MADRETERRA NUMERO 28 - APRILE 2012

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www.madreterranews.it MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA Anno III - N. 28 - APRILE 2012 PALMI & DINTORNI OMAGGIO FINALMENTE! E’ APPENA NATA, MA GIA’ TUTTI LA CHIAMANO ROTONDA “PROMETEUS”

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MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA

Anno III - N. 28 - APRILE 2012

PALMI & DINTORNI

OMAGGIO

FINALMENTE!E’ APPENA NATA, MA GIA’ TUTTI LA CHIAMANO

ROTONDA “PROMETEUS”

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Corsi e ricorsi storici, quelli che si avvinghiano ineso-rabili attorno alla “sacra e immacolata” Lega di tale

Umberto Bossi da Cassano Magnago.Scusatemi se esordisco con un argomento così poco le-

gato al nostro territorio, ma tanta, eccessiva forse, è la rabbia accumulata nel corso dell’ultimo decennio a cau-sa delle intemperanze, anti-sud, anti-Italia, anti-tutto, del nostro caro amico.

Non vuole essere retorica la mia, ma solo un misero sfogo -e per questo chiedo venia-, con annesso gongola-mento, però, per le vicende padane degli ultimi giorni e per quell’aria da onnipotenza dell’onestà, della quale si è sempre cosparso il mondo leghista che, oggi si sgonfia, fatalmente, fino a divenire vergogna.

Ah! Mica siamo solo noi che rubiamo, –potrebbe obiet-tare il “titolare della cattedra verde” in Italia tutti i par-titi celano i loro denari arrivati da chissà dove!

E’ vero, caro Umberto, ma almeno i signori cui si rife-risce hanno il buon gusto di non apostrofare gli altri con epiteti dispregiativi quali quelli che Lei usa, abitualmen-te, in maniera boccaccesca e offensiva, senza misure. E lo fa in canottiera! Nemmeno il più tamarro personaggio del sud si porrebbe mai in canottiera davanti alle folle, nè, tantomeno, davanti ad una televisione.

Lei hai il gran coraggio di farlo.Anni di cumulo di rabbia (non odio verso i padani, ma

solo ira), agiscono, oggi, da leva e fanno sì che la gioia per le disgrazie dei verdi abbia il sapore della vendet-ta. La giustizia Divina ha colpito a difesa di tutti coloro che al sud producono, lavorano 12 ore al giorno, sudano. Gente che vive nei campi, negli uffici, sulle strade, che si danna per migliorare lo status, per uscire dal tunnel. Gente onesta, figlia di una cultura italica, ancor prima romana e ancor prima greca. Caro Bossi, solo l’ultima frase, col suo pieno di storia, dovrebbe farla vergognare fino alla morte per aver apostrofato con la parola “LA-DRONI”, l’intero popolo meridionale. Io, però, ho seri dubbi che lei possa mai farlo…

Mi scuso ancora per questo leggero sfogo e vi assicuro che è stato davvero lieve. Sarei davvero poco elegante se dovessi esprimere in toto il mio pensiero e, soprattutto, lo sarei ancor meno nel citare i nomi che hanno sporcato “l’immacolata” Lega nord!

di Paolo Ventrice

L’EDITORIALE

ROMA LADRONA!PAROLA DI BOSSI (DEL NORD)

MENTRE C’è ChI, AL SUD, COSTRUISCE ROTONDE!

Affari loro, mi verrebbe da dire. E INVECE NO! Sono anch’essi affari nostri, affari di quest’Italia che di cam-biare proprio non ne vuol sapere!

Noi, grazie a Dio, ci concediamo, in verità, le nostre piccole rivincite. Azioniamo le nostre leve e ci costruia-mo il nostro vivere quotidiano, fatto di piccole cose, di quelle sfumature che costituiscono la vita di ogni giorno, senza nulla temere.

E così, dopo piccole polemicucce di strada che, ovvia-mente, nulla hanno a che fare col buongusto, noi assapo-riamo, assieme all’intera città di Palmi, la nostra piccola, tanto agognata rotonda di via Concordato. Un altro esem-pio di come le anime cittadine si uniscono e perseguen-do piccoli obiettivi, passo, passo, tracciano una strada maestra, costruita con lastroni di granito, indistruttibili, come quelle che i nostri antichi signori di Roma ci hanno lasciato in ricordo.

L’unione fa la forza, e chi si divide si autodistrugge! Questa è l’analogia tra una storia negativa (Bossi e le vicende della Lega Nord) ed un’altra positiva (la piccola rotonda di via Concordato). Lì dove si respirava aria di contrasto di pensiero (di comando, suggerisco io), lì dove i bossiani facevano guerra in famiglia coi maroniani, è caduta la pesante tegola del disonore. Qui, invece, dove l’aggregazione non respira pollini asmatici e non si lascia influenzare da pensieri avversi, si costruisce e si pone un’altra pietra d’angolo.

Facile a dirsi: Meglio noi che loro! Forse si, forse no, però questa piccola lezione servirà senz’altro da ammo-nimento, qualora ve ne fosse bisogno, ai Signori Barone, Boemi, Morgante e Trentinella (in rigoroso ordine alfa-betico).

Piccoli passi, veloci e decisi, toccata e fuga… una dopo l’altra, tante piccole cose migliorano la nostra vita e le piccole cose sono facili da farsi.

Le Associazioni Prometeus e Madreterra sono qui, pronte a qualsiasi richiamo. hanno ancora voglia di co-struire, di aiutare la città a crescere e continueranno a farlo al fianco di chiunque, dando atto, se ancora ce ne fosse bisogno, di non essere un nucleo solitario con sim-patie particolari, né politiche, né d’altro, ma un gruppo di persone che hanno sete solo di “fare”.

Dateci da fare e noi lo faremo!

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SOMMARIO

7 CARMELO LENTINO di Roberto Messina9 UN MONUMENTO ALL’OPEROSITA’ DEI PALMESI di Walter Cricrì10 LA ROTONDA… PROMETEUS di Saverio Petitto12 DOVE VOLANO GLI ADORNI di Giuseppe Cricrì14 IL SIGNIFICATO DELLA PASQUA di Carmela Gentile15 LA PREGHIERA DI UN ATEO: EMIL CIORAN di Chiara Ortuso17 PARCO GIOCHI – CONTINUANO LE DONAZIONI - di Saverio Petitto20 IL TENENTE DEI CARABINIERI DI PALMI E IL BRIGANTE M... di Giuseppe “Popine” Repaci22 IL DITO E LA LUNA di Nella Cannata23 THE THREE MUSKETEERS + UNA di Saverio Petitto24 MA VERAMENTE SI E’ FERMATO A EBOLI? di Giuseppe Isola26 A PALMI LA PRIMA ACCADEMIA DEL TERRITORIO PIANIG.... di Rocco Liberti28 IL CUORE DELLE RAGAZZE – PRIMA PARTE - di Cassiopea30 ECOPOLIS: UNA GUIDA A MISURA DI BAMBINO di Enza Spatola32 MANGIAMO CON LA TESTA di Walter Cricrì35 VOGLIA DI VITA (LA VITA E’ NELLE PICCOLE COSE) di Nella Cannata28 LA PARTITA DEL CUORE PER “MAMMA AFRICA” di Rocco Cadile39 EKUBA VOLLEY PALMI: MAGNIFICA REALTÀ di Rocco Cadile

MADRETERRA Palmi & Dintorni

REGISTRAZIONE AL TRIB. DI PALMI Nr. 1 / 2010

Anno III - Numero 28 - Aprile 2012 Direttore respons.: Francesco MassaraCoordinatore: Paolo Ventrice

Collaboratori di REDAZIONE di questo numero.

Saverio Petitto Walter CricrìCettina Angì Salvatore De FranciaNella Cannata Giuseppe Cricrì

Hanno collaborato per questo numero anche: Mimmo Zoccali, Salvatore De Francia, Bruno Vadalà,

Editore: Associazione Culturale MadreterrraSede Palmi-Via ss.18 km 485.30P.I. 02604200804Cod. Fisc. 91016680802Mobile-Paolo Ventrice 335 6996255e-mail: [email protected]

Progetto Grafico: Saverio Petitto-Walter Cricrì-Paolo VentriceImpaginazione grafica: Paolo Ventrice Progetto e cura sito web:S. De Francia-D. Galletta Stampa: AGM Calabria-Via Timpone Schifariello Zona P.I.P. II Traversa-87012 Castrovillari (Cs)

SE VUOI RILEGARE TUTTI I NUMERI DI MADRETERRA IN UN ELEGANTE VO-LUME, O IN DUE ANNUARI, CHIEDI IN-

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Settembre 2010: in quel nu-mero di Madre Terra appa-

riva il primo articolo della mia sporadica collaborazione con questo giornale. Quell’articolo era chiaramente ispirato da una questione forse di piccolo conto, ma che pareva a me di una cer-ta importanza, soprattutto per il suo valore simbolico che a essa attribuivo. Spero che mi sia per-donato se mi cito, ma è un modo per ringraziare a mio modo que-sto giornale per avere offerto una risposta alle mie parole di allora: «agli occhi di chi va via il tempo si misura nelle cose che cambia-no in propria assenza, ogni volta che si fa ritorno a casa. A far da controcanto agli interminabili ed estenuanti lavori della A3 che accompagnavano i miei viaggi, Palmi offriva una a suo modo rassicurante immobilità: la cifra di questa immutabilità, agli oc-chi ingenui di un ragazzino che frattanto è divenuto adulto, si è via via identificata con la rotonda di via Concordato, che ormai da anni è costituita da precari bidoni di plastica bianchi e rossi posti in cerchio, almeno fin quando folate di vento più decise non arrivino ad alterarne il profilo; da anni or-mai giungo a Palmi e l’interroga-tivo che sintetizza uno stato d’a-nimo è: “chissà se questa volta troverò una rotonda in muratura ed un’idonea segnaletica strada-le”; ed ogni volta le mie speranze di cambiamento, seppur minimo, vengono puntualmente deluse. Forse sbaglio, ma ai miei occhi Palmi è così, e ormai da anni: fer-ma, sospesa tra l’immutabile e il provvisorio.»

Ebbene, per la prima volta da anni, e lo dico con una dose mal-celata di entusiasmo, la mia im-pressione al ritorno al mio paese è stata diversa. Improvvisamente Palmi non è più così ferma, l’im-pressione – finalmente – è che qualcosa è cambiato. Uscendo dall’autostrada si incontra una prima rotonda, proseguendo se ne incontra una seconda in via di realizzazione, al Trodio si in-travedono i profili di una terza e in via Concordato, incredibile dictu!, si vede infine una roton-da vera, in muratura, con tanto di ornamenti floreali e pietre da molitura installate in cima a mo’ di monumento. è vero, occorre ammettere che forse alcune di queste opere avrebbero potute essere realizzate meglio, tan-to con riferimento al profilo che all’inclinazione del piano strada-le, e soprattutto con riferimento alla rotonda dello svincolo da non esperto mi domando se l’attuale conformazione non possa presen-tare profili di rischio. Ma tutto è migliorabile, e la questione non è ora dunque se domani potrem-mo avere qualcosa di meglio di quanto abbiamo oggi, ma piutto-sto se quello che siamo riusciti a fare oggi non sia meglio di quanto

“METODO S. ROCCO” A PALAZZO S. NICOLA?avevamo ieri.

Questo non vuol dire che è ve-nuto il momento di celebrarsi e attardarsi ad ammirare quanto è stato fatto: piuttosto è il segnale che forse sta iniziando a sboc-ciare un nuovo spirito civico che può portare alla realizzazione, tra errori e ingenuità certamen-te rimediabili, di passi concreti in direzione di una città migliore, a beneficio di tutti. Questo giorna-le e le associazioni coinvolte, a partire dalla realizzazione della fonte di S. Rocco, hanno offerto nel volgere di pochi anni luoghi di elaborazione del dibattito pub-blico e un metodo per tradurre la progettualità e le energie presen-ti nella società palmese in con-tributi fattivi al progresso della nostra città. Questo metodo, che dalla prima opera a me pia-ce chiamare “metodo S. Rocco”, vuole che i cittadini in primo luo-go discutano di possibili progetti di miglioramento della città, tro-vino nell’amministrazione comu-nale un interlocutore cooperativo e disponibile, ma provvedano essi stessi, in maniera coordinata, a realizzare quelle opere che sono necessarie all’avanzamento della città, anche in assenza di risor-se “pubbliche”. Lo spirito rivolu-zionario, per la nostra terra, di questo metodo, sta proprio in questo: le forze positive e pro-positive della città iniziano a non chiedersi più cosa la città possa fare per loro, ma cosa loro possa-no fare per la città, e in uno spi-rito di nuovo civismo sempre più membri della nostra comunità sono pronti a rimboccarsi le ma-niche e a dare il proprio contribu-to, secondo le proprie possibilità, per realizzare questo percorso di avanzamento.

La novità “rivoluzionaria” di questo metodo va sottolineata perché può rappresentare l’al-ba di un cambiamento autentico per la nostra società. è un cam-biamento di mentalità che può rivelarsi epocale: troppo a lungo finora una cultura “assistenziale” è stata dominante. A lungo si è ritenuto che “lo Stato” dovesse disegnare lo sviluppo del territo-rio e in una certa misura dell’esi-stenza di ciascuno di noi, provve-dendo non solo alla realizzazione delle opere pubbliche, ma persi-no alla creazione dello sviluppo economico e, in ultima istanza, a fornire posti di lavoro. Questo modello di sviluppo, che è stato possibile e in una certa misura necessario in una fase storica del mezzogiorno, è venuto meno con la crisi fiscale dello Stato e la re-lativa diminuzione delle risorse pubbliche, fenomeno che ha inte-ressato tutte le economie avan-zate a partire dagli anni 70, e che in Italia si è tradotta anche nella conseguente affermazione di mo-vimenti “settentrionalistici” che hanno reclamato svolte federali-ste primariamente per diminuire l’importo delle risorse trasferi-te al Sud. Queste svolte epocali hanno messo il Sud in ginocchio

per almeno due decenni, e c’era e c’è una sola via d’uscita possi-bile per il Sud: quella di rialzarsi da solo, con le proprie forze.

La realizzazione di esperienze fondate su un “metodo” che si basi primariamente sull’uso au-tonomo di risorse proprie piut-tosto che su aiuti esterni, non deve essere limitato alla sola realizzazione di manufatti ur-bani e opere di pubblica utilità, ma può rappresentare un volano per lo sviluppo economico. Tanti giovani che si avvicinano a que-ste esperienze di civismo attivo apprendono infatti che è possibi-le realizzare con i propri sforzi, “da soli” opere concrete, senza attendere aiuti esterni. Se que-sto vale per le opere pubbliche vale a maggior ragione per le attività private: in altre parole queste iniziative possono essere non solo palestre di civismo ma anche di imprenditorialità, che facciano comprendere ai nostri giovani che fare impresa, creare ricchezza sul nostro territorio è possibile.

Questo non vuol dire che il ruo-lo dell’amministrazione pubblica, ad esempio di quella comunale, debba essere relegato in secondo piano, anzi: al Comune spetta un indispensabile e ancor più pre-zioso ruolo di guida della comuni-tà nel percorso che questa dovrà effettuare per individuare le pro-prie vocazioni e assecondarle. Il ruolo essenziale dell’autorità pubblica quale guida dello svilup-po economico di un territorio è stato ampiamente studiato nella letteratura economica (si pensi agli studi di hausmann e Rodrik dell’Università di harvard): in primo luogo spetta ad essa la guida dei privati nella scoper-ta del costo reale di un’ini-ziativa privata e dei possibili “percorsi di specializzazio-ne”, e quindi evitare che successivamente un nume-ro di iniziative troppo ele-vato e disorganizzato – un eccesso di entusiasmo, se vogliamo – possa condurre a una dispersione ineffi-cace delle energie dispo-nibili.

Per assecondare questo processo abbiamo bisogno di persone che sappiano assecon-dare questo cambiamento, e si facciano garanti, da Palazzo S. Nicola, della corretta applicazio-ne del “metodo S. Rocco”. Per questo abbiamo bisogno di ammi-nistratori nuovi, non tanto (o non solo) in termini anagrafici, quanto piuttosto in termini di lontananza da un certo modo di fare politica che ha imprigionato le energie di Palmi troppo a lungo. C’è bisogno di persone che sappiano mette-re la propria onestà, la propria integrità morale e le proprie capacità amministrative al servizio della comuni-tà, sapendo accettare con l’umiltà necessaria che il compito è quello di condur-re in modo dinamico un cam-

biamento in atto, piuttosto che imporre un’idea vecchia della città, quale statica riproposizio-ne dei rapporti di forza esistenti.

