Numero due Tempi Dispari Novembre 2013

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Speciale comics, interviste a Dead City Ruins, The Fire, report HardcoreSuperstar, Vomitory,...

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TEMPI-DISPARISUPPLEMENTO A NUOVAMETROPOLISTESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI NOVARA CON NUMERO Dec pre 15/2000

DIRETTORE RESPONSABILE:CARMINE RUBICCO

CAPOREDATTOREANTONELLA TOCCA

CONTATTIWWW.TEMPI-DISPARI.COM

Date concerti........................................................................................................................pagina 4Amedeo Ferrante- Obiettivo Live......................................................................................pagina 6Rock in Roma Factory - Live report..................................................................................pagina 8Anneke Van Giersbergen - Live Report............................................................................pagina 10Dead City Ruins - Intervista...............................................................................................pagina 11Hardcore Superstar - Live Report......................................................................................pagina 12The Fire - Intervista.............................................................................................................pagina 14Erica Martina - Live Report...............................................................................................pagina 15Vomitory - Live Report.......................................................................................................pagina 16 Leprous - Live Report.........................................................................................................pagina 17Soilwork - Live Report........................................................................................................pagina 18The Fottutissimi - Intervista...............................................................................................pagina 19Crimeless Blast - Live Report............................................................................................pagina 28 Novara Jazz Festiva.............................................................................................................pagina 29Lucca Comics and Games - Speciale................................................................................pagina 30Heavy Bones - Intervista a Enzo Rizzi.............................................................................pagina 32I 4 Briganti - Teatro.............................................................................................................pagina 34Frankenstein Jr - Teatro......................................................................................................pagina 36Intervista ad uno scrittore di post.....................................................................................pagina 38Recensioni............................................................................................................................pagina 42

INDICE

EDITORIALETre note fanno un accordo. Con quelle siamo nati nemmeno tre mesi fa. Ora siamo in 22 e gli ac-cordi sono molteplici e le combinazioni infinite, ma tutte sempre in tempi dispari. La sinfonia é il prodotto di un organismo vivo ed in perenne movimento ed evoluzione come sempre lo é una testata vera, nata dalla passione di un gruppo di amici che hanno voluto dare voce e spazio ad una cultura sempre più cenerentola. E c’è pure la bacchetta magica, che é quella del bat-terista che, silenzioso ed infaticabile, ci dirige e ci supporta. Sempre presente con tutti, disponibile, sorridente, vero, Carmine Rubicco ha lasciato il suo Piemonte ed é sceso a Roma per dare vita alla sua creatura in una piazza di Roma durante un giorno di mezza estate.Senza di lui non sarebbe mai nata Tempi-Dispari sul web, con il canale TV, le video interviste, la radio partner che aggiunge valore, con le splendide immagini catturate dai fotografi del nostro gruppo, e con le parole puntuali e armoniose dei redattori a raccontare ogni giorno la musica, il teatro, gli spettacoli, gli eventi in tutta Italia e da poco anche dall’Inghilterra grazie ad un duo stra-ordinario di reporters che hanno dato vita all’edizione inglese/italiana che vedete in questo numero. Ed il prodotto di questo organismo in evoluzione é la sinfonia sempre in movimento ed in crescita sul web, ma fissata al suo meglio in queste pagine, come un album pieno di canzoni che vengono scritte, arrangiate, suonate, cantate, modificate mille volte in sala prove, e poi consegnate ad un supporto che le fissa per sempre in una forma, e le consegna alle orecchie ed agli occhi, alle mani di tutti.

Questo é il numero di novembre di Tempi-Dispari. Sette note, infiniti accordi ed una sinfonia re-gistrata qui, tra le vostre mani. Grazie a chi lo legge, ed a chi lo fa. Buona lettura in Tempi-Dispari.

Antonella Tocca

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NEWSconcerti

Sabato 30 NovembreBaby K 30/11/13 21,30 Cesena Vidia Rock ClubDave Hause 30/11/13 20,00 Milano FactoryGlasvegas 30/11/13 20,00 Milano Magazzini GeneraliGogol Bordello 30/11/13 20,00 Bologna EstragonMario Biondi 30/11/13 21,00 Brescia PalabresciaMax Pezzali 30/11/13 21,00 Firenze Nelson Mandela ForumNegramaro 30/11/13 21,00 Roma PalalottomaticaPietropaoli - Viterbini 30/11/13 21,00 Roma Parco della MusicaSalmo 30/11/13 22,00 Nonantola (MO) Vox ClubSulk + Rainband 30/11/13 21,30 Roma Circolo degli ArtistiTramjazz 30/11/13 21,00 Roma Piazza di Porta MaggioreTre Allegri Ragazzi Morti 30/11/13 22,00 Roma Black Out Rock ClubMartedì 3 DicembreAlessandra Amoroso 03/12/13 21,00 Assago (Mi) Mediolanum ForumClementino 03/12/13 21,00 Milano AlcatrazEmanuele Parrini 03/12/13 21,00 Roma Parco della MusicaEmma 03/12/13 21,00 Napoli PalapartenopeGemitaiz 03/12/13 21,30 Roma Circolo degli ArtistiImany 03/12/13 21,15 Milano Magazzini GeneraliMario Biondi 03/12/13 20,45 Firenze Teatro VerdiNomadi (50 anni di carriera) 03/12/13 21,00 Roma Auditorium ConciliazioneThe Lumineers 03/12/13 21,30 Bologna EstragonMercoledì 4 DicembreFrightened Rabbit 04/12/13 20,30 Milano TunnelI Cani 04/12/13 21,30 Roma Circolo degli ArtistiImagine Dragons 04/12/13 21,30 Padova Gran Teatro GeoxJake Bugg 04/12/13 21,00 Milano AlcatrazThe Tallest Man on Earth 04/12/13 22,00 Segrate (MI) Circolo MagnoliaGiovedì 5 DicembreBlack Sabbath 05/12/13 20,00 Rho Milano Fiera Milano LiveClementino 05/12/13 21,30 Ciampino-Roma OrionDire Straits Legend 05/12/13 21,00 Roma Teatro OlimpicoEmma 05/12/13 21,30 Pescara Palasport Giovanni Paolo IIImany 05/12/13 21,00 Firenze OBIHallNegramaro 05/12/13 21,00 Castel Morrone PalamaggiòPiù Libri più Liberi 05/12/13 10,00 Roma Palazzo dei CongressiTricky 05/12/13 21,30 Roma Atlantico LiveVillagers 05/12/13 22,00 Milano TunnelVenerdì 6 DicembreBiffy Clyro 06/12/13 21,00 Trezzo sull’Adda Live ClubI Cani 06/12/13 21,30 Firenze Viper TheatreI Ministri 06/12/13 22,00 Roma Atlantico LiveImany 06/12/13 21,00 Roma Parco della MusicaSalmo 06/12/13 22,00 Torino Hiroshima Mon amourSatyricon + special guest 06/12/13 20,00 Ciampino-Roma OrionSabato 7 DicembreBiffy Clyro 07/12/13 21,30 Bologna EstragonBlack Veil Brides + guest 07/12/13 21,00 Cesena Vidia Rock ClubConcerto di Natale XXI edizione 07/12/13 19,00 Roma Auditorium ConciliazioneKodaline 07/12/13 21,00 Milano TunnelEVEN

TI LIV

EPer info sugli altri eventi:https://www.facebook.com/magicsound.bullicante

Servizio offerto in collaborazione con

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Mario Biondi 07/12/13 21,30 Padova Gran Teatro GeoxPilar quartet 07/12/13 21,00 Roma Parco della MusicaSalmo 07/12/13 22,30 Ciampino-Roma OrionSatyricon 07/12/13 20,00 Milano Magazzini GeneraliVillagers 07/12/13 21,30 Roma Circolo degli ArtistiDomenica 8 DicembreBlack Veil Brides 08/12/13 21,00 Roma Init ClubThe Fratellis 08/12/13 21,00 Milano Magazzini GeneraliLunedì 9 DicembreBlack Veil Brides 09/12/13 20,00 Milano FactoryMartedì 10 DicembreAntony Strong 10/12/13 21,00 Roma Parco della MusicaMario Biondi 10/12/13 21,00 Torino Teatro ColosseoMercoledì 11 DicembreUnearth + special guest 11/12/13 21,00 Bologna Zona RoveriGiovedì 12 DicembreBlastema 12/12/13 22,00 Roma Piper ClubI Cani 12/12/13 20,30 Milano Magazzini GeneraliKing Midas Sound 12/12/13 21,00 Roma Lanificio 159Venerdì 13 DicembreBlastema 13/12/13 21,30 Cesena Vidia Rock ClubChiara Galiazzo 13/12/13 21,00 Bergamo Creberg Teatro BergamoI Cani 13/12/13 22,00 Bologna EstragonMario Biondi 13/12/13 21,00 Milano Teatro degli ArcimboldiMassimo Volume 13/12/13 22,00 Torino Hiroshima Mon AmourMinistri 13/12/13 23,00 Trezzo sull’Adda Live ClubRenato Zero 13/12/13 21,00 Pesaro Adriatic ArenaSummertime Choire 13/12/13 21,30 Padova Gran Teatro GeoxSabato 14 DicembreDeath in June + special guest 14/12/13 21,30 Ciampino-Roma OrionRoberto Vecchioni 14/12/13 21,30 Padova Gran Teatro GeoxSalmo 14/12/13 21,30 Cesena Vidia Rock ClubDomenica 15 DicembreBach and swing (balletto) 15/12/13 18,00 Padova Gran Teatro GeoxGiuliana Soscia e Pino Jodice 15/12/13 21,00 Roma Parco della MusicaMarduk + Grave + Death Wolf + .. 15/12/13 20,00 Bologna Zona RoveriSalmo 15/12/13 21,30 Milano AlcatrazValerio Scanu…It’s xmas Day 15/12/13 21,00 Roma Parco della MusicaLunedì 16 DicembreDostoevskij - Delitto e castigo 16/12/13 21,00 Roma Parco della MusicaHanson 16/12/13 21,00 Roma Atlantico LiveMario Biondi 16/12/13 21,00 Bologna Teatro EuropauditoriumRenato Zero (16-18-19 dic) 16/12/13 21,00 Roma PalalottomaticaMartedì 17 DicembreChiara Galiazzo 17/12/13 21,00 Bologna Teatro delle CelebrazioniHanson 17/12/13 21,00 Milano Magazzini GeneraliLudovico Einaudi Ensemble 17/12/13 21,00 Bologna Teatro EuropauditoriumTango x 2 (Miguel Angel Zotto) 17/12/13 21,00 Roma Auditorium ConciliazioneTherion + Arkona + guest 17/12/13 20,00 Romagnano Sesia (NO) - Rock’n Roll Arena Mercoledì 18DicembreLos Hermanos Macana 18/12/13 21,15 Padova Gran Teatro GeoxSergio Caputo 18/12/13 21,00 Roma Parco della MusicaGiovedì 19 DicembreBlastema 19/12/13 21,00 Milano TunnelDargen D’Amico+A.Nardinocchi 19/12/13 22,00 Torino Hiroshima Mon AmourSabato 20 DicembreClaudio Baglioni (20-21-22 dic) 20/12/13 21,00 Padova Gran Teatro GeoxMicalizzi 20/12/13 21,00 Roma Parco della MusicaMinistri 20/12/13 22,00 Torino Hiroshima Mon Amour

EVENTI LIVE

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OBIET

TIVO L

IVE

Il fotografo perugino racconta in 12 domande il mondo del liveAMEDEO FERRANTE: PHOTO

Amedeo Ferrante, nato a Campobasso il 21 Giu-gno 1978 a circa 10 anni si trasferisce, insieme alla fami-glia a Perugia, frequentando le scuole dell’obbligo. Ha studiato presso l’ipsia Olmo. durante l’adolescenza si appassiona alla fotografia, da li poi nasce come fotografo amatoriale cir-ca 20 anni fa, dopo un periodo di pratica con macchinetta a rullino, passa all’era digitale. Da li fotografo prima al’Ur-ban Music Club, dove ha mili-tato circa sei anni, poi diviene fotografo ufficiale dell’Afterlife live Club, dove attualmente svolge, durante le serate nei week end, le sue foto.Specializzato in foto live, e in foto in bianco e nero.Ha esposto alcuni suoi scatti, a Perugia, per il Sottosuolo festival.

link esterni : http://amede-oferrantefoto.altervista.org/amedeoferrantefoto/Benvenu-to.htmlfacebook: https://www.facebo-ok.com/FerranteAmedeoFoto

Intervista1. Perché fotografi? Mi piace immortalare gli attimi che i miei occhi vedono

2. Perché i concerti? Amo vivere l’esperienza dei live anche con le foto

3. Il live più divertente? Dal punto di vista fotografi-co/musicale: The Fire.

4. Il live meno divertente? Off Laga Disco Pax

5. Il personaggio più sim-patico? Max Finazzi degli Shandon

6. Il personaggio meno sim-patico? Prima o poi vorrei diventare famoso..

7. La parte più divertente del tuo lavoro? La possi-bilità di socializzare con le persone 8. La parte meno diver-tente del tuo lavoro? Dover selezionare solo un certo numero di foto per le pub-blicazioni

9. Perché in Italia è diffici-le vivere di lavori creativi? Perchè l’Italia ha una men-talità antiquata che si basa ancora su stereotipi

10. Cosa cambieresti del settore? Più collaborazione tra colleghi, meno pugnalate alla schiena e meno “prime donne”

11. Professionisti e amato-ri: pro e contro? Se non ci fossero amatori non ci sa-rebbero professionisti. Ogni professionista è nato prima come amatore.

12. Cosa vorresti chiedere al tuo fotografo preferito? Collaborazione e consigli

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OBIETTIVO LIVE

Testo: Diego CianfrigliaFoto: Amedeo Ferrante

Il fotografo perugino racconta in 12 domande il mondo del liveAMEDEO FERRANTE: PHOTO

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LIVE R

EPOR

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Testo di Ilaria Degl’Innocenti - Foto Andrea “Bathory” Stevoli e Ilaria Degl’Innocenti

Serata all’insegna dell ‘under-ground’ , quella di sabato 26 ottobre 2013 presso l’Orion Club di Ciampino. Dieci ban-ds si sono misurate sul palco a colpi di note per una finale in pompa magna del Rock in Roma Factory 2013, che si ag-giudicano i Pagliaccio.

Sembra la fotografia ‘musi-cale’ di un momento, scritto, immortalato dagli emergenti che ricalca quello che a gran-di linee rappresenta il rock italiano. Quello della gente semplice, che punta i riflettori sulla vita di ogni giorno e fa riflettere su svariate tematiche, filtrate attraverso gli occhi di musicisti emergenti. Ognuno di loro, con le proprie carat-

teristiche, le proprie emozioni ha traslato in musica ciò che sente, vede, pensa. Dieci bands con dieci stili diversi, tutte do-tate di buona tecnica, di cui il gap tra l’una e l’altra era quasi impercettibile, come i giurati stessi hanno dichiarato a fine serata.

Ottima tecnica, personalità, carisma, energia. Parole che tutte insieme non bastano a captare le mille sfaccettature di pensieri, emozioni, sensazioni che hanno espresso i finalisti. Tanta grinta da vendere come la passione che impiegano in ciò in cui credono. E lo fan-no alla grande. Uno schermo colorato con scritto ‘’Rock in Roma’’, e l’esibizione a rota-zione che inizia dai March Division. Un elettrorock al-lucinogeno e campionamenti misti a chitarre elettriche che

immergono in un immagi-nifico universo psichedelico. Miscellanea di suoni, svariate digressioni con testi che ricor-dano i ‘miti del quotidiano’, così come li intendeva Andy Warhol nella sua filosofia. Ini-zio praticamente in sordina con una band come quella dei March, che lasciano il posto ai The Anthony’s Vinyls. Poppy e Running Man canzoni dai titoli “canzonatori”, ma in ge-nerale efficaci. E’ un rock pa-tinato, genuino, senza troppi suoni distorti che deviano l’at-tenzione sul tema principale. Un rock sul classico, calibrato, misurato, a tratti più disinibito ma sempre ponderato secondo una logica ben strutturata. An-cora velocissimi per il cambio palco, il tempo stringe. Subito i Piano A pronti per la loro esibizione, in un crescendo acustico sempre più intenso.

