illegittimo (presunzione assoluta di colpa, incompatibile però con il principio della personalità della responsabilità civile). Di conseguenza vennero creati a livello giurisprudenziale degli indici identificativi: violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione. Si deve verificare quindi se vi sia errore scusabile da parte della PA.

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10. Sulla ripartizione dei poteri istruttori nel processo di legittimitàLa possibilità di avere poteri di acquisizione documentale non è solo del giudice, ma è posta a carico anche di soggetti diversi dall’amministrazione intimata (pur non avendo avuto rilievo diretto ai fini dell’emanazione del provvedimento, in ogni caso tali documenti presso altre PA possono essere utili per conoscere i fatti di causa. Con legge del 2000 si stabilisce che la decisione sui mezzi istruttori è attuata con ordinanza, con la quale si fissa la data dell’udienza successiva per la trattazione del ricorso. Vi è quindi una fase di istruzione probatoria distinta? Ma così si allontana la fase decisoria… (comunque si ritiene che il giudice manterrà la linea di tendenza precedente al 2000, per il principio della concentrazione).

11. I poteri istruttori nella giurisdizione esclusiva e di meritoPrima il giudice aveva gli stessi poteri istruttori limitati, come nella giurisdizione di legittimità. Nel 1987 ciò fu dichiarato illegittimo, limitatamente alle controversie in materia di pubblico impiego e alle questioni di carattere patrimoniale, per le quali dovevano essere applicabili gli artt.420 e s.s. c.p.c. sul processo del lavoro. Nel 2000 i mezzi di prova del c.p.c. (tranne le prove legali) furono estesi anche a tutte le cause in materia di giurisdizione esclusiva (in modo da tutelare maggiormente i diritti soggettivi). Nel caso in cui però si tratti di interessi legittimi, si dovranno seguire le regole del processo amministrativo circa l’istruzione probatoria.Sono esclusi l’interrogatorio formale e il giuramento, in ogni caso (ossia le prove legali, tramite le quali si va contro il libero convincimento del giudice). Ma se nelle materia di giurisdizione esclusiva sono applicati i principi di procedura civile (es. l’onere della prova), perché non si possono ammettere tutti i mezzi di prova? Vi sono forti dubbi di legittimità costituzionale…Per i diritti soggettivi, assoggettati alle norme del c.p.c., sono inammissibili nuovi mezzi di prova (tranne il giuramento decisorio, che qui non sarebbe ammesso in ogni caso), salvo che il Collegio non li ritenga indispensabili o che la parte non li abbia potuti produrre in primo grado per cause ad essa non imputabili (ma comunque sono sempre ammissibili nuovi documenti: si ritiene infatti che il divieto di produrre nuove prove riguardi solo quelle costituende, e non quelle costituite).

12. Le iniziative istruttorie delle partiL'istruzione di tipo documentale è stata in gran parte vostra carico dell'amministrazione, in caso di inadempimento le parti possono sollecitare il presidente del tribunale qualora non si attivi d'ufficio. Le parti private devono però produrre documenti di cui sono in possesso, ed avendo la piena disponibilità dei propri interessi saranno messe a valutare se e quando assumere tali iniziative. Hanno comunque un termine perentorio finale per il deposito dei documenti, che di 20 giorni prima di quello fissato per l'udienza di discussione delle ricorso. Nel processo di legittimità a tali iniziative delle parti si verranno ad affiancare quelle probatorie del giudice è tenuto collaborate nella ricerca della verità dei fatti controversi. Diversamente il potere di iniziativa del giudice devono ritenersi limitati quando il rapporto è di tipo paritetico e l'istruzione probatoria è dominata dal principio dell'onere della prova. In questo caso il richiamo alle norme del codice di rito non può prescindere dal considerare la mancanza del giudice istruttore e la concentrazione delle decisioni in capo al collegio.

13. La forma dei provvedimenti istruttoridevono essere adottati con ordinanza, come nel processo civile. In passato il Consiglio di Stato procedeva con decisione interlocutoria, prassi che è stata mantenuta anche con l'istituzione dei Tar, anche se chiarendo che tali sentenze interlocutorie. In cui contengono decisioni istruttorie non sono appellabile. Quella recente riforma del 2000 è stato comunque sancito che le decisioni sui mezzi di distruzione hanno la forma dell'ordinanza, con nell'applicazione del regime previsto dal codice di rito.

14. L'esecuzione dei mezzi di provaspetta al presidente del tribunale o al collegio disporre l'ammissione di mezzi di prova, stabilire termini e modi con cui debbono seguire le disposizioni del codice di procedura civile e tale previsione si applica ora anche alla consulenza tecnica d'ufficio perché, anche se non costituisce mezzo di prova in senso proprio, e comunque ora inserita nel T.U. sul Consiglio di Stato.sono così applicabili gli artt. da 191 a 201 c.p.c. per quanto riguarda il consulente tecnico d'ufficio, e per quanto riguarda l'assunzione dei mezzi di prova consentiti nelle controversie in materia di giurisdizione esclusiva si richiamo alla disciplina contenuta nel regolamento di procedura tenendo conto della specificità del processo amministrativo.

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15. Il ritiro dei documentinon è permesso in pendenza di lite, ma sono una volta che il giudizio sia stato definito con sentenza passata in giudicato. Se si va in appello, i documento sono trasmessi al giudice di II grado insieme al fascicolo d’ufficio. La segretaria del giudice d’appello, entro 30 giorni dalla data di iscrizione a ruolo della causa in appello, richiede la trasmissione dei documenti. Se in appello si richiedono provvedimenti urgenti, la parte può provocare un’ordinanza del Presidente del Collegio per la trasmissione dei documenti (se è necessaria la massima tempestività, come ad es. per le misure cautelari urgenti). Le parti possono inoltre chiedere che i documenti esibiti in originale possano essere sostituiti da copia conferme predisposta in segreteria.

16. L'istruzione probatoria nel giudizio di appello nella legge Tar 1971 e disposizioni che disciplinano l'appello sono poche, e pongono molti problemi interpretativi soprattutto riguardo all'istruzione probatoria. Questa riconosce al giudice di appello gli stessi poteri di cognizione di decisione del giudice di primo grado, l'impugnazione dunque a effetto divulgativo e porta ad un riesame di tutta la controversia: le nuove prove sono consentite in appello a condizione che la loro ammissibilità o rilevanza non sia stata esclusa la sentenza impugnata. Il presidente di sezione può disporre della rinnovazione totale o parziale di una prova e può mettere una prova nuova quando la stessa non sia stata esclusa dalla sentenza impugnata o quando accorda il motivo di censura proposto sul punto della decisione impugnata e aveva escluso dalle prova nel giudizio di primo grado. Il giudice d'appello può dunque assumere anche d'ufficio i mezzi istruttori, ma non è consentita una reformatio in peius delle sentenze impugnate, senza delle parti interessate con l'appello principali incidentali abbiano preso le relative iniziative.nel caso in cui ci si trovi di fronte ad una materia di giurisdizione esclusiva, si ritiene che ci si debba riferire al codice di procedura civile che ritiene inammissibili i nuovi mezzi di prova in appello, ad eccezione del giuramento decisorio, tra l'altro non ha messo nel nostro processo, salvo che il collegio non li ritenga necessari o che la parte dimostri di non averli potuti proporre nel giudizio di primo grado per causa di essa non imputabili. Si ritiene comunque sempre possibile alla produzione di nuovi documenti.

17. I mezzi di prova: delimitazione del sistemaè opportuno prendere in esame singoli mezzi di prova, che comunque operano secondo il regime istruttorio che caratterizza i vari tipi di giudizio. L'ordine illustra prima l'analisi degli strumenti probatori tipici del giudizio di legittimità, per passare poi a quelli ammessi nell'ipotesi di giurisdizione esclusiva.I singoli mezzi istruttori

I mezzi istruttori ammessi nel caso di giurisdizione di legittimità sono rappresentati da tre tipologie:

1. richiesta di chiarimenti. Analoga alla richiesta di informazioni alla Pubblica amministrazione prevista nell’articolo 213 c.p.c. ; a differenza di quest’ultima, però, può essere indirizzata anche nei confronti di un’Amministrazione che sia parte del giudizio.

2. richiesta di documenti. Può avere ad oggetto qualsiasi documento dell’amministrazione o di terzi, la cui esibizione sia ritenuta utile per la decisione. Concorre con gli strumenti previsti a tutela del diritto di accesso del cittadino.

3. verificazioni. Possono avere contenuti molto ampi e in particolare, secondo la giurisprudenza, possono riguardare l’accertamento di fatti o do situazioni complesse ; anche in questo caso, però, la giurisprudenza sostiene che non sarebbero assimilabili alle perizie e alle consulenze tecniche per il fatto che le verificazioni non potrebbero riguardare elementi di valutazione o di apprezzamento dei fatti ; altrimenti, attraverso le verificazioni, il giudice potrebbe sindacare nel loro contenuto le valutazioni tecniche riservate dalla legge all’Amministrazione. Una valutazione che risponde all’esigenza di conservare nelle mani della sola Amministrazione, salvaguardandola, la c.d. discrezionalità tecnica.

4. Consulenza tecnica d'ufficio. Ai sensi dell'articolo 44 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato il giudice amministrativo può sempre richiedere la consulenza tecnica d'ufficio che consiste nell'utilizzo di un esperto che coadiuva il compito del giudice.

5. La testimonianza. È un mezzo di prova ammesso nella giurisdizione esclusiva.

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Nella giurisdizione anche in merito è possibile utilizzare tutti i mezzi di prova del Codice di Procedura Civile per cui anche la confessione e il giuramento.

I mezzi istruttori ammessi nel caso di giurisdizione di merito godono invece di maggiore ampiezza, essi si ricavano dal disposto dell’articolo 44, 2° comma. t.u. Cons. Stato che prevede che in questi casi “il Consiglio di Stato può ordinare qualunque mezzo istruttorio nei modi determinati dal regolamento di procedura”.

L’articolo 27 del Regolamento precisa ulteriormente che “il giudice amministrativo può assumere testimoni, eseguire ispezioni, ordinare perizie e fare tutte le altre indagini che possono condurre alla scoperta della verità, coi poteri attribuiti al magistrato dal codice di procedura civile e con le relative sanzioni”.

Sono preclusi l’interrogatorio formale e il giuramento perché preordinati a una prova legale, e come si è già visto la prova legale viene esclusa, perché incompatibile con il principio del libero convincimento del giudice.

Nonostante la maggiore ampiezza prevista per i mezzi istruttori in casi di legittimità di merito emerge limpidamente la generale limitatezza dei mezzi istruttori previsti per il giudizio amministrativo, il che suscita non poche perplessità se si relazione alla delicatezza e alla rilevanza degli interessi legittimi e dei diritti tutelati nel caso di giurisdizione esclusiva.

Domanda di fissazione dell’udienza (impulso di parte) e decisione del ricorso

Il ricorrente deve sollecitare un'istanza di fissazione dell'udienza, altrimenti l'udienza non può essere fissata e dopo 2 anni il ricorso è perento (= estinto per inattività delle parti). L'istanza può essere presentata dalle altre parti. L'impulso delle parti serve anche quando si è tenuta l'udienza ma il processo non si è ancora chiuso (serve una nuova istanza entro 2 anni).

In seguito alla presentazione dell’istanza, viene fissata l’udienza di discussione del ricorso, di cui deve essere data comunicazione alle parti con congruo preavviso (almeno quaranta giorni). Le parti costituite possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima dell’udienza (fino a trenta giorni liberi, nel giudizio avanti il Consiglio di Stato) e memorie fino a dieci giorni prima.

Nell’udienza, che è pubblica, ciascuna delle parti può intervenire, attraverso il proprio avvocato, per illustrare oralmente le proprie ragioni; la trattazione ha luogo anche se non intervengono le parti o i loro avvocati: non esiste infatti l’istituto della contumacia.

Una volta conclusa la discussione, il TAR, se non ritiene di dover adottare pronunce interlocutorie (per esempio, per l’integrazione del contraddittorio) o pronunce istruttorie, provvede a decidere il ricorso pronunciando la sentenza; i giudici si riuniscono in camera di Consiglio per deliberare a maggioranza assoluta.

La decisione del Tar, deve contenere i seguenti elementi:

1. indicazione delle parti e dei loro avvocati

2. il tenore della domanda

3. esposizione dei motivi di fatto e di diritto

4. dispositivo (parte precettiva della decisione)

5. ordine affinchè sia eseguita dall’autorità amministrativa interessata

6. indicazione della data

7. sottoscrizione del giudice

In base all’articolo 26, 4° comma legge TAR il giudice amministrativo può decidere il ricorso, con sentenza succintamente motivata, nella camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare o nell’udienza fissata in seguito all’adozione di un mezzo istruttorio, senza che sia stata fissata l’udienza di discussione. Questa

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possibilità vale solo quando il ricorso risulti manifestamente fondato o manifestamente infondato, inammissibile, improcedibile o irricevibile.

Infine l’articolo 26, 7° comma legge TAR prevede che, quando si sia verificata

1. l’estinzione del giudizio

2. la rinuncia al ricorso

3. la cessazione della materia del contendere

4. la perenzione

5. la sopravvenuta carenza di interesse

6. la decadenza per mancata riassunzione

(tutte queste comportano l’estinzione del processo)

il Presidente della sezione competente provvede alla relativa declaratoria con decreto, senza fissare né pubblica udienza né camera di consiglio. Nei confronti del decreto le parti possono proporre opposizione al collegio; il collegio decide con ordinanza, disponendo, se accoglie l’opposizione, che il ricorso sia nuovamente iscritto nel ruolo dei ricorsi pendenti.

18. I documentiart.634 c.p.c.: Sono prove scritte idonee a norma del numero 1 dell'articolo precedente le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi, anche se mancanti dei requisiti prescritti dal codice civile. Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro, nonché per prestazioni di servizi, fatte da imprenditori che esercitano un'attività commerciale, anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli art. 2214 e seguenti del codice civile, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture.

19. La richiesta di (s)chiarimentisia alla PA che ai privati. Sono dichiarazioni di conoscenza in forma scritta (tipo interrogatorio libero) che non può però supplire alla mancanza di elementi istruttori. Se la PA mantiene un comportamento omissivo, questo sarà valutato come ammissione dei fatti.

20. L’ordine di verificazione:Nasce dal fatto che il giudice prima poteva basare il suo convincimento solo sulla rappresentazione della realtà fornitagli dalla stessa PA, ma oggi invece vi è un’altra tendenza secondo la quale si ritiene che la PA “interessata” si riferisca a tutto quell’apparato che comprende la PA sovraordinata che esercita poteri di controllo e vigilanza sulla parte in causa. Il contenuto di tale prova è indeterminato, sono ammessi dunque tutti quelli del c.p.c. tranne le prove legale. Da svolgersi sempre in contraddittorio.

21. La consulenza tecnica d’ufficiosvolge la funzione di Ausiliario del Giudice lavorando per lo stesso in un rapporto strettamente fiduciario nell'ambito delle rigide e precise competenze definite dal c.p.c.. Scopo del Consulente è quello di rispondere in maniera puntuale e precisa ai quesiti che il Giudice formula nell'udienza di conferimento dell'incarico e di relazionarne i risultati nell'elaborato peritale che prende il nome di Consulenza Tecnica d'Ufficio. È importante che il CTU faccia sempre riferimento a dati certi e, possibilmente, che accompagni tutto ciò che afferma con opportuna documentazione focalizzandosi –nella parte finale- sulle proprie conclusioni tecniche. Queste devono essere il risultato di un procedimento logico ben preciso ma non devono mai permettersi di esorbitare in affermazioni che potrebbero avere, al di là dei profili tecnici, un'influenza diretta sulla decisione della causa. I Consulenti Tecnici d'Ufficio sono iscritti - dopo una procedura di accertamento dell'esperienza - all'interno di specifici albi, suddivisi per categorie (ad esempio: architetti, ingegneri, agronomi, periti industriali, geometri, grafologi, esperti in mobili ed antiquariato, esperti in musica, ecc) tenuti dai tribunali. Il Consulente Tecnico

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d'Ufficio opera prestando particolarmente attenzione a garantire la propria imparzialità nei confronti delle parti alle quali deve consentire - in ogni momento - il contradditorio. È soggetto, inoltre, a tutti i limiti di garanzia del giusto processo ai quali è sottoposto il giudice e può quindi utilizzare esclusivamente la propria esperienza e capacità e la documentazione contenuta nel fascicolo, limitandosi a rispondere ai quesiti posti dal giudice stesso.Sentenze di rito e sentenze di merito

Decisioni di rito:

1. dichiarato inammissibile se per legge non poteva essere proposto, o sel’organo si rende conto di non essere il superiore gerarchico dell’organo che ha emesso l’atto – in ogni caso pronuncia di rito.

2. Se invece rileva una irregolarità sanabile, assegna al ricorrente un termine per provvedere a sanarla, e se questo non provvede, lo dichiara improcedibile (ad esempio se il ricorrente non ha dichiarato correttamente il provvedimento che voleva impugnare, anche se questo si può capire dalla lettura del ricorso. In questo caso non può dichiararlo inammissibile, può solo chiedere di sanare tale vizio). Improcedibile è diverso da inammissibile: infatti vuol dire che era ammissibile, ma che non può essere processato dato il vizio che lo caratterizza e che non è stato sanato.

