Numero Zero aprile

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aprile 2013 // numero 3 // magazine free press SPIAGGE EROSE Dove il mare ha divorato lidi e sabbia TERREMOTO I racconti dei latinensi nell’inferno di macerie in Irpinia VITA DA CANI Vivere la città a quattro zampe tra divieti e spazi proibiti Da Porfiri a Pacchiarotti I negozi che hanno fatto la storia di Latina SPIAGGE EROSE Dove il mare ha divorato lidi e sabbia TERREMOTO I racconti dei latinensi nell’inferno di macerie in Irpinia VITA DA CANI Vivere la città a quattro zampe tra divieti e spazi proibiti

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Magazine free press di Latina

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SPIAGGE EROSEDove il mareha divorato lidi e sabbia

TERREMOTOI racconti dei latinensinell’inferno di maceriein Irpinia

VITA DA CANIVivere la città a quattro zampetra divieti e spazi proibiti

Da Porfiri a PacchiarottiI negozi che hanno fatto

la storia di Latina

SPIAGGE EROSEDove il mareha divorato lidi e sabbia

TERREMOTOI racconti dei latinensinell’inferno di maceriein Irpinia

VITA DA CANIVivere la città a quattro zampetra divieti e spazi proibiti

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L’editoriale

È con rinnovati intenti e preziose memorie che Numero Zero torna a proporsi ai lettori. Per raccon-tare gli aspetti più veri di Latina, quelli che appartengono a tutti, non lesinando una manciata di ironia. Per ricordare fenomeni di un’epoca che spesso rimbalzano nei racconti dei più nostalgici. Per scoprire realtà a volte sconta-te ma ricche di umanità, per en-trare in profondità in dinamiche sociali e economiche che toccano da vicino i consumatori. Per bus-sare alle porte della storia rimaste chiuse per pigrizia o disinteresse. Per sollevare questioni e rifl essio-ni che altrimenti rimarrebbero sotto il tappeto. Per riappropriar-si di spazi di pensiero che invece sarebbero divorati da uno scorre-re del quotidiano troppo veloce e ripetitivo. È per tali ragioni che Numero Zero questa volta ha rievocato i negozi storici della città, sinto-mo di fl oridezza commerciale di una città in evoluzione, legati ai ricordi di diverse generazioni. Ed è per le stesse ragioni che Nume-ro Zero si è proiettato nel 1980 seguendo quelle persone che da Latina corsero in Irpinia e si tro-varono in mezzo ad un inferno di macerie. Oppure ha stretto la mano agli ospiti dei centri socia-li per anziani, raccogliendo sag-gezza e allegria. Ed è anche per quelle stesse ragioni che Numero Zero si è seduto su un autobus e ha attraversato la città orologio al polso e poi si è fatto una passeg-giata su una spiaggia diventata spettrale.Ed è con immenso piacere che Numero Zero ha scambiato le prime relazioni con i lettori, rice-

di SANTA PAZIENZA

Storie di uomini e di eventi

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vendo segnalazioni di eventi, sug-gerimenti sugli argomenti da af-frontare e anche precisazioni. Un motivo in più per continuare ad esserci e per proseguire un dialo-go con i lettori attraverso storie, servizi, rubriche e pagine aperte ad una realtà in evoluzione.

Pagine che raccontano realtà a volte scontate

Magazine mensile di attualità, costume e società

DIRETTORE EDITORIALEMarco Tomeo

DIRETTORE RESPONSABILEAlberto Reggiani

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMEROAlessandro Zaff arano, Luca Morazzano, Pasquale De Rosa,

Riccardo Angelo Colabattista, Gianluca Amodio, Giacomo Reggiani, Stefania Pusterla, Ivan Eotvos, Patricia SauriniCON IL CONTRIBUTO DI: Massimo Sconforto e Santa Pazienza

IMPAGINAZIONE E GRAFICAGiuseppe Cesaro

FOTOGRAFIEClaudia Mastracco

EDIZIONE E PUBBLICITÀPubblieditoriale srl - Via Sardegna 69 - 00197 - ROMA

UFFICIPubblieditoriale srl

Via Tagliamento, 9 - 04100 - LATINATel. 0773.660382 - Fax 0773.405629

INFO E PUBBLICITÀTel. 328.1380545 – 328.8226893

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Strada Teverina Km 7 - Località Acquarossa - Viterbo

Testi, foto e ogni altri materiale, anche se non pubblicati,non verranno restituiti. I materiali pervenuti e le collaborazioni

prestate, si intendono esclusivamente a titolo gratuito

Chiuso in redazione il 27 Marzo 2013

Registrazione al Tribunale di Latina richiesta

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La Radiologia Medica è uno strumento all’avanguardia che permettedi eseguire servizi sanitari e ottenere immagini di alta qualità. L’obiettivo primario della radiologia medica è quello di rispondere al diritto di salute dei pazienti mediante un servizio efficiente, efficace e completo.L’esame M.O.C. (mineralometria ossea computerizzata) permette di misurare la densità minerale ossea per la diagnosi della osteoporosi. L’osteoporosi è un importante problema di salute che colpisce principalmente le donne aumentando il rischio di fratture ossee. Dopo la menopausa la perdita di massa ossea è massima nei primi cinque anni a causa di una drastica riduzione degli estrogeni circolanti. La M.O.C., esame diagnostico per immagini con il metodo all’avanguardia della DEXA, non è invasiva ed il rischio da radiazione per il paziente è minimo, meno di un decimo dell’esposizione media giornaliera alla radiazione naturale, parametro di riferimento per la valutazione dei rischi radiogenici. L’esecuzione della M.O.C. al Medical Pontino incontra le aspettative del cittadino: tempi brevissimi, servizio di qualità e costi inferiori al ticket Asl.

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AUTORIZZAZIONE SANITARIA ALL’ESERCIZIO N°168 DEL 12/12/2008 RIL DAL COMUNE DI LATINA DIRETTORE SANITARIO Dott. Antonio TRANQUILLI Specializzato in Patologia Generale, iscritto all’Ordine dei Medici della provincia di Latina dal 08/06/1979 con n° Ordine 1130

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Le peripeziedei cani latinensitra carenze, divietie multe salate

Viaggio nel passatotra i negoziche hanno fatto la storiadel capoluogo pontino

Vitalità, movimentoe iniziative senza sostanei frequentati centri per anziani

Una corsa ad ostacolia bordo dei mezzidi trasporto urbano

I racconti dei volontaridi Latina tra le maceriedel sisma del 1980

Crolli, danni e accusedopo le violente mareggiate

Dalla bonifi ca ad oggiuna comunità di lavoratori

Distributori in affanno,corsa al prezzo conveniente

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#3 // APRILE DUEMILATREDICI22

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Seguici su facebookNumero Zero Magazine

Ossi duri

Memory shop

Grigio è bello

Bus al capolinea

L’inferno irpino

Onda d’urto

Borgo San Michele

Cara benzina

IN QUESTO NUMERO

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LISTA ZEROPolitica e comunicazione

di FRANCESCO MISCIOSCIA

Governo in cerca di fi ducia

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L’Italia pochi giorni fa si trovava senza Papa, senza Governo e sen-za Parlamento, una condizione di totale squilibrio. Oggi a oltre 30 giorni dalle elezioni ancora c’è molta diffi coltà a costruire un consenso stabile, su un progetto e su una maggioranza politica in grado di dare risposta alle richie-ste specifi che che gli elettori han-no inoltrato al Parlamento.Intanto, ci possiamo rallegrare per il nuovo Papa che al contrario dei nostri politicanti, ha saputo dare risposte concrete sin da su-bito al popolo cattolico presente su tutto il mondo. Tramite il sim-bolismo delle sue azioni e tramite il suo curriculum personale, Papa Francesco ha saputo istillare spe-ranza negli occhi dei fedeli che avevano per lungo tempo aspet-tato segnali di cambiamento nel comportamento della chiesa.Saranno in grado i nostri leader politici di ridare fi ducia ai citta-dini? Esatto caro Bersani non è il parlamento il luogo dove devi chiedere che ti sia data la fi ducia, ma nelle piazze! Per troppi anni il parlamento è stato un luogo isolato dal resto dell’Italia dove i problemi erano tutti vuoti di concretezza e intangibili. La vera sfi da per questo paese è quella di tornare a sognare, e a credere. In

un Italia che può essere leader nel progresso tecnologico, che può continuare ad esportare eccellen-za, che può dare una visione del mondo futura alle nuove genera-zioni. Se i nostri politici non sa-pranno entusiasmare i cuori dei cittadini, non ci sarà governo che potrà risollevare la nostra Gran-de Patria che per anni ha saputo essere fedele interprete di benes-sere e di progresso.Beppe Grillo è solo un grande segno premonitore, è il fulmine o il tuono che segnala la tempe-sta che sta per arrivare se non si cambia il modo di agire. Per oltre 20 anni, in Italia, la po-litica è stato personalismo, ben diverso dal leaderismo degli altri paesi. Il leader è una persona che aggrega naturalmente il consen-so su di se perché interpreta la volontà dei cittadini, il persona-lismo è stato la difesa estenuan-te delle posizioni egemoniche di alcuni personaggi a discapito dell’intero Paese. Questo egoi-smo in qualche modo fi nirà. Mat-teo Renzi ha saputo interpretare le necessità degli italiani, parlan-do di azioni da compiere e non di poltrone da salvaguardare.L’Italia riprenderà a crescere solo se saprà ridare speranza, se sa-prà interpretare le reali necessità delle persone, ma soprattutto se sarà in grado di fermare questo teatrino all’italiana che ci viene proposto da oltre 20 anni ogni giorno, e che oltre a non produr-re più effetto non ci fa neanche più ridere.Allora, dai Matteo! Scalda i mu-scoli, è arrivato il tuo momento. Il Paese ha bisogno di una forza giovane in grado di interpretare il cambiamento.

I politici hanno bisogno dell’entusiasmo dei cittadini

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Svegliarsi una mattina ed essere un cane a Latina. Ad un certo Gregor Samsa, divenuto insetto nottetempo nel-la fredda e uggiosa Praga, andò decisamente peggio. La vita da cani in una città dal clima temperato e accoglien-te è certamente meno dura e spaventosa della trasfi gura-zione kafkiana.

Certo non è tutto osso quello che luccica, il caneluogo pontino potrebbe offrire di più alle quattro zampe

di VITTORIO BERTOLACCINI

UNA VITA

Un povero beagle alle presecon carenze strutturali,

restrizioni e multeimposte dal Comune

DA CANI

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motrici, viste le potenzialità am-bientali e strutturali esistenti, ma è la solita storia del cane che si morde la coda.Permettete che mi presenti: sono un beagle di media taglia, ho la fortuna di vivere in una casa con dei padroni affettuosi anche se non molto presenti. Loro lavo-rano, io sono in costante ricerca di occupazione, leggasi caccia a qualsiasi forma di cibo da ingur-gitare, cucce e divani sui qua-li adagiarmi, pezze d’erba sulle quali scorrazzare. Qualcosa si trova sempre, anche lavoretti part-time in piccole ai-uole o cassonetti incustoditi, noi cani non ci lamentiamo della crisi e ci arrangiamo sempre. Cono-sciamo l’arte della sopravvivenza e lo spread, se non si mangia, non ci interessa.Certo, io parlo così perchè non co-nosco le angosce del randagismo e le problematiche convivenze del canile. So che a Latina ce ne sono tre, dovrei andare a visitarli un giorno di questi, portare ai miei fratelli in cerca d’affi do una sca-toletta di conforto, una leccata di solidarietà. Dovrei trovare qualcuno che mi accompagni anche perché sin-ceramente di mettermi la mu-seruola e farmi trascinare dal guinzaglio su un autobus, come da controversa normativa stata-le, non ne ho molta voglia, col ri-schio accessorio di imbattermi in miei simili umanizzati dai propri padroni. In questa città il provin-cialismo cinofi lo si esercita con la moda tardoevolutiva dei cani-bor-setta, i sempre più numerosi pic-cola taglia stipati nelle bisacce da signora insieme a pacchi di fazzo-letti e confezioni di creakers. Che orrore signori, mi è andata bene che, con i chili che mi porto dietro, non entro neanche in va-ligia. Per non parlare poi di ab-bigliamento e acconciatura, più che cani sembrano dei cavallini lipizzani.Io mi tengo stretto il mio padro-ne, che mi preferisce nature, e mi fa da cicerone per le vie della città, alla scoperta di aree ver-di adatte alle mie esigenze e di quant’altro possa tornarmi utile.

L’assenzadi areeriservateEd ecco, scusate il termine fa-miliare, la prima rogna. A Lati-na non esiste un vero parco per cani, nel senso di spazio dedica-to esclusivamente alle nostre at-titudini e a quelle dei nostri ac-compagnatori. In tutto il Lazio ce ne sono quattro, due a Roma (Il Parco del Pineto in via Pineta Sacchetti e quello Falcone e Bor-sellino sull’Appia Antica) e un al-tro paio nel viterbese nella zona di Tarquinia. Considerando an-che l’area privata del Parco Bau Bau di Sermoneta Scalo, siamo comunque lontani dalle cifre del nord Italia dove il senso civico è senza dubbio più sviluppato e i dog park molto più numerosi. Che rabbia.A Latina, come in buo-na parte del cen-tro sud, ci si deve arrangia-re, nonostan-te negli anni scorsi molti cit-tadini e molte as-sociazioni animaliste abbiano proposto alle istituzioni comunali un

progetto di aree verdi esclusivo per le quattro zampe. Si parla di una città dai quartieri sempre più popolosi e in notevole espansione negli ultimi anni, che ha visto crescere a dismisura la popola-zione canina. Il problema che ne consegue è evidente sia per chi è proprietario di un cane, per-ché non sa dove poter portare il proprio animale per svolgere le sue funzioni, sia per il semplice cittadino a cui spesso accade di pestare (con contestuale e sono-ra imprecazione) un bisogno o di notare che sul prato dove do-vrebbero giocare i bambini i miei omologhi incontinenti sono già passati e hanno lì lasciato i loro

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I parchi di Latinaaccessibiliai cani

L’oasi di Pontenuovoe quellidel parcoBau BauUn pò fuori mano per portar-ci il proprio cane ogni giorno, ma nella zona di Pontenuovo a Sermoneta Scalo esiste un’area privata dedicata esclusivamente agli amici a quattro zampe, che ogni tanto può essere raggiun-ta. Qui, in un terreno recintato adiacente ad un parco comuna-le ribattezzato Parco Bau Bau, i cani corrono e scorazzano sen-za freni, liberi di sfogare tutta la loro vivacità sempre sotto lo sguardo attento dei loro padro-ni.. Tutto nasce dall’idea di un piccolo gruppo di cinofi li forma-to ora da più di trenta associati, che ha ricevuto in dono da un loro costruttore amico un ap-pezzamento di terreno e lo ha destinato all’esclusivo utilizzo dei cani, che così stanno lontani da bambini e adulti che ne han-no paura. Con una piccola quota di autofi nanziamento forfettaria affrontano le piccole spese vive necessarie: inizialmente utiliz-zata per recintare il terreno, montare il cancelletto per l’in-gresso a chiave personale e ora per mantenere pulito il terreno sul quale si muovono in libertà gli animali. Poi il volontariato, qualche dono e l’aggregazione reciproca fanno il resto: di re-cente sono state piantate una decina di piante di acero e leccio per rendere l’ambiente più gra-devole, montate le prime pan-che di legno per i padroni degli animali ed in previsione dell’e-state c’è la volontà di mettere in piedi una piccola zona d’ombra. Naturalmente non manca un piccolo e semplice regolamento interno da rispettare: ogni pa-drone controlla il proprio cane e una volta fi nito il giro abituale all’interno del parco raccoglie gli escrementi del suo amico a quattro zampe nel rispetto e buonsenso degli altri.

ricordiniVi riporto fedelmente la mail di un mio amico dog sitter che così descrive le aree verdi per cani:“Esse dovrebbero essere istituite in ogni luogo abitato: nei picco-li centri ne basterebbe una, nel-le città popolose almeno una per ogni quartiere. Le dimensioni do-vrebbero essere più o meno limi-tate a seconda della densità della popolazione che potrebbe benefi -ciarne. L’area verde per cani ha delle caratteristiche standard per

defi nizione: - E’ il luogo dove il proprietario–dog sitter e il relativo cane pos-sono accedervi liberamente ed esclusivamente.- E’ delimitata e circoscritta per far scorrazzare il cane in assoluta libertà senza che riesca a trova-re varchi d’uscita per sfuggire al controllo del proprietario.- Deve essere ben attrezzata e corrispondente alle esigenze del cane e dell’igiene, con distribu-tori automatici di sacchetti per la

Nei parchi di Latina i cani sono ben tollerati ma i proprietari/dog-sitter de-vono porre attenzione all’ingresso dove vi potrebbero essere cartelli con divieti riguardanti i loro quadrupedi. La regola generale per non sbagliare è tenere il cane al guinzaglio e, soprattutto se il parco è attrezzato con giochi per bambi-ni, mettergli la museruola onde evitare guai abbastanza seri. Un’altra accortez-za è far fare i bisogni non rimovibili in zone ben lontane da quelle frequentate dai bimbi. Ecco i principali parchi dove la popolazione latinense porta a spasso i propri esemplari:

1 - GIARDINETTIPARCO MUSSOLININel principale parco cittadino i cani vi accedono con guinzaglio e museruola e passeggiano senza par-ticolari problemi. Ci sono zone poco frequentate dai cittadini e quindi, mantenendo il controllo del no-stro amico a quattro zampe, si può realizzare una piacevole passeggiata profi cua evitando la zona attrezzata con giochi per bambini

2 - AULA VERDEViale Le CorbusierL’Aula Verde è un parco recintato da palizzata in legno in occasione del raduno degli Alpini. Il nome spiega la destinazione del luogo: aula didattica utilizzata dalla vicina scuola elementare del Circolo Don Bosco. Un pezzo di verde dato in gestione ad associazioni e alla

scuola stessa dove i bambini a fi ne anno svolgono lezioni e attività ludico edu-cative. Ma lo stato e la manutenzione della vasta spianata picchettata lascia spesso a desiderare: è un’area depressa che con le piogge invernali si allaga spesso favorendo il formarsi di veri e propri acquitrini che ne pregiudicano l’accessibilità. Inoltre è frequentata da cani e porci, dove per questi ultimi si intendano anche umani vagabondi che si divertono a lasciare

3 - PARCO SAN MARCO - OspedaleE’ il piu’ frequentato dai cani che vengono lasciati liberi, talmente vasto che non si segnalano problemi di alcun tipo, anzi in tanti hanno identifi cato il luogo come probabile futura aula verde per cani. Certamente non per tutta la superfi cie, magari si potrà circoscrivere una zona e attrezzarla bene per fi do e i suoi amici

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raccolta delle feci e con l’installa-zione di alcuni giochi universali adatti per tutti i tipi di razza.- Deve essere garantita la presen-za di addetti all’area per l’ordina-ria manutenzione, per la pulizia, la sicurezza, per far giocare e so-cializzare i cani e per evitare atti vandalici.- Non deve essere un luogo ghet-tizzato per proprietari e cani, non deve essere un luogo utilizzato esclusivamente per far fare i biso-gni del cane.

- Area riservata per cani non si-gnifi ca non raccogliere i bisogni del cane come in realtà pensano molti”.

Capita l’antifona caro Sindaco e cari assessori? Mica micio-micio bau-bau! Invece di moltiplicare le ordinanze di divieto per noi pove-re bestie, con limitazioni, restri-zioni, multe e salassi vari, non sarebbe il caso di concepire fi nal-mente qualcosa di esclusivo per le nostre esigenze? Tra l’altro, fa-

melici amministratori, lo sapete o no che noi non teniamo dena-ro e che la saccoccia è quella dei nostri tutori a schiena dritta? Ci arrivate a capire che una nostra migliore condizione è di conforto ai nostri proprietari e questo per direttissima riduce sensibilmen-te fenomeni come l’abbandono, il randagismo, malattie e incidenti stradali? Un concetto del genere lo capisce anche un gatto. Ma ho come la sensazione di abbaiare alla Luna.

sul prato gli avanzi dei propri banchet-ti. Insomma ci si trova di tutto e spesso anche i runners che si cimentano nel percorso ginnico salutare sono costretti a schivare tutto ciò che ostacola il pro-prio cammino. In questo contesto molti cani, anche randagi, si sentono a casa propria e fanno il bello e il cattivo tempo. Servi-rebbe sicuramente più ordine e rispetto delle regole da parte di tutti

4 - PARCO VIA AMASENOfronte Latinafi oriE’ un parco molto frequentato dagli amici a quattro zampe nonostante una parte di esso sia attrezzato con giochi per bambini. L’educazione e il rispetto delle regole è ben seguito da proprieta-ri e dog-sitter. Questi infatti utilizzano la zona non riservata ai bambini e pur lasciando i cani liberi mantengono il

prato ben pulito. Tutti i cani hanno socializzato tra loro, e anche tra i pro-prietari s’è sviluppata una particolare sintonia che si traduce anche nella au-togestione manutentiva dell’area verde per avere un parco accogliente e mai eccessivamente sporco

5 - PARCO Q4 E Q5E’ un parco molto vasto che racchiude i due quartieri periferici più popolosi e quindi inevitabilmente la popolazio-ne canina è abbastanza consistente. Larghi spazi per i quattro zampe ma, attenzione, i due quartieri in via di espansione sono molto controllati e i vi-gili urbani presenziano la zona in modo costante e metodico anche perché non lontano c’è una loro sede decentrata. Sono numerosi i controlli proprio sui cani: microchip, guinzaglio, museruo-la, kit per raccolta feci. Il risultato, qualche multa iniziale al proprietario

ma massima sicurezza e soprattutto pulizia. Così tutti, dai bambini agli anziani, dai ciclisti ai fruitori del percorso salute possono benefi ciare di un parco ben pulito e sicuro.

