N.4 Sulla via della pace 2006

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1 Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Comunità Shalom di Riva del Garda - TN - Italy 2006 n. 4 Anno I n. 4 - Ottobre-Dicembre 2006 - Trimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento - Taxe Percue - Contiene I.R. In caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Trento per la restituzione al mittente previo pagamento resi Editoriale Editoriale Per camminare insieme Dossier Dossier Shalom e Sostegno a Distanza

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rivista di in-formazione dell'Associazione Via Pacis

Transcript of N.4 Sulla via della pace 2006

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Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Comunità Shalom di Riva del Garda - TN - Italy

2006 n. 4A

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DossierDossier Shalom e

Sostegno a Distanza

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Le attività di solidarietà promosse dalla Comunità Shalom sono gestite dallaAssociazione Shalom Solidarietà Internazionale - OnlusViale Trento, 10038066 Riva del Garda (TN) - ItalyTel. e fax [email protected]

Per eventuali offerte:Per eventuali offerte:

CASSA RURALE ALTO GARDAc.c. 02/142146

CIN C - ABI 08016 - CAB 35320c.c. postale

n. 14482384

3 Editoriale

Informazione

4 Giustizia e Pace si baceranno

Formazione

12 Quanto amo la tua Parola, Signore

14 Sentire con la Chiesa

15 Questa è la nostra fede

16 Le sfide della vita

17 L’areopago

18 Carissimo…

La Comunità Shalom è un’Associazione Privata di Fedeli Laici della Chiesa Cattolica e membro della Fraternità Cattolica delle Associazioni e Comunità Carismatiche di Alleanza di Diritto Pontificio

SULLA VIA DELLA PACETrimestrale di in-formazioneAnno 1 - n. 4ottobre-dicembre 2006

Registrazione n. 263 presso ilTribunale di Rovereto (TN) (19.01.2006)

Direttore responsabilePaolo Maino

Direttore editorialeGregorio Vivaldelli

Equipe di redazionePaola AngerettiStefania Dal PontRuggero Zanon

Progetto graficoFlavio Antolini

Responsabile informaticoAssociazione ShalomRenato Demurtas

EditoreAssociazione ShalomSolidarietà Internazionale - Onlus

Direzione e amministrazioneViale Trento, 10038066 Riva del Garda (Trento) [email protected]. e fax +39.0464.555767

Stampa:Antolini Centro Stampa - Tione (TN)

Finito di stamparenel mese di settembre 2006

In copertina:Una bambina di Manila (Filippine)

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di Paolo MainoEditorialeEditoriale

« Il Sostegno a Distanza può costituire un’occasione straordinaria per intrecciare

la nostra vita con chi ha avuto meno opportunità di noi »

a chi si trovi a dover fronteggiare delle reali situazione di difficoltà, finisce per ricompensare chi è già ricco di doti e talenti personali.

Il nobile intento di favorire, sostenere ed incorag-giare nello studio e nel lavoro chi abbia dato prova di posse-dere capacità utili a sé ed alla società, rischia di sottrarre attenzione e risorse a chi, invece, avrebbe autentica-mente necessità di essere aiutato a scoprire le proprie potenzialità, sicuramente presenti, ma troppo spes-so inibite da difficoltà di apprendimento, insicu-rezze, problematiche personali e familiari.

Finché l ’unico metro di giudizio sarà rappresentato dal “va-lore” attribuito al sin-golo, e non dal “valo-re” della persona in quanto tale, si cor-rerà il rischio di dare a chi già ha e negare

un’opportunità a chi, per i più disparati motivi, non è in grado di

esprimere ciò che è, con il risultato di ampliare, anziché colmare, il forte divario già esistente. Stando attenti a non cadere nel pietismo o nella commiserazione, che rappresentano la negazione del valore e della dignità della persona. L’aiuto ed il sostegno, per essere real-mente tali, non possono prescindere dal massimo rispetto dell’individuo, della sua dignità ed unicità. Soltanto chi si sente amato ed accolto in quanto “è” e non in quanto “ha” può essere messo nella reale con-dizione di far affiorare la parte migliore di sé.

Che cosa possiamo fare concretamente oggi per avventurarci in questa direzione?

La tecnologia degli ultimi anni ci ha permesso di annullare le distanze, un tempo proibitive, e di incrociare volti di persone che vivono dall’altro capo della Terra.

Ecco allora che il Sostegno a Distanza può costi-tuire un’occasione straordinaria per intrecciare la nostra vita con chi ha avuto meno opportunità di noi.

Nessun aiuto economico, da solo, potrà infondere coraggio e speranza ad un bambino delle Filippine o del Burundi quanto il sapere che c’è qualcuno, in un Paese lontano, che ha scelto di percorrere insieme a lui un tratto del proprio cammino.

Per camminare insieme

Tutti sono pronti a riconoscere lo straordinario ca-pitale umano che si cela dietro ogni fanciullo, ma chi è disposto ad investire risorse, tempo ed energie in favore di coloro che ne avreb-bero più bisogno?

Ogni essere umano è unico ed irripetibile ed ha qual-cosa da dire e da dare al resto dell’umanità. Perché questo non resti una sterile enunciazio-ne di principio, occorre avere il coraggio di avven-turarsi in sentieri ancora inesplorati, battere nuove vie in grado di consentire a ciascuno di far emergere la parte migliore di sé e metterlo così in condizione di poter dare il proprio inso-stituibile contributo al resto della collettività.

E se la crescente sensibilità mostrata in occidente verso le giovani generazioni dei paesi del Sud del mon-do ha permesso di invertire, almeno in parte, questa tendenza, ciò non sembra paradossalmente valere nella nostra società. Troppo spesso il metodo meritocratico - che apparentemente premia chi sia riuscito in qualche modo a dimostrare di “valere” - anziché essere di aiuto

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Giustizia e PaceGiustizia e PaceNotizie dalla nostra solidarietà nel mondo

Cos’è il Sostegno a Distanza?

La Comunità Shalom, attraverso l’Associazione Shalom Solidarietà In-

ternazionale - Onlus, ha in carico, attualmente, oltre 500 adozioni a distanza nelle Filippine, Brasile, Thailandia e Burundi. Conosciamo personalmente i nostri referenti in queste terre di missione: suor Rosanna Favero per le Filippine, Marisa Girardi per il Brasile, padre Pierluigi Siviero per la Thailandia e padre Vittorio Blasi per il Burundi.Attraverso i contatti epistolari con questi nostri amici, riusciamo ad avere notizie sempre aggiornate sul paese in questione e sulla vita dei nostri ragazzi che seguiamo in tutto il loro percorso scolastico fino al raggiungimento del diploma o dell’indipendenza economica.

… è pensare ai molti, troppi bambini cui sono stati negati i più normali e fondamentali diritti umani (cibo, vestiario, istruzione, dignità,…).

… è parlare di persone e di cuori, più che di concetti e di numeri.

… è permettere a questi piccoli di istruirsi, crescere, costruire il proprio futuro concretamente, rimanendo, però, nel proprio paese, senza essere sradicati dalla propria terra, dalla propria gente.

… è sentirsi responsabili di una grande ingiustizia planetaria e cercare di alleviarla un po’.

… è donare amore, e questo va ben oltre il semplice “aprire il portafoglio”.

… è cercare di trasformare una spirale negativa di sofferenza e povertà in un circolo virtuoso di pace e di bene.

… è cambiare il mondo incominciando da noi stessi.

