Helios Magazine nr 4-2011

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Rivista di scienze sociali deretta da Pino Rotta

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HELIOS MAGAZINERivista bimestrale

di scienze, cultura e societàRegistrazione Tribunale di Reggio Cal. Nr. 3/96

Direttore ResponsabilePino RottaDirettore EditorialeGianni FerraraComitato di redazione:Mimmo Codispoti, Cristina Marra, Katia Colica, Elisa Cutullè, Giorgio Neri,Salvatore RomeoCorrispondenti:Anita Seija Leijala, Oscar Carchidi, GiancarloCalciolari, Faiyz Barakat AlmahasnehEditore:Centro Studi Sociali Club AusoniaPresidente: Pino RottaVice Presidente: Roberto PirrelloSede legale: via Pio XI nr. 291 89132 Reggio Calabria (I)Redazione:via Pio XI nr. 291 – 89132 Reggio Calabria (I)Tel. SMS 388 7927621partita IVA 01482330808Tipografia: Rosato (RC) tel. 0965.56046In copertina: RIND, di HESHER

In questo numero:Società - Crisi, manovre e mercati fantasma (di Pino Rotta) pag. 2Società - Una crisi chiamata desiderio (di Giuseppe Aricò) pag. 3Società - Momento di crisi spirituale o materiale nel mondo contemporaneo? (di Salvatore Romeo) pag. 4Società - I rischi dei simboli immobili tra strategia e istinto (di Katia Colica) pag. 6Società - Omofobia - Incontro con l’on.le Paola Concia (PD) (a cura di Andrea Misiano) pag. 7Società - E’ crisi: adesso come reagirà la nostrapsiche? (di Valentina Arcidiaco) pag. 8Società – Le radici psicologiche dello scandalo (di Maria Laura Falduto) pag. 9Società - Crisi economiche e comportamentali (di Massimo Gabellone) pag. 10Società - La società dei non compiuti(di Cristina Freund) pag. 11Esteri - Olanda: Le avventure della… tolleranza (di Luisa Nucera) pag. 12Esteri - Ucraina: Lady Ju e i tre presidenti (di Tania Kostyuk) pag. 13Cifrematica - Dal revisionismo alla controvisione: la posta in gioco delle immagini(di Giancarlo Calciolari) pag. 14Cultura - Pitagora e la legge dell’Ottava (di G. Saul Ferrara) pag. 15Libertà di pensiero - Racconto filosofico (di Mimmo Codispoti) pag. 16

Fuori sommario:- Intervista – Thomas Enger autore di“Morte apparente” (di Cristina Marra)

- Intervista - Francesco Fioretti e il suo

Sul sito web: http://www.heliosmag.it troverete tutti i numeri precedenti e le ricerche del Centro Studi Socialie-mail: [email protected] Magazine è edita dall’associazione socio-cultu-rale Club Ausonia (no-profit)Per sostenerci pubblica le tue inserzioni pubblicitarieo versa un contributo volontario sul Conto corrente nr. 193 - Banca Nazionale del Lavoro - intestato al Club AusoniaIBAN: IT81O 00100516300000000000193I contributi in testo e in immagini sono prestati volontariamente e a titolo gratuito.

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distinguere tra chi il reddito lo produce e chi lo accumu-la. Un artigiano produce un valore aggiunto, per il pro-fessionista il valore aggiunto è dato dalla qualità dellaconoscenza, il commerciante è quello che produce laminore quantità di valore aggiunto e la maggiore quanti-tà di accumulo di capitale. Anche qui questa condizionepersiste da più di venti anni e quella che è andata adaumentare è l’evasione fiscale e la perdita di creazione divalore aggiunto di artigiani e piccoli industriali. Quartacategoria: imprenditori di grosse industrie e di aziende

finanziarie, tipo ban-che ed assicurazioni.Queste due categoriehanno seguito dina-miche che considera-re criminali sarebbeda uomini di buon

senso, invece da anni ci viene raccontata la storiella dellaglobalizzazione dei mercati, delle opportunità che nasco-no nei nuovi mercati, della politica reganiana che “loStato non ti deve niente deve solo lasciare libertà al mer-cato e tutti avranno la possibilità di migliorare le propriecondizioni”. Oggi è una politica ampiamente affermata inItalia e nel resto dell’Europa, governate dalla Destra. Dadecenni in Italia l’industria, per prima la FIAT, chiedesoldi allo Stato con il ricatto di chiudere gli stabilimenti.Di soldi ne ha incassati in quantità spropositata e con queisoldi ha portato gli stabilimenti prima in Brasile, poi inPolonia e adesso guarda alla Serbia e ad altri paesi daspolpare, e i lavoratori italiani, quelli che già non hannoperso il posto di lavoro, sono costretti a rinunciare ad unagrossa parte del reddito ed alle garanzie sindacali cheerano il vanto del diritto del lavoro italiano. Banche edassicurazioni, in regime praticamente di monopolio, pre-levano i nostri soldi e li investono nei mercati asiatici. Equi torniamo ai metafisici mercati ed alle tasse che “cichiede l’Europa!”. Lasciando ad ognuno il giudizio se le condizioni di vitadebbano essere migliorate o se viviamo sopra le nostrepossibilità, la conclusione del discorso è che i mercatisono quelle stesse persone che ci hanno imposto ventianni di economia di guerra, aumento del prezzo del petro-lio e riduzione degli investimenti industriali nel nostroPaese e che l’Europa che “ci chiede” i sacrifici è gover-nata da questi stessi gruppi di interesse.Forse letta così la manovra finanziaria non è poi tantometafisica e calata dal cielo. �

Editoriale

Crisi, manovre e mercati fantasma

di Pino Rotta

Ormai angosciati e smarriti davanti alla crisi eco-nomica ci chiediamo se i cosiddetti “mercati” nonsiano qualche cosa di metafisico. Ma cosa sono,

dove sono, chi sono in fondo questi mercati? Ci toccapagare tasse per miliardi di euro perché ce lo chiedel’Europa. Ma quale Europa? E l’Europa non siamo anchenoi? A parte che sarebbe stato meglio risanare il debitopubblico pagando un poco di più ma pagando tutti. Se l’a-vessimo fatto spalmando le tasse in una decina di anniforse avremmo risentito meno della batosta che ora cipiomba addosso, ma questa è stata una scelta politica. Ilpopolo ha scelto a maggioranza e questa è la democrazia.Alla fine perché stiamo pagando tutta in una volta questaquantità spropositata di tasse? La tesi che si sente ormaida tempo come un mantra è che “abbiamo vissuto soprale nostre possibilità” e che adesso ne dobbiamo scontareil prezzo. Esaminiamo questa tesi dal punto di vista dialcune categorie sociali, guardando agli ultimi venti anni.Prima categoria: lavoratore dipendente, sia pubblicoche privato. Per questa categoria gli stipendi medi sonoda venti anni molto al di sotto delle media europea, conuna perdita di potere d’acquisto di circa il 25%, inoltre dasei anni non si rinnovano contratti e la prospettiva è chenon si rinnoveranno per i prossimi quattro. Un lavoratoredipendente, soprattutto se ha una famiglia e non ha altriredditi, vive con il rischio di cadere in uno stato di pover-tà come già succede a circa otto milioni di italiani. A que-sta categoria è sempre rivolta la scure dell’aumento delletasse in termini di riduzione di reddito e di aumento deicosti di servizi pubblici e beni di consumo.Seconda categoria: giovane tra i 20 ed i 30 anni. Uno suquattro in Italia (uno su due nel Sud) è senza lavoro.Se riesce a trovare un lavoro si tratta quasi sempre di unprecariato con orari da 8-10 ore giornaliere ed una retri-buzione che va da 400 ad 800 euro mensili, spesso senzaun regolare contratto di lavoro. Queste condizioni si pro-traggono da oltre venti anni per cui si parla ormai di“generazione a perdere”, cioè quella fascia di persone cheavendo superati i 30 anni senza avere un lavoro, o aven-done uno precario, non riuscirà a programmare nessunfuturo ne per sé ne tantomeno per una possibile costi-tuenda famiglia. Terza categoria: lavoratore autonomo. Qui c’è da fareuna distinzione tra lavoro artigianale o industriale, pro-fessionisti, commercianti e fornitori di servizi. Tutti,secondo gli studi di settore, hanno un’altissima propen-sione all’evasione fiscale ma anche tra questi c’è da

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In seguito ai recenti attentati di Oslo e Utøya, i leaderdi tutta Europa hanno subito espresso la loro fortecondanna ed orrore nei confronti dell’accaduto.

Tuttavia, aldilà delle indispensabili dichiarazioni edazioni “di rito” da parte dell’Unione, gli attentati norve-gesi richiederebbero l’urgenza di un dibattito in meritoalla recente rimonta europea dei partiti di estrema destra.Ciò che è avvenuto in Norvegia dovrebbe scatenare unesame di coscienza generale all’interno di alcuni paesidell’Unione, dove l’estrema destra è cresciuta prenden-do slancio sui sentimenti xenofobi e sulla mancanza diposti di lavoro dovuti alla crisi economica.Approfittando delle inquietudini dei cittadini e di un cre-scente disagio sociale, negli ultimi anni tali partiti hannoesteso la propria influenza su governi nazionali e istitu-zioni dell’Unione in un modo che appare ormai del tuttonaturale. Seppur relativa, la vittoria dell'estrema destraresta comunque un fenomeno assai trasversale che acco-muna molti paesi d'Europa e che non rapresenta solo unareazione alla questione del rifinanziamento del debito dialcuni paesi membri, bensì una questione molto piùampia. L’avanzamento delle estreme destre populiste eparafasciste è di una gravità eccezionale perché se, da unlato, evidenzia che i “vantaggi” dell'unificazione euro-pea vengono messi in discussione, dall'altra riflette chia-ramente la paura e le preoccupazioni legate a un'immi-grazione vissuta come “oscura minaccia”. All’interno del centro-destra, le stesse paure hanno spin-to leader come Sarkozy e Merkel a porre l’accento sul-l’importanza dell’identità nazionale assumendo fortiposizioni in tema di immigrazione. Lungi dal voler rela-zionare queste prese di posizione a quanto avvenuto inNorvegia, l’azione personale di Breivik e, specularmen-te, le azioni collettive di Londra ci fanno però rifletteresull’uso del concetto di multiculturalismo in società.Contrariamente a quanto ci fanno credere, sentimentonazionale e multiculturalismo non sono in contraddizio-ne tra loro, ma convivono perfettamente. Se il sentimento nazionale si perde non è di certo percolpa delle minoranze religiose o dell’immigrazione;forse l’unica colpa è di coloro che dovrebbero promuo-vere il sentimento nazionale non come mera appartenen-za ad un determinato Stato, ma come fonte di sensibilitànei confronti di chi ha avuto esperienze di vita lontanedai livelli di “democraticità” e “civiltà” di cui ci fregia-mo. In seguito alle sommosse londinesi, Cameron hadichiarato che il “fallimento del multiculturalismo” ha

