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Numero 31 Gennaio 2011 N N Nella Nebbia ® NN Geek Neo Genesi di Luca Mainardi Posso immaginare che qualcuno in questo momento si stia domandando “che diavolo vuole dire geek?” sarà mia premura spiegarvelo, prima però, metto le mani avanti e faccio qualche puntualizzazione su cosa vi potrà acca- dere continuando a leggere questa rubrica. Qualcuno di voi potrà scoprire un lato di sé, magari latente per anni, che non sarete più in grado di repri- mere… questo vi porterà a manifestarlo su chi vi sta intorno con puntigliose discussioni e atteggiamenti comportamentali di dubbio gusto e ambiguità. Quindi, se accettate il radicale cambiamento di vita e sollevate la reda- zione di NN da qualsiasi responsabilità possiamo procedere. Come facil- mente avrete potuto intuire il termine geek è strettamente collegato ad una condizione di vita della persona che ha come principale caratteristica quella di avere una devozione tale verso qualche “cosa” da porlo al di fuori del comune. Per farvi capire meglio cosa vuole dire essere geek vi faccio qualche esempio: - da piccoli il vostro gioco preferito era il Lego, edizione spazio ovviamente; - le prime parole pronunciate, in questo preciso ordine, sono state: Goldrake, Mazinga, Papà e Mamma; - quando i vostri amici erano fuori al sole che giocavano a pallone voi eravate attaccati al vostro ATARI a giocare a Space invader o Pac-man; - avete visto 156 volte “ritorno al futuro” anzi 157 (per il 25° anniversario siete andati al cinema a rivederlo); - nella vostra vita avete cambiato più computer che biciclette; - tutti i vostri parenti/amici prima di chiamare l’elettricista o il tecnico tv/dvd/ hi-fi chiamano voi; - nel vostro telefilm preferito i termini più usati erano “teletrasporto”, “velocità a curvatura”, “phaser”, “pianeta vulcano”; - mentre i vostri compagni di scuola erano fuori a pomiciare con qualche ra- gazzina, voi eravate a casa con il vostro “Sega master system” a giocare ad After Burn e Golden Axe; - per connettervi a Internet siete passati dal modem a 14.4 k, poi a 28 k, subito dopo a 56k e con isdn a 128.... per scaricare un mp3 ci mettevate 2 ore, i vostri amici? Ovvio, erano in discoteca a rimorchiare; - per voi il frutto del peccato è la “mela morsicata”... - a fianco del vostro nuovo tv led ci sono collegati più hard disk che al vostro pc del lavoro, pieni di serie tv ed mp3; - le vostre letture preferite, oltre a NN, sono Wired e jack e sono sparsi in giro per tutta la casa, ma in un numero decisamente maggiore in bagno; - avete un account su Facebook, Twitter, Google, Myspace, Youtube, Ebay, Wordpress, e in ognuno usate spidey come password; - giocate con le macchinine su piste scaletrix, con i soldatini, action figures e heroclix, ma avete più di 30 anni; - quando esce un nuovo modello di cellulare, computer, tablet, gioco o qual- siasi altro ammennicolo hi-tec provate i seguenti sintomi: giramenti di testa con vertigini, sbalzi di temperatura, sudori caldi, euforia, scariche di adrenalina, cambiamenti di umore, mancanza di sonno, eccitazione… attenzione, da non confondere con l’abuso di RedBull… L’elenco potrebbe anche continuare a lungo, ma penso sia sufficiente per farvi capire che se vi riconoscete in almeno un paio di queste cose, oppure che altre siano state o sono ancora fondamentali nella vostra vita.... beh, siete anche voi geek! A tal proposito, dilungandomi in questo quasi inutile approfondimento sulla spiegazione di questo nuovo termine che vi accompagnerà per il resto della vostra vita, ho esaurito totalmente lo spazio della rubrica. Non mi resta altro che presentarvi un accessorio che utilizzerò spesso per caricare elementi interattivi a questo mio spazio. L’immagine a fianco è in codice Qr simile come utilizzo al più conosciuto codice a barre. Come leggerlo? Semplice basta avere un pc, iphone o Cel- lulare Android con telecamera, installare la specifica app (cercando nei vari market se ne trovano molte), avviare la nuova applicazione, inqua- drare il simbolo e il gioco è fatto! Ora potrete accedere a tutti i contenuti citati, buon divertimento! C’è un’ultima cosa... se vi riconoscete in quasi tutte le tipologie di argomenti sopra citati, e avete un’evidente difficoltà a relazionarvi con le persone di ses- so opposto al vostro.... attenzione, non siete geek ma “nerd”, ma questa è tutta un’altra storia! Lunga vita e prosperità! Orient Express Fabio Treves Pin-Up

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In questo numero: Fabio Trevers, L'oriente Express...e che la forza sia con te!

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NNNella Nebbia

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NN GeekNeo Genesidi Luca Mainardi

Posso immaginare che qualcuno in questo momento si stia domandando “che diavolo vuole dire geek?” sarà mia premura spiegarvelo, prima però, metto le mani avanti e faccio qualche puntualizzazione su cosa vi potrà acca-dere continuando a leggere questa rubrica. Qualcuno di voi potrà scoprire un lato di sé, magari latente per anni, che non sarete più in grado di repri-mere… questo vi porterà a manifestarlo su chi vi sta intorno con puntigliose discussioni e atteggiamenti comportamentali di dubbio gusto e ambiguità. Quindi, se accettate il radicale cambiamento di vita e sollevate la reda-zione di NN da qualsiasi responsabilità possiamo procedere. Come facil-mente avrete potuto intuire il termine geek è strettamente collegato ad una condizione di vita della persona che ha come principale caratteristica quella di avere una devozione tale verso qualche “cosa” da porlo al di fuori del comune. Per farvi capire meglio cosa vuole dire essere geek vi faccio qualche esempio:

- da piccoli il vostro gioco preferito era il Lego, edizione spazio ovviamente;

- le prime parole pronunciate, in questo preciso ordine, sono state: Goldrake, Mazinga, Papà e Mamma;

- quando i vostri amici erano fuori al sole che giocavano a pallone voi eravate attaccati al vostro ATARI a giocare a Space invader o Pac-man; - avete visto 156 volte “ritorno al futuro” anzi 157 (per il 25° anniversario siete andati al cinema a rivederlo);

- nella vostra vita avete cambiato più computer che biciclette;

- tutti i vostri parenti/amici prima di chiamare l’elettricista o il tecnico tv/dvd/hi-fi chiamano voi;

- nel vostro telefilm preferito i termini più usati erano “teletrasporto”, “velocità a curvatura”, “phaser”, “pianeta vulcano”; - mentre i vostri compagni di scuola erano fuori a pomiciare con qualche ra-gazzina, voi eravate a casa con il vostro “Sega master system” a giocare ad After Burn e Golden Axe;

- per connettervi a Internet siete passati dal modem a 14.4 k, poi a 28 k, subito dopo a 56k e con isdn a 128.... per scaricare un mp3 ci mettevate 2 ore, i vostri amici? Ovvio, erano in discoteca a rimorchiare;

- per voi il frutto del peccato è la “mela morsicata”...

- a fianco del vostro nuovo tv led ci sono collegati più hard disk che al vostro pc del lavoro, pieni di serie tv ed mp3;

- le vostre letture preferite, oltre a NN, sono Wired e jack e sono sparsi in giro per tutta la casa, ma in un numero decisamente maggiore in bagno;

- avete un account su Facebook, Twitter, Google, Myspace, Youtube, Ebay, Wordpress, e in ognuno usate spidey come password;

- giocate con le macchinine su piste scaletrix, con i soldatini, action figures e heroclix, ma avete più di 30 anni;

- quando esce un nuovo modello di cellulare, computer, tablet, gioco o qual-siasi altro ammennicolo hi-tec provate i seguenti sintomi: giramenti di testa con vertigini, sbalzi di temperatura, sudori caldi, euforia, scariche di adrenalina, cambiamenti di umore, mancanza di sonno, eccitazione… attenzione, da non confondere con l’abuso di RedBull…

L’elenco potrebbe anche continuare a lungo, ma penso sia sufficiente per farvi capire che se vi riconoscete in almeno un paio di queste cose, oppure che altre siano state o sono ancora fondamentali nella vostra vita....beh, siete anche voi geek! A tal proposito, dilungandomi in questo quasi inutile approfondimento sulla spiegazione di questo nuovo termine che vi accompagnerà per il resto della vostra vita, ho esaurito totalmente lo spazio della rubrica. Non mi resta altro che presentarvi un accessorio che utilizzerò spesso per caricare elementi interattivi a questo mio spazio.L’immagine a fianco è in codice Qr simile come utilizzo al più conosciuto codice a barre. Come leggerlo? Semplice basta avere un pc, iphone o Cel-lulare Android con telecamera, installare la specifica app (cercando nei vari market se ne trovano molte), avviare la nuova applicazione, inqua-drare il simbolo e il gioco è fatto! Ora potrete accedere a tutti i contenuti citati, buon divertimento!

C’è un’ultima cosa... se vi riconoscete in quasi tutte le tipologie di argomenti sopra citati, e avete un’evidente difficoltà a relazionarvi con le persone di ses-so opposto al vostro....attenzione, non siete geek ma “nerd”, ma questa è tutta un’altra storia!

Lunga vita e prosperità!

Orient Express Fabio Treves Pin-Up

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Redazione Novara Via Giovanni De Agostini, 2 28100 Novara tel: + 39 0321. 393756 email: [email protected]

Direttore ResponsabileAndrea Bellavita

Editor Testi:Eliana Frontini

Grafica:StudioKaboom, Alberto ‘Spillo’ Piccolini

Hanno collaboratoLaura Albergante, Guido Andrea, Alessandro Barbaglia, Federico Bassano, Marco Cassisa, Elisabetta DellaValle, Eliana Frontini, Veronica Gallo, Serena Galasso, Roberta Invernizzi, Elena Leone, Gianluca Mercadante, Simon Panella, Marco Pozzo, Alberto Salvalaio, Michele Trecate, Emanuele Zimbardi

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www.nellanebbia.it

EditorialeGennaio e si ricomincia!

Si ricomincia un po’ appesantiti dal cibo, rigenerati dalle vacanze,

ma soprattutto, come ad ogni nuovo anno che si apre, speranzosi

e carichi di buoni propositi.

Chi ci segue anche sul blog www.nellanebbia.it saprà già che

bollono in pentola diverse novità: la prima in ordine cronologico

(sveliamo la sorpresa) è l’imminente nascita della redazione di

Biella, a cura dello studio E20PROGETTI.

Siamo soddisfatti di questa nuova collaborazione, in particolare

perché siamo convinti che si tradurrà, per i lettori di Biella e

provincia, in una più puntale attenzione in termini di contenuti

dedicati agli eventi e alle realtà culturali del territorio e anche in

una più capillare presenza di “Nella Nebbia” per un accesso più

comodo.

Sull’onda di questo e di altri entusiasmi alle porte, non ci resta che

augurare a tutti un felice 2011… rigorosamente …

N e l l a N e b b i a!

Studio Kaboom

sommarioDicembre 2010

FabiO TrEvEsUNa viTa iN blUEs

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jEsUs chrisT sUPErsTaril NUmErO 1 DEi mUsical a NOvara

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PiN UPbOND Girl

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NaPOlEONE Da qUEsTE ParTiDEliTTi E iNTriGhi NElla biElla DEll’800

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rUbrichEPENsiEri, iDEE E sTravaGaNzE

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aGENDacOmE, DOvE E qUaNDO

28

iNviTO all’arTEUN ‘PiccOlO’ TEsOrO iN UNa lOcaTiON iNEDiTa

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®

vieni a trovarci

FUmETTO30

lO saPEvaTE chE...cUriOsiTa’ Dal mONDO DEll’arTE

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PrOFEssiONE FOTOGraFOFUlviO bOrrO, cOmE NascE la PassiONE

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il rEsTaUrO Di

UNa lEGGENDa:

eccellenzatesto e foto: michele trecate

il simPlON

OriENT ExPrEss a saNThia’

C M Y CM MY CY CMY K

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ra il 1883, quando l’Orient Express della Com-pagnie Internationale des Wagon-Lits fece il suo

viaggio d’inaugurazione. Partiva due volte alla settimana dalla stazione Gare de l’Est di Parigi, facendo tappa a Strasburgo, Monaco, Vienna, Budapest, Bucarest e Giurgiu, in Romania; a Giurgiu i pas-seggeri attraversavano il Danubio su di un traghetto e dalla Bulgaria prendevano un altro treno alla volta di Varna, sul Mar Nero. Nel 1889 la linea ferroviaria tra Parigi e Costantinopoli (Istanbul) fu completa-ta: l’Orient Express partiva dalla Francia alle diciotto e venticinque e l’arrivo era previsto a Costantinopoli tre giorni dopo, alle quattro del pomeriggio. Negli anni Venti, iniziò le sue corse il Simplon Orient Ex-press, seguendo un tragitto alternativo: prima di arrivare ad Istanbul, faceva tappa a Losanna, Milano, Venezia, Trieste e Belgrado. In quel periodo, vennero sostituite le vecchie carrozze in legno con nuovi vagoni letto in acciaio, dipinti all’esterno di un elegante blu, con de-corazioni e scritte in ottone. Pochi anni dopo fu inaugurato l’Arlberg Orient Express, che passava da Zurigo ed Innsbruck per Budapest.Alla fine degli anni Venti i treni della Compagnie Internationale des Wagon-Lits divennero famosi per il loro confort e lusso, non solo grazie all’impeccabile servizio, ai cibi raffinati e ai vini pregiati, che venivano offerti a bordo, ma anche per la qualità delle rifiniture, la ri-cercatezza dei tessuti e gli splendidi arredi, che ornavano le elegan-ti carrozze. Ben presto, il termine Orient Express divenne sinonimo di un servizio, un sevizio di lusso, di cui usufruivano ricchi uomini d’affari, personaggi dello spettacolo, scrittori, nobili, diplomatici ed anche spie... Ampio spazio è stato dedicato dalla letteratura e dal cinema all�Orient Express. Già nel 1897 Bram Stoker lo cita nel suo romanzo “Dracula”: “Diario di Jonathan Harker. 15 ottobre, Varna.—Siamo par-titi da Charing Cross il mattino del 12, la sera stessa eravamo a Parigi e salivamo sull’Orient Express, dove i posti erano stati per noi prenotati “. Nel 1957 Ian Fleming pubblica “Dalla Russia con amore”, il quinto capitolo dedicato alla saga di 007. Pochi anni dopo, esce la versio-ne cinematografica, diretta dal regista Terence Young. Buona parte della trama vede James Bond, Kerim Bey e Tatiana Romanova (inter-pretati rispettivamente da Sean Connery, Pedro Armendáriz e Daniela Bianchi) sull’Orient Express in viaggio verso Londra.

