PrimaPagina apr. 2011

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mensile per Teramo e provincia www.primapaginaweb.it

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In copertina: Il bicchiere dello sballo(foto free royalty from internet)

Inquadra e scatta con il tuo cellulare: accedi ai contenuti di “PrimaPagina”

Ha destato scalpore e quasi scandalo, in una società nella quale certe tesi “scontate” sono divenute, ahinoi, “straordinarie”. Il libro (appena uscito in Italia), che propongo in esame ai lettori di Prima Pagina, è scritto da una cinese naturalizzata americana. Mette in discussione l’educazione della prole secondo lo schema occidentale. Ne “Il ruggito della mamma tigre”, edito da Sperling & Kupfer, Amy Chua condanna la permissività, la comprensione esasperata, a favore del “rigore” e della “disciplina” tipicamente cinesi. “E’ inutile – sostiene l’autrice – evitare qualsiasi diffi coltà ai propri fi gli pensando di proteggerli”. Amy Chua mette in campo una serie di

priorità indiscutibili. Come puntare sempre agli obiettivi più alti (a cominciare dallo studio) per raggiungere quella sicurezza personale che accompagnerà i ragazzi per tutta la vita. Sembrano ovvietà, a una lettura superfi ciale. In realtà, le tesi della “mamma tigre” hanno fatto discutere negli Stati Uniti, perché rimettono in gioco tutti gli schemi della moderna psicologia infantile dai risultati quasi fallimentari. Adolescenti fragili, indecisi, superfi ciali, “leggeri” nelle emozioni, disorientati e privi di appigli solidi li incontriamo - e li riconosciamo - tutti i giorni. Tirati su da adulti, a loro volta incapaci di prendersi seriamente la responsabilità di crescerli. Dicendo quasi sempre “sì”, negando

l’evidenza di fronte ai fallimenti scolastici, scaricando le colpe su un “sistema esterno” sbagliato. E’ indispensabile un’autocritica severa, e una rapida retromarcia. Se proprio non riusciamo a copiare la mamma tigre mentre ruggisce, almeno mettiamoci in discussione. Senza, accontentarsi di “seguire la corrente”. Che non ci ha portato lontano. Finora.

Tiziana Mattia

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Enrico Santarelli

TIZIANA MATTIA

n. 605 del 14/07/09 n. 20081

E.C.S. Editori srlVia Costantini, 6 - TeramoTel. 0861. 250336 Fax 0861.412240 [email protected]. Roc. 20081

Fulvio BartoliMira CarpinetaLaura CaselliMichele CilibertiFabio De CristofaroPaolo De CristofaroDaniele di LucianoIvan Di NinoLaura Di PaolantonioIlaria Claudia F.Antonio GinaldiMarina GrossiVincenzo Lisciani PetriniAntonella LorenziPatrizia MattiaGiuseppe MauroGiuseppina MichiniViktoria MychalchuckAlessio PalantraniDaniela PalantraniJessica PavoneMariagrazia Mitsu PetrinoGianfranco PucaErrico RecanatiRaul RicciRopelMichele SecciaMassimo Vicentini

Dr. Daniele Cianci

Nicola Arletti

Pegasus Communcations

Pegaso Distribuzione

3 maggio 2011

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Si ringraziano gli inserzionisti per il loro sensibile contributo che consente

la pubblicazione e la divulgazion del periodico.

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Focus on

Voci sul Nuclearedi Mira Carpineta

Omicidio Fadani: l’incubo continuadi Raul Ricci

Caro Capoluogo: messaggi dei Comuni a Teramodi AlessioPalantrani

Sul palco la diff erenzadi Vincenzo Lisciani Petrini

Hockey in carrozzina: sport e divertimento in crescitadi Massimo Vicentini

Luce rossa sulla pelledi Patrizia Mattia

Il Trust e le sue applicazionidi Gianfranco Puca

Ricetta del mesedi Errico Recanati e Fabio De Cristofaro

il bicchiere dello sballo“Si chiama eyeballing, l’ultima moda del sabato sera, ma bisogna già essere sbronzi per “gocciarsi” l’alcool direttamente negli occhi”

Per scrivere aPrimaPaginaPer una risposta privata inviare alla redazione specifi cando il titolo dell’articolo o della rubricaVia Costantini n.6 64100 TeramoIndirizzi mail:[email protected]@primapaginaweb.itsito internet: www.primapaginaweb.itsiamo anche su facebooktelefono/fax 0861. 250336

Precisazione

Su richiesta di un lettore, che contesta un passaggio dell’articolo “In attesa di giustizia” pubblicato a pag. 41 del numero di aprile (in cui si parla di un grave fatto di cronaca verifi catosi a Teramo il giorno di Pasqua di 2 anni fa), precisiamo che l’autore del pezzo descrive esclusivamente l’ambientazione e il sottofondo culturale in cui il fatto delittuoso è maturato, senza alcuno specifi co riferimento al presunto colpevole, né alla sua posizione, che potrà essere eventualmente acclarata solo dopo il pronunciamento dei giudici. Pertanto ciò che viene descritto è quanto emerge da atti di pubblica consultazione, come si evince da altri passi dell’articolo in cui si fa riferimento al dossier di 2500 pagine che ne racchiudono l’istruttoria.

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ancano pochi giorni al 1° maggio, quan-do Benedetto XVI proclamerà “Beato” Giovanni Paolo II ri-conoscendone pub-

blicamente la santità di vita e l’importanza della testimonianza di fedeltà al Vangelo e all’umanità. Un evento atteso e richiesto sin dal primo momento dopo la morte del Pontefi ce che durante i 27 anni di mini-stero petrino ha profondamente segnato il ventesimo secolo ed anche il passaggio epocale dal secondo al terzo millennio.Alla mia mente tornano tanti motivi di gra-titudine per il Papa che ha praticamente segnato gli anni del mio ministero sacerdo-tale (dal 1978 al 1997) ed episcopale (dal 1997 al 2005) anzitutto per il suo Magiste-ro, l’esemplare spirito missionario, la dedi-zione alla vita pastorale ordinaria (come le visite alle parrocchie di Roma, la sua Dio-cesi) e i gesti profetici.Ma non dimenticherò mai la prima volta quando ebbi la possibilità di concelebrare con Giovanni Paoli II nella sua Cappella privata.Era il 16 gennaio 1992. Una gelida matti-na romana, un freddo pungente. Alle ore 6.00 in punto varco il portone di bronzo insieme al mio Arcivescovo, Mons. Car-melo Cassati, di cui ero vicario generale per la diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie e Nazareth. Con gli altri Vescovi pugliesi

accompagnati dai loro segretari, siamo at-tesi nella cappella privata del Papa per la Concelebrazione. E’ un momento specia-le della visita ad limina. (Ogni cinque anni, circa, in occasione di un pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, il Papa incontra personalmente e in gruppo i Ve-scovi di tutte le diocesi del mondo per una conoscenza concreta, dal vivo delle chiese particolari). E’ la prima volta che incontro personal-mente il Papa. Una esperienza indimenti-cabile di cui conservo un ricordo nitido, che in questi giorni oltre che tornare alla memoria, comprendo in una luce comple-tamente nuova. In seguito mi è capitato altre volte di av-vicinare Giovanni Paolo II: in occasione dell’ordinazione episcopale (8 gennaio 1998); della visita ad limina del 1999; du-rante le annuali Conferenze dei Vescovi italiani; durante il Giubileo del 2000, parte-cipando ad alcune Udienze Generali sino ai suoi funerali. Ma quella mattina di gennaio …Dopo aver indossato i paramenti liturgici in una sala, poco prima delle 7.00, siamo entrati in chiesa, quasi furtivamente, per non disturbare il Papa in preghiera, men-tre prendiamo posto. Ricordo che, un po’ impacciato per l’emozione, mi sono quasi bloccato nel vedere il Papa in ginocchio e come assente, perché il suo sguardo era fi sso all’altare, alla Croce, all’immagine del-

GIOVANNIPAOLO II

un ricordoun ricordopersonale e indelebilepersonale e indelebile

MONS. MICHELE SECCIA VESCOVO DELLA DIOCESI DI TERAMO-ATRI

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la Vergine che sono nella sua cappella, da-vanti ai suoi occhi. Dopo pochi minuti gli si è avvicinato il suo segretario, don Stanislao, per invitarlo ad indossare i paramenti ed è iniziata la Celebrazione Eucaristica.Non dimenticherò mai è il volto di Giovan-ni Paolo II mentre celebrava l’Eucaristia. I suoi gesti, il suo silenzio, l’infl essione della voce, il suo sguardo così intenso da appa-rire assente, perché pienamente immerso nella preghiera. Potrà pure apparire esa-gerato. Ma ancora oggi, nella lucidità del ricordo, so solo che sono stato colpito, profondamente colpito dal vedere come Giovanni Paolo II era immerso nella pre-ghiera!È toccato a me proclamare il Vangelo con il Papa quasi di fronte a me, proteso verso l’ambone per l’ascolto, assorto nell’acco-gliere la Parola, pronto a baciare il Vangelo con grande devozione e amore. Con questa memoria sempre viva ho letto e compreso la sua ultima Enciclica Ecclesia de Eucharistia, del 17 aprile 2003, e la suc-cessiva Lettera Apostolica Mane nobiscum Domine, per l’Anno dell’Eucaristia (del 7 ottobre 2004). Sono documenti nei quali continuo a rivedere, non solo la dottrina sul mistero eucaristico espressa nelle linee fondamentali e con chiarezza magistrale, ma anche tutta l’esperienza spirituale e mistica di Giovanni Paolo II maturata alla scuola dell’Eucaristia e della Vergine San-ta, donna eucaristica con l’intera sua vita (EE53).A distanza di anni confermo che pur aven-do avuto altre occasioni di incontri perso-nali con il Servo di Dio Giovanni Paolo II, quello appena descritto resta il mio ricor-do più vivo e incancellabile.

Era il 16 gennaio 1992. Era il 16 gennaio 1992. Una gelida mattina Una gelida mattina romana, un freddo romana, un freddo pungente. Alle ore 6.00 pungente. Alle ore 6.00 in punto varco il portone in punto varco il portone di bronzo insieme al di bronzo insieme al mio Arcivescovo: Mons. mio Arcivescovo: Mons. Carmelo CassatiCarmelo Cassati

Mons. Michele Seccia

Papa Giovanni Paolo II

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In città si scopre un ceto imprenditoriale che punta sull’editoria. Proprio quando i giornali stampati sono in diffi coltà e perdono copie. Quando si impone la separazione netta fra libera informazione e aff ari. Vediamo, dunque, quali prospettive ci sono per vincere un’ impresa che si prospetta diffi cile, rivolgendo alcune domande al giornalista-scrittore Marcello Martelli, uno che l’argomento lo conosce in profondità.D- Un fatto nuovo in città: imprenditori che diventano editori. Vorrei avere su questo una opinione da un maestro della professione e da un pioniere, primo fondatore in Abruzzo di un giornale-panino (Le Notizie-La Stampa) nel 1994. “In tempi di crisi e di sfi ducia è indubbiamente positivo che in una piccola città della media provincia italiana una cordata di noti imprenditori si faccia avanti per raff orzare la compagine societaria di un quotidiano a diff usione provinciale. Un evento positivo, che depone a favore di un ceto imprenditoriale in passato abituato a investire in iniziative di sicuro profi tto e garantito ritorno politico-aff aristico”. D-Invece, ora, improvvisamente, è cambiato tutto?“Vediamo. E’ noto che donne e giornali (me lo ripeteva spesso un vecchio imprenditore mio amico) sono scelte sicure per perdere soldi. Ne guadagnano, invece, sicuramente la cultura e l’informazione. In particolare la carta stampata, che in tempi non rosei del settore trova ossigeno per aff rontare, come promettono, un “nuova avventura”. Che, da vecchio navigante del mestiere, auguro di successo. Mentre grandi gruppi nel mondo si accingono, com’è noto, a concentrare sul web molte delle risorse. Il crollo delle vendite dei giornali, purtroppo, continua: nel settembre scorso i due maggiori quotidiani italiani Il Corriere e Repubblica hanno registrato una fl essione del 3,4% e 5,6%”. D-Dunque? “Continuare a investire sulla carta stampata è positivo. Se non altro, per quanto ci riguarda, denota la presenza di imprenditori che promuovono valori di cui la società attuale avverte stringente necessità. Peccato, però, che una iniziativa ambiziosa sia nata con una omissione e un errore”. D-Vediamo di cosa si tratta. “Nel presentare l’iniziativa era forse opportuno ricordare un precedente che fa parte della storia della città. Diciassette anni fa, proprio a Teramo, vide la luce il tandem Le Notizie-La Stampa, allora una novità assoluta nel giornalismo italiano. Posso dire che quella esperienza ha fatto scuola, anche per i tanti giovani giornalisti che vi si formarono e che sono entrati poi nella professione. Alcuni hanno fatto una bella carriera. Due bravi colleghi, Agostino Gramigna e Roberta Scorranese, per esempio, lavorano al Corriere della Sera”. D- Qual è, invece, l’errore commesso?“Aver attribuito genericamente a Potito Randi la nascita del primo giornale quotidiano della città. Da geniale imprenditore colto e lungimirante, che ora la città sta ricordando con opportune iniziative celebrative, Randi credeva molto nel progetto di un quotidiano abruzzese. Quando, nella nostra regione, non esisteva un organo d’informazione locale. Il Centro doveva ancora nascere ed è arrivato solo nel 1986. Circostanze e problemi vari impedirono all’imprenditore Randi e a me di realizzare l’iniziativa. Insieme avevamo creato la Edigrafi tal, portando in città la prima rotativa per la stampa di un quotidiano. Il progetto editoriale fu ripreso in seguito da me e realizzato nel 1994 insieme con La Stampa di Torino. Un evento storico per Teramo. Però, certi settori più retrivi della città scelsero di avversare l’iniziativa. Fra tanti amici e sostenitori, c’era purtroppo persino chi la mattina si recava puntualmente in edicola, non per acquistare il giornale della città, ma per controllare se fi nalmente avesse cessato le pubblicazioni. Questa l’amara verità”.D-Una verità da ristabilire, anche per avere titolo a fornire qualche consiglio non richiesto. “Per l’esperienza fatta, posso dire che a quanti investono nell’editoria giornalistica spesso sfuggono due aspetti determinanti: che l’editoria professionale e di qualità costa; che i bilanci, quasi sempre, chiudono inizialmente in perdita, se vengono rispettati gli organici e le tariff e sindacali; che i riscontri positivi dipendono dagl’investimenti (certamente, non pochi spiccioli) e dal tipo di

prodotto che si off re”. D-Insomma, stampando giornali, non si fanno profi tti. Politicamente, però… “Andrei cauto, anche sotto questo aspetto. Intanto, è cambiato un po’ tutto. Va preso atto che la politica non ha più soldi pubblici (così, almeno, dovrebbe essere) per fi nanziare imprenditori-editori amici. Il clima è diverso, alla luce di quanto abbiamo visto accadere in particolare nella nostra Regione. Dove due governi regionali sono caduti, travolti dagli scandali. Ora possiamo avere la certezza di un fatto: che abbiamo una opinione pubblica e una magistratura sempre più guardinghe e attente”. D- Ma che c’entra tutto questo con l’editoria?“C’entra…centra. Con l’autonomia dell’informazione e dell’editoria dalla politica clientelare e aff aristica, si può tornare, come auspicato da molti, al vero giornalismo. Quello che porta lettori ai giornali e ascoltatori alle tv. Ovvero, una informazione libera. Cioè non legata ai soliti furbetti, che si improvvisano editori, per compiacere i politici amici. L’informazione libera resta il cardine della nostra malandata democrazia e da qui urge ripartire, considerato dove sono arrivate le cose. Posto che solo notizie e inchieste scomode sono pilastri sicuri su cui, alla lunga, si tengono i bilanci di un’azienda editoriale”. D-Ha senso parlare di “informazione libera”, oggi? Non è utopia? “Democrazia, libertà, indipendenza. Sono valori fondamentali irrinunciabili di una società avanzata. Gli stessi valori su cui sostanzialmente poggiano i bilanci sani di un’azienda editoriale. Gli esempi positivi del resto non mancano…”. D-D’accordo, ma c’è una strada precisa per uscire dall’attuale situazione critica di un settore ritenuto importante? Andiamo nel concreto. “Il problema di fondo è come ridare credibilità ai giornali. Dovevano essere un contro-potere, ora sono tutti schierati, dall’una e dall’altra parte. Si calcola che almeno 3 cittadini su 4 non credono a ciò che leggono. Il sondaggio reso noto nel 1984 e non credo che ora la situazione sia migliorata. I lettori dei quotidiani sono pochi e, cosa più grave, sono sempre gli stessi, da trent’anni a questa parte. Anzi, sono diminuiti. La maggioranza dei cittadini neppure si avvicina all’edicola per acquistare un quotidiano. Le vendite aumentano solo quando c’è un fatto di nera e, di più, quando viene estratta una lotteria e la diff usione delle copie può aumentare anche del 40-50%. Per gli altri giorni dell’anno, l’indiff erenza per quanto accade nel mondo è pressoché generale. La maggioranza si accontenta dell’informazione generica dei telegiornali”. D-Concludendo, quella dei giornali stampati è una battaglia persa? “Nonostante tutto, penso invece che ci sia molto da fare. Specie per conquistare alla lettura dei giornali e avvicinare all’edicola la massa enorme di non-lettori. Cioè di quanti (e sono milioni) non hanno mai preso in mano un quotidiano”.D-Un’impresa titanica… “Può essere viceversa un’impresa esaltante conquistare questo pubblico, il più disponibile forse ad apprezzare lentamente un giornale che non sia una resa ai disvalori del compromesso e della meschinità. Una scommessa diffi cile, ma non impossibile creare un bel giornale, che sia anche un buon giornale. Ricordo che, fra gli altri, ne era convintissimo Gaspare Barbiellini Amidei, maestro del mestiere e mio direttore a Il Tempo”, che su questi temi ha scritto un libro bellissimo”. D- Occorrono alcuni ingredienti fermi, immagino…. “Certo. Fondamentali sono gl’ingredienti della competenza e della qualità, che non si improvvisano. Posto che quella del web non è una guerra contro la carta stampata. Anzi, un’alleanza. Per aff rontare il futuro con ottime prospettive”.

Teramo e i giornaliTeramo e i giornali

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ukushyma come Chernobyl. Il nucleare torna a far paura e far discutere allo stesso tempo. Ma cosa sappiamo veramente sull’argomento che possa sciogliere o

confermare le nostre ansie? Perché dopo aver rinunciato al nucleare siamo di nuovo chiamati a rispondere si o no, con un nuovo referendum, sullo stesso quesito? ma soprattutto cos’è l’energia nucleare e come si ottiene? Per rispondere a queste domande abbiamo chiesto a due esperti di spiegarci i pro e i contro di questa tecnologia, partendo dall’inizio e cioè come si produce l’energia nucleare?: “Mentre attraverso i combustibili convenzionali (gas, carbone, petrolio) l’energia viene prodotta da una reazione chimica di combustione,nel caso del nucleare –spiega l’ing. Tullio Tomassini*- essa scaturisce dalla scissione, in atomi

più leggeri, dell’Uranio 235 attraverso il bombardamento neutronico detto fi ssione; da questa scissione si formano altri neutroni che a loro volta provocheranno altre scissioni dando luogo alla reazione a catena nucleare. Questa moltiplicazione esponenziale di scissioni produce i seguenti fenomeni:a) Una produzione molto elevata di energia per unità di massa di combustibile. Per ogni reazione di fi ssione vengono prodotti in media 3*10-11Joule e 2.5 neutroni. La fusione di 1 kg di materiale fi ssile sviluppa una energia pari a 20 milioni di Kwh termici, ossia quanti se ne potrebbero produrre con 2800 tonnellate di carbone. Circa l’85% di questa energia e’ energia cinetica associata ai frammenti di fi ssione(atomi risultanti dalla scissione dell’Uranio), il restante 15% e’ associata ai neutroni e alle altre particelle che si liberano dalla fi ssione. Tutte queste

particelle dissipano,per rallentamento o perché assorbite, la loro energia sotto forma di calore, riscaldando il combustibile disposto all’interno del nocciolo del reattore sotto forma di barre di ossido di uranio. Il loro raffreddamento per mezzo di acqua genera il vapore necessario al funzionamento delle turbine per la produzione di energia elettrica. In sintesi, il reattore nucleare che contiene al suo interno il nocciolo, è l’equivalente della caldaia in un impianto convenzionale a carbone od a olio combustibile. b)La generazione di una ingente quantità di materiali radioattivi; infatti la scissione dell’uranio genera atomi instabili che emettono radiazioni che, investendo altri materiali presenti nel reattore, per effetto dell’esposizione, li rendono radioattivi. Questo insieme di materiali comprensivi del combustibile esaurito viene denominato scoria radioattiva”.

