Naraka Magazine nr.3

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News magazine digitale bimestrale scaricabile gratuitamente. Il Naraka Magazine, dedicato alla produzione Horror, SF, Weird di Caleb Battiago (aka Alessandro Manzetti) contiene: nuove uscite, estratti di opere, recensioni, interviste, articoli, approfondimenti, anteprime e coming soon, contenuti speciali. www.alessandromanzetti.net

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Dopo la sosta estiva, ecco l’abbondante terzo numero di questo news magazine, una newsletter 2.0 dedicata all’informazione e approfondimento sulla mia produzione e, naturalmente, su quella del mio doppelganger Caleb Battiago. Questo numero di settembre contiene info sulle nuove uscite, ben due: Kiki - Sangue a Berlino Brandeburgo , che segna il ritorno all’azione di Kiki e Messerschmitt, primo episodio di una nuova serie (Kiki) dedicata alla nostra letale e sensuale killer, e I Giorni della Gallina Nera, numero #4 della serie Naraka World, un grottesco, distopico e sanguinoso spaccato di una Roma apocalittica, dominata da una Papessa transgender. Ma oltre alle nuova uscite, all’interno troverete estratti di opere già pubblicate, recensioni, gli articoli più letti sull’Apocalyptic blog Parigi Sud 5, short inediti, anteprime e coming soon. Ricordo che tutte le altre informazioni sulla mie opere le potrete trovare sul mio sito web www.alessandromanzetti.net, che contiene anche un blog news interno e altre features. Da poco è stata implementata una nuova pagina dedicata agli audio-reading di estratti di opere, narrate dalla voce di Lorenzo Visi, speaker e

doppiatore professionista. Per il resto, sia Venus Intervention che The Shaman, pubblicazioni in lingua inglese, sono attualmente in concorso alla nuova edizione del Bram Stoker Awards. Speriamo di farci strada, con molta fortuna, e poter partecipare alla World Horror Convention, a maggio, in quel di Atlanta. Buona lettura, appuntamento al prossimo numero, a novembre, con tante novità e deliri vari, incastrati nel futuro e nel passato, as usual. Ma anche con la presentazione di una nuova collana di narrativa che curerò per un editore. Se non vorrete più ricevere il Naraka Magazine, basta mandarmi una email all’indirizzo [email protected] inserendo come oggetto: Unsubscrive.

www.alessandromanzetti.net

Naraka Magazine #3

Settembre 2014 Pubblicazione free aperiodica

Tutti i diritti riservati

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Nuove Uscite KIKI. Sangue a Berlino-Brandeburgo (Serie Kiki #1) In lingua italiana

XXII Secolo - Megalopoli di Berlino Brandeburgo. Un nuovo muro divide la città, i distretti della zona Ovest sono sotto il controllo del governo, presieduto da Basilius Peters, il Rospo Rosso, che sta sperimentando un innovativo progetto di imprinting sociale, grazie ai razionalizzatori, dispositivi biomeccanici di ultima generazione, installati sui cittadini. I distretti della zona Est sono invece affidati dal governo al dominio di due bande criminali, che si dividono territori e attività illegali. Il Bezirk 7 è controllato da Annedore Verkerk, chiamata la Duchessa, e dalla sue legioni di puttane, papponi e chef antropofagi. La duchessa è specializzata nella prostituzione su larga scala e nel commercio e distribuzione di carne umana. I suoi megabordelli, come il Krimisa, e i ristoranti cannibalici, sono ormai celebri. I Bezirk 5 e 6 sono invece sotto l’egida di Adonis Vogt, detto Testadiferro, e del suo esercito di tossici, assassini e stupratori. Testadiferro dal suo covo armato, la carcassa di una vecchia stazione della metropolitana, controlla il commercio di super-droghe e il gioco d’azzardo. Una convivenza criminale difficile, i due generali neri faranno presto i conti, per assumere il

controllo dell’intera macro-area Est di Berlino Brandeburgo. Ma sotto la città si muovono altre organizzazioni, quella anarchica degli invisibili, guidati da Jesus, che dominano le fogne, fautori di continui attentati in città, e i fachiri, monaci borderline del XXII secolo, che vivono il loro eremitismo nelle stazioni fantasma della metropolitana. Gli arrivi in città di Messerschmitt, agente del governo israeliano in cerca di una macabra ma preziosissima reliquia, e di Kiki, sensuale killer professionista, punta di diamante della criminalità francese, cambieranno per sempre il destino della Berlino Brandeburgo dalle due anime, svelando gli orribili segreti del settore rosso del grande Muro. KIKI. Sangue a Berlino - Brandeburgo Autore: Caleb Battiago Illustrazione di copertina di Ben Baldwin Formato ebook Pagine: 50 - Lingua: Italiana Prezzo di copertina: € 1,99 Produzione indipendente Uscita: 2 settembre 2014 Disponibile su Amazon: www.amazon.it/dp/B00N9BZGA6

