Madreterra - Palmi e Dintorni - numero 7

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www.madreterranews.it MadreTerra Palmi & Dintorni www.madreterranews.it Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010 PERIODICO DI CULTURA ED INFORMAZIONE OMAGGIO F RE E PRESS - FREE PRESS FREE PRESS - F FRE E PR ESS - FREE PRESS FREE PRESS - FREE L’EDITORIALE TRA STORIA, MITOLOGIA E NATURA UNO SGUARDO DAL TRACCIOLINO pag. 20 di Gianf. Lucente ANTONIO CERRA pag. 16 di Cettina Angì I n un pomeriggio assolato, quasi afoso, grazie alla gen- tilezza della Dott.ssa Rossel- la Agostino - Responsabile del- la Soprintendenza per i Beni archeologici della Calabria e coordinatrice dell’ attività di ricerca - che ci ha dato la possi- bilità di effettuare un sopralluo- go ed un reportage fotografico dei due principali siti che stan- no riportando alla luce i tesori dei millenni passati, scopriamo come la storia ci abbia accompa- gnato fino ai giorni nostri supe- rando ere, civiltà ed eventi na- turali e come tutto ciò sia stato prima creato, poi semidistrutto e coperto ed ora riportato alla luce con cura quasi maniacale. Ci lascia esterrefatti la passio- ne di chi opera all’interno del futuro “Parco Archeologico di Taureana”. Il sole picchia sulla pelle con violenza e la polvere è un tutt’uno con l’aria respirata, ma l’emozione della scoperta è sempre dietro l’angolo. Siamo for- tunati! Antonio Tedesco, volonta- rio dell’Associazione S. Fantino, segue i lavori e ci accompagna nel nostro tour “privato” all’interno del parco e praticamente in diret- ta, avviene il ritrovamento di una moneta antichissima, irriconosci- bile, ma probabilmente risalente all’epoca dell’insediamento roma- no sul territorio. Ci dedica quasi due ore, Antonio, ci accompagna e ci illustra i pas- saggi storici del luogo, le meravi- glie scoperte e riconsegnate ai no- stri occhi e quelle trovate ma non ancora riportate alla luce, in atte- sa di nuovi fondi (quelli di questa campagna di scavi sono ormai ter- minati) per il completamento dei lavori nei siti. L’età protostorica vede svilup- parsi su parte del pianoro di Tau- reana un abitato risalente all’età del bronzo (XVII - XI secolo a.c.). L’arco temporale che va dal IV al I secolo a.c. è invece riconducibile, secondo gli archeologi, agli svilup- pi abitativi dei Bretti (popolo che staccatosi dai Lucani comincia ad abitare le terre di Calabria). continua a pag 2 . . . & pag. 10 Don Vitt. Castagna di Giorgia Gargano pag. 4 LA STORIA CHE CI APPARTIENE... Paolo Ventrice FINALMENTE POTREMO GODERE DEGLI SCAVI ARCHEOLOGICI ED ENTUSIASMARCI DAVANTI ALLA SPETTACOLARITÀ DI UN TEATRO ROMANO TRA I PIÙ GRANDI DELLA CALABRIA. MAURIZIO CARNEVALI INCORONAZIONE DELLA MADONNA DALL’ALTO MARE

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Associazione Culturale Madreterra

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MadreTerraPalmi &Dintorni

www.madreterranews.it Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010PERIODICO DI CULTURA ED INFORMAZIONE

OmaggiO FREE PRESS - FREE PRESSFREE PRESS - FFREE PRESS - FREE PRESSFREE PRESS - FREE

l’editOriale

tra stOria, mitOlOgia e natura

unO sguardO dal tracciOlinO

pag. 20di Gianf. Lucente

ANTONIO CERRA

pag. 16di Cettina Angì

In un pomeriggio assolato, quasi afoso, grazie alla gen-

tilezza della dott.ssa rossel-la agostino - responsabile del-la soprintendenza per i Beni archeologici della calabria e coordinatrice dell’ attività di ricerca - che ci ha dato la possi-bilità di effettuare un sopralluo-go ed un reportage fotografico dei due principali siti che stan-no riportando alla luce i tesori dei millenni passati, scopriamo come la storia ci abbia accompa-gnato fino ai giorni nostri supe-rando ere, civiltà ed eventi na-turali e come tutto ciò sia stato prima creato, poi semidistrutto e coperto ed ora riportato alla luce con cura quasi maniacale.

Ci lascia esterrefatti la passio-ne di chi opera all’interno del futuro “Parco archeologico di taureana”. Il sole picchia sulla pelle con violenza e la polvere è un tutt’uno con l’aria respirata, ma l’emozione della scoperta è

sempre dietro l’angolo. Siamo for-tunati! antonio tedesco, volonta-rio dell’Associazione S. Fantino, segue i lavori e ci accompagna nel nostro tour “privato” all’interno del parco e praticamente in diret-ta, avviene il ritrovamento di una moneta antichissima, irriconosci-bile, ma probabilmente risalente all’epoca dell’insediamento roma-no sul territorio.

Ci dedica quasi due ore, Antonio, ci accompagna e ci illustra i pas-saggi storici del luogo, le meravi-glie scoperte e riconsegnate ai no-stri occhi e quelle trovate ma non ancora riportate alla luce, in atte-sa di nuovi fondi (quelli di questa campagna di scavi sono ormai ter-minati) per il completamento dei lavori nei siti.

L’età protostorica vede svilup-parsi su parte del pianoro di Tau-reana un abitato risalente all’età del bronzo (XVII - XI secolo a.c.). L’arco temporale che va dal IV al I secolo a.c. è invece riconducibile, secondo gli archeologi, agli svilup-pi abitativi dei Bretti (popolo che staccatosi dai Lucani comincia ad abitare le terre di Calabria).

continua a pag 2 . . .

&

pag. 10 Don Vitt. Castagna di Giorgia Gargano pag. 4

la stOria che ci aPPartiene...

Paolo Ventrice

finalmente potremo godere degli scavi archeologici ed entusiasmarci davanti alla spettacolarità di un teatro romano tra i più grandi della calabria.

MAURIZIO CARNEvALI INCORONAZIONE DELLAMADONNA DALL’ALTO MARE

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2Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

AttuAlitA’ Palmi

Scavi effettuati nei pressi del tempio di Donna Canfora

La strada lastricata che costeggia ad Est un abitato e ad Ovest il teatro romano appena scoperto

Particolare di una condotta nell’abitato Bretto situato quasi ai piedi dell’attuale Torre Saracena

Cavalchiamo i secoli e giungiamo all’epoca in cui gli Italici Tauriani (la civiltà che abitava il luogo) affronta-rono con i romani la prima guerra Pu-nica (probabilmente prorprio nelle ac-que di fronte a Taurianum). In seguito, dopo essere caduti sotto il dominio dei Cartaginesi (seconda guerra Punica), si ribellano e, con Roma, scacciano defi-nitivamente gli eserciti di Annibale. E’ grazie a questo rapporto con i romani che si sviluppò uno dei periodi più fio-renti per Taurianum che si conquista un’autonomia politico-amministrativa e tende a strutturare il Pianoro con le architetture tipiche di Roma, costruite o affiancate ai preesistenti nuclei abi-tativi di fattezza Bretta.

E’ assurdo, da parte nostra, in questa fase, tracciare con perfezione la cro-nologia delle epoche appena accenna-te o di quelle che seguirono il passaggio dei romani, tale è la vastità della docu-mentazione e dei ritrovati archeologi-ci, senza uno studio adeguato, portato avanti da studiosi esperti.

In passato, fin dai tempi delle prime iscrizioni conosciute che riguardavano rilievi geografici quali quelli di Strabo-ne, o addirittura di alcune Periegesi del-la Magna Grecia, ci sono stati evidenti errori di segnalazione di abitati e della posizione geografica che occupavano, per cui, oggi, si riscontrano spesso dif-ficoltà nel rimettere assieme i pezzi di questo immenso mosaico e soprattutto nell’interpretare correttamente i segni che sono giunti fino a noi.

E’ storia più moderna (si fa per dire) quella che ci giunge più familiare, le-gata a leggende (Donna Canfora) e ai Saraceni (impersonati dai nostri folklo-ristici Giganti), storia che non ha forse un grande rilievo archeologico ma che ha, al contempo, un’importanza storica legata ai periodi di conquista dei bizan-tini (anche loro hanno trasferito un’im-mensa cultura ai Tauriani), dei longo-bardi, normanni ecc.., passando dalle distruzioni, pressocchè totali, del 445 ad opera dei vandali, a quella, pro-babilmente definitiva, ad opera degli Arageni nel 951(fonte “Storia Archeolo-gica di Taurianum” di V. Saletta).

E’ un percorso storico affascinante che si lega ai ritrovamenti nel sito Ma-mertion in località Mella di Oppido M., dove, come suggerisce la Dott.ssa Ago-stino, esistono gli stesi bolli laterizi che contrassegnano, in maniera inequivo-cabile la produzione di questi materiali da parte del popolo dei Tauriani.

Ovviamente va sottolineato il fatto che, per la prima volta, si sta lavoran-do per rendere praticabile e visibile a tutti la zona degli scavi. Si stanno in-fatti creando le condizioni di sicurezza e i percorsi atti ad accogliere un grande pubblico di curiosi ed appassionati che potranno, così, godere della conoscen-za di guide archeologiche e dello splen-dido luogo, unico nel suo genere, tra vegetazione e storia.

Paolo Ventrice

. . . dalla prima pagina

Staccionata di protezione sul bordo del piano-ro costruita per regalare un meraviglioso pa-norama, proprio sopra lo “Scoglio dell’isola”

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3 Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

AttuAlitA’ Palmi

di Rossella Agostino

scOPriamO assieme il nuOVO “PARCO ARCHEOLOGICO DI TAUREANA”

secOli di stOria riPOrtati alla luce dalla tenacia di studiOsi ed aPPassiOnati, PrOnti Per essere Visitati e cOndiVisi cOn tutti

tracciamO i cOntOrni d’una stOria che semBraVa esserci sFuggita ma che sta tOrnandO PrePOtentemente alla ri-Balta, in tuttO il suO sPlendOre, Per certi Versi inimmaginaBile e sOrPrendente. italici, rOmani, BiZantini, Per tut-ti taureana È stata terra di cOnQuista e d’imPOrtanZa strategica, sia cOmmerciale religiOsa e anche militare

I lavori in corso sul pianoro di Taureana di Palmi, por-

teranno nei prossimi mesi alla creazione del Parco archeolo-gico, permettendo così, di far conoscere sempre di più la va-lenza di questa area archeolo-gica al grosso pubblico.

La creazione del parco sug-gellerà un ulteriore passo dell’attività di ricerca e studio, portato avanti con continuità in questo territorio, dalla Soprin-tendenza per i beni archeolo-gici della Calabria, dalla metà degli anni ’90 ad oggi, unita-mente all’azione di tutela e sal-vaguardia di questo territorio. Gli studi editi (tra le pubblica-zioni: Palmi. Un territorio ri-scoperto a cura di R. Agostino, 2002) unitamente alle mostre allestite negli anni passati, han-no documentato la tipologia e la consistenza del patrimonio storico-archeologico del sito: sono infatti emerse con gli sca-vi, emergenze monumentali, che attestano almeno due fasi di vita in età ellenistico-romana (III-I sec.a.C.) ed una continuità di vita dall’età repubblicana a quella tardo-antica e bizantino-medievale

Di particolare interesse, strutture relative all’abitato ellenistico riconducibile al po-pulus brettio dei Tauriani, già messo parzialmente in luce ne-gli anni precedenti (diversi vani pavimentati, canalette realiz-zate con laterizi bollati TAU-RIANOUM, un asse stradale), la strada basolata di età romana imperiale, i resti del tempio su podio di fine età repubblicana, noto alla toponomastica locale come Palazzo di Donna Canfo-ra ed unico esempio, ad oggi, nella regione di tale tipologia di architettura religiosa diffe-

- dott.ssa rossella agostinoresponsabile del territorio per la Soprintendenza per i Beni archeologici della Cala-bria e coordinatrice dell’ atti-vità di ricerca.

- arch. g. Vitetta direttore lavori per la Soprin-tendenza

- dott.ssa m. maddalena sica - dott F. sudano responsabili dei due diversi interventi di scavo cui parte-cipano anche archeologi iu-nior.

- arch.V. crupireferente per la provincia di R.C.

rente da quella utilizzata dalla civiltà greca e coloniale e do-cumentata negli edifici templa-ri rinvenuti anche nella nostra regione

I lavori di scavo, oggi ancora in corso - previsti nell’ambito del progetto APQ Beni Culturali Calabria con finanziamenti eu-ropei in parte dati alla Ammi-nistrazione provinciale di R.C. ed in parte alla Soprintendenza per i Beni archeologici della Ca-labria - unitamente alla realiz-zazione delle opere per la crea-zione del parco stesso (restauro delle strutture a vista, percorsi, recinzione,pannellistica, pub-blicazioni di taglio didattico-di-vulgativo...) hanno interessato la parte centrale del pianoro ed il settore circostante l’area del tempio sopra ricordato.

Di grandissimo interesse, la scoperta del teatro di età ro-mana proprio nel settore cen-trale del pianoro, rivolto verso ovest. Un teatro di dimensioni notevoli di cui oggi si è messa in luce la parte superiore del-la cavea e che rientra nell’or-ganizzazione urbanistica della città romana. L’eccezionalità della scoperta è data anche dal particolare che i teatri romani noti nella regione, sono solo quello di Roccelletta di Borgia, quello di Copia e di Gioiosa Jo-nica Marina ben più piccoli.

Un valore aggiunto per il pa-trimonio locale, che merita una grande attenzione e che può a buon diritto, essere inserito e nei manuali di archeologia e tra i circuiti turistico-culturali del-la regione. Una scoperta che ha interessato sia gli studiosi che gli amministratori, i qua-li hanno preso impegni perché l’interesse su questa area non diminuisca.

DIREzIONE LAVORI

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4Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

AttuAlitA’ Palmi

Tutto quello che nell’arte è artigianato, tutto quel-

lo che dall’ispirazione/intuizione prende corpo sulla tela attraver-so l’immagine che si fa gesto, fa parte del mondo creativo di Mau-rizio Carnevali. E’ per lui impen-sabile prescindere dalla matita e dalla carta, non c’è sogget-to dipinto o scolpito che prima non sia stato mille volte indaga-to su decine di schizzi, talvolta di un’immediatezza così viva da superare in comunicativa il lavo-ro finale.

In un’epoca in cui il dilettanti-smo deve per necessità affidar-si all’arte aniconica, che, mentre ha dato grandi maestri, ha anche sdoganato migliaia di pseudo ar-tisti, Maurizio non si stanca di ri-badire il proprio mondo di figu-re. Ogni volta più raffinate; negli ultimi anni, addirittura ardite – a guardare la rarefazione verso la quale tanti suoi quadri tendono, attraverso l’uso di sempre nuovi materiali e tecniche.

Nelle sue sperimentazioni niente è lasciato al caso: dietro alle variopinte “tecniche miste” c’è un inesausto e sempre insod-disfatto sperimentare, della cui fatica i quadri non portano più traccia. Le sue figure - asessua-te, interrogative, impalpabili, in-trospettive, algide e provocato-rie - sono lievi. Sono aeree. Sono visioni.

Dietro il continuo interroga-re la materia e restituirla sotto forma di figura, c’è un manifesto di artista: è attraverso il lavoro

che Maurizio dichiara la propria posizione in un mondo – quello dell’arte contemporanea – tra i più inflazionati, che sta autodi-struggendosi nell’aver annullato ogni regola e ogni metro di valu-tazione. Accogliendo, così, schie-re di ambiziosi che con il sogno dell’arte non hanno più niente da spartire, mentre interpretano benissimo quella parte di società fatta di scorciatoie, in cerca di una porzione di visibilità che ga-rantisca un’approvazione sociale a piccolo raggio: i celebri “quin-dici minuti di notorietà” di Andy Wharol, che non possono essere negati a nessuno.

Il bisogno di un pubblico è par-te integrante del più timido degli artisti, ma non è, nei veri artisti, il fine. La sottigliezza è solo ap-parente ma esiste e differenzia coloro per i quali l’arte è un’esi-genza da coloro per i quali è uno strumento o, peggio, un innocuo passatempo.

Nella nuova mostra che Mauri-zio porta a Palmi, la maggioran-za dei quadri è pensata ad hoc: ha delegato alla pittura la rie-vocazione di un mondo che ap-partiene al proprio passato nella necessità, esplicita, di condivi-derlo. Non è intimismo, atten-zione: è la dimensione del pri-vato che si offre all’esperienza della collettività palmese, alla quale Maurizio non ha mai smes-so di appartenere. I ritratti che inanella nella sezione della mo-stra dedicata alla “memoria”, lungi dall’essere didascalici o nostalgici, vogliono raccontare di un mondo che, fatalmente, è trascorso insieme al tempo: l’ul-

timo fiocinatore della Tonnara di Palmi o Melo “Quattro Dita”, pe-scatore di frodo, sono di quelle figure che non ci hanno apparen-temente lasciato nulla in eredità e che, a un certo punto, riaffio-rano nella memoria per diventa-re icone di una vita viva, anche se ormai solo nella soggettività di memorie individuali.

Una sezione della mostra è dedicata al puro racconto del-la vita di San Rocco. E’, questa, un’estate speciale per Maurizio e per tutti gli amici grazie ai quali ha potuto realizzare un proget-to che per sempre legherà il pro-prio nome a quello del nume tu-telare dei Palmesi.

San Rocco è inda-gato nella sua qualità più vicina al mondo dei fedeli: quello di soccorritore di singo-li uomini e di un’uma-nità che non trova più la propria direzione. Il corpo vigoroso e scarno, l’occhio con-centrato sul confor-to degli esseri uma-ni intorno a lui, una spiritualità che tra-suda piuttosto dalla carnalità dell’uomo che dalla sublimazio-ne del santo: questi i caratteri fondanti del San Rocco di Mau-rizio, che trova nel-la militanza – e non nell’ascesi – l’attualità del santo guaritore.

San Rocco si incro-cia con l’esperienza di Maurizio bambi-

no nella riproposizione della grande tela che occupava la parete alle spalle dell’altare del-la vecchia chiesetta di San Rocco, oggi ridotta a rudere (e, a quanto si dice, ancora per poco, per fortuna!). Memorie di infanzia non più ve-rificabili lo riportano a quando il grande qua-dro, che ricorda bellis-simo, veniva coperto con un lenzuolo bianco per diventare lo scher-mo di un cinema di par-rocchia. sollecitato dai ricordi di bambino, anni dopo con alcuni amici ritornò nella chiesa per rivedere il quadro: tolta la tela, però, c’era solo una parete nuda. Se il quadro sia stato pre-levato per proteggerlo dal degrado o sottrat-to illegalmente – questo non lo sappiamo. Però, l’assenza ha continuato a nutrire la memoria e oggi Maurizio lo ripro-pone senza produrne la copia ma, con la sua calligrafia, restituendo-ne l’impostazione. Chi fossero, ad esempio, le due figure sullo sfon-do, non ricorda; quin-

di, diventano sagome nel buio. Il santo è sempre lo stes-so: quello che, negli anni Ot-tanta del secolo passato, ave-va affrescato sulle pareti della chiesa dell’Immacolata; quello che ritroveremo nella grande scultura che sarà inaugurata il 12 agosto.