Decisioni di merito:

1. decisione di accoglimento: se ritiene il ricorso fondato, e accogliendolo può: annullare l’atto; riformarlo, ossia modificare l’atto nelle parti in cui lo ritiene illegittimo; rimettere l’atto all’autorità che lo ha emanato: ciò si verifica quando il vizio rilevato è causato da

un difetto di istruttoria.2. decisione di rigetto: se ritiene il ricorso infondato. Quindi entra nel merito del ricorso e delle questioni

prospettate.3. Nel caso di incompetenza dell’autorità che ha emanato l’atto, si parla di incompetenza che ha un

effetto assorbente, con accoglimento senza entrare nel merito.Si possono avere sentenze di rito o di merito: le prime sono decisioni che incidono sulle questioni pregiudiziali, presupposti dell’azione e sule condizioni dell’azione. Quelle di merito accerteranno se sussistano o meno i vizi dedotti in giudizio.

Le sentenze di rito sono quelle che si arrestano a una pregiudiziale; le sentenze di merito decidono il merito della domanda. Solo sulle sentenze di merito si forma il giudicato, una volta che siano decorsi i termini per l'impugnazione. Il tribunale è tenuto a esaminare ciascun motivo del ricorso: è sufficiente che uno sia fondato perchè il ricorso venga accolto (cd assorbimento degli altri motivi). L'assorbimento limita la portata dell'accertamento, in quanto assorbire è non esaminare.

Nella giurisdizione esclusiva l'atto impugnato può anche mancare: la parte chiede che sia accertato il diritto o condannata l'amministrazione. Il tribunale non giudicherà la fondatezza dei motivi di ricorso, ma la fondatezza della pretesa del ricorrente, e in base a ciò accoglierà o respingerà la domanda.

La sentenza

Il giudice in appello può accogliere l'istanza del ricorrente oppure rigettarla. Rigettare l'istanza significa confermare la sentenza di primo grado. l'accoglimento del ricorso può accompagnarsi o meno al rinvio al giudice di primo grado cioè al TAR. L'annullamento con rinvio è un'eccezione ed è disciplinata dall'art 35 della legge TAR. Le ipotesi sono due:

1. Difetto di procedura . È una categoria che racchiude diverse ipotesi, la giurisprudenza ritiene che si debba procedere a rinvio tutte quelle volte l'anomalia comporti una lesione del diritto alla difesa.

2. Vizio di forma . Riguarda le ipotesi in cui la sentenza sia nulla.Sia nel caso del vizio di forma che del difetto di procedura, la ratio dell'art. 35 è evidente perché si è davanti a casi in cui di un giudizio di primo grado vero e proprio non può parlarsi. A questi due casi va aggiunta l'erronea declaratoria di incompetenza da parte del giudice di primo grado.

22. Gli altri mezzi di prova nelle controversie di giurisdizione esclusiva

a) Ispezione ed esibizione:

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art.118 + 210 c.p.c.: Il giudice può ordinare alle parti e ai terzi di consentire sulla loro persona o sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiano indispensabili per conoscere i fatti della causa, purché ciò possa compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo, e senza costringerli a violare uno dei segreti previsti negli articoli 351 e 352 del codice di procedura penale. Se la parte rifiuta di eseguire tale ordine senza giusto motivo, il giudice può da questo rifiuto desumere argomenti di prova a norma dell'articolo 116, secondo comma. Se rifiuta il terzo, il giudice lo condanna a una pena pecuniaria non superiore a lire ottomila. Negli stessi limiti entro i quali può essere ordinata a norma dell'articolo 118 l'ispezione di cose in possesso di una parte o di un terzo, il giudice istruttore, su istanza di parte, può ordinare all'altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo. Nell'ordinare l'esibizione, il giudice dà i provvedimenti opportuni circa il tempo, il luogo e il modo dell'esibizione. Se l'esibizione importa una spesa, questa deve essere in ogni caso anticipata dalla parte che ha proposta l'istanza di esibizione.

b) Interrogatorio libero:art.117 c.p.c.: Il giudice, in qualunque stato e grado del processo, ha facoltà di ordinare la comparizione personale delle parti in contraddittorio tra loro per interrogarle liberamente sui fatti della causa. Le parti possono farsi assistere dai difensori.

c) Le prove per testimoni:qui è ammessa solo per fatti storici (e segue il c.p.c.), altrimenti per valutazioni tecniche si ricorrerà alla verificazione.I provvedimenti istruttori prima erano ritenuti non appellabili ma ciò era in contrasto con il c.p.c., nel quale i provvedimenti istruttori assumono la veste di ordinanza, quindi modificabile, revocabile e non suscettibile di impugnazione se non insieme all’impugnazione di merito. Tuttavia in seguito alla riforma del 2000 è stata prevista l’estensione anche in tale ambito della disciplina del c.p.c.

Sezione quarta: La fase di decisione

1. PremesseDopo la discussione (in pubblica udienza o in adunanza camerale) il Presidente del Collegio dispone l’assegnazione (o spedizione) della causa in decisione: si tratta del passaggio formale alla fase decisoria (il Collegio si ritira in Camera di Consiglio). È stato quindi già definito l’oggetto della controversia, si è svolto il contraddittorio, è stato raccolto il materiale probatorio (o per iniziativa delle parti, o d’ufficio, tramite il metodo acquisitivo) e il processo si avvia verso la sua conclusione: la formulazione del giudizio e l’emanazione di una sentenza.

2. Profili formali: la formazione della decisioneLa disciplina della fase decisoria è contenuta negli artt.61 e 62 del regolamento di procedura del 1907, e nell’art.276 c.p.c. Il Collegio giudicante, dopo la discussione del ricorso, si ritira in Camera di Consiglio per deliberare (nella prassi, non dopo ogni singolo giudizio, ma dopo tutte le cause della stessa udienza). L’assegnazione della causa in decisione svolge 2 funzioni:. preclude ai componenti del Consiglio la possibilità di esercitare il diritto di astensione. determina la chiusura del contraddittorio e la fissazione della posizione processuale delle parti.Procedura di rilettura: si può riaprire la discussione (per i principi costituzionali del giusto processo) se sopravviene una nuova normativa o un’altra questione di fatto o di diritto che possa incidere sulla decisione. Se si verifica la “terza opinione, o terza via” del giudice (quando cioè questi basi la propria decisione su questioni insorte solo in Camera di Consiglio, non sottoposte al contraddittorio delle parti)? La riapertura del contraddittorio potrebbe impedire questa criticata soluzione.Se tra la discussione e la decisione si verifica un fatto che non permette al Collegio di formarsi in modo regolare, la causa è rimessa a ruolo davanti ad un altro Collegio, di fronte al quale si rinnova la discussione. Questo avviene per il principio di immodificabilità del giudice: la composizione del Collegio giudicante non può ammettere un giudice che non era presente all’udienza di discussione (altrimenti ciò porterebbe alla nullità della sentenza poi emanata).

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3. La deliberazione:essendovi più giudici, si devono fondere più giudizi per arrivare ad un’unica soluzione. A ciò si arriva tramite il dibattito camerale e la deliberazione.Il dibattito è fissato dal Presidente. Ogni componente manifesta il proprio punto di vista agli altri componenti del Collegio. Dopo il dibattito si procede ad una votazione (qui il parere non è più solo proposto, ma affermato). La manifestazione del voto è da fare al Presidente, che procede alla raccolta dei voti. È richiesta la maggioranza assoluta. Se questa non si forma, il Presidente mette al voto 2 soluzioni per escluderne una, alla restante ne è affiancata un’altra, e così via fino alla votazione definitiva (formazione artificiale della maggioranza per esclusione progressiva delle soluzioni di minoranza).Una volta arrivati ad una decisione, il Presidente provvede alla stesura e alla sottoscrizione. Il relatore invece stende la motivazione (o un altro giudice, se il relatore appoggiava la decisione minoritaria). La decisione è in ogni caso modificabile fino alla sua pubblicazione, perché solo con questa acquista esistenza giuridica. La pubblicazione si ha con il deposito in segreteria (il segretario da atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma). Entro 5 giorni è data comunicazione alle parti con un biglietto di segreteria da parte del segretario. Questo è da consegnare o personalmente, o tramite raccomandata o ufficiale giudiziario.

4. Profili sostanziali: la formulazione del giudizioil Collegio decide prima le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o d’ufficio, poi il merito della causa. Tuttavia in questo caso non si chiarisce in che ordine: nella trattazione delle questioni attinenti al merito, c’è un ordine?

5. Graduazione, accorpamento ed assorbimento dei motivi di ricorsoIl giudice deve pronunciarsi su tutte le domande proposte dal ricorrente, ma poi è da valutare il problema della prassi dell’assorbimento dei motivi: il giudice accoglie il ricorso per un dato motivo e omette di esaminare gli altri profili di legittimità rappresentati dal ricorrente (tale soluzione non è sempre giustificata). Non sussiste alcun problema invece per l’accorpamento dei motivi di ricorso: il giudice esamina i motivi del ricorso, per poterli (qualora sia possibile) esaminarli congiuntamente.

6. Valutazione delle prove e libero convincimento:il giudice per poter giudicare deve conoscere i fatti, per questo si procede alla valutazione del materiale probatorio. Anche nel processo amministrativo, all’art.116 primo comma c.p.c. è sancito il principio della libera valutazione delle prove (o libero convincimento del giudice). Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga diversamente. Non si tratta di arbitrio, ma di prudente apprezzamento (quello del buon padre di famiglia).

7. La regola del giudizio: regola che riguarda il modo di elaborare il giudizio se i fatti allegati dalle parti sono rimasti incerti. Il giudice DEVE decidere, non può pronunciare un non liquet perché ha dubbi sulla situazione di fatto. Anche nel diritto amministrativo è applicabile l’art.2697 c.c. sull’onere della prova. nel giudizio civile, siccome le prove sono quasi sempre nella disponibilità delle parti, si avrà la massima “provare o soccombere”. Tale regola si applica anche al giudizio amministrativo, ma tenendo conto del principio acquisitivo, perché le prove sono spesso nell’esclusiva disponibilità della PA. Il giudice quindi ha potere di acquisire prove, e le pone a carico della parte che ne ha disponibilità (la PA appunto).Quindi la parte che allega il fatto, ma che è esonerata dal giudice dal provarlo, non potrà avere la responsabilità sull’incertezza del fatto solo perché la controparte non ha ottemperato all’ordine istruttorio del giudice (es. di esibizione).Tuttavia per la dottrina l’intervento del giudice determinerebbe non una semplice inversione dell’onere della prova, ma la creazione di un onere diverso in capo alla PA, ossia quello di fornire la prova di un fatto inverso rispetto a quello fornito dal ricorrente.

8. Valutazione del comportamento processuale delle partiSe la PA non ottempera all’ordine del giudice di esibire i documenti, la giurisprudenza non è univoca circa la soluzione di tale problema:È provata l’affermazione del ricorrente?

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No, altrimenti sarebbe tipo una prova legale (confessione)È argomento di prova?Soluzione preferibile. Non si tratta di una prova, ma della valutazione di un comportamento che comunque però deve concorrere con altri elementi probatori.

CAPITOLO 3LE IMPUGNAZIONI

Sezione prima: L’appello

1. Il doppio grado di giurisdizione nel processo amministrativoDal 1971, con l’istituzione dei Tar, è stato previsto un doppio grado di giurisdizione: il primo grado di competenza del TAR, il secondo del Consiglio di Stato.Nella Costituzione, i TAR sono riconosciuti come organi di primo grado: è stato dunque istituzionalizzato il doppio grado di giurisdizione. Tale tesi è accolta dall’autore, tuttavia altri sono contro tale tesi, obiettando che mente si stabilisce per il primo grado, nulla si dice per l’appello (ma tale tesi non è ritenuta in ogni caso condivisibile, perché il fatto che il Consiglio di Stato sia organo di appello si rileva anche da altre norme costituzionali).

2. L’appello al Consiglio di StatoL'appello in linea generale è un mezzo di impugnazione con il quale si demanda a un giudice superiore, in cui tale giudice è il Consiglio di Stato (tranne nella Regione Siciliana ove è previsto il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana), di pronunciarsi su una controversia che sia stata decisa in una sentenza L'appello consiste in un riesame completo della controversia, per cui quanto statuito dal precedente giudice non ha rilevanza alcuna, tranne nel caso in cui la precedente sentenza sia nulla, poiché in tal caso il giudice deve rinviare la sentenza al giudice di primo grado. L'appello può essere esperito per tutte le sentenze emanate dal TAR che decidano la controversia e non invece per le sentenze che, anche se denominate tali, abbiano solo una funzione strumentale all'interno di un processo.

L’appello è un mezzo di impugnazione di tipo rinnovatorio, consente cioè un nuovo giudizio sulla stessa questione)

È rinnovatorio perché:È qualificato dallo stesso legislatore come appelloIl Consiglio di Stato in sede di appello ha gli stessi poteri giurisdizionali di cognizione e decisione del giudice di primo gradoTranne eccezioni, in ogni altro caso il Consiglio di Stato decide sulla controversia.Tuttavia, qualora il Consiglio di Stato veda a censurare vizi propri della sentenza di primo grado, questo rimedio ha carattere impugnatorio.Si tratta dunque di un giudizio sia rescindente che rescissorio: annullata la sentenza di primo grado, il Consiglio di Stato decide nel merito la controversia già decisa dal TAR senza alcun rinvio a questo.Termini

L'appello deve essere proposto entro 60 giorni dalla notificazione della sentenza impugnata (termine breve). Nel caso in cui non vi sia stata notificazione, il termine è di un anno decorrente dalla data della pubblicazione della sentenza (termine lungo). Entrambi i termini sono sottoposti alla sospensione feriale dal 1° agosto al 15 settembre. Entro il termine indicato deve essere notificato l'appello alle controparti. La notifica deve essere effettuata nei confronti o della P.A. o di un controinteressato oppure entrambi.

L’appello deve essere notificato alle altre parti del giudizio di primo grado, siano esse costituite o non, se l’atto non è notificato a tutte le parti, ma almeno ad una, l’appello non è inammissibile ma il Consiglio di Stato ordina di procedere all’integrazione del contraddittorio.

Nei trenta giorni successici alla notifica il ricorso deve essere depositato presso il Consiglio di Stato; col deposito di determina anche la costituzione in giudizio dell’appellante e la pendenza del giudizio.

Legittimati a proporre appello sono ovviamente i soccombenti nel giudizio di primo grado e i controinteressati sostanziali che non abbiano ricevuto notifica di ricorso in primo grado, sia nel caso in cui questi avrebbero dovuto

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riceverla, sia nel caso in cui la legge non preveda tale obbligo, ma il soggetto abbia comunque una posizione qualificata. La sentenza, dopo essere stata adottata, viene sottoscritta dai giudici che ne facevano parte e viene poi depositata.

Come detto, l'appello amministrativo ha carattere devolutivo, il che implica l'esame da parte del giudice degli stessi motivi dedotti in primo grado. In appello non si possono proporre nuovi motivi, e ciò per due motivi:

da un lato verrebbe ad essere violato il principio del doppio grado, per cui ad ogni doglianza deve essere data la possibilità ad entrambe le parti di demandare una seconda analisi ad un giudice superiore in caso di primo esito insoddisfacente;

dall’altro è che si vanificherebbe anche da un certo punto di vista il termine di decadenza per il ricorso in primo grado, che essendo oramai scaduto non dovrebbe permettere la possibilità di presentare ricorso deducendo tali motivazioni.

Diversa è invece la situazione quando si parla di motivi aggiunti che, nel giudizio di secondo grado, non costituiscono un rimedio a carenze e manchevolezze della difesa, ma si configurano come uno strumento integrativo del ricorso.

3. Appello ed effetto devolutivoÈ anche devolutivo, in quanto il Consiglio di Stato conosce necessariamente della stessa questione decisa in primo grado. L’effetto devolutivo si produce nei limiti del thema decidendum proposto dal ricorrente.Divieto di ius novorum dunque, con l’unica eccezione data dai fatti conosciuti nel corso del giudizio di secondo grado.Artt. 345-346 c.p.c.: le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado e non riproposte in appello, si danno per rinunciate.Per le questioni relative al ricorso introduttivo, se non decise in primo grado possono essere esaminate in appello anche d’ufficio; se decise invece devono essere appellate pena il formarsi del giudicato sul punto.L’appello inoltre non è sospensivo: le sentenza dei TAR sono esecutive, la proposizione dell’appello davanti al Consiglio di Stato non ne sospende l’esecuzione, a meno che su istanza di parte, il Consiglio di Stato disponga (con sentenza emessa in Camera di Consiglio) la sospensione dell’esecuzione della sentenza se da questa possa derivare danno grave ed irreparabile.

4. Le decisioni di primo grado appellabiliSono appellabili tutte le sentenze e le ordinanze che hanno carattere decisorio (in passato era esclusa l’appellabilità delle sentenze istruttorie, di mero contenuto ordinatorio, anche se erano denominate sentenza. Il problema è stato oggi risolto in quanto si è chiarito che rivestono la qualifica di ordinanze). Grazie a tale principio è stata ammessa l’appellabilità delle ordinanze cautelari.Per quanto riguarda le sentenze parziali? In questo caso il giudice decide solo le questioni mature, mentre per le restanti continua il processo. Possono essere impugnate anche insieme alla sentenza di merito, o devono essere appellate immediatamente pena decadenza? In procedura civile si può o appellare subito, o con la sentenza definitiva attraverso la riserva d’appello (art.340 c.p.c.). in amministrativo invece parte della giurisprudenza propende per un’applicazione analogica dell’art.340 c.p.c., altri però si oppongono a tale tesi dichiarando la necessità di appello immediato pena giudicato.