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Nuove Uscite

L’elezione di una Papessa transgender al soglio pontificio materializza l’Apocalisse di Roma. La cupola di San Pietro viene sovrastata da una grande Gallina Nera di latta, simbolo eretico del nuovo potere, che cova la croce. La città vive il dipanarsi, lento ma inesorabile, dell’Apocalisse. La vita sociale e religiosa viene rivoluzionata, la Papessa e il suo codazzo di cardinali armati di machete disintegrano con violenza le antiche tradizioni, col supporto di nuovi plotoni di efferate guardie svizzere e vicerè transgender che dominano i settori dello Scheletro di Metallo, una nuova città di hangar sventrati che ha preso il posto del vecchio aeroporto Leonardo da Vinci, dove sono imprigionate schiere di nuovi schiavi. Tornano in auge i sanguinari giochi del Colosseo, le antiche Naumachie, durante le quali chiatte guidate da oscuri rais ed efferati equipaggi si occupano della mattanza di post-sirene, donne che si sono ribellate al nuovo potere, assemblate con code di tonno, pescate e fatte a pezzi. Proprio come nel Medioevo, sono le donne le vittime privilegiate del regno eretico della Papessa. Quelle che rifiutano di farsi estirpare il Male dal corpo, l’utero riproduttivo, segregate nei “lebbrosari” delle

Catacombe, dove attendono di vedersi purificare l’“immondo” ventre, prima di essere dissanguate e giustiziate. Gli squarci, i ritratti della Roma della Papessa passano dal cortile del Quirinale, dove si è schiantato un meteorite, primo segno dell’avvento dell’Apocalisse, e dove sono organizzati eretici Sabba, a Ponte Milvio, nuova portaerei del sesso, fino a S. Maria in Trastevere, dove gruppi di preghiera di sanguinarie vecchie dame celebrano diabolici rosari borderline, affondando i sensi dentro viscere umane, e Via Prenestina, desertica periferia dominata da ratti, con coda e senza, che offre ai cittadini schiere di scatole di cemento armato e una morte imminente. I sogni, le speranze, la meraviglia sopravvivono nella grandi fogne, galleggiando tra scarti di scarti. La Roma della Papessa suona le sue mille campane ecolimbiche per chiamare a raccolta delitti e stupri, mentre le pattuglie papali, armate di lanciafiamme e mazze da baseball ferrate, controllano il rispetto del coprifuoco. Nella Terme di Caracalla, sottoterra, arcani culti mitraici pre-cristiani vengono rianimati, grazie a sanguisughe biomeccaniche in grado di riempire la grande cisterna della fossa sanguinis. Dai bastioni di Castel S. Angelo rimbombano le fucilate della Papessa, i colpi che schiantano piattelli umani, ribelli lanciati nel vuoto, con ali posticce incollate alla schiena, da catapulte elettroniche. Ai resti penseranno le orde dei gabbiani cloacali che hanno invaso la città. I Giorni della Gallina Nera raccontano, per la prima volta, la grande Apocalisse della città eterna. Una satira, violenta e grottesca, che affonda le gambe, fino alle ginocchia, nella sorgenti della storia, nel malato passato, nell’inquietante e mimetico presente, per mostrare il futuro, le estreme conseguenze, senza veli.

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I GIORNI DELLA GALLINA NERA – L’Apocalisse a Roma Autore: Caleb Battiago Illustrazione di copertina di George Cotronis Formato ebook Pagine: 33 - Lingua: Italiana Prezzo di copertina: € 1,49 Produzione indipendente Uscita: 10 settembre 2014 Disponibile su Amazon: www.amazon.it/dp/B00NGBXL38

Estratti di Opere KIKI. Sangue a Berlino – Brandeburgo Disponibile su Amazon: www.amazon.it/dp/B00N9BZGA6 Estratto dal capitolo: Der große Schlange [Il grande Serpente]

Il muro di termolite azzurra drizza le sue squadrate placche ossee di stegosauro che si alternano sulla schiena: sono le torri di sorveglianza rotanti, i ciclopici occhi rossi che registrano le due sezioni della città, le due facce di Berlino Brandeburgo, i sette Bezirk sparpagliati a est e ovest. Lo chiamano il grande Serpente quel muro di 175 chilometri che divide la megalopoli, quel rettile senza lingua che ha ingoiato la vecchia libertà, dopo averla stritolata nelle sue solide spire, nei muscoli delle curve che delimitano nuovi confini e distretti, accampamenti di follia e orti di sangue. Il grande Serpente che non ha bisogno di fare la muta, la sua pelle infrangibile, i suoi rivestimenti in poliresina, le fasce con gli oblò in acqua flessibile e le squame mimetiche dai pigmenti invisibili, sfidano il tempo. Die Berliner Mauer II, è questo il vero nome del grande Serpente che vibra millimetri per riassestare la geometria dei suoi ventagli di sfoglie di metallo, la struttura mobile dell’interno dello stomaco, l’infinito tunnel di lega leggera che si dirama dagli esofagi ai fegati, fino alle estremità terminali. Niente coda, niente culo, il Nord e il Sud sono la stessa cosa: due teste identiche. Ma la libertà è una gran figlia di

puttana come preda, non bastano forti denti, mascelle orientabili e potenti enzimi. Per digerirla servono acidi col cervello, truppe in grado di tritare piccoli pezzi, polverizzare colonne vertebrali, intaccare il DNA, fotterlo tra i solchi delle sue microscopiche spirali, scolpire un allarme nervoso, urlante, nella memorie genetica della specie. Perché quella preda deve essere non solo liquefatta e finire nella cloaca, deve velocemente estinguersi. Il grande Serpente ha enzimi speciali nelle sue stanze, le milizie della