6 - ZONA MORBELLAVia FiuggiAltra nota dolente. E’ un’area verde presente ma inutilizzabile perché non mantenuta adeguatamente quella dietro la scuola elementa-re: erba alta, sporcizia, rifi uti di ogni genere, pozzanghere di acqua torbida per olii e liquidi pericolosi versati, insomma piccole discariche a cielo aperto in cui si trova di tutto, persino piatti di plastica con spa-ghetti al pomodoro, un pericolo non da poco per i nostri amici a quattro zampe. E’ ovvio che in questa zona non c’è alcun tipo di divieto, sono già tutti calpestati.

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BORGO SAN MICHELE (Latina)S.S. dei Monti Lepini Km 46,700

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Le multe

La spiaggia

Il Kit-Dog

L’operatrice dell’Ufficio della Poli-zia Municipale ci ha preso in sim-patia. Molto gentilmente ci infor-ma che ci sono molte ordinanze del Sindaco a cui devono attener-si i proprietari dei cani. E’ utile essere a conoscenza di quanto segue per evitare una sanzione di Euro 166.66 per non aver rispet-tato le ordinanze emesse dal Sin-daco di Latina, identiche a quelle generiche delle altre città italia-ne. Ecco le regole per evitare la cospicua sanzione:- Il proprietario del cane è tenuto a portare o il kit paletta e sacchet-to o il sacchetto stesso e a rimuo-vere sempre e comunque i biso-gni solidi del proprio animale.- Il collare ed il guinzaglio sono sempre obbligatori per tutte le razze e per tutte le taglie quindi non ci sono vie di uscita o inter-pretazioni soggettive. Questo perché i parchi sono frequentati da tutti i cittadini e soprattutto dai bambini.- La museruola è invece a discre-zione del proprietario ma, nel caso di un cane appartenente a razze cosiddette a rischio (pitbull etc) o di grossa taglia con carat-tere un po’ irruento, è obbligato-ria a tutela di tutti: del cane, del proprietario, delle persone che si potrebbero incontrare durante la passeggiata per evitare, oltre alla sanzione, di risponderne in sede giudiziaria civile in caso di danni procurati.

Paletta + SacchettoE’ facile e poco costoso munirsi di kit raccogli feci del cane che consiste in paletta + sacchetti e dai prezzi molto modici rispetto alla multa in cui si potrebbe in-

correre. Il kit completo paletta + sacchetti costa da euro 7.50 ai 10.00, i sacchetti singoli hanno un prezzo vario di 2.00 – 3.00 euro, mentre i porta sacchetti dai 4.00 fino agli 11.00 euro

Ho voglia di mare, come tutti i cani amo la spiaggia, correre e rotolarmi sopra la sabbia, farmi lanciare e riprendere legni, in-

zupparmi sulla battigia. Per me è il massimo, ci andrei in tutte le stagioni. Ma la domanda è: lo posso fare? Anche qui meglio do-cumentarsi, anche se la risposta, nonostante alcune pindariche ed anarchiche ricostruzioni, volge verso il diniego. Anche in riva al mare, purtroppo, per ragionare di testa propria si rischia di incap-pare in una multa alquanto sala-ta. La sanzione può essere fatta sia dal personale della Capitane-ria di Porto, sia dai Vigili Urbani. Ed ecco il primo mito da sfatare: non è vero che da settembre fino all’inizio della stagione balneare, visto che la spiaggia è raramen-te frequentata e che quindi la Capitaneria di Porto non manda personale sulla battigia, si è im-muni dalla multa: possono farla i vigili urbani o la polizia forestale

che spesso pattugliano il litorale. Seconda falsità: il divieto non è sancito se non ci sono bagnanti sulla spiaggia. No, porco cane, la mazzata potrebbe arrivare lo stes-so. Il metodo dei poco informati è andare dopo le 18 o poco prima del tramonto. E se poi una pattu-glia dei vigili li pizzica...provano a dire che il cane non è il loro! Il mio padrone non mi rinneghereb-be mai!Ma ci sono spiagge a Latina e pro-vincia per far scorrazzare i cani? Sulla terraferma no, per trova-re un luogo balneare recettivo e senza divieti bisogna prendere il traghetto e recarsi a Ponza: lì nella Spiaggia di S. Antonio e in quella (ancora chiusa) di Chiaia di Luna si può stare tranquilli. Per fortuna che non soffro il mal di mare! Nonostante le campagne

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delle istituzioni e delle associa-zioni animaliste il problema è bel lontano dall’essere risolto. I dati del 2011 evidenziano che sono diminuite le spiagge dove è pos-sibile portare fi do, complessiva-mente sugli 8.000 chilometri di coste italiane le spiagge attrez-zate ammontano a circa il 7% del totale con un estensione di meno di 550 chilometri, si tratta di spiagge pubbliche che di fatto non sono attrezzate per ospitare bagnanti con i cani mentre gli stabilimenti balneari che offrono in tutta Italia la possibilità di por-tare i propri cani in spiaggia sono solamente 57 rispetto ai 72 dello scorso anno. Nel 2011 le spiagge

Fatevi servire, la prima regola ge-nerale che il padrone di un cane deve sapere è che, al contrario delle femmine, i maschi tendono a segnare il territorio minzionando in modo poco ortodosso nei punti più impensabili. Ne consegue che nella maggior parte dei negozi, anche quelli per animali, l’ingres-so è gradito solo per le lady. La seconda regola di ordine igie-nico impone di evitare l’entrata dove si vendono generi alimen-tari, quindi supermercati, gelate-rie, panetterie ecc. In questo caso il gestore di questi negozi potreb-be rischiare la chiusura o una multa salatissima per mancanza di osservazione delle norme sani-tarie. La terza regola è in base alla scel-ta della razza del vostro cane: se è di piccola taglia, le porte vi si apriranno (per me restano sem-pre chiuse) spesso introducen-do i vostri cagnolini col metodo delle borsette cuccia di cui sopra. In commercio ne esistono alcune colorate e divertenti che ispirano simpatia nei commercianti e non certo repulsione. Se il cagnetto non sta nella borsa fate attenzio-ne nei negozi di abbigliamento o dove ci sono espositori molto bassi. A proposito, una mia ami-ca pincher nana, sia al guinzaglio che in braccio, ha avuto libero ac-cesso a Latina Fiori. Non è potu-ta entrare solo nel supermercato Panorama nei negozi l’hanno fat-ta entrare tranne ovviamente nel supermercato Panorama. Anche a Roma Eur 2 l’hanno accettata senza problemi così come agli Outlet di Castel Romano e Val-montone (che sono dotati di di-stributori di sacchetti per cani). Quindi con un po’ di simpatia, con le dovute attenzioni e accortezze, con il supporto di accessori che si trovano in commercio, a noi quat-tro zampe, meglio se zampette, è consentito un certo tipo di shop-ping. Io mi accontento di fare la lista della spesa al mio padrone e aspettare che torni a casa.Ma la giornata è fi nita, è il mo-mento di ritornare uomo, il mio miglior nemico.

I negoziper cani erano presenti in Emilia Romagna (18), seguita dalla To-scana (10), dalla Liguria (8), dal-la Puglia (6) seguite da Abruzzo, Marche, Veneto, Sardegna e Friu-li con tre stabilimenti balneari per ciascuna regione e dal Lazio con una sola spiaggia per cani, il Baubeach di Maccarese. Oltre ai pochi stabilimenti balneari si ag-giunge la solita babele delle ordi-nanze di divieti che spesso sono illegittime o si sovrappongono per competenza tra comuni, pro-vince, ordinanze della capitaneria di porto e nel caso delle regioni autonome in alcuni casi vi sono divieti imposti dalle stesse ammi-nistrazioni regionali.

Canili sempre pieni, sos adozioniA Latina sono attivi due canili rifugio. Una delle strutture è co-munale, si trova in via Chiesuola ed è gestita dall’associazione animalista “Amici del cane”. La presidente è Maria Rosaria Ale-sini. L’altro canile rifugio è privato ed è gestito dalla Cooperati-va Galileo Galilei. La struttura è ubicata in via Bassianese ed è convenzionata con più comuni della provincia pontina, ma non con il comune di Latina se non per emergenze particolari quali l’eccessivo numero di animali accalappiati e l’insuffi cienza di box presso il canile comunale. Nei canili opera il personale del servi-zio di Medicina veterinaria della Asl che ha il compito di stabiliz-zare il cane randagio appena accalappiato. Il cane viene trattato con antielmintico, sia il maschio sia la femmina vengono steri-lizzati, si inserisce un chip con un numero di riconoscimento e registrato all’anagrafe regionale. Dopo un massimo di 15 giorni i cani accalappiati vengono trasferiti nei canili rifugio. Nel ca-nile “Amici del Cane” in via Chiesuola sono ricoverati circa 850 cani, numero che varia in funzione delle adozioni. Il canile non benefi cia di una diaria giornaliera per esemplare ( come avviene per le strutture private convenzionate con i vari comuni della provincia), ma di una cifra annuale di circa di 120.000 euro. Somma insuffi ciente per la quantità di ospiti che viene integrata da donazioni di privati cittadini. Il cibo viene offerto da industrie agroalimentari.

Randagi, i numeri da chiamareIl servizio di Medicina veterinaria, Area di sanità veterinaria del-la Asl, ha la reperibilità notturna e festiva. Basta chiamare il 118 e viene fornito il numero di telefono del medico veterinario reperibile in quel momento e che interviene immediatamente sul posto se il cane o gatto è ferito o presenta sintomi di qualsiasi malattia. Tramite un servizio di trasporto specializzato (autoam-bulanza), l’animale viene trasportato nel più vicino ambulatorio o clinica convenzionata con la Asl Latina. Nel caso di cani ran-dagi, l’utente deve chiamare la Polizia municipale che attiva il sistema di accalappiamento del servizio veterinario tramite una ditta autorizzata e specializzata.

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STESSOMARE

SENZASPIAGGIA

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di MASSIMO SCONFORTO

È un mare bello, a vederlo con gli occhi di un ricordo. E’ un mare fe-rito, anche, se provi a guardarlo invece con gli occhi di chi, questo mare, lo ha fatto diventare un lavoro. Lungo le spiagge di Lati-na si intrecciano storie di varia umanità, tra affari, vacanze e so-litudini, ma quella che vogliamo raccontare oggi corre parallela con un pezzo della vita di una in-tera comunità e che appartiene alle estati di tutti noi. Quella sabbia che in tutti questi anni

Le mareggiate invernali

della costa latinense. Spazzati via diversistabilimenti tra cui quello della Polizia

Sotto accusa i lavori di ripascimentoe le barriere antierosione installate

nella zona di Foce Verde La lotta contro il tempo per riparare

i danni prima dell’avviodella stagione balneare

ha raccolto la memoria collettiva ha dovuto cedere in cambio, come per un sortilegio, tutto il suo can-dore, un po’ alla volta, anno dopo anno. E’ una sabbia nera adesso, appic-cicosa perfi no, e talvolta anche pericolosa. Come nel tratto che va dalla Ca-silina a Foce Verde. A essere più chiari, quelle poche centinaia di metri di arenile che di stabilimen-ti non ne ha più. Semplicemente, se l’è divorati il mare.

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“Il sei di febbraio per noi è stato un giorno terribile – racconta Lu-ciana Di Pierro, dirigente del’uffi -cio tecnico logistico della Questu-ra - quando siamo arrivati al lido non riuscivamo a credere ai nostri occhi”. Lo stabilimento balneare della Polizia (nella foto) era accar-tocciato su se stesso. Il cemento aveva ceduto, le cabine sventrate, la struttura tranciata di netto. In alcuni punti la spiaggia presenta-va un dislivello di quasi due me-tri. Da quel giorno l’intera area è transennata, ora si attende la fi ne delle mareggiate per iniziare i lavori di messa in sicurezza che pure sono già stati programmati. “Servono 12mila euro per il pun-tellamento e risistemare tutto – spiega la dirigente – noi abbiamo già fatto fare perizie e sopralluo-ghi tecnici ma i lavori non potran-no essere eseguiti se prima non fi nisce il brutto tempo. Ad ogni modo, siamo pronti”. Non c’è un abitante di Latina che non abbia messo piede, almeno una volta, dentro lo stabilimento della Poli-zia. Capace di ospitare anche mil-le persone, dispone di una sessan-tina di cabine, di una bar e anche di un ristorante interno con un

grande salone che talvolta ospita anche feste serali. La struttura è di proprietà del Fondo assistenza della Polizia di Stato e poi ogni estate viene affi data in gestione a privati. “Per noi è un posto im-portante perché è lì che andiamo con le nostre famiglie, è li che por-tiamo parenti ed amici. Esiste da quarant’anni, credo sia diventato un punto di riferimento per tut-ta la gente di questo posto, e per questo vogliamo che venga siste-mato prima che inizi l’estate”.Figurarsi se non lo vorrebbero anche i titolari degli stabilimen-ti vicini, devastati anche questi dalla furia delle mareggiate. Sca-le, torrette, pedane. Tutto saltato in aria, come per un’esplosione.

Come se il dio del mare avesse deciso di colpire la sciatteria de-gli uomini, in un solo punto, e in un solo momento. E a sentire il vice sindaco di Latina, l’assessore all’ambiente Fabrizio Cirilli, forse è stato davvero così. “In quel trat-to di mare – spiega – in passato erano state sistemate tre barriere antierosione con un intervento di ripascimento elaborato e rea-lizzato in modo molto frettoloso. Una di queste barriere non è sta-ta neanche agganciata alla sabbia sottostante e questo ha peggiora-to gli effetti dell’erosione anziché prevenirli. Possiamo dire che il 90% degli effetti delle mareggiate siano stati causati proprio da quei pennelli, messì lì in ragione di provvedimenti adottati con som-ma urgenza”.Accanto allo stabilimento della Polizia c’è il Lido Nausicaa. Anzi c’era, perché se fate una passeg-giata da quelle parti vi sfi diamo a trovarne un pezzo ancora in piedi. E comunque, nel raggio di poche centinaia di metri ci sono altre sette strutture private, una mes-sa peggio dell’altra. Sandro Giu-gliano gestisce con alcuni amici il Lido Circello. “L’erosione ci ha messo in ginocchio. Noi dovre-mo spendere intorno ai diecimi-la euro per rimettere in piedi lo stabilimento. Ma il danno non è fi nito lì perché c’è il fl agello del-la sabbia sparita. Oggi come oggi non abbiamo un metro quadra-to di spiaggia su cui piantare gli ombrelloni. Che facciamo, i nostri clienti ce li teniamo in braccio?”Eppure un ripascimento fatto ad opera d’arte esiste già. Ma qualcu-no sospetta che proprio le opera-zioni fatte a Foce Verde (in prossi-mità del ristorante “Giovannino”, giusto per dare un’idea) abbiano

Per sistemare le cabine

occorrono decinedi migliaia di euro

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in qualche modo alterato gli equi-libri della costa. Insomma se da una parte la sabbia è tornata, e in grandi quantità, dall’altro sta gradualmente sparendo. Che poi le mareggiate d’inverno ci sono sempre state, e mica è successo mai il fi nimondo come quest’in-verno. “Ma noi già da un anno avevamo elaborato un progetto, proprio sulla base di quello realiz-zato per Foce Verde – spiega il vi-cesindaco -. Un intervento piani-fi cato subito dopo l’insediamento dell’amministrazione comunale. Lo avevamo proposto all’Ardis, l’Agenzia regionale per la difesa del suolo, che lo ha fatto suo. Di più, a inizio legislatura avevamo anche chiesto, e ottenuto, che la marina di Latina venisse inserita nel Piano di ripascimento delle coste. Il fi nanziamento previsto per noi è di 450mila euro. Ma poi l’Ardis ha sbagliato le procedure di gara, il testo del bando era di-verso da quello inviato alle ditte partecipanti. Si è perso inutilmen-te un mese di tempo e adesso biso-gna rifare l’intera gara, i margini di tempo sono ristrettissimi, stia-mo facendo gli scongiuri perché si proceda all’inizio dei lavori al-meno per metà aprile. Tra una let-

tera di sollecito e l’altra dobbiamo poi sperare che le condizioni me-teo ci consentano di vedere com-pletato l’intervento prima dell’ini-zio della stagione balneare”. Che poi dovrà essere una stagione da boom, dicono i balneari, per ripia-nare almeno un po’ le spese di ma-nutenzione straordinaria che più o meno tutti quelli colpiti dall’ero-sione hanno dovuto sostenere in queste settimane.“Il problema vero è che la gestione

degli stabilimenti sta diventando sempre più complicata – confessa Giugliano – Tra tasse e concessio-ni spendiamo cinquemila euro a stagione, ma la spiaggia non c’è più, la crisi spaventa la clientela. Ci piacerebbe che il Comune ridu-cesse almeno il canone, visto che la spiaggia non c’è più. Certo così non si può andare avanti. Non è mica un caso che oramai tanti cer-chino di dare in affi tto la propria struttura, in gestione: meno pro-blemi, meno stress, meno rischi. Potrebbe essere una soluzione an-che lo spostamento delle attività colpite dall’erosione in un’altra porzione di lungomare, magari proprio a Foce Verde, dove l’areni-le ha raggiunto dimensioni enor-mi”. Certo però servirebbe una volontà politica e dubitiamo che ci sia, almeno per adesso. Va dato atto comunque che la sensibilità verso le problematiche del nostro lungomare è maturata in questi ultimi mesi più che in qualsiasi altro periodo storico. Basterebbe forse un ultimo sforzo, se voglia-mo anche quello più importante, e affrontare la questione come una grande azienda farebbe con un suo asset strategico. Di quelli che ti cambiano la vita.

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Poi arrivarono la grande distribuzione, la sca-la industriale, i centri commerciali. Poi l’ulti-

ma città di fondazione superò la centomillesima anima, allargò i suoi confi ni, sviluppò quartieri e debordò in periferia. Latina per-se le sue abitudini, quelle tipiche di una città a misura d’uomo, dove negozi, botteghe artigiana-li e anche ristoranti rappresen-tavano i punti di riferimento per residenti e visitatori. Di tutte le attività che hanno scandito la vita cittadina nel secolo della sua nascita sono poche quelle che hanno resisti-to alla scure del tempo, molte quelle che hanno chiuso i bat-tenti, fi accate dal progressivo affermarsi di nuove realtà com-merciali, oppure ritiratesi in santa pace dopo aver esaurito

Ricordi e aneddoti dei negozi che hanno fatto la storia della città prima di chiudere i battenti

OB

scureotteghe

la missione per la quale erano venute al mondo. Una legge dar-winiana applicata all’economia locale: hanno resistito solo colo-ro in grado di reggere l’urto con le nuove generazioni, che una volta raggiunto l’apice della po-polarità ed essere entrate nel-le grazie dei consumatori, non hanno ceduto alla tentazione di prepensionarsi al primo scontri-no in meno, di mollare per dedi-carsi ad altro o di volare verso altri lidi più ricettivi. La chiusura di un negozio stori-co è un colpo al cuore del clien-te affezionato piuttosto che del proprietario. Succede quello che non ti aspetti, un pezzo della tua vita tira giù la serranda e si chiudono a chiave anche i ri-cordi che quella bottega si porta dietro. Lì davanti a quelle vetrine, in

quella strada che tutti identifi -cano col nome di quel negozio, hai consumato giorni, concluso affari, hai litigato o amoreggia-to. E di colpo cala il sipario. Sia-mo andati alla ricerca, frugando col lanternino nella nostra me-moria collettiva, di alcune delle attività commerciali più care alle generazioni di mezzo, quel-le che hanno chiuso i battenti dopo aver essere entrate hono-ris causa nella storia della città di Latina. Impossibile elencarle tutte, ab-biamo preferito ovviamente quelle a conduzione familiare, tralasciando i gruppi industria-li o i franchising. Come la Stan-da, ad esempio, o il Silos, colossi commerciali rimasti nelle corde dei latinensi nonostante l’evi-dente mancanza di ogni senso d’appartenenza.

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La storia della Pasticceria Figi-ni inizia nel 1928. A fondarla è Luigi, giunto da Pordenone nel periodo della bonifi ca, via Roma (Piazza delle Quattro Fontane), dove provvisoriamente si era stabilito. E’ quindi uno dei pochi esercizi commerciali che posso-no vantare la propria presenza il giorno dell’inaugurazione della città, anzi quel giorno passato alla storia come quello della fon-dazione di Littoria è proprio la Pa-sticceria Figini ad organizzare il rinfresco alla presenza di Musso-lini e dei suoi sodali. Quel giorno molti edifi ci della città non sono ancora stati terminati per cui, per dare l’idea della futura architettu-

1928-1990PasticceriaFigini

ra comunale, si allestisce una sce-nografi a di cartone in cui vengo-no rappresentati anche i nascenti negozi.La Pasticceria Figini inizialmen-te apre in piazza XXIII Marzo (oggi Piazza della Libertà) sotto i portici, dove attualmente c’è “La mia libreria”, successivamente si trasferisce nell’attuale via Diaz a fi anco al cinema Aquila, poi trova fi ssa dimora nella storica sede di Corso della Repubblica. A ricor-darne caratteristiche e aneddoti è la psicologa Mariangela Figini, pronipote di Luigi: “I miei ricordi più vivi sono quelli riguardanti la mia infanzia - dice la dottoressa – ricordo soprattutto, nel perio-do della bella stagione, i tavolini fuori, che occupavano lo spazio da Benedetti fi no alla gioielleria Wi-quel, con la gente che veniva a gu-stare il nostro gelato. D’inverno invece c’era un’accogliente sala da the all’interno. Io sono cresciu-ta praticamente dentro quel loca-

le, accanto a mio padre Glauco, ricordo i nostri clienti fi ssi come Cencio Ferrazza della tipografi a, lui era sempre presente”. La posi-zione al centro della città e gli ot-timi prodotti fanno della Pasticce-ria Figini un punto di riferimento per tutti i latinensi. Soprattutto la domenica, dopo la messa in San Marco, c’è la consuetudine di tor-nare a casa con le paste dei Figini: molto richiesti i diplomatici, ma anche le meringhe alla panna e la bavarese. La specialità della casa è però la “polentina”, una torta brevettata che può essere servita bianca, al cioccolato o ghiaiosa alla nocciola. Col tempo la pastic-ceria si fa una buona fama anche fuori le mura, in particolar modo con i romani che, di passaggio per Sabaudia o San Felice Circeo, fanno sosta a Latina per gustarsi la polentina. Tra gli abitueè anche Alberto Lupo e Renato Rascel. La pasticceria Figini chiude nel 1990 dopo la morte di Glauco.

