N.30 Sulla Via della pace 2013

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1 EDITORIALE: Un Papa stra-ordinario! CARISSIMO: Diventare la "persona giusta" Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Via Pacis 20I3 n.30 Anno VIII - n. 2 - Aprile-Giugno 2013 - Trimestrale - Contiene I.R. Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento - Taxe Percue In caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Trento per la restituzione al mittente previo pagamento resi ® sullaVIAdellaPACE PROGETTI 2012

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Rivista di in-formazione dell'Associazione Via Pacis

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EditorialE:Un Papa stra-ordinario!

Carissimo:Diventare la "persona giusta"

Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Via Pacis 20i3 n.30

Anno VIII - n. 2 - Aprile-Giugno 2013 - Trimestrale - Contiene I.R. Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento - Taxe Percue In caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Trento per la restituzione al mittente previo pagamento resi

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ProGEtti 2012

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L’Associazione Via Pacis è un’Associazione Privata di Fedeli Laici della Chiesa Cattolica e membro della Fraternità Cattolica delle Associazioni e Comunità Carismatiche di Alleanza di Diritto Pontificio.

Le attività di solidarietà promosse dall’Associazione Via Pacis sono gestite dalla associazione Via Pacis onlusViale Trento, 100 - 38066 Riva del Garda (TN) - ItalyTel. +39.0464.555767 - Fax +39.0464.562969 [email protected]

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sUlla Via dElla PaCETrimestrale di in-formazioneAnno VIII - n. 2 aprile-giugno 2013

Registrazione n. 263 presso ilTribunale di Rovereto (TN)(19.01.2006)

Direttore responsabilePaolo maino

Direttore di redazioneruggero Zanon

Redazionetiziano Civettiniruggero Zanon

CollaboratoriPaola angerettistefania dal Pontannalisa Zanin

Archivio FotograficoPatrizia rigoni

Distribuzione e numeri arretratiGraziana Pedrotti

Amministrazionerenato demurtas

Editoreassociazione Via Pacis onlus

Direzione e amministrazioneViale Trento, 10038066 Riva del Garda (Trento) [email protected]. +39.0464.555767Fax +39.0464.562969

GraficaEmmanuele Pepè[email protected]

StampaAntolini Tipografia - Tione (TN)

Finito di stamparenel mese di marzo 2013

In copertina:Grazie, Benedetto XVI! Benvenuto, Francesco!

GARANZIA DI RISERVATEZZA Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n° 196/2003 (tutela dati personali) si garantisce la massima riserv-atezza dei dati personali forniti dai lettori ad Associazione Via Pacis onlus e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione, o di opporsi al trattamento dei dati che li riguardano, rivolgendosi al Titolare del trattamento dati, Associazione Via Pacis onlus – viale Trento, 100 – 38066 Riva del Garda (TN) o scriv-endo al Responsabile Dati dell’Associazione Via Pacis onlus Paolo Maino anche via email all’indirizzo [email protected]. è possibile consultare l’informativa completa all’indirizzo www.viapacis.info/privacy.aspx

4 EditorialeUn Papa stra-ordinario!

8 Cristiani a caro prezzo10 Scelta di in-differenza12 Rigenerati dalla riconciliazione15 ProGEtti 201223 La fuerza di cambiare25 Colombia ferita28 La vita come scelta30 Giovani

Sento, quindi amo?32 Quanto amo la tua parola, signore

Connessi... alla rete34 areopago

Una crisi senza cuore35 Carissimo

Diventare la "persona giusta"

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BENEDETTOXVI

«Dio guida la sua Chiesa,

la sorregge sempre, anche

e soprattutto nei momenti

difficili»

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C’ero anch’io quel giorno in Piazza san Pietro a Roma, quando Papa Benedetto ha tenuto

l’ultima udienza generale. Eravamo una folla commossa, attonita, ma ci ardeva il cuore. Ancora una volta le sue parole pacate, serene, semplici hanno fatto presa nei cuori e sui volti delle migliaia di persone accorse per l’ultimo saluto, ed hanno

portato ancora speranza: "Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore".Benedetto XVI ci lascia un magistero razionale e ricco di fede. Questo suo impegno ha permesso di aprire un dialogo con tutti coloro che sono alla ricerca della verità, smascherando ogni sorta di fondamentalismo

Un PapasTrA-OrDINArIO!

E D I T O R I A L E

di Paolo Maino

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e di relativismo, e favorendo in tal modo un confronto libero. Sulla scia del suo predecessore, ha consolidato in modo forte e incondizionato il connubio fra fede e ragione.Sfidando il "politicamente corretto" tanto in voga anche in ambienti cattolici, ha chiarito più volte come le religioni non siano tutte uguali, avendo modo di precisare come il cristianesimo non possa nemmeno definirsi una religione, né tanto meno una filosofia, ma come esso rappresenti l’incontro vivo con una persona: Gesù Cristo. Ha inaugurato un dialogo interreligioso improntato alla verità, ponendo le basi per un confronto più costruttivo.

E in quest’ottica non si è stancato di sottolineare la bellezza e la gioia dell’essere cristiani, sfatando quel mito che vorrebbe vedere nel cristiano colui che ha fatto della rinuncia e dell'afflizione le proprie compagne di viaggio.Nella rincorsa ai diritti, ha avuto il coraggio di sfidare l’impopolarità affermando ancora una volta l’esistenza di un diritto naturale, di una legge cioè iscritta nel cuore di ogni uomo, capace di rivelarsi a chiunque la ricerchi con la propria ragione. Una legge naturale costitutiva all'uomo e che lo accompagna da sempre, e della quale non può disporre, non vista come un limite alla propria libertà, ma come un baluardo posto a

difesa della dignità dell’uomo. Sono quegli stessi diritti che le costituzioni di tanti Paesi – oltre che la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo – definiscono come indisponibili, e che possono quindi soltanto riconoscere – in quanto a essi preesistenti – e che non possono essere modificati a seconda delle maggioranze. Quei valori non negoziabili, lungi dal costituire un limite al potere democratico, ne sono anzi il presupposto, e su di essi si fonda il concetto stesso di democrazia. Come si potrebbe infatti parlare di democrazia negando il diritto alla vita, la libertà di professare la propria religione, la famiglia fondata sul matrimonio?Benedetto XVI, con il suo gesto che rimarrà nella storia e che rappresenta la sua ultima e forse più grande lezione, ha insegnato ad un mondo che ricerca freneticamente di vivere sotto i riflettori dei media, che lo straordinario può e deve continuare a incarnarsi nell’ordinario, che l’ordinarietà vissuta in pienezza è ciò che rende straordinaria la vita, che tutto ciò che si fa nella propria quotidianità può rappresentare un contributo fondamentale alla storia della salvezza.Il suo non è stato un abbandono, ma un abbandonarsi fiducioso a quel Dio che regge saldamente la storia.

UN PAPA STRA-ORDINARIO

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«Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell'animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. (...)Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l'amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio mi-nistero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti».

Declaratio, 10 febbraio 2013

«Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze».

Angelus, 24 febbraio 2013

«Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre accompagnato: questa certezza della vita della Chiesa dalla Parola di Dio. In quel momento, come ho già espresso più volte, le parole che sono risuonate nel mio cuore sono state: Signore, perché mi chiedi questo e che cosa mi chiedi? È un peso grande quello che mi poni sulle spalle, ma se tu me lo chiedi, sulla tua parola getterò le reti, sicuro che tu mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze. E otto anni dopo posso dire che il signore mi ha guidato, mi è stato vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. È stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il

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Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringra-ziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore....In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano di-minuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il co-raggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi. ...Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro....Cari amici! dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdi-amo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore. Grazie!».

Udienza Generale, 27 febbraio 2013

«... nel cuore di ciascuno di voi ci sia sempre

la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto ...»

