Minastirith 12/09
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Transcript of Minastirith 12/09
Anno I - Numero III –Dicembre 2009 - Organo a diffusione interna (c.i.p) Ass. Cult. FUROR - Via Stretto Cappuccini, 32 (Catanzaro) - info: [email protected]
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Il Ragnarok – la fine di un mondo
nel mito scandinavo del crepuscolo
degli déi
Il Ragnarok, o crepuscolo degli déi, è
uno dei miti scandinavi contenuti
nell’Edda, testo sa-
cro degli antichi
popoli del Nord, e
trascritti o in prosa
nel 1200 da Snorri
Sturluson.
La nostra intenzio-
ne, quando affron-
tiamo lo studio,
seppur sintetico, di
un mito è quello di
svelarne gli inse-
gnamenti e così
ridestare in noi
quella forza guerrie-
ra e geniale che si
può brevemente identificare con il Fu-
ror del combattente. Il furor non è al-
tro che una forma superiore di consa-
pevolezza, un’intuitiva scintilla che
accende l’animo facendolo viaggiare
nelle dimensioni dell’eterno. Proprio in
linea con questo intento rievocativo e
simbolico prenderemo in esame uno
dei miti più noti della storia occidenta-
le: il crepuscolo degli déi. Per chi igno-
rasse il tema faremo un breve riassun-
to. Il malvagio Loki fratello di sangue
di Odino, il padre degli déi, provocan-
do la morte di Balder, fratello
anch’esso di Odino e dio della Luce e
della Pace, lo confina negli inferi di
Hel. Parallelamente a questo evento
due terribili bestie – che ricordano
molto quelle dell’apocalisse – il lupo
Fenris ed il serpente di Midgard – te-
nute rinchiuse da tempo illimitato e
sotto controllo si
dirigono minac-
ciose verso A-
sgard, la bellissi-
ma dimora degli
déi. E’ la distru-
zione, Odino suo-
na l’ultima adu-
nata degli déi che
sostenuti dal pos-
sente Thor vanno
a cercare ed a
trovare la bella
morte in batta-
glia. Al termine di
questa immane
lotta, in cui gli astri si stravolgono e
tutta la terra si distrugge, il luminoso
Balder risorge dagli inferi e prende il
potere nel nuovo mondo, ora rinato e
pacifico. Fino a qui il mito nordico non
è molto differente da una favoletta
fantastica per bambini, ma se ci sof-
fermiamo un momento su alcuni ele-
menti simbolici ci accorgeremo che vi
si trovano insegnamenti molto profon-
di. Prendendo in considerazione il peri-
odo che ci apprestiamo a vivere, il Na-
tale e dunque il Solstizio d’inverno,
dobbiamo inquadrare il mito in una
dimensione più interiore. Loki infatti
_______________ indirizzi dottrinari _______________
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rappresenta la parte oscura di ogni
uomo, una parte tenebrosa e
―mediterranea‖ come direbbe Evola, la
quale ci porta ad assumere atteggia-
menti ambigui, falsi, vili. Loki non è
ben accetto dagli déi, finché Odino,
dopo averlo preso in simpatia, non lo
riconosce suo fratello, stipulando con
lui un patto di sangue. Questa
―fratellanza bastarda‖ con la parte o-
scura di sé è analogo all’azione di colui
che pur avendo de-
terminati punti di ri-
ferimento nel Sacro,
cede, dando ascolto
alla meschinità che è
in sé, scendendo a
patti con la viltà del
proprio animo, con-
dendosi magari atteg-
giamenti sui quali
prima era intransi-
gente.
Tutto ciò avviene an-
che a livello ―macro‖
nella società, la quale
dapprima tollera e poi
soccombe dinanzi alle
richieste dei piccoli
gruppi organizzati,
espressione delle
peggiori devianze in
termini di visione del
mondo.
Odino non può fare nulla contro le ma-
lefatte di Loki, poiché lo ha riconosciuto
fratello nel sangue e così lo tollera, e
proprio questa assenza di rigore e virili-
tà lo porta anche ad avere contro di sé
altri dèi, il suo giudizio è offuscato dalla
sua parte sentimentale ed emotiva.
Quante volte dinanzi ad un dovere o ad
un impegno con noi stessi ci tiriamo
dietro, sapendo che una risposta me-
diocre è la morte dello spirito. Loki uc-
cide Balder, o meglio lo oscura e lo rin-
chiude negli inferi. Balder è la parte
luminosa di Odino e di riflesso di ogni
uomo, la quale in seguito ad un irrigidi-
mento su sé stessi, si perde, si addor-
menta, diviene schiava di quella che
Guenon chiama ―solidificazione‖ del
mondo e dell’anima, una perdita di im-
pulso verso le cose nobili.