In questo processo il ruolo fon-damentale spetterà tuttavia non tanto agli amministratori, quanto ai cittadini, alla società civile, e due volte: al momento della scel-ta, ma soprattutto dopo le elezio-ni, che non vanno intese, come spesso in passato, quale delega delle responsabilità della gestio-ne cittadina. I cittadini dovranno piuttosto continuare a svolgere un ruolo attivo e continuo di pro-posta e controllo dell’attività am-ministrativa, continuando a sfrut-tare e perfezionare il “metodo S. Rocco”. A noi tocca interloquire quotidianamente con l’ammini-strazione, e in primo luogo at-traverso gli strumenti di pubblico dibattito disponibili continuare a proporre progetti che possano essere elevati a una visione or-ganica della Palmi che vogliamo. L’auspicio è che già a partire dal prossimo numero in tanti propon-gano sulle pagine di questo gior-nale l’idea della Palmi che imma-ginano, e che inizi un dibattito collettivo, che possa essere un contributo fattivo ai prossimi am-ministratori e all’intera comunità nello sviluppo di un nuovo model-lo di sviluppo per Palmi.

di Antonio Luca Riso

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ha appena trentuno anni, ma un curriculum già di tutto

rispetto, frutto di evidente pas-sione, determinazione, e di un impegno speso in una convinta direzione: le nuove generazioni. Impegno che ha direttamente e “personalmente” riconosciuto lo stesso premier Monti, apprezzan-do e citando in più di un discorso il ruolo del Forum Nazionale Gio-vani e quello di Carmelo Lentino.

Nato a Palmi, residente da tem-po a Trento, Carmelo Lentino è un giovane dinamico e versatile che vanta diverse esperienze in significativi ruoli amministrativi, anche se si occupa di comunica-zione e marketing e da giornali-sta pubblicista dirige la testata online “it.aliapress” e quella cartacea “Proposta”. E’ stato ora nominato Segretario Nazionale di A.I.G., l’Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù, stori-co sodalizio culturale e sociale italiano che oggi rappresenta nel nostro Paese, di fatto, la più grande catena di ricettività, con oltre 110 ostelli, circa 800.000 pernottamenti complessivi e ol-tre 40.000 associati.

Lentino giunge a questo presti-gioso e comunque complesso in-carico, dopo un anno di apprez-

Il nuovo Segretario Nazionale dell’Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù (A.I.G.), è originario di Palmi. Curriculum d’eccezione, è tra i fondatori del Forum Nazionale Giovani, la grande piattaforma

che raggruppa 82 organizzazioni giovanili.zato impegno a tutto campo in A.I.G., anche in quanto presiden-te di A.I.G. Trentino. Un periodo in cui si è fatto apprezzare per le sue qualità professionali, la sua eccezionale capacità relazionale, e in vari progetti che hanno visto A.I.G. affiancare il Dipartimen-to della Gioventù e il Forum dei Giovani in “Meraviglia italiana”, iniziativa di valorizzazione dei beni nazionali attraverso libere selezioni dei giovani e in “Youth Talent”, per la promozione dei giovani talenti.

Gran fan del calcio, Lentino pratica con altrettanta dedizione l’attività di arbitro (è vicepre-sidente della Sezione A.I.A. di Trento e coordinatore di redazio-ne della rivista nazionale “L’Arbi-tro”).

Crede nella forza dell’associa-zionismo e nella possibilità, cre-atività, entusiasmo dei giovani. Ed è per questo, che porta avanti con convinzione progetti per ga-rantire e favorire la crescita per-sonale e l’integrazione delle nuo-ve generazioni nel nostro Paese.

Nel 2000 è, non a caso, tra i promotori di “Progetto Universi-tà”. L’anno successivo, tra i fon-datori di “Nettuno-Studenti per l’Università”, di cui è vicepresi-dente con delega alle Relazioni esterne. Poi è tra i costituenti del movimento politico “Giovani Insieme” (nato nel 2002, di cui è

Segretario politico, e per il quale ha promosso un disegno di legge per sostenere partecipazione, rappresentanza e attività dei gio-vani nella società).

Nel 2004 è tra i fondatori del citato “Forum Nazionale dei Gio-vani”, la grande piattaforma na-zionale di organizzazioni giovanili italiane, con 82 sigle al suo inter-no e una rappresentanza di ben 4 milioni di giovani. Lentino, ne è prima Presidente della Commis-sione Affari Istituzionali, ed ora membro del Consiglio Direttivo e Responsabile di Cultura, Turismo, Riforme e Attività Legislativa.

Ma non finisce qui. Direttore Generale di “AssoGiovani” dal 2004 e dal 2006, è coordinatore nazionale e portavoce della Cam-pagna sulla sicurezza stradale “BastaUnAttimo”.

“Conosco l’A.I.G. da qualche anno e mi accosto al ruolo che mi è stato assegnato con la respon-sabilità dovuta, ma anche con il gusto della scommessa - afferma Lentino - L’Italia è territorio vo-cato al turismo, ma per gli Ostelli della Gioventù lo sviluppo potreb-be essere più forte. La mia sfida, assieme al Presidente di A.I.G. Anita Baldi, al vicepresidente, Filippo Capellupo, mio conterra-neo, ai componenti di Giunta e Comitato nazionale, al personale tutto, sarà dare nuova centralità’ e nuovo ruolo formativo e cultu-

rale al progetto Ostelli”. Un Ostello è anche occasione

di sviluppo culturale, sociale ed economico per il territorio. Cosa serve alla “filosofia” di A.I.G. per soddisfare le esigenze del turista del terzo millennio?

“Una visione ancora più moder-na dell’Ostello, che si accosti allo standard di qualità che le giovani generazioni ‘pretendono’. Ci sono diversi progetti per l’adeguamen-to qualitativo delle strutture. Una nuova, fondamentale, è far conoscere gli Ostelli attraverso i neonati Laboratori culturali: veri centri di aggregazione intorno alla musica, al teatro, al giorna-lismo, all’arte. Accostarsi, insom-ma, ai giovani, parlando il loro linguaggio…”

Da dove nasce questo bisogno di agire e contribuire a “ridefini-re” le nuove generazioni?

“Se si desidera attuare un cam-biamento, è indispensabile spen-dersi in prima persona. Nel Fo-rum Nazionale ed in A.I.G. è forte la volontà di dar voce, mettere a sistema la rete di rapporti, essere promotori degli interessi giova-nili presso Governo, Parlamento, Istituzioni sociali ed economiche, Società civile. Crescita personale, mobilità, formazione e integra-zione dei giovani, rappresentano la sfida decisiva per garantire ef-fettiva qualità sociale e democra-zia nel nostro Paese”.

di Roberto Messina

Carmelo LentinoLa passione dei giovani, per il futuro del Paese

Fonte - Gazzetta del Sud

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di Walter Cricrì

Ormai qualche mese fa, ci è stato proposto, dopo varie

vicissitudini, di occuparci dell’al-lestimento della rotonda (sparti-traffico) in argomento. Al di là delle specifiche tecniche, dettate dall’Ufficio Tecnico del Comune di Palmi, regolate dal Codice della Strada, il nostro intento si è rivol-to, come per altre ormai reiterate occasioni, a trovare un’altra oppor-tunità di coinvolgimento popolare, capace di rappresentare, come adeguata metafora, ancora una volta i principi della nostra Palmi e della PROMETEUS in primis.

Consapevolmente o no, ognuno di noi ricorre all’uso dei simboli; i simboli fanno parte della nostra vita, dei nostri gesti più comuni, del nostro linguaggio, dei nostri sogni e delle nostre azioni.

Il cuore pulsante del Prometeo che alberga in ognuno di noi ha cercato d’immaginare quale ogget-to avrebbe potuto simboleggiare al meglio la nostra Comunità.

Dopo varie proposte, si è scelto di optare sulle macine molitorie di un vecchio frantoio palmese (vedi specifico articolo, pag. 22 e 23 del precedente n°27 di MadreTerra).

La pietra spesso costituiva la sola materia prima utilizzabile per fabbricare parti essenziali dei frantoi: le vasche (squeddhe), le macine e molte basi di pressa; e con queste pietre, che da oggi rap-presenteranno un altro monumen-to alla laboriosità palmese, un se-reno esercizio intellettuale, spesso instillato da modi di dire dialettali, ha ispirato un fil rouge di simbo-logie che avvolge questo vetusto strumento di lavoro, costruito ed utilizzato da padri che pensavano alle necessità dei figli.

Ruote di pietra. In generale, la ruota è correlata alla perfezione

UN MONUMENTOALL’OPEROSITà DEI PALMESI

La ruota gira per tutti... se è quella di un frantoio ancora meglio! Era l’augurio che ogni frantoiano faceva a se stesso

del cerchio, spesso riferita al mon-do del divenire, della creazione continua, al ciclo delle notti e dei giorni, della contingenza e del perituro. Raffigura il succedersi delle nascite e delle morti nel gran giro del cosmo.

Pietra che rotola non fa mu-schio. Quale pietra migliore per rappresentare l’operosità delle generazioni passate..! Tra l’altro una pietra unta da un olio pregia-to come quello delle nostre olive, frutto di piante secolari, che han-no contribuito alla “ricchezza” del nostro territorio, quale dote delle giovani promesse spose; alimento pregiato di una cucina semplice ma completata dai suoi compo-nenti, essenziali per la nostra ali-mentazione mediterranea; che ha contribuito ad illuminare le lunghe ore di buio agli illustri studiosi pal-mesi, servendo quale olio lampan-te (per le lampade);

Giri e rivoti comu nu ciucciu ntò trappitu. La voglia e la ca-parbietà di portare a termine un lavoro pesante come le ruote di pietra del frantoio, con tutta la dignità di un asinello, indirizzato dal paleri (conduttore degli asi-ni o dei buoi che un tempo, nella macinazione delle olive, facevano girare le macine). Caratteristica che ormai da qualche tempo con-traddistingue la nostra filosofia e di tutti quelli che in vario modo ci

affiancano.Cu vai ntò trappitu s’intrap-

pa. La consapevolezza e l’accet-tazione di doversi “sporcare” le mani per poter operare; pronti a rimboccarsi le maniche, anche in attività estemporanee e non sem-pre congeniali alle proprie compe-tenze.

L’acqua passata no movi lu trappitu. Sempre disposti a non recriminare sul passato per avere la forza di guardare avanti. Nuovi impegni, nuovi amici, nuovi pro-getti, nuove Amministrazioni ci vedranno operare al loro fianco, sia se lo vorranno che se lo vorrà la gente palmese.

L’ogghju i supa, u vinu d’u menzu e u meli d’u fundu. L’olio di sopra, il vino dal centro, il mie-le dal fondo; per ogni prodotto va individuata e scelta la parte più pregiata, in analoga maniera cer-chiamo di scegliere valorizzando tutto ciò che di buono esprime il nostro territorio e la nostra so-cietà, adeguando di volta in volta l’attenzione e le risorse a ciò che è meritorio.

S’ind’iu l’ogghju. E quando si ha la consapevolezza che le condizio-ni favorevoli sono sfumate (Lett. L’olio è consumato), non sarà la rassegnazione a prendere l’avven-to ma la volontà di trovare valide alternative, ad accendere l’inge-gno.

La Fortuna è una ruota che gira. Sarà la volta buona? Ancora oggi nei detti popolari è una frase che si ripete: sarà, almeno per noi, un buon auspicio per Palmi e per i palmesi, per tutti quegli uomini di buona volontà alla ricerca di un la-voro e, specialmente, per quei la-voratori che con i denti cercano di mantenerlo, raccomandandoci agli Enti ed alle Istituzioni affinché si mettano una mano sul cuore.

Calabria

...voi ulivi cari ulividella mia terra…

Vanto del popolo bruzioche vi zappò potò chiese l’olio

per riempire la lucernao insaporire la frisa di

granturco…voi ulivi cari ulivi

della mia terra, alti e silenziosi spettatori delle varie tirannie

cadute su di noi,...anche voi ulivi

soffriste di non rompere la grigiapietra che vi teneva incatenati…

(Tratto da “Poemetti Civili”

di Leonida Repaci – Cartia Editore – 1973)

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LA ROTONDA... PROMETEUS

Sette lunghi anni sono passati prima della realizzazione di questa rotonda. Punto strategico della nostra città, “biglietto da visita” per tutti coloro che arrivano a Palmi, per lungo tempo rappresentato da un accumulo di plastica in balia delle intemperie che ne modifi-

cava continuamente i connotati. Ma la determinazione e il grande attaccamento che la nostra associazione nutre per Palmi, l’ha spazzata via in pochi giorni, sostituendola con una rotatoria semplice, sobria ma dal profondo significato; un simbolo che rappresenta il mondo del lavoro, un mondo fatto di sacrifici, sudore e impegno che, in questo momento, risente fortemente della grave crisi economica, anche nella nostra cittadina: le Macine di pietra, donate all’associazione “Prometeus” da Giuseppe Ortuso e dalla signora M.Concetta Panzera, genitori del nostro socio Rocco Ortuso, emblemi di laboriosità, motori trainanti dell’economia per Palmi e l’intera Piana. Giovedì 5 aprile alle ore 11.00, alla presenza di tutte le autorità militari e civili, dei quattro candidati a Sindaco della citta’ di Palmi, del segretario comunale Dott.ssa Caterina Romanò, Il Commissario Prefettizio di Palmi, Dott.ssa Antonia Bellomo insieme al Sig. Giuseppe Ortuso, ha proceduto al taglio del nastro, inaugurando, così, ufficialmente questa nuova struttura della città. Grande è stato il lavoro svolto dalle maestranze, che sotto la rigida regia dei direttori dei lavori, Pasquale Frisina e Salvatore De Francia, in pochi giorni e, gratuitamente, hanno realizzato un piccolo gioiello, che ha voluto essere il nostro regalo di Pasqua per la gente di Palmi, che ci sostiene generosamente in ogni occasione. Un grazie a tutti i soci che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera, in particolare al socio TONINO ORLANDO che ha messo a disposizione tutte le maestranze per tanti giorni, e come sempre, gratuitamente. In questa occasione non possiamo non ricordare il sostegno incessante e af-fettuoso del Comandante dei Vigili Urbani, Dott. Francesco Managò e di tutto il suo entourage, composto da gente laboriosa come, Saverio Cannistra’ e Peppe Andidari, la collaborazione tecnica di Antonello Scarfone e Franco Gaglioti, dell’Ufficio Tecnico del Comune di Palmi, e l’intuizione iniziale, determinante, avuta da Maria Rosa Garipoli. Grazie, con affetto, a tutte le persone che hanno lavorato e fornito gra-tuitamente i materiali (vedi elenco nella pagina a fianco).

Adesso che il sipario e’ calato, rimane la solita nostalgia della “vita di cantiere”, con le sue dinamiche, le passioni, le discussioni, che cimentano sempre più un’amicizia vera ed autentica, nata e cresciuta in tutte queste occasioni. Ma, poi, nemmeno il tempo di pensare e rilassarsi, che occorre prepararsi già ad una nuova avventura che ci porterà, prima dell’estate, alla realizzazione del Parco Giochi per i nostri bambini che sta riscuotendo tra la gente un successo senza precedenti, quindi...

AL LAVORO RAGAZZI! Saverio Petitto

La rotonda di piazzale Concordato, simbolo di armonia e compiutezza.

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LA ROTONDA... PROMETEUS

CONTO ECONOMICO LAVORI ROTONDA:

COSTI: RICAVI:

BLOCCHI CEMENTO …….. 393.55 SPONSOR: 1.700,00

MATERIALE ELETTRICO….106.00

TABELLONISTICA /

INSEGNE /BANNER/

SEGNALETICA/FARI….…1.144,66

ALTRO………………………… 150.00

TOTALE COSTI………1.794,21

TOTALE RICAVI 1.700,00

DEFICIT BILANCIO 94,21

CELESTINO CRISAFULLI (fornitura ed installazione del prato)

DAVIDE GRASSO (impianto idrico e fornitura materiali)

GUIDO GALLETTA (fornitura pittura)

DOMENICO CILONA (trasporto e fornitura terra)

PINO CILONA (lavoro di sabbiatura delle pietre)

FRANCO PARDEO (lavoro nel cantiere)

LELLO ARCURI (montaggi e lavori vari)

SANTO FORTUGNO (lavoro di pitturazione pietre)

MIMMO CANNISTRA’ (lavoro di pitturazione pietre)

FRANCESCO CERAVOLO (lavoro di pitturazione parte cementizia)

ANTONIO FOTIA (aiuto lavori idraulica)

ORAZIO BARBERA (lavori di impianto elettrico)

LUIGI SCARFONE (lavori di impianto elettrico)

LUIGI CONDELLO (lavori di impianto elettrico)

DINO FRACCALVIERI (lavori di impianto elettrico)

FRANCESCO SALVO (lavori di impianto elettrico)

PASQUALE ZIRINO (fornitura omaggi floreali)

VINCENZO SOLANO (fornitura di parte del materiale elettrico)

Il prato della rotonda sara’ curato permanentemente dalle ditte:MAMALU’ SNC di Marianna Previtera e Gaetano FortugnoZIRINO FIORI di Giuseppe e Pasqualino Zirino.

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di Giuseppe Cricrì

Ero ancora un bimbetto quan-do nonno Peppino mi portò

per la prima volta giù alla Mot-ta, a vedere lo spettacolo della “ passa “ degli adorni. Era maggio e questo evento era atteso con impazienza dei cacciatori che al-lora, ancora appostati fra le bal-ze del Tracciolino, consideravano questi splendidi uccelli, una pre-da ambita da insidiare. Oggi i fal-chi pecchiaioli, (Pernis Apivorus, questo è il loro nome scientifico), non sono più, per fortuna, presi di mira dalle doppiette, oramai padroni di librarsi su quel confine stupendo, fra monte e mare, che coincide con la Costa Viola, con-tinuano a farsi ammirare da chi,

a terra, invidia le loro evoluzioni aviatorie.

