PrimaPagina giu. 2012

64

description

mensile per Teramo e provincia www.primapaginaweb.it

Transcript of PrimaPagina giu. 2012

Page 1: PrimaPagina giu. 2012
Page 2: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 20122

Page 3: PrimaPagina giu. 2012

3PrimaPagina 26 giu. 2012

Il lavoro c’è, ma non lo vedonodi Mira Carpineta 9

Economia UN’ANALISI SULLE RICHIESTE DI LAVORO IN PROVINCIA

Per i vostri quesitiai nostri [email protected]/fax 0861. 250336

26 Giugno 2012

30Morale della favola...Un numeroso sciame di api abitava un alveare spazioso. Là, in una felice abbondanza, esse vivevano tranquille...

63 Gelato: si chiama artigianale si legge indutrialedi Alessandro Tarentini

52 Immigrazionetra i banchidi Flavio Bartolini

Enrico Santarelli

TIZIANA [email protected]

Edito da E.C.S. Editori srl

Via Costantini, 6 - TeramoTel & Fax . 0861. [email protected]@primapaginaweb.it

Nicola Arletti

di Carlo Di Patrizio

ArtiGraficheCelori - Tr - Umbria

Flavio BartoliniClementina BerardoccoFrancesco BoniniCoralba CapuaniEmiliano CarettiMira CarpinetaMichele CilibertiMattias CoccoChristian CorsiLuciano D’AmicoClaudio D’ArchivioGiovanni Di BartolomeoAdele Di FeliciantonioPasquale Di MarcantonioLaura Di PaolantonioIvan Di NinoRocco Di NinoVittoria DraganiFrancesca Maria GuadagnoVincenzo Lisciani PetriniAntonella LorenziMatteo LupiCristiane MaràMarcello MartelliGiuseppina MichiniDaniela PalantraniJessica PavoneGianfranco PucaMariangela SansoneAlessandro Tarentni

Sail Post Agenzia Teramo 1

UNIONESTAMPAPERIODICAITALIANA

Proprietà:

DIRETTORE RESPONSABILE:

Redazione e Amministrazione

PUBBLICITÀ:

Graphic designerimpaginazione:

Supporto grafico:

Supporto web:

STAMPA:

Hanno collaborato:

DISTRIBUZIONE

La responsabilità delle opinioni espresse negli articoli pubblicati è

dei singoli autori, da intendersi libera espressione degli stessi.

Alcune collaborazioni sono gratuite.

L’editore ha compiuto ogni sforzo per contattare gli autori delle

immagini. Qualora non fosse riuscito, rimane a disposizione per

rimediare alle eventuali omissioni

Le informazioni, testi, fotografie non possono essere riprodotte,

pubblicate o ridistribuite senza il consenso dei titolari dei diritti.

GERENZA

In copertina: MORALE DELLA FAVOLA...

(foto: Mario MOnti, attuale capo di Governo italiano)

n. 26 anno 3 giugno. 2012

Frazione “scollegata”di Daniela Palantrani 21

Territorio VILLA RUPO

La voce ruggito del sindaco Mastromaurodi Cristiane Marà 15

Sanità OSPEDALE DI GIULIANOVA

50 Copiare con originalità di Mariangela Sansone

56 Abbandoni estividi Coralba Capuani

SpecialeGastronomia

INSERTO

Page 4: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 20124

risposta

Gent.le direttore,girando per la città, si ha la sensazione di vivere in una Teramo abbandonata e degra-data. Una città in cui si avverte la colpevole latitanza di chi dovrebbe governare. Grave la situazione del traffi co con gravi ripercus-sioni sulla qualità dell’aria, il centro storico adibito a sosta selvaggia, auto che sfrec-ciano sulle vie adiacenti Corso San Gior-gio; la bellissima P.zza Dante sommersa, in tutti i sensi, dalle auto; zone archeologiche di prestigio che dovrebbero testimoniare l’antica grandezza di Teramo, adibite a im-provvisati campetti di calcio o nascoste da palizzate di legno. Si osserva in ogni angolo la totale mancanza di manutenzione: stra-de in pessime condizioni, strisce pedonali e segnaletica orizzontale invisibili, erbacce e sterpaglie diffuse, marciapiedi devastati.Trasporti pubblici inadeguati per una città che si sta espandendo: bisogna continua-mente procedere con raccolta di fi rme per rendere i quartieri raggiungibili con i mezzi pubblici. Tutto contribuisce a dare un’ im-magine negativa di Teramo. Chi amministra risponde oramai sempre con la solita tiri-tera: “Non ci sono i fondi, c’è la crisi”.

Non è una giustifi cazione, è diventato l’ali-bi più comodo. Chissà perché poi i fondi per le feste, assurde sagre, maratonine, etc. si riesce sempre a spenderli. Teramo è di-ventata una città anonima, sciatta e senza identità. Si pensi alla Villa comunale invasa da immondizie e rami rinsecchiti, i cui viali non possono che essere deserti. I lavori di Piazza Garibaldi, lasciati incom-piuti, tra l’indifferenza dei cittadini. Non può essere questa la città che i teramani vogliono, ma l’esatta antitesi. Se chi ci go-verna non è in grado nemmeno di provve-dere alla manutenzione spicciola, dovrebbe onestamente e coerentemente rassegnare le dimissioni.

Paolo D’Incecco(Teramo Città di Virtù)

Caro lettore, legga quanto risponde, proprio su questo numero, alla nostra Daniela Palan-trani l’avv. Walter Mazzitti. Troverà un’analisi puntuale e senza mezzi termini di Teramo e dei suoi abitanti. Naturalmente di quelli che vivono ai piani alti. E che “dall’alto”, appunto, hanno talvolta una visione sfuocata dei fatti.

Page 5: PrimaPagina giu. 2012

5PrimaPagina 26 giu. 2012

di Tiziana Mattia

a insomma, questo lavoro c’è o non c’è? La domanda non è buttata lì. Ricordate il giovane che alla ministro Fornero (lei in piedi, lui comoda-mente stravaccato) dichiarava: “Lavorare di notte? Per carità, ho altro da fare”, sicuro come molti suoi coetanei che le ore “nere” devono essere dedicate soltanto alla movida? Ebbene si scopre che quel ven-tenne con la biro in mano (chissà a cosa gli serviva) ha dietro, accanto

e avanti a sé una fi tta schiera di replicanti, convinti che tutto è loro dovuto.Con pochi sacrifi ci, un lavoro facile, a pochi metri da casa. E esclusivamente di giorno, naturalmente. Ma la giovane età non può accollarsi interamente le colpe di una puerizia fi ssata al chiodo dell’incoscienza.Questi adolescenti-prolungati hanno sulle spalle le mani carezzevoli di genitori incapaci di dire “no”, di negare paghette (si da per dire) sul genere vitalizio ministeriale, di illude-re colpevolmente la prole che la vita è facile, percorsa nei corridoi delle università. Un attento lettore mi ha posto, qualche giorno fa, una domanda: “Meglio tanti laureati a spasso, o pochi ma ben inseriti e soprattutto preparati?”. La risposta è talmente ovvia che fa gridare allo scandalo proprio per questo. Chi? I soliti che da troppi anni rubano impuniti il futuro delle ultime generazioni, dopo aver costruito una realtà virtuale fatta di menzogne, e nella quale i giovani sguazzano, certi di essere nel giusto.La nostra Mira Carpineta ha sentito l’assessore provinciale al Lavoro, Eva Guardiani, che ha confermato (non ne avevamo dubbi) i timori dei più realisti: il lavoro c’è, ma il più delle volte richiede sacrifi cio e rinunce. Di conseguenza, rifi utato. Perché darsi da fare, dopo il diploma, se è molto più comodo (e riposante) iscriversi all’università? E’ orgoglio di mamma e papà dichiarare di avere un fi glio “studente” piuttosto che “di-soccupato”. Alla laurea prima, o molto poi, ci si arriverà. Allora, con il titolo di “dotto-re”, potrà mai il “tesoruccio di mamma” fare, che so, la guardia notturna?

foto: “Tempi Moderni” Charlie Chaplin

Page 6: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 20126

Page 7: PrimaPagina giu. 2012

7PrimaPagina 26 giu. 2012

lla Confartigianato di Tera-mo, sodalizio fra i più vecchi e prestigiosi della città, mesi e anni di laceranti contrasti e polemiche. Espulsione della intera vecchia guardia, mi-

gliaia di soci artigiani in fuga, crisi profonda dell’associazione. Poi, l’annuncio del com-missariamento e dell’espulsione dell’uomo che, a lungo, ha accentrato nelle mani tutte le leve di potere, attirando polemiche e accuse. Il commissariamento e l’espulsione di Luciano Di Marzio, presidente di “lungo corso”, hanno praticamente aperto la stra-da a un “nuovo corso”, come annunciato in vari interventi e comunicati stampa. Ne parliamo con Marcello Di Pasquale, personaggio storico della Confartigianato locale e fi glio del mitico fondatore, che da anni guida l’azione di riscossa nella sua qualità di presidente onorario dell’Unione Provinciale Artigiani Una battaglia di anni, ormai. Ma con quali obiettivi precisi?“Intanto, per restituire la organizzazione fondata da mio padre Antonio agli artigia-ni. Nell’interesse primario, non di un furbet-to divenutone “proprietario e despota”, ma dell’intera categoria di noi artigiani. Costretti, da troppo tempo, a subire torti e umiliazioni- come ampiamente documentato- oltre che a pagare errori e costi di una dissennata gestio-ne personalistica. Il presidente a vita Luciano Di Marzio andava disarcionato e schiodato dal trono e bene hanno fatto i massimi or-

gani della Confartigianato ad adottare i prov-vedimenti presi. Tuttavia, non sarà una mera operazione di facciata, ma una svolta effettiva, sorretta con atti di assoluto rigore e concre-tezza. Per restituire ai soci artigiani di Teramo non una scatola vuota, ma la Confartigianato con il suo ricco patrimonio storico e morale, fi nanziario e d’immagine”. Questo signifi ca che i provvedimenti già adottati sono solo l’inizio e che altri ne arriveranno?“Noi artigiani ci battiamo per normalizzare in concreto e fi no in fondo la situazione con atti conseguenti, che purtroppo non sono an-cora arrivati. Tanto è vero che Di Marzio, pur commissariato ed espulso dalla Confartigiana-to, ha continuato e continua a servirsi con as-soluta padronanza del marchio, delle insegne

e dei mezzi fi nanziari come se niente fosse accaduto. Il commissario dr. Omati, nominato dai competenti organi centrali, dopo l’offensi-vo trattamento ricevuto di non poter neppure accedere nella sede di Teramo, dovrà adottare tutte le procedure consentite e previste dal no-stro statuto e dalle leggi”. Oppure, ci sono soluzioni di compro-messo in vista?“Sicuramente non si potrà regalare a noi “ri-belli”, a compenso di umiliazioni e persecuzio-ni di ogni genere fi n qui patite (vedi vicenda emblematica mia personale e di altri soci), una consolatoria ‘vittoria di Pirro’. Sia chiaro: la nostra lunga battaglia di trasparenza e mo-ralizzazione- oltre a spazzare il responsabile della disfatta della nostra associazione locale- punta a ben altro. Di Marzio e i suoi puntelli lasciamoli pure al loro destino inevitabile (re-sponsabilità e comportamenti saranno ogget-to d’attenzione in altre sedi competenti). A noi stanno a cuore la Confartigianato e tutto ciò che di buono resta del suo patrimonio, sotto ogni aspetto. A cominciare dai lontani tempi della sua fon-dazione. Aver commissariato ed espulso “il tiranno”, bene, ma che tutto non fi nisca qui, facendo credere che ora si possa andare tran-quillamente avanti, magari creando a Teramo (e sarebbe una ipotesi davvero risibile) una Confartigianato bis o addirittura tris, lasciando tutto il resto (‘tesoretto’ incluso) a chi (e non si capisce a quale titolo) non si rassegna a mollare l’osso”. Lei teme una scissione, addirittura una

di Tiziana Mattia

“CONFARTIGIANATO AGLI ARTIGIANI

Intervista con il Presidente Onorario Marcello Di Pasquale

Dopo il commissariamento e l’espulsionedi Luciano Di Marzio, si gira pagina. Ma la lunga guerra non è ancora finita.

Noi artigiani ci battiamo per normalizzare in concreto e fino in fondo la situazione con atti conseguenti, che purtroppo non sono ancora arrivati

E NON SARA’ UNA SCATOLA VUOTA”

Page 8: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 20128

Un pò di dati:Abruzzo: tasso di disoccupazione in percentuale e classe di età

Teramo15-24 anni

22%Pescara15-24 anni

28%Teramo35 anni e più

5%Pescara35 anni e più

5,5%Teramo18-29 anni

19%Pescara18-29 anni

26%

frantumazione della Confartigianato di Teramo?“Mi rifi uto persino di pensarlo, ma l’operazio-ne Di Marzio va portata avanti fi no in fondo, con coerenza, nell’interesse dalla nostra glorio-sa associazione e della nostra categoria vicina per tradizione alla Confartigianato. Altrimen-ti, a bocce ferme, si perderebbe ogni residua credibilità, a ulteriore vantaggio di altre asso-ciazioni e organizzazioni nostre concorrenti. L’impegno di tutti, a cominciare dai massimi organi centrali, è quello di tutelare legalità e ‘risanamento ambientale’. Visto che si tratta in sostanza di prendere le distanze di sicurezza da un personaggio che, oltre a creare divisioni e a rendersi responsabile di una gestione per-sonalistica e illegale, alla fi ne ha sferrato attac-chi violenti e persino lesivi contro tutti, avendo la tracotanza di trasformarsi da accusato di varie irregolarità in accusatore. Tutto questo dovrà essere una ragione ulteriore, da parte dei competenti organi della Confartigianato e non solo, per sradicare dal nostro ambiente un personaggio che, oltre a combinare disastri in ambito locale, butta fango persino sui mag-giori organi che ci rappresentano. Impossibile subire e non reagire. Vorrebbe dire accettare e tollerare chi minaccia, alza la voce e butta discredito. Mentre dobbiamo essere tutti decisi a batterci fi no in fondo, in difesa del prestigio e del buon nome della Confartigianato, davan-ti agli occhi dei soci e dell’opinione pubblica in generale. La ‘linea Di Marzio’ dei pugni sul tavolo non è e non sarà vincente, nel nome e a vantaggio di quanti (cioè la maggioranza) si battono per il recupero dei vecchi sacri princi-pi di trasparenza e legalità. Che, per quanto ci riguarda, sono fondamentali per riprendere il cammino, recuperando centinaia e migliaia di soci che ci hanno lasciati o che sono in fi nestra ad assistere ad uno spettacolo davvero poco edifi cante”.Quindi, quali saranno i prossimi pas-saggi?

“Il Commissario dr.Giampiero Omati farà il suo lavoro fi no in fondo, mentre da parte no-stra abbiamo già promosso una riunione con una rappresentanza di 29 artigiani per costi-tuire una nuova associazione. Ma sia chiaro, senza ombre e compromessi, recuperando per intero il patrimonio sociale della nostra vecchia associazione, senza cedimenti verso chi male ha operato e rompendo in maniera irreversi-bile con il recente passato. Il nostro progetto andrà comunque avanti e resterà lontanissimo dai vecchi logori giochetti di poltrone e piccoli grandi interessi. Proprio per essere fedeli e co-erenti con l’appello che torniamo a ribadire, che è quello di portare avanti, fi no in fondo, il processo di pulizia e legalità della nostra vec-chia Associazione di Teramo. Senza se e senza ma, con verità e giustizia. Confermiamo che questa sarà la nostra azione anche per il fu-turo. Con riserva di presentare prossimamente all’assemblea dei soci e, ove necessario, alla competente autorità giudiziaria, il dossier già pronto sui conti della Cooperativa di garanzia città di Teramo. Andremo avanti con determi-nazione, contando ancora sul sostegno della Confartigianato, ma comunque non ci ferme-remo. Forti soprattutto del consenso e della unità d’intenti dei numerosi colleghi artigiani nostri solidali compagni di strada”.

Aver commissariato ed espulso “il tiranno”, bene, ma che tutto non finisca qui...

Page 9: PrimaPagina giu. 2012

9PrimaPagina 26 giu. 2012

econdo i dati Istat riferiti al periodo 2004-2011, la provincia di Teramo è, in Abruzzo, quella con il più basso tasso di disoccupazione, considerata la fascia di età che

va dai 15 ai 74 anni. I 4 Centri per l’Impiego, del nostro territorio, hanno tuttavia registrato negli ultimi anni un aumento di iscritti. Aumento che si spiega, secondo l’assessore Provinciale alla Formazione e alle politiche del Lavoro, Eva Guardiani, oltre che con la diffi cile situazione economica, che costringe le famiglie a cercare di incrementare le entrate con l’occupazione di entrambi i coniugi, anche con un minore ricorso alle agenzie di lavoro interinale e quindi maggior fi ducia nei servizi dei Centri per l’Impiego. “Tra gli inoccupati, inoltre, fi gurano anche quelle persone che pur avendo un impiego non raggiungono i requisiti minimi previsti per lo status di occupato – spiega l’assessore -. La percentuale di disoccupazione è dell’ 8.1%, e sono naturalmente cambiate le tipologie di contratto applicate: nel 2010 i contratti a tempo pieno e indeterminato riguardavano circa 5000 dipendenti, mentre oggi sono molti meno. I contratti più frequenti sono a tempo determinato, part-time e intermittenti. Questi ultimi anche detti ‘a chiamata’ sono triplicati, da 1200 a 3200. Questo naturalmente signifi ca aumento della precarietà”.Quali sono le fasce di età maggiormente censite dai Centri? “La fascia di età attualmente più presente, - spiega l’assessore, illustrando i dati - oltre ai giovani è quella che va dai 35 ai 55 anni, persone che avevano un’occupazione dipendente e che l’hanno persa, oppure che avevano una propria attività indipendente, che oggi non hanno più, e quindi cercano una

ricollocazione. E qui interviene il patto per le politiche attive, che prevede, per queste fi gure percorsi di riqualifi cazione e ricollocazione, perché riguardano soprattutto lavoratori ancora lontani dalla pensione, ma diffi cilmente ricollocabili perché con poche tipologie di competenze, avendo svolto magari sempre la stessa mansione, o perché ex imprenditori di stessi, con un tipo di competenze limitate al loro settore”.Che titoli di studio ha, prevalentemente, chi cerca lavoro attraverso i Centri o le Agenzie?“I titolo di studio vedono un’altissima percentuale di diplomati tra le fasce dei più giovani, contro una bassa scolarizzazione tra i 40/50enni”.Qual è il settore che offre maggiori opportunità di lavoro?Il settore che offre maggiori richieste di lavoro – continua l’assessore - riguarda le fi gure specialistiche, tornitori, saldatori, geometra di cantiere, fi gura non facilmente reperibile, ma richiesta, così come nell’agroalimentare e tra i panifi catori, per i quali a breve partirà proprio un corso, su questa fi gura professionale richiestissima, ma praticamente introvabile.C’è qualcuno che rifi uta dopo essersi rivolto ai centri?Tanti di quelli che si rivolgono ai Centri per l’Impiego esordiscono dicendo: “Ho bisogno di lavorare mi accontento di tutto”, ma quando poi si trovano di fronte ad offerte sacrifi canti, lavoro notturno o festivi, prevale la scelta dell’esigenza familiare. Atteggiamento prevalentemente riferito ai giovani che prima di ‘arrendersi’ preferiscono continuare la ricerca di un lavoro meno fi sicamente impegnativo, mentre le persone mature (oltre i 40) – conclude Eva Guardiani -sono più disposte ad accettare anche lavori sacrifi canti, dal punto di vista fi sico e familiare.C

RIS

IIL

LAV

ORO

C’È

MA

…N

on L

o Ve

don

o

di Mira Carpineta

Page 10: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201210

un vero e proprio bollettino di guerra il numero di suicidi impu-tabili in qualche maniera alla crisi economica. Trentacinque solo nei primi quattro mesi dell’’anno. Si parla spesso di imprenditori

strozzati dal cappio invisibile delle lungag-gini burocratiche che ritardano i pagamen-ti dovuti alle aziende dallo Stato anche di due anni. Ma il fenomeno coinvolge tutte le fasce sociali e anagrafi che: disoccupati, pensionati, artigiani, operai, giovani laureati delusi da una società che non dà speranze. È un fenomeno che fa paura. Viene sponta-neo chiedersi come sia possibile che una persona dalla vita apparentemente norma-le decida di punto in bianco, anche se per gravi motivi, di farla fi nita. Possibile che non ci sia un segnale a indicare la presenza di questo cancro interno che lacera le anime e le menti di queste persone? «In realtà, si tratta sempre di soggetti con una fragilità latente – spiega Carla Pompi-lii, psicoterapeuta integrata ad approccio fenomenologico-esistenziale –, una fragi-lità che viene alla luce in particolari mo-menti diffi cili e traumatici. Il fallimento di un’azienda ad esempio, è una sorta di ter-remoto che porta a galla tutta una serie di ansie e timori sentiti come ingestibili da parte del soggetto. Un alto tasso di stress, il senso di responsabilità, l’incapacità di far fronte ai propri doveri, sia nei confronti dei propri dipendenti ma anche della famiglia, sono tutti elementi che possono schiaccia-re un individuo già di per sé fragile». Un modo per arginare questo fenomeno è sicuramente il dialogo: «è importante – continua l’esperta – che chiunque si trovi in diffi coltà ne parli con i propri familiari o con un medico, che non si tenga tutto dentro per paura o per vergogna. Fonda-mentale inoltre è la famiglia che dovrebbe saper cogliere certi segnali; chi ripete da

tempo che la vita non vale più la pena di essere vissuta, mostra agitazione, un’inson-nia persistente, trascura il proprio aspetto fi sico e l’alimentazione, vende beni e cose che gli sono care come se facesse una sor-ta di testamento, è soggetto a repentini e immotivati cambi d’umore – tutti campa-nelli d’allarme – è probabile che soffra di un disagio grave».Questo quanto può fare la famiglia; e lo Stato invece? Le istituzioni fanno abba-stanza? La dottoressa è molto critica a riguardo. «Le istituzioni e la sanità sottova-lutano il problema, manca un qualsiasi tipo di aiuto, un incoraggiamento o un qual-sivoglia messaggio di speranza. Si insiste molto sull’importanza di una politica au-stera, sul rigore, senza offrire prospettive di speranza e miglioramento. Storicamente tutte le crisi economiche più importanti sono coincise con un aumento del tasso di suicidi, di malattie mentali, di dipendenza da droghe e alcol, per questo è fondamen-tale offrire un sostegno psicologico a chi è in diffi coltà anche attraverso un poten-ziamento dei servizi di salute mentale. Mi sconcerta il silenzio del servizio sanitario nazionale. Per il momento, infatti, ci si sta muovendo solo attraverso iniziative priva-te di professionisti. È cosa recentissima un progetto promosso e ideato dal Centro In-divenire di Roma. L’iniziativa, ‘Occupiamoci dei disoccupati’, è rivolta a tutti coloro che hanno perso un lavoro o non riescono a trovarne uno e si propone di offrire un sostegno psicologico gratuito da parte di professionisti specializzati che decidono di aderire liberamente. È un messaggio di speranza importante, fondamentale direi, perché, limitarsi a pre-sentare in modo sensazionalistico le no-tizie di suicidi da crisi economica, induce solo ad altri suicidi innescando un perico-loso effetto domino».

La crisi uccideSi può arginare il fenomeno?Risponde lo psicoterapeuta

di Coralba Capuani

n Italia c’è un fi ume immenso che si ingrossa ogni anno sempre più. E’ il grande corso d’acqua delle imposte, tasse, addizionali, accise eccetera che i cittadini italiani pagano a Stato, Re-gioni, Province, Comuni, enti vari di

dubbia utilità. E’ il caso di porre sul piatto alcune considerazioni.Dal 2012 è stata ripristinata la tassa sulla prima casa. I nostri governanti sono fan-tasiosi ed al posto dell’Ici l’hanno chia-mata Imu. In realtà, sarebbe stato meglio chiamarla Isp ( imposta sacrifi ci persone). Dopo aver acceso un mutuo che fi niranno di pagare le generazioni future, con la spa-da di Damocle dell’istituto di credito che ti chiede di ‘rientrare’ anche se si va sotto di due euro, lo Stato punisce fortemente le persone che hanno un tetto sopra la testa! La paghi allora il vero proprietario di casa: la banca. Anni fa fu introdotta una estrazio-ne in più del lotto –il martedì- a settimana i cui proventi sarebbero serviti per le belle arti e la cultura. Poi ne è stata inserita una terza -il giovedì.

GRANDE FIUME SENZA MARE

di Rocco Di Nino

Cresce il numero di suicidi in ItaliaÈ possibile riconoscere i segnali del disagio?

Page 11: PrimaPagina giu. 2012

11PrimaPagina 26 giu. 2012

Questi denari, però, sono davvero serviti a poco, visto che sia nel terremoto aquilano che in quello dell’Emilia, tali fondi per il ri-pristino di chiese e musei non si sono visti. Inoltre le vincite fi no al 31 dicembre del 2011 erano tassate alla fonte; dal 2012, ol-tre a questa, c’è un ulteriore prelievo del 6%.Paghiamo le imposte, come l’IVva, sulle tasse (addizionali). La Regione Abruzzo è una di quelle con la maggiore potenza impositiva: per una vet-tura da 100KW l’anno scorso si pagavano € 280 di bollo, quest’anno più di €310.Non parliamo poi della ‘quota fi ssa’ nazio-nale da €10 inserita per le prestazioni sani-tarie e per il ticket sulle ricette. A volte tali tributi superano di gran lunga il costo della prestazione o del farmaco.Il presidente della Regione Abruzzo ha dichiarato di non avere introdotto nuove tasse. L’aumento del bollo regionale cos’è, un nuovo amaro con indicazione geogra-fi ca tipica? Una parte di questo immenso fi ume di vessazioni dovrebbe sfociare in un immenso mare di servizi per i cittadini: tra-

sporti, infrastrutture, una sanità all’inglese certa e gratuita per tutti. Invece no. Que-sto è un autentico mar morto; è proprio vero che ultimamente le cose vanno tutte “a Monti”.