Maurizio vive la scopertura della statua come uno dei punti cardine della sua vita di artista. L’augurio più grande che io possa fargli è che quest’opera sappia rispecchiare l’emozione con la quale è stata concepita, la dedi-zione con la quale è stata realiz-zata, l’abnegazione di tutti quel-li che, con lui, l’hanno voluta.

di Giorgia Gargano

a Palmi, sul cOrsO gariBaldi, una nuOVa mOstra del maestrO mauriZiO carneVali

mauriZiO carneVali

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5 Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

AttuAlitA’ Palmi

Nel corso della storia dell’Umanità, ci sono stati tempi e luoghi in cui gli individui sono stati particolarmente inventivi e creativi. Tali periodi, a detta di alcuni studiosi, hanno avuto luogo perché stimolati dalla presenza di una pluralità di opinioni, da un ambiente disposto ad accogliere favorevolmente i cambiamenti, ed all’urgenza di ri-solvere determinati problemi. Nell’ antichità, ad esempio, la creatività è stata spesso accesa dall’intensa rivalità esistente tra piccoli Stati. L’antica Grecia, patria di alcuni dei più originali pensatori del mondo, era divisa in numerose città-stato, come Atene, Sparta, Corinto. Ugualmente l’Italia del Rinascimento, era animata di intrighi politici fra città come Venezia e Firenze, ciascuna delle quali rappresentò un’autentica fucina per propria forma e creatività; tanto che emersero figure come Michelangelo, Raffa-ello, Leonardo, Macchiavelli. E così in Germania quando, frammentata in tanti piccoli principati, personalità come Mozart, Beethoven, Goethe, Hegel, offrirono il loro ge-nio al mondo, quasi a significare che l’unico fattore legato ad un impeto creativo sia da riportare alla frammentazione politica. Dicevamo dei filosofi greci, che crebbero in luoghi in cui vivevano in mezzo ad una profusione di culture diverse e punti di vista divergenti, rivelandosi per essi un vero tonico, contrapponendosi là dove v’era uno stato monolitico, ribellandosi ad esso, e sposando un credo che andava controcorren-te rispetto alle norme del loro tempo. Oggi, le aziende competitive non sono molto dissimili dalle città-stato del passato; quando un’impresa ha successo al di là di ogni aspettativa e si espande in pochissimo tempo, la scintilla della creatività è a rischio estinzione, proprio come accade negli stati monolitici. C’è da chiedersi: come mai le economie occidentali erano più innovative di quelle del blocco orientale antiquato e centralizzato? Forse la risposta è perché se le strutture rimangono piccole invece di giganteschi mastodonti economici, si viene a creare più spazio per la creatività. Infatti quest’ultima ne viene negativamente influenzata, nei posti di lavoro, dalle di-mensioni. La grandezza, per sua stessa natura, sembra essere in antitesi con l’espres-sione delle idee di un individuo; il migliore ambiente per il lavoro creativo sembra essere sulla formula di una grande famiglia, in cui le persone possano conoscersi tra loro. Occorrerebbe frammentare grandi aziende monolitiche in piccole unità semiau-tonome, poiché le migliori innovazioni tecnologiche di un prodotto o di un servizio sono scaturite sempre da quest’ultime. Ci sono tante ragioni umane e di valori per accogliere chi bussa alla nostra porta, ma poiché evidentemente, gli imperativi etici non bastano, dobbiamo essere consapevoli che questi popoli, in cambio di un po’ di

pane e di speranza, portano a casa nostra freschezza nuova, potenzialità che non abbiamo mai conosciuto, è un travaso importante anche per la nostra anima; in Italia ed in Europa non arrivano soltanto degli emigranti che cercano uno spazio per vivere, arriva anche una sapienza differente. Quando si muove una persona, non si muove soltanto una cultura, si sposta anche il suo modo di vivere. Allora, bisogna accogliere la diversità! Che vuol dire ascoltare la vita, qualunque linguaggio essa parli, poiché non è vero che la nostra coscienza personale e di gruppo s’afferma proteggendola da ogni tentativo di trapianto. Anzi, al contrario, scopriamo bene chi siamo solo attraver-so il confronto con chi è diverso da noi, poiché è lì che sperimentiamo la nostra identità; la liberiamo, la ritroviamo rafforzata da una nuova consapevolezza. Ovviamente tutto ciò comporta fatica, e le differenze culturali e sociali sono spesso rilevanti e le incomprensioni inevitabili. Ma i popoli oggi costretti o non, a spostarsi molto più rapidamente di ieri ci obbligano a convivere; ritroviamo la spinta dun-que! Quella verso il sogno: che il mondo diventi una casa per tutti! Magari abitata da una colorata varietà.

una cOmunità È tantO Più creatiVa, QuantO Più riesce ad ascOltare la VOce della diVersità

di Enzo Suraci

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Prenderà il via il 3 agosto PalmiDanzaEstate, la rassegna musicale estiva proposta per il quarto anno consecutivo dall’Associazione Ami-ci della Musica “N.A. Manfroce” e inserita nell’ambito delle attività promosse da A.M.A. Calabria. Le importanti sinergie tra Mibac,

Regione Calabria - Ass. alla Cultura, Comune di Palmi - Ass. al Turismo, Federalberghi, ANBBA - Ass. Nazionale Bed & Breakfast e Golem Softeware, unite alle competenze altamente qualificate che l’associazione palmese mette a disposizione del territorio da più di trent’anni, hanno prodotto un cartellone tra i più importanti dell’intera regione. Nelle prossime settimane artisti nazionali ed internazionali calcheranno il palcoscenico del suggestivo Teatro della Marinella arricchendo l’estate palmese, e non solo, di musica, parole, immagini dal mondo.

Aprirà la rassegna Toquinho, raffinato compositore e chitarrista brasiliano di origini italiane, icona insieme a Vinicius de Moraes della musica popular brasileira e di bossa nova, che torna in Italia dopo due anni di assenza con la sua band storica (Silvia Goes-piano, Pepa D’Elia-batteria, Ivani Sabino-basso) accompagnato da una delle voci più interessanti e caleidoscopiche del panorama musicale sudamericano: quella di Badi Assad, nota al grande pubblico per le sue sperimentazioni vocali e annoverata, negli anni ‘90, dal magazine americano Guitar Player, tra i dieci giovani talenti destinati a rivoluzionare il modo di suonare la chitarra. L’amore per la poesia e la propensione ad integrare le tipiche atmosfere pop del suo stile musicale con un leggero gusto jazz, fanno di Toquino, a vent’anni dell’inizio della sua affascinante carriera, uno dei compositori contemporanei più amati da un pubblico esigente ed attento, soprattutto, alla sua naturale capacità di trasmettere emozioni forti.

La serata del 5 agosto vedrà protagonista uno dei più apprezzati chitarristi contemporanei, l’italo-americano Al Di Meola, indicato più volte come il migliore chitarrista al mondo dalla prestigiosa rivista Guitar Player Magazine. Allievo di uno dei capostipiti della fusion, Larry Coriell, e per questo da sempre abituato a mescolare generi e stili, pioniere dell’incontro tra la world music e il jazz, capace di contaminare flamenco, tango, musica orientale, brasiliana e africana, Al di Meola ha fatto tesoro delle straordinarie collaborazioni che, negli anni, hanno contribuito a raffinare la sua grande tecnica e lo stile inconfondibile: Chik Corea, il violinista Jean-Luc Ponty ed il bassista Stanley Clarke, i chitarristi John Mc Laughlin e Paco De Lucia, Milton Naciemento, Stevie Wonder, Luciano Pavarotti e molti altri ancora. Il suo ultimo lavoro, World Sinfonia, che sarà presentato al Teatro della Marinella, è il prodotto mirabile del suo stretto rapporto con Astor Piazzolla, con i ritmi latini e le atmosfere sudamericane. Una “gran noche cubana” sarà quella con il gruppo Buena Vista Social Club- Grupo Company Segundo, che si esibirà domenica 8 agosto e che proporrà il genere delle big band di jazz afrolatino attive a Cuba dagli anni Trenta fino alla fine degli anni ‘50. Buena Vista Social Club era il nome di un club dell’Avana, il cui ingresso era riservato alle persone di colore e che lavorava soprattutto nell’organizzazione di sale da ballo dove orchestre di varia estrazione accompagnavano i balli della tradizione cubana. Oggi è un gruppo di grandi star cubane che si sono fuse con l’Afro Cuban All Star, utilizzando il nome del famoso locale de l’Havana chiuso quarant’anni fa. Con una felice intuizione, Marcos Gonzàlez negli anni ‘90 mette insieme un’orchestra capace di riscattare il genere delle big band di jazz afrolati-no, riunendo le figure chiave del panorama cubano e della sua musica tradizionale; chiama quindi la Afro Cuban All Stars e le affianca alcuni musicisti affermati ma lontani dalla scena internazionale, tra i quali Compay Segundo, Ibrahìm Ferrer, Guajiro Mirabal e Manuel Licea. Solo nel 1996, sotto la supervisione di Nick Gold, vengono prodotti tre dischi, tra cui il celeberrimo Buena Vista Social Club che vince il Grammy nel 1998 e riscuote un incredibile successo. Nel 1999, Wim Wenders dirige un documentario sull’intera vicenda della produzione e sui membri dell’orchestra che ottiene un successo strepitoso in tutto il mondo. Omara Portuondo è una delle maggiori rappresentanti della cultura e della musica cubane. La fama internazionale arriva negli anni ’90. Dopo aver partecipato alla sessione di registrazioni del Buena Vista Social Club, dove canta “Veinte años” insieme a Compay Segundo, Omara Portuondo commuove il pubblico del grande schermo con l’interpretazione, insieme a Ibrahim Ferrer, di “Silencio”.

Interprete raffinata e al tempo stesso energica e impetuosa nella sua solarità, Annalisa Minetti promette uno spettacolo indimenticabile per 11 agosto. Le esibizioni televisive, dopo i successi di Sanremo, scandiscono la sua scalata impetuosa verso carriera prestigiosa ed insieme ad un rinnovato impegno civile segnano la maturità piena di un’artista. Ma Annalisa non vuole finire di stupire e, superando il suo grave handicap fisico, infatti, vorrà ballare e divertirsi con acrobazie e exploit sportivi per una serata davvero fuori dalla norma.

Due omaggi alla danza, infine, che ben si collegano al tema del festival e che restano nel filone collaudato delle grandi compagnie di danza che in questi anni si sono succedute al Teatro della Marinella.

Mvula Sungani, italianissimo anche se di origini africane, è uno dei più acclamati giovani registi e coreografi , avendo firmato più di ottocen-tocinquanta rappresentazioni. Dopo un folgorante inizio di carriera – a tredici anni balla con Ginger Rogers – e la partecipazione a spettacoli televisivi e teatrali con incursioni nel cinema d’autore, si è dedicato alla ricerca ed all’insegnamento, creando una scuola prestigiosa, la CRDL, in cui fonde tecnica e fantasia con una continua sperimentazione basata su un’approfondita indagine musicologica. Etnika, il balletto che presenta con la partecipazione di Emanuela Bianchini, ètoile di prima grandezza ben nota per le apparizioni televisive ad Uno Mattina, è proprio un viaggio nel folklore delle atmosfere musicali del Sud Italia dalla cui suggestione trarrà gli spunti opportuni per approfondire una introspezione psicologica volta alla conoscenza del proprio io ed utilizzando la danza moderna come occasione di suggestione ad un tempo forte e raffinata.

Lo stesso Mvula Sungani firma anche l’altro spettacolo creato apposta per uno dei ballerini più amati, Kledi Kadiu. Anche stavolta, infatti, il tema prescelto collegava una musica intensa e mediterranea, quale quella della Carmen di Bizet, del Bolero di Ravel e dei Carmina Burana di Orff, ad una forte scansione ritmica, richiedendo così un interprete di forte temperamento. Ecco allora la danza passare dalla dinamica ossessiva della musica popolare dell’una, alla fisicità dinamica dell’altra, alla nobiltà del portamento dell’ultima.

PALMIDANzAESTATE 2010

Antonio Gargano

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di Andrea Ortuso

Sabato 10 Luglio, al Caffè Morlacchi di Perugia, è sta-to presentato il CD “Signori G Live in Caffè Morlacchi” primo progetto discografico del duo, formato da giulia Zeetti (voce) e giuseppe Barbaro (chitarre). La decisione di registrare un live, piuttosto che un disco in studio, viene dal diretto-re artistico, nonchè produt-

radar records, via Fratti 14 – 06123 Perugia www.radarmusi.it [email protected] tel.075.5736383caffè morlacchi, Piazza F.morlacchi 6/8 Perugia tel.075 5721760

tore esecutivo del progetto, marco suraci, giovane pal-mese.L’esecuzione del duo è sta-ta ripresa e al CD audio ver-rà aggiunta una traccia vi-deo che rappresenterà lo showcase, curata dal video-maker palmese daniele su-raci, accompagnato da due esperti collaboratori, sergio aussello e dario nicosia.

Un’altra Estate finalmente è iniziata e con lei troviamo una lunga lista di eventi culturali, musicali e artistici ideati e

programmati per renderla unica ed irripetibile.dal 12 al 19 luglio, il FestiVal delle inVasiOni a cosenza,

prevede una fitta agenda di appuntamenti: concerti scanditi da note Pop, Blues, Folk e Rock che si alterneranno nelle serate dedicate alla musica, Lunedì 12 Luglio i Baustelle, Martedi 13 Luglio Apre la classe (Lecce) - ska e patchanka/ folk - Mercoledi 14 Luglio zibba (Savona) – Folk\ Rock - Brunori (Torino) – Latin Jazz / swing, Giovedì 15 Luglio- Kiave (Cosenza/ Roma) – hip hop - Train to Roots ( Cagliari) – Reggae / Roots Music,Venerdì 16 Luglio - Folkabbestia (Bari) – Folk, quest’ultimi chiuderanno le serate con uno stile particolarmente accattivante!

giovedì 15 luglio a taurianova serata dedicata al Cabaret con i nOn ti regOli caBaret, protagonisti gli artisti Peppe Mazzacuva e Peppe Scorza, il simpaticissimo duo reggino.

Venerdì 16 luglio a caria (VV) serata scandita dalla voce di irene FOrnaciari, e a locri troviamo i vincitori del premio AFI ai WIND MUSIC AWARDS 2010, i mOda’, in concerto.

Segnaliamo dal 16 luglio al 20 agosto, il PePerOncinO JaZZ FestiVal 2010 – terre sOnanti – un importante contenitore di eventi culturali itineranti, degustazioni di prodotti tipici e tanta, tantissima musica!

Per gli amanti della Fotografia, dal 15 al 31 luglio a tropea prende vita il Workshop di fotografia e Fotoritocco, 2 settimane imperdibili per tutti gli appassionati, con mostre e presentazioni delle ultime novità sul mercato.

domenica 18 luglio PaOlO meneguZZi animerà la Piazza di Varapodio e il 24 luglio a stalettì ascolteremo dOnatella rettOre, cantautrice fra le più amate in Italia.

il 15 luglio scanu - In tutti i luoghi tour 2010 - sarà a delianuOVa;

il 29 luglio i PQuadrO saranno in concerto a Polistena e il 2 agosto max gazzè sempre a Polistena.

dal 04 agosto al 5 agosto, Bagnara calabra si colora di musica con il Festival Jazz 2010;

L’estate continua con lallo circosta il 07 agosto a Polistena, Paola turci a cinquefrondi e Fiorella mannoia a s. stefano di gambarie.

Per gli amanti delle tradizioni, a Pellaro il 7 e 8 agosto, impedibile il Festival internazione del folklore.

a melito Porto salvo, l’8 e il 9 agosto un ghiotto appuntamento alla sagra del Pesce.

Ma l’Agosto calabrese all’insegna della musica sembra non fermarsi mai e annovera tantissimi altri appuntamenti:

giorno 10 agosto Bennato in concerto ad ardore, nella stessa data, gigi d’alessio a cittanova e il grande cristiano de andrè a Palmi.

Invitiamo gli appassionati di vino a recarsi a Bivongi, per la sagra del 12 e 13 agosto e sempre giorno 13 gerardina trovato sarà in concerto a seminara.

da Ferragosto avremo Paola e chiara a Platì, giusy Ferreri a delianova e renga a Palmi, il 16 agosto arisa a melicucco, i nomadi a riace marina e i Zona Briganti a stilo, roy Paci invece sarà ad ardore il 17.

l’estate palmese, prevede il 21 agosto un appuntamento in Piazza i° maggio con marco menegoni : re matto tour 2010”.

Buon divertimento!

eVenti calaBria 2010

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10Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

lA NOStRA tERRA

SAN FANTINO e lA vergINe dAll’AlTO mAre

Il 24 luglio 2010, presso lo “Scoglio dell’isola”, in loca-

lità “Tonnara” di Palmi, sua Ecc.za Rev.ma, Mons. Vincenzo Rime-dio, Vescovo Emerito di Lamezia Terme, incoronerà la Venerata effigie della Madonna dall’Alto

Mare, il cui culto risale, orientativa-mente, al 650 d.c. (datazione frutto delle ricerche di Domenico Bagalà), dopo un Miracolo avvenuto nella so-praccitata località e narrato da Pie-tro Vescovo Occidentale nel “Bios” di San Fantino, curato dal Prof. D. Minuto.

La statua sarà incoronata con un diadema, realizzato dall’orefice mo-lochiese, Venanzio Condoleo, Il dise-gno è stato realizzato dal palmese Massimiliano Cambrea, su idea del Parroco don Vittorio Castagna.

Il diadema interamente in oro 18 Kt, dal peso di 500Gr circa, è stato benedetto dal Santo Padre Benedet-to XVI, lo scorso 26 maggio durante l’udienza pubblica del mercoledì.

Il diadema è stato presentato al Papa dal Parroco, che ha fatto no-tare il suo stemma come segno di gratitudine per la benedizione e di devozione del popolo palmese nei suoi confronti.

Al Santo Padre la comunità ha do-nato il “Bios” di San Fantino.

In Piazza “San Pietro” erano pre-senti il Sindaco della Città, l’avv. Domenico Naccari, palmese e consi-gliere comunale della Città di Roma con delega per i calabresi e un grup-po di fedeli della parrocchia.

L’organizzazione dell’evento festi-vo/religioso è curata direttamente dalla Parrocchia in stretta collabo-razione con il comitato festeggiamenti “Maria SS.ma dall’ Alto mare”.

In occasione dell’ evento è stato istituito anche un premio alla memoria di don Salvatore D’ Agostino, Parroco della comunità per 43 anni, nel decimo anno della sua scomparsa e di Nino Punturiero, membro della comunità e presidente del comitato festeggiamenti, che si è sempre contraddistinto per impegno e amore nei confronti del territorio.

Il premio sarà assegnato il 23 luglio, giorno in cui gli verrà dedicata, ufficialmente, da parte del Comune, una piazza.

Il premio è stato assegnato al Sig. Antonino Mattiani, primo presidente del Comitato “Maria SS.ma dall’ Alto mare” e stretto collaboratore di don Salvatore D’Agostino.

Sempre giorno 23 si svolgerà la consueta benedizione dei cavalli e dei cavalieri di San Fantino, con la processione a cavallo del Santo.

di Don Vittorio Castagna

Mentre si celebrava, a Tau-reana, la Memoria del

Santo nel giorno della sua festa, alcu-ne imbarcazioni saracene si scagliarono contro le coste, allorchè un vento scon-volse il mare e le imbarcazioni si fracas-sarono contro gli scogli. I saraceni che sopravvissero, raccontarono di aver visto sullo scoglio sopracitato, un giovane che teneva in mano un tizzone fumigante e, vicino a lui, una donna vestita di porpo-ra. Ad un suo cenno il giovane lanciò in mare il tizzone, facendo scoppiare la tempesta. La gente riconobbe in quella donna la Madre di Dio e in quel giovane S. Fantino.

Narrazione di Pietro Vescovo Occidentale nel “Bios” di San Fantino

Il diadema ha una forma asimmetri-ca centrale che mira a rappresentare lo scoglio dell’apparizione. Nella parte alta vi è una stella in quanto la Ma-donna è invocata da sempre come la STELLA MARIS. Due ramoscelli d’ulivo da sempre simbolo di pace e della no-stra terra.

Sotto la stella vi è raffigurata una nave che rimanda al lavoro dei pesca-tori. Intorno al diadema vi sono 4 me-daglioni: nel primo vi è rappresenta-to il miracolo della Madonna e di San Fantino; nel secondo la torre di Taure-ana; nel terzo lo stemma del Papa; nel quarto la Palma simbolo della città.

Locandina ufficiale della festività

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23, 24 e 25 lugliO Festeggiamenti sPeciali a taureana.

Storica l’incoronazione della Statua della Madonna dall’Alto mare tra fedeli e sfilate di cavalli in memoria di s. Fantino.

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11 Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

lA NOStRA tERRA

Il quadro è stato realizza-to e donato alla Parrocchia in occasione dell’evento dall’artista palmese, Anna Pietropaolo.

L’opera raffigura il mira-colo dell’apparizione della Madonna e di San Fantino sullo scoglio dell’Isola in lo-calità Tonnara di Palmi. Que-sto miracolo è narrato nel “Bios” di San Fantino, di Pie-tro Vescovo occidentale. Lui scrive che mentre a Taurea-na, si festeggiava il Santo, si videro arrivare i saraceni. L’esercito si preparava alla

apparizione della madonna dall’ alto mare e di san Fantino sulloscoglio dell’ isola loc. tonnara di Palmi.

battaglia, ma molti si reca-rono alla tomba del Santo per invocarne l’intercessio-ne. Scoppiò una tempesta e le navi naufragarono. I pochi saraceni scampati e cattura-ti narrarono che sullo scoglio sono comparse due persone. Una donna vestita di Porpo-ra e un giovane con in mano un tizzone fumigante, che lanciò a mare facendo scop-piare la tempesta ad un cen-no della donna. Il popolo ha riconosciuto in quella donna la Madre di Dio e nel giovane San Fantino.