lasciato vulnerabili al radicalismo, per esempio, i giova-ni musulmani; ma in realtà è proprio grazie al multicul-turalismo e alla loro tolleranza che paesi comel’Inghilterra, la Francia o la Svezia sono meno vulnera-bili di fronte a derive nazionaliste come quelle norvege-si, e restano invece bersaglio di mire terroristiche ester-ne. Il multiculturalismo in definitiva non è fallito, ma ènecessario intenderlo come un progetto di diversitàumana che arricchisce e protegge la società. Vivere invece il multiculturalismo come “una deboleconcessione a potenziali invasori” significa accettarepassivamente la sua strumentalizzazione per ragionischiettamente economiche. Sia l’azione personale chequella collettiva vanno infatti relazionate con l’organiz-zazione economica che vige in un determinato tipo disocietà e con la posizione che i soggetti ocupano dentrotale organizzazione. Anche se non in modo meccanico,le forme in cui si organizzano i processi di produzione econsumo incidono direttamente su ciò che le personefanno, pensano e sentono. La realtà che è emersa dai

quartieri londinesi ciparla di benestantimischiati a poveri chehanno saccheggiato erubato soprattutto benisuperflui e non di primanecessità: iPod, scarpe,sigarette, liquori. Nonsiamo di fronte almalessere delle perife-rie, ma a un disagioampiamente diffuso chenon si è espresso attra-verso un'idea politica oun'appartenenza religio-sa o di razza. Si è tratta-to semplicemente diuna rabbia collettiva

contro una forma di organizzazione del desiderio total-mente frustrata e avariata. Un sintoma umano che rivelala fragilità di ottimismi e certezze che vedono il model-lo economico neoliberista come una turbina permanen-temente alimentata e in continua crescita. Una crisisociale che svela le limitazioni e le miserie di un model-lo antropologico che risponde a un sistema economicoormai insostenibile in termini ecologici, politici edumani. �

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Una crisi chiamata desiderio

di Giuseppe Aricò

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Non ritengo di esagerare nel definire la crisi del siste-ma attuale come un momento di decadenza delnostro Tempo, poiché essa non coinvolge solo la

dimensione economica e finanziaria dei mercati nazionalie internazionali, ma investe anche lo spessore etico dellapolitica (quella “questione morale” che sembrava fino aqualche tempo fa una delle caratteristiche distintivedell’Italia, ma che invece abbiamo purtroppo constatatonon rappresentare solamente una nostra prerogativa…),dello stato sociale e dei rapporti solidaristici interpersona-li, non risparmiando nemmeno il contenuto delle regole edei valori che dovrebbero costituire il quadro di riferi-mento dei nostri pensieri e dei nostri comportamenti.Potremmo filosoficamente dire, pertanto, che questa crisisia una crisi dello spirito e della materia.Non è certamente la prima volta che la Storia umana cono-sce periodi di decadenza come questi e sappiamo anche che,bene o male, il nostro genere ha sempre saputo reagirvi esuperarli, come testimonia il fatto che siamo qui ancoraoggi a parlarne. Il punto, a mio avviso, non è però questo,ma il come e il grazie a chi si sia sempre riusciti a superarei momenti di maggiore degenerazione, quali strategie e daparte di chi queste strategie siano state concretizzate peruscire dalle crisi più profonde. E’ il sistema in se stesso, perstruttura naturale, che possiede gli anticorpi per difendersidalla sua autodistruzione, oppure è stata necessaria l’operadi qualcuno che ad un certo punto ha ritenuto essere giuntoil momento di agire nel bene per riportare il trenodell’Umanità entro i giusti binari ed evitarne così l’inevita-bile deragliamento? Gli storici potrebbero sicuramenteriportare esempi di crisi sociali, politiche e spirituali impor-tanti, così come gli economisti potrebbero ricordarci diperiodi di recessione notevole, e magari anche più gravi diquella che stiamo vivendo al giorno d’oggi. Ma a me sov-viene una crisi importante che ha rischiato di cancellare intempi relativamente brevi quella grande Civiltà che è statal’Egitto dei faraoni. La storia dell’antico Egitto incominciaverso l’anno 3100 a.C., allorchè Menes, il Re Scorpione,diede inizio alle dinastie reali (nelle varie accezioni del ter-mine) sottomettendo il territorio del Basso Egitto e unifi-cando i due regni (Basso ed Alto Egitto), sotto la doppiacorona rossa e bianca. Nei millenni che seguirono al regnodi Menes si succedettero 32 dinastie e circa 390 Faraoni.Prima di allora, comunque, la storia egiziana esiste comemito e leggenda e a governare sulla Terra d’Egitto, intornoai territori della cosiddetta Mezzaluna Fertile, erano dei ReDivini, che presiedevano allo svolgersi degli avvenimentiumani secondo regole e leggi tanto equilibrate e giuste daconsentire di definire quell’epoca come Età dell’oro, un’e-poca illuminata da quegli ideali e da quei sentimenti bene-fici che contraddistinguevano il modo di essere “divino”. Ilmito vuole che quell’epoca finì nel momento in cui gli Dei

stessi si resero conto dell’impossibilità di tradurre su questomondo l’ordine divino e, ormai stanchi, si ritirarono sulleloro stelle lasciando agli uomini lo scettro del governo di sestessi. Tuttavia, gli uomini prescelti per questo compitostraordinario non potevano essere dei comuni mortali, madovevano rappresentare pur sempre una emanazione divina,essere essi stessi i rappresentanti diretti delle divinità origi-narie. Questi furono i Faraoni. Nel Regno Antico furonoedificate le più grandi ed importanti piramidi e a Menfi e aTebe, a cui gli iniziati davano il nome di Città del Sole,erano contenuti i segreti della Scienza divina e dei ritimisterici. Gli Egiziani produssero un’organizzazione socia-le, politica, economica e militare perfetta, come si devededurre dai risultati raggiunti e dalla longevità della Civiltàstessa. Le dinastie faraoniche generarono lo sviluppo di unaCiviltà enorme, capace di edificare monumenti immensi,ricchi di preziosità ingegneristiche, architettoniche ed arti-gianali, ma anche scrigni di ricchezze religiose e spirituali,come le Piramidi e la Sfinge. Templi dedicati ad Osiride,dove si custodirono le più nobili tradizioni dell’umanità,furono le fonti alle quali attinsero tutte le religioni future.

Ma anche questa perfezione conobbe delle crisi, dei periodidi degrado e di degenerazione che avrebbero senz’altro con-dotto al suo dissolvimento, se la saggezza di alcune figurenon avesse previsto, valutato e adottato un’operatività ingrado di conservare gli Ideali e di riproporre i Princìpi fon-damentali di una esistenza illuminata. Intorno al 2.000 a.C.l’Egitto provò una di queste crisi e la sua fragilità consentìl’invasione degli Hyksos, i Re-pastori, che mise in seriopericolo la stessa esistenza della nazione insieme alla suaciviltà ed alle sue tradizioni. Ma i Sacerdoti si ritirarono neiloro Santuari e resistettero alla barbarie degli invasori,custodendo accuratamente le loro conoscenze, mantenendola loro religione incontaminata e tramandando alla storia le

Momento di crisi spirituale o materiale nelmondo contemporaneo?Una memoria storica dai Templi di Osiride

di Salvatore Romeo (*)

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La distruzione dei BuddhaNel marzo 2001, i Talebani, musulmani iconoclasti, ordina-rono la distruzione delle due statue, denunciando surretti-ziamente come idolatre quelle sculture. Anche se nell'inten-zione di chi eresse le statue poteva esservi una forma di ido-latria, le statue per il Buddismo rappresentavano comunqueesseri umani e non dei. Da questo punto di vista i talebanihanno distrutto raffigurazioni umane e non divine, riuscen-do peraltro a colpire in modo offensivo la sensibilitàdell'Occidente da essi tanto odiato. Non va neppure dimen-ticato che nessuna dinastia islamica, fino ai Ghaznavidi sisognò mai di abbattere le raffigurazioni artistico-religiosedel passato preislamico. Questo non è solo vero perl'Afghanistan (allora chiamato Khorasan e Tokaristan) ma,in modo del tutto eloquente, per l’Egitto col suo passatofaraonico, ma anche la Siria o l'Iraq, con le sue innumere-voli testimonianze d'un passato che affonda le sue radici findentro il III millennio a.C. o la Libia e la Tunisia medieva-le e moderna, che conservarono le tracce del loro passato,non solo romano. La stessa Turchia, sede del Sultanato otto-mano, restauratore del Califfato, non toccò mai le testimo-nianze del più remoto passato, come ad esempio quello hit-tita. Nel luglio del 2009 - in linea con la consolidata tradi-zione islamica che non distrugge le testimonianze archeolo-giche del passato, fossero anche "idolatriche" come i monu-menti della Mesopotamia, della Siria o dell'Egitto antichi –il Mullah Mohammed Omar aveva emanato un decreto infavore delle conservazione dei Buddha di Bamiyan. A causadel fatto che la popolazione di fede buddistadell'Afghanistan non esisteva più da lungo tempo, il cheimpediva la possibilità che le due statue venissero adorate,egli dichiarò: “Il governo considera le statue di Bamiyan unesempio di una potenziale grande risorsa turistica perl'Afghanistan, e quindi dichiara che il sito di Bamiyan non

dovrà essere distrutto ma protetto”. Il "clero" islamico afga-no diede poi un severo giro di vite nei confronti dei seg-menti non islamici della società. I Talebani bandirono ogniforma di raffigurazione, musica e sport, compresa la televi-sione, in accordo con quello che loro consideravano unarigorosa interpretazione della legge islamica.Nel marzo 2001, secondo l'a-genzia di stampa FrancePress, un decreto dichiarò:“in base al verdetto del cleroe alla decisione della CorteSuprema dell'EmiratoIslamico, tutte le statue inAfghanistan devono esseredistrutte. Tutte le statue delpaese devono essere distrutteperché queste statue sonostate in passato usate comeidoli dagli infedeli. Sono oraonorate e possono tornare aessere idoli in futuro. SoloAllah l'Onnipotente meritadi essere adorato, e niente onessun altro.” Il ministro della Cultura e dell'Informazione QadratullahJamal rese nota all'agenzia di stampa Associated Press ladecisione dei 400 religiosi afgani che dichiarava che le sta-tue di Buddha erano contrari ai principi dell’Islam. Il 6marzo il quotidiano londinese Times riportò che il MullahMohammed Omar disse: “i musulmani dovrebbero essereorgogliosi di distruggere gli idoli”. Egli aveva chiaramente cambiato la sua posizione, dall'es-sere favorevole alla conservazione delle statue all'esserefortemente contrario. �

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HELIOS magazine 2011 n. 4tradizioni della loro Civiltà. La dominazione degli Hyksosdurò circa due secoli, fin quando dal profondo dei Templi diMenfi e di Tebe uscì Amosi, il Salvatore dell’Egitto, chescacciò gli invasori e ripristinò la Cultura,l’Organizzazione, la Sapienza egizia e la Religione diOsiride, a cui gli Hyksos avevano contrapposto il culto diSeth. Probabilmente non ci sono Hyksos all’orizzonte dellanostra Civiltà, ma l’imporsi di un modello di società oramaiglobale basato sostanzialmente sull’anomia, senza quelleregole armoniche (l’equilibrio dei cosiddetti pesi e contrap-pesi presenti, per esempio, nella nostra tanto vituperataCostituzione italiana, che si vuole modificare in nome diuna miopia politica tanto misera quanto assurda), univochee stabili che finora hanno consentito di dare un senso mora-le alle dinamiche sociali, sta avviando il nostro mondoverso un relativismo esasperato e contrassegnato dall’eva-nescenza di ogni sentimento di etica solidaristica. La deca-denza dei nostri tempi deve stimolare, a mio avviso, leCoscienze ad organizzarsi per lasciare che la catena dellamemoria degli ideali umanistici si disperda definitivamen-te. Come i sacerdoti di Osiride, come i discepoli di Gesù, èora che queste Coscienze si assumano la responsabilità diquel pensare virtuoso che asseriscono di tramandare nelsilenzio, per evitare che l’Umanità venga sempre di piùassopita dall’oppio dei poteri forti che si nutrono della pre-carietà e della continua “emergenza” per recitare solamenteuna parte desolatamente gattopardesca, che si sforza unica-

mente di tutelare lo status quo e i ruoli raggiunti. L’idealeche si persegue, probabilmente in maniera inconsapevole, èun ideale folle, ma in questa follia è possibile scorgere unastrategia altrettanto inconsapevole quanto subdola e amora-le, i cui esiti cominciano a manifestarsi sempre più col pas-sare del tempo: è un livellamento verso il basso della cultu-ra e dell’economia delle masse, con un conseguente allar-gamento della forbice che divide il popolo “grasso” dall’é-lite dominante (e sempre più oligarchica), attraverso il dis-facimento della scuola pubblica, l’insostenibile costo dellostudio universitario, la proposizione mediatica di modelliimpossibili e surreali, molto lontani dalla realtà vissuta, l’ir-refrenabile diminuzione del potere d’acquisto della moneta,la spesa pubblica sproporzionata, l’illimitatezza dei balzellipiù fantasiosi, la sfrontatezza con cui “si batte cassa” attra-verso una diffusione enorme e amorale del gioco d’azzardosponsorizzato da uno Stato patrigno e non più padre. Dove si arriverà così? A nulla…e ogni cosa tenderà ineso-rabilmente a peggiorare se quei sacerdoti di Osiride e queidiscepoli di Gesù non usciranno dai loro Templi virtuali perdiffondere fattivamente e operativamente quei princìpiumanistici e virtuosi che oggi come oggi colmano solamen-te pagine di libri e spazi di convegni, lette le une e ascolta-ti gli altri, poi, in fondo, ognuno di noi continua la propriavita, se non nell’ottimismo del voltairiano Candide, sicura-mente convinto che più di quello non si può fare…�(*) psichiatra

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Le rivoluzioni passano dai simboli, e i simboli sonoparti sostanziali della memoria che hanno il compi-to di determinarla, nel bene o nel male. Dentro que-

ste logiche universali l’architettura si fa carico di un sim-bolismo fattivo e, nell’accezione più quantitativa del ter-mine, spesso anche invadente. Le piazze dedicate ai radu-ni, i mausolei dei dittatori, gli obelischi imponenti e auto-revoli, sono segni che minacciano i concetti di liberazio-ne. Tratti linguistici inconfutabili che riavvitano gli sfor-zi dei combattenti attorno a paure ataviche, dalle quali èdifficile sfuggire se non attraverso la distruzione del sim-bolo stesso, come in una sorta di catartico gesto liberato-rio. La storia della Libia è legata all'Italia che nel 1938 fuconnessa e dichiarata XIX Regione d'Italia, senza dimen-ticare che il nostro esercito, nel primo ventennio del seco-lo scorso, fu impegnato dal 1911 al 1920 in una violen-tissima e sanguinosa azione militare seguita dall’invio diarchitetti e urbanisti del calibro di Ottavio Cabiati,Marcello Piacentini e Armando Brasini. I costruttorifascisti, nel contesto libico, si sono applicati a disegnareun tessuto adatto allo stile politico di quei tempi, permea-to dalla sua architettura demagogica. Ma i metodi, la sto-ria ci insegna, poco hanno a che spartire con l’espressio-ne: gli schiavi che hanno costruito le piramidi hanno inregalo soltanto la compassionevole dignità di un ricordovago e generalizzato come questa stessa misera citazione,il simbolo costruito assorbe ogni ambizione di ideale,polverizzandolo. E se esso ha la fortuna di non essereassociato al suo significato profondo, ecco che si rinnovaopera eterna. Il percorso non ha funzionato per il crollodel World Trade Center che ha sepolto anche l'arte: crea-zioni uniche di Alexander Calder, Roy Lichtenstein, JoanMirò sono state perdute per sempre. O per Piss Christ,opera conosciuta come “Cristo nella pipì”, in mostra neilocali della collezione d’arte contemporanea ”YvonLambert” ad Avignone, del fotografo americano AndresSerrano. Alcuni estremisti cattolici francesi, infatti, hannopreso a martellate quello che per loro era solo un simbo-lo blasfemo. O, ancora, per il caso delle due giganteschestatue dei Buddha di Bamiyan, nei pressi di Kabul con laloro quasi totale distruzione realizzata a Marzo del 2001ad opera del popolo talebano in rivolta sotto la guida deifondamentalisti. La cancellazione del simbolismo, quin-di, è un percorso che non ha valori univoci, né disvaloriben delineati. "Il 25 aprile e la festa della Repubblicasono le cattedrali della nostra democrazia, tappe fonda-mentali della nostra storia più recenti e pilastri fondantidelle nostre istituzioni". A parlare è Paolo Lanna dellaCgil, e sintetizza in poche parole il carico di simbologiache alcuni beni immateriali che fanno parte della nostra

storia assume in sé. L’abolizione di queste feste laichesarebbe tradotto, da questo punto di vista simbolico, in unvero e proprio saccheggio, insomma; soprattutto se riflet-tiamo sul fatto che le feste laiche sono momenti intensi ecarichi di condivisione di valori collettivi. La festa laica èun momento speciale di consenso che accorpa significatidi appartenenza, di chiara componente simbolica fondatasulla democrazia e sul lavoro. Due beni che sono sotto-posti a dura prova questi, all’interno di un sistema chemira a cavalcare una crisi per cambiare la forma delpaese. Il simbolismo è sempre stato in pericolo, quindi, edè di fatto il rischio intrinseco del suo stato d’essere. Macosa succede quando i simboli non hanno la foggia dipalazzi reali, obelischi o statue da buttare giù per tagliar-ci via la testa da prendere successivamente a calci?Quando il potere (senza entrare nel merito di giudizio“buono-cattivo”) non offre gesti eclatanti come il bom-bardamento di statue allegoriche ma si insinua all’internodi manovre finanziarie che, apparentemente, poco hannoa che fare con il senso caratterizzante di un paese?Eppure, di fronte la paleseinamovibilità delle festereligiose a fronte dellamessa in discussione diquelle prettamente laiche,emerge che la preoccupa-zione produttivistica,paradossalmente, potreb-be non essere soltanto unascusa ma parte integrantedi un piano d’assedio allademocrazia. Ovvero: se ilnostro scopo ormai è con-sumare e produrre, la festalaica non permette quellospazio dedicato al consu-mo edonistico che una festa religiosa include da sempre.Il 15 agosto ne è un esempio lampante: celebral'Assunzione di Maria ma riempie più hotel e ristorantiche chiese. Quello che ci resta, insomma, spesso è sololegato alla semplice scelta di non distruggerlo. Ma anchequesto non è un punto a favore del simbolismo: non can-cellare non dimostra enfatizzare; o ricordare, banalmente.Il simbolo va reinterpretato, riutilizzato. Serve una grande forza, che passa dal coraggio di cam-biare, dalla volontà di mettere in discussione, di abbatte-re delle semplici relazioni che possono assurgere inmaniera spontanea e naturale. Per dare ogni volta unsenso nuovo a quello che incontriamo davanti, specie seè un’appendice della nostra stessa storia. �

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Società HELIOS magazine 2011 n. 4