Tuttavia è probabilmente il romanzo di Agatha Christie, “Assassinio sull’Orient Express”, la storia più conosciuta, che sia legata a questo treno. Un uomo, un certo signor Ratchett, viene trovato assassina-to nella cabina a fianco di quella del famoso investigatore privato Hercule Poirot. L’assassino, o gli assassini, hanno inflitto a Ratchett dodici pugnalate; per via di una tempesta di neve, il treno è isolato in una località sperduta della Jugoslavia, tutti i passeggeri sembra-no avere un alibi, ma Poirot riuscirà a svelare il mistero. Famoso è il film del 1974 con Albert Finney, nei panni di Hercule Poirot ed un cast eccezionale con Lauren Bacall, Sean Connery, Ingrid Bergman, Michael York, Vanessa Redgrave, Jacqueline Bisset, Richard Widmark, John Gielgud, Anthony Perkins, Martin Balsam, Rachel Roberts, Wendy Hiller, Denis Quilley, Colin Blakely, Jean-Pierre Cassel e George Coulou-ris. Le carrozze, che si vedono nel film, sono quelle blu del Simplon Orient Express. Queste sono solo alcune delle innumerevoli citazioni, che fanno rife-rimento al leggendario treno Parigi – Istanbul. Recentemente, è stato realizzato uno spot pubblicitario, diretto da Jean-Pierre Jeunet, per il rilancio della storica fragranza Chanel n°5; è ambientato sul Simplon Orient Express e vede come protagonisti l’attrice Audrey Tatou ed il modello Travis Davenporte.In questi giorni, i vagoni del leggendario treno si trovano a Santhià, per un’operazione di restauro ed adeguamento agli standard attuali di sicurezza, presso gli stabilimenti della Magliola, un’azienda fon-data a Biella nel 1829 e dal 1901 presente a Santhià con uno stabili-mento di 200.000 m² di cui 40.000 al coperto, che attualmente si oc-cupa principalmente della realizzazione, revisione, ristrutturazione, riparazione e modifica di veicoli ferroviari e tramviari.Ogni carrozza del Simplon Orient Express ha una propria storia, rias-sunta in una targa in legno su cui si legge l’elenco delle tratte per-corse negli anni. Gli interni sono finemente decorati con splendidi intarsi, raffiguranti a volte motivi geometrici, altre volte composizio-ni floreali ed in alcuni casi sono ornati con raffinati bassorilievi in ve-tro. Tra gli artisti, che negli anni Venti vi hanno lavorato, ricordiamo: René Prou, Morison, Nelson e René Lalique.La Magliola ha il compito di effettuare la manutenzione generale delle carrozze; ciò si traduce in lavori di verniciatura degli esterni, de-

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eccellenzaE

piazza palazzo vecchio,1413100 Vercellitel.fax [email protected]

Criterio ed armonia, parole chiave per riempire superfici e pareti di casa donando a chi la vive benessere.

Uno spazio da abitare va interpretato attraverso l’eleborazione di un’idea, il progetto quindi nasce e si evolve al fine di soddisfare in

pieno chi lo deve utilizzare.

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gli interni e nella ristrutturazione dei mobili. Inoltre, si occupa degli adeguamenti agli standard di sicurezza: revisione del carrello, degli impianti frenanti e della manutenzione alle trazioni e alle pulsioni. I vagoni ricoverati presso lo stabilimento di Santhià sono quattordici: oltre alle sleeping cars, sono presenti due carrozze ristorante, una boutique e due vetture di servizio.Ogni pezzo deve essere restaurato secondo determinate linee gui-da, per rappresentare fedelmente gli anni Venti o per rispettare le rigorose misure attuali di sicurezza. Salire a bordo dell’Orient Express non è solo come fare un salto indietro nel tempo: sulle carrozze si ha la sensazione di entrare in contatto con un mondo immagina-

rio: quello narrato nei romanzi di Bram Stoker, Agatha Christie e Ian Fleming. Si ammirano le tarsie in legno, le eleganti poltrone anni ‘20 e le decorazioni in vetro, ma non si può fare a meno di pensare ai personaggi delle opere narrative sopracitate ed alle loro storie…Alla fine del restauro sarà possibile viaggiare nuovamente sul Sim-plon Orient Express: il prezzo base per il tragitto di due giorni ed una notte, da Venezia a Parigi, è di 1.920 €; mentre il prezzo per il bigliet-to Parigi – Istanbul parte da 6.780 €. Non è sicuramente il sistema più economico o più veloce per andare ad Istanbul, ma ricordatevi, che non si tratta “semplicemente” di un lussuoso treno: l’Orient Express è una leggenda!

NN 07

Gli obiettivi e gli impegni per il 2011

E’ iniziato un nuovo anno ed il Sindacato dei pensionati e delle pensionate, con tutte le sue strutture, proseguirà nel suo importante impegno a difesa dei diritti di rappresen-tanza sindacale e dei valori costituzionali.Eserciterà il suo ruolo confederale, adoperan-dosi attivamente nella negoziazione sociale, cercando di estendere e migliorare il livello contrattuale, con il coinvolgimento ed il contri-buto di tutte le categorie; per legare i diritti dei lavoratori con quelli di tutti i cittadini, i bisogni degli studenti e quelli dei lavoratori a quelli dei pensionati.

Gli obiettivi per il 2011 saranno dunque : • un impegno e una sfida nella difesa del lavo-ro, dei diritti , e delle pensioni; per coniugare il welfare del lavoro con il welfare sociale,• il rilancio della contrattazione sociale ,• il miglioramento della informazione e della comunicazione ,ai fini di far crescere la par-tecipazione democratica degli iscritti e delle iscritte alla vita dello Spi e favorire il protago-nismo di uomini e donne verso scelte libere e consapevoli,• azioni e partecipazioni ad iniziative culturali specifiche di denuncia dei problemi e di solle-citazione delle soluzioni possibili.

I pensionati e le pensionate della Cgil au-gurano a tutti i cittadini iscritti e non iscritti che si impegneranno a rappresentare.

Buon 2011

eccellenza

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08 musicatesto: laura albergante

FabiO TrEvEsUNa viTa

iN blUEs

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NN 09

musica

abio Treves è il bluesman italiano per eccel-lenza. Un soul brother dagli occhi blu: sguardo penetrante, capelli lunghi e tatuaggi da ragazzo senza età, un paio di baffoni alla Frank Zappa,

umorismo schietto, vivo. Nato lo stesso giorno di Jimi Hendrix (ma sette anni dopo), viene folgorato prestissimo sulla via delle dodici languide battute dei blues. Soprannominato “il Puma di Lambrate”, cresciuto e tuttora residente a Milano, impara presto a suonare da autodidatta il basso, l’organo, il sax alto e la tromba. Alla fine degli anni Sessanta fonda la sua prima band studentesca, i Friday Blues Group, nei quali mette in luce le sue qualità come armonicista. Nei primi anni Settanta Treves fa parte de L’Enorme Maria, un supergruppo in cui militava anche Simoluca, un cantau-tore apprezzato. Ma è nel 1974 che il musicista dà vita alla Tre-ves Blues Band, storica formazione creata sulla scorta delle grandi blues band americane. Ideata per diffondere il “verbo del blues”, culturalmente molto lontano dalla musica tradizionale italiana, ha attraversato mode, decenni, crisi discografiche generalizzate, por-tando sempre orgogliosamente avanti il proprio discorso “fuori dal coro”. Fabio Treves, non solo musicista ma anche fotografo, scritto-re, conduttore di trasmissioni radiofoniche sin dai tempi delle pri-me radio libere, è un prezioso scrigno di aneddoti, curiosità stimo-lanti, spunto di riflessioni. Lasciamoci incantare dalla magnetica e gentile personalità di quest’uomo che ha vissuto tutta la sua vita tra diverse sfumature di blue.

Partiamo dalle origini. A che età hai incontrato i blues? Come li hai scoperti?Ho sempre ascoltato il blues in famiglia: mio padre era un gran-dissimo intenditore di jazz tradizionale, musica etnica, brasiliana, d’autore, folk. A metà degli anni Sessanta c’è stata l’invasione del

rock, del beat, del british blues: non ho “visto la luce”, ma ho capito subito che in quelle musiche c’erano delle reminiscenze di quanto avevo ascoltato fin da bambino. Da lì il passo è stato breve. Ho cer-cato di capirne di più e ho iniziato un percorso a ritroso alla ricerca della radici del blues, che ha dato vita a tantissimi generi musica-li, partendo dal jazz per arrivare al rock’n’roll, all’r&b, al beat. La vera illuminazione è arrivata nel 1965, a Milano, in occasione di un concerto degli Who. I supporter erano i Primitives, la band di Mal, cantante che suonava anche l’armonica a bocca. Da quel giorno ho iniziato ad interessarmi a questo piccolo strumento, che è poi uno degli strumenti-chiave del genere.

Che cosa rappresentano per te i blues? Che ruolo hanno avuto nella tua vita? Da cosa è nata la passione che ti ha portato a suonare questa musica in Italia?Il blues, come molti musicisti hanno detto prima di me, più che un genere è uno stato d’animo, uno stile di vita, un modo di reagire a quello che la quotidianità ti presenta, una maniera di far conoscere ciò che si ha dentro al cuore. Suonandolo ho cercato di superare alcune mie insicurezze, paure, timidezze; con il tempo è diventato la mia vita, il percorso che mi sono scelto. Non ho mai abbracciato il commerciale, non sono di successo perché mi si vede in televisio-ne (tra l’altro, molto di rado): mi ritengo di successo perché in tanti anni di attività ho fatto tantissimi concerti e ho potuto realizzare il desiderio di suonare con Frank Zappa, incontrare B.B. King e Mud-dy Waters, tra le grandi leggende della musica.

Qual è la tua filosofia di vita?Spesso mi definisco “un vecchio hippie analogico”. Per me la vita è cercare di non essere sempre al centro dell’attenzione, ma badare molto anche agli altri: preferisco elargire e regalare piuttosto che

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10 ricevere. Credo che solo attraverso la solidarietà generale si pos-sano realizzare dei valori che non riguardano i beni strettamente materiali. Sono una persona attenta all’ambiente, rispettosa del prossimo e della natura, amante dei viaggi. Mi sono spesso impe-gnato in favore delle categorie più deboli. Tutti questi valori adesso possono far sorridere ma, nel corso degli anni, non mi hanno mai abbandonato e mi hanno permesso di mettere la mia musica al servizio di cause e associazioni umanitarie. Sono orgoglioso di aver potuto aiutare, nel mio piccolo, organizzazioni come Emergency e Medici senza Frontiere. Per me la vita non è una gara: non sei bravo se vinci ad X Factor, ma se sei coerente e non ti dai arie. L’unica cosa in cui mi sento “migliore” degli altri è che a 61 anni ho ancora voglia di salire su un palco, suonare e sudare!

Credi nel potere curativo della musica applicato soprattutto ai cosiddetti “mali dell’anima”?Sì, ci credo. Fino ai diciott’anni sono stato un ragazzo chiuso, intro-verso, l’emblema dell’adolescente in crisi. La musica mi ha spalan-cato improvvisamente le porte su un altro mondo. Solo la musica può farti stare così bene.

“Il Puma di Lambrate” e il rapporto con la sua città.Amo talmente tanto Milano che a volte la odio perché non la rico-nosco più. Vedere la città che si abbrutisce, che festeggia solo se vince una delle sue due squadre di calcio, o in occasione della set-timana della moda...c’è una Milano che non esiste più. Quella degli anni Cinquanta e Sessanta, orgogliosa, più popolare e operaia, più a misura d’uomo, che accoglieva gli immigrati senza puzza sotto il naso ed era solidale. In quel paio di giorni all’anno in cui mi riap-proprio della mia città la rivivo e la trovo bella. I Navigli, Lambrate, Porta Ticinese...