Il 26 maggio 1782 tra i magnifici Domenico Guido di Palmi e Do-menico di Lorenzo «Professore di Scultura della Città di Tro-pea, abitante nel casale di Ga-ropoli» venne a stabilirsi avanti al notaio contratto per «una statua di Madonna del Carmine, di tutta qualità, e perfezione». Di seguito le condizioni pattui-te. Il simulacro avrebbe dovu-to essere scolpito in legno di tiglio stagionato ed in riga col disegno proposto dallo scultore, occupando in altezza 6 palmi a partire dal piedistallo. La Ver-gine, tenendo conto del mo-dello in creta, avrebbe dovuto assumere una posizione «più

seduta», mentre il manto pre-sentarsi «più pomposo» dal lato sinistro. Altre operazioni occor-reva poi fare sui «Puttini». Se a tutti toccava mettere le ali, ad uno, precisamente quello che doveva reggere il Bambino, era necessario aggiungere un «pan-nolino». Per quest’ultimo caso è facile supporre ch’era stato il sesso del puttino ad impen-sierire il committente. Altri ri-tocchi riguardavano la «manta» (manto), la veste ed il velo. La prima, da dipingersi di «berlino fino», doveva risultare «stella-ta, e gallonata d’oro fino». La seconda, di «alacca fina... ra-bescata d’oro fino». Inoltre, la faccia della Vergine bisognava concepirla «delicata, ... e vaga,

e devota». Per una statua così indicata il Guido s’impegnava a pagare la somma di ducati 70 accordandone 10 quale anticipo, ma, ove essa, una volta traspor-tata in città, non avesse ricevu-to il gradimento dei confratelli e della «gente intelligente», non se ne sarebbe fatto nulla ed il manufatto sarebbe rimasto all’autore. Questi, peraltro, re-stava impegnato, se tutto fosse andato secondo le aspettative, ad apportare eventuali ripara-zioni a sue spese al simulacro in caso di lesioni dopo trascorsi i due anni.Non conosciamo se una tale sta-tua sia stata portata a termine e consegnata ai Palmesi, ma l’autore di una breve biografìa

del De Lorenzo (1742-1812), che ne elenca le opere, non comprende detta ed a Palmi assegna solo una Madonna del Soccorso. Lo stesso, ma anche moltissimi altri, indicano Garo-poli quale paese di nascita del-lo scultore e non Tropea, pure se a volte si assegna a quest’ul-tima l’origine della famiglia. In verità, il rogito è preciso e non possiamo pensare che siasi trattato di un errore. Il De Lo-renzo viene dichiarato così dal notaio presente alla compila-zione dell’atto ed il dato è sta-to sicuramente fornito da lui in persona, che, peraltro, prima di firmare, ha dovuto ascoltare dallo stesso funzionario la let-tura del documento .

cOmmittenZa artistica della cOnFraternita del carmine a dOmenicO de lOrenZO (1782)

di Rocco Liberti

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13 Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

PuNti di viStA

La mostra di dipinti di Michelangelo Merisi, detto Il Caravaggio, allestita alle Scude-

rie del Quirinale, ha chiuso i battenti lo scorso 13 giugno e si calcola che circa 600.000 visita-tori hanno sfilato davanti ai capolavori del gran-de e insuperato pittore lombardo. Un numero da guinnes dei primati culturali, soprattutto ove si pensi che le sale dei musei e delle pinacoteche non sempre hanno esercitato sugli Italiani un’at-trazione fatale. Ma in questo caso si è trattato di un evento culturale di risonanza internazionale amplificato dal fatto che, di recente, un suo di-pinto è stato aggiudicato in un’asta newyorkese a prezzi da capogiro. Ma si tratterà anche vero-similmente di un evento provvisorio, per usare l’espressione che Domenico Purificato utilizzava per definire l’arte d’avanguardia, stante l’estre-ma labilità dell’interesse suscitato che di norma caratterizza questo genere di operazioni. E’ da supporre pertanto che, smaltita l’euforia suscita-ta dalla mostra, Caravaggio rientrerà presto nei ranghi del mercato dell’arte, dove imperano gli speculatori dell’apposita Borsa. Il fenomeno, del resto, non è nuovo e si lega da un lato all’inesau-sto dinamismo fine a se stesso dell’organizzazion-ne della cultura di massa, che richiede la messa in opera di sempre nuove performances, dall’al-tro a un mecenatismo mercantilistico connes-so anche qui alla logica del profitto. Molti sono i precedenti: si pensi per esempio, senza voler fare accostamenti impropri e quasi blasfemi, a Ligabue. Alcuni decenni fa tra sceneggiati televi-sivi, mostre itineranti e dibattiti tra esperti era esploso in Italia il fenomeno naif di un pittore maledetto, il quale - misconosciuto e oltraggia-to in vita - poteva prendersi una porzione postu-ma di gloria. Un battage pubblicitario pianificato dai pontefici della critica in combutta con gal-leristi interessati, ed ecco che le quotazioni dei quadri di Ligabue toccavano vette dechirichiane. Un’eruzione di breve durata e poi un lungo si-lenzio sospetto, come se il vulcano si fosse im-provvisamente spento. Raffreddatasi la colata lavica naive, Ligabue rientrava nel cratere dal quale provvisoriamente era stato espulso. Fuor di metafora, ciò che avvilisce è la reificazione della cultura e dell’arte, la loro utilizzazione in una routine e in una moda estemporanea. Se è vero che” l’opera d’arte è fatta per essere in-contrata, letta, goduta e ragionata, vuoi secon-do un rapporto che riguarda la sfera dello spi-rito, vuoi anche secondo i tradizionali e i nuovi metodi scientifici” (Domenico Purificato: Polemi-ca sul massacro dell’arte), è altrettanto vero che questo è un canone disatteso proprio da questo tipo di operazioni, dove l’interiorità dell’artista, quell’insieme di sottili emozioni e vibrazioni che l’opera d’arte trasmette allo spettatore (la sfe-ra dello spirito, appunto), soccombe all’esterio-rità della finzione collettiva. Volgarizza l’arte e poi mettila da parte, si potrebbe dire a proposito della vulgata (sic) culturale di massa. La verità è che l’industria culturale, come notava Edgar Mo-rin nel suo omonimo saggio, tende a ridurre gli archetipi in stereotipi per bassi e interessati fini commerciali. Basti ricordare i Bronzi di Riace. Anche in quel caso entusiasmo alle stelle, file chi-lometriche di visitatori, un diluvio di libri, po-sters, riproduzioni in bronzo e terracotta: un sussulto di grecità e di riscoperta dei valori clas-sici? Neanche a pensarlo. Anzi, in un clima da body building, forse da lì prese corpo e sostanza il mito rambista degli anni ’80. Potenza dell’in-dustria culturale! Ora è chiaro che tutto questo apparato, con le sue kermesses legate al mon-do dei mass media, non veicola e non socializza autentici valori umanistici. L’industria cultura-le – presa nel vortice degli affari – non ha tem-po per educare e formare sensibilità raffinate: devastando e mercificando essa chiede soltanto un’adesione acritica al suo disegno di omologa-zione. Invero, i valori umanistici le sono fonda-mentalmente estranei e la loro falsa apparenza serve soltanto da specchietto per allodole.

cOnsideraZiOni sulla merciFicaZiOne dell’artedi Mario Idà

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14Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

tENdENzE

MADRETERRA Palmi & Dintorni

REGISTRAZIONE AL TRIB. DI PALMI Nr. 1 / 2010Anno 1 - Numero 7 - Luglio 2010

Direttore respons.: Francesco Massara

Coadiuvatori: Paolo ventrice Andrea Ortuso

Collaboratori di REDAZIONE Ortuso LuciaPetitto SaverioAngì CettinaBruzzese GiovanniCannata NellaCricrì GiuseppeCricrì WalterDe Francia SalvatoreGalletta DarioGargano ClaudiaGiusti LauraLaganà Teresa

Editore: Associazione Culturale MadreterrraSede Palmi - Via ss.18 km 485.30P.I. 02604200804Cod. Fisc. 91016680802Tel./Fax - 0966 1945480 - 0966 1940380Mobile - Paolo Ventrice 335 6996255Mobile - Andrea Ortuso 333 4894882e-mail: [email protected]

Progetto Grafico: A.Ortuso - W. Cricrì - P. Ventrice

Impaginazione grafica: Paolo Ventrice

Progetto e cura sito web:De Francia S.- Galletta D. - Ortuso L.

Stampa: Tipografia BalzamàVia S. Giorgio 82 - Palmi - RC - Tel_0966420567

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La direzione non risponde del contenuto degli articoli firmati e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti, degli intervistati e per le informazioni trasmesse da terzi.Il giornale si riserva di rifiutare qualsiasi inserzione.Foto e manoscritti, anche se non pubblicati, non si restituiscono.I diritti di proprietà artistica e letterariasono riservati. Non è consentita la riproduzione, anche se parziale, di testi, documenti e fotografie senza autorizzazione.L’associazione si riserva il diritto di non pubblicare le inserzioni e le comunicazioni pubblicitarie degli inserzionisti che:1. Siano contrarie agli interessi della asso.2. Violino le disposizioni vigenti in materia di diritto d’autore3. Contengano informazioni fuorvianti e scorrette4. Non rispondano ai requisiti minimi di impaginazione professionale5. Non siano pervenute nei termini concordati6. Siano state fornite in modo incompletoIn tutti i casi l’associazione non è responsabile per il contenuto di dette inserzioni e comunicazioni.

Si è concluso con il saggio, presso la Casa della Cultu-

ra “Leonida Repaci”, un anno di duro lavoro che ha visto prota-gonisti gli allievi del TENDENzE CLUB diretto dalle coreografe Debora e Daniela Gerocarni.

Tutto si è svolto con un sus-seguirsi di coreografie di danze standard, latine, social dance, musical, danza classica, con-temporanea, moderna, hip hop, per poi concludere con lo show dance dal titolo “THE JUNGLE”, una sorta di sequela che ha vi-sto coinvolti tutti gli allievi in una splendida evoluzione che

CON “THE JUNGLE” IL TENDENZE CLUB FESTEGGIA IL DECIMO ANNIVERSARIO

ha suscitato tanta emozione e ha lasciato i presenti a bocca aperta, sia per la coreografia interpretata con grande abilità ed espressività da tutti gli al-lievi e anche tanta spontaneità dei più piccoli, che per la scelta delle musiche e costumi, frut-to di un’accurata ricerca e stu-dio, che non ha lasciato niente al caso; ricordiamo, infatti, che Debora e Daniela, oltre ad es-sere in possesso di tutti i titoli che riguardano l’insegnamento della danza e ad essere giudici di gara, hanno alle spalle studi artistici, che hanno consentito loro di sviluppare il talento che già possiedono, per metterlo in pratica nella creazione dei di-

segni, per la realizzazione dei costumi, accessori, scenografia e quant’altro è servito per la buona riuscita dello spettacolo. Non di minore effetto sono sta-te le coreografie create da An-tonella Pace, che collabora con il TENDENzE CLUB per la danza classica, moderna, contempo-ranea e hip hop, eseguite con grande maestria dagli allievi dei suoi corsi.

Va inoltre detto che, l’ANMB in collaborazione con la FIDA, due tra le più grandi federazioni di danza a livello professionistico mondiale, ha conferito al TEN-DENzE CLUB il Certificato di Alta Qualità, ai numerosi soci-atleti che ne fanno parte e per il livel-lo di preparazione tecnico-arti-stico che le professioniste Gero-carni riescono a trasmettere ai loro allievi.

L’associazione, per il prossimo anno, intende ampliare l’atti-vità con altre forme artistico-espressive per lo sviluppo della creatività, dell’autostima, della socializzazione, di ogni singolo individuo; tante altre saranno le novità che riguarderanno le qualifiche e perché no il futuro lavorativo degli allievi.

Prossimo appuntamento del TENDENzE CLUB è previsto per il 13 agosto in piazza 1° maggio alle ore 22:00.

di Enzo Brando

Il 4 Luglio, in occasione del saggio annuale che si è svolto nella suggestiva cornice dell’Anfiteatro di Palmi, si è celebrato il ventesimo compleanno dell’A.S. Kolbe, diretta dalle Maestre Luciana

Cipri e Angela Bonaccorso, che dal 1990 si dedicano con passione all’insegnamento della ginnastica ritmica a livello amatoriale e agonistico e di altre discipline, quali la danza moderna, l’aerobica e l’hip-hop. Le allieve sono di età compresa tra i cinque ed i settantacinque anni.

Le insegnanti hanno voluto intitolare la loro società a Padre Massimiliano Kolbe che diede la propria vita per la lotta all’antisemitismo durante la seconda guerra mondiale e morì martire in un lager na-zista nel 1941. Fu santificato da papa Giovanni Paolo II.

All’avvenimento hanno preso parte anche le autorità locali, la d.ssa Marilù zaccuri, Assessore alle pari opportu-nità del Comune di Palmi ed il dott. Giovanni Barone, con-sigliere provinciale della nos-tra provincia. Le autorità han-no consegnato alle maestre delle targhe, come riconosci-mento dell’attività svolta in vent’anni.

Nella splendida cornice dell’Anfiteatro, con le luci della Sicilia all’orizzonte ed un cielo punteggiato di stelle, le atlete si sono esibite con evoluzioni, ruote, salti, at-trezzi convenzionali e non e con il sottofondo di musiche suggestive e ritmate, ed hanno animato la serata palmese con uno spettacolo raffinato ed originale, frutto di un intero anno di impegno, sacrificio e duro lavoro.

L’omaggio delle autorità alle maestre, ha in parte interpretato i sentimenti di riconoscenza che molte famiglie palmesi provano verso coloro che hanno dedicato la loro esperienza ed il loro tempo a tante bambine e ragazze della nostra cittadina, insegnando oltre alla disciplina, sentimenti positivi quali, l’agonismo, lo spirito di sacrificio e l’impegno necessario al raggiungimento dei risultati.

Come madre di due ragazze, che sono cresciute a “pane e ginnastica”, mi sento di rivolgere il mio personale ringraziamento per il positivo impegno dimostrato in questi anni. Buon compleanno Kolbe!

la ritmica KOlBe cOmPie Vent’annidi Carmela Gentile

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15 Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

Si dicE chE...

Era l’estate del 1970 quando arrivai a Palmi. Provenivo

da un piccolo paese dall’altra parte del Tirreno e rimasi sor-presa nel vedere quell’efferve-scenza di vita lungo le strade della cittadina che mi accoglie-va. Ovunque era un brulicare di gente, di luci e colori tra le ban-carelle della festa. “Non andrò mai via da qui”, pensai guardan-do con quegli occhi da bambina. E mi tuffai in quella folla e in tutte quelle che seguirono…

Ricordo in modo nitido una fe-sta alla fine della lunga estate , era la sagra dell’uva, nella quale giovani aitanti e baldanzosi con lunghi mantelli neri e cappelli dalla punta allungata, giravano tra la gente portando l’insegna goliardica del Sacer Ordo Saraci-ni, intrattenendosi con allegria, lazzi e scherzi in una spensie-rata serata d’autunno… A volte trovavo strano quel paese dove la gente si divideva in categorie: c’erano i nobili , i pillari, i zan-grei e i veddani arriccuti, tutti molto attenti a non mescolarsi fra loro ma propensi ad accetta-re l’ospite forestiero.

Il primo ottobre iniziò l’av-ventura scolastica al liceo scien-tifico. Non conoscevo nessuno e qualcuno, avvertendo il mio di-sagio, mi prese per mano e rima-se al mio fianco, da allora, ogni giorno della mia vita. I professo-ri ci portavano a fare le passeg-giate alla torre e noi, all’uscita

di Nella Cannata ci incontravamo tutti al Pil bar (qualcuno mi disse, poi, che quel nome significava bar del “pilo” o del “piluso”), dove mangiando mozzarelle in carrozza e aranci-ni, aspettavamo l’autobus con i compagni pendolari.

Minigonne, hot pants e roy ro-gers sfilavano per le strade, ca-denzati dai fischi dei soliti pap-pagalli che si facevano notare nelle loro piccole cinquecento decappottabili o con le lucide moto di grossa cilindrata. La vil-la si riempiva di ragazzi che, a rotedduni si sedevano a raccon-tarsi le novità della giornata o a scambiarsi tenere effusioni. La sera, con la chitarra, si intona-vano canzoni di Battisti e di Ba-glioni, si giocava a scarricanali e a patruni e sutta con birra o zi’ pangolo( una parola per me stranissima che stava per “coco-mero”). Durante le fredde gior-nate d’inverno si frequentava la parrocchia della Chiesa Madre o dell’Oratorio dove si organiz-zavano sempre momenti di vita collettiva, cineforum e dibatti-ti. I più intraprendenti andava-no alla sede dei partiti: erano gli anni della FGCI e del FUAN, dove ognuno provava a costrui-re una propria coscienza politi-ca e a prendere consapevolezza della propria esistenza. Ricordo le proteste per l’autonomia dal Liceo classico, le manifestazioni di piazza e l’occupazione del-la scuola, le lotte studentesche fra le diverse fazioni, i dibattiti e le battaglie femministe per la liberazione della donna. Quando

arrivò Ingrao, la piazza era piena di giovani con le bandiere rosse inneggianti all’internazionale comunista. Ogni avvenimento riusciva a coinvolgere tutta la popolazione che si sentiva unita e partecipe. Le domeniche po-meriggio si andava alla partita di basket allo “scatolone” o si seguiva la squadra, in trasfer-ta con gli autobus straripanti e chiassosi : erano i tempi di Toti, Gigi, Salvatore e “Tavuluni”… Spesso si decideva di andare a vedere un film al vecchio cine-ma Sciarrone o di organizzare le feste da ballo, rigorosamente in casa, con le luci soffuse ma con i genitori che tenevano sotto con-trollo le probabili iniziative più spinte! Qualche volta si andava a ballare sul serio: da Pierino o al Gatto nero, o meglio ancora al Sing Song, con la seicento dalle portiere a vento e la benzina a 100 lire al litro. L’estate trascor-reva spensierata alla Lampara dove ci si incontrava ogni giorno e si raggiungeva a nuoto lo sco-glio dell’Ulivo e la retrostante spiaggetta con il canotto o con il pattino. Nei caldi pomeriggi si inseguivano esperienze nuove ed eccitanti: la Corsa dei carri a pallini giù per la discesa della S.Giorgio, la Marcialonga dalla Tonnara fino alla città, la disce-sa a piedi sino a Rovaglioso: era un fermento di attività e di in-teressi che animavano la nostra

età di adolescenti. Qualcuno, più ardito, in preda a quella spinta adrenalinica che si può avere solo a vent’anni si lanciava col deltaplano dal S.Elia o risaliva il Tracciolino con il fuoristrada, costeggiando pericolosamente i dirupi o scendendo, le scalinate della villa, (suscitando, in que-sto caso l’ira delle vecchiette presenti che inveivano atterrite: “uh pe’ mmia! V’ammazzati e a nui ndi resta u spirdu!”)

Durante l’inverno si pote-va provare il piacere di andare all’”Opera”: il teatro si riempi-va di estimatori di Verdi, Cilea e Bellini e noi giovani e adole-scenti ci sentivamo, per una vol-ta, privilegiati come i ragazzi di città in quel fantastico scenario insolito…

A carnevale la città veniva letteralmente saccheggiata da orde di ragazzi impazziti che si scagliavano contro le fanciulle inermi, con manganelli, farina, uova e quant’altro, scatenando il terrore nelle strade: era quello il modo di vivere la festa. Niente maschere, niente balli né cotil-lons, solo il coprifuoco, manga-nellate e bombette ! Eppure … quanto eravamo felici! Era la gio-vinezza? Era la spensieratezza di quegli anni? Ragazzi, ora tocca a voi! …Uscite nelle strade, suo-nate i campanelli, giocate nelle piazze e riportate quel fermento nella vostra e nella nostra vita!

QUEI MAGNIFICI ANNI ‘70(Foto in bianco e nero dall’album dei ricordi)

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16Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

il PERSONAGGiO

di Cettina Angì

Antonio Cerra, calabrese, trascorre la sua infanzia e parte della sua adolescenza a

Palmi. Ben presto manifesta il suo interesse per la pittura, e proprio in questo periodo, frequen-ta lo studio del maestro Andrea Cicala e riceve lezioni di intaglio sul legno dallo scultore Giu-seppe Cotugno, Trasferitosi a Roma, consegue il diploma di disegnatore e svolge l’attività di illustratore. Nel 1970 si trasferisce a Firenze. Nel 1971 conosce il maestro Pietro Annigoni, dal quale riceve lezioni di disegno e consigli circa le antiche tecniche pittoriche. Espone in personali e collettive in molte città italiane ed in alcune importanti rassegne all’estero, ottenendo rico-noscimenti e premi. Sue opere si trovano in va-rie chiese di Firenze, Palmi, Pesaro.

nel 1967 dipinge “la ragazza che legge” frutto di studi giovanili a Palmi, nel 2005 “marina di Palmi”, ricreando i caldi e brillanti colori del sud; che ruolo ha avuto Palmi nella sua formazione artistica?

Palmi mi ha dato la possibilità di conoscere le personalità del luogo, di avere tanti amici ma, so-prattutto ha dato il colore e la luce ai miei lavori.

i suoi lavori sono molto personali, ma è vero che lei è autodidatta?

