N.17 Sulla via della pace 2010

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Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Comunità Shalom di Riva del Garda - TN - Italy 2010 n. 17 Anno V n. 1 - Gennaio-Marzo 2010 - Trimestrale - Contiene I.R. Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento - Taxe Percue In caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Trento per la restituzione al mittente previo pagamento resi VIA VIA Sulla della PACE PACE Editoriale: Sobrietà nel parlare di sobrietà Benedetto XVI: La musica, equilibrio di ragione e cuore Carissimo: La paura ostacola la gioia

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rivista di in-formazione dell'Associazione Via Pacis

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Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Comunità Shalom di Riva del Garda - TN - Italy

2010n. 17Anno V n. 1 - Gennaio-Marzo 2010 - Trimestrale - Contiene I.R.

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento - Taxe PercueIn caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Trento per la restituzione al mittente previo pagamento resi

VIAVIASulla dellaPACEPACEEditoriale:Sobrietà nel parlare di sobrietà

Benedetto XVI: La musica, equilibrio di ragione e cuore

Carissimo: La paura ostacola la gioia

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Le attività di solidarietà promosse dalla Le attività di solidarietà promosse dalla Comunità Shalom sono gestite dallaComunità Shalom sono gestite dallaAssociazione Shalom Associazione Shalom Solidarietà Internazionale - OnlusSolidarietà Internazionale - OnlusViale Trento, 100 - 38066 Riva del Garda (TN) - ItalyViale Trento, 100 - 38066 Riva del Garda (TN) - ItalyTel. +39.0464.555767 - Fax +39.0464.562969Tel. +39.0464.555767 - Fax [email protected]@shalom-i.it

2 Editoriale Sobrietà nel parlare di sobrietàSobrietà nel parlare di sobrietà

Informazione 4 Mons. Lauro Tisi: Mons. Lauro Tisi: la libertà ha i colori della riconciliazione la libertà ha i colori della riconciliazione

6 Filippine, siamo sempre con voiFilippine, siamo sempre con voi

11 Misericorda io voglio: con il Cuore di Gesù Misericorda io voglio: con il Cuore di Gesù nel cuore della Chiesa nel cuore della Chiesa Nuovo Direttivo della Comunità Shalom Nuovo Direttivo della Comunità Shalom

12 Colombia - Formare alla ShalomColombia - Formare alla Shalom

13 Calabria - Un soffi o di speranzaCalabria - Un soffi o di speranza

16 Bosnia ErzegovinaBosnia Erzegovina Suor Arcangela, testimone di pace Suor Arcangela, testimone di pace

18 Sinodo per l’AfricaSinodo per l’Africa

Formazione 8 Avanti con umiltà e coraggioAvanti con umiltà e coraggio

14 ComunicazioneComunicazione

15 Le vere relazioniLe vere relazioni

20 Benedetto XVI Benedetto XVI La musica, equilibrio di ragione e cuore La musica, equilibrio di ragione e cuore

22 I cristiani nell’Impero RomanoI cristiani nell’Impero Romano

23 Il coraggio della fi duciaIl coraggio della fi ducia

24 Tra la vita e la morte Tra la vita e la morte Rifl essioni sul “testamento biologico” Rifl essioni sul “testamento biologico”

26 Cristo sì, Chiesa no?Cristo sì, Chiesa no?

27 La paura ostacola la gioiaLa paura ostacola la gioia

La Comunità Shalom è un’Associazione Privata di Fedeli Laici della La Comunità Shalom è un’Associazione Privata di Fedeli Laici della Chiesa Cattolica e membro della Fraternità Cattolica delle Associazioni Chiesa Cattolica e membro della Fraternità Cattolica delle Associazioni e Comunità Carismatiche di Alleanza di Diritto Pontifi cioe Comunità Carismatiche di Alleanza di Diritto Pontifi cio

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SOMMARIOSOMMARIO

SULLA VIA DELLA PACESULLA VIA DELLA PACETrimestrale di in-formazioneTrimestrale di in-formazioneAnno V - n. 1Anno V - n. 1gennaio-marzo 2010gennaio-marzo 2010

Registrazione n. 263 presso ilRegistrazione n. 263 presso ilTribunale di Rovereto (TN) Tribunale di Rovereto (TN) (19.01.2006)(19.01.2006)

Direttore responsabileDirettore responsabilePaolo MainoPaolo Maino

Direttore di redazioneDirettore di redazioneRuggero ZanonRuggero Zanon

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EditoreEditoreAssociazione ShalomAssociazione ShalomSolidarietà Internazionale - OnlusSolidarietà Internazionale - Onlus

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Grafi ca e stampa:Grafi ca e stampa:Antolini Tipografi a - Tione (TN)Antolini Tipografi a - Tione (TN)

Finito di stampareFinito di stamparenel mese di gennaio 2010 nel mese di gennaio 2010

In copertina:In copertina:Dolomiti di Brenta (Tn)Dolomiti di Brenta (Tn)

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di Paolo Maino

Editoriale

EDITORIALE

“Sobrietà” è una parola evocata in tempi di crisi, quando scarseg-giano risorse materia-li e sembrano inde-

bolirsi quelle morali. Attualmente è una parola molto in voga, ma l’uso che se ne fa può anche non essere sobrio: a volte può venire sventolata come una bandiera, per giudicare o recriminare contro altri. E anche noi possiamo correre il rischio di scivolare in luoghi co-muni, nella retorica.

Bisogni reali o bisogni indotti?Nella sobrietà non si tratta di ri-nunciare, ma di saper distinguere tra bisogni reali e bisogni indotti dalla moda, dalla pubblicità, dalla logica del mercato.La sobrietà non è un’ideologia, una scelta di povertà in nome della povertà; è piuttosto uno stile di vita che coltiva il senso della misura, della qualità, dell’equili-brio. È contro lo spreco, che non si esprime con degli slogan, ma con l’attenzione e la cura verso se stes-si, verso gli altri, verso il mondo.Non è neppure trasandatezza, anzi è pulizia ed eleganza, perché l’es-senziale è sempre bello.Qual è allora il metro che misura la vera sobrietà? Riteniamo sia il Vangelo, il Vangelo con i suoi pa-radossi. Essa contempla sia lo “spreco” di un intero vaso di costoso profumo versato dalla donna del Vangelo toccata dal perdono di Gesù, sia il privarsi dell’unica monetina rima-sta, donata al Tempio dalla vedova povera. Sono ambedue gesti di sobrietà, perché esprimono l’es-

Sobrietànel parlaredi sobrietà

senziale: l’amore incondizionato ed il dono totale di sé. Rivelano, inoltre, come ad ogni persona sia data la possibilità di vivere la so-brietà indipendentemente dalla condizione sociale, culturale ed economica.

La sobrietà come stile di vitaLa sobrietà come stile di vita non è però una cosa facile, scontata ed automatica.La nostra proposta comincia con il suggerimento di non disprez-zare e sprecare le preziose risorse della salute e dell’intelligenza: la prima si tutela conducendo una vita equilibrata; la seconda nutren-dosi di buone letture, di bellezza, di musica e di arte. La sobrietà riguarda anche la lingua: perché non cominciare ad evitare di spar-gere con troppa leggerezza parole velenose?La nostra proposta continua sul versante dell’uso del tempo. Proviamo ad accoglierlo con gra-titudine come dono di Dio ed a custodirlo dalla dissipazione, che troppo spesso avviene davanti alla televisione e ad internet o nel chiacchiericcio. Si tratta ancora di non sperperare risorse in regali inutili, soprattutto nelle festività, ma non solo. Non si tratta di una sottrazione, ma di una moltiplicazione; lo di-

mostrano alcuni dei nostri bambi-ni, che hanno deciso di impiegare i soldi che riceveranno durante le festività da genitori e nonni per fare un regalo di vita ad altri bam-bini in Colombia, Filippine, Kenya. A loro volta i bambini colombiani hanno deciso di raccogliere dei soldi per i bambini più poveri.

La sobrietà favorisce la diff usione della paceNon vanno nemmeno sprecate risorse preziose, che noi abbiamo in abbondanza, ma che tanti an-cora nel mondo non hanno: luce, acqua, gas, carburante, generi alimentari. Pensiamo solo ai led dei numerosi apparecchi lasciati in stand-by nelle nostre case, per non citare lo spreco scandaloso e or-mai abituale di generi alimentari.Tutto questo non lo diciamo per-ché all’inizio dell’anno è tradizione fare buoni propositi; è un’occa-sione per fare della sobrietà il nostro stile di vita, perché anche la sobrietà entri nella nostra di-mensione educativa per sentirci corresponsabili verso le nuove generazioni, verso i poveri, verso il mondo, e più vicini a chi ha biso-gno. La cultura della sobrietà ha la ca-pacità di far crescere nella libertà e nella gioia e, nella condivisione con gli altri, di favorire la diff usione della pace

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Mons. Lauro Tisi:

La libertà ha i colori della riconciliazione

INFORMAZIONE

Martedì 8 dicembre 2009, in occasione della Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, l’Associazione Comunità Shalom si è riunita, insie-me a vari ospiti anche stranieri, nella Chiesa Parrocchiale di Varone a Riva del Garda (Tn) a conclusione dell’anno di grazia del 30° di Fondazione, all’insegna della gioiosa esultanza e dell’immensa riconoscenza.Ha presieduto la Celebrazione Eucaristica mons. Lauro Tisi, Vicario Genera-le dell’Arcidiocesi di Trento, off rendo una profonda meditazione su Maria come donna della libertà vera.Gregorio Vivaldelli ha proposto una rifl essione dal titolo “Avanti con Maria”.All’interno della Celebrazione Eucaristica, la Comunità Shalom intera, nelle sue varie sedi in Italia e all’estero, si è consacrata a Maria con uno specifi co Atto di Consacrazione, nel ricordo del co-fondatore don Do-menico Pincelli, la cui vita è stata un continuo inno di devozione a Maria Immacolata Concezione

“Quando guardia-mo alla realtà del nostro tempo, la sensazione è che sia una realtà che

toglie la libertà, tanto che, più di qualcuno, pensa che nel momento in cui stiamo vivendo non sia pos-sibile la libertà, che stiamo recitan-do un copione off erto da altri a cui siamo costretti a sottometterci.

ci prende dentro e ci fa deragliare. Se i primi capitoli del Libro di Ge-nesi ci parlano, con concretezza, di una libertà che può essere persa, il Vangelo ci esorta: Tu puoi vincere la partita della libertà!

