N.6 Sulla via della pace 2007

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1 Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Comunità Shalom di Riva del Garda - TN - Italy 2007 Anno II n. 2 Anno II n. 2 - Aprile-Giugno 2007 - Trimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento - Taxe Percue - Contiene I.R. In caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Trento per la restituzione al mittente previo pagamento resi Editoriale Editoriale Con la Chiesa, liberi di difendere l’uomo Bioetica Bioetica Coscienza critica della civiltà tecnologica Dossier Dossier Progetti realizzati nel 2006

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rivista di in-formazione dell'Associazione Via Pacis

Transcript of N.6 Sulla via della pace 2007

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Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Comunità Shalom di Riva del Garda - TN - Italy

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liberi di difendere l’uomo

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della civiltà tecnologica

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Le attività di solidarietà promosse dalla Comunità Shalom sono gestite dallaAssociazione Shalom Solidarietà Internazionale - OnlusViale Trento, 10038066 Riva del Garda (TN) - ItalyTel. e fax [email protected]

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n. 14482384

3 Editoriale

4 Speciale don Domenico Pincelli

Informazione6 Shalom in Uganda

8 Dal mondo... alla Comunità

Formazione10 Quanto amo la tua Parola, Signore

12 Sentire con la Chiesa

13 L’Areopago

14 Le sfide della vita

15 Il labirinto

16 L’arte di educare

17 Carissimo...

18 Dossier Progetti 2006

La Comunità Shalom è un’Associazione Privata di Fedeli Laici della Chiesa Cattolica e membro della Fraternità Cattolica delle Associazioni e Comunità Carismatiche di Alleanza di Diritto Pontificio

SULLA VIA DELLA PACETrimestrale di in-formazioneAnno II - n. 2aprile-giugno 2007

Registrazione n. 263 presso ilTribunale di Rovereto (TN) (19.01.2006)

Direttore responsabilePaolo Maino

Direttore editorialeGregorio Vivaldelli

Equipe di redazionePaola AngerettiStefania Dal PontRuggero Zanon

Progetto graficoFlavio Antolini

FotografieArchivio Associazione Shalom

EditoreAssociazione ShalomSolidarietà Internazionale - Onlus

Direzione e amministrazioneViale Trento, 10038066 Riva del Garda (Trento) [email protected]. e fax +39.0464.555767

Impaginazione e stampa:Antolini Tipografia - Tione (TN)

Finito di stamparenel mese di marzo 2007

In copertina: Incontro dei Movimenti Ecclesiali e delle Nuove Comunità con Papa Benedetto XVI Roma, 3-4 giugno 2006

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di Paolo MainoEditorialeEditorialeCon la Chiesa, liberi di difendere l’uomo

Perché voler Perché voler negare alla Chiesa la negare alla Chiesa la possibilità di offrire il possibilità di offrire il proprio contributo su proprio contributo su

questioni antropologiche questioni antropologiche fondamentali?fondamentali?

Chi è sicuro della forza del proprio pensiero non ha paura del confronto, che vede anzi come occasione di crescita costruttiva.

Subire attacchi, ingiurie e perfino persecuzioni non è una novità nella storia della Chiesa. Ma ciò non deve costituire né motivo di legittimazione per i suoi persecutori, né tanto meno un alibi per quei cristiani che, facendosi scudo di un buonismo che non ha nulla a che spartire con la radicalità del messaggio evangelico, tendono a giustificare tutto e tutti fuorché se stessi ed il proprio credo.

È compito, quindi, di ogni uomo di buona volon-tà, ed ancor prima di ogni cittadino che creda nei valori della democrazia, fronteggiare il preoccupante di lagare del-la cultura del “contro” ed ali-mentare quella del “a favore”. Solo così si po-tranno creare i presupposti per un confronto che non degeneri in uno scontro.

Senza, peraltro, dimenticare che difesa dei valori e consenso popolare non possono andare sempre a brac-cetto, soprattutto quando i valori riguardano il rispetto di

chi – come nascituri e malati terminali – non ha voce per potersi difendere da chi si è arrogato il diritto

di scegliere ciò che è meglio per loro.

Da più parti si levano cori che lamentano una presunta ingerenza della Chiesa in questioni che non dovrebbero riguardarla, e che giustificano le proprie affermazioni ap-pellandosi al principio della laicità dello Stato.

Quegli stessi, peraltro, non si accorgono che, pro-prio mentre denunciano tali presunte invasioni di campo in nome di una legittima libertà di manifestazione del pensiero, finiscono col negare alla Chiesa ed ai suoi rappresentanti questa stessa libertà di cui vorreb-bero ergersi a paladini. E mentre tacciano il Papa ed i Vescovi di chiusura ed oscurantismo, non si accorgono di cadere nello stesso errore che vorrebbero denunciare.

Appare allora a dir poco singolare, oltre che pro-fondamente contraddittorio, l’atteggiamento di chi non è disposto ad accettare un dialogo sereno su questioni che interpellano direttamente l’uomo, prima che il cit-tadino, e sulle quali non solo la Chiesa, ma qualsiasi credente, a qualunque fede religiosa esso appartenga, dovrebbe sentirsi chiamato ad esprimere il proprio pen-siero, offrendolo come contributo all’intera collettività. E ciò a maggior ragione quando il discorso è affrontato in un’ottica strettamente razionale e su questioni che attengono all’etica ed alla morale sociale prima ancora che alla sfera religiosa.

Perché voler negare alla Chiesa la possibilità di offrire il proprio contributo su questioni antro-pologiche fondamentali? Non ci è stato forse insegnato che la forza della democrazia risiede nel confronto, nel rispetto della diversità?

Se si crede nella libertà di manifestazione del pensiero come valore assoluto, non si può darne una lettura a senso unico, che valga per alcuni e per altri no, ed a seconda delle circostanze. Se la libertà è una, non vi possono essere distinguo.

Questi attacchi sempre più diretti ed espliciti, con i quali la Chie-sa si trova ormai quotidianamente a dover convivere, sembrano mettere in luce la debolezza argomentativa dei suoi oppositori, che trovano più semplice mettere a tacere le voci non in linea con le loro opinioni piuttosto che confrontarsi con idee e valori diversi, e cercare di dare ragione delle proprie opinioni.

Chi ragiona propone. Chi riduce al silenzio impone.

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Speciale

Il fascino di don Domenico si trasmetteva so-prattutto attraverso la sua persona, attraverso la pace e la serenità che emanava, attraverso i suoi occhi azzurri, vivaci e furbi, attraverso la mancanza di rughe dal suo viso.

Era un uomo mite, ma di una mitezza guadagnata giorno dopo giorno: la sua era la mitezza dei forti.

Lo si conosceva soprattutto attraverso il rapporto con lui nel sacramento della misericordia. Don Domenico era un uomo di misericordia.

Aveva il carisma raro della “paternità spirituale” dal quale sono rinate tante persone. Era un canale, la

porta d’accesso al-l’amore di Dio. Attra-verso di Lui si incontra-va Dio, si incontrava l’amore misericordioso di Dio.

Tanti di noi han-no fatto l’esperienza del “figliol prodigo” che ritorna e dell’ina-spettata e sorpren-dente esperienza di

due braccia aperte che da sempre l’aspettavano. Tanti di noi, attraverso di lui, hanno conosciuto cos’è l’amore di un padre, l’amore del Padre.

Ho visto tante vite cambiare dopo una confes-sione con lui. Soprattutto nei dieci anni in cui abbiamo girato l’Italia a tenere esercizi spirituali; ho visto vite trasformate, volti raggianti, e lacrime, tante lacrime di gioia e commozione.

Questo era proprio il suo carisma speciale che usa-va con abbondanza e senza lesinare energie, passando la maggior parte del suo tempo in confessionale.

20 giugno 2003 - 20 giugno 2007: sono già quattro anni che don Domenico ci ha lasciato.

In questi momenti ci si accorge di quanto certe frasi fatte, abitualmente usate, possano essere sbagliate, perché don Domenico non ci ha affatto lasciato. È vero: non possiamo più vedere, fisicamente, i suoi occhi azzurri, acuti e dolci, i suoi capelli lucidi come fili d’argento, il suo capo appena reclinato nel-l’ascolto attento di tutti i nostri problemi. Ma lui, accanto a ciascuno di noi, c’è e noi gli parliamo ancora, e ancora gli chiediamo di farci capire, lo preghiamo di chiedere per noi uno spiraglio di luce quando il nostro quotidiano è nella nebbia e di trasmetterci ancora l’amore tenero del Padre, come lui solo sapeva fare.

Siamo tutti sicuri che don Domenico non ha lasciato nessuno di noi da solo, ma, soprattutto, siamo altrettanto certi che non ha abbandonato la guida trinitaria della sua Comunità: accanto ad Eliana e Paolo, egli continua a camminare davanti al suo piccolo gregge, condividendone gioie e dolori, come sempre, ed accogliendone con amore il nostalgico ricordo.

Ciao don Domenico e grazie di tutto! Shalom!

Non si coglieva mai nessun giudizio per nes-suna cosa gli si potesse raccontare. Anzi, si aveva l’impressione che più “gliele si raccontava grosse”, più fosse felice. E ripeteva: “c’è più gioia in cielo per un peccatore che si converte che per novantanove giusti…”. Niente lo scandalizzava o lo allontanava.Accoglieva ogni persona nella certezza che Gesù la amava e ne aveva cura.

Era un uomo coerente, che viveva quello che di-ceva. Ci ha insegnato la radicalità e totalità nella scelta di Dio, senza compromessi voluti, pur nella gradualità del cammino.

Credeva nella potenza dei sacramenti.Nel sacramento della Riconciliazione: per sé e

per i suoi figli. Lui si confessava tutti i giorni. Diceva che era l’“attingere forza dal Signore e dal vigore della Sua potenza”.

Nel sacramento dell’Eucaristia: era convinto che noi siamo quello che mangiamo e che mangiando Cristo diventiamo Cristo: “chi mangia di me vivrà per me”.

Nella potenza del sacramento del Matrimonio, nel quale si è stabilito in modo perenne Gesù, fonte di amore e di purificazione della relazione.