… è non capire più chi è il beneficiato e chi il benefat-tore in una sorta di girotondo di mani che si tendono e che si prendono… e sono tutte uguali.

… è prendersi cura di un fanciullo, ma anche della sua famiglia e dell’intera nazione cui appartiene.

… è sperimentare l’espandersi continuo della gratuità della condivisione.

… è esprimere con un gesto concreto queste parole: Tu, piccolo bambino, vali, sei degno di stima, sei prezioso per me!

… è amare e accogliere la vita aprendo la porta della nostra famiglia ad un altro componente.

… è un gesto d’amore fatto col cuore!

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Giustizia e Pace si bacerannosi baceranno di Stefania Dal Pont

... in concretoCosa significa, in termini economici, un Sostegno a Distanza?

Con un contributo di € 26,00 al mese (€ 312,00 all’anno) - i versamenti possono essere effettuati secon-do la modalità di pagamento più comoda - si provvede al mantenimento del bambino e della sua formazione scolastica. Il Sostegno è tacitamente rinnovato di anno in anno, salvo richiesta esplicita di sospensione da parte del sostenitore.Ci può essere corrispondenza con il missionario o il bambino?

I missionari si sono impegnati a farci avere notizie e fotografie dei bambini almeno una volta all’anno, oltre alla scheda iniziale che viene consegnata al momento della sottoscrizione.

Gli adottanti possono scrivere lettere ai bambini che sostengono, indirizzando la posta al referente in loco che provvederà a tradurre la lettera al bimbo a cui è inviata. Come si contatta l’Associazione Shalom?

Chi desiderasse sottoscrivere un Sostegno a Distanza o avere ulteriori informazioni al riguardo può telefonare direttamente all’ Associazione Shalom Soli-darietà Internazionale Onlus al numero 0464-555767, o recarsi personalmente alla sede di Riva del Garda (TN), Viale Trento, 100.

[email protected]

Come puoi aiutarci...La conoscenza di tante situazioni dramma-

tiche che continuano a coinvolgere tanti bambini e ragazzi incolpevoli dell’emisfero meridionale non può non toccare i nostri cuori, e renderci al con-tempo coscienti delle condizioni tutt’altro diverse nelle quali si trovano a vivere i nostri figli.

Altrettanto facile è però il rischio che alla profonda commozione e comunione di spirito che suscita in noi il grido del povero non faccia seguito un comportamento conseguente.

Per non soffocare quell’inquietudine che muove i nostri cuori al sapere che con un piccolo grande gesto di generosità da parte nostra è possibile concedere un’opportunità di una vita diversa ad un ragazzo che lotta ogni giorno per sopravvivere dall’altra parte del mondo, vogliamo allora raccogliere una sfida con noi stessi e con il mondo: ogni lettore si faccia carico dei pen-sieri e delle sofferenze di uno di questi piccoli aderendo al Sostegno a Distanza e convinca un conoscente a fare altrettanto.

È un piccolo gesto che può cambiare il cuore di chi lo fa e di chi lo riceve.

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Giustizia e Paceostegnoostegno

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Suor Rosanna ci scrivescolastico o per il mancato pagamento della retta.

Fin dall’inizio questi appoggi finanziari hanno cambiato molto della loro realtà soprattutto garantendo loro di frequentare la scuola con una certa dignità. Anno dopo anno il rapporto bambini-adottanti si è fatto più forte, arricchito dall’impegno e affetto reciproco. E, inoltre, il sogno di poter terminare lo studio è divenuto realtà!

Alcuni hanno terminato la scuola superiore e ora sono insegnanti che cer-cano di valorizzare l’opera educativa soprattutto ne-gli ambienti più poveri.

Altri si sono sposati portando come dote nel-la nuova famiglia proprio la dignità.

Quel piccolo grup-po iniziale ha acceso la prima fiamma di amore e speranza nell’isola di Min-doro dove ora il Soste-gno arriva in 52 villaggi diversi e a più di 500 bambini e famiglie.

Ho provato a pen-sare dove inizia il fenome-no Sostegno a Distanza.

Sicuramente non inizia con la scheda di presen-tazione di un bambino bisognoso di aiuto. Credo piut-tosto che sia l’incontro dell’unico desiderio di bene fra colui che lo cerca, per poter vivere, crescere, studiare, guarire, e colui che vuole condividerlo, annunciarlo,

Carissimi amici di Shalom,cerco di rispondere alla vostra richiesta di spiegare

un po’ cos’è il Sostegno a Distanza (SAD), dalla parte di chi riceve gli aiuti. Non so bene da dove iniziare. Mi rendo conto di quanto sia importante ed illimitata que-sta attività che qualcuno chiama fenomeno e penso ne abbia tutte le ragioni.

Ho avuto il primo contatto con il fenomeno SAD nel 1994, quando Paolo ed Eliana Maino vennero a visitare la no-stra missione e mi inco-raggiarono ad iniziare con un gruppo di una ventina di bimbi che frequentava-no la nostra casa.

Penso che per com-prendere ciò che significa questo aiuto a distanza è sufficiente guardare a ciò che questi bambini era-no allora e ciò che sono adesso.

Erano segnati dal-le privazioni originate dalla povertà: figli di braccianti o pescatori, provenienti da famiglie numerose, coscienti di dover contribuire con il proprio lavoro all’alimentazione giornaliera, desiderosi di andare a scuola, ma, purtroppo, obbligati spesso ad assentarsi per mancanza dell’uniforme o del materiale

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manifestarlo come carità, solidarietà, giustizia. Quando questo bene si incontra, avviene il “miracolo” ed il bene diventa forza, speranza, vita, dignità, libertà.

È l’instaurarsi di una relazione umana e spi-rituale che trascende la diversità e le distanze e che avviene attraverso incontri, visite alle famiglie, organiz-zazione di corsi estivi di recupero, dopo-scuola, attività comunitarie di formazione umana e cristiana nei diversi villaggi e comunicazioni con i benefattori.

Tutte iniziative promos-se allo scopo di garantire loro un’educazione complessiva e supplire alle carenze imposte dalla povertà e dall’ambiente.

Quando penso a come viene vissuto il Sostegno a Di-stanza da parte di chi riceve l’aiuto, non posso non ricor-dare con commozione ciò che la mamma di Neneng, una ragazzina di Santa Teresa, che era sofferente di cuore e non poteva lavorare, mi ha scritto un giorno.

Non aveva terminato la terza elementare, per cui ha scritto nel modo in cui è stata capace, ma è riuscita ad esprimere molto bene quello che aveva nel cuore.

La sua lettera, che ancora conservo, diceva così: “Sono ammalata da tanti anni e questo mi fa sentire inutile, non posso neanche badare ai miei figli, ho bisogno di tutto. Da quando ho conosciuto voi suore ho iniziato a pregare per voi, per il vostro lavoro, per il bene che fate.

Ora, nella tua lettera a noi genitori, ci dici di pre-gare per le famiglie dei benefattori che sono in Italia, per quanti ci aiutano. Io non avrei mai pensato, nella mia povertà, di poter fare qualcosa per coloro che stanno meglio di me; mai avrei pensato di conoscere altra gen-te, di uscire da questo mio villaggio. Invece adesso, ogni giorno compio grandi viaggi. Con la mia preghiera arrivo dalle famiglie benestanti e porto lì la mia preghiera, la

mia benedizione e anche la mia sofferenza. Non so come dirti grazie per questo, mi sento “ricca” anch’io e la mia vita, adesso, è utile!”.