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I N F O R M A Z I O N E

Cristiani a CArO PrEzzO

di alessandra Zanin

«A chi è solo, Dio fa abitare una casa, fa uscire con gioia i prigionieri»

(Salmo 68,7). Così ha iniziato la sua testimonianza John (nome fittizio per motivi di sicurezza), un pastore battista del Pakistan, invitato a partecipare all'incontro di preghiera della comunità Via Pacis di Trento, proprio alla conclusione della settimana per l'unità dei cristiani.Pacato nel parlare, mite e gentile nei modi, John è in Italia come rifugiato, perché accusato di blasfemia, cioè di aver offeso Maometto o il Corano. John ha

subito precisato di non aver mai offeso l'Islam. La domenica però la gente era talmente numerosa ad ascoltarlo, che in centinaia rimanevano davanti alla porta della chiesa. Una situazione che ha finito col dare fastidio a qualcuno, che lo ha accusato di blasfemia, mettendolo a rischio di condanna a morte. In Pakistan vige questa legge: chi offende la religione dell'Islam può essere condannato a morte; in più, la prassi è che può essere giustiziato da chiunque, non servono prove; basta la dichiarazione di una persona. Questa legge può essere usata per opprimere le minoranze religiose con accuse arbitrarie oppure per colpire qualcuno e sottrargli le proprietà. Per un anno ha vissuto in un clima di caccia all’uomo fatto di minacce ed attentati alla sua vita. In seguito, molti fratelli cristiani, protestanti

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9CRISTIANI A Caro PrEZZo

e cattolici, hanno raggranellato i fondi necessari per farlo fuggire all'estero. Dopo un viaggio rocambolesco, si è trovato in Italia, senza casa né lavoro, lontano dai familiari, ma felice di essere in salvo.Nonostante ciò che ha vissuto, John ringrazia Dio che nella sua provvidenza gli ha fatto incontrare delle persone disposte ad aiutarlo. Non ha parole di risentimento, ma di gratitudine. Nei suoi occhi non c'è disperazione, ma la fiducia che Dio ha un progetto particolare sulla sua vita.Il suo sogno è aiutare i bambini pakistani ad avere un'istruzione, un'educazione cristiana. Nel suo Paese infatti, le scuole sono a pagamento e non tutti possono permettersele. Inoltre le scuole statali sono islamiche. Grazie

all'istruzione, potranno costruire un futuro migliore per il Paese, scosso da violenze e soggiogato da minoranze che sostengono la legge sulla blasfemia. Chi ha avuto il coraggio di criticarla ha pagato con la vita: come Salman Taseer, musulmano, governatore della provincia del Punjab, ucciso da una guardia del corpo; o come Shahbaz Bhatti, cattolico, ministro delle Minoranze Religiose, ucciso da terroristi talebani nel 2011. I cristiani, appena il 2% della popolazione, sono particolarmente a rischio di accuse ingiuste, come Asia Bibi, madre di quattro figli, in prigione da anni per l'accusa di blasfemia. Le donne, specie se cristiane, sono a rischio di violenze e rapimenti. Anche un parente di John è scomparso da tempo e non ne hanno saputo più nulla;

forse è stato ucciso.Nonostante tutto – ha raccontato il pastore – i cristiani in Pakistan hanno il coraggio di credere in Gesù e di testimoniarlo come Salvatore della loro vita. Persino i bambini parlano di Gesù a scuola, rischiando anch'essi di essere accusati di blasfemia.John ha chiesto a tutti di pregare per il Pakistan. È stata l’occasione per invocare insieme lo Spirito Santo sul Pakistan, su tutti i cristiani perseguitati e anche sull'Italia e l'Europa, perché possano ritrovare la fede in Cristo e il coraggio di testimoniarlo. È stato un grande dono poter incontrare un fratello perseguitato per la fede: in lui è stato possibile vedere la forza di Dio e la speranza che solo il Signore può dare, anche nelle situazioni più difficili.

Notizie dettagliate sono fornite dall’organizzazione cattolica Aiuto alla Chiesa che Soffre (www.acs-italia.org), dall’evangelica Open Doors International (www.porteaperteitalia.org), oltre che dai Religious Freedom Reports del Dipartimento di Stato USA.

in alcuni paesi non c'è la libertà dicoscienza

50 milioni di cristiani perseguitati o discriminati nel mondo

100.000 cristiani uccisi ogni announo ogni 5 minuti

in alcuni paesi la fede cristiana è punita con la

morte

DISCRIMINATI E PERSEGUITATISi parla di discriminazione quando i cristiani sono tollerati, ma non hanno gli stessi diritti degli altri cittadini, ad es. per quanto riguarda l’accesso al lavoro o a cariche pubbliche.

In alcuni Paesi (ad es. Corea del Nord e Arabia Saudita) vi è una vera e propria persecuzione: ogni manifestazione di fede è vietata e viene punita con la prigione o anche con la morte.

Alcune nazioni, pur non perseguitando i cristiani, non li difendono dalle violenze di fanatici della religione maggioritaria. Il risultato è che i cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato al mondo

cioè non è lecito diventare cristiani.

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Un libro pubblicato recentemente, dal significativo titolo “Menzogna”, illustra acutamente

il compito e la responsabilità ineludibile di discernere i segni dei tempi, senza mai “spegnere il cervello”. La verità – scrive infatti l’autrice – è molto fragile perché è una sola, mentre la menzogna è molteplice, ha molte risorse, e ha il potere di diffondere una specie di nebbia che rende tutto indifferente e vago.Stiamo con ogni evidenza vivendo in un contesto di grande confusione, nel quale è difficile orientarsi; gli italiani – ad esempio – avevano inteso che il problema dei problemi fosse di ordine economico e si

Scelta di IN-DIffErENzA

erano raffigurati lo spread con la faccia della strega cattiva, che ognuno doveva contribuire a bandire. Ora però sembra che la questione capitale nei dibattiti pubblici e nelle preoccupazioni dei politici e dei governi sia di altro tipo: il matrimonio gay e il diritto di essere papà senza essere necessariamente maschio, o mamma senza essere necessariamente femmina. Che significa tutto questo? Significa che Il livello del confronto è diventato molto più profondo: la posta in gioco è ora la contestazione radicale dell’antropologia, cioè del valore e della responsabilità che la civiltà occidentale, di matrice cristiana, ha assegnato all’essere uomini e donne in questo mondo.Anche la Chiesa si è trovata smarrita da questo “terremoto di profondità”. Dopo lo scoop “Dio è morto” – notizia data per certa negli anni ’70 –, ci si è resi

di tiziano Civettini

F O R M A Z I O N E

conto che, in realtà, stava ancora piuttosto bene, e qualcuno si è illuso che la tempesta fosse passata. Ora pare che ad essere in pericolo di vita sia l’uomo. La situazione non è meno grave di prima, proprio perché è difficile coglierne i contorni. La teologia (mettere Dio al centro del discorso) non è un’altra cosa rispetto all’antropologia (mettere l’uomo al centro del discorso): ciascuna è il diritto e il rovescio della stessa medaglia.Cosa ci sta succedendo? Siamo spettatori di una mobilitazione culturale planetaria, promossa da poteri nazionali e organismi sovranazionali, da grandi media e da singoli personaggi influenti, che sta aggregando poderose correnti di pensiero per erodere e aggredire la tradizionale idea di umanità, scalzando la nozione stessa di “natura umana”. Le conseguenze si annunciano dirompenti e sovversive, perché è

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SCELTA DI IN-DIFFERENZA

in atto la formazione sistematica di persone che agiscono soltanto sullo stimolo del proprio desiderio individualistico, non riconoscendo altra legge se non se stesse e i propri impulsi.Il primo livello di questa rivoluzione culturale riguarda un vecchio argomento sempre di moda, un evergreen: la sessualità. La novità è che da molti è ormai inteso come ovvio che l’orientamento sessuale di una persona non sia dato dalla ‘natura’ (essere biologicamente di genere maschile o femminile), ma dalla propria scelta. Una scelta che non deve essere per forza definitiva, ma che può cambiare. L’identità sessuale sembra quindi essere diventata una favola per bambini e appare sempre più accettabile la figura dell’individuo emancipato connotato dalla transessualità o dall’in-differenza sessuale. E questa non è più un’opinione latente e minoritaria, ma ormai

una filosofia codificata (con tanto di leggi a sostegno); non è più sottintesa e allusa, ma teorizzata e insegnata: l’ideologia del “gender” è infatti già entrata ufficialmente nei programmi ministeriali scolastici in diverse nazioni dell’Occidente e mira a forgiare le nuove generazioni e a “colonizzare il nuovo mondo” come l’ultima buona novella di libertà.Ma non è in causa solo la sessualità con annessi e connessi; se si tocca il concetto di natura, implode anche quello di verità e di responsabilità. La politica, ad esempio, non avrà più un fine di bene comune condiviso, ma sarà sbattuta di qua e di là dai mutevoli venti dei capricciosi sondaggi di opinione (come sta già avvenendo). Il motivo è il medesimo: sono io, e solo io, che decido il bene e il male. Così, è la società stessa, nel suo complesso, nelle delicate reti che la compongono, a collassare.