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Repubblica e i loro ricchi arsenali, un Presidente pedofilo con i suoi ministri senza denti, labirinti di celle d’isolamento, laboratori e alloggi. Il ripieno del grande Serpente governa la megalopoli, vive dentro il lungo stomaco. Nel nuovo muro, protetto e sigillato, dalla pancia larga sessanta metri. Una muraglia cinese ingrassata e sonnolenta, che lascia alle bande, ai figli di puttana, il lavoro sporco nei Bezirk 5, 6 ,7, quelli della macroarea Est di Berlino Brandeburgo. Sperimentazione antropologica e genetica, differenziazione di attività, di affari, di religione e di filosofia civile. Un’altra storia rispetto alle macroscopie delle antiche Berlino Est e Ovest, ai carri armati e ai checkpoint di confine dove marines e cosacchi si guardavano storto. La vecchia libertà, sputtanata ancora una volta, gira per la città con le calze strappate e una borsetta piena di preservativi e di compresse di cianuro. Il culo affondato nella puritana zona Ovest e la fica con vista sul balordo Est. La megalopoli caca tutta la sua roba dentro fogne immense, avveniristiche, che uniscono stronzi di foggia e cultura diversa. Sottoterra, senza muri e serpenti, si mescola tutto, fuori dal raggio d’azione degli occhi ciclopici delle torri di controllo. Gallerie, canali, collettori, collose cloache governate dagli “Invisibili”, die Unsichtbare, ratti in mimetica che si danno parecchio da fare, sub-uomini armati fino ai denti: terroristi, come li definisce il governo di Berlino Brandeburgo. Il loro comandante miracolato, Jesus, sputa nella città ogni giorno, tramite gateway di ispezione sparsi ovunque, qualcuno dei suoi moderni kamikaze, ratti umani imbottiti di esplosivo. Ci gode da morire a far incazzare il Presidente e la sua orgia di ministri dal cervello fottuto dalla Cloud6, a fare a pezzi cittadini dell’area Est e Ovest, senza discriminazione. Un orbo Robin Hood di anime, che bombarda tutti per non dare niente a nessuno. Il “dio sotterraneo” di Berlino Brandeburgo però ha grande successo, fascino. Sono tanti i disgraziati che decidono di rifugiarsi sotto gli archi della sua Venezia dai canali di merda, pur di scappare dagli assurdi, sia da quelli dell’Est che da quelli dell’Ovest. Diventare ratti con code di uranio arricchito, lasciarsi inculare da supposte di dinamite3, ingoiare e sputare bombe. Jesus, il Messia delle fogne, ha un viso bianco, bizantino, e una fila di denti marci. Cammina sulle acque nere su topi sommergibili e calotte di rifiuti galleggianti. La volta non è celeste, è grigioblu impreziosita dai nidi di saliva di strane blatte mutate, ma fa lo stesso. L’immaginazione rende stelle tutte le cose, anche gli schizzi di merda fosforescente, radioattiva, sulle pareti delle immense gallerie.(…)

Estratti di Opere VESSEL – Orrore in Terrasanta Disponibile su Amazon: www.amazon.it/dp/B00L0J8SUY Estratto dal capitolo: Cani da sangue

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Un’antica leggenda ebraica racconta che il grande mare ha allagato il mondo, e quando è arrivato alla spiaggia di San Giovanni d’Acri si è fermato sul posto. “Fin qui giungerai e non oltre”. (Libro di Giobbe 38, 11) Acri - 1084 Le scariche azzurre del Mediterraneo si dividono in due grandi correnti, scorono parallele lungo i versanti est e ovest dell’isola di Cipro: da una parte il disco romboide, di razza stellata, testa di ponte verso l’Egitto, la sottile ed elettrica coda di roccia dall’altra, che punta la terraferma, le strisce dei confini siriani, il perimetro nord delle mura di Aleppo la grigia, ormai invasa dai popoli del mare. Il pavimento del mare è ricoperto di ceramiche viventi, un tappeto di chilometri di torpedini. La sabbia è nascosta dalla pelli maculate delle bestie, brandelli di giaguari affondati. Scenari di cartilagini che flettono per incastrarsi alla perfezione. I nervi d’acqua alzano gli argini, i bordi, le creste bianche, poi la tenaglia si stringe di nuovo, più avanti, per dare l’assalto ad Acri.