La mamma di Neneng è deceduta nel 2000, ma ha vissuto gli ultimi anni della sua vita con serenità ed anche questo è uno dei miracoli che il Sostegno a Distanza compie.

L’appoggio finanziario che diamo ai bambini e alle famiglie riguarda la scuola e tutte le necessità scolastiche, compreso anche vitto e alloggio per chi deve studiare lontano da casa e il cibo.

Un pacco dono per la famiglia viene consegnato a Natale: è il dono che diamo a nome dei benefattori e contie-ne un po’ di beni per tutta la famiglia. Ogni anno inseriamo qualcosa per la casa, oltre alle immancabili stuoie, zanzariere e coperte (non certo quelle pesanti di lana che voi immagi-

nate, ma una via di mezzo fra il lenzuolo e la coperta), mettiamo anche qualche pentola, piatti, cestini per il cucito, bacinelle per lavare, il calendario, un libro in lingua tagalog adatto per l’intera famiglia, cesti in pla-stica per riporre la biancheria, secchi e contenitori per l’acqua... tutte cose graditissime e che portano grande festa insieme naturalmente al pacco di alimentari per le feste di Natale.

Tutto questo porta il vostro nome insieme agli auguri natalizi; non manca il pacco vestiario per l’adot-tato e per i più piccoli anche qualche giocattolo.

Ci sarebbero tante altre cose da raccontarvi, ma le riservo per la prossima occasione.

Vi accompagno sempre con la preghiera e tanta, tanta gratitudine ed affetto.

Ciao, un abbraccio a tutti.

Suor Rosanna

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Giustizia e Pace

I collaboratori di Suor Rosanna

Il grande numero di villaggi e le notevoli distanze chilometriche permettono a noi suore di visitare bambini e famiglie solo

ogni due mesi. L’assistenza continua è assicu-rata dal leader del gruppo che è normalmente proposto dalle famiglie degli adottati e approvato da noi e dal capitano del villaggio. Spesso si tratta della catechista che è affiancata, nel suo servizio, da altri due genitori.

Il compito dei leader è quello di mantenere i con-tatti con la comunità delle suore, facendosi portavoce di eventuali bisogni ed emergenze a livello familiare, sanitario o scolastico.

È gente semplice, ma il desiderio di aiutare gli altri a crescere e migliorare li rende capaci di fare cose grandi per la loro gente; anche le difficoltà che si presentano, non sono di ostacolo al loro impegno.

È questo uno dei successi dell’attività del Sostegno a Distanza di cui ci sentiamo orgogliose e che ci spinge a continuare a camminare al fian-co di questa nostra gente.

I leader non ricevono nes-sun compenso per il loro servizio: solo il rimborso delle spese di tra-sporto e a Natale un “bonus” per un sacco di riso.

Il loro lavoro è davvero prezioso; essi sono dav-vero l’estensione delle nostre braccia e del nostro cuore, svolgono il loro servizio con tanto amore e re-sponsabilità e ci permettono di essere costantemente presenti nei villaggi.

Ogni mese, o a seconda delle necessità, vengono tenuti incontri organizzativi e di formazione per i leader. È un’attività molto importante perché permette la cono-scenza delle realtà in cui vivono i nostri ragazzi, forma mentalità comune di obiettivi e linee di intervento, edu-ca alla solidarietà e alla giustizia. Ci sono stati momenti in cui l’unità all’interno del gruppo ha dato forza e luce per prendere posizione ed intervenire in casi di abuso e ingiustizia che precedentemente erano stati accolti con passività ed impotenza.

Altri collaboratori sono i nostri stessi ragazzi, soprattutto quelli che frequentano la Scuola Superiore. Oltre ad alternarsi nel ruolo di animatori dei più piccoli, durante le vacanze scolastiche si impegnano per due settimane ad insegnare nei Corsi di Recupero che ven-gono organizzati in alcuni villaggi. Si prendono cura della pulizia della Cappellina del villaggio, aiutano a prendere l’acqua ai pozzi per le persone più anziane o si dedicano ad altri piccoli servizi: tutti gesti con cui vogliono espri-mere la loro gratitudine per ciò che ricevono.

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La gestionedegli aiuti economici

Tutte le quote adozioni formano un unico fondo che viene gestito dalla responsabile delle adozioni con la col-

laborazione di un’altra suora filippina e la consultazione della comunità locale e dei Superiori della Congregazione.

Ecco in cosa consiste l’aiuto economico che viene dato ai ragazzi: per coloro che frequentano le scuole elementari, provvediamo al pagamento delle rette e ad altre necessità scolastiche, come ad esempio, le uniformi e il materiale didattico. Viene loro dato anche altro vestiario e dei Buoni Acquisto con cui i bambini, con le loro famiglie, possono, durante l’anno, in tempi e negozi da noi prestabiliti, acquistare altro materiale necessario per lo studio o per l’acquisto di generi alimentari e riso.

Per gli studenti della Scuola Media, dato che il costo delle spese scolastiche è più alto, viene diminuito il numero dei Buoni Acquisto per generi alimentari ed il corrispondente viene usato per le spese di trasporto e di alloggio. Solo pochi villaggi hanno la Scuola Media ed i ra-gazzi, per poterla frequentare, si devono trasferire presso famiglie di conoscenti o presso coloro che, a paga-mento, offrono accoglienza agli studenti. È nostro compito, sempre con l’aiuto dei leader e dei genitori, provvedere alla sistemazione dei ra-gazzi ed assicurare l’assistenza e l’alimentazione.

Le Scuole Superiori si trovano solo in San Josè e quindi è necessario il trasferimento per coloro che le frequentano. Per agevolare la sistemazione dei ragazzi, da alcuni anni abbiamo affittato due Boarding House (dormitori) per 20 ragazze, situati proprio di fronte al-l’edificio scolastico. Gli altri studenti sono alloggiati in altre case o presso conoscenti. Lo studio superiore è molto costoso; ai ragazzi viene assicurato il pagamen-to completo dell’iscrizione scolastica ed un contributo mensile sempre per le necessità di studio.

Per i bambini e ragazzi che non possono contare sull’aiuto e sull’assistenza della famiglia, provvediamo a cercare una sistemazione fra parenti e, dove questa non è possibile, offriamo loro accoglienza nella nostra Comu-nità. Attualmente vivono qui circa trenta ragazze, la

maggior parte studentesse della Scuola Superiore ed alcune bambine orfa-

ne o abbandonate.

I bambini che ancora non frequentano la scuola ricevono mensilmente un buono acquisto per alimen-tari e riso e due volte all’anno un pacco vestiario che chia-miamo “allargato” perché contiene indumenti anche per i familiari.

Questi sono gli interventi regolari; ci sono poi le spese me-

diche, che non sono poca cosa, so-prattutto per coloro che hanno bisogno

di medicine per la tubercolosi. La spesa mensile per ogni bambino è

di circa 15 dollari, compreso il latte e le vita-mine. La cura ha effetto se viene fatta regolarmen-

te senza essere sospesa e sostenuta da una buona alimentazione. Questo è quello che noi cerchiamo di offrire ai bambini in cura. Per altri medicinali di comune bisogno: febbre, tosse, antibiotici, infezioni della pelle, disturbi intestinali, ecc., consegniamo ai leader una certa quantità e loro provvedono alle necessità. Abbiamo poi una convenzione con il Centro Medico in San Josè per l’assistenza immediata e, se necessario, anche per il ricovero dei nostri bambini.