Benedetto XVI, nel settembre 2011, al Reichstag di Berlino, ha riproposto con pacifica forza la dottrina della legge naturale come fondamento della verità sull’uomo e sulla società degli uomini. La legge “di natura” non è un’invenzione del Papa, ma un patrimonio della civiltà, non solo occidentale, fin dall’antichità. L’idea di fondo è che l’uomo, per essere veramente uomo, deve seguire una grammatica di comportamento insita e riconoscibile nel profondo del suo animo, che si esprime nel rispetto di se stesso, degli altri, della realtà dei fatti e di Dio. Questa idea è però censurata da tutti coloro che reclamano il diritto assoluto della società (e, ora più radicalmente, del singolo individuo) di imporre a piacimento (o a maggioranza) norme e stili di comportamento svincolati da ogni motivazione di naturalità.Il dibattito, per fortuna, non è passato sotto silenzio, perché il pontefice ha portato argomenti difficilmente eludibili o demolibili con banali slogan, e molti esponenti della cultura, uomini e donne, anche non cristiani, si sono mobilitati per ri-creare un pensiero forte nella direzione da lui indicata. È un bel motivo di speranza.Come si inserisce l’Associazione Via Pacis in questa problematica?Cercando di creare i presupposti per il rispetto integrale di ogni persona, con le sue fragilità e contraddizioni, ma anche con le sue potenzialità e risorse; promuovendo la dignità della donna, nella valorizzazione delle differenze tra i sessi e gli individui, come forma di ricchezza e di sviluppo; attuando iniziative di formazione personale per poter aiutare a essere capaci di giudizio maturo; cercando di ascoltare quanto Dio sta dicendo al mondo, attraverso i fatti che accadono e le persone che si incontrano, come ambasciatori di riconciliazione, seminatori di gioia, attori di solidarietà con i poveri.

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Una parola che ha segnato profondamente la vita di Via Pacis è un versetto della

lettera agli Ebrei: “Deposto il peso e il peccato corriamo con perseveranza” (Eb 12,1). Per correre sulla via della pace va deposto ciò che appesantisce le spalle e rallenta la corsa: peso e peccato. Sono due aspetti diversi, e in modo diverso vanno trattati.Il peso è composto da tutto il complesso di sofferenze che ha gravato la vita e che non sempre è dipeso da noi e va curato con la pacificazione interiore.

Il peccato è la parte morale, le scelte di male operate consapevolmente. Va affrontato con i tanti mezzi della remissione del peccato che la Chiesa offre, tra cui il mezzo per eccellenza è il Sacramento della Riconciliazione.

Azione potente di Dio Questo sacramento è, come ogni sacramento, l’azione potente ed efficace di Gesù oggi, nella Chiesa. Rende possibile l’impossibile, e cioè la remissione del peccato e la ri-generazione: l’essere partoriti a vita nuova.

RigeneratidallarICONCIlIAzIONE

F O R M A Z I O N E

E non solo: viene donata una maggior forza per combattere il male. Inoltre, ogni volta è permettere a Dio di essere più presente in tutta la nostra vita.

Difficoltà e problemiOggi assistiamo a due atteggiamenti opposti nei confronti di questo sacramento: abbandono o sovraccarico. C’è chi ha smesso da tempo di confessarsi e considera la confessione come qualcosa di superato e obsoleto. Altri si avvicinano alla confessione

di Eliana Aloisi Maino

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per cercare consolazione e comprensione. Altri ancora trovano troppo faticoso e difficile l’esporsi in prima persona come questo sacramento richiede.C’è poi chi dice di non saper cosa dire, che peccati confessare. Prima del Concilio Vaticano II confessarsi era più semplice. La lista dei peccati era codificata e bastava confrontarsi con essa. Oggi il cambiamento culturale e psicologico in atto e il processo di secolarizzazione pongono il credente davanti a questioni nuove, non ultimo l’indebolimento della coscienza e il conseguente smarrimento del senso di colpa e

del peccato.Inoltre è cresciuta la difficoltà ad assumere la responsabilità delle proprie scelte sbagliate con la difficoltà a dire “ho sbagliato” o “mi dispiace”.Ultima, ma non per importanza, la difficoltà crescente a passare attraverso la mediazione dell’uomo e la tendenza a risolvere le questioni direttamente con Dio.

Bene e maleUn’attenzione particolare va data all’incapacità di vedere i propri peccati.

RIGENERATI DALLA RICONCILIAZIONE

Giovanni Paolo II ne indica il motivo profondo nell’oscuramento della coscienza che “è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria”. Il Papa continua chiarendo che dall’oscuramento della coscienza deriva l’oscuramento del senso di Dio. Si viene così a perdere ogni punto di riferimento e, quindi, anche il senso del peccato.Da ciò deriva la confusione tra bene e male. Non ci sono più parametri per discernere l’uno dall’altro e spesso si scambia il male per bene e il bene per male

Foto di Luca Failo

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anche spinti dalla pressione di conformità. Questa scelta, vitale per l’uomo, non può essere fondata su un parere individuale o collettivo, e nemmeno in base al parere della maggioranza o del “così fan tutti”.La distinzione tra bene e male non è neutra nella vita dell’uomo. Posso fare il male senza sapere che è male: forse moralmente non ne sono responsabile, ma non sono esente dalle conseguenze che il male produce su di me e sul contesto sociale. Infatti, il peccato rompe la relazione con Dio, con se stessi, con i fratelli, con il creato. È una scelta di morte, perché stacca dalla Vita. Diventa un “atto suicida”: lacera l’uomo e, al suo interno, scoppiano contraddizioni e conflitti .

Cos’è il peccato?Peccare, nell’originale ebraico, vuol dire “mancare il bersaglio”, e cioè mancare quel bersaglio che Dio ha fissato alla vita dell’uomo e che corrisponde alla sua piena realizzazione e pienezza. La Chiesa ci insegna che “il peccato è un abuso di quella libertà che Dio dona alle persone create perché possano amare lui e amarsi reciprocamente”. Ogni peccato è sempre una mancanza d’amore. C’è da chiedersi se l’aumento dell’infelicità, del livello di criminalità e delle malattie mentali non dipendano anche dall’incapacità dell’uomo d’oggi a scoprire ed accettare il proprio peccato per imparare ad amare.Diventa, quindi, indispensabile sapere che cosa sia il bene per potervi aderire e il male per poterlo rigettare. Dal confronto con questa istanza mediata dal magistero della Chiesa, nasce, si forma e si rafforza la coscienza dell’uomo e, con

essa, la possibilità di scoprire il proprio peccato. Non è, quindi, uno sforzo d’introspezione psicologica, ma è un confronto con il Vivente, con Gesù Cristo Signore nella sua Parola, nel Vangelo.In questo confronto c’è bisogno dello Spirito Santo, che convince di peccato. È lo Spirito Santo che può farci prendere la decisione di cambiare, di convertirci, di tornare alla casa del Padre.

Atteggiamenti richiestiL’azione potente del Sacramento della Riconciliazione non si compie in modo magico, ma richiede la collaborazione dell’uomo.Il primo elemento per una valida celebrazione del Sacramento è il pentimento, che si concretizza nel secondo: presentare-confessare a Dio, attraverso il sacerdote, il nostro peccato, in modo semplice e diretto. Per Giovanni Paolo II questo è il nostro contributo attivo alla celebrazione del Sacramento: senza i nostri peccati Dio non

può esercitare la sua misericordia.Il terzo requisito è la penitenza (che don Domenico chiamava “riconoscenza”). Dopo l’assoluzione dei peccati, il sacerdote somministra una penitenza: di solito è la recita di qualche

preghiera. Il perdono ricevuto da Dio impegna a trovare vie per risolvere situazioni conflittuali, per riconciliarsi con le persone che abbiamo ferito o che ci hanno ferito. Impegna, inoltre, a riparare al male fatto: chi ha rubato dovrà restituire, chi ha calunniato inventerà modi per rendere l’onore tolto, ecc.L’assoluzione richiede un ulteriore passo. Dio ci perdona, ma spesso noi non ci perdoniamo

Il perdono è amore che va oltre la

giustizia e il merito

e così è possibile che usciamo dal confessionale assolti, ma ancora arrabbiati con noi stessi. In quelle parole “Io ti assolvo dai tuoi peccati” possiamo avvertire l’invito a fare lo stesso, e cioè a perdonare noi stessi per quanto abbiamo commesso.

Festa del perdonoQuesto Sacramento non richiede che pochi minuti. Non è un’azione magica, che fa sparire le difficoltà ed esonera dalla fatica. Non va valutato in base al ritorno emotivo, alla consolazione provata. Tutti i sacramenti agiscono nell’aridità del segno: un pezzo di pane, una formula d’assoluzione, dell’olio…Il centro di questo Sacramento è il perdono dato gratuitamente da Dio. Lui perdona i miei peccati e mi riconcilia con Sé, con me stesso, con gli altri. È l’amore incondizionato di Dio nel cuore stesso delle mie contraddizioni, è il perdono come amore che va oltre la giustizia e il merito.È il Sacramento della guarigione, è “terapeutico e medicinale”: in esso non sono solo perdonato, ma sono curato e rafforzato.È la festa di Dio e la festa dell’uomo. Sono accolto nel cuore stesso della Trinità.