Il coraggio di rischiare Se c’è il rischio di perdere la liber-tà, la Parola ci indica una stella che illumina la via e in cui si può anco-ra approdare alla libertà.La festa dell’Immacolata Conce-zione ha un senso: quello di off rire alla Chiesa la contemplazione della terra di libertà che è Maria.Allora, rallegrati, perché anche tu puoi vivere l’esperienza di Maria! Esulta, perché anche tu hai a por-tata di mano la libertà! Salta in piedi perché anche tu sei rivestito come Maria! Guarda a Lei, a come si muove… la libertà è a portata di mano, ma richiede un viaggio che passa per la notte, richiede la capacità di osare, di rischiare;

Cosa ci dice la Parola di Dio su questo argomento?Essa va per una strada che non è la nostra e ci sorprende per la forza di lettura del reale; ci dà lezione di capacità di interpretare la storia e la vita, ponendosi con realismo davanti alle diffi coltà della vita. Ci parla di qualcosa che ormai dice poco al mondo: il peccato. Esiste una trama di autoreferenzialità che

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Maria è la donna della quotidianità

che insegna a tutti come la concre-tezza delle nostre giornate è luogo privilegiato per celebrare il nostro

essere donne e uomini di perdono e riconciliazione.

Maria è la madre che ha fatto l‛ esperienza

di essere tempio di Dio

portando nel proprio grembo Gesù e che insegna a tutti come, vivendo

il carisma specifi co che ci è stato donato, abbiamo anche noi la possi-

bilità di portare il Bimbo nel nostro cuore per poi donarlo agli altri.

Maria è la donna del servizio

perché dopo l’esperienza travol-gente di Dio avvenuta attraverso l’annuncio dell’angelo, non esita neanche un attimo a mettersi in

cammino per donare tempo e aiuto concreto alla cugina

Elisabetta; e invita noi a verifi care se la nostra esperienza di Dio ci

spinge all’esterno di noi stessi.

Maria è la donna della lode

perché nel Magnifi cat coglie da ogni evento della sua vita perso-

nale l’occasione per elevare un ringraziamento a Colui che è il

datore di ogni dono e insegna a noi a fare della nostra rifl essione personale una preghiera sempre

più ecclesiale e comunitaria.

Maria è la donna dell‛ umiltà

perché, pur tenendo presente i suoi talenti, è perfettamente con-sapevole di non essere autosuffi -

ciente, e invita noi a percepire il perenne sguardo d’amore di Dio

Padre e a spalancargli le porte della nostra vita.

Maria è la donna della

Parola di Dioche ci insegna a essere pervasi dal-l’unica Parola che dona la sapienza

di rileggere, nella Verità, tutta la propria esistenza.

(Gregorio Vivaldelli)

essa ha il suo prezzo e ha conno-tati che sconcertano.Gesù è la libertà e Maria è libera perché è Sua discepola. Sant’Ago-stino diceva: In Maria è più grande il suo essere discepola che il suo essere madre.

Il perdono mette le ali ai piediQualcuno scambia Maria per un burattino che dice solo “sì” ad un disegno fuori di Lei. Ma non è certo questa la Maria che i Vangeli ci fanno conoscere. Lei ha vissuto pienamente la libertà, le è stata off erta una dote di vita e di gioia, ma poteva benissimo rifi utarla. Invece, combattendo serenamente la notte della fede, ha detto il suo “sì” vero e reale, soff erto, lacerante e aff aticato, ma totalmente libero. Gli uomini e le donne liberi sono coloro che vivono il perdono. La vendetta rende schiavi, il per-dono mette le ali ai piedi.

Io per l’altroDio si fa bambino, perché l’uomo lo senta alla pari. Dio tocca il fondo del-la storia perché l’uomo non lo senta un Dio asimmetrico. Dio impara l’arte del falegname, perché l’uomo non lo consideri diverso da sé.La libertà ha i colori di un dialogo fraterno fatto di ascolto e sforzo per mettere l’altro a proprio agio. E questo monte della libertà è Cri-sto e Lui ci consegna il servizio per dire a chi ci è vicino non “Il mondo intorno a te”, ma “Io per l’altro, io consegnato all’altro”.

La libertà, nei colori di Gesù, ci consegna il futuro non per dirci “La vita è adesso”, ma “La vita è di più, è eccedenza, è più grande di ciò che vedi. Tu sei sede infi nita, tu sei fatto per l’eccedenza”. È questa la libertà che Maria ha vissuto. È per questa libertà che Maria ha fatica-to e combattuto.

Diventare paceA voi, Comunità Shalom, io dico: Siate Comunità in cui si respira que-sta libertà!Il vostro nome è pace e vi auguro che la pace diventi la vostra vita e la vostra risorsa come ci insegnano Gesù e Maria. Con loro possia-mo volare e cambiare il mondo, perché la libertà che Gesù e Sua Madre ci insegnano ha i colori del servizio, del perdono, della riconci-liazione.Questa libertà può diventare la no-vità della storia; dico di più, questa libertà è già la novità della storia. Che Maria ci accompagni in questo pellegrinaggio”

AVANTI... CON MARIA

Mons. Lauro Tisi, Vicario Generale del-l’Arcidiocesi di Trento, con Paolo ed Eliana Maino e la Corale della Comunità Shalom

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bini dei diversi villaggi, accom-pagnati da mamme, papà, nonni e fratellini. Per i bambini è stata l’occasione di ricevere il tradiziona-le regalo di Natale, consistente in vestiario, cibo e utensili per la casa. Per tutti è stato un momento di festa, che ha dato molta gioia sia a chi ha ricevuto i doni e il pranzo pronto, sia a chi ha lavorato per molti giorni affi nché le tremila per-sone presenti potessero ricevere un’accoglienza adeguata. Grande è stata la riconoscenza di bambini e adulti manifestata in tanti sorri-si, “thank you”, “salamat po”, ma anche nella condivisione di parte di quanto ricevuto con chi è stato gravemente colpito dai tifoni a Manila nei mesi scorsi. Ognuno si è recato al punto di raccolta che era stato allestito portando il proprio contributo per chi aveva perso tut-to; nessuno ha donato il superfl uo, ma, come la vedova del Vangelo di Luca, ha condiviso il necessario. In questa speciale occasione, come in altri momenti forti durante l’an-no, alcuni ragazzi e ragazze che negli anni precedenti sono stati sostenuti negli studi attraverso lo strumento del “sostegno a distan-za” hanno collaborato con le suore per l’imponente lavoro di organiz-zazione. Anche in questo modo esprimono la gratitudine che non

INFORMAZIONE

Filippine, siamo

sempre con voidiDonatella

TollerMercadante

Nelle settimane prece-denti il Natale Donatella e Franco Mercadante, a nome dell’Associazione

Comunità Shalom, hanno visi-tato la missione delle Filippine

dove da quasi vent’anni ope-ra instancabilmente e con grande passione suor Ro-

sanna Favero delle Serve Missionarie del Santissimo

Sacramento. Da qualche anno alcune indigene, sia suore che laiche, si sono affi ancate a lei, impegnandosi nel capil-lare lavoro di promozio-ne umana e spirituale in molti villaggi della grande isola di Mindoro e delle piccole isole che la circondano.

Sostegno a distanza

La permanenza a Mindoro è stata anche l’opportunità

per incontrare tutti i bam-bini aiutati attraverso il

sostegno a distanza dalla Comunità Shalom e da altre realtà. Nel corso

di tre giorni si sono avvicendati i bam-

Filippine

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Suor Rosanna ci scrive:“Le tipiche Parol (decorazioni natalizie a forma di stella confeziona-te col materiale più vario, spesso riciclato) hanno preso posto lun-go le strade e nelle abitazioni, per dire a tutti: Ascolta, è Natale!Ecco, la stella che precede la festa invita a cantare e accende la speranza: nonostante le catastrofi e il dolore che hanno segna-to il vissuto di quest’anno, nessuno rimane solo, perché Dio riprende forma umana per assicurarci che È con noi.Si fa bambino indifeso, povero e bisognoso, per ricordarci che il mondo e l’umanità hanno bisogno di noi; non dobbiamo avere paura perché dalla stalla, in cui ci attende, continua a ripetere al nostro cuore: “Non abbiate paura, sono con voi!”.

termina col fi nire degli studi, ma di-venta parte della propria esistenza.In questa linea, durante le vacanze (aprile-maggio), i giovani soste-nuti a distanza che frequentano le scuole superiori a San Josè svolgono un servizio di sostegno e recupero scolastico per i bambini della scuola elementare e media nei loro villaggi di provenienza: la possibilità che viene loro data di ricevere un’istruzione diventa così ricchezza anche per altri.

Grazie di essere venuti a trovarci!Nei giorni trascorsi sull’isola di Min-doro, Donatella e Franco hanno visitato alcuni villaggi dove da mol-ti anni Shalom ha realizzato - con il contributo di tante persone, scuole e altri enti - progetti di sviluppo e di sostegno all’istruzione. Tra questi il fi nanziamento di alcune scuole materne dove i bambini hanno la possibilità di crescere acquisendo i primi elementi di alfabetizzazio-ne e ricevendo un pasto sicuro, in alcuni casi l’unico della giornata. Canti, danze, collane di fi ori e dolci locali sono stati preparati per acco-gliere i visitatori, per esprimere la riconoscenza verso tante persone che, pur vivendo lontano, si fanno carico della loro soff erenza e delle grandi diffi coltà quotidiane che li opprimono. Qualcuno ha preparato anche un biglietto di ringrazia-mento. Una mamma scrive: “Grazie che siete venuti fi n qui a trovarci, a vedere con i vostri occhi le persone che aiutate: grazie a voi e a tutti quelli per i quali voi siete qui”.

L’incontro con Mons. PalangUn momento molto signifi cativo della permanenza nelle Filippine dei rappresentanti di Shalom è stato l’incontro con il vescovo della dio-cesi di Mindoro, Mons. Antonio P. Palang (nella foto in basso). La visita si è svolta in un clima cordiale e accogliente. Mons. Palang ha espres-so apprezzamento per la lunga e fattiva collaborazione di Shalom con suor Rosanna e la sua congre-gazione; ha inoltre auspicato che l’impegno portato avanti in questi anni possa continuare e divenire sempre più rispondente non soltan-

to ai bisogni materiali, ma anche alla crescita spirituale di tante persone.Non meno importante è stato il tempo trascorso con le bambine ospitate nella casa degli Angeli a Mindoro e con le ragazze che a Manila stanno facendo il cammino in preparazione alla scelta vocazio-nale della vita consacrata: sono stati momenti di preghiera e momenti di festa, tempi dedicati al gioco e alla condivisione. L’amicizia nata tanti anni fa con suor Rosanna è cresciuta e si è estesa a chi opera con lei e a chi benefi cia del suo lavoro. La diff e-renza di età, di cultura, di condizioni di vita è superata dalla comunione dei cuori e dalla stima reciproca

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La pace nasce dall’umiltà “Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in manie-ra degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansue-tudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace”.(Ef 4,1-3)

Quando chiesero a sant’Agostino quale fosse la cosa più essenziale nella via alla santità, rispose: “La prima cosa è l’umiltà; la secon-da, l’umiltà; e la terza, l’umiltà”1. Sant’Agostino vede come tratto caratteristico della vita di Cristo l’umiltà. Non vede il Dio potente, il Dio forte, ma il Deus humilis.Gesù signifi ca ‘Dio salva’. Infatti, Dio in Gesù recupera e ripara con un atto di umiltà – e, cioè, con la croce – il mio peccato e il peccato

1 Sant’Agostino, Epist. 118, 22.

del mondo. Gesù ripara con un atto di umiltà il peccato che è causa di tutti i mali, il peccato degli angeli, il peccato di Adamo: la superbia. Nella superbia si nasconde la ra-dice di tutti i mali: dalla superbia nascono invidie, gelosie, confl itti. La superbia impedisce uno sguardo di verità; ferisce, distrugge, divide, disperde. L’umiltà, invece, unisce, guarisce, libera, rende veri.