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Giustizia e Pace

Intervista a Manuela Vivaldelli

Nell’Associazione Comunità Shalom, in ambito del Sostegno a Distanza, Manuela Vivaldelli è la respon-sabile delle relazioni esterne. Le abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza a contatto con bambini, ragazzi e scuole.

Quando è iniziata l’attività esterna per il So-stegno a Distanza?

La prima richiesta è arrivata da una scuola materna, circa 5 anni fa. Da quella volta sono stati proprio tanti i contatti con asili, scuole elementari e medie, gruppi di catechesi, specialmente nella zona intorno a Riva del Garda, ma non solo.

Come avviene questo “contatto”?In genere veniamo chiamati dalle insegnanti

che stanno svolgendo una programmazione didattica e delle attività specifiche con i bambini; desi-derano parlare di solidarietà e ci chiedono di presentare qualche filmato, essere a disposizione per domande, spiegare cos’è il Sostegno a Distanza e come vengono impiegati i soldi raccolti.

I ragazzi ascoltano volentieri e con attenzione il tuo intervento?

Rimangono letteralmente “a bocca aperta” nel sentire le notizie che comunico; sono molto interessati e hanno una curiosità vivacissima: continuano a fare do-mande, vogliono vedere le fotografie dei loro amichetti lontani. A loro sembra di conoscerli in tutto e per tutto. Non ci sono distanze per questi piccoli, li considerano, fin dall’inizio, come compagni di vita. La loro gioia raggiunge il culmine quando accompagno nelle classi un missionario in visita alla nostra Comunità. È proprio quella persona di cui hanno tanto sentito parlare e di cui hanno visto foto e filmati, in varie occasioni; non si riesce più a contenere la grande allegria ed emozione nel parlare proprio con quel personaggio così impor-tante e famoso.

La loro passione travolge anche te?

Quando sono davanti a loro, ho una gran voglia di far conoscere terre e mondi lontani e questo ar-dore li cattura immediatamente; e l’entusiasmo e la gioia che trasmet-to loro mi torna indietro, come un boomerang.

Sì, perché la fantasia di questi bimbi, con la collaborazione delle insegnanti, è illimitata e si trasforma sempre in qualcosa di concreto: mercatini con lavoretti fatti da loro, pranzi o cene etniche, un piccolo spettacolo, una mostra di disegni sul Terzo Mondo, ecc.; davvero inven-

tano di tutto e di più. Riescono a coinvolgere anche i genitori nella realizzazione delle rappresentazioni o dei lavori manuali; è già capitato molte volte!

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C’è un aneddoto che ti ha colpito in modo parti-colare in questi anni di colloqui con i piccoli?

Sì, ce n’è uno che avevo in mente di raccontarvi. Una maestra mi diceva che aveva organizzato, con una sua classe dell’asilo, un lavoro manuale piuttosto laborioso.

Uno dei suoi alunni, un giorno, probabilmente più stanco del solito, ha detto che si era stufato di lavorare e che non avrebbe più fatto niente. È uscito dalla classe, ma nel corridoio era appeso un grande cartellone con tantissime fotografie di quei bimbi delle Filippine; tornato immediatamente in classe, si è rimesso al lavoro dicendo: “Continuo ancora un po’, solo per loro…” e ha fatto un cenno con la mano agli amici che aveva visto nel cartellone. La maestra mi ha raccontato questo episodio con tanta commozione perché il com-portamento di questo piccolo grande ometto l’aveva, a dir poco, edificata. Davvero l’amicizia può far superare anche la fatica e la stanchezza!

Cosa provi ad andare nelle classi a parlare di so-lidarietà?

La gioia che ho nel cuore, in quei momenti, è, a dir poco, traboccante! Io e i ragazzi riusciamo ad instau-rare un feeling immediato e mi sembra di ricevere più di quello che dono. In queste occasioni ho capito che anch’io posso essere missionaria anche se non sono mai andata in una missione del Terzo Mondo e che anche loro sono missionari tra loro, con i loro compagni. Mi stupisce sempre tanto la loro attenzione a problemi così seri come la fame e il sottosviluppo e la loro disponibilità anche a grandi fatiche, per la loro tenera età, nell’intento di aiutare i loro amici lontani, che essi sentono, però, parte della famiglia.

Vuoi aggiungere un ultimo pensiero per conclu-dere?

Ogni volta che parlo con i bimbi, vedo chiaramen-te, con i miei occhi, che l’ingiustizia di tanti può essere combattuta con l’entusiasmo di pochi, partendo da un’educazione alla pace e alla fraternità, fin dalla scuola materna. Sarà salvo il futuro del mondo nelle mani di questi adulti di domani, perché hanno imparato, fin da piccoli, ad avere uno sguardo di apertura e amore per l’umanità intera.

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di Gregorio Vivaldelli

formazione

Quanto amo Quanto amo la tua Parola, SignorePregare

la Parola di Dio

« La lettura della Sacra Scrittura deve essere accompagnata dalla preghiera, affinché

possa svolgersi il colloquio tra Dio e l’uomo »

(Dei Verbum, 25)

La lettura personale della Bibbia non è fine a sé stes-sa. All’interno di un cammino di fede, ben radicato in un contesto ecclesiale, la lettura della Bibbia raggiunge il proprio obiettivo se orientata alla preghiera. Parlare di una “lettura-preghiera” significa lasciarsi coinvolgere personalmente dal messaggio di Dio contenuto nelle Scritture. È come se la preghiera favorisse una certa reazione personale alla Parola di Dio.

È necessario pertanto un atteggiamento che ci aiuti ad entrare in dialogo con la Parola di Dio, che fa-vorisca il nostro desiderio di fissare lo sguardo del nostro cuore su ciò che Dio vuole dirci con quel brano della Bibbia che stiamo leggendo.

In altre parole, pregare la Parola di Dio significa mettersi davanti al Padre, standosene soli al cospetto della Scrittura, leggendola, rileggendola, meditandola e, perché no, gustandola.

Concretamente, però, cosa bisogna fare quan-do ci accingiamo a leggere la Bibbia in un contesto di preghiera?

È necessario, innanzitutto, invocare lo Spirito Santo. Non serve essere a conoscenza di chissà quali preghiere allo Spirito Santo, ma, in tutta semplicità, chiedere allo Spirito di scendere nei nostri cuori e nelle nostre menti, affinché illumini la nostra lettura.

Dopo aver invocato lo Spirito Santo e letto il brano biblico prescelto è indispensabile rileggere e ripetere la

Parola cercando di capirla con l’intelligenza perché possa interrogare la vita. La Tradizione della Chiesa chiama questo momento meditazione. Essa consiste nel far riecheggiare il testo appena letto dentro di noi. È la fase in cui si cerca di scalfire la superficialità, la materialità del testo penetrandone il senso. Scrive Giovanni Cri-sostomo: «Gesù non disse: “Leggete le Scritture”, ma: “Scrutate le Scritture”. [La verità] non si trova alla superficie e alla vista di tutti, ma, come un tesoro, è riposta nel fondo. E chi cerca nel fondo, se non cerca con diligenza e fatica, non trova quello che cerca».

Sempre nel solco della Tra-dizione ecclesiastica, simile alla meditazione è la ruminazione (da ruminare: è detto dei ru-minanti, i quali fanno tornare il cibo dal rumine – una delle quattro cavità del loro stoma-co – alla bocca per poterlo così masticare con cura). Le frasi della Scrittura vengono quasi spezzate e imparate a memoria fino a diventare il mormorio del cuore, il deposito al quale far attingere la nostra preghiera.