5. Le partisono quelle del giudizio di primo grado (può cambiare la loro posizione nel giudizio d’appello, es. per quello incidentale), costituite, e chi non ha potuto partecipare al primo grado perché non è stato messo nella condizione di poterlo fare (es. contro interessato pretermesso, al quale cioè non è stato notificato) + i contro interessati occulti (la loro posizione non si evinceva dal provvedimento impugnato) o successivi (la loro posizione viene in essere solo dopo la sentenza di primo grado).La legittimazione ad appellare è valutata non solo in base all’interesse sostanziale (e non formale!) di chi appella, ma anche in base alla circostanza che chi appella non sempre è la parte soccombente nel giudizio di primo grado. È ammesso l’intervento ad adiuvandum e ad opponendum anche da parte di chi non è stato interventore in primo grado.

6. La proposizione del ricorso e lo svolgimento del giudizioL’appello si propone con ricorso indirizzato al Consiglio di Stato contenente:-Generalità dell’appellante

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-Sentenza impugnata-Esposizione dei fatti e dei motivi sui quali si fonda l’appello-Conclusioni-Sottoscrizione dell’appellante e del difensore (che deve essere adibito alle giurisdizioni superiori).Entro 20 giorni dalla notificazione o un anno dalla pubblicazione della sentenza che si vuole impugnare.La notifica è diversa dal primo grado, perché in appello è sufficiente notificare ad almeno una delle parti necessarie. Il ricorso è depositato in segreteria entro 30 giorni dall’ultima notificazione. Entro 30 giorni gli appellanti possono costituirsi in giudizio (ma il termine non è perentorio: in ogni caso possono farlo fino a 10 giorni prima dell’udienza o anche appena prima di questa, ma poi ci si deve limitare alla difesa orale).La sent.205/2000 ha introdotto nuovi termini con l’art.23 bis: ora il termine è di 30 giorni dalla notificazione o 120 dalla pubblicazione. Si prevede anche l’appello con riserva dei motivi. In ogni caso lo svolgimento del processo segue le regole proprie del giudizio davanti ai TAR.

7. L’appello incidentalel’istituto nasce al fine di poter trattare in un unico giudizio di appello le censure che le parti soccombenti possono proporre in appello. Originariamente era usato solo in caso di parziale accoglimento del ricorso di primo grado. L’appello incidentale è strettamente dipendente da quello principale. È da depositare entro i 30 giorni successivi al termine fissato per il deposito di quello principale, con atto notificato alle controparti, da depositare nei 20 giorni successivi. Il ricorso incidentale deve essere proposto anche quando più parti sono legittimate a proporre appello per motivi diversi. Il più diligente, che arriva prima, fa appello principale, tutti gli altri quello incidentale (a meno che quello principale non venga notificato. In questo caso i ricorsi saranno riuniti in sede di integrazione del contraddittorio).

8. Le sentenze del giudice di appelloa) Di rigetto: l’appello è giudicato infondatob) Di accoglimento: il Consiglio di Stato annulla la decisione del TAR.In questo caso la sentenza può essere con rinvio se:Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso per difetto di procedura o di forma della decisione di primo gradoSe il Consiglio di Stato accoglie il ricorso contro una sentenza del TAR che erroneamente ha dichiarato la propria incompetenzaSe il TAR abbia erroneamente declinato la propria giurisdizioneLe parti prima dovevano riassumere la causa, ora per esigenze di celerità processuale voluta dalla riforma 205/2000 l’udienza al TAR è fissata d’ufficio entro 30 giorni dalla comunicazione della sentenza che ha disposto il rinvio.

Sezione seconda: I rimedi straordinari contro le decisioni dei giudici amministrativi

1. La revocazione: nozioneÈ impugnazione a critica vincolata, sono infatti previsti tassativamente i casi per i quali è possibile ricorrere a tale istituto.

2. I casi di revocazioneNel processo civile, si distingue tra revocazione ordinaria e straordinaria. Se si è ancora nel termine per impugnare, i motivi di revocazione si convertono in motivi di appello.Straordinaria:-Dolo di una parte a danno di un’altra (impedisce la difesa dell’altra parte mediante artifici o raggiri)-Prove false: la prova è stata riconosciuta o dichiarata falsa (in sede penale) dopo che la sentenza è passata in giudicato)-Ritrovamento dopo la sentenza di uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre per forza maggiore o fatto dell’avversario-Dolo del giudice comprovato da sentenza passata in giudicatoOrdinaria:-Erronea supposizione di fatto (errore di fatto): la decisione della causa si fonda su un fatto che si ritiene inesistente e non lo è, o viceversa (si ha falsa rappresentazione della realtà). È errore di percezione, non di interpretazione (altrimenti si avrebbe ricorso per Cassazione).

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-Contrarietà a un precedente giudicato: la revocazione può essere fatta se la sentenza impugnata non abbia pronunciato su una precedente eccezione di giudicato. Si tratta di giudicato esterno: tra le stesse parti, sullo stesso oggetto, ma in cause diverse.

L’articolo 28 della legge TAR ammette nei confronti delle sentenze dei TAR il rimedio della revocazione ; l’art. 36 della stessa legge ammette la revocazione anche nei confronti del Consiglio di Stato. In entrambi i casi non è dettata una disciplina specifica dell’istituto, con riferimento a pronunce di giudici amministrativi, ma è fatto rinvio al codice di procedura civile.

In particolare si fa riferimento all’articolo 395 c.p.c. che riguarda i casi di:

- sentenza che sia effetto di dolo di una parte in danno dell’altra.- sentenza pronunciata in base a prove riconosciute o dichiarate false dopo la sentenza o che la parte

soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate false prima della sentenza.- il caso di ritrovamento dopo la sentenza di uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto

produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario. In tal caso il ritardo nella scoperta del documento non deve essere imputabile a colpa o dolo della parte.

- La sentenza che sia affetta da errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. L’errore di fatto deve essere, in tal caso, determinante per la sentenza, e non deve concernere le valutazioni dei fatti compiute dal giudice, ma deve consistere in una erronea o omessa percezione del contenuto materiale degli atti o dei documenti prodotti nel giudizio.

- La sentenza sia contraddittoria con altra precedente passata in giudicato, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione. Questa ipotesi presuppone l’identità degli elementi di identificazione dell’azione nei due diversi giudizi.

- La sentenza affetta da dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.Il giudizio per revocazione si propone avanti al medesimo giudice che ha emesso la sentenza: il giudice adito procede all’accertamento delle condizioni per la revocazione (c.d. iudicium rescindens) e, nel caso di accertamento positivo, al riesame del merito della controversia già precedentemente decisa ( c.d. iudicium rescissorium ).

3. Le decisioni revocabiliContro le sentenze dei TAR, in base al rinvio agli artt.395-396 c.p.c., dovrebbe essere possibile proporre revocazione per tutti i casi dell’art.395, anche se ancora in tempo per l’appello.Per la dottrina, si applica il principio della prevalenza dei mezzi di impugnazione generali su quelli speciali (da preferire sempre l’appello). La giurisprudenza invece è ancora oscillante tra l’interpretazione fornita dalla dottrina, e la libera scelta offerta all’appellante tra i 2 rimedi:Se sono addotti gli stessi motivi, la proposizione di una delle 2 impugnazioni rende inammissibile (o improcedibile) l’altraSe i motivi addotti sono differenti, per non arrivare a giudicati contrastanti ed unire quindi le impugnazioni, la giurisprudenza è oscillante tra la proposizione del rimedio generale dell’appello (i motivi revocatori saranno poi convertiti in motivi aggiunti), o la proposizione della revocazione con sospensione dell’appello ( vedi c.p.c. dove regola rapporti tra revocazione e ricorso in cassazione).Contro le sentenze del Consiglio di Stato, la disciplina più recente sembrerebbe rinviare solo all’art.396 c.p.c., rendendo utilizzabile solo la revocazione straordinaria. Ma la giurisprudenza è concorde nel ritenere in vigore ancora la precedente disciplina, con riferimento al rinvio all’art.395 c.p.c. (è esperibile cioè anche la revocazione ordinaria). Tale interpretazione è inoltre conforme alla Costituzione, altrimenti vi sarebbe una compressione dei mezzi di tutela).

4. I termini per la proposizione del ricorsoPer quanto riguarda i termini, stabilisce l’art.400 c.p.c. che davanti al giudice adito si osservano le norme per il procedimento dinanzi a lui: è necessario rispettare anche i termini del processo amministrativo: 60 giorni dalla notifica della sentenza (o scoperta dei vizi per la revocazione straordinaria) o un anno dalla sua pubblicazione.

5. Il giudizio di revocazioneSono legittimate le parti formali del primo grado (ma per alcuni anche le sostanziali).La revocazione si compone di una fase rescissoria e di una rescindente, ed ha effetto devolutivo (come l’appello). Art.398 c.p.c. e rapporto con il ricorso in Cassazione. Contro la revocazione sono esperibili tutti i mezzi di impugnazione, tranne la revocazione stessa.

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6. L’opposizione di terzo: nozioneL’istituto in questione non è contemplato nelle leggi sul processo amministrativo e la giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva sempre desunto da questo silenzio che nel processo amministrativo non fosse ammesso. La Corte Costituzionale con sentenza 17 maggio 1995, n.177 ha, però, dichiarato l’illegittimità dell’art. 36 legge TAR “nella parte in cui non prevede l’opposizione di terzo ordinaria fra i mezzi di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato e (…) delle sentenze del TAR divenute giudicato”; si considera dunque applicabile la normativa prevista all’articolo 404, 1° comma c.p.c. attraverso la quale un terzo può porre in discussione una sentenza passata in giudicato “o comunque esecutiva” che pregiudichi i suoi diritti e che sia pronunciata in un giudizio cui sia rimasto estraneo.

L’opposizione di terzo dovrebbe essere proposta avanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza pregiudizievole per il terzo : tuttavia una parte della giurisprudenza amministrativa, richiamandosi alle peculiarità del processo amministrativo in tema di legittimazione all’appello, sostiene che solo nei confronti delle sentenze dei TAR l’opposizione vada comunque proposta al giudice d’appello.

art.404 c.p.c. in combinato disposto con l’art.2909 c.c. (il giudicato).Al contrario della revocazione, che può essere ordinaria o straordinaria, l’opposizione di terzo è solo straordinaria (può cioè essere chiesta solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza, altrimenti prima si ricorrerebbe o all’appello, o al ricorso in Cassazione).Punto di partenza è l’art.2909 c.c., il giudicato sostanziale in ambito soggettivo. Questo recita infatti: “ L’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa”. Secondo tale articolo, i terzi non verrebbero in alcun modo colpiti dal giudicato. Ma può accadere che la sentenza vada ad incidere sul terzo che non abbia partecipato al processo. Il terzo quindi è tale rispetto al processo cui non ha ingiustamente partecipato, ma non lo è rispetto al rapporto sostanziale.Tale istituto prima non era ammesso nel processo amministrativo, ma ciò fu superato dalla sentenza additiva della Corte Costituzionale, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art.36 della legge istitutiva dei TAR nella parte in cui non prevedeva l’opposizione di terzo tra i mezzi di impugnazione (in violazione degli artt.3 e 24 Cost.)

7. I soggetti legittimati; le sentenze opponibili; il giudice competente ei termini per la proposizione del ricorsoLegittimati nel processo civile sono i litisconsortili necessari pretermessi (andranno a dedurre il mancato rispetto delle regole sul contraddittorio) e i titolari di una situazione soggettiva autonoma e incompatibile con ciò che sia stato deciso dal giudice (verrà in esame l’ingiustizia della sentenza).Tuttavia in campo amministrativo si sono rivelati dei problemi:per ovviare alla mancanza dell’opposizione di terzo, si è sempre cercato di ampliare la categoria degli interessati ad appellare, includendo anche i contro interessati sostanziali ed i cointeressati sostanziali. Ciò viene a creare sovrapposizioni tra legittimati ad appellare e legittimati a proporre opposizione di terzo.Inoltre la Corte Costituzionale, a causa della delimitazione della questione di legittimità che era stata chiamata a giudicare, aveva limitato l’opposizione di terzo solo alle sentenze di primo grado passate in giudicato (diversamente dal c.p.c., che lo prevede invece per tutte le sentenze comunque esecutive). Sul presupposto dell’immediata esecutività (e quindi possibile lesività) delle sentenze di primo grado non ancora passate in giudicato, la giurisprudenza più recente ammette in ogni caso l’esperibilità dell’opposizione di terzo.Per quanto riguarda invece l’opposizione revocatoria, non è presente nel processo amministrativo, anche se ultimamente vi è qualche voce della dottrina a favore.Il giudice competente è lo stesso che ha adottato la sentenza, con lo stesso procedimento proposto di fronte a lui (competenza funzionale inderogabile).In caso di sentenza non ancora passata in giudicato, la giurisprudenza amministrativa precedentemente riteneva competente il Consiglio di Stato, perché giudice naturale delle impugnazioni, ma poi preferendo l’economia processuale questa ha ammesso la proponibilità allo stesso giudice della sentenza impugnata (salva la possibilità di convertire l’opposizione di terzo in appello davanti al Consiglio di Stato, seguendo forme e termini, che sono gli stessi dell’appello).Se si propone l’opposizione insieme all’appello, l’opposizione è convertita in intervento nell’appello.Se si propone opposizione insieme alla revocazione, si porteranno avanti i 2 giudizi, per poi coordinare le sentenze attraverso il criterio della prevalenza temporale.

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Sezione terza: La risoluzione delle questioni di giurisdizione

1. Gli strumenti di verifica della giurisdizioneDato che la giurisdizione è divisa tra più ordini di giudici, tra giudici ordinari, amministrativi e tra giudici speciali, è necessario un controllo qualora sorgano conflitti. Le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno il compito di verificare i conflitti di giurisdizione nei casi concreti (nonché i conflitti di attribuzione).

2. Il regolamento preventivo di giurisdizione:- art.41 c.p.c., il regolamento è esperibile finchè la causa non sia decisa nel merito in primo grado, e la proposizione del regolamento non sospende automaticamente il giudizio.- La questione di giurisdizione è sollevabile dalla PA anche se non è parte in causa, e in ogni stato e grado del giudizio, finché la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato.

3. Il ricorso in Cassazione contro le sentenze rese in grado di appelloNei confronti di una pronuncia, esplicita o implicita, sulla giurisdizione sono proponibili impugnazioni proprie del grado della sentenza di cui si tratta per far valere le questioni di giurisdizione. La giurisprudenza ritiene che il difetto di giurisdizione riempie tre vizi rilevabili d'ufficio in appello anche in presenza di una pronuncia esplicita sul punto del tribunale amministrativo. Le sentenze rese in grado di appello sono ricorribile in cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, come oggi espressamente affermato dall'articolo 111 costituzione. La disciplina del ricorso in cassazione per motivi di giurisdizione è dettata dal codice di rito ex art.325 c.p.c.: la sua proposizione non sospende l'esecuzione della sentenza, ma in caso di grave irreparabile danno il giudice può disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa e che sia prestata congrua azione. In caso di accoglimento del ricorso la corte cassa la decisione impugnata senza rinvio, se ne dalla sussistenza della giurisdizione; la cassa con il rinvio invece qualora 6000 giurisdizione negata dal giudice il cui provvedimento è stato impugnato. In questo caso le parti devono riassumere il giudizio entro sei mesi dalla comunicazione della sentenza.

4. I casi di corrività in cassazione " in ogni tempo"La contestazione può avere ad oggetto sia i conflitti, positivi o negativi, di giurisdizione tra giudici speciali o tra questi e giudici ordinari; sia a conflitti negativi di attribuzione tra amministrazione giudice ordinario. La norma sottrae la proponibilità del rimedio ai limiti temporali propri delle impugnazioni, e legittima quindi la proposizione del ricorso anche nel caso di sentenze formalmente passate in giudicato.

5. Gli effetti della decisione sulla giurisdizionesecondo l'articolo 386 c.p.c. la decisione sulla giurisdizione è determinata dall'oggetto della domanda e, quando proseguii giudizio, non pregiudica le questioni sulla pertinenza del diritto sulla proponibilità della domanda. Ogni volta che chiamata decidere una questione di giurisdizione La corte ha il potere-dovere di procedere ad un'indagine di fatto, effettuata solo fine di qualificare la posizione soggettiva delle parti o rapporto dedotto in giudizi sono. La valutazione non comporta però che il giudice possa poi nel merito negare fondamento alla domanda escludendo la ricorrenza dei fatti a cui si pensa assunta presupposto della questione di giurisdizione. La decisione della corte di cassazione è spicca sicuramente effetti vincolanti per il giudice di merito, perché tale questione non potrà più essere rimessa in discussione in quel giudizio. L'autonomia tra istanza di regolamento preventivo di sospensione del giudizio di merito ha portato la giurisprudenza a ritenere che la sentenza affermativa del difetto di giurisdizione determini l'automatica caducazione di tutti gli atti e provvedimenti dipendenti dal provvedimento che abbia disposto la prosecuzione del processo.