La superbia e le sue formeLa superbia chiude l’orizzonte sul proprio io, su me stesso, ed io divento il centro del mondo, il centro dell’attenzione. Mi na-scondo dietro una falsa fi ducia in me stesso, ma in realtà ho poca autostima e reagisco ponendomi sopra gli altri. Dimentico addirit-tura il mio essere creatura e la mia natura bisognosa di tutto e di tutti. Sono sempre più portato a pensare

che non sbaglio mai, e se scopro limiti, difetti ed errori, li vivo come una tragedia. Sono convinto che ogni aspetto di bene che c’è in me, me lo sia guadagnato da solo; se con-stato qualcosa di male, è colpa degli altri (genitori, famiglia, educatori, colleghi). Questo avviene, perché la superbia mi porta a vedere tutto in una prospettiva soggettiva e auto-centrata, secondo la logica del “mi piace/non mi piace”, del “mi porta vantaggio/non mi porta vantaggio”.La superbia agisce anche sul piano spirituale, sul rapporto con Dio. Al superbo riesce quasi impossibile cercare in verità la volontà di Dio: Dio – pensa – non mi può chiede-re qualcosa di diffi cile o faticoso o che non desidero.Davanti agli inevitabili silenzi di Dio e alle sue non-risposte alle richieste, il superbo assumerà un atteggiamento di risentimento.

Avanti con umiltà e coraggio

FORMAZIONE

di Paolo Maino

È nei momenti difficili, di sconfitta, di sofferenza e di solitudine, che il coraggio e la speranza fanno rialzare, risollevare lo sguardo, e guardare avanti.

Approfondimenti

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La superbia rende ciechiCon Dio non ci sarà un rapporto di gratitudine, ma di pretesa, che gli renderà impossibile vedere il bene che Dio costantemente elargisce, in maniera diretta o mediata.La superbia rende ciechi. Nel su-perbo trionfa l’egocentrismo. Ciò che conta sono le sue categorie, i suoi schemi, le sue opinioni e va da sé che avrà diffi coltà ad accet-tare altri modi di fare e di pensare.I sentimenti e gli atteggiamenti più frequenti del superbo sono: inquietudine, insoddisfazione, infelicità, rabbia, risentimento, tristezza, malessere, che si manife-stano in lamento e mormorazione. Per il superbo è impossibile vivere il “pensa bene”. Viene a crearsi una contrapposizio-ne profonda tra la norma evangeli-ca e la norma soggettiva. La norma evangelica (donarsi all’altro) e la norma soggettiva (darsi a se stesso) si contrappongono. Si smarrisce allora la via tracciata dalla Parola del Signore: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà”2. Avviene un accomodamento del valore: non riesco a vivere il valore proclamato e, allora, lo adatto, lo riduco al mio vissuto. Ma l’umiltà vera ha una forza in sé: la forza della verità.

L’umiltà nella verità e nella giustiziaL’umiltà si radica nella verità e nella giustizia. La verità dà la con-sapevolezza corretta di se stessi, aiuta a vedere difetti e limiti, aiuta a conoscersi, a riconoscere i doni, le ricchezze, che ognuno possiede e che Dio ha donato. Come scrive san Paolo nella prima lettera ai Corinzi: “Noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato”3. La giustizia desidera che diamo onore e gloria a Dio, autore di tutti

2 Mt 17,25a.3 1 Cor 2,12.

i doni4: “l’anima mia magnifi ca il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore”5. E la giustizia si attua in gesti di pace, misericordia, perdono, riconciliazione, carità.

L’umiltà è verità È verità antropologica: sono

creatura bisognosa di Dio e de-gli altri. Questa è la forza della debolezza. È verità soggettiva: conosco

i miei limiti e le mie ricchezze, accolgo gli uni e le altre. Mi ac-colgo così come sono. Cambio lo sguardo su me stesso e mi ricon-cilio con l’essere fi glio e fratello. È verità storica: accolgo la mia

vita nella quotidianità, che di-venta giorno dopo giorno scuo-la di umiltà. È verità relazionale: mi rap-

porto in modo giusto con me stesso, con gli altri, con Dio.

4 Cf A. ROYO MARIN, Teologia della per-fezione cristiana, Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1987, 736-737.

5 Lc 1,46-47.

Ho imparato ad accogliere me stesso e, quindi, sono capace di accogliere gli altri come sono, con i loro limiti, gioie, soff erenze, senza avere pretese. Stabilisco relazioni vere e semplici. L’altro diventa la via della mia santifi ca-zione. È verità ascetica: l’ascesi è la

disciplina del ricominciare ogni giorno senza sentirsi mai arrivati. È verità mistica: contemplo le

bellezze del creato, che sono il rifl esso dell’amore di Dio. L’umile non vuole dominare il mondo, ma interrogarlo, capir-lo, contemplarlo, amarlo per quello che è.

L’umiltà come stile di vitaL’umiltà diventa, quindi, uno sti-le di vita, il cui frutto è la pace. E la pace è il presupposto per l’audacia, il coraggio, la libertà, la semplicità. È la spinta a guar-dare avanti. È la chance che ci è concessa, affi nché gli ostacoli e le diffi coltà non abbiano un potere

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paralizzante, ma possano essere aff rontati con coraggio e speranza, pur nella fatica. È la pace del cuore che permette, quando siamo stan-chi, aff aticati, tristi ed oppressi, di riposare nella Parola di Dio: “Venite a me, o voi tutti, che siete aff aticati e oppressi, e io vi ristorerò”6.L’essere in pace con se stessi - so-prattutto per noi, missionari di pace e riconciliazione - è un “dove-re di stato”. Quando non lo siamo, non appoggiamoci solo all’intelli-genza e al ragionamento, ma tor-niamo a Cristo, fonte della pace.

6 Mt 11,28.

sconfi tta, di soff erenza e di solitu-dine, che il coraggio e la speranza fanno rialzare, risollevare lo sguar-do, e guardare avanti. Coraggio e speranza danno, inoltre, la forza interiore di essere più forti del male, più forti delle emozioni, più forti dell’alternanza d’umore, più forti dello scoraggiamento.

Il coraggio è la virtù della via... PacisCoraggio è guardare la mèta, la cima del monte, non il sentiero tra le rocce. È guardare la cima del monte, non il precipizio che sta sotto i nostri piedi.Il camminare, il salire, è faticoso: è facile arrendersi e tornare indie-tro. È facile cedere a compromessi e giustifi cazioni, e fuggire. Ma questi atteggiamenti imprigiona-no, aumentano le paure, i dubbi, la disistima, seppelliscono e insab-biano le ricchezze. Questi sono momenti di buio, di “notte”, che ogni persona, ogni comunità, pri-ma o poi deve aff rontare. E vanno aff rontati ricordando quella parola evangelica che spro-na a guardare avanti: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro…”7; e ancora, “…cor-riamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fi sso lo sguardo su Gesù…”8. Se ti arrendi, perdi la libertà, perché la libertà è una continua conquista. Non confondiamo coraggio e desiderio. Quanti desideri, quanti sogni, rimangono irrealizzati se mancano le corrispondenti scelte concrete e coraggiose. Il coraggio non è però un gesto fatto una volta per sempre, ma una scelta complessa e continuativa, che si sviluppa lungo il cammino della vita con costanza, determinazione, fatica, responsabilità e lungimiran-za. Il coraggio è la virtù della via, del cammino, del salire

7 Lc 9,62.8 Eb 12,1b-2a.

Domeniche di formazione17 gennaio 2010 Andare avanti

avvicinandosi al centro interiore dell’animaEliana Aloisi Maino

21 febbraio 2010 Andare avanti nutrendosi della Parola di Dio Gregorio Vivaldelli

21 marzo 2010 Andare avanti rigenerati dall’Eucaristia e dalla Riconciliazione Tiziano Civettini

Dall’umiltà al coraggioLa persona umile è capace di co-raggio; coraggio che non è teme-rarietà, testardaggine, impruden-za, avventura. Il coraggio è ottemperare a quanto si è deci-so, nonostante la paura. È guarda-re avanti con fermezza e decisione quando tutto va bene, ma soprat-tutto nelle diffi coltà, nei fallimenti, negli errori, quando si è traditi, ingannati, emarginati. È in questi momenti che serve il coraggio. È in questi momenti che emerge la vera forza d’animo e la vera statura morale. È nei momenti diffi cili, di

FORMAZIONE

Info: Mariarita - tel. 0464.555767

Approfondimenti

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Nuovo Direttivo della Comunità Shalom

Domenica 11 ottobre 2009 i membri dell’Associazione Comunità Shalom hanno proceduto al rinnovo del Consiglio Direttivo, organo che ha il delicato compito di coadiuvare il Presidente nella guida e nell’indirizzo della Comunità.Il nuovo Consiglio – composto di sette membri –, accanto

al fondatore Paolo Maino e alla co-fondatrice Eliana Maino, membri di diritto, ha visto l’elezione di Tiziano Civettini, Renato Demurtas, Rober-ta Riccadonna, Rodolfo Sartorelli e Gregorio Vivaldelli.Un grazie a chi in questi anni ha messo a servizio della Comunità tem-po, risorse, energie ed entusiasmo. Al nuovo Consiglio l’augurio di camminare con coraggio ed umiltà sulla via della pace

“Siate i benvenuti con i carismi che portate!”.Con questo saluto iniziale di Mons. Alberto Taveira

Corrêa, Consigliere Spirituale della Fraternità Cattolica, si sono aperti i lavori della III Conferenza Europea delle Comunità Carismatiche di Alleanza che si è tenuta a Paray le Monial, in Francia, dal 29 ottobre all’1 novembre 2009.I rappresentanti di molte Comu-nità carismatiche europee, tra cui anche una delegazione della Comunità Shalom, si sono dati appuntamento nella cittadina della Borgogna per un tempo di rifl essione e preghiera sul tema: “Misericordia io voglio”: con il Cuore di Gesù nel cuore della Chiesa. Paray le Monial, nella sua sempli-cità, è famosa in tutto il mondo, fi n dal 1600, grazie a S. Margherita Maria Alacoque, giovane monaca alla quale è stata rivelata la soff e-renza del Cuore di Gesù per l’in-gratitudine degli uomini: L’Amore non è amato!La fedeltà di Dio fi no al dono totale di Sé è stato il centro di ogni rifl es-sione proposta dai vari relatori.Tra questi il biblista Gregorio Vivaldelli che ha “passeggiato” tra le Scritture per cogliere il mistero della Misericordia di Colui che si ab-bassa fi no all’uomo, in molti modi, per dimostrare l’amore inesauribile verso la Sua creatura e per dare, allo stesso tempo, anche degli spunti concreti per vivere il perdono e la riconciliazione nella quotidianità.