E credeva molto nella forza della donna, moglie o madre. Per la sua esperienza d’infanzia, credeva nel corag-gio e nella generosità della donna… aveva un debole per la donna. Quante volte ha ripetuto, a tante madri ango-sciate per le scelte dei loro figli, l’esempio di santa Monica?Nel sacramento dell’Unzione degli infermi che ammi-nistrava come sacramento di guarigione. Che rapporto intenso si stabiliva tra lui e le persone che incontrava tra le corsie dell’ospedale di Riva! Proprio perché lui stesso era stato - per tanto tempo e gravemente - ammalato, si rapportava con loro alla pari, da ammalato ad ammalato, e questo veniva percepito.

Don DomenicoDon Domenico Pincelli

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di Eliana Aloisi Maino

Credeva in Dio, nell’amore di Dio, nella potenza di Dio. Credeva che tutto è possibile a chi crede, che la fede ha veramente la capacità di smuovere le montagne.

Per questo cre-deva nell’abbandono fiducioso, perché Dio ha cura dei suoi figli. La sua più frequente parola era: “Non temere”. Lo diceva a se stesso e a noi,

nei momenti di sofferenza, di incomprensione. Penso soprattutto alla non accettazione della Comunità o al-l’allontanamento di qualche suo figlio spirituale. La sua risposta era sempre quella di porre ancora più fiducia e più abbandono in Dio.

Accettava le sfide, le difficoltà con la certezza che “tutto concorre al bene di coloro che credono in Dio”.

Credeva nella potenza della preghiera e so-prattutto nella preghiera liturgica. Quante volte ci ha detto che tutta la preghiera è importante, ma nella preghiera liturgica è Cristo stesso che prega e quindi è di valore infinito?

Credeva nella perseveranza. Abbiamo ancora nelle orecchie il suo “boia chi molla” oppure “avanti con gli scavi”. Non si inquietava né perdeva la pazienza, non si scoraggiava e non ci scoraggiava, ma continuava a sostenerci e a darci fiducia.

Credeva che con Gesù è possibile valorizzare ogni situazione. E ci ripeteva una frase di S. Teresa di Lisieux: “Davanti alla constatazione delle nostre povertà, uno sguardo d’amore a Gesù nella consapevolezza del nostro peccato, ripara tutto e cambia tutto in amore”.

Credeva nella forza dell’intercessione e so-prattutto nel rosario. L’Ave Maria era diventata la sua preghiera continua. Anche mentre confessava. E quan-do qualche suo figlio o la Comunità erano in difficoltà, lui recitava il rosario in continuazione.

Credeva nella potenza della Parola di Dio, che aveva sempre in mano. Varie volte ho aggiustato la sua Bibbia sfasciata… Parola di Dio non solo letta o meditata, ma vissuta e messa in pratica: “Se uno mi ama osserverà la mia Parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.

Credeva e viveva l’adorazione e stava ore, fermo, in silenzio davanti all’Eucaristia a “prendere la tintarella” come diceva lui. E, quando si addormentava, non si inquie-tava e diceva che faceva “la preghiera di san Pietro”.

Don Domenico PincelliPincelliCredeva e viveva il perdono. Vorrei dire che

era la sua parola d’ordine: perdono sempre, senza con-dizioni. Questa era la possibilità di cambiare il male in bene. Perdonare gli altri, perdonare se stesso. Settanta volte sette!

Credeva nello studio. Lui stesso nel post Conci-lio, davanti ai grandi cambiamenti avvenuti, aveva sentito la necessità di un aggiornamento. Aveva frequentato a Padova l’Istituto di Teologia Liturgica, quello stesso isti-tuto che trent’anni dopo frequenterà Paolo, mio marito. Diceva che oggi c’è la necessità di laici maturi e preparati per “dare ragione della speranza che è in noi”.

Ha incitato, incoraggiato tanti di noi a studiare. A qualcuno ha imposto di terminare l’università come atto di “obbedienza”.

Ci ha continuamente spronato a non rimanere soli, a non lasciar lievitare in noi le difficoltà o i problemi. Perché “la confidenza è la debolezza di satana”. Così come ci ha continuamente ricordato che “oggi non si può camminare nella vita cristiana da soli. Rimanete e mettete radici dove siete nati: lì il Signore vi ha chiamati e lì vi vuole”.

Era un uomo schivo, ma diventava un leone quando si trattava di obbedire alla volontà di Dio.La sua spiritualità era semplice e, invecchiando, è diven-tata sempre più essenziale. Fino ad enuclearsi attorno a tre parole: ama, prega, perdona.

Qualche volta qualcuno mi chiede: chi ha so-stituito don Domenico? chi è la guida spirituale della Comunità? La vivo quasi come un’offesa fatta a lui. Nessuno può sostituire don Domenico.

Io posso avere un confessore, ma non avrò mai più un padre spirituale. Perché come c’è un solo padre nella vita biologica, così anche nella vita spirituale.

La comunità potrà avere un as-sistente spirituale, ma non avrà mai più una guida spi-rituale… E mi par di sentire la voce di don Domenico che ripete le parole di San Paolo: “po-treste avere anche diecimila pedago-ghi in Cristo, ma non cer to molti padri, perché sono io che vi ho gene-rato in Cristo Gesù” (1Cor 4,15).

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Shalom in Uganda

Renato Demurtas con alcuni bambini ugandesi

Vita comunitaria

ei giorni dal 10 al 18 gennaio 2007, il presidente Paolo Maino e Renato Demurtas hanno partecipato a Mbarara, in Uganda, alla Conferenza Nazionale “New Dawn Conference” del Rinnovamento Carismatico Ugandese, invitati da Fr. Emmanuel Tusiime, responsabile del Rinnovamento Carismatico di tutta l’Africa anglofona.

La celebrazione Eucaristica è stata presieduta dall’Arcivescovo Paul K. Bakyenga.Fr. Anthony Musaala e Fr. J.B. Bashobora hanno animato la conferenza, con entusiasmo e in modo carisma-

tico. L’assemblea era rappresentata da una realtà carismatica molto giovane, fresca, vivace, colma di entusiasmo e, soprattutto, protesa a cercare una profonda stabilizzazione spirituale.

Paolo Maino ha tenuto l’intervento per cui era stato invitato, sul tema dell’enciclica “Deus Caritas Est”, seguito con particolare interesse dagli oltre 50.000 partecipanti; di seguito ne pubblichiamo uno stralcio.

Al termine della conferenza, Paolo e Renato hanno visitato i lavori, in fase conclusiva, per la realizzazione di un impianto idrico, costituito da due cisterne da 220.000 litri cadauna con i raccordi per la distribuzione: l’acqua piovana, raccolta e conservata nelle cisterne durante il periodo delle grandi piogge, verrà poi distribuita ed utilizzata nei successivi, inevitabili periodi di siccità.Il progetto è sostenuto dalla Comunità Shalom col contributo della Caritas Antoniana. È stata poi considerata, con Fr. Tusiime, la possibilità di realizzare altri progetti in Uganda, in particolare la ristrutturazione di una scuola primaria.

Come far sì che l’amore vivifichi la nostra fede?Nella vita cristiana, la prima opera che deve ren-

dere concreta la nostra fede è il cercare di vivere l’amore fraterno, vale a dire l’amore verso coloro che mi stanno più vicini: parenti, coniuge, colleghi, fratelli e sorelle di sangue, di comunità, di villaggio…

La giustizia, infatti, si manifesta pienamente nella carità. E nella Bibbia la carità dove trova la sua massima espressione? Nel perdono.

Dio è amore: ce lo ha ricordato il Papa con la sua prima enciclica.

E qual è il nome di Dio? Per la Bibbia, il nome di Dio è “Amore”. Sant’Agostino diceva che alla Bibbia non interessa dimostrare l’esistenza di Dio, bensì che Dio è amore.

Se “amore”/“caritas” è il nome di Dio, “perdono” è il suo secondo nome. Il cognome per una persona è ciò che la identifica e la distingue all’interno della comunità umana.

Sulla nostra carta d’identità è indispensabile dichiarare, oltre che il nostro nome, anche il nostro co-gnome, altrimenti regnerebbe la confusione. La stessa cosa vale per il Dio dei cristiani.

Per la Parola di Dio non è sufficiente credere in Dio, perché potremmo facilmente confonderlo con tutti gli altri dèi. Bisogna dimostrare nella vita e con le nostre opere di adorare il vero Dio. Il Dio della Bibbia ha anche un secondo nome che lo distingue da tutte le altre divinità: «Perdono». Il Dio del vangelo è il «Dio del Perdono».

Sintesi dell’intervento di Paolo Maino dal titolo: «Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede

senza le opere è morta» (Gc 2,26)La fede diventa viva per mezzo dell’amore

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Shalom in Uganda a cura di Ruggero Zanon

Paolo Maino con p. Emmanuel Tusiime e l’Arcivescovo S.E. Mons. Paul K. Bankyenga

Il nostro Dio è il «Dio del Perdono». L’errore che posso com-mettere è di pensare che il rumore del battito del cuore di Dio faccia TU-TÙM / TU-TÙM come il mio, e ciò vorrebbe dire che Dio è in grado di amare quanto amiamo noi. Ma se Dio amasse quanto riusciamo ad amare noi, saremmo messi veramente male. Ora, invece, il discepolo, che ha conosciuto il se-condo nome di Dio, ha appoggiato l’orecchio sul suo petto e ha sentito che il rumore del battito del cuore di Dio non è TU-TÙM / TU-TÙM, bensì PER-DÓNO / PER-DÓNO.

In un cammino di fede, la prima forma di carità è senz’altro il perdono. Soprattutto nella vita comu-nitaria. Non esiste, infatti, solo un perdono dato agli altri per ciò che si è subìto, ma anche quello dato a noi stessi per ciò che non si è fatto di bene: per l’invidia che abbiamo sentito e che ha generato odio, rancore e, forse, anche violenza; per l’agonismo comunitario, che tende a superare l’altro solo per essere i primi, i più bravi e i più forti.

Occorre amare il perdono, cercare il perdono. Il perdono corrisponde ad una visione dell’uomo e del mondo, alla possibilità di una convivenza pacifica invece che violenta. Il mondo ha bisogno di pace. I nostri cuori, le nostre famiglie hanno bisogno di pace. I nostri clan, i nostri villaggi, le nostre città hanno bisogno di pace…

Il perdono è fondamentale nel messaggio del Vangelo. Scrive Paolo agli Efesini: «Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 4,31-5,2).