L’arte e l’architetturaI rischi dei simboli immobili tra strategia e istinto

di Katia Colica

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Società

Omofobia: il paese della doppia moraleIncontro con l’on.le Paola Concia (PD)

a cura di Andrea Misiano

La Camera ha bocciato, per la seconda volta, la pro-posta di legge contro l'omofobia. Ne parliamo conAnna Paola Concia, unica parlamentare dichiara-

tamente omosessuale, che si era impegnata per l'appro-vazione del testo. Una bocciatura prevedibile, qual è il suo stato d'ani-mo?Ci sono due cose che per me sono state importanti esulle quali avevo lavorato. L'unanimità del PD su questabattaglia, il fatto che la dichiarazione di voto l'abbia fattail Capogruppo Franceschini. L'altro dato positivo è ladissidenza nel PDL: 11 dissidenti sono un fronte nuovosu cui lavorare. Ma in tanti è mancato il coraggio. Anchedal Ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna miaspettavo qualcosa in più: chi ha questa delega non puòastenersi.E’ stata anche lei vittima mesi fa di un atto omofobo…Un episodio brutto e violento, anche se verbale, ma leparole possono essere delle lame dolorose. Io e la miacompagna Ricarda siamo due persone adulte, forti, peròmi ha impressionato il silenzio di chi era attorno e poiper noi è stato uno spartiacque: Ricarda si è resa contodelle differenze tra Germania e Italia, di quanto questopaese non abbia la voglia di costruire anticorpi a tuttociò. Mi ha detto “Non è che in Germania gli omofobinon esistano, è che lì vengono condannati”. Purtroppocon il voto la destra italiana ha autorizzato l'omofobia,l'ha legittimata.Poco dopo la bocciatura si è discusso dell'idea di farei nomi dei parlamentari omosessuali non dichiaratiche hanno votato contro il testo. Cosa ne pensa? Nei paesi protestanti, come Stati Uniti o Germania,viene fatto quotidianamente: le affermazioni devonocorrispondere ai comportamenti, la coerenza è fonda-mentale. Ci sono molti casi di politici che facevano bat-taglie feroci contro gli omosessuali e che dopo l'outingsi sono dovuti dimettere. Capisco che è una strada moltopesante, ma la situazione degli omosessuali italiani èmolto pesante. Non so come finirà, ma sicuramenteapparirebbero delle forti contraddizioni. Noi siamo ilpaese della doppia morale.I mass media danno l'idea di una società italiana piùaperta rispetto alle classe politica: è solo un’impres-sione? Io quello che posso registrare, in questi anni in cui misono molto esposta ed ho messo in gioco la mia vita, èche c'è una distanza pazzesca tra i cittadini e una partedel parlamento. Il paese è molto più avanti, l'ho regi-

strato negli attestati di affetto, a migliaia, arrivati quan-do ho sposato la mia compagna.Tra i tanti uno in particolare, quello di suo padre…Ho chiesto io a mio padre di pubblicare le sue parolequando “l'Avvenire” mi ha attaccata. Gli ho detto “tiprego di proteggermi tu”. Mi ha detto di sì, che dovevarispondere solo a Dio. E mio padre era un dirigentedell'Unione Cattolica, mica un pericoloso sovversivo.A proposito, la Chiesa ha un ruolo in questa situazio-ne di arretratezza dell'Italia?C'è un rapporto perverso tra la politica e le gerarchie cat-toliche, non i cattolici, che sono quelli che mi hannofatto gli auguri, che si rendono conto di quanto sia ingiu-sto per due persone che si amano non poter costruire unprogetto di vita assieme. Legerarchie sono più indietrorispetto ai cattolici, un pò comei politici sono più indietrorispetto agli italiani. Io la colpacomunque la do alla politica,che deve costruire una societàgiusta, far rispettare laCostituzione. La chiesa ha ildiritto di dire la sua, ma poi lescelte le devono fare altri.Cosa dovrebbe fare un giova-ne omosessuale italiano? Cercare la propria felicità,magari andando all’estero, o restare qui a lottare?Io e Ricarda ci siamo sposate perché ci amiamo e abbia-mo un progetto di vita assieme, ma è un matrimonio al50%. In Germania la nostra è la famiglia Concia, perchélei ha preso il mio cognome. Penso che il diritto alla felicità sia fondamentale, ma èda perseguire nel nostro paese. Noi continueremo perchévogliamo che il nostro sia un matrimonio al 100%, equindi valido anche qui.In che modo?Ho iniziato una raccolta di adesioni, dopo un giorno giàsedici coppie mi hanno scritto: una specie di class-actionalla corte di giustizia europea per vedere riconosciuti quida noi i diritti delle coppie omosessuali sposate all'este-ro. Più siamo e meglio è.Quindi la prima richiesta resta quella del matrimo-nio per le persone omosessuali?Io penso che le associazioni debbano puntare in alto. Poistarà ai rappresentanti politici trovare la soluzione.Naturalmente sono favorevole al matrimonio, non perniente mi sono appena sposata. �

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Paola Concia

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Società

Tutto viene per passare, niente viene per restare.(Matthew Flickstein)

Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito aduna continua escalation della crisi. E se finissetutto come in una tragedia greca con tanto di bru-

tali uccisioni, famiglie distrutte e guerrieri armeggianti? Di questo passo così molto probabilmente è così proprioche andrà a finire tanto che nell’immaginario si potreb-be ipotizzare una regressione totale a livello politico,economico e sociale,che ci riporterebbe al feudo e albaratto o anche alla polis greca.Pur essendo giovane, ricordo vivamente che mi colpìterribilmente la notizia della Crisi in Argentina del2001, quando i mass media riportavano notizie terrifi-canti e immagini di ribellione popolare che presero ilnome di cacerolazo, che consistevano nel percuotererumorosamente pentole e padelle.Un paio d’anni dopo accendendo la televisione, vidi lestesse scene in un altro luogo: questa volta era la Grecia,colpita da una profonda crisi economica con un indebi-tamento ai massimi livelli e un PIL fermo. Gli studenti reagirono con manifestazioni estreme neiconfronti di una crisi annunciata dai vari indici econo-mici.A distanza di anni la storia si ripete: è successo di nuovoin Grecia, sta succedendo pure in Italia, in Europa, intutto il mondo passando dagli indignados in Spagna airibelli in Inghilterra, per poi finire in America.Ed eccoci qui estate 2011: tutta l’Europea è in crisi, maanche le borse mondiali indicano che il malessere eco-nomico e, automaticamente socio-psicologico, è presen-te ovunque e non più circoscritto o circoscrivibile.Si sente parlare di debito pubblico, PIL fermo, indici indiscesa, oro e petrolio in aumento, prestiti dalla bancaeuropea, crollo della borsa e intanto la nostra menteragiona e il nostro umore tende al basso.Sfido chiunque sano di mente a non pensare a cosa acca-drà domani ai nostri soldi, alle nostre case, ma soprat-tutto al futuro dei nostri figli. Tutto sembra terribilmente volgere alla catastrofe e nonc’è alcun rimedio che possa farci sperare in un futurosereno.Anche la persona più ottimista credo in questo momen-to pensi al futuro in maniera non del tutto rosea, doman-dandosi cosa succederà di qui a poco, cosa succederà sela generazione a cui si nega il lavoro, la pensione o lafamiglia, domani mattina deciderà di reagire a questacrisi.I governatori tendono a rassicurare le popolazioni,ovviamente comunicando che è un periodo transitorio,

che con l’aiuto e la solidarietà della comunità europea,la crisi entro il 2013 sarà risolta, che con il tempo si tro-veranno le opportune soluzioni ai problemi.Ma intanto i primi segnali di malessere non tardano aprodurre effetti devastanti: suicidi in aumento, crisifamiliari con uccisioni per screzi economici, sempre piùpoveri e sempre meno investimenti e occasioni di lavo-ro, e purtroppo non solo in Italia ma anche in stati defi-niti una volta “economicamente forti”.A livello psicologico credo che la cosa più preoccupan-te, come già accennato in un articolo del 2008, sia l’in-certezza del futuro e questo sentirsi sempre in bilico, inmezzo alle difficoltà economiche da una parte e ad unasocietà nella quale non ci si riesce a riconoscere dall’al-tra, una società che presenta un divario troppo grande frale generazioni che non si riesce in nessun modo a col-mare.A mio parere bisognerebbe, a livello territoriale, moni-torare il continuo malessere per prevenire quello che dasempre è definito “il male oscuro” ossia forme did e p r e s s i o n eaccompagnate dadisturbi psicoso-matici, in vertigi-noso aumento daun paio d’anni aquesta parte.Se si vuole pensa-re in positivo nonci rimane cheprendere atto chese è vero che lastoria si ripete, èanche vero chedopo la crisi postindustriale, dopoFord, dopo le tra-gedie di tutte lesfere del globo per una varietà di cause, dopo le carestiee i vari virus che annunciavano qualche pericolosa pan-demia mettendo in allerta tutti noi,arriverà un momentoin cui finalmente si annuncerà che “la crisi è finita” einsieme alla parole “the end” ci sarà anche la famosascritta alla fine dei film “and they lived happily everafter” (e vissero tutti felici e contenti). Rimane un piccolo dubbio, cosa succederà a chi deveancora crearsi una stabilità economica? Il suo futuro sarà veramente felice e sereno senza ulte-riori catastrofi economiche? �

(*) psicologa

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E’ crisi: adesso come reagirà la nostra psiche?

di Valentina Arcidiaco (*)