Numerosi sono stati i momenti di silenzio e adorazione, di preghiera personale e comunitaria, di re-ciproco scambio di esperienze e condivisioni di vita.È insieme che le varie comunità si sono abbeverate all’unica vera Fonte di Misericordia.È insieme che hanno deciso di accogliere le fragilità e per trasfor-marle in off erta.È insieme che si sono impegnate ad accogliere la sfi da di diventare, sempre più, segni vivi di comunio-ne, di gioia, di pace e di speranza fi no agli estremi confi ni della terra

Misericordia io voglio: con il Cuore di Gesù nel cuore della Chiesa

di Stefania Dalpont

INFORMAZIONE

Francia - Paray le Monial

News dalla Comunità 11

Page 12: N.17 Sulla via della pace 2010

12

Nel novembre 2009 si è svolto nella città di Calarcà l’itinerario ini-ziale di formazione del-la Comunidad Shalom

de Colombia: una serie di incontri di spiritualità e formazione, aventi come scopo la riscoperta del pro-prio Battesimo e di Gesù come Signore. Persone tanto diverse di età e carat-tere hanno realizzato un percorso di maturazione della fede, ponen-do le basi per una seria, continua conversione personale, scegliendo Gesù come unico Signore delle loro vite. Un’esperienza che apre il

Trasformare la quotidianitàCari fratelli di comunità,voglio condividervi ciò che il Signore sta facendo in me.La mia vita negli ultimi anni ha attra-versato momenti molto diffi cili. Il problema più grave è stato do-ver assumere la responsabilità di educare e mantenere i miei tre fi gli piccoli da sola dopo che mio mari-to mi aveva lasciato.Ma il Signore mi ha trattata con tenerezza, dandomi il balsamo del suo amore, soprattutto perché attraverso la Comunità ho potuto scoprire che il suo amore per me è incondizionato e che è sempre vici-no a chi lo invoca con il cuore. Fre-quento la Comunità dal suo inizio in Colombia, quando facevamo gli incontri a casa di Julian e Bibiana. Posso testimoniare come l’incontro con il carisma e la pratica della via Shalom mi abbiano aiutato a vive-re la mia vita quotidiana in modo diverso; soprattutto a migliorare il rapporto diffi cile con mia fi glia adolescente. Ora sento un clima diverso a casa mia, ho dedicato tempo al Signore e al suo progetto, e vedo come la sua provvidenza mi aiuti in maniera speciale, perché ho trovato il lavoro.Nella Comunità ho sentito un forte richiamo di Dio a continuare anche i miei studi, che non ero riuscita a terminare per dedicarmi alla mia famiglia. Così sono tornata di nuo-vo a scuola e lo scorso novembre ho conseguito il diploma, che con-divido con tutti voi, e che mi per-mette di continuare la formazione professionale. Ringrazio tutti gli appartenenti al nostro ministero d’intercessione, ai quali affi davo le mie intenzioni nei momenti più diffi cili dei miei studi. E il Signore, ancora una volta, ha risposto.

Lucero Agudelo

cuore ad una comunione profonda, capace di far uscire dall’egoismo per godere della bontà di Dio nella disponibilità di lasciarsi rinnovare e santifi care dallo Spirito Santo.Gli incontri sono stati preparati con la preghiera e il digiuno comu-nitario, arricchiti da simboli e pro-poste pratiche di vita in grado di coinvolgere i partecipanti: la gioia e la condivisione fraterna sono stati i segni della presenza di Gesù. La Colombia è un paese che ha una gran sete di Dio ed un biso-gno immenso di formazione ed accompagnamento nella fede: è per questo che fra poco la Comu-nità Shalom promuoverà un altro itinerario di formazione nella città di La Tebaida, nella consapevolez-za che questa azione di evangeliz-zazione corrisponde al desiderio della Chiesa latino-americana in missione permanente

INFORMAZIONE

diJulian

Ramirez Zuluaga

Calarcà - Colombia

Formare alla Shalom

Page 13: N.17 Sulla via della pace 2010

Polistena, 5 dicembre 2009

Carissimi fratelli e sorelle della Comunità Shalom,

vi scrivo in occasione del Natale per ringraziare con voi il Signore per aver tracciato per noi a Polistena, in terra di Calabria, una via nuova “Sulla via della Pace”.Grazie anche a voi per la testimonianza di vita e la docilità con cui permettete al Signore di operare. Il carisma Shalom di pace-riconciliazione, gioia, amore, che trent’anni fa ha raggiunto il vostro cuore, radicandosi in voi, e che continua ad espandersi raggiungendo nuovi cuori e nuovi luoghi, ha toccato anche me ed altri fratelli facendoci desiderare di aderire al Signore in un modo del tutto nuovo e radicale e voler fare, di questi ideali, il nostro stile di vita. C’è tanto bisogno di pace e riconciliazione! È un desiderio che è nel cuore di ogni uomo, ma la pace è dono di Dio, che scaturisce da un’intima unione con Lui. L’augurio è che Gesù sia sempre più conosciuto, amato ed accolto come Signore e Salvatore, unica fonte di speranza per l’umanità e di rinnovamento della società. Chiediamo, pertanto, a Lui, che è il “Principe della Pace” e ci chiama fi gli della pace, la grazia di essere nella gioia testimoni coraggiosi dei valori della nonviolenza e della giustizia, del perdono e dell’amore, in questa nostra terra spesso protagonista di gravi fatti di sangue, dove per tanti soprusi si sono sviluppati atteggiamenti di odio, vendetta ed omertà.Tanti sono nel disagio e nelle diffi coltà proprio per le ingiustizie sociali e viene meno la speranza e la capacità di reagire.Di recente, insieme al fondatore Paolo Maino e a Gregorio Vivaldelli, abbiamo incontrato S.E. Mons. Luciano Bux, Vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, che ha accolto la nostra realtà esortandoci a portare frutti nella Chiesa locale.La comunità si incontra, settimanalmente, per pregare, avere momenti di formazione, approfondire la conoscenza, la grandezza e la bellezza del carisma Shalom e aiutarci vicendevolmente a viverne quotidianamente la ricchezza.Cresciamo nella vita fraterna, nella condivisione, nell’apertura ai bisogni degli altri.Diversi fratelli e famiglie fanno esperienza della gioia, dell’armonia e dell’unità che scaturiscono dal perdo-no dato e ricevuto. Siamo impegnati, inoltre, ogni settimana, nel servizio di animazione dell’Adorazione Eucaristica: è una grande grazia, che ci permette di stare alla presenza del Signore, contemplare il Suo grande mistero d’amore per noi, rimanere dinanzi al fuoco inestinguibile che contagia i nostri cuori e fare da ponte tra cielo e terra.Attraverso l’Adorazione Eucaristica il Signore opera meraviglie per la Sua Chiesa e il mondo. La Chiesa ha sete di santità e ha bisogno di nuova forza, coraggio, unità. È così che Dio può raggiungere tutte le situazioni di desolazione, di povertà materiale e spirituale, portando redenzione e provvedendo alle necessità dell’umanità.Questa certezza sia sempre più viva in noi e sia la nostra forza. E con stupore per l’opera che il Signore fa continuamente per amore dei suoi fi gli, ci ab-bandoniamo fi duciosi, come bambini, al soffi o del Suo Spirito.

Con aff etto, Nuccia

Calabria - Italia

Un soffi o di speranza

Da sinistra: Nuccia Calimera, don Antonio Scordo, S.E. Mons. Luciano Bux, Vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, Gregorio Vivaldelli e Paolo Maino

diNuccia Calimera

Page 14: N.17 Sulla via della pace 2010

FORMAZIONE

Il bello della direttaIn fi n dei conti forse ci stiamo tutti dimenticando quanto sia bella la conversazione a tu per tu… vedere le espressioni del viso del-l’amico/a suscitate dalle nostre parole, magari versare una lacrima insieme o farsi una bella risata in compagnia, darsi una pacca sulla spalla per incoraggiamento… Via computer non si può! Chat-tando la conversazione rimane più “fredda”: è diffi cile far passare emozioni, sentimenti, stati d’ani-mo…D’altra parte è vero che senza internet e senza cellulari sareb-be impossibile mantenere tante amicizie con persone che abitano lontano…Ma allora dov’è il confi ne tra l’uti-le e l’esagerato? qual è il segnale d’allarme che ci può far capire il momento in cui lo strumento da servitore diventa padrone? e come facciamo a capirlo?

Miseriaccia, se ci si ferma un attimo a pensare, ci si rende conto che noi giova-ni d’oggi abbiamo

a disposizione delle tecnologie incredibili, molte delle quali fi no a qualche decennio fa erano fan-tascienza! È stranissimo pensare che i nostri genitori sono cresciuti e hanno passato infanzia e giovi-nezza senza neanche sapere cosa fossero un cellulare, un computer, un i-pod, un mp3… e che guarda-vano anche pochissima tv!Invece adesso abbiamo tutte que-ste cose… che fortuna! Pensare a tutti i mezzi di comuni-cazione che sono a nostra disposi-zione fa venire i brividi: possiamo vedere in internet in tempo reale quello che accade in qualsiasi altro luogo del pianeta, possiamo scri-vere regolarmente tramite e-mail a persone che magari si trovano dal-l’altra parte del mondo, mandiamo centinaia di messaggini al giorno, magari passiamo ore su messenger a chattare con i nostri amici… cavo-lo, sono tutte cose impressionanti!

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Comunicazione: uso o abuso?Ma tutte queste novità sono sal-tate fuori così in fretta… abbiamo avuto il tempo di pensare a come usarle al meglio? E adesso, le stiamo usando in modo giusto o ne stiamo abusando?Ogni tanto mi succedono delle cose che mi fanno venire in mente delle domande del genere…Ad esempio un pomeriggio, dopo aver fi nito i compiti, avevo voglia di uscire a fare un giro con una mia amica... avrei proprio avuto biso-gno di una bella chiacchierata per distrarmi e rilassarmi. Allora l’ho chiamata e… sapete cos’ha rispo-sto? “No dai, non ho voglia di usci-re oggi… poi alle 4 c’è il Mondo di Patty, non me lo voglio perdere! Se ti va, semmai, possiamo sentirci più tardi su msn!”. All’inizio ci sono rimasta un po’ male e ho pensato che la mia amica fosse pazza ad essere così schiava di un programma televisi-vo. Poi, però, mi sono resa conto che forse io non sono messa molto meglio. In fondo anch’io ho passa-to interi pomeriggi sul computer, ho mandato - e mando ancora - un mucchio di sms e mi sembrerebbe stranissimo non poterli usare.

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Page 15: N.17 Sulla via della pace 2010

Relatore

:

GREGORIO

VIVALDELLI

6-7 marzo

6-7 marzo 2010

Padri Comboniani

LIMONE

SUL GARDA (B

s)

Info: M

ariarit

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349.1763741

Da: MarcoInviato: lunedì 18 gennaio 2010 12.08A: TommyOggetto: ke ne pensi?