Due brani efficaci, fluidi all’a-scolto e che impattano. Invece Le Metamorfosi propongono un rock più made in Italy, che sfocia in due brani uno diver-so dall’altro, come lo ying e lo yang che si uniscono, si fon-dono e danno vita a sonorità trasversali. Una miscellanea di vari stili sapientemente inseriti nel calderone di una meta-mu-sica stravagante. The Blennies propongono una musica più diretta, immediata, un indie classico-moderno sviluppato in effetti sonori differenti, per-sonali, elaborati e incanalati in un percorso sonoro logico, non caotico. I kuTso, pazzi, scatenatissimi, veri animali da palcoscenico entrano por-tando a termine un’esibizione perfetta, con esperimenti e improvvisazioni spontanee. Un rock genuino, diretto, au-tentico che lascia il posto a un

Ai Pagliaccio Rock in Roma FactoryLa band si esibirà sul main stage della manifestazione 2014

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LIVE REPORT

altro tipo di sound. Gli Scotch Ale propongono invece una musica meno immediata, più ricercata che confluisce in epi-logo da brivido rockeggiante. Entrano poi i Pagliaccio, per-fetti, dallo stile tra il sobrio e lo stravagante. Musica ricercata, tecnica impeccabile, per un’a-malgama ‘sarcastica’ mai sen-za eccedere che rifiuta i dogmi e le imposizioni passive facen-do sorridere.

I Lykaion, penultimi nell’esibi-zione, propongono un live in chiave ‘’sleaze’’. Si esibiscono in un’armonia di chitarre, basso e batteria per dare vita a un in-sieme metal da vera guerriglia urbana, perché They were born to die free. Prima del verdetto finale, si chiude il sipario con i Damash. Nome curioso per una band altrettanto curiosa, con tracks dal suono intrigan-

te e molto ‘’british ‘’ anni ’90. Nota di merito. Una sfida che si conclude con un vincitore, designato dalla giuria com-posta da Maxmiliano Bucci e Sergio Giuliani, direttori arti-stici e produttori del festival, affiancati da Gian Arnaldi del-la “Sony Music Entertainment Italy”, Dj Armandino, Flavio Severini, consulente artistico – musica della Fondazione Mu-sica per Roma, Paolo Romani, responsabile della promozione nazionale ed internazionale della “EMI Universal” e un cri-tico musicale.

Vista l’alta qualità tecnica dei gruppi che si sono esibiti, la giuria ha deciso che come ope-ning act alla stagione del Rock in Roma 2014, oltre ai vincito-ri, saranno i kuTso, i The Blen-nies e gli Scotch Ale.

Ai Pagliaccio Rock in Roma FactoryLa band si esibirà sul main stage della manifestazione 2014

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INTE

RVIS

TE

Erano giorni che pioveva in quel di Milano, e fin qui nulla di strano vi-sto che si tratta della fine di Ottobre e quindi dell’inizio dell’autunno. Poi, come recita il famoso film “…poi ar-riva Anneke”. La cantante Olandese, oramai emancipatasi dal gruppo che le ha dato grandi soddisfazioni, i Gathering, torna in Italia per un concerto che non solo regala estratti dalla sua ultima fatica discografica “Drive” ma che permette di festeg-giare i primi 40 anni di quella che è oramai a tutti gli effetti una vera si-gnora del Rock.Lo show si svolge alla Salumeria della Musica, un bel locale di me-dia capienza e dall’atmosfera urban. Il primo gruppo a salire sul palco sono i Trillium, capitanati dalla singer Amanda Somerville, mez-zosoprano statunitense conosciuta soprattutto per aver collaborato con Michael Kiske, il produttore Sasha Paeth e gli Avantasia.La partenza è affidata a Machine Gun, tratta dall’ultimo album dei Trillium. Amanda è un’ottima can-tante ed ha una gran presenza sce-nica. Mistaken è un pezzo ritmato che permette agli astanti di cantare l’orecchiabile ritornello mentre in Purge la Sommerville dà sfoggio della sua tecnica passando da una timbrica calda e suadente agli acuti del refrain e permette ai ragazzi del-la band di spingere sull’acceleratore.Con Utter Descension si cambia re-gistro. La canzone parte acustica e si trasforma in un mid-tempo e Car-nival, trasporta brevemente indietro negli anni. La grintosa Cowards è il pezzo finale con cui i Trillium salu-tano. L’impressione è di aver seguito uno show di una band coesa e bel rodata e non il progetto solista della buona Amanda.Giusto il tempo di un rapido cambio palco ed è il momento di Anneke Van Giersbergen e i “Boys” della sua band. Per tutta la durata del con-certo si ha la sensazione che questo gruppo (batterista a parte) sia stato messo assieme reclutando si ragazzi

di talento ma anche dal look “giusto” per avere maggior appeal sul pubbli-co più giovane. Sono lontani i tempi dei Gathering. Il sound dell’Anneke solista si è evoluto in un convincente rock che potremmo definire maturo ma che non disdegna ne le sue origi-ni ne le accelerazioni.Aprono le danze due brani davvero molto rock tratti dall’ultimo album solista “Drive”, poi subito un regalo ed un omaggio al suo passato con Saturnine, canzone tra le migliori del repertorio Gathering. Giusto il tempo per un altro pezzo recente poi la band sciorina due brani che lasciano senza fiato per la loro carica emotiva: My Boy e 1000 Miles Away From You.Un attimo di pausa per i musicisti, la nostra imbraccia la chitarra acu-stica e il mondo inizia a rallentare. Tutti si sentiono più buoni mentre ascoltano una struggente versione di Beautiful One. Ancora una manciata di canzoni e il gruppo al completo esce dal palco. Sembrerebbe tutto fi-nito ma la cantante, richiamata dalla sua gente, fa capolino da dietro una tenda facendo la classica domanda “ne volete ancora?”.Inutile descrivere la reazione degli astanti. Lo show riprende con una bella versione per voce e piano di un pezzo che i Gathering non esegui-vano spesso dal vivo Broken Glass,. I bis proseguono con We Live On e il singolo tratto dal primo cd solista dell’artista Feel Alive mentre degna chiusura di questa serata di rock al femminile viene affidata a The Best Is Yet To Come dove Anneke giura cantando che “il meglio deve ancora venire e che noi non saremo come gli altri”Così il pubblico, soddisfatto e tra-sognato, abbondante ed eterogeneo esce dal locale, Anneke ha dimostra-to, casomai ce ne fosse stato bisogno, che la sua uscita dei Gathering è stata necessaria per far sbocciare la farfalla che era in lei e portarla alla maturazione che, oramai, è sotto gli occhi di tutti.

Anneke Van GiersbergenTesto e foto di Clode.

Torna in Italia la ex cantante dei Gathering

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INTERVISTE

Testo a cura di Ilaria Degl’Innocenti

Una band, una storia. Raggiunto Jake Wiffen il 10 novembre, prima del concerto all’Hessig Fabrik di Colonia, per parlare del tour. I Dead City Ruins, band proveniente da Melbourne, Australia, sono un gruppo che si ispira all’hard rock stile anni ’70 e ’80 principalmente.

Loro sono Jake Wiffen (vocals), Sean Blanchard (Rhythm Guitar), Andrew Alkemade (drums), Mick Quee (bass) and Tommy Teabag (lead guitar). Saranno in tour per Europa e UK con gli Ugly Kid Joe e gli Skid Row. Presenteranno il loro secondo album intitolato Dead City Ruins uscito nel corso del 2013. Jake parla della storia della band e tutto ciò che riguarda più da vicino i Dead City Ruins.

Una breve presentazione per i lettori di Tempi Dispari dei Dead City Ruins.

Jake:<< I Dead City Ruins sono una hard rock band che prende ispirazione da gruppi come Black Sabbath, Led Zeppelin, Deep Purple, Motörhead, Saxon, Ramones e altri. Queste sono le band che attualmente stiamo ascoltando>>.

Siete in tour in Europa, come band di support agli Skid Row e ad Ugly Kid Joe. Che cosa avete imparato? Quali sono state le vostre impressioni?

Jake:<<Si è trattata di una bellissima esperienza, siamo già stati in tour in Europa ma questa è la prima volta che facciamo da band di supporto a band importanti come gli Ugly Kid Joe e gli Skid Row. Ogni concerto ci ha insegnato qualcosa. Anche il pubblico era partecipe e molti di essi erano sold out. La cosa più bella è stato che gli Ugly Kid Joe e gli Skid Row ci hanno aiutato

moltissimo, anche questioni pratiche, come appuntamenti, cibo e altro. Questo lo abbiamo apprezzato moltissimo.

L’Australia è una terra molto lontana dall’Europa. Potete spiegare agli italiani il mondo della musica nel vostro paese? Quali band ci sono?

Jake:<< L’Australia ha molte rock bands, è piena. E’ molto difficile però spostarsi da una città all’altra quando si parte per un tour, perché sono molto lontane. Le band devono lavorare davvero sodo, molto più che in Europa, dove non c’è il problema dei voli. A Melbourne ci sono molte bands, come gli Electrik Dynamite, King of the North, My Dynamite, e molti altri>>.

Parliamo adesso della vostra musica iniziando dal vostro album di esordio. Midnight Killer.

Jake:<< Midnight Killer è diverso da questo nostro secondo album. E’ più ‘’punk rock’’ di Dead City Ruins, che è uscito quest’anno. E’ più influenzato da band britanniche, come i Saxon, gli Iron Maiden o i Deep Purple. E’ più ispirato al’hard rock ’70 e ’80>>.

A fine mese verrete in Italia. Un messaggio per i tuoi fans italiani?

Jake: << Sì, certamente. Siamo stati a suonare in Italia varie volte, siamo davvero felici di ritornarci e incontrare di nuovo i nostri amici e fans italiani>>.

Sean scrive sulla sua pagine di facebook:<<Stasera rock a Co-lonia! Un saluto alla Germania. Gli Skid Row ci hanno invitato come band di supporto in Italia! Non vediamo l’ora di incontra-re di nuovo i nostri fratelli italiani!

Dead City Ruins rulezJake Wiffen racconta l’ascesa e il tour con Skid Row

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Testo a cura di Valeria Liberatore e Chiara Vernarelli

20.58 circa, Estragon, Bologna. Le luci si spengono, ed i primi a salire sul palco sono i californiani Buckcherry, che con la loro Lit It Up, travolgente canzone d’apertura e una più che giusta parten-za, riescono a trascinare da subito il pubblico italiano, che nono-stante la grande energia del cantante, rimane comunque “compo-sto” nel godersi il concerto, se pur coinvolto. Nell’ora e 15 minuti che li vede imperversare sul palco, la band ripropone brani tratti da tutti e 5 gli album precedenti e, ovviamente dall’ultimo lavoro, Confessions; saranno Rescue Me e All Night Long, rispettivamente seconda e terza canzone della scaletta, ad animare questa folla, che sorprendentemente vede tra le presenze, non solo ragazzini, ma anche trentenni e più che trentenni, a dimostrazione del fatto che questa è una band che merita davvero, autentica e schietta, che suona uno sporco Rock’n’Roll, una formazione che sa essere incendiaria, e che ha attitudine da vendere. A farla da padrone sono sicuramente il cantante, Josh Todd, classe 1970, ed il chi-tarrista ritmico Stevie D. dalla notevole e spiccata personalità on-stage, che dispensa sorrisi, tira baci e lancia plettri continua-mente, riuscendo ad accontentare gran parte delle persone nelle prime file, che ingorde e disperate aspettano a mani aperte, di riuscire a portare via con sé un piccolo ricordo, testimonianza di un live davvero riuscito, con un Lead Singer dalla smagliante forma alla voce, a tratti malinconica, velenosa e un po’ sfacciata, carico, motivato, ed ammiccante, che sa bene come coinvolgere il pubblico, con il quale spesso dialoga, con un fare spavaldo, dove l’argomento principale sembra essere spesso il sesso e la sua ama-ta “vagiaina” territorio inesplorato, che ai più risulta sconosciuto, ma che nel caso dell’insolente californiano sembra non esserlo affatto, complici quei movimenti di bacino e quelle mimiche fac-ciali che con ogni probabilità sono riusciti ad ammaliare gran

parte del pubblico femminile presente ieri sera. Si prosegue poi con Fall, e con Everything, energica e melodica, e Sorry, ballad che il pubblico intona trasportato. Pezzo dopo pezzo, ogni singo-lo componente conferma e riconferma ancora le doti sceniche e tecniche, dagli strepitosi riff della chitarra solista del buon Keith Nelson, alla potente batteria di Xavier Muriel, che durante il Live dei colleghi HCSS, passeggerà tranquillo per il locale, e con un basso che però, rimane un po’ anonimo, quello di Jimmy “Two Fingers” Ashhurst. Ci pensano poi Next To You e Tired Of You a tenere animato il pubblico, e le impudenti note di Gluttony e Nothing Left But Tears ad alzare notevolmente il livello di adrena-lina, con un’energia che rimane stabile anche sulla musica di Rose e della trascinante e violenta, Crazy Bitch. La band lascia poi il palco qualche istante, e rientra praticamente subito, concluden-do il concerto con Greed, dove il basso riesce a farsi sentire, e con la dura Wrath. E dopo 75 minuti di rabbioso, essenziale e ispirato hard rock, il sipario cala, le luci si spengono, ma solo per poco, solo fino a quando gli svedesi HCSS non si impossessano della scena, pronti ad infiammare da subito il pubblico dell’Estragon.

È caldo il pubblico di Bologna e la maggior parte sembra essere lì proprio per loro: gli eroi scandinavi dal rock capace di sciogliere i ghiacci.Sono le 22.30 e puntuali le luci si spengono di nuovo, di sottofon-do parte come da copione l’intro omaggio a Ennio Morricone, This Worm’s For Ennio, ed ecco che sulle ultime note fanno il loro ingresso sul palco Martin Sandvick (basso), Vic Zino (chitarra) e Adde Andreasson (batteria) che cercano subito il contatto col pubblico, salutando e battendosi il pugno in petto come gesto di approvazione e rispetto verso la folla che li osanna. Intonano “Moonshine” ed è subito festa, tutti saltano accogliendo a gran voce il leader Jocke Berg (voce) che entra sul palco al massi-

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mo della forma, capellone e tatuatissimo, sfoggiando una cari-ca esplosiva. L’Estragon risponde con un pogo contagioso e lo scambio di energia tra palco e pubblico è subito tangibile.L’affiatamento e la forza che lega gli Hardcore Superstar dopo 8 album e 16 anni di carriera si avverte a pelle. È ora il momen-to di presentare “One more minute”, primo singolo estratto dal nuovo album “C’mon take on me”, a cui la folla risponde bene cantando a menadito ogni singola parola. La formula vincente della loro musica è questa: l’essere rock nei testi e musicalmen-te ma lasciando spazio all’ orecchiabilità e a quel non prendersi troppo sul serio di cui son schiave molte rockstar. Gli Hardcore Superstar si divertono sul palco, cercano il contatto coi fans, li coinvolgono, ci parlano e tutto quel che fanno lo fanno con entu-siasmo ed entusiasmano.È l’ora di qualche brano tratto da quello che è il loro album più riuscito dall’omonimo titolo, si passa quindi dalla potente “Kick on the upperclass” a “My good reputation”, due brani ribelli in perfetta attitudine rock. È un susseguirsi di hit a ritmo serrato con brevi intermezzi in cui Jocke fomenta il pubblico giocando a far riconoscere il titolo del brano che stanno per proporre. “Into debauchery” e “Guestlist” fanno ballare tutti senza sosta fino a la-sciare spazio alla prima ballata “Long time no see” in cui si spen-gono le luci e tutti si fermano partecipando coralmente al brano. La band ringrazia con affetto e continua a scatenare i presenti con altri due tiratissimi e travolgenti singoli “Dreamin in a ca-sket” e “Wild boys”, fino ad arrivare ad un grande classico del loro repertorio, “Someone special”, uno dei brani più vecchi della loro carriera che lo zoccolo duro dei fedelissimi apprezza molto. Ed ecco, prima del rientro per una breve pausa, l’ultima sferzata d’e-nergia della prima ora passata con loro, il secondo singolo estrat-to dal nuovo lavoro, “About the law”, in cui il cantante esorta ad alzare il dito medio mandando in quel posto “sconosciuto” ogni

“law” (legge) che ci sta stretta.Si spegne il palco ma solo apparentemente, parte un faro ad illu-minare il microfono e Jocke rientra intonando una delle ballate più riuscite, “Run to your mama”, che commuove, incanta e crea un’atmosfera unica di scambio diretto tra il cantante e il pubblico che si alternano le strofe del ritornello naturalmente e in cui la voce del leader si avverte finalmente limpida apparendo in una forma più che smagliante. Si termina con gli ultimi due pezzi, i più accattivanti e travolgenti per significato, riff e popolarità: si tratta di “Last call for alcohol”, un vero e proprio inno al vizio più amato da tutti in cui gli Hardcore Superstar ad ogni live fanno salire “on stage” alcune ragazze prese dalle prime file per brinda-re e cantare con loro. Concludono questo grande rock party col singolo che li ha resi celebri “We don’t celebrate sundays”, urlata a squarciagola da ogni singola persona.Ringraziano per l’ennesima volta abbracciandosi e inchinando-si dinnanzi al pubblico letteralmente estasiato, lanciano plettri, bacchette, baci e passano birre, scendono e stringono mani. Sono musicisti autentici, immensamente riconoscenti e umili nono-stante gli anni di carriera e le soddisfazioni ottenute, ed i loro show continuano ad essere impeccabili dal punto di vista tecnico e convincenti circa presenza scenica e affiatamento dei compo-nenti.Nel complesso entrambe le band non deludono, superando le aspettative di chi ancora sostiene una certa scena rock ne “main-stream” ne totalmente di nicchia e di chi ancora non li conosce approfonditamente.La “sfida” termina alla pari lasciando accaldati e soddisfatti tanto dalle intense sonorità scandinave quanto da quelle sexy califor-niane. Ancora una volta è il rock a vincere.

