N.3 Sulla via della pace 2006

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Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Comunità Shalom di Riva del Garda - TN - Italy 2006 n. 3 Anno I n. 3 - Luglio-Settembre 2006 - Trimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento - Taxe Percue - Contiene I.R. In caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Trento per la restituzione al mittente previo pagamento resi Editoriale Editoriale La virtù del dialogo Dossier Dossier Orizzonti di Shalom in India

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rivista di in-formazione dell'Associazione Via Pacis

Transcript of N.3 Sulla via della pace 2006

Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Comunità Shalom di Riva del Garda - TN - Italy

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EditorialeEditorialeLa virtù del dialogo

DossierDossier Orizzonti di Shalom in India

SOM

MA

RIOSULLA VIA DELLA PACE

Trimestrale di in-formazioneAnno 1 - n. 3luglio-settembre 2006

Registrazione n. 263 presso ilTribunale di Rovereto (TN) (19.01.2006)

Direttore responsabilePaolo Maino

Direttore editorialeGregorio Vivaldelli

Equipe di redazionePaola AngerettiStefania Dal PontRuggero Zanon

Progetto graficoFlavio Antolini

Responsabile informaticoAssociazione ShalômRenato Demurtas

EditoreAssociazione ShalômSolidarietà Internazionale - Onlus

Direzione e amministrazioneViale Trento, 10038066 Riva del Garda (Trento) [email protected]. e fax +39.0464.555767

Stampa:Antolini Centro Stampa - Tione (TN)

Finito di stamparenel mese di giugno 2006

In copertina: litorale del Tamil Nadu (India) colpito dallo Tsunami

Le attività di solidarietà promosse dalla Comunità Shalom sono gestite dallaAssociazione Shalom Solidarietà Internazionale - OnlusViale Trento, 10038066 Riva del Garda (TN) - ItalyTel. e fax [email protected]

Per eventuali offerte:Per eventuali offerte:

CASSA RURALE ALTO GARDAc.c. 02/142146

CIN C - ABI 08016 - CAB 35320c.c. postale

n. 14482384

3 Editoriale

Informazione4 Giustizia e Pace si baceranno

14 E sarà Pace vera

27 Prendi nota

28 Strumenti di Pace

Formazione16 Segno dei tempi

20 Quanto amo la tua Parola, Signore

21 L’Areopago

22 Sentire con la Chiesa

23 Questa è la nostra fede

24 Le sfide della vita

25 In Albania

26 Carissimo…

La Comunità Shalom è un’Associazione Privata di Fedeli Laici della Chiesa Cattolica e membro della Fraternità Cattolica delle Associazioni e Comunità Carismatiche di Alleanza di Diritto Pontificio

di Paolo Maino

La virtùdel dialogo

In questo tempo si sente spesso parlare dell’urgenza e del bisogno di dialogo: da quello interreligioso a quello multiculturale, da quello intergenerazionale a quello familiare. Dialogo inteso come strumento privilegiato di avvicinamento fra posizioni antitetiche, come ponte fra mondi distanti.

Per mezzo della cultura greca classica, il dialogo non solo è assurto a modello per eccellenza nella soluzione di dispu-te dottrinali, ma è stato eletto come via privilegiata per il raggiun-gimento della verità.

T r o p p e volte però la realtà sembra allontanarsi da questa visione idil-liaca: non basta che due persone discuta-no fra loro per dire che esse stanno dialogando. Il dialogo richiede innanzitutto il rispetto e l’accoglienza dell’inter-locutore, prima che delle sue idee; solo così è possibile vedere l’altro non come una minaccia alle nostre sicurezze, ma un dono ed una risorsa; non come un fattore destabilizzante da dover contrastare, ma uno specchio in grado di restituirci quell’immagine di noi che, senza confronto, da soli non saremmo in grado di intravedere.

In fondo, forse quello che spaventa realmente del dialogo è la capacità di fare luce e verità proprio in quegli aspetti del nostro essere che preferiremmo continuassero a restare nell’ombra.

Perché il confronto non rimanga un “dialogo fra sordi” occorre, pertanto, spostare l’attenzione dall’og-getto alla persona. È così che diventa centrale l’ascolto, primo vero passo di una cultura del confronto anziché dello scontro. Ascolto e silenzio intesi non come assenza di parole, ma come spazio che è ne-cessario creare nel proprio io per “fare posto” all’altro. Un’idea è tanto più valida quanto più riesce a far posto alle idee degli altri.

Quante volte, in un dialogo degenerato in accesa discussione, in realtà ciò che ci troviamo a difendere non sono tanto le idee che proclamiamo, ma il nostro debole io, che il confronto con l’altro ha fatto pericolo-samente vacillare?

Solo una coscienza matura della nostra identità è in grado di trasformare il confronto in

un’occasione di crescita, anziché in uno sterile arroccamento nelle

nostre paure, di frequente abilmente mascherato

dalla legittima riven-dicazione del diritto

di manifestare ciò che pensiamo.

Il vero dia-logo non aspira a persuadere l ’ a l t ro de l l e proprie “ragio-ni”, non mira a convincere

l’ interlocutore dell’erroneità del-

la sua posizione, ma desidera vivere

il confronto come un’irripetibile occasio-

ne di crescita, in cui è la relazione fra i due a dover

prevalere.Ecco che allora il dialogo, inteso nel suo vero

significato, può diventare uno straordinario strumento di pace, con noi stessi e con gli altri.

Ecco allora la grande sfida dell’era della comunica-zione, dove è così difficile comunicare: avere il coraggio di “fare un passo indietro” per poter andare veramente incontro all’altro.

India, paese dai mille volti e dalle molteplici realtà: il turista, colpito dal fascino di questa terra misteriosa, riporterà in patria nostalgici ricordi di paesaggi suggestivi

e di alberghi moderni; l’industriale, intraprendendo scambi di affari con emergenti colleghi indiani, si interrogherà sui reciproci ritorni economici. Turismo, incremento industriale costituiscono, ovviamente, notevoli risorse per il paese.

I nostri missionari e referenti, però, ci hanno fatto conoscere una realtà molto più nascosta e dolorosa: la preoccupante scarsità di acqua potabile, causa di disagi e di malattie; la vita al limite dell’impossibile dei “senza casta”, i Dalits; la situazione drammatica dei numerosi ciechi da xerof-talmia; la disastrosa ignoranza degli abitanti dei villaggi tribali; la disperazione dei sopravvissuti allo tsunami che hanno visto diminuire le già scarse opportunità di sopravvivenza.

I nostri progetti - alcuni dei quali conclusi ed altri an-cora in corso - si sono indirizzati già da vari anni verso tante povertà nell’intento di alleviare, almeno in parte, le situazioni più drammatiche di questa popolazione.

Giustizia e PaceGiustizia e PaceShalomShalom

in Indiain India

Notizie dalla nostra solidarietà nel mondo

Casette per i Dalits

Giustizia e Pace si bacerannosi baceranno

È noto che la popolazione indiana è suddivisa in varie caste - l’ultima delle quali co-stituita dai paria - ciascuna con diritti e doveri ben definiti in misura proporzionale al

grado della scala gerarchica di appartenenza. Generalmente ignorata, però, è l’esistenza di un gruppo etnico non appar-

tenente ad alcuna casta e considerato inferiore addirittura ai paria: è il popolo dei Dalits, che vive in alcuni villaggi tribali e non gode di alcun diritto. I Dalits

abitano in capanne costruite in zone abusive, che vengono sistematicamente demolite dal governo “per ripulire le aree”: essi non hanno la possibilità di acquistare nemmeno un piccolo appezzamento di terreno su cui costruire una capanna.

Accogliendo la richiesta dei missionari della diocesi di Warangal, nel-l’Andhra Pradesh, abbiamo finanziato la costruzione di trenta casette in muratura, consegnate ad altrettante famiglie.

di Paola Angeretti

Sopra e a sinistra: alcune delle casette realizzate

dall’Associazione Shalom per i Dalits

Aprire il rubinetto e veder sgorgare un generoso getto di acqua potabile: che c’è di strano per noi? È normale. Eppure per molti villaggi dell’India questo è ancora un sogno!

Nella regione di Orissa, ad esempio, la deforestazione della giungla rende la zona sempre più calda e priva di acqua. Abbiamo, quindi, partecipato al finanziamento per la costruzione di alcuni pozzi artesiani in grado di servire diciassette villaggi per un totale di 1.177 famiglie, dando loro la possibilità di bere acqua potabile, migliorare le condizioni igieniche evitando alcune malattie, irrigare i campi durante la siccità, abbe-verare gli animali domestici e rigenerare la fore-sta. In altre zone della stessa regione, la scarsità delle piogge monsoniche e la secca stagione estiva costringevano la gente a percorrere a piedi anche 4 chilometri per trovare acqua spesso non potabile: vi abbiamo finanziato scavo e costruzione di altri pozzi.

Nel distretto di Tiruvannamalai-Tamil Nadu l’agricoltura è l’unica fonte di soprav-vivenza; i terreni sono irrigabili da gennaio a marzo con l’acqua della diga Sathanur, ma questa non è sufficiente e bisogna ri-correre all’acqua dei pozzi, sottraendola agli usi domestici. Inoltre il livello della falda freatica diminuisce tutti gli anni, perché piove sempre meno. Abbiamo, quindi, sovvenzio-nato gli scavi per aumentare la profondità di dieci pozzi che garantiscono acqua ad un distretto di circa 12 chilometri di raggio.

I pozzi

Giustizia e PaceShalomShalomin India

Alcuni dei pozzi realizzati nel Tamil Nadu

Prevenzione della cecità

Una forte carenza di vitamina “A” provoca la Xerof-talmia, una grave affezione agli occhi che, in mancanza di opportuni provvedimenti preventivi, conduce alla cecità.