Essi continuano a preferire, fra le rotte possibili, quella che attraversa lo stretto di Messina, per poi sorvolare l’incantevole Costa Calabra, con le sue magi-che marine, con le sue pietraie a strapiombo sul Tirreno, con i suoi boschi di elci e castagni, di fichi d’india e ginestre, con i suoi superbi panorami impreziositi da orizzonti spruzzati di isole e mito.

Il fascino del volo libero sin d’allora sedusse il mio spirito.

Avrei voluto imitare quegli uc-celli e più volte mi capitò di so-gnare di rinascere, in una pros-sima vita, come loro, in un nido di paglia e di piume. Immaginavo questa del volo libero come una

impresa impossibile agli umani, realizzata solo nella saga egeo cretese, da chi, come Dedalo ed Icaro, fu pronto ad assaggiare l’a-ria con ali di cera, rischiando la vita per toccare il cielo.

Mai avrei immaginato, che nel breve volgere di qualche decen-nio dalla mia infanzia, la tecno-logia mi avrebbe consentito di realizzare quel sogno impossibi-le. Oggi posso affermarlo, si, ho volato, senza motori, sfruttando la sola forza del vento.

Questa mia avventura è ini-ziata a Letoianni, nei paraggi di Taormina, in Sicilia dove ho avu-to l’opportunità di conseguire il brevetto, avvalendomi degli insegnamenti preziosi di un ma-estro come Riccardo Cucinotta, ma anche di quell’uomo straor-

dinario che si chiamava Angelo D’Arrigo.

Poi il volo vicino Palmi con-quistò tutto il mio tempo libero. Dieci minuti di macchina appena separano la mia casa da uno dei due decolli, a Bagnara, presso il bosco di castagni che sovrasta il viadotto Cacciapuiu, con le sue due corsie dell’Autostrada del Sole che come un infinito ser-pentone entrano ed escono dal-le viscere della montagna, fino a sparire lontano sotto il Pilone, lì, oltre lo Stretto.

Le esperienze di volo a vela possono essere comprese appie-no solo da chi ha avuto, almeno una volta nella vita, l’opportuni-tà e la fortuna di poter praticare questo sport, magari anche da passeggero, in un biposto.

Dove volano gli adorni

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Giunti al decollo si toglie la vela dal sacco, e la si stende sull’erba, poi ci si prepara con una liturgia speciale alla vestizione. Tuta, ca-sco, stivaletti, variometro (stru-mento che indica visivamente e acusticamente la velocità di sa-lita e discesa.) e poi l’imbrago.

Siamo pronti, si attende con lo sguardo rivolto alla manica a vento l’alito buono, lo spiffero giusto, quello che gonfiando le centine fruscianti della vela tra-sforma una stoffa ammosciata in un vero e proprio profilo alare.

Quindi la spinta sulle bretel-le, poi il gonfiaggio, un controllo veloce, una piccola trazione dei comandi, una breve corsetta ver-so il precipizio et voilà, siamo in cielo.

Kevlar, Dynema e Ripstop sono gli strani nomi dei materiali ai quali è appesa la nostra vita.

Sono il frutto di una tecnolo-gia senza frontiere, intrapresa persino nello spazio, dalla Nasa, nell’ambito della ricerca dei ma-teriali adatti ad imprese estre-me.

Ora il cielo davanti al decollo è trapuntato di ragazzi agganciati a quelle ali, uno stormo umano che si gode la conquista dell’aria.

Lassù i rumori della terra sono prima ovattati, poi salendo spa-riscono, coperti soltanto da quel borbottìo del vento che impatta la vela, forse il sussurro di Dio.

Volando in dinamica si sfrutta quella invisibile onda di brezza calda che provenendo dal mare risale il pendio intiepidito dal sole del meriggio. Noi piloti “ surfan-do “su e giù, lungo il bordo della montagna, proviamo a galleggiare facendo la spola proprio sul nastro nero dell’autostrada, fino a sorvo-lare il Ponte di Bagnara, i più arditi come mio fratello Fausto, a volte si spingono oltre Scilla, raggiungen-do e doppiando anche il Pilone. L’altra tecnica che consente al pa-rapendista la permanenza nell’e-lemento aria, è il volo in termi-ca.

Le termiche, autentico carbu-rante per chi vola a vela, sono vere e proprie bolle di aria calda che si staccano da tutto ciò che a terra è scaldato o arroventato dal sole. Queste bolle invisibili diven-tano veri e propri zampilli di aria calda, quasi colonne che salgono in cielo, tanto più velocemente quanto più è grande la differenza di temperatura con l’aria fresca che le circonda.

Il bravo pilota allora deve saper-le trovare, e una volta centrate deve essere abile a restarci den-tro, proprio come fanno gli adorni quando fanno l’olea, roteando in spire concentriche, in una giostra aerea che li fa salire in alto, a vol-te fin dentro le nubi.

Sovente sono proprio loro, gli uccelli, che ci svelano i segreti di una termica nascosta, è seguen-do loro infatti che spesso si trova quella scorciatoia per il cielo che ci consente di stare per più tem-po vicino alle nuvole.

Così ci ritroviamo, tutti as-sieme, a far festa nel cielo, con caroselli di queste vele colorate, figlie del leonardesco ingegno, a roteare sul mare della costa Vio-la, chiamandoci, sfottendoci, rin-

correndoci come adorni felici. Nino sfida Tino a fare virate più

strette,, Antonio vola più in là, verso il ponte, controlla dall’al-to la sua vigna fatta di terrazza-menti a pettu i palumba. Cerco i miei fratelli e li trovo più in alto, Walter scatta fotografie, Fau-sto, stanco di pilotare tranquilli biposti turistici per passeggeri sbalorditi, adesso è impegnato in una delle sue solite imprese acro-batiche, spirali, stalli e wingover condivise con Raoul Blasi, ardito pilota di Canadair che oggi non ha incendi da domare e con quel gagliardo uccellaccio di Claudio, mai stanco di andare su e giù, neppure con gli ascensori che ri-para tutti i giorni. Friz plana tran-quillo sul mare, inseguito a ruota da Maurizio, anche lui sazio e ap-pagato di volo. A volte qualcuno di noi, mentre plana intona…Vo-olare, oh oh; e qualcun altro più in la risponde: caantare ho ho ho ho; per poi concludere in coro: nel blu dipinto di blu!!!

Quando il sole sta per guada-

gnare il suo giaciglio nel mare, tramontando dietro l’arcipelago Eoliano, anche per noi è ora di ritornare con i piedi per terra e allora compiendo grandi virate sul mare ci accingiamo a perde-re quota cercando con gli occhi la manica a vento sulla spiaggia di Bagnara, che ci segnali il luogo migliore dove atterrare per poi ripiegare la vela, e finalmente gustare uno di quei deliziosi gela-ti che, come i dolcieri bagnaroti, pochi altri sanno fare al mondo.

Ci si siede nei tavolini all’aper-to, al bar del corso, da Minutolo, a commentare e fare progetti per i prossimi voli, ci si scambiano opi-nioni, informazioni, emozioni.

La serata finisce per tutti al Puerto Niño, dove con musica giusta e calde atmosfere medi-terranee, qualcuno chiede spa-ghetti, qualche altro pesce alla griglia, ma i più si accontentano di un’ottima pizza fumante e una birra ghiacciata, mentre fuori il crepuscolo già scende sul mare e tutto colora d’inchiostro.

Solo la Torre Ruggiero, lì davan-ti emerge dal buio, incoronata da un fascio di luce, superba, a se-gnare come un faro nella notte la strada sicura fra le tante insidio-se rotte saracene.

La giornata è finita, ci salutia-mo e ritorniamo a casa, stanchi ma entusiasti.

A volte di notte ripenso a quel volo, lo rivivo nel sogno, e mi ri-vedo in quel cielo di Bagnara.

Quante volte mentre mi libro leggero su quei monumenti na-turali fatti di roccia e foreste, in quegli effluvi salini di origano e fior di castagno, su quel mare dai riflessi che virano, nei pomerig-gi estivi, dai toni cobalto fino a un viola carico di suggestione e mistero, quante volte mi pare di risentirlo vicino al mio fianco, il nonno Peppino, volare con le sue invisibili ali da angelo, con quello stesso gusto infantile che ci face-va scoprire gli adorni, nel cielo della Motta e ci vedeva giocare insieme, nonno e nipotino, solo qualche decennio fa.

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di Carmela Gentile

La Pasqua è la principale fe-stività del cristianesimo. Il

termine Pasqua deriva dall’ara-maico “Pesach” e significa “pas-sare oltre”. La Pasqua ebraica celebra il passaggio del popolo dalla schiavitù dell’Egitto alla li-berazione ad opera di Mosè che condusse gli Ebrei attraverso il Mar Rosso verso la Terra Pro-messa; ma rammenta anche un altro episodio biblico: quello del-la Decima Piaga, nel quale il Si-

gnore vide il sangue dell’agnello sulle porte delle case di Israele e “passò oltre”, colpendo solo i primogeniti maschi degli egiziani, compreso il figlio del faraone.

Durante la festa gli Ebrei devo-no astenersi dal consumare pane lievitato e sostituirlo con il pane azzimo, come quello che consu-mò il popolo ebraico durante la fuga dall’Egitto; per questo moti-vo la Pasqua ebraica è detta an-che ‘festa degli azzimi’. La tradi-zione ebraica ortodossa prescrive inoltre che, durante la Pasqua, i pasti siano preparati e serviti

usando stoviglie riservate stret-tamente a questa ricorrenza.

La Pasqua cristiana celebra la risurrezione di Gesù che, secon-do le Scritture, è avvenuta nel terzo giorno successivo alla sua morte in croce. Per i Cristiani anche tale evento rappresenta metaforicamente un “passare ol-tre”, un passaggio dalla schiavitù del peccato originale, alla libera-zione ad opera del Figlio di Dio che sacrificò sé stesso sulla croce per redimere i peccati degli uo-mini, ma il terzo giorno risuscitò sconfiggendo la morte. Essa per-

tanto rappresenta per tutti i cri-stiani il passaggio a nuova vita. La Pasqua cristiana è quindi la chiave interpretativa della nuo-va alleanza, concentrando in sé il significato del mistero messia-nico di Gesù e collegandolo alla Pesach dell’Esodo.

Perciò, la Pasqua cristiana è detta Pasqua di risurrezione, mentre quella ebraica è Pasqua di liberazione dalla schiavitù d’E-gitto.

Dal punto di vista teologico, la Pasqua racchiude quindi in sé tutto il mistero cristiano: con la Passione, Cristo si è immolato per l›uomo, liberandolo dal pec-cato originale e riscattando la sua natura ormai corrotta, per-mettendogli quindi di passare dai vizi alla virtù; con la risurrezione ha vinto sul mondo e sulla mor-te, mostrando all›uomo il proprio destino, cioè la risurrezione nel Giorno Finale, ma anche il risve-glio alla vera vita. La Pasqua si completa con l›attesa della Paru-sia, la seconda venuta, che por-terà a compimento le Scritture.

I cristiani hanno trasferito i significati della Pasqua ebraica nella nuova Pasqua cristiana, seppur con cambiamenti, che le hanno dato un volto nuovo. Le Scritture hanno infatti un ruolo centrale negli eventi pasquali: Gesù, secondo quanto ci è stato tramandato nei Vangeli, è morto in croce nei giorni in cui ricorre-va la festa ebraica; questo even-to venne visto dai primi cristiani come la realizzazione di quanto era stato profetizzato sul Messia.

L’accento si pone dunque sull’a-dempimento delle Scritture, per cui i giudeo-cristiani, seppur con-tinuando, a festeggiare la Pasqua ebraica, dovettero immediata-mente spogliarla del significato di attesa messianica, superare il ricordo dell’Esodo e rivestirla di nuovo significato, cioè la seconda venuta di Cristo ed il ricordo del-la Passione e risurrezione.

Il passaggio sembra essere chiaramente avvertito già da Pa-olo, quando, nella prima lettera ai Corinzi, scrive: «Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E in-fatti Cristo, nostra Pasqua, è sta-to immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, ma con azzimi di sincerità e ve-rità» (1 Corinzi, 5,7-8). Alla Pa-squa settimanale, la domenica, si aggiunse quindi anche la Pasqua annuale, il giorno più importante dell’anno, celebrato dai discepo-li con la consapevolezza sempre più forte di aver istituito una fe-sta nuova con nuovi significati.

La festa della Pasqua cristiana è mobile, viene fissata di anno in

“La Risurrezione” di Raffaello

IL SIGNIFICATO DELLA

PASQUA

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di Chiara Ortuso

Amo il pensiero schietto, quello che provoca uno squarcio interiore, quello che spacca la riflessione, quello che riporta alle origini del

mondo, dell’io, del sé. È per tale motivo che ammiro quei filosofi che, lungi dal creare un sistema, un circolo chiuso in cui rimanere vittima delle proprie contraddizioni, dei pregiudizi connaturati nell’umana specie, scri-vono, oserei dire “pensano”,per aforismi. Questa breve forma letteraria è in grado di comunicare, nella sua aridità e concisione, ciò che innume-revoli pagine spesso non riescono a rivelare. Da qui il fascino che in me suscita Emil Cioran, filosofo rumeno ossessionato dall’insonnia, costretto a scrivere durante le ore notturne per non diventare preda della follia. Con brutalità e delicatezza, con frasi che hanno ogni volta un filo perfet-tamente tagliente, egli vaga intorno agli stati che definiscono l’uomo:

“Scuotere la gente, svegliarla dal suo sonno, pur sapendo di commet-tere in tal modo un crimine e che sarebbe mille volte meglio lasciarla perseverare, poiché comunque, quando la si sveglia, non si ha nulla da proporle”(Cioran).

Compito di ogni pensatore è, dunque, quello di svegliare le coscienze anche se la realtà non offre alcun rimedio palpabile contro il dram-ma esistenziale di chi è “gettato” nel mondo senza potervi rinunciare, sospeso e immerso in un nulla originario. La stessa Divinità, ben lon-tano dall’essere buona e misericordiosa secondo gli attributi del Dio cristiano, appare agli occhi dell’autore un “funesto demiurgo” che gioca con i destini umani, muovendoli a suo piacimento come fantocci, come ridicoli e impotenti burattini. Una visione estrema dell’esistenza incon-ciliabile, certo, con molte nostre ideologie, ma degna di attenzione in quanto frutto di un’esperienza di pensiero che nasce dall’inquietudine, dal male di vivere, dal sapersi di troppo in questo mondo. Tuttavia, no-nostante una tale concezione nichilista, Cioran è assiduamente attratto dall’idea di Dio verso il quale si muove, in fondo, tutta la sua riflessione. Quella del rumeno sembra essere, infatti, una silenziosa preghiera, la preghiera di un ateo, un grido disperato verso un’entità suprema. Non nell’adesione ad un contenuto dottrinario, ma nello slancio verso un Assolutamente altro risiede, dunque, la sua fenomenologia del sacro. Egli esclude certamente il Dio-Uno, quello personale delle fedi storiche, ma non il bisogno emotivo del divino, la necessità di trascendersi, di andare oltre sé. Fuori da ogni logica, con una prosa tanto audace quan-to ribelle, Cioran scandaglia così i fondali dell’anima, le profondità e i deliri della ragione, evidenziando le lacune insite nello spirito umano. Il filosofo non trema di fronte al nulla ma sradica la funzione dell’essere, cogliendo ciò che è proprio di ogni individuo, la sua complessità, la sua solitudine. Ogni uomo è infatti un universo di emozioni e angola-zioni differenti che si intersecano tra loro e che di nuovo si separano inesorabilmente. Ciò che permane al termine di continui processi di identificazione e di distacco è, dunque, una personalità che è il frutto di esperienze solitarie e irripetibili. Si potrebbe immaginare l’uomo nei termini di una monade chiusa verso l’interno per proteggere la sua in-teriorità e aperta verso l’esterno per accogliere la diversità. Ma questa rappresentazione dell’umana specie sarebbe forse riduttiva poiché ogni individualità è segnata anche e soprattutto da tratti pregnanti, spesso istintivi e involontari, che rispecchiano o, viceversa, celano l’indole, l’anima. Di Emil, della sua particolare immagine di pensatore riservato e intimistico resta, forse più di ogni altra cosa, l’amaro sorriso di cui parlava Leopardi, tratto distintivo dell’uomo malinconico e del genio: “Notate che nei pazzi, nei più malinconici e disperati, è naturalissimo e frequente un riso stupido e vuoto, che non viene da più lontano che dalle labbra. Vi prenderanno per la mano con guardatura profondissima, e nel lasciarvi vi diranno addio con un sorriso che parrà più disperato e più pazzo della stessa disperazione e pazzia. Cosa però notabilissima anche nei savi ridotti alla intera disperazione della vita” (Leopardi).

Questo triste riso è quello ironico e beffardo di chi ha intuito la veri-tà, di chi ha conosciuto i profondi meandri dell’umana avventura e ha avuto il coraggio di narrarli senza remore.