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APPROFONDIMENTO

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INTE

RVIS

TE

Dal punk/ska al “Fire style”, un mix tra alternative e punk rock. La storia di una band che raccoglie l’eredità di personaggi che hanno segnato l’underground nostrano con la loro musica e i loro testi senza mai fermarsi. Sono mutati i nomi che li han-no accompagnati e i riferimenti, ma non è cambiato lo spirito. Olly Riva si racconta ad Amedeo Ferrante e Diego Cianfriglia.

- Presentatevi brevemente.Ciao sono Olly Riva cantante dei THE FIRE. Siamo una band di Alternative rock; abbiamo più di 400 concerti alle spalle in Italia e all’estero, tre dischi, alcuni video-clip e ottime aperture per alcune star inter-nazionali.- Nome della Band. Com’è nato?Eravamo a Berlino a suonare. Dopo un anno giravamo ancora come Olly me-ets The Madbones. Un giorno a chiesto a Thorsten, il bassista dei Beatsteaks: “Hai un nome per una band come la nostra?”, lui senza battere ciglio mi rispose: THE FIRE. Controllando on line ho visto che miraco-losamente non ne esistevano di omonime se non band sciolte da tempo.- In Italia ci sono molte band emergenti che tentano di sfondare. Cosa consiglie-reste a questi nuovi musicisti?Lasciate perdere (ride). Suonate con pas-sione e per passione. I soldi non si fanno con la musica. Ormai nessuno compra i di-chi e chi vive di concerti ne deve fare a ton-nellate per portare a casa un degno stipen-dio. Ma per suonare tanto bisogna avere un discreto seguito e una determinazione esemplare per trovare le serate. Le agenzie lavorano quasi sempre solo con band affer-mate o con cover o tribute band.- Avete già inciso diversi album, ma tra tutti i vostri brani qual è quello che vi rappresenta di più, e perché?Credo Bohemian Burlesque, uno dei miei pezzi preferiti. Ci rappresenta perché in-clude e fa coesistere perfettamente la no-stra natura rock a quella più soft.- Di cosa parlano i vostri testi e chi li scri-ve?Parlano di Amore, sesso, scelte che si fan-no nella vita, di espressione e condivisione. Non siamo monotematici insomma. Negli anni abbiamo provveduto noi ai nostri testi e a volte con dei collaboratori esterni. Per lo

più statunitensi. Ora lavoriamo con un’au-trice italiana incredibilmente di talento: Marta Innocenti, songwriter, insegnante di canto, di inglese e anche un’ottima can-tante. Sia su Abracadabra sia in Supernova ha scritto dei testi incredibilmente perfet-ti sulle note che avevo scritto e quando la musica è in simbiosi con le parole la chimi-ca risponde con entusiasmo. - A che artista vi ispirate?Molti ma non per forza rock. Tom Waits per la teatralità, i Foo Fighters per l’one-stà, Danko Jones per il groove, Police per l’audacia e per il potere di saper mischiare, e tanti altri.- Cosa ne pensate delle nuove tecno-logie e dei nuovi modi di fare ed ascol-tare musica?Io lavoro come produttore in uno studio e sono saturo di band tutte uguali e di musi-cisti che usano la tecnologia per migliorare le proprie prestazioni. Uno dovrebbe rico-noscere i propri limiti e costruire un sound basato sulla semplicità, oppure in base al talento compositivo scrivere qualcosa di interessante. La tecnica non è arte. I nostri difetti fanno parte di un quadro che con gli ingredienti giusti emoziona le persone. La perfezione invece non dà emozioni e anzi appiattisce tutto dando solo una sensazio-ne di comodità acustica. Per questo le band moderne sembrano tutte uguali. - Perché il lettore dovrebbe venire ad un vostro live? Cosa dovrebbe aspettarsi?Credo che i nostri concerti siano onesti e passionali. Da noi ci si aspetta energia e potenza, ma anche delicatezza e mania del dettaglio. Poi abbiamo un umorismo tutto nostro che fa vivere il pubblico in sala pro-ve con noi. Almeno così ci dicono.- Alcuni di voi hanno altri progetti musi-cali oltre ai The Fire; come riuscite a con-ciliare gli impegni con ognuno di essi?Si io ho un mio progetto solista di Soul e R N’Blues anni 60. si chiama Olly Riva & The SoulRockets, Filippo invece ha un suo progetto Filippo Dallinferno, una band di Rock pesante in Italiano. Pelo fa il DJ di Rock, punk elettronica e mille altri generi..- Lasciate un saluto ai lettori di Tempi Dispari.Ciao ragazzi vi aspettiamo sotto il palco. I concerti sono l’ultima cosa rimasta per

condividere la musica originale, mentre le terri-bili coverband che infestano q u e s t o p a e s e suo-

na-no più di quelli che hanno una carriera lunga un chilometro. Non parlo solo di noi ma di band che dopo magari 20 anni di carriera si sciolgono per scarso interesse da parte del pub-blico che invece sembra sempre più apprezza-re imitatori di Freddie Mercury o Vasco. Il concet-to di a r t e nella m u -s i c a sem-b r a esser-s e n e anda-to e quel lo di bieco intratteni-mento sembra ristagnare in ogni angolo di questo paese.

Miscela incendiabile: The FireUnione Shandon+Madbones, la storia dal 2006 nelle parole di Olly Riva

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LIVE REPORT

Testo a cura di Andrea Stevoli e Antonella Tocca.Foto di Andrea Stevoli.

Staccare la spina a gruppi hard rock il più del-le volte equivale ad un’esperienza particolare. Non hanno fatto eccezione i Dhamm, in for-mazione originale, e Eric Martin, sabato 2 no-vembre all’Init club.Entrambe sono pezzi storici della musica. Da una parte gli italiani che dopo 16 anni di silen-zio e carriere soliste tornano a calcare i palchi assieme accompagnati da un nuovo disco. L’al-tro che non ha mai smesso di portare in giro la propria musica e l’eredità dei Mr Big.Da quel lontano 1994, anno di debutto pro-fessionistico, di tempo ne è trascorso e sulla band romana ha lasciato diversi segni. Look a parte, stilisticamente il gruppo di Alessio Ven-tura ha fatto diversi passi avanti. Soprattutto ha ascoltato l’evoluzione della musica in questi 20 anni e si sente. Al pubblico, sono stati poco più di 200 i paganti della serata, sono stati pro-posti i vecchi classici come Irene, già presente in versione acustica sul primo disco, accanto a La gente giudica, singolo trascinatore del nuo-vo lavoro in studio. Pochi fronzoli, luci basse, battute scambiate con le prime file e presenta-zione dei brani. Tutto in un’atmosfera rilassa-ta e da jam session. Diversi pezzi riarrangiati in versione acustica hanno presentato chiaro scuro nascosti dalla versione elettrica.Sulla lunga scia dell’atmosfera informale im-bastita dai Dhamm si è presentato Eric Mar-tin. Per i più un nome che non avrebbe bi-sogno di presentazione. Un volto e una voce storici dell’epoca d’oro dell’hard rock. Il tim-bro che ha indelebilmente segnato una delle canzoni più note non solo agli amanti del ge-nere. Cantante, leader dei Mr. Big, ora anche chitarrista con trent’anni di carriera alle spalle ha sciorinato i classici dei Mr. Big e il meglio

dei suoi brani da solista. 30 milioni di album venduti in tutto il mondo e collaborazioni con importanti nomi della scena rock inter-nazionale come AC/DC, ZZ Top, Van Halen e Toto che lo hanno portato a riscuotere ulte-riori consensi da aggiungere a quelli conqui-stati con i Mr. Big e come solista. Riassumere la performance di Martin potrebbe sembrare facile. One man band. One man band perché solo con la propria voce è riuscito a riempire l’intero auditorium. Non era e non è un chi-tarrista e lo strumento è servito esclusivamen-te da contorno alla performance vocale. Un concerto che ha segnato e stupito per lo spirito del cinquantatreenne vocalist americano e per l’inalterabilità della sue corde vocali. Eric ha cantato con la stessa voce di 20 addietro. Da buon professionista ha saputo condire il tut-to con battute, scherzi e un costante dialogo con il pubblico. Sul termine del tempo a sua disposizione Mr Martin ha chiamato accan-to a sé prima Mauro Munzi che lo ha aiutato ad eseguire il più grande dei suoi classici, To be with you, e poi tutti i Dhamm al completo per chiudere sulle note di Wild World e Sweet home Alabama. Fuori, ad aspettare il pubbli-co, non più Roma, ma una striscia di deserto e cielo stellato.

Scheda LocaleInit Club, in via della Stazione Tuscolana 133 a Roma, sorge a ridosso delle mura dell’acque-dotto antico romano a due passi dal Pigneto. Ospita eventi rock di ottimo livello nella sala doppia con palco ampio e ben attrezzato ed acustica all’altezza. Bar, giardino con tavoli e sedie completano l’atmosfera accogliente e vintage del club romano. Raggiungibile fa-cilmente anche con mezzi pubblici notturni. Parcheggio possibile per tempo.

Il cantante di una delle hard rock band più famose del pianeta solista in concerto acustico

Dopo i Mr.Big resta Mr.Martin

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LIVE R

EPOR

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Testo a cura di Yuri Fronteddu

Traffic Club, 15 Novembre 2013. Nessuno si sarebbe mai aspetta-to una serata “ violenta “ in un venerdì qualunque di novembre. Del resto, c’era da aspettarsi una sala concerti sovrabbondante di metalheads, in vista dell’evento Vomitory, Ultimo tour. Una notte rimasta nelle menti di tutti i presenti al Traffic Club.

Per quanto riguarda le guest bands, l’apertura brutal dei romani Dr. Gore ha scaldato gli ardori dei loro supporters in pit. Fra pogo ed headbanging la performance del primo gruppo, cono-sciuto nel metal estremo romano, ha creato un grosso afflusso di persone, fino alla trilogia finale Butchered, Autopsy, Reborn, tratta dall’ultimo loro album Rotting Remnants. Applauditi e ac-clamati da tutti.

A seguire, il duo Hastur, batteria e chitarra, ha scatenato tutta la sua adrenalina, regalando sei canzoni ritmicamente estrema-mente spinte. Il ritmo, infatti, cambiava talmente spesso e volen-tieri come nel progressive metal, che il pubblico che cercava di stargli dietro si perdeva nel momento esatto in cui prendeva una nuova rotta. Nonostante innumerevoli problemi tecnici, gli Ha-stur hanno proseguito a testa alta la loro tracklist, senza alcuna interruzione.

Il terzo gruppo, di Modena, Hateful, ha regalato la bellezza di undici canzoni, tutte improntate sul death metal. Durante questo concerto, l’afflusso di pubblico è ulteriormente aumentato I mo-denesi si sono concentrati molto sulla presentazione delle canzo-

ni tratte dal loro nuovo album Epilogue of Masquerade, rilasciato quest’estate il 24 Giugno. Death metal ben suonato e d’impatto con il bassista/cantante capace di mantenere un’ottima voce per tutta l’esibizione.

Ricevuti gli applausi da tutti, gli Hateful hanno ceduto il palco ai celeberrimi svedesi Vomitory. Gli headliners di Karlstad han-no dato un sonoro saluto d’addio ai loro fan romani, suonando tredici canzoni, intense ed estreme proprio come da loro solito sound death/thrash metal, d’un influenza quasi Slayer. Incitati sin dal loro ingresso, i Vomitory hanno suonato, per la maggior parte, canzoni tratte dal loro ultimo album Opus Mortis VIII e naturalmente qualcheduna dai primi album. Non si sono inter-rotti neppure per un secondo.Il pubblico, inoltre, si è dato a continui headbang e ripetuti sta-ge diving, che hanno rivoluzionato le sorti della performance. La durata del concerto è stata lunga, al di là della percezione di parte del pubblico. Un concerto che resterà nella storia di tut-ti i concerti death/thrash al Traffic Club. Triplo bis concesso tranquillamente dagli svedesi, come colpo di grazia a tutti i fan romani prima dello split-up definitivo che avverrà ufficialmente dopo l’ultima data, 27 dicembre 2013, “ a casa loro “ (Karlstad, Farewell Show).

I Vomitory, a fine serata, sono stati accolti da tutti i loro fan, per autografi, foto e qualche breve chiacchiera nel backstage all’aper-to del locale. Usciti più che soddisfatti dal palco.