Peccare, nell'originale

ebraico, vuol dire

mancare il bersaglio

RIGENERATI DALLA RICONCILIAZIONE

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Progetti

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BoliviaResponsabile: padre Juan Carlos Calderon• SOSTEGNO DI 10 MENSE / CochabambaOgni giorno 1500 bam-bini ricevono un pasto completo e nutriente.Prog. N. AS 20

BosniaResponsabile: don Kresimir Puljic• COSTRUZIONE CENTRO PER GIOVANI /MostarContributo alla costruzi-one di un centro di ag-gregazione che consen-ta la nascita di amicizie e solidarietà fra giovani di diverse etnie, ancora turbati dai conflitti vis-suti, fino a pochi anni fa, nella loro terra.Prog. N. AS 369• SOSTEGNO DEGLI STUDENTI UNIVERSITARI È assicurata la pos-sibilità di un’adeguata formazione a studenti provenienti da famiglie disagiate.Prog. N. AS 334

BrasileResponsabile: padre Reonaldo Luiz Pizoni• COLLABORAZIONE CON L'ISTITUTO PI-AMARTA / Uniao da VitoriaLa missione Piamarta fornisce a bambini, adolescenti e giovani bi-sognosi, una formazione integrale, anche in pre-visione dell’inserimento nel mondo del lavoro.Prog. N. AS 377

Noi non possiamo cambiare il mondo,ma il mondo non può cambiare senza di noi

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BurundiResponsabile: padre Vittorio Blasi• SOSTEGNO AL CENTRO SHALOM AMA-HORO / BujumburaContinua l’aiuto al cen-tro che ospita circa 100 ragazzi orfani.Prog. N. AS 168

CongoResponsabile: suor Rita Panzarin

• SOSTEGNO AL CENTRO SANITARIO “DON DOMENICO PINCELLI” Si è provveduto al com-pletamento della casa per i medici, all’acquisto di medicinali e di kit di laboratorio per l’attività sempre crescente del Centro.Prog. N. AS 365

FilippineResponsabile: suor Rosanna Favero

• ATTIVITÀ DI ALFABETIZZAZIONE, ISTRUZIONE E FORMAZIONE PER BAMBINI E RAGAZZI- sostentamento di una scuola materna/ Anciray- programma di alfabet-izzazione/ Santa Teresa- spese mediche- sostentamento di una scuola materna/ San José- sostegno negli studi di ragazzi Mangyans/ San José• FINANZIAMENTO PER SPESE MEDICHE ED ACQUISTO FARMACICura e prevenzione sanitaria per la popolazi-one più povera.Prog. N. AS 87• SOSTEGNO A DISTAN-ZA INDIVIDUALE (SAD)Suor Rosanna Favero continua la sua opera a favore di bambini e ragazzi poveri ed emar-ginati. Oltre ad istruzi-one, cibo, vestiario ed accoglienza, i bambini assimilano valori come la solidarietà, la col-laborazione, la pace, l’equità, il dialogo. A chi desidera avviare un Sostegno, viene con-segnata una scheda con la descrizione della sto-ria personale e familiare di ogni bambino.

GeorgiaResponsabile: mons. Giuseppe Pasotto • SOSTEGNO ALLA CASA PER GIOVANI IN DIFFICOLTÀ / TbilisiAlcuni giovani disagiati sono seguiti a livello umano, psicologico e lavorativo presso una piccola fattoria, fino al raggiungimento di una propria autonomia. Prog. N. AS 370• COLLABORAZIONE NELLA COSTRUZIONE DI UN PANIFICIO / KvareliAiuto alla Caritas Geor-gia nella realizzazione di un panificio, che for-nisce i suoi prodotti ad un prezzo accessibile agli abitanti più indi-genti della città: anziani, disoccupati, emarginati, famiglie molto numer-ose, ecc.Prog. N. AS 371

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KenyaResponsabile:dott. Peter Onyango • SOSTEGNO AGLI ABITANTI DI UNYOLO E DINTORNI- spese di gestione di una piccola stalla con 10 mucche- sostentamento della scuola materna Via Pacis- piantagione di eucaliptiDa diversi anni il dott. Onyango conduce un programma di solida-rietà e sviluppo, attra-verso piccoli progetti integrati nella realtà del territorio, a favore degli abitanti di Unyolo e dintorni, in una zona estremamente povera del Kenya.

MyanmarResponsabile:suor Rosanna Favero• FORMAZIONE SUPE-RIORE PER RAGAZZE Da diversi anni è in atto un progetto di formazi-one superiore per ragazze provenienti da etnie disagiate che, nelle Filippine, hanno la pos-sibilità di studiare e pre-parare il loro rientro nel paese di origine. Quelle che hanno completato il percorso di studi sono già tornate in Myanmar e stanno collaborando all’istruzione e formazione giovanile.Prog. N. AS 312

PerùResponsabile:sig.ra Maria Echevarria Pérez• SOSTEGNO A BAMBINI / Cusco Accoglienza di minori in stato di abbandono o a rischio sociale, in collaborazione con l’Associazione CE Pro-gresa Amantanì. Prog. N. AS 356

ColombiaResponsabile: dott. Julian Ramirez Zuluaga• SOSTEGNO A DISTANZA COLLETTIVO / Calarcà, La VirginiaRivolto ai bambini di famiglie molto povere che rischiano la vita di strada, con i peri-coli ad essa connessi. Accolti dalle Suore dell’Annunciazione, ricevono pasti completi, vestiario, aiuto per gli studi e sostegno psico-logico.Prog. N. AS 345Prog. N. AS 359

Solidarietà è prendersi per mano: sono due mani che si incontrano, non si distingue più la mano che prende da quella che dà

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HaitiResponsabile:padre Beniamino Rossi• CENTRO COMUNI-TARIO POLIFUNZIONALE / Croix des BouquetsDopo il disastroso terremoto del 2010, nell’immediata periferia della capitale Port-au Prince, si stanno costru-endo dei nuovi villaggi. È stato avviato uno studio di fattibilità per la realizzazione, nel 2013, di un Centro Comuni-tario polifunzionale, che offrirà spazio e strutture per un’azione sempre più necessaria di aggre-gazione e ricostruzione della comunità locale. Prog. N. AS 375

IndiaResponsabile:suor Alangaram• SOSTEGNO AL DISPENSARIO MEDICO / TanjavurCure sanitarie e me-dicinali per i poveri della zona.Prog. N. AS 256 Responsabile:suor Dominic Mary• AMPLIAMENTO CENTRO PER CIECHI / Chennai (Madras)Il centro esistente non bastava a soddisfare la crescente richiesta di cure sanitarie, sostegno psicologico ed eco-nomico, aiuto nella ricerca di un lavoro da parte di numerosi non vedenti: si è reso nec-essario l’innalzamento di un piano, dove sono stati ricavati anche due laboratori di sartoria per ragazze e donne non vedenti. Prog. N. AS 366Responsabile:mons. F. Antonisamy• SOSTEGNO STUDENTI UNIVERSITARI / Kumba-konamAd alcuni studenti Dalits (senza casta), molto poveri ma seriamente motivati, è offerta la possibilità di accedere ad una formazione uni-versitaria, di stimolo per la crescita personale in previsione di un futuro servizio alla collettività.Prog. N. AS 342

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CONGO“…chi avrebbe im-maginato, nel 1995, che quel rudimen-tale dispensario d’emergenza sarebbe divenuto l’importante Centro Sanitario che è ora, chiamato a far fronte alla richiesta di cure ed interventi di tanti bisognosi provenienti da vi-cino e da lontano? Che tante mamme, superati i tabù e il ricorso a nefaste pratiche tradizion-ali, vengano ormai all’ospedale per le cure prenatali ed il parto evitando così tante morti assurde di piccoli innocenti? Questo e altro sono frutto della fedeltà, manifestataci senza rumore e spettacolo nel lungo cammino fatto insieme…”.

suor Rita Panzarin

fIlIPPINE“…nei villaggi ci hanno raccontato dei piccoli gesti di solidarietà dei nostri ragazzi verso alcuni compagni: la condi-visione del materiale didattico, l’aiuto nel fare i compiti, l’offerta di una parte del pasto a chi ha meno. È bello vedere come questi giovani ab-biano accolto il dono fatto a loro ed ora si dedichino agli altri: è questa la natura del vero amore, e chi ne fa esperienza impara a donare...”.

suor Rosanna Favero

BOsNIA“…Prego per voi tutti. Dio vi benedica! Vi ringrazio ancora per la vostra solidarietà che permette un fu-turo di speranza per i nostri giovani…”.

don Kresimir Puljic

INDIA“…apprezziamo la vostra generosità verso i poveri e i meno privilegiati della società. Il vostro con-tributo è di grande aiuto per proseguire le nostre attività di prevenzione e di sostegno ai disabili visivi che, qui da noi, non ricevono alcun supporto da parte delle istituzioni”.

suor Dominic Mary

“…In India le istituzi-oni educative cat-toliche sono sempre state ben considerate per la qualità della formazione offerta. L’istruzione è la chiave del progresso: è vita, speranza, è una missione, non un semplice lavoro. Le nostre scuole sono aperte a tutti, special-mente ai più poveri ed esclusi”.