Voci sul nucleareVoci sul nucleare

Mentre il Governo bloccaMentre il Governo blocca, almeno temporaneamente, le norme sulla costruzione le norme sulla costruzione delle centrali nuclearidelle centrali nucleari, abbiamo sentito due esperti con pareri diversi. E da Chernobyl…E da Chernobyl…

DI MIRA CARPINETA

Yusuka Kamekura series 1983

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Risponde l’ing. Angelo Scipione

Il tema dell’utilizzo dell’energia nucleare, più volte messo in discussione nel corso degli ultimi 50 anni, torna di grande attualità negli ultimi mesi soprattutto in virtù delle recenti vicende che hanno scosso l’opinione pubblica (incidente Fukushima).Assieme all’Italia, altri paesi come ad esempio la Finlandia, Turchia, Egitto stanno tornando a rivolgere interesse verso questa forma di approvvigionamento energetico, laddove USA, Francia, Germania e Russia hanno mantenuto costante la loro propensione nonostante abbiano al contempo investito sulle energie rinnovabili. Di fatto gli impianti nucleari rappresentano, visti con l’occhio dell’investitore, un ottimo compromesso tra costi iniziali e costi di esercizio, la combinazione dei quali ha subito un decremento sostanziale negli ultimi anni (- 44%). Ma la fonte maggiore di critiche verso questa forma di energia è da sempre costituita da coloro che ne lamentano la pericolosità e l’impatto sull’ambiente, quest’ultimo, fatta eccezione della problematica dello smaltimento delle scorie (batterie di combustibile Uranio235/Pu239 usate) assai minore rispetto alle centrali a combustibile fossile, data l’assenza di CO2 e SOx.In questo quadro in alcuni punti controverso, una chiave di lettura razionale può essere costituita secondo chi scrive, dai vantaggi e miglioramenti rispetto alle suddette problematiche introdotte dalle centrali “di nuova generazione”, le quali rimettono in gioco su un piano concreto e scientifi co il nucleare introducendo un sistema di garanzie tecnologiche (sistemi più affi dabili di raff reddamento) ed operative riguardo alla sicurezza, riportando l’attenzione su aspetti fondamentali come

i programmi di manutenzione e la stima corretta della vita sicura dell’impianto.Una maggiore attenzione su questi punti potrà sicuramente rendere le future centrali del tutto sicure e progressivamente annullare quell’alone di sfi ducia che si è sviluppato attorno a questa tecnologia. I ruoli della manutenzione preventiva e correttiva, ed in seno alla prima la possibilità di agire in modo pianifi cato eseguendo riparazioni, modifi che e sostituzioni di parti ed attrezzature programmate nel tempo fanno parte di un intero percorso, che parte dalla progettazione intesa come verifi che di calcolo, scelta corretta di materiali con valutazione di fattori come corrosione, erosione e comportamento meccanico ad elevate temperature, un percorso questo che chi opera nel mondo dell’impiantistica e degli apparecchi in pressione conosce bene e che, nello specifi co del nucleare, trova un riferimento nella Sezione III del Codice americano ASME.

* Angelo Scipionelaurea in Ingegneria Meccanica presso 1’ Università di Pisa; già inforza presso l’uffi cio calcoli di Mantova e poi nell’impianto nucleare di Latina “Cirene” con l’incarico di emettere specifi che e procedure per il montaggio e il controllo qualità dei “canali di potenza” all’interno del nocciolo del reattore nucleare e produttore di specifi che procedure per la messa in conservazione di tutti i componenti (piping, macchine,componenti) dell’impianto.

A favore dell’energia nucleare

a prima menzione storica di Chernobyl è datata 1193. Per 800 anni gli abitanti della città, nonostante la fame, il freddo o le malattie, hanno lavorato la terra, allevato il

bestiame senza mai lasciare la loro casa natale. Oggi Chernobyl è uno spazio vuoto. Dei giardini fi oriti, dei magnifi ci palazzi e monumenti non è rimasto quasi più nulla. E’ una città morta. Non ci sono più rumori, né vita. Solo 170 pensionati hanno deciso di tornare a viverci i loro ultimi anni. L’energia nucleare è molto crudele. Un solo errore può causare un incidente e un incidente può cambiare il mondo intero. Purtroppo però senza l’energia nucleare, nel nostro tempo, non si può vivere. E’ una grande opportunità, ma allo stesso tempo un pericolo enorme. Vi è quindi la necessità di studiare e sperimentare nuove forme di gestione degli impianti nucleari al fi ne di evitare incidenti in futuro e di eliminare gli effetti negativi dei disastri che si sono verifi cati in passato.Il 25 aprile del 1986 a Chernobyl si accingevano ad arrestare il 4 ° reattore per l’ ordinaria manutenzione preventiva e allo stesso tempo, per testare uno dei sistemi di sicurezza. Il 26 aprile, alle ore 1 , 23 minuti e 48 secondi, si verifi cò una serie di esplosioni che diedero inizio alla distruzione del reattore e dell’intero blocco 4. Delle 192 tonnellate di combustibile radioattivo presenti nel reattore, più di 7,5 tonnellate si dispersero in aria per 10 giorni. Erano composte di plutonio radioattivo, stronzio e iodio. La nube formatasi sopra Chernobyl si mosse in direzione nord coprendo la regione ucraina di Polesie, alcune regioni della Bielorussia e della Russia, contaminando una superfi cie di oltre 50 000 metri quadrati intorno a Chernobyl, compresi i fi umi che costituivano il bacino idrico di Kiev. Le radiazioni penetrarono nell’atmosfera dell’intero emisfero settentrionale terrestre. Le vittime dell’incidente di Chernobyl, furono 3.200.000 persone, tra cui circa 1.000.000 di bambini.La più alta esposizione fu subita da coloro

25 anni25 annidopodopo

Help Japan social campaign 2011

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Risponde l’ing. Tullio Tomassini

L’energia nucleare è una fonte energetica che non può essere valutata utilizzando i parametri tipici con cui si valutano le altre fonti .I vantaggi e gli svantaggi nell’utilizzo dell’energia nucleare sono:-Assenza di produzione di CO2. Le centrali nucleari non producono anidride carbonica ed ossidi di azoto e di zolfo(assenza di combustione nel processo di produzione di energia); tali gas sono i responsabili dell’eff etto serra e del buco dell’ozono.-Riduzione del carico di spesa. L’energia nucleare riduce l’importazione di petrolio e di altri combustibili fossili, abbassando così la possibilità di shock esterni sulla economia e riducendo il carico di spesa sulla bilancia dei pagamenti con l’esterno.-Maggiore stabilità politica. Con lo sfruttamento dell’energia nucleare si ha una maggiore stabilità politica in quanto si riduce la dipendenza dall’importazione di petrolio da stati ad elevata instabilità politica.-Conseguenze in caso di incidente. L’incidente ad una centrale nucleare è un evento molto più pesante rispetto a quello di un impianto convenzionale; l’incidente più grave di riferimento che viene considerato in fase di progetto è la perdita di raff reddamento del nocciolo in seguito a malfunzionamento dell’impianto od a eventi esterni eccezionali. Il rilascio di radioattività e calore residuo dovuti alla fusione parziale o totale del nocciolo viene comunque contenuta all’interno delle barriere di contenimento del nocciolo

stesso, essendo il sistema progettato per far fronte a questa evenienza. Nonostante l’aumento delle salvaguardie impiantistica e quindi della sicurezza nelle centrali nucleari di terza generazione,non è possibile ridurre a zero il rischio di incidente, né le conseguenze negative sulle popolazioni dovute alla esposizione a radiazioni. E’ utile ricordare che non esiste una soglia minima di assorbimento delle radiazioni sotto la quale il rischio di contrarre malattie(leucemie e tumori) sia nullo; tutte le valutazioni in tal senso sono di tipo probabilistico.-le scorie nucleari sono uno degli aspetti più critici. In funzione del tempo di decadimento vengono distinte in scorie di terzo, secondo e primo grado.Le scorie di terzo grado ad alta attività radioattività possono impiegare anche 100.000 anni per decadere; quasi tutti i depositi di scorie presenti nel mondo sono depositi in superfi cie ed in cavità o miniera, adatti ad ospitare scorie a bassa ed media attività, solo nel New Mexico e’ iniziata la costruzione di un deposito geologico in profondità -Lo smantellamento dell’impianto (decommissioning) è una operazione estremamente lunga e costosa; la sua durata dipende dal tipo di reattore e dalla sua storia operativa,e può durare alcune decine di anni e realizzato in periodi operativi intervallati da periodi di inattività. Inoltre diventa quasi impossibile quantifi care il costo di smantellamento di un reattore che ha subito un incidente nucleare severo.

* Tullio Tomassinilaurea in Ingegneria nucleare indirizzo impiantistico presso La Sapienza-Roma. Ricercatore presso l’Enea nel campo del Decommissioning delle centrali nucleari; Attualmente si occupa di progettazione di componenti per impianti con turbine a gas.

Contrario all’energia nucleare

che presero parte alle operazioni di spegnimento degli incendi e dell’emergenza. 238 i malati con la sindrome acuta da radiazioni, 29 di loro morirono nei primi mesi dopo la catastrofe, 2.000 persone colpite da ustioni da radiazioni. Circa 150. 000 le persone evacuate dalla zona di contaminazione, che dovettero lasciare le loro case per sempre.la salute della popolazione che viveva nel Nord Ucraina, alcune regioni della Russia e la Bielorussia peggiorò nettamente dopo l’incidente. Si moltiplicarono i casi di patologie dei sistemi respiratorio, digerente, endocrino, del metabolismo, del sangue, aumentarono i malati di cancro e le malformazioni congenite.L’incidente di Chernobyl si impresse nella memoria collettiva durante la successiva quotidiana lotta agli innumerevoli problemi che si verifi carono nei vari ambiti della società e per il destino di milioni di persone. Il disastro che ebbe luogo il 26 aprile 1986 deve essere ancora oggi un monito alla vigilanza, alla consapevolezza dell’umanità per la salvaguardia della propria incolumità.

il disastro di Chernobyll 1986

VIKTORIA MYKHALCHUCK17 ANNI, STUDENTESSA UCRAINA

Dall’Ucraina il ricordo di una tragedia mai una tragedia mai dimenticatadimenticata

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lla fi ne è arrivata. Inaspettata, per buona parte della pubblica opinione, addirittura sconvolgente.Alcuni l’hanno gridata

come ‘vergognosa’. L’attesa sentenza del processo per l’omicidio di Gabriele Fadani, commerciante di 37 anni di Alba Adriatica ucciso fuori un pub la notte del 10 novembre 2009, è scoccata alle ore 18 di un pomeriggio di aprile apparentemente come tanti. Il gup Giovanni De Renzis ha condannato il solo Elvis Levakovic, autore reo-confesso del pugno letale, a dieci anni di carcere per omicidio preterintenzionale, mentre a sorpresa ha assolto gli altri due rom imputati, Sante Spinelli e il cugino di Elvis, Danilo Levakovic. Per loro, ritirate tutte le accuse. Quella tragica notte, dunque, a togliere la vita ad un padre di famiglia non contribuirono i due giovani rom, che nonostante un video sfocato in mano all’accusa rappresentata dalla madre e dall’ex moglie di Emanuele Fadani, costituitesi parte civile, sono usciti dalla porta dell’aula di Corte d’Assise totalmente scagionati. La Procura di Teramo aveva chiesto in rito abbreviato la condanna a 30 anni per tutti e tre gli imputati, dunque il massimo della pena. Alla lettura della sentenza, la famiglia dell’imprenditore di Alba Adriatica ha iniziato una lunga, straziante protesta all’interno dell’aula di Corte d’Assise. “Oggi ci vergogniamo di essere italiani, tutto questo è semplicemente un incubo”, hanno commentato la mamma e l’ex

moglie di Fadani in lacrime. Una rabbia che si è scontrata con il clima festoso appena fuori dall’aula delle famiglie dei due rom presenti in tribunale. Ad uscire per primo, dopo la lettura della sentenza, Danilo Levakovic, che ha aperto la porta levando le braccia al cielo e gridando verso i giornalisti: “In Italia la giustizia esiste!”.Durante la replica delle parti, avvenuta nella mattinata dello stesso giorno, l’avvocato dell’accusa, Rapali, aveva ricalcato in modo deciso sulla responsabilità degli altri due rom, che avrebbero concorso nell’omicidio del 37enne albense con calci e pugni tirati quando la vittima aveva già ricevuto il pugno mortale sferrato da Elvis Levakovic.Un’accusa che però non è risultata essere incisiva e che è stata ribattuta colpo su colpo dalla difesa. “La parte civile ha sviluppato male il processo e ne ha pagato caro il prezzo”, ha commentato qualcuno all’interno del tribunale. Dunque, nessun altro colpo ai danni di un uomo che giaceva inerme, probabilmente già morto. La sentenza ha lasciato una profonda, tangibile amarezza. “Uno specchio dei tempi della giustizia del nostro Paese”, l’ha defi nita con acuta lucidità uno dei tanti poliziotti del nutrito dispiego di forze dell’ordine presente lungo il corridoio del Palazzo di Giustizia, che in più occasioni ha visto le famiglie delle parti guardarsi a pochi metri di distanza, in un clima di tensione che è andata crescendo con lo scorrere dei giorni, e poi delle ore, dei minuti, fi no a che la giustizia non si è pronunciata. Assenti in tribunale gli amici

Cronaca

Omicidio Fadani Omicidio Fadani l’incubo continua…

la Giustizia dea bendata

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di Fadani – qualcuno dice fortunatamente, anche immaginando come si sarebbero potuti surriscaldare gli animi in seguito alla sentenza - riunitisi nell’associazione “Per non dimenticare”. Presenti in aula i genitori di Antonio De Meo, il ragazzo di 23 anni ucciso a Villa Rosa la sera dell’ 8 agosto 2009 in circostanze molto simili a quelle che hanno portato alla morte Emanuele Fadani. Per loro, l’udienza è fi ssata per il 23 giugno. “Se questa è la giustizia, crediamo che anche per gli assassini di mio fi glio ci sarà il medesimo trattamento. Siamo disgustati da quanto è accaduto oggi”, ha commentato la signora Lucia, mamma di Antonio De Meo.

RAUL RICCIi famigliari distrutti dal dolore

Oggi ci vergogniamo Oggi ci vergogniamo di essere italiani, tutto di essere italiani, tutto questo è semplicemente questo è semplicemente un incubo”, hanno un incubo”, hanno commentato la mamma commentato la mamma e l’ex moglie di Fadani in e l’ex moglie di Fadani in lacrimelacrime

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uchet, capitale della Thailandia, è una meta tra le più desiderate dal turismo occidentale. Un paradiso di palme e sole che invece cela uno squilibrio sociale forte.

E così, a un passo dall’ eden, si spalanca l’inferno.La vicenda di Denis Cavatassi è un racconto dell’assurdo kafkiano che bene si sposa in questo mondo così distante dal nostro, dove la percezione della legge è totalmente diversa da quella che ci appartiene. Ristoratore, 43 anni, di Tortoreto, nella notte del 19 marzo scorso viene arrestato dalla polizia thailandese con la gravissima accusa di aver organizzato l’ assassinio del suo socio in affari, il toscano Luciano Butti, ucciso quattro giorni prima a colpi di pistola. Insieme a Cavatassi, che da subito si proclama innocente, vengono fermati tre thailandesi, tutti accusati di essere gli autori materiali dell’omicidio, insieme altre due persone del posto tuttora ricercate dalla polizia locale.Secondo gli inquirenti, il tortoretano vantava crediti nei confronti dell’imprenditore toscano, motivo che lo avrebbe spinto ad assoldare un sicario - insieme agli altri imputati - dietro il pagamento di 150mila baht (circa 3mila e 500 euro). Ad incastrare Denis, sempre secondo le autorità thailandesi, ci sarebbero un bonifi co di 30 mila baht (715

euro) a favore del suo dipendente Prasong Yongjit, organizzatore dell’omicidio e principale accusatore di Cavatassi, e due telefonate dal cellulare dello stesso Yongjit a quello del teramano.La giustizia avvia il suo farraginoso processo di avvicinamento alla presunta realtà. Una lentezza che non impedisce a Denis Cavatassi di essere rinchiuso nel carcere della capitale thailandese. Un luogo descritto dalla sorella Romina come “un mattatoio, dove una capienza di appena 500 posti viene colmata con oltre 1200 detenuti reclusi”. La donna racconta di un mese passato nell’inferno dell’incertezza: “Per molti giorni non ci hanno concesso di vedere Denis, se non per pochi minuti. Addirittura, durante il lungo ponte dato dal Son Graat, il loro capodanno caduto nel fi ne settimana del 16 e 17 aprile, ci hanno impedito qualsiasi contatto, perché durante questi festeggiamenti tutto è bloccato. Una situazione drammatica vissuta dalla mia famiglia. Le autorità giudiziarie ci hanno negato ben tre domande di rimpatrio su cauzione avanzate dai nostri legali, non dandoci alcuna spiegazione valida. La motivazione, per quanto mi riguarda, può essere fatta risalire al fatto che mio fratello è uno straniero e per questo temono possa scappare”.La testimonianza di Romina si fa ancor più violenta nel raccontare le condizioni igienico-sanitarie drammatiche nelle quali

è costretto a vivere il fratello dal giorno del suo incarceramento.“Denis è stato recluso in una stanza comune dove è costretto a dormire per terra, senza nemmeno un materasso, stipato con altre centinaia di detenuti che condividono un unico bagno comune: direi una situazione più vicina ad un allevamento di polli, piuttosto che ad un carcere. Dopo i primi dieci giorni circa, mio fratello ha avuto una febbre che lo ha debilitato molto, nonostante fi sicamente abbia combattuto con grande forza di volontà. Temo per la sua incolumità, il carcere lo sta annientando psicologicamente”.Un grido dall’allarme che tradisce una profonda confusione. “Avrebbero dovuto rilasciarlo su cauzione perché gli inquirenti hanno in mano davvero ben poco di concreto – conclude Romina – Io e la mia famiglia ci troviamo di fronte ad un sistema che non garantisce umanità e giustizia. Una situazione che rasenta la follia paragonabile a quella dei fi lm. Rimango dell’idea che mio fratello sia stato incastrato dalla sua bontà. Se avesse rifi utato il prestito richiestogli dall’uomo assassinato, ora non si troverebbe in questa situazione degna di un romanzo dell’assurdo. La sua vita è in grave pericolo, Denis deve essere tirato fuori di lì il prima possibile”

Cronaca

Inferno solo andatasolo andata

La drammatica vicenda del teramano Denis Cavatassi rinchiuso nel carcere Denis Cavatassi rinchiuso nel carcere di Puchet in Thailandiadi Puchet in Thailandia per il presunto omicidio del socio in aff ari

RAUL RICCI

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Economia

Signoraggio Signoraggio bancario

Le tesiLe tesi più che mai attuali di di Giacinto AuritiGiacinto Auriti, compianto docente dell’Università di Teramo

o ero in bancarotta, il Governo era in bancarotta, il mondo era in bancarotta. Ma chi cavolo li aveva, i fottuti soldi?” si

chiedeva H. C. Bukowski giusto qualche anno fa. Oggi possiamo dare una risposta al quesito dello scrittore americano, una risposta comprensibile anche per i “non addetti ai lavori” perché, come diceva J. K. Galbraith, lo studio del sistema monetario è alla portata di qualsiasi persona curiosa e mediamente intelligente. Secondo l’economista canadese, infatti, la scienza economica si servirebbe dell’apparente complessità della materia per allontanare le persone dalla verità; una verità che potrebbe compromettere l’attuale status quo perché, e questa volta citiamo H. Ford, se il popolo comprendesse il reale funzionamento del sistema monetario ci sarebbe una rivoluzione entro domani mattina. L’affermazione di uno dei più grandi imprenditori americani non è per niente esagerata, se consideriamo che chi ha capito il sistema è arrivato a denunciare, giusto qualche anno fa, Ciampi e Fazio, allora governatori di Bankitalia, per truffa, usura, associazione a delinquere, falso in bilancio e istigazione al suicidio.

Stiamo parlando di Giacinto Auriti, docente di giurisprudenza dell’università di Teramo passato a miglior vita nel 2006. Don Giacinto, come lo chiamavano rispettosamente i suoi compaesani di Guardiagrele (Ch), aveva scoperto qualcosa di incredibile ed aveva cercato di diffondere la notizia con ogni mezzo a sua disposizione. Purtroppo i media di massa sono riusciti a boicottare i suoi studi che oggi si possono trovare solo nella rete del provvidenziale web. Per questo motivo, il 15 aprile scorso, è stato organizzato, grazie al Comune di Basciano e alla pagina “lo sai” di facebook, un incontro in cui l’ex sindaco di Guardiagrele (attuale consigliere della Regione Abruzzo) e Daniele Di Luciano hanno tentato di portare alla conoscenza dei presenti, le rivoluzionarie scoperte auritiane.Don Giacinto aveva capito che i soldi che abbiamo in tasca non sono di nostra proprietà, perché le banche centrali, all’atto dell’emissione, ce li prestano. “Prestare” è prerogativa del proprietario per cui le banche centrali sono proprietarie di tutta la moneta circolante dato che posseggono il monopolio su questa “merce”. I soldi, infatti, non sono tanto differenti da qualsiasi altra merce, dato che hanno un costo di produzione esattamente

come le penne o le mele. Stampare una banconota costa mediamente 30 centesimi. Auriti allora si era chiesto: cos’è che fa incrementare il valore di una merce da 30 centesimi a 100 euro (nel caso di una banconota da 100 euro)? Aveva così scoperto il valore indotto della moneta: gli euro non sono altro che semplici pezzi di carta che le banche stampano senza più alcuna copertura aurea (abolizione dei patti di Bretton Woods, 1971) che acquisiscono valore perché la collettività, per convenzione, decide di dargli valore. Insomma, è il popolo che dà valore alla moneta, ma sono le banche che se ne appropriano illecitamente e ce la prestano caricandola pure di un interesse. Ogni anno i cittadini inconsapevoli sono obbligati a pagare le tasse per saldare gli interessi su un debito che non dovrebbe neppure esistere, ed ogni anno migliaia di aziende falliscono mentre le nostre cinghie si stringono e i banchieri internazionali si gonfi ano. Capite ora perché siamo tutti in bancarotta e dove vanno a fi nire i “fottuti” soldi?