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1957-1996Pacchiarotti

1949-2009Porfi ri

Per decenni a Latina quando si diceva “panino” il pensiero anda-va direttamente a Pacchiarotti, il

mago della rosetta con il wusterl, senape e ketchup, in via Duca del Mare. Era la mèta stabilita della gioventù degli anni 70-80, quel-la che alle cinque del pomeriggio veniva assalita da un’irrefrenabile voglia di merenda. E allora tutti dal signor Enzo, il romanista per eccellenza, il poeta della “strada”, il mago della fi lastrocca romane-sca. Ad ottobre compirà 80 anni, la vitalità però è come quella di qua-rant’anni fa. Con la stessa simpatia di allora inizia il suo lungo raccon-to: “Era il 1957 quando io e i miei fratelli Franco e Tonino decidem-mo di venire giù da Velletri dove nostro padre gestiva una pizziche-ria. Noi volevamo aprire una nor-cineria, ignari del mercato di La-tina ma tutti ce lo sconsigliavano, dicendo che era un paese povero, dove giravano tante cambiali. Noi però decidemmo di provare. Ebbi l’accortezza di farmi fare la licenza di norcineria, la numero 189 per-ché mi informai che in quella via c’era un certo Carocci che aveva una macelleria. Gli chiesi se la no-stra idea di mettere su un negozio di lavorazione di carne suina gli avrebbe dato fastidio, lui mi disse di no perché lavorava solamente

Il negozio per tutti. Generazioni di famiglie latinensi si sono vestite ed hanno fatto acquisti da Porfi ri, una tra le prime attività di produ-zione sartoriale e di abbigliamento che hanno segnato e rappresen-tato il centro della città. Oltre cin-quant’anni di esercizio nei quali Maria Corsetti Porfi ri, la proprie-taria, seguiva tutto nel minimo dettaglio senza tralasciare nulla al caso per consegnare al cliente un prodotto sempre impeccabile. La scritta enorme “PORFIRI” posizio-nata sopra il negozio dominava su Corso della Repubblica. All’ingres-so saltava subito all’occhio un sen-so di ordine quasi maniacale, per certi aspetti paragonato a quelli dei negozi di oggi, inoltre la cordialità delle commesse e l’accoglienza era-no caratteristiche di un buon ven-ditore. Eppure quel negozio, così ordinato e perfetto nel suo insieme, era il risultato fi nale di una fi liera che prevedeva all’origine una sar-toria specializzata sempre in azione

durante la giornata di lavoro. Il negozio degli abiti “buoni” vesti-va una gran parte dei cittadini la-tinensi e negli anni sessanta la po-litica del fare credito, basata sulla fi ducia tra i clienti ed i titolari, per-metteva soprattutto alle tante fami-glie di coloni contadine di prendere gli abiti e dopo la raccolta tornare a chiudere i conti con il negozio. Pic-coli gesti per l’epoca, ma simbolici a tal punto da far capire la grandez-za della famiglia Porfi ri che anni dopo ha reso possibile, anch’essa grazie ad una congrua donazione, la costruzione del polo oncologico dell’ospedale “Santa Maria Goret-ti”: non a caso il Padiglione Giorgio Porfi ri ne riporta il nome in ricordo del fi glio scomparso in un inciden-te stradale. Porfi ri ha abbassato le serrande nel settembre del 2009 e a distanza di quattro anni quel locale è ancora desolatamente vuoto.

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10 kg di salcicce al mese. Iniziam-mo con un banco di marmo dove lavoravamo le nostre salsicce, da subito riuscimmo ad avere una buona clientela, cominciando a la-vorare 6/7 maiali alla settimana. Venne così anche mio padre a darci una mano, con mia madre che sta-va alla cassa. Il lavoro grazie a Dio prese piede, iniziammo a servire i banchi del mercato e anche alcuni macellai” Ma la storia di Pacchia-rotti come detto è legata anche e soprattutto ai favolosi panini all’i-nizio degli anni ‘60. L’idea di mette-re il banchetto fuori il negozio con una friggitrice che emanava profu-mi inebrianti iniziò così: “Io sono stato sempre un osservatore, ho lavorato anche a Roma, conoscevo alcuni commercianti romani. An-davo a prendere i prosciutti cotti da una ditta tedesca, la Menert, che aveva il deposito nella capitale. Un giorno, per pura combinazione, mentre ero lì, entrò un signore a riportare una griglia al titolare, di-cendogli che per 15 giorni non c’e-rano più feste in giro. Allora io gli chiesi: ma che ci fai con questa gri-glia? Lui mi rispose che ci cucina-

va i wurstel prodotti da loro con in-gredienti tedeschi. Allora gli chiesi se era possibile provarla. La presi e la portai a Latina con 4/5 pacchi di wurstel e la misi sul banco del-la norcineria. Mio padre dopo un mese mi disse di lasciare perdere visto che si vendevano due panini al giorno, poi decisi di mettere la friggitrice all’ingresso del negozio, su un ciocco di legno. Cominciò a spargersi la voce e la curiosità salì giorno dopo giorno. Da lì decollò il panino di Pacchiarotti.” La norci-neria diventò uno dei posti più chic della città, nel 1964 la ditta Donati rimodernò il nuovo negozio, tra-sformandolo così da norcineria e salsamenteria in pizzicheria, con l’aggiunta di formaggi, salmone e tartufo.

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1970-1997 Catavolo Sport

Nato nel 1970 da una idea di Giovanni Catavolo, l’attività per la generazione dei cinquanten-ni di oggi è stata uno dei pun-ti di riferimento per l’acquisto di abbigliamento sportivo. La prima sede di Catavolo Sport è stata via F. Filzi (locale di circa 170\180 mq) e socio di Giovan-ni era il giocatore del Latina Benecchi, portiere dei nero-azzurri in quel periodo. Dopo la cessione di Benecchi, 1972, Giovanni Catavolo, tra l’altro dirigente dei pontini, continuò da solo l’avventura di commer-ciante. La crescita dell’attività (al suo fi anco la fi glia Assunta e una commessa) gli consentì nel 1980 uno spostamento del

negozio nell’ambita zona della Prefettura: ecco pronto il nuo-vo Catavolo Sport in Piazza Del-la Libertà, 250 mq disposti su due piani e materiale sportivo in esclusiva per gli appassiona-ti di tante discipline (sci, nuo-to, tennis, calcio, basket, atleti-ca). Dopo ancora svariati anni di lavoro, Giovanni Catavolo, a malincuore, nel 1997 chiuse la sua attività per una concorren-za diventata sempre più diffi cile da arginare. Dal lontano 1970 sono passati 27 anni ma la sto-ria del suo negozio sportivo è sempre nei ricordi di tante per-sone della nostra città. Giovan-ni è scomparso nel luglio dello scorso anno.

Ci vorrebbe un libro per sintetizza-re 39 anni, quelli che Danilo Car-panese, oggi settantaquattrenne, ha speso nel suo locale la “ Casa del Disco” nata a Latina nel 1966. Il primo negozio “specializzato”, per-ché allora il disco si vendeva esclu-sivamente nei negozi di elettrodo-mestici. Una scelta questa fatta non per caso, già prima Carpanese lavorava a Roma come tecnico di televisori, ma soprattutto di lava-biancherie automatiche. Fu proprio quell’esperienza tra elettrodomesti-ci e dischi che lo portò a conoscere un po’ tutte le case discografi che fornitrici come la RCA (che aveva sede nella capitale), La voce del Pa-drone, la Philips, la Polidor, la Dec-ca, le Messaggerie Musicali, tutte in voga in quel periodo. “ Ero già addentrato nel settore – ci spiega Carpanese - specialmente alla RCA dove conoscevo il direttore in quan-to per otto anni quasi giornalmen-te mi recavo nel loro deposito per prendere il materiale discografi co da vendere poi nel negozio.” Ma Carpanese è un predestinato della musica. Quando aveva sei anni, nel periodo dello sfollamento del dopo-guerra, nel podere dove abitava, gli americani, oltre alla cioccolata, gli regalarono una radio a galena e un giradischi a manovella con tanti 78 giri. “Ma il primo disco che ricordo di aver ascoltato è stato la Scalina-tella di Murolo, su un grande gira-dischi in radica”. L’apertura della Casa del Disco fu la conseguenza logica di questa sua passione mu-sicale, il coronamento di un sogno. “Non posso dimenticare il primo disco venduto, La Fisarmonica di Gianni Morandi nel 1966, una emozione unica, e neanche quello più richiesto, ovvero Jesus Christ Superstar”. Il locale specializzato di Carpanese cominciò ad affermarsi pian piano non solo in città ma an-che nell’intera regione. Molti sono stati i cantanti che vi hanno varca-to la soglia per promuovere i loro long playing. “Erano quasi tutti molti disponibili e simpatici – ricor-da Carpanese - ad eccezione di due, De Gregori e Celentano, veramen-te antipatici“. E la musica di oggi? “Non riesco proprio ad ascoltarla”

1966-2005Casa del disco

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E’ stato il fi ore all’occhiello dell’e-conomia latinense nel settore ab-bigliamento. Per circa un venten-nio Latinmoda ha rappresentato il punto di riferimento di Latina e provincia, soprattutto negli abiti da cerimonia e da sposa. La sto-ria del negozio inizia nel 1967 quando Domenico D’Ercole, dopo un’infanzia passata nel commer-cio di tessuti insieme al padre che già contava un’attività in un locale dalla superfi cie di 250 mq con 10 dipendenti, acquista una palazzina al centro di Latina con un’idea ben precisa: demolirla per edifi care un fabbricato che ospiti anche un grande negozio di abbi-gliamento, Latinmoda. Due sono le caratteristiche che lo rendono particolare, le dimensioni (una superfi cie di mq 2000) e la pre-

1971-2009Latinmoda

senza della scala mobile (che all’e-poca è una prerogativa solo dei grandi magazzini come la Stan-da). Il battesimo di Latinmoda al pubblico avviene nel Febbraio del 1971. Con l’avvento del pret-a-porter il business ha una crescita esponenziale. Lo sviluppo dell’at-tività porta il gruppo ad avere an-che fi no a 30 responsabili di ven-dita oltre a magazzinieri ed uffi ci amministrativi. Dopo 20 anni me-morabili (dal 1970 al 1990) per Latinmoda e l’abbigliamento in genere, si affacciano sul mercato i primi negozi in franchising, con Domenico D’Ercole che ne è apri-pista e convinto sostenitore, che contribuiscono a velocizzare nel consumatore quel cambiamento che è già iniziato. Ha così inizio una profonda trasformazione nel mondo della moda che interessa contemporaneamente sia la do-manda, perché il consumatore diventa stagione dopo stagione sempre più consapevole di quel-

lo che vuole, che l’offerta, perché i produttori stessi iniziano ad affacciarsi sul mercato della di-stribuzione proponendo prodotti sempre più eterogenei utilizzan-do modelli espositivi sempre più evoluti, il moderno merchandi-sing. Il risultato di questa evolu-zione porta i negozi multi-brand a dover ingaggiare una vera e pro-pria guerra per avere le griffe più belle in esclusiva, le vetrine più moderne e l’allestimento interno più accattivante. Tutto questo accresce enormemente i costi di gestione riducendo conseguente-mente gli utili. Di questo ne sof-fre ovviamente anche Latinmoda che prova anche la strada dello sport wear ma senza risultati ap-prezzabili. Nel 2009 si mettono da parte i sentimentalismi e le polemiche e, dopo trattative con vari brand internazionali, si cede il proscenio al marchio H&M, che riporta vitalità ad un centro stori-co, ormai asfi ttico.

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Duemila metri quadrati di super-fi cie, originariamente occupati per lo più per ospitare roulotte e caravan, tanti erano quelli di Bar-si Sport, uno dei negozi sportivi più famosi di Latina aperto nel 1974. I fratelli Alessandro e Enrico, con il papà Marsilio furono i pionieri di quello che diventò negli anni un vero punto di riferimento non solo sportivo ma anche e soprat-tutto del tempo libero. Il capann-none sito in via Epitaffi o, che era nato come fabbrica di portapacchi per auto, oltre che a proporre il capo “classico”, ebbe la particola-rità di proporre alla clientela una serie svariata di articoli allora al-

1974-1995Barsi Sport

ternativi, come per esempio quel-li per campeggio, che diventaro-no con gli anni il punto di forza della famiglia Barsi. Alessandro potrebbe raccontare per ore e ore tanti aneddoti ac-caduti in quegli anni, tra i tanti commenta quello spiritoso acca-duto un 24 dicembre: “ Quello non lo dimentico perché accadde alle otto di sera della vigilia di Natale. Fu una giornata tremenda con tantissima gente che venne ad acquistare all’ultima ora, ad un certo punto era rimasto l’ultimo cliente e dovevamo chiudere ma vedevo che non accennava ad an-dare via. Gli chiesi come mai era ancora lì seduto su una sedia, fa-cendogli notare che erano le 20. 30 e lui con la faccia desolata mi rispose che se ne sarebbe anda-to se avesse ritrovato le scarpe,

aveva ancora gli scarponi da sci ai piedi…!” La ditta Barsi fu la prima ad organizzare una ven-dita promozionale nel 1991, un evento storico per quel periodo con fi le di macchine interminabi-li. Nelle innovazioni sui materiali sportivi Barsi fu il primo a por-tare la novità dei pattini in linea, come anche l’arco. Lo storico ragioniere del nego-zio fu Roberto Biolcati Rinaldi che lavorò dal 1981 fi no al 1995 (quando cessò l’attività): “Il ma-teriale sportivo trattato era a 360° - ricorda oggi - il tennis ad esempio in quel periodo la faceva da padrone con una media di 5/6 racchette al giorno da accordare, con le marche Fila, Tacchini, Au-stralian e Adidas furoreggiavano non solo nell’abbigliamento spor-tivo”.

1974-2011CicliDalla LiberaIl regno della bicicletta. Se avevi bisogno di riparare una foratura, se la tua bici aveva un problema di qualunque genere in via Isonzo trovavi la soluzione al tuo proble-ma: il negozio Cicli Dalla Libera che per questo rimane un pezzo di storia indelebile della città di Lati-na. Negli occhi di tutti i cittadini restano impresse tutte quelle bici-clette esposte fuori dal negozio. Il proprietario Massimo, solo all’ap-parenza dall’aspetto burbero, ave-va due mani d’oro e il mondo dei pedali era il suo. La famiglia Dalla Libera si spostò nel periodo del Fa-scismo dal Veneto per cercare for-tuna e stabilità nella terra pontina: gli innumerevoli sacrifi ci gli per-misero nel dopoguerra di acquista-re un deposito in corso Matteotti, quello che diventerà tra i primi stalli per biciclette in città. Il lavo-ro nel deposito ingranò da subito con bici e moto custodite in qualsi-asi ora del giorno e della notte con Massimo, uno dei cinque fi gli, che si dedicò contestualmente anche ai primi lavori di riparazione. Dopo mille sacrifi ci il grande salto nel

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1978-1992FiorettoE’ stato per anni il ristorante per antonomasia della città, quello più chic e rinomato anche fuori Latina. Per dirne una, fu quello scelto per il pranzo dal Napoli di Maradona giunto a Latina nel 1985 per disputare una amiche-vole con la selezione mista tra nerazzurri e il Cisterna. Il Risto-rante Il Fioretto di Nilo Sangior-gi e sua moglie Nora, nato in via dell’Agora il 31 agosto del 1978, era qualcosa di più di un posto

Il regno della bicicletta. Se avevi bisogno di riparare una foratura, se la tua bici aveva un proble-ma di qualunque genere in via Isonzo trovavi la soluzione al tuo problema: il negozio Cicli Dalla Libera che per questo rimane un pezzo di storia indelebile della cit-tà di Latina. Negli occhi di tutti i cittadini restano impresse tutte quelle biciclette esposte fuori dal negozio. Il proprietario Massimo, solo all’apparenza dall’aspetto burbero, aveva due mani d’oro e il mondo dei pedali era il suo. La fa-miglia Dalla Libera si spostò nel periodo del Fascismo dal Veneto per cercare fortuna e stabilità nella terra pontina: gli innume-revoli sacrifi ci gli permisero nel dopoguerra di acquistare un de-posito in corso Matteotti, quello che diventerà tra i primi stalli per biciclette in città. Il lavoro nel de-posito ingranò da subito con bici e moto custodite in qualsiasi ora del giorno e della notte con Mas-simo, uno dei cinque fi gli, che si dedicò contestualmente anche ai primi lavori di riparazione. Dopo mille sacrifi ci il grande salto nel 1974 quando arrivò il trasferi-mento nel locale storico di via Isonzo: in un paese dove la bici-cletta era il mezzo più diffuso, l’at-tività si sviluppò bene tra vendite

e riparazioni, i clienti aumentaro-no anche per la bontà del lavoro di Massimo ed in poco tempo il negozio diventò il riferimento per qualsiasi ciclista amatore e pro-fessionista della città. Il marchio “Cicli Dalla Libera” divenne rico-

noscibile, una garanzia assoluta per chiunque volesse avvicinar-si al mondo delle due ruote. Per anni in città il suo negozio è stato inarrivabile per la concorrenza che provava ad imitarlo, ma che diffi cilmente raggiungeva il suo livello. Oltre trent’anni di storia per un’attività che ha visto la fi ne lo scorso anno: prima l’incendio che ha distrutto il negozio, poi il saluto di Massimo spentosi pro-prio lì, nel posto più caro, tra le sue biciclette.

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1989-1991Freesby

Hanno collaborato Pasquale De Rosae Gianluca Amodio

dove mangiar bene e far bella fi -gura quando ci si portava qual-cuno di importante. Era il posto dove la simpatia del proprietario e l’ospitalità dei suoi collabora-tori era davvero contagiosa. Lui Nilo Sangiorgi, oggi ancora in pista tra i tavoli nel ristorante Lalessandra di Merano, seguiva i suoi clienti durante tutta la loro permanenza nel locale, non li la-sciava mai soli. Non capitava ra-ramente che, se l’ospite mostrava di gradire, lui si accomodasse al suo fi anco accompagnandolo al-legramente nel pasto. E poi, cer-to, c’era la cucina. In via dell’A-gora era possibile mangiare di tutto, dal piatto elaborato fi no a quello tradizionale. La specialità della casa erano però le “chicche del nonno”, piatto sul quale Nilo e Nora hanno costruito la loro fortuna. Dopo 14 anni, nel 1992 esattamente il 22 agosto, la dolo-rosa scelta di chiudere i battenti e migrare altrove.

È durato meno di tre anni ma ha comunque segnato un’epoca. L’av-vento del Freesby nel 1989 portò a Latina il prototipo della panino-teca-tavola calda tanto in voga nel decennio paninaro per eccellenza. Posizionato strategicamente nel bel mezzo dello struscio di Corso della Repubblica, il locale gesti-to dalla famiglia De Martin ebbe un successo immediato, un boom che contagiò soprattutto l’intera generazione di giovani dell’epoca, fi nalmente accolti da una struttura ampia e confortevole dove passare piacevolmente interi pomeriggi, evadendo dagli studi o dalle pres-sioni familiari. Modellato sullo stile di Arnold’s, il celebre ritrovo della banda di “Happy Days”, il Freesby si impose subito in una città dove ancora non c’erano i McDonald’s e le altre paninoteche storiche non avevano una struttura così recet-tiva. Il Freesby faceva il pienone a tutte le ore; per pranzo era una co-moda e centralissima tavola calda, presa d’assalto dai dipendenti della Camera di Commercio, dell’Inps,

delle varie banche circostanti ol-tre che dai rappresentanti di pas-saggio; il pomeriggio era la meta obbligata dei ragazzi che tra una “vasca” e l’altra in centro (dal Bar Friuli a Piazza del Popolo) vi sog-giornavano per alleggerire la cam-minata; la sera, quando era presa

d’assalto da tutte le fasce d’età, in particolar modo il sabato sera quando non si registravano meno di 500 coperti. Il Freesby chiuse improvvisamente nel 1991 lascian-do sgomenti i ragazzi di ieri.

si ringraziano le famiglieper gentile concessione delle foto

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di RICCARDO ANGELO COLABATTISTA

Di borgo in borgo, di storia in sto-ria. Dopo aver raccontato le storie e le curiosità di Borgo Faiti e Tor Tre Ponti ci spostiamo più verso il mare e precisamente nel vicino bor-go San Michele. Ci allontaniamo di pochi chilometri dai Monti Lepini e dall’Appia e la storia cambia. Se per Forum Appii e Tripontium l’origine della loro nascita era strettamente collegata alla via Appia ed al 1700,

oggi popolosa comunità dominata dall’imponente chiesa dell’Arcangelo

Il villaggio operaio

BORGOSAN MICHELE

con Borgo San Michele entriamo nella vera palude, quella invivibile e selvaggia tipica delle paludi pon-tine. Per San Michele non abbiamo Papi, non ci sono storie romane, nemmeno citazioni sui vangeli. Qui c’era la vera palude, quella dove le acque ristagnavano da millenni e dove gli architetti facevano fatica ad orientarsi per stabilire il centro del futuro villaggio.

