Numero 3 anno XXII novembre 2012

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anno XX II numero GINA PIENA LE RICETTE BETTA

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In questo numero parleremo di rotonde, striscioni, chiesa e molto altro.

Transcript of Numero 3 anno XXII novembre 2012

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annoXXIInumero

3

periodicoindipendentediinformazione,critica,cultura,curiosità,scherziefaceziesucavaionedintorni

Novembre2012

LA POSTAdella

GINA PIENA LE RICETTEdi BETTA

MASSA MASSI

Mà ti- el bàril- da che parte l’èto verto!?

LE DO FACCE DE LA CESA

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Dalla cattiveria-bruttezza

alla Bontà-Bellezza,

la strada è lunga... anche a Cavaion

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periodico indipendente diinformazione, critica, cultura,curiosità, scherzi e faceziesu cavaion e dintorni

AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE DI VERONA IN DATA 23/01 /1974 R.S. 300

direttore responsabile

MAURIZIO DELIBORI

hanno collaborato a questo numero

MATTEO ANTEGHINIIGINO DALLE VEDOVECORRADO MANCINICATIA SIMONE

DANIELA ZANETTI

grafica e impaginazione

ALESSANDRO DELIBORI

la collaborazione èlibera e gratuita

e-mail

vdpcavaion@live. it

made in cavaion veronese (VR)

anno XXI I

numero 3

novembre 201 2

Ritrovare la strada verso la Bellezza-Benessere…

anche a CavaionViviamo oggi in una società della competizione esasperata, che

alimenta la divisione tra vincitori e vinti, facendo nascere

cattiveria, brutture ed infelicità. La nostra natura umana è

duplice, fatta di materia e spirito, di bontà e cattiveria, di

bellezza e bruttezza, in continuo conflitto tra loro. In ogni

individuo ed in ogni luogo della Terra quei sentimenti opposti

sono presenti, e la storia delle persone, delle comunità, della

nazioni altro non è che il confronto dialettico tra quelle forze

che si contrastano e che cercano di prevalere una sull’altra. Se

la cattiveria-bruttezza nasce dal nostro egoismo, in tutti noi c’è

però il desiderio della bontà-bellezza. Nel corso del tempo la

bontà, intesa come gentilezza, empatia, condivisione,

generosità, altruismo, sembra essere diventata un disvalore,

tanto che nella società attuale un malinteso senso della bontà ci

fa pensare che sia sinonimo di debolezza; perfino la parola è un

po’ fuori moda; “quello è un buono”: nella nostra mente il tipo

appare anche meno furbo, o “fiacco”. Ma essere buoni non

significa affatto essere privi di grinta. Al contrario, chi è

autenticamente buono lotta contro l’ ingiustizia e la bruttezza,

ricerca sempre la bellezza, e la bontà diviene allora una strada

molto impegnativa, ma che ci porta alla Bellezza. Buono è chi

sceglie in sé stesso, volta per volta, quel che deve o non deve

fare ed è capace di dire tanti no quando servono.

Partecipazione, cambiamento, generosità, sacrificio,

abnegazione, sono qualità che dobbiamo riscoprire e praticare

nella nostra vita anche se oggi sono poco considerate.

Il bene e la bellezza sono una conquista che si raggiunge con un

certo sacrificio; è logico che spesse volte non ci sentiamo di

conquistarli. Più che stare a lottare con il male/brutto, è il caso

di costruire il bene/bello, a tutti i costi: anche quando ci

sentiamo in difficoltà o in crisi, anche quando nel nostro paese

e territorio sembrano prevalere le brutture. La bellezza

dobbiamo cercarla prima di tutto dentro di noi. Ecco cosa dice

Sant’Agostino della ricerca della bellezza: “Tardi ti amai,

bellezza cosí antica e cosí nuova, tardi ti amai. Sí, perché tu eri

dentro di me e io fuori. Lí ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle

belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi

tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non

esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia

sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità;

diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te,

gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua

pace”. La ricerca del bello nella nostra vita di ogni giorno, ed

anche nella nostra società locale deve divenire una priorità

costante e non rimanere un momento, un episodio breve,

un’emozione che custodiamo solo nel nostro cuore come un

ricordo. Cercare il bello ci porterà al Benessere (da ben –

essere = "stare bene" o "esistere bene"), uno stato

complessivo di buona salute fisica, psichica e mentale che

viene percepito come una condizione di armonia tra uomo e

ambiente, risultato di un processo di adattamento a molteplici

fattori che incidono sullo stile di vita. La ricerca della bellezza-

bontà in quanto ci circonda e in quanto facciamo migliorerà la

qualità di vita e farà nascere la gioia e la serenità dello stare

bene insieme, in comunità. E per chi ha la fortuna di credere, la

fede è un continuo stimolo a ricercare e fare il bene, la

Bellezza, il Benessere.

Maurizio Delibori

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Anni fa avevo seguito, trasmesso dall’allora unico canale televisivo, un documentario su Harlem, il

quartiere di New York noto per essere abitato da persone con scarse disponibilità economiche, da

emarginati. A dispetto di ciò, davanti alle fatiscenti abitazioni erano parcheggiate quelle enormi

automobili americane, probabilmente di seconda o terza mano, ma che, comunque, volevano essere

l’ostentazione di un certo lusso. La voce fuori campo raccontava che la stessa continuava anche dentro le

case, con televisori e frigoriferi di grandi dimensioni perché, così il commentatore, i poveri hanno

bisogno del superfluo.

Tale osservazione, mi portò a riflettere per poi arrivare alla conclusione che non era per niente

strampalata. Infatti, l’ostentazione del possesso di cose al fine di darla ad intendere, attribuendo maggiore

importanza all’apparire, e all’avere, piuttosto che all’essere è un modo di relazionarsi frequente, a

differenti livelli: orizzontalmente, fra singoli individui, fra gruppi; verticalmente, fra detentori di potere e

gli altri. Un esempio di ostentazione verticale del superfluo, che si potrebbe definire specchietto per gli

allocchi, lo abbiamo sotto gli occhi, declinato in vari modi, comunque all’ insegna della tanto inutile

quanto costosa narcisistica esibizione di un malinteso sentimento di orgoglio cavaionese: le rotatorie.

Un lato positivo, diciamolo subito, ce l’hanno: sono servite per dare una collocazione visibile ad alcune

sculture reduci dai “Simposi Internazionali di Scultura del Marmo”.

A proposito, qualcuno si è accorto della 1 1 esima edizione? A Dolcè! (sponsorizzata dal Comune con

4.000 Euro a favore dell’Associazione Culturale Prisma di Cavaion Veronese �.d.A. ).

Nel Comune di Cavaion si contano 5 rotatorie di cui 4 monumentali: ornate talune con uliveti, un’altra

con filari di vite, roseti, cipressi, una, la madre di tutte le rotatorie, ha un boschetto di tigli e persino un

laghetto stile mantovano, cioè con fiori di loto.