Proprio quando tut-
to sembra perso,
però, Odino suona
l’adunata per la bat-
taglia, convoca tut-
te le sue residue
forze dell’anima
superiori e ridesta
sopiti istinti contro
l’avanzata di Loki e
delle due bestie –
superbia e orgoglio
(lupo e serpente)
anche distruzione e
divenire, ferocia e
viltà. Solo questa
guerra devastante,
al limite della di-
struzione totale,
riporta la pace nel
mondo degli déi e la
rinascita di Balder –
molto simile a Gesù
Cristo, sia nella resurrezione che nei
tratti esteriori che ne descrivono la fi-
gura. La morte di Odino e la successiva
rinascita di Balder non sono altro che la
morte dell’uomo vecchio e la nascita
dell’uomo nuovo, la più alta ambizione
a cui un guerriero mira, la luce che gui-
da le sue azioni e ne stimola la conti-
nua e quotidiana offerta di sé.
TRAPPOLA EUROPEA PER L’IRLANDA Il 12 giugno 2008 l’Irlanda si opponeva
alla ratifica del Trattato di riforma della
Costituzione europea, meglio noto come Trattato di Lisbona. Il Trattato era nato per ripresentare sotto nuova veste un progetto già fallito, la Costituzione Euro-pea, bocciata da Francia e Olanda, la cui ratifica non era giunta a conclu-
sione in altri 7 paesi, tra cui l’Irlanda. Il progetto era tanto ―nuovo‖ da essere identico per il 96 % a quello della ―vecchia‖ Costituzione
europea. Sostanzial-mente il piano era il
solito: continuare a sot-trarre sovranità agli Stati nazionali per can-cellarli pian piano, perfettamente in linea col progetto mondialista e liberista pro-
prio alle burocrazie europee. L’Unione europea diveniva finalmente (?) persona
giuridica e le decisioni da prendere all’unanimità continuavano a diminuire. Il ―nuovo‖ piano si mostrava però più accorto rinunciando alla definizione di ―costituzione‖ e di ―leggi europee‖. Si
tornava a parlare di direttive e regola-menti e, soprattutto, di Trattati, per dare un tono minore al progetto. Nonostante
ciò, il popolo d’Irlanda non si era lasciato ingannare e, opponendosi ai principali partiti, aveva votato contro la ratifica.
L’Irlanda non accettava nemmeno il pia-no b, il cosiddetto Trattato di Lisbona. Se non ché l’Occidente è sotto regime democratico: se al popolo non piace qualcosa, si fa in modo di farglielo piace-
re. Persino un referendum dal risultato
esplicito può essere riformulato, finché non si sia ottenuto il risultato voluto. Co-me se si domandasse ad un gruppo di
persone qualcosa e ci si fermasse solo
quando si fosse ottenuta la risposta che gradita. Ecco, questo è stato fatto in Ir-landa. Quello che è fatto da sessant’anni ai popoli d’Europa.
Già Stuar Mill metteva in guardia dal pericolo del-la dittatura dell’opinione
pubblica in democrazia. Bene, la giornalista Bar-bara Spinelli all’indomani del voto irlandese tuonava pro-prio contro i media, in-
capaci di trasmettere la ―grandiosità‖ del proget-
to europeista, ammet-tendo in maniera singo-lare ciò che è la demo-
crazia moderna, regime mediatico. Dun-que, se il progetto non era stato accolto,
non era certo colpa del progetto ma di chi non l’aveva votato, di quegli irlandesi
anti-europeisti che il nostro caro presi-dente Giorgio Napolitano assimilò ai ter-roristi. Del resto, il presidente di turno dell’Unione, lo sloveno Jansa, dopo il voto dichiarò: ―inviterò il primo ministro irlan-
dese a spiegare le ragioni del rigetto del trattato da parte del popolo irlandese‖. Quasi che se avesse qualcosa di cui di-
scolparsi, quasi che il voto popolare po-tesse avere un esito giusta ed uno sba-gliato. “E’ l’ingiunzione a fare
«autocritica», come chiedevano i giudici staliniani al tempo delle grandi purghe, quando mettevano sotto processo impor-tanti membri del partito «deviazionisti». Il linguaggio è lo stesso” commentava
Maurizio Blondet.