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Società

E’ un tema ricorrente quello dello scandalo, investeogni ambito da quello sociale, a quello politico aquello relazionale e sessuale. Ma quali sono i mecca-

nismi psicologici che s’innescano? cos’è che urta la nostra“sensibilità” a tal punto da provare ribrezzo e sdegno? Qualisono i processi invisibili, e quelli più espliciti e consapevo-li che si accompagnano alle dinamiche psichiche dello scan-dalo? E’ un’analisi ardua ma prettamente psicologica quelladi svincolare quest’argomento dal carattere etico-morale acui inevitabilmente si amalgama, proviamo però a circoscri-vere quello che è lo scenario “relazionale-emozionale” delloscandalo e secondariamente quelli che sono i pensieri chesi correlano a queste emozioni o meglio al significato chenel tempo impariamo ad attribuirvi grazie alla mediazionedell’educazione familiare, scolastica, sociale. Il terminescandalo deriva dal greco skàndalon, che significa ostacolo,inciampo. Il significato più antico del termine ci rinvia adazioni o discorsi che danno “cattivo esempio”. Ma chi ci da“il buono e il cattivo esempio”? come nasce e si sviluppa innoi la capacità di riconoscere e discriminare una situazioneche si confà agli standard del buon esempio e quelli cheinvece si discostano da esso? Alcuni pionieri degli studisullo sviluppo emotivo, quali Bruner, Sroufe e Traverthen,hanno sostenuto che la capacità di ogni uomo di comunica-re le proprie emozioni con l’altro si sviluppa molto preco-cemente grazie al costituirsi di uno spazio simbolico attra-verso cui il bambino e la madre, o chi in generale si prendecura di lui nei primi anni di vita, cominciano insieme ascambiarsi ed a costruire i significati sulle cose e sulle con-seguenze delle proprie azioni attraverso una costante com-partecipazione affettiva definita dagli studiosi “intersogget-tività”. Ovviamente un contesto privo di stimolazioni chenon trasmette un’ “educazione sentimentale”, inciderà nega-tivamente sulla capacità del piccolo non solo di discrimina-re le proprie e le altrui emozioni ma anche e soprattutto diregolare il proprio comportamento in virtù di queste.Possediamo e rinforziamo dunque, delle vere e proprie“competenze emotive strategiche” che nel tempo imparia-mo ad inscenare sul palcoscenico della vita servendoci della“opinione che si adegua”, ovvero il costante rimodellamen-to dei nostri comportamenti in base a quelli che sono i prin-cipi etici e morali propri di ogni cultura. Appare dunquequasi direttamente proporzionale il ruolo che giocano leemozioni nei meccanismi mentali connessi allo “scandaliz-zarsi” e quello che giocano i fattori morali. Altri elementiimportanti sono la critica/giudizio e l’empatia: Adam Smithe David Hume diedero molta importanza al concetto di“simpatia” come elemento fondamentale per la messa inatto di comportamenti pro sociali nonché l’importanza cherivestono la tradizione della società, i modelli familiari e leforme di socializzazione nello sviluppo della moralità;prima di loro, la moralità era vista come qualcosa che stavain mezzo tra ragione e sentimento anzi aveva proprio il

compito di tenerli separati. Oggi sappiamo che l’intrecciotra cognizioni ed affetti è così intricato nell’esperienzamorale che risulta difficile immaginare un individuo cheprofessi ideali di giustizia e uguaglianza e non provi al con-tempo, un sentimento di simpatia o di pietà per le vittimedell’ingiustizia o non si senta ribollire dalla rabbia verso isoprusi o le ingiustizie di cui è testimone, allo stesso modoappare improbabile rimanere impassibili di fronte ai fatti eagli eventi che ci “scandalizzano”, emozioni e pensierisono un tutt’uno per questo oggi si parla di “hot cognition”(cognizioni calde). Ma perché non proviamo empatia per un

trasgressore della legge o per un pedofilo? perché natural-mente siamo portati ad esprimere empatia per le vittimedegli scandali e non per chi li ha prodotti? Possiamo direche quando ci scandalizziamo per qualcosa ci caliamo neipanni di quella situazione scandalizzante con un’empatiaquasi “perversa”? dove per perversione ci riferiamo al signi-ficato letterale del termine latino perversum inteso come ciòche è stravolto, diverso dal senso comune. Ci ritroviamo adover nuovamente intersecare la componente emotiva aquella cognitiva: secondo la teoria attribuzionale causale diWeiner, se si ritiene che la vittima sia in qualche modoresponsabile della sua situazione, il coinvolgimento empati-co che si prova sarà inferiore, ma se si ritiene che la vittimaabbia subito ingiustamente un torto il coinvolgimentoempatico tenderà ad incrementarsi. Spesso ciò che ci scan-dalizza provoca cioè in noi una rabbia empatica perché“deviante” rispetto a quelli che sono gli ideali di equità eduguaglianza tra gli esseri umani o più in generale rispetto aquelli che sono gli ideali morali della cultura d’appartenen-za. Si può dedurre abbastanza facilmente che, trovandoci inun’epoca in cui tanti punti di riferimento subiscono un sortadi passaggio simbolico dallo stato solido (valori saldi) aquello in cui le credenze, i valori, i principi appaiono informa liquida, (assumendo la forma, il peso ed il volume delrecipiente che li contiene), anche lo scandalizzarsi per certecose piuttosto che per altre, si fa portavoce di questi muta-menti. �(*) psicologa

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Le radici psicologiche dello scandalo

di Maria Laura Falduto (*)

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Società

Se la prima “manovra” economica del nostro“governo”di quest’anno è stata alquanto scioccan-te per la palese quanto ingiustificata e irresponsa-

bile“indifferenza” verso la reale situazione economica epolitica in questo Paese, anche in relazioneall’Imprenditoria nazionale e internazionale, quellaemanata per decreto legge in questi ultimi giorni è stataveramente stupefacente! due anni e mezzo di governoper “capire” che siamo messi proprio male, solo che,come per magia, l’hanno capito dopo poche settimanedalla prima manovra! Non so spiegarmi cosa sia scatta-to nella testa dei politici che non poteva scattare prima…un Calderoli che si scontra pubblicamente contro i cal-ciatori, “toccati” da un contributo di “solidarietà” su sti-pendi annuali di milioni e milioni di euro e in furiosaprotesta che si sentono minacciare dal ministro “che secontinuano lui a loro il contributo di solidarietà glieloraddoppia”:cavolo, se da un lato mi infonde una profon-da quanto liberatoria soddisfazione, da un lato mi fa sor-gere un quesito: era necessario attendere l’attacco spe-culativo sull’Italia peraltro già annunciato per metteremano a quest’altra “casta” che da decenni prende sti-pendi infami in nome degli “alti valori dello sport” piut-tosto che dalle dinamiche commerciali spudorate edeviate che regolano il settore specifico? Ma per l’amordel cielo, non sono gli unici (vedere lo stipendio annua-le di Alessandro Profumo, ex amministratore delegato diUnicredit succeduto a Rondelli, o sovrintendenti di EntiLirici,), ovviamente. E che ci diciamo a proposito dellasoppressione delle Province? Che siano in gran parteenti inutili, visto che utilizzano sostanzialmente trasferi-menti delle Regioni (si possono definire “passacarte”?),ne a questi di oggi ne a quelli di ieri, non era mai passa-to per la testa? Tuttavia abbiamo, in particolare, ungoverno composto da geni, visto che a giugno organiz-zano le elezioni amministrative, tra cui parecchieProvince (indovinate i costi che paghiamo NOI) e poidopo un mese e poco più, decidono di sopprimerne 36.Notizie confuse a proposito, sotto i trecentomila abitan-ti o sotto soglie specifiche di km quadrati? e/o? e/e? ilpremier, a cui “il cuore gronda sangue” per aver messole mani nel portafoglio degli italiani, ma sapesse (e lo sa,oh se lo sa) quale sia la furia di coloro che hanno avutouna piccola, infinitesimale riduzione dei propri esclusiviprivilegi (vedi “fenomeno” calciatori prima citato)!Perché alla fine saranno proprio questi ultimi a fargligrondare il cuore di sangue, i poveretti e le sempre piùesigue classi medie sono quelli che staranno più zitti,muti e rassegnati. Come sempre, ahimè. Ma, e qui ci sta-

rebbe bene l’Ouverture del Guglielmo Tell di Rossini,arrivano i soccorsi: si, nessuno sapeva più dove fosserofiniti, ma eccoli, i sindacati!! Hanno annunciato che “simobiliteranno”! hanno ritrovato i desaparecidos !!! arri-vano gli alleati!E allora, che si fa? Rimaniamo qui a discutere, analizza-re, sintetizzare? Per chi? Per quanti? A chi interessa? Aquanti interessa? Non ritengo che il talento di un cervel-lo illuminato si debba esprimere solamente in congettu-re e discorsi meravigliosi, non serve che continuiamo ariconoscerci l’un l’altro se non abbiamo il coraggio, l’o-biettivo, la necessità e la determinazione di trovare deisistemi organizzati per elaborare un progetto e (perlo-meno) tentare di realizzarlo. Io credo che abbiamo ildovere di agire. Altrimenti corriamo il rischio di essere,e giustamente, accusati di incoerenza. L’incoerenza dichi ha i mezzi per cambiare le cose, perché possiede deitalenti, ma che spreca i medesimi per alimentare esclu-sivamente il proprio ego. Non è più tempo di giochiintellettuali, qui il mondo sta andando a pezzi, e, di fatto,noi facciamo finta di non essere spettatori. Ma lo siamo,eccome che losiamo. Perché seuna cosa non civa, dobbiamo,ripeto dobbiamo,smettere diaccettarla. E farsi che altri fac-ciano altrettanto.Non possiamoavere lucidità dicritica e poi nonfare assoluta-mente nullaaffinchè questa capacità non rimanga sospesa nei templidegli eletti, come un eco ectoplasmico di un Sapere lon-tano, ma tale Sapere, anche fosse solo per essere difeso,deve trovare forza anche e in primis in un maggiorecoinvolgimento delle Coscienze attraverso i meccanismipotenti della comunicazione attuale, perché sono proprioquesti meccanismi, che hanno contribuito in modosostanziale a creare questa situazione aberrante cheoggi, come ieri, stiamo criticando. Perché permettiamo acostoro di utilizzare la psicologia del marketing, lacomunicazione globalizzata e globalizzante, i media percreare queste vergogne e non iniziamo a pensare che seutilizzassimo gli stessi mezzi potremmo forse sperare dicreare una parvenza di barriera a tale vergogna?Riteniamo forse che vi sia una sorta di “impurità” neimodi piuttosto che nella sostanza? Io credo che un contosia il Regno, altro la Corona, e credo che fare confusio-ne non sia più moralmente accettabile. �

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Azione - Dalla speculazione all’operativitàCrisi economiche e comportamentali

di Massimo Gabellone

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Società

“Buongiorno, mi presento: sono la CRISI. Come?Non volete sentir parlare di me? Ne avete finsopra ai capelli? Un attimo gente, voglio raccon-

tarvi solo una storia piccola piccola, e poi…ciao!C’è Roberto (50 anni) che riesce a dare il meglio di séperché ha una certa tranquillità interiore, in quanto sache in un giorno preciso del mese avrà il corrispettivoper il lavoro che ha svolto.E c’è Simone, trent’anni circa ( e Fabio e Barbara e…)che sa che un giorno di questo mese sarà l’ultimo in cuiavrà il corrispettivo per il suo lavoro. SicuramenteSimone ( e Fabio e Barbara e…) non ha una grandeserenità interiore, voi che ne dite ?”

