Madreterra - Palmi e Dintorni - numero 11

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www.madreterranews.it MadreTerra Palmi & Dintorni www.madreterranews.it Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010 PERIODICO DI CULTURA ED INFORMAZIONE OMAGGIO F RE E PRESS - FREE PRESS FREE PRESS - F FRE E PR ESS - FREE PRESS FREE PRESS - FREE L’EDITORIALE Paolo Ventrice G iustizia Divina! Dopo gior- ni di telenovela attorno alla Ruby “nazionale” (ci im- pegniamo al massimo quando si tratta di gossip) arriva il giorno vero delle donne, di quelle che hanno fatto la storia del nostro pianeta, di chi ha dato anche la vita per migliorare la nostra. Aung San Suu Kyi non è bella come Ruby e certamente i gior- nalisti non fanno a gara per le sue foto osè ma dal suo viso traspare un senso di libertà e di pace. Aung San Suu Kyi è la porta di una nuova frontiera, è la vit- toria degli ideali giusti; la sacra battaglia di una donna, forte, in- temperante e coraggiosa che ha sfidato il suo destino per il so- gno della democrazia, per quel- la libertà che oggi le appartiene, concessa da Dio ai suoi figli, e negata, troppo spesso, da uomi- ni e politiche egoistiche. Aung San Suu Kyi è stata spin- ta, dal mondo, fuori dalla sua prigione, un mondo consapevole che la sua linea politica era quel- la giusta, un mondo che, proba- bilmente, ha stabilito forti affi- nità con la storia di quel grande uomo che è Nelson Mandela. La prigionia per zittire, per spegnere sul nascere movimenti opinionisti e di pensiero contra- ri alle ingiustizie di governi mili- tari, sempre in assetto di guerra contro il proprio popolo, sempre in stato di guardia e pronti a can- cellare qualsiasi dubbio su chi è più forte e su chi deve “coman- dare”; la prigionia con la consa- pevolezza che forse, un giorno, il mondo si possa dimenticare del prigioniero “scomodo”. Così non è stato per Aung San Suu Kyi. Ha ricevuto il premio Nobel per la Pace nel lontano 1991 (2 anni prima di N. Mandela ndr.) ma ha trascorso gli ultimi 15 anni tra carcere e arresti do- miciliari. La sua tenacia è il rife- rimento a qualcosa che cambia, a un mondo sempre più attento verso problematiche sociali ma ancora troppo poco veloce per risolverle. La svolta della Birmania passa nelle mani di chi ha saputo co- struire un ideale puro, di chi ha rinunciato alla libertà ed anche alla possibilità di vedere i propri figli per oltre 10 anni, se questa non fosse stata concessa senza alcuna riserva. Oggi Aung San Suu Kyi rico- mincia da dove ha lasciato; dalla sede del suo partito, “Lega Na- zionale Democratica”, fonte dei suoi guai ma anche mezzo per una imminente, speriamo, libe- razione del popolo Birmano. Ben tornata Aung e grazie per aver allontanato dagli schermi, almeno per un po’, le Ruby di tutto il mondo! JOHN LENNON FEDERALISMO FISCALE Il Punteruolo Rosso C’è sostanzialmente accor- do: la famiglia in Italia va aiutata e il problema alla Conferenza di Milano è sta- to affrontato a 360 gradi con associazioni, professori, volontariato, espe- rienze di ammini- strazioni locali. CONFERENZA NAZIONALE SULLA FAMIGLIA MILANO 2010 pag. 9 di Walter Cricrì di Daniele Gagliardo pag. 28 pag. 24 pag. 8 di Giuseppe Pardeo

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Associazione Culturale Madreterra

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www.madreterranews.it Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010PERIODICO DI CULTURA ED INFORMAZIONE

OmaggiO FREE PRESS - FREE PRESSFREE PRESS - FFREE PRESS - FREE PRESSFREE PRESS - FREE

l’editOrialePaolo Ventrice

Giustizia divina! Dopo gior-ni di telenovela attorno

alla Ruby “nazionale” (ci im-pegniamo al massimo quando si tratta di gossip) arriva il giorno vero delle donne, di quelle che hanno fatto la storia del nostro pianeta, di chi ha dato anche la vita per migliorare la nostra.

Aung San Suu Kyi non è bella come Ruby e certamente i gior-nalisti non fanno a gara per le sue foto osè ma dal suo viso traspare un senso di libertà e di pace.

Aung San Suu Kyi è la porta di una nuova frontiera, è la vit-toria degli ideali giusti; la sacra battaglia di una donna, forte, in-temperante e coraggiosa che ha sfidato il suo destino per il so-gno della democrazia, per quel-la libertà che oggi le appartiene, concessa da Dio ai suoi figli, e negata, troppo spesso, da uomi-ni e politiche egoistiche.