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Borgo San Michele è nato tra il 1929 ed il 1931 per opera del Con-sorzio di Bonifi ca. Scopo principale della sua nascita era quello di dare un rifugio sicuro agli operai che dovevano lavorare per la bonifi ca della zona sud della città di Littoria (oggi Latina). Un villaggio da crea-re dal nulla, in mezzo ad acquitrini e boscaglie. Ma quali erano i punti di riferimento? Il primo capo can-tiere, il geometra Simone Fiore, de-cise di prendere come centro gravi-tazionale la migliara 43, strada di campagna costruita da Pio VI per collegare la via Appia alle zone più interne della palude. Una strada, questa, che fi niva dove oggi c’è il Fiume Sisto. San Michele, quindi, doveva nascere nell’asse perfetto tra la migliara 43 ed il centro di Littoria.

Creatodal nullain localitàCapograssa

Il progettooriginaledel centro

Nel nome,una storiaaffascinante

Residenti: 2000 circaPatrono: San Michele Arcangelo

Distanza: 8 km dal centro di LatinaAltezza: 15m sopra livello del mare

BORGOSAN MICHELE

Oggi borgo San Michele si è svilup-pato a dismisura che quasi si fatica a comprendere la bellezza della sua organizzazione originale. Palazzi-ne e palazzoni verdi, viola, gialli e marroni. Un arlecchino, oggi, nato signore poco divertente ma lavo-ratore. Il progetto iniziale, infatti, prevedeva la costruzione di una scuola, un ambulatorio, la Chie-sa, la stazione dei Carabinieri, tre alloggi per gli operai, un forno, il lavatoio. L’essenziale per una vita fatta di fatica, lavoro e sacrifi cio. Un’identità, questa, quasi cancella-

ta dagli imponenti “dormitori pri-vati” che hanno circondato, come si fa nelle guerre, il cuore pulsante della storia pontina.

Oggi borgo San Michele ma nel 1930 era nato come “Villaggio operaio a Capograssa”. Un nome poco poetico ma che de-scriveva al meglio l’essenzialità di un centro abitato nato per i lavo-ratori e con gli sforzi degli stessi. Capograssa era il nome di una lestra vicina, a circa mezzo chi-lometro in direzione del Quadra-to (nome originale della città di Latina). Qui, in una radura della boscaglia, sorgevano alcune ba-racche e capanne di proprietà dell’Università Agraria di Sermo-neta. Il tutto in una delle zone più pa-ludose della pianura. Proprio da queste baracche prese il nome del

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villaggio Capograssa. Come tutti i nostri borghi anche il villaggio operaio cambiò in nome dei caduti della prima guerra mondiale. Infatti, in questo caso, fu il Pode-stà di Littoria, Valentino Orsoli-ni Cencelli, a cambiargli nome. Il nome fu preso dal Monte San Mi-chele, teatro di sanguinose batta-glie tra i soldati italiani e l’esercito austro-ungarico. La conquista del Monte San Mi-chele avvenne il 6 agosto 1916, nello stesso giorno in cui venivano strappati al nemico anche il Monte Podgora e il Monte Sabotino. Oggi, del nome originale, è rima-sta solamente la strada che colle-ga via Migliara 43 alla via Miglia-ra 45.

Il primocollegamento telefonico e tinte rosse per le case

La chiesa di San Michele e il campanileserbatoio

Nell’era del Wi Fi, di internet a ban-da larga e degli smartphone appare piuttosto complesso capire le diffi -coltà di un collegamento telefonico tra la periferia del villaggio operaio a Capograssa e la capitale, Roma. Eppure questo collegamento fu fat-to immediatamente per consentire

Il punto di riferimento di ogni bor-go resta essere la chiesa. Per San Michele questa associazione di ri-ferimenti è ancora più immediata. Infatti la struttura dedicata a San Michele Arcangelo, costruita nel 1931, ha una struttura molto par-ticolare. Ciò che salta subito all’oc-chio anche di un osservatore di-stratto è il campanile separato dal corpo della chiesa. In realtà quel campanile, dove oggi c’è ancora un orologio funzionante, rappresenta-va la torretta serbatoio del villag-gio di Capograssa. Con una varian-te al progetto originale, infatti, la chiesa fu costruita con un’ampiez-za ed un’architettura che, al tempo, sembrano fuori luogo. Oggi, inve-ce, rappresenta un elemento cen-trale che, seppur nelle dimensioni ridotte, rappresenta la centralità del borgo, insieme alla piazza an-tistante. Negli anni la struttura ha subito diverse modifi che e ristrut-turazioni. La più importante, a li-vello storico, è arrivata subito dopo la riforma liturgica del Concilio Va-ticano II, quando si rese necessario adeguare la posizione dell’altare alla celebrazione versus populum.

a tutti i distretti consorziali di rice-vere gli ordini che partivano dalla centrale romana. Da Roma a Ci-sterna al Quadrato tutti erano col-legati telefonicamente. Altra curio-sità di rilievo storico sono i colori originali del Villaggio, colori ormai persi. Gli edifi ci, infatti, vennero tutti tinteggiati in rosso vivo nella parte superiore ed in grigio chiaro nella parte inferiore. Una coloritu-ra “classica” per gli edifi ci costruiti nei villaggi e nella periferia della futura città di Latina. Coloritura persa, scomparsa, sparita. Adesso abbiamo palazzine alte che ammaz-zano il paesaggio, gli edifi ci storici, e con colori simili ad evidenziatori che imbruttiscono un paesaggio reso accessibile dalla fatica di mi-gliaia di persone.

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AttaccatialTramIl nostro v

iaggio

a bordo dei mezzi pubbl

ici di Latina

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di GIACOMO REGGIANI

Esistono, ma lo sanno in pochi. Ridotta a estrema sintesi è questa la prima analisi sui mezzi pub-

blici di Latina. Già, perché nella città dalle strade larghe, dove il traffi co è generato in buona parte dalla notoria lentezza dei nostri automobilisti (basta andare nella vicina Capitale per comprendere il concetto, c’è chi sostiene infat-ti che LT sta per lenti e tonti) ci sono anche persone che per spo-starsi utilizzano l’autobus. Siamo andati a testare alcune corse per conoscere da vicino questo mondo così poco radicato nella mentalità latinense, in cui la maggior par-

te della popolazione utilizza solo l’auto privata, e su un mezzo della Atral, la società che gestisce i tra-sporti nel capoluogo, non c’è mai salito. I principali fruitori del servizio possono essere compresi in quat-tro categorie. Anziani: uniscono l’utilità dello spostamento al diletto della chiac-chiera sotto la pensilina. Sono in-formatissimi su orari e percorsi e spesso si sostituiscono alle caren-ze del personale nel dispensare consigli pratici a chi ne necessita. Per loro l’autobus è un ottimo modo per socializzare e sentirsi utili.

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Adolescenti: non hanno l’auto e il bus rappresenta un’effi cace solu-zione per potersi incontrare anche se si abita in quartieri diversi. Rie-scono addirittura a darsi appunta-mento dentro il torpedone. Per loro l’autobus è un posto come un altro dove poter passare un po’ di tempo insieme.Stranieri: scelgono la maniera più economica per raggiungere le pro-prie mete.Emigrati metropolitani: trasferiti a Latina da grandi città come Mila-no dove l’attitudine a metro e tram è fortissima e restìa ad essere ab-bandonata. Comune denominatore tra le cate-gorie la mancanza di fretta e, visti gli orari di transito, non potrebbe essere altrimenti. Anche le linee principali, infatti, quelle come la A o la E che attraversano il centro, pas-sano di media, negli orari di punta, una volta ogni ora. Troppo poco. A questo punto sorge una doman-da di marzulliana impostazione: i mezzi sono pochi perché in pochi lo prendono o in pochi lo prendono perché i mezzi sono pochi ? Noi cre-diamo che la verità sia nel mezzo e che le equazioni siano entrambe va-lide. Da una parte, come detto, al la-tinense medio, abituato a muoversi agevolmente con l’auto da una par-te all’altra della città manca proprio la fi losofi a del mezzo pubblico ma, è altresì vero, che non si fa nulla per cambiare questa situazione. Eppu-re basterebbe poco, per esempio uno studio reale sulle esigenze dei cittadini per migliorare, e di molto, il servizio offerto. Per capirci, è sta-ta istituita una nuova linea, la Q4 Q5 Express, che effettua un colle-gamento veloce tra i due popolosi quartieri periferici e la stazione di Latina Scalo, dove in tantissimi si recano per motivi di lavoro o stu-dio. Abbiamo verifi cato di persona il funzionamento: siamo saliti alla fermata Q5 alle ore 6.05 e alle 6.27 eravamo già di fronte ai binari. Ec-cellente, in soli 22 minuti abbiamo raggiunto la destinazione. In tutto però sul piccolo autobus dotato di 10 posti a sedere, eravamo in 6. Siamo andati a vedere gli orari del ritorno e ci siamo dati una spiega-zione del motivo: l’ultima partenza dallo Scalo è fi ssata per le 18.45, quando, cioè, buona parte dei pen-

dolari non è ancora rientrata. Altro test: prendiamo la linea ur-bana G / alle 16.30 da Piazza del Popolo, dopo un’attesa di circa 35 minuti trascorsi sotto la pensilina dove un’anziana signora ci ha rac-contato aneddoti vari e la storia dei trasporti pontini a partire dal dopo guerra. Saliamo sul bus e sorpresa: l’autista è uno spericolato! Sgom-mata in partenza e per non cadere a terra bisogna reggermi con tutte e due le braccia ai supporti. Fortu-na che una passeggera in dolce at-tesa si era già seduta. Prima curva e, anche se siamo in strada, arriva il mal di mare. L’autista sembra in-vasato, neanche guidasse al cen-tro di New York, e il suo mezzo è una sorta di Tagadà mobile dove se ti distrai fi nisci disteso a terra. Dopo qualche minuto la passegge-ra in gravidanza conosce le prime contrazioni. Fortuna che la corsa ci porta proprio ad un passo dalla sua abitazione e la poveretta scende frettolosamente temendo un parto inaspettato. Finalmente la corsa fi -nisce e i viaggiatori tirano un so-spiro di sollievo. Altra nota dolente: i biglietti non sono compresi nelle varie soluzioni integrate regionali. Se si acquista ad esempio un BIRG (Biglietto Inte-

grato Regionale Giornaliero) si ha diritto oltre al treno anche all’uso dei mezzi pubblici di Roma, ma non a quelli di Latina, il che stona non poco trattandosi di un ticket a va-lenza regionale. Latina è forse una città campana o toscana? Per salire su un mezzo Atral il biglietto costa 0,80 euro per una corsa semplice e può essere acquistato in edicola o in tabaccheria. E’ anche possibile fare il biglietto direttamente a bordo ma il costo in questo caso aumenta ad 1,50 euro. Poi esistono gli abbona-menti mensili: 25 euro per una sin-gola linea, 34 euro per l’intera rete. Non proprio regalato per una città di provincia, anche se si confronta con gli abbonamenti romani dove l’offerta, e non potrebbe essere al-trimenti, è nettamente superiore. Insomma, l’effi cienza del trasporto pubblico potrebbe essere migliora-ta da una politica di gestione che consentisse di mettere in condizio-ni gli utenti di fruire in maniera ottimale del servizio e di farglielo conoscere anche attraverso campa-gne mirate. Orari e percorsi, ferma-te e tempi di percorrenza devono poter essere facilmente consultabili da tutti, non solo da chi ha la fortu-na d’imbattersi nella signora della pensilina!

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Sono una cinquantina i mezzi dell’Atral, la società che gestisce il trasporto pubblico urbano a Lati-na. Ma è più esatto dire che erano una cinquantina considerato che nel tempo il parco auto di via Ofan-to si è riempito di autobus non più utilizzabili e quindi il numero dei mezzi effi cienti si è assottigliato a 35 all’incirca. E’ successo, infatti, che l’usura ha logorato motori e carrozzeria, che un mezzo è andato a fuoco, altri sono incidentati o in condizioni tali che un intervento di manutenzione sarebbe più costoso di un nuovo acquisto. Più di qual-che volta a causa dei guasti sono state soppresse delle corse e i viag-giatori hanno dovuto aspettare i mezzi sostitutivi. Eppure le norma-tive europee prevedono che gli au-tobus impiegati nel servizio pubbli-co dovrebbero essere cambiati ogni 7 o 8 anni. Ma sappiamo bene che la realtà è ben diversa, anche per le risorse a disposizione delle società di trasporto. Così si cerca di salvare il salvabile e la spinta al rinnovo del parco dell’Atral arriva in particola-

Autobusvecchi,una lungacrociatadi SANTA PAZIENZA

re dai sindacati preoccupati per le condizioni di poca sicurezza in cui operano gli autisti, tanto che lo scorso febbraio è stato proclamato uno sciopero.“Abbiamo chiesto al Comune di La-tina di intervenire - spiega Felice Violo del Sul-Ct - Gli autobus hanno un’età media superiore ai quindi-ci anni e di acquisti ne sono stati fatti pochi, soltanto 4 bus a meta-no. Potrebbero trovarsi in diffi col-tà non solo gli autisti, ma anche i passeggeri”. Gli fa eco Claudio Ma-riotti della Filt-Cgil che segue da tempo la realtà dei trasporti e che punta soprattutto sulla stesura di un piano mobilità. “Confi diamo in un intervento da parte dell’ammini-strazione comunale e d’intesa con

l’Atral - afferma - Perché ci sono ad-dirittura dei mezzi elettrici acqui-stati sei o sette anni fa, ma lasciati in abbandono. Sarebbe opportuno sistemare l’intero parco auto e co-munque rivisitare la mobilità urba-na nel suo complesso”.Un passo alla volta. “Intanto, è pre-vista una sanzione perché la socie-tà deve provvedere al decoro e alla pulizia dei mezzi - risponde Alberto Pansera, delegato alla mobilità e trasporti del Comune di Latina - Poi nei prossimi mesi è in programma la manutenzione straordinaria de-gli autobus con somme inserite in bilancio, circa 400 mila euro distri-buiti tra Comune e Atral. Importi ricavati anche dal piano sosta, ossia dai parcheggi a pagamento”.

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La metrocambiale

Della salvifi ca opera tramviaria rimangono solo le spese della progettazione

di IVAN EOTVOS

La Metropolitana leggera a Latina è stata inizialmente osannata in maniera quasi trasversale, veniva presentata nei programmi di schie-ramenti politici opposti, proposta come panacea per tutti i mali del nostro Comune: avrebbe dato la-voro, ridotto il traffi co, ci avrebbe fatto respirare meglio, ci avrebbe fatto spostare a velocità impensabi-le in ogni punto della città e, sì, ci avrebbe anche migliorato l’umore, oltre che la qualità della vita. Tut-to questo, mentre le discussioni in questi anni si sono arrovellate in tematiche ambientali, tecnico-logistiche, di opportunità, crono-metriche sconfi nando addirittura nel campo dell’etimologia quando non nella stessa fi losofi a per capire come l’opera avrebbe dovuto essere chiamata, se “Metropolitana Leg-gera” oppure, come logica avrebbe imposto fi n dal principio, semplice-mente “Tram”.Mentre negli anni si consumavano tonnellate di carta e ettolitri di in-chiostro in oziose discussioni che culminavano sempre, da parte di qualche entusiasta politico locale o nazionale, con la promessa di fi -nanziamenti, coperture di società regionali e rimborsi chilometrici a bizzeffe, nell’ombra si accumula-va una intricata matassa di carta, conti bancari e consulenze. In tutto questo periodo in pochissimi come Massimo de Simone (che ha perfi -no fondato una associazione inte-ramente dedicata alla questione chiamata “Metro-Bugia”) e pochi esponenti politici, avevano indicato le problematiche economiche e pra-tiche - piuttosto che nelle discussio-ni tecniche da bar che si consuma-vano come la carta dei giornali - il vero meccanismo perverso che si sarebbe ritorto contro il Comune: la

reale fattibilità dell’opera, le modifi -che dell’ultimo momento nell’appal-to, le consulenze del Dott. Pascone come esperto economico che sono rimaste ancora in parte da com-prendere, le diffi coltà economiche dell’azienda produttrice del treno che chiudendo lascerebbe tutti a piedi e la ormai palese impossibi-lità di rendere economicamente percorribile la strada prospettata molti anni fa. Questi solo alcuni dei gravi problemi che si sarebbero do-vute prevedere, il tutto mentre in perfetto stile italiano, la discussio-ne nei bar e nelle piazze, ma anche nelle aule della politica, cadeva nel-la solita contrapposizione pro-me-tropolitana, accusati di essere dei devastatori che, a loro volta, accu-savano quelli sfavorevoli al proget-to di essere dei retrogradi contrari al progresso. Ora, nubi di tempesta si addensano contro il Comune di Latina e oltre ai numerosi costi ac-cessori che il progetto rischia di avere, grazie a ricorsi e cause di risarcimento che arrivano per le inadempienze della mancata opera, ecco che arriva una nuova tegola, come segnalato dal quotidiano “La Provincia” e dalla stessa associazio-ne “Metro-Bugia”: un “raggruppa-

mento temporaneo di “imprese e professionisti” composta dalla VIA IGENIERIA srl, la SYSTRA S.A, l’ing. Cimini e l’ing. Panini avanza pretese per quasi 2milioni di euro nei confronti del Comune per esse-re rimasti “improduttivi”. La task force di esperti era stata voluta dall’allora responsabile del proget-to, il dirigente comunale Lorenzo le Donne, che formò la struttura per affi ancarla in alcuni passaggi della progettazione e valutazione. Ora questi associati ricorrono ad un ar-bitrato con il Comune con altissime probabilità di successo e la richiesta è di oltre il doppio del prezzo stabi-lito in precedenza. Sembra che la Metropolitana Leggera a Latina si sia avvalsa di così tanti esperti, pe-riti e consulenti per consentirne la costruzione, mentre la valutazione della fattibilità dell’opera doveva es-sere una sorpresa per le nuove ge-nerazioni. Cosa hanno fatto questi esperti? E perché erano necessari? Dietro la risposta a queste doman-de si nasconde un possibile buco per le casse del Comune (e quindi per tutti noi) di oltre 2milioni di euro e per ora queste, come tante altre domande, nonostante il tanto dibattito, rimangono insolute.

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L’eroe mascheratodi SERGENTE GARCIA

Scacco alla cartella pazza

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La storia delle cartelle pazze di Equitalia, degli indecifrabili e in-comprensibili importi richiesti e so-prattutto della rabbia e, purtroppo in alcuni casi, della disperazione dei cittadini-vittima, denunciata il mese scorso sulla rubrica Zerro, ha trova-to la sua più logica soluzione: c’è chi può darci una mano a capire cosa dobbiamo pagare, ma soprattutto se veramente dobbiamo pagare! Zerro, raggiunto dalla missiva accorata di un cittadino, che proprio non riu-sciva a capacitarsi della persecuzio-ne perpetrata nei suo confronti da Equitalia, ha estratto la sua spada ed ha trovato chi un aiuto concreto in questo campo può davvero dar-lo. E’ l’ADDC, un acronimo che sta semplicemente a signifi care, Asso-ciazione Difesa dei Diritti del Con-tribuente, nata con l’intento di voler tendere una mano a tutti coloro che improvvisamente vengono raggiun-ti da una cartella esattoriale, e non solo, senza capirne il reale motivo. L’ADDC, opera ormai da diversi anni e di cartelle esattoriali pazze ne ha

viste di ogni tipo. Da quella arriva-ta per un errore commesso dall’ente che emette il ruolo di pagamento, a quella che colpisce il contribuen-te nonostante il pagamento del tri-buto sia stato effettuato o a quella imputabile al sistema di controllo automatizzato dell’Agenzia delle Entrate, in fase di liquidazione del-la dichiarazione dei redditi. “I casi che possono presentarsi – spiegano il Dottore Commercialista Stefano Termini e l’Avvocato Pierluigi Di Nunzio (rispettivamente, Presiden-te dell’Associazione e collaboratore esterno ndr), sono tra i più dispa-rati. Di certo una delle cause prin-cipali che generano la famigerata cartella pazza, è però quella legata ai controlli automatizzati che in-crociano i dati delle dichiarazioni dei redditi con quelli presenti sugli F24. Molte volte, di fatto, si tratta di semplici errori formali nella reda-zione del modello, che fanno quindi scaturire un’incongruenza con la dichiarazione e senza un tempestivo intervento, attraverso, ad esempio,

A Latina un’associazione che tutela i contribuenti

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L’associazione di difesa dei diritti del contribuente, na-sce con l’intento di contribui-re alla risoluzione delle varie problematiche che quotidia-namente i contribuenti Priva-ti ed Imprese sono costretti ad affrontare con i vari Enti e con l’agente della riscossione Equitalia Spa.

un’istanza in autotutela, il contri-buente si ritrova una cartella esat-toriale con una sanzione piena del 30%. Ad ogni modo, capita spesso di non sapere come affrontare il problema e di conseguenza l’uni-ca soluzione che si prospetta per il contribuente è quella della sconfi t-ta, tradotta nell’andare di corsa allo sportello di Equitalia e pagare, il tutto per evitare ulteriori interessi e sanzioni. Un atteggiamento asso-lutamente comprensibile, soprattut-to se si pensa a come negli ultimi anni ‘l’esattore per eccellenza’ si sia insinuato nella psicologia della gen-te come una sorta di mostro inattac-cabile quanto invincibile. Eppure i passi da seguire quando arriva un pagamento inaspettato, con tanto si sanzione, sono altri. “L’errore – con-tinuano i professionisti -, è quello di rivolgersi da subito agli sportelli di Equitalia, che ovviamente hanno il solo obiettivo di riscuotere le som-me riportate in cartella. Il contri-buente, invece, soprattutto quando non ha le idee chiare sulla tipologia del tributo, deve rivolgersi all’ente che ha emesso il ruolo . Insomma, le strade da percorrere prima di do-ver pagare, per giunta qualcosa di non dovuto, sono altre”. Strade che però, al singolo cittadino, indaffara-to o magari anziano, o ad un’azienda o impresa, impegnata nella propria attività, possono trasformarsi in un

percorso ad ostacoli, tra burocrazia ed endemica lentezza degli uffi ci pubblici. Per questo è nata l’ADDC. La sua missione è proprio quella di assistere chi si ritrova colpito da una cartella esattoriale che non aveva messo in preventivo. “L’obiet-tivo della associazione - concludono i professionisti -, è quello di dare ai soggetti che lo richiedono una con-sulenza a 360 grandi riguardo le pretese tributarie, siano esse inesi-stenti o non riferibili ai destinatari. Abbiamo già risolto una serie innu-merevoli di controversie che riguar-davano cittadini ed imprese alle prese con Equitalia o con altri sog-getti adibiti alla riscossione, così come abbiamo risolto controversie in commissione tributaria, il tutto attraverso una prima consulenza ed assistenza gratuita per chi decide di associarsi”. Le cartelle pazze e le si-tuazioni debitorie anomale, insom-ma… hanno i giorni contati.