Queste rotatorie hanno un costo. Non conoscendolo di tutte mi soffermerò sulle due, delle quali mi è noto

perché pubblicato, dell’una, sul mai abbastanza rimpianto Cavaion Magazine1 e dell’altra, quella di Sega,

su L’Altro Giornale di Agosto 2012 e su L’Arena di Domenica 7 Ottobre 2012.

La prima, quella definita “ellittica” da chi ha scarsa conoscenza della geometria, costò, nel 2006,

363.874,14 Euro (contributo regionale 216.91 1 ,90 Euro, a carico del Comune 146.962,24). Per poterlo

paragonare al costo della seconda è necessario attualizzarlo2 ed arriviamo così a 401 .278,1 1 Euro

(contributo regionale 239.209,07 Euro, a carico del Comune 162.069,03).

La seconda, ovvero l’ultima nata, è costata 420.000,00 Euro. Contributo regionale pari a 250mila Euro,

provinciale 140mila, a carico del Comune, se la matematica, anzi l’aritmetica, non è un’opinione, 30mila

e non 22mila come indicato nell’articolo dell’Arena.

Per due rotatorie sono stati spesi ben 821 .278,1 1 Euro di danaro pubblico, perché, che provenga dalla

Regione, dalla Provincia o dal Comune sempre di denaro pubblico si tratta, di danaro proveniente

dalle tasche dei contribuenti, di tutti quelli che per onestà intellettuale, senso civico o perché

impossibilitati ad evaderle, le tasse le pagano.

A mio parere è del tutto fuori luogo la dichiarazione riportata nell’articolo del quotidiano veronese:

(omissis) All´unanimità i politici (ometto i nomi per, diciamo, pudore), mentre in Italia è viva la

polemica per gli scandali della Regione Lazio, hanno promosso la rotatoria come «esempio di bella

politica, che non spreca i soldi ma li usa a beneficio del territorio» (omissis).

C’è piuttosto da chiedersi perché un Comune così indebitato come il nostro riceva tali cospicui

finanziamenti e non sia piuttosto invitato a risparmiare e ad evitare lo spreco di danaro pubblico (vedi

anche un nuovo campo di calcio).

1 Cavaion Magazine – Bollettino trimestrale di informazione politica; Anno II, nr. 3 (luglio-agosto-settembre)

2 Tassi annui di inflazione rilevati dal sito ufficiale dell’ ISTAT: 2007 – 1 ,7%; 2008 – 3,2%; 2009 – 0,7%; 2010 – 1 ,6%; 201 1 – 2,7%.

UN MASSO- EL SARĬA ANCA MASSA

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Era proprio necessario spendere tutti quei soldi per la realizzazione di rotatorie la cui unica funzione è

quella di snellire il traffico e non di trasformare incroci in complessi monumentali?

Si potrebbe comprendere un certo tipo di abbellimento estetico in contesti particolari, non certo per una

rotatoria che, come quella di Sega, è periferica rispetto al paese e serve innanzitutto per rendere più fluido

il traffico quotidiano di veicoli pesanti, commerciali e, comunque, di persone la cui attività si svolge in

quell’area o che deve di lì transitare per raggiungere il posto di lavoro.

Speriamo che i fiorellini non crescano troppo, altrimenti stenderanno una coltre colorata sulla preziosa

opera scultorea, sottraendola all’ammirazione di tutti.

L’altra, sempre a Sega, è intelligentemente funzionale,

ingentilita da una stele marmorea centrale, opera, se

non ricordo male, di uno scultore giapponese. E’ un

esempio del principio less is more (il di meno è di

più), un esempio di essenzialità da giardino di pietra

della tradizione zen. Scommetto che per questa non è

stata messa in scena una cerimoniosa inaugurazione.

Personalmente la reputo molto più bella della nuova,

dove si è voluto mettere dentro di tutto: cipressi, ulivi,

masso erratico, scultura, muretto a secco con cespuglietti, fiorellini vari: sembra un bazar al quale fa da

amplificatore tutta una serie di commenti dal tono propagandistico: il masso erratico che, secondo il

primo cittadino di Sega “trasuda storia e lavoro della gente di questi luoghi”. Più che altro il masso ci

rimanda al ghiacciaio, all’anfiteatro morenico, e, perché no, al laghetto di Ca’ Nova.

Un masso. . el saria anca massa

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“La scritta «Sega di Cavaion» scolpita su pietra locale dallo scultore Matteo Cavaioni”. Non

immaginavo ci fosse bisogno di uno scultore (non è lavoro da scalpellini?) per incidere, suppongo con un

pantografo, una scritta su un blocco di pietra. Michelangelo…cosa era costui?

E poi, “tutti hanno cuore che anche Sega venga valorizzata” (Sabaini), senza contare il famoso mantra

del “tocco turistico” sottolineato dal Sindaco di Cavaion.

Adesso gli abitanti che chiedevano “non solo sicurezza stradale, ma anche un po’ di bellezza e cura”

quando vorranno passeggiare per Sega faranno una puntatina sulla rotatoria e, magari, si porteranno

dietro una seggiola pieghevole e si piazzeranno all’ombra di un ulivo e trascorreranno momenti rilassanti

leggendo un bel libro o lavorando all’uncinetto.

Giusto per essere propositivi, se si può esserlo a posteriori, io, l’avrei concepita più o meno così, magari

non con prato erboso, ma con ghiaino dai colori che richiamassero quello del masso, spendendo

sicuramente di meno per la realizzazione e, in seguito, per la manutenzione.

Anzi, avrei addirittura usato la scultura, già in loco, e collocato il masso, accompagnato da una targa che

ne spieghi l’origine, in una zona di verde pubblico: avete presente giardinetti, un parco, se pur di

dimensioni contenute, con qualche alberello ombroso (per favore niente ulivi! ), qualche panchina? Ne

avete visto da queste parti? Sulle rotatorie, sulle rotatorie!

Per l’altra, faraonica, il discorso non è molto diverso, non è che chi, arrivando da Nord, da Affi, una volta

percorsa la rotatoria sbocchi in un viale alberato che conduca alla piazza centrale del paese. No, la strada

continua, incontra un’altra rotatoria, quella della torre tortile, con i filari di vite marcati da roseti, e, di là,

ha tre alternative: proseguire diritto e portarsi sulla bretella oppure raggiungere Pastrengo Bussolengo,

Verona; svoltare a destra per andare a Lazise, Peschiera o Bardolino; svoltare a sinistra per recarsi

all’EuroSpin o a Rio Valli.

Imboccare via Fracastoro è pura casualità. E poi, anche se uno ci capita, non è che possa esclamare: che

bello Cavaion! ! ! ! ! ! ! ! ! !