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_______________ spunti storici _______________
Ed in effetti, l’autocritica c’è poi stata. Benché il presidente irlandese avesse
fatto di tutto per far ratificare il Trattato, non c’era stato niente da fare. Ma ecco
l’effetto dell’autocritica, ecco la via di scampo, la seconda possibilità gentil-mente offerta: promuovere un nuovo referendum, e stavolta bisognava appro-varlo! Così ordinato e così avvenuto: il 2 ottobre 2009 l’opinione degli irlandesi era
magicamente cambiata. La storia di quel
popolo eternamente in lotta per difendere le pro-prie radici, che ha com-battuto contro le ingeren-ze dei poteri forti, masso-nici e protestanti, contro
l’imperialismo antipapista inglese, contro il liberali-smo economico, contro il materialismo – tant’è che la sua costituzione recita che ―il potere deriva, sot-to Dio, dal popolo” -, è
cambiata. Anche l’Irlanda
è stata ingabbiata dal burocraticismo europeo, da una ricetta economico-politica fallimentare ma obbli-gatoria, poiché ideologicamente imposta. Dopo aver vinto per secoli sui campi di battaglia, l’Irlanda ha ceduto alla tirannia
dell’opinione pubblica e dei poteri forti, mostrando la vacuità della parola demo-
crazia, della sovranità popolare, fondata su un assioma: ―se il popolo non vuole l’oligarchia, aboliamo il popo-lo‖ (Blondet). Mostrando, soprattutto,
come la tirannia non sia una categoria appartenente al passato, come la demo-crazia non impedisca la tirannia, come
modernità non significhi libertà e come volontà popolare non significhi giustizia.
Del resto, già Rousseau, iper-democratico pensatore del Settecento,
denunciava l’inconsistenza della liberal-democrazia come la intendiamo oggi,
fatta di parlamentari e di media che fan-no tutto il lavoro per noi, che votano, pensano ed interpretano le leggi al posto nostro. Ma le verità scomode di certi au-tori non entrano a far parte del cultura volgare, destinata al popolo. Meglio evi-
tare certi argomenti, meglio non sottiliz-
zare. Il popolo ha bisogno di verità semplice, inutile fermarsi sulle controindi-cazioni della democrazia. Meglio decontestualizzare gli episodi, proprio come
si fa ogni giorno con la cronaca, così da disorien-tare ed evitare di trattare tutto ciò che non è con-forme al politicamente corretto. È un modo come un altro per non dire la
verità senza dire bugie,
per illudere di fare infor-mazione. Oggi tutti guardano un tg e credono di essere informati. Peccato che senza il passato, il presente non significa nulla. È per questo che nel prossimo nu-mero, invece, noi cercheremo di conte-
stualizzare questo episodio della storia europea, per mostrarvi uno scorcio della
gloriosa storia irlandese, dell’eroico at-taccamento alle proprie radici culturali e religiose, che ha fatto dell’Irlanda la culla di una civiltà d’altri tempi, in cui la fede
religiosa era tutt’uno con la fede politica. Per mostrarvi come il ruolo sovvertitore, anti-cattolico ed anti-religioso da sempre
svolto dall’Inghilterra si sia qui espresso nella forma di una intollerabile oppressio-ne.
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LA LOTTA AI
SIMBOLI
La corte di giustizia eu-
ropea ha recentemente
accettato la richiesta di
una donna di cittadinanza
italiana di rimuovere il crocifisso dalla
scuola frequentata dalla figlia; ha
così sancito la le-
gittimità della ri-
mozione dei sim-
boli sacri dai luoghi
pubblici - provve-
dimento già attua-
to da Zapatero in
Spagna e che ine-
vitabilmente si po-
trà estendere a
tutti i paesi mem-
bri dell’unione eu-
ropea. Dal punto
di vista “umano” il simbolo della
crocifissione di Gesù Cristo non può
che essere, anche e soprattutto per
chi non crede, un simbolo positivo
poiché sintetizza i valori più alti
dell’uomo: il sacrificio per il prossimo,
l’amore ed il perdono. Si aggiunga a
ciò che quel simbolo rappresenta le
radici dell’Europa, dunque sinonimo
di identità oltre al patto economico
dei paesi membri. L’accanimento ver-
so questo simbolo universale nasce
da un odio profondo verso il messag-
gio dell’amore e del sacrificio. Eviden-
temente bisognerebbe definire la c.d.
libertà religiosa come violenza antire-
ligiosa. Ma a cosa serve la libertà reli-
giosa se non a consentire, nel rispet-
to di tutti, la crescita del singolo se-
condo le proprie potenzialità e idee?