Il nostro intervento si è diretto particolarmente verso la zona di Chennai Madras, dove questa infermi-tà è molto diffusa: alle persone a rischio, soprattutto bambini da 0 a 14 anni e donne in gravidanza, vengono somministrate dosi preventive di vitamina “A” e ferro e fornita un’alimentazione il più possibile adeguata e sufficiente.

Per i bambini che non hanno avuto o non hanno la fortuna di guarire, sono state create scuole apposite per ciechi. Molti adulti hanno già subito danni irreversi-bili e sono ciechi; non resta che adoperarsi per rendere la loro condizione meno traumatica possibile.

Sono, quindi, stati istituiti corsi di formazione profes sionale di arti e mestieri adatti ai vi-

deolesi, nei quali si insegna loro: a costruire bobine per apparecchi elettrici; montare trasformatori;

imballare merci; produrre scatole di cartone; confezionare indu-

menti per donna o per bambini, sacchi, federe, lenzuola.

Alcuni ex studenti hanno tro-vato impiego in compagnie private,

banche, uffici governativi, negozi: risultati che fino a qualche anno fa

sarebbero sembrati impensabili.

si baceranno

Nel luglio del 2002 Vigilio Vivaldi e Fritz Meilhaus sono andati in India a visitare alcuni dei progetti realizzati dall’Associazione Shalom e hanno incontrato molti mis-sionari con i quali continua, anche adesso, un rapporto di grande amicizia e stima. Vi proponiamo l’intervista che racconta la loro esperienza e li ringraziamo per la loro toccante testimonianza.

Com’è nata l’idea di andare in India?Vigilio: Io avevo, da tempo, il desiderio di andare

a visitare qualche missione dell’India, spinto anche dall’amicizia con padre Sathya che è di casa per la mia famiglia. Un giorno Paolo Maino mi ha chiesto se ero disponibile a fare questo viaggio e io ho accettato molto volentieri. Poi io e Paolo abbiamo coinvolto anche Fritz ed è iniziata una bella avventura.

Il viaggio è durato 20 giorni, cosa avete fatto in tutto questo tempo?

Vigilio e Fritz: Il nostro è stato un insieme di viaggi nel viaggio! La nostra base d’appoggio era a Madras, da padre Bernard, un sacerdote diocesano, rettore di un santuario dedicato alla Madonna della Salute. Da lì partivamo ogni giorno per visitare i tanti progetti che l’ASSI ha realizzato in questi anni.

Ne potete enumerare qualcuno?V: Nello stato di Orissa abbiamo inaugurato, con

grande gioia, una scuola professionale, visitato l’orfa-natrofio gestito da padre Paul, la sala Rx dell’ospedale donata dalla nostra Associazione, la missione di padre Ignazius e quella di padre Tomislav; abbiamo incontrato anche padre Thomas e suor Alan-garam.

A Madras siamo stati da padre Swami, da suor Dominique e alla scuola per ciechi e sordomuti da lei gestita; abbiamo visto le baracco-poli, la casa di accoglienza per anziani abbandonati a cui l’As-sociazione Shalom ha donato un pullmino.

Nello stato del Kerala siamo stati da padre Jerosin con il quale abbiamo parlato di progetti di aiuto per l’integra-zione delle varie religioni che convivono nella sua zona.

I n u n villaggio a sud dell’India abbia-mo incontrato Mons. Remigius con il quale abbia-mo visitato la scuola primaria che abbiamo costruito; e nel paese di padre Sathya abbiamo ce lebrato la S.Messa nella chiesa che l’Associazione ha contribuito a ristrutturare. Queste le visite principali, ma ve ne sarebbero altrettante da raccontare.

Quali sentimenti avevate alla par-tenza?

V: Sono partito con tanta vo-glia di rivedere persone conosciute, ma anche di fare nuovi incontri, che

ShalomShalomin Indiain India

Intervista a Vigilio Vivaldi

e Fritz Meilhaus sul loro viaggio in India

Giustizia e Pace

potessero segnare la mia vita. Ero ansioso di vedere come fossero stati concretamente realizzati i nostri

progetti e quale impatto avessero avuto per quelle popolazioni.

V e F: Non nascondiamo che c’era an-che la paura di andare così lontano, in un

paese tanto diverso dal nostro; e, anche se entrambi abbiamo avuto qualche pro-blema di salute, siamo stati curati amo-revolmente e con tante premure; non ci hanno mai lasciati soli. Poi, cosa non secondaria, abbiamo sempre percepito la misteriosa presenza di tutta la Comunità che ci sosteneva, anche da lontano, con il ricordo, la preghiera, l’affetto.

Se vi dico “India” a cosa pen-sate?

V e F: Pensando a questo bel paese vengono subito in mente il sole

con il gran caldo, i colori molto intensi, le tante danze, le solenni cerimonie di

accoglienza e la grande ospitalità. Abbia-

mo ancora viva l’immagine di numerosi bambini, così diversi da quelli che siamo abituati a vedere in Italia. Loro sono speciali: hanno una maturità profonda, pur nella loro giovanissima età.

V: Ho nel cuore come questi piccoli pregavano… mi hanno edificato. Mi vengono in mente anche tanti volti (di uomini e di donne) con una grande dignità, pur nella loro estrema povertà. Per noi, Comunità e Associazione che li aiutiamo, hanno una riconoscenza che va oltre: è un sentimento di amicizia che non finirà mai; percepiscono che noi ci interessiamo veramente a loro e questo, sorprendendoli, contribuisce a donare loro speranza.

È gratitudine… con gli occhi lucidi… perché parte da dentro… dalla profondità del cuore!

Vigilio Vivaldi viene accolto secondo le usanze locali

Fritz Meilhaus con la moglie e il figlio insieme ad alcuni bambini di una scuola primaria

C’è qualcos’altro che vi sembra utile aggiungere per concludere la nostra piacevole chiacchiera-ta?

F: Abbiamo vissuto momenti indimenticabili che sono rimasti scolpiti nel nostro cuore e non dimentiche-remo mai i sorrisi e la serenità interiore di quella gente, nonostante tutte le difficoltà. È un popolo molto onesto, puntuale e preciso nel lavoro; è bello collaborare con persone così, perché sai che gli sforzi materiali e non, anche piccoli, vengono apprezzati e valorizzati al mas-simo anche dalla loro intelligenza e intraprendenza.

V: Un giorno abbiamo avuto un interessantissimo colloquio e scambio di idee con un buddhista. Ho an-cora impresso nel cuore la sua conclusione alla nostra conversazione: “Al di là della diversità delle religioni, i veri valori (amore, pace, solidarietà, fratellanza) sono comuni a tutti e, da sempre, inscritti nell’animo umano, basta saperli far emergere”. Sono proprio questi valori universali che abbattono le barriere tra le genti e che ci permettono di sentirci tutti più vicini pur nelle nostre diversità.

si baceranno

Alfabetizzazione, istruzione, cultura, formazione professionale contribuiscono in misura notevole a promuovere il progresso dei popoli. Eppure, in alcuni territori dell’India, tali fonti di promozione sono mal vi-ste e quindi osteggiate dai governi, che vedono in esse una pericolosa occasione di affrancazione sociale: un popolo consapevole ed istruito potrebbe anche lottare per rivendicare i propri diritti da sempre calpestati; meglio condannarlo all’ignoranza!

Aggiungendo agli ostacoli posti dai governanti e dai ricchi delle caste superiori gli svantaggi naturali di alcune zone della giungla (animali feroci, covi di terroristi, mancanza di qualsiasi mezzo di trasporto), la situazione culturale nei villaggi tribali è pesantemente compromessa, in modo particolare nello stato di Orissa, a Ranchi-Bihar nello Jharkahand, nella zona di Pudur nel TamilNadu.

Nel corso degli anni, dal 1997 ad oggi, aderendo alle proposte dei nostri referenti in loco abbiamo finan-ziato la costruzione e l’arredamento di aule, l’acquisto di materiale scolastico, gli stipendi per gli insegnanti; sono state ristrutturate ed ampliate alcune strutture insufficienti e creati Centri di Formazione Professio-nale allo scopo di favorire non solo l’istruzione primaria: ai ragazzi più dotati è stata, infatti, offerta la possibilità di proseguire gli studi e conseguire un soddisfacente livello di formazione professionale.

Nella regione di Palamau-Jharkhand ci sono pro-blemi di coesistenza tra la maggioranza indù e i cristiani. Mons. Gabriel Kujur, vescovo della diocesi di Daltonganj, nel 2004 chiese aiuto alla nostra associazione per la costruzione di scuole primarie aperte ai bambini di tutte le etnie e religioni, con la speranza che l’iniziativa potesse costituire un segno di pace fra i popoli. Inoltre i villaggi di Kundpani e Khajuri erano isolati e i bambini erano costretti a percorrere dai 3 ai 7 chilometri (solo andata) per raggiungere la scuola; molti di loro finivano per disertare gli studi, rassegnandosi al-l’ignoranza. La costruzione delle scuole in questi villaggi ha risolto il problema dell’analfabetismo ed ha creato, almeno in parte, distensione fra le varie etnie.

Scuole

ShalomShalomin India

Alcune delle scuole e dei Centri di Formazione Professionale realizzati con i contributi dell’Associazione Shalom

Giustizia e Pace

Daltonganj (India), 23 ottobre 2005

Oggetto: Il Nostro grazie sincero per la costruzione della scuola primaria di Banri Khajri.