LA PREGHIERA DI UN ATEO: EMIL CIORAN.

anno nella domenica successiva alla prima luna piena (il plenilu-nio) successiva all’equinozio di primavera (il 21 marzo). Questo sistema venne fissato definitiva-mente nel IV secolo. Nella Chie-sa cattolica, la data della Pa-squa è compresa tra il 22 marzo ed il 25 aprile. Per questo si dice che la Pasqua è “alta” se cade molto in avanti in aprile, “bas-sa” se cade intorno alla ventina di marzo.

I riti pasquali sono molto sug-gestivi. Iniziano con il Mercole-dì delle Ceneri, successivo alla Domenica di Carnevale, cui fa seguito la Quaresima, ovvero i quaranta giorni che precedono la Pasqua. In questo periodo i cristiani osservano un periodo di astinenza e digiuno, in particola-re dalle carni. La Domenica che precede la Pasqua, si celebra La “Domenica delle Palme”. Essa rammenta l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme insieme ai suoi discepoli. Gesù viene ac-colto dal popolo che lo acclama come “il Messia e il figlio di Davi-de” e lo festeggia agitando rami di palma e ramoscelli di ulivo.

Nella liturgia cattolica viene letto il racconto della Passione di Gesù secondo l’Evangelista corrispondente al ciclo liturgico che si sta vivendo. La tradizio-ne risale a prima del IV secolo. Questa ricorrenza non segna la fine della Quaresima che, nella forma ordinaria del rito roma-no, si conclude il giovedì santo esattamente prima della messa vespertina.

Il lunedì, martedì e mercole-dì santo la Chiesa contempla in particolare il tradimento di Giu-da per trenta denari.

Durante la mattina del Giove-dì santo non si celebra l’euca-restia nelle parrocchie, perché viene celebrata un’unica Messa (detta Messa del Crisma) in ogni diocesi, nella chiesa cattedrale, presieduta dal vescovo insieme a tutti i suoi presbiteri e diaconi. In questa messa vengono consacrati gli Olii santi e i presbiteri rinno-vano le promesse effettuate al momento della loro ordinazione. Il parroco ha la tunica rossa.

Il solenne triduo pasquale del-la passione, morte e risurrezio-ne di Cristo inizia nel pomeriggio del giovedì santo. In ora serale si celebra la Messa in Cena Domi-ni, nella quale si ricorda l’Ulti-ma Cena di Gesù, la istituzione dell’Eucarestia e del sacerdozio ministeriale, e si ripete il gesto simbolico della lavanda dei piedi effettuato da Cristo nell’Ultima Cena. Alla fine della messa gli altari restano senza ornamen-ti, le croci velate e le campane silenti. La croce verrà scoperta il giorno dopo, il Venerdì San-to durante la cerimonia che (in quel giorno e solo in quel gior-no) sostituisce l’adorazione del-la croce alla liturgia eucaristica.

Il Venerdì Santo è il giorno del-la morte di Gesù sulla Croce. La chiesa celebra verso le tre del pomeriggio la solenne celebra-zione della Passione, divisa in tre parti: La Liturgia della paro-la, con la lettura della passione secondo Giovanni, l’adorazione della croce, la santa comunione.

Il Venerdì Santo è tradizione effettuare, in molti posti per le strade, il pio esercizio della Via Crucis. La chiesa cattolica pra-tica il digiuno ecclesiastico e si astiene dalle carni come forma di partecipazione alla passione e morte del suo Signore.

Il sabato Santo è tradizional-mente giorno in cui non si cele-bra l’Eucaristia, e la comunione si porta solamente ai malati in punto di morte. Viene invece celebrata la Liturgia delle Ore; caso unico nell’anno liturgico, i Vespri di questo sabato non sono considerati Primi Vespri della domenica di Resurrezione.

Nella notte si celebra la solen-ne Veglia pasquale, che, nella chiesa cattolica, è la celebra-zione più importante di tutto l’Anno Liturgico. In essa si ce-lebra la Resurrezione di Cristo attraverso la liturgia del fuoco. Al fuoco nuovo si accende il cero pasquale, che viene portato pro-cessionalmente in chiesa; duran-te la processione si proclama La luce di Cristo, e si accendono le candele dei fedeli. All’arrivo al presbiterio il cero è incensato e si proclama l’Annuncio Pasquale.

La liturgia della Parola riper-corre con sette letture dell’An-tico Testamento gli eventi prin-cipali della storia della salvezza, dalla creazione del mondo attra-verso la liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egit-to, alla promessa della nuova alleanza. Dopo il canto solenne del Gloria (che non era mai stato recitato durante la Quaresima), l’Epistola proclama la vita nuova in Cristo risorto, e nel Vangelo si legge il racconto dell’appari-zione degli angeli alle donne la mattina di Pasqua.

Segue la liturgia battesimale, nella quale tutti i fedeli rinnova-no le promesse del proprio bat-tesimo, e vengono battezzati, se ce ne sono, i catecumeni che si sono preparati al sacramento.

La liturgia eucaristica si svolge come in tutte le messe.

Nella domenica di Resurre-zione torna a riecheggiare la gioia della veglia pasquale, che viene enfatizzata nell’Ottava di Pasqua: la Chiesa celebra la pienezza di questo evento fondamentale per la durata di otto giorni, concludendo la II domenica di Pasqua, chiamata fin dall’antichità domenica in albis, che Giovanni Paolo II ha voluto dedicare al ricordo della divina Misericordia.

In Italia sono ancora molto vive le belle tradizioni pasquali, anche se, in una società sempre più laica e multietnica, hanno un po’ perso il loro primitivo signi-ficato prettamente religioso, per trasformarsi quasi in manifesta-zioni folkloristiche.

Tuttavia, la Pasqua rappre-senta ancora oggi l’opportunità, per ogni cristiano, di fermarsi a riflettere sul suo significato reli-gioso e sul suo senso simbolico di redenzione e riscatto da par-te dell’uomo, che entra nel pro-getto salvifico di Cristo Salvato-re. Questa festa porta un grande messaggio di pace e di speranza: il trionfo della luce sulle tenebre e della vita sulla morte.

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16MERAVIGLIOSAMENTE

PALMI

Proviamo a scoprire le caselle mancanti!Noi abbiamo cominciato, tu puoi aiutarci a trovare le altre me-raviglie di Palmi, segnalandole ed inviandone la foto all’indiriz-zo [email protected] per completare un meraviglioso mosaico.

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C/C N. 000094156981 INTESTATO AD ASSOCIAZIO-NE CULTURALE PROMETEUS CON CAUSALE: ”PARCO GIOCHI”;

BONIFICO CODICE IBAN: IT39P0760116300000094156981 - POSTE ITALIANE PALMI CENTRO - ASSOCIAZIONE CUL-TURALE PROMETEUS.

OPPURE RITIRA L’ATTESTATO DI PARTECIPAZIONE, DIRETTA-MENTE DAI VOLONTARI DELLE ASSOCIAZIONI COINVOLTE E NEI CENTRI AUTORIZZATI.

LA DONAZIONE E’ DETRAIBILE DAL-LE TASSE CONSERVANDO LA COPIA DEL BONIFICO O DELL’ASSEGNO.

PARTNERS PARTNER ISTITUZIONALE

Area Politiche del Welfare Area Cultura, Pubblica istruzionee politiche giovaniliArea Sport, Turismo e Spettacolo

Comune di Palmi

Scuola “Sergi”

MONTEROSSO ANTONIOMORGANTE ANTONIOMURATORE LUIGIMURATORE NUCCIOMURATORE PIERLUIGIMUSICO’ ANTONINONASTRI CARMINENIZZARI MIChELANOTO VINCENZOOLIVA CARLOOLIVERI DOMENICOOLIVERIO FRANCESCOOLIVERIO ROBERTOORLANDO DOMENICOORLANDO MARIAORLANDO TONINOOTTOBRE ANTONINOPACILE VINCENZOPALERMO PIETROPAPALIA MARCELLOPARDEO FRANCESCOPARDEO GAETANOPARDEO ROCCOPARISI NINOPARISI VINCENZOPARRELLO AURELIOPARRELLO CARMELAPARRELLO LUCIANOPARRELLO NICOLA E IDAPARRELLO NUNZIATINAPASSALACQUA TERESAPASSARELLI MAUROPATAMIA CARLOTTAPATAMIA LORENZOPATTI ANTONELLAPEDULLA’ LUCIAPELLEGRINO EMILIOPELLEGRINO PASQUALE(VARAPODIO)PERNA ENZO (Tessano)PETITTO ANTONIOPETITTO ROSAPETITTO SAVERIOPICCOLO GIOVANNIPICCOLO GIOVANNIPICCOLO MARIAPIPINO GIUSEPPEPIPINO ROBERTOPIRROTTINA ANTONIOPISANO ROBERTOPITERA’ GRETAPITITTO LUIGIPITTI PIETROPIZZUTO SABINA(TAURIANOVA)POLIMENI GIULIAPOZZOLINI WALTERPRINCI ROCCOPUGLIESE AURELIOPUGLIESE CARMELINAPUGLIESE MARTAPUNTO VERDEPUTRINO GIANCARLOPUTRINO GIULIANARAMONDINO ENZORANDAZZO ANTONIORANIERI ENZAREPACI ADOLFORESIDENCE “LA MARINELLA”RICCIARDI MARCORIGITANO PALMERINO EUGENIORIOLO GERARDINARISO ANDREARIZZITANO ALESSANDRORIZZITANO FILIPPOROMANO’ CATERINA PAOLAROMEO ANASTASIAROMEO FRANCOROMEO MEME’ROMEO ROBERTO(MAROPATI)ROMEO TINAROMEO VINCENZOROMOLA GIOVANNIRONDANINI ENZOROSACE GIUSEPPE

CREA CARMELACREA EUGENIOCRICRI’ ALBERTOCRICRI’ AURORACRICRI’ CLAUDIOCRICRI’ FILIBERTOCRICRI’ FILIBERTO junior CRICRI’ GIUSEPPECRICRI’ GIUSEPPE juniorCRICRI’ WALTERCROCITTA MAURIZIOCRUCITTI JULIAD’AGOSTINO A. CONCETTAD’AGOSTINO DOMENICOD’AGOSTINO FRANCESCOD’ELIA TERESADAVI’ GIUSEPPEDE FRANCIA SALVATOREDE FRANCIA VINCENZODE GIORGIO TIZIANADE LEONARDIS MARIA ROSADE LUCA SALVATOREDE MARCO ROCCODE MARIA ELISABETTADE NICOLA Agenzia ViaggiDE SALVO PAOLADE SANTIS MARTADE SANTIS MATTEODE SANTIS NOEMIDE VINCENZO MAURIZIODE VIVO BIAGIODELLA SPINA LOREDANADELLO IACOVO CAMILLODI LORENZO GIOVANNIDOMINICI CARMELADONATO GIUSEPPEDONATO GIUSEPPEDORIA GIUSEPPEEPIFANIO FRANCESCOESPOSITO MARCOESPOSITO NATALEESPOSITO PIEROFARMACIA SAFFIOTIFAVAZZO CARLOFEBBO GIUSEPPEFERRARO ANTONIOFERRARO DOMENICOFERRARO MARGhERITAFILIPPONE ANGELAFILIPPONE CARMELAFILIPPONE CARMELOFILIPPONE DANIELAFILIPPONE GIUSEPPEFILIPPONE ROBERTOFIORAMONTE CINZIAFIORILLO MARINAFIORILLO MONICAFIORINO ANGELAFIORINO ANTONINOFIORINO CARMELAFIORINO GRAZIELLAFISIOFITFIUMARA SAVERIOFORTUGNO GAETANOFORTUGNO GIUSEPPEFOTIA ANTONELLOFOTIA CARMELOFRANCONIERI PASQUALEFRANCONIERI PASQUALEFRISINA MATTIAFRISINA PASQUALEFUSARO FRANCESCOFUSARO NICOLAGAGLIARDO ALICEGAGLIARDO GIORGIAGAGLIARDO ILARIAGAGLIOSTRO ANTONINOGAGLIOSTRO CONCETTAGAGLIOTI FRANCOGALLETTA ENZOGALLETTA GUIDOGALLETTA GUIDOGALLICO CATERINAGALLO GIORGIAGANGEMI PINOGARGANO ERNESTO

GAUDIOSO ROCCOGENTILE GIUSEPPEGENTILE ROSARIOGENUA NICOGEROCARNI ROSAGIOE’ FILIPPOGIORDANO NICOLAGRASSO DAVIDEGRASSO EMANUELAGRASSO LINAGRASSO LUIGIAGRASSO MARIA TERESAGRILLEA GIOVANNIGRILLO PATRIZIAGRUPPO ZULULANDIAGUARNACCIA ANTONIO PIOGUARNACCIA CATERINAGUERRERA CRISTIANGUERRERA GIUSEPPEGUERRERA MANUELAGUGLIELMO FABIANAGULLO ANTONELLAGULLO DOMENICO ANTONIOIANNELLI ERIKAIANNELLI FRANCESCOIANNELLI GIUSEPPEIANNELLI LILLOIANNELLO MIChELEIANNINO DARIOIANNINO FRANCESCOIMPIOMBATO MANUELAINFANTINO VINCENZOISOLA BERNADETTE CARLAISOLA PEPPINOISOLA ROCCOISOLA VINCENZOLAGANA’ CONSUELOLAGANA’ STEFANOLAMBERTI GIUSEPPELAMBERTI PIETROLANDOLFO CARMINELANGONE MIChELELANZA GIULIALENTINO MIChELE V.LENTINO ROSALEONARDIS ANNA M.LEONARDIS FRANCESCOLEONARDIS GIULIALEONARDIS SANTINALEONARDIS VINCENZOLEONELLO ANGELALO BARTOLO GIUSEPPELO PREVITE STEFANOLUPPINO DOMENICOLUPPINO ROCCOLUPPINO SIMONELUVERO CESAREMAGAZZU’ ANTONINOMAGAZZU’ ANTONIOMAGAZZU’ GIUSEPPEMAGAZZU’ MARCOMAGAZZU’ MIChELANGELOMAGLIANO RENATOMAISANO GIORGIAMALGERI ANTONIOMAMBRINO VINCENZOMAMMOLITI DOMENICOMANAGO’ BIANCAMANAGO’ FRANCESCOMANAGO’ VINCENZOMANUCRA FRANCESCOMANUCRA SINAMARIANO CAMELAMATARESE GIOVANNIMATINA FRANCOMAURO SILVANAMAZZA ANTONIETTAMAZZAFERRO SANTINAMELISSARI MINOMICARI ROCCO ANTONIOMILIDONO CONCETTAMILITANO ANNAMILITANO CONCETTAMILITANO GIUSEPPEMONTEBIANCO LILIANAMONTELEONE SILVANA

PALMESI: CUORE D’ORO!

CONTINUATE ASOSTENERCI!

ROSITANI DOMENICAROTOLO ANTONELLARUOPPOLO ANTONIORUSSO GIUSEPPESACCA’ NATALESACCA’ NATALESAFFIOTI ANTONINOSAFFIOTI AURORASAFFIOTI ETTORESAFFIOTI GIUSEPPESAFFIOTI ING.GIUSEPPESAFFIOTI MARIASAFFIOTI ROBERTOSALERNO CARMELOSALVO FRANCESCOSALVO MARIASALVO ROSASANTORO ANNUNZIATOSANTORO GIUSEPPESANTORO MARIA TERESASANTORO SERGIOSCAGLIOLA ANTONELLASCARCELLA ALICE E NICOLASCARCELLA MIRELLASCARCELLA TIZIANASCARFONE DAVIDESChIPILLITI ANTONINOSChIPILLITI CARMELOSChIPILLITI NINI’SCOPELLITI ANTONELLASCOPELLITI CARLASCOPELLITI LAURASEMINARA DOMENICOSEMINARA EUGENIOSEMINARA GIANNI E LILLASEMINARA GIROLAMOSIRIGATTI SILVANOSIRIO MARIA TERESASOLANO FRANCESCOSOLANO ROSASOLLEVANTE SNCSPERANZA NATALINASPRIZZI DINASPRIZZI FRANCESCASPRIZZI MARIOSURACE DEMETRIOSURACE GIORGIASURACE MARTINASURACE ROCCOSURACE VITTORIASURACI ENZOSURIANO ANNATEDESCO ALESSANDROTEDESCO ANDREATEDESCO ChRISTIANTEDESCO GIOVANNATEDESCO ROSARIOTEDESCO VINCENZOTILOTTA GIOVANNITOPOLINIATORChIA FRANCESCOTRENTINELLA MARTINATRIPODI ANTONINOTRIPODI GABRIELETRIPODI GIUSEPPETRIPODINA CLAUDIAUNIVERSITA’ TEL. CALABR.VENTRICE ALBERTOVENTRICE LOREDANAVENTRICE MANUELVENTRICE PAOLOVERSI’ VINCENZOVILLIVA’ ANTONINOVIOLA NUCCIOZACCURI STEFANIAZAPPATORE NICOLAZAPPONE ANTONIOZAPPONE VINCENZOZAPPONE VINCENZOZAVAGLIA DOMENICOZIMBELLO ANNAZIRINO PASQUALEZOCCALI ANTONIOZOCCALI CARMELOZOCCALI DOMENICOZOCCALI MELISSA