E cosa ci può essere di così negativo
nell’esempio di un uomo che è morto
indistintamente
per tutta
l’umanità? La
realtà dei fatti
però, partendo
da un punto di
vista così uma-
no ed ingenuo,
non può essere
spiegata nella
sua interezza
senza appellarsi
ad una dimen-
sione ed analisi
più profonda. Ne ―Gli uomini e le rovi-
ne‖ J. Evola, scrivendo delle varie
tecniche della sovversione, parla del
colpo di rimbalzo come strategia
della sovversione - basata sul creare
o sfruttare conflitti fra le singole tra-
dizioni. Una delle motivazioni portate
avanti dagli oppositori al crocifisso è
stata quella che ―offende‖ la comuni-
tà islamica. A parte le dichiarazione di
qualche sprovveduto che afferma di
rappresentare ―qualcuno‖, mentre
non rappresenta che la propria igno-
ranza del Corano, la posizione ufficia-
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le dell’Islam è il riconoscimento di
Cristo come uno dei tre più grandi
profeti della storia nonché giudice dei
tempi ultimi che verrà a dividere gli
uomini ed instaurare una nuova era.
Come può il crocefisso offendere chi
vede in Cristo una tale figura? Sareb-
be come dire che l’immagine di Mosè
che riceve i co-
mandamenti of-
fende un Cattoli-
co. Al contrario
non ci saremmo
meravigliati se i
media ci avesse-
ro detto la verità
e cioè che il cro-
cefisso offende la
comunità ebraica
che in Lui non
vede altro che un
sovversivo ed un uomo che ha scar-
dinato la loro tradizione. Il vero moti-
vo di tale attacco, dunque, è di ordi-
ne molto sottile e rientra nel piano di
spoliazione del mondo di ogni riferi-
mento al sacro e, in conseguenza, di
ogni protezione. Il problema di fondo
resta comunque i l seguente:
l’umanità, il popolo è consapevole di
quello che sta accadendo, si rende
conto di questa lotta che si combatte
tra la luce e le tenebre? La risposta in
questi casi da parte degli intellettuali
radical-chic e benpensanti è: uno è
libero di credere quello che vuole.
Proprio per questo la presenza o me-
no di un simbolo non dovrebbe tur-
bare le convinzioni di tali illuminati
senza pregiudizi; la realtà è che ci
troviamo dinanzi a veri e propri stru-
menti, più o meno consapevoli, di
forze oscure che mirano a privare gli
indifesi, i bambini, di una protezione
spirituale. La Verità non dipende dal-
la nostra vo-
lontà, immagi-
nazione o ca-
priccio proprio
per questo
prendersi una
responsabilità,
da parte di
uno stato o
peggio ancora
di una comu-
nità sovrana-
zionale, deno-
ta o superficialità estrema verso un
mondo che non capiscono e perciò
rifiutano, oppure una presa di posi-
zione chiara e netta a fianco
dell’anticristo, il vero volto
dell’ attuale comunità
europea.
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Yukio Mishima, il culto del copro e lo
slancio verso l’eroismo
La figura di Mishima può essere utiliz-
zata e scannerizzata in diversi modi.
Mishima è lo scrittore che descrive con
precisione sensoriale il senso dell’onore
e della vita, è il regista, è l’artista ma
soprattutto è nella sua veste di atleta
l’esempio. La storia di Mishima comincia
da subito in un ambiente ostile, la sua
debolezza oltre a renderlo oggetto di
scherno per i compagni di scuola, lo fa
etichettare come ―soggetto non idoneo‖
al servizio militare.
Da vero uomo della Tradizione, da
Guerriero, Mishima comincia a dedicarsi
al suo corpo, non solo da un punto di
vista estetico, nella cura della muscola-
tura, ma essenzialmente da un punto di
vista agonistico. Apprende le arti mar-
ziali, pratica l’arte dei suoi avi Samurai,
combatte, si allena ed alla fine trionfa
emergendo su coloro che lo scherniva-
no come guida di un nutrito esercito di
valorosi giapponesi.
