N.25 Sulla via della pace 2012

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1 Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Via Pacis VIA PACE Editoriale: Dio sa tutto? Carissimo: Ma che male c’è? Anno VII - n. 1 - Gennaio-Marzo 2012 - Trimestrale - Contiene I.R. Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento - Taxe Percue In caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Trento per la restituzione al mittente previo pagamento resi 2012 n. 25 Speciale: Corale Via Pacis

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rivista di in-formazione dell'Associazione Via Pacis

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Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Via Pacis

VIA PACE

Editoriale:Dio sa tutto?

Carissimo:Ma che male c’è?

Anno VII - n. 1 - Gennaio-Marzo 2012 - Trimestrale - Contiene I.R.Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento - Taxe PercueIn caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Trento per la restituzione al mittente previo pagamento resi

2012n. 25Speciale: C

orale Via Pacis

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Le attività di solidarietà promosse dall’Associazione Via Pacis sono gestite dallaAssociazione Via Pacis onlusViale Trento, 100 - 38066 Riva del Garda (TN) - ItalyTel. +39.0464.555767 - Fax [email protected]

3 Editoriale Dio sa tutto?

Informazione 4 L’India “intoccabile”

Formazione 7 Pescare nel profondo 12 La gioia: dono e conquista 24 Domande e risposte 26 Chi è l’embrione? 27 Ma che male c’è?

Colombia 8 Un “sì” che si rinnova

Sostegno a distanza 10 Insieme si può! Giovani 14 Quando le spine diventano rose 15 Il sapere dà sapore

Musica 16 Cantare... ma non solo

Testimonianze 20 Una vita sulla via della pace 22 Un padre che dà alla testa 23 Soff rire o off rire?

L’Associazione Via Pacis è un’Associazione Privata di Fedeli Laici della Chiesa Cattolica e membro della Fraternità Cattolica delle Associazioni e Comunità Carismatiche di Alleanza di Diritto Pontifi cio.

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c.c. postale n. 14482384intestato a: Associazione Via Pacis onlus

SOMMARIOSULLA VIA DELLA PACETrimestrale di in-formazioneAnno VII - n. 1gennaio-marzo 2011

Registrazione n. 263 presso ilTribunale di Rovereto (TN) (19.01.2006)

Direttore responsabilePaolo MainoDirettore di redazioneRuggero ZanonRedazioneTiziano CivettiniRuggero ZanonCollaboratoriPaola AngerettiStefania Dal PontAnnalisa ZaninArchivio fotografi coPatrizia RigoniDistribuzione e numeri arretratiGraziana PedrottiAmministrazioneRenato DemurtasEditoreAssociazione Via Pacis onlusDirezione e amministrazioneViale Trento, 10038066 Riva del Garda (Trento) [email protected]. +39.0464.555767Fax +39.0464.562969

Grafi ca e stampa:Antolini Tipografi a - Tione (TN)

Finito di stamparenel mese di dicembre 2011

In copertina:Corale Via Pacis, Rovereto (Tn) 4 dicembre 2011(foto di Silvia Sommadossi)

GARANZIA DI RISERVATEZZA Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n° 196/2003 (tutela dati personali) si garantisce la massima riservatezza dei dati personali forniti dai lettori ad Associazione Via Pacis onlus e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifi ca o la cancellazione, o di opporsi al trattamento dei dati che li riguardano, rivolgendosi al Titolare del trattamento dati, Associazione Via Pacis onlus – viale Trento, 100 – 38066 Riva del Garda (TN) o scrivendo al Responsabile Dati dell’Associazione Via Pacis onlus Paolo Maino anche via email all’indirizzo [email protected]. È possibile consultare l’informativa completa all’indirizzo www.viapacis.info/privacy.aspx

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EDITORIALE

Editoriale 3

Dio sa tutto?

Se mi sono creato un dio

a mia immagine, gli attribuirò

le mie dinamiche, la mia logica

È liberante sapere che Dio

non pensa come noi

di Tiziano Civettinidi Tiziano Civettini

Dio sa tutto? Risposta: sì. È una risposta suffi ciente? No, anzi, è pericolosa e fuorviante.Un Dio che sa tutto è

per molti una presenza inquietante, più che consolante. Naturalmente dipende dal carattere delle persone: rassegnato, aggressivo, timoroso, ecc.Dio sa anche che sbaglierò strada? Sa che mi andrà tutto male? Allora, perché dovrei impegnarmi, se questo sarà il mio destino o – nella forma apparentemente credente – la sua volontà?Sapeva che mio fi glio avrebbe avuto un incidente stradale? Se è così, questa era la sua volontà… e si profi la per Dio perlomeno un’imputazione di concorso di colpa.Molti credenti si infi lano nel vicolo cieco di una visione del mondo, in cui troppo semplicisticamente tutta la fatica del vivere è delegata a un dio che sa tutto e vuole tutto. Ma questa è solo apparentemente una visione cristiana. È una visione che può portare all’abbandono di Dio: se, infatti, Dio conosce il male del mondo e non interviene, o è impotente o è cattivo o non esiste. Questo è il “sillogismo” ateo. Oppure, a scelta, può portare al paganesimo superstizioso: Dio sa se per me è meglio sposarmi o farmi monaco/a, e allora cerco aff annosamente dei “segni” per carpire la sua volontà. L’interpretazione degli antichi del volo degli uccelli o dei fondi

di caff è è la stessa cosa. Senza accorgermene correrò il rischio di vivere una vita autocentrata, perché fi nirò per scoprire segni soltanto lì dove vorrò vederli, e li interpreterò come io desidero.Questo signifi ca che Dio non sa tutto? No, lo ribadisco, Dio sa tutto. Se così non fosse, non sarebbe Dio.

Ma il problema vero sta nel come io mi immagino Dio e come mi immagino i suoi rapporti con il mondo e con me. Tutto dipende dalla relazione e dalla conoscenza che ho di Lui.Se mi sono creato un dio a mia immagine, gli attribuirò le mie

dinamiche, la mia logica e – in fondo – arriverò a pensare che, se fossi al suo posto, le cose andrebbero molto meglio.Se ho paura di lui o se sospetto della sua imparzialità o se penso che in mezzo a tanti miliardi di

uomini e donne non si accorga neanche che esisto, troverò continue conferme al mio risentimento e creerò barriere contenitive alla mia paura.Se dico: “Dio sa tutto prima che accada”, ho già sbagliato tutto. Il “prima” e il “dopo” sono categorie umane, di questo mondo. Dio sa e basta: il futuro ce lo costruiamo noi, con le nostre scelte o non-scelte.Cercare i “segni” della volontà di Dio, come se fossero la bava iridescente di una lumaca che ci precede e che dobbiamo solo seguire, in realtà è seguire le nostre fantasie e le nostre voglie, attribuendone la responsabilità a Dio.È liberante sapere che Dio non pensa come noi, che il suo sapere non equivale al nostro.È liberante accettare il rischio di vivere responsabilmente la vita con il Signore, senza nascondere il talento sotto terra, ma cercando di farlo fruttare. È liberante credere in un Dio affi dabile, che ci ama al di là della nostra capacità di amare

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India: un grande paese in piena crescita“Incredibile India” è lo slogan creato per una campagna di promozione turistica del grande paese ed è anche il commento di molti occidentali che rimangono oggi stupìti non più solo dai suoi meravigliosi paesaggi, profumi, e dalla sua cultura, ma anche dal vertiginoso sviluppo e progresso che la nazione sta vivendo, soprattutto nell’ultimo decennio. L’India odierna, infatti, è uno dei

INFORMAZIONE

L’India “intoccabile”

di Marilena Brighenti

giganti che dominano, ad esempio, il settore della tecnologia informatica. Dal 1980 ad oggi, ogni anno l’1% della popolazione esce per sempre dalla fame e dalla miseria.