Ciao Tommy, ripensando a quel lungo discorso fatto circa due settimane fa, as-sieme a Chiara, sull’importanza delle relazioni, mi vengono in mente molte cose, ma sono idee a volte confuse. Abbiamo parlato animatamente sulla comunicazione. Penso non sia male mettere per iscritto qualcosa al riguardo, anche per cercare di sistemare alcuni pensieri che ti condivido.Pensando alla comunicazione, al dialogo, alle relazioni, mi vengono in mente persone, parole, gesti, tecnologie, messag-gi…Il punto su cui ci eravamo soffermati maggiormente era quello di cercare di defi nire cosa sia una vera relazione. Ho consultato il vocabolario e ho trova-to molto interessanti alcune parole legate al termine comunicazione: atto del comunicare, relazione, rapporto. La prima mi sembrava alquanto scontata: per comunicare bisogna fare l’atto del comunicare, cioè del dialogare, del cercare di esprimersi mediante parole o gesti. Ma non è poi così scontato. Infatti, se ti ricordi, abbiamo aperto dei punti in-terrogativi sui diversi modi con cui si può comunicare: direttamente, avendo l’altro di fronte: in questo caso sono fondamentali la voce, il volto, gli occhi e il modo di espri-mersi. L’altro modo di comunicare è quello indiretto, attraverso strumenti come computer, cellulari e altro; forse questo è immediato, ma a volte freddo e lontano.È vero, siamo sempre in rapporto in modi diversi con i nostri amici, con le nostre fami-glie, tra di noi… E qui mi sono posto una forse inevitabile domanda: ma che tipo di rap-porto? che tipo di relazione?Ho rifl ettuto molto su tante risposte possibili, e non ho raggiunto una conclusione unica. Il discorso è molto amplio e ci riguarda tutti. Ho capito che non è tanto importante il modo di comunicare, ma quale tipo di relazione voglio instaurare con gli altri. Pensando poi alle nuove tecnologie che permettono messaggi istantanei, come internet con facebook, msn, fo-rum e altri, o con gli sms dei cellulari, mi sono reso conto di quanto sia facile comunicare e rimanere in contatto. Questo però non vuol dire essere in vera relazione. Possiamo avere migliaia di contatti, con amici, con il mondo, con persone che magari non abbiamo mai cono-sciuto, e rischiare di renderci sempre più soli trascurando le vere relazioni.Sai, credo che, anche se quasi indispensabili e utili nella nostra vita, le tecnologie va-dano utilizzate in modo appropriato; altrimenti cosa può succedere se sostituiamo relazio-ni e rapporti del mondo reale con quelli del mondo illusorio e virtuale? A domani!!

Marco

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Marco

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Ci parli un po’ di te, affi n-ché possiamo presentar-ti a tutti i nostri amici?Sono nata in un picco-lissimo paese della

Bosnia Erzegovina circa ses-sant’anni fa. Ho perso molto presto il padre, morto giovane; la mamma voleva farmi studia-re, ma con sei fi gli non poteva permetterselo. Così a sedici anni sono andata a Zagabria, in un seminario, dove lavoravo e stu-diavo. Qui ho avvertito la mia vocazione e, da postulante, sono stata mandata a Roma, dove ho

conseguito il diploma magistrale, poi quello di infermiera profes-sionale ed, infi ne, i voti perpetui nel 1973. Sono rimasta in Italia circa vent’anni, collaborando in diverse realtà educative ed assistenziali. Allo scoppio della guerra in Bosnia Erzegovina, sono stata mandata a Mostar come in-fermiera. Nel periodo post bellico sono rimasta a collaborare col nuovo direttore della Caritas di Mostar don Ante Komadina fi no al 2008, anno in cui mi sono am-malata e sono tornata a Roma per

curarmi. Vivo tuttora a Roma, ma in aprile, al termine delle

cure, tornerò a Mostar.

Qual era il tuo ruolo duran-te la guerra?All’inizio, potevo offrire un’assistenza più morale

che materiale, per-ché le medicine

scarseggiavano. Nel 1994, don Kresimir Puljic, direttore del-la Caritas di Mostar, riuscì

ad improvvi-sare e rifor-

nire una farmacia

ed un

consultorio, al quale confluivano ogni giorno circa trenta donne disperate, molte delle quali stu-prate nei lager: io le ascoltavo e cercavo di aiutarle psicologi-camente e, se possibile, anche materialmente. Sebbene in ambienti fatiscenti, le due real-tà funzionavano a pieno ritmo; io mi occupavo della farmacia, del consultorio e dell’assisten-za domiciliare, specialmente ai numerosi rifugiati nei campi profughi. Durante i diciotto mesi della guerra, vi giungevano tutti i cattolici, costretti a fuggire dalla Bosnia Centrale dove si erano insediati i musulmani, scacciati a loro volta dalla Bosnia Orientale. Con la pace di Dayton, cessati i combattimenti, il territorio er-zegovinese è stato suddiviso in due parti uguali: metà solo per i serbi, l’altra da dividere fra mu-sulmani e cattolici; ecco perché i campi profughi sono ancora pieni di cattolici che vivono in condizioni precarie, mentre i mu-sulmani, molto aiutati dagli stati amici, sono riusciti a ricostruire case e moschee.

Quando hai conosciuto la Comuni-tà Shalom?Proprio con l’arrivo di don Kresi-mir, si aprì questo spiraglio di luce:

Bosnia Erzegovina

Suor Arcangela,testimone di pace

INFORMAZIONE

Bosnia Erzegovina

Abbiamo incontrato Suor Arcangela Kvesic, che ci ha concesso una breve intervista.

Page 17: N.17 Sulla via della pace 2010

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Ripartire dagli ultimiNon basta la fi ne di un confl itto, perché ritornino pace e digni-tà per tutti. Le conseguenze di una guerra, come quella che dal 1991 al 1995 ha smembrato e riempito di orrore la ex Jugoslavia, permangono ancora oggi dopo tanti anni, mettendo in diffi coltà soprattutto gli individui più deboli. In questi casi, però, emerge spesso una maggiore solidarietà fra le persone.È il caso di alcune donne che, pur nella grande fatica di tirare avanti, stanno off rendo, a Mostar, il loro sostegno ad anziani soli e nulla-tenenti, temporaneamente ospitati dalle suore della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, in attesa della ristrutturazione della loro casa.Il numero delle anziane ospiti in questi anni è aumentato e di con-seguenza sono necessarie più persone che prestino loro assisten-za. Per questo la Comunità Shalom ha deciso di fornire un soste-gno economico ad alcune di queste donne che stanno aiutando gli ospiti della Casa per Anziani di San Vincenzo di Mostar.

Paolo Maino lo contattò per off rire tutto l’aiuto possibile e venne poi a trovarci personalmente con Elia-na. Iniziò così una profi cua colla-borazione di Shalom con la Caritas di Mostar. Furono realizzati impor-tanti progetti, fra i quali proprio la fornitura di molti medicinali e materiale sanitario per le attività di cui mi occupavo io.

Cosa puoi dirci della situazione attuale di Mostar e della Bosnia Erzegovina?Purtroppo la situazione non è mi-gliorata, anzi si potrebbe dire che è più grave di prima. Moltissimi problemi sono ancora irrisolti per mancanza di fondi: gli aiuti go-vernativi esteri non arrivano più; il paese non è più annoverato fra le terre di missione e, in tal senso, mancano gli aiuti umanitari; la crisi economica che coinvolge il mondo intero non ci permette di ricorrere ancora ai benefatto-ri che ci hanno sempre aiutato, perché ci rendiamo conto che il momento è diffi cile per tutti. A Livno, un piccolo paese del nord, le suore del mio ordine hanno una casa a disposizione di anziani e bambini della scuola materna. È stata ristrutturata subito dopo la guerra, me con materiale sca-dente e, forse, da operai improv-visatisi muratori solo per poter lavorare. Ora è fatiscente e le infi ltrazioni di acqua costringono bambini e anziani a vivere nella più malsana umidità.Purtroppo non c’è alcuna possibili-tà di provvedere!

Grazie, suor Arcangela, di tutto ciò che ci hai detto…Scusa, ma c’è una cosa che deside-ro aggiungere.Ho parlato di numerosi progetti che Shalom ha realizzato per noi, ma c’è qualcosa di molto prezioso che Shalom mi ha donato e che custodisco gelosamente dentro di me: una carica spirituale che si rinnova ad ogni incontro e che deriva anche dal vostro modo di

vivere il quotidiano, non solo dalla preghiera! La vostra condivisione fraterna delle gioie e dei dolori, la calorosa accoglienza gli uni degli altri, l’amore che vi lega e di cui riuscite a far partecipi i vostri ospi-ti, la familiarità immediata che si respira fi n dal primo incontro: dal ripensare a tutto questo attingo la carica per la mia vita, anche quan-do sono fi sicamente lontana da voi, ma sempre vicina col cuore

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INFORMAZIONE

Perché un Sinodo per l’Africa?

Dal 4 al 25 ottobre 2009, si è tenuta a Roma la seconda Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa. La

prima Assemblea era stata indet-ta da Giovanni Paolo II nel 1994; l’anno seguente, il Papa, durante un viaggio apostolico in Camerun, aveva consegnato l’esortazione apostolica Ecclesia in Africa, frutto dei lavori del primo Sinodo, sul tema: “La Chiesa in Africa e la sua missione evangelizzatrice verso l’anno 2000”. Con questo docu-mento, il Papa aveva rilanciato l’evangelizzazione nel continente africano. Durante il pontifi cato di Giovanni Paolo II, i cattolici africani sono molto aumentati di numero ed attualmente sono 158 milioni: circa il 16% della popolazione.Questa seconda Assemblea si pone in continuità con la prima, per ve-rifi care il cammino fatto ed appro-fondire alcuni temi di attualità.

La riconciliazioneè la base per la pacePer tre settimane i partecipanti al-l’Assemblea si sono confrontati sui problemi del Continente africano, avendo sullo sfondo l’impegnativo tema: “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. “Voi siete il sale della terra. Voi siete la luce del mondo”. Proprio all’inizio del Sinodo, si è appresa la notizia di sette ragazzi cristiani crocifi ssi e uccisi nel sud

Sinodo per l’Africa: la Chiesa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace

Sudan, ad opera di un gruppo ar-mato originario del nord dell’Ugan-da. L’orribile uccisione è avvenuta diversi mesi fa, ma la notizia è stata diff usa soltanto ai primi di ottobre. Purtroppo, anche nel sud Sudan la comunità cattolica è presa di mira da ripetute violenze. Questo fatto ha messo in luce le violenze e le contraddizioni che affl iggono l’Africa e come sia urgente il biso-gno di riconciliazione, affi nché di-venti sorgente di pace e di giustizia. Il Papa, nell’omelia della Messa di apertura del Sinodo, ha parlato dell’Africa come di un continente ricco di risorse, non riferendosi a quelle materiali, ma piuttosto a quelle umane e spirituali. Tuttavia anche l’Africa risente delle malattie che hanno già colpito il mondo occidentale: il materialismo pratico, combinato con il pensiero relativi-sta e nichilista. Il mondo sviluppato ha esportato talvolta rifi uti tossici spirituali, che stanno contagiando le popolazioni di altri continenti. Un altro virus che può ammorbare l’Africa è quello del fondamentali-smo religioso, mischiato ad interessi politici ed economici. In tale conte-sto, la Chiesa può dare testimonian-za come comunità di persone ricon-ciliate con Dio e tra di loro ed essere profezia e fermento di riconciliazio-ne tra gruppi etnici, linguistici, reli-giosi. La riconciliazione, infatti - ha proseguito il Papa - è la base per la pace e per l’autentico progresso degli uomini e della società.