Caro Paolo Maino e Famiglia Shalom, la nostra sincera gratitudine a te, per la tua gene-rosa collaborazione, per l’aiuto della gente della parrocchia di Banri Khajuri, mediante il fi nanziamento della costruzione della scuola primaria. Ora i bambi-ni della parrocchia sono molto entusiasti di venire a scuola. Abbiamo iniziato la scuola con 60 bambini nell’aprile 2004, in via informale. Allo stesso tempo, erano iniziati i lavori di costruzione e l’edifi cio è stato benedetto all’inizio di quest’anno. Adesso il numero totale dei bambini è salito a 250, riempiendo tutte e 5 le classi.

Il prossimo anno dobbiamo pianifi care come gestire il numero degli alunni e delle classi.

I genitori sono molto entusiasti. Come menzionato nel tuo questiona-rio, parte del salario degli insegnanti è raccolto dai genitori come loro parteci-pazione all’istruzione dei bambini. La scuola è aperta a chiunque abiti dentro il territorio parrocchiale come ricordato nel progetto. Il futuro della scuola sem-bra essere promettente. In pochi anni possiamo avere una promozione a scuola di mezzo, aggiungendo qualche aula in più.

Un’attrazione alla scuola è che noi abbiamo un gruppo di sorelle reli-giose chiamato “Sister of the Destituite” coinvolto nell’istruzione dei bambini. Io ho invitato loro a collaborare nello sviluppo della gente della zona.

Sono in quattro - due sorelle sono coinvolte nella scuola a tempo pie-no; una è infermiera, si prende cura dell’aspetto sanitario delle persone; e una è assistente sociale, anima e motiva le persone attraverso lo sviluppo generale dei poveri. Si sono unite alla parrocchia nel giugno 2005. In breve tempo la gente sembra essere diventata più viva.

Caro Paolo, mi fa piacere dire che se non fosse stato per il tuo aiuto fi nanziario nella costruzione della scuola primaria di Banri Khajuri, la gente sarebbe stata sempre la stessa come dal 1995. Con questa scuola primaria nella gente si sono visti tanti cam-biamenti positivi per quanto riguarda la vita sociale. Ringraziamo sinceramente te e la famiglia Shalom e tutti quei cuori genero-si, che hanno permesso a questo progetto di diventare una realtà. Ti assicuro che il tuo gesto di generosità ci terrà uniti e legati assieme per promuovere il buon lavoro del Signore.

Possa Dio benedire tutti voi. Que-ste poche foto parlano da sole.

Vescovo Gabriel Kujur sjVescovo di Daltonganj

Il Vescovo Kujurci scrive

si baceranno

Nel nostro primo intervento abbiamo cercato di soddisfare le necessità più impellenti: acquisto di cibo, vestiario, coperte e medicinali a favore soprattutto dei bambini, particolarmente a Chennai Madras, in 25 villaggi attorno a Mamallapuram, Nagapattinam, Na-gercoil, Velanganni, Cuddalore (Tamil Nadu), sulle coste del territorio dell’Andhra Pradesh.

Abbiamo poi finanziato la riparazione di barche da pesca danneggiate, l’acquisto di nuove barche e attrezzature varie affinché i pescatori potessero ripren-dere la via di quel mare che, come ci scrive un nostro referente “una volta era il loro Dio buono, adesso è diventato un nemico”. Eppure la loro sopravvivenza dipende dal mare.

Dalla lettera di una nostra referente nel Tamil-Nadu, pervenutaci all’indomani del maremoto: “L’India è sta-ta testimone di una terrificante tragedia: domenica, 26 dicembre 2004, alle 8.40 del mattino, lo tsunami, la terribile onda assassina, ha travolto centinaia di migliaia di vite innocenti; migliaia di persone hanno perso le loro vite e le loro cose”. Notizie così drammatiche ci sono pervenute dai vari referenti giorno per giorno, sempre con questo stile pacato e dignitoso nella descrizione di questo disastro: noi ne eravamo ancora più colpiti di quanto lo fossimo stati dai toni altisonanti dei mass-media.

Tsunami

ShalomShalomin Indiain India

Giustizia e Pace

In un secondo tempo, abbiamo sovvenzionato la ricostruzione di casette, scuole, ambulatori, e continua-to la cura e la prevenzione della cecità specialmente in favore dei bambini del Tamil Nadu.

I nostri referenti si sono adoperati non solo per i bisogni di ordine pratico: ci hanno comunicato di aver cercato di impegnarsi molto per il recupero psicolo-gico dei bambini soli, traumatizzati dalla distruzione lasciata dal maremoto; per la consulenza alle vedove, alcune delle quali hanno tentato il suicidio; per riac-cendere in donne e uomini la voglia di ricostruire e ricominciare. Siamo stati particolarmente vicini nel cuore al Vescovo di Kumbakonam, mons. Remigius, che ha visto la completa distruzione del villaggio nati-vo del Tamil Nadu e la scomparsa dei suoi parenti più prossimi.

si baceranno

Sabato 10 giugno 2006 l’Associazione Comunità Shalom ha celebrato l’annuale Festa dell’Alleanza. Fin dai suoi inizi i membri di Shalom hanno avvertito l’esigenza di suggellare l’unione con Dio e tra di loro mediante un patto concreto di Alleanza, formalmente sottoscritto da ciascuno proprio allo scopo di conferire maggiore concretezza e serietà all’impegno preso.

Alla celebrazione di questo evento centrale nella vita della Comunità Shalom, nella significativa giornata della vigilia della solennità della SS. Trinità, ha presenziato l’Arcivescovo di Trento mons. Luigi Bressan, che ha rivolto sincere parole di incoraggiamento a tutti i membri a proseguire nella chiamata a cre-scere nella vita di fede e nella testi-monianza della Pace, della Gioia e della Condivisione con i poveri.

E saràE sarà Pace veraa cura di Ruggero Zanon

Vita della Comunità Shalom

Festa dell’Alleanza

Un augurio particolare è stato rivolto, poi, ai dodici membri che, per la prima volta dalla fondazione della Comunità, hanno risposto in forma ufficiale alla chiamata di Dio

ad aderire totalmente al carisma e alla mis-sione nel mondo dell’Associazione Comunità Shalom.

La celebrazione eucaristica che è seguita è stata copresieduta dal Vescovo di Kumbakonam (India) mons. P. Remigius e dall’Archiman-drita Sergius Gajek, Visitatore Apostolico ad nutum Sanctae Sedis per la Chiesa Greco-Cattolica in Bielorussia.

Insieme ai tanti amici e parenti convenuti per l’occasione, hanno voluto condividere la gioia di questo evento anche don Luigi Panzera, parroco di Rione De Gasperi, padre Aurelio Cimadom, dehoniano, e padre Hernando Arcila, responsabile dell’educazione giovanile di La Tebaida nella città di Armenia (Colombia).

E sarà Pace veraPace vera a cura di Stefania Dal Pont

Dopo la prima presentazione, il 24 febbraio nella Sala Shalom dei Padri Verbiti di Varone, sono seguite altre uscite dell’Equipe della Musica e del Canto dell’As-sociazione Comunità Shalom: l’8 aprile a Castelletto di Brenzone (VR) e il 2 giugno a Rovigo.

A quest’ultimo appuntamento l’Equipe è stata invitata a partecipare grazie al rapporto di amicizia che si è instaurato, da vari anni, tra l’Ufficio Famiglia della Diocesi di Adria-Rovigo e il prof. Gregorio Vivaldelli.

Quattro voci (quelle di Alberto, Annalisa, Gigi e Rita), ma soprattutto quattro cuori che hanno saputo intrecciare la musica e la vita, riuscendo ad interagire con i circa 600 partecipanti.

Il prof. Vivaldelli è stato il “filo rosso” che ha colle-gato i molteplici canti presentati dall’Equipe nel corso delle due ore pomeridiane.

Ha spiegato come, per portare la Parola di Dio, non servano grandi discorsi: i messaggi di pace, gioia e solidarietà coinvolgono maggiormen-te se cantati e - perché no - anche danzati, come ha fatto magistralmente Emmanuele, 15 anni, figlio di Gigi e Rita.

Affinché questa bella esperienza divenisse un modo concreto di essere vicino a chi soffre, sono state raccolte offerte in favore di progetti di so-lidarietà che l’Associazione Shalom sostiene da anni in varie parti del mondo. Allora: cantare non è solo pregare due volte, ma… forse anche qualcosa di più!

Musica… sulla via della pace!

Da anni ormai diversi documen-ti ufficiali della Chiesa citano queste realtà non solo come antidoto con-tro analoghe espressioni religiose alternative, ma come un’autentica e valida risposta alle molte attese dell’uomo contemporaneo.

Allo sviluppo di queste aggre-gazioni hanno sicuramente contri-buito anche alcuni fattori sociolo-gici e pastorali, quali: i limiti della pastorale tradizionale, il crescente divario tra coscienza individuale e oggettività ecclesiastica, il bisogno di risposte concrete, la solidarietà di gruppo, il premunirsi contro la frammentazione sociale, la solitudine, l’apatia, l’alternativa tra una fede tradizionale ed una di scelta, la dimensione esperienziale dell’incontro con Dio.

Parlando dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità è importante avere ben chiari alcuni punti da tenere in considerazione, sia in negativo che in positivo.

Occorre innanzitutto rifuggire dalla tenta-zione di chiudere aprioristicamente gli occhi di fronte alla novità in quanto tale: il rischio sarebbe quello di incorrere nel pericolo di negare allo Spirito di

Associazioni laicali, Movimenti ecclesiali

e Nuove Comunità

agire come, dove e quando vuole, al di là delle logiche istituzionali.

In secondo luogo, è bene non trattare il “nuovo” in chiave unicamente sociologica.

In positivo è, poi, opportuno chiedersi se i movi-menti siano in grado di meglio rispondere alle sempre più incessanti domande di ricerca del sacro, di esperien-za mistica, di benessere interiore, di punti di riferimento più solidi, perché, in quest’ottica, la teologia potrebbe trasformarsi in esperienza di vita.