Arriviamo così al vertice della lettura-preghiera della Bibbia: la contemplazione di Dio attraverso la sua Parola. Quando parliamo di “contemplazione” non ci riferiamo tanto a quel-la par t icolare esperienza ri-ser vata ai mi-stici, quanto alla possibilità donata da Dio a ciascuno di noi di par-tecipare al “fuoco” del suo amore veicolato dalle Sacre Scritture. In pratica si tratta di soffermarsi sulla frase che ci ha maggiormente colpito, che ha “brillato” ai nostri occhi. Lasciandola piano piano scivolare dentro di noi, il dono della contemplazione ci permetterà di trasformare quella Parola appena letta e meditata in lode o supplica rivolte con fiducia direttamente a Dio.

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Quanto amo la tua Parola, Signorela tua Parola, SignoreVivere

la Parola di Dio

« Il Vangeloè il libro della vita del Signore ed è fatto per diventare il libro della nostra vita. (…) Le parole del Vangelo sono subite: non le assimiliamo, sono esse che ci assimilano, ci impastano, ci modificano »

(Madeleine Delbrél)

Essere soltanto dei lettori della Bibbia non è suf-ficiente. D’altro canto, anche limitarsi ad essere degli

oranti della Bibbia ci impedirebbe di vivere in tutta la sua pienezza l’autentica lettura spirituale della Bibbia. È la Bibbia stessa che ce lo dice: «Chi ascolta la mia parola e non la mette in pratica è simile a un uomo stolto che costrui-sce la sua casa sulla sabbia » (Mt 7,26).

La posta in gioco, dunque, è altissima. Se non ci sforziamo di attuare concretamente nella nostra vita la Parola di Dio che abbiamo

letto e pregato rischiamo di compor-tarci come degli ingegneri folli che costruiscono la propria casa su un terreno inadatto (notate: “la sua casa” dice Matteo; non la casa degli altri, quindi la stoltezza è doppia: oltre a fare una cosa assurda, la fa proprio a sé stesso). Fuor di me-tafora, è come se noi, limitandoci solamente a leggere e pregare la Bibbia senza metterla poi in pratica, costruissimo la nostra vita sul niente, sul vuoto, illudendoci di fare chissà che cosa per la nostra vita spirituale.

In realtà, invece, il tempo che dedi-cheremmo alla Bibbia si trasformerebbe

ben presto in una fuga dalla realtà, dalla nostra realtà, fatta da noi stessi (con i nostri

pregi e i nostri difetti), dalla nostra famiglia, dal nostro coniuge, dai nostri figli, dai nostri colleghi di lavoro, dagli altri membri della nostra comunità ecclesiale di appartenen-

za. È all’interno di questi rapporti inter-personali e con noi stessi che dobbiamo

far penetrare la Parola di Dio letta e pregata precedentemente.

Chi pensa di riuscire a costruire una casa sulla sabbia è semplicemente un povero illuso. Al primo tem-porale la casa scivolerà via insieme alla sabbia. Così è per ciascuno di noi. Se ci limitiamo ad essere ascoltatori della Parola di Dio siamo persone che illudono se stesse: «Siate di quelli che mettono in pratica la parola, e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi » (Gc 1,22). Ci illudiamo, cioè, di aver compreso la Parola di Dio, mentre

in realtà, secondo la Bibbia, la si capisce in tutta la sua pienezza soltanto se la si mette in pratica nella propria vita quotidiana.

Il bello della Parola di Dio è che la si può mettere in pratica subito. Il problema è che spesso, a causa dei mille impegni, del nostro carattere e via di-scorrendo, ci dimentichiamo troppo facilmente ciò che abbiamo “visto” di noi e di Dio nello “specchio” delle pagine bibliche: «Se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la parola, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio: appena s’è osservato, se ne va, e subito dimentica com’era » (Gc 1,23-24).

Se la Parola di Dio ti ha fatto capire che devi agire su quel determinato aspetto del tuo carattere oppure su quel difetto dominante della tua personalità, fallo subito, altrimenti, quella determinata cosa, rischi di non attuarla mai più: «Supponi che costui (uno con il vizio del gioco, per esempio) un bel mattino si dica: “Faccio voto solenne e sacro di non giocare mai più, mai più, questa sera sarà l’ultima volta”, quell’uomo è perduto! Per strano, o amico mio, che ciò possa sembrare, io preferirei il proponimento opposto, ossia che il giocatore in un simile momento si dicesse: “D’accordo; tutto il resto della tua vita e tutti i giorni tu potrai giocare, ma questa sera lascia perdere”. Egli mantiene la promes-sa: amico mio, costui è quasi sicuramente salvo! » (S. Kierkegaard).

Si tratta, quindi, di evitare di essere degli “smemorati” o dei “temporeggiatori” circa le cose di Dio. Concretamente ciò significa cercare di farci accompagnare da quella parola che era “brillata” agli occhi del nostro cuore durante la “lettura-preghiera” della Bibbia lungo tutta la giornata perché sia essa a cambiare e modellare il nostro modo di agire.

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SentireSentirecon la Chiesacon la Chiesa

formazione

di Alessandra Zanin

Gli inizi della Chiesa

« La Chiesa diventa perciò

un dono d’amore che rende

Cristovicino

a tutti gli uomini »

Dopo aver completato il ciclo di meditazioni sui sal-mi, iniziato da Giovanni Paolo II, Papa Benedetto XVI ha iniziato a trattare un nuovo argomento: contemplare il volto di Cristo, riflesso sul volto della sua Chiesa. Il Santo Padre vuole portarci all’essenziale, alle radici della nostra fede. Dopo l’enciclica “Dio è amore”, ci condu-ce a riscoprire gli inizi della Chiesa, costituita da Gesù. San Paolo esclamava ammirato: “Questo mistero è grande”, parlando dell’unione tra Cristo e la Chiesa.

Il Papa inizia dalla missione stessa di Gesù: Egli è venuto per salvare e riunire l’umanità dispersa. Per questo sceglie i dodici apostoli e costituisce una co-munità in comunione di vita con Lui stesso; con questo Gesù vuole dire che è arrivato il tempo in cui viene radunato di nuovo il popolo di Dio, il popolo delle dodici tribù di Israele, che si allarga ora in modo universale, aperto a tutta l’umanità. La Chiesa nasce per-ciò come segno e strumento di unione dell’umanità attorno al suo Dio. Il numero dodici degli apostoli, come delle tribù di Israele, risulta dal numero tre, il numero perfetto, moltiplicato per quat-tro, numero che rinvia ai quattro punti cardinali, cioè al mondo intero.

Gesù chiama gli apostoli prima di tutto perché stiano con Lui: “Venite e vedrete”. Non devono diventare esperti di un’idea ma annun-ciatori di una persona. L’evangelizzazione non è altro che l’annuncio di ciò che è stato sperimentato e un invito ad entrare in comu-nione con Gesù.

La comunione nella Chiesa deriva dalla partecipazione alla vita divina della Trinità. Ciò appare particolarmente nel Vangelo di Giovanni, dove l’amore tra il Padre e il Figlio è la sorgente ed il modello della comunione fraterna. “Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche

voi siate in comunione con noi ” (1Gv 1,2). La comu-nione è la buona novella, il dono prezioso che ci fa sentire accolti e amati in Dio, nell’unità del suo popolo; rimedio contro la solitudine che oggi minac-cia tutti. La Chiesa diventa perciò un dono d’amore che rende Cristo vicino a tutti gli uomini che vogliono incontrarlo.