S.E. Mons. Antonisamy

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COlOMBIA“…a questi bambini cerchiamo di dare una formazione sia umana che spirituale. Cer-chiamo di fare in modo che “pov-ertà” faccia rima con “dignità” e non con trascuratezza… Affrontiamo anche problemi scottanti e dolorosi come la droga, il narcotraf-fico, la prostituzi-one, per metterli in guardia e cercare di proteggerli da questi pericoli”.

Julian Ramirez

KENYA“…«Villaggio» per noi significa «ghetto», dove le persone che vivono lì sono dimen-ticate in tutti i sensi, come una realtà senza alcun valore e considerazione. Unyolo è un villaggio con circa 500 famiglie di contadini, che vivono al limite della sussistenza. Succede spesso che il raccolto dei campi non basti nemmeno per dar da mangiare ai bam-bini e che le difficoltà economiche della famiglia non permet-tano di avere il ne-cessario per vestirsi, tantomeno il mate-riale per la scuola…”

Peter Onyango

MYANMAr“…È molto incorag-giante per me vedere delle giovani ben formate intellettual-mente e spiritual-mente. Sono certo che faranno molto bene alla loro gente, che ne ha tanto bi-sogno”.

S.E. Mons. Sotero

PErÙ“…vi chiediamo appoggio per poter procedere all’acquisto di specifici materi-ali, utili a miglio-rare l’attenzione dei bambini da 0 a 3 anni, rafforzando l’area di stimolazione precoce, permetten-do inoltre l’accesso a terapie specifiche per coloro che ne hanno bisogno…”.

Maria Pérez

Il bene produce bene.La condivisione con i poveri insegna ad accogliere ogni forma di povertà,

a partire dalla nostra povertà personale

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Aiutaci a sostenere i nostri progettiIntestate a: ASSOCIAZIONE VIA PACIS ONLUS

CASSA RURALE ALTO GARDA Iban: IT 67 C080 1635 3200 0000 2142 146Codice Bic Swift: CCRTIT2T04A

BANCOPOSTA Iban: IT 37 I076 0101 8000 0001 4482 384 Codice Bic Swift: BPPIITRRXXX

Intestate a: ASSOCIAZIONE VIA PACIS

CASSA RURALE ALTO GARDAIban: IT 88 T080 1635 3200 0000 2305 273Codice Bic Swift: CCRTIT2T04A

UNICREDIT BANCA Iban: IT 11 A 02008 35320 00000 5550586Codice Bic Swift: UNCRITM10FR

BOLLETTINO POSTALE cc. n. 14482384

MYANMAr: realizzazione di un “Centro di Accoglienza” per ragazze provenienti da aree ed etnie particolarmente bisognose, nel quale possano conseguire un’adeguata formazione umana e scolastica, altrimenti impossibile, a causa della povertà delle famiglie d’origine e delle difficoltà socio-politichedel loro Paese. AS 374 - Centro di accoglienza

fIlIPPINE: acquisto e ristrutturazione, a Manila, di un edificio da adibire a “Centro di Assistenza e Accoglienza” per persone ammalate, soprattutto bambini, provenienti da isole lontane, che hanno bisogno di accedere agli ospedali della capitale. In questa grande casa avranno la possibilità di trovare as-sistenza prima di un intervento chirurgico ed es-sere assistite e curate durante la convalescenza. Parte dell’edificio, inoltre, sarà adibita all’accoglienza di 20/22 studentesse delle scuole superiori, permettendo loro l’accesso ad una spe-cializzazione presso le scuole della capitale. AS 373 - Centro di Assistenza e Accoglienza

NUOVI PrOGETTI 2013

la tua �rma che migliora il mondo

Facciamo in modo che “povertà”faccia rima con “dignità” in:

Colombia, Kenya, Congo, Filippine, Bolivia, India, Georgia, Burundi,

Bosnia Erzegovina, Perù, Myanmar, Brasile, Haiti.

5x mille

®

5x mille

Sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni e fondazioni riconosciuteche operano nei settori di cui all’art. 10, c. 1, lett a), del D.Lgs. n. 460 del 1997

FIRMA

Codice fiscale delbeneficiario (eventuale) 9 0 83 0 0 6 8 8 22

Associazione Via Pacis onlus

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C O L O M B I A

Nel dicembre 2012 Paolo Maino, Presidente e Fondatore dell’Associazione

Via Pacis, e Roberta Riccadonna, Presidente di Via Pacis-ONLUS, sono stati in Colombia, ad Armenia nel Quindio, per “toccare con mano” le drammatiche situazioni delle tante persone beneficiarie dei vari progetti di solidarietà che l’Associazione stessa sostiene da diversi anni. È stata l’occasione per conoscere volti e storie. Come quella di una madre, che li ha invitati ad entrare in casa

per far visita al figlio. Il ragazzo, diciotto anni, vive paralizzato dopo essere stato colpito da un proiettile in un contesto di guerra tra bande giovanili; era sdraiato sul letto con accanto un coltello, dal quale non si separa mai, perché è la sua unica sicurezza, e vive nel terrore che, chi lo voleva morto, prima o poi attenterà nuovamente alla sua vita. Oppure la storia di una donna di circa quarant’anni, con in braccio una bambina di due anni e mezzo. La sua casa è una stanza con delle pareti divisorie in legno, senza porte né finestre, con il pavimento traballante ed il tetto pieno di aperture. Ha dieci figli, cinque dei quali affidati ad istituti di assistenza. Nel fare una foto si cerca di attirare l’attenzione della piccola verso la macchina fotografica, ma subito la mamma spiega che difficilmente si girerà verso l’obiettivo: da quando ha subìto violenza non riesce più a guardare un uomo in faccia.C’è poi una ragazza diciassettenne; vive nella casa di

un anziano sordomuto, che le ha offerto ospitalità. La giovane era senza un’abitazione e con due bambini a carico, uno di un anno e mezzo e uno di cinque mesi.Girando per i barrios di Armenia è facile imbattersi in situazioni simili. Le case sono una accanto all’altra: piccole, spesso costruite con mattoni a vista, come fossero sempre provvisorie. Ma non è così. In realtà sono più dormitori che luoghi ove poter trascorrere la propria giornata. Normalmente, nei piccoli locali, vivono anche 7-8 persone; i bambini si trovano ovunque, soprattutto in strada, dove giocano aspettando che arrivi sera.In questa situazione sociale Via Pacis si fa promotrice dell’educazione e della formazione delle giovani generazioni, creando le condizioni per sperare in un mondo migliore, cercando di infondere il coraggio di andare controcorrente. Molte sono, infatti, le tentazioni di rassegnarsi supinamente, senza lottare: la violenza, la prostituzione,

La fuerza di CAMBIArE

di roberta Riccadonna

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il guadagno facile attraverso lo spaccio di droga. Via Pacis è convinta che soprattutto l’istruzione possa contribuire a riscattare le persone dai tanti condizionamenti, per diventare più libere di fare le scelte giuste per il bene proprio e della società. In questa realtà, Paolo Maino ha potuto parlare agli agenti della Policia di Armenia, che ogni giorno mettono a repentaglio la loro vita al fine di tutelare l’ordine sociale. Di seguito riportiamo qualche passaggio del discorso pronunciato nell’occasione: «Viviamo in un contesto continuo di conflitto, di tensione, dove

sembra prevalere la filosofia del ‘vinca il più forte’. Troppe volte nella città, nel quartiere, nella scuola, nella politica, in famiglia siamo immersi in un clima esasperato di violenza, in una cultura della lotta. Ma ogni società ha bisogno di una pacifica e serena convivenza civile. “Beati gli operatori di giustizia”, "beati gli operatori di pace": noi cristiani siamo tali se dimostriamo la nostra fedeltà e il nostro amore per il mondo, nel quale Dio ci ha chiamati a vivere, con un atteggiamento di vera passione per la pace, per l'ordine, per la convivenza civile,

capaci di difendere la libertà e la dignità dell'uomo. E voi siete in prima linea nella difesa del bene comune, del bene delle persone, per custodire e portare l'ordine nella società dove esso manca. (…) Quando si toglie Dio dalla società, dalla famiglia, dal mondo del lavoro, si lasciano aperte le porte al conflitto, alla lotta, al relativismo, all’edonismo e a tante dipendenze portatrici di morte. C’è bisogno di persone che abbiano il coraggio di dire e praticare il passaggio da una cultura della violenza a una cultura della riconciliazione».