6. Le questioni di giurisdizioneLe questioni di giurisdizione pongono il problema dei limiti esterni della giurisdizione, possiede rispetto da parte degli organi giurisdizionali dei confini tracciati dalla legge all'esercizio della loro attività. È escluso ogni sindacato su questioni relative all'erronea o falsa applicazione di norme giuridiche, vizi nell'iter procedurale o nel processo logico della decisione o l'omissione di pronuncia. Ai principi del giusto processo andrebbe riconosciuta portata profondamente innovativa in ordine al concetto stesso di giurisdizione, in base alla quale è possibile nucleare

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quattro diverse aree di conflitti le questioni relative alla corretta attuazione del criterio di riparto, l'eccesso di potere giurisdizionale, la verifica se la situazione vantata dal privato sia astrattamente protette tutelato dall'ordinamento, l'errata composizione del collegio giudicante.

CAPITOLO 4LA SOSPENSIONE, L’INTERRUZIONE E L’ESTINZIONE DEL PROCESSO

Sezione prima: Sospensione ed interruzione

1. La sospensione:è un arresto temporaneo dello svolgimento del processo, con astensione da qualsiasi attività processuale (ma il giudice può comunque autorizzare quelli urgenti e non ripetibili).SI ha sospensione nei seguenti casi:- regolamento preventivo di giurisdizione- regolamento di competenza- questioni pregiudiziali- questioni di legittimità costituzionale di leggi- questioni di interpretazione di leggi comunitarie- causa pregiudiziale (su capacità e stato delle persone, o per querela di falso)Cessata la causa di sospensione, le parti devono riassumere la causa entro 6 mesi con semplice presentazione della domanda di fissazione dell'udienza.

2. L’interruzione:si tratta di un arresto temporaneo del processo, determinato dalla necessità di assicurare l’effettività del contraddittorio, a seguito di eventi che hanno menomato l’attiva partecipazione delle parti, dei loro rappresentanti legali o dei loro procuratori.Tali eventi possono riguardare:-Morte della parte o perdita della capacità di stare in giudizio per interdizione, inabilitazione, fallimento.-Morte o perdita della capacità del rappresentante, cessazione della rappresentanza-Morte, radiazione dall’albo o sospensione del procuratoreNon hanno rilievo invece:-La revoca e la rinuncia alla procura-La cancellazione volontaria dall’albo del procuratoreSe tali eventi si verificano prima della costituzione delle parti, l’interruzione del giudizio si ha ipso iure, indipendentemente dal provvedimento del giudice, che ha natura solo dichiarativa. Se l’evento interruttivo invece si verifica dopo la costituzione, questo opera solo se il procuratore della parte che abbia perso la capacità lo abbia dichiarato in udienza o notificato alle altre parti.Il processo, una volta ripreso, non inizia ex novo. Le parti lo devono riassumere entro 6 mesi, pena estinzione.

Sezione seconda: Estinzione del processo

1. Le cause di estinzione: premessaIl processo amministrativo si conclude di solito con la sentenza che definisce la controversia nel merito, o per ragioni attinenti al rito; tuttavia può accadere che il processo si estingua per altre circostanze che non permettono la sua prosecuzione, sia perché viene meno l'impulso processuale di parte, o la volontà, o circostanze di fatto o nuovi atti che rendono non utile la prosecuzione del giudizio. In tutte queste circostanze l'ordinamento prevede l'estinzione del rapporto processuale, perché non più necessario, ma è richiesta senza una pronuncia del giudice amministrativo che dichiari.

2. La rinuncia al ricorsoIn qualunque stadio di grado del giudizio si può rinunciare al ricorso con dichiarazione sottoscritta dalla parte, o dall'avvocato, munito di mandato speciale. La rinuncia può avvenire anche un moralmente all'udienza, con dichiarazione resa a verbale. La rinuncia e quindi atto di parte, e non può essere sottoposto a condizione, termino modo; e anche atto unilaterale recettizio, e richiede che venga notificato alle altre parti (formalità non necessaria se comunicata oralmente in udienza).La rinuncia può essere dichiarata anche per un ricorso in appello, e con la

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sentenza che ne dà atto si produce l'effetto del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Spetta rinunciante pagare le spese degli atti di procedura compiuti.

3. La perenzione (o abbandono) del ricorsoOpera l'estinzione del processo per inattività delle parti, se per il corso di due anni non si è fatto alcuna atto di procedura. L'estinzione del processo opera di diritto e può essere rivelata dal giudice anche d'ufficio. Ogni parte sopporta le proprie spese del giudizio estinto. Per quanto riguarda i ricorsi ultradecennali, pur essendosi tempestivamente prodotta istanza di fissazione d'udienza a suo tempo, ma non essendo mai giunti alla discussione nel merito, la segreteria del giudice deve inviare apposito avviso con il quale fatto nero alle parti di presentare nuove istanza di fissazione entro sei mesi dalla data di notifica dell'avviso, trascorsi i quali i ricorsi verranno dichiarati perenti.all'istituto serve a verificare se a distanza di anni permangono interessa la prosecuzione del giudizio o se la parte non intenda più coltivare l'iniziativa.

4. La decadenza per mancata riassunzione del ricorsoAnche questa dovuta all'inattività delle parti e alla mancanza degli impulso processuale. La decadenza per mancata riassunzione sia a seguito dell'interruzione in base alla quale il processo deve poi essere di assunto, a cura della parte più diligente, con apposito atto notificato tutte le altre parti, nel termine perentorio di sei mesi dalla conoscenza legale dell'evento interruttivo. A differenza della perenzione, però, non opera di diritto e non può quindi essere dichiarata d'ufficio, ma eccepita dalla parte interessata. La decadenza delle ricorso sia anche quando una delle parti non si attivi a chiedere la riassunzione del processo che sia stato sospeso.

5. La cessazione della materia del contendereIl rapporto processuale si estingue anche quando sopravvengono circostanze di fatto nuove che rendono non più necessaria la prosecuzione del giudizio, come i casi di cessazione della materia del contendere che si verifica quando l'amministrazione in pendenza di giudizio annulli o comunque riformi in maniera satisfatoria per il ricorrente il provvedimento contro cui è stato proposto ricorso. Sento il termine per la fissazione dell'udienza l'amministrazione annullo riforma all'atto impugnato in modo conforme all'istanza della ricorrente, il Tar dà atto della cessata materia del contendere e provvede sulle spese. non può comportare cessazione l'atto di revoca con effetti ex nunc, in quanto lascia in pregiudicati gli effetti lesivi già prodottisi e lamentati dal ricorrente; allo stesso modo non determina cessazione l'annullamento parziale o un atto di ritiro che sostituisca il provvedimento impugnato con atto sostanzialmente confermativo di quello ritirato. Nel caso di ricorso con oggetto pretese patrimoniali è cessazione della materia del contendere si verifica con la corresponsione di tutte le somme richieste, compresi interessi e rivalutazione.

6. La carenza sopravvenuta di interesseAltra ipotesi di estinzione anticipata per circostanze di fatto di diritto che rendono non più utile la prosecuzione del giudizio sia nel caso di sopravvenuta carenza di interesse che si determina quando si realizza una situazione di fatto incompatibile con la permanenza dell'interesse al ricorso. In dottrina tuttavia si dubita della sua utilità in quanto troppo simile all'ipotesi della cessazione della materia del contendere.CAPITOLO 5I RITI COMPATTI

Sezione prima: Il rito immediato

1. La decisione semplificataArt.26 della legge del 1971, come novellato da L.205/2000, disciplina le "decisioni in forma semplificata", ossia le sentenza succintamente motivate.

2. La motivazione della sentenzaQualora si ravvisi manifesta fondatezza o manifesta irricevibilità, inammisibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, il TAR o il Consiglio di Stato decidono con sentenza succintamente motivata (si fa riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo, o ad un precedente). Il giudice provvede anche alle spese di giudizio, come da c.p.c.Tale decisione può essere assunta (sempre in contraddittorio):- nella Camera di Consiglio fissata per l'esame dell'istanza cautelare

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- nella Camera di Consiglio fissata d'ufficio dopo l'istruttoria (anche se in questo caso si ha comunque udienza pubblica, perché si tratta di udienza di trattazione).Si semplifica la motivazione, elemento formale della sentenza, ma anche il rito quando vi è la concentrazione della fase cautelare con quella di merito.

3. I presuppostiI presupposti sono:- la completezza del contraddittorio- la completezza istruttoriaSe il primo viene omesso, la decisione è appellabile: il Consiglio di Stato può rinviarla al primo giudice per difetto di procedura.Se ad essere incompleta è invece l'istruttoria, non vi è vizio di procedura, dunque il Consiglio di Stato può direttamente provvedere agli accertamenti non effettuati.Se il TAR dichiara erroneamente manifestamente irricevibile, inammissibile o improcedibile il ricorso, il Consiglio di Stato trattiene la causa per decidere il merito.Se invece il TAR dichiara erroneamente manifestamente fondato o infondato il ricorso, la controversia è devoluta ad giudice di secondo grado, nei limiti del tantum devolutum quantum appellatum.Tale rito è adottabile in qualunque occasione in cui il Collegio tratti la causa nel rito o nel merito (non solo se si tratti di istanza cautelare dunque, perché le previsioni normative hanno carattere esemplificativo e non tassativo) e per ogni lite di facile soluzione.

Sezione seconda: Il rito abbreviato

1. La riduzione dei termini processualiPrevede la riduzione dei termini processuali della metà tranne quelli per il ricorso (anche incidentale). La stessa riduzione è prevista inoltre per il regolamento di competenza.

2. Sulla “proposizione” del ricorsoCon l'espressione "proposizione del ricorso" si ha riguardo solo al termine per la notificazione, non anche per il deposito.Tuttavia la dottrina e la giurisprudenza preferiscono un'interpretazione estensiva, anche perché ci si riferisce a "termini per la proposizione del ricorso". Con il plurale si vogliono indicare sia la notificazione che il deposito (tralaltro senza deposito la notificazione si avrebbe per non fatta....)I termini sono così ridotti:- da 40 a 20 giorni: tra il decreto di fissazione dell'udienza e l'udienza stessa- da 2 a 1 anno: il termine per la perenzioneTuttavia l'appello fa eccezione: rimane di 30 giorni dalla notificazione della sentenza, o 120 giorni dalla pubblicazione.

Sezione terza: Il rito accelerato

1. Ragioni di una disciplina acceleratoriaEsistono settori particolari nell'ordinamento che giustificano una loro particolare disciplina, senza per altro violare il principio di uguaglianza.L'art.23 bis non rappresenta una novità assoluta, infatti già nel 1994 tale rito era previsto per i ricorsi contro le procedure di affidamento di lavori pubblici, per le quali sia stata pronunciata ordinanza di sospensione, da discutersi entro 90 giorni da tale ordinanza.Nel 1997 si sono individuati invece gli istituti idonei per i riti accelerati:- concentrazione della fase cautelare con quella di merito- motivazione della sentenza in forma abbreviataE' stata codificata una prassi da sempre affidata alla discrezionalità dei Collegi, attraverso l'istituto del "rinvio della trattazione dell'istanza cautelare congiuntamente alla discussione del merito".

2. I settori interessati dal rito accelerato

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Le disposizioni di cui all'art.23 bis si applicano ai processi impugnatori, perché l'elencazione menziona "provvedimenti" assunti nei vari settori individuati dalla norma, non vi è un'individuazione per materia.

3. Ambito oggettivo di applicazione del rito acceleratoSi applica a:- i giudizi aventi ad oggetto provvedimenti relativi a procedure di affidamento di incarichi di progettazione- tutti gli atti idonei a radicare un interesse all'impugnazione nelle controversie inerenti procedimenti di aggiudicazione di appalti di lavori, servizi e forniture, nonché ai bandi di gara e ai provvedimenti di esclusione- provvedimenti relativi alle procedure di occupazione ed espropriazione delle aree destinate alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità- i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti- i provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione e dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di soggetti gestori di servizi pubblici e locali- provvedimenti di nomine pubbliche

4. Disciplina positiva del rito acceleratoLa differenza tra il rito ordinario e quello accelerato, si ha nel fatto che in quello ordinario il giudice deve decidere sull'istanza cautelare (a meno che non vi siano presupposti per una sentenza di merito succintamente motivata) e all'esito del ricorso inizierà il normale periodo di giacenza; nel rito accelerato invece di regola non vi sarà decisione cautelare, ma se vi sono i presupposti di fumus boni iuri e periculum in mora, il Collegio fisserà direttamente l'udienza di discussione (sempre che non vi siano i presupposti per una sentenza succintamente motivata).

5. L’appello nel rito acceleratoTermini per impugnare brevi di 30 giorni, anziché 60, e quello lungo di 120. Non è stabilito nulla per il deposito dell’appello. È inoltre possibile impugnare a fini cautelari il dispositivo della sentenza con riserva di proposizione dei motivi all’esito della pubblicazione della motivazione della decisione.

CAPITOLO 6I RITI SPECIALI

1. Controversie in tema di infrastrutture

1.1 Le controversie sulla realizzazione di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionaleLa legge-obiettivo del 2001 ha delegato il Governo ad emanare decreti legislativi per definire il quadro normativo finalizzato alla celere realizzazione di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale.Il Governo doveva quindi introdurre una norma che prevedesse:- forme di tutela risarcitoria successiva alla stipula dei contratti tranne la reintegrazione in forma specifica- limitazione della tutela cautelare (per i soli interessi patrimoniali) all’ottenimento di una provvisionale (somma di denaro idonea a tutelare interessi del ricorrente durante la decisione, salvo poi eventuali obblighi restitutori all’esito della sentenza di merito).Il Governo ha stabilito che:- l’udienza di merito non richiede la domanda di fissazione e avviene entro 45 giorni dal deposito del ricorso (ma tale termine ridotto non è lesivo per la difesa delle parti? Vi sono in merito dubbi di legittimità costituzionale)- la valutazione del provvedimento cautelare eventualmente richiesto deve tener conto delle probabili conseguenze per tutti gli interessi che possono essere lesi (principio cardine per il procedimento di decisione delle istanze cautelari), ma il giudice deve tenere conto anche del preminente interesse nazionale alla veloce realizzazione dell’opera (è cioè stato dato all’interesse pubblico un peso prevalente: è violata l’uguaglianza delle parti e il principio del giusto processo…)- non si tiene conto della possibilità di introduzione di una provvisionale.Si tratta di disposizioni di carattere eccezionale, insuscettibili di interpretazione estensiva: non si mira dunque al principio di concentrazione, ma si vuole solo ridurre al minimo la possibilità che un processo possa rallentare

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l’esecuzione di opere di interesse nazionale, facendo venire meno tuttavia le garanzie di difesa (dubbia legittimità costituzionale).Inoltre nella legge finanziaria del 2005 si stabilisce che le controversie in tema di autorizzazione alla realizzazione di centrali elettriche siano devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ma se ci si oppone a tali provvedimenti per il diritto alla salute? Si tratta di un interesse soggettivo, non degradabile ad interesse….

1.2 Le controversie sui provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettricaLa legge finanziaria per il 2005 ha dunque previsto che le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica, e le relative questioni risarcitorie, siano devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. La giurisprudenza ha dubitato però della legittimità costituzionale della norma in quanto individua il campo di azione della giurisdizione esclusiva prescindendo del tutto dalla natura delle situazioni soggettive coinvolte: la corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione poiché conforme all'orientamento della corte stessa. L'art.103 Cost, infatti, pur non avendo stabilito il legislatore norme di incondizionata discrezionalità nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, è riconosciuto il potere di indicare particolari materie nelle quali la tutela nei confronti dell'amministrazione investe anche diritti soggettivi. Inoltre non vi è alcun principio o norma nel nostro ordinamento che attribuisca esclusivamente al giudice ordinario a tutela dei diritti costituzionalmente protetti. Anche a tali controversie si applicano le norme esaminate nel paragrafo precedente.

1.3 Le controversie sulle procedure esecutive di progetti facenti parte del quadro strategico nazionaleLa L.2/2009, " norme straordinarie per la velocizzazione delle procedure esecutive di progetti facenti parte del quadro strategico nazionale e simmetrica modifica delle relativo regime di contenzioso amministrativo", è inserita nell'ambito di misure finalizzate a perseguire obiettivi economico-finanziari riconducibili a provvedimenti di sostegno e l'accesso al credito, per incentivare la ripresa dell'economia. Sono affidati a commissari straordinari delegati i poteri di vigilanza sui tempi di tutte le fasi di realizzazione degli investimenti nonché quelli di: monitoraggio, vigilanza, impulso, richiesta di ogni documento utile, comunicazione al ministro competente quando non si siano rispettati o non sia possibile rispettare i tempi stabiliti dal programma, proposta di revoca di assegnazione delle risorse qualora sopravvengono circostanze che impediscano la realizzazione totale o parziale dell'investimento. Per l'espletamento di tali compiti il commissario ha poteri anche sostitutivi, come quello di assumere previa autorizzazione determinante funzioni di stazione appaltante. Sono previste inoltre innovative norme processuali, di dubbia legittimità costituzionale e comunitaria, che fissano in 30 giorni il termine per ricorrere. tale eccessiva riduzione dei termini comporta una menomazione all’attività della tutela giudiziaria. È inoltre irrazionale che il processo si debba concludere con una decisione e per di più in forma semplificata, forma che il nostro ordinamento ammette solo quando le ragioni siano manifeste, e qui si può dubitare visto che l'oggetto è di solito molto complesso. È inoltre previsto che le misure cautelari e l'annullamento dei provvedimenti impugnati non possano comportare in alcun caso la sospensione o la caducazione degli effetti del contratto già stipulato, e, in caso di annullamento degli atti della procedura, il giudice può esclusivamente disporne il risarcimento degli eventuali danni, solo per equivalente: la legge esclude espressamente la clausola di stand still, che dovrebbe invece essere sempre prevista per le procedure pubbliche (e che stabilisce che nessun contratto può essere stipulato prima del decorso del termine minimo di 10 giorni).