Parlando sempre di Milano e di iniziative culturali: mi ha colpi-to molto la manifestazione Blues in Idro. Che sia la rinascita di un interesse nei confronti di un genere bistrattato dal grande

pubblico?Questa rassegna, giunta alla sua sesta edizione, ha risentito sicura-mente dello spirito di chi l’ha voluta. Cioè il sottoscritto, in azione congiunta con altre persone. In questa rassegna non si sono visti né bodyguard, né spacciatori, né ubriachi; si è vista gente simpa-tica di tutte le età accomunata dall’idea del divertimento e del rispetto, ma soprattutto dall’amore verso questo tipo di musica. Questo mondo trasversale unito dalla passione per il blues è la scommessa che abbiamo vinto con Blues in Idro, che ha un budget limitatissimo eppure, anno dopo anno, si è conquistato uno spazio notevole.

Hai fotografato molti personaggi famosi. C’è qualcuno che avresti voluto fotografare, ma non ti è capitato a portata di obiettivo? Sì, tantissimi mi sono sfuggiti...devi andare nel posto giusto, nel lo-cale giusto, nel momento giusto, avere le luci giuste...sicuramente molto va a fortuna e non solo alla capacità di cogliere l’attimo. Ho sempre cercato di fotografare tutti gli artisti che mi interessavano. Molti di loro sono diventati miei amici. Beh, se avessi un bel ritratto di Bruce Springsteen sarei una persona felice! Ma mai dire mai...l’importante è poter dire “io c’ero”. Ero all’ultimo concerto di Jimi Hendrix all’isola di Wight... la mia passione per la fotografia è nata con la musica.

Hai citato Hendrix, nato il tuo stesso giorno. Tra settembre e ottobre di quest’anno cadono gli anniversari della scomparsa di Jimi Hendrix e Janis Joplin, due artisti innamorati dei blues. Cosa ti hanno lasciato?Tutto. Non c’è giorno in cui io non pensi a queste due persone dolcissime, così avanti all’epoca e così all’avanguardia anche oggi. Non esiste una cantante donna che abbia eguagliato Janis, né un chitarrista che abbia eguagliato Jimi. Non mi meraviglio che se ne siano andati così presto: erano troppo diversi dal mondo che li cir-condava.

C M Y CM MY CY CMY K

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Domenica 6 febbraio 2011, ore 9-19.30PU

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osanna eh / sanna sanna sanna eh / anna eh / san-na eh / sanna... Se state intonando la melodia e battendo le mani a ritmo, vuol dire che siete

capitati sulle pagine giuste, ma soprattutto sull’appuntamento giusto. L’opera rock più famosa al mondo sta per approdare a No-vara.

Lo spettacolo Jesus Christ Superstar, diretto da Massimo Romeo Piparo, celebra il suo 15° anniversario con un allestimento di gran-dissimo livello artistico e arriva a Novara martedì 11 gennaio per una grande serata allo Sporting Village di Corso Trieste. Un Jesus Christ stellare, anche nel cast, che vede impegnate diver-se star della musica leggera italiana: Mario Venuti sarà Pilato, Simona Bencini Maddalena, Matteo Becucci Giuda. Il protago-nista nel ruolo del titolo è storicamente Paride Acacia.

Il musical scritto da Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, che vanta migliaia di repliche e milioni di spettatori in tutto il mondo, un suc-cesso consacrato anche grazie alla versione cinematografica, è un vero caposaldo nella storia della musica leggera, tanto che anche i protagonisti dello spettacolo attualmente in cartellone si dicono increduli e grati della possibilità d’interpretare i ruoli loro assegnati.

“Io, Matteo Becucci e Mario Venuti – dice Simona Bencini (frontgirl dei Dirotta su Cuba) – siamo tre voci ‘rubate’ alla musica leggera, ma sono pronta a scommettere che tutti noi cantanti, nella nostra vita, abbiamo canticchiato i motivi e nella nostra collezione di vinili possediamo la colonna sonora di Jesus Christ Superstar e tutti ab-biamo prima o poi sperato d’interpretare questo musical. Per me è la prima esperienza di questo genere, e non poteva accadermi con

un ruolo migliore. Maddalena è un personaggio bellissimo. Molto differente dagli altri protagonisti: capisce che Gesù è diverso dalle altre persone e perciò lo ama e lo teme al tempo stesso”.

Con orchestra dal vivo e 30 elementi in scena, il musical è in-teramente cantato in lingua inglese, ma sullo sfondo i versetti dei Vangeli proiettati su maxi schermi danno al pubblico la possibilità di orientarsi sul momento inscenato. Narra l’ulti-ma settimana di vita di Cristo in chiave rock. La commistione di argomento religioso, punto di vista laico e musica rock, lo rende un evento trasversale, che unisce in platea un pubblico vasto e variegato. È il musical più famoso mai rappresentato in Italia e ha cambiato la storia del teatro musicale italiano.

“Sul palco arriviamo a essere all’incirca 30 persone contempora-

h

11.1.11 jEsUschrisTsUPErsTar

il NUmErOUNO DEi mUsical

a NOvara

sPettacOlOtesto: serena galassO / foto: angelO trani12

nOvara

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neamente, più l’orchestra – prosegue Bencini – è un’esperienza unica che arricchisce la propria professionalità e la propria carrie-ra senza dubbio. Ma la cosa più incredibile è notare che i pezzi cantati da Maddalena sono a tutti gli effetti degli standard, sono canzoni che hanno superato il musical, cioè hanno superato la contingenza dello spettacolo in sé, tanto è forte la loro po-tenza”.

Il regista Massimo Romeo Piparo scrive nelle sue note di regia: “Un’orchestra in smoking e nell’aria i suoni e le atmosfere di un de-cennio fra i più felici del nostro secolo. Ogni sera si rinnova il magico rito che ci restituisce l’idea di un mito eterno. Il suo confronto con la stessa ragione di essere: da un lato il popolo, dall’altro chi lo go-verna. Tutti nel contempo artefici e vittime di un tradimento com-messo per amore da chi ‘vive per la morte’ e il cui ruolo si compirà solo quando, abbandonata la veste istituzionale di custode di un sodalizio di vita, offrirà e procurerà per sé la morte. Un mito eterno per un popolo che ancora oggi non ha smesso di subire il proprio martirio, ma ha visto moltiplicarsi la serie di martìri diretti o indiret-ti: si continua a morire perché altrove, in questa terra, è deciso così. Non cercate di trovare segni in questa messa in scena, né confronti con epoche, fasi storiche: c’è l’eterno, intramontabile senso di an-goscia per una umanità che da sempre elegge i propri messia per poi mandarli al martirio, crea i propri miti per poi distruggerli, pro-fessa la propria ideologia per prontamente rinnegarla”.

Piparo è senza dubbio uno dei più illustri rappresentanti del ge-nere musical in Italia. Le coreografie sono di Roberto Croce e la direzione musicale di Emanuele Friello. Piparo dopo anni di studi di teatro e danza scrive questa trasposizione italiana del mu-

sical di Lloyd Webber e Tim Rice e a marzo 1995 per la prima al Teatro Smeraldo di Milano il pubblico esplode. Il 1995 diventa un anno importante per il musical italiano. Ci credono Giovanni Vernassa al Verdi di Firenze, Bartolomeo Pinto al Teatro Team di Bari, Claudia Spoto al Colosseo di Torino, Savina Savini al Politeama di Genova, Nino Mazza al Metropolitan di Catania e via via tantissimi altri. Alla tradizione della commedia musicale all’italiana si affianca finalmente una ventata di West End e Broadway, che per 15 anni ha contagiato e sensibilizzato il pubblico italiano e fatto proliferare esperimenti e investimenti in questa direzione.

Tanto che ormai dilagano in tutta Italia scuole multidisciplinari crea-te per insegnare l’arte del musical. “Fino a 15 anni fa – dice Mario Venuti – il musical da noi non esisteva. Ed ora è invece un genere di attività che dà lavoro, e questo è importante, ma è ancora gio-vane e per questo ha tante cose ancora da offrire. Sappiamo poi che il pubblico è particolarmente incuriosito dalla presenza di tre cantanti pop sul palco, perché li può vedere in una veste inusuale e questo è affascinante, tanto quanto lo è stato per noi quando abbiamo iniziato a cimentarci con questa nuova esperienza”.

La nuova edizione del musical ha aperto i battenti nell’ottobre 2010 al Teatro Sistina di Roma, e da allora ha calcato le tavole di moltissimi teatri. Quella di Novara è l’unica data piemontese del 2011.

Perché piace tanto Jesus Christ Superstar? Perché i suoi tanti fan lo seguono tappa dopo tappa, cercando di non perdere neanche una rappresentazione e conoscendo tutte le canzoni a memoria? Pro-babilmente perché è un musical sempre moderno, che fa rivivere l’ebbrezza degli anni ’70 e questo lo rende vicino sia ai giovani di oggi sia a chi era giovane in quegli anni. Il ribaltamento del punto di vista canonico lo rende poi unico nel suo genere. Il vero

eroe della storia è infatti Giuda, sapiente e razionale. Un ruolo tanto impegnativo assegnato al più fresco di fama, Matteo Becuc-ci, trionfatore di X Factor 2008, che a dire dei suoi stessi compa-gni d’avventura, dopo un’iniziale fase di difficoltà a sposare i movi-menti dell’attore a una voce straordinaria, è ora maturo e convince in un’interpretazione che infiamma sempre il pubblico.

Un musical che, nonostante sia stato riconosciuto nel suo valore an-che dalla Chiesa, non appassiona solo i credenti. L’atmosfera hippie, le canzoni, i ritmi, le luci risultano trasversali a un largo pubblico e danno all’opera un’aura di immortalità e democraticità. La can-zone d’inizio, Heaven on their minds, e ancora Hosanna, Poor Jerusalem, Damned for all time, Blood money, Peter’s denail, Pilate and Christ, Judas’ death, Superstar, sono solo alcuni dei suoi temi intramontabili.

“Con Matteo e Simona – conclude Venuti – dopo il musical ci incon-treremo certamente ancora su altri palchi per i nostri concerti... Ma chissà se non ci saranno altre esperienze simili: la vita è aperta a tutto. E questa è sempre una cosa bella e nuova”.

I biglietti in prevendita sono acquistabili online sul sito ufficiale del musical jesuschritsuperstar.it e a Novara presso Tune Di-schi, Mondo Musica, Prima Rete Network, Olivieri Dischi, Kinesis e Qui’Squash a 27 e 44 euro. Una sfida importante quella che l’ammi-nistrazione e gli organizzatori novaresi lanciano alla città e ai centri limitrofi. Novara ha infatti l’opportunità di comparire in un cartel-lone che allinea grandi città, come Milano, Roma, Bologna, Firen-ze, e che toccherà molti altri luoghi importanti: da Saint-Vincent a Modena, da Padova a Catania e Reggio Calabria... Dato che i posti sono 4000, non perdete l’occasione.

nOvara

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14 artetesto: federicO bassanO

aNTE 50’sYVES TANGUY(Parigi, 5 gennaio 1900 – Woodbury, 15 gennaio 1955)

Movimento: Surrealismo

Note biografiche: la sua vita è stata molto movimentata e ricca di esperienze. Nel 1918 entra nella marina mercantile e compie numerosi viaggi in Africa, America del Sud ed Inghilterra. Decide poi di partire come volontario per la Tunisia e, nel 1922, ritornato a Parigi, scopre la sua passione per la pittura (si narra che Tanguy si trovasse su un autobus, quando, vedendo un quadro di De Chirico in una vetrina, saltò giù dal mezzo rischiando la sua stessa vita, per ammirarlo da vicino).Nel 1924 si trasferisce insieme a due amici ed artisti nel quartiere di Montparnasse, in un appartamento che diventerà presto luogo d’incontro dei Surrealisti. Pur non possedendo una specifica formazione ed essendo un autodidatta, Tanguy ha dimostrato da subito di possedere un innato talento.Nel 1939 Tanguy compie un viaggio negli Stati Uniti con la pittrice Kay Sage che aveva conosciuto a Parigi, nel 1940 la sposa e va ad abitare nel Connecticut.Appena otto mesi dopo la sua morte verrà allestita al Museum of Modern Art di New York una retrospettiva dell’artista.

Segni particolari: Yves Tanguy ha subito il trauma della Grande Guerra e dei massacri di massa. Egli credeva sinceramente che fosse possibile costruire un mondo nuovo sulle rovine di quello vecchio.Molte sue opere raffigurano lande desolate, desertiche, da dove affiorano corpi sinuosi, appuntiti, surreali.

Citazione: “La pittura si sviluppa davanti ai miei occhi, spiegando le sue sorprese mentre progredisce. È questo che mi dà il senso di libertà completa, e per cui sono incapace di anticipare quello che dipingerò”.

POsT 50’sFRANK AUERBACH(Berlino, 29 aprile 1931)

Movimento: Espressionismo

Note biografiche: di famiglia ebrea, all’età di 8 anni fu mandato in Inghilterra per sfuggire alla guerra, che fu invece fatale ai suoi genitori che morirono nei campi di concentramento.Ha studiato al Politecnico di Borough a Londra, alla St. Martin’s School of Art e al Royal College of Art, sempre a Londra.Nel corso del tempo, il suo lavoro mostra una preoccupazione per il processo creativo stesso con pennellate sovrapposte, una sopra l’altra, il risultato di una costante revisione delle immagini.Alla Biennale di Venezia del 1986, come rappresentante della Gran Bretagna, ha vinto il primo premio ex aequo.

Segni particolari: all’osservatore appaiono sulla tela larghe e dense pennellate, che restituiscono poco alla volta i tratti somatici dei soggetti ed i loro stati d’animo. A differenza di quando dipingeva paesaggi, nelle tele raffiguranti ritratti e primi piani Auerbach non usava alcun bozzetto, ma la composizione poteva durare anche molte sedute. Le tele rappresentano per lui un grande sforzo psicologico ed emotivo.