Una parte di questo immenso fiume di vessazioni dovrebbe sfociare in un immenso mare di servizi per i cittadini

con grande riconoscenza che torniamo a parlare di JAK. Dopo il primo articolo apparso qualche settimana fa c’è stato un discre-to riscontro, ma speriamo che si tratti solo di un inizio, e che

Teramo e dintorni possano diventare un punto di riferimento per il nostro proget-to. Nelle ultime settimane JAK ha ricevuto

l’attenzione di parecchie testate giornali-stiche cartacee e on-line, tra cui Vita, Mila-no Finanza, Famiglia Cristiana e altri. Siamo stati ospiti di Radio 24 il 20 maggio, alla trasmissione “Si può fare, cronache da un paese migliore”, e in occasione del Festival dell’Economia di Trento il 3 giugno. Gli in-contri organizzati dagli attivisti riscuotono sempre un sincero interesse da parte dei

JAKUna banca come la vorremmo

partecipanti, che si ritrovano catapultati in una dimensione in cui il denaro vuole es-sere uno strumento di condivisione delle risorse e non di accumulazione di ricchez-za, condotti spesso da gente comune, non necessariamente economisti, o provenienti dagli ambienti della fi nanza. Persone sem-plicemente accomunate dall’obiettivo di fondare una banca che non realizzi alcun profi tto, ma che faccia circolare le risorse tra persone e imprese sostenibili. Il pro-fessore della Bicocca Luigino Bruni ha di-chiarato: “Jak Bank è un modello di banca cooperativa, di “banca dei soci”, in cui quando un socio si trova in diffi coltà, gli altri hanno a disposizione una serie di strade per aiutarlo...e qui entra in gioco la vera forza delle relazioni.Sbaglia chi crede che le relazioni non fanno parte di un’economia di mercato, chi crede cioè che il mercato sia fondato sulla competi-zione (…) La cooperazione è la vera dimen-sione fondativa del mercato. Senza coopera-zione non c’è mercato, la competizione viene dopo.... la cooperazione è quella che crea la “torta” e la competizione è quella che ne fa le fette, premiando chi è più competitivo, effi -ciente, effi cace e così via...... La base, dunque, sta nella cooperazione, non nella competizio-ne: sta nei comportamenti virtuosi, nel rispetto delle regole, nella correttezza, in tutto quello cioè che è indispensabile..... perché poi il mer-cato esista e funzioni...” In base agli studi condotti da economisti svedesi e tedeschi, un modello bancario che persegua e favorisca nella realtà dei fatti il benessere delle persone, il corretto uso del denaro e la cooperazione, senza tuttavia rinunciare alla competizione per la ripartizione delle risorse in eccesso (ov-vero quelle residue oltre la soddisfazione dei bisogni primari, come vitto, alloggio, educazione e qualità della vita in genere), trova la sua realizzazione in una banca sen-za interessi, o interest-free come dicono i nostri amici anglosassoni. In Svezia una banca simile esiste già, si chiama JAK Me-dlemsbank (www.jak.se) e conta 38.000 soci, in Italia abbiamo compiuto dei passi importanti ma c’è ancora parecchi strada da fare. Si tratta di un percorso che riu-sciremo a portare a termine solo attra-verso una grande partecipazione. Non c’è una tempistica certa perché, riprendendo l’intervista a Radio 24: “Le tempistiche…di-pendono dalle persone. Questo è un progetto che ha dietro delle persone, non grossi gruppi imprenditoriali, insomma i tempi dipenderan-no dai tempi di risposta e dalla quantità di persone che risponderanno e stanno rispon-dendo al nostro appello”. E allora reiteriamo questo appello: venite a conoscerci, a sco-prirci, entrate nel dibattito e partecipate alla costruzione di una banca cooperativa, equa, in cui ognuno conta uno: una banca come la vogliamo noi!

di Mattias Cocco

Page 12: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201212

l clima di disillusione e di preoccupa-zione generale investe anche la nostra provincia dove ci sono molte aziende in crisi o addirittura che hanno dovu-to cessare la loro attività licenziando numeri elevati di dipendenti. Confron-

tando i dati statistici forniti dalla Camera di Commercio di Teramo abbiamo notato che nel primo trimestre del 2012 il nu-mero di cessazione delle imprese è molto alto e si avvicina al numero complessivo dell’anno precedente. Le cause sono sicuramente da attribuire alla congiuntura economica negativa che genera disoccupazione e licenziamenti, ma gli alti costi di gestione delle attività imprenditoriali favoriscono il fenomeno della delocalizzazione che rischia, ulterior-mente, di mettere a rischio imprese e posti di lavoro. La delocalizzazione delle impre-se, che fa parte del processo di internazio-nalizzazione delle stesse, sta subendo un processo inarrestabile; molte attività sono state, infatti, trasferite, creando non pochi problemi per i dipendenti che sono rima-sti senza lavoro e senza speranze.

E’ proprio l’industria manifatturiera che sta attuando massicciamente questo cam-biamento e il teramano è una zona proli-fera di queste attività. A questo proposito abbiamo incontrato Giovanni Timoteo della Cgil, segretario provinciale della ca-tegoria lavoratori tessili, chimici, energia e pubbliche utilità e che ha guidato, con Cisl e Uil e le rappresentanze sindacali azien-dali, le trattative per salvare e salvaguarda-re la Golden Lady di Basciano.Ci può illustrare la situazione del set-tore tessile - abbigliamento nella no-stra provincia?Questo settore in passato, nel sistema indu-striale provinciale è stato di primaria impor-tanza per numero di occupati e per la quota di reddito prodotta. Anzi, i dati statistici testi-moniano che è stato il comparto trainante per il sistema economico teramano facendolo comparare, per molti anni, con i territori in-dustriali del Nord-Est. Dagli anni ’80 in poi c’è stato un fi orire di attività imprenditoriali nel settore tessile – abbigliamento, ma anche nella pelletteria. Attività in prevalenza endo-gene, integrate da molti dei principali marchi nazionali, attratti, certamente dalle risorse pubbliche disponibili, ma anche dalla duttilità e cultura del lavoro della manodopera loca-le in grado di fornire risposte effi cienti e di qualità alla domanda di produzione mani-fatturiera. Negli anni questo sistema si è svi-luppato realizzando la prima voce del PIL e dell’esportazione nel territorio e contribuendo in modo decisivo alla crescita economica del-la provincia di Teramo. Questo ha permesso buone e diffuse opportunità di occupazione soprattutto al femminile; proprio le donne hanno maggiormente benefi ciato di questo fenomeno. Purtroppo negli ultimi dieci anni questo quadro ha subito un’involuzione dram-matica con una crisi che in pochi anni ha causato la chiusura di centinaia di aziende con una perdita di almeno di 10.000 posti di lavoro. Una crisi, per questo comparto, non solo contingente ma strutturale, dovuta ad un’apertura pressoché globale a nuovi merca-

Una crisi, per questo comparto, non solo contingente ma strutturale...

Dio salvi ilmade in… Teramo

Delocalizzaione Golden Lady

di Adele Di Feliciantonio

foto: uno degli stabilimenti Golden Lady in Abruzzo

Page 13: PrimaPagina giu. 2012

13PrimaPagina 26 giu. 2012

ti di produzione in assenza totale di un siste-ma di regole di produzione che tutelassero e proteggessero il made in Italy . Così si è arriva-ti alla dequalifi cazione del valore aggiunto che il prodotto italiano portava con sé. E questo ha comportato l’avvio di massicci processi di delocalizzazione con una fortissima riduzione dell’occupazione italiana e teramana. Basti pensare che i principali attori del settore tes-sile italiano come Leglhler, Miroglio, Zucchi, la Perla, Pompea, Sixty che si erano insediate nel nostro territorio con attività gestite diretta-mente, hanno chiuso e sono andate via.Prendiamo il caso della Golden Lady che ci riguarda più da vicino. Con la crisi ha registrato una riduzione dei fatturati e per sostenere la competizione ha abbassato i costi di produzione, delocalizzan-do in Serbia (caso Omsa di Faenza e Golden Lady di Gissi) oltre a una riorganizzazione delle sedi del mantovano. L’Abruzzo è stato fortemente penalizzato da questa strategia aziendale perché ha subito la chiusura di Gissi e la riduzione delle attività a Basciano.Cosa è stato fatto per cercare di evitare o quantomeno limitare queste decisioni drasti-che?A Gissi il confronto tra sindacati, istituzioni e direzione dell’impresa ha portato a un proget-to di riconversione che appare positivo anche se un giudizio conclusivo ci è permesso solo quando tutte le fasi del progetto saranno por-tate a compimento e tutti i lavoratori saranno rioccupati. Fino ad allora tutti abbiamo l’obbli-

go di verifi care e supportare tutti i passaggi.E Basciano?Basciano rappresenta all’interno del gruppo un’esperienza produttiva e industriale quasi completa di tutte le fasi della preparazione dei prodotti basico dalla fi latura al cucitura della calza. Purtroppo, da circa tre anni la crisi, la ri-duzione dei consumi e in parte la delocalizza-zione hanno messo in diffi coltà questo stabili-mento. Abbiamo avuto un confronto continuo con l’azienda che ci ha permesso di gestire la riduzione di attività con la CIG (cassa integra-zione) prima e poi con il contratto di solidarie-tà previsto fi no al 28 febbraio del 2013. Resta, purtroppo, la decisione dell’azienda di cessare i reparti di cucitura manuale e tessitura intimo che potrebbe portare a un esubero strutturale di alcune decine di unità. Noi siamo coscienti che la gestione che abbiamo concordato con la quale gli eventuali esuberi vengono indivi-duati con i lavoratori si rendono disponibili ad essere collocati in mobilità è socialmente sostenibile, ma non possiamo nascondere un punto di amarezza perchè il territorio, anche in questo caso, si trova a perdere occupazio-ne. Per questo ci auguriamo che, di seguito al confronto instaurato con l’azienda e consi-derando l’approccio positivo che la stessa ha avuto anche nella riconversione di Gissi, di poter incontrare al tavolo teramano la stessa sensibilità e la stessa convinzione e determi-nazione operativa.Non crede che il trasferimento potreb-be considerarsi una strategia con effet-

to boomerang, considerato che in molti paesi novelli dell’UE anche il costo del lavoro aumenterà?Ho quasi dismesso questa speranza. Di fatto in questi anni lavoratrici e lavoratori italiani, ol-tre all’occupazione, hanno visto ridotto anche molto del loro potere di acquisto senza nessu-na inversione dei processi di delocalizzazione. Non credo che potrebbe accadere l’effetto boomerang. Se pur presenti nel mondo pro-cessi di rivendicazione dei lavoratori in paesi che hanno fruito della delocalizzazione, penso che questi fenomeni, per portare a risultati apprezzabili, hanno bisogno di realizzare una consapevolezza sociale e di tempi lunghi che noi non possiamo permetterci.Da sindacalista come vede il futuro dei lavoratori italiani?Crisi e outsourcing sono manifestazioni che hanno scaricato negatività sui lavoratori ita-liani e sulla capacità della nostra società di fornire nuove e diverse opportunità, rispetto al passato, per organizzare la vita delle persone. La cosa più preoccupante è che, nonostan-te questi problemi siano stati denunciati da diversi anni dal sindacato in particolare, su questo terreno non si trovano iniziative, pro-getti degne di attenzione e alle quali attribu-ite fi ducia e impegnarsi per invertire lo stato delle cose. Molto semplicemente, a mio avviso, quello che manca in primis è un laboratorio delle idee vero, concreto, ideale e oggettivo che la politica avrebbe il dovere di mettere in campo.

Page 14: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201214

a asl di Teramo e la gestione Varrassi sono arrivati al primo giro di boa. Dopo 18 mesi di incarico è iniziata la verifi ca del mandato e dei risultati ot-tenuti e la relazione della sua

attività di gestione, verifi cata e integrata dalla relazione del Comitato ristretto dei sindaci, sarà sottoposta alle conclusioni del governo regionale che entro il 31 ago-sto ne deciderà l’approvazione. Il manager aquilano, nello stilare l’atto aziendale ha indicato le linee program-matiche della futura gestione dell’ASL teramana, tenendo presenti le indicazioni fornite dalla regione. Il dottor Filippo Gianfelice, segretario re-gionale Anaoo –ASSOMED, il maggior sin-dacato dei Medici Ospedalieri, ha rilevato che: “considerata la necessità di procedere alla riorganizzazione della rete ospedaliera, con necessari tagli a strutture complesse, secondo quanto indicato dalle Linee guida commissariali, mi sembra che gli obiettivi si siano raggiunti, anche se tuttavia l’at-to aziendale è migliorabile. In alcuni pun-

ti sono state disattese le indicazioni del Piano di rientro – spiega il dottore – per esempio, la riduzione delle unità operative complesse così come indicato, comporta necessariamente la riorganizzazione della rete ospedaliera, con l’eventuale riconver-sione di alcune strutture; inoltre se occor-re stringere la cinghia, questo si faccia, ma il metodo deve essere applicato anche in ambito amministrativo. Credo giusto che il direttore generale possa scegliere di ri-spettare le eventuali esigenze territoriali e tecniche andando in deroga alle indicazioni

di riduzione. In altre ASL di questa Regio-ne ciò è stato fatto, rispettando equilibri territoriali, come nella ASL di l’Aquila dove permangono alcune specialistiche doppie, e derogando anche ad alcune limitazioni, mentre qui a Teramo no. Infatti mancano alcune unità complesse come neurop-sichiatria infantile, farmacia territoriale, fi sica sanitaria, che si sarebbero potute in-serire migliorando il quadro complessivo. Poco si parla nell’Atto Aziendale dell’inte-grazione ospedale- territorio, che rappre-senta la seconda colonna della riorganiz-zazione della rete ospedaliera: se manca la interconnessione con distretti e strutture territoriali l’intero impianto salta.”. Per quanto riguarda invece la convezione con l’Università dell’Aquila, il dottor Gianfelice spiega che “ nel maggio dello scorso anno, con uno sforzo non indifferente, abbiamo integrato la convenzione esistente con l’università de L’Aquila: in quel momento la necessità di salvaguardare un territo-rio quale quello della Val Vibrata insieme alle diffi coltà reali di assumere persona-le hanno condotto a queste scelte che

GIRO DI BOACON CRITICHE

di Mira Carpineta

se occorre stringere la cinghia, questo si faccia, ma il metodo deve essere applicato anche in ambito amministrativo...

foto: il dirigente VarrassiSanità teramana

Page 15: PrimaPagina giu. 2012

15PrimaPagina 26 giu. 2012

Ospedale di Giulianova

LA VOCERUGGITOdel sindaco Mastromauro

di Cristiane Marà

tagli ai reparti e ai servizi nell’ospedale di Giulianova (Comune che ha supera-to i 23.500 abitanti nel 2010) hanno pe-nalizzato tutta la popolazione. Si sono formati comitati in difesa dell’ospe-dale e molteplici appelli per evitarne

la chiusura. Sull’argomento si è espres-so il sindaco, Francesco Mastromauro. Sulla situazione dell’ospedale di Giu-lianova, e le polemiche sull’assenza di un reparto natalità, può spiegar-ci, se ci sono, progetti per il futuro? “Punto nascite, davvero una ferita aper-ta per Giulianova. Il reparto maternità, che nel 2006 aveva registrato 350 parti e 637 interventi chirurgici, fu chiuso nel 2008, e fu l’unico della provincia a subire

la soppressione, per le cattive performan-ce registrate. Ricordo che all’epoca quel reparto era diretto da Camillo Antelli, oggi direttore sanitario della Asl. Le po-lemiche sono legittime, perché si promet-te senza mantenere, si parla, si discute, e intanto i servizi sono tagliati o perdono di qualità. Ormai è uno stillicidio con-tinuo. Progetti per il futuro? “Io ne ho molti, ma bisogna vedere se e quando i si-gnori della Regione decideranno anche solo di esaminarli. Cominciando dal ripristino pro-prio del punto nascite sino al rafforzamento della pianta organica, oggi sottodimensionata, e alla restituzione di operatività a strutture d’eccellenza, come il centro di patologia del-la nutrizione”. L’ospedale sarà chiuso?

sono comunque temporanee e soggette a verifi ca, della commissione paritetica preposta ma questo non può essere un mezzo per trasformare un’azienda ospe-daliera in un’azienda universitaria, anche perché occorre – continua il dottore – rispettare le prospettive di carriera per il mondo ospedaliero”. Per quanto riguarda la rete nascite invece , sempre secondo Gianfelice “la riorganizzazione è data da un progetto che deve coinvolgere tutto l’Abruzzo e mettere al centro dell’atten-zione la donna, la gravidanza e il bambino., sia identifi cando i punti nascita, sia rior-ganizzando la rete pediatica e delle TIN (Terapie intensive neonatali) Tenendo conto dell’esigenza di fornire un’assisten-za sicura e di garanzia, che elimini i pro-blemi prima, durante e dopo la nascita. Quanto più è alto il numero di parti del punto nascite, tanto più è sicuro il Cen-tro per la madre e il fi glio; la donna oggi partorisce in media due volte nella sua vita. Quindi se in 30 anni di vita fertile, si dovrà recare due volte in ospedale per partorire, anche lo spostarsi un po’può garantire il massimo della sicurezza per la madre e il bambino. La situazione del Pronto Soccorso, altro punto dolente della sanità teramana, può essere affron-tata attraverso più azioni: innanzitutto ri-ducendo gli accessi (se si considera che circa il 50% sono rappresentati da codi-ci bianchi, cioè patologie curabili non in ospedale) migliorando l’effi cienza del PS stesso riorganizzando il percorso assi-stenziale (ed il progetto di una Piastra dell’emergenza ci vede perfettamente d’accordo) ed infi ne agendo con un cam-biamento culturale. Se non si attiva una corretta medicina del territorio, se non

si cambia la cultura della gente, il pronto soccorso sarà sempre in diffi coltà – sostie-ne ancora Gianfelice -Così come per le liste di attesa. A fronte di un aumentata of-ferta c’è anche un eccesso di domanda. Un recente studio di radiologi dice che il 50 % delle richieste inviate sono inappropriate e l’80% delle risposte negative. E’ necessario quindi governare la domanda. Formare chi la produce dando dei corret-ti percorsi ai medici di medicina generale. Dall’altra parte bisogna rendere più facile la risposta. La richiesta urgente deve esse-re rapidamente soddisfatta, ma il controllo o una seconda visita possono aspettare un po’ di più”.

E conclude infi ne sulla mobilità passiva dell’ASL di Teramo, di cui tanto si parla: “ è fatta soprattutto d’interventi di catarat-ta, varici e protesi d’anca: tutti interventi ,questi , di basso peso, cioè meno gravi e sono soprattutto realizzati non in Ospe-dali Pubblici, ma verso case di Cura priva-te, che spesso speculano sulla malattia dei pazienti. In altre ASL di questa regione la mobilità passiva è molto bassa, perché le case di cura l’hanno nel proprio territorio, noi purtroppo le abbiamo a pochi km dal confi ne nord della nostra regione. Sono si-curo che il nuovo sub commissario dott. Zuccatelli saprà trovare la soluzione al problema”.

Page 16: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201216

“Con una recente puntata di Ballarò la sani-tà teramana è stata messa sul banco degli accusati per le lunghe liste d’attesa e la for-te mobilità passiva, tutte cose già da tempo rese note dal sottoscritto e dal mio partito, il Pd. Le soluzioni ai tanti problemi c’erano e ci sono, ma non sono quelle miopi e pasticciate del presidente Chiodi. Per l’istituzione di un punto nascita a Giulianova non occorre in-terpellare ingegneri o architetti, ci vuole solo la volontà politica della direzione sanitaria.

Ma dubito che si voglia fare concretamente qualcosa. Prendiamo il caso del nuovo ospe-dale, cui sinceramente abbiamo creduto e per il quale ci siamo attivati sollecitamente. La Asl aveva chiesto al Comune alcune aree in nodo da poter scegliere quella giusta per il nuovo nosocomio. Ne abbiamo presentate cinque. Una volta scelta dalla Asl l’area, nel settembre 2011 abbiamo formalizzato la di-sponibilità a modifi care la sua destinazione d’uso. Al momento è tutto in alto mare. Se il nuovo ospedale non si farà, almeno si lavori su quello esistente, che ha davvero bisogno d’interventi. Se poi lo vogliono chiudere, lo si dica chiaramente. Senza prendere in giro i cittadini e chi li rappresenta nel territorio”.I cittadini sono mal informati, e ci si chie-de come mai ci sia scarsa comunicazione.“I cittadini sono poco e male informati, quanto lo sono i loro rappresentanti istituzionali. A me le comunicazioni giungono con il contagocce, costringendomi spesso a proporre osservazio-ni su questioni importanti in brevissimo tempo, quando invece sarebbe necessario averne per ben ponderare senza dover passare nottate in bianco su documenti e dati. Attualmente abbiamo una nuova TAC, ma secondo me è una rondine che non fa primavera. Per ca-rità, sono contento. Occorre ben altro. Non so dire cosa si stia pensando e muovendo nelle stanze dei bottoni. Spero, e scusatemi la battuta, che non si pensi solo alle asole”. È una questione politi-ca, economica o altro?“Non possiamo negare i problemi economi-ci. Ci sono e sono gravi. È anche vero che a volte, secondo un aforisma molto sapido, si garantiscono fatui bisogni a pochi, che non pochi e fondamentali bisogni a molti. E quando ciò avviene, è senz’altro colpa della politica. O meglio, di certa, cattiva politica”.

Come sindaco che posizione ha? “Molto critica. Tanto che, come membro del Comitato ristretto dei sindaci, ho chiesto che sia abolito, perché quest’ organismo così com’è, non serve a nulla. E’ infatti inutile riunirsi se le posizioni e le rifl essioni dei sindaci, primi rap-presentanti delle esigenze e delle interpellan-ze del territorio, sono destinate puntualmente a rimanere inascoltate dalla Asl. Mi riferisco non unicamente ma soprat-tutto all’atto aziendale, svuotato dei con-tributi che alcuni sindaci, tra i quali il sot-toscritto, hanno provato a dare. Insomma, non ci sto a riunirmi per l’aria fritta”. Che cosa dire alle madri che devo-no spostarsi fi no a Teramo o altro-ve per partorire o ai genitori che per qualunque problema devono portare i loro fi gli in altri ospedali? “Durante la terribile nevicata, erano i primi di febbraio, una donna di Roma si recò con il marito al nostro Pronto soccorso per minac-ce d’aborto. Alla risposta che non esisteva più la divisione di Ostetricia e Ginecologia, i due coniugi chiesero aiuto a una pattuglia della Guardia di Finanza per raggiungere quindi l’ospedale di Teramo. Giulianova è la sede ospedaliera più vicina al casello autostra-dale e, non dimentichiamolo, dispone della principale stazione ferroviaria della provincia. E’ proprio in situazioni di emergenza che si evidenzia l’importanza strategica della città. Eppure il nostro ospedale continua a vedere ridotti i servizi. Ed ecco quel che accade. Voglio un ospedale dotato di reparti e servizi non per campanilismo, ma per dare risposte a Giulia-nova, alle località vicine e anche a coloro che, per lavoro, per turismo o semplicemente per-ché di passaggio, si trovano in città. In questa battaglia la mia è una voce. E’ quindi necessario che per diventare ruggito alla mia si aggiungono altre voci: quelle dei po-litici responsabili, non importa di quale schie-ramento, e soprattutto quelle dei cittadini”.

foto: Il sindaco di Giulianova

Non possiamo negare i problemi economici. Ci sono e sono gravi. È anche vero che...

Page 17: PrimaPagina giu. 2012

17PrimaPagina 26 giu. 2012

Esami “dolci”Esami “dolci”E IN TEMPI BREVILe ultime tecniche di indagine radiologicaspiegate dal dr Claudio D’Archivio

a cura della salute, dalla pre-venzione alla diagnosi, passa attraverso tecniche e tecno-logie che tendono ad essere sempre meno invasive e trau-matiche per chi è costretto a

ricorrervi. Senza dubbio un esame “dolce” e non traumatico per il paziente, oltre a incentivare la prevenzione, consente di af-frontare più serenamente i disagi derivan-ti da qualsiasi malattia.Con il dr. Claudio D’Archivio, specialista in Radiodiagnostica e Scienze delle Immagini, cerchiamo di capire cosa sono e come funzionano le tecniche diagnostiche di ultima generazio-ne. “Per quanto riguarda la radiodiagnostica – esordisce il dr. D’Archivio - siamo passati dalla tecnologia semplice della radiologia degli anni ‘70 ad un incremento di metodiche dia-gnostiche esponenziale. Ecografi a, Tomografi a Computerizzata e Risonanza Magnetica, ogni metodica ha ampliato il suo raggio d’azione. Attraverso questi strumenti, oggi è possibile indagare su tutti i distretti del corpo: ence-

falo, addome, rachide, pelvi ed articolazioni. Se negli anni ‘70 si aveva a disposizione solo la possibilità di eseguire esami radiografi ci, oggi l’indagine può completarsi ed ampliarsi con diversi ed ulteriori mezzi diagnostici e, non meno importante, in tempi brevi, dato, quest’ultimo, notevole, visto che cresce sempre più l’ansia di sapere presto e con precisione cosa c’è che non va”.E’ ipotizzabile la realizzazione di un’in-dagine medica non invasiva o trauma-tizzante per il paziente? “Sicuramente il futuro va verso una diagno-stica sempre meno invasiva – prosegue il dr. D’Archivio. - Facciamo un esempio. Se in passato, dopo l’esecuzione di una radiografi a diretta dell’addome era necessario sottoporsi ad una pneumo-peritoneografi a come esame di II livello, eseguita mediante introduzione di un ago ed inoculazione di mezzo di contra-sto, quale l’aria, oggi, l’approccio alla patologia addominale è diventato molto più semplice, economico e non invasivo; infatti con l’intro-duzione dell’esame ecografi co dell’addome

Sicuramente il futuro va verso una diagnostica sempre meno invasiva...