2. Il ricorso per l’accessoLa legge del 1990, come modificata nel 2005, e in ultimo con L.69/2009, stabilisce che il diritto d'accesso si attua mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi. Se trascorrono 30 giorni inutilmente dalla richiesta, questa si ha per respinta (silenzio-rifiuto).Si tratta di una tutela giurisdizionale rapida ed efficiente: è infatti previsto il rito abbreviato (30 giorni per esperire il ricorso da quando si è avuta la piena conoscenza del diniego, ed entro i successivi 30 dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso il TAR si deve pronunciare in Camera di Consiglio.La tutela giurisdizionale spetta al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva (in quanto si tratta di un vero e proprio diritto soggettivo).Possono avvalersi del rito abbreviato non solo le parti che, legittimate all'accesso, si sono viste respingere l'istanza, ma anche i controinteressati (coloro che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza), la PA che ha il possesso del documento e ha deciso sull'accesso, e gli interventori (ma questi ultimi non sono parti necessarie, né quelli ad opponendum, né ad adiuvandum). Le parti possono stare in giudizio personalmente, e la PA può essere rappresentata da un dirigente.

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In caso di silenzio-rifiuto, il legittimato all'accesso può adire o il difensore civico (per gli atti delle amministrazioni comunali, provinciali o regionali) o la Commissione per l'accesso (per gli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato). Questi si pronunciano entro 30 giorni dalla presentazione dell'istanza. Scaduto tale termine, il ricorso si ha per respinto. Se invece ritengono illegittimo il diniego, informano il richiedente e lo comunicano alla PA che lo ha disposto. Se la Pa non motiva e non conferma il diniego nei successivi 30 giorni, l'accesso è consentito (tuttavia non sono previste azioni coercitive in caso di inottemperanza della PA).Se l'interessato si rivolge al difensore civico o alla Commissione per l'accesso, il termine per impugnare è sospeso fino alla decisione. Se l'accesso è stato negato perché riguarda diritti di terze persone, è necessario ricorrere al Garante per i dati personali.Tale azione può essere proposta anche durante un altro ricorso giurisdizionale, con istanza al Presidente da decidersi con ordinanza istruttoria in Camera di Consiglio.

3. Il ricorso avverso il silenzioLa legge del 1971 istitutiva dei TAR, ha previsto che i ricorsi contro il silenzio della PA siano decisi in Camera di Consiglio, con sentenza succintamente motivata, entro 30 giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso.Tale fattispecie è ricollegabile solo al silenzio-inadempimento (o silenzio-rifiuto) e non anche al silenzio significativo (in questo caso infatti si avrebbe un giudizio di natura impugnatoria). Prima non vi erano indicazioni sul procedimento da adottare in caso di silenzio-inadempimento. Parte della dottrina riteneva necessario l'onere, da parte dell'interessato, di notificare alla PA la diffida a provvedere, entro un termine non inferiore ai 30 giorni, altra parte invece riteneva tale procedura non necessaria.La legge del 2005 chiarisce che decorsi i tempi che ciascuna amministrazione stabilisce per ogni procedimento (o, in mancanza, 90 giorni) il ricorso è proponibile anche senza diffida, ma entro un anno dalla scadenza del termine per provvedere.Se è disposta un'istruttoria, il ricorso è deciso in Camera di Consiglio entro 30 giorni dall'adempimento degli accertamenti istruttori. In caso di accoglimento, il giudice ordina alla PA di provvedere entro un termine non superiore a 30 giorni.il Consiglio di Stato aveva ritenuto che il giudice amministrativo dovesse limitarsi ad accertare l'inadempimento della PA, non anche stabilire il come questo dovesse avvenire. Tuttavia la legge del 2005 stabilisce che il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza, entrare quindi nel merito ed emanare una sentenza dichiarativa che poi la PA dovrà eseguire.La sentenza di primo grado è appellabile entro 30 giorni dalla notificazione, o 90 dalla pubblicazione. Se la PA rimane comunque inadempiente, viene nominato un commissario che provveda a suo posto.

4. Il rito elettoraleIl contenzioso è diviso tra giudice ordinario (per eleggibilità, incompatibilità, presentazione delle liste, in quanto diritto soggettivi) e giudice amministrativo (competente circa lo svolgimento di operazioni per le elezioni di Consigli comunali provinciali e regionali).Si tratta di una disciplina celere per poter tutelare l’interesse pubblico al rispetto della volontà popolare. Il ricorso si effettua entro 30 giorni dalla proclamazione degli eletti e ha ad oggetto il verbale di proclamazione degli eletti, atto conclusivo del procedimento elettorale (ma anche i singoli atti possono essere immediatamente impugnati).Legittimato attivo è qualsiasi cittadino elettore del Comune, o chiunque vi abbia interesse (caso di azione popolare!). Il ricorso entro detto termine va depositato in segreteria e in calce ad esso è fissata l’udienza di discussione in via d’urgenza. Entro i successivi 10 giorni, il ricorso deve essere notificato. Il ricorso e il decreto sono entrambi da depositare entro 10 giorni dalla notificazione. È attenuato il rigore di specificità dei motivi di ricorso (ma non possono neanche essere meramente ipotetici). All’udienza, se non vi sono necessità istruttorie, si da lettura immediata del dispositivo. Se il ricorso è accolto, si corregge il risultato delle elezioni (la giurisdizione del giudice amministrativo si estende al merito).

5. Controversie in materia sportivaLa legge del 2003 reca “disposizioni urgenti in materia di giurisdizione sportiva”. Ma già precedentemente la giurisprudenza aveva ammesso la giurisdizione del giudice amministrativo per le controversie contro i provvedimenti di non ammissione di una società sportiva di calcio a un determinato campionato. Tali società sportive infatti, pur se soggetti di diritto privato (associazioni non riconosciute), possono talvolta assumere la qualifica di organi del CONI, di natura pubblicistica.

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È discriminante l’attività svolta:- se le norme applicate riguardano l’attività riconducibile alla vita interna o ai rapporti tra le Federazioni, o tra le Federazioni e i professionisti, si è nell’ambito del diritto privato- se l’attività invece è finalizzata a realizzare interessi fondamentali dell’attività sportiva, queste sono a tutti gli effetti organi del CONI.

5.1 L’autonomia dell’ordinamento sportivoI rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati sulla base del principio di autonomia. L’ordinamento sportivo disciplina: 1) l’osservanza e l’applicazione delle norme dell’ordinamento sportivo; 2) i comportamenti disciplinari e le eventuali sanzioni.Tali regole e le decisioni adottate sulla base di queste non hanno rilevanza per l’ordinamento statale (non è mancanza di tutela, ma di garanzia sulla base di norme di diritto privato). In queste materie le società, le associazioni e i tesserati hanno l’onere di adire gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo.

5.2 La giustizia sportiva dinanzi al giudice amministrativoTuttavia esauriti i gradi di questa (e fermo restando che dei rapporti patrimoniali ha giurisdizione il giudice ordinario), le controversie aventi ad oggetto atti del CONI e delle Federazioni sportive (non riservate agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo) sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.L’esaurimento dei gradi di giustizia sportiva è costituzionalmente legittimo o va contro il principio secondo il quale la tutela contro gli atti della PA non può essere limitata a particolari mezzi di impugnazione? Si è ritenuto che ciò sia legittimo, anche perché nonostante vi sia un caso di giurisdizione condizionata, tuttavia i tempi processuali e gli oneri non sono eccessivi.

Parte 6: Giudicato ed ottemperanzaCAPITOLO 2ESECUZIONE ED OTTEMPERANZA

1. Nascita, funzione e presupposti del giudicatoIl processo amministrativo è configurato come strumento di effettiva tutela: è necessario che produca il risultato sostanziale, che per la parte vittoriosa si traduce nel conseguimento del bene della vita contestato.È perciò necessario che la parte soccombente si uniformi al dictum del giudice.Prima tale esigenza non era adeguatamente tutelata, perché il giudice amministrativo, dopo aver annullato il provvedimento amministrativo, rimetteva gli atti all’autorità competente che stabiliva il modo di conformarsi alla decisione. Quindi la PA non garantiva l’esecuzione delle sentenze del Consiglio di Stato. Si è riconosciuta quindi la necessità di dare garanzia di adempimento dell’obbligo di conformazione della PA, attraverso il giudizio di ottemperanza.Questo, previsto nel 1971(legge istitutiva dei TAR) sia per le sentenze del giudice ordinario che per quelle del giudice amministrativo,è stato esteso nel 2000 anche alle sentenze di primo grado ancora impugnabili e per le ordinanze cautelari.Si garantisce così l’effettività della tutela giurisdizionale, perché si rendono concrete le statuizioni presenti nella sentenza.Presupposti:Esistenza di una sentenza passata in giudicato, del giudice amministrativo o del giudice ordinarioLa previa proposizione di una diffida a provvedere inoltrata alla PA Non è invece un presupposto l’inadempimento, in quanto questo è l’oggetto stesso del giudizio.Come nel processo ordinario, si distingue il giudicato formale da quello sostanziale (2 aspetti della sentenza):

- formale. Presente in tutte le sentenze, anche quelle meramente di rito; deriva dalla definitività della sentenza; quando i mezzi ordinari di impugnazione (appello davanti al consiglio di stato; ricorso in cassazione,solo per motivi di giurisdizione; revocazione ordinaria) sono stati tutti esperiti o quando è scaduto il termine. La mancata proposizione dei mezzi straordinari di impugnazione (revocazione straordinaria; opposizione di terzo manca il dies a quo) non pregiudica il passaggio in giudicato.

- sostanziale. La cosa giudicata sostanziale è l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato che fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi e i loro aventi causa; tale accertamento è contenuto solo nelle sentenze di merito che definiscono il rapporto tra le parti. Se la sentenza rigetta il ricorso, l'accertamento vincolante per le parti corrisponde al contenuto del provvedimento impugnato.

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Invece, se il provvedimento è annullato, il potere amministrativo sopravvive all'annullamento, anche se la sentenza che lo dispone (avendo accolto il ricorso) orienta la furutra azione dell'amministrazione.

La sentenza di annullamento dell’atto amministrativo ha il suo nucleo nell’accertamento della illegittimità del provvedimento impugnato, in relazione a determinati vizi enunciati nel ricorso. A tale tipologia di sentenza si ricollegano tre ordini di effetti:

- effetto eliminatorio. La sentenza di annullamento comporta l’eliminazione della c.d. realtà giuridica del provvedimento annullato, che determina il venir meno degli effetti prodotti dal provvedimento.

- effetto ripristinatorio. La sentenza non opera ex tunc essa, pertanto, non solo elimina gli effetti della realtà giuridica attuale il titolo che determinava un certo assetto si interessi, ma impone che quell’assetto di interessi sia eliminato fin dall’origine. Ad esempio l’annullamento del decreto di esproprio obbliga l’Amministrazione a restituire al proprietario espropriato i frutti percepiti dopo l’emanazione del decreto.

- effetto preclusivo. se il giudice amministrativo ha annullato un provvedimento, è perché la PA ha commesso errori. L’effetto preclusivo è tale da far sì che la PA non possa più commettere gli stessi errori nell’adeguarsi alla sentenza stessa. In questo caso conta molto il vizio rilevato dal giudice e se quest’ultimo ha ritenuto o meno di assorbire i motivi.

Nel caso di vizi procedurali non c’è effetto preclusivo. Effetto inibitorio che fa si che la PA non possa commettere lo stesso errore senza incorrere in un nuovo annullamento dell’atto (se il giudice annulla un provvedimento di destinazione a verde pubblico, la PA non potrà ribadirlo).

- effetto conformativo. L’accertamento contenuto nella sentenza non può essere disatteso dall’Amministrazione : è necessario che l’accertamento della sentenza vincoli l’Amministrazione anche nella fase successiva, di riesercizio del potere. Nella rinnovazione del procedimento l’Amministrazione non può riprodurre il vizio già accertato nella sentenza : l’accertamento del vizio equivale all’affermazione di una regola che l’amministrazione è tenuta a rispettare quando rieserciti il potere.

2. Il petitum e la causa petendiLa causa petendi del giudizio di ottemperanza si identifica con quella medesima situazione giuridica soggettiva che ha formato oggetto del giudizio esitato nella sentenza ineseguita.

Il ricorrente punta, attraverso l’instaurazione del giudizio di ottemperanza, a dare soddisfazione a quella medesima situazione che era stata originariamente azionata, e che a causa della indisponibilità dell’amministrazione non ha trovato concreta rispondenza sul piano degli effetti giuridici, attesa l’assenza di un provvedimento idoneo a produrne in conformità del giudicato.

L’individuazione del petitum del giudizio richiede un preliminare chiarimento in ordine alla differenza intercorrente tra il giudizio di ottemperanza ed il giudizio di esecuzione di matrice civile.

L’esecuzione è semplice adeguamento del fatto al diritto.

Il giudizio di ottemperanza si prefigge, invece, proprio ed esattamente la identificazione della volontà di legge (o il completamento di tale identificazione, ove nella sentenza ineseguita permangono ampi spazi di discrezionalità).

Il ruolo del giudice dell’ottemperanza consiste infatti nel procedere alla verifica della congruità della risposta operativa fornita alla sentenza dalla parte pubblica e, in definitiva, alla determinazione del comportamento da realizzarsi nella fattispecie concreta.

Attuazione del giudicato amministrativo significa sia esecuzione, sia ottemperanza.

Inerenti all’esecuzione sono l’effetto demolitorio e quello ripristinatorio, mentre attengono all’ottemperanza gli effetti ulteriori, vale a dire, l’annullamento degli atti eventualmente posti in essere sulla base dell’atto annullato ed il nuovo sviluppo dell’azione amministrativa in positivo, che si basa sulla mancanza dell’atto annullato.

L’oggetto del giudizio, pertanto, investe:

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a. l’accertamento dell’inadempimento e la determinazione dell’attività che l’amministrazione avrebbe dovuto compiere per realizzare concretamente gli effetti scaturenti dalla sentenza da eseguire (attività di cognizione);

b. quanto è necessario ai fini del pieno dispiegamento dell’effetto demolitorio e del ripristino della situazione di fatto antecedente al giudicato (attività di cognizione; es.: restituzione del terreno al proprietario a seguito dell’annullamento giudiziale del decreto di esproprio);

c. l’aspetto della realizzazione in via sostitutiva del comando contenuto in sentenza, attraverso l’emanazione di nuovi provvedimenti amministrativi attuativi del giudicato (attività di ottemperanza).

3. La violazione e l’elusione del giudicatoIl comma 1 dell’art. 21 septies della legge 241/1990, sancisce la nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione o elusione del giudicato.

Violazione del giudicato: l’amministrazione si ostina a non rispettare la statuizione giurisprudenziale passata in giudicato, emanando provvedimenti formali che con questa si pongono in diretto contrasto

Elusione del giudicato: l’amministrazione si ostini a non rispettare la statuizione giurisprudenziale passata in giudicato, emanando provvedimenti che con questa si pongono in diretto contrasto, ma tendono a farlo in maniera surrettizia, cioè un’azione operata in maniera ambigua, di nascosto; un atto in cui viene taciuta intenzionalmente qualche circostanza fondamentale.

Secondo l'orientamento espresso dal Consiglio di Stato sez. IV, 6-10-2003, n. 5820, il vizio di elusione del giudicato ricorre sia nel caso in cui l'Amministrazione eserciti nuovamente la medesima potestà pubblica, già illegittimamente esercitata, in contra- sto con il puntuale contenuto precettivo del giudicato amministrativo, sia quando la stessa cerchi di realizzare il medesimo risultato con un'azione connotata da un manifesto sviamento di potere, mediante l'esercizio di una potestà pubblica formalmente diversa in palese carenza dei presupposti che lo giustificano. Quando l’amministrazione, a fronte della sentenza a se sfavorevole, sia rimasta inerte, ovvero abbia esplicitamente dichiarato di non voler ottemperare al giudicato, l’azione esperibile sarà senza dubbio quella volta ad introdurre il giudizio di ottemperanza.

Del pari, quando l’ottemperanza al giudicato risulti solo parziale, sarà sempre esperibile il ricorso in ottemperanza per l’esecuzione delle statuizioni rimaste inosservate.

La particolare circostanza che, nei due casi di violazione ed elusione del giudicato, l’atto sia nullo ope legis, produce rilevanti riflessi tanto sul regime dell’azione quanto sull’ambito della cognizione del giudice.

Sotto il primo profilo, l’azione sembra qui assumere il carattere dell’imprescittibilità;

Sotto il secondo profilo, nei casi di violazione o elusione del giudicato anche il contenuto della sentenza di ottemperanza è destinato ad arricchirsi nella sua parte “di cognizione”:

la pronuncia avrà anzitutto un contenuto di accertamento della ricorrenza delle cause di nullità;

essa poi, prendendo le mosse dalla sentenza originaria (violata o elusa) disporrà quanto necessario per fissare i parametri dell’azione amministrativa al fine di perseguire la effettiva attuazione del giudicato (attività esecutiva e di ottemperanza).