BELLOMO ANTONIAABRAMO TERESAALAMPI PAOLOALONGI FAUSTOALONGI GIORGIAAMBESI CELESTINOAMBROGIO CATERINAAMEDEO SANTINAAMMENDOLEA FRANCESCOANANIA ANTONELLAANDIDERO GIUSEPPEANEDDA ANNUNZIATAANEDDA ANTONELLAANGALO’ ROBERTOANGEMI ELENAANGI’ CETTINAARCURI ANTONELLOARCURI ANTONIOARCURI SANTOARENA CARMELOARENA FRANCESCAARREDAMENTI SERR. ARCURIASS.SPORTIVA KOLBEAUDDINO VINCENZOBAGALA’ ANTONIETTABAGALA’ FRANCESCABAGALA’ PIETROBARBARO GIUSEPPEBARBARO IMMOBILIAREBARBERA GIUSEPPEBARBERA NINOBARBERA SARABARBERA VINCENZABARBIERI GROUP (Altomonte)BARONE ANDREABARONE ANTONIOBARONE CONCETTABARONE GIUSEPPEBARONE MARIABENDINI ROBERTOBENFATTO ANNA MARIABERNARDINI MARIA LUISABONACCORSO ANTONIOBONACCORSO GABRIELEBONACCORSO GIAMPIEROBONACCORSO GIOVANNIBONASERA ANTONIOBONGIOVANNI LUCABORRELLO ANGELABOVA ALESSANDROBOVI CRISTOFORO MARIA

BRACCO GIUSEPPEBRANDO GIUSEPPEBRANDO GIUSEPPEBRANDO ROBERTOBRIZZI MARILENACAIA CARMELACALABRO’ DANIELACALI’ MARIOCALI’ MASSIMOCALOGERO DANIELACALOGERO SALVATORECALOGERO SALVATORECAMBARERI PINOCAMERA ANTONIOCAMERA FRANCESCOCAMMARERI MARIA TERESACANNISTRA’ SAVERIOCARATOZZOLO FRANCESCO R. (DELIANUOVA)CARBONE RAFFAELANGELOCARDONE VERACARIDDI PINACARMELITANO MATTEOCARNEVALE RODOLFOCARONE DOMENICOCARONE TINACARPANO SALVATORECASADONTE SERGIOCASEIFICIO “IL GRANATORE”CATALANO MARIA ROSARIACAVALLO IVANCELI ANNAChINE.TER.ChOTEAU PASCALECICCONE CARMELOCILONA GIUSEPPECIPRI FRANCACIPRI FRANCESCOCOFANO AChILLECOGLIANDRO CARMINECOLLURA ELENACOLLURA LUCIACOLLURA SABRINACOLOSI CARMELOCOLOSI FRANCESCOCOMMISSO ELVIRACOSENZA FRANCESCOCOSTA MARIA CONCETTACOSTANTINO DARIOCOSTANTINO SALVATORECOVELLO MATTEO

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Area Basket-

Verrà completamente ripavimen-tata.L’intero ripristino sarà effettuato a cura di uno degli sponsor che verranno comunicati già sul pros-simo numero di Madreterra.

Nella foto piccola il campetto, purtroppo, mal curato.

Area Servizi-

Verranno ripristinati gli attuali servizi igenici e verrà costruito, in affiancamento un servizio per diversamente abili.

Nella foto piccola si denota lo stato attuale, in completo abban-dono.

ALCUNI INTERVENTI ChE VERRANNO EFFETTUATI ALL’INTERNO DEL PARCO GIOChI

Home designer di Giuseppe Magazzùcon la collaborazione di Archiecostudio di Vincenzo Iannino

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Mentre continua la gara di solidarietà delle ditte palmesi e non , che donano le opere per il completamento del parco giochi,

tutto è pronto per incominciare. Le ditte:-EDIL DECORO di Santo Fortugno e Enzo Saffioti-IMPRESA EDILE di Domenico Cannistrà-3L PARQUET di Lello Leuzzi-EDIL CERAMIChE PALMI di Antonio Schipilliti-SUD GRONDA di Giuseppe Russo – TAURIANOVA, impegnate da anni nel mondo del lavoro, hanno donato alla nostra associazione una mo-derna ed efficiente struttura in legno lamellare con tutti i confort, destinata ad ospitare i bagni pubblici per le persone meno fortuna-te( vedi progetto illustrato), progettata gratuitamente dallo studio del nostro socio, hOME DESIGNER DI GIUSEPPE MAGAZZU. Inoltre, Una nota compagnia di assicurazioni, finanzierà la ristrutturazione dell’impianto sportivo destinato alla pratica della pallacanestro ed al pattinaggio, nel prossimo numero pubblicheremo la ragione socia-le. Saranno sistemati, la superficie del campo con l’impiego di par-ticolare materiale plastico di diverse colorazioni ed i canestri con le rispettive strutture di supporto. Ecco ad oggi le ditte partecipanti:-GAETANO FORTUGNO, giovane agronomo, che si occuperà dell’alle-stimento e la cura del verde;-ANTONIO BONASERA, ingegnere palmese, impegnato nei calcoli statici della zona di sosta, oltre all’apporto tecnico della propria impresa;

PARCO GIOCHICONTINUANO LE DONAZIONI

IL GIOCO CENTRALE ChE VERRA’ INSERITO NEL PARCO GIOChI

-DITTA GAGLIOTI, CERAMIChE ED ARREDI di BARRITTERI, leader del settore, che fornirà gratuitamente il rivestimento dei bagni pubbli-ci;-L’ARTE DEL FALEGNAME SRL, di Massimiliano Arcuri e Oreste Pace , specialisti negli allestimenti di negozi, che hanno offerto una zona sosta in legno lamellare di circa 50 mq;-ENZO SOLANO, noto elettricista palmese, che ha donato l’impianto di illuminazione e la sua messa in opera;-FRANCESCO CIPRI, giovane serramentista e artista del ferro battu-to, che risistemerà tutte le panchine in ferro battuto esistenti nel parco;-DAVIDE GRASSO, idraulico palmese, che affiancherà il nostro Pa-squale Fontana nei lavori idraulici;-VINCENZO GAGLIOSTRO E GIUSEPPE BRANDO, artigiani in pensione, che affiancheranno i nostri volontari nei lavori.-EDIL DECORO di Santo Fortugno e Enzo Saffioti (costruzione bagni per disabili)-IMPRESA EDILE di Domenico Cannistrà ( costruzione bagni per disabili) -3L PARQUET di Lello Leuzzi (costruzione bagni per disabili) -EDIL CERAMIChE PALMI di Antonio Schipilliti ( costruzione bagni per disabili)-SUD GRONDA di Giuseppe Russo –TAURIANOVA (costruzione bagni per disabili)-hOME DESIGNER DI Giuseppe Magazzù (progettista impianti sportivi e bagni).

Saverio Petitto

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di Giuseppe “Popine” Repaci

ho visto, nel numero di gen-naio 2012 la bella fotografia

con la squadra dei Carabinieri di Palmi e il loro augurio alla Reda-zione e ai lettori e così ho pen-sato di scrivere una breve storia di uno di loro, arRivato da lonta-no proprio a Palmi alla fine del 1800. E questo anche nel ricor-do della mia fanciullezza che ho trascorso a Palmi nella mia casa proprio dietro la Caserma. I miei primi amici “di strada” sono stati proprio i figli dei Marescialli che abitavano nei locali della Caserma stessa; Congia, Santangelo, Valen-te, quando si poteva entrare nel giardino della caserma liberamen-te; cancello aperto, vasca con i pesci, alberi, piante, aiuole. Ora, tutto è cambiato! Che malinconia!

Verso la fine del 1800, quindi, giunse a Palmi un giovane tenen-te dei carabinieri, trasferito dalla natia Liguria, assieme a due so-relle giovani e nubili. Si chiama-va Giovanni Battista Levrero che,

IL TENENTE DEI CARABINIERI DI PALMI E IL BRIGANTE MUSOLINO

avendo perso i genitori in giova-ne età, aveva formato una “fami-glia” con le due sorelle. Una di queste divenne poi mia nonna, avendo sposato un Prof. d’Agra-ria, Giuseppe Calogero, di Palmi.

Il Tenente arrivò proprio nel momento in cui era “scoppiato” il caso Musolino, un pastore dell’A-spromonte, che, reagendo alle false accuse di omicidio, aveva ucciso ben sette testimoni da lui ritenuti falsi, come poi, nel pro-sieguo della storia si ebbe modo di accertare: Musolino, per quel primo delitto, non era colpevole!

Ma, ovviamente, non poteva sfuggire alla giustizia per quella serie di delitti commessi per una sorta di auto-giustizia che, ov-viamente, non poteva incontrare giustificazioni.

Datosi alla latitanza nelle mon-tagne intorno a Delianuova, San-to Stefano d’Aspromonte e terri-tori limitrofi, Musolino resistette a lungo alle ricerche dei carabi-nieri. Prima fra tutte la Tenenza di Palmi, al comando del giovane Levrero. Spesso, quest’ultimo, si

travestiva da pastore, sperando d’incontrare colui che era diven-tato una leggenda tra le popola-zioni locali.

Quando Musolino capì che re-stare alla macchia nei territori dell’Aspromonte avrebbe allonta-nato di poco la sua cattura, deci-se di espatriare ed ebbe l’idea di dirigersi verso la frontiera italia-na; verso i Paesi slavi.

Partì a piedi e gli fu facile ar-rivare nelle Marche, dalle parti di Urbino. Ovviamente all’epoca non esistevano foto segnaletiche e le comunicazioni tra le forze dell’ordine erano approssimative.

Mentre stava percorrendo la campagna marchigiana, diret-to verso il nord, incappò in una pattuglia dei locali carabinieri e cominciò a dare segni di nervosi-smo, temendo un loro intervento nei suoi confronti, cosa assoluta-mente non vera, nella circostan-za. Cominciò così a scappare sen-za un apparente motivo e la qual cosa insospettì i due carabinieri (a distanza di anni si seppe poi che uno dei due era il padre di Enrico Mattei, futuro manager del petro-lio e Presidente dell’ENI) che lo raggiunsero e lo bloccarono. Mu-solino dette sempre la colpa della sua cattura ad un filo spinato che recingeva il terreno sul quale si trovava e che lo aveva bloccato nella fuga. Durante la sua lunga prigionia (Musolino trascorse in carcere oltre 50 anni!!) ripeteva spesso: “Mannaja chiddhu filu”!!

Intanto il tenente Levrero, promosso capitano, dopo il ma-trimonio della sorella, era stato trasferito proprio nelle Marche (a quei tempi si usava così; un uffi-ciale non poteva stare nel posto in cui vivevano familiari, anche acquisiti) proprio vicino al luogo dove Musolino era stato cattura-to. Un suo collega gli disse che era in stato di fermo un soggetto chiaramente di origine calabrese e gli chiese allora, di verificare se ci fosse stata una sia pur remota possibilità che lo conoscesse.

Portarono Musolino in una cella e il capitano Levrero lo osservò dallo spioncino e… “E’ Musolino”

-disse- “senza ombra di dubbio!”, sorpreso per la coincidenza. Il Ca-pitano Levrero si recò in una stan-za attraverso la quale fecero pas-sare Musolino. Il brigante, appena vide l’ufficiale esclamò: “u tenenti i Parmi! Sugnu perdutu!” E così fu.

Il capitano Levrero fu incarica-to di scortare Musolino sino in Ca-labria, in attesa del processo che si celebrò poi a Lucca nel 1902 e dove Musolino fu condannato all’ergastolo.

Durante il processo, il tenente Levrero, fu chiamato a deporre e nel corso dell’interrogatorio Musolino chiese la parola al Giu-dice e rivolgendosi all’Ufficiale, gli disse: “Tenenti, spessu vi vi-dia supra la muntagna vestutu di massaru pe’ viniri a cercarmi. Ma vi ricunusciva sempri e si vuliva vi putia sparari senza scampu. Ma vui faciavu ’u vostru duveri e jeu non avia rancori contru ‘i vui e sempri m’alluntanavu sen-za che vui mi potiavu vidiri”. In quell’occasione gli diede, addirit-tura, una foto con la dedica.

Il capitano Levrero continuò la sua carriera nei carabinieri, e, col grado di tenente colonnello morì durante la Grande Guerra ’15-’18, conquistando diverse medaglie al valore che sono ora in possesso dei miei cugini Calogero.

A me rimane di tutta questa storia, ovviamente, il ricordo e una vecchissima fotografia di Mu-solino con la dedica al mio prozio: “M..... tenenti Levrero gentiluo-mo perfetto e che nello cellolare gli ..... coraggio- In cella cellolare giorno 24 ottobre 1901”. Una foto che tengo con cura.

Questa storia/verità fu da me raccontata alcuni anni addie-tro allo scrittore Enzo Magri che all’epoca aveva scritto un bel libro su Musolino. Magri mi rin-graziò moltissimo per la preci-sione della storia dicendomi che l’avrebbe riportata esattamente com’era stata da me illustrata in una successiva edizione del suo libro. Chissà se è mai successo!...

Questo è tutto. Un breve spac-cato di storia/verità di vita pal-mese di oltre un secolo addietro!!

Il brigante Musolino

La dedica sul retro della fotografia

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di Nella Cannata

Fissiamo il dito e non vediamo la luna. Di fronte ad un Paese che sta vivendo un disagio straordinario, ad una generazione

assediata dalla precarietà, alla disperazione di chi non riesce a trovare un lavoro, l’unico problema da contrastare sembra essere l’art.18, una norma che prevede la reintegrazione sul posto di lavoro del lavoratore licenziato ingiustamente.Se, come vuole la riforma, si toglie la copertura dell’articolo 18, il magistrato non potrà ordinare di reintegrare al lavoro chi viene ingiusta-mente licenziato, potrà solamente condannare l’azienda a pa-gare un’indennità. Risulta chiaro, dunque, che se un datore di lavoro volesse licenziare un dipendente scomodo perchè di orientamento sessuale o politico diverso o perchè non più gio-vane e magari un po’ puntiglioso, perchè si assenta troppo dal lavoro per sottoporsi a cicli di chemioterapia,basterà licen-ziarlo per “ragioni economiche o organizzative” (cosa difficile da smentire davanti ad un tribunale) e potrà liberarsi defini-tivamente del rompiscatole. Agli albori degli anni settanta l’art.18 era riuscito a far cadere un antichissimo potere del padrone, quello di ‘cacciare’ il dipendente con un gesto (ad nutum dicevano i romani), dando vita ad una rivoluzione civi-le e giuridica che ha dato al lavoratore dignità di controparte. Purtroppo oggi, in nome della tutela delle giovani generazio-ni, si sta spacciando per riforma lo smantellamento di quel modello di civiltà che garantiva la salvaguardia dei diritti e della democrazia sostanziale. L’art. 18 è, dunque, considerato il vero dramma di questo Paese, perchè si è voluta far passare l’idea che gli investitori stanieri sarebbero restii a portare i loro patrimoni in Italia dove, a causa di una “vecchia norma” ormai anacronistica,si registra un immobilismo strutturale che non favorisce la produttività e la crescita. Ma è veramente così? È proprio necessario intervenire con una modifica dell’attuale normativa, per risolvere la crisi economica e per avere maggiori assunzioni, o, come sembrerebbe più probabile, c’è in atto una mistificazione della realtà? Quello che si tenta di fare, in verità, è abolire il ruolo del sindacato e della classe operaia all’interno della società e compromettere irrimediabilmente i livelli di libertà e di garanzia.Il problema in Italia, oggi, non dovrebbe essere quello di licenziare più facilmente, ma, quello di superare la precarietà, di creare nuovi posti di lavoro, di investire per un diverso modello di sviluppo. Invece, si sta facendo ciò che la Bce in agosto aveva chiesto al precedente governo:cancellare il sistema pensionistico e rendere più facili i licenziamenti, diminuire gli ammortizzatori sociali,facendo scel-te politiche ben precise che non corrispondono ai veri bisogni del Paese. Sappiamo bene quali siano i reali freni allo sviluppo economico e agli investimenti esteri nel nostro Paese: una corruzione dilagante, un enorme ritardo nelle infrastrutture e il continuo sperpero di danaro, l'assenza di una politica per lo sviluppo economico, una giustizia civile che non garantisce il diritto, una burocrazia che blocca ogni iniziativa,concessioni che servono solo ad alimentare il potere, la mafia. Questo governo dovrebbe cominciare ad intervenire in modo adeguato, prendendo i soldi dove fino al momento non ha voluto cercarli: dall' evasione fiscale, dalle spese inutili dei soliti privilegiati, dalla patrimoniale. Dovrebbe pensare a redistribuire la ricchezza, aumentando anche i salari e istituendo un sistema fiscale giusto che faccia pagare veramente di meno chi ha redditi più bassi.Dovrebbe attuare una diversa politica industriale, un nuovo modello di sviluppo che tenga conto delle energie rinnovabili, della sostenibilità ambientale, della manutenzione del territorio e della sua specificità produttiva. Dovrebbe predisporre con-trolli più frequenti mirati ad evitare gli abusi e lo sperpero di danaro(vedi i rimborsi elettorali ai partiti e gli appalti pubblici), prevedere incentivi per le aziende che restano in Italia e per i lavoratori che siano disposti alla riduzione dell'orario per dare spazio a nuovi assunti. Dovrebbe avere il buon senso di investire nella ricerca e nella cultura e, qualche volta, anche il coraggio di non fare quelle grandi opere che spesso sono inquinate dalla illegalità e dal malaffare. Insomma, ci vorrebbe una nuova democrazia che, come enuncia la nostra Costituzione, si fondi sul lavoro, un lavoro che abbia diritti e garanzie, accesso al credito, stabilità e tutele per tutti.