Campamento juvenil Via PacisNelle giornate del 1-2 dicembre 2012, diversi giovani appartenenti alle comunità Via Pacis della Colombia si sono ritrovati per un incontro con il fondatore Paolo Maino e con la Presidente di Via Pacis Onlus, Roberta Riccadonna.Sono stati giorni molto intensi, caratterizzati dalla gioia dello stare assieme sotto la guida di adulti responsabili, che hanno permesso di offrire una formazione seria e profonda a tanti giovani, alternati da momenti di silenzio, preghiera carismatica e canto.

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Ogni tema era una chiamata ad al-zare lo sguardo ed andare contro corrente. Siamo stati invitati ad ab-bandonare la pigrizia, permettendo giorno per giorno alla forza Dio, che abita in noi, di trasformarci. Noi don-ne siamo state esortate a prendere consapevolezza della nostra dignità e del nostro valore: siamo figlie di Re, capaci di generare un'altra vita, siamo una perla preziosa. Il nostro corpo merita rispetto, da noi e dagli altri. L'amore e la sessualità devono restare uniti, se desideriamo formare una famiglia con maturità e respon-sabilità. Se ci esaminiamo nell'amore e nella qualità delle nostre relazioni, a poco a poco cambieremo, anche se con fatica.

Mi ha colpito soprattutto l’invito a collocare la ragione sopra l'emo-zione, per quanto riguarda le nostre decisioni e l'esercizio della nostra sessualità. Ho capito anche che devo avere maggiore disciplina e prudenza nell’uso di internet. Du-rante i momenti di preghiera, nei quali invocavamo lo Spirito Santo, e soprattutto nell'Eucaristia, ho speri-mentato una forte presenza del Si-gnore su di me e su quanti erano lì.

luis alberto Acevedo

leidy Gisella Girtaldo Agudelo

Ho avuto l'opportunità di conosce-re due grandi persone: Paolo ci ha esortato a non sprecare il nostro tempo; Roberta ci ha insegnato che non dobbiamo accettare che la don-na sia trattata come merce od ogget-to, e che dobbiamo pianificare la no-stra giornata e domandarci alla sera: sono felice di quello che ho fatto oggi? Noi abbiamo la forza per cam-biare! Credo di avere avuto risposte a tante domande ed ho capito che posso dialogare con Dio, che Lui mi ascolta, mi conosce ed in Lui trovo la tranquillità di cui ho bisogno”

angie Viviana Rodríguez

LA FUERZA DI CamBiarE

Da sinistra il Responsabile di Via Pacis Colombia, Julian Ramirez Zuluaga, l'Amministratore apostolico della diocesi di Armenia e Vescovo emerito di Medellin, S.E. Mons. Alberto Giraldo Jaramillo, e la Presidente dell'Associazione Via Pacis Onlus, Roberta Riccadonna

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Come responsabile Via Pacis dell'America Latina, constato quotidianamente che la nostra gente

convive con tanti dolori e ferite, che ne segnano e ne condizionano la vita. Ma, allo stesso tempo, vedo come l'incontro personale

con Gesù trasformi quel dolore in amore, rendendo l’esistenza piena di senso.Essere ambasciatore di riconciliazione in una terra come la nostra, segnata dal conflitto e dalla violenza, ci impegna a promuovere e a mettere in atto tutta quella ricchezza che Dio ci ha donato attraverso il carisma Via Pacis. Abbiamo organizzato tre seminari di pacificazione interiore nella nostra regione e la partecipazione è stata massiccia. Questi percorsi sono stati una grazia speciale che ci ha permesso di gettare le basi per rigenerare le nostre vite e le nostre relazioni.Il tempo in cui viviamo richiede decisioni importanti e responsabili. Aprirci al perdono e alla riconciliazione è un passo molto significativo sulla via della pace,

che ci permette di lavorare su noi stessi e bonificare tutto quello che ci impedisce di essere liberi e felici; è un passo intelligente, perché ci apre al benessere fisico e spirituale.Il seminario di pacificazione interiore si è rivelato un tempo privilegiato e necessario per favorire un incontro personale con l'Architetto delle nostre vite, che conosce ogni parte del nostro essere ed ogni trama della nostra storia. Egli ha la possibilità di aiutarci a ricomporre e ristabilire la pace e continuamente bussa con rispetto alla nostra porta, aspettando la nostra decisione per iniziare un cammino di conversione che ci rende più saggi, più capaci di generare solidarietà e comunione, di vincere il male con il bene.

ColombiafErITA

di Julián Ramírez Zuluaga

I N F O R M A Z I O N E

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Sono docente di biologia, marito e padre di famiglia. Ho partecipato insieme a mia figlia al seminario di guarigione interiore organizzato da Via Pacis. Era la mia prima esperien-za di questo tipo, ma subito, aiutato dalle riflessioni di Paolo e dalla pre-ghiera, ho avuto coscienza di alcuni miei comportamenti negativi nei con-fronti di mia figlia e dei miei studenti: irritabilità, aggressività, scontrosità. Durante la preghiera ho chiesto a Dio che mi aiutasse a perdonarmi per queste debolezze: solo allora ho provato una gioia profonda; mi sono sentito bene con me stesso; ho av-vertito che qualcuno mi stava aiutan-do a perdonarmi e a cambiare. Ho concluso questo momento abbrac-ciando mia figlia.

Ringrazio Dio per l'opportunità di questo seminario di guarigione interiore. Nel rivivere il mio conce-pimento, ho avuto la percezione che mia madre, in quel momento, avesse una grande paura. Forse questo spiega perché fosse tanto esigente e severa con me. Pensan-do alla mia infanzia e ai miei primi anni in famiglia, mi sono ritornati alla mente eventi che credevo di avere completamente dimenticato, come quando mi punivano fisica-mente. Mi sono però accorta che non ricordavo quegli eventi con sofferenza: Dio mi ha permesso di vederli con occhi e sentimenti nuo-vi. Ho pianto non di dolore, ma di gioia per l’amore che Dio ha messo nella mia vita.

COLOMBIA FERITA

rosa matilde Montes Villamil

JoséAriel

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«A te convien tenere altro viaggio»In un periodo in cui la crisi sembra avere preso il sopravvento su tutto e su tutti, in cui la speranza sembra una parola ormai vuota e il futuro uno scenario che è bene non immaginare, quasi cinquecento persone si sono assiepate nel Salone delle Feste del Casinò di Arco (Tn) per ascoltare il biblista Gregorio Vivaldelli condividere la passione per l’uomo scaturente da quell’opera immortale che è la Divina Commedia.Un percorso – quello intrapreso in un ciclo di tre incontri –, che ha condotto per mano l’attentissima as-semblea in un viaggio affascinante all’interno delle proprie debolezze, alla ricerca di quella parte di sé ferita e bisognosa di essere accolta. Un viaggio dove fatica e dolore non sono risparmiati, ma dove l’andare in profondità, alla ricerca del proprio io, è un venire progressivamente alla luce, a quella luce in grado di spalancare nuovi orizzonti: quelli del vero, del buono e del bello. Abbiamo chiesto a Gregorio Vivaldelli perché proporre oggi un percorso alla luce della Divina Commedia.

Come mai questo grande interesse per la divina Com-media?Tutti dicono che la Divina Comme-dia sia un patrimonio dell’umanità; pochi dicono che quest'opera è

soprattutto patrimonio di uman-ità. Essa è fondamentalmente comunicazione di esperienza; è il tentativo, da parte di Dante, di prendere la propria esistenza e metterla nel cuore del lettore, condividendo quello che il poeta ha capito. L’obiettivo dell’opera non è tanto cercare di far fare un’esperienza intellettuale, bensì

quello di provocare e interrogare sulla propria esistenza, saggiare la nostra disponibilità a metterci in viaggio. È fondamentalmente comunicazione di esperienza, che desidera mettersi a disposizione di chiunque la voglia cogliere.

Qual è l’obiettivo che dante desidera raggiungere scriven-

di stefania Dal Pont

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do la divina Commedia?Dante aveva fatto un’esperienza così potente dell’amore di Dio che desiderava comunicarla agli altri, portando chi leggeva la sua opera a porsi delle domande esistenziali: cosa vuoi fare della tua vita? cosa ti aspetti dalla tua vita?Dante cerca di far capire che la vita è una scelta continua: quella di guardare in alto, di guardare le stelle (con questa parola terminano le tre cantiche).L'autore vuol far capire che ciò di cui vuole parlare è qualcosa che obbligherà ad alzare lo sguardo, stanando dal cuore di ciascuno le domande eterne che tutti ab-biamo dentro. Dante vuole farci comprendere che noi siamo fatti per qualcosa di grande, che non si esaurisce tutto qui, ora; che c’è un oltre, che c'è un desiderio, che ci sono le stelle... e che noi siamo fatti per guardare in alto.

Eppure la divina Commedia inizia “scendendo” all’inferno…Per Dante, scendere nel proprio inferno è già un salire verso l'alto; scendere nella consapevolezza delle proprie fragilità è già guardare verso l'alto.