Ci si chiede se, qualora la PA violi o eluda il giudicato, il legislatore abbia inteso imporre al privato l'onere di agire non sulla base del ricorso in ottemperanza, bensì con il rito ordinario di cognizione. Tale approccio però non soddisfa: manca infatti la tutela per il cittadino, in più la giurisdizione esclusiva attiene alla natura delle situazioni soggettive azionabili, ed è cosa differente dalla forma e dalla procedura (che possono in ogni caso seguire il giudizio d'ottemperanza). Inoltre sia l'impescrittività dell'azione, sia la cognizione del giudice sono proprie dell'ottemperanza.Il ricorrente non potrà pretendere una piena esecuzione della sentenza, i cui contenuti precettivi siano contraddetti da sopravvenienze di fatto e di diritto, intervenute fino alla notifica della sentenza da eseguire. Il ricorrente comunque potrà ottenere un risarcimento per illegittimo comportamento della PA.Il giudizio di ottemperanza

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Il giudizio di ottemperanza alle sentenze definitive del giudice amministrativo costituisce la risposta operativa all’esigenza primaria che la parte soccombente si adegui alla decisione resa dal giudice.

Il giudizio di ottemperanza è stato trattato da diverse leggi, come la legge TAR (1971) che prevedeva tale giudizio sia nei riguardi delle sentenze del giudice ordinario quanto per quelle del giudice amministrativo, fino ad arrivare all’ultima tappa dell’evoluzione normativa che si rinviene nella legge 205/2000 con la quale si è esteso tale giudizio anche alle sentenze di primo grado, soggette ad impugnazione, oltre che alle ordinanze cautelari.

Il giudizio di ottemperanza si caratterizza quale strumento idoneo a rendere concrete le statuizioni contenute nella sentenza in cui esso trova il suo titolo e, in definitiva, a garantire l’effettività della tutela giurisdizionale.

I presupposti processuali del giudizio di ottemperanza sono due:

A) la esistenza di una sentenza passata in giudicato del giudice, ordinario o amministrativo;B) la previa proposizione di una diffida a provvedere inoltrata all’amministrazione.

Non costituisce presupposto processuale l’inadempimento dell’amministrazione del giudicato: tale elemento è, viceversa e più propriamente, parte dell’oggetto del giudizio, poiché su di esso si appunta un’attività di accertamento demandata dal giudice.

4. Le sentenze insuscettibili di ottemperanzaSi tratta di sentenze autoesecutive (la capacità esecutiva, cioè, si esaurisce nell'effetto demolitorio):- Pronunce che annullano i provvedimenti negativi di controllo- Sentenze che annullano taluni atti sanzionatori- Decisioni di carattere meramente processuale- Decreto del Presidente della Repubblica che decida su ricorso straordinarioSi definiscono sentenze autosatisfattive (o autoesecutive) quelle la cui capacità esecutive si esaurisce nell’effetto demolitorio. Esempi:

pronunce che annullano provvedimenti negativi di controllo, restituendo così piena efficacia all’atto controllato, senza che occorra da parte dell’amministrazione una specifica attività di adeguamento;

sentenze che annullano taluni atti sanzionatori (sanzione disciplinare dell’ammonimento); sentenze che annullano provvedimenti amministrativi di autotutela demolitoria (revoche, annullamenti

d’ufficio), ripristinando gli effetti dell’atto oggetto del procedimento di secondo grado.In tutti questi casi il giudizio di ottemperanza è ritenuto inammissibile, in quanto la sentenze è qui idonea di per sé a soddisfare compiutamente l’interesse del ricorrente.

Inoltre la inammissibilità del giudizio di ottemperanza è stata sancita relativamente ai ricorsi in ottemperanza proposti in esito a decisioni avente carattere meramente processuale e prive di statuizioni di merito.

Inammissibile l’ottemperanza promossa avverso le sentenze di rigetto, sul presupposto che esse lascino immutato il preesistente asssetto giuridico dei rapporti.

5. La proceduraProcedura:è delineata nel regolamento di procedura del Consiglio di Stato, integrato dalla giurisprudenza.a) Legittimati:Tutti i soggetti sui quali il giudicato spiega i suoi effetti immediati (chi ha partecipato al giudizio). Se il giudicato è efficace ultra partes, è legittimato ogni soggetto interessato, anche se estraneo al giudizio.b) Termine:Finché duri l'azione di giudicato: ossia 10 anni dalla data di passaggio in giudicato della sentenza.c) A pena di inammissibilità:

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prima del ricorso per ottemperanza, l'interessato deve notificare alla PA un atto stragiudiziale di diffida ad adempiere il giudicato entro un termine non inferiore ai 30 giorni. L'atto di messa in mora non è necessario se la Pa dichiara di non voler adempiere, o se il rifiuto risulto da un comportamento concludente.d) Competenza:a. Quanto alla competenza, l’organo innanzi al quale instaurare il giudizio di ottemperanza è lo stesso giudice

che l’ha adottata, al quale spetta stabilire le regulae juris da realizzarsi da parte dell’amministrazione.Così il TAR è competente per l’ottemperanza alle proprie decisioni passate in giudicato ed anche a quelle che sono state pienamente confermate nella loro portata sostanziale (dispositivo e motivazione) dal Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato, invece, è competente ogniqualvolta il decisum sostanziale si rinvenga integralmente nella sentenza di secondo grado, ed anche quando quest’ultima sia anche solo parzialmente modificatrice, innovatrice o integratrice della sostanza della motivazione contenuta nella decisione del TAR.

Nel caso in cui venga proposto il giudizio di ottemperanza innanzi al giudice incompetente, si ritiene che la relativa eccezione possa essere eccepita anche senza le forme del regolamento di competenza, ferma restando la sua rilevabilità d’ufficio.

e. Per quanto concerne la garanzia del contraddittorio, il regolamento 642/1907, all’art.91, prevede che il ricorso sia soggetto non già a notifica ma direttamente a deposito presso l’organo giurisdizionale competente; di tale deposito il segretario dà immediata comunicazione alla sola pubblica amministrazione interessata, la quale, entro i 20 giorni successivi, può trasmettere le proprie osservazioni alla Segreteria del giudice.

In seguito la giurisprudenza ha iniziato ad imporre al ricorrente l’obbligo della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio sia all’amministrazione inottemperante che ai controinteressati, individuati nei soggetti che dall’attuazione del giudicato possano ricevere pregiudizio nella propria sfera giuridica.

f. Il giudizio di ottemperanza è trattato in adunanza camerale; è però consentita, a domanda, la trattazione del ricorso in pubblica udienza.La prassi giurisprudenziale ammette anche la proposizione di istanze cautelari.

g. Quanto all’estinzione del giudizio di ottemperanza, questa ha luogo solo a seguito di sopravvenuta integrale esecuzione del giudicato.la legge 205/2000 prevede che all’atto dell’insediamento “ il commissario, preliminarmente all’emanazione del provvedimento da adottare in via sostitutiva, accerta se, anteriormente alla data dell’insediamento medesimo, l’amministrazione abbia provveduto, ancorchè in data successiva al termine assegnato dal giudi la permanenza del potere in capo all’amministrazione comporta che l’adozione di atti adempitivi del giudicato, indipendentemente dalla soddisfazione dell’interesse del ricorrente, provochi l’improcedibilità del giudizio di ottemperanza per sopravvenuta carenza di interesse; si ha però improcedibilità per cessazione della materia del contendere quando gli atti adempitivi producano la soddisfazione di tale interesse.

h. L E’ ammissibile l’appello contro la sentenza emessa nel primo grado del giudizio per ottemperanza allorchè esso sia diretto a sollecitare la verifica del precedente decisum giudiziale nel suo contenuto di accertamento.

i. Avverso la sentenza di ottemperanza si ammette l’opposizione di terzo da parte del litisconsorte necessario pretermesso, ovvero del terzo che sia titolare di un diritto autonomo ed incompatibile con l’accertamento contenuto nella sentenza.

l. Le sentenze rese dal Consiglio di Stato quale giudice dell’ottemperanza sono soggette a ricorso per Cassazione per motivi di giurisdizione.I soggetti legittimati a proporre ricorso per Cassazione sono il privato e l’amministrazione soccombente, anche se diversa da quella competente ad emettere l’atto dovuto in esecuzione del giudicato.

6. I poteri del giudice dell’ottemperanza ed il commissario ad actaI poteri del giudice sono amplissimi, siamo infatti in uno dei casi della giurisdizione anche di merito:a) il giudice si sostituisce alla PA inadempiente fino ad emanare atti amministrativi che comportino discrezionalità amministrativa (sostituisce la propria decisione all'omesso provvedimento della PA)b) oppure nomina (nella stessa sentenza nella quale assegna il termine) un Commissario ad acta, che provveda a posto della PA qualora questa non adempia nel termine.

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Tale figura è di costruzione giurisprudenziale: deve realizzare il dictum contenuto nella sentenza, ed ha la funzione strumentale di adeguamento della realtà al contenuto del giudicato. Non è un organo straordinario della PA, ma un ausiliario del giudice.Se gli atti del Commissario sono impugnati dal ricorrente, questi dovrà proporre ricorso al giudice dell'ottemperanza. Se sono invece impugnati da un terzo, si aprirà un nuovo processo di cognizione davanti al TAR. Se gli atti infine esulano dalle sue funzioni, vi sarà un ordinario giudizio di legittimità.Per questo all’attività del commissario si riconosce la funzione strumentale di adeguamento della realtà alle statuizioni contenute nel giudicato.

Commissario come organo ausiliario del giudice, in quanto è quest’ultimo che l’ha nominato e da questi deriva i propri poteri di sostituzione.

Per parte dell’amministrazione, ad essa e precluso di rimuovere in via di autotutela i provvedimenti commissariali.

Per parte del ricorrente, gli atti commissariali saranno impugnabili con il solo strumento del ricoso al giudice dell’ottemperanza.

Quando la contestazione degli atti commissariali proviene da soggetti terzi rispetto alle parti del giudizio, si richiede l’instaurazione di un nuovo processo di cognizione al TAR.

7. Forme particolari di ottemperanza- Nel giudizio sul silenzio (vedi dietro)- In materia di danno per lesione di interessi legittimi.In questo ultimo caso, il giudice si pronuncia solo sull'an debeatur (sul "se" si deve qualcosa), definendo poi i criteri con i quali la PA deve proporre pagamento entro un termine congruo. E' prevista dunque una forma di accordo. Se questo fallisce, è il giudice dell'ottemperanza che deve definire la somma.Presupposto = mancato accordo tra le partiOggetto = liquidazione del danno

8. L’esecuzione delle ordinanze cautelariSe la PA non ottempera alle misure cautelari previste (o vi adempia solo parzialmente), l'interessato può, con istanza motivata e notificata, chiedere al TAR le disposizioni attuative. Il giudice quindi dispone l'esecuzione dell'ordinanza cautelare, con l'indicazione delle modalità e la nomina (qualora occorra) del soggetto che vi deve provvedere.E' dunque utilizzabile lo schema delle misure coercitive tipiche del giudizio di ottemperanza, anche se modellate sul carattere proprio della tutela provvisoria.La procedura è la stessa della proposizione della domanda cautelare (istanza congruamente motivata, notificata ai contraddittori necessari. Il contraddittorio poi può essere integrato anche verso i contraddittori in senso lato). Vi è l'obbligo di diffida: ma ciò allunga il procedimento, e contrasta con i presupposti del pregiudizio grave ed irreparabile!Se l'ordinanza cautelare è accolta di fronte al Consiglio di Stato, la domanda di esecuzione può essere proposta anche a quest'ultimo.

9. L’esecuzione delle sentenze di primo gradoNel 1971 fu stabilita l'esecutività delle sentenze di primo grado, ma non furono predisposti rimedi in caso di inadempienza.Nel 2000 l'orientamento giurisprudenziale è stato accolto in una norma di diritto positivo, che attribuisce al TAR i poteri propri del giudice dell'ottemperanza al giudicato.Oggetto della norma è l'esecuzione delle sentenze non sospese dal Consiglio di Stato.Per sentenze non sospese si intendono:- le sentenze non ancora appellate- le sentenze appellate ma delle quali non è stata chiesta la sospensione al Consiglio di Stato- le sentenze appellate ma la cui sospensione è stata negata dal Consiglio di Stato.Differenze con il giudizio di ottemperanza del giudicato:- I presupposti:L'interesse qui è precario, non stabile, perché la sentenza potrebbe essere riformata in secondo grado

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- Non è necessaria la preventiva diffidaPARTE 7LA TUTELA NON GIURISDIZIONALE

CAPITOLO 1I RICORSI AMMINISTRATIVI

1. Considerazioni introduttiveIstituti di protezione dei cittadini nei confronti di un provvedimento della PA. Sono proposti dinnanzi all'autorità amministrativa e sono decisi con atto amministrativo.La PA attraverso tale funzione non svolge né una funzione giurisdizionale (anche se le caratteristiche sono simili), né di controllo (perché è su istanza di parte), ma un'attività amministrativa di secondo grado (perché ha ad oggetto un provvedimento amministrativo già esistente).La PA decide in contraddittorio con le parti la controversia che è concreta, attuale e originata da un atto amministrativo già adottato dalla PA. Il riesame inizia con la domanda del diretto interessato. La PA chiamata a decidere ha discrezionalità assai limitata, in quando tempo sottostare al principio del dispositivo (questo perché i ricorsi amministrativi sono comunque rimedi giuridici).

2. Quadro normativoI ricorsi amministrativi (a differenza di quelli giurisdizionali) non hanno garanzie costituzionali (le hanno solo il ricorso straordinario al Presidente della Regione Sicilia e al Capo dello Stato). Se è vero che in Costituzione non vi sono richiami ai ricorsi amministrativi, tuttavia emerge l'esigenza di un modello di PA che assicuri anche tutela giurisdizionale. La legislazione degli anni '70 ha tentato di affermare nuovi modelli di PA. La legge istitutiva dei TAR, ad esempio, ha previsto l'unificazione in un'unica istanza del ricorso gerarchico, la piena facoltatività tra ricorsi ordinari e giurisdizionali, e l'espressa previsione e disciplina dei ricorsi gerarchici impropri.Il recupero dei ricorsi amministrativi risponde all'esigenza non solo di assicurare ai cittadini una tutela veloce e poco costosa nei confronti della PA, ma soprattutto estesa al merito. Tuttavia i ricorsi sono in crisi perché la PA storicamente non è veloce, non sa rimettere in discussione le precedenti valutazioni e non è imparziale.

3. Tipologia dei ricorsi, forma e contenutoIl decreto del 1971 ha mantenuto:- Il ricorso gerarchico proprio- Il ricorso gerarchico improprio- Il ricorso in opposizione- Il ricorso straordinario al Presidente della RepubblicaDistinzioni tra ricorsi:-Ordinari:ammessi nei confronti di atti non definitivi (ricorso gerarchico proprio e improprio, ricorso in opposizione)- Straordinari:Solo nei confronti di un atto definitivo (ricorso straordinario al Presidente della Repubblica)Entrambi sia per diritti soggettivi che per interessi legittimi- Rinnovatori:la questione è devoluta all'autorità che deve decidere il ricorso che sostituendosi all'autorità emanante (quindi deve esservi competenza) oltre che annullare potrà, solo su istanza del richiedente, modificare o sostituire l'atto (ricorso gerarchico proprio ed eccezionalmente quello improprio, ricorso in opposizione)- Eliminatori:in caso di esito positivo tali rimedi comportano l'annullamento dell'atto impugnato con divieto di riformarlo (ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e ricorso gerarchico improprio)- Impugnatori:hanno ad oggetto sempre un provvedimento del quale si chiede l'eliminazione o la riforma- Non impugnatori:finalizzati a risolvere una controversia in settori in cui è in qualunque modo coinvolta la PA. Riguardano di solito diritti soggettivi, e i rimedi sono tassativi e decisi da un organo terzo.- Solo per vizi di legittimità:Ricorso straordinario al Capo dello Stato

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- Anche per vizi di merito:ampiezza dei poteri di cognizione dell'autorità che decide. Si tratta dell'unico modo offerto al cittadino per sollevare davanti alla PA anche questioni di opportunità (ricorso gerarchico proprio e per opposizione)Tutti i ricorsi sono da redigere in forma scritta, pena nullità.Il ricorso inoltre deve contenere tutti gli elementi richiesti. Non è necessario il patrocinio di un avvocato.

4. Il ricorso gerarchicoGià presente negli Stati pre-costituzionali, è stato espressamente previsto con la legge abolitiva del contenzioso amministrativo.Tale legge prevedeva per le situazioni soggettive diverse dai diritti soggetti un sistema di tutela articolato su 2 livelli:- il cittadino assistito da alcune garanzie si poteva rivolgere alla stessa autorità amministrativa che aveva adottato il provvedimento- i decreti motivati con i quali l'organo adito si pronunciava su queste vertenze potevano diventare oggetto di ricorso in via gerarchica.Il legislatore aveva ideato una valida forma di tutela, sia perché permetteva al cittadino di impugnare i provvedimenti lesivi di interessi esclusi dalla tutela del giudice ordinario, sia perché si poteva ottenere quella tutela costitutiva esclusa invece nell'ambito giurisdizionale. Ma tale obiettivo fallì perché i ricorsi gerarchici non erano intesi dalla PA come strumento di tutela dei cittadine, ma come luogo ove tutelare le proprie ragione.Attualmente il ricorso gerarchico è disciplinato dal decreto 199/1971: contro gli atti amministrativi non definitivi è ammesso ricorso in unica istanza all'organo sovraordinato, per motivi di legittimità e di merito, da parte di chi vi abbia interesse, a tutela di diritti soggettivi e di interessi legittimi.La formula "gerarchico" è stata sostituita con "sovraordinato", che maggiormente rispecchia la realtà amministrativa. Con "unica istanza" invece si tende a sottolineare il principio costituzionale del buon andamento (economicità dell'azione amministrativa).Si tratta di una relazione gerarchica di tipo esterno: cioè tra organi, non tra persone.I provvedimenti possono essere impugnati anche per vizi di merito.