La celebre band svedese saluta i fans con un ultimo sanguinolento giro di concerti

Vomitory, il tour dell’ addio

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APPROFONDIMENTO

Testo e foto a cura di Angela “Sin” Panzarella

Il live club è uno dei live club per eccellenza nel milanese, The Theatre Club. L’organizzazione è seguita, per questo mega-live, dalla nostrana Eagle Booking.Aprono la serata i lombardi Nefastis. Il gruppo è stato “travol-gente” non solo metaforicamente Stilisticamente ha colpito la ricerca curata (ma non esasperata) di melodie che, nel thrash, solitamente non sono incluse. Generosi di energia sul palco quanto di disponibilità fuori dallo stage, tanto che, al termine del concerto, Simone Colombo (voce e chitarra) e Andrea Lenzi (chitarra) si sono fermati a fare quattro chiacchiere con i presen-ti. Sicuramente una band da conoscere.Line-up: Simone Colombo - vox & guitars, Andrea Lenzi - gui-tars, Fulvio Manganini - Bass, Jacopo Casadio - Drums.Per maggiori info: http://www.nefastis.orgSi passa poi ai polacchi (con tanto di italico bassista) Blindead. E l’atmosfera si fa più sinfonicamente scura. Arte visuale/visiva e arte musicale si fondono in un mix di emozioni estremamen-te piacevoli, tra reminiscenze di band come Dark Tranquillity e Paradise Lost in chiave concettuale diversamente alternativa, variando da un doom metal a un progressive death metal, con tanto di punte di sludge atmosferico. Difficile rendere a parole nonostante aggettivi e quant’altro lo spettacolo che il gruppo ha proposto. Il pubblico ha risposto positivamente alla sorpresa. Diversi presenti a non conoscerli, ma tutti sono stati pienamen-te travolti dal combo che ha dimostrato piena padronanza del

palco, sia lato scenico che dal punto di vista di un’impeccabile esecuzione. Per chi non li conosce ancora, assolutamente da ri-cercare.Line-up: Patryk Zwolinski - vocals, Marek Zielinski - guitars, Mateusz Smierzchalski - guitars, Konrad Ciesielski - drums, Bar-tosz Hervy - keys + electronics, Matteo Bassoli - bass.Per maggiori info: https://www.facebook.com/blindeadofficialIn un attimo l’atmosfera cambia radicalmente. E’ il turno degli headliner Leprous. Norvegesi, giovanissimi ma già attivi come session musicians per nientepopòdimenoche i signori Emperor.Quello che si inizia a presentare sul palco è un tripudio di suoni e di colori, di immagini che scorrono dietro il palco e di un pub-blico completamente in visibilio. Il combo, per chi li vedeva per la prima volta, lascia di stucco. Tecnica indiscussa, un progres-sive ben strutturato, qualità musicali e canore che non passano certo inosservate ma colpiscono. Forse per il pubblico non molto amante dei virtuosismi tipici del prog, i prolungati e arzigogolati vocalizzi di Einar sono potruti risultare alquanto ostici, ma per l’attento ascoltatore, amante della musica ricercata e ben espressa con alta qualità di tecnica, gli stessi erano una sorta di richiamo delle sirene. Promossi a pienissimi voti , e, a giudicare dalla ri-sposta del pubblico che ha letteralmente invaso il Theatre e li ha osannati, magna cum laude da tutti!Line-up: Einar Solberg - Lead Vocal, Synth; Tor Oddmund Suhrke - Guitar, Vocal; Øystein Landsverk - Guitar, Vocal; Rein Blomquist - Bass; Tobias Ørnes Andersen - Drums.Per info: www.leprous.net

Leprous: giovani di talentoDalla norvegia cala in Italia per un unica data una tra le bands più talentuose di oggi

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LIVE R

EPOR

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London: Let the first wave arriveSold-out per i Soilwork all’Underworld Camden, come era faci-le prevedere. Location troppo piccola per il blasone della band anche se ormai tappa quasi obbligata di ogni tour che si rispet-ti. E il pubblico dell’Underworld si è stretto nel poco spazio accogliendo Soilwork e Keep of Kalessin in un caloroso abbraccio ed una partecipazione straordinaria.

In apertura i Ke e p of Kalessin, che pro- p r i o alla vigilia del tour hanno dovuto affron- tare la d ip ar t i t a d e l c a nt a nt e Torbj or n , costringen-do il chitar-rista Arnt Gronbech a ricoprire en-trambi i ruoli. In un inedito trio, l a

band ha suonato supportata da basi e sequenze piene di tastiere e se-conde chitarre ese-guendo un buon show anche se a livello s c e n i c o e tecnico si è sentita parec-chio la mancanza di u n frontman.

La voce di Arnt, molto simile a Mille Petroz-za dei Kreator, non ha registrato un grosso entusia-smo e anche l’impasto dei suoni non ha aiutato la band a colpire l’ascoltatore. Buona prova comunque vista l’emergenza cui i Keep hanno dovuto far fronte.

Dopo mezz’ora di cambio palco i Soliwork hanno iniziato alle 21:00 in punto. E sono partiti alla grande. “Long live the mi-santhrope” e “Tongue” hanno impressionato per precisione d’e-secuzione e qualità sonora. Due Peavey 6505 per entrambi i chitarristi, la loro clas- sica impostazione (con le due chitarre che esco- no dall’impianto separate destra

e sinistra e la tastiera e basso al centro) e una cura del suono davvero notevole.

Nel piccolo Underworld si è riu-scita a cogliere ogni singola nota e questo non sempre e’ possibi-

le specie nei concert i d e a t h

metal dove a volte si fa-

tica persino a distinguere tra un suono e un rumore. La presenza sceni-

ca di Bjorn Strid vale tutto il

prezzo del biglietto. Piccolo

palco, pochi movi-menti ma l’espres-sività dei gesti e la

qualità canora hanno fatto

centro. Ve-dendolo

fomentare il pubblico e sentendolo vivere ogni pez-

zo si capisce quanto debba ama-re ciò che fa. “Overload”, “Blind Eyes Halo” si sono alternate ai

n u o v i brani “This momentary Bliss” , “Vesta” e “Spec- trum of eternity”. I Soilwork non

hanno perso un colpo, sempre precisi e senza cali di tensione. Gran bello show con un arrivederci a marzo prossi-

mo quando torneranno a Londra all’O2 Islington insieme agli Overkill.

Sold out per Strid e soci all’Underworld

Testo a cura di Andrej Surace e Francesca di Ventura

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APPROFONDIMENTO

...ed un giorno arriva Jason Carmer a produrtiThe Fottutissimi, atto primoEccoci con Lello “Jello” Landi, voce e chitarra dei The Fottutissimi, band della provincia di Pesaro-Urbino che nasce più di undici anni fa, scorrazzando per mezza Italia a suon di rock grezzo e puro canta-to sia in inglese sia in italiano. Dopo due dischi ed un EP e vincitori di Rock Tar-gato Italia nel 2011, hanno la fortuna di essere notati in rete da uno dei maggiori produttori americani al momento: Jason Carmer.Il produttore californiano, vincitore del Grammy 2012 per la miglior produzione rock latina, scopre Lello e soci guardando i loro video su You tube.Entusiasta della loro musica, nel mese di aprile decide di volare in Italia per regi-strare e produrre artisticamente la band. Un sogno che diventa realtà che vuole sfidare il difficile mercato italiano, dove il rock è ancora un genere ostico alle mas-se. In Italia Carmer collabora da anni con Corrado Rustici, tra gli altri produttore di Ligabue e Noemi, ha lavorato e lavora tuttora con band americane del calibro dei Korn, The Donnas, Thirdeyeblidn, Run Dmc.Dopo undici anni di carriera, tornate con il terzo disco più agguerriti che mai. Ad Aprile avete lavorato al nuovo disco, dimmi quali sono state le sensazioni ed in che modo vi siete trovati con Carmer, ha fatto capire subito le sue intenzioni?- Prima di iniziare questa collaborazione c’è stato un intenso scambio di mail in cui abbiamo messo a fuoco alcuni aspet-ti importanti. Jason ha visto o per meglio dire “sentito” in noi qualcosa di fresco e nuovo rispetto alle cose che ci sono in giro ed ha ben pensato di buttarsi in que-sta esperienza. Da subito si è creato un

piacevole clima. Volevamo fare qualcosa di potente, con una forte identità, diverso dai precedenti lavori in cui spesso era dif-ficile capirne il “mondo” di appartenenza. Devo dire che in questo Jason ci ha aiutato moltissimo. È importante a volte avere un esperto osservatore esterno. Questo ti dà la possibilità di mettere a fuoco cose che prima risultavano poco nitide. Detto que-sto abbiamo cominciato a mettere mano agli arrangiamenti, un lavoro eccitante! Ci siamo resi conto di quanto sia efficace a volte il potere della semplificazione.Avete rivisitato qualche vecchio brano, modificando i testi in italiano.- Un produttore di nota fama mondiale ti chiama per fare un disco ma ha tempi stretti per collaborare con te. La cosa ti eccita per quanto ti spaventa perché sai di non avere abbastanza tempo per tirare fuori dal cilindro i conigli necessari, cosa fai? E’ una fortuna che molti dei nostri brani sono sconosciuti ai più e di sicuro i nostri sostenitori comprenderanno la scelta. Portare tutto in Italiano ci è stato suggerita dallo stesso Jason che è il primo a sostenere che una band Italiana ha molte più probabilità di combinare qualcosa nel proprio paese piuttosto che altrove. E’ vero che Carmer vi ha detto che il vo-stro disco dev’essere la colonna sonora del tragitto che uno studente universi-tario fa da casa propria all’università? Potrebbe essere anche il tragitto di un impiegato nel traffico di Roma o Milano non trovi?- Nella fase di pre-produzione, mr. Car-mer, seduto su una specie di sedia - amaca appesa al soffitto della sala prove, imma-ginava spesso di guidare. Dunque spesso la nostra musica suscitava in lui l’idea di

un viaggio. Data la breve durata dei brani e il contenuto dei testi, di sicuro un viag-gio verso l’università rendeva bene l’idea di un possibile target di riferimento. E’ logico che il disco può fare da colonna so-nora all’impiegato nel traffico di città, solo che lo stesso si godrà appieno i brani una volta uscito dalla serie infinita di semafo-ri. Questa musica ha voglia di non essere interrotta. Di cosa parlano le vostre nuove canzoni, cosa volete trasmettere al vostro pubbli-co?- Ti riporto ciò che è scritto nel comunica-to ufficiale di lancio del disco: “Una Babi-lonia d’inquietudini, di amori complicati, di denunce e di immagini di libertà impa-state da un linguaggio originale, semplice e d’effetto”. Cosa vogliamo trasmettere? Semplicità, coerenza stilistica e veritàComincerete un nuovo tour? Come vo-lete far girare il vostro disco nuovo?Mercoledì#Babilonia sarà distribuito inte-ramente online. A breve potrete trovarlo su I-tunes o spotify e in altre piattaforme digitali. Il tutto sarà supportato da un paio di singoli di lancio che potrete ascoltare anche su youtube. Noi siamo per una libe-ra diffusione, per quanto possibile. Trove-rete copie di questo disco anche ai nostri concerti. Il tour non è ancora in program-mazione, speriamo di toccare più città possibili ma è certo che una delle tappe fondamentali sarà il Rocknroll di Milano.

Intervista raccolta da Evangelos Vou tos

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TEMPI-DISPARITESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI NOVARA CON NUMERO Dec pre 15/2000

DIRETTORE RESPONSABILE:CARMINE RUBICCO

CAPOREDATTOREANTONELLA TOCCA

CONTATTIWWW.TEMPI-DISPARI.COM

Johnny Gunn speaks about States of Panic.........................................................................pagina 22Dead City Ruins - Interwiev..............................................................................................pagina 24 Dancing Crap - Live Report..............................................................................................pagina 25Soilwork- Live Report.......................................................................................................pagina 26Andromeda - Live Report.................................................................................................pagina 28

INDEX

EDITORIALDear English speaking friends,

Tempi-Dispari is an Italian magazine with a taste for off music, theatre, cinema, comics and arts born 12 weeks ago. A twenty-some group of professionals and their friends work everyday to create a symphony starting from a few chords made of pictures, live reports and album reviews, as much as short stories or interviews to famous or new bands. All of this you will find free everyday on www.tempi-dispari.com. Or, we should say, almost all of this.The very best of Tempi-Dispari has indeed been chosen, written in your language, printed and dedicated to you as a present and a token from Italian culture. Hope you enjoy it as much as we enjoyed writing it for you.Our best regards.

Antonella ToccaEditor-in-chief

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News, shows, and a new album release next year. Here is on Tem-pi Dispari the STATES OF PANIC’s world. It’s one of the most popular Scottish rock band composed by Johnny Gunn (voice), Rusty Gill (lead guitars), Dagan Wilkin (guitars), Hexy Glaze (bass) and Hammy (drums). Johnny Gunn speaks about the be-ginnings and so on in a ‘rock’n roll interview’.

Thanks for this time you are spending with Tempi Dispa-ri. Let’s start talking about your beginnings. States of Panic: Could you explain how your band began?Johnny Gunn: <<Well, most people will probably know of us by our former name ‘PEEPSHOW’ . The band is so different now that we felt that the old name didn’t really work for us and that the name PEEPSHOW kind of belonged to a different part of the bands history, a history that involved many different lineups.I guess we wanted to start fresh with a new name that represen-ted this lineup and something that reflected the kind of band we are now and the things we express in our music. So yea, STATES OF PANIC Began less than a year ago technically, but you could say it evolved from the primordial soup that was PEEPSHOW>>.

Recently, you did a gig in Helsinki. There were lots of fans who acclaimed your band. What feedback have you learnt from Trash fest? How will you translate it into music and lyrics?Johnny Gunn:<<Trashfest was such an incredible experience for us and I’ve got so much respect for Jo Sheldon (AKA: Mama Trash) who puts that event on every year. The poor girl was un-well and due for a major operation but she still managed to bring hundreds of cool people together and put on a blinder of a festi-val... now that’s hardcore Helsinki is such a cool city too and we met some really amazing Finnish friends. We miss them all alre-ady and can’t wait to get back! We met a lot of Russian friends too and were surprised to find out that we have quite a big Russian following. Some of our Russian friends even traveled 22 hours, just to come see us.! We were so humbled and I can’t express how much we appreciate their dedication to us. The reaction to our set was fantastic and the feedback too. I think we learned to just

keep doing what we’re doing because people are into it>>.

‘One of us’ is the brand new single you included in your la-test album, No World Order. It represents, for us, an evolution from your previous release. Why?Johnny Gunn:<<We’re much better song writers now. We know more about the world. We’ve matured as a band and I think the whole thing has become a kind of platform for us to rally the clans and bring together like-minded individuals who are as pis-sed off as we are with the way the world is. You know? Most of us are disenfranchised, under-represented, treated like cattle by an elitist political system that serves corporations and bankers, not us. I guess the purpose of the band is our way of trying to make a difference, bringing all this to the attention of younger people and inspiring them to do whatever they can to help bring about change. For those who aren’t interested in these things, they’ll still be entertained by our larger than life live show>>.

How does a song of yours come out?Johnny Gunn:<<We normally release our material independen-tly through our online shop and of course the music is also made available digitally through major outlets like Spotify, Amazon, iTunes etc..>>.

What are the artists you’re inspired by?Johnny Gunn:<<I’ve always been a big Guns N’ Roses fan. To me they always had a real authenticity and more substance than their other 80’s/90’s counterparts. Hanoi Rocks and Michael Monroe inspired me at a young age as well, again for pretty much the same reasons. I love all kinds of music though and find myself being inspired by everything from music to films and art. Just now I’m listening to a lot of modern bands like Escape the Fate, I See Stars, Dead By April, NIN’s new album>>.

You traveled a lot with your band, this time you went to Trash Fest. Have you got any road trips to tell?Johnny Gunn:<<One time we were driving down to London and

Johnny Gunn speaks about States of Panic’s world and project

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Rusty was literally abducted by aliens. Somehow we ended up on a dark country road and we saw this blinding light in the sky. Like it just came out of nowhere. We got out of the tour van and stared at this ball of light in absolute amazement. It was so un-real we couldn’t believe our eyes. There was a massive flash and then it disappeared. It was only when we got back in the van that we noticed we’d lost 1 hour. None of us could account for the lost time but Rusty said that he could remember being strapped down by the little people and probed in strange places>>.

In January 2012 you took part in a collaboration with another band, Crahdïet. You co-wrote three songs included in their most recent album, Generation Wild. Where did you meet this Sweden band and why did you decide to contribute to their album?Johnny Gunn:<<Me and Martin have been good friends for a long time. I once even auditioned to be Crahdïet’s singer after Oli left however my voice really changed their sound and it didn’t sound like Crash anymore. At the time they were considering maybe starting a new project with me on vocals but in the end they stuck with Crash and found Simon, who in my opinion is a better fit with their style of music. We’re all good mates and when we get together we write gold. Me and Martin have talked about meeting up again to write some songs, so hopefully we’ll find the time and do it!>>.

Positive and negative things you see into this modern Music World.Johnny Gunn:<<My biggest problem just now is that there’s a lot of meaningless drivel out there lacking in substance or any real authenticity. As a band, political and philosophical undertones have always been present in our music. We’re pissed of with the political systems in place that generation after generation, under-represents the average person. We’ve got real things to say, real concerns. That’s not to say we’re pretentious twats who take life too seriously, we’re still young guys who like to have a good time but our mission is to bring this political dissatisfaction to the fo-

refront and get more people fired up about it. You know offer up a bit of substance with the entertainment. I see some bands jum-ping on the wagon and trying to appear more politically engaged, but I’m not convinced it’s genuine. That’s the problem with fads, they can destroy a real movement by offering up plastic bullshit pretending to be the genuine article whilst undermining the whole thing. You can’t fool the children of the revolution though. From a positive perspective, there are a lot of bands out there with real things to say, who are engaged for real. That’s what we need more of I reckon... you know, like it was in the 60’s but with less hallucinogenics so we can actually be compos mentis enou-gh to fight the good fight>>.