Un continente segnato da povertà e ingiustiziaDurante i lavori del Sinodo, sono emerse luci e ombre del continente africano: la povertà endemica di un continente ricco di risorse naturali; politici locali che talvolta antepon-gono gli interessi personali al bene comune; dieci milioni di persone in fuga a causa di guerre e carestie;

diAlessandra Zanin

Sinodo africano

la necessità del dialogo con altre religioni, come quelle tradizionali e l’Islam; i problemi della famiglia. È anche emerso il problema del-l’imperialismo culturale dei paesi occidentali, cioè l’imposizione di modelli culturali estranei all’Afri-ca. Per esempio, l’aborto viene incentivato come soluzione per le donne che hanno diffi coltà a por-tare avanti una gravidanza, mentre queste avrebbero piuttosto biso-gno di aiuto per superare i loro problemi. Oppure, la Chiesa è vista come ostacolo alla lotta all’AIDS, perché non diff onde l’uso del preservativo; mentre è noto che la causa della diff usione dell’infezione sta nei comporta-menti sessuali irresponsabili. La soluzione vera al problema con-siste, pertanto, nell’adozione di comportamenti responsabili: la fedeltà coniugale per gli sposati e l’astinenza per i non sposati. Come ha detto il Papa, l’Africa è una terra feconda di vita umana (un miliardo circa di abitanti , con un tasso di natalità complessivo che è il più alto del mondo), ma questa vita è segnata da povertà e ingiustizie. La Chiesa è impegnata a superarle con la forza del Vangelo.

Un’esperienza “altamente po-sitiva per il senso di respon-sabilità dei vescovi africani, il senso di un cammino che è nella Chiesa, una passione te-stimoniata e vissuta per il bene della gente africana. È stata una bella esperienza di fraternità”. A tracciare questo bilancio del Sinodo è Mons. Luigi Bressan, Arcivescovo di Trento e Presi-dente della Commissione Epi-scopale per l’Evangelizzazione dei popoli e la Cooperazione tra le Chiese, unico vescovo italiano presente al Sinodo, a parte i “collaboratori” della Santa Sede ed i Missionari Ve-scovi. (www.agensir.it)

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Senza giustizia tra uomini e donne non c’è sviluppoÈ emerso anche il tema del ruolo delle donne in Africa; erano pre-senti al Sinodo venti uditrici e dieci esperte. Il vescovo di Lusaka (Zambia) ha aff ermato che, senza giustizia tra uomini e donne, lo svi-luppo rimane un miraggio. Le don-ne hanno bisogno di formazione per assumere un ruolo attivo nella vita della società e della Chiesa. Dalle testimonianze è emersa la splendida fi gura delle donne afri-cane in grado, nonostante miseria e violenza, di mantenere la propria dignità e umanità, di tenere in-sieme la famiglia, di occuparsi dei bambini orfani come dei propri, di inventare vie di riconciliazione e di pace, di vivere intensamente la fede.

Africa, coraggio, alzati!Il testo fi nale approvato dai vesco-vi africani si può riassumere con l’invito di Gesù al paralitico: “Alzati e cammina!”. Il destino dell’Africa è quindi nelle sue mani.

Le proposizioni di cui si compone il testo fi nale rappresentano degli appelli che la Chiesa lancia a se stessa e al mondo. La proposizione sulla riconciliazione contiene un appello a cessare guerre e ostilità; a recuperare il sacramento della riconciliazione. La proposizione sulle donne condanna ogni vio-lenza contro mogli, fi glie e vedove (matrimoni forzati, privazione di eredità, mutilazioni genitali, mal-trattamenti) e propone la forma-zione umana integrale femminile e la creazione di case di accoglienza per donne vittime di abusi. In tema di relazione con l’Islam, si propone dialogo e reciprocità. Inoltre si ribadisce un fermo no all’aborto e si chiede l’abolizione della pena di morte.

Chiesa, comunità di persone riconciliateNella toccante omelia della Messa conclusiva, Benedetto XVI ha fatto risuonare di nuovo la chiamata al continente africano: “Coraggio, alzati...” (Mc 10, 49). Ha osservato che la Chiesa è la famiglia di Dio, dove non possono esistere divi-

sioni su basi etniche, linguistiche, culturali. Una Chiesa riconciliata è un potente lievito di riconciliazio-ne per tutto il continente africano. Noi per primi abbiamo sperimen-tato che la fede in Cristo guida uomini e popoli alla libertà nella verità, alla riconciliazione e alla pace. Questa è la Chiesa nel mon-do: comunità di persone riconcilia-te, operatrici di giustizia e di pace; sale e luce nella società. Il Papa ha inoltre ricordato alcuni con-cetti scritti nella recente Enciclica Caritas in Veritate, che cioè il vero sviluppo si basa sul Vangelo e sulla promozione umana, nel rispetto delle culture locali e dell’ambiente. La globalizzazione deve essere orientata secondo l’impostazione culturale personalistica e comuni-taria, perché lo sviluppo raggiunga tutti i popoli. Infi ne, ha auspicato che l’Africa, come venne accolto Gesù durante la fuga in Egitto, allo stesso modo accolga l’annuncio del Vangelo con rinnovato entusia-smo, affi nché divenga sale e luce del mondo

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Lo scorso 17 ottobre, al termine di un concerto tenuto nell’Aula Paolo VI, Benedetto XVI ha pronun-ciato alcune parole signifi -

cative sul valore della Musica e la sua importanza nella vita quotidia-na. Secondo le parole del Papa la Musica è un “Linguaggio spirituale e quindi universale, veicolo quanto mai adatto alla comprensione e all’unione tra le persone e i popoli. La musica fa parte di tutte le cultu-re e, potremmo dire, accompagna ogni esperienza umana, dal dolore

al piacere, dall’odio all’amo-re, dalla tristezza alla gioia, dalla morte alla vita.”

La musica, equilibrio di ragione e cuore

Il ritmo dell’interioritàQuanto aff erma il Papa sul ruolo della musica nell’accompagnare la vita degli uomini e delle donne, ha un signifi cato particolare in rapporto ai nostri tempi, nei quali il quotidiano è spesso una corsa contro il tempo, nel tentativo di rispettare impegni e scadenze. Spesso, alla fi ne di una giornata o di una settimana, non si trova il tempo per chiedersi “perché, per chi sto facendo quello che faccio?”. Si continua a farlo e basta. Mentre si tiene il tempo frenetico delle cose da fare, si ha paura di pre-stare orecchio all’interiorità, che potrebbe avere un ritmo diverso e rallentare la nostra corsa. Non ce lo possiamo permettere.

La musica libera l’amore che abbiamo

nel cuore“La musica - ha proseguito

Benedetto XVI - è sem-pre stata utilizzata per dare forma a quello che non si riesce a fare con

le parole, perché suscita emozioni altrimenti diffi cili

da comunicare”. Talvolta, se ci capita di ascoltare una musica che entra in risonanza con le nostre corde nascoste, con i sentimenti che abbiamo trattenuto sul fondo del nostro cuore, questa riesce ad oltrepassare le difese razionali e ci aiuta a riappropriarci di questa parte di noi. Possono riaffi orare gioie e dolori, fra le lacrime o le danze. La musica, che è un equili-brio di ragione e cuore, ci restitui-sce più integri, più autentici a noi stessi. La musica libera l’amore che abbiamo nel cuore. Per i no-stri fi gli, per il marito o la moglie,

FORMAZIONE

La musicaci restituisce più integri,

più autentici a noi stessi

Benedetto XVI

diMirko Pettinacci

Musica

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per gli amici e per noi stessi: le persone per cui viviamo la no-stra vita. Ci permette di rimettere a fuo-co il nostro quotidiano. “La musica distende lo spirito, suscita sentimenti profon-di ed invita quasi naturalmente ad elevare la mente e il cuore a

Dio in ogni situazione, sia gioiosa che triste, dell’esistenza umana. La musica può diventare preghie-ra”. Il Papa ha concluso con queste parole il proprio intervento. La nostra realtà di uomini e don-ne è terribilmente incompleta se viviamo senza riconoscere la pre-senza di Dio in noi e attorno a noi.

C’è, infatti, una voce, spesso sof-focata, ma presente in ogni cuore, che la musica sa far parlare: il grido della creatura al suo Creatore; del fi glio che chiama il Padre. Forse solo la musica, che non ha bisogno di parole e di frasi defi nite, riesce a dare espressione al bisogno di infi -nito che è nel cuore dell’uomo

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Annunciare il Vangelo nel mondo di oggi non è facile. Se da un lato molte persone sono sinceramente alla ricerca

di Dio e disponibili ad ascoltare l’annuncio, è anche vero che la cultura dominante si mostra non solo indiff erente, ma spesso ostile e sprezzante, e sembra incline a concedere maggior spazio a qua-lunque altra proposta vagamente “spirituale”. Per non scoraggiarsi, può essere stimolante il confronto con la si-tuazione in cui si trovarono i primi cristiani; la loro proposta appari-va debole, rispetto alla raffi nata cultura dell’Impero Romano, e dunque disprezzata o ignorata, eppure nel giro di alcuni secoli si rivelò vincente. Un esempio ci consentirà uno sguardo ravvicinato. Nel II seco-lo dopo Cristo era ormai con-clusa l’epoca degli apostoli e dei loro immediati successo-ri. Le persecuzioni avevano colpito le comunità cristia-ne, e molti martiri (ricordia-mo Ignazio d’Antiochia e Policarpo di Smirne) aveva-no dato la vita per la fede. Il cristianesimo, benché il-lecito, continuava a diff on-dersi nell’impero, tramite contatti personali, senza grande visibilità. Solo pochi credenti iniziavano a difenderlo pubblica-mente, mostrandone la bellezza, la ragionevo-lezza e la possibilità di accordo con la parte migliore della cultura greca e romana. Furono detti Apologisti, ed il principa-le fu Giustino, martirizzato