DANIELE DI LUCIANOLAURA CASELLI

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economia di Teramo risente fortemente del grande processo di trasformazione che ha investito lo scenario economico nazionale

e internazionale. La recente crisi ha ovviamente aggravato la situazione sul fronte dei consumi, degli investimenti e dell’occupazione al pari di quanto avvenuto nel restante sistema economico italiano. I dati relativi al 2009 sono in proposito abbastanza eloquenti, perché esprimono una caduta verticale di tutti gli aggregati economici, incluse le esportazioni. Tutto ciò non poteva non avere ripercussioni sullo stato di salute delle imprese, amplifi cando il ricorso alle procedure fallimentari. Tutto ciò può trovare spiegazione, oltre che nella diffi cile situazione economica, nel tipo di modello che Teramo esprime. Il tessuto produttivo poggia infatti su una rete diffusa di piccole e micro imprese, in gran parte posizionate su settori produttivi di tipo tradizionale e con una struttura giuridica in cui la componente personale ha un netto sopravvento sulla società di capitali. Questo sistema produttivo ha fortemente risentito della concorrenza dei paesi emergenti, tanto è vero che, per esempio, la Cina risulta essere il primo paese importatore di Teramo, in particolare per quanto riguarda prodotti

dell’abbigliamento e della pelletteria. Molti dei vantaggi di cui Teramo godeva sembrano oggi venir meno. La fi liera produttiva basata sulle piccole imprese con produzioni a basso valore aggiunto, l’ atmosfera industriale che nel passato esaltava la provincia, la connessione tra aspetti economici e aspetti non economici, quella espressione di capitalismo molecolare e distrettuale sono diventati in questi ultimi tempi fattori facilmente aggredibili e tali da determinare un progressivo ma non irreversibile ridimensionamento. Oggi c’è bisogno di una rivisitazione critica di questo modello, affi nché Teramo possa mantenere i connotati industriali e le peculiarità produttive degli anni passati. E non si può fare a meno di partire dai distretti che a Teramo trovano una giusta e interessante collocazione. Occorre rivitalizzarli e procedere in direzione di produzioni a più elevato valore aggiunto, aventi caratteristiche di maggiore qualità e innovazione, nelle sue forme più variegate. Fino a poco tempo fa si diceva che “piccolo è bello”. E ciò vale soprattutto per l’area teramana che si contraddistingue per un elevata percentuale di occupati nel settore industriale e per il fatto che oltre l’80% del prodotto manifatturiero proviene dalle unità di ridotte dimensioni. E’ vero, perché una struttura produttiva moderna garantisce fl essibilità e adeguamento

immediato alle tendenze del mercato. Tuttavia, la ridotta massa critica non consente di effettuare investimento innovativi; non solo, ma in un mondo globalizzato, dove è importante produrre per esportare, la piccola impresa incontra notevoli diffi coltà per raggiungere mercati lontani per i costi che deve sopportare. Un’altra questione importante riguarda lo stato di sottodimensionamento delle attività terziarie. I servizi ricoprono una quota decisamente modesta che a stento supera il 60%, una delle percentuali più basse fra tutte le 103 province italiane. Ed è proprio in questo settore che si forma nuova occupazione, in grado anche di soddisfare alcune esigenze delle imprese in tema di terziario avanzato. Quindi molti problemi da affrontare. La ripresa in corso appare ancora incerta e oscillante. Regna incertezza sui mercati e ciò provoca ripercussioni sui consumi delle famiglie e sugli investimenti delle imprese. Ma non v’è dubbio che quando la crisi sarà completamente superata, la concorrenza tornerà ad intensifi carsi, lasciando sul mercato quelle imprese che avranno portato a compimento un processo di ristrutturazione e di ammodernamento produttivo.

Economia

“Pericolo giallo”“Pericolo giallo”per il modello Teramo

PROF. GIUSEPPE MAURODOCENTE DI

ECONOMIA UNIVERSITÀ DI CHIETI-PESCARA

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fra tutti l’ascolto della base. Questo è anche il mio principio che mi fa essere sempre disponibile e pronto a incontrare e ascoltare tutti quelli che lo vogliono. Per questo ho istituito riunioni bisettimanali d’incontro con tutti quelli che hanno qualcosa da comunicare a noi rappresentanti. Da maggio poi inizieremo a fare i congressi provinciali dove ogni persona rappresenterà un voto, senza deleghe né intermediari”. L’astensionismo è un fenomeno cronico, però, come pensate di superarlo? “Cercando di riconquistare proprio quella fi ducia nella politica, che venendo a mancare in questi anni lo ha provocato e purtroppo continua ad alimentarlo. E lo si può contrastare solo con il contatto diretto con le persone e con le loro proposte, idee, problematiche a cui vogliamo dare tutto l’ascolto possibile per poi trasformarlo in azioni politiche”.Cosa risponde a chi vi accusa di “tradimento”al progetto del Pdl? “È proprio l’aver disatteso quel progetto la causa del nostro allontanamento. Quando un leader passa tutte le sue giornate ad occuparsi dei propri problemi personali, inevitabilmente fi nisce per trascurare gli impegni del suo mandato.L’allontanamento della attuale politica dai problemi reali del paese ha portato molte persone, come noi, a sentirsi essi ‘traditi’. Quando non si condivide più lo stesso progetto non si può parlare di tradimento, ma solo di libertà di riappropriarsi delle proprie convinzioni.Come solo in democrazia si può fare”.

n partito che si colloca al centro, una forza moderata, che si propone come alleato del centro destra. “Sia il presidente Fini che

il vice presidente Bocchino hanno più volte ribadito questo punto- esordisce il coordinatore provinciale del Fli, Antonio Lattanzi, detto Tony-.L’ambizione di questo partito è di esprimere quello che doveva essere il progetto del Pdl, disatteso dal berlusconismo. Un progetto ambizioso, condiviso da diverse forze politiche, che è poi quello di fare una politica vicina al territorio, aprendo alla partecipazione di tutti”.Il progetto berlusconiano secondo lei è fallito o è semplicemente fi nito? “E’ fallito. Le premesse erano che all’interno del Pdl il nostro modo di intendere la politica, e cioè il ricongiungimento con la base, sarebbe stato l’asse portante della coalizione. Purtroppo però questo presupposto è venuto a mancare, c’è stato un appiattimento al percorso berlusconiano e la crisi è stata inevitabile”. In questo la sinistra vi sta dando una mano. “La sinistra sposa tutto ciò che va contro Berlusconi. Quando Fini ha deciso di staccare la spina e creare un nuovo soggetto politico, noi abbiamo raccolto l’invito. Ne condividiamo i principi che sono: essere un partito aperto, meritocratico, aperto al confronto e non alla contrapposizione. Quando ho accettato l’incarico è stato a condizione di applicare questi principi, primo

DI MIRA CARPINETA

“In mezzo il confrontoil confronto”

Toni Lattanzi (Fli)

Quando un leader Quando un leader passa tutte le passa tutte le sue giornate ad sue giornate ad occuparsi dei propri occuparsi dei propri problemi personali, problemi personali, inevitabilmente inevitabilmente fi nisce per fi nisce per trascurare gli trascurare gli impegni del suo impegni del suo mandatomandato

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opo tante discussioni l’agognata riforma degli Ato abruzzesi è arrivata.E’ il caso di esaminare con ordine la legge re-gionale al riguardo, de-

nominata “Norme in materia di Servizio Idrico Integrato della Regione Abruzzo” la quale consta di un solo articolo, suddiviso in 33 commi.Al comma 5 è istituito un AMBITO TERRI-TORIALE UNICO REGIONALE- ATUR- coincidente con il territorio regionale; al comma 6 è costituito il soggetto d’ambi-to –un ente pubblico dotato di autonomia amministrativa, gestionale e fi nanziaria(c.8) – denominato ERSI (ENTE REGIONALE PER IL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO) competente per l’ATUR. L’ERSI succede in tutte le posizioni giuri-

diche ed economiche ai sei enti d’ambito soppressi (C. 19).Ai sensi del comma 8 l’ERSI “promuove (…) la gestione delle attività afferenti al Servizio nel territorio regionale(…). L’ERSI, (…) esercita l’attività di competenza sulla base di principi e criteri unitari che garan-tiscono l’uniformità di indirizzo e di azione in materia di Servizio sull’intero territorio regionale, il controllo analogo sui gestori in house del Servizio, la valutazione ed analisi comparativa delle gestione”.Inoltre, “promuove ed è tenuto a rappre-sentare le specifi che condizioni di effi cien-za che rendono la gestione in house com-parativamente vantaggiosa per gli utenti del servizio nella Regione Abruzzo rispet-to ad altre modalità di gestione”.Sono organi dell’ERSI (c.9) il presidente (l’assessore regionale competente), il con-

siglio di amministrazione (com-posto dal presidente stesso, dai presidenti delle Province o da loro delegati e da quattro sinda-ci indicati dall’ANCI], il diretto-re generale, il revisore dei conti.Al comma 10 sono istituite le ASSI, cioè le assemblee dei sin-daci che si riuniscono su base provinciale per l’esercizio del-le competenze nelle materie assegnate agli enti locali dalla legislazione statale e regiona-le, in particolare i compiti di organizzazione del Servizio, di adozione del Piano d’ambito provinciale, di scelta della forma di gestione, di determinazio-ne e modulazione delle tariffe all’utenza, di affi damento della

gestione.Importante anche il comma 14, per il qua-le l’ERSI propone gli atti fondamentali di pianifi cazione e di programmazione del servizio alle ASSI, che esprimono parere obbligatorio e vincolante. L’ERSI coordina ed unifi ca a livello regiona-le le deliberazioni delle ASSI.Riepilogando c’è un ATUR, un ERSI e quat-tro ASSI; gli ATO, contrariamente a quanto affermato da alcuni media che hanno fatto un po’ di confusione, sono aboliti.I commenti, per una volta, non vedono la solita divisione tra guelfi e ghibellini, seppur con qualche distinzione. Il Partito democratico avrebbe preferito un’attribu-zione di poteri ai consigli provinciali anzi-ché ai presidenti delle Province, ma con gli emendamenti proposti e approvati in aula ritiene di aver raggiunto dei risultati soddisfacenti.“I detentori delle decisioni - ha spiegato Ruffi ni - saranno i Comun,i e si è fatto in modo che del Cda dell’Ersi facciano parte anche un sindaco per ogni provincia. Il pa-trimonio, poi, resta nella disponibilità dei Comuni e non potrà essere trasferito alla Regione”.“Abbiamo avviato il processo di risana-mento di un sistema che negli anni ha pro-dotto disservizi, sprechi e a volte malaf-fare” ha commentato Ricardo Chiavaroli, portavoce del gruppo Pdl, “il tutto a danno dei cittadini. Stabiliamo senza remore che l’acqua anche in Abruzzo resta un bene pubblico”.

IVAN DI NINO

“Assi”“Assi” di briscola per l’ATOATO

l’acqua un bene prezioso

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rovando ad immaginare i rap-porti fra un Comune come Montorio al Vomano ed il ca-poluogo di provincia, ci si ter-rà molto alla larga dal pensare a problemi o disagi. Effettiva-

mente è così, ma dialogando con il sinda-co Alessandro Di Giambattista ci si può rendere conto che c’è sempre qualcosa da migliorare. Il primo cittadino conferma che non esiste alcun tipo di diffi coltà con Teramo, in generale né dal punto di vista dei collegamenti né da quello dei rapporti istituzionali fra Enti. Tuttavia una rifl essione ed una valutazione il Sindaco le fa e, senza alcuna vis polemica, afferma che “la nostra provincia possiede una fascia costiera econo-micamente e demografi camente molto importante che fa soffrire sia Teramo che l’intero entroterra. L’ho sempre fatto presente nelle sedi competenti e anche in que-sta occasione posso asserire che tante scelte politiche ed investi-menti, nel passato come nel pre-sente, sono state effettuate con lo sguardo più ad est che ad ovest. Per questo – aggiunge il sindaco – mi augurerei che in futuro sia a livello di rapporti che di scelte urbanistiche vengano, una buona volta, privilegiate lo zone montane e dell’entroterra”. Di Giambatti-sta prende ad esempio il polo universitario agro-alimentare che, se collocato a monte di Teramo anziché a valle, avreb-be indubbiamente apportato risvolti positivi per Montorio, sotto molti aspetti.Il sindaco si fa un portavoce di tutti i Comuni montani, pro-tetti dal Gran Sasso, ma a volte diffi cili da raggiungere e spesso

colpiti dallo spopolamento. Montorio al Vomano è l’avamposto del Parco Nazio-nale Gran Sasso – Laga – altra realtà da valorizzare –, per cui sarebbe opportuno migliorare sempre di più la viabilità con la costa, per favorire gli spostamenti sia dei tanti pendolari che per lavoro si recano da ovest verso est, sia del turismo prove-niente dalla costa. “Su questo aspetto – am-mette il sindaco – tanto è stato fatto grazie all’apertura della Teramo – Mare e del Lotto Zero, liberando dal traffi co anche il capoluogo, ma per ottenere vantaggi concreti Montorio avrebbe bisogno dell’apertura dell’ultimo svin-colo. Resteremo vigili e speriamo che tutti gli in-teressati si impegnino per mantenere le pro-

messe e far sì che il nastro dell’ultimo lotto si possa tagliare a fi ne 2012”.Nel giudicare, infi ne, quei comuni che pro-gettano di aggregarsi ad altre Province, il sindaco è categorico. “E’ un atteggiamento sbagliato. Capisco le dif-fi coltà di territori come la Val Vibrata o Atri, ma ritengo che siano solo provocazioni per attira-re l’attenzione. Non credo che cambiando Provincia otterreb-bero risultati migliori. Secondo me – conclude il primo cittadino– sarebbe opportuno, da par-te di tutti gli enti, assumere un atteggiamento costruttivo attraverso cui poter coinvolgere, ascoltare, aprirsi alla discussione, in quanto dietro ogni provocazione, sia la più esagerata o velata, si cela un bisogno reale”.

Caro capoluogomessaggi dai Comuni a Teramomessaggi dai Comuni a Teramo

A CURA DI ALESSIO PALANTRANI

vista aerea di Montorio al Vomano

Montorio al VomanoMontorio al Vomano“Uno sguardo anche ai monti”

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Bellante: “TrasportoTrasporto pubblico più effi ciente. Ma non solo ...Ma non solo ...”

A pochi passi da Teramo, a fungere da cer-niera con la costa e il casello autostradale si trova Bellante, un Comune importante e fun-zionale per il capoluogo. Il sindaco uscente, Domenico Di Sabatino, con realismo e tanta passione, sa che dare un giudizio su Teramo capoluogo meriterebbe tante considerazioni. “Sarebbe una risposta complessa, ma posso affermare con certezza che il mio Comune, essendo molto vicino, non ha particolari pro-blemi e che i bellantesi percepiscono il ruolo che Teramo svolge, ma – continua il sindaco – credo che per le altre vallate le risposte non siano suffi cienti. Se come percezione la Val Tordino è soddisfatta, credo che lo siano molto meno la Val Vibrata e la Val Fino”. L’avv. Di Sabatino è, allo stesso tempo, un fi ume in piena e una sorgente ricca di idee e proposte. Muove critiche a livello generale: “La pianifi -cazione strategica del capoluogo è asettica e asfi ttica. Anche se bisogna riconoscere che è stato fatto il Piano d’area della Val Tordino, la città di Teramo e le strutture amministrative devono darsi da fare per diventare centrali per l’intera provincia. Il capoluogo dovrebbe essere promotore e trainante per la pianifi cazione di un’azione socio – culturale ed economica di tutto il territorio provinciale”. Mette sul campo numerose proposte per valorizzare il territorio e il proprio Comune, direttamente interessato: “Innanzitutto è necessario potenziare e ren-dere più effi cace il trasporto pubblico. Inoltre – continua in libertà – altre idee sono la re-

alizzazione della metropolitana di superfi cie tra Teramo e la costa, la valorizzazione delle stazioni ferroviarie e infi ne la costruzione della pista ciclo – pedonale sul Tordino”. Proposte concrete, alcune già in discussione nelle sedi competenti, ma che faticano a farsi strada.Sicuramente non è il caso di Bellante ma, sti-molato riguardo quei Comuni che periodica-mente minacciano di passare ad altre Provin-ce, il sindaco Di Sabatino tende ad allargare l’orizzonte verso una politica più lungimirante e partecipativa. “Queste richieste rappresen-tano sicuramente un disagio, le rispetto, ma non posso condividerle. Per alcune realtà pe-riferiche il disagio è comprensibile, specie se proviene dai cittadini, ma io devo rivolgermi alla politica. Uno dei problemi – tuona– della Provincia di Teramo e della Regione Abruzzo è che i cittadini non percepiscono l’omogeneità territoriale ed una comunità di appartenenza. La classe dirigente dovrebbe lavorare molto, promuovere iniziative culturali ed educative, per aumentare questo senso di identità ed appartenenza e non rinfocolare questi disagi”. In conclusione il sindaco non risparmia una frecciatina al governatore Chiodi: “Ricordo quando Gianni Chiodi, da sindaco di Teramo, si fece promotore del Marcuzzo (accorpamento delle Province di Teramo ed Ascoli ndr), una strada che ora, da governatore della Regione, si guarda bene dal rispolverare e che un am-ministratore dovrebbe assolutamente evitare. A mio avviso va promossa l’aggregazione so-ciale e culturale della gente, non la disgrega-zione!”.

ituato in piena Val Vibrata, e c c e l l e n z a r e g i o n a l e d e l l ’ e n o g a s t ro n o m i a , i l Comune di Controguerra ha diffi coltà oggettive, con il capoluogo di provincia,

legate alla distanza. Il suo sindaco Mauro Giovanni Scarpantonio fornisce spunti interessanti: “Come centro periferico della provincia, Controguerra ritiene ottimali i servizi forniti dal capoluogo, ma, per forza di cose, appaiono faticosi da raggiungere e, di conseguenza, anche da apprezzare”. Per una cittadina come Controguerra, a due passi dal Piceno, è inevitabile il confronto. “L’effi cienza di Teramo è buona, paragonabile a quella di Ascoli, ma per i miei cittadini è diffi cile arrivare. Se penso che l’Ascoli – Mare è nata nel 1970 e la Garrufo – Teramo (ovvero la cosiddetta Pedemontana Marche – Abruzzo ndr) è stata realizzata solo a metà e da molto meno tempo, le diffi coltà sono fi n toppo evidenti”. Le parole del sindaco non fanno una piega e l’inaugurazione del Lotto “0” ha solo attutito la viabilità in ingresso e in uscita da Teramo che, per essere raggiunta, necessita comunque di almeno 40 minuti. “Recarsi a Teramo per gli abitanti del mio paese è percepito come un viaggio, una trasferta. Teramo è la classica città di provincia che non vive di programmazione, e non è stata mai concepita come centro

vista aerea di Controguerra

CONTROGUERRACONTROGUERRA“CAPOLUOGO IRRAGGIUNGIBILE”

Bellante

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di servizi per un vasto bacino d’utenza. Parcheggi e viabilità sono l’emblema della mancanza di programmazione e di organizzazione degli spazi urbani”.Critica severa, ma condivisibile per chi si trova così distante e mal collegato, ma Scarpantonio propone anche interessanti soluzioni. “Implementare i servizi telematici, collegare i Comuni fra loro a livello informatico, digitalizzare alcune procedure, delocalizzare alcuni uffi ci sarebbero alcune idee per migliorare i servizi e, allo stesso tempo, ridurre i problemi riconducibili alla mobilità, come inquinamento, traffi co, caos cittadino”. Il sindaco ha le idee chiare anche per valorizzare l’enorme patrimonio storico – culturale ed enogastronomico della Val Vibrata e dell’intera provincia di Teramo “che andrebbe messo a sistema e reso fruibile alla grande quantità di turisti che si riversa sulla costa teramana, che altrimenti, considerando le diffi coltà infrastrutturali, tende a dirigersi verso l’ascolano”.In conclusione, su l’emigrazione di alcuni Comuni in Province limitrofe il sindaco ritiene che “se proprio deve nascere, una nuova territorialità non può fondarsi sui problemi, bensì sulle identità reciproche ed una omogeneità territoriale. La Val Vibrata, ad esempio, è separata da Ascoli dal fi ume Tronto che rappresenta una divisione fi sica del territorio e ritengo che non ci sia percezione di tale omogeneità territoriale”. In fondo, conclude il sindaco, legandosi anche all’Unità d’Italia che festeggia i suoi 150 anni di vita, prima del 1861 “anche la storia ci aveva diviso…”

e è vero che altezza è mezza bellezza, allora vicinanza è mezza effi cienza. Da questa nostra inchiesta sulla percezione di Teramo – capoluogo emerge che

distanze ridotte e collegamenti buoni sono determinanti nei rapporti fra Comuni e Capoluogo. È questo anche il caso di Morro d’Oro, situato a poco più di 25 km da Teramo. Il sindaco Mario De Sanctis riconosce Teramo come un capoluogo suffi cientemente effi ciente, nella norma: “Sicuramente tutto si può migliorare, ma credo che Teramo svolga bene le proprie funzioni ed il proprio ruolo”. Negli ultimi anni, inoltre, il problema più annoso, quella della viabilità, sembra essere defi nitivamente superato. “La viabilità era un disagio per i miei concittadini che dovevano recarsi a Teramo – ammette il sindaco –. Né la SS 80 né la SS 150 avevano la capacità di assorbire il traffi co in entrata e in uscita dal capoluogo e chiunque, alle porte di Teramo s’imbatteva in code interminabili. Ora, con l’apertura della Teramo – Mare e del recente Lotto “0” la città è più facilmente sia raggiungibile che accessibile. Considero un miglioramento anche la corona di parcheggi, seppur a pagamento, formata da quelli di S. Gabriele, S. Francesco e Piazza Dante”.La ridente cittadina morrese, con il centro storico medievale e di indubbio

valore artistico - culturale e con il nucleo urbano ed industriale sviluppatosi sulla SS 150 – che per il traffi co che assorbe e l’urbanizzazione in aumento avrebbe bisogno di ulteriori opere di manutenzione e messa in sicurezza – per bocca del suo primo cittadino avrebbe anche un’idea da proporre a Teramo capoluogo. “Sebbene consapevole dei tempi lunghi e dei costi rilevanti, sarebbe auspicabile che Teramo ubicasse in periferia alcuni uffi ci molto frequentati, come ad esempio l’Inps. Ciò signifi cherebbe per i cittadini teramani decongestionare il traffi co, diminuire inquinamento atmosferico ed acustico, mentre per coloro che provengono dalla provincia sarebbe più facile raggiungere la propria destinazione. In una programmazione a lunga scadenza, non sarebbe una cattiva idea, dunque – ipotizza il sindaco – comportarsi come è stato fatto per l’Inail”.In conclusione, su quei Comuni che a volte progettano di aggregarsi ad altra Province De Sanctis è molto realistico e afferma con onestà che “il problema non è voler lasciare la Provincia, bensì che sotto queste esternazioni esistono dei problemi, dei bisogni, delle richieste. Credo che sia semplicemente un modo per attirare l’attenzione degli enti preposti, e far loro notare che non sono state date risposte soddisfacenti a problematiche reali e concrete”.