What are your plans for the upcoming future?Johnny Gunn:<<Next year we’re releasing our new album ‘NO WORLD ORDER’ (mixed and mastered by the legendary Tobias Lindel) A new music video for a song called “Gun to my Head” . A whole line of new merch AND We’re in the process of setting up a PLEDGE Campaign which gives our friends and fans the opportunity to be a part of the whole process by raising funds and helping us make it the best release it can possibly be. There will be more information about the PLEDGE Campaign on our Facebook soon. We’re also playing HARD ROCK HELL Festival on November the 28th which we’re looking forward to tearing up and having a good ol party after. So yeah, the future is packed and we’ll be keeping busy as always>>.

Could you leave a message for all your Italian fans?Johnny Gunn:<<Thanks for all your continued support my Ita-lian brothers and sisters! We know you’ll love the new release and we cant wait to meet you on tour next year. It’s going to be phenomenal. Until then...’Essere eccellente tra loro !’’>>.

Thanks for your time with Tempi Dispari.

Word by Ilaria Degl’Innocenti

Johnny Gunn speaks about States of Panic’s world and project

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Ilaria Degl’Innocenti interviews Dead City Ruins

Sunday10th November. Hailing from Melbourne, Au-stralia, Dead City Ruins are an aggressive and power-ful mix of 70’s and 80’s rock swagger with a ‘’fucking-punk’’ attitude. They’re Jake Wiffen (vocals), Sean Blanchard(Rhythm Guitar), Andrew Alkemade (drums), Mick Quee (bass) and Tommy Teabag (lead guitar). They will be touring as Ugly Kid Joe and Skid Row’s support act on their European/UK tour. Dead City Ruins will present their latest self-titled second album, released in 2013. Jake talks about the band’s history and other news.

Let’s begin to introduce your band to Tempi Dispa-ri.Jake:<<Dead City Ruins are a hard rock band quite in-fluenced from bands like Black Sabbath, Led Zeppe-lin, Deep Purple, Motörhead, Saxon, Ramones. These are the bands we’ve been listening to, at the moment. >>.

We know you’re on tour here in Europe as support band for Skid Row and Ugly Kid Joe. Could you tell us about this experience?Jake:<<It has been very very good. We’ve been on tour in Europe, but this is the first time supporting such bands like Skid Row and Ugly Kid Joe. Every show has been amazing, a lot of them had been sold out. The crowd has been amazing, but the best thing of all has been that Ugly Kid Joe and Skid Row help us a lot, in such things like venues and so on. We’d been loving

it>>.

Australia is so far from Europe. Could you explain to Italians the Music World in Australia?Jake:<<Australia has a lot of rock bands, but it’s very hard to tour in Australia, because all of the cities are very far away. So, bands have really to work hard for shows than in Europe where cities are quite near. In Australia they have to spend a lot on flights. That’s why we have to really work hard. In Melbourne there are lots of bands, like Electrik Dynamite, King of the North, My Dynamite>>.

Let’s speak about your music with your debut al-bum. MidnightKiller. It’s quite different from your second album, Dead City Ruins.Jake:<<Midnight Killer was different from this second album. This was more ‘’punk rock’’ than Dead City Ruins we’ve just released this year. It’s much more like british bands like Saxon, Iron Maiden, Deep Purple. It’s just inspired to 70’s and 80’s hard rock music>>.

At the end of this month you’ll be on tour in Italy. Could you leave a message for your Italian fans?Jake:<<Yes, we’ve been many times in Italy, we’ve real-ly loved coming to Italy and meet our friends again>>.

Sean writes on his facebook page :’’Rocking Cologne tonight! Loving Germany. The legends that are Skid Row have invited us to support them in Italy! Can’t wait to catch up with my Italian brothers!’’

Dead City Ruins rulez

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Words and pics by Francesca di Ventura and Andrej SuraceFriday night, heading towards Nambucca, not to get on stage this time, but to attend what is claimed to be an interesting show: 4 bands, four different sounds and lyrical contents, connected by Halloween celebration.

First on stage are the Italian Dancing Crap, one hour late on schedule, due to the absence of the headliner.

Our fellow countrymen, relocated in London a month ago, have energy and technical skills. The lead singer, Ronnie, is a capable captain and his crew cleverly follows his guidelines on stage.

Proving to be polyhedral musicians, the band starts the show in different roles from their usual, coming back to their canonical instruments from the second track, in a funny ‘gag’ that amuses the crowd and captures the attention.

The combo wisely mixes rock, punk, rockabilly, funk, counting on an accurate rhythmic section that delivers a very captivating groove. Ronnie is a good singer and entertainer, and he’s able to fill the gaps in the show generated by some technical issues afflic-ting the skilled but unlucky bassist.

After 35 mins, they leave the stage to the young Descent from Aten, who, despite their age (the singer barely manages to enter

the club, being freshly 18), run a high value deathcore show. Im-possible not to ask yourself how can a deep voice like that come out from a skinny boy like Mac Mills: his scream is so powerful and well administered. The band delivers the usual db impact expected from this genre, but through defined guitar riffs, which come “clean” in their intentions. It is also the case to award these guys for their sincere participation to the Dancing Crap show.

Final act: Chasing Immortaly. These young musicians definitely have skills: their deathcore is rich in tempo changes and guitar riffs, recalling late 90’s Scandinavian death metal. The band pro-poses tracks from their new EP, “New blood”. Tied rhythms and a good care of the sound, which underline their high level skills.

VENUE INFO

Live music area wisely kept separate from the pub/bar area, good acoustic, no parking zone and sensible distance from the nearest underground station (which penalizes the venue, sadly lacking in indigenous customers), shameful bands treatment.

Words and pics by Andrej Surace and Francesca di Ventura

Halloween at NambuccaDancing Crap

italian band in UK

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London: Let the first wave arriveEasy to forecast, Soilwork are announced at the Uderworld Camden and it’s a quick sold-out. The lo-cation, too small for such a well-recognised band, has nevertheless become a required stop into any respectable tour. The crowd has held both Soilwork and Keep of Kalessin in a warm embrace and spread their love towards the two bands.Opening act, Keep of Kales- sin, who had to face the leaving of their singer, Torbjorn, at the dawn of their tour, forcing the guitarist Arnt

Gronbech to play both roles.The band performed as a trio supported by pre-recor-ded se-

quen-ces full of keyboards and guitars basis, delivering a good show, though the absence of a frontman could be undenia-bly sensed.Arnt’s voice, very similar to Kreator’s singer Mille Petrozza, did not impress the crowd and the melting of the sounds did not help. However, con- sidering the emergency they had to face, the band has to be acknowledged for their brave- ness and skills.Half an hour for stage preparation and Soilwork are on. Theirs is a majestic beginning: playing “Long live the mi-

santhrope” and “Tongue” the band astounded the crowd with their precision and sound quality. The two guitarists set their classic gears: two Peavey 6505 and directional

speakers. Bass and keyboard came from the central speakers.Every single note could be appreciated in such a small room, which is not always possible

during a live show, especially in death me-tal performances, where usually

you struggle with discrimina-ting sound from noise.Bjorn Strid stage presence is

well worth the ticket prize

for itself. With few

but very mea-ningful gestures

and a great sin-ging performan-ce, he definitely

hit the tar-

get. You can tell by the

way he encoura-ges the crowd to participate and

deeply feels the songs that

he really loves

what he does. “Overload“, “Blind Eyes Halo”

but also new tracks such as “This momentary Bliss“, “Ve-sta” e “Spectrum of eternity”

were proposed.Soilwork never missed a beat, maintaining

the highest quality level from the beginning to the end.

Looking forward to seeing them again in London at the O2 Islington, together with Overkill.

Sold out for Strid & C. to Underworld

Words by Andrej Surace e Francesca di Ventura

LIVE R

EPOR

T

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The Swedish band Andromeda is quite the kind of prog metal able to catch my attention. Maybe it’s because of the care for technicality in playing but not as an end to itself, as it is in most of other bands in this genre. Seeing them live is always a pleasure, especially for the obsessive research of sound perfection.

The Underworld Camden has been a perfect location for two very good support bands and Johan Reinholdz’s. It is quite a shame that the crowd was not that of the big events, but this is just a reflection of the fact that prog metal is not that popular in the UK.

The Greek band Until Rain opened the music night. The guys from Salonicco present a very well played prog/po-wer metal even if not shining for originality. During their time on stage they played almost all songs of their freshly recorded (at the Fascinascion Street Studio in Sweden) new album “Anthem to Creation”. A really enjoyable show made of appropriate keyboard sounds and very good guitar riffs.

A quick back-line change and Damnation Angels are on stage. The band from Donaster delivers a rock ‘n roll which set the (small) crowd on fire. The band is pure energy and the frontman has got a magnetic personality. Their debut album “Bringer of Light” is a heap of excellent symphonic and power metal.

New back-line change and it’s Andromeda’s time. This is the first time I can see a 7 strings bass in action, with all those delay/phaser effects. This is Linus Abrahamson‘s pe-culiarity: the bass is also a solo instrument, not only part of the rhythmic section. “The world Unspoken” is maybe their most popular songs, and they go with it for opening their show.

Johan Reinholdz is in great shape, his guitar sound is ama-zing and taking a look at his gear I find out that even with a simple Line 6 pod and a fifthy/fifthy Mesa terrific sounds can be produced.

“In the deepest of Waters” and “Survival of the richest” are perfectly performed. The ability of the band to switch from heavy complex stuff to atmospheric tracks is impressive. Each element has got his own room without exceeding in exasperate virtuosity. They certainly deserve a greater au-dience. I do hope their tour have a higher resonance. There were less than 100 people at the Underworld…..How weird the music business is…

The redeeming beauty of music in Andromeda’s myth

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OFON

DIME

NTO

Crimeless Blast III 13 del R’n’Roll di Torvajanica

Desecrated Horror Vacui Cigarettes for my Dolls

Massive Blast

Secrettowers Physical Noise Merci Pericolose

InsaneheadNovomundoHellucination

Collateral Damage Hardcuor Inkblade

E’ tornato in azione l’8 novembre il tritti-co che ha fatto suonare il maggior numero di band di tutta la penisola. StirredZone, Metalland e MetalFabbro si sono riuniti nuovamente per dare avvio al Crimeless Blast parte seconda. A poco più di un mese dalla prima edizione sono stati raccolti al-tri 14 gruppi che si sono alternati sul palco del Rock ‘n Roll di Torvajanica. Grande soddisfazione per gli organizzatori e per le band che, come sempre, hanno rispettato lo spirito dell’iniziativa che rimane quello di una grande festa per i gruppi emergen-ti. Di seguito i nomi delle 13 bands che si

sono esibite per l’occasione: Cigarettes of my DollsCollaterale DamageDesecratedHellucinationHorror VacuiInkbladeInsaneheadMassive BlastMerci PericoloseNovomundoPhysical NoiseSecrettowers

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INTERVISTE

I primi 10 anni del NovarajazzA pochi mesi dal giro di boa Corrado Beldì racconta

Testo e foto a cura di Emanuele Meschini

Era il 2004 e faceva la sua prima apparizione il Novara Jazz Fe-stival. Buona musica, produzioni d’avanguardia e tanti appassio-nati. Ma come nasce questa iniziativa? “Quasi per caso – ricorda il direttore artistico della manifestazione Corrado Beldì – avem-mo l’idea di fare un concerto a cui fu invitato Paolo Fresu con un direttore d’orchestra americano, Butch Morris. Da lì nacque l‘idea di fare un festival: così il primo anno due concerti, il se-condo anno tre, il terzo anno abbiamo cercato sponsor e siamo decollati cercando sempre di creare un’iniziativa che facesse an-che da traino per la città”. Come mai è stata scelta proprio No-vara? “Perché noi siamo novaresi – dice Beldì – anche se, devo dire la verità, io era già qualche tempo che non vivevo a Novara e mi occupavo di musica su alcune riviste specializzate a Mila-no. Però c’era il desiderio di fare qualcosa di interessante nella mia città: così abbiamo capito che c’era spazio per fare qualcosa. Siamo cresciuti pian piano con tanti amici che sono venuti ad aiutarci e così è nato il Novara Jazz Festival”. Ma qual è l’idea che c’è alla base di questo festival? Cosa caratterizza i concerti? “La nostra intenzione è quella di fare musica di ricerca, che però non vuol dire necessariamente musica difficile, diciamo musica non banale. Il concetto – continua il direttore artistico – è che i concerti che proponiamo difficilmente si possono vedere da altre parti. L’originalità è un cardine fondamentale: noi spesso faccia-mo delle nuove produzioni o concerti che non sono mai stati fatti

in Italia. Il 90% circa delle esibizioni non sono mai state viste nel nostro Paese”. La cosa interessante, per il panorama della cultura italiana, è che alcuni di questi progetti nascono appositamente per il Novara Jazz Festival: “Noi – commenta Beldì – siccome giriamo per l’Italia a sentire concerti ci piace molto l’idea di por-tare a Novara cose che non possiamo sentire in altri luoghi, e di questo siamo orgogliosi”. Questo modo di lavorare ha portato negli anni, grazie ai rapporti creati nel mondo della musica, a interessanti incontri: “Spesso sono i musicisti a proporci i loro progetti che non riescono a portare sul palco in altre città perché sanno che non siamo molto ricettivi da questo punto di vista”. Chiedere al direttore artistico qual è l progetto che gli è piaciuto di più è un po’ come chiedere alla mamma quale figlio preferi-sce, però una piccola preferenza ce l’ha anche lui: “Il compositore americano Wayne Horvitz – dice Beldì – sarà a Novara a maggio per una settimana e gli abbiamo chiesto di formare un nuovo en-samble europeo: così prenderemo tre musicisti da Amsterdam, tre da Berlino, tre da Londra e tre italiani che cammineranno con le proprie gambe e speriamo possano partecipare ai vari festival europei. Novara diventa così un’incubatrice di idee”. Ma il festival non si ferma, è sempre tutto in divenire: “Siamo arrivati a 10 anni di festival e vorremmo crescere ancora. Vogliamo che la città pos-sa accogliere pubblico da fuori e che partecipi al nostro progetto. Siamo soddisfatti di quello che abbiamo fatto finora – conclude il direttore artistico Corrado Beldì – però vogliamo continuare a crescere e speriamo che la città e il territorio ci seguano”.

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Testo di Bendetta Lattanzi - Foto Pietro Cerquatti

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OFON

DIME

NTO Lucca C & G: verso l’infinito ed oltre

Di anno in anno sempre più pubblico per la fiera toscanaCon questa edizione, Lucca ha festeggiato il ventennale di Lucca Comics & Games (1993-2013) e come ogni anno ha of-ferto un pacchetto molto ricco di ospiti, cosplay, autori, musi-ca e chi più ne ha più ne metta.Quest’anno si è superato il nu-mero di oltre duecentomila vi-sitatori in 4 giorni, surclassato il record di 180.000 presenze del 2012. L’afflusso straordi-nario del 1 e del 2 novembre, con 70mila visitatori al gior-no, ha sicuramente causato dei disagi ad una cittadina che forse non era preparatissima a tale mole di visitatori, anche se bisogna dire che tranne le estenuanti e inevitabili file agli ingressi per il resto l’or-ganizzazione dell’evento si è fatta trovare adeguatamente preparata, qualche piccolo in-toppo si è verificato il venerdì giorno in cui si è raggiunto l’apice massimo di persone, mandando in tilt il traffico stradale ma specialmente quel-lo delle comunicazioni gsm dei telefonini che specialmen-te nelle ore pomeridiane era-no praticamente inutilizzabili.I numeri di Lucca Comics

and Games 2013 sono sta-ti impressionanti, e portano questa manifestazione a es-sere per ordine di importan-za la seconda in Europa e tra le primissime nel mondo.Divisa in 5 sezioni: Comics, Games, Junior, Music& Co-splay e Movie, occupando una ventina di aree del centro sto-rico delimitato dalle splendide mura che ne fanno da cornice in una sorta di cittadella del fantasy, atmosfera che solo Lucca sa dare in questa ma-nifestazione con 700 stands dove c’è stato un evento ogni minuto e mezzo, che equival-gono a qualcosa come settan-totto eventi all’ora, decisamen-te un record, impossibili da seguire tutti ma sicuramente hanno soddisfatto tutti i gusti.Oltre al fumetto anche il pa-norama musicale per lo più tematico non è stato da meno, sempre presente a Lucca con un palco concerti davvero degno di un grande festival e suggestivamente collocato su uno dei bastioni principali meta dei raduni dei cosplayer.