Aung San Suu Kyi è stata spin-ta, dal mondo, fuori dalla sua prigione, un mondo consapevole che la sua linea politica era quel-la giusta, un mondo che, proba-bilmente, ha stabilito forti affi-nità con la storia di quel grande uomo che è Nelson Mandela.

La prigionia per zittire, per spegnere sul nascere movimenti opinionisti e di pensiero contra-ri alle ingiustizie di governi mili-tari, sempre in assetto di guerra contro il proprio popolo, sempre in stato di guardia e pronti a can-cellare qualsiasi dubbio su chi è più forte e su chi deve “coman-dare”; la prigionia con la consa-pevolezza che forse, un giorno, il mondo si possa dimenticare del prigioniero “scomodo”.

Così non è stato per Aung San Suu Kyi. Ha ricevuto il premio Nobel per la Pace nel lontano 1991 (2 anni prima di N. Mandela ndr.) ma ha trascorso gli ultimi 15 anni tra carcere e arresti do-miciliari. La sua tenacia è il rife-rimento a qualcosa che cambia, a un mondo sempre più attento verso problematiche sociali ma ancora troppo poco veloce per risolverle.

La svolta della Birmania passa nelle mani di chi ha saputo co-struire un ideale puro, di chi ha rinunciato alla libertà ed anche alla possibilità di vedere i propri figli per oltre 10 anni, se questa non fosse stata concessa senza alcuna riserva.

Oggi Aung San Suu Kyi rico-mincia da dove ha lasciato; dalla sede del suo partito, “Lega Na-zionale Democratica”, fonte dei suoi guai ma anche mezzo per una imminente, speriamo, libe-razione del popolo Birmano.

Ben tornata Aung e grazie per aver allontanato dagli schermi, almeno per un po’, le Ruby di tutto il mondo!

JOhN LENNONFederaliSmO FiSCale il Punteruolo rosso

C’è sostanzialmente accor-do: la famiglia in Italia va aiutata e il problema alla

Conferenza di Milano è sta-to affrontato a 360 gradi con

associazioni, professori, volontariato, espe-

rienze di ammini-strazioni locali.

Conferenza nazionale sulla famigliamilano 2010

pag. 9

di Walter Cricrì di Daniele Gagliardo pag. 28pag. 24pag. 8di Giuseppe Pardeo

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2Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

attualita’ Palmi

Quest’anno il Natale sarà un po’ diverso. C’è la crisi, man-ca il lavoro, le famiglie sten-tano a far quadrare i conti. Il sacco di Babbo Natale sarà più leggero, diminuiranno i re-gali sotto l’albero e le abbuf-fate del cenone saranno, per molti, solo un ricordo… Tempi tristi, dunque, tempi in cui si sente il desiderio di unità, di comunione, di fratellanza.

l’albero dei desideri

In questo malinconico Natale, tra le piccole e bianche luci di Piazza S.Rocco, brillerà un gran-de albero che ha l’ ambizione di portare con sé una nuova linfa: il sogno di veder rinascere in tutti noi la speranza.Ciascun cittadino vi potrà attac-care una lettera, un pensiero, un’idea intima che lo renderà vi-tale e ricco di umanità. Chi non conserva nascosto nel proprio cuore un sottile desiderio o un pensiero segreto che vorrebbe affidare al destino e che non osa comunicare ad altri, per pudore o per eccessivo riserbo?L’associazione “Prometeus” ha voluto raccogliere quelle voci che vengono dal cuore e che in-tendono offrire un messaggio di positività per affrontare questo difficile momento. Il “Grande al-bero dei desideri”sarà un luogo magico dove ogni uomo tornerà bambino e dove ogni bambino po-trà sognare un mondo migliore. Le lettere più belle e più signi-ficative saranno pubblicate nel nostro giornale evidenziandone il vero spirito natalizio e il mes-saggio propositivo, per dare un segno di speranza e di conforto a tutti coloro che auspicano un cambiamento nella propria vita e che vogliono iniziare un nuo-vo anno all’insegna della pace e dell’amicizia.

Saverio, Saveriosei un grande, sul serio,sei Leader, sei amico,

sei bello, sei fico,sei pur Presidente,dal baffo suadente,

sei capace, sei geniale,competente, colossale,

sei un gran commercialista,valente vignettista,

fra i palmesi ormai sei un Big,voli alto come un Mig,sei un organizzatore

di eventi, a tutte le ore,sei un fido consigliere,

se poi piove, giardiniere,promotor di monumenti,lasci tutti assai contenti,coi motori sei benzina,con il sivo varechina,

in battaglia sei la gloria,se c’è lotta sei vittoria,

di Prometeus sei pilastro,pur brillante come un astro,come ancor con Madreterra,sempre pace, mai la guerra,sei colui che sempre cuce,sei un guerriero della Luce,sei poi gran trascinatore,

sei un treno, sei un trattore,da marito sei esemplare,

e Cettina può giurare,sei perfetto da papà,ed Antonio pur lo sa,

per noi altri sei un fratello,il più forte, il più bello,

ti vogliamo ancor più VIP,con due bocce negli slip,

sei un grande, si, sul serio,presto Sindaco,

SAVERIO!!!