Recarsi a Teramo Recarsi a Teramo per gli abitanti per gli abitanti del mio paese è del mio paese è percepito comepercepito comeun viaggio,un viaggio,una trasfertauna trasferta

Morro d’OroMorro d’Oro“Uffi ci anche in periferia”

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l quartiere della Cona fu scelto per un progetto “contratto di quartiere 2”. Nel 2004 ci fu una selezione in base a requisiti previsti da disposizioni di legge per avere dei fi nanziamenti. Due i progetti

scelti, quello della Cona e quello del quartiere S.Benedetto a Colleatterrato. L’amministrazione comunale decise di non scegliere e furono inviati entrambi al Ministero il quale poi selezionò il contratto della Cona. Il “contratto di quartiere” serve a promuovere il territorio a rimuovere le criticità esistenti sul posto e a ricreare l’anima urbana, nonché a determinare degli investimenti oltre a quelli dello Stato. Per mezzo di questo insieme di cose il quartiere Cona ha a disposizione circa 17 milioni di euro, tra fondi privati e pubblici. I fondi privati ammontano a circa 5 milioni di euro. I fondi pubblici vanno ripartiti tra edilizia residenziale ed urbanizzazione e attività pubblica. Tre i progetti che il quartiere aveva scelto: sistemazione del lungo fi ume; sistemazione dell’ area ex Fornace ed un percorso che mettesse in sicurezza i ragazzi che frequentano le scuole. Quest’ultimo, l’unico ad essere stato portato a compimento. “Fu poi istituita una cabina di regia – ci ricorda l’avv. Ernesto Paolone – con grande fatica, dall’amministrazione Chiodi. Alla cabina di regia partecipavano tutti gli assessori. Intervenne, nel frattempo, anche un’integrazione di fi nanziamento ai contratti di quartiere 2, di conseguenza si sarebbe potuto accedere ad altri fi nanziamenti. In realtà, non si riesce mai a raggiungere gli obiettivi che la legge si propone. “All’epoca io fui chiaro: si parlava di integrazione e se si tratta di completamento vuol dire che il fi nanziamento era destinato a completare i contratti già in essere. Abbiamo perso anni e possibilità di questo ulteriore fi nanziamento”. La prima questione era ed è la sistemazione dell’area della ex Fornace, legata anche alla delocalizzazione

della centrale Enel. “Imprenditori privati avevano proposto di realizzare nell’area della fornace abitazioni ‘ecologiche’, accedendo a fi nanziamenti europei. Il quartiere, poi, è riuscito ad ottenere un accordo per valutare la delocalizzazione della centrale. Si è ottenuto, anche con la partecipazione dell’amministrazione, l’assenso di massima dell’Enel. L’impegno dell’azienda era quello di accollarsi le spese di progettazione tecnica e la P.A. doveva reperire i fondi. Il problema della Cona è senz’altro un problema ambientale. Fu fatto anche un accordo aggiuntivo con imprenditore privato che doveva realizzare le opere edilizie, in collaborazione con la cabina di regia”. Per la fornace si propose un riuso che non fosse da “imbalsamare”: “La fabbrica del gusto”. Un progetto da realizzare in collaborazione con l’istituto alberghiero per attivare un centro di formazione professionale, che avrebbe possibilità di vivere di vita autonoma. A Teramo di recente è stato attivato il progetto di ITS Istituto Tecnico Superiore di alta formazione professionale (con dotazione di fondi annuali di 800mila euro). “La location sarebbe ideale sia per aprire uno spazio storico alla città, per farlo tornare fruibile e vivibile, senza appesantire le casse della PA, che non ci sono più. Purtroppo, con fi nanziamenti già disponibili, di circa 1 milione e 700.000 mila euro, l’amministrazione non effettua gli espropri. Ci chiediamo perché non si dia esecuzione?” Il comitato e la cabina di regia, con la fi ne anticipata dell’amministrazione Chiodi non si sono più riuniti. “Qualcuno -conclude Paolone - potrebbe essere chiamato a rispondere davanti alla Corte dei Conti per queste inadempienze. Il nostro è uno stato di diritto. La legge italiana è lenta, ma esiste e funziona”.

Quartiere ConaQuartiere Cona tanti progettimanca Il “Regista”manca Il “Regista”

DI DANIELA PALANTRANI Quando si semina amore, si raccoglie solo amore, questo è ciò che ha fatto Darwin Lupinetti nella sua vita, recisa troppo presto ed in maniera inaspettata a causa di un incidente stradale. Un giovane come tanti, ma a suo modo speciale. Buono, solare e sempre allegro, è così che lo ricordano gli amici, chi l’ha conosciuto e la famiglia. Un uomo dal cuore puro, dedito al lavoro. Darwin era un vigile del fuoco, sempre pronto ad intervenire, anche quando si presentavano casi diffi cili. Uno dei suoi motti era proprio “Se mi tiro indietro adesso, mi tiro indietro sempre”. Fu tra i primi ad intervenire a L’Aquila subito dopo il terremoto del 6 aprile di due anni fa, salvando molte vite, tra cui Giulio, un ragazzo rimasto incastrato sotto le macerie in via Campo di Fossa, una situazione disperata protrattasi per ben sette ore, mentre le scosse telluriche inclementi si susseguivano. Darwin era così, non si tirava indietro, non aveva paura. Un ragazzo pieno di vita e con tanta voglia di fare, un continuo stimolo nei confronti dei colleghi. Il suo sguardo nascondeva una luce particolare, occhi vispi ed allegri, amava lo sport e la musica, il suo entusiasmo era contagioso, un fi glio che aveva sempre un grazie nei confronti della madre e un papà affettuoso e premuroso nei confronti del suo bambino. Lui che aveva rispetto per la vita e per la morte non ha ricevuto lo stesso rispetto quella notte quando, di ritorno dal lavoro, in sella alla sua moto, è rimasto vittima di un destino crudele. Il 22 aprile si è tenuto il 1º Memorial Lupinetti, ad un anno dalla tragica notte in cui quell’angelo in divisa è volato via, e tutta Teramo, con il suo infi nito amore, gli ha reso omaggio. E’ stata una giornata all’insegna dello sport e della musica, le grandi passioni di Darwin; in mattinata una gara ciclistica organizzata dal comando provinciale dei vigili del fuoco in collaborazione con l’associazione “Grisù” e dai vigili del fuoco in congedo. Nella serata al teatro Comunale un concerto gratuito dal titolo “Ricordo di un amico, ricordo di un eroe”; sul palco artisti come Paolo Di Sabatino, Goran Kuzminac, la Jolly Rogers Band e i Rockrace.

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MARIANGELA SANSONE

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In balia del TordinoTordino

l riferimento è al “guado” sul Tordino tra contrada Carapollo e Villa Pavone, all’altezza del deposito della Team.Ebbene sì, siamo in balia dell’ imponente fi ume. Appena si alza il

livello dell’acqua di qualche centimetro il passaggio diventa impraticabile.Il problema è che lì il ponte non è stato mai costruito, nonostante fosse presente nel piano delle opere del 2004 lasciato dall’ amministrazione Sperandio, con tanto di fi nanziamento a metà tra Comune e enti territoriali. Il ponte è fondamentale perché

quel passaggio permette innanzi tutto ai mezzi della Team di raggiungere Villa Pavone, Collatterrato e tutta la periferia a est di Teramo. Altrimenti dovrebbero passare per Porta Madonna con evidente aggravio di costi per la Team, cioè per i cittadini (vedi aumento Tia). Inoltre, permette a tutti i cittadini di contrada San Martino, Poggio S.Vittorino, Poggio Cono e frazioni limitrofe di raggiungere facilmente la strada statale senza dover passare appunto da Porta Madonna.E’ infi ne molto usata dai cittadini che vivono nella parte est della città per

arrivare in centro evitando il traffi co di via Po e viale Crispi.Attualmente il passaggio è in stato di abbandono con un ipocrita cartello di divieto di accesso, quando è evidente a tutti che quel “guado” è molto traffi cato.Cosa fa l’amministrazione attuale? Continua a far fi nta di nulla come la precedente? Magari se ne occuperà solo quando auto fi nirà nel fi ume, visto anche la totale mancanza di guard- rail?

FLAVIO BARTOLINI(PRESIDENTE DI TERAMO CENTRO E MEMBRO

SEGRETERIA PROVINCIALE PD)

Attualmente il Attualmente il passaggio è in passaggio è in stato di abbandono stato di abbandono con un ipocrita con un ipocrita cartello di divieto cartello di divieto di accessodi accesso

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piazza Garibaldi tutto il traffi co cittadino gira intorno ad un’isola rotazionale animata da un cantiere. Mi trovo alla fermata

dell’autobus, a nord della piazza, nella posizione giusta per cogliere l’occasione di entrare e vedere che cosa stanno realizzando oltre la recinzione metallica.Vedo un operaio scansare un tratto della transenna che consente il transito agli addetti ai lavori; mi avvicino a passo spedito.Il direttore tecnico del cantiere mi presta un po’ di attenzione. Mi dà il permesso di accedere. Mi dice che stanno costruendo una sala espositiva ipogea. Una struttura ubicata nell’ambiente sotterraneo di Teramo, ricavata utilizzando il sottopasso di piazza Garibaldi e collegata ad un’ altra sala interrata posta davanti la Pinacoteca

dentro la Villa Comunale. Entrambe le costruzioni fanno parte del vasto progetto “CulT”: “TeramoCulturale”, che vuole incrementare la rete di musei esistenti e metterli a sistema attraverso un percorso che apre nuove frontiere alla fruizione del patrimonio culturale della città.Ci addentriamo nel cuore del fabbricato. Gli operai ricevono ordine di illustrarmi gli spazi espositivi e di scortarmi durante la visita. Sotto l’attuale rotatoria, la sala multimediale ipogea è costituita da quattro ambienti funzionali in corso d’opera, 18 particolari pilastri in cemento armato inclinati di 35°, due uscite di sicurezza e un ingresso che si affaccia nel sottopasso. I lavori di realizzazione del progetto sono iniziati circa tre anni fa. C’è stata un’interruzione durata più di un anno: si sono dovuti deviare i tubi dell’acquedotto del Ruzzo. Inoltre, un

conseguente rallentamento, si è verifi cato quando a sud-ovest dell’area di scavo, al centro della piazza, sono emerse antiche mura di fortifi cazione e reperti archeologici. Scendiamo la scala dell’uscita di sicurezza che ci conduce nella sala A dove c’è un addensamento di puntelli che sorreggono il soffi tto. Dirigendoci verso la sala B ci addentriamo in un ambiente voltato costituito da setti murari caratterizzati da mattoni, pietre e malta.D. “Ma queste mura sono antiche, non le avete costruite voi?!” R. “No, sono antiche, le abbiamo

riportate alla luce, erano sommerse di terra”.Le sale C e D sono piccole: “Abbiamo tribolato per salvarle” - mi dicono - “Erano piene di terra e abbiamo dovuto svuotarle a mano”.Mi descrivono le opere di recupero e consolidamento delle strutture “Abbiamo cercato di rinsaldare la tessitura muraria e sono stati inseriti degli architravi di ferro”. Mi raccontano che secondo gli esperti, nella sala C, era collocata la bottega di un vetraio. In corrispondenza di questa sala si sono lette le tracce di un ambiente di produzione. È stata rinvenuta una struttura usata probabilmente per il tiraggio o per la ventilazione e un sistema di conduzione dell’acqua costituito da canalette di coppo, che si vorrebbe lasciare a vista. Nella contigua sala D è stata trovata una sepoltura e della ceramica antica. Superando i due stipiti e l’arco di un passaggio ci troviamo all’interno di quello che sarà l’ingresso dell’ipogeo lungo il percorso del sottopasso, dove probabilmente si sistemerà una biglietteria.Mi indicano il muro maestro del complesso antico che è inglobato nell’ipogeo e sopraggiungono con fi erezza: “Questo è l’asse portante, ha una profondità di tre metri”.Queste mura verranno stuccate. La copertura dell’ipogeo che si scorge in superfi cie sarà ricoperta e abbellita da un giardino. Entro agosto 2011 sarà riconsegnata la piazza all’esterno; il termine dei lavori è previsto per dicembre.

Viaggio nella “pancia” nella “pancia” di piazza Garibaldidi piazza Garibaldi

GIUSEPPINA MICHINI

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unione comunale è una struttura che funge da coordinamento ai vari circoli di quartiere. Giovanissima, dandosi delle priorità, Ilaria De Sanctis ha scelto

di entrare in politica solo dopo la laurea. “Per dare un contributo alla cittadinanza, ho scelto di guardare prima, osservare e studiare per poi entrare attivamente in politica. Certo a piccoli passi, ma non ci si può lamentare di come va il mondo senza fare nulla per cambiarlo”.Dov’è l’opposizione a Teramo? “L’opposizione è sicuramente nel Pd. Non siamo latitanti anzi il gruppo consiliare è compatto e funziona. Si fa portavoce anche delle esigenze che fi ltrano attraverso il partito ed i nostri organismi. Non ultima il recente aumento della Tia ed accisa sull’energia elettrica. Abbiamo fatto rilevare alla maggioranza che in questo particolare momento si andrà ad appesantire il bilancio delle famiglie. Purtroppo, ci sono già stati degli aumenti anche sulle mense scolastiche con 50 centesimi in più per ogni pasto, per ogni bimbo. Se si considera che le famiglie spesso sono monoreddito e i fi gli più di uno si percepisce la pesantezza della spesa. Che incide sul sociale”. Questa maggioranza cosa ha fatto di buono? “Se questa amministrazione ha fatto qualcosa di buono io non lo vedo. Ad esempio tutti i cartelloni che hanno esibito negli scorsi giorni del tipo “Farmacia comunale FATTO”, ma la farmacia non c’è. Se si risponde che è stata fatta perché deliberata in giunta, è cosa ben diversa. Ma nella realtà non c’è. Così come l’apertura del primo tratto del Lotto Zero, è sicuramente cosa buona, ma non l’ha fatta l’amministrazione Brucchi. La destra fa una politica fatta di proclami e promesse non mantenute. Ancora non vedo un progetto proposto e realizzato dall’attuale amministrazione.Cosa ha fatto l’amministrazione Brucchi? Forse ci ha lasciato le strade piene di buche”. Insomma non hanno fatto nulla di buono? “No, io non vedo nulla”. Proposte per Teramo? “La città si trova in una situazione drammatica dal punto di vista economico. Abbiamo la maglia nera per quanto riguarda fallimenti di aziende e disoccupazione. Penso che un’amministrazione dovrebbe pensare ad un

fondo di sostegno per le famiglie svantaggiate e mono-reddito. Tramite accordi con i sindacati, si potrebbero recepire fi nanziamenti europei, creando un microcredito che aiuterebbe l’economia. Lo ha fatto Pesaro, non lontano da noi”. L’asso nella manica per vincere le elezioni? “Già l’operato del gruppo consiliare e del partito stanno facendo vedere come lavoriamo. La nostra non è un ‘opposizione del “NO”, ma seria e responsabile. Guardiamo molto alle richieste dei cittadini. A breve cercheremo di istituire un centro di ascolto per i diritti del cittadino”. Quali le fi nalità? “Daremo dei servizi cercando di inserire delle fi gure specializzate quali psichiatri e psicologi, che presteranno la loro opera a titolo gratuito. Teramo ha tanti problemi. E’ una città tranquillissima, ma ci sono delle situazioni invisibili che pesano sulla vita di ognuno. Pensiamo a tossicodipendenza e alcolismo”. Il suo spot oggi punterebbe sul sociale. “Non mi piacciono gli spot”. Ma in campagna elettorale dovrà pur far conoscere chi è e le sue idee? “Beh. Non solo il sociale che comunque è molto importante. Lo stato di allerta è molto alto. Mi giungono molte richieste dalla cittadinanza e quindi sono sensibile a questo problema. Teramo, però, non è solo questo ed ha bisogna anche di altro: riempire i tanti contenitori vuoti che abbiamo. La città deve rinascere e trovare una sua collocazione nell’economia. Non deve più essere vista come la cenerentola d’Abruzzo. Anche l’università teramana ha perso appeal, ed è grave. Mi spiace sentire chiedere dov’è l’opposizione. Noi tante volte abbiamo dato indicazioni, ma è la maggioranza in quanto tale a governare”. Una vostra pecca: il non essere compatti? “E’ vero che il Pd è nato da fusione a freddo tra due partiti che in un certo senso mantengono due anime. Quello che accade a livello locale altro non è che la proiezione di ciò che accade a livello nazionale. Nel Pd a livello locale non c’è nessun tipo di attrito. Siamo tutti compatti. A livello consiliare sono una squadra. Noi che abbiamo ruoli di partito siamo affi atati. Io, ed i segretari di circoli, cito Sciamanna, Casolani, Armenio, De Berardinis e Di Girolamo ci sentiamo spessissimo e siamo in perfetta armonia. Anche a livello regionale, faccio parte della segreteria, posso garantire che si è raggiunta una sintesi”.

“Da destra promesse non mantenute…promesse non mantenute…”Ilaria De Sanctis (Pd)

DI DANIELA PALANTRANI

Luca Corona, giovane consigliere provinciale Pdl, eletto nel collegio Teramo3, come presidente, in passato, del comitato di quartiere di Villa Pavone/Colleatterrato, si è interessato della “famosa” farmacia nel quartiere. Alla luce dei cartelli esposti dalla maggioranza in cui si dava per “fatta” farmacia, ci chiediamo, dov’è? “La farmacia la si vuole fare compartecipata, si è avviata la procedura per aprirla. Ancora non è certi della location, ma sicuramente verrà aperta, siamo in dirittura di arrivo. A Colleatterrato basso verrà aperta anche una parafarmacia”. L’opposizione a Teramo? “L’opposizione strumentalizza tutto e troppo. L’ultima riguarda il consiglio aperto sulla Sanità. Ci siamo fortemente opposti a farlo ad Atri, solo perché secondo noi è più logico che si faccia a Teramo, sede principale della Asl. Hanno lasciato ‘passare’ che la maggioranza non volesse il consiglio aperto. Non è così, anzi, ci sarà a maggio. Altro esempio di strumentalizzazione di alcuni di centro sinistra, riguarda l’incontro di 20 ragazzi diversamente abili con i giocatori della Roma a Trigoria. Abbiamo organizzato l’evento, in particolare ci siamo interessati io ed Emidio Di Matteo, senza gravare sulle casse dell’amministrazione. L’autobus messo a disposizione dall’Arpa è lo stesso in uso all’associazione sportiva Amicacci. Non ci spieghiamo le polemiche se non con strumentalizzazioni inutili ed infantili”. Ma si fa politica sui disabili? “Siamo sensibili al sociale e organizzeremo a breve altri eventi: una pesca sportiva, e stiamo lavorando all’organizzazione di una partita di benefi cenza della Teramo Calcio con una squadra composta da campioni del calcio attuali e del passato. Abbiamo incontrato e ci sta aiutando nell’organizzazione l’ex giocatore Stefano Borgonovo, malato di SLA. I fondi saranno devoluti alla ricerca contro la Sclerosi Laterale Amiotrofi ca. Le risorse sono limitate, ma cerchiamo di organizzare diverse iniziative, in tempi brevi, e con molta attenzione al sociale. In precedenza, non mi sembra sia stato fatto nulla di simile”. La questione viabilità? “Per la zona di Colleatterrato Basso, Colleatterrato

“Da sinistraDa sinistra solo polemiche….”Luca Corona (Pdl)

DI DANIELA PALANTRANI

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Alto, Monticelli, Varano, in sintesi la SP18, sono stati stanziati 100.000 euro per il rifacimento di asfalto e sistemazione di strade franate e/o avvallate. Prima dell’estate inizieranno i lavori. Purtroppo i fondi sono limitati, stiamo però facendo qualcosa che nelle amministrazioni precedenti non si è mai fatto: una ricognizione degli immobili di proprietà della Provincia. Purtroppo l’asta per la vendita dell’ex caserma dei Vigili del Fuoco è andata deserta più volte. Sono all’esame altri edifi ci per l’utilizzo diretto ed economizzare sugli affi tti per i vari uffi ci. Mai fatto in precedenza”.

l ragù è alla bolognese,(…) i fritti e i saltimbocca sono alla romana, le olive all’ascolana e si potrebbe continuare, ma ciò che di buono sfornano i nostri cuochi non è poi così conosciuto. E anche

quei piatti che consumiamo in occasioni tipiche –Virtù al primo maggio e tacchino alla canzanese- non sono riusciti ad affermarsi al di fuori dei nostri territori, dove di virtù e di canzanese non si è mai sentito parlare(…)” Scriveva così Ernino D’Agostino, ex presidente della Provincia, nel suo saluto alla prima edizione del “Magna Teramo” del 2006.Non c’è da stupirsi ed il tema è fritto e rifritto: non siamo conosciuti, non riusciamo a conquistare fette di mercato e nemmeno offriamo di più sul piano dei servizi.