Page 18: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201218

si ha la possibilità di ottenere maggiori in-formazioni e possibilità diagnostiche già con un solo esame. Lo stesso discorso lo si può fare per l’angiografi a, per la quale fi no a poco tempo fa era necessario un ricovero di breve durata per tenere il paziente sotto controllo e poter intervenire prontamente qualora la puntura femorale evolvesse in ematomi o al-tre complicanze. Oggi si può aggirare questo tipo di ostacolo intervenendo con una puntura dell’arteria radiale, che riduce notevolmente il rischio di ematomi o altre complicanze, per-mettendo al paziente di sottoporsi a questo esame in regime di day-hospital”.Le radiazioni tuttavia possono compor-tare dei rischi. Come e quali sono inve-ce le tipologie di indagine a scansione?“E’ vero, le radiazioni ionizzanti possono com-portare dei rischi biologici – spiega il dottore -, ma le metodiche di ultima generazione, che sfruttano questo principio, erogano dosi sem-pre più basse, tanto che alcuni esami TC ven-gono impiegati nei progetti di screening, come, ad esempio, la colonscopia virtuale. Questo esame, infatti, è stato designato dall’American Cancer Society una delle migliori metodiche di screening per la diagnosi del tumore del colon-retto. Un altro esempio di screening mediante esame TC è quello per lo studio del parenchi-ma polmonare. A tal proposito, infatti, l’Istituto Europeo Oncologico (IEO) di Milano, diretto dal Professore Umberto Veronesi, ha avviato il progetto “Cosmos 2” per lo screening del tu-more polmonare su una popolazione a rischio. La diagnostica per immagini utilizzata nello screening è proprio una TC Low Dose e, oltre

all’ospedale Mazzini di Teramo anche il centro diagnostico D’Archivio di Giulianova è inserito nel progetto di screening per la provincia di Teramo. Le metodiche a scansione sono, oltre alla To-mografi a Computerizzata, l’ecografi a e la ri-sonanza magnetica che utilizzano, rispettiva-mente, il principio degli ultrasuoni e delle onde elettromagnetiche le quali, ad oggi, si ritiene non comportino alcun rischio per il paziente. Tra le indagini a scansione si può, infi ne, citare la mammografi a 3D ad alta defi nizione, co-siddetta “tomosintesi”, un concetto innovativo di indagine mammaria. Si tratta di una mam-mografi a tridimensionale che consiste in 15 scatti della durata di 4 secondi circa acquisiti da diverse angolazioni, che permettono di stu-diare la mammella a strati, scomponendola in tante sezioni. La successiva sovrapposizione di queste imma-gini permette la ricostruzione della mammella nella sua completezza. Tutto questo si traduce in un grande vantaggio per i seni diffi cili da leggere, come quelli densi, che possono essere analizzati più in dettaglio e con maggiore sen-sibilità. Questa nuova tecnica permette una diagnosi ancora più precoce mediante l’indivi-duazione di lesioni molto piccole migliorando e semplifi cando il lavoro del radiologo”.Che differenza c’è tra le diagnostiche TC o RM?“Tendenzialmente possono arrivare entrambe alla stessa diagnosi, ma con principi diversi. Il limite consiste solo sulla presenza delle radia-zioni ionizzanti. Le onde elettromagnetiche, utilizzate nella risonanza magnetica, sem-

brano dimostrare a tutt’oggi un’assenza di tossicità, mentre le radiazioni ionizzanti, per quanto minime, emesse dalla TC, possono essere non indicate sulle persone giovani o donne in età fertile. Per lo studio dell’addome è preferibile la TC alla RM, ma nell’encefalo, nello studio del midollo e delle articolazioni è indiscutibilmente più utile la RM; mentre il torace, ed in particolar modo lo studio del polmone, è appannaggio della TC. La sanità e la diagnostica, pubblica o privata, preventiva o contingente- conclude il dr D’Archivio - rap-presentano una parte importante nell’econo-mia e nel sociale. Diagnostiche accurate e poco invasive consen-tono sicuramente una maggiore adesione alla prevenzione e di conseguenza un risparmio sulla spesa sanitaria”. M.C.

Questa nuova tecnica permette una diagnosi ancora più precoce mediante l’individuazione di lesioni molto piccole...

Page 19: PrimaPagina giu. 2012

19PrimaPagina 26 giu. 2012

anuel Anelli ha vent’anni, un impegno importante e una testa piena di sogni, speranze e aspettative. E’ consigliere comunale a Montesilvano per

il Movimento 5 stelle. Gli chiediamo delucidazioni sul gruppo (non partito) a cui appartiene. Dopo le incoraggianti vittorie alle elezioni amministrative di maggio, il Movimento ha continuato a crescere e a riscuotere successi. E’ presente nelle quattro province abruzzesi e si sta ramifi cando per coprire anche i paesi e le piccole città. A Montesilvano e a Spoltore le elezioni hanno reso possibile al Movimento di essere rappresentati al Comune, con il 4 e il 7.8 % dei voti. Quali le vittorie più signifi cative? “Sicuramente questa.Abbiamo lavorato tanto e bene, però devo dire che è stata una grandissima sorpresa, non ce l’aspettavamo. Abbiamo sofferto tanto perché fi no all’ultimo non sapevamo

se saremmo rientrati o meno ma alla fi ne ce l’abbiamo fatta. Adesso non siamo più una novità, siamo l’alternativa, e qui comincia il bello, perché saranno i fatti a parlare.” Parliamo del programma. “I punti principali sono gli stessi del Movimento. Rimane l’attenzione sulle cinque stelle: acqua, ambiente, trasporti, sviluppo ed energia. Poi ogni Comune ha una realtà a parte e delle problematiche specifi che, ed è a queste che l’attività del Movimento si plasma. In generale, ci battiamo affi nché i cittadini si sentano davvero rappresentati, poiché la classe politica, di destra e di sinistra, non lo fa più.” Progetti? “Ci auguriamo di crescere, espandendoci sempre di più sul territorio e ovviamente di riscuotere sempre maggior consenso dalla popolazione.” A tale scopo è stato aperto un forum sul sito del Movimento e sono state indette delle riunioni regionali aperte a tutti, nelle quali chiunque, democraticamente, può partecipare.

Ramificazioni abruzzesiMovimento 5 Stelle

di Jessica Pavone

econdo Oscar Giannino, pre-stigiosa fi rma de Il Sole 24 ore, “mezza Italia è senza casa politica” e si chiede, anche in modo veemente se sia o no il momento “di tirar su le ma-

niche e ricostruire dal basso un punto di riferimento per l’azione civile e politica coerente a quelle posizioni liberali, perso-naliste, sussidiariste, a difesa del diritto naturale contro la prevaricazione del co-stante abuso di diritto positivo, che oggi visibilmente manca”. Abbiamo girato la domanda a Berardo Rabbuffo, espressione abruzzese del Fli, per capire se i fi niani te-ramani abbiano intenzione o meno di “oc-cupare” questa casa, e con quali proposte, in un momento storico- politico incerto per i partiti maggiori, crisi delle coalizioni e del bipolarismo e l’avanzata di movimenti populisti, come i grillini del Movimento 5

stelle, che hanno spopolato nelle recenti elezioni amministrative. “Che ci sia, in tut-ta la politica, una mancanza di punti di rife-rimento è sotto gli occhi di tutti- esordisce il consigliere-. La crisi ha messo a nudo tutto ciò che non è più sostenibile, a cominciare da atteggiamenti anacronistici di feudalesimo e vassallaggio, di gruppi politici che dispensan-do privilegi tengono i cittadini in condizioni di sudditanza. La politica deve tornare ad essere servizio, riscoprire e rispettare il cittadino e non considerarlo un elettore-consumatore a cui elargire regalie in prossimità delle elezio-ni”. Politica di servizio, come si pratica secondo lei? “Intanto bisogna ribadire che il cittadino a fronte di diritti è anche depositario di doveri. Per non essere sudditi bisogna essere consapevoli di avere anche delle responsabili-tà – spiega Rabbuffo –, soprattutto quando si delega la propria rappresentatività, scegliendo persone dotate di buon senso, non ‘campioni

di incassi’ politici. La politica deve essere rifor-matrice, cambiare atteggiamenti e di conse-guenza modo di operare. Cambiare cultura. Snellire le leggi, attuare riforme liberali, il pri-mo a fare queste critiche è stato proprio Fini. Oggi si parla solo di tagli, ma fi ni a se stessi, lineari, non giovano a niente e lo spread non cala. Aumentano le tasse, ma aumenta anche la spesa pubblica. A Teramo la situazione rispecchia quella nazionale. Dalla questione dei rifi uti alla sanità, abbiamo ancora qualcuno che ci fru-ga nelle tasche… “Nonostante gli slogan, infatti, sono sempre i cittadini a sobbarcarsi gli oneri più pesanti – insiste il consigliere –, ma oggi deve esigere comportamenti chiari da parte degli amministratori. A Teramo la Tia raccoglieva 6 milioni di euro, oggi è a 12 milio-ni. La raccolta differenziata ha fatto lievitare i costi anziché abbatterli. Ogni Comune sceglie come trattare i rifi uti, come se non ci fosse un metodo unico applicabile in tutto il terri-torio italiano. I progetti iniziati nel 2004 sono tuttora bloccati. I cittadini devono imparare a pretendere di sapere in che modo vengono spesi i soldi pubblici, pretendere gare e bandi, non subire semplicemente decisioni che spes-so volgono a favore di aziende monopoliste del settore”. E poi vigilare sugli sprechi? “Certo. In tempi di vacche grasse sono stati allestiti e fi nanziati diversi cantieri, come ad esempio i due autoporti di Roseto e Castellal-to. Due strutture abbastanza vicine e rimaste incompiute e inutilizzate e con forti diffi coltà a poter essere riconvertite. Senza i necessari supporti per l’utilizzo rimangono delle cat-tedrali nel deserto. E per quanto riguarda la sanità è anche peggio – aggiunge Rabbuffo –. Si fa il megaparcheggio a pagamento e si chiudono i reparti. Funzionari pubblici super pagati per non decidere. In un momento in cui le famiglie contano i centesimi per vive-re. Per questo capisco la gente scandalizzata, ma chi critica e poi non va a votare non lo giustifi co”. Oggi però votare sembra una decisione alquanto diffi cile. Esiste an-cora il bipolarismo? E soprattutto esiste una politica onesta, di vocazione e non di professione? “Il bipolarismo è un meto-do, non un valore da difendere. Bisognerebbe uscire da queste secche. Può funzionare con i collegi uninominali in cui non contano tanto i partiti quanto gli individui - conclude l’espo-nente del Fli -. Di fi gure politiche negative ce ne sono tante, ma ce ne sono anche tanti che lavorano sodo. È un’attività pesante, ma non deve essere un lavoro. Per fortuna c’è ancora qualcuno che ci crede, che ha le mani puli-te, e nonostante la disillusione, vuole ancora fare. Se fatto bene è il volontariato più alto e nobile che ci possa essere. Futuro e libertà è nato proprio come alternativa, perché è il vero centro destra, non ideologizzato, europeo, laico ma non laicista, moderato e pronto ad andare verso i cambiamenti necessari che ci attendono”.

LA CRISI IN CASA FLIIntervista a Berardo Rabbuffo,consigliere regionale del partito di Fini

di Mira Carpineta

Page 20: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201220

ospedale di Teramo è im-merso nel verde; non c’è che dire, se non fosse che lì dentro la gente soffre per davvero, sarebbe un magni-fi co posto. Come ben si sa,

con squilli di tromba e col solito ritardo, è in funzione da qualche tempo il parcheggio a pagamento del nosocomio.Fermo restando che rispetto ad altri sta-zionamenti simili-vedi quello di San Be-nedetto- occorre attualmente una bella passeggiatina per giungere all’ingresso dell’ospedale, resta il fatto che da quando tale spazio sia stato aperto, di colpo sono state scoperte “esigenze di sicurezza” che giacevano addormentate da quarant’anni. Sono così quasi scomparsi i parcheggi gra-tuiti di fronte all’ex sanatorio – al momento di andare in stampa la stradina stretta che costeggia il complesso è stata riaperta per metà, sicché è divenuta un vicolo cieco e gli automobilisti una volta imboccata tale via per riuscire devono per forza fare un breve pez-zo contromano! - nonché gli stalli di fronte all’ospedale “nuovo”. Proprio adesso i lavori all’ex sanatorio, proprio ora tanti birilli in terra per non far né fermare né sostare le auto neanche in zona sud, quella che ‘riesce’ vicino alle ca-mere mortuarie.E’ però giusto aver fatto un parcheggio apposito per chi all’ospedale ci lavora, sic-ché parte della già citata zona sud e quella sita vicino l’eliporto sono state “sbarrate” e l’accesso è consentito solo al personale autorizzato. E’ tuttavia notizia di questi giorni che l’ospedale si starebbe dis-attrezzando, onde consentire il pagamento del parcheg-gio anche a chi nel nosocomio ci lavora; detto in altri termini anche i medici do-vrebbero trovare posto a pagamento. Immaginate un chirurgo che venga chia-mato urgentemente per un’operazione: prima deve andare al parcheggio, fare la fi la dietro simpatici anziani che non hanno dimestichezza col posto, poi entrare, ricer-care uno stallo - a proposito: si noti come non sempre i due-trecento “posti disponibili” segnalati dal led luminoso in ingresso corri-

spondano poi al vero una volta entrati!- fare una piccola camminata e poi entrare in sala operatoria.Come se non bastassero i continui aumen-ti, il cittadino viene ancora di più spremu-to proprio in quei posti dove dovrebbero esserci parcheggi a iosa, larghi e facilmente accessibili.La Polizia locale ha avuto un improvviso quanto temuto risveglio, e miete multe a pacchi dove sicuramente la legge vieta di parcheggiare, ma proprio lì dove prima dell’apertura del parcheggio a pagamento si chiudevano entrambi gli occhi. Strane coincidenze.

a tela di Penelope potrebbe terminare, ma non di certo a breve.Lo svincolo della Gammarana del Lotto Zero dovrebbe for-se realizzarsi, ma non prima di

un anno o due. Il Comune di Teramo ha infatti annunciato che tale opera dovrà tornare agli albori, al progetto originario. Dopo la continua querelle con i residenti ed i dissidi non risolti dal Tar, che non nega una sospensiva a nessuno, si rifarà tutto daccapo.Il daccapo non sta per “ricominciare i lavori”m ma per ripartire da…zero.Si ri-comincerà con gli espropri, poi al ri-progetto, poi ritorneranno- forse – le ru-spe ed i macchinari che servono per far sì che questo svincolo fi nalmente serva quei cinquemila abitanti teramani di fatto esclu-si dal Lotto Zero.Entro fi ne anno si deve infatti concludere

l’iter, altrimenti scompariranno i fi nanzia-menti europei che l’Italia ha storicamente dimostrato di non gradire. Certo, il tempo c’è ed in abbondanza, ma quando si tratta di programmi pubblici…L’assessore alla Progettazione Strategica Giacomo Agostinelli ha commentato con amarezza questo ‘ritorno al futuro’: “Mi auguro che ci sia un maggiore senso di re-sponsabilità, che si guardi all’interesse ge-nerale, più che a quello particolare, anche se l’uno non esclude l’altro. E’ chiaro che l’area diventerà più appetibile, oltre al fatto che i lavori daranno respiro e occupazione alle imprese locali. Parliamo di uno svin-colo determinante per l’intero territorio”.“Al momento” ha aggiunto Agostinelli “il costo dell’opera si aggira attorno al milio-ne e 400mila euro, compresi gli indennizzi alle imprese per il lungo stop”. A questo probabilmente il Tar non aveva pensato.

LA TELA DI PENELOPELotto Zero

di Ivan Di Nino

Parcheggio sicuro…per chi?

Ospedale di Teramo

di Ivan Di Nino

Page 21: PrimaPagina giu. 2012

21PrimaPagina 26 giu. 2012

Quando è tempo di iscrizione alle superiori, uno spot impazza su una tv regionale. Si decantano le virtù di un istituto scolastico abruzzese nel quale si offrono, nell’ordine: ampio parcheggio per gli scooter, corsi di musica ultramoderna, comodi spazi per lo sport e la ricreazione in generale. Solo in fondo, ma molto in fondo, la voce accattivante promette una non ben defi nita preparazione nelle varie materie di studio. La pubblicità televisiva torna alla memoria proprio in questi giorni nei quali giunge notizia che l’università di Teramo si colloca all’ultimo posto in Italia per numero di iscritti. Le ragioni per gli utenti, cioè gli studenti? La carenza di servizi, essenziali per giungere con soddisfazione alla laurea. Cioè: mensa diffi cile da raggiungere, segreterie lontane dalle sedi, biblioteche poco effi cienti, e aggiungiamo, senza timore di essere smentiti, la ancora troppo provinciale movida in città. Che con gli studi c’entra ben poco, ma fa tanto curriculum universitario da raccontare ai nipoti. Replica, come al solito puntuale, del preside di Scienze della Comunicazione, Luciano D’Amico: “Non possiamo certo competere con Roma. Il nostro modello di ateneo deve puntare alla qualità della didattica. Non è importante essere ultimi per iscritti, importante che l’ateneo non sia ultimo per la qualità dell’insegnamento”. Ma questo, caro professore, è un optional per la maggior parte dei “trastullatori da corridoio”. Non se n’è accorto?

Le parole vanno e vengono, si dimenticano e tornano alla memoria, volano nell’aria e si afferrano maldestramente. Si accorciano e si allungano, seguendo la moda del momento. Come gli orli delle gonne. Non c’è stato periodo storico che non abbia avuto in auge le sue. Per non farla lunga, ne cito alcune. Molti lettori le ricollocheranno al punto giusto. Comincio con “autarchia”, seguita da “ricostruzione”, e poi “boom”, “austerity”, “perestroika”, “tangentopoli”, “globalizzazione”, “crisi”. Le ultimissime: “crescita” e “servizi”. Le parole sono leggere e quasi sempre libere. Complesso renderle pesanti e ricche di contenuto. Ecco perché è più semplice declamarle. Non costa nulla.

Ti.Ma.

l rinnovato comitato di frazione, attraverso il suo presidente, Battista Tribuni, manifesta soddisfazione per i rapporti con l’amministrazione comunale, “buona e costruttiva”. Ricordano che la strada è stata asfaltata

l’anno passato, la sede del comitato, il vecchio edifi cio scolastico, è stato da poco restaurato, e anche l’illuminazione è buona. “Fondamentalmente non abbiamo lamentele –dicono –, l’unico punto su cui vorremmo ci si impegnasse è il collegamento. Villa Rupo non è lontana da Teramo, una trentina di case arroccate sopra una collina, conta un centinaio di residenti con tanti bambini. Per gli scolari che si

recano a scuola a Piano della Lenta c’è il servizio scuolabus del Comune, mentre per i più grandi che si recano a scuola a Teramo abbiamo un servizio taxi, una corsa di un piccolo autobus, solo due volte al giorno in orario scolastico. Quando la scuola è chiusa, il servizio viene sospeso per riprendere a settembre alla riapertura delle scuole”. In estate, o nelle ore pomeridiane, durante il restante periodo dell’anno, è praticamente impossibile spostarsi da questa piccola frazione, senza l’ausilio dell’auto. “Sarebbe utile – conclude il rappresentante del comitato – avere almeno una corsa autobus nelle ore pomeridiane e una la mattina, ma durante tutto l’anno”.

Villa Rupo

frazione “scollegata”

andro Santacroce, capogrup-po di Rifondazione Comuni-sta in consiglio comunale, fa sentire la propria voce contro il progetto di realizzazione di un nuovo Polo scolasti-co presso una zona di verde

pubblico nell’immediata periferia della cit-tà, ovvero nel territorio compreso tra lo stadio vecchio, il fi ume e il Lotto Zero.A che punto è la situazione, tra idee sulla carta e prospettive concrete?La situazione è che l’amministrazione ha i suoi percorsi riservati, tiene nascosta ogni notizia, e ciò che si apprende spunta fuori dai giornali. Quello che possiamo dire è che, come al solito, l’amministrazione non prende decisione dal punto di vista urbanistico, delegandole ai privati. Quali sarebbero le conseguen-ze negative dell’adozione di un nuovo Polo in quella zona?Si svuota la città. Si intaserebbe il traffi co e non si aiuterebbe il commercio del centro cittadino, perché una volta fuori casa, l’automobilista di solito va a fare la spesa al più vicino cen-tro commerciale, e non certo dentro Teramo. Le scuole “inglobate” nel nuovo Polo dovrebbero essere San Giuseppe, Sa-vini e dell’infanzia di via del Baluardo.E forse anche la S.Giorgio, ma questo non lo si dice per evitare ulteriori contestazioni.

Si procede per illazioni, a fronte di dichiara-zioni dell’assessore Romanelli e del sinda-co Brucchi, che solo un mese fa garantivo un’apertura al confronto, e parlavano della necessità di usare il territorio in modo cor-retto. Oggi invece le proteste sono diventate “strumentali” e noi “il partito del no”. Alla maggioranza non passa neanche per l’antica-mera del cervello che c’è chi possa avere idee diverse, questo è un atteggiamento infantile. Contestate solo la collocazione del Polo, il tipo di fi nanziamento col ‘project fi nancing’ o l’idea stessa di Polo?Noi siamo contro la collocazione, non il Polo in sé. Quella di adottare un Polo è una scelta diffi cile e importante al tempo stesso, che per questo necessita di una meditazione profon-da. Invece nell’amministrazione si nascondono dietro la fatiscenza delle vecchie scuole per evitare questi passaggi. A nessuno è venuto in mente di recuperare altre strutture, ad esem-pio l’enorme e semideserto palazzo dell’Enel a viale Bovio o l’ex ospedaletto di Porta Romana?Anche a Porta Romana il traffi -co impazzirebbe, probabilmente.Ma almeno non si intaccherebbe il territorio, e quel poco di verde pubblico che abbiamo. Il problema rimane sempre lo stesso: non si programma l’urbanistica. La salvaguardia del territorio viene sbandierata, ma solo a chiac-chiere.

IL POLO contestatodi Matteo Lupi

di Daniela Palantrani

Page 22: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201222

on riconosco più Teramo, non ne ri-conosco i colori, il paesaggio, gli odori, le persone”.Walter Mazzitti, racconta la

sua visione di Teramo, da persona che l’ha cono-sciuta, amata, vissuta, e poi se ne è allontanato. “Ricordo gli anni ’70 in cui la città era gra-devole, si respirava bene, sotto tutti i punti di vista. Era una città tranquilla e aveva tutti i vantaggi di un capoluogo di provincia. C’era tutto: prefettura, esercito, sedi regionali di ban-che e sedi provinciali di servizi Enel e Telecom. Componenti che davano tono alla città. Scom-parendo, Teramo si è trasformata in una città di impiegati. Artigiani non ce ne sono più”. Abbiamo tanti laureati, nessuno sbocco sul lavoro. “La colpa è sempre della politica. Quanti mi-liardi sono stati spesi nella formazione ine-sistente a livello regionale e provinciale. Con le organizzazioni sindacali hanno gettato mi-liardi per fare formazione nell’artigianato, per formare chi? Non ci sono artigiani, perché non sono stati formati. I soldi sono stati rubati, usa-ti in maniera oscena. Quando in una città non c’è più nulla, la responsabilità è di chi gestisce. Come fa la politica a non ritenersi responsabi-le del fatto che la città non conta e non offre più nulla? Un capoluogo di provincia che ha due taxi e una stazione senza biglietteria è la dimostrazione di quello che ne è il movi-mento economico. Un turista cosa dovrebbe venire a vedere a Teramo? Fatta eccezione per la cattedrale, non sempre aperta, tutto il resto è chiuso e tenuto in condizioni pietose. Però se interroghiamo le persone ti rispondono ‘e vabbè che vuoi fare?’ Ecco perché dico che non c’è possibilità di recupero. La società or-

mai si è adeguata ed imbarbarita. Potrei dire in maniera più offensiva e, includo anche la mia persona, si è ‘incafonita’. Incombe l’igno-ranza della politica, non voglio dire interesse, ma come hanno ridotto una piazza storica come piazza Dante? Per fare un parcheggio? Piazza Garibaldi: togliere la fontana è stato un errore enorme. L’acqua rappresentava mo-vimento, vita. Spendere tutti quei soldi – con-tinua l’avvocato - per creare un obbrobrio. I politici, se interrogati su questo, direbbero che hanno dovuto impiegare i soldi, altrimenti li avrebbero dovuti restituire non avendo altro modo di spenderli. Questo è amministrare? Una volta esisteva il confronto, le persone si pronunciavano, scrivevano lettere aperte ai giornali. Sapevano che ne sarebbe seguito un dibattito. Oggi nessuno si pronuncia più, per-ché le poche persone disposte a scrivere una

lettera sanno perfettamente che ogni tentati-vo di confronto cade nel vuoto. Le persone di talento non vengono ascoltate, perché il poli-tico è consapevole di avere un basso profi lo. Si circonda di persone ancora più mediocri per emergere. Il lavoro del politico, invece, do-vrebbe essere l’esatto contrario, circondarsi di tecnici capaci e di altissimo livello che studino diverse possibilità tra cui poi, scegliere la solu-zione da attuare. In Italia, a Teramo ma anche in regione, invece, si teme il doversi mettere in discussione”. In passato la politica si faceva ‘porta a porta’.“Si, con pro e contro. Il ruolo svolto dalla Dc a Teramo, fi no a quando non è crollato il siste-ma, ha dato degli impulsi enormi. L’italiano, in generale, vuole sapere di avere un rappresen-tante politico a cui rivolgersi, e questo veniva fatto bene dai politici, che adesso non esistono più. Il nuovo sistema elettorale ha introdotto dei cambiamenti, non c’è più rapporto diretto tra elettore ed eletto. Il politico non ha interes-se a stare sul territorio, viene nominato da un

[intra]VISTO?: Walter Mazzitti

Chi èWalter MazzittiAvvocato, già vice presidente del cda della Strada dei Parchi, ha dato il via a studi e progetti per la sperimentazione e la creazione di nuovi modelli gestionali del patrimonio monumentale, Consigliere del Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare per la politica internazionale dell’acqua, Consigliere giuridico presso il Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

“Non ti riconosco più”“Non ti riconosco più”Dalla politica, all’università, dal lavoroDalla politica, all’università, dal lavoroalla gestione dell’acqua,alla gestione dell’acqua,Teramo esaminata a tutto tondo.Teramo esaminata a tutto tondo.

di Daniela Palantrani

foto: Walter Mazzitti

Senza sconti per nessuno…Senza sconti per nessuno…

Page 23: PrimaPagina giu. 2012

23PrimaPagina 26 giu. 2012

superiore e non eletto. Avanza quella catego-ria di politici che non hanno una vera cultura politica, un livello trasversale di persone che arrivano, e all’improvviso decidono di candi-darsi. Non hanno lo spessore per far crescere la città. Non hanno l’esperienza giusta, non hanno la cultura suffi ciente e soprattutto non hanno la professionalità, che è fondamentale per svolgere un ruolo politico”. Teramo esprime importanti nomine politiche, governatore della regione e parlamentari. Nonostante questo, la città sembra crollare politicamente ed economicamente.“E’ una città che si sta disgregando e la situa-zione è irrecuperabile. Il tessuto sociale prima era più elastico, si poteva entrare nelle maglie, si riusciva a ragionare. Questo tessuto ormai si è serrato e non c’è possibilità di penetrarlo. La gente non è più disposta ad accettare di cambiare, perché non vede e non sa neanche cosa c’è di meglio. Chi amministra è molto av-vantaggiato, perché di fatto non ha una oppo-sizione, la gente si è abituata a vivere secondo questo standard. Non si è in grado di mostrare un’alternativa”.Il sistema sta crollando, qualcosa si do-vrà forzatamente muovere? “Ogni tanto mi capita di parlare con qualche vecchio amico teramano, e da qui capisco che non c’è reazione. Qualche mese fa sono stato all’università, un incontro con gli studenti, ad illustrare la politica dell’acqua a livello inter-nazionale. Gli studenti mi hanno chiesto per-ché nessuno andasse a spiegare loro queste

cose, come avevo appena fatto io. Ho risposto, chiedendo cosa facessero loro in prima per-sona. Il vero problema sono i giovani. Dinanzi a quello che sta accadendo a livello europeo, gli universitari come si pongono? Ho studiato a Teramo e passavo giornate intere all’univer-sità, non solo per seguire le lezioni, ma anche per discutere sui problemi della città o della politica”. Abbiamo diverse facoltà in città, ma i ragazzi sono “immobili”, non c’è voglia di fare? “Questo dipende molto dalla qualità delle facoltà. Tra le battaglie che ho portato avanti c’era quella di impedire la nascita dell’univer-sità di Teramo, quando questa decise di stac-carsi dall’università regionale d’Annunzio di Chieti. Fu una scelta fatta esclusivamente per un interesse personalistico dell’allora on. Tancredi che decise che voleva ‘essere l’uo-mo dell’università, voleva una sua università’. All’epoca abbiamo avuto scontri durissimi – prosegue Mazzitti –, ed alla fi ne rimasi let-teralmente solo. Giovane e senza esperienza, seguendo l’istinto sostenevo che questa città non avesse nulla di specifi co per avere una università sua. In Italia i piccoli centri hanno università solo se nate storicamente con se-coli di vita alle spalle. Teramo non aveva la struttura e l’organizzazione per ricevere una università. Allora l’Università di Chieti godeva di grande prestigio. Siamo scesi da un treno in corsa per realizzare una piccola università che di fatto non è servita a nulla. E’ una delle università agli ultimi posti nelle

graduatorie nazionali. Si è voluto, però, rispon-dere ad esigenze personali di una stragrande maggioranza di professori universitari, che hanno interesse nel far proliferare le cattedre per gestire il potere ‘della cattedra’: docenti, master, corsi, assistenti”. Ha parlato di acqua. Una volta dai nostri rubinetti usciva acqua buonissi-ma… “L’acqua è ancora ottima, quando non c’è il cloro. Purtroppo c’è un grave problema di reti, nel senso che sono bucate, perché non si è fatta la manutenzione negli anni passati. Sic-come le reti passano vicino le fogne, per evita-re problemi di sicurezza viene messo, a volte abusando, il cloro. Il problema delle manuten-zioni ha radici lontane. Negli anni ‘80 – ricor-da Mazzitti - in consiglio comunale si doveva nominare il cda del Ruzzo, che era gestione diretta del Comune. Non si davano incarichi per meriti o conoscenze tecniche, ma si asse-gnavano gli incarichi. All’epoca, ad esempio, fu nominato nel cda anche il farmacista Crocetti. Con tutto il rispetto per la sua professione, cosa poteva saperne di gestione dell’acqua? Non si è mai amministrato con criterio, non si sapeva quanto costavano le tubature, i dipen-denti o la struttura. Si usava la riduzione della tariffa dell’acqua per ottenere consensi tra gli elettori in campagna elettorale. La gestione mai economica, mai di intervento e manutenzione ha portato alla situazione at-tuale. La dispersione di acqua è elevata, quasi il 45%”.