Ma, dove è Cavaion? E’ in alto, la piazza, l’agorà è in alto, è quella della Chiesa. Cavaion sono le

stradine del paese, sono gli intròl, è la Piasola, Cavaion è il Ghetto (escluse le brutture costruite lì

vicino), Cavaion è, anzi era, il percorso della salute, con i resti della Bastìa, Cavaion poteva essere il

Laghetto di Cà �ova con annesso museo.

Ma torniamo alla rotonda “ellittica”: a parte il costo iniziale, i 364mila Euro del 2006, quanto costa la

sua manutenzione? Ci sono, oltre alla solita scultura, 6 tigli, 3 ulivi, 3 cipressi, il laghetto con ninfee e

fontana, quindi anche consumo di acqua, di energia elettrica per fa funzionare la pompa e, ovviamente, il

prato da falciare. Dimenticavo, sulla curva Nord, sopraelevata rispetto al piano stradale, con siepi in

bosso è stato scritto, in grande, il nome del paese: CAVAION.

Un masso. . el saria anca massa

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Ora, spendiamo 420mila Euro per la nuova rotatoria di Sega ma non disponiamo di qualche spicciolo per

sostituire i cespuglietti di bosso seccatisi, cosicché quasi tutte le lettere sembrano rosicchiate da topi.

Anche la rotatoria “ellittica” fu inaugurata in pompa magna, era il tempo del gemellaggio con BadAibling

, e per lei furono spesi fiumi di esilaranti parole, persino in Chiesa! E anche per questa il solito mantra del

turismo: della vocazione turistica del paese.

Per favore siamo seri! Che cosa può offrire Cavaion ad un turista che voglia trascorrervi qualche giorno:

niente! A Cavaion si viene, al massimo, per dormire e poi si va da qualche altra parte.

Ma, torniamo, alla madre di tutte le rotatorie (“la più bella rotatoria mai vista”3) che, se ve lo siete

dimenticati, parlava anche. Qui di seguito un brano del suo intervento sul già citato numero di Cavaion

Magazine:

“…Sta di fatto che dirigo il traffico egregiamente, lo sento da tutti quelli che risalgono dalla zona

industriale che ora non sono più costretti a lunghe code per arrivare in tempo al loro sudato pranzo. Per

non parlare poi di quelli, tra loro anche tanti turisti, che arrivano dall’autostrada e, vedendomi si

fermano estasiati e pensano di essere in paradiso. Alcuni non proseguono per il lago ma prendono pianta

stabile a Cavaion, e tutto questo per merito mio! …” 4

Firmato: l’ellisse sociale.

Mentre aspetto, sicuramente invano, che il Sindaco ci dica quanto il Comune spende per la manutenzione

delle prestigiose 5 rotatorie cavaionesi ricordo ai concittadini che tali costi sono, ovviamente, sostenuti da

noi: sono impropriamente inseriti nella TARSU (Tassa sui Rifiuti Solidi Urbani).

Ho incontrato un vecchio, un po’ male in arnese, canticchiava;

“Cerco un centro di gravità permanente……… . .”

Era Cavaion.

Paese a vocazione turistica

Via Belvedere

Adriana Bozzetto

Ottobre MMXII

3 Si legga l’ intervento del Sindaco Lorenzo Sartori sul già citato numero di Cavaion Magazine4 Le agenzie immobiliari a lato della rotatoria gliene saranno profondamente grate.

Un masso. . el saria anca massa

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ART I� WOOD (letteralmente arte nel bosco) è un progetto nato da un’idea di Maurizio Molinari,

cavaionese trapiantato presso l’Appennino Modenese: si ispira alla famosa Land Art di siti come Arte

Sella dove si creano nel paesaggio delle opere “fabbricate” con materiali poveri e rigorosamente naturali.

Molinari ha convinto un gruppo di artisti e scultori provenienti dalla Spagna a cimentarsi in questa

iniziativa che si è tenuta presso il Museo del Castagno, vicino a Zocca.

Ci aveva informati di quest’ idea ancora prima dell’estate, e la data sembrava lontanissima… e invece

siamo già al 22 settembre, e ci troviamo davanti al municipio di Cavaion per partire insieme con tre auto,

un gruppo di allegri viaggiatori pronti alla prospettiva di una gita spensierata.

Igino suggerisce una visita al Museo dell’Aceto Balsamico di Spilamberto, quindi la prima tappa è già

prevista… e si rivela un’esperienza decisamente interessante perché questo prodotto non è solo una

costosa prelibatezza gastronomica, ma un’arte, una filosofia, addirittura un mondo a sè.

Ci siamo accordati poi per visitare le meraviglie della biblioteca di Vignola (patria delle famose ciliegie):

ma il problema, che si verificherà più volte anche dopo, nel resto del viaggio, è trovare il posto! Già in

partenza abbiamo detto: “Niente paura, abbiamo il TOM TOM! Siamo sicuri di arrivare alla meta senza

preoccupazioni ! “ (sembra facile, diceva un secolo fa l’omino della Bialetti… ma la cronaca è piena di

incredibili episodi di Tir incastrati in stradine di montagna raggiunte grazie alle indicazioni dei

satellitari…)

Comunque, dopo una piacevole passeggiata raggiungiamo la destinazione e dobbiamo convenire che ne

valeva veramente la pena: la Biblioteca di Vignola è una

realtà straordinaria, perlomeno per noi che siamo abituati alle

piccole strutture della nostra zona. Intanto questo è un grande

edificio, costruito su due livelli, con un progetto avveniristico

che fa pensare ad un’enorme astronave della cultura planata

in mezzo a un giardino. Poi gli ambienti interni, forniti di

immense scaffalature, permettono di trovare, grazie a una

rigorosa classificazione (Dewey) tutti i libri e le pubblicazioni

possibili e immaginabili; ci sono inoltre salette di lettura con

poltrone, lampade, tavoli; postazioni computer, video ecc.

Scattiamo proditoriamente qualche foto per ricordarci bene di questo luogo ed essere sicuri di non averlo

sognato, poi visto che è arrivata l’ora di pranzo, ci sistemiamo nel parco pubblico lì accanto per uno

spuntino ricco di prodotti tipici cavaionesi (panetini del Messetti, salame del Mascanzoni, vino del

Righetti, fogassa della Sandra… però cetriolini dell’Orvea).

Poi finalmente ci dirigiamo alla nostra

meta finale, Zocca. Questo è un paese

noto soprattutto per essere la patria del

Vasco nazionale: infatti su tutti i cartelli

stradali (e non) si vedono scritte e

dichiarazione di affetto per il famoso

rocker.

Ma Zocca è anche il posto dove esiste il

Museo del Castagno, una piccola struttura

in mezzo ai boschi gestito da

un’associazione di entusiasti volontari,

che cerca di far conoscere le bellezze e le

caratteristiche di questa zona.

Per arrivare a destinazione, in mezzo alle

splendide colline dell’Appennino

modenese, dobbiamo fare i conti ancora

col nostro famigerato TOM TOM.