Hanno diviso il palco: Cristi-

na D’Avena, Gemboy, Rag-gi Fotonici e gruppi giap-ponesi, Mika Kobayashi, Master K, fino alle pole-dancers Tokyo Dolores e lo show di Daniele Silvestri.La piccola Lucca ha dovuto soccombere alle orde di visi-tatori che come formiche ope-raie correvano indaffarate tra i cunicoli della cittadina tra an-teprime cinematografiche, sfi-late di 1600 Cosplayer, incontri con i grandi artisti del fumetto mondiale, scrittori famosi, bellissime mostre, videoga-me, code lunghissime per per gli stand a caccia di autografi, schizzi, rarità e ultime uscite.Ogni stand, ogni marchio ha dato il loro meglio per stupi-re la folla come per esempio il lancio del nuovo videoga-mes della Ubisoft “Assassin’s Creed - Black flag” che ha organizzato uno spettacola-re bungee jumping appena fuori le mura per simulare il noto “Salto della fede” effet-tuato dagli assassini nel gioco.Spettacolare è stato, sabato 2 novembre, il SaTHORday inaugurato grazie a un gi-gantesco Mjolnir, il martello

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APPROFONDIMENTO

Lucca C & G: verso l’infinito ed oltredi Thor, caduto dal cielo de-molendo il pavimento della piazza e ovviamente subito delimitato e circondato da-gli agenti dello “S.H.I.E.L.D.”, seguito poi nel pomeriggio dalle proiezioni dell’antepri-ma del film che solo chi è ri-uscito ad entrare nel piccolo cinema è riuscito a vedere.

La Warnerner nel suo padi-glione aveva in mostra una re-plica del “Trono di Spade” con tanto di figuranti molto reali-stico ma quasi impossibile da visitare a causa di lunghe code.Senza dubbio il giovedì resta il giorno ideale per muoversi all’interno di Lucca Comics & Games, specialmente la matti-na essendo un giorno lavora-tivo, ma anche il pomeriggio non ha registrato un afflusso eccessivo di persone; questo ha permesso di visitare quasi tutta l’intera fiera senza diffi-coltà. Nonostante qualche di-fettuccio riscontrato nella se-gnaletica, il venerdì e il sabato sono stati i giorni con mag-giore afflusso e con più pro-blematiche, specie poi quando anche il maltempo ci ha messo la sua costringendo parecchi visitatori ad affollarsi negli stand. La domenica via via è tornata la normalità, la citta-dina di Lucca si è risvegliata il lunedì tra i rumori degli ope-rai che smontavano gli stands, nella consapevolezza di aver dimostrato ancora una volta che per quattro giorni quando vi è unità di intenti e voglia di fare anche in Italia si pos-sono organizzare manifesta-zioni che non hanno nulla da invidiare al resto del mondo.Il photo report comple-to di Lucca Comics & Ga-mes 2013 su Stonewolf Arts

Di anno in anno sempre più pubblico per la fiera toscana

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OFON

DIME

NTO

Tempi Dispari incontra Enzo Rizzi l’autore di “Heavy Bone“, appassionato di musica Rock/Metal parla del suo ultimo lavo-ro “Heavy Bone: Storia del Rock a fumetti”, della sua esperienza nell’unire la cultura musicale con il mondo del fumetto:

“Heavy Bone: La storia del Rock a fumetti: forse questa è la do-manda più banale che le avranno già fatto in molti, ma perché realizzare un fumetto sul Rock?

“Disegnare il Rock” è sempre stata la mia passione infatti già nel 1991 e sino al 1996 portai avanti da solo una fanzine intitolata “Comics &Roll” caratterizzta da illustrazioni e fumetti dedicati alle mie band preferite.

Heavy Bone è una sorta di atipico insegnante, un Virgilio che ci guida tra le spire infernali del Rock, non limitandosi a “mo-strare”; ce lo può descrivere, quando è nato e perché?

“Heavy Bone” è nato in m niera spontanea, improvvisa, dopo che per anni mi ero “nutrito” di fumetti Horror, ascoltato musica Heavy Metal e letto decine di articoli nei quali si parlava della co-siddetta “Maledizione del Rock” che aveva portato tante famose rockstar alla morte, tutte al compimento del ventisettesimo anno di età. Pensai di dare un volto a questa maledizione…nacque così il mio zombie metallaro serial-killer di rockstar che anche in questo nuovo volume svolge la funzione di story-teller (testi delle Bio a cura dello scrittore Francesco Ceccamea).

In questo periodo l’apporto del computer aiuta molto, specie nel colorare le tavole creando effetti cromatici sicuramente d’impatto visivo per il lettore; nel vostro lavoro estremamente realistico nel tratto la scelta del bianco e nero è voluta?

Mi considero un disegnatore rozzo ed underground, di conse-guenza il bianco e nero così netto, finisce con l’essere la logica conseguenza del mio stile e dei miei limiti.

Da appassionato di musica come vede la scena rock/metal

italiana? Ci sono band che le hanno d e s t a t o interesse o che le i spi r an o eventuali c o l l a b o -razioni?

La scena rock/metal italiana è sempre stata frequentata da band in grado di competere con i grandi nomi stranieri ma non è mai stato facile per i nostri gruppi far-si notare da case di-scografiche in grado di farle fare il “salto di qualità”. Es-sendo un appassiona-to di Horror, se mi chiedi il nome di una band p r e f e r i t a , non posso che citarti i “Death SS” che ho avuto modo di raf-figurare più volte.

I fumetti e la storia della musicaDalla matita di Enzo Rizzi i grandi del rock si raccontanoTesto a cura di Pietro Cerquatti

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APPROFONDIMENTO

Lei che è stato di recente ospi-te di “Lucca Comics & Ga-mes”, la manifestazione che quest’anno ha battuto tutti i precedenti record di affluen-za, nota un maggiore inte-resse degli italiani verso il mondo del fumetto? Come è andata l’esperienza di Lucca?

Come al solito “Lucca Comics” ti distrugge fisicamente ma ti alza il livello di adrenalina. In-contrare i fan di Heavy Bone, parlare con loro di musica e

fumetti, passare del tempo con tanti professionisti è un espe-rienza meravigliosa, che ti ar-ricchisce e che da un senso ai mesi passati a casa a disegnare.

Quali progetti ha in serbo per il futuro?

Sicuramente qualcosa legata al mio zombie ma anche ad un nuovo personaggio di mia creazione,”Zartana: lo Strego-ne Blues“, un fumetto “Horror-Western”.

I fumetti e la storia della musicaDalla matita di Enzo Rizzi i grandi del rock si raccontano

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TEAT

RO

4 Briganti contro la violenza sulle donneGrande successo per il Don Eugenio di Alberto BuccoliniTesto e foto a cura di Carmine Rubicco

Prosegue l’ottima risposta di pubblico per il Teatro Elettra con la rappresentazione I 4 Briganti, seconda stagione. Prosegue così bene che la compagnia, guidata dal regista e attore Alberto Buc-colini, ha deciso di prorogare le repliche dello spettacolo “fino ad esaurimento richieste”. La piece rappresentata, opera di un autore pesarese contemporaneo, Paolo Cappelloni, accompagna lo spettatore in un viaggio verso l’emancipazione femminile con leggerezza e divertimento, ma non per questo in modo ineffica-ce. Tuttavia non è solo questo l’aspetto trattato. La vicenda narra

anche del rapporto tra uomo e religione, dei rapporti umani tout court, delle dinamiche nelle relazioni di coppia, delle priorità che ogni persona si dà nel corso della vita. L’allestimento è egregia-mente ottimizzato per lo spazio a disposizione degli attori. Tutto si svolge in una sola stanza, la sacrestia, dove si alternano i diversi personaggi richiamati da una “qualche ricchezza”. Che si tratti di cibo, per la maggior parte, o di ipotetici tesori nascosti “perché i preti le fanno queste cose”, tutti passano da un don Eugenio (Buccolini) sempre pronto a dare una mano. Talmente pronto da non lasciarsi sfuggire l’occasione di cercare di riportare almeno due dei quattro briganti sulla retta via. Talmente pronto che sa-

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TEATRO

Testo a cura di Marisa Rraucci

4 Briganti contro la violenza sulle donneGrande successo per il Don Eugenio di Alberto Buccolini

crifica tutto il suo pasto offrendolo ora a questo ora a quel biso-gnoso. Talmente pronto da non essere lui il protagonista effettivo della commedia. Contrariamente a quanto potrebbe apparire, non ruota tutto attorno a don Eugenio. Il prelato è solo la scusa perché le cose accadano, non ne è il motore. È il catalizzatore degli avvenimenti. Colui che rende possibili cambiamenti di rot-ta. Una sorta di grillo parlante scanzonato e per nulla pedante. Bravi tutti gli attori, preparati e pienamente nei personaggi, cosa che ha conferito passo ottimale allo spettacolo. Inequivocabili e ben integrati i richiami ai grandi del teatro e del cinema italiano della prima metà del secolo scorso così come immediati alcuni

siparietti tipici della commedia nostrana. Unica nota forse disso-nante nell’insieme il personaggio della “brigantessa” portatrice del messaggio femminista antesignano e tinteggiata a colori forse troppo forti rispetto agli altri. Tirando le somme, in chiusura di sipario, uno spettacolo ben riuscito, con attori di indubbio valore e un copione impegnato quanto basta.

Il cast è composta da: Aldo E. Castellani, Grazia Latorre, Teresa Luchena, Palma Karmen D’Addeo, Goffredo Marsiliani, Dario Scarpati, Gian-carlo Martini, Flavia Pinti e Alberto Buccolini

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TEAT

RO

Un freddo mercoledì di no-vembre. Roma sotto una piog-gia scrosciante. Direzione Te-atro Brancaccio. Ad un certo punto, come per magia, pri-ma dello spettacolo il cielo si apre, smette di piovere. È tutto pronto per il grande evento. Anche la luna osserverà Giam-piero Ingrassia vestire i panni del brillante e stimato dottor Frederick Frankenstein (al cinema fu Gene Wilder), il protagonista di Frankenstein Junior, la nuova produzione di Compagnia della Rancia, uno dei celebri personaggi che hanno fatto del film di Mel Brooks un vero cult.Il termine dello spettacolo ir-resistibile ed entusiasmante una serie di applausi intermi-nabili e quanto mai meritati. Nei ricordi e nella memoria dei presenti rimangono inde-lebili i canti, i suoni, le imma-gini di uno show di altissimo livello per qualità e coinvolgi-mento.

La regia diretta da Saverio Marconi (con la regia asso-ciata di Marco Iacomelli) e la sceneggiatura particolarmente attenta e capace ha trasferito il film nel musical in modo sapiente ed oculato, gli inter-venti musicali dei protagonisti ben studiati ed elaborati, han-no arricchito ancora di più una storia già di per sè grandiosa. Il bianco e nero della pellicola è stato ottimamente sostituito da una sapiente gestione delle luci di Valerio Tiberi e un ot-tima scenografia disegnata da Gabriele Moreschi.Certo l’aspetto più evidente è ciò che è stato trasferito al pubblico: la grande comicità espressa in particolare da una magistrale interpretazione di Igor, servo fedele al castello e disinvoltamente incurante della propria gobba da parte di Mauro Simone (Grease, Pi-nocchio il grande musical, regia di Tre metri sopra il cielo). Sen-za trascurare la scelta di Altea

Russo (La Piccola Bottega degli Orrori, A Qualcuno Piace Cal-do, Bulli e Pupe, Hello, Dolly!) nel ruolo della sinistra e mi-steriosa Frau Blücher, prati-camente identica all’originale nella sua “involontaria” comi-cità.Notevoli le qualità canore dei protagonisti che in più occa-sioni hanno “cullato” il pubbli-co, in particolare la brava Va-lentina Gullace (Jesus Christ Superstar, Cabaret, High Scho-ol Musical, Aladin, Salvatore Giuliano) interprete di Inga, assistente devota di Frederick e Giulia Ottonello (Cantando sotto la pioggia, Cats), dalle straordinarie capacità vocali unite a un naturale talento co-mico, interpreterà Elizabeth, viziata ed egocentrica fidanza-ta di Frederick.Nota di merito al baritono Fa-brizio Corucci nei panni de “ Il Mostro”, l’imponente cre-atura riportata in vita grazie agli esperimenti del Dottor

Frankenstein, uno dei ruoli più difficili da interpretare ed eseguito magistralmente dallo stesso, trasmettendo al pubbli-co una serie di emozioni, dalla goffaggine e rabbia e dall’amo-re e dolcezza di un Mostro che poi tanto tale non è.Il tutto orchestrato dal grande interprete e dal protagonista principale Giampiero Ingras-sia, che ha avuto l’onore e l’o-nere di “sostituire” il grande Gene Wilder dando prova di una grande capacità interpre-tativa canora e presenza sce-nica.E’ ormai passato del tempo, ma comunque continuano a ri-suonare emozioni, risate, ener-gie positive di uno spettacolo da non perdere e che dal 2007 sta regalando divertimento al mondo celebrando un film che ormai è entrato nella storia del cinema contemporaneo se non per meriti di critica certo per meriti “generazionali” osanna-to e amato da tantissimi fans.

Mentre per il cult di Mel Brooks si avvicinano i 40, arriva in Italiala versione musical del celebre lungometraggio

“Ab qualcosa...” al Brancaccio Giampiero Ingrassia nei panni di Gene Wilder

A quasi 40 anni dalla sua pri-ma uscita il film di Mel Bro-oks sembra non accusare il trascorrere del tempo tanto da esse ritornato, anche se per un solo giorno, nelle sale cinema-tografiche

Testo a cura di Luca Caparrelli - Per le informazioni sul fim si ringrazia http://www.frankensteinjunior.it/

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CINEMA

Il FilmTitolo originale: Young Fran-kensteinDurata: 102 minuti circaPellicola: interamente in bian-co e nero

Uscito nel 1974, il film è di proprietà della Twentieth Century Fox Film Corpora-tion. Tradotto in quasi tutte le lingue in versione VHS, dal 16 Novembre 2000 è disponibile in DVD anche in Italia (PAL zona 2).All’interno del DVD si posso-no trovare una serie di scene tagliate mai viste al cinema, gli errori degli attori, l’opzione “Commento di Mel Brooks”, un documento di 36 minuti sul “Making Of ”, il dietro le quinte, interviste ad attori ed alla troupe, trailer e spot TV.

Basato sulla novella di Mary Shelley, l’opera di Mel Brooks è per lo più una rivisitazio-ne comica dei vecchi films di Frankenstein. Il film riprende la storia del classico “Franken-stein” di James Whale e incor-pora molti elementi di “Bride of Frankenstein” (“La sposa di Frankenstein”) e “Son of Fran-kenstein” (“Il figlio di Franken-

stein”).Dal primo (1931) riprende gli stessi personaggi, la storia base e utilizza le stesse scenografie del laboratorio (realizzate da Kenneth Strickfaden); inol-tre la scena con la bambina è la stessa solo che qui non viene uccisa (invece di essere scara-ventata nel pozzo, finisce cata-pultata nel letto); nella scena finale Elizabeth utilizza la stessa parrucca che viene uti-lizzata nella versione originale.Dal secondo (1935) riprende la scena dell’eremita, solo che qui riceve di tutto tranne che una benedizione.Dal terzo (1939) riprende il personaggio di Igor e dell’I-spettore Kemp con un braccio di legno, mandato ad investi-gare dagli abitanti del villag-gio; anche qui alla fine viene utilizzata la solita parrucca.

La scena del furto del cadavere è stata girata vicino alla chiesa in cui Greer Garson si sposava e diveniva la Signora Miniver (1942).La sequenza alla stazione fer-roviaria si avvale delle sceno-grafie usate per l’arrivo di Ro-nald Colman in “Prigionieri del passato” (1942).La scena dell’assalto al castello

da parte degli abitanti del vil-laggio utilizza il set de “I Fra-telli Grimm”.