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La Puccia è un nome ed un panetipico di tutto il leccese. Il terminederiva da “pucciddatu”, modificameriodionale del latino tardo“buccellatum”, pane militare,biscotto, dal quale deriva ancheil toscano “buccellatto”. La versione piùgustosa e più in uso ancora oggi èla puccia cu l’aulìe, puccia con le olive,un pane così saporito e soffice chesi usa dire: “maddi comù na puccia”,morbido come una puccia.

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Page 53: Numero Zero aprile

di SANTA PAZIENZA

Prende il nome dalla strada sulla quale si af-faccia il centro sociale culturale per anziani “Vittorio Veneto”. E’ un edificio di ispirazione razionalista che si trova nel cuore di Latina,

proprio di fronte alla storica piazza del Quadrato. Ed entra a pieno titolo nella storia questa palazzina che ci accoglie sventolando un tricolore e una bandiera nerazzurra. Fino agli Sessanta ospitava l’Opera na-zionale maternità e infanzia (Omni), un vero e pro-prio asilo. Molte di quelle persone che da bambine

ArgentoVIVO

Centinaia le persone che frequentano i centri sociali per anziani

Divertimento, sport, culturae incontri con i più giovani

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Il comune di Latina conta dieci centri sociali per anziani. Sono tutti molto attivi e frequenta-ti. Nel centro della città c’e’ il Vittorio Veneto, ma strutture come questa operano anche in altre zone prendendo il nome

della località in cui sorgono: Via Ezio, Borgo Podgora-Borgo Carso, Borgo San Michele, Bor-go Grappa, Borgo Isonzo, Nuo-va Latina (Q4, Q5 – Lestrella), Latina Scalo, Borgo Faiti e Bor-go Bainsizza.

i 10 centri sociali di Latinasono state accudite e educate in questo edifi cio, vi sono tornate da adulte per partecipare alle attivi-tà della sua nuova destinazione. Quando si entra nel centro socia-le lo sguardo viene subito travolto da un brulicare di persone. Sem-bra di entrare in una facoltà uni-versitaria ma di trovarsi di fron-te allievi dai capelli argentei. Un affrettarsi di persone ansiose di raggiungere le aule dei corsi, con un libro in mano o con un tappeti-no per fare ginnastica sottobrac-cio, o di occupare una sedia ai ta-voli da gioco, oppure loro stesse impegnate a insegnare, gestire, organizzare. C’e’ chi passa anche soltanto per salutare gli amici. La struttura conta 1.300 iscritti, una città nella città. E le attività sono numerose e in continua evo-luzione che necessitano dell’impe-gno costante del comitato di ge-stione e dei volontari. Da quindici anni il presidente è Aldo Pastore, 77 anni, ex funzionario di banca. E’ anche presidente dell’Associa-zione nazionale centri sociali per la provincia di Latina alla quale aderiscono 31 centri. Per lui e per la squadra che si occupa dell’am-ministrazione è un vero e proprio lavoro. L’infaticabile Graziella Astolfi è la vice presidente, sosti-

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Le 105 candeline di Bernardo

L’ospite più anziano del cen-tro sociale “Vittorio Veneto” è Bernardo Morazzano. Recente-mente ha festeggiato 105 anni. Ha ricevuto gli auguri dei suoi compagni, ma anche quelli del sindaco. Per anni ha fatto il bi-dello all’istituto per ragionieri e ha vissuto la fondazione del-la città. I suoi racconti vanno oltre quello che c’è scritto nei

libri. Ricorda spesso quando negli anni Trenta in piazza del Quadrato c’erano le baracche degli operai, o quando in piazza del Popolo svettava solo la torre civica e quando un camion ven-ne inghiottito in una voragine nel terreno. E di come ci si af-frettasse affi nché Latina diven-tasse una comunità con tutti i servizi.

tuisce Pastore nelle sue funzioni quando occorre, ma soprattutto si occupa delle iscrizioni, dell’ar-chivio informatizzato, degli even-ti turistici, delle gare di bocce e dei momenti di incontro. La varietà delle iniziative è testi-moniata dai manifesti, volantini ed elenchi delle lezioni affi ssi ad ogni bacheca. Attraversando il primo piano ci sono gli irriduci-bili delle carte. Affollati tavoli da gioco con le fi gure classiche, ma anche con le carte per il bridge e il burraco. Un gruppetto di signo-re in tuta aspetta di entrare nella sala per lo sport, le lezioni si suc-cedono ogni ora. Salendo al piano superiore ci si trova di fronte ad una fornita libreria. Siamo nello spazio cultura, quello dedicato all’Università della terza età, di-retta da Antonietta Tinè. Il mer-coledì dalle 10 alle 11 si studia la Divina Commedia. Ma ci sono anche le lezioni di letteratura ita-liana, storia contemporanea, fi lo-sofi a. Per chi ama la poesia c’e’ un apposito laboratorio. Molte opere sono state raccolte in un libro. E poi si apprendono le lingue euro-pee ed extra europee, come l’ara-bo. All’accademia s’impara a dise-gnare, a dipingere, a fotografare e a fare l’attore. C’è chi ama scri-vere e raccontare il proprio vissu-to. C’e’ la storia nelle loro parole e lo sanno bene le scuole che spes-so accompagnano gli studenti ad incontri con i “nonni” della città. “Quando le cicogne non potavano i bambini” è un volume che racco-glie i racconti legati alla guerra e che viene letto spesso nelle aule scolastiche. La vetrata dell’andro-ne svela anche degli spazi attigui, un giardino e un salone. E’ quello per il ballo che all’occorrenza si presta ad eventi e convegni. Ma la vita del centro sociale non fi -nisce tra le mura dell’edifi cio di via Vittorio Veneto. Passeggiate e gite fanno parte del calendario, così come feste e incontri convi-viali. E come in una vera città c’e’ anche un piccolo pronto soccorso e un’infermieria, dove gli ospiti possono misurare la pressione, farsi medicare anche con iniezio-ni e sottoporsi ad inalazioni. Par-ticolari convenzioni consentono anche visite specialistiche.

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Ha cominciato a lavorare quando aveva 17 anni, Mario Molon (nella foto). Oggi ne ha 73. Davanti ad un tavolo da gioco e tra le bat-tute dei compagni, racconta che ha dovuto smettere di lavorare presto per una paralisi. Aveva 56 anni quando è accaduto. “Facevo il falegname e mi piaceva molto - spiega - Dopo aver lavorato per molto tempo nel palazzo Key come assemblatore di mobili, ho aperto una bottega. Ma la vita ha voluto che fi nissi così ”. Non si compian-ge, però, Mario. Anzi confi da che oltre alle carte la sua passione è il ballo, alla faccia dei suoi impe-dimenti fi sici. Nino, invece, ha 75 anni ed è un ex funzionario delle Poste. Lui, invece, le carte non le abbandona. Buonumore e il piace-re di essersi ritrovate anche per alcune insegnanti. Maria, 69 anni, ama fare ginnastica e vedere mo-stre e spettacoli teatrali. Antoniet-ta, 65 anni, è andata in pensione da un paio di anni e ha ritrovato la collega al centro sociale. Anche lei segue i corsi di ginnastica, ma affi anca anche la pratica dell’in-glese. La 69enne Elisabetta, inve-ce, dopo aver dedicato una vita a crescere i fi gli si è fi nalmente ri-tagliata degli spazi di svago tutti suoi. Ma dopo un’ora di movimen-to è già pronta a scappare per rag-giungere i suoi nipoti.

Alla facciadell’età

Il presidenteAldo Pastore

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TOPOGRAFIAPACHIMETRIAFLUORANGIOGRAFIAESAMI ELETTROFISIOLOGICIORTOTTICACAMPIMETRIA MANUALEE COMPUTERIZZATARETINOGRAFIABIOMETRIAOCT - SLO(TOMOGRAFIA A COERENZA OTTICA)

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È una patologia da sovraccarico funzionale tipica del pallavolista ma soprattutto dei lanciatori di baseball, può colpire però anche atleti praticanti la ginnastica, la pallamano, il tennis, il nuoto, il sollevamento dei pesi.Gli atleti che praticano tali sport, defi niti ‘’overhead’’, sottopongono la spalla a un note-vole stress ogni qual volta l’arto superiore viene a trovarsi nelle fasi estreme di movimento, os-sia quando l’arto supera i 90° di elevazione sul piano scapolare. Questo è il principale motivo che rende questa categoria di sportivi particolar-mente vulnerabili a una varietà d’infortuni quali borsiti, tendiniti, ‘’confl itto scapolo-omerale’’, lesioni della cuffi a dei rotatori, lesioni dell’ancora bicipitale a livello sovraequatoriale, instabilità di spalla e, in rari casi, addirittura danni neurolo-gici periferici, come la trazione acuta del plesso brachiale, la lesione del nervo toracico lungo e l’intrappolamento del soprascapolare(“spalla del pallavolista”).  I microtraumatismi ripetuti dovuti al tipo di atti-vità sportiva determinano alterazioni a carico del labbro glenoideo, una struttura fi bro-cartilaginea che mantiene i rapporti articolari tra l’omero e la scapola, stiramento della capsula, dei legamenti e dei tendini della cuffi a dei rotatori (lesioni SLAP, confl itto postero-interno).Il quadro clinico è dominato dal dolore, quello strumentale il più delle volte è negativo o co-munque di non facile interpretazione.Di conseguenza la diagnosi risulta diffi cile e si fonda su una scrupolosa valutazione anamnesti-ca ed obiettiva.

Si vanno a ricercare dei classici segni di adatta-mento funzionale come l’ipertrofi a dell’arto dominante, il defi cit di intrarotazione, l’aumen-to della rotazione esterna, la diff erenza di forza eccentrica e concentrica, ed infi ne la discinesia scapolo-toracica con protrazione-intrarotazione scapolare e sporgenza del suo angolo postero-mediale. In alcuni casi è infatti diffi cile giungere ad una diagnosi precisa, come nelle SLAP lesions, senza eseguire un’artro RM (Risonanza Magnetica con iniezione intarrticolare di mezzo di contrasto) o un’artroscopia di spalla.Il trattamento iniziale deve essere sempre di tipo conservativo, riposo, ghiaccio, antinfi ammatori sistemici e locali, terapia fi sica e riabilitazione specifi ca. La riabilitazione si basa su un approccio in più fasi progressivo e consequenziale una volta però identifi cate le principali caratteristiche della spal-la dell’atleta da trattare, range di movimento, las-sità capsulare, forza muscolare e propriocezione. Tale programma può essere modifi cato in base al problema specifi co riscontrato alla diagnosi. Il trattamento conservativo mira al controllo del

dolore, al ripristino del corretto equilibrio mu-scolare, allo sviluppo del sistema propriocettivo e dal controllo neuromuscolare. Essenzialmente il trattamento è basato su ginna-stica eccentrica dei muscoli rotatori esterni e lo stretching della capsula posteriore per recuperare il defi cit di intrarotazione, il riequilibrio dei mu-scoli scapolo-toracici per ridurre la protrazione-intrarotazione scapolare.Nella maggior parte dei casi la situazione si risol-ve con il trattamento riabilitativo, il trattamento chirurgico può invece essere indicato nei casi di persistenza della sintomatologia sport-specifi ca.Il trattamento chirurgico è nella stragrande maggioranza dei casi di tipo artroscopico, vol-to naturalmente al ripristino dell’anatomia più normale possibile, con tempi di recupero abba-stanza lunghi e con la probabilità del non totale ritorno all’attività sportiva allo stesso livello pre-intervento.

Bibliografi a:Th e thrower’s shoulder- J.J Christoforetti and M. Car-roll. Current opinion in orthopedics 2005, 16:246-

DOTT. GIANLUCA MARTINISpecialista Ortopedico

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La spalla del pallavolista

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251Current concept In the rehabilitation of the overhe-ad throwing athlete- K.E. Wilk et al. AJSM 2002, vol.30,No.1:136-151Il confl itto postero-interno- M. Maiotti, A. Masini. Tecniche chirurgiche in ortopedia e traumatologia. La spalla dolorosa nello sport. Vol.1 No1: 73-78 CIC edi-zioni internazionaliLesioni sovraequatoriali e spalla dolorosa nell’atleta(SLAP & bicipite). E. Arnaldi, GC. Coari, F. Raff aellini, GB. Vinanti. Tecniche chirurgiche in or-topedia e traumatologia. La spalla dolorosa nello sport. Vol.1 No1: 61-71 CIC edizioni internazionaliEvaluation of impingement syndromes in the overhead throwing athlete- C.M. Jobe et al. Journal of athletic training 2000;35(3):293-299Primal pictures per immagini anatomiche e funzionali

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GUERRASENZA

PIOMBOLa sfi da dei prezzi dei carburanti

per sopravvivere alla crisi e alle acciseBenzinai stremati, automobilisti confusi

di LUCA MORAZZANO e PASQUALE DE ROSA

Da un lato ci sono i prez-zi dei carburanti che salgono continuamen-te, dall’altro le tasche

sempre più vuote dei consumato-ri. Così fare il pieno di benzina è diventata una rara occasione. Non a caso spesso le compagnie petrolifere si lanciano in sconti, offerte e iniziative più o meno convenienti. Inoltre, sono com-parsi piccoli marchi privati, indi-pendenti rispetto alla grande di-stribuzione. La sensazione però è che il nuovo panorama abbia aumentato le incertezze ai clienti già combattuti nel dilemma tra

servito o self service. E soprat-tutto alle prese con la crisi, come i benzinai tra l’altro. Basti pensare che lo scorso anno a Latina il settore carburanti ha registrato tre nuove iscrizio-ni a fronte di ben 12 cessazioni. Come districarsi quindi in que-sta selva di costi, servizi, accise e accidenti? Proviamo a capirci qualcosa con un viaggio a ritro-so nel mondo dei carburanti, dal-la pompa che rifornisce i nostri serbatoi al produttore, passando per lo Stato che ci mette il cari-co e il benzinaio che minaccia lo sciopero.

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Occhi puntatisulle offerteMa quellepiù vicine

Importipiù bassinei distributorifuori città

Innanzitutto diciamo che è tale la frequenza e la varietà di sconti e offerte che redigere un vademe-cum universale per l’automobili-sta è impossibile. Alcune piccole regole da tenere ben presenti per riuscire a fare il pieno risparmiando qualche euro però riusciamo ad estrapolarle. La prima, è quella di tenere sem-pre gli occhi aperti e non lasciar-si trasportare dall’abitudine. Può capitare infatti che il benzinaio vicino a casa, non per sua volon-tà, ma per il prezzo e le promo-zioni imposte dal suo marchio, non si riveli il più conveniente. Occhio però, se decidete di cam-biare distributore seguendo l’o-scillazione dei prezzi esposti, fate in modo che il nuovo rifornitore si trovi sempre in un tragitto a voi abituale, o poco distante, per non correre il rischio di giocarvi tutto il risparmio sul prezzo nel

surplus di percorso necessario a raggiungerlo. Proprio l’atteggia-mento dell’automobilista (o moto-ciclista) attento osservatore delle offerte, è il più temuto dai grandi marchi; lo testimoniano le innu-merevoli campagne di fi delizza-zione messe in campo un po’ da tutte le compagnie. Dalle raccolte punti, alle carte di credito specifi che, sono tutti espedienti per invogliare il clien-te a rifornirsi sempre nello stesso punto vendita, a prescindere dal

prezzo. Ma spesso con poco successo, in-fatti quale automobilista invece di un premio una volta l’anno (e che premio visto che per arrivare a qualcosa di allettante e sostanzio-so dovete mettere benzina quanto un camionista!), non preferirebbe risparmiare qualche euro ad ogni pieno? La seconda regola venuta fuori dal nostro giro di perlustrazione è che fuori dal centro abitato, si possono trovare prezzi più bassi.

I prezzi oscillanoda zona a zona

La rincorsadei piccoli marchi

Self-servicepiù vantaggioso

rispettoal Servito

Da Latina, percorrendo la 156 dei Monti Lepini, infatti, si assiste ad un progressivo abbassamento dei prezzi che può arrivare anche in-torno ai dieci centesimi, in parti-colare nei distributori vicino Sez-ze e Priverno. Meno conveniente il rifornimento sulla Pontina dove i prezzi sono per lo più in linea con quelli della città, se non addi-

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La dura battaglia del comitatoper ridurre la tariffa sui rifi uti

Il Comitato spontaneo dei ben-zinai di Latina, presieduto e rappresentato da Alberto Berti-paglia titolare del distributore GAS AUTO di Via San France-sco, vince dopo tre anni di bat-taglie legali il ricorso contro i prezzi eccessivi e spropositati delle bollette TIA (tariffa igie-ne ambientale) da parte della Latina Ambiente. Inizia tut-to nel 2009 quando i benzinai pontini ricevono bollette TIA con cifre da capogiro. Cartelle esattoriali per la tassa sui rifi u-ti da 20/25.000 mila euro l’anno che metterebbero in diffi col-tà qualsiasi azienda e attività commerciale. Gli esosi importi sono dovuti al calcolo sull’in-tera superfi cie dell’impianto anche se i benzinai producono solo in minima parte rifi uti as-similabili alla nettezza urbana, ma rifi uti speciali con una loro classifi cazione. “Per questo mo-

tivo abbiamo intrapreso questa battaglia e con una sentenza del febbraio scorso della Com-missione tributaria – afferma Bertipaglia - siamo riusciti ad ottenere la drastica riduzio-ne delle bollette, quasi il 90%. Per noi è stata una grandissi-ma vittoria che ci permette di affrontare il nostro lavoro, già diffi cile, in maniera più sere-na”. A livello amministrativo è stato rivisto e modifi cato anche il regolamento della legge, pre-cisamente l’articolo 9, che pre-vede il calcolo per il pagamen-to della TIA non più sull’intera superfi cie dell’impianto, ma ri-proporzionato sui 20 metri qua-drati per ogni erogatore. Un ri-conoscimento signifi cativo per il Comitato spontaneo benzinai di Latina che raccoglie un gran-de risultato dopo anni di dure battaglie sul fronte legale e po-litico.

rittura in crescita avvicinandosi verso Roma. Ci sono poi dei mar-chi più propensi ad operare offer-te e sconti oltre ad applicare un costo medio leggermente più bas-so rispetto agli altri. In partico-lare i nascenti piccoli marchi pri-vati, sono quelli che operano un prezzo al servito più vantaggioso. Se non avete paura di sporcarvi le mani, o quanto meno di contami-narle con l’odore del carburante, vale la pena scegliere il self service che rispetto al servito dello stesso distributore vi aiuta a risparmia-re mediamente dieci centesimi ogni litro di carburante. La quan-tità del carburante immesso nel serbatoio ad ogni rifornimento invece non è infl uente sul rispar-mio. Non esistono infatti ancora sconti come al supermercato che superata una determinata quan-tità di prodotto acquistato sia ha diritto ad uno sconto sull’extra (una sorta di 3x2 per intenderci, che sul carburante potrebbe esse-re un abbassamento del prezzo al litro sopra i trenta litri immessi). L’unica convenienza del pieno set-timanale rispetto al rifornimento giornaliero è quello in termini di tempo speso a fare rifornimento. Purtroppo, la vera e unica certez-za è che periodicamente il prezzo del carburante (sia esso benzina, diesel, gpl o pure metano) regi-stra delle impennate che incidono sui bilanci familiari.

Primo distributore Gas Auto Bertipagliadella provincia di Latina (15/08/1959)

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Sulle pompeil costodi guerree disastri

In ogni litrotassedi vecchiadata

Aumento del prezzo del petrolio in barile e oscillazione dell’euro rispetto al dollaro sono tra le cau-se più gettonate per giustifi care i continui rincari (perché poi non accade l’inverso è ancora un mi-stero). Insieme agli aumenti co-stanti, l’altra certezza del guida-tore è che, sebbene il prezzo della benzina sia arrivato alle stelle, il gestore o il titolare del distribu-tore non sono poi così contenti dei guadagni tanto che spesso proprio i distributori danno vita a scioperi di categoria. Perché il gestore di quel giro assurdo di denaro che sta dietro alla benzina (verde, super, diesel ed ecodiesel di ogni genere e razza compre-si) ricava solo una minima parte che non arriva al venti per cento. Ciò vuol dire che per raggranel-

lare un guadagno che lo ripaghi dei sacrifi ci di un mestiere che lo sottopone agli agenti atmosferici all’aperto e ad orari massacranti, è costretto a vendere quantità di carburante davvero ingenti, con-siderato che con l’incasso deve pure pagarci le spese di gestione della pompa. Buona parte degli introiti inoltre vanno al produtto-re e alla catena di fornitori. Van-no a chi provvede all’estrazione, alla raffi nazione e alla commer-cializzazione del prodotto. Di cer-to le compagnie petrolifere non se la passano male, anzi. Però sommando la loro parte e quella del distributore non arriviamo ancora al totale del prezzo al li-tro. Messo da parte il costo del barile di greggio, aggiunti i costi variabili degli autotrasportatori e il costo dell’autostrada per il trasporto (le autostrade italiane hanno una delle tariffe per chilo-metro più alte in Europa; in molti altri paesi come la Germania la rete autostradale è interamente gratuita e statale) ad incidere per il 70% circa del prezzo, sono le accise statali.