verso l’anno 165. Con Ireneo poi cominciavano a emergere i primi grandi teologi; Origene sarebbe sorto dopo qualche decennio.Per contro la cultura romana paga-na di quegli anni è ben rappresen-tata da Lucio Apuleio (di Madaura in Africa), vissuto tra il 125 ed il 180 circa. Apuleio era uno scrittore di talento, autore di un romanzo - Le Metamorfosi - che è tra le opere più belle di tutta la letteratura lati-na. Era anche un fi losofo, seguace di Platone, ed un avvocato di suc-cesso. Era coltissimo, aveva studia-to ad Atene, aveva viaggiato; era ricco, eloquente, bello. Era dotato di grande sensibilità religiosa, e si

era accostato a numerose delle religioni presenti

nell’impero. Si era anche fatto ini-ziare ad alcuni Misteri, che erano culti segreti, riservati appunto agli

iniziati, in cui si ritene-va di sperimentare una unione mistica con la divinità ado-rata; in particolare a quelli di Eleusi, di Asclepio, di Iside ed Osiride. Era

particolarmente devoto alla dea

egiziana Iside: egli scrive che essa è provvi-dente, bene-

vola, salva chi la invoca nel peri-colo, e dà felicità anche nell’aldilà. Infi ne, Apuleio era interessato alla magia, ed era

ritenuto egli stesso mago e taumaturgo;

risulta che gli vennero attribuite guarigioni ed anche risurrezioni di morti. Apuleio ci mostra come il bisogno religioso all’epoca fosse molto accentuato, e come le risposte non mancassero. Numerosissimi erano i culti, vecchi e nuovi, molti dei quali provenienti dall’Oriente. Confl uivano in una religiosità sin-cretista, che attingendo a molte correnti fi losofi che e religiose di-verse, sembrava in grado di off rire risposte sia alle domande intellet-tuali ed esistenziali, sia al bisogno di esperienze spirituali coinvolgen-ti, sia, tramite la magia, ai bisogni concreti della vita quotidiana. Chi vedesse qualche analogia con l’attuale New Age forse non sareb-be tanto lontano dal vero. In que-sto panorama così denso di pro-poste religiose, poteva mai esserci posto per un altro Salvatore, e per giunta crocifi sso?Eppure, proprio nella fi gura di Apuleio, emergono anche le de-bolezze di questo mondo religioso lussureggiante. L’interesse per la magia evidenzia una profonda de-viazione della religiosità, un vero rovesciamento: chi pratica la ma-gia cerca potere, invece che cerca-re Dio; pone al centro se stesso e la propria volontà. È anche un segno che della “provvidenza” di questi dèi non ci si fi dava real-mente. Altrettanto signifi cativa è la continua ricerca di nuovi culti e nuove iniziazioni, perché manife-sta che nessuno di essi era vera-mente soddisfacente: sfi oravano appena la drammaticità della vita umana. Al contrario, i cristiani mo-stravano che chi ha incontrato Cri-sto non ha bisogno di altro; come avrebbe detto Teresa d’Avila, molti secoli dopo: “Dio solo basta”

L’areopago

L’areopago

I cristianinell’Impero Romano

diWalter Versini

FORMAZIONE

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In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il po-tere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. 30Quanto a voi, perfi no i capelli del vostro capo sono tutti contati; 31non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri! 32Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Pa-dre mio che è nei cieli. (Mt 10,28-33)

Il vero senso dell’esistenza umana, secondo Gesù, non si esaurisce nella pur importante dimensio-ne corporea, ma trova la propria pienezza soltanto nel prendersi cura della “vita interiore”, vale a dire della relazione con Dio. Ecco perché Gesù avverte che la vera paura che deve avere l’uomo è che si possa recidere questo rapporto con Dio: temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. A questo punto qualcuno potreb-be pensare: ma allora, di questo Dio bisogna avere paura? Il rap-porto con Lui si basa sul terrore? Assolutamente no. Gesù chiarisce subito come deve essere inteso questo invito. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Ep-pure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Innanzitutto Gesù sottoli-nea ancora una volta che il Dio di cui sta parlando è un Padre. Poi che questo Padre si caratterizza per un tipo di amore del tutto particolare: anche chi per il mondo vale poco, un soldo, e per questo sembra che la sua vita non abbia nessun senso, è invece oggetto di tutta la premura del Padre (nean-che uno di essi cadrà a terra sen-

za che…). Se il Padre tratta così i passeri, l’invito di Gesù a temere Dio esprime allora la raccomanda-zione a rimanere fedeli a così tanto amore. Questo è il senso del terzo invito a non temere: non abbiate dunque timore. La testimonianza della propria fi ducia in Dio, per Gesù non può arrendersi neppure di fronte alla sensazione, da parte del discepolo, di sentirsi abbando-nato, trascurato, quasi dimenticato dal suo Maestro. In qualunque situazione si trovi e qualsiasi sia il suo stato d’animo, il Vangelo ricor-da al discepolo fi no a che punto il Padre conosce le proprie creature: perfi no i capelli del vostro capo sono tutti contati.Il brano di Vangelo che abbiamo scelto per darci nuovo slancio nel nostro impegno missionario si conclude con un invito (cfr vv. 32-33) a non vivere la missione propria dello stato di vita di ciascu-no con il contagocce, ma avere il coraggio di mettersi totalmente in gioco, di “sbilanciarsi” radicalmen-te, senza timore di testimoniare con la vita e le parole la propria fi ducia in un Dio Padre che ha un’unica preoccupazione: pren-dersi cura delle proprie creature, soprattutto di quelle più deboli

diGregorio Vivaldelli

Il coraggio della fi ducia

Quanto amo la tua Parola, Signore

Quanto amo la tua Parola, Signore

Siamo all’inizio di un nuovo anno. Per questo motivo abbiamo scelto un brano nel quale Gesù invia i suoi discepoli come suoi te-

stimoni nel mondo. Anno nuovo, slancio missionario nuovo. Non si tratta, però, di una missione priva di diffi coltà. Serve coraggio, il co-raggio di rimanere fedeli al rappor-to di fi ducia che i discepoli hanno instaurato con il loro Maestro. Ma il coraggio della fi ducia ha un ne-mico: la paura. Gesù, con tre inviti a “non avere paura”, indica la via che permette al discepolo di rimanerGli unito anche nell’incomprensione e nella persecuzione derivanti dall’es-sere suoi “apostoli”, suoi “inviati”.E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima. Il ter-mine greco tradotto con anima signifi ca anche “vita interiore”, e in questo caso forse renderebbe meglio ciò che Gesù vuole dire. Questi, infatti, aff erma che la mor-te non è il male radicale dell’uomo.

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Il tema della fi ne della vita continua ad essere un punto sensibile e controverso, che periodicamente riemerge nel dibattito pubblico e interpella

la coscienza di tutti. Attualmente è in discussione al Parlamento italiano un disegno di legge per istituire il cosiddetto “Testamento biologico”, cioè la dichiarazione anticipata sulle proprie volontà in caso di impossibilità a manifestare il proprio consenso ai trattamenti medici in situazioni di fi ne vita.Nel caso di persona capace di intendere e di volere, le decisioni sulle cure sono chiaramente nor-mate dalla Costituzione (art. 32) e specifi cate nel Codice di Deontolo-gia medica: “Il medico deve astener-si in presenza di documentato rifi uto di persona capace, dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun tratta-mento medico contro la volontà della persona” (art. 35).Un tempo il medico era colui che deteneva tutto il potere decisiona-le, secondo un concetto paternali-stico, per “il bene del paziente”. Ma dopo gli orrori della seconda Guerra mondiale, con la scoperta degli esperimenti compiuti su es-seri umani dai medici nazisti, ven-ne aff ermato con forza nel Codice di Norimberga che “il consenso volontario del soggetto umano è assolutamente essenziale” (art. 1).

Rinuncia all’accanimento terapeuticoNel 1946, tuttavia, la medicina di-sponeva ancora di mezzi limitati, non esistevano la rianimazione, la dialisi, i trapianti, le cure di soste-gno vitale. Le decisioni sulla fi ne della vita erano dunque semplici e condivisibili. Ma la tecnologia attuale è in grado di mantenere in vita malati per i quali in passato non c’era nulla da fare. Il progresso scientifi co permette di prolungare artifi cialmente la vita di una perso-na che ha perso ogni risorsa, che non ritroverà mai più una condi-

zione accettabile di salute, e tutto questo rende sempre più scottante il problema dell’interruzione volon-taria delle terapie al fi ne di evitare l’“accanimento terapeutico”. Questa possibilità è contemplata anche nel paragrafo 2278 del Catechismo della Chiesa Cattolica: “L’inter-ruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risul-tati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’accani-mento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altri-

Tra la vita e la morteRifl essioni sul “testamento biologico”

diMaria Luisa Toller

FORMAZIONE

Bioetica

La nostra vita è La nostra vita è fin dallfin dall ’origine ’origine intessuta di relazioni, intessuta di relazioni, e sono i legami e sono i legami in cui siamo in cui siamo fin da subito inseritifin da subito inseritiche ci consentono che ci consentono di esisteredi esistere

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menti, da coloro che ne hanno legal-mente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente”.Nel caso di un paziente incosciente, incapace di esprimere il proprio consenso (o dissenso) alle cure, si possono verifi care drammatici di-lemmi, con il rischio che il medico si orienti verso una medicina “difensi-va”, per evitare denunce da parte dei parenti. Il “testamento biologico” - o “Direttive anticipate” - cerca dunque di off rire uno strumento per decisio-ni serene e condivise, come spiega nel Documento del 2003 il Comitato Nazionale per la Bioetica: “Le dichia-razioni anticipate non possono essere

intese soltanto come un’estensione della cultura che ha introdotto, nel rapporto medico-paziente, il modello del consenso informato, ma hanno anche il compito, molto più delicato e complesso, di rendere ancora possibile un rapporto personale tra il medico e il paziente proprio in quelle situazioni estreme in cui non sembra poter sussi-stere alcun legame tra la solitudine di chi non può esprimersi e la solitudine di chi deve decidere. La fi nalità fonda-mentale delle dichiarazioni è, quindi, quella di fornire uno strumento per recuperare al meglio, nelle situazioni di incapacità decisionale, il ruolo che ordinariamente viene svolto dal dialo-go informato del paziente col medico”.

La vita è intessuta di relazioniSi tratta di un tema complesso e non semplifi cabile, sul quale il dibattito è acceso ed i pareri discordi. Un aspetto controverso della proposta è il rischio di asso-lutizzare il principio di autonomia ed autodeterminazione dell’indi-viduo, dimenticando che la nostra vita è fi n dall’origine intessuta di relazioni, e sono i legami in cui siamo fi n da subito inseriti che ci consentono di esistere. La redazio-ne di un “testamento biologico” potrebbe essere in questo senso un aiuto ai propri cari in vista di possibili, delicate decisioni future.Si discute vivacemente poi su ali-mentazione e idratazione forzata, da alcuni considerate un vero e proprio trattamento medico, per le competenze di cui necessitano, e quindi soggette alla stessa pos-sibilità di sospensione della altre terapie; da altri, invece, conside-rate “misure di sostegno vitale” e quindi da continuare in ogni caso.