Altro elemento importante potrebbe essere l’apporto di un credo più forte di fronte al dissol-vimento di punti di riferimento e di senso. Ed è di non scarsa importanza il fatto che i movimenti ecclesiali e le nuove comunità nascano in seno alla più schietta laicità, a differenza dei secoli precedenti, nei quali sor-gevano solo tra chierici o religiosi.

La nascita di nuove aggregazioni nella Chiesa cattolica va vista, quindi, come realtà complessa e vasta, non rispondente soltanto all’espressione di una vitalità della Chiesa e nemmeno al disagio che pervade la realtà ecclesiale; una realtà che fonda le proprie radici sia in alcune caratteristiche peculiari della cultura post-moderna, come la rivalutazione dell’individuo e della soggettività, l’accento posto sull’esperienza personale,

il pluralismo diffuso, la presa di distanza dalla comunità tradizio-nale; sia in elementi che hanno trovato esplicito riconoscimento nel Concilio Vaticano II, quali la partecipazione diretta, l’esigenza di aggregazione in una visione pluralistica dei modi di associarsi. Realtà che va ovviamente letta anche in un’ottica più prettamen-te pneumatologica, ossia come espressione di quell’alito dello Spi-rito che soffia dove vuole.

Evidenti risultano, quindi, le molteplici difficoltà di carattere

teologico, morale, ecclesiale, organizzativo che si pos-sono incontrare sul cammino dei movimenti, e ciò per la semplice ragione che tracciare una strada nuova è assai più arduo che seguirne una già percorsa; inventare creativamente la propria vita è più duro che adattarsi passivamente ad una già organizzata; inter-rogarsi ogni giorno sulle sfide della vita è più faticoso e stressante che lasciarsi trascinare dalla corrente.

Il Concilio Vaticano II invita tutti i cristiani a pro-muovere “la mutua stima, rispetto e concordia, ricono-scendo ogni legittima diversità, per stabilire un dialogo sempre più profondo tra tutti coloro che formano l’unico

di Paolo Maino SegnoSegno dei tempiformazione

I Fondatori Paolo ed Eliana Maino, assieme ad altri sei membri, hanno rappresentato la Comunità Shalom al grande incontro col Papa dei Movimenti Ecclesiali e delle Nuove Comunità, svoltosi a Roma il 3 e 4 giu-gno 2006. Una folla di 400.000 persone, provenienti da tutti i continenti e rappresentanti tutte le realtà ecclesiali, sorte dopo il Concilio come risposta provvidenziale al bi-sogno di evangelizzazione del mondo di oggi, ha invaso piazza S. Pietro e le vie adiacenti con bandiere colorate, canti ed entusiasmo. Per la Comunità Shalom, nata proprio il 3 giugno 1979 dall’incontro fra Paolo ed Eliana con don Domenico Pincelli, un’occasione straor-dinaria per sentirsi veramente nella struttura viva della Chiesa, chiamata con uno specifico carisma, assieme a molti altri, a testimoniare nel mondo la verità e l’amore che Cristo ci ha rivelato.

popolo di Dio, cioè tra i pastori e gli altri fedeli cristiani. Sono più forti, infatti, le cose che uniscono i fedeli che non quelle che li dividono; ci sia unità nelle cose necessarie, libertà nelle cose dubbie, e in tutto carità” (cfr. Gaudium et Spes, n. 92).

Curioso appare poi che spesso anche coloro che sono lontani dalla Chiesa si sentano attratti da questi movimenti ecclesiali e nuove comunità, nei quali la Chiesa si presenta loro con un’esperienza spirituale e un’umanità nuove. Mentre, all’opposto, è del pari singolare che proprio coloro che sono impegnati atti-vamente ed in modo più deciso nei vari ambiti ecclesiali trovino notevoli difficoltà e pongano continue riserve nei confronti di queste nuove realtà. Difficoltà di saper leggere i “segni dei tempi”?

È pur vero che certi comportamenti esteriori, particolarmente esuberanti, possono allontanare o intimorire o, comunque, rendere perplessi i fedeli e/o il clero “abituale”. Il canto o la preghiera spontanea, libera da schemi tradizionali; le richieste di esperienze religiose che si richiamano allo straordinario, come le liturgie di guarigione o, ancora, la confessione pubbli-ca per la conversione e la confessione della signoria di Gesù sulla propria vita, tipica delle liturgie e dei metodi pentecostali; queste ed altre forme similari possono indubbiamente generare sospetti ed erigere barriere di separazione in chi conosca solo modi di preghiera tradizionali.

Un altro indicatore che met-te in guardia contro il proliferare di movimenti ecclesiali e nuove co-munità è riscontrabile in una linea di interpretazione decisamente convinta che i movimenti siano contemporaneamente sintomo e causa, sia pure involontaria, di una disgregazione delle comunità tradizionali, ed espressione della distanza tra Chiesa e coscienza post-moderna, e quindi, in ultima istanza, tra fede tra-dizionale e fede soggettiva. In quest’ottica, i movimenti vengono visti come fautori di una tendenza che porta ad una deistituzionalizzazione della fede più che ad una sua personalizzazione, come invece essi si propongono. Oggi, peraltro, queste legittime riserve prudenziali pos-sono mitigare la loro diffidenza, perché la fase di tipo “de-istituzionalizzante e dirompente” nei confronti della religiosità tradizionale, avvenuta nella prima metà degli anni Settanta, appare decisamente superata.

Attualmente emerge una risposta di fede più varia, più duttile nei nuovi gruppi. La fede viene ricon-

dotta al suo nucleo essenziale, in modo da porre in particolare evidenza la dimensione “salvifica”; mentre la dimensione dottrinale è posta su un piano se-condario, potremmo quasi dire marginale. Ma il nucleo è orientato alla vita tanto da essere in grado di suscitare una forte esperienza spirituale e di segnare l’esistenza:

nei movimenti ecclesiali e nelle nuove comunità appare, infatti, più facile comunicare la propria si-tuazione personale di vita e di fede attraverso il dialogo comune sulla fede e sul suo rapporto con la vita, attraverso il commento spontaneo della Parola e della preghiera, me-ditando e pregando in comune o mediante liturgie strutturate personalmente con spazi di per-dono reciproco e di riconciliazione. Nasce e si crea un clima e un ambiente per forti esperienze di fede, da cui vengono allon-

tanati l’attivismo religioso e l’anonimato.Proprio la scelta libera e consapevole per la fede,

l’esperienza della sua forza e il sostegno reciproco fanno sì che le persone che partecipano di queste nuove realtà ecclesiali diventino progressivamente capaci, o quanto-meno tentino, di conformare il loro modo di vivere allo spirito del Vangelo e di incarnare una concreta presenza cristiana nelle circostanze più svariate della vita, senza per questo rinunciare a tutta la pluriformità tipica del mondo religioso cattolico.

La realtà dei movimenti ecclesiali non può più essere considerata come un aspetto marginale e

I fondatori Paolo ed Eliana Maino, con i membri dell’Associa-zione Comunità Shalom che hanno partecipato alla veglia di Pentecoste: Maria Luisa Toller, Tiziano Civettini, Rita Alberti, Vigilio Vivaldi, Ivana e Giulio Schönsberg

Segno dei tempidei tempi

trascurabile della spiritualità cristiana; essa rappre-senta un’esigenza vitale che interpella la pastorale e la teologia, suscitando un dialogo costruttivo in seno alla Chiesa, messa in provvidenziale discussione dalla complessa realtà del mondo contemporaneo e da se stessa all’interno del continuo mutamento so-cio-culturale.

In una prospettiva sociologica, ci si può chiedere se la fioritura impressionante di nuove aggregazioni ecclesiali sia solo una manifestazione della persistenza della ricerca del sacro nella società del post-moderno o anche, in un’ottica più teologica, se costituisca una ricchezza per la fede e per la formazione cristiana. In altri termini, non è forse il caso di pensare se tali movimenti siano la traduzione spicciola, in chiave post-moderna, di una esigenza autenticamente cristiana che un tempo veniva soddisfatta dai grandi fondatori di istituti religiosi, considerando anche la scarsa propensione dei post-moderni ad impegnarsi a lungo termine, come invece esigevano gli antichi ordini religiosi?

A questo riguardo, giova citare quanto scritto nella “Christifideles laici”, laddove si parla della nuova stagione aggregativa dei fedeli laici: “…Infatti, accanto all’associa-zionismo tradizionale, e talvolta alle sue stesse radici, sono germogliati movimenti e sodalizi nuovi… Queste aggrega-zioni di laici si presentano spesso assai diverse le une dalle altre in vari aspetti… Trovano però le linee di un’ampia e profonda convergenza nella finalità che le anima: quella di partecipare responsabilmente alla missione della Chiesa di portare il vangelo di Cristo come fonte di speranza per l’uomo e di rinnovamento per la società... Ciò

è particolarmente vero nel contesto della società pluralistica e frantumata...” (Christifideles Laici, n. 29).

Nonostante le differenze, la pluralità di forme di vita e le matrici diverse che distinguono queste nuove aggregazioni laicali - alcune caratterizzate dalla ricerca di identità, con una spiritualità propria che ne legittimi la pretesa di autonomia, altre funzionali al servizio della chiesa locale e del suo rinnovamento, altre ancora aperte ad orizzonti più ampi in funzione della chiesa universale - sembra possibile poter affermare che, attraverso il mon-do dei movimenti, la divisione tra l’universo della chiesa tradizionale e quello del post-moderno sia forse meno profonda di quanto sembri. E la tensione che talora si nota fra l’autorità della tradizione e la libertà dell’uomo contemporaneo non è da ritenere insanabile.