5. I rapporti con il ricorso giurisdizionalela legge istitutiva della IV sezione del Consiglio di Stato ha stabilito che in presenza di un atto non definitivo, il ricorso gerarchico debba precedere necessariamente quello giurisdizionale (ammesso solo per atti definitiva). Nel 1971 è stato sancito il principio della facoltatività della tutela, tuttavia è comunque esclusa la contemporanea pendenza dei 2 giudizi per il principio della prevalenza della tutela giurisdizionale (perché più pregnante).Se più persone sono interessate, il ricorso giurisdizionale presentato da una di queste rende improcedibile quello gerarchico già pendente. La PA deve avvisare il ricorrente in via gerarchica che avrà l'onere di proporre ricorso giurisdizionale, pur non potendo proporre nuovi motivi di censura.Se prima è proposto il ricorso gerarchico, poi quello giurisdizionale, questo è improcedibile. Se è proposto prima ricorso giurisdizionale, poi quello gerarchico, questo è inammissibile.

6. Gli atti impugnabiliImpugnabili sono solo gli atti non definitivi (se sono definitivi, il ricorso gerarchico è inammissibile).[Atto definitivo = quello per il quale non sono possibili altri ricorsi amministrativi tranne quello straordinario al Capo dello Stato;Atto non definitivo = quello che non è impugnabile con il ricorso straordinario al Capo dello Stato, ma con gli altri ricorsi amministrativi.La definitività ab origine può essere:- esplicita: quando è la stessa legge che qualifica un provvedimento come definitivo;- implicita: l'atto è emanato da un organo di vertice della PA, o da un organo di un ente pubblico diverso dallo Stato, da un'Autorità amministrativa indipendente, da un organo collegiale, da un'autorità cui la legge ha dato competenza esclusiva per quella materia, o da un organo gerarchicamente inferiore ma sulla base di puntuali ordini del superiore).In tutti gli altri casi, la definitività si ha a seguito della decisione sul ricorso o in seguito alla formazione del silenzio-assenso.Atti non impugnabili, per espressa previsione di legge:

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- gli atti emanati dai dirigenti preposti al vertice delle amministrazioni- gli atti normativi delle autorità amministrative se non insieme al provvedimento che ne costituisce applicazione- gli atti riguardanti la fase preparatoria o integrativa dell'efficacia di un provvedimento- gli atti meramente confermativi e quelli esecutivi di provvedimenti precedenti non impugnati

7. Il procedimentoIl ricorso deve essere presentato entro 30 giorni dalla notifica o dalla conoscenza dell'atto, o direttamente all'autorità competente, o con notificazione tramite ufficiale giudiziario o mediante raccomandata a/r. Non occorre il patrocinio di un avvocato. Non vi è garanzia piena del contraddittorio: il ricorrente infatti non è tenuto ad avvisare né l'autorità che ha emanato l'atto né i controinteressati.L'organo che ha emanato l'atto non partecipa, perché l'interesse della PA è già soddisfatto dal fatto che il ricorso sia comunque indirizzato ad un suo organo. L'organo adito darà poi comunicazione ai controinteressati.Per quanto riguarda l'istruttoria, la PA può disporre di tutti gli accertamenti utili ai fini della decisione, ma non di quei mezzi istruttori che incidano su diritti costituzionalmente garantiti (perquisizioni, ispezioni...). Il ricorso non sospende l'efficacia del provvedimento, salvo i casi previsti dalla legge. Tuttavia può essere sospesa, d'ufficio o su istanza di parte, per gravi motivi. L'istanza di sospensione può essere contenuta nello stesso ricorso o essere successiva.Sono ammessi sia il ricorso incidentale che i motivi aggiunti, nonché l'intervento ad adiuvandum e ad opponendum.

8. La decisionel'autorità amministrativa ha il dovere di pronunciarsi sulla legittimità (o opportunità) dell'atto impugnato e adottare se richiesti provvedimenti rinnovatori. La decisione deve essere motivata e redatta per iscritto (pena nullità). Anche qui si distingue tra decisioni di rito e di merito. La decisione, dopo l'unificazione in un'unica istanza, è atto definitivo impugnabile in via giurisdizionale o con ricorso straordinario al Capo dello Stato. L'autorità deve esaminare prima le censure di rito, poi di merito, e deve pronunciarsi su tutti i motivi del ricorso (pena nullità), salvo principio dell'assorbimento.

9. Il silenzio-rigettoIl silenzio-rigetto:Il ricorso gerarchico deve essere deciso e comunicato entro 90 giorni dalla presentazione, trascorsi inutilmente i quali si ha per respinto ed eventualmente l'atto originario potrà essere impugnato in via giurisdizionale o con ricorso straordinario al Capo dello Stato.Qualora scada il termine, e la PA si pronunci tardivamente, tale decisione sarà in ogni caso legittima. Se (in pendenza di ricorso giurisdizionale o straordinario) sarà di accoglimento, determinerà la cessazione della materia del contendere (ma sarà comunque impugnabile dai controinteressati lesi); se di rigetti, non porrà alcun onere di impugnativa. Il passaggio in giudicato della sentenza rende inefficace la decisione tardiva della PA.

10. Il ricorso gerarchico improprioSi tratta di ricorsi previsti da norme speciali nei quali non rileva la definitività dell'atto, e che di solito sono contro atti amministrativi di Ministri, enti pubblici o organi collegiali (definitivi ab origine, che si sottraggono a qualsiasi rapporto gerarchico).E' un rimedio di carattere eccezionale, e non è coperto da riserva di legge, perché è ammesso nei casi, nei limiti e nelle modalità previste dalla legge o dagli ordinamenti dei singoli enti.Tali ricorsi, introdotti nel 1971, seguono le disposizioni specifiche contenute nelle normative che li prevedono. In mancanza si seguono le regole del ricorso gerarchico proprio. I ricorsi gerarchici previsti da norme anteriori al 1971 (quindi completamente abrogati) seguono la disciplina di quelli proprio.Le regole del ricorso proprio sono estese a quello improprio (silenzio-rigetto, sospensione cautelare, vizi di legittimità e di merito).Permangono invece dubbi sulla facoltatività: lasciare scegliere il privato vuol dire infatti vanificare la ratio dell'istituto, che è quella di far riesaminare l'atto da un'autorità amministrativa tecnicamente più preparata in materia rispetto al giudice, ma come questi neutrale. La Corte ha sancito che quando siano necessari accertamenti tecnici, la fase gerarchica impropria deve precedere quella giurisdizionale.11. Il ricorso in opposizione

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E' ammesso solo nei casi previsti per legge (statale o regionale). Si tratta di un ricorso diretto alla stessa autorità che ha emanato l'atto (è resistente e decidente!). Sono previsti tuttavia pochissimi casi, in quanto nemmeno il legislatore crede nella capacità della PA di riesaminare le proprie posizioni.Per la disciplina, anche qui ci si rifà al ricorso gerarchico proprio, questo per tentare una sostanziale equiparazione del ricorso per opposizione a quello gerarchico (per il principio della semplificazione). Sono applicabili, tra le altre, le regole per presentare e notificare il ricorso, quelle sul contraddittorio, sulla sospensione e sulla facoltatività.Vi si ricorre per vizi sia di legittimità che di merito, contro provvedimenti non definitivi. La decisione sul ricorso ha carattere definitivo.E' poco usato, ma qualora servisse a ripensare errori negli accertamenti o nelle valutazioni tecniche, potrebbe essere assai utile.

CAPITOLO 2 IL RICORSO STRAORDINARIO AL CAPO DELLO STATO

1. PremessaE' un residuo della funzione di giustizia data al re. E' disciplinato dalla legge del 1971, e da quella del 2000 per quanto riguarda la sospensione del provvedimento impugnato.- generale: sempre ammesso se non quando è escluso per legge- straordinario: perché devono essere esperiti gli altri rimedi amministrativi, in quanto è ammesso solo contro atti definitivi. eliminatorio: in caso di accoglimento, comporta solo decisioni di annullamento- impugnatorio: serve a demolire un provvedimento amministrativo- alternativo: rispetto alla tutela giurisdizionale

2. Natura giuridicaLa dottrina lo individua come strumento giurisdizionale, per il parere obbligatorio e semivincolato che deve fornire il Consiglio di Stato. Ma in ogni caso la giurisprudenza lo pone insieme ai rimedi amministrativi anche se anomalo e con molte analogie con il ricorso giurisdizionale.Tale situazione è mutata nel 1997, quando la sentenza della Corte di Giustizia dell'UE ha affermato che il Consiglio di Stato, anche quando esprime solo un parere, costituisce comunque una giurisdizione. Può quindi sollevare questioni di pregiudizialità comunitaria, di legittimità costituzionale, la decisione ha valore di cosa giudicata (e vi si può esperire il giudizio di ottemperanza).Tuttavia la Cassazione nel 2001 sancisce che il decreto con cui viene deciso un ricorso straordinario ha comunque natura amministrativa, e su di esso non è instaurabile un giudizio di ottemperanza. Dello stesso avviso è la Corte Costituzionale, secondo la quale il Consiglio di Stato non è legittimato a sollevare incidente di costituzionalità in sede di parere.

3. Ambito di esperibilità e suoi presuppostiTale istituto non è molto praticato, in quanto i cittadini si sono rivelati assai scettici (l'istruttoria è segreta, non vi è discussione orale, il contraddittorio è unilaterale e scritto, se vi è inottemperanza si deve ricorrere al giudice amministrativo con ricorso contro il silenzio-rifiuto).E' proponibile solo contro i provvedimenti definitivi, solo per vizi di legittimità, sia per interessi legittimi che per diritti soggettivi. E' proponibile anche contro gli atti amministrativi delle regioni (di questo parere la Corte Costituzionale, mentre la dottrina non è concorde perché ciò violerebbe l'art.125 Cost.). Per quanto riguarda gli atti delle amministrazioni indipendenti, per la giurisprudenza il ricorso straordinario è esperibile, mentre di opposto parere è la dottrina.Ha carattere impugnatorio (possono impugnarsi solo atti amministrativi) ma non è sempre così (contro il silenzio-inadempimento o il silenzio-rifiuto vi è ricorso contro un mero comportamento della PA).Non è proponibile se la giurisdizione è attribuita ad un giudice speciale, per le questioni devolute ad un collegio arbitrale (natura di lodo arbitrale della relativa decisione), per i conflitti di attribuzione di esclusiva competenza della Corte Costituzionale.

4. La proposizioneIl ricorso si deve proporre entro 120 giorni, senza sospensione feriale dei termini.

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A meno che non vi sia la rimessione in termini, il ricorso deve essere notificato (pena inammissibilità) a tutti i controinteressati e alla PA che ha emanato l'atto, e presentato con la prova dell'avvenuta notificazione (pena irricevibilità) direttamente (tramite notificazione o raccomandata a/r) all'organo che ha emanato l'atto impugnato, che la dovrà poi far arrivare al Ministro competente.Vi è garanzia del contraddittorio, ma non nei confronti dell'autorità che ha emesso l'atto, perché il ricorso è in ogni caso deciso da un organo statale. Entro 60 giorni i controinteressati hanno l'onere di produrre memorie e documenti dei quali il ricorrente potrà prendere visione tramite il diritto d'accesso. I controinteressati possono, entro lo stesso termine, presentare ricorso incidentale. E' ammesso l'intervento (ad opponendum e ad adiuvandum), e i motivi aggiunti.

5. La trasposizione in sede giurisdizionaleSi tratta di un ricorso straordinario alternativo rispetto al ricorso al giudice amministrativo, ma se vi sono in questione diritti soggettivi si può ricorrere sia in via amministrativa, che davanti al giudice ordinario. L'esigenza quindi è di evitare la concorrenza tra il Consiglio di Stato in sede consultiva, e il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale.Principio alternatività: se i 2 ricorsi sono proposti dalla stessa persona e contro lo stesso atto (non si applica ai controinteressati).I controinteressati possono ricorrere all'istituto dell'opposizione, ed in più entro 60 giorni dalla notificazione del ricorso possono chiedere la trasposizione della decisione sul ricorso dalla sede amministrativa a quella giurisdizionale.L'opposizione implica la dichiarazione di improcedibilità del ricorso straordinario. Il ricorrente entro 60 giorni si deve costituire in sede giurisdizionale (con patrocinio di un avvocato). La prassi sembra escludere la possibilità dell'opposizione per i controinteressati. L'alternatività dunque è vista come facoltà di scegliere la tutela, non solo per il ricorrente, ma anche per i controinteressati.

6. L’istruttoria ed il parere del Consiglio di StatoLa presentazione del ricorso comporta per il Ministro competente l'apertura dell'istruttoria:- organizzata e diretta da un responsabile del procedimento- retta sia dal principio della pubblicità, sia da quello di completezza (devono essere raccolti tutti i dati per la decisione)Vi è il rigoroso controllo del Consiglio di Stato.L'istruttoria deve concludersi entro 120 giorni dalla scadenza del termine per le deduzioni dei controinteressati. Scaduto tale termine, il Ministro competente deve inviare il ricorso al Capo dello Stato per il parere (se il Ministro non adempie, l'interessato può procedere all'interpello). Il parere formalmente non è vincolante, se il Ministro vuole discostarsene deve sottoporre prima la questione al Consiglio dei Ministri (pena l'illegittimità della decisione).

7. La decisioneformulata come proposta di decreto al Presidente della Repubblica, è assunta dal Ministro competente sulla base del parere del Consiglio di Stato.La decisione è assunta con decreto motivato (di solito con rinvio al parere del Consiglio di Stato) del Capo dello Stato, di cui il Ministro assume ogni responsabilità. Il decreto è comunicato alle parti e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. La decisione di accoglimento del Ricorso ha come effetto l'annullamento del provvedimento impugnato.

8. Il ricorso per l’ottemperanzaSe il ricorso straordinario è accolto, ma la PA non adempie, si può esperire il ricorso per l'ottemperanza? Questo si collegherebbe infatti alla natura giurisdizionale o amministrativa del ricorso straordinario.- Fino gli anni '50 era ammesso per la natura quasi giurisdizionale del ricorso straordinario,- Poi venne negato per la sua natura amministrativa (anche se vi è comunque un obbligo per la PA di conformarsi alla decisione del Capo dello Stato)In caso di inadempimento l'interessato può solo esperire il ricorso giurisdizionale contro il silenzio-rifiuto della PA.Per la Corte di Giustizia europea, il parere del Consiglio di Stato ha comunque carattere decisionale, e acquista valore di cosa giudicata: si può dunque esperire l'ottemperanza.Tale decisione non è impugnabile, ma lo è solo per revocazione. Questa presuppone il contrasto tra due giudicati, quello dei ricorso giurisdizionale e quello del ricorso straordinario.

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La Cassazione, tornando sul problema, afferma la natura amministrativa del ricorso straordinario, escludendo l'esperibilità del ricorso per ottemperanza.Tuttavia nel 2005 il Consiglio amministrativo per la regione siciliana, stabilendo che il ricorso straordinario è plasmato sia dalla giurisprudenza che dal legislatore sul modello del ricorso giurisdizionale, afferma la possibilità di esperire il ricorso per l'ottemperanza.

9. Le misure cautelariL.205/2000 prevede che su richiesta del ricorrente e in presenza di danni gravi ed irreparabili, il Ministro competente può, con decreto motivato e previo parere del Consiglio di Stato, sospendere il provvedimento impugnato. Ma la misura cautelare p limitata alla sola sospensione del provvedimento, non è misura atipica come da L.205/2000 relativamente alla tutela giudiziale.

10. Le questioni di pregiudizialità comunitaria e di legittimità costituzionaleIl Consiglio di Stato in sede di parere per il ricorso straordinario, è legittimato a chiedere alla Corte di Giustizia una pronuncia interpretativa di una norma comunitaria necessaria per la soluzione della controversia oggetto del ricorso medesimo. Questo perché il Consiglio di Stato, anche quando emette un parere, costituisce comunque una giurisdizione, può quindi sollevare alla Corte Comunitaria questioni pregiudiziali.E' ritenuto comunque una giurisdizione per:- il fondamento legale e la stabilità dell'organo- l'osservanza del principio del contraddittorio- il parere si basa solo su norme di legge- una decisione difforme si può pronunciare solo previa deliberazione del Consiglio dei ministri.Ciò ha portato per il Consiglio di Stato la possibilità di sollevare questioni di legittimità costituzionale in sede di parere, anche se ciò è stato poi negato sia dalla giurisprudenza che dalla Corte costituzionale, che ne affermano il carattere amministrativo.

11. La revocazioneper i casi dell'art.395 c.p.c., da proporsi al Capo dello Stato nelle stesse forme del ricorso straordinario. Da notificarsi all'amministrazione (se non è statale) che ha emanato l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati. Da presentarsi al Ministro competente entro 60 giorni dalla notifica del decreto presidenziale impugnato, o dalla scoperta del vizio. E' richiesto il parere del Consiglio di Stato.E' inammissibile la revocazione della revocazione, e la revocazione per motivi attinenti all'interpretazione delle norme.La revocazione va proposta non contro il provvedimento originario, ma contro il decreto del Presidente della Repubblica.