Il discepolo, già su questa terra, può partecipare della vita divina mediante la comunione con Gesù: “La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo ” (1Gv 1,3).

Come non pensare, di fronte a queste riflessioni, all’esperienza vissuta in questi tempi dai nuovi Movi-

menti e Comunità ecclesiali? Come non essere grati al Signore per averci fatto sperimentare

la gioia dell’incontro con Lui, la comunione con i fratelli, l’amore per la Chiesa, rivolti

verso il mondo intero? Comprendiamo sempre di più che lo Spirito Santo crea

comunità di fede e d’amore, come segno della presenza di Dio tra

gli uomini. Il Papa prosegue par-

lando della Tradizione. Con questo termine non si intende sola-

mente la trasmissione di un messaggio, ma la

comunione della Chiesa attorno ai legittimi Pastori, nel

corso della storia; è la presenza permanente del Salvatore che pro-

mise: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo ” (Mt 28,20).

Si può dire, con la bella espressione del teologo Pierangelo Sequeri, che la tradizione

cristiana è la forma pubblica della presenza del Signore. In un mondo dove le generazioni passate

vengono spesso messe sotto processo, apprezziamo la bellezza e la profondità del concetto di tradi-zione cristiana, che è come un grande abbraccio che unisce nella comunione ecclesiale i credenti di oggi con quelli di tutti i tempi.

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Il Credo: il nostro DNA

di Tiziano CivettiniQuesta èQuesta èla nostra fedela nostra fede

formazione

Sentirecon la Chiesa

Il Compendio dedica tut-ta la seconda sezione della prima parte al Credo (da pag. 23 a pag. 62). Noi qui lo prenderemo in conside-razione in tre momenti.Il Credo è ormai una delle tante formule che, a forza di ripeterle, sono diventate un automatismo. Ma che cos’è?

A rigor di termini non è una delle tante preghiere che ci vengono insegnate

fin da bambini, ma la nostra stessa identità, il nostro DNA, il nostro patrimonio genetico, il passato, il presente e il futuro.

Ho usato la metafora del DNA perché, come afferma il n° 33, il Credo è ciò che nella nostra fede è espresso in modo sintetico, normativo e comune a tutti i fratelli.

Questa formula ci restituisce la comunione con quanti ci hanno preceduto: il n° 35 ci ricorda la più an-tica versione, chiamata ‘simbolo Apostolico’, usata in occasione dei battesimi nella Chiesa di Roma, e quella stabilita nei Concili di Nicea e Costantinopoli, nel IV secolo, che ancora si proclama in tutte le celebrazioni eucaristiche.

Dire la stessa cosa con le stesse parole è un messaggio di comunione in un mondo lacerato; è bello pensare che anche i nostri fratelli separati delle comunità cristiane Ortodosse ed Evangeliche recitano il Credo così. Ricordo con emozione, nel 1984, durante il III Consiglio Europeo delle Chiese tenutosi proprio a Riva del Garda, quando, nella chiesetta dedicata a S. Tomaso Becket, fu solennemente proclamato e sottofirmato il testo greco del Credo.

È ancora sull’unità che vorrei soffermarmi, perché così ci orienta la domanda formulata al n° 37 del Com-pendio (vedremo chiaramente che la risposta è densa di conseguenze): Perché professiamo un solo Dio?

Innanzitutto perché “non ce n’è altri” (Is 45,22), ed è bene ricordarcelo, in un contesto in cui nascono come funghi sempre nuovi maestri e autorità che si propongono come unici. La fede in un Dio unico è la fonte della nostra libertà interiore e la nostra unica possibilità di non ‘affittare il cervello’, come si suol dire, a totalitarismi di vari colori politici o a idee che, sottilmente, hanno in odio l’umanità.

Un solo Dio è anche garante della verità (vedi n° 41) che, se esiste, non può essere che una e, anche se non la possediamo in proprio, possiamo però cam-minare verso di lei con serenità su una strada che ha senso, e questa serenità la possiamo comunicare anche ai nostri figli e ai compagni di viaggio che incontriamo nella vita.

Un solo Dio è il prototipo di un solo amore, che ci abilita a non dividere il cuore e a dare integralmen-te tutto di noi anche nelle piccole cose di ogni giorno.

Dunque: Che cosa comporta credere in un solo Dio? (n° 43).

“Credere in Dio, l’Unico, comporta: conoscer-ne la grandezza e la maestà; vivere in rendimento di grazie; fidarsi di lui sempre, anche nelle avversità; riconoscere l’unità e la vera dignità di tutti gli uomini creati a sua immagine; usare rettamente le cose da lui create ”.

In altre parole: comporta che possia-mo fidarci e affidarci: se il nostro Dio e Padre non ci inganna e ci ama, se niente, ma proprio niente gli sfugge, chi potrà farci davvero del male?

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Prendersi cura per coltivarela speranza

Le sfideLe sfidedella vitadella vita

formazione

di Maria Luisa Toller

Recentemente sono stata chiamata a condurre una giornata di formazione per coppie impegnate nella Pastorale familiare. M., una giovane moglie, raccontò che un’amica, sposata, intratteneva da un po’ di tempo una relazione via sms con un altro uomo, e la descrisse totalmente ‘catturata’, quasi dipendente, incapace di smetterla. Alla sua perplessità, si era giustificata: “È suc-cesso, non ho potuto farci nulla…”. M. concluse il suo intervento guardando il marito, seduto al suo fianco, con un’espressione di angoscia: ”Potrebbe succedere anche a me… Come si fa perché non accadano queste cose?”

Nell’attuale situazione di declino di ogni “spon-da” sociale tradizionale, che in passato “custodiva” il patto coniugale rendendo estremamente difficile e rischioso separarsi, le coppie devono trovare quasi esclusivamente al proprio interno le risorse per elaborare le proprie inevitabili crisi. Le statistiche ci dicono che nessuno è garantito: sono molte anche le coppie cristiane praticanti che arrivano alla separazione e al divorzio.

La domanda di M. non consente risposte facili, prefabbricate. Mi sono chiesta che cosa permetta ad alcune coppie anziane, che incontro nel mio lavoro, quella relazione serena, direi “riappacificata”, che tra-spare nei gesti, nella sollecitudine reciproca, perfino nell’arguzia con cui sottolineano i propri limiti. La signora V. mi raccontava la lunga infermità del marito, costretto

in casa per una frattura, lui, tanto attivo. Quanta pa-zienza davanti ai suoi scoppi d’ira, al suo rimuginare in silenzio, alla sua incontentabilità… «Ma» concludeva «sono stata pagata!»

«Pagata? In che senso?» «Una notte che non riusciva a dormire mi sono

alzata per fargli qualcosa di caldo, e quando sono tor-nata a letto mi ha preso la mano e mi ha detto: “Non credevo che mi volessi così bene…”. In tanti anni, non mi aveva mai detto una cosa del genere, mi ha com-mossa…».

Ripenso anche alla signora A: aveva saputo che il marito della figlia la stava tradendo, ed io mi aspet-tavo il discorso ovvio, da “suocera”: «Poverina mia figlia, quel disgraziato, l’avevo detto io che non era per lei, ecc. ecc.». Ma con mio grande stupore, la signora A. mi dice: «Sto aiutando mia figlia a portare pazienza, a perdonarlo e aspettarlo, se fa così tornerà… Anche suo padre tanti anni fa mi aveva tradito, lei non lo sa nemmeno, era piccola, ma con la pazienza e l’amore è tornato e stiamo tanto bene insieme!». A. e L. sono una delle coppie di anziani più affiatate e simpatiche che conosco.