CRONACA DI UN’AVVENTURAVISSUTA FRA LE COLLINE MODENESILLee mmeerraavviigglliiee ddeell TTOOMMTTOOMM

Da questa esperienza abbiamo capito che per arrivare

in modo soddisfacente ad una qualsiasi meta

è necessario disporre di:

- un TOM TOM aggiornato

(sempre più difficile da ottenere perché le rotonde e le

tangenziali sembra che nascano come i funghi da un giorno

all’altro nonostante la crisi)

- una cara, vecchia, antica, carta geografica

che può sempre essere utile nonostante oggi sia ritenuta

obsoleta

- un “navigatore” (nel senso di persona fisica) a fianco

dell’autista, in grado di sorvegliare le sue mosse e intervenire

tempestivamente in caso di errore di rotta

per ultimo elemento, ma solo in casi disperati, la classica

richiesta di informazioni al passante: si corre molto spesso il

rischio di incocciare fatalmente nell’unico non-abitante-della-

zona-che-è-lì-per-caso e che quindi non è in grado di aiutarci.

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Abbiamo scoperto che le splendide colline

modenesi sono assolutamente uguali (per chi non

le conosce, naturalmente! ) proprio come ci

appaiono i giapponesi o i cinesi. Con la

conseguenza che è facilissimo perdersi… non

avevamo dubbi!

Nonostante tutte le peripezie arriviamo al B&B

dove abbiamo prenotato per la notte e

raggiungiamo (ormai è pomeriggio tardi) l’ostello

presso il Museo del Castagno dove sono alloggiati

gli artisti provenienti dalla Spagna (ma sono di

varie nazionalità) che hanno accettato la sfida di

lavorare alla “costruzione” delle installazioni nel

bosco.

Il capofila è Stefano Dalle Vedove, figlio di Igino,

che ha scelto di seguire la sua strada artistica, in

particolare la sua vocazione per la scultura,

frequentando una scuola d’arte in Spagna.

Seguiamo allora il percorso nel bosco destinato a

queste opere ma non capiamo bene dapprincipio

quali sono le opere e quali gli scarti di

lavorazione, anche perché c’è una discreta

confusione “sul campo”; si sprecano le battute su

che caratteristiche deve avere una installazione

per essere definita tale: qualcuno si spinge a

considerare in questo senso una poltrona sbiadita e

abbandonata su un palchetto, il cui titolo potrebbe

essere: “l’attesa”.

Chissà se l’ idea funzionerebbe… intanto ci

prepariamo alla cena, che viene consumata nella

sala dell’ostello, come da tradizione accanto al

camino acceso (non c’è il caldo del nostro Garda

quassù) fra chiacchiere, goti, frizzi lazzi e musica.

Più tardi riusciamo miracolosamente, e nonostante

il satellitare, a tornare alla nostra base, una

piacevole antica dimora restaurata, dove la notte

trascorre (quasi) tranquilla. E la mattina la nostra

gentile padrona di casa ci offre un’opulenta,

magnifica colazione che ben ci predispone alla

giornata. Decidiamo quindi di fare quattro passi e

arriviamo al suggestivo santuario della Beata

Vergine di Verucchia per poi tornare al monte S.

Giacomo e assaggiare finalmente le specialità

gastronomiche locali.

Solo per il “borlengo” il viaggio varrebbe la

pena… per non parlare dei “ciaci” e delle

“crescentine”… delizie semplici ma veramente

straordinarie! (e l’accompagnamento dell’ottimo

vino Righetti produce una sempre più crescente

euforia…)

Nel primo pomeriggio è prevista l’ inaugurazione

ufficiale, quindi torniamo nel piazzale dove

arrivano le autorità: il sindaco, e l’assessore alla

cultura. Con loro Maurizio e Chiara spiegano

come è nata l’ iniziativa e confessano la speranza

che si ripeta nei prossimi anni; poi Stefano illustra

il progetto nella sua effettiva struttura e presenta il

gruppo degli artisti, che vengono poi premiati con

delle targhe.

Durante la “cerimonia” mi giro: Igino fa finta di

asciugarsi una lacrimuccia, ma è evidente che lo

fa per nascondere la commozione vera e il

legittimo orgoglio…

Finalmente ci inoltriamo nel percorso

completato… Ed è una sorpresa dietro l’altra!

Nessuna traccia della confusione di ieri!

Miracolosamente “tutte le caselline sono andate al

loro posto” e tutto ha un profondo significato,

anzi molti! Il pubblico presente è sempre più folto

e rapito dagli affascinanti messaggi che gli artisti

hanno affidato al bosco e alla natura, alla ricerca

di un tramite per vivere più efficacemente un

cammino da “uomini naturali”.

Grazie a questo meraviglioso, eccentrico, solidale,

onirico gruppo di artisti che ci ha permesso di

immergerci per un giorno in un’esperienza così

suggestiva!

I sentieri del Moscal e del S. Michele aspettano

adesso la loro land art…

Daniela Zanetti

Le meraviglie del TOMTOM

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Questa rubrica è aperta al pubblico e tutti

potranno mandare indicazioni, soluzioni, o

anche fare delle domande cui nessuno ha mai

saputo rispondere. Nei numeri successivi

forniremo agli interessati una risposta.

Scrivete quindi le vostre richieste a:

"LA POSTA DELLA GINA PIENA"

(vdpcavaion@live. it)

LA POSTAdella

GINA PIENAGentilissima Gina,

Sono un vecchio signore in pensione, e appena

finita la mia vita lavorativa, ho pensato di

investire il frutto del mio lavoro in una casetta

bifamigliare in località Pezze di Cavaion. Tutto

incominciò una domenica di ottobre del 1999, io e

mia moglie, usciti dalla superstrada e passato il

ponte, ci troviamo davanti a un gigantesco cartello

con su scritto “CAVAIO� A SPASSO TRA

VIG�E E LAGO”. Superata la curva appare

davanti a noi un paese incantevole, bello, disteso

sul pendio del monte San Michele; la chiesa

domina tutto intorno e le case, ben distribuite sul

crinale, sono avvolte dal grigioverde degli ulivi ed

illuminate dalle foglie rosse e gialle dei filari delle

vigne. Alle sue spalle, il contorno delle rocce

bianche ed il verde scuro del Moscal, rubano la

scena al Monte Baldo che si intravede in

lontananza un po’ annoiato ed offuscato da una

timida nebbiolina autunnale. Siamo rimasti

estasiati, è stato proprio il classico “colpo di

fulmine”. Quando ci siamo accorti che in 10

minuti potevi andare sia sul lago di Garda che sul

Baldo, abbiamo deciso che questo sarebbe stato il

paese in cui sognavamo di invecchiare. Purtroppo

il nostro innamoramento è durato poco, nel giro di

pochi anni il nostro territorio ha subito un

saccheggio dissennato. Tutti quelli che avevano

un pezzo di terra, lusingati da facili guadagni,

l’hanno venduta ad imprese senza scrupoli, e con

il contributo di amministratori mediocri che non

pensavano minimamente al futuro del paese ma al

profitto ed al prestigio personale, ora siamo qua a

piangerci addosso, pieni di debiti e con il futuro

dei nostri figli compromesso irrimediabilmente.