Prendere a calci il porto, le lingue degli approdi, il legno marcio che continua a galleggiare, le formiche umane d’ogni razza che si scambiano oggetti colorati. Giorno di tempesta, Acri aspetta a cosce aperte i colpi del Mediterraneo, le code guizzanti delle onde spermatiche che cercano di intrufolarsi nell’utero del porto, forare l’uovo giusto. Arrivare alle ginocchia logorate di una puttana araba, rovesciare merce, sparare spruzzi sui banchi di verdura, annacquare spezie, mescolare intrugli. Niente di troppo importante, in fondo. Acri, la grande sponda d’Oriente, tiene il Mediterraneo per le palle. Ha preso in ostaggio centomila secchi di quelle acque arroganti e veloci, sezionate dalle lame di vecchie rocce, i bordi irregolari delle depressioni delle fosse tettoniche che spaccano il deserto. Fatali distacchi, manti lacerati. L’ostaggio di Acri è il Lago di Tiberiade. Il Mediterraneo può abbaiare, ma mai affondare davvero i denti. Gli è stato promesso che un giorno verrà spostato dal fondo del lago il cono sommerso, largo settanta metri, il suo massiccio semicerchio di pietre e sassi di basalto. Il tappo da sessantamila tonnellate che separa le piccole acque dalle grandi. Il padre salato dal figlio d’acqua dolce. Finchè il mare terrà basse le onde, spingerà le vele dei commerci, Acri continuerà a riempire quel buco nel deserto, farlo sopravvivere. Lasciare aperto il rubinetto sacro del Giordano, per colmare il lavandino di Tiberiade. La tempesta castrata arriva a segno, non vale nemmeno troppi sguardi. La gente del porto continua a gridare, a vendere, a riempire di stoffe l’ingordo ventre delle navi genovesi, a maneggiare funi, vele e bicchieri di vino come se niente fosse. Aromi di lampone e marasca sulla lingue, rimbalzi e alchimie, dentro vecchie e tasche, di monete d’argento occidentali e marabuttini arabi. Acri splende della luce del mercato bianco, il Suq Al-Abiad, i sessantaquattro negozi intonacati concentrano nella piazza, orientati come un drappello di specchi, i migliori raggi. Sulle tavole di legno spiccano frutti di mare, pesce, tutta roba rubata al Mediterraneo che si vendica scuotendo le coste della città. Il vecchio Idrees che vende la sua gelatina di prugne, Zuhayr il pazzo che lavora alla sua sella di cuoio, per cavalcare una giumenta inesistente. Le colonne di granito, le foglie di curcuma che spuntano

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da sacchi accatastati, le locande, le cupole verdi che sorvolano tutto. Un secondo cielo, discontinuo, molto più basso dell’altro. Dal cortile di Mutazz, il capraio, si alzano delle grida. Si fanno strada, a intermittenza, tra le voci del mercato e il ritmo dei tamburi in accelerazione. Qualcuno pensa che Sana, la moglie del capraio, stia tirando il collo alle galline, una strana vendetta. Tutti sanno che Mutazz si sbatte da tempo quella grassona di Huda, la venditrice di tappeti della Cabilia, una berbera dalle tette giganti e dalla pelle d’acciaio. Le grida dalla casa bianca di Mutazz, di uomini, donne e galline, non stupiscono più nessuno. Altre grida, affogate dopo qualche istante. Driskoll Cook, il mercante inglese, non vuole nessuno tra i piedi. Grugnisce verso Goz, il suo tirapiedi tatuato: «Tira fuori il fiammingo e fallo stare zitto.» Goz trascina Vessel per i capelli, raggiunge il porticato tra le bestemmie. Il ragazzo fiammingo si dibatte, non gli è bastata la lezione del pozzo. Sputa la merda che ha ingoiato sugli stivali di Goz, che reagisce prendendolo a calci furiosamente. L’anima di Vessel salta dalla sua sede, rotola insieme al corpo del ragazzo, assorbendo i colpi. Sembra spezzarsi, un rumore di costole rotte accompagna le voci stonate del mercato, litanie islamiche cadenzate all’infinito che attirano i clienti. Baratti di fortuna. «Fammi vedere il tuo sangue, bastardo! Sputalo fuori, tutto!» Driskoll Cook, accerchiato dai suoi fedeli mastiff, i cani da sangue, perde la pazienza. Libera la sua lama, la orienta in orizzontale verso i due. Le sue bestie iniziano a ringhiare. «Goz, ti ho detto di chiudergli quella bocca, adesso!» Il tirapiedi dell’inglese sbuffa, afferra di nuovo Vessel per i capelli, gli ficca uno straccio di cotone in bocca, poi lo colpisce ancora, sul petto. Lo schiaccia come uno scarafaggio senza corazza. Gli occhi del ragazzo sembrano schizzare fuori. Le sue urla, adesso, sono trasmesse dalle orbite incrinate. Cook si avvicina, osserva quel ragazzino con disgusto. La punizione deve essere esemplare. Per uno come lui ogni punizione significa la morte. Ma la morte è solo l’arrivo, dipende tutto dal viaggio. «Dunque ti piace la carne umana. Dimmi, che sapore ha?» Vessel, quattordici anni, è stato colto a divorare il seno sinistro di una puttana araba, imbottita di droghe dal primo cliente della giornata, abbandonata sul letto del suo stretto bordello. Nessuna coscienza, nemmeno dei morsi di Vessel. Dopo diversi giorni senza mettere nulla in bocca il ragazzino fiammingo, affamato e scacciato da tutti, non ha trovato di meglio. Una finestra aperta, il profumo di spezie bruciate, la tentazione di rubare qualcosa. La voglia di mordere quella carne viva e addormentata. Assaggiare il seno, prima di tutto, poi magari passare a quei glutei abbondanti, all’apparenza davvero gustosi. Mai provata la carne umana, anche se aveva ingoiato tanta di quella merda da formare un isolotto davanti Acri, vicino al faro. Il padre e la madre di Vessel, coloni venuti in Terrasanta dalle paludi delle Fiandre, erano stati scannati dai predoni arabi. Storie di casse d’oro inesistenti, evocate dalle leggende delle ricchezze dei porti di Brugge e Anversa. Storie vuote, cassetti e forzieri vuoti, pagati con la peggiore delle morti. Impiccati con le loro stesse budella a due braccia di legno di un grande sicomoro, dopo un bel lavoro di lame nel ventre. Tutto inutile, non avevano nessun tesoro da rivelare. Vessel durante quello spettacolo di interiora rovesciate e di pelle strappata via, era stato stuprato a turno dai predoni: lame diverse stavolta, di carne. Era riuscito a scappare solo quanto quei figli di puttana si erano messi a litigare su chi dovesse essere il prossimo, a fotterlo. Nudo, nascosto nell’ombra larga di un carrubo, poteva solo osservare la pianura, la sua casa scorticata di Kahbad, a dieci chilometri da Acri, data alle fiamme. I genitori che oscillavano seguendo il vento, a destra e sinistra. Le lingue secche degli sciacalli che sibilavano, in attesa del momento giusto.(…)