Citazione: “Al momento dell’esecuzione, il lavoro deve emergere sotto la mano dell’artista come un essere vivente, con i suoi imperativi propri”.

maGicbOxMUSEE JACQUEMART-ANDRE’(158 Boulevard Haussmann, Parigi)

Edouard Andrè fu un noto banchiere e diplomatico, nato nel 1833. Grande appassionato d’arte, collezionò dipinti prestigiosi, comprando le opere anche dai musei, che a quel tempo non possedevano tanto denaro ed erano ben contenti di vendere a ricchi banchieri. Il 1872 segna l’inizio di una splendida avventura. Andrè si fa ritrarre da una giovane artista, Nèlie Jacquemart, che sposerà nel 1881. L’unione dei due nel segno dell’arte li porta a viaggiare in Europa e soprattutto in Italia, acquistando quadri ed altri oggetti, sculture e mobili, e li fanno trasportare fino alla loro sontuosa dimora, dove organizzano ricevimenti per far ammirare ai loro amici e conoscenti i pezzi della loro collezione.Alla morte di Edouard, Nèlie continua con vigore le attività svolte col marito, intraprende viaggi in Italia ed in Oriente, lunghi anche sei mesi. All’interno del palazzo vengono così collocati oggetti incredibili, come interi portali e fontane, sculture, cori lignei intarsiati e mobili orientali.In questa splendida villa siamo invitati anche noi, nel gran salone, attraverso la sala della musica, il bellissimo scalone, fino alla galleria veneta, per ammirare una collezione fantastica, e percepire le stesse emozioni che provavano Edouard e Nèlie. Tra gli artisti più famosi, Rembrandt, Van Dyck, Perugino, Mantegna, Bellini, Botticelli, Reynolds, David.Caldamente consigliata la visita… almeno al sito ufficiale www.musee-jacquemart-andre.com.

lO saPEvaTE chE...

cUriOsiTa’ Dal mONDO DEll’arTE

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UN cammiNO

Di PacE a

POrTaTa Di maNO

Pin-uPtesto: rOberta invernizzi / foto: michele trecate

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Vercelli, il Centro Om Shanty risponde ai tuoi bisogni profondi.

“Om” è il mantra sacro induista, considerato il suono che ha dato origine alla creazione; la parola “shanti” deriva

dal sanscrito, letteralmente vuol dire “pace” e richiama ad un concet-to ampio e profondo di pace interiore, quiete, assenza di frenesia e tensioni. Nel nome scelto per il Centro Benessere che hanno aper-to circa tre anni fa, Barbara, David, Marina e Simonetta, provenienti

da solidi percorsi culturali e professionali fra loro differenti, hanno racchiuso il senso del loro sodalizio: il comune obiettivo che perse-guono quotidianamente consiste proprio nella costruzione di una sinergia fra le loro competenze per condurre alla pace le persone che si rivolgono a loro.“Si tratta di un obiettivo composito, ma affascinante, molto prezioso nella vita quotidiana di tutti e soprattutto possibile”, ci spiega David; “il nostro approccio somatopsichico dà conto del fatto che la vita si gioca sul piano corporeo, mentale e spirituale e che il benessere

deve attraversare queste dimensioni per essere un vero equilibrio complessivo; la componente estetica, cui peraltro siamo in grado di dedicare risorse specifiche e di elevata qualità, non è quindi l’unica sulla quale concentrarsi: ho conosciuto persone esteriormente bel-le, ma segnate da squilibri interiori profondi, tratti d’ansia e conflit-tualità che minavano inevitabilmente il loro benessere reale.”Accanto a trattamenti per i vari inestetismi cutanei, il Centro Om Shanty offre ai clienti sedute di rilassamento, percorsi di counseling e life coaching in relazione a problematiche in termini di autostima

a

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Pin-uP

e autoefficacia, permanenze personalizzate nell’area SPA (salus per aquam), interventi per cervicalgie e lombalgie, trattamenti naturo-patici, attività di educazione motoria, in un dialogo costante con quelle professionalità mediche e psicologiche specialistiche che garantiscono serietà e autentica cura per la persona, senza improv-visazioni né presunzioni.Simonetta sottolinea: “abbiamo costruito una rete di collaborazioni con professionisti di fiducia che consentono a chi si rivolge a noi, insieme alle nostre stesse competenze e ai nostri strumenti all’avan-

guardia, di contare su di un percorso rigorosamente personalizzato e completo. Spesso la percezione delle proprie esigenze è vaga, non si ha in mente esattamente che cosa occorre per sentirsi bene; acca-de di riscontrare, seppur sempre più raramente, alcune resistenze, per esempio da parte degli uomini, che ritengono alcune attenzioni per se stessi dei lussi eccessivi o fuori luogo: è nostra cura orientare le persone verso la consapevolezza delle loro esigenze e offrire le risposte più adatte. A volte è sufficiente ricordare che fa parte della nostra cultura, fin dai tempi degli antichi Romani, la consuetudine di

perseguire il benessere attraverso la costante cura di sé.”Non resta che addentrarsi nei locali del Centro Benessere Om Shan-ty, accolti da penombra, tepore e profumi avvolgenti, per un confor-tevole spazio-tempo esclusivamente nostro. E tutto il mondo fuori!

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letteraturatesto: eliana frOntini

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omplici le incursioni natalizie nelle librerie, in-traprese allo scopo di acquistare interessanti romanzi da regalare, m’è capitato tra le mani il bel testo “La festa di san Napoleone” di Die-go Siragusa, edito per i tipi di Albatros nel 2010.

Sono infatti stata subito incuriosita dagli argomenti trattati e dalla presentazione di Giuseppe Pontiggia, che in copertina recita “E’ un romanzo storico scritto con insolita finezza stilistica e accuratezza di ricostruzione. Lo si legge con interesse e con piacere...”

Il romanzo narra le vicende della contessa Angela Maria Rei-naldi di Falicone, sposa del conte Crispino Avogadro, che vive nel primi decenni del 1800, quando l’eco della Rivoluzione francese aveva cambiato e diviso per sempre le idee politiche del popolo e dell’aristocrazia. Il Piemonte negli anni della dominazione napoleo-nica vedeva il contrapporsi di personaggi con “anime tiepide” contro “anime ardenti” di vivace modernità, tra coloro che desideravano ri-manere fedeli alla monarchia e coloro che avevano dissipato le om-bre della falsità e della meschinità umane nascoste dietro i parruc-coni. Conciliare le due visioni nella stessa famiglia, come accade in casa Avogadro, era opera ardua, foriera di trame pericolose e, come vedremo nella lettura del libro, porterà all’emergere nei protagonisti passioni represse e inconfessabili. Momento chiave del romanzo è il giorno dedicato all’Imperatore, il 15 agosto, festa di san Napoleone: un delitto e le indagini per scoprirne il colpevole riescono a togliere la polvere alle verità dei conti Avogadro. Le due facce di Crispino tra “Conte” e “cittadino” si scontrarono con il tradimento della moglie e la mesta assuefazione al rango.

E’ davvero un bel libro, ben scritto, che coinvolge il lettore dalla pri-ma all’ultima pagina. Il classico libro che vi fa far tardi la sera, i cui personaggi vi tengono compagnia e vi dispiace lasciare quanto chiudete l’ultimo capitolo. Siragusa ha il dono della scioltezza, della leggerezza nel trattare complessi temi storici, inserendoli in filigrana tra una vicenda e l’altra della vita della contessa. Un romanzo inte-ressante, specie se lo si legge in questo 2011, anno del 150° anni-versario dell’Unità d’Italia, che contribuisce a chiarire come la storia d’Italia non sia una semplice successione di avvenimenti, ma una storia di persone. I protagonisti sono gli Italiani, considerati nella loro diversità e raccontati in tutte quelle fasi che li hanno visti unir-si in un sentimento di comune appartenenza. Queste tappe fanno parte di un percorso lungo 150 anni durante il quale “siamo diven-tati italiani”.

“La festa di san Napoleone” cela un libro dai molti sensi e livelli di lettura: dal semplice romanzo quasi giallo, alla precisa operazio-ne di recupero storico degli usi e costumi del tempo, che davvero ci fa entrare, immediatamente fin dalla prima pagina, nella vita dei protagonisti, alla narrazione storica del Piemonte dell’epoca. Biellesi e vercellesi sorrideranno e si commuoveranno, forse, poi, delle tante, poetiche ricostruzioni di tradizioni che ancora perdurano al giorno d’oggi, ed ancor oggi sono le nostre tradizioni, come la descrizione della processione al Santuario d’Oropa:

“Maggio 1799. Da molto tempo era consuetudine che la prima dome-nica di maggio la municipalità di Biella partecipasse alla processione fino al Santuario d’Oropa. I repubblicani erano inquieti. Giungevano

notizie che le ar-mate austro-russe avevano già occu-pato Milano e mi-nacciavano aper-tamente il Piemon-te. Il corteo lungo e cantilenante entrò nel santuario senza particolare fervore. In quella massa cri-stiana di borghesi, nobili e contadini erano mescolate la fazione repubbli-cana e quella mo-narchica che si gua-tavano a distanza inviandosi silenziosi e reciproci loquaci improperi. Persino la schiera del clero era nettamente divisa e l’una contro l’altra armata: i democra-tici cantavano le lodi mariane con accento francese, i monarchici, invece, sottolineavano nelle invocazioni la Madre Divina di Cristo Re e, con impeto e fervore incontenibili, gridavano più del solito: Regina montis Oropae, ora pro nobis!”

Già l’incipit del romanzo incuriosisce il lettore e lo spinge a continuare la lettura. Il primo capitolo si apre con l’annuncio della morte della duchessa del Chiablese, sorella del re, che giunge alla contessa tramite una lettera. Poiché era intenzione del re che al lutto partecipasse anche la nobiltà per il tempo di tre mesi, nella missiva era descritto anche l’abbigliamento che tutti i nobili dovevano por-tare per il lutto:

La foggia del lutto per la nobiltà sarà nel primo periodo di quarantacin-que giorni in abito, sottoveste, calzoni neri di lana, calzetti e guanti neri di foretto, spada e fibbie nere, cappello liscio e senza velo. Nel secon-do periodo si useranno le stoffe nere di seta non operate per giorni ventuno, e per i restanti ventiquattro saranno lecite le stoffe nere di seta operate, e porteranno la spada, fibbie d’argento o d’altro metallo.

Abbigliamento che senza indugio la contessa si accinge ad acquista-re ed indossare. Già questa descrizione proietta il lettore nel tempo in cui si svolge il romanzo, quasi si trattasse non di un libro, ma di un film, ne vede di fronte agli occhi tutti i particolari, può curiosare negli armadi della contessa, nelle stanze del suo castello.

Diego Siragusa è nato ad Alcamo. Laureato in Filosofia, non è alla sua prima fatica letteraria; ha pubblicato infatti tre volumi di poesie: Homo tripudians, 1982; L’uomo copernicano, 1984; La fanciulla di Ver-meer, 1985. Sono seguiti i libri di storia: Biella giacobina (1797-1801), 1989; Biella napoleonica, da Marengo a Waterloo, 1995; Quando i pe-sci volano e gli uccelli nuotano, 1997. Con Cercate l’Angkar, 2004, scrit-to in collaborazione con Bovannrith Tho Nguon, ha vinto nel 2007 il premio letterario “Firenze per le culture di pace”, dedicato a Tiziano Terzani. Ha pubblicato anche La botola sotto il letto, nel 2007. Ha tradotto da: Leon Felipe, Ben Jonson, sir Philip Sidney, John Keats, ed altri autori contemporanei.

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20 artetesto: marcO cassisa

biella

luoghi dell’arte ormai ci hanno abituato a percorsi dove la dimensione del museo assume le forme più dispara-te. Se l’arte contemporanea ha in sé, tra le molte spinte, la vocazione ad occupare e trasformare gli spazi, en-

trando in simbiosi o contrasto creativo con edifici, mura, luoghi aperti e pubblici, lo stesso non si può affermare di frequente riguardo alle collezioni storiche e, ancor di più, pochi potrebbero immaginare gli uffici principali e i saloni di rappresentanza di una banca come il luogo dove potersi liberamente aggirare per un con-sistente itinerario tra la pittura ottocentesca e di primo Novecento, piemontese e toscana in particolare.