12. L’impugnabilitàentro certi limiti anche in sede giurisdizionale, solo per vizi di forma o di procedimento (errores in procedendo) e solo per momenti del procedimento successivi al parere del Consiglio di Stato. Il limite dell'alternatività è sia per il ricorrente (al momento della scelta) sia per la parte resistente (può trasferire la controversia in sede giurisdizionale).Al controinteressato cui non è stato notificato (e quindi non ha potuto fare trasposizione del giudizio) è permessa l'impugnazione anche per errores in judicando. Stesso dicasi per le amministrazioni diverse da quella statale.La decisione del ricorso straordinario può comunque essere impugnata davanti al giudice ordinario, che la potrà disapplicare come previsto dall'art. 4 della legge del 1865 di unificazione amministrativa.

CAPITOLO 3GLI STRUMENTI DI GIUSTIZIA ALTERNATIVA

1. L’evoluzione del sistema delle tutele verso forme di “giustizia alternativa”Nel corso dell'ultimo decennio si sono affermati strumenti di soluzione delle controversie alternativi alla via giurisdizionale.quando è coinvolta la pubblica amministrazione ci si riferisce a strumenti alternativi in tre casi:- alle attività della stessa svolge al proprio interno per risolvere un conflitto o individuare una soluzione al problema- ai ricorsi amministrativi devoluti alla stessa amministrazione

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- alle ipotesi in cui la soluzione dei conflitti è demandata a soggetti terzi.gli strumenti che rientrano in questa categoria sono indicati con l'acronimo A.D.R. (Alternative Dispute Resolution): sono procedure attraverso le quali è possibile offrire una soluzione ad una controversia insorta tra due o più parti, al di fuori delle vie giurisdizionali.

2. Gli strumenti di ADR in EuropaForte spinta verso l'adozione di tali forme di giustizia alternativa proviene sia dall'ambito internazionale e da quello comunitario, dove strumenti alternativi delle controversie occupano un ruolo primario. Primo passo verso tale scelta è sicuramente l'istituzione nel 1992 del mediatore europeo, che si occupa dei casi di cattiva amministrazione dell'istituzione o degli organismi comunitari, tranne che per la corte di giustizia e per il tribunale di primo grado nell'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali. Anche recentemente nel vertice europeo di Lisbona del marzo 2000 lo sviluppo delle ADR è considerato uno strumento attraverso cui accrescere la fiducia dei consumatori. Soprattutto nel diritto del lavoro di strumenti alternativi occupano un ruolo preminente, in quanto si pongono come veri e propri mezzi di pacificazione sociale. In seguito all'emanazione del libro verde sul diritto dei consumatori, è stata confermata la necessità e l'urgenza di un'azione comunitaria tesa ad incrementare l'utilizzo di tali strumenti extragiudiziali, bisogno accolto dalla commissione che ha emanato due raccomandazioni sul tema.stendere nel libro verde è proposta la distinzione tra ADR che si svolgono nell'ambito dei procedimenti giurisdizionali, e cioè condotte da un giudice, e quelle cosiddette convenzionali, che si svolgono al di fuori di qualsiasi procedura giurisdizionale ed i cui esiti possono essere vincolanti o meno per le parti.

3. Gli strumenti di giustizia alternativa nell’ordinamento italianoMolti degli strumenti rientranti nelle ADR non sono a noi sconosciuti, come l'arbitrato, la transazione o la conciliazione. Quest'ultima era presente già nel primo codice di procedura civile del 1885, nel quale era previsto che i conciliatori, quando richiesti, dovevano adoperarsi per comporre le controversie. L'istituto venne ripreso dal codice del 1942, ma non può dirsi che a tali strumenti sia riconosciuto un ruolo determinante nella soluzione dei conflitti. Tuttavia con l'intervento del legislatore nella recentissima riforma del codice di procedura civile con legge 18 giugno 2009, n.69 sono state introdotte modifiche che incidono sull'istituto della conciliazione e della mediazione. È previsto che qualora nel corso del processo venga formulata una proposta conciliativa a seguito dell'interrogatorio formale, o ad una proposta formulata nel procedimento peritale, ed una delle parti non l'abbia accettata senza un giustificato motivo, il giudice può condannare la parte che non ha accettato la proposta al pagamento delle spese processuali maturate successivamente alla formulazione della proposta conciliativa. Il legislatore tenta di far leva sugli aspetti economici per indurre le parti a scegliere la conciliazione. Il legislatore inoltre conferito due deleghe al governo da esercitarsi entro sei mesi: la prima per la procedura conciliativa perde il settore dei servizi pubblici o di pubblica utilità, nel secondo per l'istituzione di un registro presso il ministero della giustizia di organismi di conciliazione che possono essere istituiti presso i tribunali.

4. La conciliazione rivolta ai consumatori e agli utenti. La conciliazione dinanzi alle Camere di CommercioUn ruolo centrale nel percorso di diffusione delle ADR va riconosciuto alla legge 580/1993, che ha attribuito competenze fondamentali alle camere di commercio che possono promuovere, singolarmente in forma associata, la costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e consumatori ed utenti: tipica forma di conciliazione amministrata gestita da un ente esterno.è stato semplicemente sancito in una norma un ruolo che le camere di commercio svolgevano già in passato.

5. Le controversie in materia di telecomunicazioniPer il settore delle telecomunicazioni è previsto che l'autorità di garanzia disciplini con propri provvedimenti le modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie. Il tentativo di conciliazione è obbligatorio, e cioè a condizione di procedibilità dell'azione giurisdizionale ed ha efficacia sospensiva dei termini per l'azione giurisdizionale, fino alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione. Ruolo centrale è riconosciuto ai comitati regionali, ai quali sono delegate le attività conciliative. I verbali di conciliazione ha inoltre valore di titolo esecutivo. l'individuazione della competenza per territorio è effettuata in bassa luogo di residenza e la procedura conciliativa si svolge entro 30 giorni dalla proposizione dell'istanza. Le parti possono partecipare all'udienza di conciliazione personalmente o attraverso proprio rappresentante o associazioni di consumatori. Se il tentativo di conciliazione fallisce le parti hanno la possibilità o di adire le vie giurisdizionale o chiedere all'autorità di garanzia di definire la controversia entro 150 giorni, attraverso la presentazione di un ricorso amministrativo alla stessa nel termine di sei mesi dal fallimento del tentativo di conciliazione. Tale

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procedura si conclude con l'emanazione di un provvedimento decisorio che può essere impugnato davanti al Tar del Lazio, che ha competenza funzionale. A ciascun comitato regionale può essere poi delegata la controversia attualmente gestita dall'autorità, a condizione che venga garantita una distinzione tra funzione conciliativa e funzione di soluzione dei conflitti.

6. Le controversie in materia di consumoLa legge del 1998 contempla una particolare ipotesi di conciliazione davanti alle camere di commercio, proposta da associazioni di consumatori e utenti legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi. All'ipotesi prende il nome di accesso alla giustizia, e tale procedura di conciliazione deve essere conclusa entro 60 giorni dall'istanza e il verbale costituisce titolo esecutivo che deve essere depositato per l'omologazione nella cancelleria del tribunale del luogo in cui la conciliazione è avvenuta. È inoltre prevista la possibilità per i singoli, consumatori professionisti, di avviare procedure di conciliazione stragiudiziale per le controversie in materia di consumo davanti alle camere di commercio; da queste procedure vanno incluse anche le conciliazioni paritetiche, disciplinate da protocolli sottoscritti da associazioni dei consumatori ed utenti di alcune aziende aventi ad oggetto l'erogazione di servizi. Il legislatore ha previsto la non vessatorietà di tali clausole.altre ipotesi prevista dalla legge in quel possibile fare ricorso lo strumento serviziale conciliativo è il caso in cui il presidente del tribunale davanti al quale è stata discusse deciso un'azione collettiva risarcitoria dei diritti dei consumatori e degli utenti può costituire un'unica camera di conciliazione della determinazione delle somme da corrispondere ai consumatori e agli utenti. La camera di conciliazione è composta da un avvocato indicato dai soggetti che hanno proposto l'azione collettiva, da un avvocato indicato dall'impresa e da un terzo avvocato nominato dal presidente del tribunale. Compito della camera di conciliazione è quello di quantificare i modi, il termine l'ammontare da corrispondere ai singoli consumatori.

7. Le controversie in materia societaria e i patti di famigliaUn ruolo di rilievo alle forme di giustizia alternativa è riservato nell'ambito delle controversie in materia societaria, dove enti pubblici o privati possono costituire organismi (iscritti in un apposito registro tenuto presso il ministero della giustizia) deputati alla conciliazione.insieme alla domanda di iscrizione nel registro, l'organismo di conciliazione deve depositare presso il ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura al quale devono essere allegate anche le tabelle delle indennità che spettano agli organi ione. Requisiti essenziali delle procedure conciliative sono la riservatezza del procedimento, la garanzia di imparzialità del conciliatore e la garanzia di una celere conclusione della procedura stessa. Il conciliatore può su richiesta di entrambe le parti formulare una proposta rispetto alla quale ciascuna delle parti, in caso di fallimento della procedura, dovrà indicare all'interno del verbale di mancata conciliazione, la propria posizione o le condizioni alle quali è disposta conciliare. Anche qui istrumento conciliativo è per certi versi condizioni di procedibilità dell'azione giurisdizionale: è previsto infatti che qualora non sia spedito il tentativo il giudice è su istanza di parte dispone la sospensione del procedimento pendente e fissa un termine per l'avvio del procedimento conciliativo che può variare dai 30 ai 60 giorni. Se il tentativo non viene avviato o al esito negativo, il processo può comunque essere riassunto. Il legislatore ha poi previsto il divieto di utilizzazione in giudizio delle dichiarazioni rese dalle parti nel corso della conciliazione, ad eccezione del comportamento tenuto dalle parti. Per facilitare la diffusione dei istrumento conciliativo legislatore ha previsti incentivi come l'esenzione degli atti del procedimento dall'imposta di bollo, l'estensione del verbale di conciliazione dall'imposta di registrò, la sua efficacia di titolo esecutivo e efficace interdittiva della prescrizione della domanda di conciliazione. È prevista poi la possibilità che negli atti costitutivi della società siano inserite delle clausole compromissorie. Gli arbitri sono chiamati a decidere secondo diritto ed il lodo impugnabile nell'ipotesi di nullità ed è soggetta revocazione ed opposizione di terzo.per quanto riguarda i patti di famiglia, introdotti nel 2006, questi derogano al divieto civilistico di stipulare patti successori: le controversie che nascono in relazione la disciplina del patto di famiglia sono devolute preliminarmente ad uno degli organismi di conciliazione.

8. Le controversie in materia di lavoroNel quadro delle procedure extragiudiziali un posto di rilievo è occupato dalle controversie in materia di lavoro per le quali il legislatore ha previsto forme di conciliazione obbligatoria e di arbitrato. Per il lavoro privato sono contemplate due distinte forme di conciliazione: una da svolgersi in sede sindacale, l'altra destra direzione provinciale del lavoro. La conciliazione deve avvenire entro 60 giorni e si svolge davanti ad una commissione di tre soggetti. Se la controversia riguarda il pubblico impiego privatizzato invece la commissione è composta da un

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rappresentante del lavoratore, da una rappresentante dell'amministrazione e dal direttore della direzione provinciale del lavoro; il tentativo dei vestirsi entro 90 giorni. Era un'ipotesi di conciliazione amministrata obbligatoria e, se le parti ricorrono al giudice senza prima aver esperito tale tentativo di conciliazione, questi sospende il giudizio e fissa un termine perentorio per promuovere il tentativo di conciliazione, al termine del quale il processo può essere riassunto entro 180 giorni e una estinzione. Della conciliazione, dunque se il suo esito, viene redatto verbale. Il ruolo della conciliatore è quello di agevolare le parti nell'individuare una su Silone alla loro controversia, e si può spingere fino al punto di proporre una soluzione al termine del procedimento in quell'ipotesi in cui le parti da sole non sono capaci di giungere ad un accordo. La decisione finale rimane sempre affidata le parti, che possono anche non accettare la proposta del conciliatore.

9. Le altre ipotesi di conciliazione obbligatoriaAltre ipotesi di conciliazione obbligatoria si hanno quando i soggetti che intendono proporre in giudizio una domanda relativa ad una controversia su un contratto agrario sono tenuti a darne comunicazione all'ispettorato provinciale dell'agricoltura competente per territorio, e all'altra parte della controversia. L'ispettorato entro 20 giorni deve convocare le parti ed i rappresentanti delle associazioni professionali di categoria per tentare la conciliazione. In caso di fallimento o mancato esperimento entro i 60 giorni le parti possono adire l'autorità giudiziaria competente.altre ipotesi sia in materia di diritto d'autore, dove le associazioni di categoria di titolari di diritti e gli enti o le associazioni rappresentative dei beneficiari delle eccezioni previste dalla stessa legge, se non arrivano ad un accordo per definire l'esercizio della libera produzione delle opere, si possono rivolgere al comitato consultivo permanente per il diritto di autore presso la presidenza del Consiglio dei Ministri. La richiesta di conciliazione deve essere spedita al comitato che entro 10 giorni deve nominare la commissione speciale che garantirà il contraddittorio tra le parti. Se la parte convenuta a non accogliere la richiesta della controparte può, nei 30 giorni successivi, depositar osservazioni scritte; entro altri 10 giorni il presidente fissa la data per il tentativo di conciliazione.

10. Giustizia alternativa e pubblica amministrazioneDal discorso fatto finora si evidenzia come l'ipotesi di giustizia alternativa siano assai limitate per le controversie di sì a parte l'amministrazione. L'ostacolo è sempre dato dalla convinzione dell'indisponibilità degli interessi legittimi. Tuttavia a tale impostazione non è estraneo il modulo consensuale che consenta all'amministrazione di offrire una soluzione al problema amministrativo che soddisfi maggiormente il pubblico interesse. È necessario creare all'interno dell'amministrazione una cultura che incentivi la giustizia alternativa, abbandonando le preclusioni che hanno impedito il successo anche dei ricorsi amministrativi.

11. Le controversie in materia di contratti pubbliciIl ricorso allo strumento arbitrale per risolvere le controversie in tema di lavori pubblici è forse l'ipotesi più antica di uso di uno strumento di giustizia alternativa (già presente infatti nel 1895).con la legge Merloni e la Merloni bis è stato introdotto il tentativo obbligatorio di conciliazione per le riserve delle imprese e l'arbitrato, da effettuarsi secondo le norme del c.p.c.. con la Merloni ter l'arbitrato è stato novellato, tornando facoltativo e fidandosi la procedura alla camera arbitrale presso l'autorità garante per i lavori pubblici, disciplinata dal decreto ministeriale. Con l'emanazione del codice dei contratti sia operata una risistemazione dei rimedi sono giudiziali anche se sicuramente non è ancora stato raggiunto un assetto definitivo. Il codice contempla la transazione, l'accordo bonario e l'arbitrato.La transazione è consentita per tutte le controversie relative all'esecuzione dei contratti con oggetto appalti pubblici, indipendentemente dal loro valore, previa deliberazione dell'amministrazione nella quale siano indicate le ragioni di fatto e di diritto a sostegno della scelta transattiva. l'accordo bonario è applicabile invece per le riserve o contestazioni scritte o verbalizzate nei documenti contabili fino al momento del loro avvio, ai lavori pubblici nei settori ordinari affidati da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori, o dai concessionari se l'importo dell'opera può variare in misura non inferiore al 10% dell'importo. Alla comunicazione delle riserve o delle contestazioni, momento di inizio della procedura, segue una fase di controllo da parte del responsabile del procedimento per verificare la nonna manifesta infondatezza. A questi spetta poi la promozione dell'eventuale costituzione della commissione, con membri che abbiano specifica competenza sull'oggetto del contratto, e non si trovino in una condizione di astensione o incompatibilità. La commissione formula una proposta di accordo bonario da comunicarsi alle parti, che devono pronunciarsi sulla

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stessa dandone comunicazione al responsabile del procedimento. Decorsi termini per accettare la proposta è prevista la possibilità di far ricorso all'arbitrato.Lo strumento arbitrale è invece esperibili è, oltre che in relazione alle controversie vertenti su di chi, anche per quelle collegate ai concorsi di progettazione di idee e per quelle controversie non risolte in sede di accordo bonario, tranne quelle demandate in via esclusiva al tar. La norma è assai scarna, e rimane la alla disciplina del c.p.c.: il collegio arbitrale è composto da tre membri nominati da di esperti dalle parti contendenti. Il presidente e scelto dalle parti o dagli arbitri e nel giudizio sono ammissibili i mezzi di prova del c.p.c., tranne il giuramento. La pronuncia del lodo avviene con deposito presso la camera arbitrale, entro 10 giorni dall'ultima sottoscrizione. Questa, istituita presso l'autorità di vigilanza, cura la formazione della tenuta dell'albo degli arbitri, redige il codice deontologico e provvede agli adempimenti per la sessione ed il funzionamento del collegio arbitrale. È composta da cinque membri nominati dall'autorità fra soggetti dotati di particolare competenza in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Sono vietate clausole compromissorie in tutti i contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi o di sottoscrivere compromessi. In tal caso sarebbero nulli e la sottoscrizione costituirebbe illecito disciplinare determinante responsabilità erariale. L'operatività di tale disposizione è stata sospesa fino al luglio 2008, per istituire presso i tribunali ordinari apposite sezioni specializzate; la proroga è stata poi estesa fino all'effettiva attivazione di tali sezioni.