Giovedì 27 settembre ho assistito all’assemblea

pubblica organizzata dalla minoranza Progetto

Paese, e sposando in pieno le parole di un

cittadino presente, ritengo che pur apprezzabile il

loro sforzo sia insufficiente. Atteggiamento

rassegnato nel sostenere le varie tesi, utilizzo di

strumenti insufficienti per coinvolgere la

popolazione, e mancanza totale di grinta e di

passione, o se c’era, io non l’ho avvertita. Una

minoranza per diventare maggioranza deve

lavorare al doppio non la metà, deve dimostrare di

avere le “Palle” vere e non di “gomma”. L’unica

cosa che ci accomuna entrambi, è aver scoperto

che da almeno 5 anni le scritte, sul famoso

cartello all’entrata del paese sono sparite, e ora è

sparito perfino il cartello. La natura

vergognandosi di noi ha pensato bene di far

sparire questa presa per “Il Lato B” un po’ alla

volta. Qualcuno ha detto che un popolo ha gli

amministratori che si merita, se va avanti cosi

chiedo l’asilo politico al comune di Affi.

Domenica 30 Settembre uscendo da messa delle

1 1 .00 sento bisbigliare tra la gente che, durante la

notte, il paese è stato “Invaso da striscioni di

natura equivoca” con scritte che mettevano in

cattiva luce la nostra amministrazione: in via

Berengario c’era: SMETTETE DI FARCI LA

CORTE; sui ruderi del “Borgo del Sole”, coperti

dalla vegetazione, c’era: SALVAGUARDIAMO

I �OSTRI BE�I CULTURALI; in Piazza della

Chiesa c’era: CAVAIO� A SPASSO TRA GRU

E CEME�TO; e all’entrata sud del paese c’era

una ESSE davanti a Cavaion per correggere

l’errore sulla scritta e testimoniare le vere origini

del nostro paese, come ci dicono gli archivi storici

(popolo di scavatori), SCAVAGIO�E. Tra me e

me ho pensato, ma guarda anche il resto della

minoranza (Sabaini\Duello) in quota Bunga

Bunga invece di fare come in tutti i consigli

comunali, la minoranza della maggioranza, presi

da un scatto di orgoglio hanno voluto testimoniare

la loro vicinanza agli amici del Progetto Paese

(Righetti\Tramonte\Mancini). Hanno voluto

testimoniare molto civilmente il loro grido di

protesta con dei semplici ed ecologici striscioni.

Non come quel pazzo scatenato che qualche anno

fa, essendo sprovvisto di cellulare, lasciava qua e

la messaggi di “stima e di affetto” ad un noto

assessore di quel tempo, imbrattando di vernice il

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La Posta della Gina Pienamunicipio, la chiesa, e qualche altra casa.

Confesso che quella notte non riuscivo a prendere

sonno dalla gioia, finalmente qualcuno prendeva

la propria coscienza in mano e decideva di

rispettare gli impegni presi con i propri elettori.

La mattina seguente vedendo l’operaio del

Comune che in fretta e furia toglieva gli striscioni,

dopo che li avevano già visti tutti quanti, scopro

che mi ero sbagliato di grosso, nessuno di quelli

succitati aveva fatto cose del genere, per loro le

cose vanno bene così. La triste notizia fu subito

scacciata dal pensiero che gli autori di questa

PROVOCAZIONE non erano i soliti noti, ma

erano persone nuove, diverse, essi davano voce

all’ indignazione di tanti SUDDITI Cavaionesi che

condividono le proteste ma non vogliono metterci

la faccia. ERA ORA CHE QUALCU�O

ALZASSE LA TESTA!!!

Chiunque voi siate: Io in cantina ho un rotolo di

stoffa di 85 metri, doppia altezza, occhio croce

potrebbero essere fatti 35 striscioni. Cosa ne dite

se sotto le feste facciamo “gli auguri” a tutti e

incartiamo il paese per benino! ! ?

Cordialmente saluto Gregoretti Ugo.

La Gina Piena risponde:Caro Ugo,capisso la tua disperassione, per questo

“innamoramento” non corrisposto, ma siccome

me fiol el gà da ristutturarse la casa, ho pensà che

nò l’è miga el caso che te diga cosa penso.

Comunque tè rispondo citando un anedoto che me

contava sempre me nono quando sera ancora

zoena, e chè el mè restà impresso. En giorno tutta

contenta e innamorata del me Bepi, go dito:

«�ono!!! gò avù en colpo dè fulmine. . . doman me

sposo!!!» E me nono èl mà risposto: «Aspeta

n’atimo… sa ela tutta stà pressia? tè l’è appena

conossuo!» No ghè stà gnente da far… l’amor le

orbo caro Ugo.. . e sèrte robe, anca se iè grosse,

quando tè sé inamorà nò te le vede miga.

«Comunque Gina ricordete sempre - el m’ha dito

me nono - che el matrimonio l’è come “en Baril

de mel e merda” subito te scomesie con el mel ma

man man che te ve en zò, prima o dopo tè cate

anca la “merda”». Vedeto Ugo, ti te sere inamorà

de Cavaion e mi de mé marì, el Bepi, e tutti dù

semo restè freghè. Probabilmente gavea reson me

nono, tutti dù avemo verto el baril... da la parte

roersa!! !

Tè mando èn strucon… Gina

�.B.

Tutti quelliche volesse

ro

esprimere dei pensieri,

dei sentimenti buoni o

cattivi, o suggeriment

i o altre

idee in merito ai temi t

rattati,

POSSONOINVIARCE

LI,

la Redazione della V.d

.P.

sarà lieta diprendere il

tutto

seriamentein consider

azione

e darne ampio risalto.

Si cercano persone che conoscano opere

pittoriche o scultoree di artisti cavaionesi e

affini e/o opere che riguardino il territorio

di Affi - Cavaion (scorci e vedute),

disponibi l i a prestarle per una mostra di

pittura.

I l gruppo C.T.G. "el Preon" intende infatti

organizzare una Mostra per ricordare

questi artisti scomparsi, che si terrà nel

mese di apri le 201 3.

Chi fosse interessato può scrivere o

telefonare a:

Pasqualina Tomezzoli 3478890400

ARTISTI NOSTRANI

Page 12: Numero 3 anno XXII novembre 2012

Succede che una mattina d’inverno, a Cavaion,

entrando nel panificio Zambiasi, dopo essere stata

rapita dalle forme e dagli odori dei dolci e del

pane acquistati, e dopo aver lasciato cadere alcuni

spiccioli sul bancone di vetro, i miei occhi sono

attratti da una locandina, in bella vista sul muro

del negozio: “Autore del mese Georges Simenon”.