Si. Sono autodidatta. A Palmi, non essendoci scuole ad indirizzo artistico, ho dovuto studiare ragioneria e nello stesso tempo, tralasciando gli svaghi, dedicarmi ogni giorno, sempre da solo, allo studio dei pittori del passato come : Palizzi, Gemito, Caravaggio, Raffaello, ecc.

nel periodo in cui viveva a Palmi ha cono-

Intervista al maestro Antonio Cerra , illustratore, pittore, scultore, grafico

ANTONIO CERRAQuando la rappresentazione aderisce alla realtà

“Marina di Palmi” 2005

“La ragazza che legge” 1967

Il maestro Antonio Cerra

“L’immagine della Annunciazione che si dovrebbe trovare nella Chiesa dei Monaci è un’opera giovanile fatta dietro indicazioni di una persona che conosceva bene la Chiesa, ma di cui non ricordo il nome.Mi era stato detto che la Chiesa, in un primo momento, era dedicata all’Annuncia-zione e che il mio quadro avrebbe avuto una collocazione. Per tanti anni è stato esposto in un altare centrale poi, d’un tratto, sparì’ ma adessosi dovrebbe trovare dietro l’altare.” Antonio Cerra

“L’Annunciazione”

sciuto due maestri come cicala e cotugno, che ricordo ha di loro?

Con il pittore Cicala ho condiviso la passione per la musica, mentre dello scultore Cotugno, mi è rimasto un vivo ricordo. Era un bravo sculto-re- intagliatore, e nel periodo che frequentavo lo studio ho visto nascere molte sue opere, come il busto del figlio, i vari personaggi popolani, il grappolo d’uva. Qualche anno fa ho regalato un ritratto del maestro alla famiglia che possiede anche una mia opera fatta a 12 anni.

ha incontrato anche il grande maestro Pie-tro Annigoni; cosa ha significato per lei?

La pittura di Annigoni mi ha affascinato mol-to ma, quello che di più mi ha attratto, è stato il disegno. Conosceva alla perfezione tutte le tecniche antiche, sostenendo che il disegno è la base della pittura, disegnare sempre, qualsiasi cosa, entrare nei particolari ed avere la memo-ria visiva. Da lui ho appreso la tecnica e l’uso della grafite, della sanguigna, la preparazione delle tavole gessate e le difficoltà dell’affresco. La cosa più importante che mi ha trasmesso è sicuramente l’animo con cui si creano i volti, i personaggi, gli ambienti.

molte sue opere hanno una profonda reli-giosità; come mai questa scelta?

Sono cattolico, la storia dei Santi mi ha sempre appassionato. Quando devo fare un lavoro, mi documento, faccio ricerche sull’immagine, sulla vita, sui luoghi di quello che devo rappresentare. Tutto questo lavoro di ricerca mi dà molta sod-disfazione.

in molti suoi lavori i protagonisti sono fan-ciulli, come ad esempio “il david”, “contem-plazione”, “germoglio”; questo per richiamar-ci all’età dell’ innocenza?

Si, mi piace raccontare i ricordi, le emozioni, le mie idee, specialmente adesso che sono lon-

tano da Palmi.la sua attività è ampia e variegata,

vetrate, dipinti, incisioni, acquarelli, inoltre ha dimostrato di prediligere sia figure umane con soggetti sacri, fan-ciulli, ritratti, ma anche nature morte, soggetti floreali, come “Iris”, “Fiori di campo”, paesaggi solari, ecc.; ma in quale di queste espressioni, il suo lin-guaggio figurativo si coniuga meglio?

Qualsiasi cosa faccio, mi viene spon-tanea la tecnica da usare, per esempio: nei ritratti dei fanciulli uso spesso matite, carboncini, sanguigne; nelle nature mor-te in genere utilizzo la pittura ad olio o faccio incisioni a cera molle; i volti sono fatti con l’uso della sanguigna o pastelli; il quadro “Fiori di campo” è uno strappo di affresco. Quest’anno ho voluto realizzare una litografia su pietra, in genere que-sta tecnica veniva fatta ed utilizzata nel ‘700. Oggi gli artisti fanno soltanto delle riproduzioni a stampa delle loro opere, numerandole e chiamandole litografie, nonostante la tecnica sia ben diversa.

Lo stesso accade per le vetrate: non è una semplice coloritura del vetro ma, la scelta del materiale ed i vari gradi di cottura ne determinano la difficoltà ed il risultato. Conoscendo molte tecniche non ho nessuna difficoltà ad esprimere il mio stato d’animo o raccon-tare la mia realtà con qualunque mezzo.

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17 Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

citOlENA (uRdiPili)

La bomba di via mancusoIl compianto e carissimo amico Cosimo, fu vittima indiretta di

un attentato dinamitardo perpetrato ai danni di una macchina di un vicino di casa. Quella notte Cosimo e la moglie, erano a let-to impegnati ad amoreggiare, quando la forte deflagrazione in-terruppe la loro intimità. Naturalmente si alzarono, e col cuore in gola, affacciandosi alla finestra, videro che fuori c’era già la polizia e tante altre persone. Eseguiti i rilievi, la polizia si allon-tanò e la gente, appagata la curiosità, si dileguò. Dopo un po’, ritornata la quiete della notte, Cosimo rimasto col desiderio “nau-fragato”, voleva riprendere il discorso interrotto, ma la moglie ancora agitata, non ne volle sapere. A nulla è valsa l’opera di convincimento. La mattina dopo, un amico incontrò Cosimo e gli disse: “certu ca stanotti a sentisti a botta?”; “e si! – rispose Cosimo – a iddhu ‘nci misaru a bumba e jeu ia ‘nto menzu”.

si mangia ‘u pisci cu si vagna ‘u culu.(Il pesce fresco se lo mangia il pescatore. Chi ha faticato a conqui-stare una cosa ha il diritto di godersela)

Alcuni personaggi pubblici, probabilmente, per il ruolo di responsabilità che rivestono, hanno attribuite, a volte, etichette tra le più disparate che, loro malgrado, si portano dietro per tutta la carriera. Poi, per motivi diversi, li conosci e scopri persone to-

talmente diverse dal comune sentire. E’ questo il caso del personaggio raffigurato nella vignetta di questo mese: garbato e dai modi gentili per alcuni, “diavolo” per altri; per cui, ad un certo punto, viene spontaneo chiedersi:

diaVOlO O acQua santa ?

Ai posteri …

diaVOlO O acQua santa ?

Fu fortuna o malificiuse di Rriggiu nd’arrivauccà nto Tecnic’Ufficiu

stu ‘ngigneri e…cumandau?

E’ nu Santu o n’DiavuluniStefanuzzu se ‘nchjovaul’edilizia a ogni pintunie i procetti li bloccau?

Com’a ll’albitru Lo Bellulu friscottu u cunsumau,fici cchiù di nu macellue ‘ncarcunu si pilàu!!

Ma nu dubbiu nd’arrestause cchiù d’unu ora si scanta…

esti Angialu o Mamau? Esti diavulu o acqua santa?

Giuseppe Cricrì

diavulu o acqua santa?

di Saverio Petitto

di Rocco Cadile

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18Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

cultuRA E FOlKlORE

Se oggi nel percorrere la strada Provinciale che da

Palmi porta a Taureana ci doves-simo fermare presso il dosso del Malopassso, dando uno sguar-do giù vedremmo lo scenario a noi caro e sempre suggestivo con lo Scoglio dell’Ulivo in bas-so sulla sinistra e lo specchio di mare che sulla destra ci mostra lo Schogghjazzo - Grongo addos-sato al nuovo Porto, ancora non completato. Vedremmo poi lo Scoglio dell’Isola oramai arena-to, non più isola quindi, poi la Torre saracena di San Fantino e a seguire il panorama del golfo di Gioia, che culmina con Capo Vaticano. Osservando meglio la Tonnara vedremmo i lidi con gli ombrelloni e i pattini, qualche barchetta, e tante case del bor-go edificate in cemento armato, in maniera un po’ arruffata, se-guendo logiche urbanistiche cer-to non molto ortodosse, vedrem-mo poi il nuovo lungomare, con le auto in sosta, al fresco sotto le cannicciate nei parcheggi a paga-mento, oppure messe ad arrostire in quelli liberi.

Ma adesso proviamo per un attimo a chiudere gli occhi e ad immaginare come sarebbe stato questo scenario fino a qualche secolo fa, proviamo a domandar-ci perché questo luogo ancora oggi si chiama Tonnara, anche se oramai l’unico tonno che vi si trova è quello Nostromo vendu-to in scatolette nella bottega di Nenè, oppure quello che i pizza-ioli spargono a pioggia sulle piz-ze condite anche con la cipolla di Tropea.

Occorre sapere che fino alla fine del 1700 in questo specchio d’acqua i tonni si pescavano davvero, con quel sistema che oggi so-pravvive quasi solo per fi-nalità turistiche nell’Isola di Favignana ( Egadi - TP)

In tutto il bacino del me-diterraneo la storia della pesca del tonno si perde nella notte dei tempi. E’ storicamente acclarato che le annuali migrazioni di que-sto grande animale marino a ridosso dei litorali abbiano indotto gli uomini che vive-vano di pesca ad escogitare metodi ed artifici capaci di catturarne il maggior nume-ro possibile. L’espediente più redditizio fu quello di impiantare in modo oppor-tuno un sistema di reti vin-colate coordinate ed artico-late in modo tale da creare uno sbarramento al percorso dei pesci, tale da condurli in una gabbia ove sarebbero ri-masti prigionieri. Si trattava pertanto di quel congegno che dall’età normanna in poi sarà conosciuto come “ tonnara”.

Non mancano fonti let-terarie, numismatiche e vascolari che testimoniano

di Giuseppe Cricrì

quanto e come la pesca al ton-no venisse praticata nel corso dei secoli. Aristotele ne parla a proposito dei Fenici, ma citazio-ni esplicite le ritroviamo anche nelle produzioni di Omero, Ero-doto, Eschilo, Strabone, Plinio il Vecchio e Plutarco. La pesca del tonno veniva allora chiamata “Chetèion”, “ Cetaria dai Roma-ni “ dal termine Chetos = mostro marino o cetaceo, nella erronea credenza che anche i tonni ap-partenessero a tale categoria.

La pesca con impianti fissi con-tinuò anche nel medioevo rap-presentando per le popolazioni che la praticavano una vera fon-te di reddito capace di incidere in modo determinante sull’eco-nomia del territorio circostante.

La tradizione vuole che siano stati gli Arabi, subentrati ai Bi-zantini in Sicilia fra l’827 e il 1161 ad aver creato le prime tonnare in chiave moderna e industriale, anche se è risaputo che gli im-pianti fissi per la cattura del ton-no erano noti già molti secoli pri-ma. Gli stessi idiomi inerenti alla pesca ed allo strumentario im-piegato, es: rais, caloma, surra, gabbana ecc. dimostrano quanto sia forte il nesso con il mondo arabo. Scacciati gli Arabi dalla Sicilia da parte dei Normanni questi ultimi presero a sfruttare le “thonarie” che nel frattem-po si erano rivelate dei pilastri nell’economia isolana,con la la-vorazione del pesce che veniva conservato sotto sale, in barili, ma anche affumicato, essiccato, marinato ecc. Con i Normanni la pesca al tonno e lo sfruttamento delle risorse marine diviene pos-

sibile solo a seguito di concessio-ne da parte dello Stato. Questo sistema di concessione iniziato già nel 400 lungo il litorale tirre-nico della Sicilia si protrasse per i secoli a venire, in Calabria vie-ne segnalata dal Barrio, dal Fiore a dal Marafioti nei secoli XVI e XVII, nonché dall’abate Pacichel-li che descrive della pescosità in questo tratto di mare di tonni e di altri pesci; altra traccia la ritroviamo negli scritti di Maria Sirago che citano (…) in Calabria Citra, sul Tirreno nel 600 si ca-lano tonnare a Scalea, Cirella…Tropea, Seminara possesso del suo casale di Palmi alle “ pietre-negre” Scilla (…) Ulteriori notizie le abbiamo ricavate dalle intre-ressanti pubblicazioni dagli sto-rici Antonio De Salvo, Domenico Ferraro e Vincenza Pipino. La tonnara palmese funzionò fino a quando risultò redditizia, poi è probabile che per cause clima-tiche i flussi migratori dei tonni subirono variazioni tali da deter-minare un allontanamento degli stessi dalla costa, a quel punto è probabile che la stessa venne dismessa e venduta.

Relativamente al lido di Pal-mi, nella località Pietrenegre, determinante traccia risulta es-sere quella proveniente dall’at-to notarile del 31 ottobre 1780 del Notaio Francesco Colloidi dal quale si evince che tal Filippo Napoli di Palmi vende a Salvato-re Gambardella di Amalfi l’ultima tonnara con tutti i suoi attrezzi, ormeggiata nella marina di Pie-trenegre. Viene descritta la mo-dalità e l’entità del pagamento (490 ducati) ed inoltre vengono

descritti tutti gli accessori del-la tonnara ceduti con la mede-sima, (…) consistenti in barche Capoarroso( barca del capociur-ma), Sciere (barca utilizzata per chiudere la porta che immetteva i tonni nella camera della mor-te), e Musciara (barcaccia nera, di nove metri addetta ai servizi), rete, cutre (coltre coperta) , cor-de, libani (funi fatte con giunco) , plasmati, sovari (sugheri) e tutti gli ordegni (ordigni) appar-tenenti a detto mistiere (…) La tonnara palmese venne con ogni probabilità traslocata nella co-sta vibonese e da quel momento nella costa Viola di essa non re-siduò che il solo toponimo, che identificava la parte della costa che va dallo Scoglio dell’Ulivo, fino allo scoglio dello Schiccio , (che si trovava pressappoco nel-le adiacenze dell’attuale porto, ove oggi troviamo il ristorante “L’ancora d’oro” e che venne distrutto con la dinamite negli anni 50 per realizzare la strada, allora inesistente, che potette congiungere il borgo della Ton-nara con quello di Pietrenere.)

Ci piacerebbe tanto pensare che fosse possibile oggi creare un piccolo ambiente espositi-vo, anche museale, ( magari nella erigenda struttura che la Lega Navale dovrebbe realizza-re presso il porto) per mezzo nella quale far conoscere la storia e la tradizione della no-stra marineria, con tutto quan-to l’arte della pesca ai grandi animali marini, come il tonno fino al 700 ed il pesce spada fino ai giorni nostri, ha rappre-sentato.

LA pESCA DEL TONNO A pALMIBreve storia dell’antica Tonnara

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Rappresentazione grafica della “mattanza” alla tonnara di Palmi

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19 Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

cultuRA E FOlKlOREIl tonno (thunnus thynnus) - Biologia e curiosità

Il tonno ha la caratteristica di essere uno dei pesci più veloci ( viaggia fino a 80 km orari) ma anche quella di essere l’unico pesce a sangue caldo, con una temperatura

corporea di 3 gradi superiore a quella ambientale. Ha colorazione blu-nerastra superior-mente, azzurrognola con macchie argentate sui fianchi e argentea sul ventre. La coda è blu scuro. Vive a grandi profondità, ma all’inizio della primavera compie migrazioni verso i luoghi in cui deporrà le uova, o in cerca di mari più ricchi di cibo. Arriva a pesare, dopo i 15 anni, fino a 250 Kg. Il suo areale si estende lungo le coste atlantiche europee e in tutto il Mediterraneo. Spesso banchi di provenienza atlantica si uniscono ai grandi banchi medi-terranei, si dirigono verso le coste sarde e siciliane, passano lo stretto di Messina, sfiorano la Calabria e risalgono l’Adriatico, dove poi gli esemplari più giovani restano fino a tutto settembre. Il tonno vive aggregato in piccoli o grossi banchi di individui della stessa taglia. I banchi più piccoli composti da tonni della stessa taglia a primavera si uniscono fino a for-mare banchi enormi che contano anche migliaia di esemplari. Gli esemplari che stanno ai margini procedono in superficie, soffermandosi presso le coste per trovare cibo. I tonni al

centro del gruppo, invece, viaggiano senza soste a una profondità di 35-50 metri. Gli individui più grossi stanno prevalentemente più al largo, dove i fondali sono molto alti. Quando arrivano nei nostri mari, muovendosi a pelo d’acqua, sono detti “tonni di corsa”. In autunno, quando compiono il tragitto inverso e poi sprofondano, li si chiama “tonni di ritorno”. Il tonno è ghiotto di sardine e alici, nei cui banchi va a scorraz-zare, ma non disdegna sgombri, cefali, calamari e aguglie. Solo alcune specie di squali e le orche oltre all’uomo sono in grado di insidiarlo. La riproduzione del tonno avviene dalla primavera all’estate. I tonni che hanno raggiunto la maturità sessuale, procedendo in banchi uniformi che si avvicinano alla costa, si uniscono in gruppi che comprendono fino a 10 esemplari. Le femmine, in fila, si coricano su un lato, ac-celerando il ritmo del nuoto: i maschi, che si trovano in alto e poco più indietro, avanzano velocemente e si coricano sul lato opposto in modo da creare un contatto con il ventre della compagna per pochi secondi, necessari comunque a fecondare le uova. Il nome “tonno” deriva dal fenicio than che significa “animale di grossa mole”. Ma il tonno era noto già nella preistoria: appare infatti raffigurato in dipinti rupestri in alcune grotte presso Levanzo, risalenti a 10.000 anni a.C. e nei quali si possono vedere due tonni e alcuni attrezzi ap-puntiti, evidentemente usati per la loro cattura. I Fenici stabilirono le loro rotte marine seguendo quelle dei tonni. I Cartaginesi, già nel V secolo a.C„ catturavano tonni ed esportavano le loro carni salate in tutta l’area del Mediterraneo, soprattutto a Roma, dove erano molto apprezzate.

Verosimile collocazione delle gabbie dell’antica “tonnara” di Palmi

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20Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

itiNERARi

Gianfranco Lucente corre dalla tonnara al tracciolino percorsi noti in uno sfavillio di ver-de e colori di primavera, difficile è trasmettere queste emozioni ad altri e li dovrei accompagnare in silenzio perchè come dice il Car-done: il silenzio è santuario ce-lante l’anima impescrutabile delle cose.

Se dalla tonnara si percorre il sentiero di casa Repaci allora è pia-cevole leggere come mappa emo-zionale il nuovo libro di Santino Salerno: Sonavan – le quiete stan-ze – la pietrosa di Leonida Repaci e con le sue mirabili parole cogliere il segreto della bellezza di questo posto e della gravità “illustre com-pagna” perchè, come dice lo scrit-tore, c’è dentro, non solo il senso della storia, ma quello di un alta fatica umana.

La casa Repaci fu meta di va-rie personalità: pittori, scrittori, artisti quali Mondadori, Bompiani, zavattini, Lucio Villari, Antonio Altomonte, zappone e tanti altri e se si tende l’orecchio lungo la balconata che guarda il mare e lo stretto, si sentono le loro parole, i discorsi come se vi fosse sotterrato per sempre un radium di cultura e di dolci sensazioni.

Io sono un radiologo e non un me-dico nucleare della cultura e le mie radiazioni si perdono e si esaurisco-no in un centesimo di secondo.

Malgrado tutto questo solo con la forza del mio entusiasmo, cercherò di catturare turisti dal-le località vicine ed invogliarli a

scoprire questa parte del medi-terraneo e sento che queste no-tizie devono riuscire a conferire un’immagine nuova della Calabria e soprattutto valorizzare le risorse naturali, paesaggistiche e cultu-rali presenti in questo territorio. Occorre dare solo voce alle cose che loro hanno amore di vedere, ri-scoprendo, con una guida che deve diventare anche spirituale, il fasci-no antico, le risorse nascoste, i miti di una terra che può essere simile alla loro perchè ci riunisce tutti, la storia dell’uomo che è fatta di unici impulsi: aspirazioni, sofferenze, su-perstizioni e religioni.

Da poco è stato pubblicato un

volume del nostro socio del Gea –Architetto Dott.Vincenzo Spanò-: “La Via Anna Popilia” lavoro di anni e di lungo cammino per de-scrivere con mirabili carte, docu-menti, immagini fotografiche l’an-tica strada romana che collegava Capua a Reggio Calabria e mi ser-virò di questo antico percorso di uomini in un periodo come vedre-

mo di grande civiltà per indirizza-re altri uomini di buona volontà, pieni di cultura e grande emotività in una nuova strada di progresso e di sviluppo anche economico, in un piano strategico della Città di Palmi che non deve essere solo un sogno.

Mi sono perso i famosi 25 tede-schi tutto assorto nei miei pensie-ri… ma la Via Popilia mi indica il cammino.

Nella Tabella N.10 del volume dell’amico Spanò, come in una fer-mata della metropolitana, si esce a Taureana e da Taureana devo par-tire!

Attualissimi studi della Dott. Ele-

na Lattanzio sugli scavi di Taureana hanno messo in luce che le origini di Taureana risalgono al periodo dei ritorni dalla guerra di Troia.