NieNte PaUra!!!

Cari palmesi non preoccupate-vi. E’ ormai da tempo che circola-no voci “strane” su un presumibi-le futuro sindaco di nome Saverio. Ma sono solo voci.

Tutto nasce da una battuta attorno ad un tavolo. “Quattro amici”, un momento spensiera-to... un orecchio teso e via... è partito il tormentone 2010:

“SaVeriO SiNdaCO!”Eh, si! Avete capito bene! E’ sta-

to un unico, solitario orecchio a captare una parola in un discorso “Machiavellico” tra buontemponi e, come si conviene in una spet-tabile cittadina, la parola balza e rimbalza di bocca in bocca fino a diventare, in men che non si dica, certezza assoluta di preparativi per la candidatura “eccelsa”. “... si, ti giuro, c’ero io al comizio... ha parlato di programmi, dice che farà 100 statue di Santi, in tutte le piazze di Palmi!”.

Povero Saverio, ad ogni angolo c’è sempre qualcuno che riverisce “... Sindaco, buongiorno!”, oppu-re, “... Sindaco, ma che fate giun-ta al bar?”

E poveri amici suoi! Chi Assessore al turismo, chi

Assessore alla meteorologia, chi Assessore all’ospedale della Pia-na, perfino l’Assessore al traffico!

Cari politici palmesi e cari citta-dini, STATE TRANQUILLI! Era solo una grande burla (forse..!), una bu-fala, portata avanti per puro spirito goliardico da quei quattro amici del bar, sulla scia di un sistema di comu-nicazione interno alla città, sì veloce da far rabbrividire la Telecom.

a Saverio

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

attualita’ Palmi

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4Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

attualita’ Palmi

Spettabile Redazione di Ma-dre Terra, colgo volentieri

l’invito a rendere produttiva la nostra collaborazione. Cessato il momento della “demolizione” è adesso necessario, direi indi-spensabile, iniziare a porre qual-che mattone uno sull’altro, tutti insieme, per costruire la nostra città e per continuare quel lento processo di crescita sociale e ci-vile. E’ per questo che accoglia-mo l’idea di creare una rubrica aperta ai cittadini ed alle forze sociali che vogliano percorrere questo cammino con noi, propo-nendo qualcosa di costruttivo o ponendo quesiti attinenti l’am-pia materia della Polizia locale. Si cercherà di adottare dei prov-vedimenti immediati ove tali proposte possano essere subito recepite da questo Comando, oppure di interessare gli organi competenti quando le proble-matiche dovessero investire altri settori dell’Ente o della Pubbli-ca Amministrazione. Per ovvie ragioni di opportunità saranno fornite risposte a tutti i quesi-ti, sottoscritti e riscontrati dalla stessa Redazione, che rivestano pubblico interesse, poiché le pro-blematiche private o del singolo

Nell’ambito del progetto educativo “amaranto si nasce…tifosi si diventa”, organizzato dalla Reggina Calcio in associazione con la Provincia di Reggio Calabria, il Provveditorato agli studi ed al Coni Provinciale, che sarà portato

su tutto il territorio provinciale coinvolgendo le scuole medie, è stata premiata la giornalista sportiva, Simona Rolandi, conduttrice della trasmissione “DRIBBLING” ed apprezzata telecronista di calcio. Il riconoscimento, su indicazione del Consigliere Provinciale Giovanni Barone, le è stato attribuito per la “Calabresità positiva” che rappresenta la nota giornalista nel panorama nazionale.Simona, alla quale Madreterra ha già dedicato un’articolo nel numero di agosto, di origini palmesi, ricorda sempre con orgoglio ed affetto, la città nella quale è cresciuta e dalla quale proviene la sua famiglia. Il Presidente della Provincia, Morabito l’ha voluta ricevere per complimentarsi personalmente per i risultati conseguiti sul piano professionale in campo nazionale.