Ogni avvenimento è autoreferenziale per i nostri politici, i quali rilasciano sempre interviste per affermare come siano stati bravi, ma non si va mai oltre il folclore delle ragazze con la conca in testa, le solite rievocazioni medievali, le manifestazioni di Pecorini&porchette.Tra pochissimo entreremo in estate: al solito non mancheranno sagre, sagre e ancora sagre, ma non vedremo molto altro, se non qualche karaoke sgangherato sulla spiaggia a tutto volume che impedisce a validi lavoratori o a chi voglia semplicemente riposare di dormire.Qualche anno fa un altro ex di via Milli, Claudio Ruffi ni, disse che era ormai giunta l’ora di smettere di “andare appresso alla luna” e di fare pochi spettacoli, ma di grande levatura.Niente da fare: nessun presidente di Pro-

Loco, nessun sindaco di comuni -che in altri paesi sarebbero relegati a poco più di un isolato- rinunciano alla loro “serata evento”, che si traduce spesso in un gran caos per il parcheggio, in una totale disorganizzazione e in tassi alcolici fuori controllo.Così un fl usso di denaro tutto sommato nemmeno infi mo, invece di essere convogliato in poche cose, ma di rilievo –come ad esempio concerti con grandi stars- fi nisce per perdersi in mille rivoli e rivoletti da discarica.Inutile poi sperare di farci capire da un qualunque interlocutore quando siamo in trasferta: “Da dove vieni?” “Da Teramo”; “Ah! – pausa di sbigottimento- Termoli”, “No! Teramo!” “Aaah! Sì… Terni!”

TURISMO di qualità cercasi…di qualità cercasi…

IVAN DI NINO

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Di recente costituito a Teramo il nucleo guardie zoofi le. Ne parliamo con Paolo Migliaccio, aquilano di nascita, di professione tecnico di laboratorio e per passione coordinatore regionale per l’Abruzzo delle guardie eco-zoofi le con già coordinatore regionale Lav. Come nascono e di cosa si occupano le guardie zoofi le? La fi gura della guardia eco-zoofi la, intesa come guardia particolare giurata volontaria adibita alla difesa degli animali e dell’ambiente è prevista dal nostro ordinamento giuridico già da molti anni, ma solo dal 2004, grazie alla legge sul maltrattamento, assume una connotazione precisa. Il compito è garantire le repressione delle infrazioni a leggi a difesa degli animali d’affezione, dell’ambiente e del patrimonio zootecnico. Inoltre, svolge una importante funzione nella prevenzione degli illeciti, nella promozione del concetto di proprietà responsabile degli animali e nella lotta al randagismo. Come si diventa guardia zoofi la e da quale organismo dipendono e/o sono coordinate? Le gez sono nominate dietro richiesta di un’associazione riconosciuta, e solo dopo aver seguito un corso di formazione della prefettura della provincia in cui dovranno prestare servizio. Sono pubblici uffi ciali con funzioni di polizia giudiziaria e amministrativa. Agiscono rispettando un ordine di servizio del proprio coordinatore. Hanno un regolamento interno e sono organizzate in nuclei provinciali, con il supporto e la supervisione di un coordinamento regionale e del settore nazionale. Quante unità sono presenti a Teramo ed in Abruzzo? A Teramo è presente un nucleo composto da 5 unità, già operative, altre 4 dovrebbero aggiungersi a breve. La presenza femminile è preponderante, si sa che le donne sono le più motivate ed “agguerrite”. E’ stato da poco attivato un nucleo anche a Pescara, e si sta effettuando un corso di formazione per altre 15 guardie che presteranno servizio in varie province. Sono richiesti requisiti particolari? Occorre una giusta combinazione di

determinazione e buonsenso, oltre all’amore per gli animali e sensibilità. Chi sceglie di diventare gez dovrà spesso confrontarsi con situazioni diffi cili. Spesso dietro un maltrattamento di un animale si nascondono gravi condizioni di disagio sociale e familiare. Indossate una divisa? Sì, quando siamo in servizio siamo dotati di pettorina identifi cativa e distintivo, ma non di rado accade di dover intervenire anche in borghese. Qual è la richiesta di intervento più frequente? Le segnalazioni che pervengono riguardano in particolar modo animali di proprietà detenuti in condizioni incompatibili con la loro natura o in stato di grave maltrattamento o incuria. Come è possibile contattarvi? Siamo raggiungibili attraverso il sito nazionale Errore. Riferimento a collegamento ipertestuale non valido. sono riportati tutti i riferimenti dei nostri nuclei sul territorio. E’ presente anche il modulo per effettuare le segnalazioni on-line, che vengono girate direttamente ai coordinatori provinciali ([email protected]) e regionali ([email protected]). Un caso particolarmente curioso o simpatico? Ricordo la volta in cui ci recammo in un paese terremotato dell’aquilano, dopo una segnalazione che riguardava la presenza di un cinghiale nei pressi di case ancora abitate. Lo trovammo che giocava tranquillamente, in cortile, con il gatto di casa. A quel punto decidemmo, considerata la situazione particolare e la condizione di emergenza, di lasciarlo in custodia al proprietario dell’abitazione, che se ne era preso cura fi no a quel momento. Condizioni imprescindibili furono che si impegnasse a lasciarlo libero di entrare ed uscire senza costrizioni, a non tenerlo mai segregato e, ovviamente, a non trasformarlo mai in salsicce! Accarezzare un cinghiale semi-selvatico sul muso, quasi come fosse un cagnolino, è stato davvero emozionante.

ANTONELLA LORENZI

Guardie zoofi leGuardie zoofi lesensibilità eresponsabilità

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focus onfocus on

Il bicchiere dello sballoIl bicchiere dello sballo

Sembrava ieri quando si parlava di binge drinking, bere fi no a svenire, tra i giovanissimi, ed eccolo il nuovo termine inglese ad affi ancare l’altro, e per lo stesso fi ne. Si chiama eye-balling, l’ultima moda del sabato sera, ma bisogna già essere sbronzi per “gocciarsi” l’alcool direttamente negli occhi. Perché di questo si tratta. La vodka trasformata in collirio. Ultima sfi da o ennesima conferma di una stagione di non ritorno? Da uno studio dell’Istituto superiore di Sanità emer-gono numeri che non possono lasciare indifferenti. In Italia si comincia a bere a undici anni e tra i sedici e i venti-

cinque anni si evidenzia una percen-tuale del 18,5 per cento tra i maschi e del 7,3 per cento tra le femmine. Inoltre, il 44 per cento dei giovani che escono la sera presenta un tasso alcolico superiore alla soglia lecita. Esaminiamo le cause di un fenomeno in escalation e proviamo a suggerire rimedi. Che poi sono i soliti, ma chissà perché irraggiungibili: famiglia, scuola e società. Il trio perfetto che da diversi anni, ormai, non trova un fi lo comune d’intesa. Le conseguenze le raccontia-mo ancora una volta.

T.M.

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focus on

on sono io ad abusare dell’alcol, è l’alcol che abusa di me”, recita un

motto ironico molto in voga su facebook il cui evidente fi ne è la risibilità sul bere molto e di ubriacarsi. Molti hanno trovato la pagina divertente se conta quasi 58.000 fans. Non pochi. Abbiamo intervistato lo psicologo Gaetano Ruggieri della Comunità Mondo Nuovo (ONLUS) per affrontare da un punto di vista sociale, psicologico e in parte medico la questione dell’abuso d’alcol, specie tra i più giovani. Quando si può propriamente parlare di abuso d’alcol?“Se parliamo di assunzione di alcol in modalità rischiosa le cose da dire sono molte. L’organizzazione mondiale della

sanità chiarisce, ad esempio, che non si dovrebbero assumere alcolici al di sotto dei 16 anni, e che, a seconda del genere sessuale, dell’età e delle situazioni (durante la guida o nel mentre si svolgono mansioni lavorative particolari), ci sono quantità di alcol che non andrebbero superate. Bisogna valutare se si beve in maniera continua e se si superano le quantità limite previste dall’organizzazione mondiale della sanità. Poi c’è il problema del bere in modo eccessivo (sbronzarsi). Il fenomeno del bere in maniera eccessiva e smodata è chiamato ‘Binge Drinking’. Secondo i dati forniti dall’OEDT (Osservatorio Europeo delle Droghe e Tossicodipendenze) è in forte aumento in Italia. Tale comportamento consiste nell’assumere cinque o più volte in una stessa occasione sostanze alcoliche (ad es. cinque 0,33 di birra, o bicchieri di vino

KAFA: campagna contro gli abusisulle donne dovuti all’alcoll 2011 Le cifre allarmanti

degli abusi

Intervista a Gaetano RuggieriGaetano Ruggieri psicologopsicologo, psicoterapeuta psicoterapeuta della comunità Mondo Nuovodella comunità Mondo Nuovo

DI VINCENZO LISCIANI PETRINI

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0,12, o bicchierini di superalcolici, etc.), spesso lontano dai pasti e mischiando il tipo di alcolici. I giovani sono soggetti particolarmente a rischio. Il 32,4% degli studenti abruzzesi maschi tra i 15 e i 19 anni, presi a campione per l’indagine (dati ESPAD – Italia 2009), ha praticato una o più volte questo tipo di abuso d’alcol nell’arco del mese precedente all’indagine. Tra gli studenti abruzzesi di 18 e 19 anni si osservano, altresì, percentuali maggiori alle medie italiane per quanto riguarda la pratica del binge drinking.Questi sono numeri abbastanza forti, ma – scendendo più nel dettaglio – cosa si nasconde dietro questo fenomeno? Quali le cause?“Molteplici e tendono a sovrapporsi. Rispetto ad una valutazione statistica del fenomeno, si notano soprattutto alcuni aspetti che si possono correlare positivamente con il praticare il binge drinking nei giovani: - la presenza diffusi comportamenti violenti (risse);- uno scarso impegno negli studi; - la disponibilità di una paghetta settimanale elevata e priva del controllo genitoriale;- il fatto di avere parenti già affetti da disturbi dovuti all’alcol;- la frequentazione di compagnie dove si pratica il binge drinking. Le ricerche dimostrano che un fattore preventivo per tali comportamenti a rischio è il sentirsi seguiti ed accolti da entrambi i genitori.La tendenza ad esagerare con alcol nell’adolescenza può celare nel profondo l’attrazione dei giovani non certo per il piacere sano della bevuta, tipico aspetto del ‘bere mediterraneo’, quanto, piuttosto, per il gusto e la ricerca del rischio, propri della fase evolutiva adolescenziale. Il problema maggiore è, comunque, quello di una dilagante cultura dello “sballo”. Insomma, la bevanda alcolica piace non tanto per il suo gusto da accompagnarsi magari ai pasti, quanto per l’utilizzo, alla stregua di vere e proprie droghe. Piace per l’effetto. Quindi è possibile ritenere l’alcol, nei fatti, un vero e propriostupefacente. Almeno potenzialmente. “L’organizzazione mondiale della sanità considera l’alcol una sostanza d’abuso. L’alcol può dare tolleranza acquisita, dipendenza fi sica e psicologica, e le crisi d’astinenza da alcolici sono tra le peggiori che esistano. Le bevande alcoliche in se stesse non

vanno demonizzate: il modello del bere mediterraneo, tipico del nostro dna storico e culturale, viene considerato un modello del bere sano, associato a del buon cibo e ad una convivialità spesso familiare o amicale. Il problema è che c’è un altro modello in rotta di collisione con quello mediterraneo che, ormai, è da anni in decadenza: parliamo del modello ‘nordico’ del bere, che è quello, appunto, del binge drinking. Come ho già detto, non possiamo ignorare di vivere in una società dove è forte la ‘cultura dello sballo’ e quindi è più favorito questo modello rispetto all’altro”. Girano diverse pubblicità del ministero con slogan del tipo ‘non farti, fatti la vita’ etc. con particolare (forse unico) riferimento alle droghe leggere e pesanti. Ma anche l’alcol, abbiamo detto, è una droga: non si vedono però pubblicità che educhino a un bere sano e responsabile e che stigmatizzino l’abuso d’alcol. “Hai messo il dito nella piaga: l’Italia essendo uno dei massimi produttori di bevande alcoliche vive questo argomento in modo contrastante. Da una parte si cerca di arginare le percentuali dei morti nelle strade causati da persone alterate dall’alcol, dall’altra vi sono spot pubblicitari dove il bere viene posto come status symbol e viene fortemente incentivato. L’inasprimento delle sanzioni ai guidatori in stato di ebbrezza ha, come dire, affrontato il problema attraverso una tattica di deterrenza. Il problema profondo resta, però, lo stesso. La risposta più importante al bere male non può che essere di tipo educativo” .La gente, i giovani bevono male perché non sono educati a farlo bene. Come si può arginare il problema? “Senza dubbio cominciando a creare dei momenti di incontro nelle scuole dove sia possibile parlare di questi argomenti e mettendo in luce gli aspetti negativi e positivi dell’alcol. Sicuramente anche le campagne pubblicitarie degli alcolici devono essere studiate meglio. Dovrebbero essere meno subdole. Poi occorre sfatare dei tabù: è vero che l’alcol può sciogliere dei freni inibitori e quindi un ragazzo timido potrebbe trovare maggior coraggio nelle relazioni con gli amici, ma è anche vero, che questo effetto è di breve durata ed il problema di quel disagio resta intatto, se non peggiorato. Bere per migliorarsi in qualcosa non è certo una via

encomiabile, anzi… poi, come si sa, bere troppo può causare gravi danni fi sici e psichici. Il bere alcolici, ad esempio, causa un calo nella performance fi sica e cognitiva (si rallentano i tempi di reazione e le capacità attentive ). Il bere a rischio è la porta della dipendenza”. Come ci si può accorgere di scivolare lentamente nell’alcolismo? “Posto che tali valutazioni vanno fatte sempre da professionisti esperti in tali problematiche, alcuni sintomi di facile intelligibilità sono il desiderio persistente di assumere alcol, ed il farlo in quantitativi sempre maggiori con tentativi infruttuosi di ridurne l’assunzione; una grande quantità di tempo spesa per procurarsi alcolici, per consumarli e per riprendersi poi dai suoi effetti; il ridurre le proprie attività anche ricreative a causa del bere ed infi ne, ma non da ultimo, l’uso continuativo della sostanza a discapito di avvisaglie fi siche e malattie che necessitano l’astensione”.

Centro d’ascolto di Teramo Tel: 392/9808643

Centro d’ascolto di Sant’OnofrioTel:392/9784192

Centro d’ascolto di Giulianova Tel: 340/4540531

infoinfoComunità Comunità Mondo NuovoMondo Nuovo

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focus onItalia, campagna contro l’alcol giovanile e guida sicura 2011

1. Nr. Controlli con precursori e/o etilometri nr. 116122. Nr. Controlli positivi art. 186 Cds tasso alcolemico nr. 2433. Nr. Controlli positivi art. 187 Cds sostanze stupefacenti nr. 76

Fine settimana1. Nr. Controlli con precursori e/o etilometri nr. 14302. Nr. Controlli positivi art. 186 Cds tasso alcolemico nr. 115 3. Nr. Controlli positivi art. 187 Cds sostanze stupefacenti nr 134. Nr. Controlli positivi art. 186 Cds tasso alcolemico donne nr. 15 5. Nr. Controlli positivi art. 186 Cds tasso alcolemico uomini nr. 100

I controlli della Polizia stradaleI controlli della Polizia stradaleanno 2010anno 2010

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ivendo a stretto contatto con il mondo giovanile e osservandolo con una particolare attenzione, uno dei

problemi che si evidenzia più degli altri è il non comprendere più il senso e il valore della vita. Sorge una domanda spontanea: perché e di chi è la colpa? Potrebbe sembrare un luogo comune dare la responsabilità ai genitori o a un errato modo di educarli. Credo che sovente il tutto sia dovuto alla paura di creare sofferenza ai propri fi gli, dicendo qualche “no” in più. Cerco di spiegare meglio il concetto. L’iperprotettività, il voler spesso giustifi care gli errori, il concedere troppo e soprattutto il poco dialogo ci hanno portato a voler sottrarre dall’esperienza di vita dei giovani la capacità di affrontare anche le negatività, a non comprendere il senso del sacrifi cio e del sapersi guadagnare le cose con merito. Tutto questo ha contribuito a svuotare di senso la loro esistenza tanto da portarli a cercare emozioni sempre più forti e a volte distruttive, pur di trovare un signifi cato o peggio ancora sfuggire

alle proprie responsabilità, in quanto incapaci di affrontare gli ostacoli che la vita può riservare. Allora cosa fare? Non sono in grado di dare ricette, ma posso solo rapportarmi alla mia esperienza di fi glio: forse ricevere qualche “no” in più potrebbe formare i nostri giovani a quella che io chiamo una “sana sofferenza formativa” che tempri con forza il carattere, ma soprattutto che sappia far recuperare ai ragazzi il giusto valore delle cose e la bellezza della vita. Concludendo, impariamo noi educatori e genitori a dire qualche salutare “no”. Forse fi nalmente riusciremo ad esercitare il nostro compito senza paura e a rimotivare una generazione alla quale dobbiamo guardare con fi ducia. Sì, un consiglio lo posso dare: andate in libreria e regalatevi il libro “Se mi vuoi bene, dimmi di no” di Giuliana Ukmar (Editore Franco Angeli).

AbbiamoAbbiamodetto troppi “Sì”detto troppi “Sì”

DON ANTONIO GINALDI

L’iperprotettività, L’iperprotettività, il voler spesso il voler spesso giustifi care gli errori, giustifi care gli errori, il concedere troppo il concedere troppo .... ci hanno portato .... ci hanno portato a voler sottrarre a voler sottrarre dall’esperienza di dall’esperienza di vita dei giovani vita dei giovani la capacità di la capacità di aff rontare anche le aff rontare anche le negativitànegatività

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focus on

Canada, campagna Giovani e alcoll 2010

l rapporto che i giovani hanno con l’alcool è da qualche tempo motivo di preoccupazione per famiglie e istituzioni.Sempre più ragazzi bevono fi no a ubriacarsi e molti di loro non

sono maggiorenni, alcuni sono appena adolescenti e scatta l’allarme dei baby alcolisti.Durante il periodo adolescenziale non si dà molta importanza all’alcool. E’ un elemento presente nelle case di tutti e i ragazzi sono i soggetti più vulnerabili agli effetti fi sici e mentali di questa sostanza, quindi più esposti a rischio dipendenza. Statistiche sull’alcolismo giovanile dimostrano che i bevitori sono in maggioranza di sesso maschile, che ha iniziato a bere in compagnia di amici magari in ristoranti o pub e la motivazione che più spesso li spinge al bicchiere è la

ricerca di un migliore rapporto con gli altri. Lo stesso campione intervistato evidenzia come il 27,9% cerca nell’alcool euforia, il 14,1% addirittura felicità, il 12,6% fugge dalla depressione mentre quasi il 10% beve per “noia”. Motivazioni che vanno approfondite. Alla base di ogni dipendenza c’è un disagio: ma quali sono le diffi coltà di un ragazzo e in quali situazioni può avvicinarsi al bicchiere? Spesso e volentieri si beve per disinibirsi davanti agli altri, per apparire più spigliati e simpatici, magari per avvicinarsi con maggior facilità all’altro sesso. In altri casi si cerca lo “sballo” ovvero la completa alterazione degli stati di coscienza, a volte per divertirsi, altre volte è un modo semplice per aggirare un ostacolo. Ecco come l’alcool si trasforma nella soluzione ai problemi che non si è in grado di risolvere con altrettanta facilità.

Generazione Generazione alcolisti?alcolisti?

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È importante capire che questo fenomeno è dovuto a due fattori importanti: l’elevata fragilità caratteriale tipica adolescenziale, soprattutto dal punto di vista dell’infl uenza (le famose “cattive compagnie”) e l’incapacità di manifestare emozioni. Su quest’ultima si deve rifl ettere. I giovani bevono per liberarsi dalla presenza di emozioni che in qualche modo sono diffi cili da gestire. La timidezza, l’ansia, la rabbia e la tristezza sono demoni che un ragazzo deve soffocare per potersi divertire? Sicuramente di questa tendenza ne è responsabile tutta la società. Dalla pubblicità al senso comune, dalle nuove tendenze estetiche alla moda: tutto ciò detta regole che non ammettono dissidenti. È l’inadeguatezza che spaventa e bevendo ci si sente più forti, più accettati, o semplicemente non si pensa.È importante quindi sensibilizzarli e indirizzarli a una cultura “del limite” per fare in modo che questi giovani possano vivere in modo sano i momenti di gioco, svago e divertimento.Il compito della società è anche impedire ai minorenni l’uso e l’abuso di alcool o altre sostanze stupefacenti. Proseguono dunque incessanti i controlli di polizia e carabinieri non solo per strada. A tutela di coloro che, in verità, sono poco più che bambini, e vanno protetti come tali.

JESSICA PAVONE

Alla base di ogni Alla base di ogni dipendenza c’è un dipendenza c’è un disagio: ma quali disagio: ma quali sono le diffi coltà sono le diffi coltà di un ragazzo e in di un ragazzo e in quali situazioni può quali situazioni può avvicinarsi al bicchiere? avvicinarsi al bicchiere? Spesso e volentieri Spesso e volentieri si beve per disinibirsi si beve per disinibirsi davanti agli altri ...davanti agli altri ...