L’indagine archeologica sul ter-reno ha ripetutamente dato indi-cazioni che già nel XVII sec avanti Cristo sul promontorio vi era un ag-glomerato di capanne circolari ed ha restituito tracce simili a quelli

E’ l’alba e mi accompagna la voglia di percorrere emozioni seguendo una traccia, il tracciolino, la via emblematica di una vecchia e meravigliosa Ca-labria, che non avrà mai futuro, ma ha un passato fantastico, ricordo di immagini e sensazioni di pochi ed eroici argonauti, che riconoscono il Vello d’oro nella bellezza di un paradiso abbandonato dove il serpente tace per-che sa che la mela della conoscenza non è ambita dalla gran parte delle donne e degli uomini di questi luoghi.E’ tutta colpa del paradiso, dove questo ultimo lembo dell’Italia, la Calabria incontra la costa rossa come le sue arance della Sicilia, in uno stretto dito che si incontra con un altro, in un mare viola dove spicca l’Aspromonte monte bianco e l’aspra vetta bianca dell’Etna, dove veleggiano le grigioverdi Eolie e le accompagna il sicuro e scuro Stromboli, in un canto di miti e storia.E’ tutta colpa dei nostri ricordi che ci legano e ci incatenano per ore a guar-dare scorci di mare e tempi Incas in terrazzamenti dove nostri avi hanno voluto lasciare segno del loro vivere.E’ colpa del nostro pensare che tutto il mondo miri a miti che non sono i nostri, in un errare senza senso e senza confini, ed invece noi abbiamo lo Stromboli che è là che ci chiude la vista ed il cammino.Ci dice che la nostra strada è il tracciolino da ripercorrere sempre perchè è dentro di noi, che aspiriamo andare alla ricerca del nostro io, del nostro vissuto e del vissuto di altri, nel silenzio sbiadito di questa alba... ed il gior-no fuga le oscure inquietudini del cuore.

IL TRACCIOLINO Percorso guidato per 25 tedeschi

che non capiranno!

E’ l’alba

Albagrigioverdi

sagome all’orizzonte,

poi dirada il tappeto d’ombra,

ed è l’aurora.Il silenziosbiadisce e il giorno

fuga le oscure inquietudini

del cuore.

Da pochi giorni in qualità di esperto di montagna e da

anni iscritto al GEA Gruppo escur-sionisti dell’Aspromonte, mi hanno proposto di fare da guida a venti-cinque tedeschi che hanno amo-re di percorrere il tracciolino e le strade di Palmi ed il Virgilio che è in ognuno di noi, mi ha suggerito una miriade di eventi, miti e storie da riferire a questi viandanti nordi-ci desiderosi di conoscere il nostro territorio.

Mi riavvicinano a loro le mie ori-gini materne che provengono dalla Val Pusteria nel Sud del Tirolo ed il mio amore per il trekking che mi porta a conoscere sempre po-sti nuovi nel meraviglioso mondo dell’Aspromonte, affinità spirituale con il viandante tedesco che, come dice Nietzsche, sale su per i monti al mio cuore.

“Io non amo le pianure e, quanto sembra, non mi riesce di fermarmi a lungo”.

E quali siano i destini e le espe-rienze che mi trovi a vivere, vi sarà sempre in essi un peregrinare e un salire sui monti: infine non si vive se non con noi stessi.

Così parlò zarathustra – il vian-dante. Per chi cammina per se stesso tutto è semplice, gode della vista del nostro mare viola, dei no-stri colori, dell’infuocato ed unico tramonto rosso sulle eolie, riper-

tra stOria, mitOlOgia e natura

unO sguardO dal tracciOlinO

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21 Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

itiNERARipresenti nelle Eolie.

Si nota la presenza dei bolli sui mattoni dell’etnico Taurianoum che indica quella popolazione dei Tau-reani, e documentare che la loro presenza è attestata fino all’Aspro-monte.

Sito ad origine osco-brettio e quindi mi dilungherò in analogie e paragoni con i germani dello stesso periodo storico.

Da un famoso passo di Tacito si ricorda che il loro mito risale al Dio Tuistone, nato dalla Terra e al figlio Manno, l’antenato della nazione dei germani; attribuiscono a Manno tre figli, i fondatori, dai quali traggono il nome di Ingevoni le popolazioni

vicino all’Oceano, di Erminoni quel-le che occupano le zone di mezzo e di Istevoni tutte le altre. Nel 740 a c. si ricordano le popolazioni dei burgundi, dei longobardi, dei sasso-ni, dei goti, dei vandali e di tanti al-tri ed i romani riportano i loro miti ed i loro riti.

Si sottolinea che il loro Mercurio riportato dagli storici romani, de-

I VESCOVI E IL VESCOVADO DI TAURIANUM

finito come il maggiore degli dei, ricorda il germanico Wodanaz o meglio Odinn-Odino, che occupa il vertice del pantheon germanico, similitudine perchè Odino è rappre-sentato con un cappellaccio che gli ricopre in parte il volto e Mercurio ha il petaso, Odino brandisce una lancia, così come Mercurio ha il suo caduceo.

Sarà piacevole parlare con loro, sotto la chioma di un grande ulivo, dei sacrifici umani, dei Druidi e del culto delle madri salvifiche.

Ricorderò, piacevolmente sdra-iato all’ombra vicino alla torre di Donna Canfora, guardando il mare che, nello stesso periodo, questa

terra era posto di confine di due città importanti della Megale Hel-las quella dei locresi e dei calcide-si di Rhegion.

Che a Locri, città di Persefone e delle donne, un legislatore, za-leuco (660 anni a.C.), fu redattore del primo codice europeo di leggi scritte, che Rhegion è la città del poeta Ibico e che Metauro al di là

del Petrace è la città del poeta Ste-sicoro.

L’astronomo Filippo di Medma era amico personale di Aristotele ed anche lui ricorda che Oreste venne sulle foci del Petrace, una delle sette sorgenti, per purificarsi per l’uccisione della madre Cliten-nestra.

Nel pantheon dei germani è ri-cordato Ercole e questa terra di passaggio era dedita al culto di Er-cole come tutte le zone di confine fra due città della Magna Grecia e si ricorda monumento a lui dedica-to in una zona vicino a Delianova.

Lungo il petrace si venerava un animale a lui devoto, perchè era in auge il culto del toro (Taureana e Metauro).

Secondo Antioco di Siracura il nome di Italia derivava da quello del potente principe di stirpe eno-trica Italo che governava un ampio territorio da Reggio fino a Medma o Ipponium e anche Aristotele faceva derivare il nome di Italia dal re Ita-lo e raccontava che Eracle, mentre attraversava le zone di Canolo per condurre in Grecia il bestiame ra-pito a Gerone e avendo saputo che secondo l’idioma indigeno il vitello era chiamato Vitulus, diede il nome a tutta la regione a Vitulus e quindi Italo.

Ci verranno incontro i giovani dell’Associazione San Fantino con il loro entusiasmo e la loro voglia di apprendere e di comunicare agli al-tri la bellezza di tante storie e sarà un lungo camminare per gli scavi di Taureana e come non ricordare che nel libro dei Taureani la Dott. Ago-stino riporta un verso di Cicerone “dovunque camminiamo, poniamo il piede su una qualche storia”.

Loro ricorderanno il miracolo di San Fantino servitore di un ricco patrizio romano che per favori-re altri contadini ruba di notte il carro dei cavalli al padrone e questi lo vede attraversare per miracolo il Petrace come Mosè nel Mar Rosso e si converte al cri-stianesimo. Faranno visitare la villa romana del ricco Patrizio e indicheranno la fonte miracolosa di San Fantino.

Ricorderanno che a pochi chilo-metri da Taureana si trova la via Popilia (132 a.C.) e che in nume-rosi siti dell’Aspromonte si rinven-gono le antiche vestigia di strade romane.

Intorno al VI e VII secolo dopo Cristo in epoca bizantina gli abi-tanti di Taureana per le incursio-ne dei Longobardi sono costretti a rifugiarsi vicino Palmi in località Macello in grotte di tufo scavate da loro a forma di basilica, con cripte e croci, sale di accoglienza e dor-mitorio, forno e vie di fuga.

Sarebbe bello e significativo chia-mare queste grotte di San Fantino per ricollegare questo insediamen-to alla fuga di San Fantino e anche per ricordare questa associazione.

Il contatto con il mondo bizan-tino soprattutto nella provincia di Reggio Calabria è entusiasmante, basti pensare all’area grecanica di Bova, a Gallicianò paese di 100 abitanti che hanno due chiese una a rito ortodosso e l’altra a rito cattolico.

Dal VI al XIV secolo dopo Cristo la calabria gode dell’in-fluenza della civiltà bizantina,

arricchita dall’arrivo in questa regione dei monaci del periodo iconoclastico.

La Cattolica di Stilo, la chiesa di Theresti –da pochi anni monaste-ro bizantino che ospita ogni anno il patriarca-, la grotta di San Bar-tolomeo, la chiesa di San Ilarione a Caulonia, San Leo e la chiesa di San Stefano sull’Aspromonte, cen-tro bizantino di Gerace, Grotta di Sant’Elia ed ci piace ricordare in ul-timo la chiesa a rito ortodosso rico-struita a copia di chiese greche, a Seminara, con finanziamento della Provincia.

In quel periodo in Calabria si par-lava greco e Barlaam e Leontio Pi-lato sono stati i maestri di Petrarca e Boccaccio, nei conventi basiliani si traducevano i classici, si faceva conoscere al mondo il codex pur-pureo di Rossano.

Nel periodo delle crociate con il beneplacito della Chiesa i normanni occuparono questo territorio e San Brunone ed altri ebbero il compito di distanziare questi siti bizantini ed introdurre i riti cattolici …ed è bellissimo il convento certosino di Serra San Bruno.

E poi vennero i saraceni e come non raccontare della Chianson de l’Aspromond con le imprese di Or-lando, di Rinaldo e di Gano dove il re cristiano uccise Almonte e dove si decidono le sorti della cri-stianità.

Si può collegare il ciclo Carolin-gio a quello dei templari e quello esoterico del Graal e si trova il sim-bolo dell’incontro della tradizione esoterica dell’occidente con quella d’oriente nel sigillo della croce del-la madonna di Polsi.

Croce con doppie braccia ad eli-che –simboli iniziatici dell’assoluto nel duplice aspetto evolutivo ed in-volutivo –eterna periodica creazio-ne e distruzione del cosmo- e sim-bolo della mezzaluna che sormonta l’estremità superiore della croce di Polsi sopra la croce -iniziazione esoterica d’oriente-.

Si può visitare il campo di batta-glia fra i romani guidati da Cassio e gli schiavi liberi di Spartaco ed entrare nell’antico fortilizio roma-no con le fosse divenute fornaci per fondere il piombo delle loro fion-de ed il lungo vallo nell’area più stretta della Calabria e rievocare i gridi di guerra e di libertà e sen-tire i tormenti di ottomila schiavi crocefissi.

Poco distante camminare alla ricerca della antica statua di Per-sefone ed il mito delle donne di Lo-cri… ma questi sono altri percorsi ed altre emozioni.

I venticinque tedeschi hanno già potuto gustare l’otium meridionale ed il piacere di comunicare della gente del Sud e si dirigono a rapide falcate verso l’agriturismo di Tede-sco sullo scoglio dell’Ulivo scendo-no a mare dalla scalinata della casa di Felice e godono della bellezza del mare della costa Viola.

Da questo posto incantevole at-traverso un nuovo sentiero si arriva alla strada della pietrosa, si passa davanti alla Villa Repaci e si giun-ge al Teatro greco, alla Marinella e dalla spiaggia “dove caddero le prime barriere del pudore “(una poesia del filosofo D.A.Cardone), si sale in alto fino alla strada del tracciolino.

tra stOria, mitOlOgia e natura

Page 22: Madreterra - Palmi e Dintorni - numero 7

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MadreTerraPalmi&Dintorni

22Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

SAPERi & SAPORidi Walter Cricrì

Tabacchiera detta anche sa-turnina, il nome deriva dalla forma schiacciata sui due lati. E’ una delizia.

La pesca tabacchiera, origina-ria delle pendici dell’Etna, è un frutto particolare, a pasta bian-ca o gialla, a seconda le varietà, ha un profumo estremamente intenso e una polpa morbida, tanto da essere largamente im-piegate nell’industria dolciaria.

Questa pesca sfrutta i terreni ben drenati, l’abbondanza di ac-qua ed una marcata escursione termica. Il periodo di matura-zione va da luglio a settembre. Varietà delicata e suscettibile agli attacchi parassitari, la ta-bacchiera stenta però a compe-tere con altre tipologie più fun-zionali al mercato.

Si mira, comunque, a diffon-derne la conoscenza anche oltre i confini meridionali, aiutando i produttori a trovare nuovi ca-nali per la sua distribuzione. Utilizzata nella preparazione di granite e gelati, è deliziosa.

Agriturismo o turismo rurAle di mAssA

Mangiare con le mani: mangiare coi sensiQuant’è divertente e liberatorio mangiare con le mani! Alcuni cibi si assaporano meglio, si possono spolpare gli ossi gustando fino all’ultima fibra di carne, ed è come tornare un po’ bambini quando si esplorava il mondo con le dita e con la bocca. Ma quando si può, secondo il galateo?

L’evoluzione dei costu-mi

Per milioni di anni i nostri progenitori

hanno adoperate le mani quale unico strumento per cibarsi. L’invenzio-ne di arnesi idonei ad accompagnare i cibi alla bocca è stato un passo decisivo nel processo di civilizzazione, e subito le abitudini precedenti vengono bollate come sconvenienti al decoro umano. Gli studiosi affer-mano che l’uso delle po-sate, con il conseguente dominio della gestualità, rappresenta il distacco dagli istinti, il controllo delle pulsioni, l’addome-sticamento delle inclina-zioni animalesche.

Anche quando man-giavano le zuppe e gli stufati direttamente dai contenitori comuni, gli antichi avevano dei riguardi per il senso di disgusto altrui, era de-precato inzuppare negli intingoli le dita assieme al pane e ungersi il volto. I più ricchi e raffinati tra i greci ed i romani usavano di-tali per evitare di sporcarsi e di ustionarsi. Ovidio prescriveva di usare solo tre dita (pollice, indice e medio), come segno di elegan-za, e poi tra una portata e l’altra interveniva la servitù con l’acqua e gli asciugamani.

Lenta e contrastata fu la pro-gressiva introduzione di sempre

più idonee posate. I Principi italia-ni furono i primi ad adeguarsi, tra la diffidenza e la riluttanza delle Corti francesi e soprattutto ingle-si, e ci vollero dei decreti reali per imporre l’uso della forchetta. An-cora alla fine del ‘600 Luigi XIV, il Re Sole, di cui è noto lo smisurato appetito, preferiva le dita.

Finalmente nel ‘700 i commen-sali di tutta Europa ebbero la ta-vola apparecchiata anche con un bel tris di posate individuali, e la moda arricchì le tavole di trine e merletti e di cristalli, porcellane,

argenti e smalti, in un luccicare di “bel vivere”, benché ancora per quasi altri due secoli il popolo minuto dovesse vivere in condizioni di vita materia-le e alimentare tali da mo-tivare abitudini fuori dagli schemi dell’etichetta.

cosa si può mangiare con le mani

Elda Lanza scrive «Non è una questione di mani. Le persone educate usano le mani, a tavola, assai più di quanto sanno fare quelli che usano troppo e a sproposito il coltello. Ci sono cibi che si portano alla bocca senza l’uso delle posate, con un gesto di naturale semplici-tà. Con l’eleganza e lo stile di chi ne ha consuetudine e non s’imbarazza».

Da qualche anno si sono mosse nuove tendenze rivoluzionarie, fatte pro-prie da alcuni ristoratori

dal Piemonte a Trieste, passando per Bologna e Cortina. L’allettan-te pubblicità del «qui si mangia con le mani» attira molto i gio-vani e le persone disinibite che vogliono trascorrere una serata in piena libertà e divertimento. Pare si sia riscoperta la maniera più godereccia per assaporare i cibi. Dicono che così si appaghi-no tutti i sensi. Ma io mi doman-do se sia un modo per dar sfogo alle ataviche passioni o sia una forma di snobismo? Oppure è un rifugio per chi non sa stare “in punta di forchetta”?

La ricerca di soluzioni di va-canza più economiche, si

conferma, il primo obiettivo degli agrituristi, con incidenza molto vicina a quella registrata lo scorso anno. Ciò significa che l’attesa ripresa della doman-da turistica, da molti prevista per quest’anno, probabilmente non ci sarà. Tanto più che an-cora non è possibile misurare l’effetto, certamente negativo, della severa manovra economi-ca messa in campo dal governo. Al secondo posto si consolida, con un +18% rispetto al 2009, la richiesta di “vacanze a caval-lo”, una proposta tipicamente agrituristica che comporta una spesa, da aggiungere all’allog-gio e alla ristorazione, non ir-rilevante. E’ il segno che pur essendo diffusa e pressante la necessità di contenere le spese, i servizi peculiari dell’agrituri-smo restano un solido punto di forza nell’orientare gli ospiti. Al terzo posto, in crescen-do (+25%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, si colloca la richiesta di agrituri-smi vicino al mare che, alme-no in alcuni casi, può mettersi in relazione con l’obiettivo di

Frutto buffosapore serio

spendere meno evitando il sog-giorno nelle più costose loca-lità balneari. Ma la tendenza a “variare” la vacanza, con la combinazione mare-campagna, evidenzia anche l’obiettivo di concentrare, nei pochi giorni disponibili, la soddisfazione di esigenze diverse, fra le quali resta molto importante il relax, per chi sceglie l’agriturismo. Ed è proprio la domanda di relax a spiegare il quarto posto (pur

in flessione del 7% rispetto allo scorso anno) riservato alle azien-de agricole che offrono la pisci-na: in questo caso il desiderio prevalente è quello di mettere a riposo l’automobile e trascor-rere la maggior parte del pro-prio tempo sul posto fra riposo, fresco, verde, e buona tavola. Interessante, infine, la rilevante crescita delle richieste per agri-turismi di alto livello (quasi rad-doppiata rispetto al 2009) che

conferma la tendenza del seg-mento medio-alto della doman-da turistica a non considerare più l’agriturismo una soluzione di necessariamente “modesta”, dal punto di vista del comfort e della varietà di servizi. Ma que-sta scelta evidenzia anche una diversa concezione della qua-lità della vacanza, che esalta i valori “ambientali” dando mi-nor peso ai valori “strutturali” della sede di accoglienza.

Si confermano le scelte degli appassionati di agriturismo per l’estate 2010: vacanze brevi, spesa contenuta, più cavallo, mare o piscina

mulinciani in Sicilia, ecc.. caratteristiche botaniche. La pian-

ta di melanzana ha fusto erbaceo, ramificato, con foglie espanse,

ricoperte di una sottile pe-luria. I frutti sono grosse

bacche carnose, di for-ma e colore di-versi secondo le varietà, con polpa soffi-ce, di colore

bianco-ver-dastro. La forma può essere al-

l unga ta , e in que-sto caso il sapore è

più pic-c a n -

t e ,

oppure tonda od oblunga, con gusto più delicato. La raccolta è estiva, da giugno a ottobre secondo le zone di coltivazione; la bacca va raccolta quando è ancora ben soda, un po’ in anticipo rispetto al suo massimo sviluppo, stadio in cui diventerebbe

troppo piccante e ricca di semi. Valore nutritivo. Comunque tutte le varietà sono commestibili e con-tengono vari sali minerali, vitamina “C”, un buon contenuto di ferro e fibre dietetiche; hanno un basso contenuto calorico e di carboidrati.in cucina. Le melanzane sono lar-gamente utilizzate per la prepa-razione di stufati, oppure vengono servite fredde, dopo essere state cotte in un po’ d’olio con erbe e aromi. Qualcuno le preferisce ri-piene e condite con il curry. Co-munque fatte, donano ai piatti che accompagnano un gusto saporito e delicato allo stesso tempo. Possono essere più o meno amaro-gnole e piccanti, e perciò possono richiedere preparazioni prelimina-ri. In genere, lo sono quelle piccole e allungate, che infatti vanno nor-malmente tenute per un paio d’ore in un colapasta, affettate e siste-mate a strati con sale grosso, per-ché sgrondino il succo “forte”. Le melanzane più grosse delle varietà tonde, invece, non richiedono di solito questa preparazione. È bene, quando poi si cuociono, tener conto del fatto che, per quanto accurata-mente si sciacquino, le melanzane così spurgate rimangono piuttosto salate. C’è, comunque, chi consi-dera la sfumatura amarognola del-le melanzane come il loro maggior pregio; e c’è anche il fatto che le melanzane sono oggi decisamente meno saporite di quelle a cui si ri-feriscono i ricettari (specie quelli anteriori all’ultima guerra mon-diale). Si suggerisce, quindi, anche se nella ricetta è contemplato lo spurgo delle melanzane, di usarle (nei limiti del possibile) così come vengono colte o comprate. Nel nor-male uso della cucina italiana le melanzane vengono preparate con la buccia; la pulizia è, quindi, mol-to semplice: si lavano, si toglie con le dita il picciolo, spesso spinoso, e con un coltellino il bottoncino legnoso all’estremità opposta (che però va lasciato, se la melanzana viene fatta ripiena). Se non si met-tono sotto sale, è bene spruzzare le melanzane tagliate con succo di li-mone per evitare che anneriscano. La melanzana ha una conservabilità di qualche giorno in frigorifero; se è fresca, deve avere polpa soda e la pelle deve essere lucida e non presentare parti grinzose e opache, segno di appassimento.