L’altro punto di contrapposizione tra fede tradi-zionale e fede soggettiva segnala esigenze di cui la pastorale tradizionale dovrà farsi carico tenendo presente alcune caratteristiche ormai in auge nella post-modernità, come ad esempio: il desiderio di par-tecipazione attiva, lo sforzo di superare la barriera tra laicato e clero, l’incontro con Dio attraverso un’espe-rienza personale senza disdegnare o, peggio ancora, vergognarsi di esteriorizzare pubblicamente le proprie emozioni. Elementi tutti questi che rifuggono quasi istintivamente dalla tendenza, piuttosto intellettualisti-ca, di una certa prassi pastorale. Tuttavia non si può in nessun modo trascurare il fatto che sono precisamente l’accentuazione dell’importanza dell’incontro con Gesù e la propria testimonianza dell’esperienza religiosa a contraddistinguere la spiritualità dei movimenti.

formazione Segno

Il Pontificio Consiglio per i Laici nel volume “I movimenti nella Chiesa” raccoglie i preziosi contributi del Con-gresso mondiale dei movi-menti ecclesiali tenutosi a Roma dal 27 al 29 mag-gio 1998, in occasione del primo Incontro con i Movimenti Ecclesiali e le Nuove Comunità fortemente voluto da Giovanni Paolo II e tenutosi a Roma in Piazza San Pietro il 30 maggio 1998. Ed è singolare che l’intervento introduttivo, e sicu-ramente più significativo, del Congresso sia opera del suo successore, l’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Joseph Ratzinger. Trattando della collocazione teologica dei movimenti, Ratzinger ne sottolinea il loro stretto legame con la missione universale della Chiesa, evidenziando come ciò che lega ed unisce fortemente movimenti e nuove comunità è la consapevolezza, sempre più profonda, che la loro unica vocazione comune è rappresentata dall’annuncio del Vangelo a tutte le genti.

Nella vita dei movimenti comunione e missione sono unite a tal punto da identificarsi, da essere una cosa sola, come l’essere di Gesù si identifica pienamente con la sua missione ed è una cosa sola con la sua mis-sione trinitaria per la quale egli è mandato dal Padre.

Abbiamo letto per voi...

Ciò che emerge è, dunque, la sempre più stretta interconnessione fra le due dimensioni della Chie-sa, quella carismatica e quella istituzionale, viste non come realtà in contrapposizione fra di loro, ma come elementi entrambi coessenziali. Ecco allora che alla luce di tale visione dette nuove realtà ecclesiali non assurgono soltanto a meri movimenti “nella” Chiesa, ma “della” Chiesa stessa, “in quanto realtà dinamiche nate dal dinamismo proprio della Chiesa, in un movimento che ha origine nel movimento stesso che è la Chiesa”.

I movimenti sono letti, dunque, come eventi parti-colari provenienti dalla Spirito Santo che anima la Chiesa e che non si stanca di rinnovarla in continuazione. Essi sono definiti come “uno dei frutti più significativi di quella primavera della Chiesa già preannun-ciata dal Concilio Vaticano II…” e “la loro presenza è incoraggiante perché mostra che questa primavera avanza, manifestando la freschezza dell’esperienza cristiana fondata sull’incontro personale con Cristo…” (dal Messaggio di Giovanni Paolo II).

Per Giovanni Paolo II la Chiesa stessa può dirsi, in un certo senso, “movimento”, in quanto “avvenimento nel tempo e nello spazio della missione del Figlio per opera del Padre nella potenza dello Spirito Santo”.

Il libro offre, quindi, una panoramica esaustiva circa la natura dei movimenti ecclesiali, partendo dalla loro collocazione teologica, per giungere alla trattazione della loro missione all’interno della Chiesa, servendosi anche dell’aiuto di alcuni dei leader mondiali, che at-traverso la loro testimonianza hanno avuto modo di trattare degli specifici carismi con i quali lo Spirito si è ma-nifestato nella realtà ecclesiale da loro rappresentata.

Pur riconoscendo i rischi di fondamentalismo e di misconoscimento della necessità di mediazione, molti movimenti rivendicano un rapporto con i testi sacri più vitale e maggiormente provocante per la vita del fedele attraverso una lettura della Bibbia che mira alla conversione del cuore. A ben guardare, con la nascita di culture e sottoculture, di simboli e stili di vita nuovi, ci troviamo ad un punto di svolta, confuso ma affasci-nante al tempo stesso, caratterizzato da un desiderio di libertà e di autonomia anche nell’ambito della fede, della religione.

I movimenti ecclesiali portano, quindi, a vivere più intensamente ciò che gli uomini post-moderni de-siderano e non sempre riescono a trovare nella chiesa tradizionale, vale a dire: una spiritualità in armonia con la

vita, una liturgia con meno riti, ma con maggiore senso della bellezza, dell’estetica, della corporeità in grado di chiamare in causa tutti i sensi umani per diventare luo-go dell’esperienza di Dio con approcci e forme diverse alla fede.

I movimenti e le nuove comunità sono, quindi, chiamati ad essere segni della trascendenza di chi è Dio, e di ciò che Dio vuole con la storia, cfr. H. Schaluch, “Le sfide della postmodernità”, Testimoni 22 (1999), 26. Si apre una sfida, un cammino nuovo, dove i fenomeni della post-modernità costituiscono non un pericolo, ma un’opportunità, a condizione che vi sia un’apertura allo Spirito dinamico di Dio, che mantiene in vita la Chiesa e il mondo, tutta la creazione e il cosmo e continuamente li rinnova e li trasforma verso tempi nuovi.

dei tempi

Se si vuole veramente conoscere la Bibbia la prima cosa da fare, per quanto banale possa sembrare il ricor-darlo, è leggere la Bibbia. È la prima ed indispensabile forma di ascolto della Bibbia. Non possiamo ingannarci, o peggio, mentire a noi stessi. Quanto tempo dedichia-mo alla lettura personale della Bibbia? Assodato che non si tratta di diventare degli specialisti, nondimeno una verifica circa la nostra frequentazione quotidiana o settimanale della Scrittura diventa indispensabile.

Trovare il tempo per leggere materialmente la Scrittura è la prima forma di testimonianza che innanzitutto diamo a… noi stessi. Se, infatti, ci la-sciamo prendere dal pensiero che gli impegni della vita sono già tanti (il coniuge, i figli, la casa, il lavoro, oppure i numerosi servizi che la parrocchia richiede, nel caso del prete) e che meritano sempre e comunque la priorità rispetto alla lettura della Sacra Scrittura, indirettamente diciamo a noi stessi che la Parola di Dio non è così im-portate da rappresentare l’alimento indispensabile per poter fare bene e in pienezza qualunque altra cosa.

La lettura di cui parliamo non è ovviamente as-similabile a quella distratta che spesso applichiamo ai giornali o ai rotocalchi di attualità. La lettura della Scrit-tura rappresenta un vero e proprio coinvolgimento di tutte le energie del lettore. La Scrittura, infatti, oltre ad essere un “libro storico” è anche un “libro at-tuale”, che cioè richiede, da parte di chi la legge, un continuo sforzo di attualizzazione e di applica-zione alla propria realtà esistenziale. È un esercizio che richiede costanza, ma l’unico che ci permetterà di modellare la nostra vita sulla Parola di Dio.

Forse, in questo tempo in cui impera il mito della forma fisica, del fitness e quant’altro, noi cristiani sia-mo chiamati ad avere il coraggio di proporre la Bibbia come la vera palestra alternativa nella quale è possibile “mettere a posto” l’uomo nella sua pienezza. Come scriveva Sant’Ambrogio, vescovo di Milano del IV sec. d.C.: «Teniamoci in esercizio mediante la lettura quoti-diana della parola di Dio, per essere in grado d’imitare ciò che leggiamo. Alleniamoci in questa palestra delle virtù, di modo che quando sopraggiungeranno le prove,

«Conoscere il cuore di Dio»…leggendo la sua Parola

di Gregorio Vivaldelli

il tempo della tentazione non ci colga fuori esercizio, denutriti di cibo spirituale e indeboliti dal digiuno della Parola di Dio».

È soltanto un dovere, un esercizio, leggere la Bibbia? Assolutamente no. Il nostro affetto per la Parola di Dio scaturisce dalla convinzione che essa è innanzitutto «una lettera di Dio onnipotente alla sua creatura» (San Gregorio Magno). In questa lettera di amore, che il Padre ha scritto per ciascuno di noi e ad ogni nostra comunità, troveremo ciò che Dio pensa di sé stesso e dell’uomo. Scopriremo che ciò di cui parla la Scrittura si riferisce a noi, alla situazione di vita che stiamo vivendo proprio in quel momento in cui leggiamo la Bibbia.

La Bibbia, più che essere un libro, è una biblioteca che, secondo il canone cristiano-cattolico, contiene ben 73 libri, composti nell’arco di un millennio. In essa c’è una molteplicità di voci e di esperienze che, in un primo momento, sembra segnata da un’irrimediabile frammentarietà. Per questo, tante volte, risulta ogget-tivamente difficile riuscire a comprendere il contenuto, il messaggio del testo biblico, il quale è veicolato attraver-so parole, fatti e personaggi lontani nel tempo rispetto a noi, e quindi anche distanti dalla nostra cultura e mentalità. Tutto ciò non ci deve spaventare per almeno due motivi. In primo luogo, perché la Scrittura è oggetto di una lettura che per propria natura non è mai finita. La Bibbia, infatti, è capace di rivelare significati sempre più profondi ed illuminanti ogni volta che ci accostiamo ad essa. Questo ci mette al riparo da ogni presunzione di seppellire la potenza della Parola di Dio nel sepolcro dei nostri schemi mentali e dei nostri pregiudizi culturali. La Scrittura possiede sempre nuove possibilità di comunicare al cuore dell’uomo l’amore di Dio per le sue creature. In secondo luogo, la compren-sione della Parola di Dio e dei suoi significati, per dirla con san Gregorio Magno, cresce con chi legge e con la sua capacità di accogliere il messaggio delle Scritture. Questo ci permette di confidare nella… pazienza della Parola di Dio, nella sua capacità di aspettarci, di atten-derci. A noi spetta il fermarci e leggerla.

formazione

Quanto amo Quanto amo la tua Parola, la tua Parola,

SignoreSignore

Quanto amo la tua Parola,

Signore

di Walter Versini

Stiamo riflettendo sull’incontro dell’annuncio cristia-no con la cultura greca, iniziato con il discorso di San Paolo all’Areopago di Atene, per trarne qualche utile insegnamento per la situazione attuale.