Il perdono è il vero promotore di una efficace cultura della pace. Aggiunge Giovanni: «Chi dice di es-

sere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v’è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi» (1Gv 2,9).

Il perdono, questa opera che per prima rende concreta la nostra fede, capovolge la prospettiva: la vera forza è l’apparente debolezza della riconciliazione, la prima mis-

sione inizia a casa nostra, il primo lontano che devo amare è il fratello che mi sta accanto.

Posso anche prendermi cura del mondo intero, ma se non perdono il fratello che mi sta accanto e se non perdono me stesso per i miei inevitabili limiti personali, davanti a tutto il mio pregare, al mio professare la fede in Gesù, rischio in realtà di realizzare un discepolato privo di vita.

La crescita spirituale di ogni comunità cristiana deve essere accompagnata dalla crescita umana, so-ciale, economica e politica. Altrimenti la nostra fede non è credibile.

Lasciamoci coinvolgere dalla provocazione di Giacomo: Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

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Dal mondo...Dal mondo... alla Comunità

I coniugi Maino con il Cardinal Toppo

Il Cardinal Toppo con alcune ragazze della Comunità Shalom

Dall’India

Il Cardinal Toppo con l’Arcivescovo di Trento Mons. Luigi Bressan

Il Cardinale Telesphore Placidus Toppo è nato il 15 ottobre 1939 a Chainpur (India).

Ricevuta l’ordinazione sacerdotale il 3 mag-gio 1969, viene nominato Vescovo di Dumka l’8 giugno 1978 ed, in seguito, Arcivescovo coadiu-tore di Ranchi l’8 novembre 1984.

Attualmente è Presidente delle due Conferen-ze dei Vescovi Cattolici dell’India (CCBI e CBCI).

È stato creato e pubblicato Cardinale da Gio-vanni Paolo II nel Concistoro del 21 ottobre 2003.

È membro, fra l’altro: della Congrega-zione per l’Evangelizzazione dei Popoli, del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dell’XI Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.

L’Associazione Comunità Shalom ha ricevu-to la visita di un illustre ospite: S.E. il Cardinale Telesphore Placidus Toppo, Presidente della Conferenza Episcopale Indiana.

Giunto a Riva del Garda giovedì 25 gen-naio, il Cardinale ha incontrato i responsabili del-l’Associazione nella sede di Viale Trento; venerdì 26 gennaio ha celebrato la Santa Messa nella sede Shalom, presso i Padri Verbiti, esprimendo a tutta l’assemblea la sua fraterna amicizia e con-cludendo: “Come Presidente della Conferenza Episcopale dell’India e come vostro fratello, vi porto la gratitudine della mia gente per il vostro attento e generoso impegno, in particolare per i preziosissimi interventi che hanno aiutato il mio popolo a risollevarsi dopo il terribile evento dello tsunami”.

Il Cardinale ha espresso il desiderio di incontrare anche il nostro Arcivescovo a Tren-to: l’incontro dei due Prelati è stato fraterno e caloroso, rinnovando una vecchia amicizia, risalente agli anni in cui S.E. Mons. Luigi Bressan era Nunzio Apostolico in Asia.

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Dal mondo... alla Comunitàalla Comunità di di Paola AngerettiPaola Angeretti

Da sinistra: don Luigi Panzera, il diacono Tizia-no Civettini, l’Archimandrita Sergius Gajek, don

Antonio Sebastiani e padre Franco Pavesi

Il pellegrinaggio della Croce di San DamianoNei giorni dal 12 al 28 gennaio 2007, si è svolto il pellegrinaggio della Croce di San Damiano che ha visitato i decanati di Riva del Garda, Arco e Ledro.

La Comunità Shalom, invitata dai Decani di Riva ed Arco, ha animato due serate di preghiera: il 16 gennaio nella Chiesa Arcipretale di Santa Maria Assunta in Riva; il 27 gennaio nella Chiesa Collegiata di Arco, parteci-pando, poi, anche alla solenne celebrazione di chiusura della Peregrinatio, svoltasi nella Collegiata di Arco il 28 gennaio 2007.

Dalla BielorussiaL’Archiman dri ta Sergius Gajek, Visitatore

Apostolico della Santa Sede per la Chiesa Greco-Cattolica in Bielorussia, e referente in loco per i progetti della Comunità Shalom, ha raggiunto Riva del Garda martedì 23 gennaio 2007 per una visita-lampo e per un incontro coi responsabili della Comunità Shalom.

Tema del colloquio: un aggiornamento sulla situazione della Bielorussia con particolare riguardo ai progetti realizzati in collaborazione con l’Associazione Shalom.

Dalla BosniaIl 2 febbraio 2007 è giunto a Riva del Gar-

da don Kresimir Pulijc, da Mostar, per una breve vi-sita coincisa con la celebrazione del decimo anni-versario dell’ap-provazione dello Statuto dell’As-

sociazione Comunità Shalom.Don Kresimir, amico di vecchia data della

Comunità, ha presieduto la Celebrazione Euca-ristica dedicata alla memoria della firma di ratifica dello Statuto, avvenuta il 31 gennaio 1997 da parte dell’allora Arcivescovo di Trento S.E. mons. Giovanni Maria Sartori.

Commovente l’augurio che ha concluso l’omelia di don Kresimir: “La gente cerca Dio, cerca la sorgente da cui attingere acqua. Co-munità Shalom, siate sempre più acqua per chi vuole bere!”.

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formazione

Quanto amo Quanto amo la tua Parola, Signore

Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbro-si… (Lc 17,12). La lebbra è una bruttissima ma-lattia: corrode tutto il corpo fino al punto di togliere la vita.

Ispiràti da questo episodio evangelico, potremmo riflettere su un particolare stato d’animo che non di rado affligge le nostre case, le nostre comunità, i nostri ambienti lavorativi e professionali;

una vera e propria “lebbra esistenziale” in quanto divora la vitalità e la gioia di essere sposi, genitori, figli, studenti, lavoratori, ecc.: la scontentezza continua per noi stessi, per i nostri familiari, per quello che siamo; per la nostra professione…

…i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!» (vv.12-13).

Strano. Anziché gridare “Impuro! Impuro!”, come la Legge ordina-va loro di fare nel caso si fossero accorti che qualcuno li stava avvicinando (cfr Lv 13,45-46), questo gruppetto di dieci lebbrosi dimostra di avere un’inaspettata speranza nei confronti di Gesù. Non lo conoscono, eppure si comportano come se sapessero che egli è buono.

Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti» (v.14).Sorprendente la richiesta di Gesù, ma ancora di più lo è la pronta obbedienza dei dieci lebbrosi. Il sacerdote,

infatti, aveva l’incarico di “certificare” la guarigione avvenuta, in vista di una riammissione nella comunità.Noi ci saremmo attesi la seguente risposta da parte dei lebbrosi: “Gesù, forse ti sta sfuggendo qualcosa: noi

non possiamo andare dal sacerdote: siamo ancora malati!”. È evidente che Gesù chiede un atto di fiducia che è in grado di frantumare ogni schema mentale. È come se Gesù dicesse ai lebbrosi: “Non aspettate di

essere completamente guariti per andare dal sacerdote: andate così come siete!”. Anziché dare immediatamente la guarigione, Gesù chiede ai dieci

lebbrosi di iniziare a camminare.

Dire grazie: un antidoto alla scontentezza

Durante il viaggio verso Geru-salemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!»

(Vangelo di Luca 17,11-19)

«E siate riconoscenti!» (Col 3,15)

di Gregorio Vivaldelli

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Quanto amo la tua Parola, Signorela tua Parola, Signore

«L’essere grati è la forma

più radicale di conversione,

di cambiamento» (S. Pacot)

«Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?»

(1Cor 4,7).

È camminando che si guarirà, ci dice il Vangelo: E mentre

essi andavano, furono sanati (v.14). Anche nel modo di affrontare le varie situazioni che la vita ci pone

d’innanzi ogni giorno, dovremmo tener presente che, alla volontà di Dio di prendersi cura di noi, dobbiamo affiancare sempre la nostra collabo-razione umana.

Uno di loro, veden-dosi guarito, tornò indie-tro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo (vv.15-16).

Eccoci giunti all’antidoto che il Vangelo propone per scon-

figgere la “lebbra esistenziale” di cui sopra: la gratitudine.

Scopertosi guarito, un lebbroso, contrariamente agli altri nove, sente il

desiderio impellente di tornare da Gesù per dirgli grazie. Per Luca saper dire grazie è

talmente importante che lo considera uno stile di vita da collegare addirittura alla salvezza eterna: «la tua fede ti ha salvato!» (v.19). Tutti i lebbrosi, infatti, sono stati guariti, ma uno solo si salva: quello

con l’animo riconoscente. Per il nostro evangelista ciò che salva l’uomo è la gratitudine.

Era un Samaritano (vv.15-16). Non si tratta di un Giudeo. Per la tradizione biblica i Giudei erano coloro che erano rimasti fedeli al Dio di Israele e alla sua Torah, alla sua Legge. I Samaritani, invece, si erano contaminati con gli altri idoli.

Succede anche oggi: spesso, per chi è “fuori dalla cerchia” risulta più facile dire grazie. Per i membri della famiglia o della comunità, ciò che sono gli altri per noi, ciò che da loro si riceve sembra una cosa normale, quasi un diritto acquisito che apre alla noia dell’abitudine.

La gratitudine, invece, man mano che diventa uno stile di vita, permette lo stupore per la bellezza dei piccoli gesti quotidiani, la riscoperta delle piccole cose che

usiamo ogni giorno e, soprattutto, ci fa guardare in modo nuovo il volto di chi ci vive accanto.

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SentireSentirecon la Chiesacon la Chiesa

formazione

di Alessandra Zanin

La famiglia nel disegno di Dio

“Abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”

genitori attua in senso ancora più pieno la famiglia, già costituita col patto del matrimonio. La paternità e la maternità umane sono radicate nella biologia, ma al tempo stesso la superano, perché Dio è pre-sente in ogni generazione umana, creando un nuovo essere umano a propria immagine e somiglianza. In questo modo la generazione è la continuazione della creazione, perché implica un atto della volontà creatrice di Dio. Il volere umano di generazione dei coniugi è legato al tempo e alla caducità, mentre il volere divino è eterno.