Le caste e il fondamentalismo Non tutti i problemi di questo grande paese, proveniente da secoli di arretratezza, carestie, dominazioni, colonialismo, sono però risolti. La povertà, soprattutto nelle zone rurali, è ancora presente ad elevate percentuali, mentre il sistema delle caste, seppure legislativamente abolito, non permette ancora pari diritti e vera integrazione.Negli ultimi anni vi è stata una notevole espansione del fondamentalismo indù, sempre più impegnato nella persecuzione dei cristiani, soprattutto cattolici, che ha portato ad episodi di gravi violenze, con distruzioni di chiese, villaggi, oltre che numerose vittime, spesso torturate prima di morire.L’opposizione della società, a maggioranza induista, verso le minoranze cristiane e cattoliche

India

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Progetti Via Pacis a favore dei Dalits o “intoccabili”

- 2000-2002: costruzione di una scuola per 100 bambini a Kandhamal (Orissa);

- 2001-2006: costruzione di tre villaggi con casette in muratura a Warangal (Andhra Pradesh) e a Kanchipuram (Tamil Nadu);

- 2004-2006: assistenza sanitaria, alimentare ed abitativa a 200 anziani del Tamil Nadu altrimenti costretti a vivere e morire sulla strada;

- 2006: sostegno a bambini orfani (Andhra Pradesh);- dal 2009: n. 13 borse di studio per studenti universitari

a Kumbakonam (Tamil Nadu).

si esprime anche meno violen-temente, ma più capillarmente, in un atteggiamento di discriminazione, soprattutto negli àmbiti culturale, occupazionale, sociale. Appartenendo alle classi più umili, infatti, i cristiani non hanno mezzi per proseguire gli studi oltre la scuola primaria. In mancanza di aiuti statali per lo studio, i cristiani - spesso appartenenti alle caste più basse - sono di fatto esclusi dai concorsi pubblici e, di conseguenza, dalla possibilità di off rire il loro contributo a livello sociale.

Via Pacis in IndiaFin dal 1995 Via Pacis è attiva nella nazione indiana con azioni incisive e qualifi canti nei settori dell’istruzione e della salute mirate al sostegno della popolazione più indigente ed emarginata: dalla costruzione di un centro di accoglienza per ragazze povere, alla perforazione di numerosi pozzi e pompe per l’acqua, dalla costruzione o

I “senza casta”, pari al 22% della popolazione,vivono normalmente

al di sotto della soglia di povertà

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6 India

ricostruzione di edifi ci scolastici, all’assistenza sanitaria, allo sviluppo agricolo, alla pronta risposta ai casi di emergenza come lo tsunami del 2006, fi no al fi nanziamento di borse di studio. Numerosi sono stati, in particolare, i progetti e i micro-progetti in favore dei Dalits (i “senza casta”, gli intoccabili): la costruzione di due villaggi per famiglie senza tetto, attività di alfabetizzazione, formazione, costruzione di edifi ci scolastici, borse di studio, ecc.

La formazione come via alla riconciliazioneI “senza casta” che - si stima - rappresentino il 22% della popolazione, vivono normalmente al di sotto della soglia di povertà. Lavorano nei campi, ma il 75% di essi non possiede la terra che lavora. L’occupazione è solo stagionale, a salari bassissimi.

S.E. Mons. Francis Antonysamy, Vescovo di Kumbakonam, scrive:

“Dopo uno studio approfondito, siamo arrivati alla conclusione che solo l’istruzione può risolvere i problemi della nostra diocesi. Ed è attraverso l’istruzione superiore che possiamo raggiungere questo scopo nel migliore dei modi. La diocesi guarda alla formazione come ad un elemento fondamentale per poter svolgere un ruolo efficace ed incisivo nella Chiesa e nella società.In India le istituzioni educative cattoliche sono sempre state ben considerate per la qualità della formazione che offrono. L’istruzione è la chiave del progresso: è vita, è una missione, e non semplicemente un lavoro. Le nostre scuole sono aperte a tutti, specialmente ai più poveri e agli esclusi, senza distinzione di casta, colore e credo.Ci sono tanti giovani cattolici, con talento, ma molto poveri. Dopo aver completato la scuola dell’obbligo, molti di loro non hanno i mezzi per affrontare gli studi superiori e ricevere una formazione professionale adeguata.La nostra diocesi sceglierà degli studenti poveri,ma con talento, cui concedere delle borse di studio”.

migliore dei modi. La diocesi guarda alla formazione come ad un elemento fondamentale per poter svolgere un ruolo efficace ed

In India le istituzioni educative cattoliche sono sempre state ben considerate per la qualità della formazione che offrono. L’istruzione è la chiave del progresso: è vita, è una missione, e non semplicemente un lavoro. Le nostre scuole sono aperte a tutti, specialmente ai più poveri e agli esclusi,

Ci sono tanti giovani cattolici, con talento, ma molto poveri. Dopo aver completato la scuola dell’obbligo, molti di loro non hanno i mezzi per affrontare gli studi superiori e ricevere

La nostra diocesi sceglierà degli studenti poveri,La nostra diocesi sceglierà degli studenti poveri,

L’oppressione culturale e lo sfruttamento economico causato dal sistema delle caste sono profondamente radicati, specie nelle zone rurali. A causa della situazione economica spesso i bambini sono obbligati a lavorare fi n da piccoli per aiutare la famiglia a soddisfare le necessità di base, abbandonando la scuola.Le stesse famiglie, oppresse dalla povertà, sottovalutano l’importanza di un’istruzione adeguata, che favorisca l’accesso ad una migliore condizione futura. La formazione, l’istruzione e l’educazione possono davvero rappresentare quella via che tanti “intoccabili” possono percorrere per veder riconosciuta la propria dignità, a favore di un processo di riconciliazione nel quale le divisioni e le discriminazioni possano lasciare il posto all’accoglienza e alla giustizia

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Nel giro di circa vent’anni l’ambiente culturale in cui viviamo è passato dal predominio delle ideologie alla

diff usione della mentalità detta postmoderna. Il cristiano che voglia vivere con coerenza, e annunciare il Vangelo all’uomo d’oggi, deve confrontarsi con sfi de inedite.Nell’epoca precedente, la diffi coltà fondamentale era l’opposizione. Di fronte alle ideologie, che puntano a sostituire il cristianesimo, in modo esplicito (ad es. il marxismo) o più velato, l’annuncio cristiano comporta inevitabilmente uno scontro; proporsi è già opporsi, così l’annuncio richiede coraggio e determinazione. Poiché le ideologie non sono scomparse, questa diffi coltà si è ridotta, ma non è svanita. La mentalità postmoderna pone ora nuove sfi de: rende disponibili alle esperienze più varie, ma scoraggia desideri troppo elevati e, soprattutto, progetti troppo impegnativi. Valorizza lo spirituale, ma lo confonde con l’emotivo o con l’occulto. Rifi uta la verità, la scelta defi nitiva, l’appartenenza forte. Accetta volentieri qualche “input”, anzi off re molte proposte, ma evita di impegnarsi in un percorso. Induce a “volare basso” e indebolisce la perseveranza. Insomma:

L’areopago

FORMAZIONE

L’areopago

Come parlare di Dio

all’uomo d’oggi?