E’ la bacca di una pianta orticola eretta, della famiglia delle Solanacee, la stessa delle patate, dei pomodori, e dei peperoni. Verdura tipica dell’estate, rientra spesso nelle diete dimagranti, ma attenzione in questo caso a non arricchirle di grassi o oli. Ricca di nutrienti per la pelle è usata per maschere per il viso.

Me l a n z a n a (Solarium melongena “Esculentum”), molte sono le varietà, che si distinguono per la forma, allungata, tonda o ovale e per il colore.È il frutto di una pianta orticola originaria della Cina e dell’India. Veniva descritta nel libro Herbal, l’erbario di Gerard, nel 1597, dove il tipo bianco a forma di uovo era chiamato “Melamatta” (Mela insa-na), ed arrivò in America circa nel 1850. E’ stata a lungo popolare in India, nel Medio Oriente e nell’Eu-ropa del sud, ma ha raggiunto solo da poco l’Inghilterra e l’Europa del nord, dove sono oggi facilmente reperibili; molto coltivata in Italia, soprattutto nel MeridioneSecondo altre fonti, il nome derive-rebbe dall’arabo badingian (che è

d i -ventato berenjena in spagnolo e auber-gi-ne in francese) pre-ceduto dalla parola “mela” che l’italiano medievale spesso premetteva ai nomi stranieri di frutta e verdura (altri esempi: me-larancia, melangolo, melagrana). È curioso il fatto che le melanzane hanno forse la maggior varietà di nomi dialettali fra tutte le verdure, a cominciare da petonciani come le definisce l’Artusi, per passare a marignani nel Lazio, malignane in Campania, mulingiane in Calabria,

una “mela matta” che caratterizza la nostra cucina

di Walter Cricrì

Luglio e agosto sono mesi di atti-vità molto intensa nell’orto ed

è necessario intervenire di continuo per attuare i molteplici lavori indi-spensabili per seguire le colture in atto, oppure per proseguire o inizia-re la coltivazione di quelle che si raccoglieranno nell’autunno-inverno.

Rincalzare le patate e tutte le specie che superano i 20 cm o che • hanno un avvallamento del terreno al piede della pianta, fenomeno che si presenta spesso dopo ripetute annaffiature.Zappettare leggermente attorno alle piante e tra le file, per arieg-• giare il terreno, rompendo la crosta superficiale. Attenzione a non andare troppo a fondo prendendo le radici.Rinnovo impianti: le piante che hanno terminato il ciclo vegetativo • vanno estirpate, inserite nel compost e il terreno rinnovato per i nuovi trapianti

Irrigate con moderazione, intervenendo più volte con limitate quantità d’acqua. Il terreno deve assorbire bene l’acqua, bisogna evitare che questa scorra in superficie (impedendo quindi il ruscellamento) e non si devono neppure formare ristagni nelle aiuole. Adottando la pacciamatura e le ma-nichette per l’irrigazione, si ottengono nello stesso tempo diversi risultati: si risparmia acqua, la quale viene distribuita con maggiore regolarità, si evi-ta di bagnare la parte aerea della pianta (foglie, fiori, frutti) impedendo o limitando lo sviluppo di malattie causate da funghi microscopici e si otten-gono prodotti puliti perché non sono a diretto contatto con il terreno.

melanzane in carrozzaRicetta napoletana. Per 6 persone, affetta re per il lungo, allo spessore di un po’me no di 1 cm, 1,2 kg di melanzane piccole e oblunghe; farle spurgare, striz-zarle leg germente, asciugarle. Friggerle in olio, cuocendo solo a metà; scolarle e metterle su carta asciugante. Tagliare a fette spes se circa 0,5 cm della mozzarella o del fior dilatte. Mettere ogni fetta tra 2 di melan zane, guarnendo la mozzarella con 1 foglia di basilico; poi rita-gliare il formaggio che deborda. Infarinare questi tramezzini, passarli nell’uovo sbattuto e friggerli in olio d’oliva bollente e molto abbon-dante, vol tandoli delicatamente perché si dorino da entrambi i lati.

Devono friggere ben spa ziati nella padella.

semina in semenzaioA luglio: broccoli, broccoletti, catalogna, cavolfiore, cipolle estive. Ad agosto: cavolo cap-

puccio primaverile, cipolle estive, finocchi.

semina in vaso / piena terraA luglio: Barbabietole, bietole, carote, cavolo cinese, cicorie, indi-via, fagiolino, fagiolo bianco, finocchi, lattughe, porri, prezzemolo, rape, zucchine. Ad agosto: radicchi, ravanelli, scarola e spinaci.

trapiantiLuglio ed agosto: Broccoli, broccoletti, catalogna, cavolfiore, cavo-lini di bruxelles, cavolo rosso, cavolo verza, cicorie bionde, cicorie rosse, radicchi, sedano.

la raccolta in questi mesiAngurie, meloni, fagioli rampicanti, melanzane, aglio invernale, tut-te le verdure da foglia, pomodori, peperoni, zucchine.

cure anti-parassitarieSono i mesi in cui imperversano gli afidi, con una seconda carica, e il tonchio, un insetto che attacca fave, fagioli e piselli; compare per-ché vengono spesso usati semi in cui erano state depositate le uova. In caso di comparsa di tonchio, l’unica soluzione è eliminare tutte le piante e il terriccio dei vasi, sostituendolo con nuovi.

I lavori nell’orto in estate Indicazioni pratiche e consigli utili per affrontare i lavori di luglio ed agosto nell’orto

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23 Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

SAPERi &SAPORidi Walter Cricrì

Tabacchiera detta anche sa-turnina, il nome deriva dalla forma schiacciata sui due lati. E’ una delizia.

La pesca tabacchiera, origina-ria delle pendici dell’Etna, è un frutto particolare, a pasta bian-ca o gialla, a seconda le varietà, ha un profumo estremamente intenso e una polpa morbida, tanto da essere largamente im-piegate nell’industria dolciaria.

Questa pesca sfrutta i terreni ben drenati, l’abbondanza di ac-qua ed una marcata escursione termica. Il periodo di matura-zione va da luglio a settembre. Varietà delicata e suscettibile agli attacchi parassitari, la ta-bacchiera stenta però a compe-tere con altre tipologie più fun-zionali al mercato.

Si mira, comunque, a diffon-derne la conoscenza anche oltre i confini meridionali, aiutando i produttori a trovare nuovi ca-nali per la sua distribuzione. Utilizzata nella preparazione di granite e gelati, è deliziosa.

Agriturismo o turismo rurAle di mAssA

Mangiare con le mani: mangiare coi sensiQuant’è divertente e liberatorio mangiare con le mani! Alcuni cibi si assaporano meglio, si possono spolpare gli ossi gustando fino all’ultima fibra di carne, ed è come tornare un po’ bambini quando si esplorava il mondo con le dita e con la bocca. Ma quando si può, secondo il galateo?

L’evoluzione dei costu-mi

Per milioni di anni i nostri progenitori

hanno adoperate le mani quale unico strumento per cibarsi. L’invenzio-ne di arnesi idonei ad accompagnare i cibi alla bocca è stato un passo decisivo nel processo di civilizzazione, e subito le abitudini precedenti vengono bollate come sconvenienti al decoro umano. Gli studiosi affer-mano che l’uso delle po-sate, con il conseguente dominio della gestualità, rappresenta il distacco dagli istinti, il controllo delle pulsioni, l’addome-sticamento delle inclina-zioni animalesche.

Anche quando man-giavano le zuppe e gli stufati direttamente dai contenitori comuni, gli antichi avevano dei riguardi per il senso di disgusto altrui, era de-precato inzuppare negli intingoli le dita assieme al pane e ungersi il volto. I più ricchi e raffinati tra i greci ed i romani usavano di-tali per evitare di sporcarsi e di ustionarsi. Ovidio prescriveva di usare solo tre dita (pollice, indice e medio), come segno di elegan-za, e poi tra una portata e l’altra interveniva la servitù con l’acqua e gli asciugamani.

Lenta e contrastata fu la pro-gressiva introduzione di sempre

più idonee posate. I Principi italia-ni furono i primi ad adeguarsi, tra la diffidenza e la riluttanza delle Corti francesi e soprattutto ingle-si, e ci vollero dei decreti reali per imporre l’uso della forchetta. An-cora alla fine del ‘600 Luigi XIV, il Re Sole, di cui è noto lo smisurato appetito, preferiva le dita.

Finalmente nel ‘700 i commen-sali di tutta Europa ebbero la ta-vola apparecchiata anche con un bel tris di posate individuali, e la moda arricchì le tavole di trine e merletti e di cristalli, porcellane,

argenti e smalti, in un luccicare di “bel vivere”, benché ancora per quasi altri due secoli il popolo minuto dovesse vivere in condizioni di vita materia-le e alimentare tali da mo-tivare abitudini fuori dagli schemi dell’etichetta.

cosa si può mangiare con le mani

Elda Lanza scrive «Non è una questione di mani. Le persone educate usano le mani, a tavola, assai più di quanto sanno fare quelli che usano troppo e a sproposito il coltello. Ci sono cibi che si portano alla bocca senza l’uso delle posate, con un gesto di naturale semplici-tà. Con l’eleganza e lo stile di chi ne ha consuetudine e non s’imbarazza».

Da qualche anno si sono mosse nuove tendenze rivoluzionarie, fatte pro-prie da alcuni ristoratori

dal Piemonte a Trieste, passando per Bologna e Cortina. L’allettan-te pubblicità del «qui si mangia con le mani» attira molto i gio-vani e le persone disinibite che vogliono trascorrere una serata in piena libertà e divertimento. Pare si sia riscoperta la maniera più godereccia per assaporare i cibi. Dicono che così si appaghi-no tutti i sensi. Ma io mi doman-do se sia un modo per dar sfogo alle ataviche passioni o sia una forma di snobismo? Oppure è un rifugio per chi non sa stare “in punta di forchetta”?

La ricerca di soluzioni di va-canza più economiche, si

conferma, il primo obiettivo degli agrituristi, con incidenza molto vicina a quella registrata lo scorso anno. Ciò significa che l’attesa ripresa della doman-da turistica, da molti prevista per quest’anno, probabilmente non ci sarà. Tanto più che an-cora non è possibile misurare l’effetto, certamente negativo, della severa manovra economi-ca messa in campo dal governo. Al secondo posto si consolida, con un +18% rispetto al 2009, la richiesta di “vacanze a caval-lo”, una proposta tipicamente agrituristica che comporta una spesa, da aggiungere all’allog-gio e alla ristorazione, non ir-rilevante. E’ il segno che pur essendo diffusa e pressante la necessità di contenere le spese, i servizi peculiari dell’agrituri-smo restano un solido punto di forza nell’orientare gli ospiti. Al terzo posto, in crescen-do (+25%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, si colloca la richiesta di agrituri-smi vicino al mare che, alme-no in alcuni casi, può mettersi in relazione con l’obiettivo di

Frutto buffosapore serio

spendere meno evitando il sog-giorno nelle più costose loca-lità balneari. Ma la tendenza a “variare” la vacanza, con la combinazione mare-campagna, evidenzia anche l’obiettivo di concentrare, nei pochi giorni disponibili, la soddisfazione di esigenze diverse, fra le quali resta molto importante il relax, per chi sceglie l’agriturismo. Ed è proprio la domanda di relax a spiegare il quarto posto (pur

in flessione del 7% rispetto allo scorso anno) riservato alle azien-de agricole che offrono la pisci-na: in questo caso il desiderio prevalente è quello di mettere a riposo l’automobile e trascor-rere la maggior parte del pro-prio tempo sul posto fra riposo, fresco, verde, e buona tavola. Interessante, infine, la rilevante crescita delle richieste per agri-turismi di alto livello (quasi rad-doppiata rispetto al 2009) che

conferma la tendenza del seg-mento medio-alto della doman-da turistica a non considerare più l’agriturismo una soluzione di necessariamente “modesta”, dal punto di vista del comfort e della varietà di servizi. Ma que-sta scelta evidenzia anche una diversa concezione della qua-lità della vacanza, che esalta i valori “ambientali” dando mi-nor peso ai valori “strutturali” della sede di accoglienza.

Si confermano le scelte degli appassionati di agriturismo per l’estate 2010: vacanze brevi, spesa contenuta, più cavallo, mare o piscina

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24Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

SAlutE E BENESSERE

Arriva l’estate e, con essa, il mare e il sole. La pelle e il sole hanno un conto aperto e, ad ogni stagione, si ripresentano, più o meno, le stesse malattie.

Il sole ha un effetto benefico generale sull’organismo. Consente l’assorbimento della vi-tamina D e la sua azione favorevole sulla mineralizzazione ossea, libera endorfine (morfine naturali presenti nel nostro corpo) e dà un senso di piacevolezza e di benessere generale.

Purtroppo, arreca anche tanti spiacevoli disturbi, a cominciare dal banale “eritema”, da interpretarsi come un danno diretto sulla pelle dovuto all’effetto degli UVA e UVB (radia-zioni ultraviolette), che colpiscono di più i soggetti con pelle chiara (fototipi I e II) rispetto a quelli con pelle più scura (fototipi III, IV e V). Da noi il fototipo più diffuso è il III, quello mediterraneo. I filtri solari sono importanti e, nei soggetti con pelle chiara, vanno usa-ti quelli con protezione elevata (50+). Ma questo può non bastare e, allora, sia nei casi di eritema che di orticaria solare, bisogna ricorrere a supplementi orali, come il betacarote-ne, il licopene o, nei casi più severi, il trimetil-psoralene. Queste molecole vanno assunte da uno a tre mesi prima di esporsi al sole, al fine di creare una precoce abbronzatura che protegge dall’eritema.

Altra patologia abbastanza frequente è la fotodermatite o lucite (malattia da luce sola-re). In modo caratteristico si localizza alle aree esposte all’irradiazione solare e cioè collo, decolletè, parti scoperte delle braccia e delle gambe. Si ha un’eruzione papulo-vescico-losa, intensamente pruriginosa, fastidiosa, che affligge sin dalla prima esposizione solare fino alla fine dell’estate o al costituirsi di una adeguata e protettiva abbronzatura. Come terapia si usano i cortisonici locali e sistemici, gli antimalarici e i solari.

Esistono poi malattie per le quali bisogna evitare rigorosamente l’esposizione solare. Tra queste l’esempio classico, per fortuna poco frequente, è lo xeroderma pigmentoso, che è una lesione genetica precancerosa.

Conoscono tutti l’effetto negativo del sole sulla comparsa e sull’evoluzione sfavorevole dei carcinomi della pelle (basalioma, spinalioma), lesioni spesso presenti a livello del volto (zigomi, fronte, naso), manifestantesi con piccole croste con gemizio ematico, che scom-paiono e si riformano, o anche con noduli in lento accrescimento. La terapia elettiva è la chirurgia e, per le forme lievi non nodulari, l’uso di antinfiammatori in crema (diclofenac) o anche di immunomodulatori (imiquimod crema).

Per il melanoma non è accertata una sicura correlazione causa-effetto del sole, anche se le ustioni solari, specie in giovane età, rivestono un ruolo importante assieme a fattori genetici, familiari e ambientali.

Un ultimo flash sulle punture di meduse. Si legge in varie ri-viste dell’uso di ammoniaca e galenici vari. La terapia più ef-ficace rimane l’asportazione dei frammenti urticanti (cnidae), che deve avvenire quanto prima possibile o con un coltellino che agisca tangenzialmente al piano cutaneo o, in mancanza di questo, mediante un massaggio energico con sabbia calda, se-guiti entrambi dall’uso di cortisone in crema o, nelle forme più impegnative, somministrato per via orale o per iniezione. Solo così si potranno evitare, oltre il bruciore che può essere inten-so, le sequele antiestetiche e a volte irreversibili che è possibi-le osservare in alcuni bagnanti.

il sOle e la Pelle

Dr. Giuseppe RibuffoSpecialista dermatologo

Università di Roma - Tel 0966 55378

IL RUOLO DELLA MEDICINA PREVENTIVA NELLA SALUTE DELL’INDIVIDUOLa parola “Prevenzione” è stata usata e...abusata negli ultimi anni, segnati dagli in-

credibili progressi della medicina. Dalla scoperta degli antibiotici all’invenzione dei vaccini, alle innovazioni della genetica, gli studi recenti ci hanno dimostrato che molte malattie possono essere prevenute e che...”prevenire è meglio che curare.”Gli anni settanta - ottanta, oltre che dai progressi della medicina sono stati con-trassegnati anche da un accrescimento della rete ospedaliera in Italia e da un pro-liferare dei servizi sanitari a tutela della salute che hanno affiancato il medico di base nella sua opera di prevenzione e di cura delle malattie.Ma a cominciare dalla fine degli anni novanta il nostro Servizio Sanitario pubblico ha fatto “flop” per motivi di copertura economica. Ciò ha portato inesorabilmente alla chiusura-razionalizzazione di molte Strutture Sanitarie e Ospedali. Questi tagli, nelle regioni del Centro-nord, in realtà più ricche ed evolute della nostra, ha de-terminato anche un miglioramento dell’offerta sanitaria pubblica. Ma nella nostra realtà, quella dell’estremo sud, della povertà del lavoro nero e così via, ha causato un vero disastro senza precedenti per la salute del cittadino. Ospedali chiusi o chiusi a metà; i pochi ospedali rimasti oberati di lavoro e costretti a fronteggiare vere e proprie emergenze sanitarie e a lavorare troppo a discapito della qualità delle prestazioni. Come conseguenza di ciò la Sanità calabrese e soprattutto il povero cittadino non

ci hanno certamente guadagnato, al contrario è aumentata l’emigrazione sanitaria, per cui la nostra regione deve affrontare annualmente costi gravosissimi per la mobilità

sanitaria; inoltre è cresciuta la sfiducia del cittadino verso il medico del Servizio pubblico ed i medici in generale.

Si tratta di una involuzione malefica in cui tutti ci rimettono, ma in primo luogo l’onesto citta-dino che paga le tasse come ogni altro cittadino italiano ma che non può curarsi (soprattutto nelle

situazioni di emergenza) per mancanza di ospedali.L’unico modo per fronteggiare in parte questa situazione di emergenza è quello di puntare sulla medicina

territoriale potenziando gli strumenti in mano ai medici di base e gli ambulatori. Facendo in parole povere tanta prevenzione. Prevenzione significa nutrirsi bene, fare una vita sana e all’aria aperta ed eseguire scrupolosamente tutti

gli esami ed i consigli del medico di famiglia, anche in relazione all’età ed al sesso. I moderni esami e visite di controllo quali il “Pap – test e la mammografia per la donna, le visite urologiche e la determinazione del PSA, marker che consente di individuare precocemente i tumori della prostata nell’uomo, ci hanno dimostrato come molti tumori che un tempo erano incurabili oggi possono essere individuati precocemente e guariti. Altra importante prevenzione è quella che riguarda l’apparato cardiovascolare per l’uomo a partire dai quarant’anni e per la donna in prossimità della menopausa. Un corretto monitoraggio dei valori della pressione arteriosa e del tasso di colesterolo ematico, oltre ad altre indagini ematochimiche e strumentali da eseguire dietro consiglio del proprio medico curante, riescono senza dubbio a prevenire in una gran parte dei casi le morti improvvise per infarto miocardico e le altre patologie correlate all’invecchiamento del sistema cardiovascolare umano.Una buona prevenzione dunque, ci garantisce una vita più sana, una minore necessità di ospedalizzazione ed anche un netto risparmio, alla lunga, per il Servizio Sanitario pubblico. La propria salute è un bene prezioso e la prevenzione rappresenta per l’individuo un vero e proprio investimento.

di Carmela Gentile

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25 Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

SAlutE E BENESSERE

di Eugenio Rigitano

Siamo ormai in estate. Tem-po di esami, di mare, di va-

canze. E anche per voi, cari let-tori, è tempo di esami. Dovreste essere esperti dopo tre mesi di “cammino”, se avete seguito i miei consigli. Ma anche se li avete seguiti in parte, scommetto, che, quando saltate un giorno di alle-namento, è come se vi mancas-se qualcosa. La spiegazione “chi-mica” e “medica” esiste a tale carenza ed è la mancata rispo-sta endorfinica allo sforzo. Ma, lasciate correre; non ho voglia di entrare nei tecnicismi questa volta. Il sole caldo di un’estate “breve” ci porta a ben altre con-siderazioni. L’estate, tardata ad arrivare e probabilmente breve, è momento di svago, di giochi, di risate... di dolce far nulla o quasi. Nello specifico, la corsa, non pos-so abbandonarvi all’ozio comple-to: perderemmo quello stato di forma che abbiamo guadagnato con tanto sudore e l’aver rivisto i nostri comportamenti, preferibili alla sedentarietà, salutari e gra-tificanti, con un movimento rego-lare e continuato, non ci devono (mi rivolgo al “gentil sesso” e non solo, perché “adesso il costume casca bene”), far perdere di vista il risultato ottenuto che va consi-derato come un “nuovo” stile di vita. Continuate gente, continua-te! E’ pur vero che il caldo e l’afa impongono la scelta delle ore più fresche (mattino presto o dopo il tramonto). Impongono, anche, l’uso di abbigliamento idoneo. Vedo, ahimè, troppi pochi panta-loncini e canotte, per non parlare degli sciagurati, preciso sciagura-te (donne, donne!), che utilizza-no pantajazz o (peggio) tute in-tere o kway (anti-pioggia, ma la pioggia non c’è!!!), convinte che, sudando molto, “perdono” mol-to peso. Sbagliato!! I due chili in meno sulla bilancia del giorno dopo è solo “acqua”, hanno perso solo acqua e sicuramente d’esta-te, peggio ancora, di acqua se

“agOstO... mOglie mia nOn ti cOnOscO”ne perde tanta, più delle altre stagioni, per la dispersione di calore della cute e il mantenimen-to dell’omeoter-mia. Attenti perciò a bere “esagerata-mente” d’estate e a “spogliarsi” in ma-niera adeguata, al-trimenti, l’eccessi-va astenia dei giorni successivi, data dal-la disidratazione, vi porterà ad abban-donare o a rendere irregolari le sedute d’allenamento.