Page 24: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201224

terremoti sono lo strumento col qua-le la Terra cambia forma e si evolve, i monti s’innalzano, le valli si aprono; insomma dimostrano che il nostro pia-neta è “vivo” e in continua mutazione.Alla base della vitalità geologica della

Terra è la sua immensa energia dovuta al calore presente al suo interno, nel nucleo, nel mantello e nell’astenosfera; su quest’ul-tima galleggiano le placche della litosfera terrestre, lungo le cui zone di contatto av-vengono generalmente i terremoti, dovuti a un brusco rilascio di energia per lo spo-stamento reciproco delle masse rocciose nel sottosuolo lungo fratture dette faglie.In Italia i terremoti sono molto frequen-ti (circa 2000 l’anno) e oltre il 50% della superfi cie del Paese è ad elevato rischio sismico, proprio perché al di sotto di essa convergono due placche: quella africana e

quella euroasiatica. La placca africana spin-ge contro quella euroasiatica, provocando l’accorciamento di qualche mm/anno del-la Pianura Padana; ciò causa la sismicità dell’Emilia Romagna. Nella regione sono noti alcuni terremoti storici molto violen-ti; il più importante colpì Ferrara nel 1570; ne seguì uno sciame sismico durato circa 4 anni. Le numerose, recenti, scosse violente in Emilia dimostrano che l’energia a lungo accumulata si può liberare in terremoti che provocano morti e distruzioni. L’entità dei danni dipende, oltre che dall’idoneità strut-turale dei fabbricati, anche dal terreno: la maggiore o minore vulnerabilità sismica di un territorio è dovuta agli aspetti geologici e geomorfologici, che possono determina-re effetti locali o “di sito” quali: amplifi ca-zione del segnale sismico, cedimenti, insta-bilità dei versanti, liquefazione dei terreni.

QUELLE PLACCHE CHE SCUOTONO L’ITALIA

di Pasquale Di Marcantonio Geologo

foto: struttura sotto la crosta terrestre

Page 25: PrimaPagina giu. 2012

25PrimaPagina 26 giu. 2012

La liquefazione è uno degli effetti del terre-moto che ha colpito l’Emilia; ha interessato in particolare le aree corrispondenti ai pa-leoalvei dei fi umi Secchia, Panaro e Reno dei comuni di S. Felice sul Panaro, S. Carlo di Sant’Agostino e Bondeno. La liquefazio-ne può avvenire in terreni sabbiosi e limosi saturi, ovvero con falda acquifera superfi -ciale; quando si verifi ca un terremoto vio-lento aumenta la pressione interstiziale, diminuisce l’attrito tra i clasti e i terreni fl uidifi cano. La liquefazione può dare ori-gine ad effetti di varia natura (zampillio di

getti d’acqua e sabbia con formazione di caratteristici coni, creazione di vuoti nel sottosuolo, affondamento di edifi ci nel ter-reno, gravi danni alle infrastrutture). Pur-troppo ad oggi non esistono valide basi scientifi che per la previsione dei terremoti; nonostante ciò, prendersela con la natura non aiuta a risolvere il problema. Per mi-tigare gli effetti devastanti di questi feno-meni naturali occorrono opportune azioni di prevenzione, messa in sicurezza, infor-mazione. Queste azioni sono necessarie e

prioritarie per convivere con i terremoti e salvare vite umane. Si potrebbe obiettare che le normative in materia antisismica in Italia ci sono, ma se non vengono applicate o se la concessione di deroghe continua, il problema resta. Da geologo, lamento il fatto che troppo spesso il nostro contri-buto in materia di prevenzione dei rischi per calamità naturali (terremoti, ma anche dissesti idrogeologici) è sottovalutato e

siamo chiamati solo a disastro avvenuto. Nel campo della prevenzione del rischio sismico è ora di acquisire un concetto fon-damentale: costruire edifi ci solidi è condi-zione necessaria, ma non sempre suffi cien-te. E la foto seguente può servire a chiarire questo aspetto meglio di mille parole.

Si ringrazia per la collaborazionela geologa Roberta Russo

ivere un forte terre-moto è certamente scioccante: sentire la terra muoversi, vedere le mura ritenute solide danneggiarsi o addirittu-ra crollare è senza dub-

bio un’esperienza che si ricorda forse per tutta la vita. Nel 1980 ho visto le pareti della mia casa respirare quasi fossero quelle di un manti-ce. Nonostante io fossi già geologo, in quei pochi secondi molte cose mi sono dive-nute più chiare, come quando un miope indossa fi nalmente le lenti. Da allora le mie ricerche sono state inesorabilmente con-

centrate sulla comprensione della genera-zione dei fenomeni naturali e, soprattutto, sulle conseguenze, dirette o indirette, di questi fenomeni. Il punto cruciale è la risposta a questa do-manda: previsione dei terremoti o preven-zione dei fenomeni che questi generano? Anche se si arrivasse alla previsione del periodo di possibile innesco di un evento sismico attraverso, ad esempio, gli studi satellitari della deformazione al suolo o lo studio delle emissioni del famoso gas radon, la prevenzione resta senza dubbio l’unica arma per limitare i danni. Preven-zione che deve essere adottata per gran parte del territorio italiano estendendosi

la pericolosità sismica in quasi tutte le re-gioni, con meccanismi genetici geodinami-camente differenziati. Cosa è la “pericolosità”? E’ la probabilità che un evento naturale di una data intensi-tà (un terremoto, una frana, ma anche una valanga) avvenga in una certa zona entro un defi nito periodo di tempo. Quindi è un dato defi nito principalmente su base storico-statistiche. E’ banale dirlo, ma più passa il tempo e più, ovunque noi siamo sul nostro territorio nazionale, ci avvicinia-mo statisticamente alla probabilità che un evento sismico si verifi chi.Quindi ci dobbiamo preparare a subire prima o poi gli effetti di un sisma più o

Prevenire per limitare i dannidi Francesco Maria Guadagno

foto: (sopra) grafica del movimento della penisola italiana

(sotto) comportamento delle placche in movimento

Pasquale Di Marcantonio vive e lavora aTeramo, laureato in Scienze Geologicheall’Università degli Studi di Bolognanel 1986. Iscritto all’albo dei Geologidella Regione Abruzzo, specializzato nell’esecuzione distudi e indagini geologiche, geotecnichee geofi siche per la prevenzione e lamitigazione del rischio sismico.

Chi è

Page 26: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201226

meno forte a seconda di dove siamo. Ma quali sono gli effetti di un sisma? L’effetto più evidente è quello sulle strut-ture edilizie, sugli edifi ci. Lo scuotimento induce l’oscillazione di tutte le strutture in elevazione, come se fossero un diapason. Se la struttura non è adeguatamente con-cepita e realizzata subirà dei danni, fi no ad arrivare al collasso. E’ però da dire che l’azione dinamica del terremoto non dipende solo dalla intrin-seca energia del terremoto, ma anche da fattori locali connessi alla specifi ca situa-zione geologica, che è in grado di ampli-

fi care, anche di molte volte, l’entità dello scuotimento, proprio come un amplifi ca-tore di tipo elettronico. Ciò spiega perché in zone anche ravvicinate possano realiz-zarsi danni molto diversifi cati su strutture anche similari. Le condizioni geologiche lo-cali inducono, quindi, amplifi cazioni spesso catastrofi che, per cui solo una conoscenza dettagliata dell’immediato sottosuolo può consentire di predisporre opportune azio-ni di contro misura. Ma non solo. Le caratteristiche del ter-remoto, in termini di frequenza della oscillazione (siamo abituati a cambiare le frequenze di ricezione delle onde radio), sono diverse da terremoto a terremoto e dipendono strettamente dalle caratteristi-che del sisma e dalle condizioni locali. Importante è evitare che le caratteristiche dello scuotimento coincidano con il perio-do proprio di oscillazione delle strutture in elevazione. La risonanza spiega perché strutture di li-mitata altezza possano crollare e, invece, grattacieli altissimi rimangano intatti pur subendo lo stesso scuotimento. L’opinione comune che edifi ci alti siano più intrinsecamente vulnerabili è, quindi, da smentire. Lo scuotimento del terremoto induce an-che altri fenomeni che spesso si rilevano ancora più dannosi dello scuotimento. Par-lo di tsunami, frane, liquefazione. Se i primi due effetti sono ben chiari anche per recenti avvenimenti, quali il terremoto che ha colpito il Giappone e quello della Cina del 2008, o ancora per il richiamato

terremoto dell’Irpinia durante il quale si riattivarono decine di frane, la liquefazione è un fenomeno particolare e raro in Italia. A differenza dalle “frane sismo-indotte”, presenti nella gran parte delle aree mon-tuose e collinari italiane, infatti, solo limi-tate aree del nostro territorio presentano quelle condizioni geologiche affi nché si manifestino i fenomeni liquefattivi dei ter-reni.In particolare, il sottosuolo deve essere costituito da materiali sabbiosi immersi in falde acquifere: la naturale tendenza del materiale sabbioso a compattarsi (come quando si scuote un barattolo di zucchero o di caffè) induce lo sviluppo di sovrap-pressioni dell’acqua di falda che tende a riportarsi verso la superfi cie consentendo la formazione di particolari forme come i vulcanelli di sabbia. Se in quella zona sono presenti costruzioni, ne potranno deriva-re danni di particolare importanza perché, durante lo scuotimento, è come se le co-struzioni si reggessero su un fl uido.Sono, quindi, anche gli effetti “sismo indot-ti” a provocare danni. La prevenzione è l’unica arma per difenderci effi cacemente

dai sismi e dagli altri rischi naturali. Ma per fare prevenzione è necessario che ammi-nistratori motivati favoriscano lo sviluppo di progetti di ampio respiro, scevri dall’effi -cacia in termini elettoralistici; che cittadini “consapevoli” sollecitino azioni di messa in sicurezza del territorio nei periodi di “pace”, evitando per primi di attuare de-precabili azioni abusivistiche; che tecnici preparati possano adeguatamente proget-tare; che i ricercatori possano contribuire effi cacemente alla defi nizione di scenari di rischio. Ma qui apriamo il racconto ad un’altra storia interconnessa: se una nazione ridu-ce sempre più gli investimenti nella ricerca, e, in particolare, nella ricerca applicata ai rischi geologici, è evidente che le risposte che potranno venire dal modo dell’Univer-sità e da quello dei centri di ricerca saran-no sempre meno effi caci.Sapere quando avviene un terremoto può forse salvare la vita di molte persone, ma non riduce certamente le possibili conse-guenze catastrofi che che spesso si rivelano ancora più dannose del terremoto stesso.

La prevenzione è l’unica arma per difenderci efficacemente dai sismi e dagli altri rischi naturali ...

LA

FO

RZ

A

DE

LL

’AQ

UIL

A

Ordinario di Geologia applicata, Preside della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università degli Studi del Sannio, presidente dell’Associazione Italiana Geologia applicata, componente della Commissione Nazionale Grandi Rischi

Chi è

Page 27: PrimaPagina giu. 2012

27PrimaPagina 26 giu. 2012

n pomeriggio di festa che anticipa l’estate, una piazza piena di sole. Bambini che corrono, persone a passeg-gio in gruppi o a coppie, qualcuno già gusta gelati.

Un corteo in costume cinquecentesco sfi -la nella via principale. Musica e voci diffu-se da altoparlanti zittite all’improvviso da un maestoso scampanio che segna un’ora particolare. E’ il 2 giugno, a L’Aquila. L’Italia celebra la Repubblica, gli aquilani qualcosa di più grande. L’amore per una città che an-cora, dopo tre anni, porta i profondi segni delle ferite. L’Aquila ha subito un’oltraggio-sa aggressione, il corpo ancora segnato e deturpato da cicatrici doloranti e aperte. Eppure viva, forte. Gli edifi ci del centro, inchiodati e trattenuti da puntelli, travi e chiodi cercano di impedirne ulteriori crolli, in attesa di una ricostruzione che ancora non si vede.Cesare Ianni e Gianluca Museo, del gruppo civico “Jemo ‘nnanzi”, raccontano la storia della battaglia di Bazzano: “ Il 2 giugno del 1424 vide la vittoria, sofferta, di una città stremata, delle truppe capitanate da Anto-nuccio Camponeschi, soldato di ventura, contro l’esercito di Fortebraccio da Mon-tone. Come si legge nelle Croniche di Buc-cio di Ranallo, la vittoria segnò anche l’ini-zio dell’epoca d’oro cittadina in cui l’Aquila raggiunse il massimo del suo splendore. Cinquecento anni dopo, nel 1924, quella data venne degnamente ricordata con l’ap-posizione di una targa in pietra a capo di via delle Bone Novelle, che si chiama così perché da quella strada arrivò il nunzio ad avvisare il popolo aquilano della sconfi tta di Braccio. La targa purtroppo è stata di-strutta dal sisma e nonostante il recupero

della maggior parte dei resti non è stato possibile restaurarla, e non sarebbe co-munque potuta più tornare dov’era prima del sisma. Come cittadini e aquilani abbia-mo allora deciso di fare una copia fedele all’originale, eseguita dallo scultore Marino Di Prospero, che utilizzando le stesse tec-niche manuali usate nel 1924, ha creato un piccolo capolavoro. La targa è stata così donata alla nostra comunità che la custodi-rà in attesa di ricollocarla nella stessa sede che ospitava l’originale. Insieme ad altre associazioni, la Compagnia Rosso D’Aquila e il gruppo storico della Perdonanza Cele-stiniana abbiamo così voluto celebrare la ricorrenza, testimoniando che le sinergie tra Aquilani non sono solo auspicabili e ne-cessarie, ma possibili e concrete”. Gli uomini e le donne dell’Aquila che dal-le macerie recuperano ogni giorno, silen-ziosamente e caparbiamente le proprie radici, insegnandone i valori e i ricordi ai bambini perché non dimentichino ciò che c’era, sentono che “è doveroso contribuire alla ricostruzione e come cittadini ognuno può assumersi delle responsabilità invece di rimanere in attesa che qualcun altro decida. Comunque – incalza Cesare- il terremoto è un acceleratore di emozioni. Chi era positivo lo è diventato molto di più, perché la gente ha voglia di fare. Ha bi-sogno di poter credere e fare, anche cose semplici. Sono questi gli sproni a soppor-tare sacrifi ci, pur di coltivare la speranza per le giovani generazioni”. A distanza di tre anni si può affermare che l’emergenza è stata gestita in modo eccellente, come concordano i componenti del gruppo, e che tutti hanno avuto modo di lasciare tende e container, ma la ricostruzione è un altro capitolo ed è tutto da scrivere.

La zona centrale e storica della città è completamente disabitata e secondo Ce-sare e Gianluca “ci vuole coraggio a pas-seggiare di notte in centro”, nessun cantie-re, pochissime attività. Oggi un’altra tragedia devasta un’altra regione italiana. Gli aquilani sentono pro-fondamente questo nuovo disastro, che ha colpito l’Emilia e che temono possa impoverire un’altra porzione d’Italia, vista la scarsità di risorse economiche a dispo-sizione, ma tra i progetti del gruppo “Jemo ‘nnanzi” c’è anche un’iniziativa d’aiuto alle popolazioni emiliane.

di Mira Carpineta

foto: 2 giugno 2012 rievocazione della battaglia di Bazzano L’Aquila

foto: 2 giugno posa della targa

Page 28: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201228

Da queste parti non va troppo bene.Mi spiego meglio. Ormai da circa un mese ogni tanto ci balla la terra sotto i piedi. Casa mia fortunatamente per ora non ha avuto danni, ma le continue scosse ci fanno vivere ogni gior-no con apprensione. Vivo a circa 20 km dagli epicentri e dal 20 maggio, ogni volta che si sente un rumore strano o una piccola vibrazio-ne (soprattutto la notte) scatta “ l’allarme”. In questo momento stiamo vivendo in una calma apparente in attesa di qualcosa che, si spera, non arrivi mai. La settimana scorsa sono sta-to a Mirandola (ormai penso che tutta Italia conosca questo paese), dove tra l’altro il fratel-lo della mia compagna ha un appartamento (che comunque ha lasciato il 20 maggio per andare a vivere a casa di parenti a Carpi), che nonostante sia stato dichiarato inagibile è stato evacuato in quanto, accanto al suo con-dominio c’è il fungo dell’acquedotto dichiarato a rischio crollo. Le immagini che hanno ripor-tato le televisioni non rendono affatto l’idea. E’ stata un’esperienza terrifi cante... lo scenario è apocalittico. Sembra che il paese sia stato

bombardato. Nonostante la presenza di molta gente si può sentire un silenzio gelido dove puoi solo percepire il terrore. Mi sono venuti i brividi. Ormai in paese inevitabilmente l’uni-co argomento di conversazione è il terremoto, anche quando provi a parlare d’altro ogni con-versazione va sempre a fi nire là.Un imprenditore mi raccontava che, nono-stante il suo capannone risulti essere agibi-le, la sua attività è chiusa e sta cercando di recuperare dei container per metterci dentro

i macchinari necessari per poter riprendere il lavoro in quanto i suoi dipendenti (giusta-mente) hanno paura a lavorare all’interno del capannone.Nonostante tutto la voglia di riprendere a la-vorare (sempre con le dovute cautele) è mol-ta. Nella zona industriale di Mirandola si può vedere che nei parcheggi di molte aziende vi sono dei grossi gazebo. Là sotto sono stati tra-sferiti tutti gli uffi ci amministrativi. Si possono vedere gli impiegati che tranquillamente lavo-rano ai loro terminali sotto le tende.L’unico problema è capire quando le scosse fi niranno perché la voglia di rimboccarsi le maniche e ricominciare a vivere è tanta.A riguardo mi viene una citazione fatta da Tommy Lee Jones nel fi lm Vulcano: “Posso com-battere solo ciò che vedo” . Questa frase calza a pennello. La rabbia è proprio questa, non si può combattere un fenomeno imprevedibile ed invisibile come il terremoto e, quindi non si può nemmeno programmare un ritorno alla normalità.

S.V.

“POSSO COMBATTERE SOLO CIÒ CHE VEDO”Una voce dall’Emilia colpita dal sisma

L’unico problema è capire quando le scosse finiranno perché...

foto: L’Aquila situazione al 2012

Page 29: PrimaPagina giu. 2012

29PrimaPagina 26 giu. 2012

e previsioni “vacanziere” per la bella stagione si preannuncia-vano disastrose, e invece, con cauto ottimismo, abbiamo ap-preso che i nostri concittadini, seppur con sacrifi cio e qual-

che privazione, non vogliono rinunciare alla tanto attesa vacanza estiva. Le statistiche nazionali prevedono un calo record del 15% rispetto all’anno prece-dente, ma molti non hanno intenzione di privarsi dell’unico momento dell’anno in cui fi nalmente “si stacca la spina” dalla no-iosa e ripetitiva routine giornaliera e lon-tano dai problemi del lavoro.Sarà stato il tanto temuto calendario Maya che profetizza la fi ne del mondo a dare un incoraggiamento al “si vive una volta sola?” Ironia a parte, l’arrivo dell’estate è accom-pagnata, purtroppo, dalla crisi economica che porta con sé disoccupazione dilagante, aumento delle accise dei carburanti, la ne-onata Imu e la tristezza per il sisma che ha colpito l’Emilia. Tutto questo si ripercuote, indubbiamente, sul potere di spesa del-le famiglie italiane, ma abbiamo scoperto che ancora una volta i nostri connazionali hanno rispolverato una grande inventiva, imparando a “fare economia” anche nella villeggiatura. Le agenzie di viaggio sul nostro territorio ci hanno confermato che al momento la situazione può defi nirsi stabile e per nien-te allarmante. Non c’è stata una variazione nelle prenotazioni rispetto agli anni prece-denti, anche se i budget sono limitati e si tenta di ridurre la durata del riposo (di una settimana rispetto ai quindici giorni di un tempo). Single, coppie, ma anche inte-re famiglie preferiscono “cambiare aria” e dirigersi in posti lontani rispetto a quelli

abituali. “Non vedo l’ora di partire, fi nalmente, per riposare corpo e mente, incontrare gente nuova, ma soprattutto interagire con culture e modi di vivere diversi”, svela Lorenzo, che esausto dagli impegni lavorativi, attende con ansia e trepidazione la tanto meritata e sudata vacanza. Gettonate le offerte dei tour operator come i pacchetti all inclu-sive e ancora di più i last minute e l’ac-quisto di biglietti con compagnie low cost. L’Italia con le sue bellissime spiagge e isole sta riprendendo sempre più quota nelle prenotazioni, ma anche Spagna, Mar Rosso e crociere. “Nonostante la recente tragedia della Concordia, non hanno subito nessun ar-resto e restano la vacanza ideale per chi vuole rilassarsi soprattutto con bambini a seguito” ribadisce una tour operator della nostra città..

Fenomeno sempre più in ascesa quello della partenza per lidi lontani che ha sfata-to e messo in crisi la tradizionale abitudine nostrana della casa in affi tto al mare.Ci sono, poi, le vacanze “mordi e fuggi” …gite fuori porta con rientro serale per chi non può permettersi altro. Ci si impegna a ricorrere ad accorgimenti di ogni genere proprio per contenere le

uscite. Per questo molti dei vacanzieri giornalieri, di fronte all’aumento dei co-sti dei servizi offerti dagli stabilimenti bal-neari e dei ristoranti, rispondono con un “italianissimo” kit fai-da-te . “Andiamo al mare con ombrellone, pranzo e merenda al sacco…come si usava negli anni Sessanta” –confi da con un nostalgico, ma anche amaro sorriso Maria – e aggiunge “siamo tanti in famiglia, le entrate sono esigue e non possia-mo permetterci lussi…ma così facendo ab-biamo riscoperto un grande senso di gruppo e organizzazione nei preparativi e possiamo concederci qualche giorno di svago in più” . Da non tralasciare i numerosi pic-nic do-menicali sulle nostre splendide località di montagna dove carne alla brace inebriano di profumo invitante le splendide vallate e le escursioni a piedi e in bicicletta costitu-iscono un momento di contatto autentico con la natura e i suoi tesori. Ci si arrangia un po’ come si può, ognuno concedendosi la vacanza proporzionata alle proprie pos-sibilità, ma in rari casi a rinunciarvi. E per chi resta in città? Sicuramente non si respira più quella tristezza delle vie fan-tasma che anni addietro erano il simbolo per eccellenza della desolazione dei pochi sfortunati che vi rimanevano. Chi non vuole o non può permettersi un periodo lontano da casa non vive nessun dramma. Negozi aperti e passeggio tardo-pomeridiano, ma soprattutto una serie di iniziative ed eventi organizzati dai Comuni e dalle associazioni culturali che rendono movimentata e accogliente qualsiasi città o paese e meno triste la permanenza dei sempre più sfortunati che devono “fare i conti in tasca” con una crisi che ci sta to-gliendo tutto, ma soprattutto il sorriso e la voglia di fare.

VACANZE 2012

di Adele Di Feliciantonio

L’Italia con le sue bellissime spiagge e isole sta riprendendo sempre più quota nelle prenotazioni...