diWalter Versini

diWalter Versini

annunciare il vangelo incontrerà meno opposizione; sarà più facile che qualcuno vi si accosti per curiosità; più diffi cile, però, che si lasci coinvolgere, che intraprenda un cammino serio, che decida e perseveri.E noi? saremo capaci di usare le parole giuste per invitare a conoscere Gesù? come farsi capire? Il grande sforzo della Chiesa di oggi è questo. Il fi orire

di nuovi carismi, di nuovi movimenti ecclesiali e nuove comunità fa pensare che lo Spirito stia preparando risposte a questa nuova e

diffi cile situazione.Alcune piste le abbiamo intuite. Dovremo essere più attenti a presentare Gesù come colui che ci porta alla pienezza di noi stessi, che ci fa scoprire nuovi orizzonti per la nostra vita. La disgregazione familiare e sociale ci metterà, sempre più, di fronte a persone sole e ferite: sarà sempre più vitale testimoniare che Gesù guarisce la

nostra vita, dona libertà, guida a costruire legami veri. Sarà fondamentale accogliere ciascuno in modo personale, non puntando ai grandi numeri, ma sapendo che ogni singola persona è importante. Paolo di Tarso scriveva: “Mi sono fatto tutto a tutti, per salvarne ad ogni costo qualcuno” (1 Cor 9,22).Giovanni Paolo II conclude la splendida lettera apostolica Novo millennio ineunte con l’esortazione di Gesù a Pietro: “Duc in altum”, cioè “Prendi il largo” per la pesca. Il signifi cato letterale è “Va’ dove è profondo”. Sembra proprio che il corso della storia non ci consenta di navigare in acque basse e facili; ma è nel profondo, dove occorre mettere radicalmente in gioco la propria vita, che i discepoli di Cristo possono dare il meglio

Pescare nel profondo

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Un “sì” che si rinnovaPer i membri di Via Pacis, il patto di Alleanza costituisce una risposta radicale a Dio ed ai fratelli nell’accettare la sfi da di vivere e testimoniare quotidianamente una “santità comunitaria” come ambasciatori di riconciliazione nel cuore del mondo.È così che domenica 16 ottobre 2011, nella Chiesa di San Martino di Porres, a La Tebaida (Quindío), alcuni membri dell’Associazione Via Pacis Colombia hanno rinnovato la loro promessa di Alleanza, impegnandosi a diff ondere il Vangelo della pace e della riconciliazione. Durante la Celebrazione Eucaristica, presieduta da padre Carlos Arturo Ríos, il prof. Julian Ramirez Zuluaga, responsabile Via Pacis per l’America Latina, ha ringraziato i membri, esortandoli a rimanere uniti in questa scelta. Alcune testimonianze hanno contribuito a rendere evidente come Dio continui a toccare la vita di tante persone, dando loro il coraggio per continuare a camminare.

COLOMBIA

L’anno scorso, poco dopo aver fatto alleanza, a mio fratello è nata una

bambina con gravi problemi di salute. Durante la gravidanza erano a rischio la vita della piccola e quella della madre.Attraverso una vera e propria catena di preghiera e di digiuno comunitario, i medici hanno potuto constatare un inspiegabile recupero di entrambe. Ora sono tutte e due a casa ed hanno potuto riprendere la loro vita, con notevoli segni di miglioramento.

Lucero Agudelo Herrera

Provo una grande gioia nel rinnovare il mio “sì” a Dio.

Ormai non riesco più a pensarmi fuori da questa “via”, che mi sta facendo gustare il sapore della libertà.So che non sono sola in questo cammino: sento che Dio mi porta nel palmo della sua mano e la

Comunità mi sostiene.Come frutto dell’opera del carisma in me, ho sentito la chiamata a riprendere i miei studi superiori, che avevo abbandonato da tempo, e a dicembre mi diplomerò.Non è stato facile ricominciare a studiare dopo così tanti anni. Con pazienza e con l’aiuto dei fratelli, ho capito che potevo essere “ambasciatrice di riconciliazione” con i miei compagni. Nelle situazioni di confl itto tra studenti e professori, ho così cercato di proporre soluzioni di riconciliazione, che hanno contribuito a portare frutti di fratellanza tra di noi.Anche in famiglia questa scelta ha portato frutti inaspettati. Sono madre di due fi gli adolescenti, ai quali, dopo la morte di mio marito avvenuta cinque anni fa, devo fare anche da padre. Vedere la propria madre fare i compiti di scuola o chieder loro aiuto ha permesso di rinnovare e migliorare la nostra relazione.

Marta Lucia Gomez

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“Grazie a tutti voi, cari fratelli di Alleanza,

perché con il vostro “sì” a Dio continuate a

far fi orire questo bel giardino che è Via Pacis.

La grandezza della nostra chiamata ci

impegna ad essere nella Chiesa e per la

Chiesa umili strumenti di riconciliazione.

Andiamo avanti insieme su questa

strada, testimoniando quanto Dio, nella sua

grande misericordia, sta realizzando nelle nostre

vite”.Dall’intervento di

Julián Ramírez Zuluaga

Ho vissuto lo stare in adora-zione eucaristica e l’aiutare

nell’animazione comunitaria come un’opportunità per inter-cedere per l’umanità intera e per sostenere le necessità della Chiesa.Anche il mio modo di pregare è cambiato: sto passando da una forma di preghiera più “egoista”, centrata su di me e sulle mie necessità, ad una più universale; da una preghiera che non lascia Dio libero, ad una in cui chiedo a Dio che ci conceda quanto Lui, nella sua grande misericordia, sa essere meglio per noi.

Nidia Quintero

Durante questo primo anno di alleanza ho cercato di approfondire il valore che

deve dare al sacramento del matrimonio un membro di Via Pacis.Sono sposato da vent’anni con Estela ed ho capito che le cose in famiglia possono andare meglio se è sana anzitutto la nostra relazione matrimoniale. Ora la mattina alle 5, prima di uscire, io e mia moglie preghiamo insieme. Abbiamo cominciato a dedicare più tempo a noi come coppia e parliamo molto su come poter andare ancora più d’accordo nel diffi cile compito di essere genitori di una fi glia adolescente, che vive ancora con noi, e di una fi glia adulta, già sposata.

José Israel Garcia Rojeles

La Tebaida:rinnovo dell’Alleanza

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Colombia

Sost

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istan

za

Com’è partito in Colombia il progetto di “Sostegno a Distanza”?

Nel 2008 siamo partiti con il Sostegno a Distanza individuale. Abbiamo avuto modo di conoscere delle realtà di grande povertà e ci è sembrato urgente portare il nostro contributo a tanti bambini, grazie alla generosità di molte persone, che in Italia hanno creduto, fi n da subito, a questo progetto.Ci siamo, poi, accorti che nella zona in cui operiamo c’era bisogno di un sostegno a più largo raggio: così abbiamo iniziato quello che ora chiamiamo “Sostegno Collettivo”.

In cosa consiste il Sostegno Collettivo?Con questo tipo di aiuto, grazie

alla collaborazione con le Suore dell’Annunciazione di Calarcà, riusciamo a raggiungere un gran numero di bambini che, altrimenti, rimarrebbero da soli quasi tutto il giorno, in mezzo ai pericoli della strada e alla violenza.Purtroppo lo Stato non è in grado di aiutarli, ma questi piccoli hanno bisogno di un’alimentazione equilibrata, un aiuto nei compiti, una sorveglianza nei giochi, una protezione dalla violenza, un sostegno psicologico e un’adeguata formazione. Tutto questo è amorevolmente fornito dalle suore e dalle volontarie che operano nella struttura.

Insieme si può!

Approfi ttando di alcuni giorni di permanenza in Italia del Responsabile Via Pacis per l’America

Latina, abbiamo rivolto al dott. Julian Ramirez Zuluaga

alcune domande sul Sostegno a Distanza, che dal 2008 è attivo in Colombia, nella regione

del Quindìo.

Latina, abbiamo rivolto al dott. Julian Ramirez Zuluaga

alcune domande sul Sostegno a Distanza, che dal 2008 è attivo in Colombia, nella regione

del Quindìo.

a cura di Stefania Dalpont

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In che condizione vive la popolazione del Quindìo?È una regione con il tasso di disoccupazione più

elevato (19%) della Colombia. Nonostante ciò, la gente è piena di buona volontà: non vuole l’elemosina, ma desidera lavorare per guadagnare il necessario per mantenere la propria famiglia.