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focus on

Teramo dopo il tramontodopo il tramonto

RAUL RICCI

rigorosamente in mano. E pazienza, se ad un bicchiere ne segue poi un secondo, un terzo, un quarto… Fino a che si perde il conto. Un amico alla mia vista mi abbraccia caloroso: “Sono ubriaco perso!”, mi sussurra all’orecchio, lo vedo barcollare, biascica parole incomprensibili, ride, in maniera quasi isterica, lo vedo perdersi tra i fumi dell’alcool. Se da un lato l’assunzione di bevande alcoliche favorisce la convivialità e scioglie la lingua, non si può certamente nascondere che l’alto tasso alcolemico annebbia la vista e i sensi ed è ormai divenuto la causa principale di incidenti stradali. Alcuni li vedo salutare, salire in auto, accendere e partire. In barba ai controlli, a casa ci tornano guidando. “Tanto per chi vive in città è facile sapere dove si posizionano i posti di blocco”, mi dice sorridendo un ragazzo.

n richiamo continuo, quello per i giovani all’alcool. Un canto delle sirene al quale è diffi cile non cedere. Teramo e i suoi

giovani, un lungo sodalizio col “bicchiere”. I dati della Asl di Teramo lo confermano: su 648 casi riscontrati nell’anno 2010 relativi alle tossicodipendenze, il fenomeno legato all’alcool è in netto aumento, con un 5% annuo crescente negli ultimi dieci anni.Metti un venerdì sera in giro per i locali del centro storico: il culto della “tazza” è imperante nelle relazioni sociali giovanili. Se l’età di prima assunzione tende ad abbassarsi notevolmente – i dati del Sert parlano chiaro: il primo bicchiere si (beve, si assume) inizia anche a 11 anni – è anche vero che i controlli da parte degli enti preposti in città sono diventati molto più severi, spronando anche i commercianti più distratti a verifi care bene l’età dei loro clienti. Assisto ad una scena di questo tipo, con un ragazzo di appena 15 anni che tenta in tutti i modi di convincere il barista di un bar nei pressi di piazza Garibaldi a farsi stendere una bottiglia di birra da 33cl. Nulla da fare.Riscendo il corso San Giorgio, per immergermi in quella strana moltitudine notturna che ama colloquiare fi no a notte fonda all’esterno degli storici ritrovi del centro: una chiacchierata qui a Teramo non può non essere accompagnata da un calice

il bicchiere come compagno di avventura

uardare un ragazzo che si ubriaca è uno spettacolo grottesco. Può far ridere vederlo sbandare, sparlare senza sosta, ma se ci

si sofferma a osservarlo con altri occhi, ossia da persona consapevole e che si rende conto di ciò che vede, la prospettiva cambia. La scena diventa squallida, si prova spavento e soprattutto non si ha la minima idea di cosa fare. Io sono una ragazza di 16 anni che frequenta la seconda superiore e sono reduce da una gita con i miei compagni di classe. Durante queste cose è normale che, specialmente i ragazzi, si procurino gli alcoolici per divertirsi la sera e questo può andare anche bene, se non si perde il controllo. Il guaio è che quasi sempre si esagera. Si parte piano, una birra qui e una lì e già c’è chi accusa le prime sbandate, ma la cosa si fa più seria quando si comincia con la vodka o con il rhum, e senza che tu te ne renda conto le persone che hai intorno, o per lo meno alcune, già non ragionano più, sparlano, sbandano e più cerchi di fermarle e convincerle a riprendersi, più loro oppongono resistenza e vogliono strafare. Soprattutto tra i ragazzi questo è una sorta di “rito” molto frequente per poter provare a gli altri di saper “reggere”, ma spesso e volentieri non tutti resistono come prevedevano. La cosa più brutta di questa esperienza è stata soccorrere due ragazze che, rinchiuse in camera con una bottiglia di vodka, si sono date alla pazza gioia. Le uniche rimaste completamente sobrie dopo quella serata eravamo io, tre mie amiche e un paio di ragazzi, gli unici che non avevano bevuto. Dopo un po’ però avendo perso un po’ di vista le altre e, sentendo solo urla e risate strane provenienti dalle loro camere, abbiamo deciso di andare a vedere cosa stesse succedendo, e qui devo dire che è stata una di quelle poche volte che ho provato

Gita scolastica“Fuori le “Fuori le righe”righe”

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panico: di non sapere che fare, cosa dire, come comportarmi e soprattutto a chi rivolgermi. Io e le mie amiche abbiamo provato a farle riprendere, a farle addormentare e a tranquillizzarle, ma non c’era niente da fare, erano fuori controllo. Alla fi ne senza sapere più cosa provare per aiutarle, eravamo arrivate alla conclusione che l’unica soluzione era chiamare la professoressa: lei avrebbe saputo sicuramente cosa fare. Dopo averla portata in camere delle due ragazze io e alcune altre mie amiche abbiamo preferito andare a dormire nelle nostre stanza, soprattutto io. Non volevo sapere cosa sarebbe successo, né come sarebbero state le mie compagne, volevo solo andare a dormire e pensare a cosa avremmo fatto domani, in un altro giorno, sperando che lo spettacolo non si sarebbe ripetuto.

ILARIA CLAUDIA F.

ioventù uguale anni spensierati, pieni di gioia, amore, curiosità. I migliori anni della nostra vita. Tra le sempreverdi

foresti dell’Ucraina si trova una splendida cittadina: Lopatin. La maggior parte dei suoi abitanti sono giovani. Ragazzi pieni di vita, entusiasmo, idee e progetti per il futuro… penserebbero tutti. Non è proprio così. La voglia di vivere non è scontata, così come non è scontato aver voglia di capire perché. Quasi nessuno sa veramente come trascorrono il loro tempo, come si divertono gli adolescenti. O forse a nessuno interessa saperlo. Ci si accontenta degli stereotipi e dei luoghi comuni invece di osservare i singoli individui e le loro opinioni. Nella nostra città i ragazzi hanno diversi modi a disposizione per divertirsi, a seconda dei gusti, delle affi nità, degli interessi. Ho provato a fare una piccola ricerca ed è venuto fuori questo: 22,1% dei giovani preferisce guardare la tv; 21,2% - coinvolti nello sport; 21,2% - passa il tempo davanti al computer; 14,4% - legge; 11,5% - passa il tempo con gli amici; 5,8% - aiuta i genitori; 1,9% - ascolta musica; 1,9% - guarda fi lm.Ma se per qualcuno la felicità è cercare

l’amore, per qualcun altro invece è cercare …l’alcool . A Lopatin il 98% dei ragazzi pensa comunque che è possibile divertirsi con gli amici, fuori casa, in palestra ecc. Sono d’accordo. Penso anch’io che sia piacevole stare con chi ti capisce e condivide la tua condizione. Avrei anche una ricetta, fatta di pochi ingredienti: qualche amico, qualche ora di libertà e un po’ di buon umore. Mischiare il tutto e l’allegria è servita. Ma qualcuno sbaglia condimento e al posto del buon umore mette l’alcool, dimenticando che è solo un’apparenza di buon umore, che non dà la giusta felicità, offusca la mente mentre è bene che si impari a riconoscere e apprezzare gli ingredienti giusti.La gioventù nasconde molti misteri e molte domande. È diffi cile riuscire a “vedere” e capire, ma è indispensabile essere soprattutto sinceri con se stessi e con coloro che ci circondano. Buona fortuna a tutti quelli che non smettono di cercare la giusta felicità.

VIKTORIA MYKHALCHUK

In UcrainaIn Ucraina invece…invece…La cosa più brutta di La cosa più brutta di questa esperienza questa esperienza è stata soccorrere è stata soccorrere due ragazze che, due ragazze che, rinchiuse in camera rinchiuse in camera con una bottiglia di con una bottiglia di vodka, si sono date vodka, si sono date alla pazza gioiaalla pazza gioia

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Questa e’ la corrispondenza di un teramano dal Giappone, terra ricchissima di storia e con tanto fascino, ove convivono, senza confondersi, antico e moderno.Sono arrivato dopo un mese esatto dagli eventi catastrofi ci – ed in terribile sequenza – quali un fortissimo terremoto dall’inusuale intensita’ (9.0 di magnitudo, secondo la scala Richter), un devastante tsunami di terrifi cante violenza ed il cedimento parziale delle centrali nucleari di Fukushima (nord-est del Paese) .Dopo l’11 marzo 2011, a Teramo, mi e’ sembrato di essere al centro dei pensieri dei miei concittadini. E’ stato anche bello “toccare con mano” una solidarieta’ palpabile, con centinaia di persone – amici o semplici conoscenti – che chiedevano o commentavano le notizie da loro apprese in TV (o nei giornali) per confrontarle con quelle in mio possesso. Una specie di sana curiosita’! Per me, e’ stato agevole dare notizie ricevendone ogni giorno da mio fi glio- dal Giappone- che mi “inoltrava” le e-mail a sua volta ricevute, quasi quotidianamente, dall’ Ambasciata d’Italia ed indirizzate a tutti i residenti in quel Paese.Negli ultimi giorni, prima della partenza per l’annuale viaggio in Estremo Oriente (con quello di quest’anno, e’ il decimo con destinazione Giappone), vi e’ stato quasi un coro unanime, di amici e non, che mi sconsigliavano di partire.Ma – dopo rifl essioni e qualche dubbio - con la preziosa compagnia di mia moglie (che e’ stata determinante per farmi essere ‘architetto’ della mia famiglia) ci siamo imbarcati a Roma, destinazione OSAKA (Giappone). Dalla partenza all’arrivo e nelle giornate successive allo sbarco, ho avuto alcune precise sensazioni

ed ho potuto fare delle constatazioni :1) che i non residenti stranieri, presenti in Giappone, siano ora non molti. Infatti, sul volo AZ792, che ci ha trasportati ad Osaka, oltre me e mia moglie, gli italiani erano solo 3 (dico tre !!), a parte lo staff. Negli anni scorsi, ogni volta –indipendentemente da mese o giorno della settimana- gli italiani sullo stesso volo erano almeno 90/100;2) che –ovviamente- tranne i piu’ giovani, sono veramente pochi quelli che ridono;3) che, almeno qui nel sud del Giappone tutto funziona e sembra tranquillo;4) che i supermercati sono pieni di persone e forniti di cibo (frutta, verdura e pesce compresi) naturalmente sottoposti a rigorosi controlli per il rischio latente di contaminazioni radioattive;5) che i Giapponesi, oltre la grande dignita’ mostrata, hanno una sorta di “spirito di corpo” che li aiuta a lavorare ed a sperare in un futuro migliore;6) che i ciliegi sono tutti in fi ore. Vi e’stato, quest’anno, un leggero ritardo rispetto all’annuale fi oritura che, di norma, avviene negli ultimissimi giorni di marzo. Rimane uno splendido spettacolo della natura! N.B. Come

ho gia’ suggerito in un articolo di qualche mese fa (v. il mio sito www.quiteramo.it ) perche’ non metterne qualche decina a dimora nei lungofi ume teramani? Sarebbe bellissimo, ve lo assicuro !!!7) che, tra i Giapponesi, c’e’ quasi ritrosia a chiedere ed accettare aiuti !

Nessuno pensa di avere diritto a stare gratis in Alberghi o residence. Si vuole rimanere nelle proprie citta’ e basta. Sono minimalisti, quindi ci si accontenta;8) che c’e’ quasi un generale convincimento che, fra Governo e Tepco (societa’ elettrica che gestisce le centrali nucleari a Fukushima), spesso una delle parti non dice tutta la verita’;9) che i grattacieli –sempre piu’ moderni- sono realizzati in tempi brevi e con eccezionale tecnologia (basti rifl ettere alla oggettiva constatazione che non ve n’e’ uno che abbia risentito piu’ di tanto dei terribili terremoti come quello dell’11marzo 2011;10) che –come avevo gia’ constatato in passato- in Giappone vige il principio sociale che, pur di limitare al massimo la disoccupazione, ...occupano tante persone per svolgere il lavoro che –in Italia- fa spesso uno solo. Per un esempio, da noi per fare un cambiovaluta ci si reca dal cassiere della Banca e tutto si fa li’. In Giappone ci sono 5 ‘fi ltri’ per la stessa operazione: 1 accoglie il cliente, 1 fa riempire modulo di richiesta operazione, 1 effettua il cambiovaluta alla cassa (si sta seduti!), 1 controlla che la somma data e quella ricevuta siano corrette e 1 accompagna il cliente all’uscita ! Non guadagnano tanto i 5 ma in Giappone ci sono...4 disoccupati di meno!11) che la vita e’ abbastanza cara in Giappone (specie il costo terreni, le case, i trasporti veloci e la carne). N.B. un chilo di carne di Kobe, qui detta di 1’ scelta, costa circa 130/140 euro al chilo!!! Pero’, da dieci anni a questa parte, i prezzi sono rimasti invariati o quasi, mentre da noi... Ragioni di spazio mi impediscono di aggiungere altri elementi di rifl essione,Mi permetto “rinviare” al mio sito (www.quiteramo.it) ove sara’ possibile avere altre informazioni.PS. Qui il mangiare e’ diverso ed alcuni piatti sono buoni. Ma, attenzione, il nostro “attruccinare” o gustare delle belle “virtu’ teramane” e’ un’altra cosa!

Kobe Japan, Aprile 2011

Lettere dal GiapponeGiapponeDI ROPEL

immagini dal Giappone

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La squadra di Matteo. No, non è il titolo di una avvincente serie televisiva (anche se questa storia ne ha tutti i requisiti), ma l’appellativo con cui,

nella memoria collettiva teramana, ci si riferisce a un periodo, e a un gruppo di persone unite dalla stessa passione per il loro lavoro e per la loro città. Poliziotti nell’anima e per sempre. Senza orari, sempre “operativi”, per usare il loro gergo, impegnati non solo nel contrasto, ma soprattutto nella vigilanza e nella prevenzione del crimine . Con una peculiarità che ne ha caratterizzato lo stile inconfondibile: ascolto e attenzione a tutti, dal cittadino al pregiudicato, dalla persona comune al “pezzo grosso”, dal disadattato al recidivo.Una storia che inizia “nel lontano 19 ottobre 1979 – così il racconto di Matteo Del Fuoco, dirigente della Squadra Mobile teramana (ora in pensione) - quando fui trasferito dalla questura di Oristano a quella di Pescara, dirottato su Teramo dall’allora questore Ciammaichella, persona che ho avuto modo di apprezzare e stimare profondamente, anche se non sempre abbiamo condiviso i punti di vista. L’esperienza maturata nei precedenti incarichi in grandi città, dove la criminalità aveva dimensioni e strutture diverse e quindi dove anche i metodi investigativi lo erano di conseguenza, mi ha permesso di formare e costruire, con dei ragazzi fenomenali, un gruppo unito e preparato. Con loro ho cercato di cambiare la cultura del lavoro investigativo. Non è stato facile”. Era il momento della trasformazione anche della società teramana. La città e la provincia stavamo cambiando. Erano gli anni in cui faceva apparizione la droga

sia leggera che pesante. “Cominciammo a contare i tossicodipendenti - prosegue Del Fuoco -, le piazze teramane erano luogo di scambio e di spaccio. Insieme a un pool di ottimi magistrati cercammo di proteggere questo territorio dai tentativi di invasione, di attacco da parte di organismi criminali e mafi osi. Il cittadino apprezzò questo nuovo modo di porsi della polizia giudiziaria. Volli fortemente un contatto diretto con il pubblico”. Iniziava il “nuovo corso” della Squadra Mobile, soprattutto attraverso la relazione con le persone, cittadini o criminali. “Con tutti ho cercato di stabilire un contatto umano. Sono stato il primo ad istituire una casella postale attraverso cui i cittadini potevano comunicare, segnalare, chiedere, rivolgersi alla Polizia, con la sicurezza di essere innanzitutto ascoltati in modo discreto, rispettando la dignità di ognuno”.Un rapporto di reciproca fi ducia tra Polizia e territorio che negli anni ha portato ad una sorta di positiva complicità con i cittadini, in cui i nuovi metodi applicati diedero risultati di notevole entità. Nel racconto di Matteo Del Fuoco è molto evidente il ricordo affettuoso dei suoi collaboratori a tratti un rimpianto, nonostante i rischi che inevitabilmente si correvano nello svolgere indagini anche complesse, delicate che fi nivano per “pestare i piedi di qualcuno” . “Il nostro operato portò la Questura di Teramo all’attenzione dell’Italia. – conclude Matteo del Fuoco- Ci conoscevano da Palermo a Milano. Nel patto di reciproco rispetto che si era instaurato con le persone, era fondamentale la fi ducia. Se quella squadra ha signifi cato sicurezza, presenza, effi cienza, vuol dire che la professionalità applicata non ha mai leso la dignità di nessuno “.

Come ogni sera il mio yorkshire reclamava pazientemente l’esigenza della passeggiata. Abitando in Questura, il percorso era obbligato e si svolgeva su Viale Bovio e le viuzze intorno all’isolato. All’improvviso si udirono degli spari. Con disappunto del mio cagnolino tornai indietro per cercare di capire da dove provenissero. Gli agenti della Volante si erano già mossi e le ricerche si concentrarono in via Rischiera, dove in un appartamento trovammo il corpo senza vita di un uomo. Il cadavere era in cucina, alcune persone gridavano e si capì da subito che l’omicida era ancora in casa. Si trattava di un pregiudicato di nome Torchia che conoscevamo bene per i suoi trascorsi, ma che si era chiuso in una stanza e ancora armato. Riuscii a parlargli, dissi agli agenti di uscire dalla casa per indurlo a fi darsi e fargli aprire la porta. Infatti, quando gli agenti si allontanarono, lui aprì. Entrai disarmato e questo allentò la tensione dell’omicida che mi permise a mia volta di disarmarlo. Mi raccontò i motivi che lo avevano spinto a quel gesto: la fi glia della vittima, malata di Aids, lo aveva contagiato. Sempre parlandogli lo convinsi a uscire e a seguirmi. Quasi sottobraccio, lentamente, tra le persone che si erano radunate, agenti, giornalisti, raggiungemmo insieme a piedi la questura dove fu poi regolarizzato l’arresto. Il questore mi fece una solenne “lavata di capo” per aver rischiato, con un omicida ancora armato e sconvolto, di essere colpito a mia volta. Ma io ho sempre ritenuto che le armi potessero, forse più spesso, innescare la violenza che dissuaderla e cercavo di limitarne l’ostentazione. Poi, però, venne anche l’encomio.

DI MIRA CARPINETA

Le memorie del Le memorie del “Signor Maigret”“Signor Maigret”Matteo del FuocoMatteo del Fuoco, dirigente della squadra mobile di Teramo fi no al 2007, ora avvocato racconta storie e avventure racconta storie e avventure di un mestiere diffi ciledi un mestiere diffi cile

* Sottobraccio con l’omicidaMatteo Del Fuoco

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umerosi sono i motti di spirito che annunciano o completano la frase, ormai proverbiale, attribuita a Massimo Tapa re l l i d ’Azeg l i o .

Con tale espressione, però, che cosa ha voluto veramente signifi care l’illustre letterato e uomo politico? Se l’Italia era stata fatta, evidentemente, c’erano già gli Italiani e, quindi, non ci sarebbe stato bisogno di fare gli Italiani. Oppure l’Italia è stata fatta da altri: dalla massoneria? da chi aveva interessi politici e/o economici? da potenze straniere? Allora è vero pure che i plebisciti furono solo un mega broglio.Fatta, quasi, l’Italia politica, bisognava unifi care gli italiani. Come si fa a costituire un popolo? per decreto legge? Un popolo o è o non è.Sicuramente d’Azeglio voleva dire che, una volta costituito il nuovo Stato, occorreva maturare una moderna coscienza collettiva nazionale, basata su valori storici, religiosi, culturali e linguistici. Le differenze sociali tra i diversi Stati preunitari erano notevoli. Si richiedeva, infatti, come auspicavano alcuni intellettuali, un’organizzazione politico-amministrativa

decentrata. I Piemontesi, invece, hanno voluto imporre una struttura dello Stato basata sull’accentramento del potere, su un’eccessiva burocratizzazione e su di un esoso fi scalismo, causa della ribellione del Sud che opponeva, con il fenomeno del brigantaggio, la propria resistenza (prima guerra civile nello Stato unitario che ha prodotto decine di migliaia di morti). Cosa c’è di vero in tutta l’epopea risorgimentale? Non basta di certo la crociera garibaldina da Quarto a Marsala per spiegare la conquista del Sud. Anzi è proprio tale evento che deve indurre a rifl ettere. Sembra strano come mille uomini o poco più, male armati e male equipaggiati, abbiano potuto tener testa ad un esercito regolare e ben addestrato, qual era quello borbonico. Garibaldi parte da Quarto la notte tra il 5 e il 6 maggio 1860. Dopo due giorni di navigazione, sbarca a Talamone, ove si rifornisce di carbone per i piroscafi , di armi e di uomini (oltre duemila?). Chi lo approvvigiona? Sicuramente gli Inglesi che temono i Borbone nel Mediterraneo (la fl otta borbonica è la più moderna al mondo), scortano Garibaldi con due cannoniere (Argus e Intrepid) e corrompono i vecchi uffi ciali borbonici, i quali inspiegabilmente spostano, il

giorno prima dello sbarco, il grosso dell’esercito da Marsala a Palermo, lasciando via libera ai Mille. Gli Inglesi avevano forti interessi economici in Sicilia da sottrarre ai Borbone, in particolare le miniere di zolfo. Il regno delle due Sicilie con Ferdinando II era sicuramente il più ricco e industrioso tra gli Stati preunitari. Vantava fabbriche e manufatti d’eccellenza nei più disparati settori: siderurgico, meccanico, navale, chimico, tipografi co, alimentare, edile, tessile, conciario, artigianale vario (cotone, lino, canapa, seta, corallo, orafo, ceramiche e maioliche). Tutto questo patrimonio fi nirà con la costituzione del Regno d’Italia. Inoltre, che fi ne ha fatto il tesoro dei Borbone? Garibaldi, solo a Catania, ha derubato 462 kg. di oro, da spendere in reclutamento di uomini e armi. Come è stata amministrata la Sicilia? Bronte, come narra Verga, è signifi cativo, come pure la resistenza di Civitella del Tronto che non vuole arrendersi all’invasore, anche perché i Borbone davano la dote ad ogni giovane donna che si maritava e tutta la cittadinanza era esentasse.