Sotto la sua foto, un elenco di titoli, messi a

disposizione dalla Biblioteca di Cavaion, e l’ invito

alla visione del film “Luci nella notte”.

Succede che una sera d’inverno arrivo con mio

marito alla Sala Arena Torcolo, e timidamente, ci

accomodiamo in prima fila, mentre nel resto

dell’ampia sala, sparpagliati come pedine su una

scacchiera, altri ospiti a me sconosciuti,

bisbigliano le vicende di una

giornata che terminerà in maniera

insolita. Fuori, il freddo e le luci

della nostra notte risplendono sulle

grandi vetrate prospicienti il

magnifico paesaggio lacustre.

Nazzareno Bernardi, promotore di

questa bella e interessante

iniziativa, dà inizio alle danze –

anzi – per meglio dire – a un

immaginario ciak. Le parole si

trasformano in scena e l’algida

bellezza di Carole Bouquet

inaugura la nascita di un gruppo, e

di una serie di appuntamenti, in cui

arte, scrittura e cinema s’ incontreranno per

fondersi e confluire in pareri eruditi e critiche

stimolanti, intervallati da assaggi di deliziosi

dolcetti e un bicchiere di buon vino.

Dopo Simenon, Dino Buzzati - nel precedere di

una primavera ancora lontana, e in un febbraio

gelido e nevoso - ci ha regalato due ore di estasi e

meditazione grazie al film “Barnabò delle

Montagne”, (primo romanzo dello scrittore

bellunese) incantevole affresco di un Veneto di

poche parole, di echi nelle rocce, di spari nel

vuoto, di corvi festanti sui cadaveri inattesi,

mentre lontano da tutto, un uomo cerca di capire

chi è e cosa vuole fare del suo fucile muto.

L’apparente leggerezza contemporanea di Nick

Hornby ci ha proiettato, in un marzo

abbondantemente piovoso, nella brumosa Londra

degli anni sessanta, attraverso il racconto di

un’adolescente colta e inquieta che s’ innamora di

un uomo più grande di lei, di una vita più grande

di lei. Il film “An Education” ha rappresentato

una piacevole pausa letteraria, in attesa di aprile e

dell’ impegno visionario di Italo Calvino, di cui

abbiamo visto – tratto dalla sua trilogia letteraria

– il film “Il Cavaliere inesistente”, cartone

animato diretto da Pino Zac, storia d’armi

d’amore a tratti incomprensibile, ma con punte

d’ironica suggestione.

In un maggio uggioso come non mai, Jane Austin

ci ha deliziato con la sua rigorosa eleganza in un

ineguagliabile “Lezioni di piano”, mentre in un

giugno finalmente solare e afoso,

Luigi Pirandello ci ha regalato

attraverso un memorabile episodio

cinematografico, uno scorcio di

Sicilia come solo lui la sapeva

raccontare.

Infine, in una sala attraversata da

una scia di vento odorosa di terra

bagnata, con l’acquolina in bocca

per l’ imminente assaggio di un

Mojito, preparato dalle sapienti

mani di due gentili colleghe

spettatrici in onore dello scrittore

del mese di luglio, abbiamo goduto

della visione del film “Gangster”

tratto dall’omonimo romanzo di Ernest

Hemingway, splendidamente interpretato da un

affascinante Burt Lancaster e da una splendida

Ava Gardner, in un susseguirsi di colpi di scena e

flashback in bianco e nero.

Questa è la nostra storia, quella di un gruppo

accessibile a tutti, che continuerà ad attingere

nell’ inesauribile patrimonio cinematografico

italiano e straniero, perché, come dice il grande

Cecil de Mille: “Il cinema è la nuovaletteratura”.

Noi ne saremo ancora spettatori, e ancor prima

lettori, in agosto, con il premio Nobel Grazia

Deledda, a settembre con l’atmosfera americana

di F.Scott Fitzgerald, e a ottobre con la sensualità

misteriosae cerebrale di Alberto Moravia.

E voi? Catia Simone

“appuntamenti,

in cui arte,

scrittura e cinema

s’incontreranno per

fondersi e confluire

in pareri eruditi

e critiche stimolanti,

intervallati da assaggi

di deliziosi dolcetti

e un bicchiere

di buon vino.”

AUTORE ­ FILM DEL MESE

Page 13: Numero 3 anno XXII novembre 2012

Cavaion, riapproda in consiglio comunale la

convenzione per l’assegnazione della gestione

all’A.C. Cavaion del campo di calcio. La

convenzione fu approvata, in prima battuta, dal

C.C. nella seduta del 29 febbraio; in quella

occasione, noi di “Progetto Paese”, ponemmo in

risalto alcuni aspetti critici, fra i quali: l’eccessiva

responsabilità che si concentrava nei volontari

dell’A.C. Cavaion ed un aspetto fiscale non

chiaro. La maggioranza sicura della bontà di

quanto proposto volle approvarla comunque.

La convenzione andava così bene che l’A.C.

Cavaion non se la sentì di sottoscriverla ed eccola

ritornare, modificata, in Consiglio nella seduta

dell’8 agosto. Purtroppo le modifiche non

risolvono i problemi da noi evidenziati, anzi.

In primo luogo non viene modificata la

posizione dell’A.C. Cavaion che

continua ad assumere la figura del

gestore unico ponendosi nella

posizione di garanzia prevista

dall’art. 40 cod. pen. ed art. 2051

cod. civ.; posizione più volte

confermata da sentenze della Corte

di Cassazione. Per effetto di ciò

l’A.C. Cavaion deve verificare che gli

impianti e le attrezzature siano a norma

di legge ed adatte all’uso che ne viene

fatto incombendo su di essa la responsabilità

civile e penale. A nulla serve il trafiletto inserito

fra le righe della convenzione ove il Comune si

accolla l’onere della manutenzione straordinaria e

solleva il concessionario da ogni responsabilità,

perché non modifica di fatto la posizione del

gestore tanto più che successivamente viene

formulato un articolo ad hoc denominato

“Responsabilità” nel quale il Comune si dichiara

estraneo ad ogni tipo di responsabilità. Ma l’A.C.

Cavaion non è proprietaria degli impianti e non ha

i mezzi per metterli o mantenerli a norma.

Non è neppure risolta la questione fiscale in

quanto, è pur vero, che ora le somme erogate dal

comune all’A.C. Cavaion sono denominate

“contributi” e non “corrispettivi” ma è anche

altrettanto vero che nel nostro ordinamento non

conta il “nomen iuris” attribuito bensì la natura di

quanto pattuito. Ora difronte ad una obbligatorietà

per il comune di corrispondere il contributo

inserita in una convenzione piena di obblighi per

il gestore è facile prevedere che il verificatore

fiscale attribuirà a tali somme la natura di

corrispettivo pretendendo, per lo meno, il

pagamento dell’ IVA.