Le problematiche di una sostanziosa fetta della societàitaliana, determinate in larga misura da importanti fat-tori esterni di carattere economico e politico, provoca-no lo smottamento dei tradizionali valori esistenziali,affettivi e sociali. A onor del vero si assiste talvolta al tentativo di rico-struzione di un quadro di riferimento valoriale, ma lapiattaforma è instabile, fluida e senza consistenza, ren-dendo impraticabile questa strada.In sostanza oggi, attraverso un processo che ha avutoinizio una decina di anni fa, viene scippata all’indivi-duo la possibilità di autodeterminarsi, di prendere cioèatto delle situazioni circostanti, di vagliarle alla lucedei propri desideri ed aspirazioni, di agire infine percercare di concretizzare il percorso ed il focus immagi-nati. Il termine “scippare” non sta qui a caso ma intende sot-tolineare come, prevalentemente nei confronti dellafascia che va dai 20 ai 35-40 anni, sia in atto una verae propria sottrazione indebita, una sorta di ladrociniosistematico di chances di vita, di scelte anche semplicie naturali.“Scippare” sottende anche l’esistenza di un’intenziona-lità di base che inizialmente, per i fautori di questa infi-da manovra, ha certamente dato buoni frutti, visto cheè sicuramente più agevole controllare chi è debole edinsicuro, ed è più facile dirigere chi “potrebbe…”, main effetti non può. Tuttavia oggi la situazione sta sfuggendo di manoanche a questi manovratori ed ha assunto caratteristichedi imprevedibilità ed ingovernabilità.Di fatto questa condizione larvale dell’individuo, que-sto stato di metamorfosi incompiuta che si ciba dellaprecarietà esistenziale, danneggia seriamente la struttu-

ra psicologica, impedendo la crescita armonica dellapersonalità e deteriora conseguentemente la società,che da individui è formata.Frustrazione ed insoddisfazione, senso di rabbia e d’i-nutilità, attitudine a non prendere decisioni e/o pospor-le nel tempo: questi gli effetti deleteri e più visibili. Ma si consolida nel contempo un malessere diffuso edindistinto che struttura un modus vivendi basato sul-l’effimero, sull’apparente, sul possesso del superfluovisto che appare vietata la conquista del minimo e del-l’indispensabile.

Certamente se non si sta bene col proprio Io divienequasi impraticabile la serenità di rapporti con l’Altro daSé, che sia esso un vicino di casa, un perfetto scono-sciuto, lo straniero di turno o il proprio partner.Così anche nelle relazioni affettive troppo spesso si èalla presenza di rapporti intercambiabili e transitori,purtroppo giustamente in sintonia con l’atmosferagenerale di provvisorietà e precarietà, e tutto divienerelativo e improntato alla deresponsabilizzazione.Una classe dirigente che attraverso scelte politiche edamministrative impedisce ai propri giovani di compie-re i doverosi passi necessari per approdare all’età adul-ta è da considerarsi, nel più benevolo dei giudizi, noci-va, incapace ed orba.La società dei non compiuti infatti non è fine a se stes-sa ed anche mettendo in atto correttivi socioeconomicicalibrati e tempestivi, probabilmente lascerà in ereditàalle generazioni future tare “genetiche” tali da compro-mettere l’integrità della Persona e mettere duramente arepentaglio l’essenza stessa della Democrazia. �

La società dei non compiuti“nei confronti della fascia che va dai 20 ai 35-40 anni, è in atto

una vera e propria sottrazione indebita, un ladrocinio

sistematico di chances”

di Cristina Freund

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Cosa sarà mai la tolleranza in un momento storicosegnato da processi politici ed economici inghiotti-ti da una globalizzazione che appiattisce ogni

diversità culturale? Siamo sicuri che essa sia accettazione,rispetto ed integrazione oppure sorge il dubbio che con-servi, seppure alla lontana, una connotazione negativa?Tolleranza vuol dire, nella sua più specifica accezione,sopportazione verso qualcosa che non si può eliminare.Tolleranza è anche differenza; accettazione della differen-za. E di concetto di differenza ha parlato lo studiosoGianni Vattimo nel suo saggio Le avventure delle diffe-renze contrapponendo la differenza alla coincidenza disoggetto ed oggetto, di ente ed essenza. Non esistonopunti di vista privilegiati nella società occidentale per cuidiventa difficile capire cosa significa pensare, sapere, indi-viduare e conoscere. La frammentazione di piccole patrieche prevale sull’armonia di convivenze diverse ha indottoVattimo a farsi portavoce di un’ontologia del declino. Hafatto sì che egli umanizzasse l’esperienza umana ricono-scendo l’errore. Ha sviluppato una concezione dell’essereche rinuncia ad attribuirgli le caratteristiche cosiddetteforti. Le differenze che caratterizzano l’esperienza umanahanno già origine da una differenza che è divergenza, dif-ferimento indefinito, diversità. Il trionfo del pensierodebole. La chiave per aprire le porte alla democratizzazio-ne della società. L’individuo è così considerato un sogget-to unico, autentico che può aspirare alla libertà. L’altro,col quale ci rapportiamo ogni giorno, può riuscire a for-nirci le ragioni profonde del nostro stare al mondo e dellepossibilità d’interazione con l’ambiente. Un’espansionedelle diversità, una tolleranza politico-religiosa cuidovrebbero ispirarsi i paesi per contribuire alla diminuzio-ne della violenza e alla diffusione del pluralismo. E vienein mente il cosmopolitismo divenuto proverbiale in alcunipaesi come l’Olanda diventata, intorno al ‘600, una poten-za economica grazie alla tolleranza religiosa che ha richia-mato nel suo territorio, artigiani, artisti, commerciantialtrove perseguitati, inaugurando il suo secolo d’oroall’insegna dell’accoglienza. Offrire a chi giunge la pro-pria casa e il proprio sé, dargli ciò che ci appartiene senzadomandargli contropartita, senza pretendere che sottostiaad alcune condizioni, fa parte di una sana e tolleranteaccoglienza. Ma non sempre, laddove accade, sfocia inuna perfetta integrazione. Anche in un villaggio globalecosmopolita come Amsterdam, intimo e progressista, polod’attrazione per artisti e ricercatori, studiosi e imprendito-

ri o semplicemente persone che ricercano la trasgressione,la libertà non è tale e la tolleranza è un’avventura da pro-vare senza aspettarsi nulla in cambio. L’assenza di limitietici e di norme morali aiuta a sentirsi liberi di agire. Mal’assenza di limiti dell’arbitrio genera disperazione e ci fasentire prigionieri. Persino l’architettura di alcuni luoghiriflette il rispetto per il territorio richiamando l’eternalezione della storia. I colori, le strutture edilizie di matricefiamminga, la calma e l’indifferenza con cui le vetratedelle case che danno sulle strade, attirano l’attenzione, citrasmettono una sensazione di inquietante solitudine.

Giovani famiglie multietniche con frotte di bambini scar-rozzati in giro per le città in appositi cassonetti davanti alleimmancabili bici, lasciano perplessi sullo stato armoniosodella convivenza tra le etnie e sui valori del multicultura-lismo. E dentro un cosmopolitismo caratterizzato da rigur-giti xenofobi, le questioni relative al multilinguismoacquistano un senso più ampio legato ai diritti dell’uomo.Una lingua o un dialetto corrisponde ad un indicatore d’i-dentità sociale riferita ad un’area geografica o ad un’ap-partenenza specifica. La miscela di culture, genera perciòun’assenza d’identità che in Olanda diventa fruizione con-sumistica. Occorre uno sforzo sovrumano nel laborioso processo divalorizzazione e tutela delle proprie radici; scoprire emantenere l’identità storico-culturale attraverso la diffe-renza. Un’impresa non certo facile e forse già in corso.Apprezzare il confronto fra le diversità, oltre a essereun’unica prerogativa mai in contrasto con quella commer-ciale, stimola ed arricchisce l’identità di ognuno di unadimensione estetica unica ed imprescindibile. �

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EsteriHELIOS magazine 2011 n. 4

Olanda: Le avventure della… tolleranza“anche in Olanda, paese della trasgressione, la libertà non è tale

e la tolleranza è un’avventura da provare senza aspettarsi

nulla in cambio”

di Luisa Nucera

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Esteri

Quest’anno si festeggia il 20° anniversario dell’indi-pendenza dell’Ucraina. Tra le preparazioni per ifesteggiamenti non mancano gli spettacoli sul palco-