Fatta l’Italia… Fatta l’Italia… Continua il nostro viaggio nella storia che ha portato all’unità del nostro Paese

MICHELE CILIBERTI

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eramo è una città piena di verde, non serve certo un articolo per ribadirlo o sottolinearlo. Occorre tuttavia precisare che questa potenzialità del

nostro territorio viene spesso messa in secondo piano e non è mai sfruttata appieno. Il giro con Alberto Melarangelo comincia allora appena sopra uno degli ingressi al parco del Vezzola dove sorge una casupola abbandonata. “Questo piccolo edifi cio era stato richiesto in gestione dal Wwf per farne un centro di educazione ambientale rivolto soprattutto alle scuole. Un’iniziativa funzionale e di valore proprio perché all’interno di un parco fl uviale. Purtroppo questa gestione non è stata data: il Wwf si sarebbe preoccupato anche della manutenzione di parte del parco. Si può dire che è un peccato?” Certamente lo si può dire. A questo punto viene da chiedersi come si possa valorizzare un parco fl uviale che rischia continuamente di scivolare nel degrado. Melarangelo risponde: “Dando in gestione zone del parco ad associazioni

giovanili e, soprattutto, di naturalisti: ci vogliono dei bandi di concorso a progetto. Anche con fi nanziamenti non particolarmente cospicui si può già cominciare a fare molto. I parchi devono essere completati. Non solo. Alcune associazioni ciclistiche stanno da tempo caldeggiando la creazione di una pista ciclo-pedonale che congiunga i due parchi fl uviali fi no al mare. Il sentiero è praticamente già tracciato: bisogna solo sistemarlo e renderlo fruibile. Sarebbe un percorso favoloso tale da creare una fruizione maggiore di questi parchi. Soprattutto è un modo per sfruttare appieno le potenzialità del nostro territorio”. Proseguiamo la passeggiata andando al famoso ‘Ponte dell’impiccato’: nascosto sotto un tetto di lamiere rette da tubi di ferro arrugginito si intuisce la forma a schiena d’asino del ponte il cui impianto era romano, ma che ha conservato l’ultima forma medievale. “Questo ponte dopo che alcuni anni fa è stato messo in luce è ora in abbandono. Certamente a molti questo neanche interessa, eppure è un altro pezzo della storia teramana che se ne va. Manca completamente

una segnaletica storico-artistica dei beni culturali di Teramo”. Il cartello, è effettivamente rotto. Sotto il ponte c’è acqua stantia delle ultime piogge. La situazione

è di abbandono. “Qui avvenne l’ultima esecuzione capitale sotto il regno borbonico. Da questo ponte poi si passa direttamente alla ‘Fonte della noce’, con cui era collegato”. Camminiamo verso il luogo indicato. Dopo una quarantina di metri si apre un giardino (incolto) dall’architettura discutibile, ma subito un allegro gorgoglio d’acqua ci accoglie. Siamo a uno dei vecchi lavatoi di Teramo, per altro una fonte naturale. “Fonte della noce è un altro luogo storico di Teramo. Oltre ad essere uno dei lavatoi della città, è famoso perché vi si fermò la regina Giovanna d’Aragona”. Osservo subito l’iscrizione che lo ricorda. Il lavatoio ormai non serve più, si può ben capire, eppure un posto così suggestivo non è ancora valorizzato a dovere: questo è certo. Il problema è che spesso vengono fuori fondi smisurati per progetti enormi e spesso invasivi verso l’ambiente cittadino, mentre le piccole – ma fondamentali – migliorie che si possono apportare con poche spese al tessuto cittadino vengono tralasciate per mancanza di fondi. Melarangelo aggiunge: “Uno spazio che ha una fonte naturale deve essere per forza dato in gestione perché venga valorizzato: si potrebbero studiare progetti col Bim, con il Ruzzo o con altri enti. Lo avevo già segnalato a proposito dell’altro lavatoio, in quartiere San Giuseppe. Teramo è ricca di questi beni, è ricca di natura ed ha in questo ambito potenzialità immense… manca un occhio realmente imprenditoriale, perché spesso si smarrisce il senso di bene comune e quindi di ricchezza. Qui forse più che su altro si dovrebbe puntare anche per garantire spazi sempre più vivibili ai cittadini, agli studenti universitari e ai nostri turisti”. Queste restano belle parole che ogni teramano di certo vorrebbe vedere trasformate in realtà. Restano sempre alcuni nodi irrisolti: c’era un project fi nancing che mirava allo sviluppo e alla messa a posto degli impianti sportivi in tutti e due i parchi fl uviali teramani. È sparito? Qualcuno sa dire che fi ne ha fatto?

RisorsaRisorsa della nostra terraCon Alberto MelarangeloCon Alberto Melarangelo, a passeggio nel parco del Vezzola dal “ponte dell’impiccato” alla “fonte della noce”dal “ponte dell’impiccato” alla “fonte della noce”.

targa su “fonte della noce”

DI VINCENZO LISCIANI PETRINI

“fonte della noce”

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La Pinacoteca Civica di Teramo espone i dipinti di Cesare Averardi (Villa Passo, Teramo 1875-1939).L’allestimento della

mostra ricompone la poetica dell’artista grazie alla presenza di opere che, nel 2001, il fi glio Giustino donò al museo. Si tratta di tele e disegni che hanno dato vita a una retrospettiva sulla creatività, la preparazione culturale e il pensiero dell’artista.Cesare Averardi partecipò attivamente agli avvenimenti del suo tempo. Aderì al fascismo. Dopo qualche tempo, si dimise e pagò di persona con carcere e isolamento

la difesa del suo carattere di indipendenza assoluta e di libertà senza confi ne. Rifi utò qualsiasi corrente che intendeva asservire il volo dell’arte.Una personalità artistica che si palesa a cominciare dagli studi accademici e attraverso la celebrazione degli ideali, l’amore per la sua terra, la quotidianità, i legami affettivi.Distaccandosi dal primo conformismo grafi co, la sua pittura suggella la fi ducia nell’impegno civile e politico protendendo al verismo fotografi co e mettendo in luce una particolare passione per il ritratto.A mano a mano i contorni si sfaldano. Pennellate pastose di colore, toni luminosi, mostrano accordi con l’impressionismo e

le tecniche divisioniste. Nella sala intitolata “Oltre la visione” i volti e la nudità-simbolista evocano suggestioni psicologiche, intuizioni, stati d’animo. “Fuori dall’ombra” sottolinea il valore e l’ampio respiro della storia dell’arte locale. A Cesare Averardi si unisce la “voce” di alcuni suoi contemporanei: Salvatore Di Giuseppe, Basilio Cascella, Vittorino Scarselli, Pasquale Celommi, Francesco De Vincentiis, Francesco Patella, Salvatore Fumo e Gaetano Esposito.

“Fuoridall’ombra”Alla Pinacoteca CivicaAlla Pinacoteca Civica in mostra fi no al 31 maggio le tele di Cesare AverardiCesare Averardi

GIUSEPPINA MICHINI

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DI VINCENZO LISCIANI PETRINI

assimo, come è stata la tua decisione di essere chitarrista classico? Voglio dire: la chitarra è uno strumento che negli

ultimi 50 anni è associato particolarmente alla sua veste elettrica ed è facile che siano piuttosto grandi chitarristi del Rock come Jimi Hendrix, Jimmy Page, Brian May etc. ad aver appassionato le generazioni più giovani…Sarò sincero, alla chitarra classica sono fi nito per sbaglio.. Volevo suonare a tutti i costi la chitarra elettrica per imitare i miei idoli, che sono esattamente quelli che hai citato come esempio, ma mia madre (santa donna) mi ha spinto a studiare la chitarra classica in conservatorio per farmi avere un’istruzione accademica e completa. Poi la chitarra elettrica l’ho comunque sempre suonata parallelamente alla classica, ed ecco l’ibrido che sono ora.Che tipo di repertorio affronti e quanto è valorizzato questo strumento nella musica classica?Il repertorio che preferisco è sicuramente quello moderno e contemporaneo, anche il più estremo, ma non lascio da parte anche gli altri periodi storici (classicismo in particolare).

Inoltre suono molta musica da camera, che è l’ ambito che preferisco. Nell’universo concertistico la chitarra classica purtroppo non ha la voce in capitolo che meriterebbe, ma non sto qui a rimarcare i soliti discorsi che fanno i chitarristi altrimenti necessiteremmo di uno spazio di 50 pagine. Hai mai pensato di imparare a suonare

strumenti a corda più antichi come il liuto o il mandolino così da poterti dedicare maggiormente alla musica antica?Per un periodo ho provato una certa curiosità verso il liuto, ne ho avuto anche uno in prestito dal mio insegnante, ma ho capito che in effetti non fa per me. La chitarra è anche uno strumento particolarmente caro alla musica di tradizione popolare: penso soprattutto alla Spagna, e in generale ai paesi mediterranei, dove è uno strumento principe. Quanto ha infl uito la presenza di questo aspetto nella storia della chitarra?La componente popolare è fondamentale nella storia e nel repertorio della chitarra, e la grande abbondanza di brani con una forte matrice popolaresca è indicativa di questo aspetto. Secondo me il punto di forza della chitarra è proprio la commistione tra colto e popolare, che la rende completa ed interessante.Sei stato in Cina. Cosa hai trovato di questo mondo come importante spunto per la tua sensibilità artistica?…. [parla di questa esperienza]Ho suonato con l’ensemble romano Metadiapason all’EXPO 2010 di Shanghai,

Incontro conIncontro con il chitarrista classico Massimo Di GaetanoMassimo Di Gaetano

Sul palco la diff erenzala diff erenza

w w w . L i 8 L i . c o m

2 . 2 4 1 4

Massimo di Gaetano

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CHI ÈNome: MassimoCognome: Di GaetanoSoprannome: MaxData di nascita: 10/02/1982Città: TeramoStudi: Diploma in chitarra, Master universitario di I livello in strumenti per la didattica, biennio specialistico di II livello in didattica strumentale.Collaborazioni: Frevo Guitar Trio (trio di chitarre classiche). (MU)SiCk Project (duo sperimentale di chitarra e percussioni con Alessandro Scenna)Prossimi progetti: Con il (MU)SiCk Project sta per uscire il nostro primo lavoro discografi co. Un sogno nel cassetto: comprare un cassetto! Ho tolto tutti i cassetti da casa mia, vivo giorno per giorno.Un aggettivo o motto per descriversi: Zappiano.

e lì abbiamo tenuto anche altri concerti durante la nostra permanenza. E’ stata un’esperienza memorabile, formativo come può essere suonare all’estero così come suonare in una sede così prestigiosa. Il fatto poi che suonassimo musiche improvvisate e d’avanguardia ha reso il tutto estremamente interessante. Li ringrazio per avermi dato questa opportunità. E un ringraziamento particolare va a Martina Colli che ha permesso che ci fossi anch’io.Le sonorità della chitarra si addicono solo a situazioni di musica da camera oppure, secondo te, anche la grande sala da concerto può apprezzare un concerto solistico. Qual è la tua esperienza in questo senso?La chitarra può reggere qualsiasi palcoscenico, a prescindere dall’esigua potenza sonora che può esprimere. Al giorno d’oggi i chitarristi - se necessario - impiegano dei sistemi di amplifi cazione che non snaturano il timbro e il suono dello strumento, così da rendere il concerto pienamente fruibile al pubblico. Sul grande palco però si può riconoscere la differenza tra un grande interprete e un chitarrista “normale”.Sei un appassionato di musica Metal, è vero? Come fai a conciliare queste due vesti?

Sono tanto un chitarrista classico quanto elettrico, e la passione per il rock e l’heavy metal mi ha sempre spinto a cercare e sperimentare, anche nei miei studi accademici. Viviamo ormai in un’epoca in cui non si possono più ignorare le realtà che ci circondano, musicali e non: a mio avviso il limite sta nella ristrettezza di vedute, non nell’eclettismo.La musica e l’educazione musicale a Teramo. Lungi dal voler sempre fare futili lamentazioni, ma quanto è effettivamente valorizzata? E poi, in generale, come vedi le prospettive in Italia per i musicisti e come secondo te potrebbero cambiare in meglio. Spesso si sente dare questo consiglio: andare in America o in Germania.Teramo ha sempre dato la possibilità di suonare e studiare musica ai giovani, ma purtroppo risente della sua realtà di piccolo centro, con i mezzi del piccolo centro. In Italia la situazione non è migliore, perché non si investe più in cultura, e quindi anche in Musica. Andare all’estero ormai è quasi una tappa obbligata per tanti bravi musicisti che sognano un futuro artistico valido, quindi molti scelgono l’emigrazione per inseguire i loro sogni.

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evin D’Amico è nato a Pescara nel 1991 ed è uno studente con ottime valutazioni. Questo ragazzo di appena venti anni

ha qualcosa di speciale perché in lui sono riposte molte speranze che possa diventare la nuova stella della velocità su quattro ruote abruzzese ed italiana. La terra d’Abruzzo, cha ha dato i natali a campioni dell’automobilismo come Jarno Trulli e Vitantonio Liuzzi, oltre che al leggendario Berardo Taraschi che sfrecciava a Teramo nell’antico circuito del Castello, si appresta ad accogliere una nuova giovane promessa. La velocità sembra avercela nel sangue fi n da bambino tanto che, a soli 7 anni, Kevin esordisce nella 50 Baby Kart a S. Egidio alla Vibrata col 13° posto, ma già l’anno successivo partecipa al Campionato regionale Abruzzo 1999 chiudendo come secondo classifi cato. Di diritto passa alla 60 mini Kart e colleziona un 7°, un 3° ed un 2° posto al Campionato regionale. Dopo gli ottimi piazzamenti di questi primi anni di gare, nel 2003 arriva il primo successo alla Coppa Italia Ugento, vittoria che fa il paio, nel 2004, con quella ottenuta nel Campionato Abruzzese. Nel 2005 Kevin fa l’esordio nella categoria 100 Junior con buoni posizionamenti sia nel Campionato italiano sia nel Campionato Open Master 2006, mentre nel 2007, passato alla categoria 100 ICA, si piazza 2° al Campionato regionale. Altra tappa importante di questa fulminea carriera il passaggio alla categoria KF2 e, nella Coppa del Mondo di categoria, in una prova unica, Kevin arriva sul gradino più basso del

podio.Dopo aver conseguito nel 2008 la licenza Automobilismo velocità internazionale “C”, il giovane pilota pescarese compete nella F. Renault 2000 in cui si abitua molto spesso a salire sul podio: ottiene un successo e giunge 6° in classifi ca generale, mentre nella categoria under 17, si colloca al 3° posto. Nel 2010, sempre nel Campionato F. Renault 2000, Kevin conclude la competizione in seconda posizione con un grande recupero dal 10° posto in cui spiccano numerosi piazzamenti sul podio in circuiti prestigiosi come Imola, Hockenheim, Magny-Cours e Monza. Se son rose, fi oriranno…

Automobilismo

Brilla una nuova stellaBrilla una nuova stella

ALESSIO PALANTRANI

una delle sue vittorie in formula 2000

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Kevin e la sua fame di vittorie

Kevin e la sua monoposto

La terra d’Abruzzo, La terra d’Abruzzo, cha ha dato i cha ha dato i natali a campioni natali a campioni dell’automobilismo dell’automobilismo come Jarno Trulli e come Jarno Trulli e Vitantonio Liuzzi, oltre Vitantonio Liuzzi, oltre che al leggendario che al leggendario Berardo Taraschi che Berardo Taraschi che sfrecciava a Teramo sfrecciava a Teramo nell’antico circuito del nell’antico circuito del Castello, si appresta Castello, si appresta ad accogliere una ad accogliere una nuova giovane nuova giovane promessapromessa

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hockey in carrozzina elettrica è uno sport nato per persone affette da distrofi a muscolare, ma possono praticarlo tutte le persone affette da handicap motorio

a vari livelli di gravità. Questo è possibile grazie al particolare sistema di gioco, per cui, chi ha la possibilità di muovere le braccia utilizza una mazza da hockey in plastica leggera per colpire la pallina, invece, chi ha le capacità minime per muovere il joystick della carrozzina elettrica non viene escluso dal gioco,ma ne è parte attiva grazie al T-stick (uno strumento di plexiglass a forma di T che si attacca davanti le pedane della carrozzina, questo permette di colpire o spingere la pallina senza utilizzare le braccia). Le partite si svolgono su campi da basket o pallavolo .Il campo misura 28 m per 14 m e viene delimitato da tavole di legno lunghe 2

m,alte 20 cm unite tra loro da collegamenti mobili per evitare che si rompano e che creino eccessivi pericoli .Si gioca in 5 contro 5, 1 portiere + 4 giocatori di movimento, la partita è suddivisa in 4 tempi da 10 minuti ciascuno. Alla fi ne di ogni partita (dopo gli scontri sul campo) è previsto (da regolamento) un rinfresco, come il 3° tempo del rugby.L’hockey in carrozzina non è soltanto sport, ma è un’attività che offre (a chi altrimenti resterebbe sempre chiuso in casa) la grande opportunità di uscire, di fare amicizia, di confrontarsi e di divertirsi, questo è importante per tutti, ma per i disabili lo è ancora di più.Già da diversi anni questo tipo di hockey è presente in molti paesi europei ed anche negli Stati Uniti, in Canada ed Oceania.In Italia è arrivato nel 1991, per iniziativa del gruppo giovani della Uildm (Unione Italiana Lotta alla distrofi a muscolare), a cui non sembrava vero aver trovato uno sport

Sport e divertimentoSport e divertimento in crescita

Hockey in carrozzina

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La società “Amicacci” al completoUno schianto nella notte e quelle gambe non funzionano più. Oppure una malattia che ti costringe sulla carrozzina.In molti non si perdonano di avere ricevuto il dono divino della vita e di averlo sprecato come uomini.Altri, dopo un momento di smarrimento, pensano a come avere un’altra possibilità, una rivincita.Questo è successo ai fantastici ragazzi della Polisportiva Amicacci di Giulianova che hanno trionfato in Coppa Europa Challenge –l’equivalente dell’Europa League di calcio - di Basket in carrozzina le cui fasi fi nali si sono disputate a Madrid.Cardoso, Durantini, Marchionni- 32 pt. In fi nale!-, Rouillard, Konatè, Gemi, Accorsi, Turlo, Minella, Belaid, Ceracchi, Aubry, Di Massimantonio, Di Bennardo sono gli autori di questa splendida cavalcata: è il primo Trofeo Internazionale conquistato, 9 vittorie su 9

partite, avversari demoliti. Battuti Grenoble, Gerusalemme, Cipro, Liverpool, Liegi, Haifa, Izmir.Alla fi nale - disputata a Pasqua, proprio contro il Getafe Madrid - doveva essere presente anche l’infanta, Donna Elena, assente per motivi di pubblica sicurezza.Ha premiato il sindaco della capitale spagnola. “La disabilità in Spagna è una banale normalità e gode di considerazione diversa” ha affermato l’instancabile Peppino Marchionni. Come ha vissuto la vittoria? “Una gioia indescrivibile al suono della sirena, un ambiente inebriante ed unico, il pubblico è competente e sportivo”.Premiati nell’all star ideale Abou Konatè e Yvon Rouillard.Congratulazioni!

Già da diversi anni Già da diversi anni questo tipo di hockey è questo tipo di hockey è presente in molti paesi presente in molti paesi europei ed anche negli europei ed anche negli Stati Uniti, in Canada Stati Uniti, in Canada ed Oceania. In Italia è ed Oceania. In Italia è arrivato nel 1991arrivato nel 1991

praticabile e già così diffuso all’estero. Si pratica in molte città come Roma, Varese, Ancona, Genova, Napoli, Palermo, è un movimento in continua crescita, negli ultimi anni, infatti, sono nate moltissime squadre. Anche l’Abruzzo ha le sue squadre, l’asd Sconvolts Pescara che partecipa al Campionato da 5 anni ed ora ne sta nascendo un’altra a L’Aquila . Siamo in continua ricerca di ragazzi e ragazze sia come atleti che volontari che vogliano intraprendere questa fantastica esperienza. Non sono richieste particolari abilità ne conoscenze, ma soltanto voglia di divertirsi e qualche ora di tempo libero. Contattateci e non ve ne pentirete.

MASSIMO VICENTINI

azione di gioco

atleti impegnati in un match

IVAN DI NINO

Primo titulo!Primo titulo!