Estratti di Opere I GIORNI DELLA GALLINA NERA – L’Apocalisse a Roma

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Disponibile su Amazon: www.amazon.it/dp/B00NGBXL38 Estratto dal racconto: Il Rosario

È l’ora dei misteri, quelli che non aspettano, quelli molli. Marta affretta il passo sulle pietre consumate di Via del Moro, stretta dai margini di ruderi giallastri, dai palazzi rinascimentali e barocchi sventrati. Le vecchie articolazioni scricchiolano, i nodi delle ossa sporgono. Marta oscilla in equilibrio sulla passerella, per superare il moncone sbriciolato della torre medioevale, crollata di traverso, che ingombra la strada. Le altre sono già arrivate, asserragliate, in uno stretto stormo di veli neri, sui banchi della Basilica di S. Maria in Trastevere, prima e seconda fila. Marta attraversa la piazza con una serpentina tra pozzanghere di sangue, tra i resti della festa di purificazione della Gallina Nera. I pulitori non hanno ancora sgombrato tutta la roba: l’esagono della fontana, il mattatoio delle nuove streghe, è ancora affollato di teste umane gocciolanti. Marta rallenta per riprendere fiato, alza gli occhi sul campanile romanico. La madonna azzurra, incastrata nella nicchia, sulla sommità, culla un grosso ratto. I tasselli del mosaico, il puzzle col bambino sacro, sono stati staccati da tempo. Marta si lascia ingoiare dal portico della Basilica, valica il pesante portone di legno ficcandogli nella

pancia la punta del suo bastone. Il silenzio cigola, l’aria rarefatta scappa fuori, all’aperto, gridando. Si siede in seconda fila, come le ultime arrivate. Priscilla, la capofila del gruppo, il generale dall’armatura di vecchio pizzo rosicchiato, batte tre colpi sul banco col suo braccio biomeccanico. L’arpione di ferro suona sordo l’inizio del rosario del venerdì. Arriva traballante Domenico, il castrato di Trastevere, con i catini di acqua flessibile. Dispone un esemplare sotto i piedi di ogni santa donna, riempiendoli di sacre reliquie che trasudano colla umana. Domenico accende le luci nella conca dell’abside, un cielo d’oro sotterraneo, poi torna a nascondersi nella sacrestia a contare le ossa delle salme di San Callisto e San Innocenzo. Il passatempo del custode, distribuito in piccoli mucchi. Il gruppo di preghiera, sincronizzato, indossa i visori oscuranti. E’ il momento di iniziare la recita del rosario della Gallina Nera. Le mani deformate dal tempo, con dita ormai artigliate, sfilano dalle tasche le tradizionali corone: cinquanta grani di semi di mogano, divisi in gruppi da dieci. La corde vocali di Priscilla vibrano, sputano fuori un acuto, lungo lamento: il guaito di un cane assediato dalle piaghe della pioggia acida. Poi i suoni si modulano in parole, formando l’ordine sacro, lo start : «Komboloi!».