Dio vuole l’uomo per se stesso, cioè destinato ad essere pienamente uomo, anche se malato o disabile, chiamato a partecipare alla vita divina. Questa è la vera

realizzazione di ogni persona: la pienezza della vita in Dio.

I genitori perciò non hanno puramen-te un compito di natura fisica, ma anche spirituale: mediante l’educazione, che po-tremmo definire un’elargizione di umanità,

i coniugi diventano partecipi della divina pedagogia dell’amore.

Il padre e la madre sono in un certo senso i rap-

presentanti di Dio di fronte a noi perché ci

hanno dato la vita. “Onora tuo padre e tua madre” dice il quarto comanda-mento, dove per

“onorare” si inten-de amare, stimare,

riconoscere.I cardini della civiltà

umana stanno nella famiglia, perché essa è la base della civiltà

dell’amore: uno spazio di convivenza dove esistere gli uni per gli altri, per

l’affermazione di ogni uomo. L’onore della persona in quanto

tale deve essere alla base anche dei mo-derni diritti dell’uomo, altrimenti tali diritti

saranno fragili e inefficaci.

Proseguiamo il percorso di contemplazione della famiglia secondo il disegno di Dio, aiutati principalmente dalla “Lettera alle famiglie” di Giovanni Paolo II.

Abbiamo visto come la famiglia si fondi sulla comunione di vita di uomo e donna, uniti nell’alleanza coniugale.

Questa volta meditiamo sulla missione dei coniugi a dare la vita ai figli, affidata da Dio stesso all’uomo e alla donna: “Siate fecondi e moltiplicatevi” (Gen 1,28).

Il Papa prende lo spunto da una frase di S. Paolo: “Io piego le ginocchia davanti al Padre, dal qua-le ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome” (Ef 5,14-15), per evi-denziare che pa-ternità e maternità umane, pur essendo biologicamente simili a quelle degli animali, ai quali pure Dio ha det-to “moltiplicatevi”, tuttavia hanno in sé la somiglianza con Dio.

La famiglia ha il suo mo-dello originario in Dio stesso: una comunione di persone unite dall’amore. Da questo amore scatu-riscono la paternità e la maternità: essere

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Sentirecon la Chiesa

L’AreopagoL’AreopagoIncontrarsi

sulla moraleAbbiamo visto come agli inizi del 1600 l’incontro del cristianesimo con l’umanesimo confuciano con-sentì all’annuncio cristiano una feconda stagione di penetrazione in Cina. Può esser interessante riflettere ulteriormente su questo umanesimo, incontrato in una civiltà apparentemente così diversa e lontana, per co-gliere anche dai suoi tratti caratteristici qualche aspetto di valore generale.

‘Zigong chiese: «Esiste un’unica parola che possa guidare la nostra condotta per tutta la vita?». Il Maestro rispose: «Quale parola migliore di “reciprocità”? Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi»’ (Detti XV,24).

L’insegnamento di Confucio si caratterizza per una forte connotazione morale. Sappiamo che il mondo moderno non ama la morale, ma spesso anche noi cristiani la guardiamo con sufficienza o diffidenza, in parte timorosi di eccessi moralistici, ed in parte perché giustamente consapevoli che essa non salva, e non può essere che secondaria alla fede. Dobbiamo però stare attenti a non sottovalutarne il valore antropologico, cioè quello che essa ci rivela sull’uomo, ed a non perdere la possibilità - del tutto speciale - di intesa con uomini, popoli e culture diversi, che essa offre.

San Paolo vedeva nella coscienza morale una forma di presenza interiore della legge divina anche nei pagani: “Quando i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo

la legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che

quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono.” (Rm 2,14-15). Secondo il Catechismo, la legge morale naturale costituisce una partecipazione dell’uomo alla sapienza ed alla bontà del Creatore, che ci è stata donata nella creazione, e offre alla Legge rivelata ed alla grazia un fondamento preparato da Dio e in piena armonia con l’opera dello Spirito (§1954-60), pertanto essa costituisce un fondamentale terreno d’incontro.

Come notava oltre 15 anni fa l’allora Cardinal Ratzinger, la convinzione che esistono dei valori morali, e che essi non dipendono dall’uomo, è stata condivisa da quasi tutte le culture: “Ciò che fu patrimonio comu-ne a quasi tutta l’umanità prima dell’epoca moderna si dispone obiettivamente su di un’unica direttrice, rappre-sentata da una prima convinzione: nell’essere dell’uomo è inscritto un dover-essere; e da una seconda, per la quale l’uomo non escogita da sé la morale sulla base di calcoli utilitaristici, bensì la trova prefigurata nell’essenza delle cose… All’interno di questo sapere fondamentale, che attraversa le più grandi civiltà, ci sono differenze nei particolari, ma molto più forte è ciò che accomuna, che si manifesta come evidenza originaria del vivere umano… La realtà è che l’intuizione fondamentale circa la densità anche morale dell’essere, e riguardo alla necessaria ar-monia dell’essenza umana con il messaggio della natura, è comune a tutte le grandi civiltà; e che pertanto anche i grandi imperativi morali sono universali”.

Che questa non sia solo teoria, ma concreta pos-sibilità di incontro, è confermato da molti che si sono dedicati al dialogo con culture o anche religioni diverse, ed hanno sperimentato che il modo più sem-plice è partire dagli insegnamenti morali.

di Walter Versini

formazione

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La bioetica:coscienza critica

della civiltà tecnologica

Le sfideLe sfidedella vitadella vita

di Maria Luisa Toller

formazione

Un amico, al quale raccontavo del mio interesse per la bioetica, mi disse: “Ma come, davanti a un malato, tu vai a fargli la predica morale?”. Evidentemente, non si tratta di questo.

“Bioetica” è il termine coniato nel 1971 da V. Potter, uno studioso americano che aveva considerato la necessità di accostare le novità emergenti dalle discipline biologiche anche a partire da una pro-spettiva etica, nell’ottica della salvaguardia globale dell’uomo e del cosmo. Non sono dunque teologi o moralisti che si pongono il problema, ma genetisti, consci del potere messo nelle loro mani.

La bioetica nasce innanzitutto come fenomeno socio-culturale, dalla

coscienza che stanno emer-gendo problemi nuovi

in campo bio-

medico. Ancora pri-ma, viene pre-parata dalla nuova sensibilità sollecitata storicamente da due eventi che hanno segnato drammaticamente il Novecento: lo sterminio nazista, operato per ragioni di eugenetica, e la bomba atomica. In entrambi i casi, il progresso della scienza utilizzato per la distruzione dell’uomo.

Negli anni successivi, emergono gravi casi di abuso nella sperimentazione clinica negli Stati Uniti, con l’utilizzo di disabili e altre persone “marginali” senza alcuna tutela

e senza il loro consenso. Di qui l’istituzione di Commis-sioni e la nascita di Istituti di Bioetica, diffusi poi in tutto il mondo, per lo studio e la definizione di criteri comuni cui riferirsi nei delicati ambiti della vita e della salute.

Non si tratta di problemi lontani dalla nostra vita. Sono nate da questo impegno, ad esempio, le regole sul consenso informato, attraverso il quale non possiamo essere sottoposti a cure, esami clinici o sperimentazione di nuovi farmaci senza la nostra esplicita autorizzazione, così come i severi protocolli per la definizione di “morte cerebrale” in relazione ai trapianti. La bioetica si occupa di “questioni di frontiera”, quali l’ingegneria genetica, la fecondazione assistita, la distribuzione delle risorse per un equo accesso ai servizi sanitari, le tematiche di fine vita, l’accanimento terapeutico, il rapporto rischi-benefici di ogni intervento medico, fino alle questioni di etica ambientale e animale. Potremmo dire che l’obiettivo

e il fine della bioetica è la tutela dell’uomo.

Fin qui, tutti d’accordo. Ma al-lora ci chiediamo: come mai le tema-tiche di cui sopra scatenano violente polemiche e contrapposizioni ogni volta che se ne parla?

Il problema nasce dal fatto che i principi, pur validi, concordati e uti-lizzati per decidere in ambito bioetico, portano ad un vero e proprio relati-vismo etico: davanti al caso concreto,

si fa prevalere o il bene del paziente, o la sua autonomia, o la giustizia sociale,

senza il riferimento ad una teoria etica unificata. Anzi, la definizione di bioetica

più accreditata dice proprio: “La bioetica è lo studio sistematico delle dimensioni mo-

rali – inclusa la visione morale, le decisioni, la condotta e le politiche – delle scienze della vita

e della salute, utilizzando varie metodologie etiche con una impostazione interdisciplinare”(Enciclopedia

of Bioethics, 1995).La questione del fondamento è cruciale.

Quando si riflette su problematiche tanto gravi e decisive per la vita umana ed il suo futuro non ci si può riferire semplicemente al consenso della mag-gioranza o alle idee più in voga. Anche chi afferma di non avere precomprensioni o modelli di riferimento, ma di lavorare solo con criteri scientifici, in realtà si rifà comunque ad una visione dell’uomo, magari ridotto a pura espressione biologica.

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Le sfidedella vita

Il labirintoIl labirintoformazione

Ritrovare la strada

di Tiziano Civettini

Viviamo in un mondo ormai privo di riferimenti chiari e sicuri. Un tempo, se si voleva dare risalto a qualche esercizio pubblico, bastava collocare un’insegna luminosa. Di giorno, ma so-prattutto di notte, spiccava inconfondibile tra le case del paese. Ora ogni cosa ha un’insegna luminosa e tutto risulta uguale: bar, centri commerciali, scuole, sexy shop, chiese, moschee.

Nonostante l’abbondanza di segnali, informazioni e indicazioni (o forse proprio per la loro eccessiva abbondanza), ci si sente sempre più spaesati, incapaci di orientarsi, smarriti per i mille sentieri delle multiformi proposte di senso che ci si parano innanzi nel fitto della “foresta mediatica”. Molti si sono irrimediabilmente sperduti seguendo i modelli di vita dei cosiddetti reality show, molti si sono dichiarati sconfitti da una vita di continua competizione e campano di distrazioni. Molti sono angosciati, perché non sanno per cosa valga veramente la pena spendersi e che rotta indicare ai propri figli.

Siamo tutti dentro un labirinto, ma il labirinto è anche dentro di noi, nei nostri pensieri, nel nostro cuore.