Il dito e la luna

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I quattro moschettieri, eroi del loro tempo, hanno sventato intrighi, lottato con-tro gli Ugonotti, difeso l’onore della regina, ed infine sono riusciti ad ottenere anche la riconoscenza di Richelieu che, pur essendo uomo privo di scrupoli, ha agito sempre e solo per il bene del suo paese e, dunque, non ha esitato a rico-noscere i servigi resi alla Francia dai quattro moschettieri, lodando le loro gesta. La vignetta, che immortala i quattro candidati a Sindaco di Palmi, vuole essere di buon auspicio per tutti i quattro protagonisti, sperando che uno di loro, una volta eletto alla massima carica della città, si metta al servizio di questo magni-fico Paese, amandolo e servendolo come merita.

THE THREE MUSKETEERS+UNA

LA SATIRA DI SAVERIO PETITTO

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Sì! Si è veramente fermato a Eboli. Il passare del tempo, purtroppo, conferma questa pesante af-

fermazione. Se andiamo a cercare qualche respon-sabilità ci immergiamo in un complicato ginepraio dove è difficile districarsi, però dobbiamo provarci. Diciamo che ci tocca constatare che questa respon-sabilità ha molte sfaccettature. Ma quella su cui possiamo maggiormente argomentare, in senso ne-gativo, è la politica, anche se questa è espressione “democratica” del popolo che l’ha portata al pote-re. Se tale affermazione potrebbe apparire alquan-to pesante può essere avvalorata leggendo giornal-mente i titoli dei quotidiani a diffusione regionale per renderci conto che quanto affermato è del tutto rispondente al vero e non utopia nei pensieri e nelle aspirazioni di un popolo che i suoi buoni propositi li ha visti e li vede affondare nell’immobilismo di promesse che rimangono solo tali. Non possiamo addentrarci in modo profondo in tali argomenti, al-trimenti potremmo sprofondare in numerosi discorsi (vedi sfaccettature) che nostro malgrado mettereb-bero sicuramente a nudo i numerosi problemi di questa nostra Terra triste e dimenticata.

Per toccare un solo argomento e così renderci con-to di quanto la politica ha badato e bada ai proble-mi che affliggono questa Terra basta aggirarsi nelle varie contrade nell’agro di Palmi per renderci con-to dello stato di abbandono in cui versano le varie colture che un tempo producevano principalmente degli ottimi prodotti, quali: vini, oli, agrumi e tante altre specialità, anche se in quantità più modesta, che però soddisfavano al bisogno locale. Oggi tutto ciò è quasi scomparso e l’incuria che domina buona parte di questa terre, che un tempo erano fertili, rigogliose e produttive, generano sconforto. Questo grosso problema non è di facile soluzione perché investe un serio ostacolo di natura sociale che in altre regioni (vedi Puglia) godono delle guida e sup-porto delle Istituzioni create a tale scopo. Quanto anzidetto ci aiuta a capire il perché della partenza del popolo dei giovani che memori dei sacrifici e ristrettezze dei loro genitori hanno “tagliato la cor-da” per approdare in altri lidi. Quando si fà qualche addebito alla nostra politica non si pensi ad un’af-fermazione detta con leggerezza ma con parole se-rie e concrete. Se poi proviamo ad allargare il pro-blema che riguarda la politica nazionale dobbiamo constatare che le Regioni più povere, anche per le loro caratteristiche morfologiche, sono state meno aiutate o addirittura ignorate. Probabilmente ciò è dovuto, su scala nazionale alla vastità dei problemi che la politica, quando si impegna, deve affrontare. Naturalmente questo scarso interesse ci porta all’in-credibile, triste e grave vicenda della nave “Costa Concordia”, che forse a causa di qualche possibile distrazione ci ha fatto conoscere con nostro gran-de stupore, che il suo Comandante è stato sollecito nell’abbandonare la predetta nave, mentre l’etica della gente di mare è di tutt’altra dottrina.

Ma a proposito di ciò la nostra memoria ci por-ta a ricordare che nell’ultimo ventennio la politica nazionale non è caduta qualche volta in un simile atteggiamento?

Dopo questa constatazione che riguardano la vita e la natura piuttosto avara della nostra terra, anche se con qualche divagazione, bisogna pur dire, anche se non con argomentazione gioiosa, ma purtroppo con un velo di tristezza che fa parte di molte per-sone di giovane età che per motivi di lavoro sono costretti con qualche rimpianto a lasciare la loro terra d’origine. Per essere più espliciti sul nostro discorso, in seguito risulta chiaro questo argomen-to sia triste, ma che serve ad essere un linguaggio chiaro, comprensivo e veritiero.

Ad esprimere in senso pieno quanto innanzi accen-nato bisogna parlare, purtroppo, di un argomento di natura necrologica che però fa parte della vita.

Durante le giornate, mentre si sta fuori di casa, spesso sotto gli occhi ci tocca leggere manifesti, at-taccati negli appositi spazi, dai quali apprendiamo che molti figli di questa Terra, al fine di procurarsi una esistenza dignitosa sono partiti per città e terre lontane senza portare nella vie del cielo qualche immagine forse carica di nostalgia. Non è molto in-dicato concludere con tale argomento, ma è anche doveroso esprimere un serio e sentito apprezza-mento per questi fratelli spesso meno fortunati di tanti altri.

Ma veramente si è fermato a Eboli?

di Giuseppe Isola

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di Rocco Liberti

La parola Accademia in primo luogo fa pensare di sicuro a quelle lontane

istituzioni culturali che nell’antico mondo greco si proponevano di offrire un insegna-mento di tipo preminentemente umanistico. Indi, conseguentemente la mente si rivolge a quando, fiorita la splendida età rinasci-mentale, nei principali centri urbani della penisola sono andate sorgendo varie simi-lari fondazioni, che hanno preso titolo o dal nome del promotore o dall’interesse perse-guito. Ma, in verità, è nelle età successive, come di norma si verifica per ogni creazione intellettuale umana, soprattutto a partire dal ‘600, che ogni città o paese di una certa importanza ha preteso di dotarsene. Però se, tanto per fare degli esempi, l’Accademia Pontaniana, quella della Crusca o dei Lincei, hanno mantenuto alto fino ai nostri giorni il prestigio iniziale, non è stato così per mol-tissime altre, che hanno avuto funzione es-senziale di cenacoli di poetanti o di dispute oziose su temi astrusi e fuori da ogni logica, come ad esempio il famoso “sesso degli an-geli”. Tuttavia, è giusto ammettere che at-

torno a tali istituzioni venivano a ruotare le forze culturali presenti sul territorio.

La prima accademia nel territorio della Piana di Terranova, oggi di Gioia, è stata istituita a Palmi nel 1673 e, se ciò si è ve-rificato per un fatto accidentale, dobbiamo pur dire che il suo promotore ha trovato nel-la popolazione un fertile humus, nel quale fare attecchire il seme. Il Minieri Riccio nel lontano 1878 scriveva sull’archivio storico per le province napoletane che quell’anno, stando lì lì per scoppiare un grave conflitto a Messina (siamo nel periodo della nota ri-volta) il celebre Gio. Alfonso Borrelli se ne è allontanato ricettandosi quindi a Palmi. Ospite del feudatario, il munifico d. An-drea Concublet, è pervenuto ad istituire in casa dello stesso marchese una «Accademia di scienziati che trattavano discipline alle lettere ed alle scienze naturali pertinenti». Il Borrelli, autore d’importanti opere a ca-rattere scientifico, nato a Napoli nel 1608, che si trovava a Messina forse sin dal 1649 e v’insegnava matematica in quella univer-sità, aveva il pallino delle accademie, tan-to che in successione ha tenuto a fondarne almeno altre due a Pisa ed a Roma. Qui ha intessuto una grande amicizia con la regina

Cristina di Svezia, l’istitutrice di quella Ac-cademia Reale che porterà poi alla famosa Arcadia ed è morto appena nel 1679.

Del sodalizio palmese facevano parte varie personalità, tra cui evidentemente si distinguevano il vescovo di Patti Simone Rao, Domenico Scutano di Otranto, Giovan Battista Abate di Catanzaro, che forse si erano parimenti allontanati da Messina, ma che di sicuro potevano qualificarsi soltanto dei soci corrispondenti e un medico della stessa Palmi, Massimiano Poeta nonché un certo Siciliano non altrimenti specificato. Strano, ma il decesso del Rao o Rau, da pa-recchie fonti qualificato poeta di stile ora-ziano, pindarico e saffico, viene datato al 1659. Comunque, lo si dice di volta in volta insegnante ed alunno del Borrelli. D’altro canto sappiamo ch’egli aveva uno zio omo-nimo e che una sua opera, un volume di rime stampato a Messina nel 1672, è stata curata dallo stesso Borrelli.

Il medico Massimiano Poeta era il padre di Gioacchino Poeta, un protetto del feu-datario Scipione Spinelli, insigne medico lui stesso a Napoli, nella cui università ha insegnato medicina, filosofia, lingua e poe-sia ed è stato anche accademico della Cru-sca. ha pubblicato varie opere. Un tema sul “moto della respirazione”, discusso nell’ac-cademia palmese è all’origine del lavoro di Gioacchino “De uvae sive gurgulionis usu” dato alle stampe in quella stessa città nel 1720. Nulla conosciamo in merito alle altre persone nominate dal Minieri Riccio quali partecipanti all’istituzione di Palmi.

A Melicuccà una Accademia di lettere e poesie è data con inizio 13 giugno 1701 e consacrata appunto a S. Antonio di Padova, il giorno in cui ricorreva la sua festa. Figura ancora in attività nel 1730, mentre tra i soci si segnalano Scipione Correri, così sempre il Minieri Riccio, l’abate Francesco Italiani e Domenico Papalia. Scipione Careri, come scritto più correttamente, che si è occupato di teatro, filosofia, poesia ed ha anche com-pilato una vita di S. Elia, sarebbe il vero fon-datore dell’Accademia. Nato nel 1671, è de-ceduto nel 1761. ha compreso alcuni discorsi accademici nell’opera “Il divertimento del sonno etc.” pubblicato a Napoli nel 1748.

Terza accademia in ordine di tempo è quella originatasi in Oppido ad opera del vescovo Giuseppe Maria Perrimezzi, un vero vulcano nello sfornare opere di ogni tipo, ma soprattutto di genere agiografico. Molto nota una sua “Vita di S. Francesco di Pao-la”. L’istituzione era qualificata Accademia Mariana degli Infecondi e aveva cadenza settimanale. Ecco quanto lo stesso presule ha tenuto a dire in proposito nel primo dei

A PALMI LA PRIMA ACCADEMIADEL TERRITORIOPIANIGIANONEL 1673

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due volumi degli atti pubblicati nel 1719: «La gran divozione in primo luogo, che io, e tutta questa Città, e Diocesi, teneramente e profondamente professiamo a Maria, nostra Signora, la gran Madre di Dio, Protettrice e Padrona della Cattedrale nostra Chiesa, c’ispirò a venerarla con questa spezialità di ossequio, erigendo un’Accademia sotto il nome di lei onde MARIANA fu nominata; e proponendo in essa Problemi a gloria delle principali sue Feste; onde queste non meno si celebrassero nella Chiesa con pietà corri-spondente al debito, che nell’Episcopio con esercizio consegnato al mistero.

Indi il desiderio, che è in me ardentissi-mo, di non veder mai ozioso il mio Clero, e di veder sempre profittevolmente applicato il mio Popolo, me ne diè la spinta più forte, e men rendette l’impulso più efficace».

L’Accademia, sempre a detta del Perri-mezzi, ha riscosso vivo successo, per cui si è visto incoraggiato ad estendere le trat-tazioni a S. Giuseppe, S. Anna e S. France-sco di Paola. A concorrervi e a dar prova della loro preparazione erano «valentissimi uomini», i quali provenivano, oltre che dal seno della città, anche dal territorio della diocesi ed oltre. Scrive ancora il Perrimezzi: «I Componimenti poetici, che vi si recitava-no, né eran pochi, né eran vulgari; tutti non però spiranti pietà e modestia, niuno profa-no, niuno satirico, niuno che offendesse, e il nome di chi n’era lontano, e l’orecchio di chi vi era vicino». Onde attenuare l’indub-bia aridità delle discussioni, si provvedeva ad offrire «canzoni dei migliori musici» e non mancavano «copiosi rinfreschi». L’isti-tuzione si andava abbastanza affermando quando a metterci lo zampino ci si è trova-to il feudatario Spinelli, il quale pretendeva di intromettersi in ogni atto pubblico dioce-sano, soprattutto per quanto riguardava la messa a stampa di atti del sinodo et similia. Dice infatti sempre il vescovo a proposito della sua creatura: «durò più anni, finchè genio invidioso e maligno procurò di distur-barne la bella pace». L’istituzione, anche se combattuta, ha cercato di tirare comunque avanti, ma la scarsa presenza di gente, mi-nacciata o timorosa di possibili conseguen-ze, l’ha fatta finire prima del tempo.

Nel lavoro, di cui sopra, il Perrimezzi sem-bra accennare ad altra accademia da lui pa-rimenti fondata, ma potrebbe anche riferirsi alla “Mariana”. Comunque, in merito non si conoscono dettagli di sorta. Così egli afferma-va: «volli pur istituire un’Accademia di belle lettere, in cui i belli ingegni si coltivassero con profitto, dedicandosi alla pietà ed alla eloquenza, onde poi riuscissero abili a com-parir su i pergami con giovamento de’ Popoli, e’ con merito di loro stessi». Il Perrimezzi era socio di altra accademia, quella di Montalto detta Degli Inculti con nome di Iconalto.

Ancora nel medesimo secolo XVIII altra accademia è sorta a Seminara. Detta Tau-riana, è stata promossa dal padre basiliano Gio. Crisostomo Scarfò. Costui, nato a Mam-mola nel 1685 e morto a Pesaro nel 1740, era anche lui un patito di accademie. Non solo ha collaborato col vescovo di Mileto per la fondazione dell’Accademia Milesia, ma è stato addirittura messo a capo di quella degli Inculti di Montalto, che sovrintende-va a varie succursali in Italia ed all’estero, per cui qualcuno è del parere che anche l’accademia seminarese si qualificasse una sua propaggine. Autore di numerose opere, il nome accademico dello Scarfò era Gri-soparco Pageo. Nel sodalizio di Seminara aveva grado di archiagricoltore col nome di Periandro un dr. Nicola Ciottolo. Lo Scarfò, che per via di molte noie avute con i suoi correligionari girava per l’Italia, al periodo cui si riferisce si barcamenava tra le due diocesi di Mileto e di Oppido.

Ultima creazione di accademie per quan-to riguarda la Piana è avvenuta a Poliste-

na subito dopo il sisma del 1783 auspice il feudatario Giovanni Milano Franco. Titolata Accademia De’ Placidi, era data in vita an-cora tra 1842 e 1843. Lo stemma consisteva in una «lira ed un serto di lauro appoggiato a’ ruderi di edifizi caduti», mentre la leg-genda riportava la frase «Terraemotus inter ruinas placida accademia surgit an. 1783».

Come chiaramente appare da quanto ab-biamo riferito, in ogni paese non mancava-no esponenti di varia cultura, ma è certo che ad avviare determinate iniziative la scintilla è venuta sempre da fuori. è infatti assai verosimile che le stesse hanno vita fin a quando ha operato il loro stesso animato-re o giù di lì.