“Agosto, moglie mia non ti conosco”.Il proverbio, diffuso in molte zone d’Ita-lia, è molto antico. Già Esiodo ricordava che quando “sbocciava l’estate le mogli sono tutte calde e i mariti fiacchi”, e consigliava come rimedio il “vino di Biblo” e un luogo riparato all’ombra. An-che il poeta Alceo confermava che le donne, in agosto, sono pie-ne di desiderio mentre gli uomini mostrano ben poco vigore. Ma “Agosto, moglie mia non ti cono-sco” è anche un gustosissimo li-bro di Achille Campanile, adattis-simo all’estate, libro di un grande umorista italiano del Novecento, che tra paradossale e grottesco potrebbe tranquillamente accom-pagnare i momenti di relax esti-vi. Lo consiglio, è proprio un’inie-zione di buon umore: come non ritornare a sorridere ricordando la scena del polipo pescato dieci volte al giorno e ammazzato di botte; non vi anticipo altro, ma è veramente uno sballo !!

Ridiamo con Achille Campanile, ma muoviamoci… non solo secon-do Esiodo e Alceo.

Un trucco per l’estate è questo. Una corsa lunga anche solo la do-menica o altro giorno della setti-mana secondo i propri impegni e negli altri giorni facciamo quello che gli anglosassoni chiamano XT ossia Cross Training. Cos’è? Letteralmente è l’Allenamento Incrociato ovvero una varietà di esercizi in un’unica seduta di al-lenamento incrociato per ridurre

il rischio di noia e stanchezza. I programmi migliori sono quelli che divertono e che perciò invo-gliano a ripeterli più e più volte. Si può correre nell’acqua, giocando a mare! Si può nuotare o giocare a palla in acqua! Si può andare in bici! Ma perché no!?! Si può risco-prire anche la “Siloca” o “Gioco della Campana”. Lo ricordiamo tutti vero? La Siloca (la campana, la staccia…) è quel gioco che si faceva da ragazzini e che consi-steva nel lanciare un piccolo sas-so su una delle caselle disegnate per terra e poi nel raccoglierlo saltando tra le varie maglie della griglia tracciata sul terreno. Sco-po del gioco era completare tutto il percorso della Siloca portando il sassolino con sé, per occuparne le caselle (case). Alcuni consigli per… vincere.

la pietra.Per giocare, oltre a disegna-

re la campana, ogni giocato-re deve procurarsi una pietra. Scegline una abbastanza piat-ta, non troppo grande e neppu-re troppo liscia, se no scivola. Se trovi quella giusta, tienila sempre con te, sarà il tuo porta-fortuna!

le regole.Puoi giocare da solo o con gli

amici. La regola più importan-te è che si gioca saltellando su una gamba sola. Per deci-dere chi sarà il primo a ini-

ziare il gioco, si fa la conta. Il primo giocatore entra nella casella TERRA e tira la pietra nella casella con il numero 1. Saltando su una gamba sola va dalla TERRA alla casella 1, racco-glie la pietra, gira su se stesso e torna alla TERRA. Poi tira la pietra nella casella 2, salta nella casel-la 1 e poi nella casella 2, racco-glie la pietra e, sempre saltando, torna indietro fino alla TERRA. Continua tirando la pietra nella casella 3 e va avanti allo stesso modo, fino alla casella CIELO. Adesso deve giocare in sen-so contrario, quindi dal CIELO lancia la pietra nella casel-la 8, poi nella casella 7 e così via fino a tornare sulla TERRA. Nelle caselle 4 - 5 e 7 - 8, si pos-sono appoggiare entrambi i piedi. Ma attenzione, in nessun caso la pietra o il giocatore possono toccare le righe che delimitano le caselle. Non pestare mai le righe! Se la pietra cade in una casella sbagliata o sopra una riga, il giocatore perde il turno e può ricominciare, partendo dalla casella dove ha commes-so l’errore, soltanto dopo che tutti gli altri hanno giocato. Vince chi finisce per primo!

A proposito: esistono numerose “varianti” e lo sapevate? Si gioca anche all’Estero: “Hop scotch” nei paesi Anglosassoni, “marel-les” in Francia, “tempelhupfen” in Germania, “ekaria dukaria” in India; è uno dei giochi più antichi, conosciuti e praticati nel mondo.

Il gioco fatto da bambini richie-de una notevole coordinazione psico-motoria nell’esecuzione, oltre a rappresentare per i sal-telli che si utilizzano un buon po-tenziamento muscolare degli arti inferiori e a elasticizzare le varie strutture; gioco da “ragazzi” che può assumere per velocità e dif-ficoltà di esecuzione (gamba de-stra e/o gamba sinistra, alternate e/o successive) anche carattere agonistico.

Bene. Non mi rimane che salu-tare, augurare a tutti una felice estate e, se avete seguito i miei consigli, continuare a correre anche solo di domenica i vostri 8-10 chilometri… oltre a sfidare la “moglie” a “Siloca” !?!?

Buon divertimento e buona corsa.

Dr. Palmerino Eugenio RIGITANOMedico di FamigliaSpecialista in Medicina dello SportPalmi (RC)e-mail: [email protected]

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26Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

MONdO ScuOlA

tedescO a scuOla? sì, graZie!di Antonio Solano

Tra le varie scuole del territorio della piana di

Gioia Tauro, l Istituto Magistra-le Statale Corrado Alvaro ha sempre dato al comprensorio un particolare prestigio, spes-so dovuto alle tante iniziative dei corsi di “scienze umane” (termine con cui la nuova rifor-ma Gelmini battezza e accorpa i precedenti indirizzi di socio psicopedagogia e scienze socia-li), nonché ai progetti dei corsi linguistici di Spagnolo e Tedesco. L istituto C. Alvaro insomma, deve parte della sua popolarità e successo proprio allo studio di queste due lingue, la cui di-versità costituiva una grande ricchezza per la scuola, dal mo-mento che, la cultura tedesca e quella spagnola hanno con-notati notoriamente differenti. Dall anno venturo però le cose cambieranno.

Non sarà infatti più possibile, per i ragazzi delle prime classi, scegliere di studiare la lingua te-desca, dal momento che a mag-gio 2010 il collegio docenti del liceo linguistico, ha potenziato il corso di spagnolo, portando a due le classi che cominceran-no a studiarlo già da settem-bre ed eliminando, per l anno in corso, la sezione di tedesco. Purtroppo, il provvedimento adottato dal dirigente scola-stico non nasce dal nulla, ma è una risposta alle famiglie dei ragazzi classe 96/97 che hanno, con maggioranza qua-si schiacciante, preferito per i loro figli lo spagnolo al tedesco. Che la scuola debba adeguar-si alle esigenze del territorio è accertato anche dal regolamen-to ministeriale, ma la domanda che personalmente mi piace-rebbe porre in quest’articolo è:

valutando la “real-tà effettiva della cosa” e traendo le somme dal conte-sto urbano in cui ci troviamo, la popolazione (stu-denti e famiglie interessati) trarrà guadagno da que-sta nuova situa-zione della scuola? Io credo di no. Per gli italiani è molto più facile imparare lo spa-gnolo che non raggiungere un li-

vello accettabile di tedesco. Con un corso anche solo di pochi mesi si può ostentare dimesti-chezza con la lin-gua iberica, men-tre per acquisire un po di praticità col tedesco, non ci sono alternative: bisogna studiarlo a scuola!

Inoltre, è da qualche anno or-mai, che abbiamo visto nascere molte scuole private che insegnano l´inglese e lo spagnolo, ma del tedesco nessuna traccia. Proprio per questo motivo l Istituto C. Alvaro avrebbe do-vuto tenersi stretto l’insegna-mento del tedesco vantandosi, anzi, di essere l unico centro di studi della zona raggiungibile nel raggio di mezz ora d autostrada e, facendo della diversità dei suoi corsi linguistici il suo pun-to di forza e di attrattiva. Si rischia di imboccare una stra-da che vedrà svantaggiato il nostro Istituto non solo nei con-fronti di uno scenario europeo che ha recentemente riconosciu-to alla lingua tedesca il titolo di “lingua più parlata d Europa”,

ma anche di un contesto locale che si sta, invece, attrezzando, per sfruttare l enorme impatto linguistico di cui dovranno es-sere dotati tutti i nuovi paesi dell´UE negli anni a venire (vedi Liceo Scientifico di Rosarno). Ormai il provvedimento del col-legio docenti è effettivo, c è solo da sperare (e perché no?) e da rimboccarsi le maniche, cer-cando di reclamizzare lo studio del tedesco prima che questo provvedimento entri a regime in tutte le classi dell Istituto. La diversità è la più preziosa delle ricchezze. Possa l´istituto C. Alvaro comprendere e lottare per queste parole!

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27 Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

lA PAROlA Ai GiOvANi

In questi ultimi anni, il commento che si sente sui noi giovani è sempre lo stesso

cioè quello secondo il quale noi giovani sia-mo pigri, apatici, sfaticati e senza interessi. Gli adulti ci accusano di studiar poco e male, di concentrarci solo su cose futili e di non avere più valori solidi e importanti. Ci accu-sano di essere maleducati, senza principi e di non essere più appassionati a nulla. Ci cri-ticano perché alcuni di noi sfogano le proprie frustrazioni in modo sbagliato drogandosi o sviluppando altre forme di dipendenza. Pur-troppo, quello che sanno fare è criticarci e basta. Ora quello che io mi chiedo è: avete mai provato a mettervi nei nostri panni? O, almeno, a far qualcosa per stimolarci e risve-gliare la nostra voglia di sapere? Si, è vero, purtroppo la maggior parte di noi giovani non riesce ad affrontare le sfide quotidiane della vita né ad impegnarsi a fondo per la realizzazione di un progetto, ma è anche vero che non c’è nessuno che ci aiuti a farlo. Si continua a criticare i giovani ma non ci si accorge che queste sono solo parole buttate al vento: perché, parliamoci chiaro, ormai i mezzi di comunicazione che i giovani usano quali sono? Televisione e Internet. E cosa dovremmo imparare noi giovani da questi mass-media quando essi non sono altro che immensi contenitori di sciocchezze che non fanno altro che proporci modelli sbagliati da imitare? Quando gli idoli che ci propone la società sono i protagonisti del Grande Fratello, ragazze rifatte dalla testa ai piedi e che si con-cedono al primo uomo che capita cosa dovremmo fare noi? Un tempo la gioventù era diversa, ma erano diversi anche la società e i modelli proposti. Un tempo c’era un elogio infinito dell’arte, della letteratura, della cultura e i giovani consideravano maestri coloro che riuscivano a distinguersi per le proprie capacità e non per il proprio apparire, come accade oggi. Io penso che noi giovani potremmo essere davvero la speranza del futuro ma abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti ad esserlo. Abbiamo solo bisogno di qualcuno che risvegli il sole che c’è dentro ad ognuno di noi; un sole fatto di voglia di sapere, di spirito combattivo, di passione. Sono d’accordo con Alberoni quando dice che è facilissimo risvegliarci. Basta solo trasmetterci un po’ di entusiasmo. Basterebbe metterci a lavorare duramente su un progetto difficile ma appassionante, facendoci faticare, divertire, sbagliare, crescere, esse-re rimproverati o elogiati quando necessario. Tutto questo insieme a un leader che ci guidi, che ci accompagni, che stia in mezzo a noi ad invogliarci nel raggiungimento di un obiettivo. Come dice una famosa canzone di Eros Ramazzotti “Si comincia a morire nell’attimo in cui cala il fuoco di ogni passione” é questo ciò che intendo quando dico che bisogna suscitare in noi interesse se si vogliono ottenere risultati. Senza passione noi giovani non siamo nulla. Abbiamo bisogno di appas-sionarci, di interessarci, di curiosare, di osservare il mondo con occhi nuovi ogni giorno e capire ciò che ci circonda. E come fare tutto ciò senza un aiuto da parte degli adulti? Come crescere senza un modello da seguire? Senza punti di riferimento? Quello che alcune persone non capiscono è che non siamo noi a non voler apprendere, ma è il metodo che ci viene proposto ad essere sbagliato. I professori si lamentano sempre di avere alunni costantemente addormentati sui banchi, svo-gliati, che non si impegnano. La verità è che non fanno nulla di vera-mente concreto per stimolarci né hanno veramente voglia di farlo. Non c’è passione nemmeno in questo. I professori arrivano in classe ancora più svogliati degli alunni ed è per questo che non riusciamo a seguirli con interesse. Io ricordo alcuni professori che avevano un bellissimo metodo di insegnamento e posso dire che gli argomenti insegnati da loro sono ancora impressi nella mia memoria come se fosse il primo giorno. Tanti punti interrogativi in ciò che ho scritto, tante domande: alcune risposte le ho già, le altre però, vorrei che me le regalasse la società in cui vivo.

In ogni giovane apatico si nasconde un combattente!di Caterina Zito

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28Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

PARlANdO di MuSicA

“Un lavoro onesto, di cuore e soprattutto sincero”, così Max Gazzè ha definito il suo settimo, ed ultimo album, pubblicato dalla Universal Music nei circuiti tradi-zionali poco più di due mesi fa.

Il disco, colonna sonora del film di Rocco Papaleo “Basilicata Coast to coast” (che lo vede an-che protagonista nel ruolo di un poetico suonatore di contrabasso divenuto muto per una delusio-ne d’amore), si articola su ben 12 brani inediti che spaziano su diversi temi: dalle sognanti e de-licatissime elegie alle domande metafisiche sull’uomo fino al bra-no “Il drago che ti adora” contro la violenza dei videogiochi.

Testi e musiche decisamente morbidi, contemplativi a volte quasi mistici, ma mai in rotta di collisione con le abituali trasver-salità artistiche cui Max Gazzè ci ha abituati da ormai 15 anni di altalenanti sonorità ed imma-nenti testualità, peraltro frutto di collaborazioni preziose con Gimmi Santucci ed il fratello Francesco.

“Quindi?”, immesso nei mer-cati lo scorso 4 maggio, si ca-ratterizza brillantemente per il magnifico singolo “Mentre dor-mi” ( http://www.youtube.com/watch?v=d8FVfC9HStc ) che è il più noto dei 12 brani, anche per-ché fortemente supportato dai circuiti radiofonici nazionali ed esteri. Testo e musica ricercati e ridondanti di vera ed alta poesia. Altre preziose gemme richiama-no l’ascoltatore a soffermarsi sui suoni e sulle parole, quasi sussur-rate e che ben si coniugano con l’estro e la fantasia cui l’ecletti-co bassista ci ha ormai abituati da ben quindici anni di carriera fin dalle luci di quel 1996 che

lo vide esordiente con “Contro un’onda del mare”. Non poche le assonanze con il capolavoro d’esordio, a partire dalla prima traccia “Io dov’ero (Atmos 5)” che si riallaccia ai 4 precedenti episodi musicali tutti presenti nel disco del ’96, e che dire di altre splendide canzoni come “A cuore scalzo”, “La cosa più im-

portante” ed ancora “La moglie del poeta” ( http://www.you-tube.com/watch?v=e27G5kW-neE&feature=related ). Perso-nalmente ritengo che “Quindi?” sia un’opera pregiata e davvero riuscita e non sono pochi coloro, ed io fra questi, che, anche per voce del paroliere Gimmi San-tucci, scorgono alcuni paralleli-

smi di battistiana memoria.Tornando al disco, come

non invaghirsi di “Impercettibi-li” (http://www.youtube.com/watch?v=T42oVEOYOJw), come non perdersi nelle fluttuazioni indescrivibili e quasi impalpabili di “Edera” (http://www.youtu-be.com/watch?v=Ihe7jJexGRQ) Riesce difficile non lasciarsi ine-briare da “storie crudeli (non c’è ragione per raccontare)” un brano di tenore electro-pop che si ispira ad una matrice ammic-cante al miglior Battiato. Infine la magnifica “DNA - Deossiribo-nucleico - ( http://www.youtube.com/watch?v=SppnoHSd5qA ).

Nella struttura di questo ul-timo lavoro di sicuro non gioca un ruolo di secondo piano l’aver abbandonato la Casa discogra-fica Virgin per il riapprodo alla major Universal Music, né men che meno il peso di musicisti del calibro di un illustre figlio d’ar-te, il batterista Cristiano Micaliz-zi, figlio di Fausto Micalizzi, noto autore di colonne sonore che ne-gli anni settanta diedero un trat-to molto particolare al cinema a sfondo poliziesco. Ma anche la continuità con il produttore Giorgio Baldi e la magnifica sin-tonia con il Fonico e Tecnico del suono Gianluca Vaccaro.

E’ un bel lavoro “Quindi?”. Un disco intriso di sensibilità e introspezione, ma anche di coraggio ed energia. Origina-le, come il nostro Max Gazzè, il quale in un’intervista ha di-chiarato all’agenzia Ansa che nei brani del disco prova “a fare (e a farsi) le piccole-grandi domande sulla vita, pur avendo capito che non per forza deb-bano poi esserci le risposte alle stesse. Alla fine forse è meglio smettere di cercarle e godersi quel che viene”.

“Quindi?” - tracklistIo dov’ero (Atmos 5) 1. A Cuore Scalzo2. La Cosa più Importante3. Senza Code (Autotomie)4. Il Drago che ti Adora5. Mentre Dormi6. Storie Crudeli (Non c’è Ragione per Raccontare)7. La Moglie del Poeta8. Nuovi Allineamenti di Stonehenge9. Impercettibili10. Edera 11. DNA (Deossiribonucleico) 12.

segnaliamO ...L’intervista rilasciata al periodico Rockol: http://www.youtube.com/watch?v=o3uOTcbj_6o&feature=fvw - “Per fare questi brani ci vuole tempo“

From Billie Holiday To Edith Piaf: Live In MARCIACmoso dalla grande cantante Billie Holiday e il suo omologo france-se, la cantante Edith Piaf. La re-gistrazione alterna una melodia dal catalogo Holiday, con un bra-no dal repertorio della Piaf.

Il set inizia con il brano della Piaf “La Foule”, canzone che parla di musica, danza, follia e di amore che prepara il terreno al “lasciasi andare” dei musicisti con le loro splendide individua-lità.

Quando Galliano duetta con Marsalis, la canzone assume il sapore di una danza selvaggia e zingara, mentre gli assoli di Mar-salis, hanno i colori della melo-dia in puro jazz elegante.

Gli assoli di Galliano, invece, fanno sì che le canzoni siano “classici” della musica francese a tutti gli effetti.

Galliano e Marsalis dimostrano musicalità inaudita, ma anche il

Wynton Marsalis dimostra ancora una volta il suo

modo di essere poliedrico, con questa registrazione dal vivo dove condivide il palco con un ar-tista che si considera fuori dalla sua zona abituale.

Se non avete sentito “Two Men With The Blues” del 2007, re-gistrazione dal vivo con la star country Willie Nelson, fatevi un favore e afferratelo!!!

Ma, il suo ultimo lavoro, “From Billie Holiday To Edith Piaf: Live In” : Live In Marciac, potrebbe essere per voi, ancora più intri-gante!!!.

Registrato nel 2008 al Festival Jazz Marciac in Francia, Marsalis unisce le forze con il sorprenden-te fisarmonicista francese Ri-chard Galliano, mettendo avanti un programma di brani reso fa-

resto della band non è da meno. Il pianista Dan Nimmer infonde eccellenti ed inaspettate armo-nie, Carlos Hernandez fornisce solide linee di basso, Ali Jack-son si presenta come un batte-rista flessibile con un orecchio reale per l’ensemble e Walter Blanding Jr. continua ad essere uno dei sassofonisti più bravi sulla scena.