Tra crociere e fai da te

Page 30: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201230

ei giorni scorsi, presso la sede del Circolo teramano, è stato presentato il libro “L’Italia della Uno bianca - Una storia politica e di mafi a ancora tutta da raccontare”,

edito da Chiarelettere. L’autore, Giovanni Spinosa, attualmente riveste l’incarico di Presidente del Tribu-nale di Teramo. In magistratura dal 1981, ha diretto indagini diffi cili e delicate, come quelle sui sequestri di persona ad opera dell’Anonima sarda, avvenuti in Emilia Ro-magna nella seconda metà degli anni Ot-tanta. Nelle stesse vesti, e in stretta colla-borazione con lo storico Uffi cio Istruzione del Tribunale di Palermo, ha svolto le prime indagini sulle associazioni mafi ose legate ai corleonesi insediatesi a Bologna ed in Ro-magna a partire dal 1984 (in particolare su Salvatore Rizzuto, mafi oso legato a Pippo Calò). Si è inoltre occupato di diverse inchieste sulla ’ndrangheta, sulle bische - che han-no coinvolto Giacomo Riina (zio del più noto Totò) - e di quella sulla revoca della scorta a Marco Biagi, assassinato nel 2002 dalle Brigate rosse. È stato titolare, inoltre, dell’indagine sui crimini della Uno bianca, consumati in Emilia Romagna tra il 1987 e il 1994. Il suo libro racconta questa sto-ria criminale, che ha sconvolto l’Italia della fi ne della Prima Repubblic.Dietro, un’enorme beffa: i criminali dispo-sti a tutto, che usavano sempre Fiat Uno bianche rubate per le loro vili incursioni, erano agenti di polizia. Poliziotti-banditi spietati, freddi, meticolosi nella preparazio-ne dei colpi, esperti con le armi e abili nelle fughe, riuscivano a compiere le loro rapine senza mai lasciare una traccia, un’impronta, mai un testimone in grado di riconoscerli. Roberto Savi, soprannominato “il corto”, arrestato il 21 novembre 1994, cui fu at-tribuita un’intelligenza “luciferina”, era un poliziotto in servizio presso la questura di Bologna, e allo stesso tempo il capo della banda, spalleggiato dal fratello, Fabio Savi, “il lungo”, capace di ridere di fronte ai pa-renti delle vittime in un’aula di tribunale. Poi il terzo fratello, Alberto, agente di po-lizia presso il commissariato di Rimini, rite-nuto il più debole dei tre, meno risoluto e succube dei primi due. Alla banda dei Savi si aggiunsero nel tempo

di Mariangela Sansone

QU

ELL

’ ITA

LIA

DE

LLA

“U

NO

BIA

NC

A”

Il libro di Giovanni Spinosa, Presidente del Tribunale di Teramoaltri tre agenti di polizia della questura di Bologna, in momenti diversi, tutti agli or-dini di Roberto Savi quando era capo pat-tuglia alle volanti: Pietro Gugliotta, Marino Occhipinti e Luca Vallicelli. Nel gruppo non poteva certamente mancare la femme fata-le, Eva Mikula, donna appariscente di cui si innamorò Fabio Savi. Dopo gli arresti sarà proprio lei, con la sua testimonianza, ad inchiodare tutti i membri della banda, tradendo Fabio e garantendosi l’impunità. Secondo le dichiarazioni di Fabio Savi, fu soltanto la brama di denaro a spingere tutti a tradire lo Stato e le istituzioni cui avevano giurato di essere fedeli, e a giustifi -care una serie sterminata di atti di inaudita ferocia e crudeltà - 82 delitti, 23 morti e centinaia di feriti -, ma il magistrato che ha a lungo indagato su questi atroci avveni-menti si interroga ancora sulle loro reali cause e sulle complicate trame che i pro-cessi non sono riusciti a spiegare.Il testo rivela scenari ignoti, approfondi-sce e cerca di collegare i tanti elementi ancora irrisolti di questa odiosa storia. Spinosa documenta voragini investiga-tive, bugie, depistaggi orchestrati dai fratelli Savi, i cui rapporti con la crimina-lità organizzata, con la mafi a catanese e con la camorra cutoliana e casalese non sono mai stati compiutamente esplorati. Il magistrato, raccontando alcuni dei tanti momenti tragici di quella “strage a rate” di cittadini inermi, ha scandito sempre con veemenza e trasporto i nomi delle vittime, al dichiarato fi ne di sottolineare che dietro ciascuno di loro c’erano una storia per-sonale e una vita vera, recisa senza alcun motivo. L’autore tiene però soprattutto a ricorda-re la vittima principale dell’intera vicenda: la conoscenza, vero cardine su cui si regge la democrazia.

Page 31: PrimaPagina giu. 2012

31PrimaPagina 26 giu. 2012

La “Favola delle api” è un poemetto satirico composto da Mandeville nel 1705 e contiene una critica al modello di società appena avviatosi alla rivoluzione industriale.Rileggendola oggi, alcuni decenni dopo l’elaborazione e l’applicazione delle teorie keynesiane, sembra contenere spunti utili per il dibattito attualmente in corso sulle alternative modalità di rilancio dell’economia, modalità che, con molte semplificazioni ed estremizzazioni, possono essere ricondotte a due opposti modelli: il rigore, secondo cui il risanamento dei conti è necessaria premessa per l’avvio di una fase di sviluppo; il rilancio delle domande attraverso l’intervento dello Stato, ad altri attori pubblici quali la BCE, con ulteriore indebitamento. Come reagirebbe l’alveare? Luciano D’Amico(Preside della Facoltà diScienze della comunicazione-Teramo)

Page 32: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201232

n numeroso sciame di api abitava un alveare spazioso. Là, in una felice abbondanza, esse vivevano tranquille. Questi insetti, celebri per le loro leggi, non lo erano meno

per il successo delle loro armi e per il modo in cui si moltiplicavano. La loro dimora era un perfetto seminario di scienza e d’industria. Mai api vissero sotto un governo più saggio; tuttavia mai ve ne furono di più incostanti e di meno soddisfatte. Non erano né schiave infelici di una dura tirannia, né esposte ai crudeli disordini della feroce democrazia. Erano condotte da re che non potevano errare, perché il loro potere era saggiamente vincolato dalle leggi. Questi insetti, imitando ciò che si fa in città, nell’esercito e nel foro, vivevano perfettamente come gli uomini ed eseguivano, in piccolo, tutte le loro azioni. Le opere meravigliose compiute dalle loro piccole membra sfuggivano alla debole vista degli uomini; tuttavia (…) non v’è nulla di ciò che si vede presso gli uomini di cui questi operosi animali non si servissero. E siccome il loro linguaggio ci è sconosciuto, possiamo parlare di ciò che le riguarda solo impiegando le nostre impressioni. Si ritiene

generalmente che questi animali non conoscevano affatto l’uso dei bossoli né dei dadi; ma poiché avevano dei re e delle guardie, si può presumere che conoscessero qualche di gioco. Si vedono mai, infatti, degli uffi ciali e dei soldati che si astengono da divertimenti? Il fertile alveare era pieno di una moltitudine prodigiosa di abitanti, il cui grande numero contribuiva alla prosperità comune. Milioni di api erano occupate a soddisfare la vanità e le ambizioni di altre api, che erano impiegate unicamente a consumare i prodotti del lavoro delle prime. Malgrado una così grande quantità di operaie, i desideri di queste api non erano soddisfatti. Tante operaie e lavoro potevano a mala pena mantenere il lusso della metà della popolazione. Alcuni, con grandi capitali e pochi affanni, facevano dei guadagni considerevoli. Altri, invece, condannati a maneggiare la falce e la vanga, si guadagnavano la vita col sudore della fronte e consumando le loro forze nei mestieri più penosi. Altri ancora si applicavano a dei lavori misteriosi, che non richiedevano né apprendistato né sostanze, né travagli. Erano i cavalieri d’industria, i parassiti, i mezzani, i giocatori, i ladri, i falsari, i maghi, i preti, e in

generale tutti coloro che sfruttavano con pratiche losche a loro vantaggio il lavoro dei loro vicini, che non essendo essi stessi capaci d’ingannare, erano meno diffi denti. Costoro erano chiamati furfanti; ma coloro i cui traffi ci erano più rispettati, anche se in sostanza poco differenti dai primi, ricevevano un nome più onorevole. Gli artigiani di qualsiasi professione, tutti coloro che esercitavano qualche impiego o che ricoprivano qualche carica, avevano tutti qualche sorta di furfanteria che era loro propria. Erano le sottigliezze dell’arte e l’abilità di mano. Come se le api non avessero potuto distinguere il legittimo dall’illegittimo, esse avevano dei giureconsulti, occupati a mantenere le animosità e a suscitare malefi ci cavilli: questo era lo scopo della loro arte. Le leggi fornivano loro i mezzi per rovinare i loro clienti e per approfi ttare destramente dei beni in questione. Preoccupati, soltanto di ricavare degli elevati onorari, non trascuravano nulla al fi ne d’impedire che si appianassero le diffi coltà attraverso un accomodamento. Per difendere una cattiva causa, analizzavano le leggi con la stessa meticolosità con cui i ladri esaminano i palazzi e i negozi. Ciò soltanto allo scopo di

LA FAVOLA DELLE APIVIZI PRIVATI E PUBBLICHE VIRTÚdi Bernard de Mandeville (Rotterdam, 1670 – Hackney, 1733)

Page 33: PrimaPagina giu. 2012

33PrimaPagina 26 giu. 2012

scoprire il punto debole. I medici preferivano la reputazione alla scienza e le ricchezze alla guarigione dei loro malati. La maggior parte, anziché applicarsi allo studio dei princìpi della loro disciplina, cercavano di acquistarsi una pratica fi ttizia. Sguardi gravi e un’aria pensosa erano tutto quello ch’essi possedevano per darsi la reputazione di uomini dotti. Non preoccupandosi della salute dei pazienti, lavoravano soltanto per acquistarsi il favore dei farmacisti, le lodi delle levatrici e di tutti coloro che vivevano dei proventi tratti dalle nascite o dai funerali. (…). Tra il grande numero dei preti di Giove, pagati per attirare sull’alveare la benedizione del cielo, ve n’erano ben pochi che avessero eloquenza e sapere. La maggior parte erano tanto presuntuosi quanto ignoranti. Erano visibili la loro pigrizia, la loro incontinenza, la loro avarizia e la loro vanità, malgrado la cura che si prendevano per nascondere agli occhi del pubblico questi difetti. Furfanti come dei borsaioli, intemperanti come marinai. Alcuni invece erano pallidi, coperti di vestiti laceri e pregavano misticamente per guadagnarsi il pane. E mentre questi sacri schiavi morivano di fame, i fannulloni per cui essi offi ciavano, si trovavano a loro agio. Si vedevano sui loro volti la prosperità, la salute e l’abbondanza di cui godevano. I soldati che erano stati messi in fuga venivano egualmente coperti di onori, se avevano la fortuna di sfuggire all’esercito vittorioso, anche se tra essi vi fossero dei veri poltroni, che non amavano affatto le stragi. Se vi era qualche valente generale che metteva in rotta i nemici, si trovava qualche persona che, corrotta con dei regali, favoriva la loro ritirata. Vi erano pure dei guerrieri che affrontavano il pericolo comparendo sempre nei punti più esposti. Prima perdevano una gamba, quindi un braccio, infi ne, quando tutte queste mutilazioni li avevano resi non più in grado di servire, li si congedava vergognosamente a mezza paga; mentre altri, che più prudentemente non andavano mai all’attacco, ricavavano la doppia paga. I loro re erano, sotto ogni riguardo, mal serviti. I loro ministri li ingannavano. Ve n’erano invero parecchi che non tralasciavano nulla per far progredire gl’interessi della corona; ma contemporaneamente saccheggiavano impunemente il tesoro che s’industriavano ad arricchire. Essi avevano il felice talento di spendere abbondantemente, nonostante i loro stipendi fossero molto meschini. Si esagerava forse nel considerare le loro prerogative quando le si denominava le loro “malversazioni”? E anche se ci si lamentava che non si comprendeva il loro gergo, essi si servivano del termine di “emolumenti”, senza mai voler parlare senza camuffamenti dei loro guadagni. Infatti non vi fu mai un’ape che sia stata effettivamente soddisfatta nel desiderio di apprendere, non dico quello che

guadagnavano effettivamente questi ministri, ma neppure ciò che essi lasciavano scorgere dei loro guadagni. Essi assomigliavano ai nostri giocatori, i quali, per quanto siano stati fortunati al gioco, non diranno tuttavia mai in presenza dei perdenti quello che hanno guadagnato. Chi potrebbe descrivere dettagliatamente tutte le frodi che si commettevano in questo alveare? Colui che acquistava del letame per ingrassare il suo prato, lo trovava falsifi cato per un quarto con pietre e cemento inutili; e per giunta qualsiasi poveretto non avrebbe avuto la facilità di brontolare di ciò, perché a sua volta imbrogliava mescolando al suo burro una metà di sale. La giustizia stessa non era meno sensibile al brillante splendore dell’oro. Corrotta dai doni, essa aveva sovente fatto pendere la bilancia che teneva nella mano sinistra. Imparziale in apparenza, quando si trattava d’infl iggere delle pene corporali, di punire degli omicidi o degli altri gravi crimini, essa aveva ben spesso condannato al supplizio persone che avevano continuato le loro ribalderie dopo esser state punite con la gogna. Tuttavia si riteneva comunemente che la spada che essa portava non colpiva se non le api che erano povere e senza risorse. (…) Con questa ingiusta severità, si cercava di mettere al sicuro il potente e il ricco. Essendo così ogni ceto pieno di vizi, tuttavia la nazione di per sé godeva di una felice prosperità. Era adulata in pace, temuta in guerra. Stimata presso gli stranieri, essa aveva in mano l’equilibrio di tutti gli altri alveari. Tutti i suoi membri a gara prodigavano le loro vite e i loro beni per la sua conservazione. I vizi dei privati contribuivano alla felicità pubblica. Da quando la virtù, istruita dalle malizie politiche, aveva appreso i mille felici raggiri dell’astuzia, e da quando si era legata di amicizia col vizio, anche i più scellerati facevano qualcosa per il bene comune. Le furberie dello stato conservavano la totalità, per quanto ogni cittadino se ne lamentasse. (…). Così i membri di quella società, seguendo delle strade assolutamente contrarie, si aiutavano quasi loro malgrado. La temperanza e la sobrietà degli uni facilitava l’ubriachezza e la ghiottoneria degli altri. L’avarizia, questa funesta radice di tutti i mali, questo vizio snaturato e diabolico, era schiava del nobile difetto della prodigalità. Il lusso fastoso occupava milioni di poveri. La vanità, questa passione tanto detestata, dava occupazione a un numero ancor maggiore. La stessa invidia e l’amor proprio, ministri dell’industria, facevano fi orire le arti e il commercio. Le stravaganze nel mangiare e nella diversità dei cibi, la sontuosità nel vestiario e nel mobilio, malgrado il loro ridicolo, costituivano la parte migliore del commercio. Sempre incostante, questo popolo cambiava le leggi come le mode. I regolamenti che erano stati saggiamente stabiliti venivano annullati e si

sostituivano ad essi degli altri del tutto opposti. Tuttavia con l’alterare anche le loro antiche leggi e col correggerle, le api prevenivano degli errori che nessuna accortezza avrebbe potuto prevedere. In tal modo, poiché il vizio produceva l’astuzia, e l’astuzia si prodigava nell’industria, si vide a poco a poco l’alveare abbondare di tutte le comodità della vita. I piaceri reali, le dolcezze della vita, la comodità e il riposo erano divenuti dei beni così comuni che i poveri stessi vivevano allora più piacevolmente di quanto non vivessero prima. Non si sarebbe potuto aggiungere nulla al benessere di questa società.Ma, ahimè, qual è mai la vanità della felicità dei poveri mortali! (…). Il gruppo mormorante aveva spesso affermato di esser soddisfatto del governo e dei ministri; ma al più piccolo dissesto cambiò idea. Queste api riunirono le loro lagnanze, diffondendo ovunque queste parole: “siano maledette tutte le furberie che regnano presso di noi!”. Tuttavia ciascuna se le permetteva ancora; ma ciascuna aveva la crudeltà di non volerne concedere l’uso agli altri. Un personaggio che aveva ammassato immense ricchezze, ingannando il suo padrone, il re e i poveri, osò gridare a tutta forza: “il paese non può mancare di perire a causa di tutte le sue ingiustizie!”. E chi pensate che sia stato queste severo predicatore? Era un guantaio, che aveva venduto per tutta la sua vita, e che vendeva anche allora, delle pelli d’agnello per pelli di capretto.(…). Mercurio (il dio dei ladroni) non poté trattenersi dal ridere nell’ascoltare una preghiera così sfrontata. Gli altri dèi dissero che era stupidità il biasimare ciò che si amava. Ma Giove, indignato per queste preghiere, giurò infi ne che questo gruppo strillante sarebbe stato liberato dalla frode di cui si lamentava. Egli disse: “Da questo istante l’onestà s’impadronirà di tutti i loro cuori. Simile all’albero della scienza, essa aprirà gli occhi di ciascuno e gli farà percepire quei crimini che non si possono contemplare senza vergogna. (…) Ma, per Dio, quale costernazione! quale improvviso cambiamento! In meno di un’ora il prezzo delle derrate diminuì ovunque. Ciascuno si strappò la maschera d’ipocrisia che lo ricopriva. Alcuni, che erano ben conosciuti già da prima, apparivano degli stranieri, quand’ebbero ripreso le loro maniere naturali. Da questo momento il tribunale fu spopolato. I debitori saldavano di propria iniziativa i loro debiti. (…) Non si videro più processi in cui entrassero la malvagità e la vessazione. Nessuno poteva più accumulare ricchezze. La virtù e l’onestà regnavano nell’alveare. Che cosa potevano fare allora gli avvocati? Anche coloro che prima della rivoluzione non avevano avuto la fortuna di guadagnare molto, disperati, abbandonavano la loro scrivania e si ritiravano. La giustizia, che sino

Page 34: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201234

ad allora si era occupata di far impiccare alcune persone, concedeva la libertà a quelle che teneva prigioniere. Ma, dopo che le prigioni furono vuotate, diventando inutile la dea che ad esse presiedeva, costei si vide costretta a compiere una ritirata, con tutta la sua corte. Tra esso si videro i fabbri, addetti alle serrature, alle catene e alle porte munite di sbarre di ferro. Poi si videro i carcerieri e i secondini. Venne poi la dea preceduta dal suo fedele ministro scudiero, il carnefi ce, grande esecutore delle sue sentenze. Essa non era armata della sua spada immaginaria, bensì in sua vece portava l’ascia e la corda. La signora giustizia, con gli occhi bendati, seduta su di una nuvola, fu così cacciata nell’aria accompagnata dalla sua corte. Attorno al suo seggio e dietro di esso vi erano i sergenti, gli uscieri e i domestici di tale specie, che si nutrivano delle lagrime degli sfortunati.L’alveare aveva ancora dei medici, come prima della rivoluzione. Ma la medicina, era affi data ora a uomini abili. Essi erano così numerosi e così diffusi nell’alveare, che nessuno di essi aveva bisogno di una vettura. Il compito di guarire prontamente i pazienti era quello che unicamente li occupava. Pieni di disprezzo per le medicine importate da paesi stranieri, essi si limitavano alle semplici medicine prodotte nel loro paese. Convinti che gli dèi non mandavano alcuna malattia alle nazioni senza donar loro, nello stesso tempo, i veri rimedi. I ricchi ecclesiastici, destati dalla loro vergognosa pigrizia, non facevano più servire le loro chiese da api prese alla giornata; offi ciavano essi stessi. Tutti coloro che ritenevano si potesse fare a meno dei loro servizi, si dimettevano senza indugio dalle loro cariche. Non vi erano occupazioni suffi cienti per tante persone, se pur ne restava ancora qualcuna: giacché il loro numero diminuiva intensamente. Erano tutti modestamente sottomessi al pontefi ce, il quale si occupava esclusivamente degli affari religiosi, abbandonando agli altri gli affari dello stato. Il reverendo capo, divenuto caritatevole, non aveva più la durezza di cuore di cacciare dalla sua porta i poveri affamati. (…) Il cambiamento fu meno considerevole anche fra i primi ministri del re e fra tutti gli uffi ciali subalterni. Divenuti economi e temperanti, i loro stipendi bastavano loro per vivere. (…) Una sola persona era suffi ciente per adempiere le funzioni un tempo eseguite da tre persone . Non v’era più bisogno di affi ancare un collega per sorvegliare le azioni di coloro a cui si affi dava il mantenimento degli affari. I magistrati non si lasciavano più corrompere. (…) Non era più cosa onorevole il far fi gura alle spese dei propri creditori. Le livree restavano appese nelle botteghe dei rigattieri. Quelli che brillavano per la magnifi cenza delle loro carrozze, le vendevano a poco prezzo. I nobili si

liberavano di tutti i loro superbi cavalli per pagare i loro debiti. Si evitavano le spese inutili con la stessa cura con cui si evitava la frode. Non si mantenevano più degli eserciti all’estero. Non curandosi più della stima degli stranieri e della gloria frivola che si acquista con le armi, si combatteva solo per difendere la propria patria contro coloro che attendevano ai suoi diritti e alla sua libertà. Gettate ora lo sguardo sul glorioso alveare. Contemplate l’accordo mirabile che regna tra il commercio e la buona fede. Le oscurità che offuscavano questo spettacolo sono scomparse: tutto si vede allo scoperto. Coloro che facevano delle spese eccessive e che vivevano su questo lusso sono stati costretti a ritirarsi. Invano tenteranno nuove occupazioni: esse non potranno fornir loro il necessario. Il prezzo dei poderi e degli edifi ci crollò. I palazzi incantevoli, i cui muri, simili alle mura di Tebe, erano stati elevati con armonia musicale, divennero deserti. (…) L’architettura fu del tutto abbandonata. Gli artigiani non trovavano più nessuno che li volesse impiegare. La scultura, l’incisione, il cesello e la statuaria non furono più rinomate nell’alveare. Le poche api che vi restarono, vivevano miseramente. Non ci si preoccupava più di come spendere il proprio denaro, ma di come guadagnarne per vivere. Quando dovevano pagare il loro conto alla taverna, decidevano di non rimetterci più piede. Non si vedevano più le donne da bettola guadagnare tanto da poter indossare abiti drappeggiati d’oro. Torcicollo non donava più delle grosse somme per avere del borgogna e degli uccelletti. I cortigiani, che si compiacevano di regalare a Natale alla loro amante degli smeraldi, spendendo in due ore tanto quanto una compagnia di cavalleria avrebbe speso in due giorni, fecero bagaglio e si ritirarono da un paese così miserevole. La superba Cloe, le cui grandi pretese avevano un tempo costretto il suo marito troppo condiscendente a saccheggiare lo stato, ora vende il suo abbigliamento, composto dei più ricchi bottini delle Indie. Ora sopprime le sue spese e porta tutto l’anno lo stesso abito. Le mode non si susseguono più con quella bizzarra incoscienza. Dal canto loro, tutti gli operai che lavoravano le ricche stoffe di seta e d’argento e tutti gli artigiani che dipendevano da loro, si ritirarono. Una pace profonda domina in questo regno; e ha come sua conseguenza l’abbondanza. Tutte le fabbriche che restano producono soltanto le stoffe più semplici; tuttavia esse sono tutte molto care. La natura prodiga, non essendo più costretta dall’infaticabile giardiniere, produce bensì i suoi frutti nelle sue stagioni; però non produce più né rarità, né frutti precoci. A misura che diminuivano la vanità e il lusso, si videro gli antichi abitanti abbandonare la

loro dimora. Non erano più né i mercanti né le compagnie che facevano decadere le manifatture, erano la semplicità e la moderazione di tutte le api. Tutti i mestieri e tutte le arti erano abbandonati. La facile contentatura, questa peste dell’industria, fa loro ammirare la loro grossolana abbondanza. Essi non ricercarono più la novità, non hanno più alcuna ambizione. E così, essendo l’alveare pressoché deserto, le api non si potevano difendere contro gli attacchi dei loro nemici, cento volte più numerosi. Esse difendevano tuttavia con tutto il valore possibile, fi nché qualcuna di loro avesse trovato un rifugio ben fortifi cato. Non v’era alcun traditore presso di loro. Tutte combattevano validamente per la causa comune. Il loro coraggio e la loro integrità furono infi ne coronate dalla vittoria. Ma questo trionfo costò loro tuttavia molto. Parecchie migliaia di queste valorose api perirono. Il resto dello sciame, che si era indurito nella fatica e nel lavoro, credette che l’agio e il riposo, che mettono a sì dura prova la temperanza, fossero un vizio. Volendo dunque garantirsi una volta per sempre da ogni ricaduta, tutte queste api si rifugiarono nel cupo cavo di un albero, dove a loro non resta altro, della loro antica felicità, che la contentatura dell’onestà.

Page 35: PrimaPagina giu. 2012

35PrimaPagina 26 giu. 2012

andeville e le sue api sono uno spartiacque. Fino a lui le api e l’alveare erano l’esempio tipico della concordia e del bene comune, che si

realizza quando ciascuno fa la sua parte. Virtù individuale e virtù pubbliche sono reciproche e la società è fondata su questo accordo e se ne fa garante.Con Mandeville il paradigma cambia: le api, ciascuna alla ricerca del proprio nettare, si comportano così per il proprio vantaggio e la prosperità dell’alveare è il risultato del soddisfacimento da parte di ciascuno delle proprie passioni e dei propri interessi: vizi privati, pubbliche virtù.Sennonché il cambio di paradigma comporta la cessazione della corresponsabilità tra gli individui, cioè dei legami orizzonti della società. Crescono invece quelli verticali: siccome non è

possibile una gaia anarchia, si enfatizza l’autorità centrale. Che viene investita di un compito diffi cilissimo, perché da un lato deve garantire la maggior soddisfazione delle passioni e degli interessi individuali, i quali diventano in prospettiva dei diritti, dall’altro, per poterlo fare, fi nisce coll’essere sempre più invasiva e pervasiva.Mandeville insomma, anche se vellica il nostro desiderio di piacere e di autorealizzazione, non funziona, perché l’alveare dei vizi privati e delle pubbliche virtù rischia in prospettiva di diventare un macchinone totalitario. Invece, tra individuo e totalità, bisogna recuperare il livello intermedio, quello della comunità, per cui le virtù private contribuiscono a costruire la virtù comune. O il bene comune, come si dice con un’espressione che oggi è ritornata di moda. Perché? Proprio perché l’assioma degli illuministi

non funziona più. Non funziona più la ricerca della pubblica felicità, come missione del potere a garanzia della felicità individuale. Il meccanismo deve essere ri-centrato. Partendo dalla responsabilità di tutti.Perché le api di Mandeville ad un certo punto smettono di produrre. E scoppiano le crisi economico-fi naziarie. Come quella che stiamo vivendo in questi anni. E da cui si esce lavorando sodo e lavorando tutti, con quella prospettiva comune che ancora purtroppo sembra mancare.

ALLA RICERCADEL “BENE COMUNE”

di Francesco Bonini politologo

Docente e Direttore del Dipartimento di Storia e Critica della Politica all’UNITE. E’ stato consigliere del Ministro per le Riforme Istituzionali del Governo Ciampi (L. Elia – 1993/94).