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Il cuore delle ragazze

Da alcuni anni non mi era più capitato di percorrere l’Italia in treno da Nord a Sud. Quando era stato necessario mi ero spostata in aereo, soprattutto per accontentare mio figlio che, vedendo in me una signora di mezza età, preferiva sapermi al sicuro presto e bene. Ma viag-

giare in treno e viaggiare in aereo non sono la stessa cosa! L’aereo ti isola, è troppo rumoroso, non ti fa socializzare, al massimo un sorriso di circostanza, poi ognuno prega per la sua anima anche se fa finta di dormire o di leggere. Quando l’aereo vola a quote ragionevoli guardi giù, se ti è toccato il posto accanto al finestrino, e ogni tanto vedi il mare, le isole, le montagne, città grandi e piccole, strade lunghe e corte che salgono e scendono. Aspetti che ti dicano ”Ecco sotto di noi le isole del Golfo di Napoli!” “Ecco le Eolie!” “Ecco il mar Adriatico!” Invece niente… tutto tace… e se chiedi ad una hostess “Scusi, Signorina, cos’è quello che vediamo?”, ti risponde con un sorriso bianchissimo che non lo sa, ma se vuoi può chiederlo al comandante. A quel punto ringrazi e dici che non ne vale la pena! Tanto l’aereo, nel frattempo, ha già percorso almeno altri duecento chilometri! Così l’ultima volta che mi trovai a Padova decisi che il ritorno verso Sud l’avrei fatto in treno, in cuccetta. Niente valse a farmi cambiare idea, neanche i mugugni di mio figlio, che cominciò a parlare di vagone letto: io lo zittii dicendo che avevo già prenotato la cuc-

cetta e mi andava benissimo così. Viaggiare in treno mi metteva addosso una strana emo-zione, mi sentivo come all’inizio di un’avven-tura, dove avrei conosciuto tante persone nuove che, nella dimensione atemporale di uno scompartimento, raccontano la propria storia, i segreti, le malattie, le ambizioni e le speranze, che ci fanno compagnia nelle lun-ghe ore di questa strana velocissima avven-tura che é la vita. Qualunque sia la trama, su un treno c’è sempre il tempo per raccontar-la: il viaggio è quasi sempre sufficientemente lungo per qualunque confidenza. La mia pre-notazione era in cuccetta “comfort donna”: 4 posti a dormire solo per donne. L’orario di partenza era stato comodo, nel tardo pome-riggio, quando il buio limita comunque la pos-sibilità di svolgere altre commissioni. Altret-tanto vantaggioso mi era sembrato l’orario di arrivo, di prima mattina. Il pomeriggio della partenza mio figlio mi accompagnò con giusto anticipo alla stazione di Padova, mi comprò una rivista di parole crociate e volle tenermi un po’ compagnia, per quanto a quell’ora la stazione brulicasse di gente. Osservavamo il via vai di gente, per lo più impiegati pendo-lari e studenti universitari, che a quell’ora tornavano a casa distratti e frettolosi. Il mio treno era la “Freccia della Laguna”: formato solo da vagoni cuccette, era partito puntua-le da Venezia e in quell’istante si addentrava in stazione piegando leggermente in curva. Sembrava un lungo serpente di ferro. Provai un dolore quasi fisico nel separarmi dal mio unico figlio, che avrei rivisto soltanto dopo al-cuni mesi: mi girai a guardarlo intensamente, mentre lui mi sorrideva con lo stesso sguardo di sempre, indecifrabile, affascinante; spes-so mi ero sentita involontariamente esclusa dalla sua vita, tuttavia senza mai dubitare neanche un momento del grande amore che lui nutriva nei miei confronti. L’altoparlante gracchiava la dislocazione dei vagoni: “Le carrozze 8, 9, 10 e 11 sono collocate dal cen-tro alla coda del treno, si pregano i signori viaggiatori di salire sul treno solo se provvisti di prenotazione”. La nove era la mia carroz-za. Con il mio piccolo bagaglio - non ho mai portato molta roba, piuttosto, compro ciò che mi serve sul posto – salì sul vagone e mi avvicinai allo scompartimento; giunta davanti alla porta, notai all’interno due ragazze piut-tosto graziose che alzarono lo sguardo verso di me. Entrai pronunciando le solite frasi di circostanza e iniziai a darmi da fare per si-

stemare il bagaglio, allorchè una di loro disse: “Signora, non metta il borsone troppo in alto, poi non ce la farà a tirarlo giù!” “Non è pesante, ci sono poche cose” fu la mia risposta, “Beh, considerando l’età!” “Scusi come ha detto?” “Considerando l’età…” “Ma come si permette, signo-rina? Crede che io abbia l’età del cucco?!” “Mi scusi, signora, non volevo offenderla! Si vede che Lei è ancora molto giovanile.” L’altra ragazza assisteva preoccupata al nostro animato scambio verbale. “Senta Signorina, smettiamola, Lei manca di tatto anche quando vuole essere gentile, presentiamoci e facciamola finita, io mi chiamo Luisa.” “Io mi chiamo Cinzia” cinguettò lei. L’altra ragazza si chiamava Francesca. Così avevo conosciuto le mie compagne di viaggio! Mi sedetti e misi mano alla mia enigmistica, un po’ per rilassarmi, un po’ con l’intenzione di non voler cogliere niente della loro conversazione. Trovavo facilmente le soluzioni dei rebus, gioco nel quale sono sempre stata piuttosto brava, motivo per cui sarei presto passata a risolvere gli anagrammi incatenati. Le ragazze facevano finta di niente ma ogni tanto mi osservavano. In perfetto orario raggiungemmo Bologna e dove il treno si sarebbe fermato per una ventina di minuti; la stazione era animata, molti viaggiatori salirono a bordo e con essi anche la nostra quarta compagna di viaggio. Alzammo la testa perché qualcuno aveva occupato l’intero vano della porta: davanti a noi c’era una sventola di ragazza alta circa un metro e ottanta, che abbozzava un timido sorriso. In lei non c’era niente che non fosse bello: il viso dolce di una freschezza infantile, gli occhi chiari, grandi, espressivi, eppure velati di timore, i capelli biondi molto chiari e lunghi, il corpo ben modellato, morbido, sinuoso. La ragazza, esprimendosi in un inglese corretto, disse che aveva il posto 44 e io pronta risposi che quello era il numero scritto sopra la mia testa, perciò lei era nel posto giusto. Ringraziò e si sedette accanto a me. Non aveva bagaglio, solo una borsa a tracolla. Le mie compagne si guardarono intorno un po’ frastornate, ammiravano la bellezza della loro coetanea e non si erano ancora del tutto riprese dalla sorpresa che una signora attempata come me potesse esprimersi in inglese in modo così naturale. La giovane straniera tenne quasi sempre la testa reclinata e non disse mai una parola. In mano, stringeva un cellulare che per tutto il viaggio non posò mai; ogni ora emetteva uno squillo… era come se la ragazza venisse controllata a distanza: appena ricevuto lo squillo lei rispondeva, digitando velocemente un breve messaggio. Le altre ragazze non le chiesero nulla ed io stessa non intendevo sapere niente di lei; le avrei parlato solo se lei mi avesse rivolto di nuovo la parola. Trascorsero così quasi due ore, durante le quali riempì numerosi cruciverba; le ragazze italiane consumarono la loro cena a base di panini e aranciata, parlando fitto fitto della loro vita; mi offrirono con insistenza una mela, che rifiutai molto cortesemente, avendo consumato il mio pasto serale in precedenza. Ogni tanto mi guardavano e io abbozzavo un sorriso di cortesia o meglio di incoraggiamento: mi rendevo conto che il mio primo approccio non era stato dei più felici. Dalle loro conversazioni emergeva un quadro piuttosto desolante della loro vita, difficile e “incasinata”, termine ricorrente nelle loro considerazioni. Cassiopea

1° Parte

CONTINUA...

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L’espressione “a misura di bambino”, nell’immaginario colletti-vo richiama alla mente un luogo “piccolo”, ridimensionato negli

spazi e nei volumi, una Lilliput, per intenderci, laddove il bambino possa sentirsi uno dei giganti di Brobdingnag, di Swiftiana memoria.

I viaggi di Gulliver, infatti, meravigliosa metafora del mondo, pro-pongono un modello di approccio esperienziale che permette non sol-tanto la conoscenza, ma il “comando” sulle nature eterogenee che ci circondano: potere che non deriva dall’essere più o meno piccoli, ma dall’uso di stratagemmi mirati e da un linguaggio per nulla ricercato, come dimostra l’incontro di Gulliver con i superintellettuali dell’Acca-demia della Scienza di Laputa, i quali si dedicano a ricerche scienti-fiche fini a se stesse e perfettamente inutili per migliorare la società.

La Scuola primaria “De Zerbi”, realizzando una piccola guida verde della città,a misura di bambino, resoconto imperfetto del viaggio di 20 piccoli gulliver per le vie di una Palmi che a noi adulti appare lilli-puziana sotto molti aspetti, vuole dare la misura di quanto poco conti l’intellettualismo, patetico come tutti gli “ismi”, per dare ai ragazzi conoscenze essenziali.

Poche pagine, certo, ma nulla importa il quanto, didatticamente contano le peripezie del come!

Il progetto PON “Am...(bient)…iamoci di più”, nel sottopercorso Ecopolis, mirava ad una riappropriazione fisica dei luoghi pubblici cittadini, della strada intesa come carro di Tespi, spettacolo di vita ambulante, del quale noi adulti ci siamo “cibati” fino ad un trenten-nio addietro, verrebbe da dire in tempi di magra, ma di cui abbiamo disimparato le caratteristiche e stravolto le regole. Adesso c’è di cosa temere sulla strada. Lo sappiamo bene noi adulti, con il senso dell’im-ponderabile tra capo e collo.

Ma la strada resta, comunque, uno spettacolo ambulante con tanto ancora da mostrare: una donna dalla bellezza sfiorita, ma dal fascino inalterato, nella quale ogni “ruga” (nell’antico dialetto vuol dire “vi-coletto”) ha un nome, una storia da raccontare, un sogno, un bisogno, una voce.

Ecopolis: una guida a misura di bambinoBasti pensare alla colonna romana sita in Piazza Matteotti. Se po-

tesse parlare chissà quante vicende potrebbe narrarci, a ritroso ma-gari, cominciando con il lamentarsi dei depositi maleodoranti che giacciono sul fondo della sua vasca e che assuefatti cittadini osserva-no con lo spirito del “non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. Pro-prio là, dove la nostra “Piazza Scivola” accoglieva torme di giovani all’uscita di scuola, e diventava agorà,cuore pulsante e porto franco di idee e progetti,giace in un mesto abbandono una delle vestigia più significative della nostra storia cittadina.

L’usufrutto della strada ai piccoli abitatori: ecco il tentativo “le-gale” dell’Ecopolis. L’usufrutto della sua parte migliore, degli alberi, delle aiuole, del rispetto verso ciò che è di tutti, ma soprattutto lo sguardo di figli responsabili, che ci auguriamo siamo “lievito” di una città più vivibile e una realtà più sostenibile in senso ecologico, ma non solo.

E’ per questo motivo che i 20 piccoli Gulliver saranno presto insigniti del titolo di Vigili Civici, con tanto di pettorina di riconoscimento. Se mai doveste incontrarli per le strade della nostra Lilliput sappiate che sono la nostra speranza: dobbiamo soltanto riuscire a spostare l’occhio del Grande Fratello sull’infinitamente piccolo per ri-scoprire anche noi adulti l’“infinitamente grande”, con tutti gli annessi e connessi.

di Enza Spatola

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di Walter Cricrì

La pancia si riempie ma è la testa che si sfama, è il cer-

vello che ci guida nell’alimenta-zione è lui a emettere giudizi: buono, cattivo, repellente, caldo, freddo eccetera. E proprio lui do-vrebbe essere il protagonista del-le scelte quando si mangia, non solo per apprezzare o meno le pietanze, ma anche per conside-rare su ciò che si sta ingurgitan-do. Sovente, tra l’altro, si utilizza a proposito e a sproposito l’afo-risma del filosofo Ludwig Feuer-bach, “l’uomo è ciò che mangia”; frase ormai superata, visto che “l’uomo mangia ciò che presume di mangiare”. Spesso è ingannato da etichette, pubblicità, sofisti-cazioni e contraffazioni, costrin-gendoci ad imparare a “mangiare con la testa e non con la pancia”. A tavola, molto spesso, non si cerca di approfondire, di apprez-zare con consapevolezza, ciò che viene servito nel piatto. S’ingoia solo per il piacere della pancia. Sempre più spesso, è la ricetta la vera protagonista indiscussa della tavola; magari anche la composi-zione nel piatto, messa insieme da colui che viene considerato come un designer dei fornelli, re-legando in secondo piano il vero cuore della tavola: il percorso, e cioè gli ingredienti, la materia prima, l’agricoltura, la terra.

In molte trasmissioni televisive, lo chef, quando presenta il piat-to, racconta tutto del SUO proce-dimento in cucina, che è solo “un ingrediente” della ricetta. Spesso si disconosce o non si fa neanche menzione sull’origine di quella carne, come sia stato alimentato l’animale, con quale arte si è pre-disposto il taglio…

Per non parlare della poca con-siderazione riservata al pane (il cui livello, specie nella ristora-zione, è molto basso). Pur essen-do il primo alimento che raggiun-ge la tavola, il vero “biglietto da visita”, che accompagnerà quasi tutte le pietanze, viene racco-mandato solo quando è alle noci, alle olive, alla cipolla, al pomo-doro, ma nulla viene detto sulla tipologia della farina utilizzata, sul tipo di lievitazione, sul pro-cesso di cottura...

Un capitolo ancora più miste-rioso è il pesce. è sempre “lo-cale”, appena pescato, ciò che viene servito è addirittura acqui-stato dalla barca; e per questo motivo, molti ristoratori sosten-gono (con grave torto e poca pro-fessionalità) che non c’è bisogno di abbatterlo (n.d.r. raffreddarlo velocemente a temperature al di sotto dello zero). Raramente s’in-forma il cliente se il pesce è di mare o di allevamento, estensivo o intensivo e da quale Paese pro-viene (alla larga da pesci allevati in Grecia e Turchia!). A volte, poi, a seconda della popolarità del locale, vi sono commensali facil-

Mangiamo con la Testa!

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Stufato di BorragineA proposito di tradizione, territorio e cucina antica, da tempo ho sentito parlare di una pianta erbacea annuale, la borragine (Borago officinalis, L.) come di una pianta dalle caratteristiche culinarie pregevoli; esistono varie ricette regionali, dalle frittelle alla frittata, dagli gnocchi ai tortellini, dal risotto allo stufato, e soprattutto la nostra vicina Sicilia detiene la palma della varietà culinarie riferite a questa pianta. Pur non essendo raccomandata in gravidanza e in allattamento, per la presenza di alcaloidi pirrolizidinici,

possiede una miriadi di proprietà (tonica, diuretica, espettorante, sedativa, antidepressiva, anti-infiammatoria, emolliente, …). Ma veniamo alla ricetta semplice semplice, che ho potuto sperimentare appena avvistati i primi germogli di quest’anno:

• 500g di germogli di borragine• 4/5 patate• 4/5 pomodori • un gambo di sedano• semi di finocchio, sale e olio extrav. d’oliva q.b.

Dopo averla raccolta, in un campo lontano dal ciglio della strada (per ovvi motivi), e lavata, disporre a strati con le patate tagliate a cubetti, non molto piccoli, il sedano e pomodori a tocchetti. Insaporire con semi di finocchio e salare, tra uno strato e l’altro; infine condire con l’ olio extravergine d’oliva e mettere sul fuoco molto basso. Quando inizia a soffriggere leggermente, aggiungere un bicchiere scarso di acqua calda. Lasciare cucinare sino a quando le patate iniziano a sfaldarsi, così da legarsi bene con la pasta: consigliati i fusilli.

mente condizionabili dal maître di sala o dalla fama dello chef, e timorosi di far brutta figura: non solo non hanno il coraggio di chiedere da quali acque arrivi il pescato, ma neppure quale sia la tecnica di cottura o gli orpelli di contorno.

Si potrebbe continuare così per le verdure, per frutta e dolce.

La verità è che sparisce dal ta-volo l’aspetto più affascinante e forse, qualche volta, pure poeti-co del “dietro le quinte”: i crea-tori delle materie prime, ovvero-sia agricoltori, mugnai, macellai, panettieri, casari, pescatori etc. Un mondo silenzioso che rara-mente diventa protagonista, ma che “la testa” del banchettante dovrebbe riconoscere, con un viaggio a ritroso (leggasi filiera) su tutto ciò che sta “trangugian-do”, immaginando l’articolato tragitto, i luoghi, il procedimen-to per ottenere quel formaggio o quel pesce, piuttosto che quella carne o quelle uova.

Che tutto il lavoro di Backsta-ge sia poco valutato, lo dimostra il fatto che le attenzioni sono sempre rivolte a coloro che “rag-gruppano” gli ingredienti, a cui spesso viene riconosciuta anche una qualità artistica. Ma non sarà che pure il produttore di materia prima, frutto di manualità rara e tramandata, di gestualità, di conoscenza rara, avrebbe i titoli per definirsi “artista”?!

Viva i “tecnici” nascosti… Viva gli artigiani del gusto… Viva le tradizioni!