Marta, come tutte le altre, con i polpastrelli che stringono il primo grano della corona, si china sul catino, affonda le mani nel morbido, sgusciante contenuto. Aspetta il suo turno, cercando di focalizzare i sensi, quelli lasciati liberi dal visore oscurante. Ascolta le altre dichiarazioni, i “Credo” che scorrono lungo il banco, avvicinandosi rapidamente alla sua postazione. (…)

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Recensioni Ivano Satos (blog Beati Lotofagi) su VENUS INTERVENTION

(...) Corrine De Winter ti sconvolge con un blues che sembra sgorgare dalla terra satura del sangue sacro e profano della Louisiana, Alessandro Manzetti origina un city blues intriso delle inquietudini dell'asfalto riarso dal sole e dalle nubi che da esso si rigenerano dopo aver bevuto la brina di umori malati.La solitudine che galleggia come nave fantasma su barili di alcool, su donne di carne o polimeri industriali ma comunque mai genitrici di sentimenti reali. La solitudine che quando evolve in legami tende sempre a regredire in una forma di passione alienante. La solitudine che evolve in omicidio, odio, tortura. La solitudine che si trasforma in attesa, in amore potenziale nell'attesa della Madre Morte. (...) Leggi la recensione completa sul blog Beati Lotofagi: http://goo.gl/yfgTNV

Recensioni Miriam Mastrovito (blog Il Flauto di Pan) su KIKI - Sangue a Berlino - Brandeburgo

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(...) Un nuovo muro, il grande Serpente, striscia a segare la città marcando un confine velenoso tra due metà, speculari come potrebbero esserlo i due emisferi di un cervello malato.Da un lato si estende Berlino Ovest, la parte occupata dai Puritaner, normalizzata grazie all’impianto di sofisticati congegni biomeccanici nelle ipofisi dei cittadini: sono i razionalizzatori, strumenti ideati per garantire l’omologazione di massa e reprimere gli istinti primordiali, spaventosi marchingegni del futuro che pure riecheggiano l’idea di plagio psicologico già insita nella vecchia quanto aberrante propaganda nazista. Dall’altro palpita Berlino est, la metà marcia della mela, quella in cui impera il vizio come fosse una virtù (...) Quella che Battiago ci narra sullo sfondo di questa metropoli infetta è la storia di una maxi guerra di quartiere, o se preferite una letale corsa all’ultimo Bezirk. A fronteggiarsi sul terreno di battaglia sono la Duchessa – signora del Bezirk 7, specializzato in bordelli e ristoranti – e Testadiferro – sovrano indiscusso dei Bezirk 5 e 6 votati al business delle nuove droghe. Una feroce contesa per la conquista dell’egemonia (...) È così che dopo un’introduzione alla città, doverosa quanto affascinante (nel suo modo perverso), giungiamo a una svolta inattesa a partire dalla quale l’azione prende il sopravvento e la trama si dispiega correndo a ritmo serrato su un fil di lama, fino all’ultimo respiro… più che un respiro un lancio vero e proprio, che credetemi, vi regalerà un momento di grande ebbrezza (...) Leggi la recensione completa sul Flauto di Pan: http://goo.gl/KklHRM

Recensioni Judy Comeau (blog The Tomb of Dark Delights) su The Shaman and other shadows

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(...) Alessandro Manzetti’s collection of all new stories is difficult to categorize. Deeply influenced by Lovecraft’s cosmic world of darkness, these lyrical stories (and a closing poem) are works that incorporate both dystopian science fiction and classical horror. Beautifully wrought and deeply disturbing, Mr. Manzetti’s collection is surreal, horrific, and satisfying. (...) Leggi tutta le recensione sul blog The Tomb of Dark Delights: http://goo.gl/Qn2Gwp

Recensioni Ivano Satos (blog Beati Lotofagi) su Limbus – Trilogia di Scarafaggi

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(...) Se le strade dell'inferno sono lastricate di buone intenzioni quelle su cui ci conduce Caleb Battiago, attraverso Limbus sono strade lastricate di carne umana e scarafaggi necrofagi. Una scia di follia per giungere alla distopica Parigi Sud 5 dove l'evoluzione dell'uomo, tra droghe e malattie prioniche, ha indotto l'esumazione di un istinto atavico e perverso. L'ossimora evoluzione-regressione che si fonde con una tecnologia superiore. La tecnologia in funzione dell'alienazione più estrema.Ogni frase di Battiago corrisponde ad una deflagrazione psichica. Fiori di follia che sbocciano come pallottole dirompenti. I confini della narrazione a stento riescono a contenere una prosa visionaria e profetica che come un elettroshock attraversa le nostre innervature bruciandoci non il corpo ma l'anima. (...) Leggi tutta le recensione sul blog Beati Lotofagi: http://goo.gl/pUKgbd

Inediti online Ancora Arancione (pubblicato sul blog Parigi Sud 5)

Blanche osserva dalla sua tana umida i Security Display di Parigi Sud 5. Occhi incollati sulle luci arancioni che lampeggiano: la pioggia acida sta per arrivare. Sua madre sta battendo all'angolo della Rue Despin, non indossa la protopelle, non è ancora rientrata. Armand, il pappone, sta facendo lavorare la sua troia sull'orlo, come sempre, in equilibrio su bordi dai quali è facile scivolare. Ancora arancione, ancora qualche minuto, sono questi i momenti in cui spuntano dal nulla i clienti migliori. Le sue mani sporche, tentacoli con le unghie, affondano tra le palle e subito dopo nel sacchetto di patatine: il pappone rumina con le labbra salate. Le nuvole si gonfiano, stanno per cacare fuoco. Ma è ancora arancione, c'è tempo. Quando si decide a fermarsi qualche figlio di puttana? Blanche allunga il collo dalla finestra della tana, riesce a vedere, tra le curve metalliche delle protezioni dei palazzi, la sagoma di sua madre. I suoi tacchi in dilitio scintillano nel buio, segnalano disponibilità di fica a buon mercato. La ragazzina si tocca tra le gambe, il microassorbente stringe, brucia. Dodici anni, il primo ciclo, la natura