Chi è

Page 36: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201236

uesta vecchia favola è ancor oggi molto attuale. Nel contesto della odierna crisi economica, come sostenuto dalle probe api, molti ritengono che il

perseguimento delle politiche “virtuose” di rigore economico è la giusta ricetta per risolvere il problema e la diretta conseguenza dei comportamenti “viziosi” del passato. Ciò potrebbe essere anche eticamente giusto: “Dopo anni di sperpero è ora di rimettere a posto i conti in casa” si sente spesso dire, ma le conseguenze di tale virtù sono sottovalutate.Come è già accaduto nel passato esiste il rischio che queste “virtuose” politiche, che fanno da contrappeso ad un passato “vizioso”, si rivelino infi ne molto costose. L’estrema restrizione monetaria e fi scale in un momento come questo rischia infatti di innescare un circolo vizioso di caduta del reddito e depressione economica, che a sua volta alimenta ulteriori politiche “virtuose” di restrizione e di rigore che deprimono ulteriormente l’economia e così via. Alla fi ne i sostenitori del rigore a tutti i costi, come le probe api, rischiano di far andare la società alla deriva e farla sprofondare nella povertà, trasformando una pesante recessione in una lunga crisi economica. Questa politica del rigore a tutti i costi è potenzialmente pericolosa per il nostro Paese tanto quanto lo è per l’Europa intera. Del resto, proprio dopo l’arrivo della crisi, che ricordiamo essere nata negli Stati Uniti e

non in Europa, a paesi, non certo virtuosi, in diffi coltà è stato imposto un rigore senza precedenti, più per motivi di etica o convenienza politica che economica. Con il risultato di far diventare una situazione allora costosa, ma risolvibile, in una tragedia comune.

POLITICADEL RIGOREe comunetragedia

di Luciano D’Amico , Giovanni Di Bartolomeo, Christian Corsi Facoltà di Scienze della Comunicazione-Teramo

UN

A V

EC

CH

IA F

IAB

AS

EM

PR

E A

TT

UA

LE

Page 37: PrimaPagina giu. 2012

37PrimaPagina 26 giu. 2012

na vecchia fi aba, utile per l’attualità come chiave di lettura della crisi che viviamo. Non è male l’idea di rimettere al centro, in tempi di “spread”

impazzito, la “teoria di Mandeville”. Siamo fra rovine e disastri, a cominciare da quelli del terremoto, ma niente paure e sgomento. Le “calamità concorrono al benessere generale”. Parola di Bernard de Mandeville, medico e fi losofo olandese. Le costruzioni ridotte a macerie? Risorgeranno più belle di prima, grazie a carpentieri e manovali, che con il nuovo lavoro conosceranno un benessere maggiore. Il premier Monti lo sa, da gran tecnico qual è. Sa fare i conti meglio dei politici, per capire che “la somma dei benefi ci causati dall’evento disastroso…supera la somma dei lutti”. Il modello dell’alveare di Mandeville funziona pure per l’oggi, spiegato così: « Il vizio è tanto necessario in uno stato fi orente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare. È impossibile che la virtù da sola renda mai una nazione forte e gloriosa». Nei mesi trascorsi abbiamo sprecato tempo e mezzi, in nome del recupero della buona politica e dell’etica. Accaniti contro “bunga-bunga” e facili costumi, siamo entrati in collisione con la

“religione di Mandeville”, che in materia sentenzia: “Il libertino, nel soddisfare i suoi vizi, si dimostra anche prodigo nel dare lavoro ai sarti, ai servitori, ai cuochi e alle donne di vita, che a loro volta spenderanno a benefi cio di altre categorie”. Conclusione: “Della rapacità e violenza del libertino se ne avvantaggerà tutta la società nel suo insieme”. Né possiamo farci condizionare troppo dalla norma eticamente perentoria: “Il vizio è peccato”. Principio a cui è ancorato il nostro “alveare”, infl uenzato (ma ora non troppo) dall’alto magistero di Papa Ratzinger. Meglio e di più dalle manovre del premier Mario Monti, che nella difesa ad oltranza dei conti dello Stato, trova più consona la teoria del medico-fi losofo, che arriva a sostenere (in barba al principio montiano dell’austerità) “la necessità del vizio, poiché la ricerca della soddisfazione del proprio interesse è la condizione prima della prosperità”. Modello opposto quello di coloro che, viceversa, “impostano l’esistenza secondo il virtuoso principio di accontentarsi della propria condizione, conducendo una vita di rassegnazione e pigrizia…”. Ma così danneggiano la produzione industriale, causano la povertà della nazione e ostacolano la crescita, portando l’imposizione fi scale verso il basso. Una scelta siffatta potrebbe mai avere il

gradimento, nell’esercizio delle rispettive funzioni, del nostro Super-Mario e del manager Equitalia, Befera? Dicevamo della spinta della religione, che ha perso mordente nella elevazione del livello etico generale, nonostante la paura della morte come deterrente. Farmaco e ricette di un vecchio passato in archivio. Adesso c’è chi teorizza la rete telematica come paradossale surrogato di un nuovo “entusiasmo mistico”, senza chiese, ma con schiere di fedeli e nuovi profeti della “rivoluzione digitale”. Siamo all’“alveare tecnologico” dei nostri tempi, che dovrà imparare a “godere dei conforti più sofi sticati”, ma anche “a sottomettersi agli inconvenienti che nessun governo o società sulla terra sarà capace di correggere o porvi rimedio”. A cominciare dalle guerre, che portano distruzione, ma poi anche una grande rinascita. Intanto, provati e disorientati, fra cadute e risalite, saremmo a volte tentati di fermare tutto. Per scendere e dire basta al fardello di insuccessi e rinascite, ambizioni e conquiste, schiavitù e soddisfazioni, aggressioni e vittorie. Mentre la ruota gira, come sempre, con le regole della vecchia favola di Mandeville e nessuno sa fermarla. Ma sarebbe drammaticamente peggio, lasciando che tutto crolli.

di Marcello Martelli giornalista-scrittore

Page 38: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201238

ià in qualche precedente contributo si è detto che la crisi potrebbe essere una grande occasione di rivalsa e di rinascita, cioè bisognerebbe approfi ttare

di questo momento negativo per liberarsi di tutto ciò che non va e porre le basi per costruire una società migliore. Si è detto pure che occorre conoscere la crisi e le sue cause, per poterla governare. A tal proposito appare utile l’analisi fatta, nel 1705, da B. de Mandeville in L’alveare scontento, ovvero i furfanti resi onesti. Il titolo sembra una perfetta fotografi a della corruzione e degli scandali odierni. Però, se si va ad esaminare meglio l’opera, riedita nel 1729 con il titolo di Favola delle api, ovvero, vizi privati, pubbliche virtù, si constata che la corruzione del corpo sociale, oggi, non produca assolutamente progresso e benessere. La legittima aspirazione della società alla giustizia e all’equità non può assolutamente contraddire la

produttività e la pacifi ca convivenza, come, invece, avviene in Mandeville. Suonano devianti e scandalose alcune asserzioni fatte, poco tempo fa, dall’ex ministro R. Brunetta il quale, concordando con Mandeville, afferma che, in Italia, se circola una certa quantità di moneta lo si deve esclusivamente all’evasione fi scale, poiché lo Stato non è in grado di utilizzare al meglio i soldi dei contribuenti. L’amara e pessimistica analisi del Mandeville si fonda sul contrasto naturale tra virtù e progresso, poiché la civiltà è frutto delle passioni e dei vizi umani. I vizi, riprovevoli nel singolo, si trasformano in azioni virtuose per la comunità: essi, dunque, sono utili, come pure le passioni, il male e il negativo. Goethe, nel prologo del Faust, dice che senza Mefi stofele gli uomini non farebbero nulla di buono, essi sono spinti solo dall’utile e dall’interesse privato. Le api raccolgono nettare per la loro cupidigia, eppure risultato di tale egoismo è il miele, proprio come la ricchezza

pubblica discende dall’avarizia dei singoli.Una simile concezione per la società odierna non avrebbe senso, poiché il vizio è vizio, etimologicamente deriva da veto e, pertanto, è ciò che è vietato; mentre virtù deriva da vir, cioè, indica l’eccellenza dell’uomo. Occorre rifl ettere che non è il negativo a generare il positivo mediante la negazione di se stesso, come afferma la dialettica hegeliana, e che la condizione disastrosa, non solo economica, è fi glia legittima e naturale delle azioni malvagie di chi dovrebbe garantire progresso e prosperità all’intera comunità. Il libertinismo di Mandeville non può risolvere i nostri problemi, ma un liberismo autentico, come sostenevano Croce ed Einaudi, sorretto da personalità coraggiose e illuminate, sì. Il prossimo governo politico dovrà mostrarsi capace di superare gli egoismi e il narcisismo dei singoli partiti che svendono sviluppo e progresso per una sedia da occupare in Parlamento.

Egoismi e narcisi della Politicadi Michele Ciliberti storico e dirigente scolastico

foto: l’ex Capo di Governo Silvio Berlusconi

Page 39: PrimaPagina giu. 2012

39PrimaPagina 26 giu. 2012

Il circolo vizioso che ha innescato la crisi fi nanziaria, che poi ha colpito i debiti sovrani, continua come prima. E’ quanto emerge dalla Relazione an-nuale della Bri. “Gli istituti di maggiori dimensioni - si legge - continuano ad

avere interesse ad accrescere la leva fi nan-ziaria senza prestare la debita attenzione alle conseguenze di un possibile fallimento: data la loro rilevanza sistemica, essi confi -dano che il settore pubblico si fara’ carico delle ripercussioni negative”. Malgrado i passi avanti nella ricapitalizzazione, prose-gue la Bri, “molte banche seguitano a ope-

rare con un alto grado di leva fi nanziaria, comprese quelle che appaiono ben capi-talizzate, ma in realta’ presentano enormi posizioni in derivati”. Gli istituti di maggiori dimensioni, prose-gue il rapporto, “continuano ad avere in-teresse ad accrescere la leva fi nanziaria senza prestare la debita attenzione alle conseguenze di un possibile fallimento. Preoccupa inoltre vedere che, dopo una breve pausa indotta dalla crisi, l’attivita’ di negoziazione e’ tornata a essere una delle principali fonti di reddito delle grandi ban-che”.

Crisi

Le banchecontinuano a speculare

Secondo il rapporto Bri ancora rischio fallimenti

*fonte: AGI

Page 40: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201240

n una società dove persistono molti pregiudizi sulle capacità delle donne in ambito professionale, Marisa Val-leriani è l’esempio di come una, mo-glie e mamma, dapprima contabile in un’impresa edile e oggi imprenditrice, abbia saputo inseguire e avverare la

sua ambizione più grande: gestire un’atti-vità propria, vero laboratorio di idee in-novative al fi ne di creare prodotti per la casa. Così è nata Valmar, azienda con sede a Montorio al Vomano. Abbiamo incontra-to questa donna di successo, affi nché ci illustrasse la sua attività, ma soprattutto ci svelasse il segreto che l’ha vista passare dalla scrivania di un’azienda, dove era im-mersa nei libri contabili, a un palcoscenico sovra-nazionale che sta conquistando ogni giorno con i suoi prodotti. Lei conduceva una tranquilla vita lavorativa come ra-gioniera. Quando e soprattutto perché ha deciso di abbandonare per avviare una sua attività? Non ho abbandonato il mio lavoro improvvisamente. Tutto è avvenuto in modo graduale e senza progetti. Ogni gior-no, mentre svolgevo i lavori domestici, soffrivo nel vedere il pane conservato in una busta di plastica. Per me era quasi un disagio. Ricorda-vo mia mamma e mia nonna che lo conser-vavano in un’arca di legno e pensavo che noi stiamo togliendo la dignità a questo elemen-to fondamentale della nostra alimentazione e della nostra cultura, soprattutto religiosa.Il pane è un elemento sacro e inviolabile, te-nerlo nelle comuni e antigieniche buste della spesa o buttarlo perché ammuffi to signifi ca mancare di rispetto a noi stessi. E così ho creato il sacchetto “Fresco pane” che grazie all’utilizzo di un sistema brevettato mantiene il pane fresco e a contatto diretto con la fi bra naturale, mantenendo fragranza e morbidez-za per vari giorni. Da qui è partito tutto.Quella di gestire un’attività è stata da sempre la sua ambizione? Ho sempre desiderato di essere autonoma, perché ho continuamente la curiosità di scoprire, guar-dare avanti, voglia di fare. Dove ha trovato il coraggio in tempi così diffi cili? Forse quello che ci vuole è un po’ di incoscienza, ma si deve credere immensamente nel prodotto che si ha in mente. Immaginavo ogni famiglia che potesse risolvere, come me, il problema di non buttare il pane e quindi avere la mia cre-azione. E con il tempo ciò è accaduto, perché ho sempre più conferme, anche oltreoceano,

della effi cienza del mio sacchetto. Natural-mente la performance del “salva pane” è sta-ta sperimentata e validata dal Dipartimento di Scienze degli alimenti dell’università di Tera-mo. Con le prove di laboratorio di un anno è stato certifi cato che con esso la conservazione è migliore rispetto a ogni altro metodo.Ed è nata la Valmar. E’ nata dal sacchetto “Fresco pane” ed è cresciuta grazie alle con-

ferme di chi lo ha utilizzato che mi ha incorag-giato a pensare ad altri prodotti. I suoi prodot-ti nascono tutti per dare soluzione a “problemi di casalinga”, suggeriti dal suo essere donna di casa in primis e poi imprenditrice. E cosa ci dice della neonata “Stireria a peso”?Anche qui tutto è stato pensato per la don-na che è sempre più impegnata, agevolando il lavoro della stiratura con un servizio veloce e in ordine. La novità è che il bucato asciugato si può por-tare a stirare “a peso” in modo rapido, rispar-miando tempo e denaro. Questo deve essere un input per cambiare la mentalità provinciale: anche la donna ha diritto a facilitazioni che permettono di investire parte del lavoro de-

dicato ai mestieri di casa a se stesse e alla vita di coppia e dei fi gli. Il senso pratico, la sensibilità, l’attenzione verso le proble-matiche più sottili e il saper organizza-re la vita familiare, caratteristiche tipi-camente femminili, costituiscono quel valore aggiunto nel gestire il suo team di lavoro? Il saper organizzare casa e fami-glia porta a un miglior senso pratico, che per-mette di organizzare con più scioltezza la vita aziendale. Ho tre fi gli e ho sempre lavorato. So quanti sacrifi ci comporta ed è per questo che cerco di trovare tutti i modi migliori per poter aiutare le donne di oggi. Come vede il futuro? Che ambizioni ha per la sua azienda? La Immagino in continua crescita, attraverso il potenziamento delle risorse uma-ne con specifi ca formazione professionale; cre-scita e formazione sono inscindibili. Per quanto riguarda le ambizioni, mi concentro sempre alla ricerca di nuovi mercati. Il mio maggio-re obiettivo: buona commercializzazione con selezione della clientela, soprattutto in questo periodo di crisi delle aziende. Cosa consi-glia ai giovani e alle donne che hanno un sogno imprenditoriale nel cassetto, ma anche tanta paura? Di chiedere il coinvolgimento delle persone vicine. L’unione fa davvero la forza, soprattutto nella famiglia. Essere convinti del proprio progetto trasmette un entusiasmo sano che coinvolge le persone giuste. Ultima domanda: qual è il segreto nella riuscita di un progetto?L’impegno costante e il non arrendersi alle sconfi tte e ai rifi uti che non devono assolu-tamente scalfi re la bontà del prodotto e le nostre idee.

La “maga” delle casalingheIncontro con Marisa Valleriani, imprenditrice di successo

di Adele Di Feliciantonio

Page 41: PrimaPagina giu. 2012

45PrimaPagina 26 giu. 2012

Page 42: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201246

na provincia nobilitata dal tempo di cui è carica, dagli affetti e gli sguardi indagatori di illustri innamorati, come ad esempio: Mario Pomilio, Carlo Emilio Gadda,

Laudomia Bonanni.La fantasia di ritrovare l’ambiente teramano dal quale essi furono attratti, ora rappresenta una facile seduzione.Dopo la sosta al caffè, saggiando il gusto della “Belle Époque ” lungo Corso Cerulli, va da sé che si affi anchi via dell’Antica Cattedrale.Il vicolo pieno d’ombra si slarga su una piazzetta appartata. Coccolata dalle case

che la incartano. Dispiace la magagna dei parcheggi autoritari e autorevoli.C’è un crogiolo di musei in una piazza dove è stata riportata alla luce la primitiva cattedrale di Santa Maria Aprutiensis. La pianta è rettangolare, con abside centrale. Lo spazio, ripartito da tre navate è affi ancato da due ambienti laterali. Si mantenne in uso fi no al 1155, quando fu completamente distrutta dalle truppe normanne di Roberto di Loretello.Dal nefasto incendio si salvarono la torre, realizzata a difesa dell’intera area sacra (tuttora “torre bruciata”) e la chiesetta di S. Anna. Infatti, la cima isolata trionfa sul retro dell’edifi cio di culto che si elevò sulle

di Giuseppina Michini

Teramo che fu:ANTICA CATTEDRALE

Dal nefasto incendio si salvarono la torre, realizzata a difesa dell’intera area sacra (tuttora “torre bruciata”) e la chiesetta di S. Anna...

foto G. Michini: a lato sinistro la parete di Torre Bruciata In basso al centro la chiesa di Sant Anna

Page 43: PrimaPagina giu. 2012

47PrimaPagina 26 giu. 2012

vestigia di una domus e fu originariamente dedicato al martire San Getulio. Il piccolo sacrario era annesso alla vetusta cattedrale. Per volere della famiglia Pompetti, durante la seconda metà del Settecento, furono apportate delle modifi che alla struttura. Anche il nome mutò e fu così che divenne Sant’Anna dei Pompetti.L’attuale soglia d’accesso alla chiesa si affaccia sul lastricato e sfrutta il passaggio che un tempo portava sull’orto dei Pompetti. Questa scelta si concretizzò all’indomani di un restauro, il quale pose in secondo piano l’entrata principale della chiesa, ubicata sulla parete orientale, sotto l’arco e gli affreschi bizantini. L’attimo dei paesaggi trascorsi, si deposita dentro i cuori mentre ognuno ritaglia uno scorcio, una scena personale sul largo di S. Anna. Alcuni immaginano di sedere in un’agorà; più spontaneamente però, il piazzale diventa salotto per le chiacchiere, i baci, i calci al pallone, i giochi dei bimbi. I rocchi dorici, cotti al sole, dormono nel vialetto di ghiaia, sul quale il piede sente il rumore scandito di ogni passo fatto tra le pietre.

L’attuale soglia d’accesso alla chiesa si affaccia sul lastricato e sfrutta il passaggio che un tempo portava sull’orto dei Pompetti...

foto G. Michini: Resti della antica Cattedrale

e della domus romana

Page 44: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201248

ribalta

di Vincenzo Lisciani Petrini

abio Di Stefano è un giovane pianista teramano molto pro-mettente. Teramo si conferma così una piccola culla di giova-ni talenti, sebbene spesso non trovino spazio negli eventi

della nostra cittadina. Ormai cominciano a essere maturi i tempi per una stagione concertistica giovanile teramana più lunga e articolata. Il bel tentativo della Riccitelli da poco concluso è stato lodevole. Però è ancora embrionale e, se non incoraggiato da nuova linfa e nuove aperture, resterà li-mitante, cosa che di certo nessuno vuole, specie i musicisti.Fabio, gli inizi sono sempre casuali per

ogni musicista. Si comincia anche per gioco. Come è entrata la musica nella tua vita? La musica a casa mia è sempre stata pre-sente dato che in famiglia tutti sanno suonare uno strumento o cantare. Già da piccolissimo ero molto affascinato dal pianoforte e a sei anni ho cominciato a studiarlo sotto la guida della mia prima insegnante, Alessandra, con cui ho instaurato da subito un rapporto mol-to speciale. Dopo aver sostenuto l’esame di compimento inferiore, per vari motivi, insieme a lei ho deciso di iscrivermi in conservatorio a Teramo. A volte il Conservatorio non è un luo-go molto accogliente. Cambiano i rap-

porti con gli insegnanti, con i colleghi di corso etc. Tutto diventa più serio e si perde l’aspetto ludico che contrad-distingue invece i primi anni di studio. Come è stato per te?Devo dire buono. Ho conosciuto il M° Ales-sandro Cappella ed entrando nella sua classe ho avuto modo di scoprire una nuova realtà che fi no a quel momento ignoravo. Scoprivo la possibilità di conoscere tanta persone che suonavano come me il pianoforte (o un altro strumento). Era molto stimolante poter con-dividere questa passione con loro e mi sono arricchito molto con questi rapporti artistici e umani. A un certo punto, dopo le scuole supe-

Tastiera e giovani talentigiovani talenti

foto: il giovane Di Stefano in una performace

Page 45: PrimaPagina giu. 2012

49PrimaPagina 26 giu. 2012

ribalta

riori, hai dovuto scegliere tra l’universi-tà e la carriera nella musica. Cosa hai scelto? Ho cercato di conciliare questi due aspet-ti. Arrivato al IX anno di pianoforte mi sono iscritto alla facoltà di Ingegneria all’università “La Sapienza” di Roma. E’ stato un periodo diffi cile, perché il tempo a disposizione si è ridotto molto. Così non ho potuto affrontare gli ultimi due anni di pianoforte con la serenità

e la concentrazione necessarie. Ora, forse, me ne pento un po’. Nonostante tutto ho sempre dato il massimo che potevo, riuscendo ad ot-tenere alla fi ne i risultati desiderati. O quasi.Durante gli studi, spesso in modo quasi improvviso, comincia a manifestarsi il talento e maturano delle aspettative che spingono al confronto con gli altri, più e meno bravi… Da questo confron-

to, cosa hai imparato?Penso di essere una persona molto modesta in questo. Conoscendo altri musicisti mi sono sempre messo in un clima di sana competizio-ne; non, quindi, una gara per decretare chi fos-se il migliore, bensì un modo per essere spinti a fare sempre meglio, a dare di più, senza mai accontentarsi. Tuttavia il confronto ridimensiona an-che quelle aspettative. Non tutti, per intenderci, sono nati per essere concer-tisti, ma – questo è l’importante– ognu-no può ricoprire un posto di rilievo nel-la musica. Qual è il tuo? E’ una domanda molto interessante, soprattut-to perché non ho ancora trovato una risposta defi nitiva. Ricordo che mi divido tra ingegneria e musica: non è un ripiego, ma anche una vera passione. Mi trovo spesso diviso, ma in risposta provo a dare il massimo in entrambi i cam-pi senza precludermi nulla. A volte si rischia di non arrivare a tutto, ma i risultati positivi ripagano gli sforzi fatti. Comunque, devo ri-conoscere che la musica mi dà soddisfazioni uniche e inarrivabili. Secondo te si può ancora dire qualco-sa di nuovo nell’interpretare il reper-torio classico o c’è bisogno di cercare altrove stimoli più interessanti? Musica contemporanea, sperimentale, ambient music etc.Per quanto riguarda questi generi devo am-

mettere di non saperne abbastanza. Invece per ciò che mi riguarda più da vicino credo che il repertorio classico non abbia fi ne. Ogni singolo brano cresce dentro un musicista pa-rallelamente alla sua maturazione musicale. Un brano studiato a vent’anni sarà suonato diversamente a quaranta e ancora a sessanta, trasmettendo sensazioni ed emozioni sempre nuove. Credo che non si possa mai dire di es-sere arrivati alla fi ne. Come è secondo te la situazione musi-cale a Teramo e in Abruzzo? E’ realmen-te fruita oppure no?Credo che a Teramo, grazie alla stagione con-certistica e ad altri eventi organizzati, ci sia la possibilità di assistere a spettacoli di buon livello, ma i giovani sono ancora poco coinvolti. L’età media ai concerti di musica classica è molto alta, troppo alta, ma ho riscontrato que-sto problema anche in una grande città come Roma. Peccato. In fondo la musica è sempre un punto di riferimento importante e davvero, come diceva Nietzsche, “Senza musica la vita sarebbe un errore”. Al giorno d’oggi bisognerebbe prendere come esempio l’esperienza del Venezuela e della Simon Bolivar Orchestra, dove molti ragazzi grazie alla musica sono riusciti a risollevarsi da una situazione di miseria. Questo dimostra come un’arte, pur così interiore e astratta, possa dare risultati decisivi nella vita di ognu-no di noi.