Che formazione date?A questi bambini cerchiamo di dare una formazione

a vasto raggio, sia umana che spirituale. Cerchiamo di fare in modo che “povertà” faccia rima con “dignità” e non con trascuratezza. Una persona può essere molto povera, ma non per questo deve essere sporca e sciatta.Cerchiamo di far arrivare anche un messaggio di solidarietà condivisa: nessuno è così povero da non avere nulla da donare agli altri. Per questo, anche a scuola, i bambini che seguiamo si fanno promotori di solidarietà tra i loro compagni.Aff rontiamo insieme anche problemi scottanti e dolorosi. Parliamo loro, ad esempio, di droga e di narcotraffi co per metterli in guardia dalla loro pericolosità: non è raro che gli spacciatori regalino, per prova, delle dosi di marijuana anche a bambini che, pian piano, vengono avviati alla dipendenza.Oppure parliamo loro della prostituzione, anche come conseguenza della droga. Tante ragazze, infatti, si prostituiscono per procurarsi una dose. Oppure lo fanno per carenze aff ettive, elemosinando l’amore che non hanno trovato in famiglia.La formazione è diretta in modo specifi co anche ai genitori con un’attenzione alla cura dei rapporti umani, come, ad esempio, l’importanza di un abbraccio “pulito” da donare ai propri fi gli, perché, disgraziatamente, una piaga piuttosto diff usa è costituita dall’abuso sessuale dei genitori sui fi gli.

L’aiuto materiale, invece, in cosa consiste?

Ogni due mesi forniamo dei pacchi di cibo, che sono, però, molto più frequenti per i bambini con maggiori problemi di denutri-zione. All’inizio dell’anno scolasti-co provvediamo a distribuire tutto il materiale didattico e l’uniforme scolastica. Una volta all’anno cerchiamo di aiutare anche la

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di narcotraffi co per metterli in guardia dalla loro pericolosità: non è raro che gli spacciatori regalino,

famiglia nell’acquisto di cose per la casa, come coperte, asciugamani o stoviglie.Quando raduniamo bambini e genitori per dare loro i pacchi, è una festa per tutti: lo considerano un dono enorme, una grande gioia e la percezione di valere qualcosa, a benefi cio della loro autostima. Ogni riunione è un’occasione per ringraziare Dio e i benefattori: non è un modo di dire, perché loro pregano davvero per le famiglie e le persone che li sostengono.

Cosa vorresti dire a tutti coloro che sostengono questo coraggioso progetto?

Nella nostra amata terra, la povertà pesa tanto sulle persone. Le necessità sono molte e le famiglie che abbiamo contattato per questo Progetto di Sostegno a Distanza sono veramente le più povere tra le povere.Vorrei dire il nostro “grazie” a tutti coloro che ci aiutano, perché noi, a nostra volta, possiamo aiutare tante altre persone. Grazie a voi, che siete cuore, mani e piedi della Provvidenza, perché, insieme al contributo materiale, elargite amore, stima e fi ducia a tante persone povere anche nelle relazioni.Di cuore, vi giunga il nostro ringraziamento

Cerchiamo di fare in modo

che “povertà” faccia rima

con “dignità”

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La gioia è un dono e una conquista: dono di Dio, conquista e collaborazione dell’uomo. Come possiamo collaborare, perché la

gioia sia sempre più presente e più forte, perché impregni di sé la nostra vita personale, il nostro quotidiano, il nostro vissuto, ogni nostra azione? Il che equivale anche a domandarsi: che cosa impedisce la gioia dentro di noi? Più che la tristezza, che ne è una

conseguenza, ho l’impressione che la radice velenosa che impedisce la gioia sia la paura.

Che cos’è la paura?La paura è un sistema di sicurezza nella nostra vita. È una luce che si accende nel nostro display interiore e ci avvisa di un pericolo imminente; ci avverte di una minaccia o di un confl itto. È un segnale di allarme, che attiva tutta una serie di elementi fi sici e psicologici per aff rontare un pericolo. La paura diventa allora un vero e proprio “salvavita”, permettendo di adottare le dovute precauzioni. Consente di evitare situazioni, azioni o luoghi oggettivamente pericolosi.

Vi è anche una paura “esistenziale”: la paura della morte, della malattia, della vecchiaia. Non possiamo evitarla, anche se tutto, nella nostra società, mira a narcotizzarla e nasconderla. Questo tipo di paura ci ricorda la nostra realtà creaturale: non siamo eterni.Vi è poi una paura, che, qualche volta, sembra immotivata o ingiustifi cata. Essa turba profondamente. Va a riattivare e riacutizzare situazioni passate e rimosse,“nervi scoperti” che le vicende della vita risvegliano. Sono traumi, ferite non trattate e non sanate, il più delle volte vissute nell’infanzia. È come un’onda che sommerge tutto. Questa non è una paura da rimuovere, ma da

FORMAZIONE

La gioia: dono e conquistaLa gioia: dono e conquistaLa gioia:

di ElianaAloisi Maino

La gioia: dono e conquista

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interrogare: che cosa cerca di dirmi questa situazione? che cosa si nasconde sotto questa paura? Nel rispondere a tali domande la paura può essere trasformata da ostacolo in opportunità, in mezzo per conoscere maggiormente se stessi e in integrazione dei propri vissuti traumatici. Fonte quindi di maggior libertà.C’è poi una paura patologica, malata. In questi casi la luce del display va in corto circuito e rimane sempre accesa. Si vive immersi in uno stato di paura continua, che domina la vita, in modo onnicomprensivo e paralizzante. Le paure “normali” che viviamo sono veramente tante e le più

varie, e vanno ad attanagliare e ad impedire la gioia: la paura di vivere (di crescere, di cambiare), la paura di Dio, la paura degli altri, la paura di non essere amati o amabili, la paura di essere abbandonati, la paura di una crisi economica, la paura del futuro, la paura della solitudine, la paura di perdere le persone amate, la paura di perdere la propria autonomia.

È possibile contrastare la paura?Sì, attraverso la fiducia: se la paura toglie i punti di riferimento della vita, la fiducia in Dio li rimette al loro posto, permettendoci di continuare a camminare. Se la paura insidia e offusca il mondo emotivo ed emozionale, la fiducia riordina le cose attingendo forza dalla razionalità. Se la paura turba profondamente la parte emotiva, la fiducia, attingendo alla razionalità, rimette il cuore su un fondo saldo e sicuro.La fiducia non è qualcosa di passivo: è un movimento interiore deciso, forte, con il quale ci si aggrappa anche alle promesse di Dio, nonostante le difficoltà o le avversità del momento. La fiducia si appoggia sulla fede, che è anch’essa un dono e una conquista: una fede vissuta nella fiducia può portare all’abbandono confidente in Dio.Quando ho paura, sono nell’impossibilità di attingere al mondo emozionale, perché questo è in subbuglio. Devo allora rifarmi ad una decisione presa prima del momento di paura; devo aggrapparmi razionalmente ad una scelta fatta in precedenza, sapendo che Dio ha cura di me, che perfino i capelli del mio capo sono contati... Dio mi aiuta a distogliere gli occhi da me stesso e dalla mia paura ed alzarli a Lui. Anche la Parola di Dio, la Bibbia, viene in aiuto alla nostra debolezza e alla nostra paura e ci dà forza e coraggio. Se ho paura di essere abbandonato, potrò appoggiarmi sulla parola che dice:

“Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto” (Sal 27,10); se ho paura che muoia una persona cara, potrò ricordarmi della parola che dice: “Nelle tue mani Signore è la mia [e la sua] vita” (Sal 16,5); di fronte alla paura di non farcela: “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fil 4,13); se penso di non valere: “...tu sei degno di stima e io ti amo” (Is 43,4); se ho paura di non essere all’altezza: “Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza” (2Tm 1,7).Ma per vivere nella gioia è sufficiente superare la paura?La gioia si nutre di una dimensione valoriale: la coerenza di vita. È impossibile essere nella gioia vera, se siamo volutamente incoerenti con le scelte di senso della nostra vita.