Ecco, mi sembra proprio che queste donne abbia-no posto in atto nel proprio matrimonio la dimensione fondamentale della cura. Cura è la capacità di anti-cipare, di preoccuparsi; è aprirsi alla generosità e all’altruismo; è coltivare la speranza, credere che le persone, e il mondo stesso, possano divenire migliori. La cura non va intesa solo in relazione alla salute, anche se in quel contesto trova una specialissima applicazione. Cura è un modo autentico di esistere, è lo sguardo con cui Dio stesso contempla la sua creatura e, appunto, se ne prende cura. Attraverso la cura posso permettere all’altro di essere se stesso e di esprimere il meglio di sé, come è accaduto al rude marito della signora V.

La cura, attraverso i nostri genitori, è la modalità fondamentale attraverso la quale entriamo nel mondo, è ciò che modella la nostra personalità.

Allora anche la cura, sapiente e affettuosa, della relazione di coppia, può essere la chiave autentica per custodire l’amore. Cura del tempo, della riconoscenza, della comunicazione; cura delle piccole-grandi occa-sioni della giornata, del cibo, della casa, dell’intimità. Cura che si estende a tutti gli aspetti della vita familiare e sociale, che ne diventa la dimensione costitutiva, lo sguardo attento e responsabile che riempie di senso la vita propria e altrui.

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di Walter Versini

La culturaumanistica

formazione

L’AreopagoL’AreopagoLe sfidedella vita

Il Tempio di Delfi

La nostra riflessione sull’incontro dell’annuncio cri-stiano con il mondo greco, di cui il discorso di S. Paolo all’Areopago è insieme inizio ed emblema, sarebbe gra-vemente incompleta se non si soffermasse sulla cultura umanistica, che è forse il frutto migliore e più originale dell’antica Grecia: il Cristianesimo ne ha colto il valore perenne, e quindi ne ha accolto l’essenza, purificandone vari aspetti ina-deguati e perfezionandone altri.

Cosa intendiamo per cultura uma-nistica? Potremmo dire che i pensatori ed artisti dell’antica Grecia posero al centro della propria attenzione l’uomo, con la sua grandezza e povertà, con la sua complessità drammatica e la sua dignità. Ed insieme, essi capirono che l’umanità dell’uomo richiede e merita di essere educata, formata, “coltivata” (da cui, appunto, “cultura”). C’è bi-sogno che tutte le facol-tà dell’uomo vengano promosse ed esercitate, perché egli possa svilup-parsi in modo armonico ed integrato, perché egli sia capace di scegliere, sia cioè libero. Un’edu-cazione che si rivolge al sentimento ed al pensiero, alle emozio-ni ed alla memoria, alla percezione del buono e del bello, alla volontà ed alla socialità, alla capaci-tà di partecipare alla vita civile. I greci la chiamarono paideia ; i romani humanitas. In questa cultura, appunto, è centrale

l’indagine sull’uomo, sul senso della sua esistenza e sul suo destino, cosicché la sentenza Conosci te stesso, scolpita sul Tempio di Delfi, rappresenta una specie di sintesi della cultura greca.

I cristiani - annunciatori di un Dio che ama l’uomo e che si è fatto uomo, assumendo su di sé tutto ciò che è umano, escluso il peccato - riconobbero la validità di questa impostazione, seppur con qualche dibattito; ne corressero alcuni limiti e la completarono ricentrandola sul primato dell’amore. Non è dunque un caso che la cultura umanistica sia sempre stata considerata impor-tante per la preparazione al servizio della Chiesa, ad

esempio al sacerdozio. Al giorno d’oggi la cultura umanistica può

sembrare obsoleta e non più all’altezza dei tempi, dominati dalla tecnica, dall’espan-

sione incontenibile delle conoscenze, e dall’incontro su scala mondiale delle

culture, molte delle quali estranee al-l’eredità greca. D’altro canto proprio

di fronte alla frammentazione del sapere, all’incomunicabilità tra i popoli, al rischio di una tecnica disumanizzata ed intollerante ad ogni considerazione etica, il bisogno di un rinnovato umanesimo si fa sempre più pressante. In campo cristiano, siamo sempre più consapevoli della necessità che la formazione umana proceda di pari passo con quella spirituale, pena squilibri dolorosi e distrut-tivi, che la società attuale e la cultura dominante tendono a facilitare. Se desideriamo formare cristiani maturi, che siano perciò anche persone integrate e che realizzino appieno le proprie doti, l’uma-nesimo cristiano, che come ogni tradizione culturale viva è sem-pre da riconquista-re personalmente, continuerà ad essere

decisivo.

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Carissimo...Carissimo...formazione

di Eliana Aloisi Maino

Imparare ad amare

« L’amore è « L’amore è un’arte.un’arte.E come E come ogni arte ogni arte

va imparata va imparata ed affinata »ed affinata »

Carissimo,eccomi nuovamente a te. Le

domande che poni sono molto interessanti e rivelative di un mon-do interiore in movimento e in “fibrillazione”.

Mi sembra che tu sia ri-masto quasi scandalizzato dalla frase “imparare ad amare”, come una mancanza di spontaneità, qualcosa di costruito e non autentico. E ti chiedi e mi chiedi: «Ma l’amore non è sentimento? Non è quella cosa che mi brucia dentro, che mi spinge e mi attrae, mi muove con una forza irresistibile e incontrollabile?». Questo e molto di più.

Amore e innamoramento sono la stessa cosa? Forse non ci hai mai pensato. L’innamoramento

è un fuoco forte e allegro, alto e scoppiettante. Ali-mentato con legna dolce, foglie, pigne, sarmenti.

L’amore è un fuoco alimentato con legna da ardere, quella legna che ha una combustione più lenta e che forma le braci sulle quali si aggiunge nuova legna per con-tinuare a riscaldarsi e a perpetuare il fuoco.

L’innamoramento è funzionale all’amore e serve per far “scivolare” un uomo verso una don-na e una donna verso un uomo (anche se non è l’unico modo per “met-tersi assieme”). È una fase solitamente semplice, immediata ed eccitante, rosea e senza particolari difficoltà e fatiche. È una fase propedeutica e va superata e trasformata, pena lo spegnimento del

fuoco.

L’amore è una capacità. Ce la troviamo in nuce dentro di noi, nel nostro io profondo. Va fatta crescere, alimentata, disciplinata, orientata. Come qualsiasi

altra capacità. E va di pari passo con la crescita e la maturità personale e cioè con la capacità

di stare in piedi con le proprie gambe, con l’accettazione di se stessi.

Perché l’amore non è solo sentimento. È anche volontà. E la volontà è un “muscolo” che va allenato, prima di tutto con se stessi, conoscendosi e cercando di essere autenticamente se stessi.

L’amore, insieme alla vo-lontà, diventa azione concreta,

il modo concreto con cui amo, a fatti e non solo a parole.

L’amore è un’arte. E come ogni arte va imparata ed affinata.

Spesso facciamo dipendere la riuscita di una relazione di coppia dal trovare “il partner

giusto”. Talvolta si pensa: “Se trovo il partner giusto, andrà tutto bene!”. E per “giusto” intendiamo una persona che soddisfi tutti i nostri bisogni e desideri, che riempia i nostri disagi interiori, che ci sazi e dimostri a noi stessi e agli altri che siamo amabili e degni di essere amati.