Chi èNOME: FabioCOGNOME: Di Stefano CLASSE: 1990CITTA’: Sant’Egidio alla Vibrata (TE)STUDI: Diploma di Pianoforte presso l’IMP Braga di TeramoIscritto al 3° anno della Facoltà di Ingegneria presso L’Università “La Sapienza” di RomaRICONOSCIMENTI: Primo premio assoluto al Concorso internazionale “Memorial Mario Polovineo” di Teramo, secondo premio alla “Prima rassegna musicale città di Pescara”, secondo premio al Concorso “Ars Nova città di Teramo”, secondo premio al Concorso “Città di Bucchianico”. (scegli tu cosa mettere e cosa no)COLLABORAZIONI: Duo con il Violoncellista M° Alan Di LiberatoreCONCERTI: “La stanza delle meraviglie” presso S.Omero (2008) “Sulla via dell’arte” presso Ascoli Piceno (2009), “Maratona Liszt” presso Teramo (2011)“Giovani Talenti in musica” (concerto di musica da camera con il M° Alan Di Liberatore) (2011)PROSSIMI PROGETTI: Collaborazione con la Giovane Orchestra d’Abruzzo, Chopin - Concerto op.11 in mi minore.UN SOGNO NEL CASSETTO: Diventare un “vero” pianista e girare il mondo conoscendo nuove culture.UN MOTTO O UN AGGETTIVOPER DESCRIVERTI: L’impegno dà sempre i suoi frutti.

foto: Fabio Di Stefano

Page 46: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201250

uca Di Sabatino è un giovane creativo teramano con alle spalle un bel po’ di esperien-za. Da sempre appassionato di arte, musica, cinema, fumetto, fotografi a e design, ha iniziato

a lavorare come illustratore circa 20 anni fa, e successivamente come graphic desi-gner. Personaggio dalla spiccata sensibilità e con uno spasmodico amore per il bello, Di Sabatino non ha mai voluto porre limiti alla ricerca tecnica e stilistica, si è messo alla prova ogni volta che ne ha avuto la possibilità, confrontandosi con diversi set-tori espressivi. Proprio il personalissimo modo di lavorare e l’ eclettismo gli hanno consentito di essere in diverse occasioni protagonista sulle riviste di settore. Oltre a lavori di grafi ca, illustrazione e design, Luca realizza anche storyboards, regie e direzioni creative di spot e brevi animazio-ni, in Italia ed all’estero. Da qualche tempo svolge anche un’intensa attività didattica. Quando hai iniziato ad avvertire il fa-scino dell’immagine, dell’illustrazione e del disegno? “Credo che tutto sia cominciato quando ero molto piccolo, ma è con l’iscrizione al Liceo Artistico che ho davvero capito che quella del designer sarebbe stata la mia strada. Sono sempre stato attratto e incuriosito da tutto ciò che è immagine; poco importava se fosse cine-ma, fotografi a o se fossero fumetti o manifesti, guardavo tutto e disegnavo tantissimo. Duran-te il mio percorso di studi mi sono ritrovato ad interrogarmi su tutte le dinamiche proprie

della rappresentazione 2D e della ‘messa in tavola’. Ambiti nei quali gusto, equilibrio, enfasi e contrasto coesistono dando vita ad un’im-magine con una vita propria. Essere un desi-gner vuol dire vedere qualunque cosa -una for-

ma. una pagina o un disegno- interrogandosi su cosa c’è dietro, cercando di immaginare le linee di costruzione e l’iter progettuale che ha generato quel determinato prodotto. Non fer-marsi mai alla superfi cialità della rappresen-tazione, ma cercare di entrare il più possibile in empatia con l’immagine stessa e sperare che ti parli. A volte succede e a volte no; anzi, davvero di rado, ma quando accade gli occhi si riempiono di gioia”.La tua carriera è costellata da molte

collaborazioni. Con quali aziende hai lavorato nel corso degli anni?“Sono freelance dal 2004. Ho lavorato sem-pre, o quasi, come consulente per agenzie e per loro ho avuto modo di realizzare progetti per aziende, come Conad, Roland Europe, Proel, Tigre Gabrielli, Wwf Italia, Bellantuono Sposa, Mariella Burani, Bluemarine, Indian Rags, Tonic Magazine, Gaia Edizioni, Giochi Preziosi, Primigi, Faber - Castell e molte altre, in vesti molto diverse che vanno dall’illustra-zione al graphic design, al design, allo sto-ryboarding, e anche alla regia. A Teramo ho la fortuna di collaborare da ormai parecchi anni con la Riccitelli. Sono attivo ormai da pa-recchio e di cose ne ho fatte davvero tante. Teramo è una piccola realtà e per lavorare bisogna, ahimé, emigrare. A parte poche cose (che reputo altamente stimolanti e divertenti), ho sempre lavorato poco nella mia città. Sono poche le possibilità di emergere, farsi ricono-scere e soprattutto trovare stimoli”.Come nascono le idee per i tuoi progetti?“Nella maggior parte dei casi cercando di en-trare il più possibile nel contesto che mi viene richiesto di rappresentare. Ci sono ambiti dove questo è ormai automatico come la musica o l’editoria per ragazzi, e altri ambiti dove faccio un po’ più fatica, ma dove mi sento ugualmente stimolato (come ad esempio la comunicazione istituzionale). In ognuno dei casi la prima fonte dalla quale attingo è il mio bagaglio di esperienze. Viaggio molto, mi guardo attorno, ascolto tanta musica e com-pro molti libri e fumetti. Cerco di leggere tanto sugli argomenti che mi interessano e di non

“COPIARE CON ORIGINALITÀ”Il designer teramano Luca Di Sabatinospiega il suo mondo di “artigiano” dell’immagine

di Mariangela Sansone

Essere un designer vuol dire vedere qualunque cosa -una forma. una pagina o un disegno- interrogandosi su cosa c’è dietro...

Page 47: PrimaPagina giu. 2012

51PrimaPagina 26 giu. 2012

trascurare quelli che, in futuro, potrebbero essermi utili. Giro sempre con una macchina fotografi ca e tutto quello che mi ‘ispira’ lo fo-tografo. Non so mai cosa mi riserva il futuro, quindi cerco di essere pronto a qualunque sfi da mi si dovesse parare davanti. Diversifi co tantissimo la mia produzione. Cerco di essere il più possibile al passo con le richieste di mer-cato e per fare questo è importante “tenere il polso” di quella che è la creatività non solo in Italia ma soprattutto all’estero. Io dico sempre che l’originalità non esiste, esiste ‘copiare con originalità’, le cose sono nell’aria. L’ispirazione, il guizzo è nell’aria, molte volte la bravura o il talento del designer è riuscire a captare que-ste vibrazioni prima degli altri”.Quali sono le tue creazioni a cui sei più legato?“Solitamente lavoro sempre come se quel de-terminato progetto fosse il più importante del-la mia carriera. È però indubbio che qualcuno sia stato più importante, fosse anche solo per un discorso di visibilità. Per ‘Dmen’ ho realizzato tantissimi lavori belli e stimolanti. Tra questi, ad esempio, il design dell’interfaccia dell’applicazione iPad di Don Matteo per Lux Vide e Rai Fiction, e molti altri progetti di design di interfacce sempre per ta-blet e smartphone. Un’altra bella esperienza è stata la lavorazione di una clip di 45 secon-di, totalmente realizzata in 3D, per Pampers. Per questo progetto mi sono occupato della sceneggiatura, dello storyboard, del character design dei personaggi, della regia e dei disegni di background. Un progetto stimolante che

ha visto impegnate 20 persone per circa 3 mesi di realizzazione. Mai prima di allora mi ero occupato di un progetto in tutti gli aspetti della sua lavorazione e devo dire che, a parte qualche divergenza interna su alcune scelte, il risultato fi nale è stato davvero buono. Altra tappa per me molto importante è stata il de-sign di Robottino ABC, un giocattolo in plastica per bambini molto piccoli, con alcune funzioni didattiche”. Il tuo è un modo particolare di espri-merti artisticamente. “Sono sostanzialmente un artigiano e non un artista, anche se nel corso del 2011 ho rea-lizzato una serie di circa 110 grafi che che ho raccolto in un libro dal titolo ‘Duplicity’. Sono grafi che non applicate al lavoro, ma realizzate per il puro gusto di esprimere me stesso attra-verso una serie di media che conosco abba-stanza bene (dalla macchina fotografi ca, alla matita, ai pennarelli, alla tavoletta grafi ca ed al computer). Il design è una missione. Non ho comprato un Mac e poi ho iniziato ad arran-giarmi sul computer cercando fi ltri e girando senza senso tra le palette dei vari programmi. Ho scelto il computer come mezzo di espres-sione, come scelgo le matite 2B per disegnare e le penne a sfera per scrivere. Il computer ve-locizza il processo creativo, ma non soppianta il processo stesso. L’arte è, parafrasando un artista che amo molto, ‘l’incontro fortuito di un ombrello e di un ferro da stiro su un tavolo di dissezione anatomica’. Questa frase di Ernst incarna al

meglio anche il mio pensiero rispetto al con-cetto di arte”.Ti senti limitato, artisticamente, da tutta quella serie di aspetti, legati ad esempio alla funzionalità ed alla con-venienza economica della produzione dei beni di consumo, che un buon de-signer immagino non possa mai trascu-rare?“Limitazioni ve ne sono sempre ed ovunque. Fossero anche solo riferite a procedimenti di stampa particolari o a dimensioni che vorre-sti che il tuo progetto raggiungesse e che per questioni di costi non raggiungerà mai. L’aspet-to economico rappresenta sempre un grosso scoglio, e non nascondo che una delle emo-zioni che mi riprometto di provare in futuro è quella di non avere vincoli di budget. Fino a qualche anno fa era il creativo, il designer o l’agenzia a dire al cliente di cosa realmente poteva aver bisogno e quali erano gli stanzia-menti da dover affrontare per ottenere quel determinato risultato, ora non è più così. Sem-pre più spesso si assiste a pantomime nelle quali persone senza il minimo gusto danno “brief ” a grafi ci improvvisati, pensando di aver ben chiara l’immagine che potrebbe rappre-sentare al meglio la loro azienda.. Polemiche a parte, il buon designer a mio avviso è quello che riesce, banalmente, a mettere insieme le proprie velleità espressive, il proprio gusto e riesce a dare corpo alle necessità dell’azienda che in quel momento lo contatta. Nella mia esperienza mi ritengo molto fortunato”.

Page 48: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201252

l nostro Paese è attraversato da un vento di cambiamento cultura-le. Cosa sta mutando nella scuola italiana?I cambiamenti sono sempre più rapidi, segno di una trasformazione veloce nei

modi di pensare. La scuola ne è ampiamente coinvolta visto che, insieme alle altre agenzie del territorio, deve rispondere ai bisogni educa-tivi emergenti. Ma deve essere ben attrezzata dal punto di vista culturale, anche per quanto riguarda gli strumenti e l’organizzazione di cui dispone: la scuola non può essere impo-verita nelle risorse umane e fi nanziarie, nelle collaborazioni con gli enti territoriali e nel suo assetto istituzionale, perché corre il rischio di non offrire delle risposte qualifi cate, andando incontro al fenomeno della “delegittimazione”.Quali i ruoli e i contenuti della scuola del primo ciclo alla luce delle recenti

indicazioni ministeriali? Il testo colma un vuoto che la scuola del pri-mo ciclo ha avuto per tre anni. Recentemente il ministro Profumo, ravvisando la necessità di emanare nuovi programmi per la scuola di base, ha affi dato ad una commissione di esperti la revisione delle indicazioni e, a mio modesto parere, essa ha realizzato un buon lavoro in breve tempo, visto che ha avuto a disposizione pochi mesi. Il testo è offerto alla consultazione delle scuole italiane che devono metterne in luce i punti di forza e le criticità. È da ritenere sicuramente utile e opportuna l’operazione lanciata dal ministero, perché vie-ne data “la parola”alle scuole.Cos’è il dimensionamento scolastico?La bozza delle nuove indicazioni è centrata sull’organizzazione dell’istituto comprensivo che investe scuola dell’infanzia, primaria e la secondaria di primo grado. Il primo ciclo co-

proprio all’interno della scuola che una percezione stereotipata degli immigrati può portare a conse-guenze negative non solo per il percorso scolastico degli studenti fi gli di immigrati, ma anche per la

loro possibilità di mobilità sociale. Da tempo ormai si parla nella scuola di “educazione interculturale”, con riferimento non solo alla necessità da parte dei docenti di attivarsi per dare una risposta immediata alla presenza di alunni stranieri, ma anche al dovere di innescare una politica educativa nuova, che si basi sui valori della convivenza pacifi ca, della solidarietà e del rispetto dei di-ritti e dei bisogni dell’altro, indipendentemente dalla condizione sociale, religiosa o culturale. L’idea di una scuola che educhi alla diversità rappresenta il punto di partenza per formare adulti e cittadini consapevoli, che non sentano il peso dell’impatto con la multietnicità, ma che siano consapevolmente cresciuti al suo interno. Nonostante decreti e circolari mini-steriali da molti anni insistano sulla realiz-zazione di campagne di sensibilizzazione e aggiornamento degli insegnanti, l’educazione interculturale è oggi ancora solo un traguardo ideale, se si eccettuano situazioni in cui si fa sentire l’impegno concreto di dirigenti, docenti e operatori culturali più avvertiti. Regna oggi l’idea dell’ “emergenza immigrazione”, che si traduce nella scuola in attività e atteggiamenti di tipo “compensativo”, volti a risolvere pro-blemi immediati, ma che non si fondano su una politica di lunga durata. Vanno in questo senso gli improvvisati “corsi di recupero” o i “laboratori linguistici” che spesso rappresen-tano una comoda etichetta per compilare progetti e unità didattiche, ma che nella mag-gioranza dei casi sono condotti da insegnati che, non essendosi formati in questo senso, devono con imbarazzo adeguarsi ad un ruolo che non sono preparati a ricoprire.. Sono corsi che spesso diventano l’inizio di un processo di ghettizzazione degli studenti stranieri che si insinua prima di tutto nella mente di questi ragazzi. Tutto il corpo docente è chiamato ad un tipo di impegno che vada al di là dell’insegnamen-to della propria disciplina e che ponga le basi di un nuovo atteggiamento. Per far questo è necessario partire dalla consapevolezza che le insuffi cienze scolastiche che spesso riguar-dano gli studenti stranieri non dipendono da mancanze di questi ultimi e che non serva

semplicemente “recuperarli”. Lo scarso rendi-mento è spesso il frutto della mancanza di servizi educativi adeguati, che creino il clima favorevole all’integrazione e all’apprendimen-to. Perché si possa effettivamente parlare di “for-mazione interculturale” ci sembra che sia es-senziale basarsi su un’ informazione seria ed approfondita, su un tipo di sapere che non si articoli solo sul piano cognitivo, ma anche su quello emozionale.Lo scopo deve essere quello di contenere le paure, razionalizzandole e rivelando i mecca-nismi spesso inconsci ma errati su cui si basa-no, orientare e convertire il senso di aggressi-vità che spesso questi timori creano verso gli altri in atteggiamenti di impegno al confronto, educare e motivare gli studenti a tendere con entusiasmo e curiosità verso il nuovo, perché abbiano la voglia e il coraggio di mettersi in gioco e imparare dall’altro.

Immigrazione tra i banchidi Flavio Bartolini

LA SCUOLA CHE CAMBIAIntervista al dirigenteUmberto La Rosa

di Clementina Berardocco

Page 49: PrimaPagina giu. 2012

53PrimaPagina 26 giu. 2012

stituisce il primo segmento del percorso scolastico ed è fi nalizzato a promuove-re il pieno sviluppo della persona. La “comprensività” però non va solo de-cretata per legge, ma va costruita con il contributo fondamentale dei docenti dei tre ordini di scuola, attraverso l’ela-borazione di un curricolo verticale per competenze.

Quest’ultime già defi nite dal Parlamento europeo.Qualcuno ha nostalgia della scuo-la del “leggere, scrivere e far di conto”. Lei cosa ne pensa?Nel testo sulle indicazioni si fa specifi co riferimento all’alfabetizzazione culturale di base che comprende anche l’alfabe-tizzazione strumentale (leggere, scrivere

e far di conto), potenziandola mediante i linguaggi e i saperi delle varie discipline. Nessuno, penso, possa prescindere dall’offrire agli alunni gli strumenti della prima alfabetizzazione, ma ciò non è suffi ciente oggi, nella società della cono-scenza, per soddisfare i bisogni degli al-lievi, ai quali occorre offrire i quadri con-cettuali di interpretazione della società. Anche il sistema valutativo è mu-tato.Occorre prima di tutto che le forme di insegnamento siano sempre più raf-fi nante, motivanti per gli alunni se vo-gliamo garantire un scuola di qualità. Ovviamente, un buon processo di inse-gnamento non può prescindere da un buon processo di valutazione che im-plica l’adozione di scelte condivise da parte del corpo docente. Se il curricolo verticale verrà elaborato collegialmente, attivando una fase di negoziazione, di certo le scelte per la valutazione forma-tiva dell’allievo saranno condivise, scon-giurando in tal modo dinamiche confl it-tuali tra i docenti.I docenti hanno bisogno di essere “accompagnati” per la messa in atto delle indicazioni. Quali ini-ziative sono state programmate sul nostro territorio?Una valida occasione è rappresentata dal Seminario del 26 giugno a Tera-mo, con relatori il prof. Mario Castoldi dell’Università degli Studi di Torino, il prof. Giancarlo Cerini membro del nu-cleo redazionale delle nuove indicazioni, l’ispettrice Mariella Spinosi dell’Uffi cio Scolastico Regionale i prof. Sala, Ma-pelli, Consegnati e Guardiani che hanno condotto i laboratori sulle metodologie innovative di insegnamento.

foto: il dirigente scolalastico La Rosa

Page 50: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201254

a cura di Ivan Di Nino

Page 51: PrimaPagina giu. 2012

55PrimaPagina 26 giu. 2012

non per caso

L’agility dog è uno sport cinofi lo che consiste in un percorso ad ostacoli (di solito dai 15 ai 20), ispi-rato al percorso ippico, che il cane deve affrontare

nell’ordine previsto, possibilmente senza ricevere penalità e nel minor tempo pos-sibile. Questa disciplina implica una buo-na armonia tra il cane e il suo conduttore che porta a una intesa perfetta tra i due. E’ necessario che i partecipanti posseg-gano gli elementi di base d’educazione e obbedienza e il conduttore deve seguire il cane comunicando con esso, dandogli

dei comandi e accompagnandolo in tutto il percorso, “ ma tutto è soprattutto un gioco – spiega Roberta Di Blasio istrut-trice Aia (Associazione italiana agility) e responsabile, insieme a Marianne Osund del centro Agility Dog Abruzzo di Cepa-gatti- per questo l’interazione tra il cane e il conduttore è basato sulla familiarità e il divertimento di entrambi nell’eseguire i percorsi e gli esercizi di agilità senza alcun tipo di coercizione. Come tra le persone ci sono cani più gio-cherelloni di altri, ma è diffi cile per un cane resistere alla tentazione di una bella corsa o del gioco”.

Agility dogAgility dog

Page 52: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201256

on l’estate si ripresenta l’an-noso problema dell’abbando-no degli animali. Nonostante gli appelli lanciati dalle varie associazioni animaliste, il fe-nomeno non sembra in calo e, come sempre, a settembre

arrivano i dati degli animali “condannati” a una vita di stenti in mezzo alla strada o a morte; spesso investiti dalle auto. Abbiamo posto alcune domande a Ilaria Ferri, diret-

tore scientifi co Ente Nazionale Protezione Animali. «Il problema del randagismo – spie-ga la dottoressa – nasce prima di tutto dalla mancanza di responsabilità di chi decide di adottare un animale. Spesso lo si fa per ac-contentare i bambini o per moda, perché una razza particolare è protagonista di un fi lm ad esempio. Non ci si rende conto che un anima-le ha delle esigenze proprie, ha bisogno delle nostre costanti attenzioni, di cure veterinarie, e non solo quando l’animale è vecchio e amma-

lato. Per prevenire l’abbandono è necessaria un’adozione responsabile che tenga conto del-le esigenze e dello stile di vita del proprietario, della famiglia ma anche dell’animale stesso». Che problemi crea il randagismo? «Si deve pensare che un animale abituato a vivere in famiglia se abbandonato non sarà autosuffi ciente, cioè in grado di procurarsi da mangiare, ad esempio. Per non parlare poi del trauma che si infl igge all’animale che si trova all’improvviso privo dei suoi riferimenti affettivi. È un fenomeno vergognoso e incivi-le che offre anche una bruttissima immagine del nostro Paese, non è raro infatti che i turi-sti provenienti da paesi più sensibili ai diritti degli animali si lagnino di questo fenomeno affi bbiandoci l’etichetta di paese poco evolu-to. Inoltre, il fenomeno può rappresentare a volte anche un pericolo per i cittadini; non è raro infatti che branchi di cani inselvatichiti at-tacchino l’uomo a volte provocandone persino l’uccisione, la cronaca è piena di questi episodi. Vale la pena ricordare poi che l’abbandono, l’uccisione o il maltrattamento sono reati puni-ti severamente dalla legge; chiunque abbando-

ni un animale rischia dai tre ai diciotto mesi di carcere oltre a un’ammenda che va dai 3.000 ai 15.000 euro». Se un cittadino si trova di fronte a una colonia felina o a un cane randagio, cosa deve fare? «Il cittadino non può sostituirsi alle istituzioni preposte a occuparsi del problema, in primo luogo il sindaco, che è tenuto a farsene carico rappresentando anche l’autorità sanitaria e comunque le asl che provvederanno alla steri-lizzazione e a inserire un microchip identifi ca-tivo sottopelle». Consigli?«In primis far sterilizzare il proprio animale, cane o gatto che sia, e dotarlo di un microchip; è un’operazione veloce e indolore che serve a identifi care l’animale in caso di smarrimento. Inoltre, suggerirei di rifl ettere bene prima di prendere in casa un essere vivente, di valu-tare tutti i pro e i contro, perché è una scelta impegnativa che ci vincolerà per tutta la vita dell’animale».

ABBANDONI ESTIVICon il ritorno della bella stagione cresce il fenomeno del randagismo.Consigli da Ilaria Ferri, direttore scientifi co dell’Enpa

di Coralba Capuani

Inoltre, il fenomeno può rappresentare a volte anche un pericolo per i cittadini; non è raro infatti che...

fonte: il “Ministero della Salute”

5.705.687 (cani, gatti, furetti)

51.709 (cani)

ANAGRAFE CANINA - ULTIMO AGG. 09 MAGGIO 2012

Situazione nazionele

Situazione in Abruzzo

915 (strutture autorizzate)

31(strutture autorizzate)

STRUTTURE ACCOGLIENZA CANI E GATTI

124.101

15.220

STIMA DELLA POPOLAZIONE CANINA RANDAGIA

Situazione in Abruzzo

Situazione nazionele

Page 53: PrimaPagina giu. 2012

57PrimaPagina 26 giu. 2012

di Emiliano Caretti

dintorni

a cura di

vete mai sentito parlare del-la truffa dello specchietto? E’ un raggiro tornato recente-mente di moda di chi cerca di farsi risarcire in contanti e “al volo” per un fi nto danno,

causato - secondo il truffatore di turno - da una condotta scorretta dell’ignara ed ingenua “vittima”. La sceneggiata avviene quasi sempre su strade traffi cate ed il via lo si ha con un lieve colpo alla carrozze-ria senza visibili conseguenze. Ma ecco che spunta il furbacchione: una macchina dietro di noi spara colpi di abbaglianti con l’intento di farci accostare. Nel caso l’in-vito fosse accolto, scatta la truffa vera e propria, ultimamente effettuata anche con varianti piuttosto sinistre.Mangiare al volante è come guidare da ubriachiIl presunto danneggiato accusa quindi l’al-tro automobilista di aver colpito la propria vettura e, per dimostrarlo, mostra lo spec-chietto rotto o una vecchia ammaccatura sulla carrozzeria. Un particolare che a que-

sto punto dovrebbe farci insospettire sarà il rifi uto di compilare, con la onnipresente scusa della fretta, il CID - preferito ad un più rapido “saldo contestuale”, anche per evitare scocciature o aumenti del premio assicurativo; insomma: abbiamo incontrato un gentleman!Altra variante dello stesso raggiro, ma più macabra, è stata recentemente segnalata dalle Forze dell’Ordine e riguarda il feri-mento del “truffatore” che cammina su un lato della carreggiata sprovvisto di area per pedoni, nonostante la presenza di un lar-go marciapiede sulla parte opposta. In tal caso, dopo il colpo alla vettura, il truffatore mostrerebbe addirittura ferite sanguinanti (auto-provocate in precedenza) su mani o braccia e gli eventuali segni di sangue sulla carrozzeria a testimonianza della propria sincerità. Ovviamente, anche in quest’occasione, la presunta vittima pretenderà di essere ri-sarcita “brevi manu” per il danno subito senza passare per l’ospedale o l’intervento di Polizia o Vigili Urbani (obbligatorio in

presenza di feriti ndr).In entrambi i casi citati il cittadino onesto potrebbe realmente sentirsi responsabile di quanto accaduto, magari ulteriormente commosso da racconti più o meno toccan-ti su presunte necessità economiche o dal-la presenza di un “testimone”, ovviamente anch’egli “attore consumato”.Litigi in auto: svelate le motivazioniOra che siete a conoscenza di quanto potrebbe accadere sul tranquillo tragitto da casa a lavoro pensate anche al da farsi nel caso vi capiti una situazione del gene-re. L’ideale sarebbe ovviamente avvisare le Forze dell’Ordine, rifi utando di “essere accompagnati in luoghi più tranquilli”. Pur-troppo tra il “dire e il fare c’è di mezzo un mare”, ragionare con questo tipo d’in-terlocutori può risultare piuttosto peri-coloso e quella di “mercanteggiare” resta purtroppo una delle vie d’uscita più ac-creditate. Ammettere di avere pochi Euro può aiutarci a “sbrigare la pratica”, anche se resta l’amaro e la rabbia di una violenza subita.

Truff adello specchiettodello specchietto

Page 54: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201258

legale

di Gianfranco Puca Avvocato, Mediatore Professionista

na recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8862 del 1° giugno 2012, chiarisce la responsabilità risarcitoria derivante dalla violazione dell’obbligo di fe-

deltà coniugale; tale sentenza si inserisce in una evoluzione della giurisprudenza -di merito e legittimità- che ha esteso anche al diritto di famiglia -con riferimento ai rap-porti tra i coniugi e tra genitori e fi gli- la logica e i metodi della responsabilità civile (sono i cd danni endofamiliari). Questa la vicenda giudiziaria. Il Tribunale di Macerata pronunciava la separazione giudiziale tra i coniugi AB e CD con addebito al marito, assegnando la casa coniugale alla moglie, disponendo l’affi damento congiunto delle fi glie minori, ponendo a carico del mari-to assegni a favore delle fi glie, ma esclu-dendo l’assegno di mantenimento ed il risarcimento dei danni non patrimoniali (morali) per la moglie. La moglie appel-lava la sentenza, lamentando, appunto, sia la mancata concessione di un assegno in suo favore, sia il mancato riconoscimento e risarcimento dei danni non patrimoniali a suo favore; la Corte di Appello modifi -cava solo gli importi degli assegni a favore delle fi glie minori confermando, per il re-sto, la sentenza. La moglie ricorreva quindi dinanzi alla Corte di Cassazione; il marito proponeva ricorso incidentale. La Suprema Corte rigettava integralmente il ricorso incidentale proposto dal marito, mentre accoglieva quello principale proposto dalla moglie.Circa il mancato riconoscimento dell’as-segno di mantenimento a favore della moglie la Corte osservava quanto segue. E’ orientamento consolidato ( ved. Cass. 6698/2009) che per determinare l’assegno di separazione (o di divorzio) l’inadegua-tezza dei redditi del coniuge richiedente l’assegno va commisurata al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimonia-le, accertato il quale il Giudice dovrà valu-tare se i mezzi economici a disposizione del richiedente gli permettano di conser-varlo e, in caso negativo, dovrà procedere alla valutazione comparativa dei mezzi a disposizione di ciascun coniuge. La sen-tenza impugnata (e cassata dalla Corte) ha, da un lato, accertato la sussistenza di un tenore di vita molto elevato durante la convivenza matrimoniale e, dall’altro - con

una motivazione insuffi ciente e, almeno in parte, contraddittoria- ha precisato che la moglie non avrebbe dimostrato la propria inadeguatezza dei redditi, svolgendo attivi-tà lavorativa retribuita; il Giudice non aveva verifi cato nulla circa i mezzi economici del-la coniuge richiedente l’assegno, quasi che una qualsiasi attività lavorativa sia in grado di escludere l’assegno di mantenimento.Circa il mancato riconoscimento del ri-sarcimento dei danni non patrimoniali, la

Corte ha cassato la sentenza con una mo-tivazione più complessa.La sentenza impugnata viene fortemente criticata nella parte in cui, ritenendo non “antigiuridica” la condotta del marito, ha rigettato la richiesta di risarcimento dei danni morali della moglie, soprattutto in considerazione che la “legge ha eliminato il carattere illecito dell’adulterio” e, quindi, il desiderio di “libertà e felicità” del ma-rito, pur comportando disgregazione della famiglia, sarebbe sanzionato solo con l’ad-debito della separazione, escludendo (se-condo la Corte d’Appello) la possibilità di poter considerare il comportamento del marito come fonte di risarcimento danni. La Cassazione ha chiaramente affermato come il giudice della sentenza impugnata non abbia tenuto conto della evoluzio-ne giurisprudenziale degli ultimi anni, che ha esteso anche al diritto di famiglia, con

particolare riferimento ai rapporti tra i coniugi e tra i genitori e i fi gli, l’area del-la responsabilità risarcitoria. La Corte di Cassazione ha affermato come, se è vero che l’adulterio non ha più rilevanza penale, sia altrettanto vero che, oggi, i danni non patrimoniali non sono solo quelli derivanti da reato; la Corte, infatti, ha ripetutamente precisato che la violazione dei diritti fon-damentali della persona, incidendo sui beni essenziali della vita, da luogo a responsabi-lità risarcitoria per danni non patrimoniali ( ved. Cass. nn. 7281, 7282, 7283 del 2003). La Cassazione ha precisato come la re-sponsabilità del coniuge nei confronti dell’altro coniuge, o del genitore nei con-fronti del fi glio, non si fondi sulla mera violazione dei doveri, matrimoniali o geni-toriali, ma sulla lesione, a seguito dell’av-venuta violazione di tali a doveri, di beni inerenti la persona umana, come la salute, la privacy, i rapporti relazionali (ved. Cass. 9801/2005 e, specifi camente sull’obbligo di fedeltà, Cass. 18853/2011 e 610/2012).La Cassazione ha censurato la sentenza impugnata anche nella parte in cui ritene-va l’addebito della separazione (strumento più sanzionatorio che risarcitorio) non cu-mulabile ad una condanna al risarcimenti dei danni non patrimoniali. La Cassazione, sul punto, ha rilevato come la violazione di obblighi nascenti dal matrimonio, da un lato, è causa di intollerabilità della convivenza e giustifi ca la pronuncia di addebito, e, da al-tro lato, tale violazione si confi guri come comportamento (doloso o colposo) che incide sui beni essenziali della vita e pro-duce un danno ingiusto, con conseguente obbligo di risarcimento a favore dell’altro coniuge; per la Cassazione, quindi, possono sicuramente coesistere pronuncia di adde-bito e condanna al risarcimento dei dan-ni. La Corte di Appello non ha esaminato gli effetti negativi, provati dalla moglie, del comportamento del marito sulla privacy, sulla salute e sulla reputazione della moglie stessa. La Cassazione, quindi, ha cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Ancona che, in diversa composi-zione rispetto a quella che ha pronunciato la sentenza cassata, dovrà pronunciarsi sia sull’assegno di mantenimento a favore del-la moglie e sia sul risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dalla stessa a cau-sa della violazione dei doveri coniugali da parte del marito.