Per apprezzare appieno il bra-no della Holiday “Strange Fruit”, bisogna comprendere la bellezza e le molteplici sfaccettature del jazz.

All’inizio del brano, Galliano svuota il mantice della sua fisar-monica, dando un tono un miste-rioso; Marsalis urla alla tromba e Blanding, tesse lamenti al cla-rinetto. L’ascolto del materiale di cui sopra, è meraviglioso: emo-ziona ed affascina.

Buon ascolto.

di Cristoforo Bovi

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29 Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

PARlANdO di MuSicA

Esattamente 45 anni fa, in pieno periodo di contestazione giova-

nile, due studenti universitari ameri-cani passeggiavano lungo la spiaggia di Venice in Florida. Le loro passioni erano la musica, il cinema e la poesia ed erano fermamente convinti che di lì a poco avrebbero fondato una band musicale da un milione di dollari. Il più giovane, James Douglas Morrison, era attratto dalle idee collegate alla rivolta contro le autorità in quanto, secondo James, “la rivolta esteriore è un mezzo per ottenere la libertà in-teriore”. L’altro, Ray Manzarek, era un tastierista blues di Chicago. Ini-ziava così la storia dei Doors, band maledetta che sconvolse la storia mondiale della musica. I due, assieme a Robbie Krieger alla chitarra e a John Densmore alla batteria, cominciaro-no ad esibirsi prima al London Fog e poi nel più celebre locale di Los Ange-les il Whisky a Go-Go. Qui furono sco-perti, alla fine del 1966, da Jac Holz-man, artefice della giovane etichetta discografica Elektra, il quale rimase colpito dalle atmosfere che il sound del complesso creava, dai testi inno-vativi e spesse volte scandalosi, dal-la personalità istrionica di Jim, dalla sua voce affascinante e dalle moven-ze sensuali con le quali Morrison do-minava il palcoscenico, stregando let-teralmente gli spettatori presenti.

Agli inizi dell’anno successivo nac-que l’album The Doors con quella Light My fire che avrebbe proietta-to il gruppo tra le stelle del rock e che raggiunse la prima posizione nei singoli restandoci per 3 settimane,

“Se le porte della percezione fos-sero spalancate, ogni cosa appari-rebbe all’uomo come realmente è: infinita”     (William Blake)

di Daniele Gagliardo

vendendo un milione di copie ed ag-giudicandosi il disco d’oro. Sempre nello stesso anno il gruppo pubbli-ca un altro album Strange Days al-tro disco di grande successo mondia-le dove la voce di Morrison, pulita e trascinante, rileva il clima visiona-rio della sua esperienza. I lavori di-scografici successivi non bisseranno il successo dei primi due (malgrado questo i Doors vendettero 32.5 mi-lioni di dischi solo negli Stati Uniti e 75.5 milioni di dischi nel resto del mondo); la qualità si abbassa deci-samente tranne che per alcuni spo-radici brani (Touch Me, Roadhouse Blues, L.A. Woman e Riders on the Storm). Se cercassimo di collocare la band in un settore specifico ci tro-veremmo in serie difficoltà in quanto i loro stili variavano , durante il loro percorso alla ricerca di nuove forme musicali, dal Rock and roll al rock psicadelico, dall’acid rock al blues e dall’hard rock al jazz.

La censura dovette intervenire fre-quentemente sui testi, dissacranti e provocatori, delle canzoni dei quat-tro, imponendo di sostituire durante le loro esibizioni dal vivo e soprattut-to in televisione, alcuni termini che all’epoca risultavano inadeguati. Mol-te volte durante i loro concerti (ricor-diamo Miami, New Haven e Colonia) agirono le forze dell’ordine per arre-stare, con l’accusa di atti osceni, un Jim Morrison sempre più sotto l’ef-fetto di droga e alcool. Jim nel 1971 completamente in balìa degli stupe-facenti, alla ricerca di nuovi stimo-li artistici ed in piena crisi creativa,

si trasferisce a Parigi assieme alla moglie Pamela. Quest’ul-tima, la notte fra il 3 e il 4 lu-glio di quell’anno, lo trova esa-nime nella vasca da bagno. Verrà sepolto, senza nessuna autop-sia, tre giorni dopo al cimitero di Père Lachaise e, oltre al suo nome e cognome, sul certifica-to di morte anche un’indicazione ben chiara; poeta. Aveva solo 27 anni quando morì.

Un identico destino e alla stes-sa età toccò a Brian Jones, Jimi Hendrix, Janes Joplin e, in epo-che successive, a Kurt Cobain. Il re lucertola aveva detto addio alla vita entrando così nella Hall of fame, rapito in cielo dagli dei del rock invidiosi di tanta luce; il rock stesso lo aveva consuma-to e tutto questo ha un fascino particolare sulle giovani menti. Personaggi come Aldous Huxley, William Blake, Nietzsche, Boude-laire e Rimbaud influenzarono il suo stile di vita, nutrendo la sua

anima ed il suo pensiero: Jim era di-ventato il profeta del rock, amato da pochi ed odiato da molti, trascinato-re di folle, messia di una novella ge-nerazione che amava osare oltre ogni limite. Scriveva ogni giorno qualcosa altrimenti, secondo lui, sarebbe sta-to un giorno perduto, senza ispirazio-ne e completamente inutile. Anarchi-co, sex-simbol, artista, ribelle, poeta, anticonformista, teatrante, carismati-co; gli aggettivi scorrono a fiumi ma non bastano per definire un personag-gio così complesso ed eclettico. Rac-contava che all’età di cinque anni as-sistette ad un incidente stradale in cui perse la vita uno stregone indiano: lo spirito dello sciamano si impossessò di lui e sarà quello ad esprimersi, nel corso degli anni ed animare il suo cor-po “svuotato”. E così come San Paolo sulla via di Damasco, anche Morrison ebbe, con lo spirito dello stregone, la sua folgorante visione; solo che le porte dell’ispirazione artistica erano aperte ma lui, ad un certo punto della sua vita, non riuscirà più a varcarle e la crisi creativa sarà il suo reale dram-ma che lo accompagnerà fino alla fine della sua esistenza.

La sua morte è ancora avvolta nel più profondo mistero, la sua tomba è meta di continui pellegrinaggi per mi-gliaia di giovani da tutto il mondo, il suo volto è un’ icona che non conosce declino e la sua vita, intensa, violen-ta e scellerata, è stata unica e irripe-tibile. Jim, in quella tragica notte di luglio di 39 anni fa, riuscì a sfonda-re le barriere che nascondevano l’al-tra sponda (Break On Through to the other side).

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30Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

iNtORNO AllO SPORt

Grande soddisfazione per il nuoto palmese, dopo i vari successi che hanno fatto registrare nel corso della sta-

gione i nuotatori della piscina stella maris del presidente Bru-nella crucitti, arriva un risultato di grande prestigio conse-guito dalla giovane ondina gullo giuseppina classe 1998, che grazie ai suoi successi, 1a classificata: trofeo EsseNuoto, Cop-panatale-messina, granprix regionale indoor, meeting paide-ia-reggio calabria, calabriasprint , granprix estivo, 4 tito-li indoor, 3 titoli regionali categoria indoor, 3 titoli regionali esordienti indoor, 4 titoli provinciali estivi, 3 vittorie mee-ting città di cosenza, argento e bronzo trofeo Piskeo–messina, quarta classificata campionato regionale assoluti indoor nei 200 farfalla, è stata selezionata nella rappresentava regiona-le per i prossimi campionati nazionali esordienti, anche se a convincere i tecnici federali non ci voleva molto, visto che già la scorsa edizione aveva fatto parte della rappresentativa, ma i risultati conseguiti dalla giovane atleta l’ha collocano in un’altra dimensione.

l’attuale tecnico agostino sorbara si ritiene soddisfatto, per i progressi fatti registrare da giusy gullo durante l’anno, e non resta che fare un grosso “in bocca al lupo” per le prossi-me gare che la vedrà impegnata nella piscina olimpionica di molveno (tn), il 19 e 20 giugno, dove nuoterà i 100 e 200 far-falla, e le due staffette 4x100 stile libero e 4x100 misti (fraz. a farfalla).

Dall’entusiasmo di alcuni appas-sionati verso la corsa e dall’amo-

re verso lo sport in genere, nasce l’associazione sportiva “running Palmi”. L’ Associazione ha come scopo prin-cipale quello di promuovere la corsa tra tutti gli appassionati creando mo-menti di aggregazione, di divertimen-to e di salute fisica dando consulenze in merito a tutto ciò che riguarda questo sport. Al momento i soci sono circa 30, l’adesione è aperta a tutti coloro i quali vogliono condividere lo spirito dell’Associazione.La prima tappa importante che ab-biamo fatto è stata la maratona di Roma del 21 Marzo del 2010 (42,195 chilometri) che ha raccolto circa 16.000 partecipanti da tutto il mon-do: che meraviglia… disse il mio ca-rissimo amico “Santino”. Palmi era rappresentata da 6 atleti (Alessandro Fazzalari, Francesco Solano, Antonio Caravelli, Roberto Gullo, Santo Alon-gi, Marcello Surace) che abbiamo tutti terminato l’impresa.E’ stata una esperienza indimentica-bile che rifaremo alla prossima edizio-ne, poiché si sperimentano delle emo-zioni indescrivibili, nonostante c’è una percezione della fatica enorme che poi si tramuta in soddisfazione. Proprio per cercare di dare dei servizi a tutte quelle persone che desiderano intraprendere questo sport, mi sembra opportuno trac-ciare alcune linee guida a livello informativo. La corsa è un allenamento aerobico e arriva in Italia agli inizi degli anni Ottanta, ma in realtà esso nasce agli inizi degli anni Settanta grazie agli studi del medico americano Kenneth Cooper. L’allenamento aerobico viene chia-mato così perché i muscoli utilizzano l’ossigeno dell’aria a scopo energeti-co introdotto tramite la respirazione che, insieme al glucosio (forma di zucchero), formano ATP cioè energia; solo in presenza di ossigeno si posso-no innescare i meccanismi per consu-mare i grassi e quindi dimagrire. l’allenamento aerobico, oltre ad essere efficacissimo per dimagrire e stare in forma, migliora anche l’umore perché aumentano i livelli di endorfine (antidolorifici e anti-depressivi naturali) e la serotonina (ormone del buon umore e antide-pressivo) nel cervello; diminuisce il cortisolo (ormone dello stress che regola il metabolismo degli zuc-cheri, delle proteine e dei grassi), l’adrenalina (ormone dello stress che stimola il sistema nervoso centrale, migliora l’attenzione, au-menta l’eccitabilità e la forza della contrazione muscolare); migliora l’autostima, la fiducia e il contatto sociale; diminuisce il colesterolo totale e aumenta il colesterolo buo-no; riduce le cardiopatie.Per monitorare l’allenamento è ne-cessario un cardio-frequenzimetro (orologio da polso con una fascia elastica da collocare sul torace) che serve a controllare il battito cardiaco mentre si è in movimento.Per stabilire il battito cardiaco ap-prossimativo entro il quale occorre allenarsi in maniera corretta o co-munque per consumare più grassi si esegue il test di Cooper con la seguente formula: 220 (per le don-ne 226) meno l’età determinando la capacità cardiaca massima al minuto

“ Palmi cOrre ”

Una rappresentanza dell’Associazione Running Palmi alla maratona di Messina del 25 Aprile 2010

che il cuore può sopportare; il risul-tato di questa sottrazione si moltipli-ca per il 65% o il 75% avendo come risultato il battito che il cuore deve raggiungere quando si fa un allena-mento aerobico. Per fare un esem-pio pratico su un uomo di 32 anni si procede come segue: 220 - 32 = 188 x 75% = 141. Quindi il battito cardia-co per l’allenamento aerobico di un uomo di 32 anni è 141 battiti al mi-nuto, da rispettare durante l’allena-mento ai fini dimagranti. Questa cifra può oscillare massimo 5/15 battiti in più rispetto a quelli indicati (dipende dal livello e dal tipo di allenamento da seguire), perché più aumentano i battiti, più si consumano zuccheri e si può innescare il meccanismo non più aerobico ma anaerobico, che non è un allenamento di durata e crea l’aci-do lattico (la soglia aerobica, per un uomo di 32 anni allenato, si può rag-giungere in linea di massima intorno ai 160/170 battiti al minuto, oltre si entra nella soglia anaerobica).L’allenamento aerobico per stare in forma e dimagrire, andrebbe fatto tre volte alla settimana a giorni alter-ni per minimo quaranta minuti circa e massimo settantacinque minuti cir-ca; questo tempo decorre dopo aver fatto cinque/dieci minuti di esercizio per consentire al cuore di raggiungere la frequenza cardiaca personalizzata che consente di dimagrire e allenarsi al meglio. E’ chiaro che l’allenamento va pro-grammato in base all’età a agli obiet-tivi da raggiungere e questi esempi vanno riferiti a soggetti con una età compresa tra i 18 anni e i 50 anni, anche se vi devo confessare che alla maratona di Roma mi sono visto supe-rare anche da persone over 50.c’è da precisare che la corsa seria, a differenza di altri sport, non am-mette improvvisazioni in quanto bi-sogna rispettare alcune regole.

Occorre fare degli accer-1. tamenti medici in modo che sia ac-certata l’idoneità fisica attraverso l’elettrocardiogramma sotto sforzo, la spirometria e l’esame delle urine. Eventuali ulteriori accertamenti sa-ranno consigliati da un medico spe-cialista.

Scegliere le scarpe giuste, 2. poiché una scelta sbagliata può cau-sare danni alla colonna vertebrale, alle ginocchia, alle caviglie e alle arti-colazioni in genere. Le scarpe vanno scelte in base all’ap-poggio del piede (neutro, supino, pro-no) e in base al peso corporeo. Chi consuma le scarpe in maniera unifor-me (neutro) può scegliere la catego-ria di scarpa A2 se ha un peso corpo-reo basso (non superiore ai 65 kg) e la categoria A3 se ha un peso corporeo medio pesante (superiore ai 65 kg); chi consuma le scarpe verso l’esterno (supino) va bene anche la categoria A3 preferendo un scarpa con un peso tra i 315 e i 350 gr in base alla gravità della supinazione e al peso corporeo; chi invece consuma le scarpe verso l’interno (prono) sceglierà una scarpa di categoria A3/A4 in base alla gravità della pronazione e il peso della scar-pa varierà in base al peso corporeo.

L’abbigliamento deve essere 3. adatto alla corsa in modo tale da ga-rantire confort, traspirabilità, evitare vesciche, espellere il sudore, ecc. Non serve a nulla usare un abbigliamento particolare per favorire la sudorazio-ne, perché non aiuta a dimagrire e può favorire la disidratazione.

L’alimentazione deve es-4.

di Marcello Surace

nuOtO - camPiOnatO naZiOnale esOrdienti

giusy gullO (nettunO Palmi)in Finale

di Rocco Napoli

sere equilibrata e a grandi linee si può affermare che è importante fare cinque mini pasti al giorno (co-lazione, spuntino, pranzo, merenda, cena); consumare una colazione ab-bondante (cereali integrali, yogurt magro, latte magro, miele, fette bi-scottate integrali, biscotti magri); ad ogni pasto riservare la giusta dose di proteine buone (pesce anche tutti i giorni, albume d’uovo due/tre volte a settimana, carne bianca una volta a settimana, carne rossa una volta a settimana, formaggi magri una volta a settimana, salumi magri come bre-saola e prosciutto crudo una volta a settimana), carboidrati buoni (pasta, riso, patate, orzo, farro, pane), grassi buoni (olio di oliva a crudo), verdura e frutta in abbondanza. Anche i legumi dovrebbero essere parte integrante di una alimentazione sana. Gli alcoli-ci, le bevande gassate, i cibi “spazza-tura” (salumi, fritture, dolci in gene-re, merendine, etc.) vanno consumati

solo occasionalmente.In caso di allenamento co-5.

stante e intenso una alimentazione equilibrata non basta a reintegrare quello che si consuma e si espelle con il sudore, poiché è importante utilizzare alcuni integratori (minerali, vitamine, aminoacidi ramificati, etc.) per evitare di danneggiare i muscoli compreso il cuore, evitare infortuni, contrastare i radicali liberi che acce-lerano l’invecchiamento delle cellule, limitare la prestazione atletica, fa-vorire il recupero. Inoltre, durante gli allenamenti intensi (15/42 km) è necessario, ogni 5 km circa, assume-re insieme all’acqua degli integrato-ri salini e degli integratori a base di zuccheri come le maltodestrine, il fruttosio, etc. Per questo aspetto è necessario farsi consigliare da un me-dico sportivo o da un esperto in ma-teria. Inoltre è fondamentale dormire 7/8 ore al giorno per non accumulare stanchezza.

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MadreTerraPalmi&Dintorni

31 Anno 1 Nr. 7 Luglio 2010

iNtORNO AllO SPORt

marino e savoia: gli indimenticabili gemelli del gol Erano le bandiere, i goleador, i simboli di una generazio-

ne, ma soprattutto uomini veri, capaci di conquistare il cuore dei tifosi, avvicinarli al campo e di-ventare loro idoli. Carlo “Carletto” Marino e Mimmo Savoia, i due indimenticabili gemelli del gol; è difficile immaginarli separatamente, anche a distanza di tanto tempo, perché la storia del cal-cio palmese li ha uniti rendendoli immortali e tramutandoli in un perenne fuoco acceso, di fiam-ma neroverde. Sono stati per Palmi sportiva, i suoi figli migliori e le loro prodezze, ci consento-no di ricondurre alla memoria un periodo di grande prestigio sportivo che ha portato la città alla ribalta. Cresciuti tutti e due nel settore giovanile della Palmese, Mimmo iniziò giovanissimo a ti-rare i primi calci al campo Lo Presti, mentre Carlo arrivò all’età di quindici anni, proveniente dal convitto dei Salesiani di Messina, mandato a studiare dallo zio, fratello del padre che si era preso cura di lui, dove imparò a giocare a calcio. Erano due calciatori che non chinavano mai la testa di fronte a nessun avversario, neanche a quello più forte. Quando si parla di Marino e Savoia, si ri-corda lo spirito di sacrificio e la voglia di vincere, qualità che trasmettevano ai compagni e che gli consentivano di sfidare l’arroganza delle squadre di rango. Carletto, dal carattere vulcanico, aveva un’anima grande, un’umiltà e un coraggio sconfinato, era pura energia esplosiva; mentre Mimmo, chiamato “testolina d’oro”, per il suo tempismo a colpire di testa, era altruista e generoso, aveva una classe limpida e un’incisività al servizio del collettivo. I due formavano in campo una coppia egregiamente assortita, che si integrava a memoria, riuscendo con i loro movimenti a scardinare le difese avversarie, regalando con la fantasia delle giocate, giornate e vittorie indimenticabili; come quella ottenuta nello spareggio disputato a Nicastro, tra Palmese e Castrovillari, finita tre a due in favore dei neroverdi, con tre gol di Carletto su altrettanti assist dell’amico Mimmo, che consentì alla Palmese di salire in serie D. L’allora società del presidentissimo Avv. Armando Veneto conobbe il momento migliore della storia calcistica palmese. Al termine della loro carriera sporti-va, Mimmo impiegato dell’amministrazione ospedaliera, tagliò con il calcio, anche se l’amore per la sua palmese rimase intatto; Carlo, invece, dipendente della pubblica istruzione, sempre fede-le alla società, ricoprì il ruolo di allenatore del settore giovanile, passando poi, ad allenare la pri-ma squadra, con ottimi risultati, sfiorando la promozione con la gestione del presidente Avv. Luigi Cardone. Grandi amici nella vita, uniti nel campo ma anche nel destino beffardo della malattia. La

squadra del paradiso ha trovato i gemelli del gol, e da lassù, insieme a Don Peppe Tedesco, al massaggiatore Bagalà, al presidente Pentimal-li, Pietro Caravelli, Armando Pizzonia, al trombettiere Peppino Lazzoppina, Aldo Genova, Rocco Commisso, Gianni Musicò, Pino Trentinella, Il Prof. Mercuri, Rosario Albergati, Carmelo Fiorino, continueranno a seguire le sorti dell’amata Palmese. Con queste righe vogliamo pagare un debito di riconoscenza, cercando di colmare, con l’aiuto dei ricordi, il vuoto che ancora oggi sentiamo. Grazie Mimmo, grazie Carletto.

in piedimonza (allenatore)

Pasquale donato, andrea managò, aricò, mimmo donato, salvatore Barbera, ennio gaudio (c), saro Bagalà (massaggiatore)

accosciatisità, d’alessi, carletto marino, mimmo savoia, gatto

campionato 1965-66 Presidente avv. armando Veneto (non in foto)

di Rocco Cadile

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continuano con grande entu-siasmo i lavori per la realiz-zazione della “FOnte di san rOccO”. alle imprese già impegnate nell’opera si sono aggiunte nuove forze che hanno dato maggiore impulso ai lavori.Forza ragazzi, il 12 agosto si avvicina!

FOrZa ragaZZi!!!