Le armi: la lode e il ringraziamentoLa lode e il ringraziamento sono le armi che possiamo utilizzare in questa battaglia: come il vento, che soffiando sulla nebbia, ha il potere di disperderla, allo stesso modo la lode e il ringraziamento hanno la forza di spazzare via la sfiducia.Tenere uno stile di vita

improntato alla lode e al ringraziamento significa assumere sempre di più un “pensare positivo”, un “pensare bene”, che porta a ricercare quella perla preziosa insita in ogni situazione, anche nella più terribile. Il che non significa che

non avremo più paura, quanto piuttosto che la paura non avrà più un potere paralizzante su di noi.Va anche detto che le difficoltà possono stimolare a crescere, a maturare, ad essere più coerenti. Quindi, in qualche modo, dovremmo essere grati alla paura, che ci spinge ad avere sempre più fiducia in noi stessi e in Dio. Attraverso questa fiducia, anche nelle situazioni più difficili, possiamo attingere a quella fiammella di gioia che è presente in ciascuno di noi

Per vivere nella gioia

è sufficiente superare la paura?

Page 14: N.25 Sulla via della pace 2012

14

Giovani

Per anni, prima di incontrare

Via Pacis, ho convissuto

con la soff erenza, un

dolore che non mi dava pace.

All’epoca, poco più che bambina,

mi sono trovata ad aff rontarlo

da sola, senza qualcuno che

mi sostenesse, senza punti di

riferimento. Avevo due scelte:

arrendermi, autocommiserarmi;

oppure cercare di reagire e

combattere per ritrovare quel

sorriso che avevo perso da

tempo.

di Mariateresa

Tonelliquando

diventanospine

diventanodiventano

rosele

Ho deciso di combattere: la

mia vita meritava qualcosa di

meglio! Ed ho iniziato a credere

che Dio avesse un grande

progetto per me.

È così che quel dolore si è

trasformato piano piano in forza,

in determinazione, in voglia di

riscatto nei confronti di quella

soff erenza, che mi aveva tolto

ogni gioia.

Non è stato sempre facile:

ho trovato mille ostacoli; spesso

sono caduta, ho pianto, mi sono

chiesta se valesse veramente la

pena continuare a combattere...

ma, alla fi ne, mi sono sempre

rialzata, guardando avanti.

Ed ho scoperto di non essere

sola in questa battaglia: c’è stato

chi si è schierato con me, chi

ha creduto in me, riuscendo a

vedere oltre a quella corazza

che mi ero costruita per

difendermi e che mi era stata

vitale, ma che ora rappresentava

solo un impedimento a correre,

ad andare incontro agli altri.

Ho scoperto che la speranza

può ridare vita, che il bene è

possibile e non è un’utopia.

Ed ho scoperto che, se mi

riconcilio con le mie debolezze,

queste possono diventare

davvero la mia forza: non sono

più nemiche da combattere, ma

compagne da amare.

Poco tempo fa, leggendo

“Il piccolo principe”, ho trovato

una frase che mi ha fatto

rifl ettere:

«E la rosa disse al piccolo

principe “dovrò pur sopportare

qualche bruco se voglio

conoscere le farfalle”». Questa

frase mi ha commossa: anch’io,

per tanto tempo, ho dovuto

sopportare quei bruchi per poi

riuscire a vedere le farfalle.

Col passare degli anni, le mie

spine si sono trasformate in

rose. Ed è proprio grazie a quelle

spine che sono diventata una

ragazza più forte, che non si

arrende davanti agli ostacoli; e –

credo – una ragazza che sorride

e guarda avanti... sulla via della

pace.

Page 15: N.25 Sulla via della pace 2012

dàsapore

il sapere“P

UNTATE IN ALTO!”,

ci dicono sempre i

nostri Fondatori.

A questo si potrebbe replicare:

“Eh, certo, mi dici di puntare in

alto anche nello studio, però a

me andare a scuola proprio non

piace”; oppure: “Ma sì, mica tutti

possono diventare dottori o

professori!”; o ancora: “Ma se io

sto bene così come sono, perché

dovrei impegnarmi di più? A cosa

mi serve?”.

Noi giovani ci lamentiamo

spesso della scuola. Studiare è

faticoso, e ci sembra che alcune

materie siano assolutamente

inutili e che non ci serviranno

mai nella vita di tutti i giorni.

Allora, con rassegnazione,

sentendoci “vittime” della

crudeltà dei “prof”, studiamo

solo per il voto, per superare

in qualche modo la verifi ca o

l’interrogazione.

Perché allora “puntare in alto”

nella scuola?

Ci ho pensato un po’, e ho iniziato

a chiedermi: “A cosa mi serve

sapere?”.

Mentre cercavo una risposta,

ho notato che il verbo “sapere”

in realtà ha due signifi cati: uno

è quello di “conoscere”, l’altro è

quello di “avere il gusto di”.

Questa cosa mi è subito piaciuta

e mi ha suggerito una possibile

risposta alla domanda che mi ero

posta: il sapere dà sapore.

saporesaporesapore

di ChiaraBrighenti

15

Pensiamo a un bel piatto di

tagliatelle: si possono mangiare

anche da sole, ma col ragù

diventano molto più saporite…

tutta un’altra cosa!

Il sapere nella nostra vita può

essere paragonato a questo

sugo: dà un tocco in più, ci

aiuta a diventare persone più

complete, più realizzate!

Ma se una persona non ha la

possibilità di studiare, non può

vivere una vita piena?

Credo che si possa cercare di

“sapere” - nel senso di avere

sapore - in tutte le circostanze

che ci si presentano, andando

in profondità in tutto ciò che

facciamo.

Penso, ad esempio, ad uno

qualsiasi dei nostri giorni. Una

persona ci è antipatica e ci

verrebbe spontaneo trattarla

male, oppure evitarla in tutti i

modi. E se invece provassimo

a conoscerla meglio, a cercare

di capirla? Quante volte ci

abbandoniamo alla critica...

Ma a cosa serve? Crea solo

una barriera che ci impedisce

di vedere quella bellezza che

è presente in ogni essere

umano. Che bello invece non

accontentarci della superfi cie,

andare oltre l’apparenza… e

non solo con gli altri, ma anche

con noi stessi e con Dio: può

diventare un ingrediente per

il nostro sugo e contribuire a

rendere più “gustosa” la nostra

esistenza e quella degli altri!

Page 16: N.25 Sulla via della pace 2012

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Cantare... ma non soloCorale ed Equipe musicale Via Pacis da molti anni cercano, con pazienza e tenacia, di vivere la diff usione del carisma della pace e della riconciliazione come membra inseparabili di uno stesso corpo. Con questa certezza, attraverso l’indissolubile unione di impegno personale e azione comunitaria, il dono di Dio continua a germogliare e a dare vita.

Guarire cantandoDa quando ho cominciato a cantare nella Corale Via Pacis, ho fatto un’e-sperienza di profonda guarigione.Ho sempre avuto un carattere abbastanza forte, che, per una scelta di sopravvivenza, mi ha portato tante volte a pormi sopra gli altri con atteg-giamenti e parole.Senza che me ne accorgessi, lo stesso atteggiamento si manifestava anche nella voce, coprendo quelle dei miei compagni. Un giorno, durante le prove, un amico me lo fece notare. Da allora ho cominciato a fare attenzione a come usavo la voce, sforzandomi di usare una timbrica che mi permettesse di essere alla pari con il coro.Tutto questo è stato estremamente terapeutico e mi ha permesso di “espor-tare” questo mio nuovo atteggiamento anche fuori dall’ambito musicale. Il Signore si è servito del canto per guarire questo lato del mio carattere con molta pazienza e cura, donandomi maggiore libertà.

Samuele, 32 anni

La vera sfi da non è sul palco!Canto da tempo nella Corale e sempre di più mi accorgo che la vera sfi da è rappresentata da ogni giorno che vivo, sia sul palco che nella vita di tutti i giorni. Ci vuole coerenza in quello che faccio e in quello che vivo: non posso essere Via Pacis sul palco, se non lo sono anche nella mia quotidianità. Via Pacis non è il ritrovo di tante persone: è Dio che si serve di noi per portare la sua pace.Sempre più capisco che la vera sfida non è sul palco, ma ogni giorno che vivo!