L’obiettivo è arrivare a Dio. Ma quale Dio? Il Dio di Dante è un Dio ben preciso; non è un Dio astratto: è la Trinità. L’obiettivo di tutto il viaggio di Dante è arrivare a contemplare la Trinità, un Dio che è in se stesso una relazione d’amore: il Padre è l’Amante, donazione infinita senza riserve; il Figlio è l’Amato, accoglienza filiale e fiduciosa; lo Spirito Santo è l’Amore, perfetta unità di Colui che dona e di Colui che accoglie. L’Amante, l’Amato e l’Amore: vivono l’uno per l’altro, l’uno con l’altro, l’uno nell’altro, in perfetta unità e reciprocità. “Dirigersi” verso la Trinità consiste nella disponibilità a lasciarsi coinvolgere in questa relazione amorosa.

in un certo senso, allora, pos-siamo dire che la divina Com-media vuole scuotere l’uomo dal proprio torpore?Sant’Agostino, un grande Padre della Chiesa, un giorno disse: "Signore tu ci hai creati per te, e in-quieto è il nostro cuore finché non trova pace in te". Il viaggio di Dante è il viaggio del cuore inquieto verso l’amore trinitario.Qual è il problema di oggi? Che il

cuore si è un po’ chetato, non è più mosso dall’inquietudine.Leggere La Divina Commedia significa essere disponibili a ren-dere inquieto il proprio cuore, essere pronti a chiedersi se siamo fatti per qualcosa di più grande, se le nostre relazioni, le nostre gioie, i nostri dolori, hanno a che fare con qualcosa di più grande, se c’è in serbo qualcosa di più per la nostra vita.

Quindi, leggere la divina Commedia significa intrapren-dere un viaggio?Sì, un viaggio, in cui si è chiamati a imparare a vivere la vita come una scelta, e nel quale abbiamo bisogno di scoprire che siamo fatti di ragione (Virgilio) e di grazia (Beatrice). Due realtà non staccate e autonome; l’uomo fa esperienza di un dramma: quando non si fa aiutare da Virgilio (la ragione) e quando non si lascia guidare da Beatrice (dall’amore) rischia di fallire l’obiettivo della propria esi-stenza.La Divina Commedia vuole leg-gere la nostra esistenza concreta e interpretarla alla luce di ciò che è vero, buono e bello.

Foto di Patrizia Rigoni

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Sento... quindi amo?

“Sento, quindi amo?”. Questa breve domanda, semplice solo all’apparenza, apre in realtà un ventaglio di dinamiche complesse, che chiamano in causa sensi e sentimenti. I sensi ci permettono di conoscere il mondo che ci circonda e, quindi, di agire al suo interno; i sentimenti sono invece una potente fonte di conoscenza di noi stessi e delle persone che ci stanno vicine. Se è davvero così, è semplice: basta farsi guidare da queste due forze e ogni cosa verrà da sé. Forse. Di sicuro è la via più facile, dove “si sceglie” di lasciarsi travolgere dagli eventi e di essere costantemente con-

dotti dalla parte più istintuale e irrazionale di noi. Ma esiste un’alternativa a questo vivere in modo passivo? È possibile essere protagonisti delle proprie scelte, della propria vita, coniu-gare pensiero e azione, desiderio e volontà? Senza forza di volontà, senza quel razzo pro-pulsore che ci spinge alla piena realizzazione di noi stessi, non siamo più noi a scegliere, ma è la vita a sceglierci. Forse allora è necessaria un’educazione, che impedisca quel costante tentennamento che porta a fare scelte più o meno grandi sulla base del “ho voglia/non ho voglia”, del “mi piace/non mi piace”. Ok, ma educare sensi e sentimenti non è un para-dosso? Come si fa ad educare un sentimento? o senti qualcosa o non lo senti. E, soprattutto: perché fare tanta fatica? perché non lasciarsi semplicemente guidare da ciò che si sente?Andare alla radice, riconoscere e chiamare per nome i propri sentimenti è ciò che porta ad una

Giovedì 27 dicembre 2012 si è svolta a Limone sul Garda (Bs) una giornata di formazione per giovani dai 17 ai 25 anni dal titolo “Sento, quindi amo?” che ha avuto come relatrice Eli-ana Aloisi Maino.

Giovani

di Elisa Casarini

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maggiore conoscenza di noi stessi e, quindi, delle persone con le quali ci relazioniamo quo-tidianamente. E credo che tutto questo non sia possibile senza fatica. A pensarci bene, la vera gioia la si gusta appieno quanto più è frutto di fatica e – spesso – anche di sofferenza. La soddisfazione e lo stupore di un panorama mozzafiato sono tanto più grandi quanto più dura è stata la fatica nello scalare una ripida montagna. E che gioia abbiamo provato per il risultato di quell’esame, frutto di settimane o mesi di studio! Forse allora per sperimentare l’amore vero, la gioia vera, occorre realmente fare fatica.Ciascuno di noi viene dalla mano di Dio, che ha lasciato in noi la sua impronta. Quando nasciamo, riceviamo un amore finito; ma in noi continua ad ardere un desiderio di essere amati in modo infinito. In noi c’è un vuoto immenso che cerchiamo di tamponare con ciò che ci dà

piacere, felicità o, meglio, illusione della felicità. Dico illusione, perché se nella vita non si è an-corati a valori veri, se non si appartiene ad una realtà, in modo radicato e profondo, si finisce con l’appartenere ad altro, persone o situazioni che siano. Si entra cioè nel circolo vizioso delle dipendenze insaziabili, che richiedono un con-tinuo aumento di dosaggio per poter ottenere un effetto soddisfacente.Ma è proprio inevitabile dipendere da qual-cuno o qualcosa? In realtà, l’essere umano è dipendente fin dalla sua nascita (come potrebbe un bambino vivere senza qualcuno che si prenda cura di lui?). Ma io posso deci-dere se essere scelta dalle mie dipendenze o se scegliere liberamente a chi appoggiarmi. Io ho scelto di essere “Via Pacis – dipendente”, perché sono convinta che questa per me sia l’unica esperienza in grado di donarmi il sapore della libertà più autentica.

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1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.4Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri (Gv 21,1-8).

CONNEssI...alla rete

Quanto Amo la Tua Parola, Signore

Il brano del Vangelo dal quale vogliamo lasciarci leggere… descrive la terza volta che Gesù si manifesta ai suoi discepoli “dopo essere

risuscitato dai morti” (cfr Gv 21,14).si trovavano insieme simon Pietro, tommaso detto dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli (v.2). In questo gruppo di sette persone possiamo scorgere l’immagine di ogni nostra comunità. Il numero “sette” ci permette di fare alcune considerazioni su di essa. Innanzitutto il “sette”, secondo la simbologia numerica della Bibbia, è il numero della completezza. Proprio come la nostra comunità

di appartenenza: “completa” dei difetti e dei pregi di tutti i suoi membri; “completa” delle più svariate situazioni umane, spirituali e sociali; “completa” delle gioie e dei dolori che in essa si vivono ogni giorno. Sì, a pensarci bene, la nostra comunità, nonostante le apparenze, è completa, non manca proprio di nulla!Il numero “sette” rappresenta anche l’universalità. Ciò significa che ogni comunità cristiana è chiamata a non ripiegarsi su se stessa, ma ad aprirsi al mondo nel quale ciascuno è inserito quotidianamente (famiglia, ufficio, scuola…), diventando portatrice sana di speranza con la vita e con

F O R M A Z I O N E rita e bimbe

di Gregorio Vivaldelli

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rita e bimbe

le parole.Cinque membri di questo gruppo hanno un nome: simon Pietro, Tommaso, Natanaèle, Giacomo e Giovanni, i due figli di Zebedèo. Anche nella nostra comunità ci sono le persone note, quelle che tutti, più o meno, conoscono; quelle che sembrano avere in mano le sorti della comunità, senza le quali risulterebbe difficile pensare di poter andare avanti. Spesso, quando si pensa alla propria comunità di appartenenza, si pensa a quelle persone.Tuttavia, se ci facciamo caso, in ogni comunità ci sono anche delle persone poco appariscenti, di cui spesso non si conosce nemmeno il nome, proprio come in questa comunità di discepoli di Gesù descritta da Giovanni, nella quale vi erano altri due discepoli di cui non si dice l’identità. Se facciamo attenzione, però, il primo a riconoscere Gesù è uno di questi ultimi due, precisamente quel discepolo che Gesù amava (v.7). Lo scopo di una comunità cristiana è riconoscere Gesù in