Perplessità genera, inoltre, l’art. 5 là dove indica

quali fonti di finanziamento per il gestore gli

incassi del pubblico pagante, le

sponsorizzazioni, l’esposizione di cartelli

pubblicitari, ecc. e poi vieta ogni utilizzo

a scopo di lucro; ma queste non sono

attività a scopo di lucro? Evidente

l’ incongruenza. Non è tutto perché di

seguito si dice che gli introiti

derivanti dallo sfruttamento

economico dell’ impianto, che sono

sempre quelli appena citati, devono

essere utilizzati esclusivamente per

manutenzioni ordinarie e straordinarie.

Quindi non per acquistare le magliette o le

scarpe ai ragazzini?

Dello stesso tenore sono anche le convenzioni per

gli altri impianti sportivi.

La nostra posizione critica non è dettata dalla

contrarietà a queste convenzioni, bensì dalla

preoccupazione che qualche concittadino subisca

guai patrimoniali e/o penali per il semplice fatto

di aver gratuitamente impegnato il proprio tempo

libero per lo sport a Cavaion.

Corrado Mancini

Consigliere Comunale Progetto Paese Cavaion

A.C. CAVAION NEL PALLONE

Page 14: Numero 3 anno XXII novembre 2012

E’ uscito il volume che presenta la chiesa di San Giovanni Battista

In occasione delle celebrazioni per il duecentesimo anniversario della chiesa parrocchiale di Cavaion, è

stato realizzato un volume sulla storia della chiesa (di 1 30 pagine con numerose foto) da parte di

Maurizio Delibori e Daniela Zanetti, con la collaborazione di don Maurizio Guarise, Sabrina Tramonte e

Flavia Maria Benato. Il volume è stato presentato a fine agosto assieme ai lavori di restauro della chiesa.

Racconta la storia non solo della chiesa ma anche della parrocchia di Cavaion.

Una prima chiesetta romanica di forme rettangolari sorse al posto dell’attuale parrocchia¬le nel XIII sec.,

dedicata a San Giovanni Battista ed officiata la domenica ed in occasione di festività particolari, da un

sacerdote che saliva dalla Pieve di Santa Maria di Cisano. Dal 1460, dopo un primo ampliamento, vicino

alla chiesa risiedeva anche un sacerdote che ne era il rettore.

Divenuta parrocchiale nel 1 585, nella prima metà del XVII sec. la chiesa venne ampliata raggiungendo le

dimensioni dell’attuale presbi¬terio. Anche il campanile venne ulteriormente innalzato nel 1749. Ma

l'ampliamento più consistente ed una radicale ricostruzione, la chiesa li subì tra il 1 810 ed il 1 830 quando

raggiunse le attuali propor¬zioni sotto la direzione del parroco don Angelo Voltolini e venne costruita la

monumentale facciata a sud, dato che quella ad ovest era sacrificata dalla strada per Incaffi. In seguito

venne aggiunto l’Oratorio nel 1930, si sistemò la cella campanaria e vennero rifatte le pitture interne ed

esterne nel XX sec.

Nel libro sono presentate tutte le pitture e le decorazioni interne; in particolare Daniela Zanetti si

sofferma sulla storia degli altari, sulla pala “Madonna con Bambino tra San Giovanni e San Bartolomeo”

di Antonio Badile (metà XVI sec.), posta dietro l’altar maggiore, e sulla pala “Salita di Gesù al Calvario”

di Francesco Ligozzi del 1 595 sul’altare dello “spasmo”, oggi della Vergine del Carmelo. Vengono

descritte da Delibori la pala dei “Santi Giacomo e Filippo” di Giuseppe Corte da Cima del 1 594, quella di

San Giuseppe e di Sant’Antonio e gli altri numerosi quadri ed arredi. Il parroco don Maurizio Guarise

illustra il significato di parrocchia e di comunità cristiana oggi e presenta i Santi patroni di Cavaion.

Vengono inoltre descritti i 22 parroci che si sono succeduti nella cura della parrocchia dal 1485 ad oggi e

vengono presentate alcune curiosità emerse da ricerche nell’archivio parrocchiale. Infine, Sabrina

Tramonte e Flavia Benato illustrano gli interventi di restauro compiuti nel 2012 e i lavori che restano da

compiere per la completa ristrutturazione e sistemazione della chiesa.

Il volume è disponibile per l’acquisto nelle edicole di Cavaion o in parrocchia.

Page 15: Numero 3 anno XXII novembre 2012

CAPONATA SICILIANA DI MELANZANE

Per ricordare i profumi e i piaceri dell’estateappena conclusa, vi propongo un contorno diverdure: la caponata siciliana, un piatto tipico dicui esistono però diverse varianti della ricetta.Quella che vi descrivo l’ho sperimentatapersonalmente e “semplificata” per i notiproblemi di mancanza di tempo che abbiamoormai tutti.INGREDIENTI per 6 persone­ 3­4 melanzane tonde­ un bel sedano croccante­ una grossa cipolla­ una tazza di olive verdi snocciolate­ un paio di cucchiai di capperi­ una ciotola di salsa di pomodoro­ mezzo bicchiere di aceto­ due cucchiaini di zucchero­ sale e pepe.1. Tagliate le melanzane a cubetti piuttostogrossi (io lo faccio dopo averle sbucciate, maè un parere personale) salatele e mettetele aperdere l’acqua amara in un colino perun’ora. Friggetele in olio bollente emettetele a sgocciolare su carta assorbente.2. Fate appassire la cipolla con l’olio in unalarga padella, aggiungete il sedano tagliatoa pezzettini e rosolatelo. Unite la salsa dipomodoro, le olive e i capperi e cuocete unquarto d’ora circa, regolando di sale e pepe.3.Unite poi le melanzane fritte e insaporiteancora qualche minuto. Fate sciogliere lozucchero nell’aceto e versate nella padella.Fate sfumare un po’ e la caponata è pronta.

È un piatto che si apprezzameglio se consumato freddo.di Betta Castani

LE RICETTE

di BETTAANCHE A SEGA

FESTA DELLA COMUNITA’

L’anniversario del 200° anno di ricostruzione

della Chiesa Parrocchiale, ai primi di settembre, è

stato l’occasione di un festoso incontro col

vescovo di tutta la comunità parrocchiale. Il

pranzo comunitario che ne è seguito è stato un

bell’esempio di ciò che i gruppi di persone sanno

fare, mettendosi insieme: ottima organizzazione e

tanta allegria. C’è stato, dopo gli onori di casa da

parte di Don Maurizio, anche lo spazio per un

breve intervento di tutti i parroci, curati, religiosi

che a vario titolo sono legati a Cavaion e alla sua

chiesa.