A lievitare e tanto il prezzo del carburante, è lo Stato. Sul prez-zo di ogni litro di benzina sono comprese tasse alcune di vec-chia data, che a leggerle viene quasi da ridere, meno quando si pensa alla tasca: 1,90 lire per la guerra di Abissinia del 1935; 14 lire per la crisi di Suez del 1956; 10 lire per il disastro del Vajont del 1963; 10 lire per l’alluvione di Firenze del 1966; 10 lire per il terremoto del Belice del 1968; 99 lire per il terremoto del Friuli del 1976; 75 lire per il terremoto dell’Irpinia del 1980; 205 lire per la missione in Libano del 1983; 22 lire per la missione in Bosnia del 1996; 0,020 euro per rinnovo contratto autoferrotranvieri nel 2004. In attuazione del Decreto Legge 34/11 per il fi nanziamento della manutenzione e la conser-vazione dei beni culturali, di enti ed istituzioni culturali sono state aggiunte 0,0073 Euro; altri 0,040 Euro per far fronte all’emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011, 0,0089 per far fronte all’alluvione in Liguria ed in To-scana del novembre 2011 e infi -ne 0,112 Euro sul diesel e 0,082 Euro per la benzina in seguito a Disposizioni urgenti per la cre-scita, l’equità e il consolidamen-to dei conti pubblici del governo Monti e 0,02 euro per far fronte al terremoto dell’Emilia del 2012. A quelle statali si aggiungono le tasse regionali visto che dal 1999 anche le Regioni hanno la facoltà di tassare i carburanti. A tutto ciò si aggiunge l’Iva. Secondo il Mi-nistero per lo Sviluppo Economi-co, l’attuale livello delle accise sui prodotti petroliferi è fi ssato dal decreto legislativo 504 del 1995, e le varie vicende storiche cui si è accennato servono solo a spie-gare come si è giunti nel tempo all’attuale livello di imposizione. In pratica i vari governi, in occa-sione di questi eventi straordina-

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L’unico, l’originaleRISTORANTE MESSICANO DELLA PROVINCIA DI LATINAFIGLIO DELLA STORIA

di PINO BRUZZESE

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ri, rincaravano puntualmente le accise sulla benzina per coprirne i costi, ma, anche a emergenza fi nita, non ritornavano mai al li-vello precedente. In ogni modo, oggi le accise non servono a pa-gare le nostre spese passate, ma rappresentano solo un’imposta che lo Stato dispone di prelevare sulla vendita dei prodotti petroli-feri per garantirsi un’entrata cer-ta e consistente. Proprio le accise rappresentano una rendita non da poco per le fi nanze italiane, dal momento che la struttura dei prezzi della benzina è costituita mediamente per il 62,5% da im-poste, di cui appunto il 45,8% da accisa e il 16,7% di Iva. Il restante 37,5% è il cosiddetto prezzo indu-striale, che a sua volta è formato per il 26,5% dal costo della mate-ria prima, per l’1% dalle spese di trasporto, per il 4% dai margini dei gestori e per il 6% dai margi-ni delle compagnie.

Benzinai, una categoriain via di estinzione

“Siamo una categoria in via d’e-stinzione, la situazione è dramma-tica”. Non usa giri di parole il pre-sidente della Figisc (Federazione Italiana Gestori Impianti Stradali Carburanti) Franco Cerasoli della Confcommercio di Latina quando si parla del mestiere dei benzinai. Se fare il benzinaio per alcune ge-nerazioni è stato il sogno di qual-siasi bambino almeno una volta, nella realtà dei fatti le cose non vanno proprio in questo modo. Il guadagno di un benzinaio su quello che è il costo del carburante è irri-sorio. “Il nostro margine medio è di 0.040 millesimi lordi al litro, ma bisogna considerare tutta una se-rie di situazioni che fanno scendere questo margine anche fi no a 0.025 centesimi in base a sconti sul prez-zo alla pompa, carte petrolifere e carta raccolta punti che è un costo per l’azienda, mentre agli occhi del cliente può sembrare un vantaggio e una fi delizzazione. Oggi non esi-ste più il cliente fi dato, la crisi ha accentuato il problema riducendo drasticamente la spesa di consu-mo dell’automobilista che spende il minimo indispensabile per muo-versi”. Un momento veramente diffi cile i benzinai lo hanno vissu-to la scorsa estate quando l’Eni, la compagnia petrolifera dello Stato, ha attuato tutta una serie di scon-ti nel fi ne settimana che ha messo in forte diffi coltà gli altri marchi. “Abbiamo avuto un crollo del 30% durante le promozioni Eni della scorsa estate – ha spiegato Cerasoli - il cliente fi nale ha preso d’assalto

gli impianti di quel marchio e per gli operatori del settore è stata una sorta di mazzata perché queste promozioni estreme inaspriscono la concorrenza tra gestori e assot-tigliano ancora di più i margini di guadagno”. Alle aziende petrolifere interessa poco o nulla delle richie-ste de gestori. L’unica soluzione sa-rebbe rivedere i margini, ma quelli sono fermi al 1989 e intanto i costi e le tasse sui carburanti continua-no ad aumentare. I benzinai porta-no avanti le loro attività con grandi sacrifi ci. “Tanti si salvano con le attività collaterali come il cambio gomme, l’assistenza, il lavaggio della macchina, il bar tabacchi – aggiunge il presidente della Fi-gisc - ma non tutti hanno questa possibilità visto che c’è bisogno di spazi ampi e metrature necessarie per avere questi prodotti aggiunti-vi. Siamo soggiogati dalle compa-gnie petrolifere che pensano solo al loro ritorno economico. Non tutti sanno che quando vengono a scaricarci il gasolio o la benzina, noi paghiamo a vista, con asse-gni circolari o tramite fi deiussioni bancarie e se non hai la liquidità o la disponibilità per farlo il camio-nista non scarica la merce”. Tutte limitazioni e problemi che compli-cano il lavoro di una categoria che opera in un sistema in cui il gestore fi nale è l’anello debole della fi liera. D’altronde il mestiere del benzinaio non rientra più da tempo nelle am-bizioni dei bambini. Forse loro lo avevano capito da un pezzo.

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La Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Padova ha eff ettuato un confronto tra 3 sistemi diete-tici diff usi e conosciuti. Lo studio è durato 40 giorni ed ha coinvolto 30 soggetti, ma-schi e femmine, divisi in 3 gruppi. Ad ogni gruppo è stata assegnato in maniera casuale un sistema dietetico tra i tre presi in anali-si: dieta Mediterranea, dieta a Zona, dieta Tisanoreica.Il primo, evidente dato emerso è stato il drop out (abbandono): il 50% dei soggetti hanno abbandonato la dieta mediterranea, il 40% quella a zona e solo il 20% la dieta Tisanoreica. Durante lo studio è stata valu-tata la composizione corporea dei soggetti coinvolti: il protocollo Tisanoreica è stato quello che ha fatto perdere, in termini si-gnifi cativi, più grasso rispetto agli altri due protocolli. È stata valutata inoltre la per-centuale di massa muscolare, importante in quanto de-terminante il metabolismo basale: anche qui, la Tisanoreica ha fatto perdere meno muscolo rispetto alle altre

diete. I risultati dell’ematochimica per va-lutare la funzione epatica e renale hanno ri-levato che la dieta Tisanoreica non aff atica né reni, né fegato.

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QUELLA SCOSSAAL CUORE

La testimonianza dei volontari latinensi che partirono per l’Irpinia poche ore dopo il devastante terremoto del 1980

I ricordi del vicesindaco Cirilli e dell’avvocato Nascani a capo delle prime spedizioni nelle zone disastrate

di ALBERTO REGGIANI e MARCO TOMEO

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23 novembre 1980 ore 19.34. A Latina molte famiglie consumano gli ultimi scampoli di una dome-nica tipicamente autunnale: in una casa in periferia un gruppo di parenti gioca a carte nel salo-ne, in un appartamento del cen-tro il televisore in bianco e nero è acceso sulla differita della par-tita Juventus - Inter, in un altro di borgo S. Michele si sta appa-recchiando la tavola per la cena. In quasi tutte le chiese è appena terminata la funzione vespertina. Un minuto e tutto s’interrompe: piacentine e fiches si sparpaglia-no sul tavolo verde, la tv perde per un attimo il segnale, piatti e bicchieri oscillano sul davanza-le mentre lampadari e crocefissi ballano sinistramente. Dentro le abitazioni non c’è più nessuno, giocatori e commensali sono tutti fuori in strada, dopo aver raccat-tato il primo indumento pesante trovato sulla via dell’uscita. Una sola parola esce dalle loro bocche, urlata a più riprese a sottolinea-re incredulità e spavento: terre-moto! Gli adulti si angosciano, i bambini sorpresi quasi si diverto-no. La strada è il luogo dove, col passare dei minuti, si attenua la paura ma si comincia a percepi-re che qualcosa di veramente ca-tastrofico è avvenuta in qualche parte non lontana d’Italia. Ci vuo-le la notte per cominciare a de-linearne i drammatici contorni: l’informazione è frammentaria e un po’ confusionaria, i primi te-legiornali non focalizzano bene l’attenzione sul sisma e sul reale epicentro, che viene inizialmente indicato nel paese lucano di Pe-scopagano. Quasi tutti i sismo-grafi d’Italia hanno registrato la scossa, i bollettini dell’Ansa ne riportano fedelmente notizia e ci vogliono ore prima di individua-re nell’alta Irpinia il vertice della terribile scarica sotterranea. Mol-te radio e televisioni di Latina ri-mangono accese fino a tarda not-te in attesa di aggiornamenti, la città si addormenta col tormento-so interrogativo sulla dimensione dell’evento, qualcuno rimane ad-dirittura a dormire in macchina temendo nuovi smottamenti. C’è la sensazione di aver partecipato dalle retrovie ad un gigantesco tamponamento a catena e di non riuscire a vedere dove c’è stato il primo violento impatto. Il giorno dopo comincia ad essere tutto più chiaro, drammaticamente chia-ro. I novanta secondi al decimo

grado della scala Mercalli (6.9 di quella Richter) hanno devastato l’area confinante tra l’Irpinia e il Volture e portato distruzione e morte anche in zone non vicinis-sime all’epicentro, come a Napoli, dove crolla un palazzo a Poggio-reale seppellendo 52 persone, o a Bavano, vicino Potenza, dove viene giù la Chiesa dell’Assunta e 77 persone, di cui 66 bambini, muoiono intrappolati. Le cifre del disastro, in particolar modo il numero dei morti, rimangono per giorni controverse e sono og-getto di speculatorie ricostruzio-ni giornalistiche. Qualche testa-ta spara la previsione di 10.000 morti (in realtà quelli accertati saranno 2.998, con 8.245 feriti e circa 240.000 sfollati). Regnano caos e improvvisazione un po’ su tutto e in particolar modo sulla cosiddetta macchina dei soccor-si, che in pochi giorni denuncia tutta la propria deficitaria orga-nizzazione.

L’Italia ha la sola unica fortuna di avere in quel momento drammati-co il miglior presidente della Re-pubblica della sua storia. Bastano due giorni a Sandro Pertini per denunciare a reti unificate l’inef-

L’invettivadi Pertini

ficienza e i ritardi nell’opera dei soccorsi. Il suo è un discorso for-te, di durissima condanna, pro-nunciato a braccio di ritorno dal suo primo sopralluogo nelle zone terremotate, effettuato nonostan-te il parere contrario delle altre autorità istituzionali: “Sono ap-pena tornato dalle zone delle ca-tastrofe – disse affranto ma senza mezzi termini Pertini – a distanza di 48 ore non erano ancora giunti in quei paesi gli aiuti necessari. Non vi sono stati i soccorsi im-mediati che avrebbero dovuto esserci. I superstiti mi dicevano, noi non abbiamo i mezzi neces-sari per liberare dalle macerie i nostri congiunti. Ricordo di una bambina che mi si è gettata al col-lo dicendo che aveva perduto suo padre, sua madre, i suoi fratelli. Nel 1970 fu varata una legge per le calamità naturali ma ora vengo a sapere che non sono stati attua-ti i regolamenti di queste leggi. Mi chiedo, se questi centri di soc-corso immediato sono stati istitu-iti, perché non hanno funzionato? Vi sono state delle mancanze gra-vi, non vi è dubbio, e quindi chi ha mancato deve essere colpito, così come è stato colpito il prefet-to di Avellino che è stato rimosso giustamente” Infine un appello di solidarietà umana all’intera nazione: “Tutti gli italiani e le italiane devono sentirsi mobilitati per andare in

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soccorso di questi loro fratelli così duramente colpiti da questa sciagura perché il modo miglio-re di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”. Un discorso tra i più accorati che la storia repubblicana ricordi, pieno di in-vettive verso i responsabili della protezione civile (si dimise anche il ministro dell’Interno Rognoni) e volto a sensibilizzare il popolo italiano ad autogestire la catena umanitaria verso le zone disa-strate.In realtà, prima ancora dell’in-citamento presidenziale, da più parti d’Italia gruppi di volontari hanno già raggiunto l’Irpinia con mezzi propri per dare una mano ai soccorritori in divisa. Sono per lo più giovani che non accet-tano di rimanersene con le mani in mano ad osservare a distanza le conseguenze del dramma, ad ascoltare i bollettini funerei sul-le cifre del disastro. Chi può, chi se la sente, chi la scossa l’ha av-vertita nel proprio cuore, prende e parte senza pensarci su e senza sapere esattamente cosa fare.

Il Bradforda TeoraSono passate poche ore da quan-do l’edizione straordinaria del Tg della Rai ha cominciato a tra-smettere le prime, drammatiche, immagini del terremoto che ha colpito l’Irpinia, che un Bradford da nove posti targato LT prende la volta delle zone colpite dal sisma. Al volante del furgoncino, sottrat-to quasi furtivamente al fratello Fabio, c’è Fabrizio Cirilli, attuale vicesindaco di Latina, all’epoca poco più che ventenne. Con lui un altro manipolo di giovani volonta-ri del capoluogo tutti determina-ti e carichi di una gran voglia di rendersi utili, ma del tutto ignari che l’inferno che li attende è peg-giore di quanto abbiano immagi-nato. “Nelle prime ore della mat-tina seguente alla notte del sisma – ricorda oggi Cirilli - decidemmo di partire con dei beni di prima necessità per portare soccorso. Presi quasi di nascosto il furgone di mio fratello e partimmo sen-za una meta ben precisa per la

Campania. Una volta arrivati nei pressi delle zone terremotate la prima cosa che percepimmo era la grande disorganizzazione del-la macchina dei soccorsi: nessu-no aveva notizia precise sui luo-ghi più colpiti né tanto meno su come erano organizzate le squa-dre dell’esercito e dei vigili del fuoco dislocate in zona. Fummo allora indirizzati presso il cen-tro di coordinamento istituito nella caserma dei vigili del fuoco di Poggioreale e fu li che ci die-dero indicazioni per l’Irpinia, ed in particolare per S. Angelo dei Lombardi, che secondo le prime frammentarie notizie che giunge-vano era il centro più colpito”. La piccola spedizione lascia Napoli e si dirige verso l’Irpinia. “Lo sce-nario che si presentava davanti ai nostri occhi man mano che ci addentravamo nella Provincia di Avellino era a dir poco spettrale:

I numeri del disastro

Magnitudo 6,9 RichterDurata della scossa 90 secondiMorti accertati 2.998Feriti 8.245Senza tetto 234.960Comuni danneggiati 688Superfi cie colpita 15.400 KmqSoccorritori oltre 8.000 uomini

Contributi statali per la ricostruzione66 miliardi di euro circa

Costo allo stato per ogni terremotato Irpinia 7.889 euro

Costo allo stato per ogni terremotato L’Aquila 23.718 euro

Dati “Osservatorio sul dopo sisma – Fondazione Mida”

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abitazioni ridotte a cumuli di ma-cerie e strade spaccate da crepe enormi. Arrivati a San Angelo dei Lombardi, notammo subito che sul posto erano già sopraggiunte numerose squadre di soccorso, in primis vigili del fuoco ed eserci-to. Ricevemmo allora ulteriori in-dicazioni per proseguire verso un paese dal quale non erano arriva-te ancora notizie sui danni causa-ti dal sisma. Lungo il tragitto av-vistammo addirittura un vecchio alpino: Raffaele Musto, friulano, reduce del terremoto di Gemona. Era sceso in Irpinia per dare una mano. Lo nominammo nostro ca-pogruppo”. Il paese in questione è Teora, tri-stemente noto per essere uno dei tre paesi con Castelnuovo di Con-za e Conza della Campania, che delimitavano il cosiddetto crate-re, ovvero l’epicentro del sisma, e medaglia d’oro al merito civile per la ricostruzione proprio dopo il tragico sisma del 1980, il più devastante, che cancellò la picco-la cittadina dalla cartina geografi -ca. “Arrivammo in questo piccolo paese che era ormai sera. Lo sce-

nario era devastante, quasi sur-reale. Il silenzio e la desolazione erano gli unici padroni della sce-na. Tra le macerie e la morte c’e-rano solo il nostro Bradford e la nostra incredulità nell’assistere a quel dramma, considerato che né le squadre dell’esercito né quelle dei vigili del fuoco erano giunte sul luogo. Ci rendemmo subito conto di esserci trovati di fronte ad una cosa molto più grande di quello che immaginavamo e so-prattutto, minuto dopo minuto, prendemmo coscienza di un dato di fatto: che in quella piccola fra-zione il sisma probabilmente non aveva risparmiato nessuno. Pro-babilmente, sotto le macerie, non c’erano sopravvissuti”. Le ore successive l’arrivo a Teora, confer-mano purtroppo la sensazione dei solitari soccorritori pontini. Sotto le macerie le persone sono prati-camente tutte morte. “Il giorno seguente arrivarono sul posto una squadra di vigili del fuoco ed una di militari dell’esercito. Era-vamo in pochissimi rispetto alle devastazioni che il terremoto ave-va causato. Iniziammo a scavare

con le mani tra le macerie, senza né pale né altri attrezzi per evita-re ulteriori crolli. Sul posto era-no arrivati anche i parenti delle vittime, per la gran parte prove-nienti dalla Svizzera e dalla Ger-mania, dove erano emigrati. Ci chiedevano di scavare per trova-re i loro cari, ma a guidarci non erano le loro richieste, piuttosto le zone dove più forte si avvertiva l’odore dei corpi senza vita. Ecco, non dimenticherò mai quando emersero dalle macerie i primi corpi. Militari che svenivano alla vista dei cadaveri, grovigli umani di persone che in quegli attimi di terrore e panico si erano strette in un ultimo abbraccio”. Alla fi ne il bilancio delle vittime in quel piccolo e sfortunato paese sarà di 137 persone, molte delle quali estratte dalle macerie proprio dai soccorritori di Latina. A loro il Comune di Teora, confe-rirà un piccolo ma signifi cativo riconoscimento: un attestato di ringraziamento, scritto a mano e anche con qualche errore. In quei momenti, durante quell’e-sperienza, si intrecciano tante storie, qualcuna anche tragicomi-ca, altre di assoluta disorganizza-zione e colpevole responsabilità nell’ambito dei soccorsi. “Furono dieci lunghi giorni. Di notte ci scaldavamo accendendo un fuoco dietro l’altro, ma in quei momenti terribili trovammo anche lo spa-zio per ridere: quando ci chiesero di spegnere il gruppo elettroge-no che avevamo portato con noi, perché assordante e potenzial-mente devastante in quelle zone disastrate per le vibrazioni che emetteva, e quando un pomerig-gio vedemmo barelle e ospedale da campo mobilitarsi, credendo che fossero stati rinvenuti dei superstiti quando invece era un nostro compagno che si era slo-gato una caviglia. Altra cosa che non dimenticherò era lo spreco degli aiuti che arrivavano, tant’è che dormivamo sopra metri di indumenti che continuavano a scaricare presso il nostro presi-dio, e che le pareti del nostro ac-campamento erano fatte di casse d’acqua. Un segno tangibile di come in quei drammatici e tragi-ci eventi, la macchina dei soccor-si e più in generale quella dello Stato, fu a dir poco impreparata”.