scenico politico. Questa volta il primo ruolo è toccato a JulijaTymoshenko, l’ex primo ministro del governo ucraino. Il 5agosto Julija Tymoshenko è stata condotta in carcere conl’accusa di abuso di potere. La giustizia ritiene che nel 2009Tymoshenko avrebbe volutamente concluso con il governodi Mosca accordi per l’importazione di gas russo ad un prez-zo eccessivo, causando all’Ucraina perdite per 130 milioni dieuro. Non è il primo arresto per Tymoshenko. Dieci anni fa,nel febbraio 2001, ha passato 42 lunghi giorni in carcere.Come tutti i politici pure Tymoshenko ha i suoi lati oscuri maquesti non hanno mai influenzato la sua fama, anzitutto didonna rivoluzionaria. Lady Ju, come la chiamano a casa, hasempre puntato sui problemi sociali del paese. Il sua carisma,la capacita di ascoltare la gente, di non nascondersi mai die-tro le spalle degli altri – questo ha dato fastidio a tutti i pre-sidenti dai primissimi tempi dell’indipendenza dell’Ucraina.Dopo le sue riforme del sistema energetico ucraino e ledichiarazioni molto scomode per il presidente di allora,Leonid Kuchma, finì in carcere. Ma già dopo un mese dalprocesso Tymoshenko ne uscì come vittima delle repressionipolitiche, donna che ha sofferto e combattuto per la patria,anche se molto ironicamente. Successivamente, l’azione diprotesta “Ucraina senza Kuchma” organizzata da lei si diffu-se in tutto il paese e dopo due anni, nel cruciale 2004, è JulijaTymoshenko che svolge il ruolo principale nella RivoluzioneArancione. Non solo gli ucraini ma il mondo intero la sostie-ne, attribuendo a lei le possibilità di avvicinare l’Ucrainaall’Unione Europea. L’alleanza con Viktor Yuschenko fumolto importante, più per lui che per lei. Il carisma diTymoshenko e le sue capacità di controllare le masse hannosmosso tutto il paese, che è uscito sulle strade protestandocontro il vecchio regime corrotto, sperando in un futuromigliore. In quegli anni, come giornalista, assistetti personal-mente a lunghi mesi di protesta nella nostra nazione, e di for-mazione di Julija Tymoshenko come un leader impareggia-bile. Dopa la vittoria e l’insediamento di Viktor Yuschenko aPresidente dell’Ucraina tutto sembrava andare bene.Tymoshenko diventava Primo Ministro e il tandem perfettocon Yuschenko avrebbe dovuto portare il paese al vertice disviluppo economico-sociale e il posto meritato tra i paesieuropei. Ma subito dopo i primi giorni il nuovo presidentenon resistette al potere di Tymoshenko. Il timore di esserenella sua ombra lo costrinse a cominciare un nuovo gioco.Cinque anni di battaglie, di comportamenti inaccettabili daparte di un Presidente. Tymoshenko stando al governo rima-neva comunque nell’opposizione. La tragedia è stata nonsolo sua come personalità politica, ma di tutta la nazione cheha visto la delusione dopo la rivoluzione del 2004. La pro-fonda crisi politica ed economica ha colpito l’intero paese.Offesa e abbandonata Julija Tymoshenko nel 2007 riesce ariconquistare i voti per entrare in parlamento, con 156 posti

su 450, e nel 2010 ottiene il 25% nelle elezioni presidenzia-li, nelle quali vinse Viktor Yanukovich, suo avversario fero-ce del 2004. Tymoshenko in parlamento non smette di oppor-si al nuovo governo, criticando fortemente la politica diYanukovich. La battaglia conti-nua nei mass-media e con manife-stazioni del suo partito nelle piaz-ze. Eppure Yanukovich non haresistito davanti a Tymoshenko,non trovando miglior modo dirispondere alle sue accuse chemetterla in prigione. I motivi sono semplici: il primo, elimi-narla dall’arena politica prima delle elezioni parlamentari di2012, il secondo, vendicarsi per tutti i processi contro i suoialleati, che Tymoshenko organizzava dopo il 2004 in coppiacon Yurij Lutzenko, l’ex ministro degli affari interni, oggianche lui sotto il processo. Il vecchio esempio dell’ex presi-dente Leonid Kuchma non ha ancora insegnato a ViktorYanukovich che questo gesto potrà essere la sua rovina. Tuttoil mondo si è schierato contro la carcerazione diTymoshenko. “Si tratta di una questione interna, non di unaffare internazionale” – scrive in un comunicato il partito delPresidente. La stessa Russia, che ha sostenuto da sempreYanukovich, dichiara l’innocenza di Tymoshenko. Lei nonaccetta nessuna accusa, incolpando l’ex presidente ViktorYuschenko, che rifiutò in quelmomento decisivo di assumersiqualsiasi responsabilità, lasciandoTymoshenko da sola a trattare conMosca. Viktor Yuschenko, a suavolta, in tribunale testimonia controJulija Tymoshenko, continuando labattaglia sospesa. Il presidenteViktor Yanukovich invece dice chenon ha "nulla a che vedere" con l'ar-resto della sua rivale. Il popoloucraino segue con ironia il processo, che è diventato il veromelodramma, essendo anche trasmesso in diretta sulla TVnazionale, e si schiera più a favore della vittimaTymoshenko. Yuriy Lukanov, giornalista ucraino: “Lepersone che protestano nulle piazze e davanti al tribunalenon sono appassionati tifosi della politica di Tymoshenko.Tutti capiscono che se il Governo e il Presidente possonocosì facilmente e senza nessuna legittima pretesa chiudere incarcere il capo dell’opposizione in parlamento, processarlasenza possibilità di difendersi regolarmente, cosa possonofare questi capi del paese alle persone semplici!? Il problema dell’opposizione è che questa protegge il suoleader, invece dovrebbe opporsi contro tutto il sistema cor-ruttivo della giustizia. Dovrebbe difendere i diritti non solodi Lady Ju, che oggi è in carcere, ma i diritti di tutte le vitti-me della corruzione del sistema. Purtroppo ancor oggi l’op-posizione di Tymoshenko non è capace di fare un passo con-creto”. �

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Ucraina: Lady Ju e i tre presidentiJulija Tymoshenko: nel 2005 la rivista americana "Forbes" l’hanominata tra le tre donne più potenti del mondo

di Tania Kostyuk

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Cifrematica

La pseudo vita vede, prevede, sino alla mondovisio-ne. Ma potrebbe fare le pulci su tutto, nel sensodella micro visione, quella della microfisica del

potere di Foucault. Questo per dire che il revisionismocome ciascuna visione è contro la vita. Il prevedere la vita(che è l’operazione richiesta da Platone e che inaugura lamitologia della caverna) è il modo di creare la propria pri-gione. La storia è la ricerca. Se la ricerca è sospesa o evi-tata, negata o tolta, allora rimane la storiologia del siste-ma in tutte le sue varianti algebriche e geometriche. Ilrevisionismo storico appartiene al “visionismo” storico intutte le sue varianti. In altri termini la legittimazione delpensiero nazifascista ha come sovrano che decide nellostato di emergenza un nazifascista. Se n’era accortoLenin che ogni partito ha la struttura del partito fascista.I partiti non ne traggono la conseguenza logica per met-tere in gioco la loro presunta istituzionalità teologico-politica e rifondarsi come dispositivi temporali ciascunavolta differenti per ciascuna battaglia. Il nazifascismo è laversione storica del Novecento delle genealogie di potereche hanno imboccato questa strada per contrastare l’av-vento dell’anticristo, prima della fine del mondo e delritorno del figlio di Dio. E questo anche per gli atei chedatano sempre a partire da Cristo. I vari sistemi di gestio-ne del potere applicano i tre principi dell’antivita: princi-pio di identità, principio di non contraddizione e principiodel terzo escluso. Sono gli stessi principi del razzismo.Quindi se il nazifascismo è legittimato, non solo inOlanda e in Ungheria, ma anche in Francia e in Italia, èperché nuove esclusioni sono in gioco, visibili, comenegli sbarchi a Lampedusa, o invisibili come nell’enormespaccio di psicofarmaci che non è secondo a quello delladroga. Non c’è una dottrina politica che sfugga all’ipote-si teologico politica. La querelle del secolo scorso tra ungiurista e un teologo, Carl Schmitt e Erik Peterson, haposto la questione senza risolverla, nel senso che il nazi-sta Carl Schmitt ha mostrato come la liquidazione di ogniteologia politica sia una leggenda. E l’amico di Schmitt,in divergente accordo, Jacob Taubes non ha trovato l’u-scita dalla dicotomia amico-nemico e quindi nemmenoquella dalla teologia politica, che reperisce nelle lettere diPaolo. Parrebbe quasi, secondo Taubes, che si possa vive-re privatamente la teologia e pubblicamente la politica.Quanto meno è l’auspicio e la via della lettura e dell’ope-ra di Taubes.Possiamo astrarre dalla vicenda di Carl Schmitt che lateologia politica è il fondamento di ogni razzismo avendodi fronte il nemico, quello che ha un’altra teologia politi-ca. La guerra di religione come guerra civile globale. Èancora tale la situazione nel pianeta. È questa teoria teo-logico-politica che lo porterà alla distruzione, nel sensoche ogni teologia (per limitarci alle quattro più note:ebraismo, cristianesimo, islamismo e ateismo) dovrebbe

terminare con l’eliminazione delle altre teologie. La chie-sa universale e la guerra santa perseguono la stessa stra-tegia. E così ha fatto l’ateismo di stato nell’Unione sovie-tica. Jacob Taubes s’accorge con apprensione che l’ebrai-smo è teologico politico; e l’aveva ben capito Spinozache ha cercato di distogliere la vita dalle ipoteche teolo-giche e politiche. Per altro annotiamo come non ci sia teo-logia-politica in Gesù e come questa appaia solo conPaolo. Ma c’era già nel pensiero greco: dalla caverna pri-gione di Platone al sistema (anche sillogistico) diAristotele si tratta proprio della stessa questione della teo-logia politica, della logica del fallo con i suoi “due pesi edue misure”, per chiarezza: un peso e una misura per gliamici e un peso e una misura per i nemici, e ogni algebrasuperiore o più complessa può essere ridotta a questa allalogica diadica amico-nemico. Non c’è bisogno di prova-re sulla propria pelle ivolta faccia degliamici per incomincia-re, non a prendere ipropri nemici come gliunici amici, ma persospendere la creden-za nel nemico, emi-nentemente gnostica.La gnosi non hadavanti la qualità,l’approdo alla verità ealla cifra, ma hadavanti la quantitàdivisa in buona e catti-va. La parola è inconfiscabile, non c’è sistema teologicopolitico che possa tacitarla. I sistemi sono sempre in crisi,sono “uroborici” nel senso che come il mitico serpente sidivorano circolarmente la coda. Non differente è il ser-pente del Genesi, “astuto” o “nudo” che sia. Occorre noncedere sull’essenziale, sulla libertà della parola (e non delsoggetto). Occorre più che mai la politica dell’ospite enon la teologia politica dell’amico-nemico. Politica del-l’altro tempo. La politica singolare dell’abduzione per ciascuno e non lapolitica logico-deduttiva e oggi sempre più seduttiva(liturgica e cerimoniale) degli uni contro gli altri. Il revi-sionismo, sia quello presunto buono che quello cattivo,distrae dall’accorgersi che la legittimità del “visionismo”, conformista o anticonformista è posticcia, come il revi-sionismo stesso. L’uomo non può farsi immagini e sem-mai si può dire che l’uomo è fatto dalle immagini, sullequali per altro l’ipotesi teologico politica non ha nessunapresa. La presa è delle immagini. Questa è la controvisio-ne. In ciascun momento della vita occorre instaurarenuovi dispositivi senza più giustificazione teologico-poli-tica, senza più iconolatria e iconoclastia. �

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Dal revisionismo alla controvisione:la posta in gioco delle immagini

di Giancarlo Calciolari

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Tutti conoscono l’ applicazione dell’ Ottava incampo musicale, ovvero il periodo tra un do e ildo successivo, periodo suddiviso in sette parti

vibratorie disuguali. Gurdjieff fonderà la sua scuola esoterica indicandocome principio Universale il “raggio di creazione”,raggio che si diffonde, con vibrazioni decrescenti eascendenti, in totale rispetto della formula dell’ottava.Gurdjieff applicherà in seguito questa formula allatavola periodica di Mendelev per poi giungere ad ela-borarne un’altra, quella degli idrogeni. La Tavola degli idrogeni indica la scala dei rapporti tradensità e frequenza vibratoria della materia, corrispon-dente alla concezione che tutto quello che esiste, com-presi i sentimenti, i desideri e la Conoscenza, sono fattidi materia. Materia che si distingue in sottile o grosso-lana ma che in quanto materia è soggetta agli stimolivibratori. Gurdjieff inaugurerà così un nuovo tipo diricerca esoterica, che il suo allievo Ouspensky definirà“misticismo sperimentale”, ricerca che troverà altreforti assonanze nella fisica quantistica. Ma se Gurdjieff pone come fondamenta del suo siste-ma di conoscenza la Legge dell’Ottava è perché duran-te la sua formazione ha attinto da una fonte antica e alcontempo inesauribile, fonte che porta il nome diPitagora. Per il platonico Senocrate l’affermazionepitagorica “Tutto è numero” è nata proprio da una sco-perta musicale fatta dal Maestro di Samo. Una delle tante storie tramandateci narra che Pitagorapassando davanti alla fucina di un fabbro colse nelsuono, scandito dagli intervalli e dai toni prodotti daimartelli quando colpivano il ferro, un ordine armonico.Spinto da questa intuizione iniziò a studiare la lira asette corde, interrogandosi su cosa rendesse un suonogradevole o sgradevole all’udito, arrivando alla conclu-sione che la bellezza della musica veniva regolata dadelle proporzioni fisse da una nota all’altra, costituiteda gruppi, le ottave. Va ricordato che i pitagorici hannosempre riconosciuto una relazione tra musica e mate-matica, ed infatti la formulazione delle loro prime leggimatematiche si basava sul rapporto fra l’altezza deisuoni e la lunghezza di una corda d’arpa vibrante. Se poi analizziamo la Legge dell’Ottava come rappre-sentazione del processo di compimento del Manifesto,scopriamo che in essa è celata la stessa chiave interpre-tativa del simbolismo numerico e quindi anche dellaTetraktis. Ma la Legge dell’Ottava, a differenza dellealtre “leggi” interpretative, semplifica la comprensionedel Manifesto attraverso un disvelamento originato dauna duplice ricezione: l’intuitiva e la percettiva. L’attenta percezione della musica, intesa nella suaeccezione più ampia, ovvero come armoniosa riprodu-

zione udibile del vibrante Respiro Universale, è unascienza sacra così come l’ascoltare può essere ricono-sciuto come un cammino iniziatico. A conferma di ciòbasta citare Orfeo e il suo metodo di insegnamentoimpartito musicalmente, o la cantilenante ripetizionedei mantra come strumento coscienziale della tradizio-ne induista, significando la stessa parola mantra, tra-dotta letteralmente dal sanscrito, “parola di poterevibrante”. O ancora i sermoni in forma di litanie delKirtana e le musiche sincopate che accompagnano lefrenetiche danze roteanti dei Sufi. La musica a diffe-renza dell’immagine dei simboli non è statica e diffon-dendosi nello spazio e nel tempo acquisisce la qualitàdi simbolo vivente. Per quanto riguarda la musica c’èda aggiungere un’altra caratteristica: più di tutte le altreespressioni artistiche essa ha il dono di modificare il

nostro stato d’animo, inducendoci ad essere ora malin-conici ora gioiosi, come se la nostra essenza più intimasi lasciasse guidare dalle variazioni di vocedell’Armonia. La scoperte delle ottave fatta da Pitagoranon conteneva solamente una nuova visione del mondogovernato dalla Musica intesa come Armonia Assolutama anche un nuovo modo per giungere alla conoscen-za di questa “forza eterna”: l’udito. Forse il segretodella Conoscenza non si trova nei libri esoterici e nonserve neanche intraprendere un lungo viaggio iniziati-co per acquisirla, ma basta sapersi mettere all’ascolto,ed essere capaci di sentire le vibrazioni più sottili dellaNatura in accordanza con le note appena percettibilidell’animo umano, suoni che compongono quellameravigliosa melodia che è l’esistere. �

Pitagora e la legge dell’OttavaLa scoperte delle ottave fatta da Pitagora non conteneva solamente

una nuova visione del mondo governato dalla Musica ma anche un

nuovo modo per giungere alla conoscenza di questa “forza eterna”

di G. Saul Ferrara

Cultura

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vedeva, in estrema sintesi, “tutto in tutto”, mentreDemocrito scioglieva ogni dubbio scindendo “il tutto inatomi”, e Pitagora, accanito giocatore sulle ruote greche,che “tutto è numero”. Quanto ascoltato impresse alla sua vita un nuovo corso:lo portò alla ricerca. Partendo dal punto fermo che la filosofia è senza tempo,incominciò ad andare in giro ricercando, fra la gente cheincontrava, i presocratici. Non per niente aveva ascoltato che nulla si distrugge matutto si perpetua. Incominciò così ariempire fogli con isuoi pensieri da lascia-re alle generazionifuture e qualsiasi cosagli si chiedesse rifiuta-va di rispondere: “iofaccio domande, nondò risposte”, esclama-va agitandosi. Riteneva di esseredivenuto un filosofo digrido e, infatti, gridava“lo sapevo… lo sape-vo” quando si imbatte-va in qualcuno che, percanoni estetici o comportamentali, lo portava a credereche fosse un presocratico. Allora lo tempestava di domande. Nella foga del momento faceva un po’ di confusione:“dove hai legato la macchina?...dove hai parcheggiato ilcavallo?…quanti cavalli ha la tua macchina?...Hai unavideocassetta?…c’è un copista con te?...Ti manderò unacopia con gli specchi di Archimede…”. Poi un giorno s’imbattè in un tipo strano, con indossouna tunica e una bottiglia in mano contenente cicuta, cheparlava da solo in quella piazza deserta, vantandosi difar nascere le idee negli uomini come la levatrice i bam-bini nelle donne. Il suo grido “lo sapevo, lo sapevo” si spense quandoquell’uomo incominciò a dire “non so nulla, non soniente”. Non ci vide più dagli occhi, lo assalì gridando “questonon è il tuo tempo… torna da dove sei venuto… tu nonsei un presocratico” e lo spinse lontano dal portico. Lo vide allontanarsi mentre sopraggiungeva una donnache andava ripetendo “Sono Santippe…, dove sei…torna a casa, ubriacone”.Partecipando a un altro convegno filosofico, incominciòil suo intervento col dire che lui aveva rallentato il corsodella filosofia. �

Racconto filosofico

di Mimmo Codispoti

Libertà di Pensiero

Tutto iniziò in via Zaleuco, con una conferenza sul-l’origine della filosofia. Quella sera innanzi aisette sapienti, fra tutti quei libri su cui stavano

seduti e che riportavano le loro massime e le loro sen-tenze, era rimasto in estasi contemplativa. Davanti a quei dotti, seppure in ultima fila, sentiva l’e-nergia della conoscenza fluire nel suo corpo ed uscirefuori di sé col singhiozzo che riportava le notizie dal-l’interno, rendendo pubblico il tumulto che lo caratteriz-zava, che lo lasciava impietrito innanzi alla luce chequei saggi emanavano, imbambolato come un uccellonotturno sorpreso dal giorno. Quando sentì che anche parlavano, quando udì le parolespandersi come rugiada su fogli e copertine, non avver-tì più il fuoco di quelle menti ardenti, dimenticò il caldoe ritrovò l’armonia delle cantilene antiche, le ninnananne dell’infanzia e, nonostante il cri cri di un grillo, sirasserenò, chiuse gli occhi, abbandonandosi all’ascolto.La sua sfera cosciente osservava loro movimenti e cosìaveva individuato Talete, che teneva stretta una bottigliad’acqua, Solone, che se ne stava in disparte, Pittaco cheparlava di immagini e colori, Biante, ermetico come unarmadio, Cleobulo, immobile su una sedia, spento eannoiato, nella fase pre – creativa del pensiero filosofi-co, Chilone, amante della polemica come del cibo,Periandro, che girava a cerchio intorno ai saggi per tra-mutare gli scritti in dracme. Dai dialoghi aveva appreso che, in Grecia, i miti aveva-no anticipato la scienza nella spiegazione dei fenomenifisici e che, 600 anni prima di Cristo, si incominciaronoa trovare spiegazioni razionali ai fenomeni naturali. Ciò era iniziato per opera di un tizio che, pur senzalicenza e su terreno demaniale, gestiva, accanto a unapiramide, un chiosco di acqua minerale e che da Taldivenne Talete, passato alla storia per la sua capacità dipubblicizzare l’acqua con le bollicine, di calcolare lalunghezza dei corpi misurandone l’ombra, per aver pre-detto un’eclisse. Lo seguirono Anassimandro, fissato con la natura primi-genia, parente stretta della futura agricoltura biologica, eAnassimene che, soffrendo il caldo, se ne stava senzacostume, all’aria a mostrar la sua natura. Vennero, poi, Parmenide che si mordeva la lingua e sirincuorava ripetendo, battendo le mani, “io sono inquanto non sono ciò che ero”, ed Eraclito che, trascina-to dalla corrente, rosso come il fuoco, non riusciva maia tornare sulla stessa spiaggia, su cui lasciava al ventoasciugatoio e ombrellone. Si aggiunsero, infine, Empedocle che, quando perdevale staffe, se la prendeva con tutti gli elementi a partiredalla terra, passando per il fuoco che, alimentato dall’a-ria, si spegneva con l’acqua. Anassagora, più sereno e portato a semplificarsi la vita,

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