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che si sveglia, che si rivela nel sangue. Presto Armand la porterà sul marciapiede, proprio di fronte al posto della madre. Il pappone si prende cura di Blanche, è la sua preziosa oca da foie gras. Roba che farà girare la testa ai suoi clienti dai denti più affilati. Mangia, troietta, fatti crescere quelle tette. I miei amici amano la carne, tanta carne. Prima che quella della madre si sgonfi del tutto, un'altro intervento sarebbe troppo costoso: il quarto, pandemia di silicone, di economiche protesi a scadenza. Blanche non è mai sicura di svegliarsi vicino al corpo di sua madre, è lei davvero? Il suo culo diverso ogni mattina, la bocca estranea, smarginata, che parla a sogni strampalati, i palloncini scoppiati nel corpo, le forme e le molecole variabili, gli stagni marci della Cloud 7 che pulsano radioattivi negli occhi. Quello sguardo di metano che non la vede quasi mai. Sua madre non tornerà mai in tempo, i Security Display diventano rossi, luce fissa. Pericolo. Coprifuoco. La maledetta pioggia di Parigi Sud 5 che brucia la pelle, che cuoce l'anima, squagliando il vestito in latex come un fiume d'inchiostro. Una pozza nera, la carcassa di una borsetta, ossa bianche abbandonate dalla carne cotta, liquefatta. Una pozza nera e rossa, con rivoli giallastri: è il brodo denso del cervello. Armand sarà incazzato, stavolta l'orlo lo ha fregato, ha rischiato troppo. Picchierà Blanche, si vendicherà della sfortuna di pochi minuti. Ma la ragazzina esce dalla tana: la strada scotta, i suoi piccoli piedi bruciano per primi, poi la pioggia la inonda. Blanche brucia velocemente tra una scarica di scintille: stelle immaginarie, intorno a lei. Ancora qualche secondo e sarà di nuovo con sua madre. Pozze che si allungano fino a toccarsi, a mescolarsi. Armand affoga la sua tristezza al riparo del Cafè Basselet. La cameriera con tre seni, l'attrazione del locale, prende l'ordinazione. Tequila, cazzo! Tre capezzoli lo fissano negli occhi, il pappone pensa che conoscono tutta la maledetta storia. Che hanno da guardare? Storie di bordi mancati, di giovani torce.

Articoli dal Blog www.parigisud5.blogspot.it

Aghora: Mangiare la Morte: Dal Naraka della mitologia buddista, che ho trasformato in una prigione spaziale, alle sanguinose crociate e alle immonde pratiche delle orde dei Tafur (e di uno dei loro capi, Vessel, che ho materializzato dal nulla), dall'impero Azteco fottuto da Cortes, che mi sono divertito a raccontare, a modo mio, nel racconto Mictlan, ai lugubri scenari dell'assedio di Stalingrado, che vi aspetta (con pelli umane appese agli alberi) nei miei prossimi titoli in uscita, per non parlare del futuro, di Parigi Sud 5 e delle sue propaggini approfondite in Limbus, della città santa di Shanti e di altre location immaginarie che chi ha letto i miei ebook ha imparato a conoscere (ed evitare). Il progetto narrativo che sto proponendo è un vero e proprio viaggio, tutto è collegato anche se alcune tappe sembrano vivere di vita propria. Si passa velocemente dai bordi del passato, fino a quelli, più taglienti, di un prossimo futuro. Un continuum antropofagico, elemento chiave della triade archetipale Dio-sesso-

cibo (che ho scelto di zoomare nelle mie opere), che fonda le sue radici nella storia, schizzando poi fuori, come un razzo, in un distopico futuro. Non può essere altrimenti, se analizziamo la storia, ciò che è già stato.

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Scavando nell'argomento, è molto interessante approfondire l'Aghora, una vera e propria collisione di passato e presente, una miscela alchemica che incolla diversi archetipi. Una citazione, prima di entrare nell'argomento: "Il mondo Ti considera infausto, o Distruttore che giochi nello smashan, cosparso delle ceneri delle pire funerarie, che indossi una collana di teschi umani, con demoni che divorano i cadaveri per compagni. Ma per quelli che Ti ricordano con devozione, o Tu elargitore di doni, sei supremamente auspicioso" (Shiva Mahimna Stotra, 24). Bene (anzi, male direte voi), nell'India antica e moderna, come è noto, si è sempre cercata una via giusta per la vita e per la morte, assecondando sensibilità spirituali molti distanti dai nostri concreti cervelli occidentali. Le vie proposte sono infinite, ma vale la pena parlare di una piccola

derivazione, un approccio molto originale e meno noto, apparentemente molto estremo, per "mangiare la morte", viverci a braccetto, superarla, dissolverla. Ecco spiegato il titolo di questo post. Svelo l'argomento principe di oggi, l'Aghora e i suoi adepti dalle singolari condotte di vite, alimentazione compresa, ovviamente. Il termine sanscrito Aghora (non ci crederete leggendo più avanti) significa "mancanza di tenebre", tutto il contrario dell'oscurità, insomma, e dell'ignoranza. L'aghori è dunque una sorta di "asceta dell'estremo" (mi piace questo contrasto), ben diverso dai sadhu hindù che conosciamo meglio, anche se la meta finale, per entrambi, è sempre la stessa: la purificazione, o quasi.