Il messaggio cristiano, il cui cuore è Gesù crocifisso e risorto, è inaudito e paradossale per qualsiasi cultura, come aveva ben chiaro San Paolo: “Scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (1 Cor 1,23). Ciascuno, quando sentito l’annuncio ne avverte la conferma dalla testimonianza interiore dello Spirito Santo, per aderirvi è chiamato ad un esodo personale. Può essere facilitato se è convinto che ci sono cose tanto preziose, che per esse vale la pena impegnarsi e pagare un prezzo.

Gli antichi Greci pensavano così della verità. An-zitutto erano disponibili alla verità, fiduciosi che essa può essere conosciuta: infatti la parola greca aletheia (verità) significa letteralmente “colei che non è nascosta”. Pensavano che essa ha valore in sé, indipendentemente dall’utilità pratica, ma insieme, che essa è la luce che può illuminare l’esistenza, il modo di vivere bene. Secondo J. Ratzinger - che da cardinale ha scritto pagine fonda-mentali su questi temi - l’amore per la verità costituì per i Greci una premessa importante per l’incontro con il Dio della Bibbia, quello i cui fedeli sostenevano appunto che fosse l’unico vero. Nell’antichità ciascun popolo venerava i suoi dèi, accettando tranquillamente che

altri popoli avessero altri dèi; solo Israele riteneva che

il Signore fosse l’unico vero Dio, e gli altri

non fossero veri. La ricerca greca della verità, e la riven-dicazione ebraica dell’unico vero Dio, dovevano alla fine incon-trarsi.

In nome della verità i gre-ci avevano da secoli intrapreso una critica ser-rata della loro stessa religione politeista, di cui avvertivano tut-ta l’inadegua-

Amare la veritàtezza, e questa critica in molti casi non aveva portato ad un cinico disprezzo per la religione, ma all’anelito per una religione vera e pura. Alcuni, che nella Bibbia sono chiamati “i timorati di Dio”, avevano iniziato ad accostarsi alla fede di Israele, pur nella difficoltà costi-tuita dalla forte caratterizzazione etnica dell’ebraismo. Il Cristianesimo, con la sua apertura universale, spalancò il pieno accesso al vero Dio a quanti ne erano in ricerca.

La situazione odierna è completamente diversa. Nella cultura attuale, la verità non è più consi-derata un valore, e interessano di più l’utilità o l’opinione della maggioranza. In campo religioso, parlare di verità è considerato scandaloso e pericoloso, una forma di fondamentalismo e di intolleranza. Si ritie-ne che la convinzione di aver conosciuto il vero Dio sia presunzione e prepotenza, che fa stare fermi e tranquilli nelle proprie certezze, e chiude al dialogo con gli altri. La storia però mostra che la realtà è diversa.

Il popolo d’Israele scoprì ben presto che il vero Dio non lo lasciava tranquillo, ma tramite i profeti continua-mente lo richiamava a convertirsi. Nello stesso modo, la ricerca della verità portò i Greci a mettere profonda-mente in discussione la propria cultura.

L’autentico amore per la verità è dunque una potente spinta alla purificazione e all’auto-superamento.

Oggi la ricerca della verità non sembra un fattore culturale importante che spinga le persone ad accostarsi al Cristianesimo, e l’incontro con esso avviene probabil-mente per altre motivazioni.

È però importante che nel percorso di formazio-ne cristiana il fondamentale valore della verità venga recuperato. Se quella cristiana resta solo una bella espe-rienza, e non raggiunge il livello di verità, essa avrà una capacità limitata di incidere sulla vita e di trasformare la storia; c’è da chiedersi se questo non sia uno dei motivi per cui i cristiani, a fronte di una forte azione sociale, hanno una rilevanza culturale e civile modesta.

A livello esistenziale, l’amore per la verità ci aiuta ad affrontare falsità e illusioni che ostacolano il nostro cammino umano e spirituale. Più radical-mente, non recuperare a fondo il valore della verità non può che compromettere la profondità del nostro rapporto con Gesù, che ha proclamato di essere Via, Verità e Vita. Gesù ha detto “Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi”; se voglio essere suo discepolo, ma resto convinto, come il mondo sostiene, che la verità non si può conoscere, e che comunque limita la mia libertà, forse c’è qualcosa che non funziona.

formazione

L’AreopagoL’Areopago

La seconda parte dell’enciclica Deus caritas est di papa Benedetto XVI tratta dell’esercizio concreto del-l’amore al prossimo e rappresenta una preziosa guida per chi si occu-pa di solidarietà. Il punto di origine di tutto è la Trinità, secondo il detto di S. Agostino: ”Se vedi la carità, vedi la Trinità”. È infatti il Padre che ha amato il mondo ed ha man-dato il suo Figlio; Egli ha dato la sua vita sulla croce. Lo Spirito, effuso dopo la risurrezione di Gesù, è quella forza che unisce i credenti al cuore di Cristo e li muove ad amare i fratelli come Lui li ha amati. Così la Chiesa, originata dal cuore di Cristo, è espressione di un amore che cerca il bene integrale dell’uomo, la sua promozione in ogni ambito della vita. Per questo il servizio della carità, il praticare l’amore verso l’uomo sofferente e biso-gnoso, appartiene all’essenza della Chiesa, quanto il servizio dei Sacramenti e l’annuncio del Vangelo.

Il Santo Padre ricorda l’inizio dell’ufficio diaconale negli Atti degli Apostoli (At 6,5-6): vengono scelti sette uomini per il servizio delle mense “pieni di Spirito e di saggezza”. Ciò significa che il loro servizio era sia mate-riale, ma anche di tipo spirituale. La carità inoltre travalica le frontiere della Chiesa e si volge verso il bisognoso, chiunque egli sia, come si nota nell’episodio evangelico del buon samaritano.

Il servizio della carità, l’amore al prossimo, sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Affer-ma il Papa: ”non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore”. Ci saranno sempre sofferenze che necessitano di conso-lazione e di aiuto: solitudine, necessità materiali... Ogni uomo, per sua natura, ha bisogno di amorevole dedizio-ne personale; per questo l’amore non offre agli uomini solamente un aiuto materiale, ma anche “ristoro e cura dell’anima”, spesso più necessari del sostegno materiale. L’uomo infatti non vive di solo pane (Mt 4,4).

Nel mondo odierno, i mezzi di comunicazione di massa ci mettono a conoscenza in modo immediato delle necessità degli uomini: ciò costituisce un appello a condividerne le difficoltà. Il Concilio Vaticano II rileva giustamente che il “crescente senso di solidarietà di tutti i popoli” è uno dei segni positivi del nostro tempo. Anche nella Chiesa cattolica e nelle Comunità ecclesiali

sono sorte nuove forme di attività caritativa, dove spesso evangelizzazione e opere di carità si trovano felicemente unite. Il vero umanesimo riconosce nell’uomo l’imma-gine di Dio e vuole aiutarlo a realizzare la propria vita conformemente a questa dignità.

Ma quali sono gli elementi costitutivi della carità cristiana ed ecclesiale? Occorre competenza professio-nale, unita all’attenzione del cuore. La carità cristiana è indipendente da partiti e ideologie. Non deve essere confusa con il proselitismo; l’amore gratuito e puro è la miglior testimonianza del Dio nel quale cre-diamo e dal quale siamo spinti ad amare (“L’amore del Cristo ci spinge”, 2Cor 5,14).

Chi svolge il lavoro della carità si fa guidare dalla fede; deve essere mosso dall’amore di Cristo, perché conquistato da Lui; non vive più per se stesso ma per Cristo e con Lui per gli altri. L’inno alla carità di S. Paolo (1Cor 13) ci mostra che la carità è sempre più che semplice attività (“Se anche distribuissi tutte le mie sostanze...”): l’azione pratica resta insufficiente se in essa non si percepisce l’amore per l’uomo, un amore che si nutre dell’incontro con Cristo. La partecipazione personale al bisogno e alla sofferenza dell’altro è il dono di noi stessi: per non umiliare chi riceve dobbiamo dare non solo qualcosa di nostro, ma anche noi stessi nel dono. L’operatore di carità è umile, cioè non si sente superiore di fronte all’altro. Riconosce che questo compito è grazia, perché il Signore gliene fa dono. Non si scoraggia di fronte alla smisuratezza del bisogno, perché non presume di realizzare da solo il miglioramento del mondo, che è nelle mani di Dio; attinge sempre nuova forza da Cristo nella preghiera. La fede ci sostiene nel credere che l’amore è possibile e che siamo in grado di praticarlo, perché creati ad immagine di Dio.

Praticare l’amore

Sentirecon la Chiesa

SentireSentirecon la Chiesacon la Chiesa

formazione

di Alessandra Zanin

Cammino di Dio e cammino dell’uomo

Questa èla nostra fede

di Tiziano Civettini

Leggendo i capitoli 2 e 3 (siamo ancora nella prima parte del Compendio) si ha come l’impressione che si parli di due persone che si muovono l’uno verso l’altro: Dio in cerca dell’uomo e l’umanità in cerca di Dio.