Ma l’azione di Mishima su sé stesso —
che noi tutti consideriamo un punto di
riferimento per la sua capacità di utiliz-
zare il copro e l’attività combattente
come uno strumento per la crescita
interiore — culmina in gesto a dir poco
eroico. Egli fa il seppuku, suicidio ritua-
le dei samurai compiuto in seguito alla
morte del signore o a suo ordine, in
diretta, conferendo al gesto un signifi-
cato politico, di ribellione al perduto
senso dell’onore del Giappone, che si è
disarmato dinanzi ai nemici di sempre,
gli USA. Se Mishima avesse pensato da
moderno, senza vivere la sua dimensio-
ne corporea in relazione al quella spiri-
tuale, mai avrebbe compiuto un gesto
di estrema privazione, nel fiore dello
sviluppo fisico. La sua testimonianza
dipinta col sangue sul quadro
dell’eroismo deve costituire un insegna-
mento, un insegnamento a morire a sé
stessi vedendo il proprio corpo come
uno strumento un mezzo per realizzar-
si.
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_______________ rubrica sportiva _______________
Trapianti selvaggi...
GERUSALEMME - Le autorità
israeliane hanno rivelato che
negli anni ’90 nel Paese ebraico veni-
vano trapiantati organi da cadaveri, anche
di palestinesi, senza il permesso delle
loro famiglie. Lo scandalo è venuto
a l l a luce grazie all’intervista dell’allora
responsabile dell’Istituto di medicina legale Abu Kabir, il dot-
tor Yehuda Hiss, condotta nel 2000 da un universitario ame-
ricano, e ritrasmessa nel fine settimana da Israel’s Channel
2 TV. Nel corso dell’intervista Hiss, rimosso dall'ospedale nel
2004, ammette di aver iniziato a espiantare «cornee, ma
tutto era fatto in modo informale, senza chiedere alcun per-
messo alle famiglie»: sarebbero 125 i corpi da cui sono stati rimosse diverse parti.
Stando a quanto riferito da Israel’s Channel 2 TV, negli anni ’90 i medici specialisti
dell’Abu Kabir hanno prelevato pelle, cornee, valvole cardiache e ossa dai cadaveri
dei soldati e cittadini israeliani, palestinesi e lavoratori stranieri, spesso senza il per-
messo delle famiglie. Anche l’esercito israeliano ha confermato questa pratica. «Ma
questa attività si è conclusa una decina di anni fa e non è stato più ripresa», riferisce
un comunicato.
Fonte: www.lastampa.it
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“2012”: era meglio beccarsi l’influenza…!
Poco tempo fa nelle sale italiane cinematografiche
è finalmente approdato il film ―dai grandi effetti
speciali‖ 2012. La trama è semplice, nel 2012 co-
me previsto dal calendario dei Maya il mondo finirà in se-
guito ad una gigantesca catastrofe. La data avverrà in cor-
rispondenza della precessione degli equinozi, una rotazione
dei cieli che modificherà la posizione del sole nei confronti
delle costellazioni. Fin qui ci sono tutti gli elementi ―seri‖
per attendersi un film decente. In realtà la pellicola come
forma di allarmismo generale rientra in quella che Guénon,
parlando delle profezie, etichetta come mezzo per creare psicosi collet-
tive. Tornando al film però non possiamo ―non ridere‖ dinanzi alla mitizzazione di un
presidente Americano –(corrispondente ad Obama) – che decide di morire con il suo
popolo invece di ripararsi nell’arca gigantesca creata per resistere all’invasione dei
flutti. Tutte le possibilità ―benefiche‖ di trattare un tema simile, consistenti
nell’affrontare la concezione ciclica della storia del mondo, la relazione di esso con il
cosmo nonché l’analogia con la morte del singolo uomo, sono vanificate da un ameri-
canata doc. Un film da non vedere… all’uscita della sala in tanti hanno pensato che
sarebbe stato meglio prendersi l’influenza.