Ma se tutti e due pensiamo la stessa cosa e ab-biamo le stesse aspettative, chi soddisfa chi?

Nella relazione, nella coppia, portiamo quello che siamo. Più siamo ricchi più portiamo ricchezza, più siamo liberi più portiamo libertà, più abbiamo imparato ad amare più saremo capaci di amare. Il dono più grande che posso fare al mio attuale o futuro partner è di-ventare una persona più libera, meno condizionata. Una persona che un po’ si conosce e quindi trasferisce meno sull’altro aspetti che sono solo suoi.

Sono così spesso testimone di disagi, litigi, malin-tesi e sofferenze che nascono proprio dalla mancanza di libertà personale. Ciascuno proietta sull’altro la propria visione distorta. Come guardasse se stesso, gli altri, la vita con delle lenti deformanti. E sono due i maggiori protagonisti: senso di colpa e senso di inferiorità. Quan-ta sofferenza dietro queste lenti! Spesso c’è una vera e propria paralisi della personalità.

Ritornando all’idea di trovare il partner ideale, la persona giusta… e se cominciassi tu? Se cercassi tu di essere la persona giusta, il partner ideale per la tua futura compagna?

Ciao mio caro e shalom a te.Tua Eliana

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Prendi notaPrendi notaAppuntamenti ed iniziative dell’Associazione Comunità Shalom

Carissimo...

Domenicadi fraternità

Tutti gli incontri si svolgono presso la sala dei Padri Verbiti a Varone di Riva del Garda (TN)

Venerdì 6 ottobre 2006ore 20.30Incontro di preghiera per i malatiTiziano e Marisa Civettini

Venerdì 13 ottobre 2006 ore 20.30Scuola della ParolaGregorio Vivaldelli

Venerdì 20 ottobre 2006 ore 20.30S. MessaPresiede p. Witold Szulczynski direttore Caritas Georgia

Domenica 22 ottobre 2006ore 15.00Domenica di fraternità

Venerdì 27 ottobre 2006 ore 20.30Incontro di preghiera“La missione nella nostra vita” Stefania Tamburini e Antonella Miorelli

Venerdì 3 novembre 2006 ore 20.30S. Messa di commemorazione dei defunti della ComunitàPresiede p. Aurelio Cimadom dehoniano di Riva del Garda

Venerdì 10 novembre 2006ore 20.30Scuola della ParolaGregorio Vivaldelli

Venerdì 17 novembre 2006ore 20.30Incontro di preghieraTestimonianze sulla Conferenza Mondiale della Fraternità Cattolica in Brasile

Domenica 19 novembre 2006ore 15.00Domenica Comunitaria“In forza del mio battesimo”Tiziano Civettini

Venerdì 24 novembre 2006ore 20.30Incontro di preghiera“Proclamiamo con gioia Gesù Re dell’universo”Stefania Dal Pont

Venerdì 1 dicembre 2006 ore 20.30Incontro di preghiera per i malatiGregorio Vivaldelli

Venerdì 8 dicembre 2006 Solennità dell’Immacolata ConcezioneINCONTRO SOSPESO

Venerdì 15 dicembre 2006ore 20.30Scuola della ParolaTiziano Civettini

Venerdì 22 dicembre 2006ore 20.30S. Messa

Domenica 24 dicembre 2006ore 21.00Veglia di Natale

Venerdì 29 dicembre 2006 ore 20.30Incontro di preghiera“Gratitudine e Riconoscenza”Antonella Miorelli

Domenica 31 dicembre 2006ore 21.00Veglia di Capodanno

Domenica 22 ottobre 2006, presso la Sala Shalom dei Padri Verbiti di Varone, si terrà una domenica di fraternità. Sarà un’occasione per trascorrere con le famiglie dell’Associazione Comunità Shalom e dei simpatizzanti un mo-mento di allegria, gioco e preghiera, aiutati dal canto e dalle danze.

Scuola della ParolaA partire dal 13 ottobre 2006,

ogni secondo venerdì del mese, l’Associazione Comunità Shalom di Riva del Garda, rispondendo all’invito dell’Arcivescovo di Trento mons. Luigi Bressan, offre a chiunque fosse interes-sato una Scuola della Parola sul Vangelo di Giovanni.

Shalom in Brasile

Dall’1 al 5 novembre 2006 si terrà a Cachoeira Paulista - San Paolo - Brasile - la XII Conferenza In-ternazionale della Fraternità Cattolica delle Associazioni e Comunità Carismatiche di Alleanza, dal tema: “Nuove Comunità per una nuova evangelizzazione”.

Vi parteciperà una delegazione di 22 persone della Comunità Shalom.

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Strumenti di PaceStrumenti di Pace

Centro Nuovo Modello di Sviluppo (a cura di)Sulla pelle dei bambini

Pagine 224

Il Centro Nuovo Modello di Sviluppo, sorto a Pisa nel 1985 e coordinato da Fran-cesco Gesualdi, affronta il tema del disagio nelle sue varie sfaccettature: malessere economico, sociale, fisico, psichico e ambientale, con particolare attenzione verso quanto avviene nel Sud del Mondo.

Nel testo “Sulla pelle dei bambini” emergono drammi, storie dolorose, an-nullamento della personalità psico-fisica-spirituale nei bambini costretti a lavorare un incredibile numero di ore giornaliere. Il nutrimento è insufficiente, ma la loro salute non preoccupa nessuno di coloro che li sfruttano: conta solo il rendimento in termini di lavoro e, se questo è scarso, le punizioni più dure non mancano, cosa che accade anche al verificarsi di ogni piccolo errore.

Dopo avere letto tutto questo, ognuno di noi si sente interrogato: io posso fare qualcosa per oppormi a tanto crimine? Nella seconda parte del testo vengono portate a conoscenza dei lettori alcune strategie tendenti ad eliminare lo stato di bisogno, a scoraggiare l’uso del lavoro minorile, a soccorrere le vittime, il tutto supportato da documenti e leggi “ignorate” con disinvoltura da chi sfrutta i bambini nel Sud del Mondo.

Gregorio VivaldelliSe di domenica la ParolaPagine 224

Si tratta di un commento al Vangelo del la domenica per l ’anno l iturgi-co 2006/2007. Il brano viene riproposto per intero per poi essere analizzato nei suoi passaggi principali con una lettura esegetica concreta e mai banale.Uno strumento caratterizzato da agilità e facilità di comprensione; pensa-to e realizzato dall’autore (uno tra i pochi laici che eserciti professionalmen-

te l’attività di docente di esegesi) per essere usato dai parroci come traccia per le omelie domenicali, ma soprattutto dai fedeli come preparazione e approfondimento della Parola. Tradotto in polacco nel 2005

... E sarà pace veraVivere… for you

L’Associazione Comunità Shalom di Riva del Garda è impegnata ormai da più di vent’anni nella diffusione di uno stile di vita orientato alla pace. Ha fatto più

volte esperienza di come la musica e il canto hanno la forza di elevare gli animi, toccare i cuori, risvegliare ideali e conciliare situazioni complesse, trasformando l’emozione in un’azione che coinvolge l’uomo nella propria interezza.

Con questi due CD la Comunità Shalom condivide la propria convinzione che la musica e il canto sono in grado di abbattere quelle barriere interne della mente e dello spirito che impediscono alla persona umana di agire efficacemente nella

formazione di un mondo migliore; un mondo nel quale ciascuno senta l’urgenza di schierarsi dalla parte delle vittime della storia. Vivendo per Dio. E sarà pace vera.