Ma cosa combinano questi asceti dell'estremo? Quale è la loro filosofia di vita (si fa per dire)? Potete trovarli, ispirati dall'iconografia della terribile Shiva, vagare tra pire funerarie, cosparsi di cenere e di speciali gioielli ricavati da frammenti umani. Fin qui, niente di troppo strano. Ma gli aghori vanno ben oltre, collegandosi perfettamente all'ipotetico mundus narakiano che ho immaginato. Mangiano carne umana questi tipi, apprezzano in particolare pezzi di cervello estratti dai crani, che fanno parte del loro quotidiano. I teschi umani, come vedete dalle foto, sono usati come ciotola per il cibo o semplici bicchieri, calici dell'altrove. Tutto qui? Certo che no. Inutile citare l'uso di droghe e le abitudini sessuali incestuose, che fanno parte di una certa "normalità". I rituali degli aghori prevedono anche l'assunzione di feci, di liquidi mestruali, di urina e carne in decomposizione, per realizzare dei cocktail davvero originali. I contenitori di questi speciali ingredienti, bisogna specificarlo, non sono più vivi. Quello che mi ha colpito in particolare

dei riti aghori è la raccolta di resti umani nel Gange, e non parlo delle ceneri. Molti non sanno che nel fiume sacro, oltre ai "derivati" delle cremazioni, vengono gettati anche corpi umani interi (come i santi, i

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bambini sotto i cinque anni, i malati di colera, le donne incinte, le persone morse da un serpente, i suicidi, i poveri ecc.). Non tutti, dunque, vengono trattati col fuoco. Ma al fuoco arrivano comunque, quello per la cottura acceso che sarà acceso, successivamente, dagli aghori. Sul web, per i più curiosi, troverete molte foto (e video, per i più temerari) di asceti aghori che meditano sopra i cadaveri pescati nel fiume, prima di cibarsi della loro carne e dissetarsi del loro sangue ormai immobile, quando c'è ancora, dentro. Ma che senso ha tutto questo? Perchè gli aghori (che in tutto sono un centinaio) mangiano la morte? La risposta è molto complessa, fin troppo per gli angusti spazi di un post sul web, varrebbe la pena approfondire in altra sede. Vi basti sapere, giusto per incuriosire e stimolare le vostre ricerche personali, che la filosofia aghora si propone, nientedimeno, di superare la barriera infrangibile dell'illusione, la visione dualistica dell'esistenza: vita/morte, sacro/profano, bene/male, morale/immorale, e via dicendo. Per questo i folli asceti, oltre a masticare "shakti" (l'energia vitale, cosmica, che non si distrugge) infrangono scientemente tutte le convenzioni umane, le sovrastrutture psicologiche, gli schemi sociali, i tabù, le categorie che tanto ci piacciono. L'orrore che potremmo provare, assistendo ai loro rituali, per gli Aghori sarebbe il chiaro effetto dell'Ego, dal quale siamo manovrati come burattini. Niente male, come obiettivo filosofico, quello di superare, annientare il dualismo "vita/morte" Roba ambiziosa. Rompere il muro che ci separa dall'altro mondo, teorizzare l'inconsistenza degli ultimi confini, poter affermare (niente di più inconsueto e inaspettato) che non esiste alcuna differenza tra la vita e la morte.

Coming Soon

Molte novità in arrivo, vi anticipo la cover (by Ben Baldwin) di una nuova uscita, in lingua inglese, Dark Gates – Roads to Hell and Limbo, in programma a novembre 2014, per l’Editore Kipple Officina Libraria. Come vedete dalla copertina, non sarò da solo, la raccolta comprende anche racconti dell’amico Paolo Di Orazio, nome storico dell’horror nostrano. Ma sono in programma altre uscite, sicuramente qualcosa di speciale per Halloween e per il periodo natalizio, sia in lingua italiana che inglese. Presto riprenderà la serie “Cannibal Crusade” col secondo episodio dedicato al nostro efferato Vessel, e sto lavorando (ma qui ci vorrà tempo) al terzo romanzo della trilogia “Naraka”, che seguirà gli altri due titolo già pubblicati: “Naraka – L’Inferno delle Scimmie Bianche” e “Shanti – La Città Santa” Potete tenervi sempre aggiornati consultando il mio sito web www.alessandromanzetti.net, e seguendo il blog Parigi Sud 5 (parigisud5.blogspot.it) che si occupa ad ampio raggio dell’apocalittico, tra letteratura e cinema.

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Appuntamento a Novembre per il numero 4 del Naraka Magazine

Per scaricare i precedenti numeri del Magazine: http://www.alessandromanzetti.net/naraka-magazine