Il labirinto è un luogo angoscioso e buio, architettato dall’astuzia crudele di chi vuole catturare la sua preda, co-stringendola a percorrere invano le mille circonvoluzioni di una strada senza uscita, finché, presa dal panico, si lascia andare alla disperazione, prima di essere ghermita. Quanti di noi vivono attanagliati dalla paura!

Dal labirinto però si può uscire, ma occorre una guida, oppure degli indizi da seguire. Come il mitico Teseo, che riuscì a sfuggire al bestiale Minotauro, seguendo a ritroso la matassa di filo che la sua amata Arianna gli aveva conse-gnato per ritrovare la strada nei meandri della caverna in cui il mostro dimorava; o come il fiabesco Pollicino, che seppe ritrovare la via di casa, seguendo le briciole di pane, lasciate cadere lungo la strada, mentre veniva portato lontano.

Forse la nostra condizione “labirintica” non è tanto diversa da quella di qualunque altra in qualunque periodo della storia. Qualcuno ha voluto dire che labirinto è labor (fatica) intus (interiore), fatica di cercare dentro di sé la strada vera. Nella cattedrale di Chartres, ad esempio, c’è un labirinto pavimentale da percorrere in ginocchio e in preghiera duran-te la quaresima, come segno di una volontà che voleva rinnovarsi e ritrovare il bandolo della matassa della propria esistenza.

Questa rubrica presenterà alcune situazioni attuali di particolare disorientamento e cercherà di indicare an-che in esse quel “filo d’Arianna” che consente di aprirci alla speranza. Ma voglio avvertire fin d’ora che l’uscita dal labirinto non può lasciare tutto com’era prima; ad un certo punto occorre demolire quegli ostacoli che separano dalla vera libertà.

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L’arteL’artedi educaredi educare

di Romolo Rossini

“Per piacere” - “Grazie!”“Per piacere” - “Grazie!”Affetto Affetto

e responsabilitàe responsabilità

Si diffonde sempre più l’abitudine di parlare di fami-glia tradizionale, contrapposta ai nuovi modi di legarsi affettivamente che sembrano rapidamente diffondersi nella società occidentale. L’impressione che tale agget-tivo comunica è che la famiglia sia una realtà statica e immobile, solidale con un’immagine gerarchica e obsoleta della società.

In realtà, la famiglia che nasce dal vincolo obiettivo di un amore che un uomo e una donna si promettono davanti alla società, è quanto di più moderno e attuale possa esserci. Essa, infatti, si presenta come il luogo capace di tenere insieme e di far maturare le differenze originarie dell’umano: la differenza tra i generi, maschile e femminile, quella tra le generazioni, genitori e figli e quella tra le stirpi, ovvero l’albero genealogico, materno e paterno.

Nell’esperienza quotidiana della famiglia, appare una realtà sociale e culturale del tutto originale, non sottolineata né elaborata dalla cultura odierna: la fa-miglia è, infatti, il luogo degli affetti più profondi, ma anche il luogo sorgivo della responsabilità nei confronti dell’altro.

La base di ogni affetto è la fiducia-speranza, il dono della madre che, nell’accogliere e nel dare la vita, trasmette, con i suoi stessi gesti, quella che gli psicologi chiamano la fiducia primordiale, un sorridere alla vita, senza il quale non sarebbe nemmeno possibile vivere.

Il fondamento di ogni qualità etica è la lealtà-giustizia, il dono del padre che guida, regola, spinge in avanti, fa entrare nel mondo. Mentre nella cultura contemporanea gli affetti sembrano sempre più staccati dall’etica, dalla responsabilità, nella cura dei genitori verso i loro figli l’etica è, invece, strettamente intrecciata all’affetto; anzi appare chiaramente come sia proprio la figura dell’amore, sia coniugale che materno e paterno, a far nascere la responsabilità, il senso morale.

È proprio della relazione, infatti, (e particolarmen-te della relazione d’amore) legare responsabilmente: nell’amarti, prometto! E promettere è far sperare, è dare un senso e una direzione al tempo, è suscitare un’attesa! E alla promessa risponde la fede, l’affidarsi alla bontà, alla credibilità di chi promette. Promessa, fiducia, responsabilità descrivono la potenziale ricchezza umana e relazionale dell’esperienza familiare.

La responsabilità, quindi, non si aggiunge all’affet-to, non viene dopo, si inscrive dentro l’affetto, dentro le relazioni. Non è che prima venga l’affetto, e poi, magari improvvisamente, le regole. Il dare fiducia e il trasmettere appartenenza, il codice materno (vitalità, calore, fiducia, stima di sé, capacità di rapporto) e il codice paterno (il senso di ciò che è bene e di ciò che è male, il senso del reale con cui occorre confrontarsi, il senso del limite) procedono insieme.

Nella famiglia, dunque, si produce la relazione sociale fondamentale fatta di prossimità e di differenza. Basti pensare alle due parole magiche che insegniamo ai nostri figli: grazie - per piacere. Esse non sono riducibili semplicemente alle buone maniere; dicono piuttosto il senso originario della relazione umana. Sono, infatti, parole che esprimono una legge e quindi un ordine dei rapporti umani. Non si tratta di una legge esteriore, ma di una legge che dà parola al rapporto umano, in primis al rapporto tra genitori e figli, come alleanza d’amore, di prossimità.

Prima ancora che regolàti dallo scambio di diritti e doveri, il rapporto umano, nella sua figura originaria, appare come un reciproco rapporto di grazia.

Quando ancora non parlavi, bastava il tuo pian-to, ed ecco che la mamma era subito presente alle tue richieste. Adesso però che non sei più un in-fante (da in-fans, colui che non parla), riconosci che il rapporto con la mamma, con il papà non è un semplice rapporto di dare-avere, ma un rapporto che si fonda sull’amore, sulla grazia. Chiedere “per piacere” significa alludere al piacere che tu mamma hai di fare questo per me; e il dirti “grazie” riconosce che quello che tu fai per me non è un ‘mio diritto’; anche se sembra normale, quotidiano, è sempre al di là delle attese, non è mai scontato.

Ciò che rende la vita grata e bella è riconoscere che quanto, ad uno sguardo esteriore, sembra solo un dare e un ricevere, è in realtà una reciprocità di dono e di grazia, di amore e di responsabilità.

formazione

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Carissimo...Carissimo...formazione

di Eliana Aloisi MainoL’artedi educare

Carissimo,che bello sentire che sei stregato da quanto vai

scoprendo! Hai iniziato un viaggio davvero affascinante: la conoscenza di te stesso. E con essa la possibilità di conoscere la verità in maggior profondità.

Sì, mi rendo conto che non è facile stare in situa-zioni di non libertà, ma, come ti scrivevo la volta scorsa, possiamo cambiare solo gli aspetti di noi stessi che conosciamo e accettiamo. Lo stare, il reggere una situazione senza scappare, ma calandosi dentro, è forse la passività più attiva che possiamo avere. È quanto tu hai fatto in questo tempo imparando a stare nel disagio della gelosia e dell’invidia e a non aver ribrezzo di questa parte di te.

E adesso? Qual è la tappa successiva? È la possi-bilità che questo vincolo possa trasformarsi in positività, da tentazione di morte in occasione di vita, da vizio in virtù.

Diventa strategico, ora più che mai, che tu sco-pra che bella persona sei, la tua positività ed amabilità profonda. Normalmente sono gli altri che fanno da specchio e ci riflettono l’immagine di noi stessi. Per-metti che ti facciano da specchio buono. Quando vieni complimentato, affermato, lodato, lascia che questa onda di calore ti raggiunga. Non respingerla pensando o dicendo: “Oh, non è niente, sono sciocchezze…”. Lascia che questa parola buona entri in te e tocchi la parte che ha bisogno di essere destata, sanata, rafforzata. Impara a dire semplicemente “grazie” quan-do ti viene fatto un complimento: lasciati accarezzare. E nel tuo cuore assapora quanto ti viene detto e ringrazia Dio. Quindi un doppio moto: conoscere sempre di più il bagaglio con il quale sei stato attrezzato per la vita e ri-conoscere da Chi l’hai ricevuto. Questa ginnastica ti immette in un circolo virtuoso di benedizione, e cioè di dire bene di te e degli altri, del mondo.

Benedire te stesso, dire-bene, pensare bene di te: ogni volta che fai qualcosa di bene o di bel-lo, dillo a te stesso e ditti bravo. Benedire gli altri, dire-bene, pensare bene delle persone, contrastando l’ondata ormai “normale” di male-dire tutto e tutti. Hai mai detto “brava” alla tua mamma, o al tuo papà, o ai tuoi fratelli? Hai detto ancora ad un tuo compagno di scuola che aveva una bella felpa? Hai mai pensato, dopo aver mangiato un’ottima pizza, di dire bravo al pizzaiolo?

E poi benedire il mondo, dire-bene, pensare bene di quanto ti circonda, questo meraviglioso mondo che è un linguaggio di Dio. Che bello sa-rebbe se ciascuno di noi diventasse un dispensa-tore di benedizioni, un “dispenser” di carezze!

C’è poi una ricaduta positiva su chi bene-dice. C’è infatti una stretta interdipendenza tra una percezione favorevole degli altri e una per-cezione positiva di sé e viceversa. L’una rafforza l’altra. Quindi bene-dicendo gli altri fai del bene anche a te stesso.

E così, un po’ alla volta, senza combattere frontalmente la gelosia e l’invidia, ma rinforzando i

presupposti da cui generano, anche queste sbiadiran-no e perderanno di vigore: non sempre c’è bisogno di combattere il buio se basta far entrare la luce.

Fammi sapere come va e quali successi e difficoltà incontri dentro e fuori di te. Hai tutta la mia stima e il mio incondizionato affetto. Ciao e shalom.

Sempre tua Eliana

Dire-bene,bene-dire

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a cura di Paola Angeretti

Resoconto dei progetti Resoconto dei progetti realizzati nel 2006realizzati nel 2006

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Anche l’anno 2006, come i 25 che l’hanno preceduto, ha visto

iniziare, consolidarsi o giungere a conclusione nu-merosi progetti che la Comunità Shalom ha accolto

e fatto propri nelle diverse parti del mondo.Pensiamo di fare cosa gradita, oltre che doverosa, offrendone una

panoramica che potrà venire consultata nelle pagine seguenti.