TradimentiTradimenti coniugali e risarcimenti

“ la legge ha eliminato il carattere illecito dell’adulterio” e, quindi, il desiderio di “libertà e felicità” del marito, ... sarebbe sanzionato solo con l’addebito della separazione

Page 55: PrimaPagina giu. 2012

59PrimaPagina 26 giu. 2012

di Laura Di Paolantonio Dottore Commercialista

& dintorni

ome previsto dal Decreto Salva Italia dello scorso di-cembre e dalla convenzione del 28 marzo a cura del mi-nistero dell’Economia, Banki-talia, Abi, Poste Italiane e Aiip (Associazione italiana istituti

di pagamento) dal primo giugno presso le banche sono stati offerti i tanto attesi conti di base. Sono conti correnti a costi contenuti, tra-sparenti, offerti senza spese alle fasce della popolazione disagiate. La convenzione pre-vede quattro tipologie basic a disposizione: per tutti i consumatori, per le fasce meno abbienti, per i pensionati.Analizziamo le principali caratteristiche di ogni tipologia di rapporto.Il prodotto ordinario è disponibile per tut-ti i vecchi e nuovi clienti. È dovuto il paga-mento di un canone, non è prevista una

remunerazione sulle giacenze, ha una limi-tata operatività, possono effettuarsi prele-vamenti e versamenti, pagamenti e incassi con bonifi co, versamento assegni. Non è possibile emettere assegni, chiedere una carta di credito, aprire un deposito titoli o ottenere un affi damento. È sul canone che gli intermediari potranno stabilire il loro vantaggio competitivo. Altro limite è det-tato dal numero esiguo di operazioni che possono essere effettuate, oltre le quali la banca ha potere di addebitare ulteriori co-sti. Previsto altresì il pagamento del bollo.Per le fasce meno abbienti non c’è addebi-to delle spese ed è esente da bollo. Condi-zione essenziale è avere un indicatore ISEE (indicatore situazione economica equiva-lente attestato da Inps, Comune o Caf), in-feriore a 7.500,00 euro. Modello che deve essere presentato in sede di apertura di conto corrente e poi ogni anno entro il

primo marzo, pena pagamento del canone e del bollo. Per i pensionati è stato sta-tuito un prodotto per coloro che hanno una pensione mensile netta fi no a 1.500,00 euro, escluse le forme di previdenza com-plementare, non soggetto al pagamento del canone, ma lo è all’imposta di bollo. Molte delle operazioni sono a pagamento ed è gratuita solo parte dei servizi. Versio-ne ulteriore del conto per pensionati è il conto per pensionati gratuito, è del tutto simile al precedente, ma non consente al titolare di accedere a servizi aggiuntivi, nemmeno a pagamento.Un consiglio prima di accedere, e decide-re il passaggio, da una tipologia di versio-ne. E’ opportuno fare un’attenta verifi ca dell’operatività bancaria, ossia dell’effettivo utilizzo e valutare caso per caso il prodot-to che meglio sposa le esigenze, anche te-nendo conto dei relativi costi e oneri.

Conto correnteConto corrente di base

scadenziario luglio 2012

Locatori, persone fisiche titolari di partita Iva, proprietari o titolari di altro diritto reale di godimento su unità immobiliari abitative locate

Versamento,della 2° rata dell’imposta sostitutiva nella forma della c.d. “cedolare secca”, dovuta a titolo di saldo per l’anno 2011 e di primo acconto per l’anno 2012,con applicazione degli interessi mella misura dello 0,08%

Titolari di abbonamento alla radio o alla televisione

Versamento della 3° rata del canonetrimestraleVersamento della 2° rata del canonesemestrale

Persone fisiche non titolari di partita Iva tenute ad effettuare i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi annuali(UNICO PF)

Versamento della 2° rata dell’Irpef risultante dalle dichiarazioni annuali, a titolo di saldo per l’anno 2011 e di primo acconto per l’anno 2012, con applicazione degli interessi mellamisura dello 0,23%

entro il 16/07/2012 entro il 31/07/2012 entro il 31/07/2012

Page 56: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201260

unga attesa ha caratterizzato i “lavori in corso” della nuova tassa sugli immobili: IMU. L’ap-prensione però non ha colpi-to i residenti nel comune di Valle Castellana(TE), Vincenzo

Esposito, sindaco uscente, unico candidato e, ovviamente, sindaco riconfermato, si sta guadagnando la fi ducia dei suoi elettori a “colpi di esenzione”. Il Comune montano ha puntato sulla promozione del territorio iniziando ad invogliare chi vi risiede a ri-manere eliminando l’IMU sulla prima casa. Meno fortunati i residenti negli altri comu-ni della zona che hanno già dovuto versare la prima rata dell’imposta. PRIMA CASANovità più cocente: è stata reintrodotta la tas-sazione sulla prima casa. Dal sito del comune di Teramo “Tutti sono tenuti al pagamento. Vengono meno le esenzioni sia per le abita-zioni principali(…). La nuova IMU cancella l’esenzione per i fabbricati rurali”. Consegue che l’imposta si applica sia nella casa in cui

si risiede, sia nelle altre. Le aliquote stabilite a livello nazionale sono: 0,40% (aliquota ridotta) per la prima casa e relative pertinenze;0,76% per le proprietà diverse dall’abitazio-ne principale. Permane, l’esenzione per i ter-reni agricoli siti nel territorio del Comune di Teramo in base all’art. 7 del D.L. n. 504/1992, che considera esenti da imposta i terreni agri-coli ricadenti in aree montane.

CHI E QUANDOE’ tenuto al pagamento dell’IMU, chiunque risieda in territorio italiano e sia proprietario di un immobile, titolare di un diritto reale su immobili (es. uso od usufrutto) o proprietario di terreni e/o aree edifi cabili. Il termine per il versamento del primo acconto, è scaduto il 18 giugno ed il saldo andrà versato entro il 16 di-cembre. Per quanto concerne il versamento dell’imposta relativa alla sola prima casa il contribuente ha avuto facoltà di scegliere se versare la metà dell’importo oppure un terzo ed usufruire di ul-

IMU, non è fi nita qui…di Antonella Lorenzi

Page 57: PrimaPagina giu. 2012

61PrimaPagina 26 giu. 2012

teriori due rate (17 settembre e 17 dicembre).

COME SI CALCOLALa base imponibile parte dalla rendita cata-stale a cui bisogna applicare una rivalutazione fi ssa del 5%. All’importo ottenuto si applica il moltiplicatore relativo alla categoria cata-stale a cui appartiene l’immobile, in caso di abitazione principale 160, si riduce per le altre categorie. Successivamente, si applica, all’importo risultate dai calcoli precedenti, la relativa aliquota (0,40% per abitazioni princi-pali, 0,76% per le rimanenti proprietà). I dati necessari per il calcolo sono rilevabili da una semplice visura catastale.

COME SI PAGAE’ stato possibile pagare l’IMU solo mediante mo-dello F24. I codici tributo istituiti sono: ABITAZIONE PRINCIPALE E RELATIVE PERTI-NENZE - cod. 3912 FABBRICATI RURALI AD USO STRUMENTALE - cod. 3913AREE FABBRICABILI – Q.TA COMUNE - cod. 3916; AREE FABBRICABILI – Q.TA STATO - cod. 3917;ALTRI FABBRICATI – Q.TA COMUNE - cod. 3918; ALTRI FABBRICATI – Q.TA STATO - cod. 3919 ;

AGEVOLAZIONISi possono detrarre € 200 per l’abitazione principale ed una detrazione aggiuntiva di € 50 per ogni fi glio a carico, di età inferiore agli anni 26 (fi no ad un massimo di 4 fi gli), se residenti nell’abitazione principale.

CASI DI ESENZIONEIn caso di divorzio o separazione è il coniuge che abita la casa a dover pagare l’imposta. Nel caso che i possessori degli immobili siano disabili o anziani che dimorano in istituti di ricovero, ogni singolo comune ha dovuto deci-dere se considerare l’abitazione come prima casa oppure no. Permangono altre esenzioni applicabili in casi particolari.

ALIQUOTEIl primo tassello dell’Imu è imposto dallo sta-to, il secondo dai comuni (i codici tributo sono distinti) che possono intervenire sulle aliquote fi no ad un massimo dello 0,3%. Molti comuni, al fi ne di far quadrare i propri bilanci sono già intervenuti, a Teramo l’aliquota per immobili diversi dalla prima casa, da applicare nel cal-colo della seconda rata, è la massima. Da un indagine pubblicata di recente dal Sole 24Ore è emerso che in Abruzzo, l’Imu ad ali-quota base, considerando un appartamento

di 100 metri quadri in affi tto, costerà media-mente € 831 annui a Pescara, € 653 a Chieti, € 574 all’Aquila e € 475 a Teramo. Spicca il dato di Pescara che si classifi ca al 12° posto nella classifi ca nazionale. A seguire troviamo Chieti, in 30esima posi-zione, L’Aquila (posiz. n. 51) e Teramo (posiz. n. 77).

Page 58: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201262

di Alessandro Tarentini

industrializzazione del gela-to, in Italia, incomincia nella seconda metà del ‘900 con la nascita di aziende come “Motta” e “Alemagna”. Il 1951 segna quindi l’inizio di

una guerra impari tra la grande industria e i piccoli produttori. La “Motta”, tramite una sapiente campagna stampa, colpisce duro su uno dei punti deboli della pro-duzione artigianale: l’igiene. Utilizzando lo slogan “L’ice cream è garantito – igienico” fa intendere che i concorrenti produce-vano sì un prodotto gustoso, ma che pec-cava molto in quanto a salubrità. A tutto questo si aggiunse una serie di convegni e tavole rotonde, organizzate sempre dalle grandi aziende, in merito alle norme di vi-gilanza igienica sulla produzione e la vendi-ta del gelato. Una volta plasmata l’opinione pubblica fu la stessa “Motta” a proporre ai piccoli gelatieri di cessare la produzione propria e vendere i suoi prodotti. Purtrop-po furono in molti a cedere a tale “ricatto mediatico”, ponendo fi ne a una tradizione tramandata di padre in fi glio. Al giorno d’oggi la produzione artigianale non esiste più, così come non esiste ne-anche un fantomatico mastro gelataio che seleziona con cura la materia prima (l’ac-qua, gli zuccheri, il latte e la panna, le uova, la frutta fresca, etc.), magari di produzione locale e biologica, e li lavora, seguendo pre-cise ricette, per poter dare al consumato-re un prodotto di qualità. La realtà è, pur-troppo, ben diversa. Basta leggere la lista degli ingredienti per rendersene conto. Oramai l’utilizzo di addensanti come gli al-ginati e le gomme agar sono d’uso comu-

ne. Agiscono sull’acqua rendendo il gelato asciutto e stabile; in tal modo ritardano lo sgocciolamento del gelato quando viene immesso al consumo.A completare la lista molto probabilmen-te ci sono degli emulsionanti, che rendono più cremoso il prodotto fi nale. Tra essi se-gnaliamo i monogliceridi, i monodigliceridi, iSucresteri, le lecitine. Fanno parte degli additivi anche i coloranti e gli aromi. Tut-ti di questi ingredienti permettono a chi produce gelato “artigianale” di avere un prodotto perfettamente riproducibile in ogni momento dell’anno. Inoltre, un con-sumatore attento avrà notato che molte gelaterie non hanno un vero e proprio la-boratorio di lavorazione. Questo perché la maggior parte di ven-ditori di gelato, è proprio il caso di dirlo, acquista semilavorati industriali, a cui basta aggiungere acqua e mantecarlo per avere un prodotto fi nito. Oppure esiste in com-mercio un semilavorato “bianco” privo di additivi ed emulsionanti a cui vanno ag-giunti i vari ingredienti in base alla propria fantasia, dando vita a gelati a base di acqua (frutta, infusi ecc.) oppure gelati a base di latte (creme ecc.). Bisogna precisare che quest’ultimi sono prodotti sani e genuini, ma, siccome uti-lizzano anch’essi la denominazione “gelato artigianale”, traggono in inganno il consu-matore poco informato. E tutto questo è a norma di legge, perché il legislatore non ha mai disciplinato la materia e i produt-tori furbi attaccano la parola “artigianale” a prodotti che sono tutto tranne che fatti a mano.

SI CHIAMA ARTIGIANALEsi legge industrialesi legge industriale

GelatoGelato

Basta leggere la lista degli ingredienti per rendersene conto. Oramai l’utilizzo di addensanti come gli alginati e le gomme agar sono d’uso comune...

in PrimaPagina

Page 59: PrimaPagina giu. 2012

63PrimaPagina 26 giu. 2012

ere un caffè durante la giorna-ta ha molteplici signifi cati: può rappresentare un momento di socializzazione, oppure di semplice relax solitario, o an-

cora un piacere quotidiano che a volte si trasforma in vizio, se non in dipendenza, nei casi più estremi. Gli italiani hanno sem-pre considerato, sbagliando, il caffè come una delle bevande più tradizionali della loro cultura. Da qualche anno sappiamo però che il primato dei consumi europei è nella mani dei norvegesi, con ben 9,9 kg pro capite, contro i soli 5,9 kg degli ita-liani. La realtà dei fatti, però, non è così semplice come questi numeri vorrebbero farla apparire. Da nazione in nazione, infat-ti, cambiano le modalità di preparazione e la varietà di caffè utilizzato infl uenza non solo il gusto, ma anche la quantità di una molecola molto importante: la caffeina. Tale sostanza è da anni sotto l’osservazione di attenti ricercatori che cercano di capirne gli effetti sull’organismo umano. Anche in questo caso vale la regola generale “è la

dose a fare il veleno”. Alle dosi abituali la caffeina riesce a stimolare la concentrazio-ne favorendo lo svolgimento di lavori lun-ghi e monotoni. Naturalmente se lo stato di vigilanza è già al massimo non si potrà aumentarla ancora. Da tempo la scienza cerca anche correlazioni tra il consumo di caffè e malattie cardiovascolari, con risul-tati molto contrastanti. Sembra comunque che il consumo di caffè faccia aumentare di poco la pressione arteriosa, senza diventa-re quindi un problema per la salute umana. Si è escluso anche il rischio dell’insorgenza di alcune forme di tumore, mentre, anzi, si è dimostrato l’effetto protettivo nel caso del cancro al colon retto. Numerosi studi scientifi ci hanno sfatato anche la leggenda urbana che il consumo di caffè possa in-fl uenzare negativamente il periodo della gravidanza. I medici comunque consiglia-no di ridurne il consumo in quei casi in cui vi siano situazioni cliniche considerate critiche, come ipertensione, aritmia, ulcere pre-esistenti, come pure durante l’allatta-mento (la caffeina può passare nel latte

materno ed infl uenzare negativamente il sonno del bambino). Inoltre, secondo l’NCI (US National Cancer Institute) il consumo di caffè può diminuire del 10% il rischio di morte. La ricerca ha coinvolto circa 40.000 persone, e ha seguito le abitu-dini alimentari di uomini e donne tra i 50 ed i 71 anni. Secondo i ricercatori la pre-senza di importanti antiossidanti nel caf-fè infl uisce positivamente sull’organismo umano. In tal modo, secondo gli studiosi, se associato al vizio del fumo si ha una ri-duzione dei casi di morte prematura. Tale ricerca ha comunque dei limiti. Non si tie-ne conto, ad esempio, delle diverse moda-lità di preparazione. Il caffè preparato nel nord Europa, una sorta di beverone nero, è molto diluito rispetto al caffè preparato nella moka o quello espresso. In quest’ul-timo caso, l’espresso lungo contiene più caffeina rispetto a un caffè corto o ristret-to in quanto l’acqua ha avuto più tempo per estrarla. Concludendo, si può dire che il caffè è sicuramente un prodotto sicuro, se consumato con moderazione.

in PrimaPagina

SALUTE NELLA TAZZINA (senza eccedere)Caff é

di Alessandro Tarentini

Page 60: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201264

l cancro del colon retto è la terza neoplasia per incidenzae mortalità nel mondo e la seconda causa di morte oncologica nei paesi industrializzati.In Italia ci sono circa 38.000 nuovi casi di CCR l’anno, che situano

questa neoplasia al secondo posto tra le localizzazionitumorali con un totale di decessi di circa 17.000.La sopravvivenza è di circa il 73% a 1 anno e del 49% a 5 anni.Raro prima dei 45-50 anni, aumenta notevolmente la sua incidenza a partire da questa fascia di età.Il precursore della neoplasia è il polipo adenomatoso, che può essere individuato precocemente dalle tecniche di screening, interrompendo così la sequenza adenoma-carcinoma.Pertanto è fondamentale anche nel CCR la diagnosi precoce.La colonscopia ottica (CO) rappresenta il gold standard nell’individuazione del CCR o suoi precursori (polipi adenomatosi), ma recentemente, l’American cancer society ha inserito la colonscopia Virtuale (CV) tra le metodiche di screening per il carcinoma colorettale, defi nendola come un’eccellente tecnica di screening.Da recenti studi di meta-analisi di lavori che

hanno valutato il valore diagnostico della CV rispetto alla CO, in una popolazione media a rischio, si evidenzia che la CV ha un’ottima sensibilità per adenomi _>10 mm, mentre è relativamente più bassa per adenomi da 6 a 9 mm. La sua sensibilità sia bbassa ulteriormente per i polipi di diametro _< 5 mm, ma in questi la possibilità di avere un tumore, o che lo diventi, è davvero minima.Tra i vantaggi della CV vi sono: una migliore compliance del paziente e l’essere meno invasiva rispetto alla CO.Un limite della CV è l’impossibilità di effettuare prelievi bioptici per l’esame istologico, al quale si è ovviati utilizzando la dimensione del polipo come surrogato dell’istopatologia.Infatti tutti i polipi di dimensioni _>6 mm vanno inviati all CO in accordo con le linee guida Usa.In un lavoro, Pickhardt ha dimostrato un alto valore predittivo positivo tra i risultati della CV e la successiva valutazione con CO.Quest’ultima ha identifi cato alcune lesioni non riportate dalla CV; ma il 70% di esse erano <_ di 5 mm, e di questi il 70% erano polipi iperplastici.L’alta affi dabilità della CV nell’individuare piccole lesioni dipende da molti fattori: preparazione intestinale, distensione colica, sensibilità del Tomografo Multistrato e possibilità del software di elaborazione. Oltre all’esperienza del radiologo, elemento da non sottovalutare.

benessere

foto: (a lato sx) test con risultato negativo

(in alto dx) test con risultato positivo

Colonscopia virtualevirtualeDr. Claudio D’ArchivioSpecialista in Radiodiagnostica e Scienze delle Immagini

Tra i vantaggi della Colonscopia Virtuale vi sono: una migliore compliance del paziente e l’essere meno invasiva rispetto alla Colonscopia Ottica

Page 61: PrimaPagina giu. 2012

65PrimaPagina 26 giu. 2012

a radiofrequenza non ablativa è una tecnica di rimodella-mento del tessuto cutaneo e sottocutaneo, conferisce le-vigatezza e turgore alla cute riducendo in maniera effi cace

la lassità cutanea.Il trattamento non è invasivo, si effettua in ambulatorio, non è doloroso e non richie-de né anestesia né medicazioni.Il dispositivo TEKNOFREQUENCY RIN-NOVA TS WALLY EXPORT TOUCH-SCREEN Viso Corpo sfrutta l’energia elet-tromagnetica che produce un aumento di temperatura a livello del derma che induce un immediato ringiovanimento cutaneo vi-sibile già dalle prime applicazioni. La temperatura di circa 40° che si raggiun-ge nel derma profondo, crea una denatu-razione dei legami delle fi bre di collagene con conseguente accorciamento delle fi bre stesse. Ne consegue un aumento di consistenza del derma e un effetto tenso-rio molto visibile.L’azione è duplice in quanto a questo effet-to lifting immediato si aggiunge un effetto a lungo termine, quello della produzione di nuovo collagene.Un ulteriore effetto benefi co del calore sui tessuti è l’aumento del microcircolo san-guigno con effetto drenante e favorente il metabolismo cellulare (thermoterapy). La ricostruzione del derma e dell’ipoder-ma avverrà pertanto nei tempi fi siologici e naturali in relazione ad alcune variabili quali: età del paziente, lassità del tessuto ed abitudini di vita.Studi scientifi ci hanno dimostrato che non ci sono effetti sulla melanina; questo rende la metodica sicura in tutti i fototipi e per-tanto può essere effettuata in ogni periodo dell’anno.I trattamenti con radiofrequenza possono essere effettuati sia sul viso e collo che sul rilassamento della braccia e dell’inter-no cosce, dell’addome, nel trattamento dell’invecchiamento delle mani.La metodica può essere utilizzata in abbi-namento ai trattamenti con Osmosi ul-trasonica Inversa utilizzata per la riduzione

delle adiposità localizzate.La visita medica preliminare permette di valutare le indicazioni al trattamento e gli eventuali criteri di esclusione.Al termine dell’applicazione non sono stati osservati effetti indesiderati.Il lieve rossore che si evidenzia si attenua comunque in poche ore dopo applicazione di una emulsione lenitiva.Il protocollo di trattamento prevede da un minimo di 8 ad un massimo di 20 sedute a seconda delle aree da trattare. Il tempo medio di applicazione è di 45 minuti circa.

RadiofrequenzaRadiofrequenza non ablativaDr. Vittoria DraganiSpecialista in Igiene e Medicina Preventiva

I trattamenti con radiofrequenza possono essere eff ettuati sia sul viso e collo che sul rilassamento della braccia...

& salute

Page 62: PrimaPagina giu. 2012

PrimaPagina 26 giu. 201266

servito

Gli scampi alla Catalana sono un un antipasto proteico ricco di proteine e fi bre, ma con valori per il colesterolo più alti rispetto agli altri molluschi e pesci. ( da 95 a 180 mg ogni 100 grammi)

Per l’insalata di scampi alla catalana ci serviranno i seguenti ingredienti (valido per 2 persone):1. 10 scampi freschi2. 2 carote3. 1 Trevisana4. 1 belga5. mezzo peperone rosso e mezzo giallo6. 1 cipolla tropea7. 3 coste di sedano8. 30 grammi di olive di gaeta9. 30 grammi di capperi in fi ore con gambo10. 100 grammi di pomodori pachino11. succo di limone12. olio extra vergine d’oliva13. sale, pepe, prezzemolo

Preparazione:Lavare, pelare e tagliare dello spessore di circa 1cm la trevisana, la belga, le carote, il sedano e i peperoni. Disporre la verdura in modo circolare su un piatto, lasciando il

centro vuoto per poi adagiarci pomodorini, olive, capperi e cipolla, tagliati in sottili rondelle. In una pentola, far bollire l’acqua. Tagliare gli scampi a metà, senza separarli, e immergerli per 3 minuti.Una volta raffreddati, disporli sul piatto unendoli alle verdure e al condimento precedentemente preparato. Spolverare e condire con pepe, sale,olio, limone e prezzemolo tritato.

Scampi alla Catalanaalla Catalana

Page 63: PrimaPagina giu. 2012

67PrimaPagina 26 giu. 2012

Sanitaria - Ortopedia - Articoli medicali

Viale Bovio, 105 - Teramo Tel. e Fax 0861.245256Cell. 334.6758546 - 334.6758544

[email protected] www.amistadsas.it

L’entusiasmo e l’amoreche mettiamo in ciò

che facciamo...Cura del piede CREME E OLI TALLONETTE E PLANTARIPEDICURE E PROTEZIONI PER IL PIEDE

Calzature MODA COMODAPREDISPOSTE PER

PLANTARI SU MISURAPOST OPERATORE

Calze preventive e terapeuticheCOLLANT - GAMBALETTI - AUTOREGGENTI

(40/70/140 DENARI)COLLANT - GAMBALETTI - AUTOREGGENTIMONOCOLLANT ( K1/K2/ANTIROMBO)CALZINI A COMPRESSIONE GRADUATA

Intimo sanitarioREGGISENI BODY

MODELLATORI GUAINEPANCERE

Page 64: PrimaPagina giu. 2012