Ma nello stesso periodo anche a Sega si è

verificata un’occasione del genere. La

tradizionale festa di S. Gaetano è stata

completamente “ridisegnata” con la

collaborazione del nuovo parroco Don

Salamandra. Allargata nelle attività e nelle

strutture, ha permesso al comitato, che da sempre

finanzia in questo modo le necessità parrocchiali,

di raggiungere un ottimo risultato con l’aiuto di

molte più persone, e soprattutto la collaborazione

delle delegazioni di S. Benedetto di Lugana e di

Bure (precedenti parrocchie di Don Salamandra).

La cena conclusiva, per ringraziare chi ha

lavorato durante la sagra, è stata quindi molto più

affollata del solito e si è svolta presso la sala

Leardini della Parrocchia di Piovezzano.

La gratitudine verso chi si è particolarmente

distinto nelle attività è stata espressa con una

serie di menzioni e di targhe che hanno

riconosciuto il ruolo particolare di parecchie

persone.

Ma tutti i presenti si sono sentiti parte di un

progetto comune, trascinati dall’entusiasmo di

Don Gianfranco e coinvolti nella piacevolezza di

una serata speciale.

Hai qualche ricettaper "sfidare" lanostra Betta?

Spedisci la al la VdP!

[email protected]

Page 16: Numero 3 anno XXII novembre 2012

Cosa spinge un gruppo di giovani ad unirsi per affrontare problematiche del proprio paese? Sicuramente

lo spirito di amicizia, la voglia di stare assieme, ma soprattutto la consapevolezza che a Cavaion le cose

non sempre vanno nella giusta direzione, anche a scapito della giovane generazione che aumenta sempre

più. Ora un gruppo di ragazzi vuole confrontarsi con i vari problemi presenti sul territorio cavaionese. Per

dare voce alle proprie idee bisogna esporsi, e far conoscere il proprio programma alla popolazione…

Proprio come sta facendo l’associazione “LiberaMente Cavaion”! E’ quello che farà mercoledì 7

Novembre alle ore 21 .00 nella sala civica di corte Torcolo, organizzando una serata di presentazione

dell’associazione, con la popolazione ed il sindaco Lorenzo Sartori.

Sono stato al cosidetto “circolo Bernardi”, luogo e sede dell’associazione, e dopo aver incontrato i

componenti effettivi del neonato direttivo ho cercato di raccogliere informazioni utili.

Reputo doveroso pubblicare i nomi degli eletti all’ interno dell’associazione con le relative cariche:

- Alessandro Delibori (presidente)

- Jacopo Righetti e Alessio Tressanti (vicepresidenti)

- Andrea Jacopo Gallucci (tesoriere)

- Giulia Nuzzo (segretaria)

- Niccolò Morin e Andrea Vicenzi (consiglieri)

Conosciamo più a fondo questo giovane gruppo, attraverso un’intervista che ho fatto a Sirio Bernardi,

Niccolò Morin e Andrea Jacopo Gallucci:

1 ) Quale tipo di associazione?

E’ un gruppo libero, aperto a tutti i giovani (e meno giovani) cavaionesi che si vogliono mobilitare per

modificare la situazione attuale del comune.

2) Quali sono gli obiettivi vivi del gruppo?

Come punto all’ordine del giorno c’è il recupero di nuovi spazi/luoghi da adibire ai giovani, affinché

possano diventare punti di incontro fissi tra ragazzi di varie età.

Frenare la continua cementificazione del territorio, con relativa diminuzione di aree verdi e boschive.

Vi è inoltre la volontà di creare una comunità giovanile partecipativa e attiva all’ interno del comune.

Ultimo, ma non meno importante è la valorizzazione dello sviluppo sostenibile (un processo che lega la

tutela delle risorse naturali alla dimensione socio-economica). Tutto ciò è incompatibile con il degrado

delle risorse e del patrimonio.

3) Da chi è composto?

Da pochi giorni si è formata l’associazione i quali membri che vi partecipano ufficialmente sono una

quindicina. C’è da considerare un buon numero di aiutanti e sostenitori che danno il loro contributo.

4) Come è nato il gruppo?

L’associazione nasce molto semplicemente durante una discussione tra ragazzi sul comune di Cavaion i

quali hanno deciso subito di farsi sentire.

5) Qual’è il significato di LIBERAME�TE?

LiberaMente Cavaion allude al bisogno dei cittadini cavaionesi di liberare la mente dai problemi e dalle

solite polemiche paesane e re-inventare Cavaion, con nuove proposte, ed iniziative concrete. Guardare il

proprio paese con spirito costruttivo, non limitandosi solo ad osservare passivamente e criticare, al

contrario informarsi ed agire attivamente poiché solamente chi è informato è libero.

Un ringraziamento particolare a Stefano Dalle Vedove che ha realizzato il logo del gruppo che trovate ad

inizio pagina.

Chiunque volesse esprimere una propria opinione o seguire l’associazione può farlo accedendo a

facebook e digitando “LiberaMente Cavaion”.

Matteo Anteghini

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voci&novità

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voci&novità

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voci&novità

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Angolo della Poesia

CI TROVATE E LEGGETEANCHE ONLINE SU FACEBOOKPAGINA "La Voce Del Paese"

Vuoi___ricevere il periodicoin formato PDF_direttamente

a casa tua??Invia un e-mail a

"[email protected]"_____con scritto

"PDF"

'Stamatina, apena messo fora

el naso dai ninsoi che me cuerciava,

ho visto tante foie che cascava,

e g'ò pensado alora:

'Ste piante che le mora?

Le casca, le te cuerse la contrada,

le te imbastisse dei ricami in strada,

le manda tuti quanti a la malora,

par via de 'sta nebieta,

che sporca e che te neta

le piante e la campagna,

che tute la le bagna,

le foie che vien zo,

par farghe complimento

par farghe giuramento

de no cascar in do,

ma a una a una a una,

fin che ghe n' sarà una

tacada su la rama.

E za che se descanta el me çervel

voio contarve tante cose bele

de queste foie che vien zo dal çiel.

Le g'à parlà 'ta note co le stele,

le ha fato da vental, le l'à smorzade

gh'è vegnudo matina e i è cascade.

I è cascade così, a una a una,

maciandone le piasse e la campagna,

i è cascade così, fin che la luna

s'à sconto par de drio de la montagna.

E mi pensando

a questa pore foie,

me vien le voie

de continuar contarve,

quel che me boie drento,

e a çento, a çento,

ciaparli soto al brasso

'sti versi che me sbrissia

e po cindurli a spasso

en sieme co le foie

che le ghe fassa lissia.

I è cascade le morte a una, a una,

dal ramo che l'è verso al tramontan;

che n'abia savù dir, no gh'è stà una,

cosa sarà de mi, forse, doman. E. Ruzzenenti

CASCA LE FOIE