Non è un cammino simmetrico; Dio e Uomo non fanno ciascuno la metà del viaggio. In un certo qual modo Dio ha sempre già coperto l’intero tragitto, ha già raggiunto ciascun uomo e donna di ogni luogo e di ogni tempo. È lo Spirito Santo, con la Sua forza dolce, che li orienta, li spinge, li motiva e li illumina a fare la loro parte.

A ciascuno di noi è richie-sta una risposta libera, un “muo-versi verso di Lui”. Lo esprime molto bene il poeta Eugenio Montale nella prima parte di una sua lirica dal titolo: “Come Zaccheo”. Alludendo all’epi-sodio evangelico descritto dal Vangelo di Luca al capitolo 19, così scrive: “Si tratta di arrampicarsi sul sicomoro, per vedere il Signore, se mai passi…”.

Arrampicarsi è simbolo di una libera decisione, anche quando è mossa da un

desiderio già presente nel cuore dell’uomo, ma che dischiude alla vista e all’udito una rivelazione inattesa di Dio e su Dio.

“Che cosa Dio rivela all’uomo?”Questa è la domanda del Compendio, una do-

manda che ha bisogno di essere articolata nei suoi vari momenti.

Dio si rivela inizialmente nella storia di un popo-lo, Israele, reso capace di leggere nella trama dei fatti e dei misfatti della sua vita la presenza e la mano del suo Dio e creatore. Si tratta di una preparazione, come il fidanzamento, il matrimonio, l’unione dei corpi, il concepimento e la gravidanza sono una preparazione all’evento della nascita di un figlio.

Da Israele viene Gesù Cristo, “la Parola definitiva di Dio”, come suggerisce San Giovanni della Croce.

Nessuno può requisire per sé il Figlio; è il frutto di un popolo e di una Comunità, oltre che di Dio. E nessuno può requisire per sé la Testimonianza su di lui, le Scritture (Primo e Nuovo Testamento insieme) privandole del loro contesto vitale che è la Tradizione viva della Chiesa.

Tuttavia la Bibbia ha sempre un ruolo singolare nella vicenda personale di chiunque voglia cominciare ad arrampicarsi sul suo sicomoro: è come una porta d’ingresso o una lente d’ingrandimento, che permette di interpretare le vicende quotidiane della propria vita come storia della salvezza, luogo dove si rivela la pre-senza amorosa del Padre, il passaggio salvifico di Gesù e la brezza leggera dello Spirito Santo.

È dunque chiara la domanda e la risposta al n. 27: “Che cosa significa per l’uomo credere in Dio?”

Significa aderire a Dio stesso, affidandosi a Lui e dando l’assenso a tutte le verità da Lui rivelate, perché Dio è la Verità.

Sentirecon la Chiesa

Questa èQuesta èla nostra fedela nostra fede

formazione

“Mi serve la pillola del giorno dopo”. L. si è seduta davanti alla scrivania con piglio determinato. Si ravviva i capelli nervosamente, la voce è incrinata.

“Che ti succede?”. “Ho litigato con mio marito e l’ho fatto con un altro”.

“…”Gli occhi si riempiono di lacrime. “Sono stata

un’idiota, non serve che me lo dica”. “Cosa credevi di fare?”. “Voglio essere felice”.

La “pillola del giorno dopo” è un farmaco, sul mercato da tre anni, che, assunto entro 72 ore dal rap-porto considerato “a rischio” di concepimento, favorisce l’espulsione dell’eventuale embrione. È quindi, a tutti gli effetti, un abortivo, anche se viene talvolta definito “contraccezione d’emergenza”. Il linguaggio è spesso un interessante veicolo del significato sommerso di una situazione. Di quale “emergenza” si parla? “Emergenza” deriva dal latino “emergere”, che significa “venir fuori, ap-parire”, ma anche “venire alla luce, rivelarsi”. La situazione vissuta da L. fa emergere drammaticamente la po-vertà di cultura, l’imma-turità affettiva, il vuoto di senso e di valori di una vita apparentemente “normale”, ma vissuta sul filo instabile della ricerca di una mitica “felicità” senza spes-

sore e senza con-

Nuova vita o guaio imprevisto?

Le sfideLe sfidedella vitadella vita

formazione

di Maria Luisa Toller

tenuti. Proprio il comportamento impulsivo e il rischio corso potrebbero far “venire alla luce” nella vita di questa giovane donna la possibilità di chiedersi davvero cosa sta cercando e permetterle, proprio attraverso la sofferenza che sperimenta, una nuova consapevolezza del valore della vita, degli affetti, della sessualità. Ma, purtroppo, c’è un mercato sempre attento a spegnere in fretta, senza dolore e senza complicazioni, gli stimoli in grado di far pensare e, forse, cambiare.

La “pillola del giorno dopo” è diventata, nell’im-maginario, una sorta di “macchina del tempo” che permette di annullare il fatto compiuto, di “resettare” il gioco e ricominciare un’altra partita. Senza le complica-zioni, i ripensamenti, i sensi di colpa che l’aborto volon-tario - con le regole imposte dalla legge e la necessità di un intervento medico - comporta.

Chi chiede la “pillola del giorno dopo”? Adolescen-ti disorientate, accompagnate dall’amica già “esperta”, mai dal partner. Donne sorprese dalla rottura del pre-servativo, che si stupiscono delle mie obiezioni. Una volta, perfino una madre, perché “a mia figlia ieri sera è successo un guaio…”. La richiesta può accompagnarsi a dichiarazioni di responsabilità procreativa: “In questo momento, assolutamente, non posso proprio rischiare di avere un figlio. Abbiamo tanti problemi…”. Con gran-de facilità si assume un farmaco, e la vita riparte.

Spiego a L. perché non posso e non voglio ac-consentire alla sua richiesta; le ricordo che mi aveva condiviso, qualche mese fa, il timore di non poter avere figli. La lascio piangere tenendole la mano. So di averle complicato la vita; forse non la rivedrò più. O forse sì: le persone sono talvolta imprevedibili, e c’è un Amore che ci accompagna con tenacia anche nei sentieri dispersi della nostra lontananza.

Le sfidedella vita Antropologia biblica

e Diritti Umani

formazione

... in Albania

Dal 9 al 13 aprile 2006 il prof. Gregorio Vivaldelli è stato invitato dall’Università «Nostra Signora del Buon Consiglio» di Tirana a tenere due seminari di studio dal titolo «Alle sorgenti dell’Europa: Antropologia biblica e Diritti Umani», che hanno visto la partecipazione di 150 studenti dei corsi di laurea in medicina, odontoiatria, fisioterapia, scienze politiche ed economia. L’iniziativa rientra nella concreta partecipazione che l’Arcivescovo di Trento mons. Luigi Bressan ha voluto assicurare al-l’ateneo albanese, mettendo a disposizione anche un supporto economico.

Vivaldelli ha aperto una finestra sulla visione per-sonalista dell’uomo. In modo particolare ha eviden-ziato come, nella cultura frammentata di oggi, i Diritti Umani sembrano essere un punto di convergenza attorno al quale cresce la sensibilità dei contempo-ranei. Tale consenso è fondato sull’intuizione basilare che ogni persona umana, in quanto tale e non per la qualità delle sue azioni, ha una intrinseca e autonoma dignità che gli conferisce dei diritti e dei doveri nella relazione con gli altri.

Vivaldelli ha sottolineato il ruolo determinate che la matrice culturale giudaico-cristiana ha avuto nell’ela-borazione di tale consapevolezza e come essa abbia favorito la nascita dell’identità europea. Come ha scritto Giovanni Paolo II: «Dalla concezione biblica dell’uomo, l’Europa ha tratto il meglio della sua cultura umanistica, ha attinto ispirazione per le sue creazioni intellettuali ed artistiche, ha elaborato norme di diritto e, non per

ultimo, ha promosso la dignità della persona, fonte di diritti inalienabili» (Ecclesia in Europa, 25).

Per Vivaldelli l’antropologia cristiana, che è antropologia integrale, riporta alle vere radici spi-rituali della nostra dignità di esseri umani. Dio, così come è attestato nei racconti della creazione presenti all’inizio del libro di Genesi, rende l’uomo persona e lo tratta come tale, chiamandolo ad un rapporto del tutto singolare con Lui. La grandezza di tale visione antropologica è portata fino a limiti inaspettati nella rivelazione del Figlio di Dio che si fa uomo. Per il Nuovo Testamento infatti la dignità della persona è tale che lo stesso Dio ha aderito alla condizione umana, compreso il penoso transito della morte. In questo modo viene sostenuta una concezione dei Diritti Umani senza pa-ragone in nessun’altra filosofia o religione: l’uomo vale l’incarnazione di Dio.

La partecipazione dei giovani albanesi ha mani-festato una profonda domanda di spiritualità e cono-scenza, dopo che il loro Paese ha vissuto per decenni al buio di ogni libera esperienza religiosa e la Costituzione aveva dichiarato ateo lo Stato.

«Si parla senza fine dell’Europa in senso politico, ma si trascura la questione di sapere cosa sia realmente, e da dove è nata. Noi vogliamo parlare dell’unificazione dell’Europa. Ma l’Europa è qualcosa che si può unifi-care? Si tratta di un concetto geografico o puramente politico? No, e se vogliamo affrontare la questione della nostra situazione presente, dobbiamo innanzitutto comprendere che l’Europa è un concetto che si basa su fondamenti spirituali, e ora si capisce che cosa significa questa domanda» (Jan Patočka - Nato nel 1907 e morto nel 1977, è il maggiore pensatore ceco del XX secolo. Si oppose a Praga al regime comunista, subendo numerose persecuzioni; fu uno dei fondatori della “Charta 77”. Morì tragicamente, in conseguenza di un violento interroga-torio della polizia di Stato)

Carissimo...Carissimo...formazione

di Eliana Aloisi Maino

Effetto smarrimentoCarissimo,

come prima cosa vorrei abbracciarti forte forte e dirti che ti sono vicina e che ti voglio bene. Vorrei anche dirti che ti capisco e condivido la tua sofferenza e il tuo senso di solitudine.