Anna, 17 anni

Musica

Page 17: N.25 Sulla via della pace 2012

La gioia del sentirsi parteFar parte della corale Via Pacis è stata un’esperienza altamente positiva: un nuovo modo di pregare, le numerose prove gestite come autentica preghiera, sentire il Signore che ti incontra nella polifonìa ed, in modo più mirato, in ciascun canto, rotante sempre attorno a Lui.Il sentirsi una piccola Comunità Corale inclusa nella più ampia Via Pacis - e da questa supportata con la preghiera e con la presenza fi sica di molti fratelli che condividono con noi la trepidazione e la gioia delle esecuzioni - dona una gioia ed una grinta dell’anima che le parole non rendono a suffi cienza; e ciò soprat-tutto quando si avverte che il messaggio del canto “passa” negli spettatori.E il messaggio di perdono, di riconciliazione, di relazioni vere cui il concerto mira non può non passare, perché è lo Spirito che lo ha suscitato.

Mario, 74 anni

L’armonia della diversitàPenso che cantare sia espressione dell’anima; il canto esprime quello che c’è nel cuore: gioia, tristezza, lode.Quando sono entrato in comunità, la prima cosa che mi ha colpito è stata, oltre all’accoglienza, la varietà delle persone che ne facevano parte: diverse nell’età e nell’estrazione sociale, ma tutte unite nella lode a Dio attraverso la musica e il canto. Una varietà evidente anche nella Corale, che si presenta come un’amalgama di diff erenze. Prova dopo prova – e con non poche diffi coltà – l’insieme delle voci si sono armonizzate sempre più tra loro, accordandosi con il ritmo e la melodia.E ho sperimentato anche che cantare bene non basta: la cosa più importante è far circolare l’amore tra di noi, che passa soprattutto attraverso i nostri volti.

Vigilio, 72 anni

Speciale: Cora

le Via Pacis

ULTIMI CONCERTI

4 dicembre 2011Rovereto (Tn)

Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni Battista

a Borgo Sacco

11 dicembre 2011Castello di Brenzone (Vr)

Chiesa Parrocchiale di S. Maria Assunta

18 dicembre 2011Sporminore (Tn)

Chiesa Parrocchiale

21 dicembre 2011Dro (Tn)

Chiesa Parrocchiale

30 dicembre 2011Folgaria (Tn)

Chiesa Parrocchialedi S. Lorenzo

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“Al canto è affidato il compito delicato di svelare ciò che di nascosto, intimo, quasi misterioso, è nel profondo dei sentimenti e degli affetti umani”

(Paolo Maino)

Speciale: Cora

le Via Pacis

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Una vitasulla via della pace

Intervistiamo uno dei più anziani membri di Via Pacis: il prof. Adolfo Toller, che ha da poco festeggiato i 90 anni.

Quando e come è iniziato il tuo rapporto con Via Pacis?Sono sempre stato credente e praticante, ma più che altro per

tradizione. Dopo la morte di mia moglie, nel 1981, ho vissuto il periodo più brutto della mia vita e la fede non mi aiutava. Ero in una depressione profonda. Nel 1983 mia fi glia Marisa mi ha invitato a partecipare alla settimana di spiritualità comunitaria. Molto lentamente ho cominciato a pensare che quello avrebbe potuto essere il mio posto.

Quali sono i tuoi ricordi più belli?Le confessioni da don Domenico! Era come fare una doccia

ristoratrice: entravi con un fardello pesante ed uscivi rinfrancato e pieno di coraggio per il tuo quotidiano. E poi le ore di adorazione silenziosa.

Come riassumeresti ciò che ti ha donato Via Pacis?La coscienza e la serenità di “sentirmi” cristiano con tutto me stesso.

Adesso quali sono i momenti più belli per te?Sono particolarmente felice quando scendo le scale che portano

alla cappellina della sede Via Pacis per partecipare alla preghiera di intercessione: lì la preghiera e la condivisione creano un clima di forte

ADOLFO TOLLER

È nato a Lavis (TN)il 1° gennaio 1922. Arruolato nella Brigata Alpina durante la seconda guerra mondiale, è uno di quei pochi che sono riusciti a tornare vivi dalla terribile “Campagna di Russia”.Nel 1951 sposa Annamaria, che muore nel 1981, dopo avergli donato quattro fi gli.La sua è una vita spesa per la scuola: prima maestro elementare, poi professore delle medie e, infi ne, Preside della Scuola Alberghiera di Varone.Abita a Riva del Garda, circondato dall’aff etto dei fi gli, dei nipoti e dei pronipoti, oltre che degli amici di Via Pacis

a cura di Stefania Dalpont

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“Quando conobbi don Domenico nel 1983 covavo un profondo astioverso Dio che mi aveva ‘portato via’ da due anni mia moglie. Gli aprii mente e cuore.Rimasi stupito della serenità con cui apprese questa mia dichiarazione. Non si meravigliò, ma mi abbracciò invitandomi a perdonare Dio”.

dal libro DonDomenico

uomo della misericordia di Dio

unione fraterna nella consapevolezza di un servizio gradito a Dio. Mi commuovo poi quando, durante gli incontri, i nostri bei giovani si siedono vicino a me chiamandomi “nonno Adolfo”.

Che cosa ti pesa di più in questi anni?Con l’avanzare dell’età il mio udito

si è indebolito talmente, che, durante gli incontri comunitari, spesso non riesco a seguire gli interventi di preghiera. Sono i momenti in cui posso solo dire: “Signore, mi abbandono alla tua fedeltà, ora e sempre”.

Se dovessi proporre Via Pacis a qualcuno, che cosa diresti?

Gli direi che qui può trovare la strada per superare le diffi coltà della vita quotidiana. In Comunità molte diffi coltà rimangono, ma c’è sempre qualcuno che ci indica come aff rontarle. O forse gli direi semplicemente: “Vieni e vedi”, come è stato detto a me tanti anni fa

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Vengo da un periodo “faticoso” in cui il mio equilibrio ne ha risentito. Mi scopro fragile, stanca e, soprattutto, spaventata perché la situazione familiare si presenta in salita, come pure altri àmbiti importanti della mia vita.Dio a volte l’ho cercato, l’ho pregato, raramente l’ho sentito vicino; credo dipenda dalla mia incapacità di abbandonarmi. In certi momenti ho pensato si trattasse solo di una bella invenzione: noi siamo soli, mi dicevo. Ma poi una sorta di “bussola interiore” mi ri-orienta verso di Lui! È con questo stato d’animo che ho accettato di partecipare alla due giorni di pacifi cazione organizzata da Via Pacis.

“Dio Padre”… “Dio Padre e Madre”...  “sentirsi Figli”… Che infi nito bisogno di un Padre e

una Madre! Solo il pensiero mi fa girare la testa…

no, no, no, non cedere, perché poi sai che la vita è dura e, se togli l’armatura, è fi nita!

… e poi cosa vuol dire sentirsi fi glia? Signifi ca “abbandonarsi fi duciosi” tra le braccia di chi ti ha dato la vita, sentirsi amati, al sicuro… altro capogiro!

no, no, no, fi glia signifi ca che esisti solo davanti ai problemi e alle diffi coltà, anche se sei piccola e non sei ancora pronta, anche se sei spaventata, anche se senti che non ce la fai a comprendere, …sei una fi glia, per giunta femmina, perciò tocca a te!

Mi piace questa gente, la sento vera, serena, accogliente. È gente come me, che ha soff erto, che ha cercato, cercato, cercato, ma, a diff erenza di me, ha incontrato

TESTIMONIANZE

Un Padreche dà alla testa

il vero motivo per cui vivere e ha detto di sì!