Questo inedito connubio di luoghi e capolavori pittorici, dal sempli-ce ma efficace titolo “Invito all’arte”, è stato realizzato a Biella dove, per la prima volta, il pubblico potrà ammirare parte della collezione d’arte della Biverbanca direttamente nella sua sede centrale in occa-sione di una iniziativa che ha preso il via lo scorso 20 dicembre.All’interessante collezione d’arte, frutto di importanti acquisti rea-lizzati a partire dal secolo scorso, oggi, altre rilevanti opere di scuo-la toscana, macchiaiola e postmacchiaiola, provenienti dai caveau senesi dei Monti dei Paschi di Siena, giungono ad arricchire questo preesistente patrimonio che la direzione di Biverbanca ha la chiara e lodevole intenzione di esporre, valorizzare e soprattutto rendere

Giovanni Fattori

iNviTOall’arTE

iUN ‘PiccOlO’

TEsOrO iN UNa

lOcaTiON iNEDiTa

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tel. 0161.921234fax. 0161 922575

fruibile a un vasto pubblico, il più eterogeneo possibile.Un piccolo ma significativo museo che mancava al territorio, quindi: una cinquantina di opere con significative assonanze di datazione, di tema e di tecnica pittorica, esposte al secondo piano della sede centrale dell’istituto di credito, in Via Carso 15, che insieme ad alcuni interessanti pezzi d’antiquariato resteranno in esposizione perma-nente, visitabile su appuntamento per privati, gruppi e scolaresche. La visita ha inizio: già incuriositi dal particolare e inedito set che si è invitati a percorrere per compiere questa divagazione artistica, veniamo accolti nel vestibolo d’ingresso da 5 lavori di Lorenzo Del-leani: si tratta di 4 piccole tavole dipinte con la pennellata decisa e costruttiva che è la sua caratteristica più nota, capace di modella-re il ricco colore che riusciva ad esprimere in tutta la sua potenza lavorando en plein air, senza pentimenti, sul piccolo formato delle assicelle lignee, ancor oggi la più apprezzata caratteristica della sua produzione. Tuttavia, Delleani stesso stentava a riconoscerle come opere d’arte in sè, confinandole sempre a una sorta di preliminare e rapido approccio dal vero, che sarebbe poi stato meditato e tra-dotto nei vasti formati di quadri da comporre nello studio torinese, nei mesi invernali e in questa sala, a rappresentare il primo dei due esempi di questa produzione presenti in mostra c’è Primavera alle Piane – Adolescenze, realizzato nel 1897 e ridatato 1900 dallo stesso autore.Ci si orienta quindi a percorrere i marmi del salone centrale, sotto il grande lampadario, cuore dell’esposizione, dove è stato colloca-to, oltre alla seconda grande tela del Delleani, Avanzi di Valanga del 1901, un quadro carico di una mozione particolare, quel celebre Butteri e mandrie in Maremma, opera di Giovanni Fattori, giunto da Siena e in prestito temporaneo per sei mesi. Un’opera significativa, scelta non casuale, che pone il più autorevole tra i pittori cosiddetti Macchiaioli al centro dell’allestimento, divenendone ideale fulcro visivo e di riferimento per comprendere quella pittura realizzata a “macchie di colore, di chiari e di scuri”, come la definì Adriano Cecio-ni. Numerose sono, infatti, le opere di artisti macchiaioli o postmac-chiaioli presenti in mostra: allievi diretti o indiretti del Fattori, come Niccolò Cannicci (nell’ufficio della Direzione Generale, I guardiani di tacchini) , Guglielmo Micheli e Luigi Gioli (del primo, nell’ufficio del-

la Vicepresidenza, Paese toscano del secondo, Mare d’erba), Cesare Ciani (La madre e Interno rustico con vecchietta nel salotto della Di-rezione Generale), Ruggero Panerai e Carlo Passigli (del primo, nel-l’atrio della Direzione, Alle corse dei cavalli alle Cascine, del secondo, Spiaggia di Viareggio), restituiscono il panorama e l’evoluzione della pittura toscana dell’epoca, immortalando paesaggi campestri, tal-volta abitati da uomini e donne testimoni del duro lavoro dei campi, scorci di vita quotidiana, popolare e borghese e marine, rubate alle infinite prospettive che la costa toscana forniva.Altri paesaggi, a noi più vicini e familiari, ritornano nelle numerose già citate tavolette di Lorenzo Delleani, contrastando, per dimensio-ni, con le due grandi tele, Avanzi di valanga e Primavera alla Piane. E poi ancora opere di Giuseppe Bozzalla, Cesare Maggi e un bozzetto di Antonio Fontanesi, cui si affiancano opere di artisti biellesi con-temporanei, come Franco Costa e Celso Tempia a far mostra di sé in un percorso omogeneo per soggetti proposti, tematiche trattate ed epoche di realizzazione, arricchendosi con divagazioni abruzzesi o lombarde, con opere di Giuseppe Palizzi, Paolo Francesco Michetti ed Emilio Gola.Per trovarle e osservarle con attenzione, il visitatore potrà affac-ciarsi e penetrare nella sala del Consiglio di Amministrazione come in quella del Comitato Esecutivo, quindi all’opposto, nell’atrio che funge da anticamera verso gli studi della Presidenza, della Vice-presidenza, della Direzione Generale e della sua segreteria, così da completare il percorso arricchito da alcuni pezzi di antiquariato e da pregevoli opere d’arte antica come la tavola di Gerolamo Giovenone con un Santo Vescovo o la copia seicentesca della celebre Madonna del gatto di Federico Barocci.A fine visita, la sensazione eventuale di quieto spaesamento del-l’inizio sarà stata mitigata da una gradevolissima immersione in un luogo istituzionale ma non austero, reso più che accogliente da uno sfoggio discreto della sensibilità artistica e culturale delle persone che lo vivono quotidianamente come luogo di lavoro e che, da oggi, hanno l’ulteriore responsabilità di un vero spazio artistico pubblico, dopo questo debutto importante, atteso alla prova di immaginare forse già un seguito che non diluisca la portata di questo debutto emozionante.

GerolamoGiovenone

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22 fOtOgrafiatesto: marcO guerrieri

embrerà una sciocchezza, ma nasce per la forte passione che provavo per una donna, volevo cor-teggiarla, mi feci prestare la macchina fotografica da un mio amico e le chiesi di posare per me…

Fulvio Borro da trent’anni scatta e immortala persone, volti e luoghi con passione sempre viva, con la stessa curiosità di sem-pre. “Una delle cose che adoro della fotografia”, dice Fulvio “è che mi permette di andare in posti negati a tutti gli altri, di intrufolarmi nei backstage, nei box dei GP di Formula 1, di fare insomma qualcosa di proibito”.

Come probabilmente è normale che accada, Fulvio si accorge già da ragazzo che le belle fotografie delle riviste patinate non sono molto distanti dai suoi lavori, e con quel giusto mezzo tra incoscienza e vo-glia di provare si butta e propone alla rivista Reflex una serie di scatti con figure in ambientazioni metropolitane. E’ il 1982, e la rivista in questione pubblica il suo lavoro in doppia pagina centrale! Una sod-disfazione enorme, una collaborazione che ancora oggi continua e soprattutto gli dà la possibilità concreta di cominciare un’attività artistica e professionale fuori dagli schemi. Tra il 1983 ed il 1984 collabora con Play Boy, prima con un lavoro sulle macchine foto-grafiche, con protagonista un surreale King Kong, e poi realizzando

gli scatti per la playmate Nicola Belfiore. Poi arrivano le collaborazio-ni con Mondadori e la possibilità di esporre in mostre in tutta Italia, concretizzando un sogno, facendolo crescere, ma sempre con un piede ben ancorato alla realtà di un ragazzo cresciuto a Santhià. Ful-vio Borro lavora e scatta fotografie, alterna la fabbrica ai set con luci e flash, continua, sperimenta, si fa sempre più apprezzare e cono-scere senza scendere a compromessi, semplicemente fotografando ciò che gli piace, realizzando sin dal 1971 splendidi reportage di corse di Formula 1 dai circuiti di Spa in Belgio, Digione, Le Castellet, Zandwort ( lo splendido GP dove Gilles Villeneuve percorse un in-tero giro a tutta velocità senza la ruota posteriore destra!) e soprat-

s

cOmE NascE la

PassiONE PEr la FOTOGraFia?

FUlviO bOrrO, PrOFEssiONE FOTOGraFO

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fOtOgrafia

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tutto Monza, immortalando i grandi dell’automobilismo, da Arturo Merzario a Niki Lauda, Ayrton Senna e Nigel Mansell.“Donne e motori”, questo sembra il filo conduttore dei suoi la-vori. Auto dalle carrozzerie scintillanti, inavvicinabili, e donne dalla bellezza ammaliante, altrettanto “distanti”. Per i soggetti femminili, verso la metà degli anni ’80, incomincia un’interessante sperimen-tazione di ritocco con i colori ecoline, regalando ai propri scatti un effetto più spettacolare, sensazionalistico, cercando una dinamicità forse più distante dal classico lavoro fotografico, ma sicuramente più vicina ad una vena pittorica dove la realtà non è altro che il punto di partenza per raccontare un sogno fatto di psichedelica suggestio-ne.“Le riviste che si occupano di fotografia” continua Fulvio “sono sem-pre alla ricerca di cose nuove, e Londra, diventata quasi la mia secon-da casa, soddisfa al massimo questa richiesta… non mi resta quindi che sperimentare ed elaborare i miei scatti per fornire quello che gli

editori di settore cercano. Prima dell’avvento del computer stampa-vo le fotografie in bianco e nero, le graffiavo con una lametta e le ricoloravo con i colori ed il pennello, adesso con l’aiuto di Photoshop questo tipo di lavoro è diventato ancora più interessante e i limi-ti sembrano sempre più lontani. Rimane molto importante però mantenere un forte senso critico, perché per me esistono tre tipi di foto: quelle per me, quelle per gli amici e quelle per gli editori, e in tutti e tre i casi si deve sapere quello che si sta facendo e con che finalità, altrimenti rischi di confondere le regole e di non essere minimamente capito e apprezzato”.

Curiosità e voglia di sperimentare portano Fulvio ad osare sempre più, a contaminare le diverse passioni e ad unire le tante conoscenze e collaborazioni con il proprio lavoro. Il forte legame con il gruppo dei Binario, ad esempio, e il grande amore per la musica aprono na-turalmente la strada a splendidi ritratti di giovani artisti che Fulvio

porta in inconsuete location, nei posti che da anni studia e conosce, come l’area Montefibre di Vercelli o la fabbrica Magliola di Santhià, mostrando ai discografici e agli addetti ai lavori che spesso con la metà del budget si possono ottenere risultati inaspettati e di grande effetto.Ma ancora non basta, le idee si sovrappongono, le possibilità crescono e così, con molta naturalezza, Fulvio ci racconta che ha creato… anche una linea di abbigliamento! Partendo da un gio-co, da una piccola frase che diventa logo, e poi marchio prima anco-ra che prodotto, Fulvio crea un progetto in cui tanti credono. Ora il progetto è realtà, e a breve sul mercato si potranno acquistare i capi “aMò” e i gioielli realizzati con Akamay per il prossimo San Valentino. Si tratta di capi dal gusto molto grafico e lineare, in bianco e nero con un cuore rosso: T-shirt, felpe, canotte, sovraspalle e borse… In bocca al lupo Fulvio! Rimaniamo in attesa di nuove sorprese!

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[email protected]

Fortunatamente non sempre l’infedeltà è un’esperienza dalla qua-le tutti passano lungo l’arco della loro vita. Alcuni ne fanno il loro modo di navigare entro le relazioni, altri una tappa lungo il percorso, altri ancora la considerano una meta priva di interesse e se ne ten-gono alla larga.Ci sono persone che tradiscono senza slanci affettivi per il solo gu-sto di farlo, valorizzando forse solo la pulsione, e questo accomuna entrambi i sessi . Più volte abbiamo sentito l’esempio di adolescenti che si sfidano in un sesso “agonistico” in cui non è tanto importante con chi farlo, quanto il vincere una gara con gli amici. Anche parlando di coppie mature, l’adulterio oggi viene visto come un’esperienza di vita quotidiana e non più come un peccato, anche se spesso non se ne parla. Le cause? Beh, possiamo citare alcune ipotesi. La noia: si è infedeli per sfuggire ad una vita che sembra non riservare più sorprese, né dal punto di vista emozionale né da quello erotico. La trasgressione: il tradimento aggiunge “pepe” alla vita, trasmettendo un’immagine di persone che “sanno anche tra-sgredire”. La paura: in alcune fasi della vita si sente l’esigenza di avere conferme circa la propria capacità di sedurre.Anche la tecnologia pare venirci incontro e tentarci, con nuove possi-bilità di incontri. In un’epoca facilitata da modalità di comunicazione che spesso vanno a scapito dei rapporti “face to face”, reali, avere re-lazioni parallele potrebbe diventare la norma, più della monogamia. “L’adulterio on line” si sta diffondendo sempre di più; spesso non si tratta di un tradimento consumato, dal momento che le persone rimangono a distanza. Si inizia con appuntamenti sul web fatti di chiacchiere e confidenze, ma si può arrivare ad appuntamenti reali. Possiamo rivolgerci alcune domande: anche questi sono da consi-derarsi tradimenti? O sono solo visite frettolose, senza importanza, fatte solo per la curiosità di sapere cosa ci stiamo perdendo?Sembrerebbe, inoltre, che l’essenza del tradimento risieda più nel-

la segretezza che nella ricerca del sesso. Non importa cosa si fa o con chi lo si fa, ma a chi si mente. Nel tradimento, infatti, è proprio il segreto a minacciare la relazione. Segreto che allontana i partner della coppia ufficiale ed avvicina, creando un legame di complicità, i

partner della coppia clandestina. Pare quindi che il tradimento sia un posto intrigante da visitare, ma certo, quando il viaggio finisce, c’è poi da fare i conti con il luogo dal quale siamo partiti.