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di Nella Cannata

Mercoledì 28 marzo presso l’Istituto Tecnico Commerciale Einaudi, è stato presentato al pubblico il secondo libro di Denise Zoccali “Voglia di vita”. L’autrice, una ragazza

di Gioia Tauro morta a febbraio dello scorso anno in seguito ad una malattia che l’ha al-lontanata per tre anni da questa scuola, rivela in queste pagine tutto il dolore e la pena per il forzato distacco dagli affetti e dai gesti quotidiani che davano significato alla sua esistenza. L’ospedalizzazione ha comportato l’ assenza di Denise dalle lezioni ma, grazie all’impegno di professori e compagni e soprattutto grazie alla forte volontà, la ragazza è riuscita a continuare il suo percorso scolastico utilizzando i sistemi tecnologici multime-diali. L’istituto ha, infatti, potuto garantirle, per mezzo della scuola “polo” di Cosenza, una istruzione domiciliare, anche se nella scuola superiore, cioè per la fascia di età non più legata all’obbligo scolastico, non è ancora previsto né un percorso di istruzione speci-fico, per chi sia impossibilitato a frequentare la scuola, né una sua formale valutazione. L’esperienza di Denise ha evidenziato la lacuna normativa nella disciplina di questi casi e ha offerto l’occasione per sollecitare, attraverso petizioni e istanze, un intervento le-gislativo in merito. All’evento, organizzato dalla prof.ssa La Capria, docente dell’Istituto, hanno partecipato tutti gli alunni e sono intervenuti il Prof. Sebastiano Toscano, le Prof.sse Caterina Provenzano e Lilla sturniolo. In qualità di critico letterario era presente il dott. Santino Salerno che ha dato una particolare chiave di lettura del testo rilevando soprat-tutto il peculiare e tragico input che lo ha generato. “Una piccola grande testimonianza”, dice, “un atto militante che abbraccia tutti i principi fondamentali della vita:Il tema del dolore universale, la dimensione dell’umano rispetto all’universo, il senso dell’esistenza. Ciò che più mi ha colpito è stato proprio il tema del dolore, quando questo si riversa sugli innocenti” afferma Salerno, “non c’è una ragione, eppure travolge qualsiasi religione. C’è il dolore aggiunto al dolore e l’uomo di fronte al suo destino. Denise ci insegna che la vita è nelle piccole cose (la musica, il mare, la scuola, i dolcetti della mamma)che riempiono i giorni e le danno valore e significato”. La prof.ssa Sturniolo, commentando il libro, ha affermato che Denise ha compreso il mistero della vita perché è stata esclusa dalla pro-fondità della vita stessa, dalla realtà di tutti i giorni. “E’ stata una ragazza che, anche se sofferente, non si è soffermata su di sé ma ha allargato il suo sguardo verso gli altri, verso il dolore del mondo a differenza di tante persone che escono dal loro dolore con più rabbia e con rancore e non si accorgono che sono già morte dentro. L’essenza della vita, invece, è sevizio agli altri. Denise ha saputo dedicarsi agli altri, è stata un esempio per tutti i suoi compagni e ha lasciato a tutti i giovani il compito più grande, quello di vivere! Perché il tempo che ci viene donato è troppo poco e troppo importante perché possa venire sper-perato”. L’evento si è concluso con un saluto musicale a Denise da parte degli alunni del progetto “Musica viva” che hanno voluto così manifestarle stima e riconoscenza per l’ami-cizia e il calore umano che ha saputo donare nella sua breve esistenza.

Voglia di vita(La vita è nelle piccole cose)

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di Rocco Cadile

La Partita del Cuore che è arrivata alla nona edizione,

anche quest’anno ha rinnovato il proprio appuntamento con la so-lidarietà. L’obiettivo della manife-stazione, che ha visto impegnati una rappresentativa delle Forze dell’Ordine - Magistrati opposta a quella delle Vecchie Glorie, è stato quello di raccogliere fondi (il ricavato è stato di euro 2932) a so-stegno della fondazione “Mamma Africa”. Lo scopo benefico della manifestazione, ha messo in risal-to, come in un momento di decli-no dei valori umani, ci siano an-cora molte persone, in particolare giovani che si adoperano per fare del bene. La risposta dei ragazzi, che numerosi hanno partecipato con grande generosità, è stato un segnale di tanta voglia di cambia-mento. La loro presenza è stata la testimonianza più eloquente di solidarietà, un tema molto senti-to, nei confronti degli immigrati di Rosarno, in gran parte giovani come loro, (alcuni erano presenti alla gara) con un futuro incerto, ma anche l’occasione per fare ve-dere che non sono soli, donando loro un sorriso sincero per ali-mentare la speranza. Non poteva mancare a un appuntamento così importante e significativo, Norina Ventre, madrina della manifesta-zione, che ha dato il calcio d’i-nizio, conosciuta da tutti come “MAMMA AFRICA”, colei che da molti anni, aiutata dai volontari della Caritas e Azione Cattolica, dona assistenza, offrendo pasti caldi, ma anche indumenti, agli immigrati che arrivano a Rosar-no. E’ ormai risaputo, che que-sti ragazzi colmi di aspettative per un futuro migliore, la cui età media non supera i 25 anni, vivo-no in condizioni quasi disumane, sfruttati da gente senza scrupo-li, e “Mamma Africa, in silenzio e senza grandi clamori è incon-dizionatamente al loro fianco, per aiutarli a ritrovare la dignità che le “sanguisughe dei datori di lavoro” gli sottraggono quotidia-

La Partita del Cuore per “MAMMA AFRICA”

namente. Promuovere iniziative di aiuto, di notevole impatto sul territorio, attraverso la “Partita del Cuore”, è importante, perché si da un segnale positivo di come si può coniugare l’impegno sociale con lo sport, soprattutto quando i beneficiari di queste manifesta-zioni sono persone che soffrono. La manifestazione ha regalato momenti di alta rappresentatività quando la voce ufficiale, Gianni Parrello, grande comunicatore, che ha reso speciale l’incontro, ha dato la parola al Dott. Giusep-pe Creazzo Procuratore Capo di Palmi: “Avrei voluto essere qui in tenuta sportiva, per stare insieme con voi, ma impegni istituzionali me lo impediscono. Tra poco devo raggiungere Taurianova per pre-senziare alla commemorazione di due carabinieri uccisi dalla mafia. L’iniziativa di oggi ha un preciso significato. Vuole dimostrare che la scuola, la società civile, le for-ze dell’ordine, devono interagire insieme, invertendo la tendenza, se vogliamo avere un futuro più evoluto, in una terra martoriata da situazioni di criticità e, mi rife-risco anche allo sfruttamento de-gli immigrati. La presenza di tanto pubblico, vista l’iniziativa nobile della manifestazione, è la prova che c’è un desiderio comune per rompere quel muro d’indifferenza nei confronti degli extracomunita-ri”. Si ricorda che è stata proprio la Procura di Palmi diretta dal Dott. Giuseppe Creazzo, a svela-re un’associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della manodopera straniera, con con-seguenti arresti. L’evento è stato arricchito dall’intervento della in-comparabile Dott.ssa Maria Rosa Garipoli, funzionaria del comune di Palmi, responsabile del setto-re Pubblica Istruzione e Sport, che ha collaborato con impegno e professionalità: “Ringrazio il Procuratore Creazzo per la sua si-gnificativa presenza che insieme a una rappresentanza di Magistrati e forze dell’ordine, oggi in cam-po, ha dato un esempio che raf-forza di più la fiducia dei cittadini

nei confronti delle istituzioni. Un ringraziamento sentito alla Dott.ssa Antonia Bellomo, Commissaria Prefettizia del comune di Pal-mi, per la sensibilità dimostrata, e anche ai Dirigenti Scolastici, Prof.ssa Maria Corica (Liceo Pizi), Prof.ssa Carmela Ciappina (Istitu-to Agrario e Professionale), Prof. Francesco Bagalà (Magistrale), Prof. Antonio Muzzupappa (Tec-nico Commerciale e Artistico), Prof. Antonio Previtera (Zagari –Milone-Minniti), Prof. Annunzia-to Santoro (Scuola Primaria De Zerbi-S.Francesco), protagonisti insieme agli insegnanti e alunni, della raccolta fondi e agli organiz-zatori della manifestazione”. Da segnalare un bel gesto da parte di due professionisti palmesi che, a fine gara, spontaneamente, hanno consegnato alla Dott.ssa Garipoli un piccolo contributo. L’evento ha raggiunto il suo momento più emozionante, quando il Comples-so Bandistico “Vincenzo Nostro”, diretto dal Prof. Bruno Zema, ha suonato in un silenzio surreale, l’Inno di Mameli. La presenza dei musicisti di Seminara, città dalle grandi tradizioni bandistiche, che hanno aderito all’invito, è stato per tutti motivo di grande soddi-sfazione, ma anche un segno per la Città di Seminara che c’è una società civile che vuole cambiare e crescere. Cronaca: la determi-nazione e la voglia di vincere del-le Forze dell’ordine, non sono ba-state per superare le Vecchie Glo-rie che gli hanno rifilato una pe-sante sconfitta. La partita molto intensa già dal primo minuto, ha visto la supremazia degli ex cal-ciatori, anche se bisogna dire che l’agguerrita compagine di capitan Giovanni Calabria, grande regia la sua, non è stata a guardare. La formazione delle “istituzioni” si è schierata in campo, presentando una granitica difesa con alle spalle il forte portiere Orsino, composta da Bucarelli esterno destro basso, il roccioso Puccio a coprire la fa-scia sinistra, nella zona centrale stazionavano l’aitante Bravo, e un po’ staccato l’ indemoniato Citri-

gno, nella linea mediana a rintuz-zare le giocate avversarie giostra-va il caparbio Blasi, mentre a cen-trocampo imperversavano con un gioco duro Bongiovanni e Galante, a dettare i tempi per i dinamici attaccanti Tringali e Ferulli ci ha pensato il valido registra Calabria. Le Vecchie Glorie, allenate dal Prof. Raffaele Fotia, persona spe-ciale per la quale i ragazzi nutro-no particolare affetto e simpatia, rispondono con uno schieramento che imbriglia gli avversari, impri-mendo inoltre, nonostante la non più giovane età, un ritmo molto alto, dove in difesa hanno gigan-teggiato Avventuroso P., Gullo, Ventrice, Romola che hanno reso vita facile al numero uno Tede-sco A. Nella zona nevralgica del campo Tedesco F. e Cadile Roc-co, non si sono fermati un attimo macinando gioco, coadiuvati dal rapido Pirrottina e dal propulsore Saffioti, per servire gli estrosi at-taccanti Fotia e Cadile Rosario. La prima frazione di gioco si è chiusa sul tre a zero in favore delle Vec-chie Glorie con gol di Fotia, Cadi-le Rosario, Saffioti, mentre per la squadra opposta Ferulli, accorcia le distanze nel secondo tempo. Nella seconda frazione di gioco la squadra di capitan Calabria si è servita di forze fresche inserendo l’incontrista Gandolfi, il Portiere Andidero, giocatore di “peso”, e l’attaccante De Francia. Men-tre per la squadra vincente sono entrati Maisano, Filippone, che hanno preso posto a centrocam-po, Mambrino e Avventuroso C. a difendere, il funambolo Pacilè e l’estroso Mangione hanno dato filo da torcere ai difensori avversari, mettendo a segno rispettivamen-te una rete. La musica, quindi, nella seconda frazione di gioco non è cambiata e al fischio finale del competente direttore di gara Carmelo Angì, l’incontro si è con-cluso per cinque a uno in favore delle Vecchie Glorie. La gioia più grande per i protagonisti è aver ricevuto il sorriso dei “figli” di Mamma Africa, che felici hanno assistito all’incontro.

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La Partita del Cuore per “MAMMA AFRICA”

VECChIE GLORIE

Tedesco A.RomolaVentrice

Avventuroso P.Cadile Rocco

GulloPirrottinaTedesco F.

FotiaSaffioti

Cadile RosarioMaisanoPacilè

Avventuroso C.FilipponeMambrinoMangione

All. R. Fotia

Marcatori:Fotia 16° pt

Cadile Rosario 32° ptSaffioti 38° ptPacilè 31° st

Mangione 40° st

RAPPR. FORZE DELL’ORDINEMAGISTRATI

OrsinoBlasi

BucarelliCalabriaCitrignoBravo

GalanteTringali

BongiovanniPuccioFerulli

AndideroGandolfi

De Francia

Marcatore:Ferulli 34° st

Arbitro:Angì Carmelo

5 - 1

Rocco Cadile e Norina Ventre (Mamma Africa)

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L’Ekuba Volley – Palmi, nono-stante abbia alle spalle, ap-

pena quattro anni di attività, an-che se i dirigenti hanno un lungo passato sportivo in questo setto-re, è una delle principali realtà sportive del panorama pallavoli-stico calabrese. Il sodalizio che milita nel campionato di serie C, femminile, oltre che in quello di 2^ Divisione e Under 16, pre-sieduto da Francesco Badolati, sta dimostrando, per le scelte operate, lungimiranza sportiva e societaria. Francesco, grande persona, conosciuto e stimato da tutti, che ha al suo fianco collaboratori, altrettanto capaci e apprezzati, come il Direttore Generale Dott. Gaetano Boretti, il V. Presidente Vincenzo Versi, il Segretario Francesco Braganò e la responsabile alle finanze Rosy Lucà, ha messo in piedi un soda-lizio, un’isola felice, dove tanti atleti vorrebbero approdare, che si contraddistingue per serietà e professionalità. L’intento della società che, inoltre, vanta diri-genti come il dinamico Eugenio Crea, il concreto Antonello Scar-fone, Antonio Mariano, Viviana Minasi, Antonio Tedesco, Giusep-pe Balzamà, è quello di creare un polo pallavolistico di primo livello per Palmi e dintorni. La società ci crede, ed è animata da buoni propositi per riusci-re in questi programmi, perché è cosciente che l’immagine e il progresso di un paese passa an-che attraverso lo sport. Sareb-be ora che il sodalizio palmese,

Ekuba Volley Palmi: magnifica realtà

In piedi - Celi (ALL.), Barone, Da Silva, Marturano, Crucitti, Loprevite, Marques, Careri, ZavagliaSedute - Cilona, Greco, Carrozza, De Araujo, Guerrera

trovasse il sostegno dell’ammi-nistrazione locale, fino adesso bieca nel dare il giusto ricono-scimento all’attività sportiva, come bene d’interesse collettivo e sociale, o di qualche impren-ditore palmese. Il progetto della società, è quello di coinvolgere più giovani possibili, divertendo e educando gli atleti alla leal-tà, infondendo loro la passione e l’impegno, ideali che caratte-rizzano l’Ekuba, per essere un esempio positivo per le altre realtà sportive dentro e fuori la municipalità. Una delle compo-nenti più importanti, è la forte impronta societaria e, cioè, ca-pacità gestionale e competenza, che la portano ad avere un’orga-nizzazione eccezionale, quindi: presidenza, direzione generale, settore amministrativo - finan-ziario, settore tecnico sportivo, comunicazione –marketing, staff medico, ufficio legale, organiz-zazione eventi, settore stampa, fotografo, infrastrutture e mate-riale sportivo. Tutte cariche, che all’interno della società trovano uno sviluppo efficace che proiet-tano l’Ekuba a qualsiasi traguar-do. La dimostrazione eloquente è stata data anche quest’anno, arricchendo la squadra con l’in-serimento di un’altra straniera di nazionalità brasiliana, affiancan-dola alle due già in forza, che insieme al già collaudato organi-co, stanno contribuendo a por-tare la squadra nei play off. La scelta dell’identità etnica delle giocatrici carioca, non è stata un’idea a caso. I dirigenti, oltre alle qualità tecniche, hanno te-nuto in considerazione “la gio-

vialità che caratterizza questo popolo, portando nell’ambiente, una ventata di allegria, ma so-prattutto per rappresentare un termine di confronto con un’al-tra realtà sportiva”. Il merito è anche dell’allenatore Enzo Celi, palmese doc, con un’attestata esperienza pallavolistica. Enzo è un tecnico preparato, ca-ratterialmente vulcanico, che sprizza energia, a volte a danno dell’empatia, riuscendo, però, a trasmettere carica agonistica, tenendo sempre in scacco le sue pallavoliste. Sdrammatizza l’er-rore, soprattutto in gara, senza mai colpevolizzarle. Non usa mai atteggiamenti “coercitivi”, per-ché sa che tale comportamento renderebbe le ragazze più insi-cure e vulnerabili, a svantaggio di un’efficace prestazione. Il tecnico può contare su giocatrici di valore, che hanno un atteggia-mento di grande maturità, dimo-strando per la gioia della società, di aver superato la cultura dell’a-libi, caratteristica negativa, che spesso crea turbativa nell’ambi-to della squadra e allontana l’at-leta dalle proprie responsabilità. Il gruppo ben affiatato, si avvale delle palleggiatrici De Araujo e Crucitti che con le loro giocate disegnano traiettorie perfette, il libero Carrozza si dimostra ricettiva e provvidenziale negli interventi, le ali Martutano, Lo Previte, Cilona e Greco rappre-sentano una sicurezza, le cen-trali Careri, Barone, Marques sono un’esplosione di energia con le loro violente e portento-se schiacciate, l’opposta Da Silva colei che sublima il gioco per l’e-

leganza e la capacità realizzatri-ce, e dulcis in fundo la reattiva Guerrera (ala), Zavaglia (centra-le) esperte e indispensabili gio-catrici, risorse della compagine palmese. Dal settore giovanile, fiore all’occhiello dell’Ekuba, con i suoi indiscussi allenatori, Enzo Guerrera (2^div), Antonel-lo Fotia (under14), Fabiola De Araujo Sousa (under 16) e Suelen Da Siva Oliveira (mini volley), si sono registrate belle soddisfa-zioni con alcune giocatrici con-vocate in varie selezioni regio-nali. La presenza viva e attiva di una società come l’Ekuba, do-vrebbe essere un orgoglio per la nostra città, perché una società sportiva, non è solo luogo dove si fa sport, ma è molto di più. E’ una grande agenzia educativa, scuola d’incontri e di esperien-ze al servizio dei giovani. Ecco perché, dobbiamo dire grazie al Presidente Francesco Badolati e a tutti i suoi collaboratori, che consideriamo i veri “eroi socia-li” di Palmi, che, con i fatti, si dimostrano, parallelamente ai responsabili di altre sane asso-ciazioni sportive palmesi, per-sone che disinteressatamente, rimettendoci soldi, offrono un prezioso servizio formativo, per-ché hanno a cuore le sorti dei giovani e della città. Ci augu-riamo un’assunzione di respon-sabilità da parte della nuova amministrazione comunale, che s’insedierà da qui a poco, per incoraggiare e dare fiato a que-sti arditi Dirigenti, in modo che Palmi possa assumere un ruolo di primo piano a cominciare dal-lo sport.

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