Ho un gran mal di testa, piangerei in continuazione, ma non posso cedere, ho faticato così tanto per costruirmi questa pessima corazza! Chi rimetterà a posto i pezzi dopo? Questi non sono i volti che incontrerò tutti i giorni… I giorni seguenti mi chiedo come sia possibile vivere se non partendo proprio dal Padre e dall’essere Sua Figlia! Ho una preferenza per le persone ferite, perché anch’io mi sento così, ma Via Pacis mi ha mostrato che la vera radice del donarsi non può che essere il Padre misericordioso. Senza abbeverarsi alla sua fonte, nulla ha senso, nulla è duraturo.

Ecco la mia fatica. Sto pregando e vi chiedo di pregare per incontrare l’amore di quel Padre che, con i vostri sguardi, le vostre parole, i vostri canti e balli, mi avete dimostrato essere vivo, presente e operante nella vostra vita; tutt’altro che una bella invenzione! Con gratitudine e sincero aff etto

Emanuela

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Posso testimoniare che è proprio vero che la Parola di Dio è viva e come tale è capace di raggiungere la nostra vita, la nostra mente, il nostro cuore ed è in grado di aiutarci a cambiare.In questi anni ho sperimentato più volte nella mia vita che la Parola di Dio può portare ordine dove c’è confusione, può diventare quell’appiglio a cui aggrapparsi per non aff ondare, può diventare balsamo sulle nostre ferite, può diventare forza per superare un momento diffi cile.C’è una Parola che mi ha accompagnata in questi anni; una Parola che per un certo periodo ho evitato, che per anni ho rifi utato e che infi ne ho accolto, permettendole di rivelarmi tutta la grazia e la profondità che racchiudeva in sé: “Questo è il calice del mio sangue versato per voi e per tutti”. Gesù off re il suo corpo e il suo sangue per la salvezza dell’umanità e ci invita a fare la stessa cosa prendendo esempio e forza da Lui: morire a noi stessi per diventare dono per gli altri. Pensavo che l’off erta della soff erenza riguardasse solo Gesù. Gesù aveva scelto di soff rire e di morire in quel modo per un progetto grandioso. Ero convinta che la possibilità di off rire la soff erenza fosse una chiamata riservata a pochi, a persone davvero coraggiose e forti.Poco prima del compimento dei tre anni, a nostro fi glio venne

diagnosticata una forma di autismo e, quindi, una disarmonia generalizzata dello sviluppo. Un fi glio, non in pericolo di vita, ma malato, disabile. Ricordo che a quel tempo una persona, mossa sicuramente da buoni propositi, per consolarmi mi disse: “Sonia, cerca di cogliere il lato positivo di questa situazione. Chissà quante anime Dio porterà in paradiso grazie alla malattia di tuo fi glio!”. Questa frase provocò in me una ribellione nei confronti di Dio: “Tu, che sei il Dio dell’impossibile, trovati un altro modo per salvare anime. Ma non usare la soff erenza dei bambini!”. Avvertivo in me una profonda spaccatura. In comunità avevo fatto esperienza dell’amore di Dio, un Padre che ama i propri fi gli; ero certa che le malattie non potevano venire da Lui e, proprio per questo, non potevo accettare che Lui avesse bisogno della soff erenza per realizzare i suoi progetti.Alcuni anni più tardi, ascoltando un insegnamento sul mistero della soff erenza, partendo da quella di Gesù, mi lasciai provocare dall’invito di Gesù di off rire il proprio sangue. Capii che Dio non aveva bisogno della nostra soff erenza, ma che nell’off rirla ci dava la possibilità di viverla in maniera diversa: una soff erenza non più per la morte, ma per la vita, per il bene. Quanta pace e gratitudine ho provato nel rappacifi carmi con questa parola!

Sonia

Soff rire o off rire?

Dio non ha bisogno

della nostra soff erenza

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Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli. Si tratta di due persone che avevano aderito con tutta la loro vita alla proposta del Battista. Al momento non è dato sapere nulla di più circa la loro identità. In ogni caso è possibile azzardare un’ipotesi: se hanno avuto il coraggio di seguire un maestro della levatura morale e spirituale di Giovanni Battista, sono due uomini incapaci di lasciarsi vivacchiare dal tran tran quotidiano e che prendono sul serio il proprio rapporto con Dio.Ecco l’agnello di Dio! Il Battista aveva già riconosciuto in Gesù il portatore misterioso della salvezza, la cui morte avrebbe eliminato la colpa del peccato

presente nel mondo (cfr Gv 1,29). Adesso, mentre vede Gesù che passa, comprende pure che deve far capire ai suoi seguaci che il compito dell’annunciatore è giunto al termine: ora c’è l’Annunciato in persona! È di Lui che bisogna diventare discepoli. Veramente un grande uomo questo Giovanni Battista: nella sua lucidità interiore (e nei suoi successi personali, verrebbe da aggiungere, dato che la presenza di discepoli conferma il buon esito della sua predicazione) non si scorda mai, nemmeno per un momento, che il senso autentico per la vita umana viene soltanto ed unicamente da Gesù.E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Giovanni deve essere stato veramente un bravo maestro, almeno a giudicare dalla maturità interiore che questi due dei suoi discepoli dimostrano nel non voler dipendere in eterno dalle “sottane” di Giovanni Battista.

Tale maturità permette loro anche di avere la libertà interiore di staccarsi dal Battista (senza, con questo, volerlo rinnegare) per poter iniziare un cammino personale e comunitario dietro a Gesù, nel desiderio di condividerne gli ideali e la missione nel mondo.Gesù allora si voltò. È come se Gesù non solo si girasse fi sicamente verso questi due uomini, ma anche “sterzasse” con decisione la propria attenzione (probabilmente prima assorta nei propri pensieri mentre stava passeggiando) verso il loro desiderio di proseguire il cammino della loro vita insieme a Lui.disse: «Che cosa cercate?». Nell’originale greco l’atto del domandare è posto al presente, «dice a loro» (col senso di: «chiede a loro»), quasi si trattasse di una domanda che Gesù vuol fare all’oggi del discepolo di ogni epoca. «Che cosa cercate?»: sono le prime parole che Gesù

Quanto amo la tua Parola, Signore

FORMAZIONE

Quanto amo la tua Parola, Signore

Domande e risposte

diGregorio Vivaldelli

Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fi ssando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, signifi ca Maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

(Gv 1,35-39)

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25

pronuncia all’interno del Vangelo secondo Giovanni. Sono parole di un valore inestimabile per il discepolo di Cristo. È come se defi nissero il discepolo un “cercatore”. Il discepolo di Cristo, quindi, non è una persona che ostenta sicurezze religiose. Egli, invece, è un “esploratore”, disponibile a lasciarsi provocare e mettere in discussione dalle inesauribili profondità esistenziali che la vita off re ogni giorno, nella consapevolezza di trovare nell’interrogativo stesso che Gesù gli rivolge la ragion d’essere della propria ricerca.Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, signi� ca Maestro». Un’osservazione su questa nota esplicativa: almeno qualche persona della comunità dove si è formato il Vangelo di Giovanni non era ebreo o, quanto meno, non conosceva l’ebraico, per cui si rendeva necessario chiarire determinati termini ebraici. Non dimentichiamoci che si è

nell’ambito del racconto della chiamata dei primi discepoli di Cristo. In un contesto come il nostro, dove pericolosi rigurgiti ideologici intendono l’appartenenza religiosa alla stregua di un circolo privato i cui membri sono ammessi solo grazie alla razza (!), alla lingua o alla nazionalità, è interessante notare che la prima comunità che ha accolto il Vangelo di Giovanni è una realtà umana, per così dire, “mista”, riunita dall’aver cercato ed incontrato il vero Agnello di Dio, al quale poter cantare insieme: “Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione” (Ap 5,9).«dove dimori?». Sembra che questi due discepoli abbiano intuito il segreto della sequela cristiana: essa non è tanto una dottrina, quanto il desiderio di far proprio, personalmente