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ParOla alla PsicOlOGaPunto informativo di Vercelli - Ordine degli Psicologi del Piemonte

breve viaggio nell’infedelta’

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Ebbene è successo. Ho tenuto duro per 8 mesi, non ho ceduto al freddo di ottobre, alla neve di novembre, sono persino riuscita ad entrare in un abito da sera a Natale, ma poco più di tre giorni fa, quando l’anno volgeva al termine l’ho fatto: ho comprato una salopette. Non basta: è in ciniglia! So che non potete crederlo, so che molti a causa di ciò smetteranno di leggermi, ma non ho potuto farne a meno: nonostante la circonferenza nel punto vita sia a mio parere considerevole, i 9 chili che ho preso mi rendono agli occhi di molti solo grassottella e non incinta e cosa c’è di più incinta di una salopette? Quando domenica (non pretenderete che la metta in ufficio?) l’ho indossata corredata da felpa con cappuccio, scarpe da tennis col velcro (nessuno che mi allacci le scarpe, mi son dovuta arrangiare)

e codini, mio marito mi ha detto “Caspita come sei incinta!” Bella scoperta: pensavi che la valigia nell’armadio già pronta fosse per un week end al mare? Mio padre, invece, servendomi il tris di bolliti mi ha detto che sembravo Obelix, al che gli o chiesto per il prossimo pranzo in famiglia un maialino arrosto con tanto di mela in bocca, tanto fino alla nascita non mi negano nulla. Poi, inesorabilmente, qualcun altro prenderà il mio posto al centro della scena, monopolizzerà occhi e discorsi, acquisti e sogni. Pensate, non è ancora nato e mi già ha spodestato dal mio armadio, una salopette non è nulla al confronto! E proprio con la mia bella salopette di ciniglia, gli stivaloni di pelo e la cuffia col pon pon, me ne andrò per saldi sfruttando gli ultimi giorni senza carrozzina (nera che sta bene con tutto) pensando ai giorni senza pancione ed a tutti i must di stagione che mi sono persa. Sarò capace di darvi qualche consiglio? Pesco dal gusto delle amiche e parenti che mi hanno fatto un sacco di bei regali natalizi pensando ancora a me e non al pupo. Vista la difficoltà di indovinare la taglia di un vestito ho ricevuto numerose borse: tutte a mano come piacciono a me, ma la doctor bag ha persino la tracolla, così è più comoda, tutte con un punto di rosso, colore che sta bene a mio parere in tutte le stagioni. Poi la cappa, quest’anno ha spopolato senza stancare, ed è perfetta da febbraio in avanti, quando il piumino ci avrà definitivamente stufato. Se non siete da mantella & co, compratevi almeno una maxi maglia/mini cappotto grigia o cammello. Di difficile consiglio sono proprio gli stivali di pelo: in giro ce ne sono milioni e se dovete fare un investimento, che vi piacciano davvero perché non è detto che li vedremo anche l’anno prossimo, soppiantati magari da scarponcini tipo trekking glamour. Io continuerò a comprare vestitini (vestitoni vista la taglia non ancora slim) probabilmente a fiori o a quadri da abbinare a leggins di tutti i colori. E poi mi comprerò una cintura: sarà che non vedo il mio punto vita da mesi, ma ho una voglia di cinture che supera persino quella di Nutella!Buoni saldi a tutti!

TEraPia E bOrsETTEdi Veronica Gallo

in salopette aspettando i saldi

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Regina incontrastata della cucina vercellese, e della Bassa tutta, la Panissa è tanto piacevole da assaporare quanto difficile da rac-contare. Troppi i secoli che ha alle spalle, che invece di codificarne la ricetta l’hanno spesso snaturata ed inutilmente complicata, troppe le scuole di pensiero, che per facilità cercheremo di suddividere in “cittadina” e “contadina”, troppi i fai da te individuali, come testimo-niano i molti siti di cucina che abbiamo visitato ed i molti ricettari che abbiamo riletto. Infine, troppe le confusioni con un altro piatto a base di riso e altret-tanto piacevole al gusto, la paniscia novarese, dalla quale si diffe-renzia quasi in tutto, riso escluso. Il riso, dicevamo, il re dei cereali, quindi i fagioli, dicevamo, i re dei legumi e per finire il maiale, il re delle cascine, per un piatto unico dalle potenzialità eccezionali sia dal punto di vista nutrizionale che gustativo, per non parlare delle delizie cui sottopone l’olfatto.

Per iniziare, l’inizio: piatto dalle radici incerte, ma certamente antiche: pare che il termine “panissa” possa derivare dal latino “pa-niculum”, ovvero migliaccio, cioè fatto con il miglio, e che, quindi, possa essere cibo persino antecedente alla coltivazione del riso in Piemonte. Non per niente il termine in sé nasce dalla semplice ed essenziale parola “pane” che, come panissa e la già citata pani-scia, comprende anche la paniccia della Valsesia. A proposito della tradizione che vuole la panissa come piatto di prosperità e buon augurio, leggiamo e riportiamo fedelmente da “La storia della pa-niss” a pg. 94 de ‘Le mie ricette’ di Gisella Lo Iacono, edito da La Sesia Editrice : “(…) risale al ‘700 il menu di un pranzo di nozze, ritrovato tra vecchie carte nell’archivio del Comune di Villata; è curioso leg-gere l’elenco dei piatti serviti: con salame della duja, cotechino e sanguinaccio, rane in umido, ripiene e fritte, compare la panissa con fagioli e salame vecchio”.

Panissa, piatto antico, frutto di un magico connubio tra proteine, amidi, grassi, elementi minerali e vita-mine, in grado di arricchire l’alimentazione di chi un tempo non poteva cibarsi di carne troppo frequen-temente, quindi la maggior parte della gente. Riso e fagioli, facile da procurarsi, ma per il maia-le si doveva aspettare il tempo giusto, quel tempo dell’anno in cui la carne diventa pro-tagonista a tutto tondo: il “carnasciale”, da cui “carnevale”. Non a caso nelle campagne di tutta Europa il momento della macellazio-ne del maiale, solitamente tra la fine di gennaio e quella di febbraio, coincideva con la festività per eccellenza cara a Bacco e Dioniso.

Dal maiale, tutto: perché del maiale, animale sovrano delle nostre campagne, si mangia e si usa tutto e per tutto l’anno. Molti i piatti piemontesi che lo ergono a protagonista, come la brudera, la torta di sangue, le costine con le verze. Molti i piatti ora difficili da trova-re, come i batsuà, zampetti di maiale in umido e la rustida, lonza, cuore e polmone di maiale da servire con polenta (per le ricette, non semplici da trovare, si veda sempre “Le mie ricette” di G. Lo Iacono ed anche “Osterie & ricette vercellesi” di Giuseppe Bo e Mario Pozzuolo, indimenticabile approfondimento sulla Vercel-li che fu edito da Arti Grafiche Gallo, prezioso scrigno di saperi e sapori), e che vale la pena assaggiare se ne capita l’occasione. E poi gli insaccati, quelli ancora alla moda e quelli un po’ scomparsi, che con i loro profumi intensi, che restano in gola a lungo, anche decenni, ci ricordano i nonni nelle cascine nel giorno del “fare la fe-sta al maiale” e la grande epopea della realizzazione dei salami, dei cotechini, delle mule e dei sanguinacci mentre le nonne si davan da fare con le frattaglie e le parti meno pregiate e dalle loro mani nascevano, tra le tante leccornie appena citate, la brudera, riso in brodo al nero di maiale, e per finire gli sfrigolanti, accattivanti sun-sin, i ciccioli fritti e salati.

Maiale, quindi, anima della panissa in ogni sua versione, direi una per cuoco, perché è soprattutto il brodo che fa la differenza, che ci sia o meno proprio il maiale. Proviamo a sintetizzare: la versione più leggera, forse anche più povera, prevede un brodo di soli fagioli, ammesso un cucchiaio di conserva, ed un soffritto di lardo pesto e cipolla, quindi la cottura del riso con evaporazione di barbera 5 minuti prima di servire; la versione mediana, forse la più cittadina: i fagioli vanno ammol-lati la sera prima e quindi cotti in forno con del buon brodo e nel coccio insieme ad un salame nel grasso per almeno un’ora, il soffrit-to rigorosamente nella pentola di rame stagnato ed il barbera nel mentre che si tosta il riso;nella sua versione più tosta, diremmo contadina, grassa e sapori-ta, il brodo di fagioli è molto ricco di “parti” suine come il musetto, lo zampino, l’orecchio e l’elaborato “preivi” (succulenta cotica di maiale farcita di carne magra e speziata di aglio, pepe, sale, rosmarino, le-gata con il “curdin” da cucina, spesso servito caldo con gli affettati tradizionali ed accompagnato da un cucchiaio di fagioli estratti di-rettamente dalla pignatta di cottura), il soffritto è di sola di cipolla bianca in olio di oliva, con lardo al quale si aggiungono i fagioli am-mollati la sera prima ed abbondante acqua; successivamente arriva-no le parti di maiale con sale e pepe. SE si vuol dare più carattere al brodo, gradita l’aggiunta di due cucchiai di conserva o concen-trato di pomodoro. Giunto ad ebollizione il brodo viene tenuto a fiamma lenta per almeno quattro ore, il tempo minimo per raggiun-gere la cremosità giusta che lo rende una vera leccornia del palato anche in autonomia, ben prima di sposarsi con il riso. Si procede, poi, con la solita ricetta tipica di un risotto.

Riso, sì, ma quale? Molte le preferenze, anche qui in ogni cucina si decide in autonomia, ma citiamo volentieri uno dei testi più importanti sull’argomen-to panissa e dintorni, cioè “La Confraternita del vino e della Panissa nei ristoranti di Vercelli”, scritto da Giuseppe Sicheri ed edito dalla tipografia C.S.E. nel 1980. Nata nel 1973, questa Confraternita vercellese è l’autentica ambasciatrice dell’unicità e della bontà dei prodotti del nostro territorio, quindi una delle voci più autorevoli: “E’ vero che i risi di tipo comune, cioè quelli con dimensioni minori (es. il Balilla) sono più atti ad assorbire maggior quantità di condimen-to (…) Tutti i ristoratori vercellesi usano varietà di

riso fini o superfini (…) Il riso proveniente dalla zona Baraggia è ri-conosciuto come il più gustoso”. Così Sicheri, oggi le ricette più va-rie specificano l’utilizzo delle varietà Baldo, Sant’Andrea e Maratelli, mentre il Carnaroli fa chic, ma è troppo resistente alla cottura e non assorbe i condimenti.E per finire, sui fagioli ci facciamo sempre aiutare dal testo del prof. Sicheri, che sentitamente ringraziamo: “ovviamente borlotti, colti-vati nelle classiche zone di Saluggia e Villata. Detti della Regina, ram-picanti, sono piuttosto voluminosi di forma compressa allungata, di colore rosso scuro screziato. Richiedono almeno 6 ore di cottura in molta acqua”.

Panissa quindi piatto complesso, solo all’apparenza dalla sem-plicità contadina, che richiede, come tutta la buona cucina, che ogni singolo ingrediente sia di prim’ordine ed ogni passaggio attentamente eseguito. Piatto ad personam, per il quale rimandia-mo nello specifico ai molti ricettari ed alle molte varianti di fami-glia.Molte le ricette, molti i gusti, molte le possibilità, ma una sola certez-za: come dice il detto, “il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”, che per accompagnare la panissa dev’essere rosso, buono (una Bar-bera ferma, un Gattinara o un Dolcetto) e tanto. Buon appetito.

l’aPPETiTO viEN lEGGENDOdi Elisabetta Dellavalle

breve saga della Panissa

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Non avrei mai pensato di arrivare a questo punto. No, non ho proprio i cromosomi per questa esperienza, mi mancano. Sarà per questo che ho appena smesso di vomitare. Mi sciacquo la bocca, la faccia, mi guardo allo specchio. Sono affezionata alla mia faccia, senza trucco sembra di gomma, è una tipica faccia da smorfie, di quelle che si conquistano le rughe.Che buffo, mi rendo conto ora che, proprio io che vendo bel-lezza, ho imparato a dare il benvenuto alle rughe. Sono attratta dalle imperfezioni, paradossalmente le trovo perfette, pezzi unici di mosaico, indispensabili per distinguere una persona da un’altra. Ma tutto questo non c’entra niente con ciò che devo fare e anche se sono in anticipo sulla tabella di marcia, non devo tergiversare trop-po. Mi preparo un caffè, più per il piacere dell’aroma che diffonde che per il gusto di berlo, anche perché caffè e Lexotan è un cocktail da controsenso.Accendo lo stereo, scelgo un cd. Max Gazzè. Ho voglia di farmi male, ma non troppo, e quindi scelgo L’uomo più furbo del mondo.Il Lexotan comincia a fare effetto, il mio cuore ora ha dei battiti rego-lari, in magica sintonia con la melodia pigra e lenta di Non è più come prima. La canto, sottovoce, mentre come un rito iniziatico comincio a prepararmi.

Cresce come un appetito il desiderio blindatodella tua gentilezzache prorompe sotto i colpi inferti

Il piacere di infilarmi le calze, poi la sottoveste, un po’ demodée, nera a pois crema, kitsch quanto basta per sdrammatizzare il tubino nero che con fatica sto cercando di chiudere con la lampo sulla schiena. Da quanto tempo non c’è un uomo a chiudere o ad aprire una

lampo sulla mia schiena non lo so più, e non ci voglio pensare più di tanto, anche se il mio analista insiste molto sul ruolo di donna verso il quale ho preso una posizione, diciamo, da latitante.Comincio a capire la Tina, che odiava talmente gli uomini da spen-dere un patrimonio per comperare gatti di razza e rigorosamente maschi: li faceva castrare per poi lasciarli liberi. Crudele e contorta. Da bambina la odiavo, e il fatto che comincio a capire quel gesto mi inquieta abbastanza.Devo essere impazzita. I miei pensieri saltano di palo in frasca. Sono migliaia e mi deconcentrano da quello che sto andando a fare. Mi cadono addosso come le gocce d’acqua di questa pioggia scro-sciante che ha aspettato che uscissi di casa per darmi il buongiorno. Amo la pioggia. Il fatto che sto impazzendo è confermato da una filastrocca musicale che da quando sono salita in macchina non mi molla più. Urlo: — Cosa c’entra adesso “la pecora nel bosco BUM”?