L’attestato rilasciatodl Comune di Teora

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La mobilitazione è generale, quel-la di Cirilli e dei suoi compagni non rimane un’azione isolata a Latina. Un’altra ben più nutrita spedizione di giovani, allora poco più che ventenni, parte alla vol-ta delle zone terremotate con due Tir e un pulmino carichi di beni di prima necessità e vestiario. L’ini-ziativa in questo caso è coordina-ta, quasi patrocinata, dall’Istituto Tecnico Commerciale “Vittorio Veneto” di Latina. Ad allestirla, con la premura che la situazio-ne richiede, il professore di edu-cazione fi sica Andrea Nascani, oggi stimato avvocato, insieme al docente di religione Sabatino De Simone. A distanza di 33 anni per l’avvocato Nascani i ricordi di quell’esperienza sono ancora saldamente scolpiti nella memo-ria, e mai probabilmente se ne andranno: “Sentii quella spedi-zione come un dovere – dice oggi Nascani - perché era importante per noi tutti, in particolare per me, attestare la nostra solidarie-tà alle popolazioni delle zone ter-remotate. Ricordo bene che par-timmo una mattina molto presto, a salutarci c’era anche l’allora preside della scuola Francesco D’Erme che si rese partecipe di un gesto molto nobile, si sfi lò il proprio loden costosissimo e me lo consegnò con l’indicazione di darlo a chi aveva più bisogno”. Il torpedone latinense arriva in

Aiuti economici internazionali

USA 70 milioni di dollariGERMANIA OVEST 32 milioni di dollariARABIA SAUDITA 10 milioni di dollariIRAQ 3 milioni di dollariALGERIA 500.000 dollari

Belgio, Francia, Austria, Jugoslavia e Svizzera misero a disposizioni squadre speciali militari e sanitarie, per la ricerca e l’assistenza ospedaliera dei superstiti

La spedizionedel “VittorioVeneto”

tre ore in prossimità delle zone più colpite, si immette sulla Pro-vinciale per l’Irpinia e si ferma al primo paese incontrato sulla sini-stra. Nascani chiede espressamente alla comitiva di cominciare da lì l’opera dei soccorsi: “Scendemmo a San Sossio Baronia, il paese natale del dottor Vito Fabiano, primo medico condotto di Latina e autentico benefattore nei primi anni della bonifi ca, tant’è che in piazza Dante c’è un monumento in sua memoria. Sentii come il dovere morale di ricambiare il bene fatto da questo uomo al suo arrivo a Latina. Arrivati in que-sto paese quando ci videro alcuni abitanti ci vennero incontro, io gli spiegai il motivo della nostra venuta, loro ci ringraziarono di-cendoci però che non dovevamo

lasciargli nulla perché loro era-no stati relativamente fortunati, nei paesini più avanti avrebbero avuto sicuramente più bisogno. Noi riprendemmo la nostra stra-da con la speranza di fermarci a Lioni, il paese più distrutto, non ci fu possibile però perché era stato già istituito un cordone sanitario, ci consigliarono allo-ra di portare i soccorsi a Nusco, un paese poco lontano. Lì, in una grande palestra, scaricam-mo tutto, dopo di che portammo con il pulmino il materiale nelle campagne perché era impossibi-le arrivarci con i mezzi grandi. Dormimmo la notte nei Tir e la mattina dopo ripartimmo. Durò un giorno il nostro intervento, fu una giornata lunga ma indimen-ticabile ”.

ha collaborato Alessandro Zaffarano

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L’INCUBO HA BUSSATO QUI

Le scosse dello scorso anno alle porte di Latina hanno fatto crollare il mito dell’antisismologia pontina

15 Febbraio 2012: trema la Pianura Pontina

Le esperienze terrifi canti come l’Irpi-nia nel 1980, l’Aquila nel 2009 fi no ad arrivare all’ultimo sisma che ha colpito l’Emilia lo scorso anno, sono state percepite come tragedie distan-ti dalla realtà pontina. Un anno fa è cambiato tutto. Alle 21.46 del 15 feb-braio 2012 la terra tremò in tutta la pianura pontina con epicentro nella zona di Tor Tre Ponti. Un terremoto di magnitudo 3.8 che è stato avvertito da tutta la città in ma-niera intensa. Le prime segnalazioni arrivate ai vigili del fuoco di Latina parlavano di un gran boato sentito prima del movimento ondulatorio del terreno, secondi interminabili.

Boati e piccole scosse già otto mesi prima

Nella zona di Tor Tre Ponti alcuni cittadini segnalavano da mesi l’insi-stenza di piccoli “boati” sotterranei. Boati e piccole scosse avvertite solo dalle persone che abitavano e dormi-vano praticamente sopra l’epicentro, individuato a soli 7 km di profondità. Le segnalazioni sono state raccolte con cura maniacale da alcune ragaz-ze, due su tutte: Silvia Centra e Ales-sandra Nocella. Entrambe abitavano proprio nella zona dell’epicentro e quasi quotidianamente annotavano il giorno e l’ora delle piccole scosse. Un diario di bordo partito nel luglio del 2011, ben otto mesi prima della forte sisma del 15 febbraio. Le due ragazze hanno fatto segnalazioni, raccolto testimonianze e cercato di sollecitare l’interesse della pubblica amministrazione. Sollecitazioni ri-maste inascoltate, almeno fi no all’e-vento di febbraio.

La nascita del comitato “Attività sismica Latina”

Il 31 maggio del 2012, Silvia Centra, Alessandra Nocella e altri cittadini di Tor Tre Ponti decidono di fondare

uffi cialmente il comitato per il terre-moto di Latina. Le attività principali del comitato sono quelle di divulga-re le notizie provenienti dall’INGV (l’Istituto nazionale di geofi sica e vulcanologia), dagli studi dei geolo-gi e dall’amministrazione comunale. Oltre al comitato di diffusione esiste un comitato tecnico composto da due geologi: Carlo Perotti e Massimo Amodio.

Le segnalazioni rimaste inascoltate

“Da mesi sentivamo scosse tutti i giorni e tutte le notti. Abbiamo se-gnalato questo agli enti competenti, ma nessuno ci dava credito perché si trattava di piccoli terremoti con ma-gnitudo inferiore ad un grado. Così abbiamo trovato disponibilità al dia-logo solo dopo la fatidica data del 15 febbraio 2012”. Così raccontano la loro esperienza in qualità di osser-vatrici speciali Alessandra Nocella e Silvia Centra. “Dopo la scossa da 3.8 abbiamo spinto affi nché venisse approfondito lo studio nella località dell’epicentro. Dopo tante pressioni, del comitato e dei cittadini, fi nal-mente a fi ne novembre è stato instal-lato un sismografo di profondità nel-la zona di Pantano d’Inferno, vicino Tor Tre Ponti. A questa installazione di profondità – affermano Centra e Nocella del comitato civico – sono se-guite quella di tre sismografi di su-perfi cie utili a monitorare ogni pic-cola scossa o movimento della terra”.

In pochi ricordano che nel 1986, ovvero sei anni dopo il terribile ter-remoto dell’Irpinia, la provincia di Latina fu teatro di una maxi eser-citazione di natura preventiva ver-so le calamità sismiche, coordinata dalla Regione Militare centrale, cioè la struttura territoriale dell’Eser-cito controllante le cinque regioni dell’Italia Centrale. La simulazione, coordinata dal comandante Aldo Calò, immaginò un terremoto del 7° grado della scala Mercalli con epi-centro in Pontecorvo, in provincia di Frosinone, ma con interessamento dei comuni pontini di Fondi, Leno-la e Monte San Biagio. Una scossa in grado di provocare 150 feriti e 2000 senzatetto. L’allarme partì alle 7 di mattina del 26 novembre e vide l’immediato coinvolgimento dell’intera task force di intervento: le prefetture di Latina e Frosinone, le due Province, le Questure, 8 am-ministrazioni comunali. E in più le Unità Sanitarie Locali, i comandi dei Vigili del Fuoco, la Polizia Stradale, i Carabinieri, la Croce Rossa, l’Enel, l’Anas, le FS, la Sip, i radioamatori, la Forestale e naturalmente i volon-tari. A fi ne esercitazione dalla rela-zione del Centro Coordinamento dei Soccorsi emersero cose negative ed altre positive: censurabile fu si-curamente l’affollamento di civili e militari nelle sale delle Prefetture, il coas creato dai radioamatori (non c’era ancora la radiofonia mobile) e l’emarginazione di specialisti dell’e-mergenza come i Vigili del Fuoco. Di buono ci fu la buona distribuzione dei materiali sanitari e alimentari, una delle vere note dolenti del terre-moto dell’Irpinia, quando ci fu uno spreco enorme di viveri, indumenti e fl aconi, e la prontezza negli sposta-menti aerei e nel montare l’ospedale da campo (in soli 26 minuti).

La simulazionedel 1986

Il sismografo installatonella zona

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RISCHIO ZEROSicurezza sul lavoro

La garanzia di lavorare in un ambien-te sicuro non è semplicemente affi data alla sensibilità del datore di lavoro o alla responsabilità di chi è preposto a garantire ambienti salubri e privi di rischi, ma è regolamentata da un’ap-posita e vasta normativa, che prevede sanzioni in caso di inottemperanza. L’insieme dei regolamenti è contenuto nel Testo Unico Sicurezza Lavoro o TUSL, che raccoglie le norme conte-nute nel Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Il testo unico ha riforma-to, riunito e armonizzato, abrogando-le, le disposizioni dettate da numerose precedenti normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavo-ro succedutesi nell’arco di quasi ses-sant’anni, al fi ne di adeguare il corpus normativo all’evolversi della tecnica e del sistema di organizzazione del lavo-ro. Nella Sezione II della suddetta leg-ge è stato introdotto l’obbligo da parte delle aziende di redigere un DVR (Do-cumento di Valutazione del Rischio). Con l’approvazione della Legge di Sta-bilità n. 228/2012 sono stati prorogati i termini per le disposizioni previste dal TUSL, offrendo ancora qualche mese di tempo ai datori di lavoro che occupano fi no a 10 lavoratori per redi-gere il Documento di Valutazione dei Rischi. Pertanto, i datori di lavoro che occupano fi no a 10 lavoratori avranno tempo fi no al 30 giugno 2013 per ela-borare il proprio DVR.

Incendi, ulteriori attività sottoposte a verifi che

Inoltre, con l’entrata in vigore del nuo-vo Regolamento di prevenzione incen-di (D.P.R. 151/2011) sono state intro-dotte sostanziali novità rispetto alla previgente normativa, sia riguardo i procedimenti di prevenzione incen-di, sia riguardo le attività soggette ai controlli da parte dei Comandi provin-ciali del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Pertanto dovranno sottoporsi a

di SANTA PAZIENZA

controlli di prevenzione incendi ulte-riori attività che a tale scopo dovranno fornire un aggiornato Documento di valutazione del Rischio. Il decreto presidenziale 151 prevede che debbano sottoporsi a verifi che sul-la sicurezza antincendio anche ulterio-ri categorie produttive:L’attività 12 - Depositi e/o rivendite di liquidi infi ammabili e/o combusti-bili e/o oli lubrifi canti, diatermici, di quasiasi derivazione, di capacità geo-metrica complessiva superiore a 1 mc. Punto infi ammabilità > 65°C da 1 a 9 mc in cat. A, da 1 a 50 mc in cat. B, > 50 mc in cat.C.Sono stati conglobati i depositi di li-quidi infi ammabili, combustibili e lu-brifi canti (ex 15, 16, 17) a qualsiasi titolo detenuti nello stesso sito di stoc-caggio, fi ssando un unica soglia di as-soggettabilità ad 1 mcL’attività 13 - Impianti fi ssi di distri-buzione carburanti per l’autotrazione, la nautica e l’aereonautica; contenito-ri/distributori rimovibili di carburanti liquidi.a) Impianti di distribuzione carburanti liquidi contenitori distributori rimovi-bili e non, con punto infi ammabilità > 65°C fi no a 9 mc in cat.A, solo liquidi combustibili in cat.B, altri in cat.C.b) Impianti fi ssi di distribuzione car-buranti gassosi e di tipo misto (liquidi e gassosi) e tutti in cat. C. Include le varie tipologie di distributori carbu-ranti per autotrazione di tipo liquido e gassoso (ex 17 e 18) e viene stabilito che i distributori rimovibili sono sog-getti ai controlli indipendentemente dall’ambito di utilizzazione. Previsti controlli contro il rischio di incendi anche per stabilimenti e impianti ove si producono e/o impiegano liquidi infi ammabili (punto di infi ammabilità fi no a 65 °C) con quantitativi globali in ciclo e/o in deposito superiori a 0,5 mc.

Sicurezza, regole e controlliEntro giugno il documento di valutazione dei rischi

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SOTTOZEROLa nota stonata del mese

Nella vicina Aprilia l’ultima bat-taglia elettorale per le elezioni comunali i candidati se la gioca-rono, ovviamente oltre che sui grandi temi, anche sulla promes-sa di rifare immediatamente l’in-tera viabilità comunale, dopo che per anni le manutenzione delle strade non era stata fatta e circo-lare in centro e nelle periferie era diventato pericoloso quasi come a Kabul.A Latina se continua così rischia-mo di fare la stessa fi ne. Il Comu-ne non riesce a garantire la ma-nutenzione delle strade in modo organico, pianifi cato. Succede così che ad ogni peggioramento meteo (leggasi pioggia) l’asfalto che ci sta più a cuore cede come fosse burro. Ecco allora gli in-terventi “tappabuche” a macchia di leopardo, decisamente insuffi -

di MASSIMO SCONFORTO

Se la strada ti dà…buca

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cienti per garantire una tenuta decente della sede stradale. Tran-sitare in auto lungo le strade del centro diventa diffi cile, vi invi-tiamo per esempio a fare un giro intorno e dentro la circonvalla-zione per avere una conferma. Si-tuazione da terzo mondo, spesso, nonostante la cura dell’estetica e dell’arredo urbano debba esse-re una prerogativa fondamentale delle amministrazioni che punta-no su turismo e accoglienza. Una situazione talmente penalizzante che anche su facebook, qualche giorni fa, qualcuno ha preso di mira il Comune pubblicando una vignetta eloquente, una strada piena di buche e il cartello “Ben-venuti a Latina”. Indovinate un po’, con una valanga di “mi piace” a seguire.

Viabilità cittadina ormai al limite della praticabilità

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aderente a

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Il segreto del successo di un Festival è senza dubbio la capacità di attrarre pub-blico e di destare l’interesse diff erenzian-dosi nell’off erta culturale talvolta opaca e asfi ttica di una città.A Latina da 9 anni continua a essere amato e seguito da un folto pubblico, costituito da amanti del cinema e da semplici curiosi, non necessariamente addetti ai lavori, il Festival Pontino del Cortometraggio, nato da un’intuizione vincente della Presidente dell’Associa-zione culturale La Domus, Meri Drigo. L’idea è quella di raccordare in un unico contenitore di prestigio cortometraggi prove-nienti da vari Paesi europei con la capacità di rappresentare parte della realtà e di essere spec-chio di un momento storico.Quello del Festival è un intento puramente rappresentativo e descrittivo di un universo, quello del cortometraggio, in continua evolu-zione. La gente lo ama perché sa che, davanti al gran-de schermo, potrà emozionarsi, ridere, sognare, commuoversi seguendo le storie uscite fuori dalla fantasia degli autori.Latina ospita la kermesse da 9 anni e continua a farlo sempre con la volontà di off rire al suo pubblico la possibilità di un intrattenimento sano e coinvolgente. Meri Drigo non può non essere soddisfatta della sua creatura che inco-mincia a farsi amare anche all’estero, al punto che molti sono i registi stranieri che decidono di sottoporre al giudizio, a volte impietoso, del-la giuria le loro opere.Quest’anno, giunti alla nona edizione, sarà dif-fi cile provare a sorprendere il pubblico del fe-stival, divenuto esigente, abituato a prodotti di qualità e a trovare un giusto connubio tra buon gusto, ricercatezza e stile nei corti proposti. La scommessa, ancora una volta, sarà quella di riuscire a far breccia nei cuori degli spettatori, creando quel fi lo sottile di empatia che lega l’o-pera proiettata e la sala.Anche quest’anno gli organizzatori cercheran-no di regalare serate diverse a tutti coloro che sceglieranno il festival per il loro intrattenimen-to. L’ intento sarà quello di attrarre pubblico e consensi senza perdere in qualità, scendendo a facili compromessi di mercato e di business.I cortometraggi verranno sottoposti al giudi-zio severo di due giurie, una tecnica di qualità, composta da esperti cinefi li ed amanti del gene-re ed una giornalistica che valuterà le potenzia-lità artistiche ed espressive dell’opera.

Sarà come sempre entusiasmante seguire il percorso fatto da un cortometraggio che da un Paese lontano arriva a Latina e si sot-topone al parere di ben due giurie.I vincitori avranno la possibilità di aggiudicarsi i premi in palio e di venir applauditi calorosa-mente dal pubblico in sala. Ci sarà anche la possibilità di vedere assegna-to il premio dal pubblico al corto ritenuto più bello, come quello dal media-partner, oltre ai riconoscimenti assegnati dalla giuria tecnica e da quella giornalistica. Un bel modo insomma per veder premiato il cinema di qualità che nel cortometraggio vede una delle sue espressioni artistiche più riusci-te e di maggiore intensità. Sottovalutati per lunghissimo tempo dalle sale e dalla critica, i cortometraggi stanno vivendo questa stagione del riscatto da circa trent’anni, sin dagli anni ’80, quando vennero rivalutati per consenso e qualità riconosciuta dal pubblico e dalla critica. Da allora sono fi oriti una serie di Festival e Ras-segne proprio per valorizzare l’arte cinemato-grafi ca rappresentata dai cortometraggi. Il Festival Pontino del Cortometraggio si pro-pone proprio di essere una vetrina d’eccezione per lavori provenienti da varie parti del mondo, rappresentativi di culture e universi diversi. Attraverso i più disparati temi aff rontati che vanno dal sociale al sentimentale, al genere d’a-zione a quello di animazione, si riesce a avere uno spaccato dei tempi in cui viviamo. Finisce per aff ezionarsi ad un evento così at-traente e suggestivo che riesce, ogni anno da 9 anni, a convogliare le attenzioni e gli interessi di un pubblico esigente e colto. La scommessa di fare un raccoglitore di storie e di vita di Paesi lontani è dunque riuscita e non ci resta che attendere fi no al 23 giugno per ve-dere, ancora una volta, accendersi i rifl ettori sul grande schermo che accoglierà i cortometraggi anche quest’anno.

Riflettori sui cortiStorie e cinema protagonisti del Festival PontinoIl premio internazionale si ripete a Latina da nove anni

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ZERO POSITIVORubrica medico-scientifi ca

Come ogni anno, a seconda del periodo, che sia primavera, estate o la fi ne delle feste di Natale, mi-lioni di persone cercano di met-tersi a dieta per smaltire i chili accumulati.Il fenomeno, però, è molto più evidente al cambio di stagione. Le temperature man mano diven-tano più miti, ci si spoglia degli indumenti più pesanti e al cambio del guardaroba escono fuori quei centimetri e quei chilogrammi di troppo, ”regalo” dell’inverno appena passato. L’esigenza di al-leggerire il nostro corpo un po’ “ ingoffi to “ ,la “prova bikini” che si avvicina, e i vestiti più leggeri e più scoperti, spingono gran par-te della popolazione, soprattutto femminile, verso una dieta rigo-rosa, bilanciata e, naturalmente, ipocalorica, che porti ad un rin-novamento della propria immagi-ne.Uno studio ha scoperto i quattro motivi principali per cui soltan-to una persona su cinque ce la fa a perdere peso e a mantenere la forma raggiunta a dieta conclu-sa. Le diete falliscono perché in genere tendiamo a sovrastimare l’attività fi sica svolta e le calorie bruciate, e a sottostimare le ca-lorie ingerite. Non teniamo con-to cioè delle calorie assunte con snack e assaggini vari che fac-ciamo senza pensarci durante la giornata. Anche le bibite, spesso consumate con troppa disinvol-tura, sono una fonte calorica non considerata.Inoltre mangiamo ad orari sba-gliati: è importante non saltare mai la colazione e consumarla sempre entro un’ora dal risve-glio. Sarebbe bene mangiare ogni

a cura del dr. GIOVANNI FARINA

Dieta e integratori

3-4 ore, evitando di restare digiu-ni per oltre 5 ore perché questo porta poi ad abbuffarsi.E poi,è importante dormire: è or-mai ampiamente dimostrato che chi dorme meno di 6 ore a not-te mangia di più e consuma più carboidrati, in quanto produce più grielina (l’ormone dell’appeti-to) e più cortisolo (l’ormone dello stress).Accanto a questi piccoli e facili ac-corgimenti è opportuno abbinare, naturalmente, una serie di inte-gratori che intervengono sul me-tabolismo aiutando l’organismo a bruciare i grassi e eliminare i liquidi e le tossine in eccesso. La fi toterapia viene incontro a que-ste esigenze con più di qualche rimedio. Ne citiamo qualcuno: il Fucus , ottimo per aiutare una tiroide un po’ spenta, l’Arancio Amaro che aumenta la termoge-nesi aumentando il metabolismo basale (produrre energia parten-do dai grassi di deposito), Pilosel-la, Ananas e Ortosiphon per fa-vorire il drenaggio. Ci sono, poi, integratori composti già pronti che riassumono le varie esigenze di chi si appresta al dimagrimen-to. Il vostro farmacista di fi ducia saprà consigliarvi il prodotto più adatto, tenendo conto delle vostre esigenze e con la sua competen-za e professionalità, valutare ciò che può essere o non può essere utilizzato caso per caso.Adottando questi accorgimen-ti, sarà molto più facile riuscire nell’intento di dimagrire e man-tenere il peso. Potrete di nuovo indossare quel vestito che vi pia-ceva tanto ma, soprattutto ne be-nefi cerà la vostra salute e, perché no, il vostro buonumore!