Domande e risposte

“La religione consiste nell’interrogativo di Dio e nella risposta dell’uomo. Se Dio non pone l’interrogativo, tutte le nostre ricerche sono vane. La risposta dura un istante, ma l’impegno continua”(A.J. Heschel)

e comunitariamente, lo stile di vita di Gesù stesso, per poi testimoniarlo lungo le strade della storia dell’umanità. È curioso osservare come il testo non dica nulla circa il “dove”, ma registri un “quando”: erano circa le quattro del pomeriggio, letteralmente: «era circa l’ora decima». Sia nella cultura giudaica, che nella fi losofi a dei pitagorici, che in Filone d’Alessandria (fi losofo giudeo di lingua greca, ca 20 a.C.-50 d.C.), il «dieci» rappresenta il numero perfetto, il numero pieno. In questo modo l’evangelista Giovanni vuole dire che Gesù è la vera risposta di ogni ricerca umana.Il più bell’augurio che possiamo farci, allora, è quello di sentir risuonare nel nostro cuore le parole della risposta data da Gesù ai due discepoli: «Venite e vedrete»; vorrebbe dire che il nostro camminare sulla via della pace sta ponendo la domanda giusta al Signore

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La parola embrione sembra ormai entrata nel linguaggio comune. Giornali e televisioni parlano delle ricerche con

gli embrioni creati “in vitro” come se tutti sapessero esattamente di che cosa si tratta. Si aff erma che queste ricerche sono eff ettuate allo scopo di produrre cellule staminali, e giustifi cate dalla possibile applicazione terapeutica in malattie quali il Morbo di Parkinson o il diabete. Ma è un campo dove la pressione di forti interessi economici si scontra con la drammaticità del quesito etico.Chi è l’embrione? Un individuo umano in una fase iniziale dello sviluppo, o una “cosa”? Una parte del mondo scientifi co sostiene arbitrariamente la tesi che si possa parlare di embrione solo dopo il 14° giorno dalla fecondazione, per poter eff ettuare liberamente sperimentazioni prima di tale limite. Ma fi n dall’istante della fecondazione il nuovo soggetto è programmato

per diventare un essere umano e non ci sono “salti” in questo processo. Eppure, a chi si riferisce a questo dato di realtà viene contestato di impedire il progresso della scienza e la cura di gravi malattie. In questo scenario, lo scorso ottobre una sentenza della Corte di Giustizia Europea ha riportato alla ribalta il problema. Secondo la Corte, non è possibile brevettare un’invenzione ottenuta con la distruzione di embrioni umani o mediante l’utilizzazione degli stessi come materiale di partenza, qualunque sia lo stadio del loro sviluppo, specifi cando che “costituisce embrione umano qualunque ovulo umano fi n dalla fecondazione”. Le conseguenze di una tale posizione sono di grande portata simbolica: innanzitutto, vietare lo sfruttamento signifi ca aff ermare che non contano solo i risultati, ma anche il modo in cui vengono raggiunti. È una dichiarazione importante per la defi nizione di embrione, ne ribadisce con forza la piena dignità umana e il suo diritto ad essere tutelato: la non brevettabilità rimanda al suo valore antropologico.Ma non tutto procede sulla stessa linea. Nella stessa Europa, l’Agenzia del Farmaco ha approvato la “pillola dei 5 giorni dopo”,

proposta come “contraccettivo d’emergenza” effi cace più a lungo della “pillola del giorno dopo” (in questa rivista nel n. 3 del 2006). “Fino a 120 ore per correre ai ripari”, proclama una pubblicità sul Web. I pochi studi eff ettuati per ottenere la registrazione non mettono a fuoco il meccanismo d’azione, ma solo l’effi cacia nel “prevenire” una gravidanza. L’Italian journal of gynaecology and obstetrics pubblica un articolo che mostra come il farmaco agisca nella maggior parte dei casi impedendo l’impianto nell’utero dell’embrione: si tratta di aborto, anche se “invisibile”. La sentenza della Corte Europea permette ora di sostenere questa aff ermazione anche dal punto di vista giuridico, e può aiutarci a lavorare più consapevolmente per la dignità della vita umana

FORMAZIONE

Le sfi de della vita

Le sfi de della vita

di Maria Luisa Toller

Chi è l’embrione?

“costituisce embrione umano

qualunque ovulo umano

fi n dalla fecondazione”

(Corte di Giustizia Europea)

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27Carissimo...

Carissimo...

FORMAZIONE

Ma che male c’è?

Carissimo,la tua domanda è pungente: “Ma che male c’è (a fumare, a bere, a fare sesso…)?”.

La mia risposta di getto sarebbe: “Ma che bene c’è?”. Provo ad essere un po’ più esplicita. Quando si acquista un qualsiasi apparecchio (lavatrice, televisore, cellulare, computer, …), esso viene fornito con un manuale: il buon funzionamento e la durata di quello strumento dipendono anche dall’usarlo secondo le norme. Mai ci verrebbe in mente di pensare che quel manuale è scritto per limitare la nostra libertà o il nostro campo d’azione. E se ci fosse un manuale d’uso anche per questo complesso e strabiliante “marchingegno” che è l’uomo? E se ci fosse un fi le interno, che

indica come farlo funzionare al meglio, quale manutenzione apportare, quali cose lo sballano e quali lo mantengono in salute, quali lo “incriccano” e quali no? Don Domenico diceva che se una macchina è programmata per essere alimentata a benzina, anche se le facciamo il pieno di “rosolio” (per lui la quintessenza delle squisitezze), quell’auto non si muoverà! Cosa voglio dire con questi esempi casalinghi?Un’azione la si giudica da cosa produce: forse la tanta tristezza, amarezza, noia, insignifi canza della vita presenti nel cuore - soprattutto, ma non solo - di tanti giovani stanno a signifi care che la benzina non è quella giusta? Forse stanno a signifi care che viene usato rosolio e non benzina?Le conseguenze fi siche del fumo, dell’alimentazione sbagliata, dell’alcol, dell’abuso di farmaci, ecc. sono sotto gli occhi di tutti e le statistiche lo dimostrano, dati alla mano. Lo so che sei giovane

Ma che bene c’è?

di ElianaAloisi Maino

e che la malattia e la morte ti sembrano tanto lontane. Lo so che ti sembra impossibile pensare che da come vivi l’oggi, a tutto tondo, così prepari o ipotechi il domani. Ma è così! Non siamo padroni del nostro corpo, non siamo padroni di usarlo come ci va. Sì, certo, possiamo farlo, ma pagandone un caro prezzo. Un proverbio africano, ma conosciuto anche da noi, dice: “Dio perdona sempre, l’uomo a

volte, la natura mai”. Così anche per il sesso (che brutto termine!). Come mai

in un tempo in cui si sbandierano il godimento sfrenato, la libertà illimitata, il fare come si vuole, come si sente, le patologie sessuali sono in aumento esponenziale e, con loro, il lavoro dei sessuologi? Come mai l’armonia di coppia è così rara? Forse bisognerebbe operare come sui nostri computer o cellulari: “ripristinare le impostazioni iniziali” e, per noi credenti, riscoprire il “Manuale del Fabbricante”.Un bacio

Sempre tua Eliana

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Strumenti di pacePubblicazioni Via Pacis

LA SACRA SCRITTURA COME ANIMA DELLA CATECHESI GIOVANILEdi Tiziano CivettiniEdizioni Messaggero PadovaPagine: 199

È ancora possibile fare catechesi ai ragazzi usando la Bibbia?Partendo dall’analisi dei catechismi dei giovani

degli anni ’90, questo libro rifl ette su una delle sfi de che la comunità cristiana si trova ad aff rontare: trasmettere la fede alle nuove generazioni usando la Sacra Scrittura. Partendo dal modello esperienziale e kerigmatico, l’autore analizza come si sia evoluta la catechesi negli ultimi anni, confrontando le diverse proposte alla luce della parola di Dio. Un libro per provare a colmare il gap comunicativo tra giovani e fede ecclesiale; una guida indispensabile per catechisti, genitori e per tutti coloro che sono alla continua ricerca di una modalità diversa di approccio all’annuncio cristiano.

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