Mai avresti pensato che ciò che era per te fonte di gioia, di consolazione e di “delizia”, si cambiasse in noia, in-differenza, “aridità”. E mi riferisco al tuo rapporto con Dio.

È come se una nube si fosse nascosto ai tuoi oc-chi. Come se un nube lo stesse offuscando. E ti viene da pensare: ma c’è veramente questo Dio? quanto ho sperimentato è stato un’illusione, un abbaglio?

Credo tu sia ad un bivio davanti al quale ti viene posta una scelta: ritornare indietro e dimenticare quan-to vissuto, o maturare e crescere nel tuo rapporto con l’Altro, con te stesso e con gli altri.

Questa scelta si gioca su una parola: “sento” inte-so come espressione del sentimento che viviamo dentro di noi. Siamo in un contesto culturale in cui sembra aver valore solo ciò che si sente. Sembra che il sentire sia il metro di valutazione dell’autenticità e della verità. Se “sento” di amare, allora amo veramente e quando non “sento” più, l’amore è finito.

Ho davanti agli occhi varie coppie per le quali questa verità ha significato la fine del loro rapporto.

Ma è proprio così? è il sentimento la parte più profonda, più vera, più autentica di noi? è il sentimento che deve guidare la mia vita? e quindi è la voglia e la non voglia che mi determina? se ho voglia faccio una cosa e se non ne ho voglia non la faccio?

Se ci guardiamo attorno sembrerebbe proprio di sì. Con quali frutti?

Direi che siete soprattutto voi giovani a pagarne il prezzo maggiore. E lo si vede in termini di disagio psicologico e relazionale.

Questo vivere secondo la voglia, vi abbandona in balia di voi stessi. Come foste alla guida di una potente automobile senza avere conoscenza né di come funzio-na, né della strada che state percorrendo. E l’effetto è di smarrimento, di vuoto, di mancanza di una “cartina interiore” o forse di un navigatore satellitare…

Quindi che fare? La domanda che ti dovresti porre è: chi guida la mia vita? da chi voglio sia guidata? da forze interne che non conosco e mi agiscono? o da chi?

E se questo momento in cui “non senti” fosse un linguaggio nuovo tutto da interpretare? Forse c’è una voce interna, una calamita, “una sorgiva di acqua viva” che ti chiama ad un rapporto e ad una conoscenza più profonda di te stesso.

So che è difficile per te, giovane uomo del post-moderno, costruire l’oggi pensando al domani. Siamo nella mentalità del “mordi e fuggi” e “del doman non c’è certezza”. Quasi incomprensibile l’idea di far fatica oggi, per avere un risultato domani. Eppure questa è la strada della maturità, della consistenza interna, del saper camminare con le proprie gambe… È anche la strada in cui il “sentire” si purifica da tanti rumori esterni e può diventare una guida interiore, un valore da cu-stodire e curare.

Tornando a te e alla tua attuale situazione. Con tutto l’affetto che ho per te e da cuore a cuore, vorrei dirti: scegli di vivere, di attraversare questo tempo par-ticolare per crescere, maturare ed imparare ad amare. Lasciati affascinare dal tempo presente e scegli con-cretamente da chi vuoi sia guidata la tua vita. Scegli anche di perseverare (parola mitica e sconosciuta) e non mollare lo stile di vita e quanto avevi capito prima di questo momento.

Sono con te e ti sostengo. Sempre tua Eliana

Carissimo... Prendi notaPrendi notaVenerdì 7 luglio 2006 ore 20.30Incontro di preghiera per i malati“Il carisma della misericordia”Paolo Maino

Venerdì 14 luglio 2006 ore 20.30Scuola di Ascolto“Il Sangue di Gesù ci protegge”Tiziano Civettini

Venerdì 21 luglio 2006 ore 20.30S. Messa

Venerdì 28 luglio 2006 ore 20.30Incontro di preghieraTestimonianze dal Campeggioa cura di Ruggero Zanon

SONO SOSPESI GLI INCONTRI NEL MESE DI AGOSTO

Venerdì 1 settembre 2006 ore 20.30Incontro programmatico di inizio attività“Coraggio, al lavoro” (Ag 2,4-5)Eliana Aloisi Maino

Venerdì 8 settembre 2006 ore 20.30Natività di Maria“Rinascere con Maria” Annalisa Zanin

Venerdì 15 settembre 2006ore 20.30S. MessaPresiede p. Ferruccio ModenaMissionario in Bolivia

Venerdì 22 settembre 2006ore 20.30Adorazione Eucaristica carismatica

Domenica 24 settembre 2006ore 15.00“Una Comunità aperta al futuro”Eliana e Paolo Maino

Venerdì 29 settembre 2006ore 20.30Incontro di preghiera“La pace… è un’utopia?La pace di Gesù sulle nazioni”Paolo Maino

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Appuntamenti ed iniziative dell’Associazione Comunità Shalom

padre Ferruccio Modena

“Vincere la povertà cominciando dai bambini”: questo il titolo della riflessione che ci proporrà, venerdì 15 settembre alle ore 20.30, padre Fer-ruccio Modena, missionario francescano originario di Riva del Garda, da anni impegnato ad alleviare le sofferenze che affliggono la popolazione boliviana, con un occhio particolare ai bambini, la vera grande ricchezza di questa nazione.Ridare speranza ai piccoli, gli adulti del domani: ecco la grande scommessa per questo travagliato Paese, dove la povertà è ancora un triste compagno di viaggio.

Settimana Comunitaria 2006

Dal 7 al 15 agosto presso il Santuario della Madonna delle Laste di Trento si terrà il consueto ritiro spirituale della Comunità Shalom.È una settimana di forte spiritualità nella quale la Co-munità si mette all’ascolto di Dio e riflette sulla propria chiamata, ed è al contempo l’occasione per ciascun mem-bro di rinnovare l’esperienza della forza misteriosa della vita comunitaria.

Campeggio in Val di Fassa (TN)

Nella splendida cornice della Val di Fassa, dal 16 al 22 luglio si svolgerà il primo Campeggio per ragazzi della Comunità Shalom: un’occasione speciale per condividere con i figli della Comunità la gioia di cam-minare insieme su “sentieri di pace”.Non mancheranno escur-sioni, momenti di riflessione, di preghiera e di gioco.

Piero Rattin - Gregorio Vivaldelli Parla, Signore, questa famiglia ti ascolta

Pagine 122

Questo libro, nato su preciso mandato dell’Ufficio nazionale della CEI per la pa-storale della famiglia, risponde all’esigenza di molte famiglie di riscoprire la preghiera e colmare il bisogno sempre più forte di interiorità, gratuità e silenzio. È, infatti, un valido strumento di aiuto alle famiglie non solo a pregare nelle varie situazioni della vita quotidiana, ma partendo da esse, permettendo in tal modo alla Parola di “farsi carne” (Gv 1,14) nella vita di ogni giorno. Al fine di permettere un coinvolgimento di tutti i membri della famiglia, gli autori, forti della loro esperienza l’uno di padre di famiglia e l’altro di parroco, propongono delle brevi tracce di preghiera che scaturiscono da normali situazioni della vita quotidiana, conducendo il lettore in un cammino di riscoperta del disegno provvidenziale di Dio all’interno della propria quotidia-nità familiare, fatta di sensazioni, preoccupazioni, gioie ed attese. Ciò consente di trasformare la vita di tutti i giorni in dialogo vivo con Dio, accompagnando tutta la famiglia all’incontro con la Parola di Dio che parla al proprio vissuto, illuminandolo e trasfigurandolo.

Paolo Maino (a cura di)In cammino con lo Spirito

Pagine 112

La storia di una comunità, come la storia di una famiglia, è, in fondo, un lungo viaggio durante il quale si intrecciano incontri, si stringono relazioni, si condivido-no gioie e sofferenze. Questo libro - che altro non è che un diario di viaggio - è l’occasione per la Comunità Shalôm per fare memoria dei doni di Dio, rileggere la grazia del cammino percorso, scoprire nel presente gli elementi di novità per aprirsi al futuro dello Spirito.

Il carisma principale della Comunità Shalôm è quello di essere grembo accogliente scelto da Dio per dare la vita, ed i vent’anni di storia narrati nel libro sono la testimonianza dei grandi e piccoli miracoli accaduti a tante persone: delle guarigioni da traumi che le condizionavano, della forza pacificatrice del perdono, dell’affetto e dell’accoglienza di Dio sperimentati attraverso l’amore dei fratelli.

Pontificio Consiglio per i Laici (a cura di)I movimenti ecclesiali nella sollecitudine pastorale dei vescoviPagine 258

Il libro raccoglie le riflessioni dei vescovi invitati dal Pontificio Consiglio per i Laici a ri-flettere sulla realtà dei movimenti nella Chiesa a seguito dello straordinario incontro con Papa Giovanni Paolo II tenutosi in Piazza San Pietro alla Vigilia di Pentecoste del 1998. Più volte Giovanni Paolo II ha avuto modo di sottolineare l’assenza di contrasto e di contrapposizione tra la dimensione carismatica della Chiesa e

quella istituzionale: “ambedue sono co-essenziali alla costituzione della Chiesa fondata da Gesù, perché concorrono insieme a rendere presente il mistero di Cristo e la sua opera salvifica nel mondo” (dal Messaggio ai partecipanti al Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali).Il libro si segnala in modo particolare anche per l’interessante trascrizione del dialogo aperto con l’allora Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede cardinale Joseph Ratzinger.

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