tutti gli aspetti della propria vita per poi farlo conoscere agli altri come la cosa più bella, più grande, più importante che ci sia mai capitata. Il Vangelo ci dice che per poter riconoscere Gesù non occorre fare chissà che cosa, nemmeno amarlo in chissà quale modo straordinario. Ciò che bisogna fare, paradossalmente, è lasciarsi amare da Gesù. Chi lo riconosce come il signore (v.7) non è il discepolo che amava Gesù più degli altri discepoli, bensì che Gesù amava, cioè colui che si lasciava amare da Gesù. Spesso nelle nostre comunità ci sono persone nascoste che, forse, non hanno tempo o qualità particolari su cui contare per poter svolgere un determinato servizio; nondimeno, partecipando con assiduità agli incontri proposti, donando una parola di conforto o di incoraggiamento, vivendo con umiltà la propria situazione, si lasciano amare da Gesù in tutta semplicità, liberi dall’illusione di doversi conquistare la misericordia di Dio o dall’inganno che li faccia ritenere creditori della riconoscenza

di Dio per ciò che fanno.Ultima osservazione sui personaggi di questa comunità, e quindi su di noi: essi sono tutti dei pescatori. Non sono, però, pescatori solo di mestiere, bensì anche di vocazione. Ciò significa che tutti noi, ciascuno per la propria parte, in quanto appartenenti ad una comunità cristiana, siamo dei “pescatori”. Siamo, cioè, dei collaboratori di Dio nel suo grande sogno di attirare a sé un popolo nuovo capace di proclamare la gioia di un Amore che ha vinto la morte. Non sempre è facile, vero? È successo anche ai nostri sette amici di scoraggiarsi, di voler tornare indietro a com’erano prima… Così l’affermazione di Pietro «io vado a pescare» (v.3) e l’adesione sconsolata dei suoi compagni «Veniamo anche noi con te» (v.3) suonano quasi come una resa di questa comunità di fronte all’evidenza. Si ritrovarono soli, al buio, in mezzo al lago, senza pesci… In questi casi è inutile agitarsi: si rischia solo di affondare. È meglio fermarsi e guardare a «riva» (v.4), sulla riva del Vangelo, così da sentire da Gesù stesso come usare in modo fruttuoso la rete della nostra vita. Se ci fate caso, si è già fatto un po’ più chiaro: è l’alba (v.4)!

CONNESSI... ALLA RETE

«Tutti noi, ciascuno per

la propria parte,

siamo dei pescatori»

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Una crisi sENzA CUOrE

di Walter Versini

La crisi: ormai non si parla d’altro. ma forse ci sfugge qualcosa di essenziale. La prospettiva

economica non è sufficiente per capirla, perché la crisi non è solo economica. Sono venuti al pettine simultaneamente tanti nodi, alcuni nuovi e imprevisti, altri vecchi e ben noti. Sì, perché di crisi dell’Europa e dell’Occidente parlavano ormai da decenni vari studiosi, ed anche gli ultimi Papi. Avevano visto più lontano degli altri, ma, finché le tasche erano piene, pochi li ascoltavano.Sotto il livello economico, già molto complesso, stanno un livello culturale, costituito da modi di pensare e scelte di

vita, e uno spirituale. Secondo Benedetto XVI, la crisi che ferisce l’Europa è crisi spirituale e morale. Nasce dall’abbandono della visione dell’uomo portata dal Cristianesimo, e dal rifiuto dell’assunzione di responsabilità e doveri. Un esempio. Il declino demografico è, e ancor più sarà, pesante per l’economia, perché carica su chi lavora l’onere di mantenere un numero crescente di pensionati. Ha una chiara radice culturale: fin dagli anni ’60, circoli influenti hanno proclamato che progresso e tutela dell’ambiente erano possibili solo riducendo le nascite. Ma ancor più a fondo, Giovanni Paolo II (Ecclesia in Europa, 2003), coglieva nella “drammatica diminuzione della natalità” un frutto dell’angoscia esistenziale e della paura di affrontare il futuro, che deriva dall’offuscamento della speranza fondata sulla fede. Vedere la crisi in questa prospettiva ci fa capire che, per uscirne, non basta concentrarsi sull’economia. Anche noi possiamo avere una piccola parte di responsabilità: tutte la volte che non siamo stati all’altezza

A R E O P A G O

della nostra fede, e ingenuamente abbiamo accolto e rilanciato modi di pensare e comportamenti trasgressivi o irresponsabili. Non possiamo accontentarci di cavarcela il meglio possibile; siamo chiamati a prenderci a cuore il destino comune. In molte gravi situazioni della storia i cristiani sono stati i promotori della ricostruzione. L’esempio più recente è l’uscita dell’Europa orientale dal comunismo. Giovanni Paolo II, che ne fu uno dei protagonisti, pensava che i cristiani hanno una sola strada: risvegliare le coscienze, ricostruire pazientemente il tessuto morale della società. Come? Anzitutto sforzandosi di vivere la propria fede con radicalità, portandola nella propria vita quotidiana. Il cardinale Ratzinger amava ricordare il ruolo che S. Benedetto e i suoi monaci avevano avuto nel ricostruire l’Europa dopo le invasioni barbariche. Non puntavano a ricostruire la società, ma a vivere a fondo, insieme, il Vangelo. La sfida è seria, ma non dimentichiamo l’esortazione di Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura!” .

AREOPAGO

Foto di Stefano Parisi

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Carissimo,questa tua domanda è decisamente importante: “Come faccio a lavorare su di me per diventare la

persona giusta?”; e ti riferisci a quanto da me affermato: “Non cercare la persona giusta, sii tu la persona giusta!”.Questa mia asserzione non è diretta solo alle persone in cerca dell’anima gemella, ma a tutti noi quando pensiamo che i problemi, le difficoltà, le sofferenze siano causati dall’altro: marito, moglie, figlio, suocera, genero, amico, datore di lavoro… Ci convinciamo che tutto si risolverebbe... se l’altro cambiasse! Ma non abbiamo alcuna possibilità di cambiare l’altro: questa è una missione impossibile. Abbiamo invece la grande opportunità di cambiare noi stessi. Per la legge dei vasi comunicanti o della circolarità, possiamo essere certi che dal nostro cambiamento personale certamente qualcosa cambierà attorno a noi.

Ed ora torniamo a te. Il dono più grande che puoi fare al tuo futuro coniuge è un carattere ammorbidito, che cerca di togliere pungolosità e durezze, che prende coscienza dei propri difetti e si impegna, giorno dopo giorno, a migliorare. Un carattere che intravede i propri condizionamenti, le pretese di risarcimento, i conti in sospeso e agisce per diventare un po’ più libero e non pretendere conguagli non dovuti. Il compito di ogni giorno - e di tutta la vita - è diventare una persona amabile. Come? Armandoti di buona volontà, pazienza e perseveranza. Non pensare ad azioni straordinarie o eccezionali. La palestra è il tuo quotidiano, quel quotidiano spesso così monotono e ripetitivo. Anche se ti può sembrare una banalità, tieni fede ogni mattino ad alzarti all’ora concordata senza spostare nemmeno di cinque minuti. Inizia la giornata parlando con il tuo Dio, in molta semplicità, offrendogli ogni momento di quella giornata e chiedendo di poter

vivere ogni istante alla Sua presenza e presente a te stesso, senza scappare nel passato o nel futuro. Fa’ bene ogni cosa che ti sei fissato: rifare il letto, andare a scuola, studiare regolarmente, dare una mano in casa, affrontare i vari impegni con serietà. Bandisci l’autogiustificazione: “Sono troppo stanco” (“cotto”), “non è colpa mia”… Bandisci la procrastinazione, che è un vero cancro: lo faccio dopo, domani… Vivi ogni situazione con responsabilità e verità. Non sono gli eventi della vita responsabili di renderti cattivo o buono, insofferente o arrabbiato, ma è come tu li affronti, con che grado di libertà e di possesso di te stesso.Non temere di sbagliare, ma sfrutta ogni errore per crescere nella conoscenza e accettazione di te, nell’umiltà, nel perdono e nella pacificazione con te stesso e con gli altri. Diventa il migliore te stesso possibile! E sarai fonte di benedizione per chi incontrerai nella tua vita.

sempre tua Eli

di Eliana Aloisi Maino

Diventare la “PErsONA G IUsTA”

CARISSIMO

C A R I S S I M O . . .

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®

Sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale e delle associa-zioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10,

c. 1, lett a), del D.Lgs. n. 460 del 1997

Codice fiscale delbeneficiario (eventuale)

Firma

9 3 0 0 6 8 8 0 82 2

GIOrNATA DI AllEANzA

Domenica 14 aprile 2013Chiesa Parrocchiale di

Varone di Riva del Garda (TN)

Programma:• ore 14.30: Preghiera• ore 15.30: Lectio sul tema: «La recezione del

Concilio Vaticano II nei movimenti ecclesiali»Relatore: mons. miguel delgado Galindo, Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici

• ore 17.00: Celebrazione Eucaristica• Seguirà buffet al Centro Pernone di Varone