Il film è stato girato nello stes-so castello dove è stato realiz-zato il primo “Frankenstein”.

Le scenografie del laboratorio, ideate da Kenneth Strickfa-den per il primo “Franken-stein” del 1931 e qui riutilizza-te, sono state da lui conservate fino alla sua morte. Lasciate in eredità a Ed Angel, un suo amico che le tenne nel suo negozio di scenografie, in Te-xas, sono state in parte utiliz-zate per diversi film, tra cui “Powder” e “Terminator”. Nel 1996, poi, furono vendute al museo Studios di Las Colinas, a Irving (Texas), e sono tuttora incluse nel tour degli studi che viene fatto fare ai visitatori. Il film ha ricevuto la nomination per la Migliore Sceneggiatu-ra, Migliore Scenografia, Mi-glior Sonoro agli Accademy Awards; e per la Miglior Attri-ce Protagonista (Cloris Leach-man - Frau Blucher) e per la Miglior Attrice Non Protago-nista (Madeline Kahn - Eli-zabeth) ai Golden Globes. Ha inoltre vinto lo Hugo Award per la Miglior Rappresentazio-

ne Drammatica.

Tra film e musicalLa trama è in gran parte ripor-tata dal film, ma alcune scene sono diventate numeri musi-cali, mentre alcune gag sono stati aggiunte o aggiornate. Queste le principali differenze:

“The Happiest città in città” non si fonda su alcuna scena del film.Elizabeth arriva in Transilva-nia prima che nel film“Puttin ‘on the Ritz” è cantata da tutti i personaggi, ad ecce-zione di Elizabeth e gli abitanti del villaggio.La scena del film con la bambi-na non è nel musical.Nel film, il mostro è attratto da un violino, non da un cor-no francese, e si risveglia nel laboratorio subito dopo il tra-sferimento cervello; nel musi-cal gli abitanti del villaggio ap-pendere Frederick prima che il mostro si risvegli e lo salvi, rendendo il finale molto più esteso.

Mentre per il cult di Mel Brooks si avvicinano i 40, arriva in Italiala versione musical del celebre lungometraggio

“Ab qualcosa...” al Brancaccio Giampiero Ingrassia nei panni di Gene Wilder

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Inauguriamo oggi una nuova rubrica che accoglierà racconti brevi di lettori e redattori.La inauguriamo con la pubblicazione di una storia a puntate re-centemente giunta sulle nostre scrivanie.

Trattasi delle vicende, narrate sotto forma di intervista, di “uno scrittore per caso”, uno scrittore di post per l’esattezza. Una storia raccontata da due anonimi “scribacchini” che non hanno voluto “rilasciare dichiarazioni” ne tantomeno la firma in calce, ma solo la preghiera di pubblicazine. Non li conosciamo direttamente ma la novella e l’idea ci sono molto piaciute. La cadenza della pubbli-cazione sarà settimanale. Una modalità retrò, demode, anacroni-stica o vintage, che dir si voglia. Una modalità in Tempi-Dispari, per l’occasione rallentati e leggermente meditativi.Ecco a voi la prima puntata di:Intervista ad uno scrittore di post su Facebook - Prima puntata

Miei cari lettori curiosi, sparpagliati e selvaggi, sapete benissi-mo che di solito un’intervista contempla un foriero impiego del-le più svariate tecniche giornalistiche nel formulare una serie di domande e relative risposte in uno scambio di battute tra due individui al fine di ottenere delle informazioni dalla persona in-tervistata e per la quale si manifesta un evidente interesse. La do-manda ora è: perché intervistare quel qualcuno? Cosa di speciale ha costui, da essere oggetto di un genere di articolo giornalistico? E perché bisognerebbe poi diffondere il contenuto delle sue di-chiarazioni in questa rivista e per di più a puntate? Ebbene, siori e siore, perché siamo riusciti ad individuare il più bravo e famoso scrittore di post su Facebook.

Egli, rappresenta l’arte in evoluzione, la dinamicità della creati-vità che si fa beffa del già visto e udito e soprattutto la repulsione alla famosa crisi che avvelena l’umanità oramai da molti anni: la crisi del foglio bianco!

Ci parlerà dei segreti del network, del come costruire un post perfetto su facebook e poter ottenere così tanti mi piace, ci indi-cherà come spingere gli utenti al commento al fine di influenzare

l’algoritmo di visibilità dei post su facebook, rendendo il nostro post sempre più individuabile a nuovi utenti. Il cammino, come potete vedere è lungo e noi che siamo soliti fare le cose a modo iniziamo dal principio e con ordine.

Signor scrittore di post su facebook, le va di dirci il suo nome o preferisce rimanere un fake? E se preferisce rimanere un fake, ci spiega perché e cosa è un fake?

R) Il nome non è determinante. Per l’ampio bacino di utenza, sui social network si confrontano idee, pensieri, opinioni. Chi ne è portatore non è importante. Potrei anche chiamarmi William Shakespeare: il popolo di face-book si accorgerebbe se condivi-dessi delle fesserie. Il fake è un’identità fasulla, un profilo taroc-cato. Di solito è un artificio usato da chi vuole provocare o da chi ha paura delle conseguenze di ciò che scrive. Nel mio caso, preferisco semplicemente conservare l’anonimato: se questo avrà ventiquattro lettori, qualcuno potrebbe visitare il mio profilo e rimanere deluso. Scomodando ancora il Manzoni, opto per ri-manere un Carneade. Non mancherà occasione per svelare il mio nome, magari sorprendendo con un colpo di scena idiota alla Maria De Filippi.

Signor scrittore di post su facebook, intanto quando ha capito di voler diventare uno scrittore di post su Facebook?

Non l’ho capito. Chiacchierando con un amico questi, quasi scandalizzato, ebbe a dirmi “Non sei ancora su face-book?! Devi provvedere immediatamente!”. Temendo per l’incolumità della mia persona ho compilato il modulo per l’iscrizione appena rin-casato.

Signor scrittore di post su Facebook, cos’è Facebook? A che ser-ve? Cosa ne dobbiamo fare?

Dubito che i tuoi lettori non ne siano al corrente. Letteralmente face-book è il libro delle facce. Una sorta di almanacco, stile ul-timo anno dei college americani, in cui ogni essere umano do-

Intervista ad uno scrittore di post su facebook

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tato di connessione ad internet può mettere la faccia. I maligni affermano che Mark Zuckerberg sia stato foraggiato dai servizi segreti statunitensi per schedare quanta più gente possibile. Non serve a nulla in particolare e non esiste un uso specifico.

Signor scrittore di post su facebook, spieghiamo cos’è un post su Facebook?

È l’estensione di un pensiero. Qualunque cosa vada di comu-nicare si può pubblicare. I tuoi contatti decideranno che valo-re attribuire alla tua esternazione. Questo è il momento in cui entra in gioco il fattore “popolarità”. Se il tuo status è brillante, significativo, impegnato non se lo filerà nessuno. Se scrivi che non vai di corpo da sei giorni ti cuccherai decine di “mi piace” e svariati commenti. La differenza tra un post popolare e un post snobbabile è inversamente proporzionale al valore del pensie-ro manifestato. Face-book soffre della sindrome del gregge. Un “Che caldo che fa oggi” (anche se pubblicato il 14 di agosto) ri-scuoterà più ampi consensi di un “Stiamo in guardia! Le ecoma-fie ci stanno avvelenando”. Il livello culturale del bel paese è ai minimi storici. La gente se ne frega di essere preparata. Ci vuole mettere la faccia, anche ritoccata di photoshop, per apparire. E vuole soprattutto sembrare competente. L’ecomafia è un argo-mento complesso, da approfondire: bisogna ferrarsi in storia, scienza, ecologia, economia. Pingo Pallino che non caga da una settimana, al contrario, non richiede un master ad Harvard, è più immediato, e te la cavi con una risposta mentecatta finto intel-ligente del tipo “Hai provato con una macedonia alle prugne?”. Una replica del genere, pur essendo di una banalità esacerbante, provocherà l’effetto gregge. Si tratta di un commento scientifico ( le prugne stimolano la motilità intestinale ), empatico ( si sareb-be potuto scrivere “Che schifo pubblichi?”, invece si è sposato la causa dell’interlocutore ) e tempestivo ( prugna e stitichezza sono categorie kantiane complementari. Il primo che si aggiudica tale commento brucia gli interventi degli altri e si aggiudica la piazza d’onore sancita da innumerevoli “I like it”. Di solito chi manifesta i problemi del colon conta almeno cinquecento contatti: un feno-meno di originalità è sicuramente annoverato tra questi ).

Intervista ad uno scrittore di post su Facebook - Seconda pun-tata

Amato pubblico: grazie, grazie ed ancora grazie. Sapevamo che menti argute come le vostre avrebbero apprezzato la prima pun-tata della oramai già famosa intervista al nostro sconosciuto Scrittore di post su Facebook. Mi è stato riferito che più di un giornalista a livello mondiale si è defenestrato al momento della scoperta ed altri si sono dati fuoco non prima di essersi cospar-si di benzina e mastice, solo per il fatto di non aver avuto tale privilegio. Ci spiace non credevamo di provocare tutto questo clamore ma come si suol dire the show must go on anche se per rispetto alla categoria è d’obbligo osservare un minuto di silenzio o accendere una candela.

Fatto? Ok!

Signor scrittore di post su facebook, solo poche risposte ed è già un successo. Come ha vissuto questa settimana? Si parla addirit-tura di un forte scontro tra la D’Urso e la De Filippi per averla in esclusiva nelle loro rispettive trasmissioni. Spero non ci abban-donerà prima della fine dell’intervista?

Un successo che non mi aspettavo. Avranno letto questo pezzo almeno tre persone. Considerato che due siamo te ed io, e la terza mia madre, posso definirmi oltremodo soddisfatto. È lusinghiero che elevate personalità del mondo della cultura come la D’Urso e la De Filippi si siano interessate alla mia persona. La mia ambi-zione, in ogni caso, è essere ospitato da Vespa: dai comici che fre-quentano la sua trasmissione c’è molto da apprendere. Mi presto volentieri a proseguire l’intervista. L’ultima volta che ho dovuto rispondere a delle domande mi trovavo in Questura.

Signor scrittore di post su facebook , volendo continuare ciò che avevamo lasciato in sospeso la volta scorsa-chiedo: esiste un uti-lizzatore tipico di facebook? E come agisce?

Face-book offre un campionario umano incommensurabile. Tro-

Intervista ad uno scrittore di post su facebook

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verai neuroni di ogni sorta e writers capaci dei pensieri più im-pensabili. Si comincia con l’utente seriale. E’un maniaco di face-book, pubblica di tutto. Inizia alle 6 del mattino con Buon giorno a tutti e conclude alle 6 meno 5 del giorno successivo con Buona notte a tutti. Il tutto è inframezzato dalle foto del traffico in tan-genziale, del panino in autogrill, della nuova acconciatura della collega d’ufficio, farcite da infiniti tag. Giusto ieri, mentre facevo zapping, mi sono imbattuto in un caso di Chi l’ha visto? Descri-vendo il poveretto scomparso, un tale dichiara “Aveva l’hobby della fotografia. Qualunque pietanza consumassimo, la condivi-deva su face-book” Stenteresti a credere che l’utente seriale ha un lavoro. Segue il consumatore etico. E’ quello che bombarda con le campagne on line e offre sensibilissimi link sui cani abbando-nati, sul riscaldamento globale, sulle minoranze vilipese. Il suo impegno sarebbe encomiabile se non fosse banale: chi, a parte Hitler, non si indignerebbe di fronte alla foto di un bimbetto pe-stato? E ancora ci sono il romantico ( Amore è specchiarti nei suoi occhi ogni alba ) , il furioso (Il mio lavoro ha rotto! Oggi mi licenzio!), il banale ( Oggi fa davvero freddo ), il bimbo minkia ( Sexilmndnn6nss1xm6lmnd cit. Jim Morrison ), l’originale ( Se vuoi che il sogno si avveri svegliati ), l’innamorato (Ti accorgi di amarla solo quando lei se ne è andata). Un esercito multiforme di sfigati che non ha una cippa da dire eppure la dice. Prova a svegliare tua moglie alle cinque per specchiarti o a rassegnare le dimissioni in ufficio! E cosa mi dici che fa freddo? Saprò guar-dare fuori da una finestra! Ed è possibile che Jim Morrison sia il coniatore di ogni aforisma, tra l’altro abbreviato in una maniera vergognosa? E cosa racconti ai quattro venti che la morosa t’ha mollato?! Così ogni play boy dotato di tastiera inonderà la sua posta di inviti ad uscire. Naturalmente conclude la lista l’utente come me.

Cioè?Un hunter. Un cacciatore di cervelli vergini sui quali infierire in maniera cinica e gratuita. Il motto è “guarda meglio, da qualche parte c’è una risata”. Se si riesce a colpire in maniera improvvisa e fulminante l’effetto sarà sorprendente. Ad esempio uno dei post citati prima: “se vuoi che il sogno si avveri, svegliati”. Il mio con-

tatto ( adesso ex contatto ) aveva raggranellato una decina di mi piace e una stucchevole conversazione che più o meno dibatteva sulla necessità di avere degli scopi e di adoprarsi per realizzarli. Al mio commento “E’vero! Funziona! Proprio questa notte ho sognato di fare la pipì e se non mi fossi svegliato avrei bagnato il letto”. I “mi piace” a tergo della mia replica hanno abbondante-mente superato i suoi e hanno smascherato una conversazione in cui si stava proseguendo per luoghi comuni.

Signor scrittore di post su facebook, lei vanta innumerevoli com-menti ai suoi post…qual è dunque il record da battere?Non esattamente. Su face book troverai boiate razziste e com-menti esecrabili che saranno stati bersagliati da migliaia di uten-ti. Contro quelli non puoi competere almeno ché non scadi allo stesso livello. Ad una parodia sulla campagna elettorale della mia città ( lo svelo, il mio paese è Marcianise ) ho ricevuto oltre cin-quanta consensi. Il mio profilo conta più o meno 300 amici, la maggior parte conosciuti anche nella vita reale: con un pubblico così ristretto non si può eccedere in gradimento. Al contrario, chi vanta 5000 contatti si ritrova con centinaia di mi piace colle-gati anche ad un post demente del tipo “Vi auguro il meglio per questa giornata”

Intervista ad uno scrittore di post su facebook - Terza puntata

Sarà vero o sarà falso? Sarà maschio o sarà femmina? Quanti anni avrà? Sarà del nord o del sud? Queste ed altre bizzarre do-mande sono pervenute in redazione dopo la seconda puntata dell’intervista all’oramai stra-famoso Scrittore di post su facebo-ok. Volete sapere la risposta? Non la sappiamo davvero. Quello che si sa è che sta ispirando menti arrugginite, che è una manna per gli esercizi di scrittura, con il suo lessico semplice e fresco arriva dritto al punto senza tanti preamboli e lezioni di manieri-smo. Molti stanno leggendo i suoi post con avidità, impazienti di mettere in pratica i suoi insegnamenti. La curiosità ci spinge ad approfondire gli abissi intellettuali di questo misterioso perso-naggio e con tanta determinazione siamo riusciti ad incontrarlo per la terza volta.

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Signor scrittore di post su facebook, come è andata questa set-timana? Sapeva che l’Accademia della Crusca ha pensato ad un premio speciale per la sua creatività nella scrittura?

La settimana è andata alla grande. Oltre a pubblicare post su fa-ce-book, svolgo una seconda attività: mi sono dedicato a questa. Esiste ancora l’Accademia della Crusca? Le mie ultime informa-zioni mi dicevano che ne avevano tagliato il budget per aumen-tare il vitalizio di qualche parlamentare. Da allora è stata un’eca-tombe di congiuntivi…

Signor scrittore di post su facebook, sono arrivate tante domande in redazione, possiamo rispondere a queste menti attente e cu-riose? Per esempio, qualcuno chiede: come si può creare un post perfetto che inneschi un dialogo duraturo?