Qualche tempo fa, durante la visita di una scolaresca alla sede Shalom di Viale Trento, uno degli studenti rivolse al presidente Paolo Maino una domanda molto perti-

nente: “Come fate a decidere di finanziare un progetto a preferenza di altri?”.Dopo tanti anni di impegno nella solidarietà, sono molte le richieste di aiuto che giun-

gono ogni anno all’Associazione Shalom.Non potendosi far fronte a tutte le domande, si impongono, pertanto, delle scelte, che vengono operate dal Consiglio Direttivo dell’associazione valutando attentamente tutte le richieste.Un criterio inderogabile di scelta è rappresentato dalla conoscenza personale e dalla piena fiducia nel missionario o in chi propone il progetto (il referente in loco); vengono, poi, valutate le priorità circa l’urgenza del problema da risolvere, i riscontri che il progetto potrà presen-tare in termini di autosviluppo, di formazione per i giovani, di emancipazione di un popolo.Vengono, in seguito esaminati i particolari tecnici del progetto, se ne fissano i tempi e le modalità di finanziamento che, comunque, avviene rigorosamente senza alcun interme-diario: il denaro viene versato brevi manu o tramite banca, direttamente al responsabile del progetto, il quale, periodicamente, aggiorna sull’andamento dei lavori.

Siamo sempre molto grati a tutti coloro che, condividendo le nostre motivazioni ed i nostri scopi, ci offrono il loro contributo; desideriamo trasmettere a tutti le

parole di accorata, profonda riconoscenza che ci giungono dai nostri missionari e referenti i quali, a loro volta, esprimono la gratitudine dei

beneficiari dei progetti.Come sempre, siamo fiduciosi e convinti che ogni progetto di solidarietà

non reca solo un supporto materiale, ma suscita ed incoraggia l’impegno personale nella presa di coscienza della propria

dignità umana, alimentando la speranza in un do-mani migliore, un domani di giustizia

e di pace.

I volti

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BIELORUSSIA – Vitebsk – Archimandrita Sergius Gajek

AS 294 - Centro di accoglienza “Eirenaios”

Il dramma della Seconda Guerra Mondiale ed il periodo della dittatura comunista hanno lasciato un profondo trauma nella vita dei cittadini della città bielorussa di Vitebsk e dell’intera regione. Accanto ai bisogni materiali delle persone, in una so-cietà segnata dal multiculturalismo, si avverte un grande bisogno di servizi, di edu-cazione e formazione alla riconciliazione, al dialogo interculturale ed alla pace.Per fare questo si vuole ristrutturare ed ampliare una vecchia casa dove già da alcuni anni viene svolto un lavoro di accoglienza, formazione e assistenza sociale.Il centro verrà chiamato con il nome Eirenaios che in greco vuol dire “pacifico”.

Giustizia e pace si bacerannoGiustizia e pace si baceranno

BOLIVIA – Cochabamba – p. Ferruccio Modena

AS 020 - Sostentamento di 10 mense per 1500 bambini

Negli anni dal 1982 al 1984, la Bolivia è sta-ta attraversata da una grave crisi economica: l’inflazione è aumentata a dismisura, le per-sone hanno perso tutto ed anche quelli che non avevano difficoltà economiche si sono ritrovati in miseria.La povertà era, ed è tuttora, in continua cre-scita: la mortalità infantile raggiunge tassi as-sai elevati (15%); i ragazzi hanno fame e molti fanno uso di colle e droghe per acquietarla.In tale situazione le mense di padre Mode-

na, sostenute dall’Associazione Shalom, si sono moltiplicate: ora nei quartieri più po-veri di Cochabamba funzionano 10 mense che distribuiscono ogni giorno un pasto caldo a 1500 bambini.

AS 293 - Costruzione di una scuola per bambini dai 4 ai 14 anni

L’Alto Mirador è considerato un insediamento umano con alto tasso di po-vertà. Vi abitano circa 2000 bambini in età scolare, ma in questa regione non c’è una scuola e, per gli elevati costi di trasporto e vitto, i genitori non possono permettersi di far loro frequentare strutture lontane.La nuova struttura scolastica avrà una capacità di ospitare circa 100 bambini nell’asilo e 700 ragazzi nella scuola primaria.

dei nostri referenti

AZERBAIJAN – Baku – Mons. Claudio Gugerotti

AS 265 - Casa per i senza tetto e i ragazzi di strada

Attualmente il 30-35% della popolazione è sottoalimentato e la situazione sanitaria è precaria. Sono carenti le vaccinazioni contro le più comuni malattie e sono diffuse la tubercolosi, l’epatite e le malattie dermatologiche. Nella capitale Baku ogni giorno, aumentano i senza tetto e si fa sempre più preoccupante il fenomeno dei bambini di strada, ragazzi abbandonati e senza punti di riferimento.È stato urgente costruire una struttura: la “Casa per i senza tetto e i ragazzi di strada” - gestita dalle Suore della Carità di Madre Teresa - che permettesse di far fronte a que-ste emergenze, favorendo l’inserimento nella società dei bambini e la sopravvivenza di coloro che non hanno casa né possibilità di curarsi.

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BRASILE – Ortigueira – Marisa Girardi

AS 182 - Alfabetizzazione per i bambini delle favelas

Il progetto è rivolto ai bambini più poveri della periferia della città di Orti-gueira, nel Paranà.Fornisce un contributo per l’acquisto di materiale didattico e alimenti. I bambini frequentano la scuola gestita dai padri Cavanis, aperta ad alunni poveri ed a quelli provenienti da famiglie agiate, nell’intento di integrare gli uni agli altri.

BOSNIA ERZEGOVINA – Mostar – don Ante Komadina

AS 270 - Centro di riabilitazione per disabili

La struttura è composta da due realtà: il centro diurno “Nazaret”, dove i disabili vengono curati con fisioterapia, logoterapia, giochi, creatività, mentre i più grandi ed autonomi svolgono lavori manuali e il centro “Sacra Famiglia” dotato di un reparto ambulatoriale ed un reparto per la lunga degenza: qui si curano i bambini e le persone gravemente disabili.Il centro è multietnico ed usufruibile da cattolici, ortodossi e musulmani: nel nostro credo ciò è simbolo di pace tra i popoli.

Mostar – suor Arcangela Kvesic

AS 310 - Ampliamento di posti letto per anziani poveri

Suor Arcangela Kvesic, responsabile di una casa per anziani poveri e soli, ha sistemato i suoi assistiti in una parte della casa che, in realtà, sarebbe stata il domicilio delle suore.L’ambiente è piccolo e fatiscente; necessita urgentemente non solo di ampliamento, ma di una ristrutturazione adeguata a rendere, almeno dignitoso, il soggiorno degli ospiti, privi di qualsiasi altra opportunità di vita.

I volti dei nostri

BURUNDI – Bujumbura – p. Vittorio Blasi

AS 168 - Sostentamento del Centro Shalom Amahoro

Il popolo del Burundi, in mezzo al quale vive ed opera da ben 33 anni Padre Vittorio Blasi, ha conosciuto periodi di grandi guerre interne fra le varie etnie, alternati ad altri, molto brevi, di relativa calma.I problemi rimangono sempre gravi: malattie, scarsità di cibo, analfabetismo sono le piaghe di questa gente. Ancora oggi, in alcune province, solo il 10% dei ragazzi fino ai 15 anni è in grado di leggere e scrivere. Il “Centro Shalom Amahoro”, che l’Associazione Shalom sostiene fin dal 1993, ospita circa

100 ragazzi orfani.

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Speciale Progetti

referenti

CONGO – Sembè – suor Rita Panzarin

AS 238 - Centro Sanitario Shalom “don Domenico Pincelli”

La zona dove è stato costruito il Cento Sanitario Shalom è situata nel folto della foresta equatoriale del Congo-Brazzaville, abitata da due etnie: i bantù, che vivono lungo la pista, e che sono la componente dominante e detengono le leve del potere, e i pigmei, sottomessi e disprezzati dai bantù, che vivono in condizioni precarie. La maggioranza di loro vive in capanne di foglie a forma di igloo; sopravvivono con la caccia e la raccol-ta di frutti selvatici. Le risorse alimentari, però, scarseggiano sempre più a causa della deforestazione operata dalle multinazionali del legno che distruggono l’habitat naturale dei pigmei costringendoli a modificare il loro tipo di vita materiale e spirituale.Il progetto “Centro Sanitario Shalom” di Sembè (Congo), prevede l’acquisto di alimenti, sostegno del personale medico, acquisto di medicinali e materiale sanitario, costruzione della casa per il personale volontario.Beneficiari di questo progetto sono gli abitanti del territorio di Sembè, circa 30.000 per-

sone, di cui il 6% anziani, il 35% adulti ed il 59% bambini. Inoltre, il Centro Sanitario è al servizio di alcune migliaia di persone sparse all’interno, soprattutto pigmei e, in partico-lare, delle centinaia di malati che settimanal-mente raggiungono, a piedi o portati a spalle per decine di chilometri, il dispensario.Ha collaborato e collabora a questo proget-to la Fondazione GE.SI.S – Gestione Sistemi Salute, con sede ad Arco (Trento), attraverso un Progetto denominato “Carta della Salute” che prevede il rilascio agli interessati di una Carta Salute (per informazioni sito dell’As-sociazione Gesis) dietro versamento di un importo stabilito. Il 10% del suddetto importo verrà devoluto per il sostegno del progetto di cui sopra.

FILIPPINE – suor Rosanna Favero

AS 021 - Sostentamento di una scuola materna - Anciray

Sono 50 i bambini per cui è previsto il sostegno.Il finanziamento prevede l’acquisto di materiale scolastico e lo stipendio per l’insegnante.

AS 078 - Programma di alfabetizzazione - Magsaysay

Il progetto assicura il vitto e l’istruzione primaria a 30 ragazzi “Mangyans” che frequentano la scuola elementare del villaggio. Sono ragazzi, per lo più ado-lescenti, provenienti da villaggi delle zone montuose dell’isola di Mindoro, ai quali è stata offerta la possibilità di avere un’istruzione primaria.