Scendo, chiudo la Opel, salto a gimkana due, tre pozzanghere finen-do dentro alla quarta, e invece di imprecare: — La pecora nel bosco BUM!Sono arrivata a destinazione, il mio avvocato mi saluta galante come sempre. Mi dice che sono bella, che assomiglio alla Ferilli, il mio quasi ex marito è troppo vicino per non sentire. Me lo diceva sempre anche lui, ma questo non gli ha impedito di scappare con la sosia di Dante Alighieri. Il mio mantra si fa sempre più incalzante e io sto facendo una fatica enorme per non cantare a squarciagola nella sala d’attesa dell’aula del tribunale — La pecora nel bosco BUM!Siamo davanti al giudice per le firme e sarebbe tutto molto squallido se non avessi la mente impegnata a pensare: cosa ci faceva la pecora nel bosco? Questa dannata filastrocca non ha seguito, è per questo che non riesco a smettere di cantarla. Mentre firmo ho l’impressione che anche il giudice canticchi. Ci siamo, sono divorziata.

Il mio ex mi invita a bere un caffè, ma io non ho più voglia di vedere la sua noiosa faccia dall’espressione inutile come un termosifone di ghisa a Marrakech. Mi allontano, piove sempre più forte, nel tragitto per arrivare alla Opel incontro Ramon, detto Rambo. Ha un sorriso bellissimo, mi saluta e andiamo a fare colazione. È la compagnia mi-gliore che possa desiderare in questo momento. Ramon ha dodici anni, sinto purosangue che ho visto crescere davanti ai supermerca-ti. Si abbuffa, due brioches inzuppate nel cappuccino senza smette-re di guardarmi e di canticchiare, neanche con la bocca piena.In questo caffè fa caldo, io osservo Ramon stiracchiarsi e sbadigliare. Quello che provo è una tenerezza infinita, vorrei portarmelo a casa per fargli una torta di cioccolato e ascoltarlo parlare parlare parlare.

Piove. L’asfalto bagnato riflette i fari delle auto.

Vorrei che esistesse una pozzanghera abbastanza grande da in-goiare le due figure che passano in questo momento fuori dalla vetrina, Dante Alighieri che cammina sottobraccio a lui, l’uomo più furbo del mondo: sguardo annoiato, vuoto. Se fosse una cosa sareb-be uno sbadiglio, e non certo uno sbadiglio di Ramon.Sono libera, fiera di regalare gli sbadigli a Dante. Lui mi vede, per un attimo ricambia il mio sguardo. Piove. Mi torna in mente una poesia che recitava mio papà.

Cic ciac, cic ciac,chiove chioveChiove ‘n coppa a’ mmerda‘nu muschiglione t’arruonza attuornee tu t’adduorme… struonzo!

scriTTOri NElla NEbbiaa cura di Gianluca Mercadante

jingle di Betty Spada

Betty Spada è nata e vive a Vercelli, dove lavora nel campo delle politiche sociali. Ha pubblicato racconti brevi su alcune riviste loca-li, e nel 2000 si è classificata seconda al premio Racconti di Viaggio nell’ambito del Festivaletteratura di Mantova. Vive con la figlia Alice, attrice teatrale, e con due gatti, che pure sono discreti attori.

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La letteratura non possiede adeguati strumenti linguistici per rappresentare effettivamente un’emozione o uno stato d’ani-mo, e il tentativo di codificare in qualsiasi sistema comunicati-vo una condizione esistenziale è ancora meno soddisfacente. Questi “eventi astratti”, che noi esperiamo essendone soggetti, non sono riducibili agli schemi concettuali umani poiché non si possono controllare pienamente. Ecco perché nessun linguaggio può rende-re conto della molteplicità della realtà, numerosissimi aspetti del-la quale trascendono la comprensione umana. Un assaggio di tale sfaccettatura ci è offerto da Dino Buzzati ne Il deserto dei Tartari (1940), romanzo destinato a non essere pienamente compreso dai suoi contem-poranei e giudicato super-ficialmente come troppo onirico e avulso dal contat-to con la realtà. In effetti, l’autore inizial-mente sembra muovere la narrazione in una direzione atemporale e misteriosa, ma presto essa si staglia su uno scenario che invece è più umano e realistico che mai. L’atmosfera inconsi-stente del sogno non è al-tro che un pretesto di cui l’autore si avvale per porre l’attenzione sull’unica verità che merita di essere sottolineata, cioè l’essere umano con gli atteggiamenti che lo dominano. Il mondo che lo attornia non è altro che una cortina di fumo, un mare di nebbia: la fortezza Bastiani, roccaforte militare posta in prossimità di un confine pericoloso, il famigerato deserto dei Tartari, che si staglia verso l’ignoto Nord, le formalità burocra-tiche nella fortezza, che vigono nei rapporti umani quali principali ostacoli ai progetti degli uomini, gli obblighi militari, causa di incon-venienti, alcuni dei quali molto gravi moralmente, sono tutti acces-sori che intessono le singole esistenze degli uomini con l’unico sco-po di fungere da mezzi di collegamento. Pertanto, la storia di Buzzati ha il suo fulcro nelle persone che popolano il mondo sospeso da lui

rappresentato, un mondo che appare tanto più surreale e fantasioso quan-to più esso diviene l’astratizzazione di qualsiasi scenario umano, in cui solo l’uomo è vero, solo l’uomo è concreta-mente esistente.Dino Buzzati, an-che in virtù della sua versatilità ar-tistica (oltre che romanziere, egli è stato drammatur-go, poeta, disegna-tore e giornalista), ha attinto molto materiale da quegli “eventi astratti” di cui abbiamo parla-to all’inizio e a cui l’uomo è sottoposto suo malgrado: le difficoltà del vivere quotidiano, l’ango-scia delle scelte, la

necessità dell’affetto, la mal sopportazione delle mancanze altrui e l’insoddisfazione per le proprie, l’ambiguità di certi rapporti inter-personali. Questi sono dati di fatto condivisi da tutti gli uomini e, tuttavia, sono inesprimibili in tutta la loro portata; eppure, l’auto-re non rinuncia ad inserirli nella sua opera. Sulla scia di una lette-ratura ormai resa più critica e consapevole dall’esperienza storica, l’opera di Buzzati condivide la rassegnazione per l’inesaustività del linguaggio e si limita nella sua pochezza a trasmettere al pubblico la condizione umana attraverso la descrizione più sincera, semplice

e talvolta spietata dell’animo umano. Presa coscienza della falsità dell’artifi-cio retorico di matrice dannunziana, Buzzati riesce, sorprendentemente, nella maniera più efficace e brutale, a comunicare agli altri uomini la mera verità con un mezzo molto “antilet-terario”: la franchezza. Non esistono eufemismi per esprimere l’arida so-litudine che provano spesso gli uo-mini, né vi è ambiguità latente nelle invidie e nelle gelosie.Questo fa di Buzzati uno scrittore notevole e, soprattutto, al di sopra di ogni categorizzazione: egli, da uomo, sa comunicare ad un uomo come lui una sensazione che entrambi prova-

no, ma che nessuno riesce ad esplicitare nettamente all’altro; così supera il problema dell’incomunicabilità umana, che per molta poe-sia coeva era invece un difetto insanabile, appellandosi al semplice principio egualitario per il quale, se un uomo prova a trasmettere in sommessa umiltà tutta quella verità che è costitutiva della sua essenza, quest’ultima apparirà chiara a un uomo suo pari, senza alcun fraintendimento. In questa prospettiva, gli elementi onirici e impalpabili sono equivoci e sfuggenti: l’instabilità di questi si op-pone vivamente alla concretezza fondamentale dell’uomo, il quale, assieme alle sue sensazioni umane, è non solo l’essenza del mon-do conoscibile, ma anche si pone come unica ipostasi della realtà. Per veicolare una verità intrinsecamente e palesemente certa non

servono allusioni, analogie, metafore, sinestesie: la realtà si presenta chiara e cristallina e altrettanto devono esserlo le parole che la co-municano, pulite “come il vetro di una finestra” -direbbe Orwell-, ni-tide e immediate come i disegni che Buzzati stesso amava realizzare. Lontano dagli eccessi immaginativi di tanta letteratura ottocentesca e primonovecentesca, l’autore consegna in questo volume la prima percezione sensibile della realtà da parte dell’uomo, che è la più vera non in assoluto, ma perché oltre di essa l’uomo non sa andare senza sfociare nell’astrazione simbolica del mondo stesso.Dino Buzzati è un autore molto più realista di quello che a prima vista potrebbe sembrare. Ovviamente, egli, nella costante consa-pevolezza della limitatezza umana, non intende ricreare un mondo, bensì rappresentare un aspetto particolare dell’animo umano, che si può riassumere in un’espressione da lui stesso usata al termine de Il deserto dei Tartari: i “sogni torbidi”. Giovanni Drogo, personag-gio principale dell’opera, alla luce dell’approssimarsi del distacco dal mondo, traccia un bilancio negativo della sua vita, riconoscendo i falli da lui stesso compiuti per renderla tale: la rinuncia alla possibili-tà di tornare a casa in alternativa a restare nella solitaria fortezza, l’ac-cettazione della grigia abitudine alla monotona vita da segregato, la resa, propria di un uomo ormai alienato, all’insanabile distacco dal mondo al di fuori. Drogo ha infatti scelto di sacrificare la propria esistenza libera in nome di una sola cosa: l’attesa; egli, aspet-

tando spasmodicamente per tutta la vita l’arrivo dei leggendari Tartari contro cui combattere e ottenere così fama, ha riservato il tempo a lui concesso per natura a qualcosa di inconsistente, a uno sporco sogno, appunto. La speranza e l’attesa ingannano e seducono l’uomo, che le cova dentro di sé fino a farne un vessillo d’intimità tenuto segreto agli altri: in realtà non sono altro che un miraggio fumoso, la forma più diabolica e tentatrice dell’irrealtà che attira gli uomini verso la condizione di non-uomini, prospettando allettanti cambiamenti futuri tanto più fittizi e stordenti quanto più desiderati. Così, l’attesa si trasforma nel romanzo in un ritornel-lo ossessivo ai limiti della paranoia, che spinge continuamente i soldati a vedere immaginarie tracce dell’arrivo dei Tartari. Essa è per l’uomo un’illusione che rischia di diventare una spirale perversa di follia e di colpa, inducendo gli uomini a rinunciare per scelta a ciò che veramente conta nell’esistenza di un uomo. La fine del romanzo è emblematica del messaggio di Buzzati: il ne-buloso mistero che ha aleggiato intorno alla popolazione dei Tartari e che ha spinto molti soldati a non abbandonare l’estenuante vita militare viene tragicamente schiacciato dallo scalzante peso della realtà; proprio nel momento in cui tutti i suoi sogni potrebbero av-verarsi e la sua attesa materializzarsi, Giovanni Drogo è costretto per malattia ad affrontare un avversario più temibile: la morte. Il sorri-so sulla faccia di Drogo che pone termine al libro è il suggello della tardiva consapevolezza dell’ironico paradosso che ha rappresentato paradigmaticamente la sua vita.

rubriche

rilEGGiamO i classicidi Emanuele Zimbardi

Torbidi sogni e attese speranzose / Una lettura della condizione umana in un romanzo di Dino buzzati

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28 Michele Trecate

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INFORMAGIOVANI CITTA’ DI VERCELLIC.so Libertà, 300 - 13100 VercelliTel. 0161.25.27.40 - Fax 0161.54.384

“Cultura”da Lun. a Ven. alle ore 17.40

“Segnalibri”da Lun. a Ven. alle ore 18.40

gennaiOagenda a cura di:

11 martediEventiNovaraJesus Christ SuperstarSporting Villagecorso Trieste, 90/aOre: 21.00 info:www.jesuschristsuperstarnovara.net

arte/mostreVercelli1938-1945 la persecuzione degli ebrei in ItaliaSanta Chiara in corso Libertà 300 la mostra a cura dell’associazione Italia-Israelefino al 2 febbraio info: Ufficio Cultura tel. 0161.596.365

cinema/TeatroNovaraGiorgio Panariello, Panariello non esisteTeatro Coccia Via Rosselli, 47Ore: 21.00info: www.fondazioneteatroccia.it

VercelliStagione Teatrale”L’emozione è protagonista” va in scena “Elisabetta II”Teatro CivicoOre: 21.00info: tel. 0161.596.369

VercelliMartedì no TV ”Animal Kingdom” Cinema ItaliaOre: 21.30info: tel. 0161.25.77.44

musica/concerti Biella PiazzoConcerto degli Giorgia Barosso-Luca Calabrese QuartetPalazzo Ferrero, Biella Jazz ClubOre: 21.30info: [email protected]

12 mercoledi

cinema/TeatroBiellaStagione sinfonicaOrchestra Filarmonica Italiana presenta BeethovenTeatro Odeon,via Torino 69 Ore: 21.00info: �Tel. 015 21802 www.onlinesymphony.it

Candelo“Indovina chi sposa Sally”Cinema Verdi, Via Marco Pozzo 2 Ore: 21.30info: Cinema Verdi Tel. 015 2536417 www.cinemaverdi.com [email protected]

arte/mostrePallanza (VB)Erwan Ballan – Carlo Bernardini Cuoghi E CorselloCRAA – Centro Ricerca Arte Attuale Villa Giulia Ore: mercoledì – venerdì 14.00 / 19.00, sabato e domenica 11.00 / 19.00. Fino al 13 febbraioinfo: www.craavillagiulia.com