La morte: un nemico da sconfi ggere?Sicuramente il “testamento biolo-gico” porta alla ribalta il ruolo del-la morte nel ciclo dell’esistenza umana, evento attualmente per-cepito in modo contraddittorio. Il mito razionalista del progresso scientifi co, che resiste nel sentire comune, tende a trattare la morte come un nemico da sconfi ggere o un insuccesso da superare, mai come un limite da assumere. È necessario invece riconoscerne l’ambivalenza, la complessità e la inaff errabilità, per accostarsi a que-sto tema in modo più autentico. In questo senso il “testamento bio-logico” può costituire l’occasione per rifl ettere sulla propria fi nitezza, sui valori fondamentali per i quali vale la pena vivere e su come af-frontare i momenti conclusivi della propria vicenda terrena

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Il labirinto

Era uno slogan assai diff uso negli anni della “contesta-zione”; attualmente non lo si sente più proclamare, eppure anche oggi, in

un clima culturale di grande con-fl ittualità, in cui tutti rivendicano la loro autonomia, parlare sere-namente di Chiesa, dichiarare la propria cordiale appartenenza ad essa, risulta assai diffi cile.

Deve proprio esistere una Chiesa?Il brusìo della piazza su questo argomento potrebbe essere con-densato in alcune domande pro-vocatorie, alle quali occorre dare il giusto peso e tentare di off rire una risposta: perché deve esistere una Chiesa? non posso credere in Dio senza la mediazione di una istitu-zione? Gesù ha voluto la Chiesa, oppure essa è il segno del tradi-mento nei suoi confronti?Giovanni XXIII e Paolo VI, i Papi del Concilio Vaticano II, avevano intui-to che la Chiesa Cattolica doveva tornare a dialogare con il mondo, evitando di chiudersi sdegnosa-mente in se stessa, e ritornare ad essere tutta missionaria (diff usiva): solo in questo modo avrebbe manifestato la sua fedeltà a Cristo e agli uomini anche nel nostro tempo.Ma - prendendo la cosa di petto - deve proprio esistere una Chiesa? Il Concilio non si preoccupa di “ri-spondere a tono” e di rivendicare per sé il diritto di esistere, ma annuncia la buona notizia: “La Chiesa è in Cristo come il sa-cramento e il segno dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (citazione tratta da Lumen Gentium, uno dei documenti più belli e pregnanti del Concilio).

Vale a dire: guai per tutti, se la Chiesa non ci fosse! È un’aff erma-zione di portata immensa. Signifi -ca che la Chiesa è indispensabile per il mondo, perché è al servizio del mondo, perché dove ci siano anche due o tre cristiani sperduti nella foresta (il Vangelo dice che bastano), lì c’è e agisce il Signore, lì è garantita la fraternità universa-le, lì c’è un germe del sogno di Dio in azione a favore di tutti, anche di coloro che non credono o sono ostili.J. Ratzinger, prima di essere Papa, nel documento intitolato Dominus Jesus (n. 19) aff ermava: “il Regno di Dio riguarda tutti: le persone, la società, il mondo intero. Lavorare per il Regno vuol dire riconoscere e favorire il dinamismo divino, che è presente nella storia umana e la trasforma”.

Chiesa, profezia e promessa di riconciliazioneChe poi non si possa essere cre-denti da soli è ormai ampiamente dimostrato sul campo. Troppe diffi coltà e troppe distrazioni osta-colano la fede, che, del resto, per natura propria è comunitaria.

Per questo si sono sviluppate prov-videnzialmente tante esperienze nuove, accanto a quelle più tradi-zionali. Pensiamo, ad esempio, a Chiara Lubich ed al suo movimento dei Focolari, a don Giussani, che evangelizzò il mondo studentesco con Comunione e Liberazione, a Carlo Carretto di Spello, che fece innamorare della Bibbia schiere di giovani, al Rinnovamento Cari-smatico, venuto originariamente dagli Stati Uniti, che off rì cammini di esperienza nello Spirito ad un mondo secolarizzato, materialista e intellettualista, al movimento di carità di don Benzi ed alla Comu-nità di Sant’Egidio. Tutte realtà che hanno superato gli angusti limiti del luogo d’origine per irradiarsi nel mondo.“La Chiesa è come il sacramento e il segno dell’unità del genere uma-no”: si potrebbe anche dire che la Chiesa – e la Comunità Shalom è Chiesa – è profezia e promessa di riconciliazione. Questo è, del resto, il carisma principe della Comunità Shalom che in Italia, in Africa, in Asia, in America Latina è impegna-ta a portare concretamente i segni tangibili - a livello materiale e spirituale - della civiltà della ricon-ciliazione

Cristo sì, Chiesa no?

diTiziano Civettini

FORMAZIONE

Non posso credere in Dio senza la mediazione di una istituzione?

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Carissimo,hai ragione nel dire che la risposta alla mia do-manda della volta scorsa è semplice e scontata: il

contrario della gioia sono l’infelici-tà, la tristezza, l’angoscia, il dolore. Tutto vero. Ho però l’impressione che le radici siano più profonde e molteplici e si comportino come tarli che insidiano e molestano il cuore della gioia. Una di queste è la paura.No, non voglio dire che tutta la paura sia negativa e da gettare via. C’è una paura sana, da non trascu-rare: è una lucetta che si accende nel nostro display interiore e ci av-visa dell’imminenza di un pericolo, di una minaccia, di un confl itto. In questo caso la paura è un sal-vavita: ci permette di prendere le precauzioni giuste per protegger-ci, ci fa evitare situazioni, azioni, luoghi oggettivamente pericolosi. Il non dare ascolto a questa paura non è coraggio, ma temerarietà. Passato il pericolo, la lucetta si spe-gne, la paura passa e l’adrenalina torna a livelli normali.C’è un’altra paura da ascoltare con attenzione: la “paura esistenziale”, paura della morte, della malattia, della vecchiaia. È una paura che ci porta all’essenziale: siamo creature di passaggio su questa terra, senza la possibilità di aggiungere un solo

giorno alla nostra esistenza, con una missione da compiere, chiama-ti a raggiungere il nostro Creatore. Questa è una paura che, presa a piccole dosi, può attivare un sano gusto della vita, di ciò che realmen-te conta, di ciò per cui vale la pena spendersi. Fa pulizia e relativizza.C’è poi una paura che sembra immotivata e ingiustifi cata, una paura eccessiva e smodata davanti ad un evento, ad una situazione di per sé irrilevante. Si innesca quando situazioni della vita pre-sente vanno a sollecitare e riatti-vare eventi traumatici vissuti nel passato. È come toccare un nervo scoperto. Questa è una paura da interrogare, affi nché da ostacolo possa trasformarsi in opportunità. C’è poi una paura malata, pato-logica. L’intermittenza della lu-cetta interiore si è rotta e rimane sempre accesa: la paura diventa il sentimento dominante e onnicom-prensivo.C’è anche una paura un po’ ansiosa. È quella per situazioni ipotetiche future del tipo: cosa farò se muore mio fi glio, o se si ammala mio ma-rito, o se avrò un crollo economico, o se a mia madre dovesse venire l’Alzheimer? ...se, se, se…Che fare quando si è in preda a questo sgradevole sentimento che è la paura con tutte le sue molteplici sfaccettature? Ho detto

di ElianaAloisi Maino

Carissimo...

Carissimo...

La paura mi fa ripiegare su me stesso? La fiducia mi permette di alzare gli occhi.

FORMAZIONE

volontariamente “quando si è in preda alla paura”, perché quando la si vive, quando “ci si è dentro”, la paura produce una specie di paralisi delle facoltà intellettuali: la razionalità va in tilt. Bisogna essersi attrezzati prima, aver pro-grammato un piano strategico. Questo piano difensivo prevede l’aver potenziato un antidoto alla paura: la fi ducia. La paura mi toglie i punti di riferimento? La fi ducia li rimette al posto. La paura insidia e off usca il mondo emotivo-emo-zionale? La fi ducia rinsalda la parte razionale e spirituale. La paura mi fa ripiegare su me stesso? La fi du-cia mi permette di alzare gli occhi. La fi ducia non è uno stato d’animo passivo, ma proprio l’opposto: è un deciso movimento interiore con cui si sceglie di aggrapparsi a ciò in cui si credeva prima, quando non si era oppressi dalla paura. Quindi fi ducia in Dio, perché razio-nalmente so in Chi ho posto la mia fi ducia! Ma anche fi ducia negli altri che può declinarsi in “confi denza”: la paura condivisa si dimezza o addirittura svanisce.Fiducia, fede, confi denza: alleanza vincente contro la paura e prope-deutica al vivere nella gioia. Ti penso e ti mando un abbraccio di shalom Sempre tua Eliana

La pauraostacola la gioia

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assicuriamo il sostentamentol delle mensemense di Padre Ferruccio Modena in BoliviaBolivia, l del Centro di riabilitazioneriabilitazione per disabili a Mostar, in Bosnia-ErzegovinaBosnia-Erzegovina, l del Centro Shalom-Amahoro in BurundiBurundi, l del Centro di attività e formazioneformazione in ColombiaColombia, l dei progetti di solidarietàsolidarietà di suor Rosanna nelle FilippineFilippine,l dei numerosi progetti dell’IndiaIndia, dell’UgandaUganda, del KenyaKenya…

a sostegno dell’Associazione Shalom

Solidarietà Internazionaleonlus

La tua fi rma5 x mi lle

Mario Rossi9 3 0 0 6 8 8 0 2 2 8

Codice fiscale dell’Associazione Shalom Solidarietà Internazionale

Mario Rossi9 3 0 0 6 8 8 0 2 2 8

Codice fiscale dell’Associazione Shalom Solidarietà Internazionale

Il contribuente ha la possibilità di destinare una quota pari al 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS). All’in-terno della dichiarazione dei redditi (CUD - 730 - UNICO) c’è una sezione in cui specificare la scelta per la destinazione del 5 per mille dell’IRPEF. Il contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente ed indicare il codice fiscale del soggetto beneficiario (vedi esempi).

il tuoCONaaiiutouto

Don Domenico, uomo della misericordia di Dioa cura di Eliana e Paolo Maino

In occasione dell’Anno sacerdotale e del Trentesimo di Fondazione, la Comunità Shalom pubblica un libro agile e profondo sul co-fondatore don Domenico Pincelli, morto nel 2003.Nel volume convivono le linee portanti della spiritualità di don Domenico, le immagini della sua vita e le testimonianze di molti che hanno benefi cato del suo ministero.Ne traspare il volto di un prete innamorato di Gesù; un uomo di preghiera e un interprete originale del Concilio, che ha saputo valorizzare i laici e le donne, fi no a condividere con loro il rischio dell’avventura comunitaria.Don Domenico è stato soprattutto un padre che sapeva ascoltare e guidare. La sua “via” alla riconciliazione ruotava attorno alla triade “ama, prega, perdona”.Il ricavato del libro andrà a fi nanziare un ospedale in Congo, già in funzione, intitolato alla sua memoria.

Strumenti di pace