AS 087 - Spese mediche e medicinali - San José

Nei barrios più poveri di San Josè, nella parte occidentale dell’isola di Mindoro, le malattie sovrabbondano. Il progetto finanzia l’acquisto dei medicinali da distribuire ai numerosi bambini ammalati, alle gestanti, agli ammalati di tubercolosi, ecc.Le infermiere, che col nostro aiuto finanziario degli anni scorsi hanno potuto seguire corsi di formazione, ora svolgono la loro opera nei barrios dell’isola.

22 I volti

GEORGIA – Tbilisi - padre Witold Szulczynsky

AS 295 - Macchinari per la scuola di falegnameria

Padre Witold Szulczynsky, direttore della Caritas Georgia sta adoperandosi in modo particolare per la formazione professionale dei giovani che attualmen-te rappresenta uno dei problemi più scottanti per questa zona. I giovani non hanno un’occupazione stabile, sono facili prede dell’alcolismo, della droga e della malavita: l’unica salvezza per loro sarebbe un lavoro. L’impegno di padre Witold si concentra nella creazione di laboratori artigianali: tessitura, lavorazione di tappeti, pittura su stoffa, intarsio, falegnameria.

INDIAMadras - suor Dominic Mary

AS 110 - Medicine per la prevenzione della cecità

Suor Dominic Mary e la sua equipe lavorano da anni nella zona più povera di Madras: la baraccopoli in riva al mare. Qui è molto diffusa la xeroftalmia, una malattia che porta progressivamente alla cecità ed è causata dalla mancanza di vitamina A.L’unica speranza è rappresentata da un’alimentazione ricca di vitamine,

supportata da medicinali adatti.Prevenzione e cura della malattia, oltre a corsi e formazione professionale di arti e mestieri per coloro che già sono ciechi, costituiscono le attività prioritarie di questo intervento.

AS 088 - Sostentamento della scuola materna - Labangan e Bangkal

Vengono finanziate le spese per l’acquisto del materiale scolastico e lo stipendio dell’insegnante.Ne beneficiano i bambini provenienti da due villaggi poverissimi: se fossero abbandonati a se stessi, sarebbero costretti a cercarsi il cibo nelle discariche ed a vivere costantemente sulla strada.

AS 183 - Corso di formazione - Manila

Questo microprogetto prevede il sostegno per il proseguimento degli studi, alla scuola media ed a quella superiore di sette ragazze mangyansLa formazione superiore darà loro la possibilità di crearsi un futuro dignitoso, ma, soprattutto, esse avranno l’opportunità e la capacità di aiu-tare altri a crescere, a diventare consapevoli delle possibilità fornite dall’istruzione, raggiungendo una presa di coscienza dei loro doveri e diritti nella società.

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Speciale Progetti

dei nostri referenti

Ammanettai-Tanjavur - suor Alangaram

AS 256 - Completamento del dispensario

Nel 2005 è stata portata a termine la costruzione di questo dispensario a Ukaday in una regione, il Tamil Nadu, sempre a rischio di varie e nume-rose malattie. Viene ora finanziata la dotazione di attrezzature mediche, indispensabili per sopperire alle necessità di una così vasta e varia utenza: più di 3.000 persone dei villaggi sparsi nel territorio troveranno sostegno e cure mediche adeguati.

Pudukkottai - Maria Raj

AS 261 - Sostegno agli anziani dalits

Nei villaggi del Tamil Nadu, la vita dei Dalits, i senza casta, è sempre difficile e sofferta; per gli anziani diviene disperata.Il progetto prevede cure mediche e sostentamento economico sociale per gli anziani di 30 villaggi.

Nagapattinam - Mons. D. Ambrose

AS 288 - Finanziamento per la raccolta di acqua piovana

Il villaggio di Kadampani, situato nella zona di Nagapattinam, è abitato da una popolazione molto povera di pescatori ed è stato duramente colpito dallo tsunami. La gente è rimasta senza lavoro, incapace di aiutarsi da sola. Le suore hanno creato un asilo per l’educazione dei bambini poveri e per fornire loro un’alimentazione ed igiene appropriate.Il problema ancora irrisolto è costituito dall’approvvigionamento idrico: l’acqua è scarsa e quella del suolo è molto salata per cui è necessario provvedere alla raccolta dell’acqua piovana.Il progetto prevede la costruzione di cisterne opportunamente realizzate a tale scopo.

Sambalpur - fr. Maria Susai

AS 298 - Costruzione di un pozzo e di un bacino artificiale

La missione di Bodmal è stata aperta nel 1972 per cercare di aiutare queste popolazioni; nel 1974 è stata costruita una scuola elementare e nel 1995 una scuola primaria superiore. Al momento la scuola è frequentata da 300 studenti oltre a 160 bambini dell’ostello.Il progetto prevede inizialmente lo scavo e la costruzione di un pozzo di 400 piedi, la messa in opera di condutture e l’acquisto di una pompa a mano con accessori. I lavori proseguiranno con lo scavo e l’ampliamento dell’attuale bacino artificiale di 180 piedi di lunghezza e 120 piedi di ampiezza. Beneficiari la scuola e il villaggio.

Sambalpur - fr. Maria Susai

AS 299 - Riparazione della chiesa di Bodmal

Bodmal è una delle zone più arretrate del distretto di Sambalpur in Orissa.La chiesa di Bodmal è molto piccola e non può contenere molte persone, ma il problema più grave è rappresentato dal deterioramento di tutte le sue parti.La chiesa abbisogna di ritinteggiatura sia per le mura che per le finestre e le porte ancora riparabili.Nel villaggio si avverte la difficoltà di non poter fare, attualmente, uso della chiesa, sia per le funzioni, sia per le attività parrocchiali e per la scuola.

24 I volti dei nostri

Kattur-Trichy - fr. S. Arulanandam

AS 303 - Costruzione di nuove aule

La scuola è situata nella zona della Diocesi di Tiruchirapalli e accoglie ragazzi di religioni diverse, di famiglie molto povere; gli studenti sono circa 960, ma le aule sono insufficienti e le strutture sanitarie inadeguate.La costruzione di nuove aule, oltre a quelle già finanziate negli anni pre-cedenti, e di nuove strutture sanitarie è parte del progetto. Nella realizza-zione del progetto è stata coinvolta la popolazione locale che ha fornito la manodopera a titolo gratuito.

Vettavalam - suor Sunila Mary

AS 304 - Sostegno finanziario per bambini orfani Dalits

I dalits sono stati, da sempre, trattati come forza lavoro e privati dei loro diritti fondamentali e non possono accedere all’istruzione, quindi sono socialmente esclusi ed analfabeti.L’obiettivo generale del progetto consiste nel prendersi cura di bambini orfani ed abbandonati, dando loro istruzione, consapevolezza della vita sociale ed una preparazione sufficiente per riconquistare la dignità perduta.Un altro obiettivo: promuovere i valori della vita e dell’educazione alla sa-lute igienico-sanitaria, attraverso momenti di condivisione e di formazione con personale specializzato, considerato che molti dei ragazzi necessitano anche di aiuti psicologici.

Madurai - suor Lourdes

AS 309 - Scuola d’infanzia e primaria

Il territorio del villaggio di Vikkramandalam - Madurai, estremamente povero, è abitato dai Dalits, i senza casta.Per sopravvivere anche i bambini sono costretti a lavorare duramente alle dipendenze dei proprietari terrieri. Le suore della Congregazione di San Giuseppe si sono dedicate a cercare la via per sollevarli dalla loro degra-dante situazione.È stato difficile dare coscienza ai genitori analfabeti e far capire loro che l’istruzione è il mezzo fondamentale per il loro autosviluppo. Il progetto

fornirà alla scuola arredamento e supporti necessari all’educazione.

Ramnagar - fr. V. Xavier

AS 302 - Costruzione pozzo

Il progetto è diretto alla casa “San Joseph” per ragazzi poveri, fondata molti anni fa. Negli anni scorsi centinaia di ragazzi hanno avuto una possibilità di istruzione. Attualmente gli ospiti sono 266.La zona è soggetta ad alta siccità, per cui l’acqua, la cui mancanza è una delle cause della povertà, è il bisogno più urgente.La fonte di acqua esistente si è asciugata e, con l’aiuto di un esperto, ne è stata individuata

una nuova a 200 piedi (circa 61 m) di profondità, per cui è necessario pomparla in superficie, incanalarla e conservarla in riserva.Obiettivo del progetto è, la costruzione di un pozzo con relativa pompa aspirante, tubazioni e cisterna in superficie.

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Speciale Progetti

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UGANDA – Mbarara - fr. Emmanuel Tusiime

AS 292 - Costruzione di un acquedotto

Il sempre maggior numero di persone richiede una grande quantità di acqua pulita, per venire incontro al bisogno di lavare, cucinare e bere.Nella zona di Mbarara è situato il villaggio di Karama, uno di quei posti dove piove poco e così ci sono grandi periodi di secca.Attualmente c’è un foro di sonda, ma fornisce acqua stagionalmente.Sarebbe necessario un sistema di raccolta di acqua piovana che vada dalle esistenti strutture alle nuove cisterne. L’impianto consiste nella costruzione di due cisterne interrate da 165 metri cubi corredate di una pompa elettrica in grado di portare l’acqua ad un serbatoio capace di 3.000 litri e collocato su una struttura a traliccio; in più servono le condutture e i rubinetti per distribuire l’acqua in tutto il villaggio.

KENYA - Nyanza - Peter Onyango

AS 252 - Sostegno per l’asilo e la scuola dei bambini orfani

Il villaggio Unyolo si trova nel Kenya occidentale ed esattamente nella provincia di Nyanza.La zona in cui è ubicato il villaggio è povera e senza troppe speranze di evolversi, per cui i problemi da risolvere sono immani.Alfabetizzazione e formazione dei piccoli e dei giovani costituiscono l’unica speranza per il futuro della popolazione. Il progetto fornisce, a 100 bambini orfani e poveri, la possibilità di frequentare l’asilo e la scuola del villaggio.

referenti

Thirumangalam - Mons. P. Remigius

AS 286 - Costruzione di una chiesa

Il villaggio si trova nella Diocesi di Kumbakonam ed insieme ai villaggi limitrofi conta circa 500 cattolici: sono poveri, ma gran lavoratori e partecipano con regolarità alle funzioni religiose.C’era solo una piccola cappella, costruita centinaia di anni fa, ormai in condizioni talmente precarie da poter crollare da un momento all’altro.La gente è estremamente povera ed alcuni vivono al di sotto della soglia di sopravvivenza. Pur non potendo, ovviamente, contribuire alle spese, tutti si sono impegnati a partecipare con il lavoro pratico alla costruzione della chiesa, eliminando il costo della manodopera e, soprattutto, testimoniando quanto sentissero importante la presenza della chiesa in mezzo a loro.