13 giovedi

cinema/TeatroBiellaStagione teatrale 2010/2011“Girgenti amore mio” Teatro Sociale VillaniOre: 21.00 info: Il Contato del Canavese Tel. 0125 641161

Candelo“Il responsabile delle risorse umane”Cinema Verdi, Via Marco Pozzo 2Ore: 21.30info: Cinema Verdi -Tel. 015 2536417 www.cinemaverdi.com [email protected]

incontri/conferenze VercelliPsicologi in città: la psicologia scende in piazza Piccolo Studio della Basilica S. Andrea Ore: 21.00info: Comune Uff. Cultura Tel. 0tel. 320.93.45.455

14 venerdi arte/mostrePallanza (VB)Cavour e il suo tempoPalazzo Biumi Innocenti Ore: dal martedì alla domenica 10-12/15-17. Fino al 30 gennaioinfo: 0323/556621

musica/concerti NovaraFilippo Rodolfi Quartet Happy Jazz Teatro Coccia Via Rosselli, 47Ore: 19.00info: www.fondazioneteatrococcia.it

cinema/Teatro Intra (VB)Traditori e falsariTeatro Hotel Il Chiostro Ore: 21.00info: 0323/401228

Maggiora (NO)diVinSantoChiesa ParrocchialeOre: 21.15info: www.turismonovara.it

15 sabatomusica/concerti NovaraDuo Guido Parma e Antonietta IncardonaAuditorium Civico Istituto Musicale Brera viale Verdi, 2Ore: 16.30info: 0321 623354

VercelliXIII Viotti Festival Esibizione di Radovan Vlatkovic con l’Orchestra della Camerata Ducale Teatro CivicoOre: 21.00info: Camerata Ducale Tel.011.75.57.91

VercelliOfficine SonoreMusic Contest 2011Via U. Schilke - Vercelliinfo: [email protected]. 0161 255642

cinema/TeatroIntra (VB)Traditori e falsariTeatro Hotel Il Chiostro Ore: 21.00info: 0323/401228

NovaraZuzzurro e Gaspare, Non c’è più il futuro di una voltaTeatro Coccia Via Rosselli, 47 Ore: 21.00info: www.fondazioneteatrococcia.it

NovaraPrimo e Secondo RestaurantTeatro del cuscinoVia Magalotti, 11Ore: 21.00info: www.laribaltaartgroup.it

Oleggio (NO)Compagnia la Bohème, La Rosa IncantataTeatro Civico di Oleggio Via Roma, 43Ore: 21.00info: www.nessundormaoleggio.it

Candelo“Il responsabile delle risorse umane”Cinema Verdi, Via Marco Pozzo 2Ore: 16, 20 e 22,15 fino al 17 gennaio info: Cinema Verdi Tel. 015 2536417 www.cinemaverdi.com [email protected]

16 domenicamusica/concerti Pallanza (VB)VERBANIA MUSICA Stagione Concertistica 2010/2011“DUO NOVECENTO”Villa GiuliaOre: 16.30 info: www.verbaniamusica.it

cinema/TeatroNovaraZuzzurro e Gaspare, Non c’è più il futuro di una voltaTeatro Coccia Via Rosselli, 47Ore: 16.00info: www.teatrococcia.it

BiellaStagione Teatrale 2010/2011Domenica a Teatro“Music All” Flavia Barbacetto Teatro Sociale Villani Ore: 15.30 info: Il Contato del Canavese Tel. 0125 641161

Biella“Il libro della giungla” il musicalTeatro OdeonOre: 15.00 info: Alessandra - Tel. 329 9249563

VercelliStagione Teatrale “Emozioni brillanti”va in scena “Il burbero benefico”Teatro CivicoOre:17.00info: tel. 0161.596.369

incontri/conferenze Vercelli“Sinagoga - visite guidate” Appuntamento in via Foa Ore: 14.30, 15.30 e 16.30info: Comunità Ebraica tel. 339.25.79.283

Vercelli“La cotogna di Istanbul -

presentazione libro” Bar CavourOre: 17.00info: Associazione Il Ponte 0161.21.15.96

arte/mostre Biella “Biellesi Tessitori di Unità”Celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’ItaliaMuseo del Territorio Biellese, Via Quintino SellaOre: 17.30 fino al 27 febbraioinfo: Museo del Territorio Biellese - Tel. 015 2529245 www.biellesitessitoridiunita.it [email protected]

18 martedimusica/concertiNovaraSt. Lawrence string quartetTeatro Coccia Via Rosselli, 47Ore: 21.00 info: www.fondazioneteatrococcia.it

Biella PiazzoConcerto del Yuri Goloubev Trio “Yg Lite”Palazzo Ferrero, Biella Jazz ClubOre: 21.30 info: [email protected]

cinema/Teatro VercelliMartedì no TV “Quella sera dorata” Cinema ItaliaOre: 21.30info: tel. 0161.25.77.44

incontri/conferenze VercelliFAI Un incontro tra cultura e sapori “La steppa questa sconosciuta: semantica geografica e meteorologica nelle letteratura russa moderna”Salone Dugentesco Ore: 17.30info: tel. 339.31.46.351

19 mercoledicinema/Teatro CossatoStagione Teatrale 2010/2011“Garibaldi amore mio”Teatro ComunaleOre: 21.00 info: Teatro Comunale Tel. 015 93899

musica/concerti Vercelli“Emozioni leggere ma non troppo” si esibirà Anna Oxa. Teatro CivicoOre: 21.00 info: tel. 0161.596.369

20 giovedimusica/concerti NovaraGran Galà di San Gaudenzio “Rota Dirige Rota”Teatro Coccia Via Rosselli, 47Ore: 20.30info: www.fondazioneteatrococcia.it

cinema/Teatro Borgomanero (NO)Cena a Sorpresa Teatro Nuovo Via IV Novembre, 25Ore: 21.00info: borgomanero.ilcontato.it

21 venerdicinema/TeatroPallanza (VB)Maratona di New York di Edoardo ErbaAuditorium Sant’Anna Ore: 21.15info: 0323/401027

musica/concertiVercelliSt. Lawrence string quartetTeatro Coccia Via Rosselli, 47Ore: 21.00 info: www.fondazioneteatrococcia.it

incontri/conferenzeBiellaConferenza“Verso casa – Il viaggio dell’uomo in Omero, Dante, Tolkien”Liceo classico linguistico artistico “G. e Q. Sella”,via Addis Abeba 20Ore: 21.00info: www.tavernaparadisoarona.it

musica/concertiVercelliOfficine SonoreNADAR SOLO in ConcertoVia U. Schilke - Vercelliinfo: [email protected]. 0161 255642

22 sabatocinema/Teatro NovaraBalletto Il lago dei cigniTeatro Coccia Via Rosselli, 47Ore: 20.30info: www.fondazioneteatrococcia.it

VercelliOfficine SonoreMusic Contest 2011Via U. Schilke - Vercelliinfo: [email protected]. 0161 255642

Fiere/mercatiniNovaraFiera di San Gaudenziob.do Quintino SellaOre: 8.00 – 19.00 VercelliIl tipico delle terre d’acquaPiazza Cavour Ore: dalle 8.00 alle 19.00 info: Tel. 016. 26.16.00

incontri/conferenze Vercelli“Il futuro del volontariato - convegno” Camera di Commercio - sala PastoreOre: 9.00 info: CSV Tel. 0161. 50.32.98

23 domenica

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NN 29

agenda

tUtti NOi POSSediAmO deLLe eNeRGie.SPeSSO NON RiUSCiAmO Ad UtiLiZZARLe.

CON QUeStO PeRCORSO di CReSCitA imPAReRAi A CONOSCeRLe e GeStiRLe.

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durante il percorso Soulway:- Utilizzeremo al meglio la mente e la nostra energia interiore

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Alla fine del percorso Soulway sarai in grado di:- Poter gesire al meglio il tuo stato di salute

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cinema/Teatro NovaraBalletto Il lago dei cigniTeatro Coccia Via Rosselli, 47Ore: 20.30info: www.fondazioneteatrococcia.it

Intra (VB)Traditori e falsariTeatro Hotel Il ChiostroOre: 16.00info: 0323/401228

VercelliStagione Teatrale “Emozioni brillanti” va in scena “Cena a sorpresa”Teatro CivicoOre: 17.00info: tel. 0161.596.369

incontri/conferenze Vercelli“Sinagoga - visite guidate” Via FoaOre: 14.30, 15.30 e 16.30 info: Comunità Ebraicatel. 339.25.79.283

BiellaXI edizione di Musica e MedicinaCentro Congressi Agorà Palace Hotel, via Lamarmora 13/AOre: 16.30info: N.I.S.I. ArteMusica Tel. 015 20523 www.nuovoisi.it [email protected]

Fiere/mercatiniNovaraFiera di San Gaudenziob.do Quintino SellaOre: 8.00 – 19.00

24 lunediincontri/conferenzeBiellaPercorso di conoscenza ed approfondimento del Novecento. Stasera “Eppur si muove, i primi anni del Cinema”Museo del Territorio BielleseOre: 18.00info: Agenzia ScaramuzziTel. 015 3581213 o 349 0717183

25 martedi cinema/Teatro VercelliMartedì no TV “La nostra vita”Cinema ItaliaOre: 21.30info: tel. 0161.25.77.44

musica/concertiBiella PiazzoConcerto della A.L.I. Associazione Liberi Improvvisatori: Alfredo Ponissi (sax, flauto), Stefano Solani (contrabbasso), Jimmy Weinstein (batteria).Palazzo Ferrero, Biella Jazz ClubOre: 21.30 info: [email protected]

incontri/conferenzeSanthiàLina Besate presenta il suo ultimo libro “Il Giardino di Giulia”Biblioteca Civica, via DanteOre: 21.00

26 mercoledimusica/concertiBiellaStagione liricaOrchestra Filarmonica Italiana presenta l’”Aida” di Giuseppe VerdiTeatro Odeon, via Torino 69Ore: 21.00info: Tel. 015 21802 www.onlinesymphony.it

27 giovedimusica/concertiNovaraCristiano BuratoTeatro Coccia Via Rosselli, 47Ore: 21.00info: www.fondazioneteatrococcia.it

28 venerdimusica/concertiVercelliOfficine Sonore “The Natural Dub Cluster live set”Via Ugo SchilkeOre: 22.00info: Tel. 0161 25 56 42www.officinesonore.orgPiazza Vittorio Veneto Viale MatteottiTutto il giorno

VercelliMemorial Filippone 2010Teatro CivicoOre: 21.00

info: Associazione Il valore di un sorriso

incontri/conferenzeVigliano Biellese“Aperitivi scientifici”: conferenze e conversazioni fra scienza e divulgazione “La divulgazione scientifica: un nuovo mestiere?”Biblioteca Civica Ore: 18.30 info: www.vigliano.info

29 sabatomusica/concerti Pallanza (VB)Concerto per la giornata della MemoriaVilla GiuliaOre: 21.00 info: www.entemusicaleverbania.it

EventiVercelliSpettacolo di danza per la raccolta di fondi per la costruzione della nuova scuola di agricoltura Dodoma TanzaniaTeatro CivicoOre: 21.00 info: 0161.596.365

cinema/TeatroCannobio (VB)Premiata pasticceria BellavistaNuovo Teatro di CannobioStrada Statale 34Ore: 21.00 info: 0323/71212NovaraDreams

Teatro Coccia Via Rosselli, 47Ore: 21.00 info: www.laribaltaartgroup.it

NovaraStupido è chi lo stupido faTeatro del cuscinoVia Magalotti, 11Ore: 21.00info: borgomanero.ilcontato.it

Oleggio (NO)Giovanni Vernia, EssiamonoiTeatro Civico di OleggioVia Roma, 43Ore: 21.00info: www.nessundormaoleggio.it

incontri/conferenzeBielmonteConosciamo il territorio con le ciaspoleOasi Zegnainfo: Chalet Bielmonte Tel. 015 744126 www.oasizegna.com [email protected]. 320 93 45 455

30 domenicacinema/Teatro NovaraDreamsTeatro Coccia Via Rosselli, 47Ore: 21.00 info: www.laribaltaartgroup.it

musica/concertiBiellaConcerto del Coro GenzianellaCaffetteria di Palazzo FerreroCorso del Piazzo 25Ore: 21.00info: Coro GenzianellaTel.�015 [email protected]

VercelliOfficine SonoreMusic Contest 2011Via U. Schilke - Vercelliinfo: [email protected]. 0161 255642

cinema/TeatroNovara‘Finchè c’è la salute’Cochi e Renato Teatro Coccia Via Rosselli, 47Ore: 21.00info: www.teatrococcia.it

BiellaStagione teatrale 2010/2011“Medea” Teatro Sociale Villani Ore: 21.00info: Il Contato del Canavese Tel. 0125 641161

arte/mostrePallanza (VB)“Presepi in mostra a Villa Giulia”Villa GiuliaOre: 14.00 - 19.00, sabato e domenica 11.00 - 19.00 Fino al 28 dicembreinfo: 0323/505411

31 lunedicinema/Teatro Borgomanero (NO)Antonio e Cleopatra alle corseTeatro Nuovo Via IV Novembre , 25Ore: 21.00 info: www.borgomanero.ilcontato.it

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