I consigli per un’alimentazione equilibrata

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ZERO TITULIRubrica di sport

di MARCO TOMEO

The million dollar baby

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The million dollar baby è una del-le pellicole più belle che il cinema abbia dedicato alla boxe. Racconta la storia di una ragazza che si avvi-cina alla noble art ormai trentenne ma con una forza interiore talmente forte da spazzare via ogni ostacolo nell’ascesa al successo. Resta impresso della bellissima sto-ria che il fi lm racconta, il binomio che nasce tra la sconosciuta ragazza e la boxe, reso indissolubile da una passione incredibile, quella che solo le donne sanno metterci… anche quando devono prendere a pugni la vita. Alessia Mesiano, studentes-sa in lingue e letteratura moderna all’Università di Tor Vergata, ha ap-pena 22 anni, e quella passione per la boxe, la stessa magistralmente interpretata da Hilary Swank nel capolavoro strappalacrime di Clint Eastwood, ha dimostrato di averla dentro da subito, quando tre anni fa ha smesso le scarpette chiodate da atletica leggera per vestire i guan-toni da boxe. “In quel periodo il mio tempo era diviso tra la scuola e gli allenamen-ti di atletica leggera. Volevo essere una penta atleta. Poi il fratello del mio ragazzo ha aperto una palestra e quasi per caso ho iniziato ad al-lenarmi al sacco. E’bastato vera-mente poco per farmi capire che quello era lo sport della mia vita. Uno sport che ha scatenato in me una passione travolgente”. Ed es-sere travolta da una passione ha signifi cato subito duri allenamenti, infortuni e sacrifi ci “Dopo una fase pre-pugilistica di pochi mesi, ho co-minciato a fare sul serio sotto l’egi-da di Maurizio Romano. Con lui ho conosciuto veramente il sacrifi cio degli allenamenti. Tanto per non farmi mancare sin da subito nulla, dopo quattro mesi ci ho rimesso il

naso, ma il sudore, il dolore e la durezza degli allenamenti, invece che piegarmi hanno avuto l’effet-to opposto. Mi sentivo gratifi cata dalle giornate passate in palestra e soprattutto ha iniziato a crescere in me la voglia di salire sul ring e misurarmi contro un avversario”. Il momento di saggiare il quadrato magico per Alessia è arrivato pre-stissimo. “E’ stato il momento del-la defi nitiva consacrazione, della convinzione e dell’amore verso la boxe. Mi aspettavo di essere tesa, di essere vittima dell’emozione, ed invece una volta fi nito di salire la scaletta del ring non ho pensato più a nulla, ma solo a quanto era bello essere sul quel quadrato, ad affrontare un avversario. La paura, la tensione, ogni altra emozione,

Alessia Mesiano promessa della boxe pontina

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Alessiacon il coachMaurizio Romanoe il fi danzatoSimone,a sinistra

Alessia Mesianodurante gli allenamenti

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non mi hanno mai condizionato”. E con una mentalità ed un approccio del genere, i risultati non hanno tardato ad arrivare. Prima classifi -cata al torneo nazionale 2°serie, e seconda ai campionati italiani as-soluti nella categoria pesi leggeri 60 chilogrammi, Alessia Mesiano, è ormai determinata a prendersi gli scenari che contano: quelli che por-tano al titolo italiano assoluto ed alla nazionale azzurra, e quindi alle olimpiadi di Rio de Janeiro. Sulla sua strada la campionessa italiana Romina Marenda, che l’ha sconfi tta nella fi nalissima per il titolo italia-

no lo scorso settembre sul ring di Roseto degli Abruzzi: “La Marenda è un osso duro ed è l’avversaria che più di tutte mi ha messo in diffi col-tà. Tra me e lei c’è un divario anco-ra netto, soprattutto perché lei è da dieci anni che boxa a livello agoni-stico. L’obiettivo che mi sono prefi s-sata è quello di contenderle il titolo e magari giocarmi la possibilità di arrivare in nazionale, il ché mi da-rebbe la possibilità di giocarmi un posto per le olimpiadi, considerato che nei giochi di Londra la boxe femminile è divenuta uffi cialmente disciplina olimpica”.

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TAGLIA ZERORubrica di moda

Qual è il pezzo cult da possede-re a tutti i costi nell’armadio in questa nuova stagione? Quante di voi si tormentano sfogliando riviste, navigando sul web o sem-plicemente stampando il naso su ogni vetrina? Si sa, per le vere fashion victim la moda detta leg-ge e dando uno sguardo alle pro-poste migliori delle nuove colle-zioni la scelta e la ricerca al capo più esclusivo e più “gettonato” è assolutamente indispensabile o meglio vitale! A cominciare dagli accessori quindi borse, scarpe, gioielli ornamentali, mini dress o maxi maglioni, lana tricot, pizzi e merletti, colletti, calzettoni e pa-rigine…e ancora make up & tatooEbbene si, questo è senz’altro il mese nel quale fi nalmente ci li-bereremo di tutte quelle cose che chiamiamo “scomodità invernali” (trench, giacchetti, spolverini, cappotti ecc) lasciando spazio ad abitini leggeri, kaftani, canotte, shorts,e bikini!La stagione della passerella pa-rigina è stata un vero e proprio cataclisma di cambiamenti e me-tamorfosi di cui ancora oggi è diffi cile valutarne la portata! Cha-nel, Dior, Armani Privè, Jean Paul Gaultier hanno pochi caratteri si-mili ma di tutti abiti e accessori sono a dir poco straordinari…Rigorosamente prevista la pre-senza di fi ori, che colorano la pri-mavera con abiti di seta organza e chiffon. Colori iperpigmentati & fl uo, fantasie paradisiache, luci ed effetti d’impatto dai toni satu-ri, per uno style del tutto nuovo, fresco e smagliante.Gli outfi t e le mise di questa sta-gione sono eleganti e raffi nate ma sopratutto molto “impegnative”.

di PATRICIA SAURINI

Welcome back spring

Niente è lasciato al caso: partico-lari e dettagli sono rigorosamen-te in primo piano. Le mise sono, per la maggior parte, cariche di decorazioni in perle, profi li di co-lorati; colme di pietre e diamanti. La maglia è assolutamente tricot, che rende l’outfi t quasi balcanico.Ampie gonne-corolle fatte di pe-tali vengono abbinate ad avvol-genti corpetti e giacchine bon ton, spesso chiuse da cinture in rafi a naturale che ricordano ap-punto i romantici mazzi di fi ori. Contrasti cromatici in primo pia-no esattamente come i drappi e le cascate di ruche che designano i dress-fl ower.Indiscutibilmente leggeri e lu-minosi sono gli abitini da sera, grazie all’impiego di sete taffetà e chiffon alternati a velluti e rica-mi imperiali. Tailleur gonna con giacche dalle spalle imponenti. Make-up, smalto e lip-gloss in perfetta sintonia con la primave-ra alle porte. Godetevi la fashion spring!

Dalle collezioni parigine, le nuove tendenze della moda

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Quella carezza che fa la differenza

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All’istituto «Giuseppe Giuliano» incontri con gli animali e sfi de a scacchi

ZERO IN CONDOTTARubrica su scuola e università

di SANTA PAZIENZA

Un timido sorriso, una dolcezza na-scosta ma che non riesce a venire fuo-ri. Ma basta una carezza o un gesto di gratitudine che le emozioni sgorgano senza indugio. Relazionarsi con le persone nate con delle diverse abilità comporta una certa intensità. E quan-do le si vede accarezzare un affettuoso cagnolone oppure prendersi cura di una pianta, il cuore si stringe di più. E’ una continua scoperta, una cresci-ta per loro e per chi gli sta a fi anco. Ecco perché insegnare agli studen-ti dei corsi di sostegno dell’istituto comprensivo “Giuseppe Giuliano” di Latina è un impegno forte, ma che ap-proda a grandi soddisfazioni sotto il profi lo umano.

La scuola di via Cister-na, diretta da Cheru-bina Ramacci, è attor-niata da alti fusti, ma ci sono anche tanti ar-busti che gli allievi col-tivano. Sono le piante donate dal Corpo Fore-stale, anche comme-stibili come l’alloro, il mirto, il rosmarino e il carrubo. Il contatto con la natu-ra non si ferma ai ve-getali, ma raggiunge l’apice con la pet terapy. La terapia con i cani è

una costante nelle attività dell’istituto e quando arrivano Labrador o Golden Retriever appositamente addestrati o

anche simpatici meticci, diventa una festa. Gli studenti lavano, pettinano, portano a passeggio i loro amici a quattro zampe. Imparano a gestirli di-vertendosi e entrando in empatia con gli animali che ricambiano scodinzo-lando. Un esperto dà loro indicazioni anche su come comportarsi in presen-za di una cane che non si conosce. Il rapporto con gli animali aiuta i ra-gazzi a una più aperta socializzazione contribuendo allo sviluppo armonico della personalità e a vincere le insicu-rezze. In programma anche la cura di

un piccolo animale, come un pocellino d’india o una tartaruga. Emozioni di vita anche al maneggio, dove gli studenti del sostegno incon-trano i cavalli e li montano come dei veri cavalieri. L’ippoterapia purtroppo è sempre più sporadica per le esigue risorse economiche. Come tante altre attività a favore degli alunni con di-sabilità, possibili soltanto con l’aiuto degli sponsor commerciali e della ge-nerosità degli insegnanti e delle fami-glie.Il nuoto, ad esempio, è in convenzio-ne, con un centro sportivo che applica alla scuola un prezzo vantaggioso. C’e’ poi il laboratorio di cucina. Ai fornelli fi n dal mattino quando si prepara il thè per colazione, fi no agli eventi più impegnativi come l’open day quando ai visitatori è stata offerta pizza in abbondanza. Iniziative extracurriculari sono anche i corsi di dama e scacchi e il calcio a 5. Molto attese le gite alla quali par-tecipano tutti gli alunni, come la mini vacanza sulle nevi della Maielletta. E forse quelli sono i momenti in cui ci si sente più vicini ai compagni diversi, anche se le risate e gli abbracci sono ricambiati senza differenze.

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ZERO POSITIVORubrica medico-scientifi ca

Ancora poco conosciute e spes-so sottovalutate, le intolleranze alimentari sono invece una del-le problematiche più diffuse nel mondo occidentale. Molti di voi non sono malati in modo specifi -co, ma soffrono di persistenti di-sagi e disturbi di cui non riesco-no a venire a capo, questo perchè molti possono in realtà soffrire di un’intolleranza alimentare, cioè essere intolleranti ad uno o più di quei cibi che quotidianamente consumano a tavola. Tali perso-ne accusano questi disturbi per anni e anni provando ogni tipo di cura senza poter accorgersi che tutti può dipendere da un certo alimento male accetto dal loro or-ganismo.Stanchezza cronica, cefalea, asma, dermatiti, sovrappeso, me-teorismo, costipazione o diarrea, vertigini, agitazione o depressio-ne, possono essere tutti sintomi di un’intolleranza alimenrtare, vale a dire reazione dell’organi-smo ad alimenti presenti normal-mente nella dieta: cibi comuni, insospettabili, ma che costitui-scono uno stimolo tossico capace di dare luogo a vari e numeri di-sturbi. D’altra parte non è facile scoprire l’alimento a cui si è in-tolleranti tramite il comune buon senso, cioè “appena mangio que-sto cibo sto male, perchè l’effetto dell’intolleranza non è immediato (come lo è invece per le allergie), si cumula nel tempo e non è facil-mente ricollegabile al cibo che lo determina. Quindi la correlazione fra alimento sospetto e disturbo non è così evidente come nelle al-lergie, ma è subdola e diffi cilmen-te identifi cabile, se non con parti-colari metodiche di indagine.

A cura della d.sa ROSARIA NARDOCCI

Le intolleranze alimentari

Molte volte le intolleranze ali-mentari, per il coinvolgimento dell’apparato intestinale, mimano la sindrome del colon irritabile tanto che quest’ultima diagnosi talvolta viene smentita modifi -cando radicalmente la dieta del paziente: eliminando la sostanza “incriminata” si assiste ad una rapida regressione della sinto-matologia. La terapia delle intol-leranze alimentari non si avva-le di risorse farmacologiche (ad eccezione della lattasi in caso di intolleranza al lattosio oggi di-sponibile in forma farmaceutica), ma si basa quasi esclusivamente sull’identifi cazione e l’eliminazio-ne dell’alimento “responsabile”.Dalle intolleranze alimentari si guarisce, seguendo diete ad elimi-nazione associate eventualmente ad un sostegno fi toterapeutico. I programmi alimentari devono essere seguiti da un esperto per valutare le modalità più corrette e quelle che meglio si adeguano anche alle problematiche indivi-duali.

Poco conosciute e spesso sottovalutate da tutti

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Page 91: Numero Zero aprile

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La cooperativa anticrisi

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La crisi attuale che attanaglia l’Eu-ropa è senza dubbio la peggiore dal dopoguerra. L’eccessivo neoliberismo fi nanziario ed un laissez faire generale han-no portato a politiche tese alla più completa deregulation per cui, ad oggi, non si ha il sentore se la crisi sia legata ai meri costi dell’economia globale in senso reale e/o fi nanziario. In buona sostanza, l’industria della fi nanza ha rivestito un ruolo esa-gerato ed, almeno inizialmente, fi n troppo remunerativo, con la conse-guenza che era lecito ritenere che il denaro creasse denaro, tralasciando il concetto più certo che sia il lavoro a creare altro lavoro.Oggi è necessario trovare una solu-zione innovativa per rispondere alle sfi de del mercato globale intossicato dagli strumenti fi nanziari cosiddetti “derivati”.E quindi mai come in questo perio-do di profonda crisi economica delle piccole e medie imprese è necessario rifl ettere sulla possibilità offerta dal-la compartecipazione tra l’imprendi-tore e la forza lavoro. Da sempre la forma più corretta per realizzare questo modello è la coope-rativa, forma societaria “anti-crisi”, al centro delle recenti e numerose consulenze che lo Studio M2B sta

tenendo attraverso incontri con im-prenditori e lavoratori.Questa interessantissima forma so-cietaria, improntata per natura giu-ridica alla aggregazione delle per-sone per un interesse comune, deve essere vista come alternativa alla crisi nella quale sono state coinvolte tutte le realtà aziendali anche le più grandi sul territorio italiano.Altro risvolto non meno importante è la possibilità per la cooperativa, ai sensi dell’articolo 3 della legge 142/2001, di legare la retribuzio-ne all’utile ed alla produttività, cioè prevedere il ristorno che indirizzi il compenso su due voci: quella fi ssa stabilita per tipo di contratto nel re-golamento interno e quella variabile secondo l’apporto del socio allo sco-po mutualistico, seppure nel limite legale massimo del 30%.Proprio in quest’ultimo passaggio si riassume la fi gura del “socio-lavo-ratore co-imprenditore” che l’espe-rienza mutuale racchiude in sé e che rende speciale il rapporto lavoristico già dal regio decreto 1422/1924 per quanto parte della dottrina e giuri-sprudenza cerchi di riattrarlo solo nella fattispecie dell’articolo 2094 del codice civile. In questo ambito vale la pena ram-mentare che l’obiettivo della coope-rativa è la tutela del bene comune che nel caso specifi co coincide pro-prio con l’impresa.La rifl essione fi nale deve prendere le mosse da una più attenta valutazio-ne dello strumento cooperativistico messo a disposizione del cittadino che diventa lavoratore-imprendi-tore. Esso è da considerare, al mo-mento attuale, un valido strumento di lavoro e di ripresa per il piccolo e medio imprenditore in diffi coltà.

*avvocato dello Studio M2B

La crisi e l’apporto di capitale umano all’impresa

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ZENZERORubrica di cucina

di STEFANIA PUSTERLA

Aprile dolce dormire

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Per prima cosa puntiamo la sve-glia la sera prima ma con un volu-me non troppo alto, ci dobbiamo svegliare solo noi, il resto della famiglia lo lasciamo poltrire an-cora un po’, sarà l’odore del caffè a svegliarli.Andiamo dunque in cucina per fare i PANCAKE, le classiche frit-telle che gli americani mangiano ogni mattina, molto dolci e so-stanziose, sono perfette per quel-le colazioni fatte la domenica un po’ a tarda ora che fanno saltare il pranzo, i cosiddetti “brunch”.

INGREDIENTI200 g di farina1 cucchiaino di lievito60 g di zucchero semolato fi ne50 g di burro120 g di latte2 uova

Setacciate la farina con il lievito e poneteli in una ciotola con lo zucchero.In un’altra ciotola unite le uova sbattute, il latte e il burro fuso

fatto freddare.Unite i due composti mescolando con una frusta.Ungete leggermente di burro un padellino antiaderente e, quando è ben caldo, versatevi un piccolo mestolino di impasto per formare un cerchio di circa 7 cm di dia-metro. Non appena si formeranno le bol-le sulla superfi cie giratelo e cuo-cete per un minuto anche da que-sto lato. Cuocete tutti i pancake mettendo quelli pronti uno sopra l’altro per non farli raffreddare.Serviteli accompagnandoli a pia-cere con marmellata, Nutella o, se volete rispettare la ricetta made in USA, con sciroppo d’acero.Possono essere fatti anche con l’aggiunta di frutta fresca diretta-mente nell’impasto.Non ci resta che preparare una vitaminica spremuta di arance e uno schiumoso cappuccino, po-sare il tutto su un bel vassoio capiente e chiamare tutta la fami-glia a rapporto nel lettone!

….ma perche’ non rendere dolce anche il risveglio?

Page 94: Numero Zero aprile

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Page 95: Numero Zero aprile

ZERO CARBONELLARubrica poco seria

Strade dissestate - Continua l’e-mergenza buche sulla rete viaria della città. Dopo il fenomeno dei sinkhole di Tor Tre Ponti, esperti vulcanologi stanno già ispezionan-do Via Villafranca.

Politica 1 - Protesta uffi ciale del consigliere comunale Giorgio De Marchis nei confronti degli organi di stampa; il giorno 28 marzo nes-sun giornale della città ha riportato alcune sue dichiarazioni.

Trasporti pubblici - Incaricato di fare l’articolo sui tempi di percor-renza degli autobus cittadini, il cro-nista di Numero Zero… non è anco-ra tornato a casa.

Cimitero Comunale - Dopo il con-tenzioso in atto per la concessione dei loculi, solo 18 sembrerebbero ri-masti liberi. L’Ipogeo comunica che per le future sepolture è opportuno prenotarsi in anticipo.

Politica 2 - Città nuove – Fibrilla-zione all’interno del movimento

dell’UOMO QUALUNQUE

Numero chiuso al cimitero

04.2013 | NUMERO ZERO | 95

civico di Renata Polverini. Motivo del contendere la poltrona dell’As-sessore Picca. Interdetto il Sindaco Giovanni Di Giorgi: “…Ma Picca è assessore?!”.

Sport - Latina calcio: in caso di mancata promozione in serie B la società è già al lavoro per rinforza-re adeguatamente la squadra per il prossimo campionato che giocherà nella categoria “Amatori”. Avviati i contatti con i seguenti calciatori: Altobelli, D’Amico, Carnevale e Po-licano.

Rifi uti - Il ministro Clini non molla e resta fermo sulla sua decisione di spedire altrove i rifi uti romani. Si comincia seriamente a prendere in considerazione la possibilità di am-mucchiarli sopra gli invasi già esau-riti della discarica di Borgo Montel-lo. Ipotesi confermata dalla gara ad evidenza pubblica del Comune di Latina Comune per l’acquisto di tre macchinari sparaneve per innevare le cime e candidarsi quindi come tappa di Coppa del Mondo di Sci.

Borgo Montello si candida per la coppa del Mondo di sci

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ZERO CULTFilm e libri del mese

di STEFANIA PUSTERLA

Nel segno dell’horrorAd Aprile oltre ad Hitchcock arriva anche Rob Zombie

- Dal 4 aprile è nelle sale HITCHCOCK, il fi lm di Sacha Ger-vasi che racconta di come il genio della suspance ha creato Psycho, l’horror più famoso di tutti i tempi. Il regista è interpretato dal grande Anthony Hopkins e al suo fi anco nei panni di Alma Reville, sua mo-glie, troviamo il premio Oscar He-len Mirren. Gli attori della pellicola sono invece interpretati da Scar-lett Jjohannson e James D’Arcy.

- E’ invece, in arrivo alla fi ne del mese il nuovo fi lm di animazione del grande maestro Hayao Miyaza-ki: KIKI - CONSEGNE A DOMICI-LIO. Kiki, una simpatica e malde-stra strega di 13 anni, arriva nella cittadina di Koriko per svolgere il suo anno di apprendistato. Per guadagnarsi da vivere fa le conse-gne a cavallo della sua scopa. Supe-rate le diffi coltà iniziali, la giovane strega, grazie ai suoi poteri magici e alla conoscenza di persone che la fanno sentire a casa, riesce a ren-dersi indipendente. Ma nella vita, si sa, non tutto fi la sempre liscio e le sorprese sono dietro l’angolo...

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Gli altri titoli del mese

COME UN TUONO, thriller con Ryan Gosling

BIANCA COME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE

commedia con Luca Argentero

LE AVVENTURE DI ZARAFA - GIRAFFA GIRAMONDO

fi lm di animazione

OBLIVION action movie con Tom Cruise

LE AVVENTURE DI TADDEO L’ESPLORATORE fi lm di animazione

CI VEDIAMO DOMANI commedia con Enrico Brignano

LA CITTA’ IDEALEesordio alla regia di Luigi Lo Cascio

SCARY MOVIE 5sequel della saga demenziale

horror

RAZZABASTARDAesordio alla regia di Alessandro

Gassman

IRON MAN 3sequel del famoso eroe

della Marvell

VIAGGIO SOLAdrammatico con la coppia Buy-Accorsi di nuovo insieme dopo

“Le Fate Ignoranti”

LE STREGHE DI SALEMhorror dal delirio visivo

di Rob Zombie

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SPIAGGE EROSEDove il mareha divorato lidi e sabbia

TERREMOTOI racconti dei latinensinell’inferno di maceriein Irpinia

VITA DA CANIVivere la città a quattro zampetra divieti e spazi proibiti

Da Porfiri a PacchiarottiI negozi che hanno fatto

la storia di Latina

SPIAGGE EROSEDove il mareha divorato lidi e sabbia

TERREMOTOI racconti dei latinensinell’inferno di maceriein Irpinia

VITA DA CANIVivere la città a quattro zampetra divieti e spazi proibiti

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