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diffi cile vedere un congresso che registra il « tutto esau-rito » e che necessita della forza pubblica per evitare che i numerosi uditori superino il numero consentito per la si-

curezza della sala. Si tratta del congresso che si è celebrato a Giulianova los corso primo aprile, organizzato dal Centro di Riferimento Regionale di Fisiopatologia della Nutrizione, in collaborazione con il Centro per i Disturbi Alimentari Palaz-zo Francisci di Todi, diretto dalla dott.ssa Laura Dalla Ragione, che è anche respon-sabile dal 2007 del Progetto sulle Buone Pratiche di Cura e la Prevenzione Socia-le dei Disturbi Alimentari, promosso dal Ministero della Salute, al fi ne di mappare i Centri esistenti in Italia, con le loro carat-teristiche organizzative e per promuovere modelli terapeutici effi caci ai quali riferir-si. La Regione Umbria è ca-pofi la di questo progetto nazionale, volto a migliorare l’assistenza ai disturbi alimen-tari, nel nostro paese, in quanto è l’unica regione ad aver realizzato compiutamente, nell’ambito del servizio pubblico, il model-lo organizzativo integrato costituito dai 4 livelli di intervento (ambulatorio, day ho-spital, trattamento riabilitativo residenzia-

le, ricovero ospedaliero). Il congresso ha affrontato compiutamente il tema dell’or-ganizzazione sanitaria e dell’importanza relativa dei vari livelli di cura, mettendo in primo piano il ruolo degli ambulatori mul-tidisciplinari integrati che, se adeguatamen-te valorizzati , potrebbero dare risposta ad

almeno il 70% della patologia alimentare, intercettando precocemente questi di-sturbi e favorendo una razionalizzazio-ne dell’impiego delle risorse disponobili. L’analisi dei dati nazionali, da parte dei vari relatori, ha consentito una risposta scien-tifi ca ed economica alla delibera della Asldi

A CURA DI PAOLO DE CRISTOFARO*

Disturbi alimentari Disturbi alimentari un congresso da ricordare

campagna tedesca contro la bulimia 2009

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Teramo sull’assetto organizzativo aziendale provvisorio (del. gennaio 2011) che di fatto vede un declassamento e una prospettiva ri-duzionistica del Centro di Riferimento Re-gionale di Fisiopatologia della Nutrizione. In particolare, ci si è concentrati sui dati della mappatura nazionale dei Centri, pre-sentati dalla dott.ssa Elisa De Meo (con-sultabili sul sito www.disturbialimentarion-line.it ) e sui dati del Registro dei Disturbi

Alimentari realizzato dalla mia équipe. Da questi si evince chiaramente che il Centro, è, di fatto, l’unica struttura pubblica multidi-sciplinare integrata, di tipo ambulatoriale, in grado di ridurre in Abruzzo la spesa del ri-covero inappropriato in strutture residen-ziali o ospedaliere e di garantire la continu-ità terapeutica, oltre ad essere l’unica realtà teramana che vanta il 44% di mobilità attiva. Di fronte a questi dati inconfutabili, risul-

terebbe diffi cile comprendere da parte degli utenti e della cittadi-nanza di Giulia-nova, la scelta di depotenziare un centro di riferi-mento della Nu-trizione, di impor-tanza regionale ed extraregionale. L’attiva e appas-sionata partecipa-zione del sindaco di Giulianova, Francesco Ma-stromauro, il sen-so del saluto del vice presidente della Provincia, Renato Rasicci, e l’intervento inci-sivo del direttore

sanitario della Asl, Camillo Antelli, sono stati espressivi della volontà di avviare una riprogrammazione costruttiva delle scelte di politica sanitaria, e un costante confron-to con gli operatori nella individuazione e nella verifi ca degli obiettivi strategici. Aspettiamo, dunque, che i fatti dimostrino coerenza con gli intenti.

* RESPONSABILE CENTRO DI RIFERIMENTO REGIONALE DI FISIOPATOLOGIA DELLA

NUTRIZIONE ASL TERAMOle adolescenti e la loro visione del corpo

Il congresso Il congresso ha aff rontato ha aff rontato compiutamente compiutamente il tema il tema dell’organizzazione dell’organizzazione sanitaria e sanitaria e dell’importanzadell’importanzarelativa dei vari relativa dei vari livelli di curalivelli di cura

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elle chiara, prolungata espo-sizione ai raggi ultravioletti (anche per ragioni di lavoro) e immunosoppressione sono da considerarsi i più impor-tanti fattori di rischio per

sviluppare cheratosi attiniche, carcinomi basocellulari e carcinomi squamocellula-ri. L’incidenza mondiale, cioè il numero di casi sviluppati nel mondo, sembra essere in continuo aumento.La cheratosi attinica e il rischio di svilup-parla sono anche associati all’età: maggio-re in individui ultrasettantenni, in percen-tuale un po’ più bassa tra i 40 e i 49 anni. Tali lesioni possono progredire fi no ai car-cinomi basocellulari, e più del 97% di che-ratosi attiniche evolvono verso epiteliomi squamocellulari. Una certa percentuale di lesioni pre-cancerotiche può anche regre-dire e clinicamente non la si ritrova più dopo alcuni anni.Tuttavia, l’impossibilità di prevedere quante di queste lesioni pre-cancerotiche possano evolvere verso tumori cutanei, fa sì che le cheratosi attiniche siano tutte da trattare. Il volto, il cuoio capelluto, il dorso rappre-sentano le aree cutanee più interessate dall’incidenza di pre-cancerosi e tumori cutanei.“Dottore, ho questa macchietta rossa da vario tempo. Si screpola. Ho messo so-pra creme di vario tipo, ma è sempre lì. Cos’è?”. Questo è l’approccio clinico gior-naliero di noi dermatologi con pazienti

portatori di cheratosi attiniche. Una volta formulata la diagnosi, si fa presente al pa-ziente l’obbligatorietà di trattare la lesio-ne. Altro approccio clinico frequente è col basocellulare, soprattutto con la variante nodulare. Anche in questo caso, formula-ta la diagnosi, si procede con la scelta del trattamento che deve rispettare linee gui-da europee.Le terapie, molteplici, negli ultimi cinque anni si avvalgono anche della terapia fo-todinamica. Tralascio di soffermarmi su delibere regionali per l’attuazione in day hospital del trattamento con terapia foto-dinamica (attualmente sono tre le Regioni italiane che hanno deliberato in tal senso: Lombardia, Veneto e Lazio).

La terapia fotodinamica è una forma di foto chemioterapia che utilizza un foto attiva-tore, cioè una fonte di luce e ossigeno. Può trattare nello stesso momento più tumori multipli (basocellulari, malattia di Bowen e precancerosi) che possono esitare in gua-rigione in tempi brevi e con ottimi risultati estetici. La terapia è molto ben tollerata. Perché la fotodinamica sia correttamente eseguita è importante preparare l’epider-mide all’esposizione della fonte luminosa rossa.Spesso basta un solo trattamento per le cheratosi attiniche, mentre per il basocel-lulare nodulare o per la malattia di Bowen sono utili due sessioni. L’uso di questa terapia determina un’alta percentuale di guarigione simile a quella che si può ottenere con altri trattamenti convenzionali, ma con maggiori benefi ci: tempo di guarigione più breve e migliore risultato estetico. I pazienti che possono benefi ciare del trattamento sono tutti co-loro con cheratosi attiniche, immunocom-promessi e comunque coloro che presen-tano lesioni superfi ciali molto estese. Negli ultimi cinque anni la terapia fotodinamica rappresenta una valida opzione ai tratta-menti tradizionali sui tumori, ma non sul melanoma.

DR. PATRIZIA MATTIA DERMATOLOGA

AZIENDA OSPEDALIERA “S.ANNA” - [email protected] nostra pelle

LUCE ROSSASULLA PELLEPELLE

La terapia foto-dinamicaLa terapia foto-dinamicaeffi cace alternativa su tumori cutaneieffi cace alternativa su tumori cutanei

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iamo davvero fortunati, la na-tura ci circonda e spesso ba-stano un taccuino, un po’ di tempo libero e una macchina fotografi ca per trasformarci in veri e propri ornitologi in

erba. In città e nelle colline limitrofe è pos-sibile ammirare una moltitudine di esem-plari, alcuni perfettamente sinantropici (che vivono assieme all’uomo) altri invece che, invece, hanno bisogno di un habitat più congeniale alle loro esigenze. Ultimamen-te ho sviluppato questo modus operandi: prendo un po’ di tempo per me, mi siedo nel giardino davanti casa e scruto la natu-ra circostante. Se si tratta di specie che conosco, le annoto sul taccuino e poi mi adopero nel fare la foto, se invece si tratta di specie sconosciute mi adopero subito nel fare la fotografi a in modo tale da poter cercare sul mio piccolo atlante degli uc-celli oppure on line esattamente di cosa si tratti. Ho potuto osservare in questi giorni diversi pennuti assai interessanti. La cincial-legra (Parus major) dal tipico un piumaggio verdastro nella parte dorsale e giallastro in quella ventrale, con l’estremità della testa e la gola nere, le guance bianche ed una stri-scia nera longitudinale attraversa l’addome. Adoro la cinciallegra proprio perché atti-va, curiosa e allegra, voracissima e con un canto simile ad un chiacchiericcio allegro. Moltissime tortore dal collare orientale (Streptopelia decaocto), simili al colombe,

dal piumaggio che varia dai toni del beige al mattone e con il collo cinto da un col-larino nero. Le tortore sono animali molto eleganti e si fanno percepire anche grazie al loro peculiare verso che suona come un “guuu” prolungato. Il Dendrocopos Major, detto comunemente picchio rosso. Il piu-maggio è di colore nero sul dorso, sulle ali e sulla coda, con estremità bianche. La parte ventrale di colore rosso. Il becco ro-busto è tipico dei picchi ed è funzionale alla costruzione del nido ottenuto scavando una profonda apertura orizzontale a gomi-to nei tronchi d’albero. L’incontro più affa-scinante, però, è stato quello con il gheppio (falco tinnunculus) di cui ho potuto apprez-zare il caratteristico volo a Spirito Santo, in cui si mantiene fermo in aria mantenendo il tipico. Purtroppo, è sensibilmente calato il numero dei passeri (Passer domesticus) come ha svelato un’indagine di BirdLife. Questo ha portato la Lipu a lanciare una vera e propria campagna “Sos passeri”, vi-sionabile sul sito dell’associazione che si prefi gge, mediante la creazione di nidi nei parchi cittadini, un’ opera di sensibilizzazio-ne atta a preservare questi nostri piccoli amici.

A CURA DI MARINA GROSSI*

(ISTRUTTOREED EDUCATORE CINOFILO CSEN CONI )

WWW.DOGPEOPLE.IT

Ornitologia da terrazzoOrnitologia da terrazzo

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l trust è stato riconosciuto in Italia con la Legge 364/1989, che recepi-sce i contenuti della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985. Ma cosa è e come opera il trust (termine inglese che vuol dire fi ducia)?

Mediante tale istituito il c.d. costituente o disponente individua un c.d. gestore (tru-stee), al quale affi dare la gestione di un determinato insieme di beni; il gestore ha una facoltà piena di disporre dei beni og-getto del trust, ed incontra l’unico limite del rispetto dello scopo del trust fi ssato dal disponente nell’atto istitutivo del trust.In altri termini i beni oggetto del trust potranno essere venduti, locati, trasfor-mati, senza alcuna necessità della auto-rizzazione del disponente. L’altra fi gura tipica di questo istituto è il benefi ciario, il soggetto -come indicato chiaramente dal nominativo- al quale spettano tutti i van-taggi economici derivanti dalla gestione del trust. Quindi con il trust il gestore, pur non essendo il proprietario del bene, ha tutti i poteri e facoltà connesse al diritto di proprietà sul bene oggetto del trust che, uscendo dal patrimonio del disponente, è al riparo di possibili pretese da parte di creditori personali; quest’ultimo aspetto è senza dubbio l’aspetto più importante e qualifi cante del trust.Pensiamo al trust immobiliare, avente ad oggetto, appunto, beni immobiliari: con l’istituzione del trust uno o più beni del di-sponente avranno un particolare “vincolo o scopo” e verranno, in tal modo, protetti da pretese dei creditori del disponente; in altri termini il patrimonio del sogget-to disponente viene diviso e separato, in quanto alcuni beni resteranno nel proprio patrimonio (e quindi potenziali oggetto di azioni esecutive dei creditori) mentre al-tri usciranno dal proprio patrimonio, en-trando nel trust, e non potranno essere

aggrediti né dai creditori del disponente, né da quelli del gestore, né da quelli del benefi ciario. Con il trust immobiliare, quindi, un de-terminato bene verrà amministrato in via esclusiva dal gestore (trustee) e in base alle regole indicate dal disponente, e i i risultati economici della gestione (es.: ca-noni di locazione, ricavato dalla vendita) potranno essere destinati a determinati benefi ciari, ovvero anche restare nel patri-monio costituito dal trust.Quindi, verrà creato un patrimonio se-parato, con il notevole vantaggio che tale patrimonio potrà essere aggredito solo dai creditori del trust stesso, e non da altri.

Questa tipologia di trust è consigliabile se si vuole proteggere il patrimonio per-sonale immobiliare da procedure esecuti-ve e concorsuali, ovvero se si vuole pro-teggere il patrimonio della famiglia. Ma il trust può essere anche istituito a favore di soggetti diversamente abili; con tale trust sarà possibile gestire beni mobili e immo-bili in favore del soggetto disabile, senza i vincoli e controlli imposti dalla legge per l’amministrazione di sostegno, la tutela e la curatela. (in tali casi la vendita di un immo-bile deve essere autorizzata dal Tribunale).

Altra forma di trust interessante è quello della famiglia: con esso si potrà disciplinare anticipatamente l’ipotesi della successione, ovvero crisi matrimoniali sfocianti in se-parazione e divorzio. Da evidenziare che proprio in caso di separazione e divorzio il trust potrebbe avere una funzione posi-tiva, permettendo di disciplinare meglio i rapporti patrimoniali tra i coniugi, con par-ticolare riferimento alle esigenze dei fi gli. Il trust trova la sua applicazione anche nella famiglia di fatto, costituita da soggetti con-viventi ma non uniti in matrimonio. Il trust costituisce, quindi, il primo passo che deve essere necessariamente fatto per: assicu-rare un determinato tenore di vita, cura e assistenza personale e medica ad un sog-getto che trovasi in una posizione partico-larmente debole, perchè, ad esempio, disa-bile; costituire un insieme di beni mobili ed immobili non aggredibile dai creditori, per garantire una vita serena alla propria famiglia; creare un fondo per sostenere economicamente una famiglia di fatto, pre-vedendo anche la eventuale attribuzione dei beni in ipotesi di cessazione della con-vivenza; prevedere, in ipotesi di separazio-ne o divorzio, eventuali disposizioni di ca-rattere patrimoniale, a tutela soprattutto dei fi gli nati durante il matrimonio. Questi sono solo alcuni esempi della istituzione di un trust che, in realtà, può trovare mol-teplici e diverse applicazioni pratiche, con particolare riferimento alla famiglia di fatto, alla famiglia c.d. allargata, alla tutela dei fi -gli nati da rapporti diversi ovvero in caso di crisi della coppia, alla tutela dei soggetti incapaci o diversamente abili.

*AVVOCATO E MEDIATORE PROFESSIONISTA EX DECRETO MINISTERO GIUSTIZIA N. 180/2010.

[email protected]

A CURA DI AVV. GIANFRANCO PUCA *

Difesa del patrimonioe tutela delle persone debolitrust e sue applicazionitrust e sue applicazioni

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lavoratori dipendenti e i pensionati possono presentare la dichiarazione con il modello 730.Utilizzare il modello è vantaggioso, in quanto il contribuente: non deve eseguire calcoli e pertanto

la compilazione è più semplice; non deve trasmettere il modello all’Agenzia delle entrate; ottiene il rimborso dell’imposta direttamente nella busta paga o nella rata di pensione, a partire dal mese di luglio (per i pensionati a partire dal mese di agosto o di settembre); se deve versare delle somme, queste vengono trattenute dalla retribuzione (a partire dal mese di luglio) o dalla pensione (a partire dal mese di agosto o settembre) direttamente nella busta paga.Il contribuente deve anzitutto controllare se è obbligato a presentare la dichiarazione o se è esonerato. È tenuto a presentarla se ha conseguito redditi nell’anno 2010 e non rientra nelle ipotesi di esonero. In questo caso, deve verifi care se può presentare il Mod. 730 o deve presentare il Mod. UNICO. La dichiarazione deve comunque essere presentata se le addizionali all’Irpef non sono state trattenute o sono state trattenute in misura inferiore a quella dovuta.Possono utilizzare il Mod. 730 i contribuenti che nel 2011 sono:- pensionati o lavoratori dipendenti (compresi i lavoratori italiani che operano all’estero per i quali il reddito è determinato sulla base della retribuzioneconvenzionale defi nita annualmente con apposito decreto ministeriale);-persone che percepiscono indennità sostitutive di reddito di lavoro dipendente (es. integrazioni salariali, indennità di mobilità);-soci di cooperative di produzione e lavoro, di servizi, agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e di piccola pesca;

-sacerdoti della Chiesa cattolica;-giudici costituzionali, parlamentari nazionali e altri titolari di cariche pubbliche elettive (consiglieri regionali, provinciali, comunali, ecc.);- persone impegnate in lavori socialmente utili;- lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato per un periodo inferiore all’anno. Questi contribuenti possono rivolgersi:– al sostituto d’imposta, se il rapporto di lavoro dura almeno dal mese di aprile al mese di luglio 2011;– a un centro di assistenza fi scale per lavoratori dipendenti (Caf-dipendenti) o a un professionista abilitato, se il rapporto di lavoro dura almenodal mese di giugno al mese di luglio 2011 e si conoscono i dati del sostituto d’imposta che dovrà effettuare il conguaglio;- personale della scuola con contratto di lavoro a tempo determinato, che si può rivolgere al sostituto d’imposta o a un Caf-dipendenti o a un professionistaabilitato, se il contratto dura almeno dal mese di settembre dell’anno 2010 al mese di giugno dell’anno 2011;-lavoratori che posseggono soltanto redditi di collaborazione coordinata e continuativa (art. 50, comma 1, lett. c-bis, del TUIR) almeno nel periodocompreso tra il mese di giugno e il mese di luglio 2011 e conoscono i dati del sostituto che dovrà effettuare il conguaglio, presentando il Mod. 730a un Caf-dipendenti o a un professionista abilitato;- produttori agricoli esonerati dalla presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta (Mod. 770 semplifi cato e ordinario), IRAP e IVA.Il Mod. 730 può essere presentato:-al proprio sostituto d’imposta (datore di lavoro o ente pensionistico), se quest’ultimo ha comunicato entro il 15

gennaio di prestare assistenza fi scale per quell’anno,-a un Caf-dipendenti o a un professionista abilitato (consulente del lavoro, dottore commercialista, ragioniere o perito commerciale).I dipendenti delle amministrazioni dello Stato possono presentare il Mod. 730 all’uffi cio che svolge le funzioni di sostituto d’imposta (che può anche non coincidere con quello di appartenenza) o a quello che, secondo le indicazioni del sostituto d’imposta, svolge l’attività diassistenza o è incaricato della raccolta dei modelli.I sostituti d’imposta, anche se non prestano assistenza fi scale, effettuano le operazioni di conguaglio, consistenti nel trattenere le sommea debito o rimborsare le somme a credito risultanti dalla liquidazione della dichiarazione. Si segnala che il sostituto d’imposta non esegueil versamento del debito o il rimborso del credito di ogni singola imposta o addizionale se l’importo che risulta dalla dichiarazione è ugualeo inferiore a 12 euro.Termini per la presentazione:- entro il 2 maggio (in quanto il 30 aprile è sabato e il 1° maggio è festivo) se il modello è presentato al sostituto d’imposta;- entro il 31 maggio se il modello è presentato al Caf o a un professionista abilitato.Il contribuente può destinare:- l’otto per mille del gettito IRPEF allo Stato oppure a una istituzione religiosa;- il cinque per mille a determinate fi nalità.

LAURA DI PAOLANTONIO COMMERCIALISTA – REVISORE CONTABILE

[email protected]

ModelloModello 730/2011

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Torta Torta al cacaoal cacaoLavorare tuorli e zucchero.Aggiungere la farina setacciata ed il burro precedentemente fusoIn un’altra scodella montare a neve gli al-bumi ed unire i due composti.Sciogliere il cacao nel latte riscaldato in un pentolino. Non appena raffreddato versar-lo nel composto.Incorporare il lievito, lavorare il tutto, ver-sarlo in una teglia precedentemente im-burrata e cuocere nel forno a 180° .Raffreddare e servire con zucchero a velo (o altro ingrediente a piacere: panna, cioc-colato ecc…).

A cura dello Chef Errico Recanati, Ristorante “ Da Andreina” Loreto (AN). Pluripremiato, allievo del M° Gianfranco Vissani.

INGREDIENTI per 6 persone

100 gr. di burro115 gr. di zucchero120 gr. di farina80gr. di latte50 gr. di cacao2 uova1 bustina di lievitozucchero a velo

INGREDIENTI per 4 persone: Per la pasta all’uovo:200 gr di farina5 tuorli d’uovoPer il ripieno:100 gr di asparagi25 gr di olio extravergine d’olivaSale q.b.Condimento :12 asparagiMaggioranaErba cipollinaFiori di BorraginePecorino di FarindolaPer l’emulsione, olio d’oliva ex-travergine e burro q.b.

altri scolarli e frullarli con l’olio nel mixer. Aggiustare di sale e porre il composto in un sac à poche. Pasta all’uovo: Con la farina setacciata, fare una fontana sulla spianatoia e all’interno mettere le uova. Amalgamare gli ingre-dienti con una forchetta impastandoli gra-dualmente con la farina, fi no a rendere il composto compatto. Lavorare con le mani fi no ad ottenere un impasto liscio ed omo-geneo. Avvolgerlo nella pellicola per cucina e farlo riposare in frigo per un’ora. Tirare una sfoglia sottile, ritagliare dei dischi con un coppa pasta, mettere al centro una pò di ripieno , ripiegare la pasta a mezzaluna e formare i tortelli. Finitura: Tagliare gli asparagi rimasti a ron-delle trasversali avendo cura di lasciare in-tere le punte. In una padella fare un’emul-sione con il burro, l’acqua di cottura degli asparagi e un fi lo di olio extravergine d’oli-va; aggiungere gli asparagi tagliati e regola-re di sale se necessario. Cuocere i ravioli in abbondante acqua salata per 2 min. e mantecarli in padella con il condimento.Disporre in un piatto e guarnire con le

Ripieno: mondare gli asparagi, cuocerli in acqua bollente salata per 3 minuti, raf-freddarli in acqua e ghiaccio e conserva-re l’acqua di cottura. Quando sono freddi, metterne da parte 12 per il condimento, gli

Tortelli: crema di asparagi Tortelli: crema di asparagi e asparagi croccantie asparagi croccanti

erbe aromatiche e una grattugiata di peco-rino di Farindola.Servire subito.Il piatto ha sapori delicati, tendenza dolce per la pasta all’uovo e anche nel ripieno. Proponiamo quindi un vino bianco profu-mato, Muller Thurgau dell’Alto Adige

RICETTA DI FABIO DE CRISTOFARO

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