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“Tempi ultimi e restaurazione finale” di Antonio Medrano, ed. il Cinabro
In questo saggio Antonio Medrano analizza tre importanti tradizioni particolari: la Persia mazdea,l’oriente buddhista e infine il nord dell’Europa precristiana. Tale anali-si è utile per coloro che ancora non sono stati travolti dal processo distruttivo della società moderna e che sono in grado di vedere come l’umanità si sia avvicinata alla fine dei tempi, allontanandosi dal Principio Divino. Tutte le tradizioni parlano di una
terra desolata in preda alla violenza, alla fame alla povertà. La ricchezza di pochi la miseria di molti. Se pensiamo che 1/3 del mondo affama i restanti 2/3 come da ulti-me stime Unesco, capiamo che non si è molto lontani da quelle previsioni che alcuni scettici definiscono ―credulonerie‖. Nella tradizione persiana troviamo una formula-zione del mito relativo ai tempi ultimi e alla restaurazione finale. La soluzione? Una rinascita spirituale del mondo dopo un conflitto al limite della distruzione totale. Se-condo la dottrina mazdea, alla fine del ciclo, il principe delle tenebre(Angra-Mainyu)
regnerà il mondo fino a che non sarà sovrastato dall’eroe Saoshyant l’ultimo dei tre
figli di Zarathustra, nato grazie al seme fecondo di quest’ultimo che era custodito presso le acque del lago kasoya. Il buddhismo contiene nella sua dottrina un riferi-mento al tema della restaurazione finale e del redentore che dovrà portarla a termi-ne. Quest’ultimo è il Buddha Maitreya, il ―Buddha futuro‖. Secondo i sutra buddisti, infatti, verrà un tempo in cui la religione si corromperà e in cui scadranno il livello
intellettuale e morale dell’umanità. In questo periodo anche la tradizione buddhista soffrirà un processo di oscuramento sino a che dopo una lunghissima lotta il ―Buddha sorridente‖ aprirà le porte del Nirvana agli uomini e trionferà in tutto
l’universo, sconfiggendo ogni peccato e ogni incredulità.
_______________ angolo librario _______________
Le donne e la vita. Pensieri sull’aborto. Viviamo in un mondo dove è sovrana l’indifferenza, dove la frase più comune è
―finchè non capita a me…‖ Eppure tutto quello che ci circonda è affar nostro e ci sono argomenti rispetto ai quali non si
può rimanere indifferenti. Vi sono argo-menti dove è necessario prendere una posizione, dove si è o favorevoli o con-trari. Per questo il cuib femminile ha de-
ciso di occuparsi di un argomento che ancora oggi molte donne non vogliono affrontare: l’aborto. Non è una tematica sociale, economica o individuale. È una
tematica in cui c’è la sacralità, la dignità e l’identità stessa dell’essere umano.
L’embrione non può essere considerato un ammasso di cellule prive di vita, ma è un essere unico e irripetibile, è il nostro futuro, la stessa nostra vita… Nella via della Tradizione vi sono valori imprescindibili. Il valore della vita, la
salvaguardia di quella splendida condi-
zione che solo la Donna può vivere nella sua vita. L’aborto rappresenta l’ennesima rinuncia alle proprie respon-sabilità, all’essere Donna in quanto ―madre‖, all’essere Uomo in quanto ―padre‖. La cronaca è piena di tinte buie
in cui persone innocenti vengono uccise,
spesso in maniera brutale ed incompren-sibile e la stampa, i mass-media, noi tutti inorridiamo di fronte a queste notizie, eppure accettiamo e giusti-fichiamo una
donna che deci-
de di abortire. Perché? Forse
perché non crediamo più nei miracoli, non riusciamo a vedere che la vita è un miracolo. Perché crediamo che il potere di scegliere sia la prova dell’ormai tanto
agognata emancipazione femminile. L’aborto non esalta la donna, ma la de-grada, perché è proprio quando rinuncia
alla sua maternità, alla vita, che smette di essere donna e diventa femmina, de-gradando l’uomo a semplice spettatore senza la possibilità di diventare padre, in
quei casi naturalmente dove è proprio la vigliaccheria dell’uomo ad incoraggiare il piccolo omicidio. E inoltre chi difende il diritto del concepito a nascere? Chi di-
fende un’entità vitale, assolutamente innocente e assolutamente indifesa?
Nessuno. Ci vogliono far credere che un feto non è un essere umano, ma la scienza parla chiaro e dice che ―tra l’unione dello spermatozoo e dell’ovulo, o almeno tra i blastocisti e la nascita del bambino non esiste momento preciso in
cui si possa dire che non c’è vita uma-
na‖, e inoltre ― i cambiamenti che so-pravvengono tra l’impianto, l’embrione di sei settimane, il feto di sei mesi, il bambino di una settimana e l’adulto, sono solamente stadi diversi di sviluppo e di maturazione‖. A questo punto vorre-
mo lasciare una domanda alle quali spe-
riamo che i vostri cuori possano dare una risposta. Vogliamo davvero
che la nostra Terra diventi una diste-
sa vuota di giovani e
bambini?
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Spazio curato dal gruppo femminile dell’associazione
IL SEGNO DEI TEMPI…
APPUNTAMENTI
Tutti i martedì e giovedì,
(ore 19.15) presso la Scuola Rodari ed i sabati presso
il Parco della Biodiversità (ore 15.30), corso gratuito di
Kickboxing per i tesserati.
ROTTE
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