Sivangangai – Mons. J. Susaimanickam

AS 314 – Costruzione pozzo

Il progetto prevede la costruzione di un pozzo con cisterna ad acqua e relative condutture per la popolazione della zona di Sivangangai, nei pressi del Santuario San Giovanni. L’acqua verrà inoltre utilizzata per l’irrigazione dei campi.

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Rendiconto 2006 relativo alle attività istituzionali

PROVENTI ONERI

DONAZIONI/OFFERTE € 455.472 PROGETTI DI AUTOSVILUPPO € 460.272 CONTRIBUTI € 77.900 SOSTEGNO A DISTANZA € 142.726 SOTTOSCRIZIONE SOCI € 8.700 BORSE DI STUDIO € 6.660 INTERESSI E PROVENTI € 1.320 SPESE GENERALI € 41.379 DISAVANZO 2006 € 147.646 ONERI STRAORDINARI € 40.000 TOTALE PROVENTI € 691.037 TOTALE ONERI € 691.037

“Vi è un grosso pericolo per tutti coloro che si occupano di solidarietà in modo sistematico: oggi il mondo corre sui binari dell’efficienza: produrre, pro-durre, produrre. Se non produci, se non fai niente, se non riesci a costruire nulla nella società, a che servi? Oggi il mondo corre sulla strada delle grandi realizzazioni concrete, per cui chi non produce, chi non è efficiente, chi non fa affari, non conta nulla, è emarginato, messo da parte.

Il pericolo è che questo tipo di mentalità sia entrato anche nel mondo della cooperazione, della solidarietà. Occorre liberarsi da una solidarietà di aiuto che sia solo frutto della prudenza umana, di calcoli ragionieristici, di efficienza, di professionalità, se non si vuole accusare sempre un deficit di rischio, di profezia.

La solidarietà non può fermarsi e limitarsi ad un aiuto puramente materiale, ma deve permettere che que-sto si trasformi in relazioni, condivisione di pensieri, progetti, condivisione di vita. È questo ciò che contribuisce a formare una coscienza sempre maggiore alla carità, ad attingere sempre più alla spiritualità del dono, a diventare protagonisti della nostra vita anche nel poco e ad aiutare gli altri a diventare a loro volta protagonisti della loro vita, a superare la concezione assistenzialistica della carità, in cui si distingue ancora troppo chi aiuta da chi è aiutato, a comprendere che quello che conta non è “che cosa si dona” e in quale quantità, ma la “qualità del donare” (nel rispetto della dignità di ogni persona).

Le necessità spirituali non possono venir lasciate in ombra dagli aiuti materiali. Occorre tenere la porta aperta all’umanità, al grido del povero. Avere il coraggio di non accontentarsi mai, di

portare un pezzettino di libertà in quel villaggio, in quella città, in quella capanna, in quella piccola scuola. Avere il coraggio anche nelle difficoltà, affinché a vincere sia sempre la speranza, a vincere sia sempre la vita”.

Paolo Maino

Solidarietà,per mostrare al mondo il cuore di DioDio

Le offerte sono deducibili fiscalmente a norma della vigente legislazione.Colui che effettua l’erogazione, e che porta tale somma in detrazione sulla dichiarazione dei redditi, è tenuto a conservare le ricevute dei versamenti in quanto, non essendovi l’obbligo di allegare le stesse alla dichiarazione, pos-sono essere successivamente richieste dall’Amministrazione Finanziaria a verifica della detrazione dichiarata.

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Prendi notaPrendi notaAppuntamenti ed iniziative dell’Associazione Comunità Shalom

Nei giorni dal 28 aprile al 1° maggio 2007 avrà luogo a Rimini la XXX Convocazione Nazionale dei Gruppi e delle Comunità del Rinnovamento nello Spirito, cui par-teciperà anche l’Associazione Comunità Shalom.Il tema di quest’anno sarà: “Nulla è impossibile a Dio”.

Domenica 1 aprile 2007 ore 15.00Domenica Comunitaria“Pace, gioia e condivisione con i poveri”Tiziano Civettini – Eliana Maino Gregorio Vivaldelli

Venerdì 6 aprile 2007ore 20.30Venerdì SantoIncontro sospeso

Venerdì 13 aprile 2007 ore 20.30Scuola della ParolaTiziano Civettini

Venerdì 20 aprile 2007 ore 20.30S. MessaPresiede don Luigi Panzera parroco di Rione Degasperi a Riva del Garda - TN

Tutti gli incontri si svolgono presso la sala dei Padri Verbiti

a Varone di Riva del Garda (TN)

Venerdì 27 aprile 2007 ore 20.30Incontro di preghiera

Venerdì 4 maggio 2007 ore 20.30Incontro di preghiera per i malatiRuggero Zanon

Venerdì 11 maggio 2007 ore 20.30Scuola della ParolaEliana Aloisi Maino

Venerdì 18 maggio 2007 ore 20.30S. MessaPresiede padre Franco Pavesi parroco di Varone di Riva del Garda - TN

Venerdì 25 maggio 2007 ore 20.30Incontro di preghiera

Domenica 27 maggio 2007 ore 15.00PentecosteGiornata dell’Alleanza

Venerdì 1 giugno 2007 ore 20.30Incontro di preghiera per i malatiPaola Barlotti Angeretti

Venerdì 8 giugno 2007ore 20.30Adorazione eucaristica

Venerdì 15 giugno 2007ore 20.30Scuola di AscoltoPaola Comai Pettinacci

Venerdì 22 giugno 2007 ore 20.30S. MessaPresiede don Luigi Panzera parroco di Rione Degasperi a Riva del Garda - TN

Venerdì 29 giugno 2007 ore 20.30Incontro di preghiera

INSIEME PER L’EUROPAIl 12 maggio 2007 si svolgerà a Stoccarda, in Ger-mania, l’incontro europeo di oltre 170 movimenti e comunità cristiani, cui parteciperà una delegazione della Comunità Shalom.È un’occasione importante: i partecipanti potranno sperimentare, nella collaborazione, che le diversità rappresentano una ric-chezza, creando unità nella comunione, pur nella salvaguardia della propria specificità.

GIORNATA DELL’ALLEANZADomenica 27 maggio 2007, nella solennità di Pen-tecoste, l’Associazione Comunità Shalom vivrà l’evento che riveste particolare impor-tanza nella vita comunitaria: il rinnovo del Patto di Alleanza, come previsto dallo Statuto della Comunità.È la giornata in cui ogni membro della Comunità si impegna, verso Dio e verso i fratelli, a vivere la chiamata alla pace, alla gioia ed alla solidarietà.

VIAGGIO-STUDIO DEI GIOVANI A MOSTARDal 30 giugno al 4 luglio 2007 un nutrito gruppo di giovani dell’Associazione Comunità Shalom sarà a Mostar in viaggio-studio.I partecipanti verranno ricevuti dal Direttore della Caritas di Mostar don Ante Komadina e dagli altri referenti dei progetti Shalom in Bosnia Er-zegovina, che li guideranno nella visita alla città e dintor-ni, aiutandoli nella presa di coscienza di realtà culturali e sociali così diverse e lontane dalla loro quotidianità.

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Strumenti di Pace

Da più di un anno abbiamo deciso di realizzare una rivista con lo scopo di “informare” e “formare” sia le persone appartenenti al nostro sodalizio,

sia i tantissimi amici che in un modo o nell’altro ci hanno conosciuto.Il periodico, avente cadenza trimestrale, ha come obiettivi principali:

- evangelizzare a mezzo stampa;- costituire l’organo ufficiale dell’Associazione Comunità Shalom, divulgandone il

pensiero, le informazioni ed il carisma specifico;- sensibilizzare alla solidarietà, all’etica cristiana e alla formazione teologica, biblica,

spirituale e psicologica attraverso rubriche di approfondimento;- dialogare con ogni cultura, nella consapevolezza della nostra identità cristiana.Per ricevere gratuitamente una o più copie della rivista, anche arretrate, scrivete a:[email protected] o telefonate al n. 0464.555767.

Pontificium Consilium “Cor Unum”

Deus Caritas estAtti del Congresso mondiale sulla Carità

Pagine 170

Contestualmente alla pub-blicazione della prima En-ciclica di Papa Benedetto XVI, Deus caritas est, il Pontificio Consiglio Cor Unum ha organizzato, dal 23 al 24 gennaio 206 in Vatica-no, il “Congresso Mondiale sulla Carità”. Questo volume contiene la trascrizione dei vari interventi susseguitisi in quell’occasione.Come soggetto del suo primo documento ma-gisteriale, il Santo Padre ha scelto la tematica dell’amore.Tale lettura non è solo il primo documento di Papa Benedetto, ma è in assoluto la prima volta che nella storia della Chiesa un’Enciclica tratta specificata-mente il tema dell’amore.Anche nel Congresso si è sentita l’eco di questa novità; così come ampio spazio ha avuto l’appro-fondimento degli aspetti inerenti gli aiuti umanitari di cui si occupa il Pontificio Consiglio Cor Unum.

Pontificio Consilium Pro LaicisRiscoprire il vero volto della ParrocchiaPagine 194

Questo volume raccoglie gli atti della XXI Assemblea ple-naria del Pontificio Consiglio per i Laici sul tema “Riscoprire il vero volto della parrocchia”,

naturale proseguimento della riflessione sui sacramenti dell’iniziazione cristiana sviluppata nelle tre precedenti Plenarie del Dicastero.La parrocchia è, infatti, il luogo “naturale” dell’ini-ziazione cristiana, sia per quanto riguarda l’am-ministrazione dei sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucaristia, sia per quanto riguarda la catechesi mistagogica che introduce il cristiano nella pienezza di vita del discepolo di Cristo.Il dibattito che si è avviato sulla situazione della parrocchia ha introdotto direttamente alle proble-matiche e alle sfide con le quali si confronta oggi la Chiesa, chiamata a essere “sale” e “luce” di un mondo di cui risente crisi e rivolgimenti.

Cinquepassi...sulla via della pace