Non è difficile. Bisogna innanzitutto osservare, leggere, fagocita-re informazioni. I nostri contatti possiedono un comune deno-minatore. E bisogna prestare maggiore attenzione sul contatto maniacale. Si identifica facilmente: ha più di mille amici, i suoi argomenti sono multidisciplinari, copre dalla politica allo sport, dalla gastronomia al giardinaggio. Il contatto maniacale pubblica caterve di ovvietà a cui rispondono con caterve di ovvietà. Ci si inserisce nella conversazione e si pubblica un’ovvietà opposta. Fioccheranno consensi e disapprovazioni.

Signor scrittore di post su facebook, che dire delle immagini in-serite nei post, servono? e se servono perché?

Alcune sono indispensabili. Se l’argomento è elevato ed è svilup-pato per fare informazione, l’immagine è determinante. Se l’ar-gomento è stupido lo sarà anche l’icona allegata. La foto su face book è l’espansione del proprio ego nella realtà virtuale, è l’appa-rire, la testimonianza inconfutabile dell’avvenimento. Se non si scatta un primo piano della margherita, si incorre nel rischio di non essere creduti quando si racconterà di essere stati in pizzeria. Mi pare che le istantanee alle pietanze siano state definite photo-cooking . Il photo-cooking ha rivoluzionato il servizio al risto-

rante. Un cameriere che allestisce un piatto è costretto ad addob-barlo in maniera elegante e raffinata, altrimenti le recensioni di face-book gli stroncheranno la carriera. Ti immagini se si ordina una zuppa di ceci? Come la decori? Un evento immortalato su face-book perde di mordente nella realtà. Immaginate di essere al pumping jumping e, mentre state cadendo nel vuoto, la vostra attenzione è rivolta tutta a scattare foto dell’evento. Perderete l’e-mozione reale e sicuramente non la recupererete sull’album di face-book. Stendiamo un velo pietoso sulle vacanze. Mille scatti per una settimana in Salento: oltre ad usare la macchina fotogra-fica avrai fatto anche un tuffo?

Signor scrittore di post su facebook una ragazzina ci chiede come stimolare interesse con un post per conquistare il ragazzo che le piace.

Non lo conquisterà su face-book. Una probabile preda è attratta da un profilo limpido, pulito. Una bacheca imbrattata e frequen-tata non desterà alcuna attenzione. Se il tipo le piace, provi con i vecchi metodi.

Signor scrittore di post su facebook cosa ne pensa delle coppie che su facebook creano un solo profilo?

Non le comprendo molto. Credo che sia una prova di fedel-tà ignorante o di fedele ignoranza. Ci si presenta con un unico profilo perché il partner è uno di quei dinosauri che ritengo-no face-book uno strumento infallibile per fare acchiappanza. Presentandosi in due si trasmette il messaggio “Filate via, sono impegnato e sono qui per parlare di cose serie”. Naturalmente il messaggio è diretto al partner. Chi dei due gestisce il profilo è su face-book proprio per fare acchiappanza. Se entrambi gli ele-menti della coppia gestiscono il profilo creano soltanto un’inutile confusione e presto saranno emarginati.__________________________________

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ALBU

M RE

VIEW

V Album Review

Autore : Physical Noise

Titolo : Follow the noiseEtichetta :Inverse Records

Anno : 2013

Genere : Heavy MetalDisco d’esordio per il quintet-to romano dei Physical Noise, combo heavy metal, anche se definirli semplicemente metal risulta riduttivo. Follow the Noise è un disco che, a detta della band, raccoglie il mate-riale messo assieme fin dalla fondazione del gruppo nel 2007. I brani rappresentano una sorta di viaggio nel mondo Physical Noise dato che sono volutamente registrati in ordi-ne cronologico di composizio-ne. Il full lenght apre con Scare my demons. Il brano è debitore al background della band su tutta la linea, maideniano dal riffing iniziale all’acuto finale di Luca Fizzarotti. Ottima la prova della sezione ritmica, pulita e senza sbavature. Sem-pre classicheggiante il pattern di batteria iniziale della suc-cessiva The Southern Cross che richiama gli Helloween di Rise and Fall. Ma è un giusto un ri-chiamo. Il brano evolve in un incedere midtempo sulla linea di confine tra hard rock e he-avy metal. Notevole la scelta del break centrale che ricorda i Queensryche di Operation Mindcrime. Nello specifico ottima prova di Valerio Mon-delli alla batteria che riesce a dare sia al passaggio sia al brano la giusta cadenza “prog” coadiuvato dal riff melodico di Andrea Colle. Si prosegue

con l’unica cover presente sul disco, la versione metal di This is the Life di Amy Mc Donalds per l’occasione trasformata in This is the Noise. Un gioco ben riuscito ai giovani romani che non tradiscono lo spirito ori-ginale del brano ottimamente adattato al proprio genere e al proprio sound. Forse una del-le migliori prove del frontman Luca Fizzarotti che abban-dona i vocalizzi più tipici del “rock duro” a favore dell’inter-pretazione. Unico passaggio discutibile il coro maideniano sul finire della canzone. Il bra-no si conclude comunque con un crescendo ritmico e di ve-locità decisamente azzeccato. 1934 è la traccia successiva che riporta le coordinate sul metal classico. Un brano ben suona-to ma che non aggiunge nulla all’insieme del disco. Cambio di rotta con Too good to be bad, brano che funge da spartiac-que tra il primo periodo dei Physical Noise e quello che c’è oggi. Meno richiami diretti per un riffing sicuramente più ma-turo. Maggiore presenza della sezione ritmica di Anthony Meloni e “azzardi” persona-li di Erica Berton al basso. Non più metal inteso in sen-so stretto quindi ma aperture a lidi più progressive come suggerisce il cambio di tempo sull’a solo e come ben sottoli-nea anche l’andamento della batteria di Mondelli. Tutto questo unito ad un occhio at-tento all’easy listening con un ritornello che si impara dopo il primo ascolto. Sulla medesi-ma falsariga anche la seguente Dream of a Fullmoon night che offre tre decisi cambi di tempo fino al bridge che precede il ri-tornello. Qui il brano cambia di nuovo direzione aprendo a territorio ariosi. Sempre note-vole il lavoro delle due asce che si intrecciano trovandosi raris-sime volte ad eseguire lo stesso passaggio. Ritorno al proges-sive dopo il solo con ulteriore

cambio di tempo e atmosfere grazie alla chitarra che disegna paesaggi solari. Unico limi-te fino a questo brano alcuni reiterati passaggi nei solo. Le atmosfere si appesantiscono con Flames of the Unknown, pesante, cupa, claustrofobi-ca, scritto dalla bassista Erica Berton. Anche in questo caso i Noise offrono diversi spunti interessanti quanto a cambi di tempo e virate inaspettate te-nendo fede alla linea metal che ne contraddistingue il sound, ben curato in fase di missag-gio e post produzione. Giunge quindi Physical Noise e i riff si fanno ancora più incalzan-ti, serrati. Brano al limite del-lo speed che diventa un inno per i nostri. Ancora differente Eternal Night. Dopo Flames of the Unknown il brano più cat-tivo del disco con il ritornello segnato da passaggi stoppati e doppio pedale. Welcome to the Peerkh apre leggermente ma non per questo allenta la “ten-sione” della seconda parte del disco o alleggerisce il riffing diventato più aggressivo.Nell’insieme quello dei Physi-cal Noise è un buon esordio. Trattandosi del primo disco ci sono i peccati veniali del caso. Il disco presenta una band in crescita, fatto evidenziato dalla differenza del songwri-ting all’interno dello stesso lp. Una nota è necessaria. A fine ascolto resta l’impressione di un qualcosa di incompiuto os-sia la band ha potenzialità, sia tecniche sia compositive, che sente proprie ma che ancora non esprime appieno, quasi fosse presente un timore di osare troppo. Il prossimo di-sco dirà se tali potenzialità in-traviste sono state sviluppate e gli ormeggi sciolti. Medesimo discorso per Luca Fizzarotti, in diversi tratti ancora troppo impegnato a fare la parte del cantante metal “alla…” invece di sviluppare la propria espres-sività sicuramente più incisiva.

Autore : Betzefer

Titolo : The Devil Went Down To The Holy LandEtichetta: Steamhammer/SPV

Anno : 2013

Genere : ThrashcorePiena soddisfazione per il lun-gocrinito vocalist Avital Ta-mir. Piena soddisfazione per il nuovo full lenght degli isra-eliani Betzefer, band compo-sta da Matan Cohen (guitar), Rotem Inbar (bass) e Roey Bermann (drums), The Devil Went Down To The Holy Land, “il disco più maturo e meglio riuscito. È talmente semplice da suonare che potreste riese-guirlo tutto con una chitarra acustica”. E la definizione dello stesso Tamir non si discosta molto dalla realtà. Il disco si presenta effettivamente come l’opera più matura del quartet-to, ormai attivo dal 1998 ma solo al terzo disco, in molti sensi. Innanzitutto per quel che riguarda il songwriting, idee personali con pochi fron-zoli, per pezzi diretti e d’im-patto. Il debito resta quello con il metalcore su The Devil Went Down To The Holy Land però unito con una buona dose di industrial sulla falsa riga dei White Zombie per linee vo-cali e cadenza ritmica. Ottima la voce dello stesso Tamir, più “profonda” e graffiante rispetto ai lavori precedenti, in diversi punti accostabile a Chuck Bil-ly di Demonic. Molto buona la produzione e la scelta dei suoni sia per la chitarra sia per

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ALBUM REVIEWV

la sezione ritmica. Dalla band non viene dimenticata la pro-pria musica tradizionale della quale c’è un accenno in Cash in fase si a solo. Allo stesso modo, nonostante la graniti-cità dell’insieme, non manca-no aperture e spunti melodici come su Sladgehammer. Non vere e proprie aperture quanto refrain che mitigano la pesan-tezza dei brani conferendo-gli un andamento personale. All’interno della stessa canzo-ne sono poi riscontrabili pas-saggi che richiamano lo stoner accanto a frangenti decisa-mente hardcore. Gli “omag-gi” in determinati frangenti si sprecano. É il caso di The me-dic, un brano che mischia un approccio “Metallica” a caden-za che richiamano Marilyn Manson dei primi tre dischi. Giunge poi l’episodio più cat-tivo del disco. Suicide hotline divisa in prima e seconda par-te. Uno degli episodi più vio-lenti del disco sia per il riffing sia per le atmosfere. Da lodare invece il growl di Cannibal, ca-denzata e pesante caratterizza-ta dalla profondissima voce di Tamir al limite del grindcore. Ottima apertura thrash per il solo centrale. Più canoniche e “in stile” le conclusive I Hate e Can you hear me now.Tirando le somme, un disco ottimo sotto molti punti di vista, dai suoni alla tecnica, dalla composizione alla voce. Monolitico ma non per que-sto claustrofobico e men che meno stancante. Per amanti di sonorità decise, potenti che ricercano note di freschezza in un genere che pare aver detto

tutto.Autore : The Fottutissimi

Titolo : Mercoledì # Babilonia

Etichetta :Divinazione – Terzo Millennio

Anno : 2013

Genere : AlternativeTesto a cura di Evangelos Vou-tos

Seguiti da sempre fin dalla loro nascita nel 2001, la mia scom-messa sapevo di averla già vin-ta quando i The Fottutissimi vinsero nel 2008 Rock Targato Italia. Fatto confermato dopo il disco, Bad Grass never dies ( 2009 ) ed il successivo Rock and roll Guru ( 2011 ).Alcuni brani sono stati tra-smessi su diverse emittenti radiofoniche nazionali come Rai radio1 ed Isoradio, anche il videoclip di Rock and Roll Machine è stato per mesi in ro-tazione su ROCKTV dopo es-sere stati ospiti sulla stessa rete nel programma DATABASE con Pino Scotto.In attesa del nuovo disco inve-ce, Radio Deejay ha mandato in onda il primo singolo della band “Daniela“ nell’ambito della trasmissione “ un merco-ledì da leoni “.Dopo tanti live in un lungo e in largo per la penisola, e dopo un bel po’ d’aspettative da par-te degli più affezionati, arriva Mercoledì # Babilonia, il disco più maturo della band marchi-giana prodotto da Jason Car-mer, produttore californiano che ha lavorato con band del calibro di Korn, The Don-nas, Run Dmc (Vincitore del Grammy 2012 come miglior album rock latino con i Molo-tov) che ha voluto fortemente collaborare con la band dopo averla casualmente ascoltata su youtube.Ospite d’onore nelle incisio-ni è Michael Urbano (Smash mouth ed attuale batterista di Ligabue), innamoratosi del progetto è stato arruolato agli arricchimenti percussivi che colorano il disco.Il rock and roll è sparato so-pra ogni cosa, il sangue ed il sudore sgorga come linfa d’oro e d’argento su ritmiche sem-plici e lineari; si percepisce la sofferenza e la pura gioia al

contempo, ( Daniela, Corazza Di Fango ) il dolore e la passio-ne, la mistica appartenenza ad un comune creatore ( Onde ). Amano definirsi Indie rock, ma il loro genere si collega an-che facilmente ad un classico punk anni 70 ( The Clash ) con venature di rock and roll clas-sico ( The Who, The Beatles, Elvis Presley ) fino ad arrivare e riferimenti più moderni sti-le Green Day. Nei testi parole d’amore e di speranza, ( Sorel-la Libertà ) di violenza subita passivamente, ( Cuore Spento, Manager ) dipendenze osses-sive, ribellione ad un quoti-diano che corre troppo veloce, rispetto per una vita che sboc-cia pian piano, che ancora fan-ciulla vuole godersi lentamen-te ogni minuto, il bellissimo omaggio ai Beatles di Beatles’ song riproposta in italiano.Quando le 9 tracce ad un trat-to all’improvviso scompaiono, non c’è neppure il tempo per rendersene conto. Mentre già canticchi un ritornello, t’ac-corgi che ti rimane un senso di positivo appagamento, un pia-cevole dolce amaro. Un’ondata punk rock che intona ritornel-li semplici e diretti, ritmiche serrate e precise, tre cavalli impazziti che corrono selvaggi su spiagge deserte. ‘ Cemento rapido per ristrutturazione di cervelli in crollo da sovracca-rico ‘. Questi sono i Fottutissi-mi, tre amici che suonano in-sieme dai tempi del liceo, che dalla provincia marchigiana hanno raggiunto palchi in tut-ta Italia, da Ravenna a Milano, da Roma a Faenza, semplici, saggi e schietti come il loro Verdicchio marchigiano, come le colline che colorano quegli straordinari paesaggi dai quali provengono.

Autore : SarkeTitolo: Aruagint

Etichetta : Indie Recordings

Anno : 2013

Genere : Black/DoomTesto a cura di Yuri FrontedduAruagint dei Sarke è un di-sco che presenta una sorta di definizione del proprio stile, concentrato prevalentemente sul black metal. Sono stati ri-conosciuti i sottogeneri thrash / black e doom / black, anche se il primo non è molto pro-minente come la critica li de-finisce. Il genere musicale dei Sarke è complesso da puntua-lizzare. Il loro essere blackened si manifesta molto original-mente, quasi fosse proprio e solo della band. D’altra parte, la line-up proviene da varie band di un certo calibro, ov-vero Dimmu Borgir, Satyri-con o Darkthrone, per citare qualche big. Non è un concept album.Il disco presenta somiglianze con i precedenti, Vorunah e Oldarhian. Nulla, dunque, è cambiato (solita voce violenta e “ total black ” di Nocturno Culto e solita fusione fra le va-rie strumentazioni delle band black metal più famse), se non in qualche piccola precisazio-ne. L’unico album il cui titolo non si ricollega letteralmente ai nomi delle tracce. Queste ultime rievocano ancora di più delle sonorità black metal. In-fatti, l’album intero va analiz-zato non per forza in maniera cronologica (come d’altronde i precedenti due album, Voru-nah e Oldarhian). Dalla prima all’ultima traccia vi è il corso di una presentazione di innu-merevoli sfaccettature, come – per la prima volta per la band – il doom/black. Quest’ultima in particolare è rilevabile in Jaunt of the Possessed, Jodau Aura e Strange Pungent Odys-sey, entrambe duranti tre mi-nuti all’incirca. Addirittura in Walls of Ru e Salvation la band inserisce per la prima volta l’elemento progressive al loro black metal, sorprendente e inaspettato.

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