Adesso fAcciAmo crescere lA cittàdi Francesco ManagòComandante della Polizia Locale di Palmi

devono correttamente seguire il normale iter venendo rappre-sentate direttamente al Coman-do che le riscontrerà, come già è consuetudine fare, nella stessa forma privata. Problematiche di interesse generale vuol dire che questo Comando si mette al ser-vizio della collettività non certo per raccogliere lamentele sterili su contravvenzioni subite, per le quali esistono (qualcuno ancora non lo sa o finge di non saperlo) le forme di tutela amministrativa e giudiziaria del “ricorso avver-so”, ma per fornire alla cittadi-nanza risposte a dubbi, possibili soluzioni a problematiche sem-plici o complesse che possano essere di interesse generale. Qui si inserisce anche l’intento for-te di “responsabilizzare” tutti i Settori dell’Ente o pubblici. E’ stata già infatti avviata da que-sto Comando, attraverso l’inse-rimento nell’home page del sito www.poliziamunicipalepalmi.it di una sezione chiamata “se-gnalazioni urgenti”, una opera-zione di trasparenza dell’azione amministrativa. In quella sezione vengono inserite tutte le segna-lazioni che i cittadini inoltrano alle pattuglie sul territorio o che le stesse pattuglie redigono sui loro ordini di servizio e che, investendo competenze di altre Pubbliche Amministrazioni o di altri uffici dell’Ente, vengono a

questi inoltrate affinché prov-vedano con so-lerzia alle loro i n co m b en ze. Così dovrebbe funzionare una Pubblica Ammi-nistrazione, nel generale concet-to di efficienza che ha questo Comando. Così il cittadino po-trà capire dove siano le critici-tà nella stessa P.A., quali siano gli anelli deboli della complessa catena, in quali punti la macchi-na amministrativa si inceppa, a chi chiedere spiegazioni. Ogni funzionario pubblico è responsa-bile delle inefficienze del sistema quanto e più del politico, al qua-le spettano scelte ed indirizzi che devono essere poi attuati nel mi-gliore dei modi. E’ troppo como-do nascondersi nella massa, cela-re le proprie incapacità dietro un paravento politico. I funzionari pubblici hanno determinato, da sempre, le alterne fortune delle Pubbliche Amministrazioni. Se i funzionari sono animati da pas-sione, spirito di sacrificio, voglia di costruire, la città cresce e si sviluppa in maniera veloce ed

armonica. Se, di converso, sono svogliati, contano i minuti che li separano dal pranzo o dal caffè, cestinano ogni richiesta o solleci-tazione o, peggio, non affronta-no i problemi cercando altri sui quali scaricarli, essi si pongono di traverso allo sviluppo di una collettività ed una città che aneli a crescere non può permettersi il lusso di foraggiare una classe pa-rassitaria di funzionari ma deve avere il coraggio di operare del-le scelte anche drastiche. E’ con la speranza di rendere un utile servigio alla città che ribadiamo alla Redazione di Madre Terra la nostra totale disponibilità, por-gendo i migliori saluti.

Simona Rolandi, premiata dal Presidente della Provincia G. Morabito e dal Consigliere G. Barone

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

Punti di vista®

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sPazio ai lettori

Se provassimo a chiedere a un qualsiasi cittadino

di Palmi o di Gioia Tauro cosa pensi della città confinante, sia i palmesi che i gioiesi risponde-rebbero che sono realtà diverse, alcune volte contrapposte, cia-scuna con i propri pregi e difetti che le rendono uniche nella realtà locale ed anche in quella nazionale.

Si tratta degli insediamenti urbani con il maggior sviluppo demografico della Piana: tra Palmi e Gioia risiedono, lavora-no e s’impegnano per la costru-zione del futuro circa 50.000 persone. Molte di loro, per pro-blemi di lavoro o semplicemente

PAlmi e GioiA TAuro: il ProceSSo D’inTeGrAzione TrA Due ciTTà DiverSe TrA loro.

L’una ha bisogno deLL’aLtra, ma non diteLo a nessuno, aLtrimenti si offenderebbero!

per poter usufruire dei servizi essenziali quali “scuola-sanità o legalità, si spostano quotidiana-mente da una “sponda all’altra del fiume Petrace”.

io sono uno di quelli: risiedo a Palmi dove ho vissuto e vivo gran parte della mia vita, ma lavoro a Gioia Tauro come Pe-diatra di Base, mi occupo quindi della salute di un segmento del-la popolazione della città che confina con Palmi. e’ una posi-zione privilegiata la mia,con una prospettiva visiva,il cosiddetto “point of view” su entrambe le realtà urbane. Sintetizzando lo scenario che quotidianamente vivo,potrei affermare che la storia di queste due città ha seguito due linee di pensiero di-verse. E’ come se nel carattere

dei gioiesi ci fosse il seme della “concretezza materiale e prag-matica”, intesa come un valore positivo, di soddisfacimento del benessere e quindi del ben vive-re (una bella macchina,una bel-la e grande casa, i negozi grandi e migliori, ecc.), mentre nel carattere dei palmesi sembra ci sia il seme, altrettanto positivo, del soddisfacimento dei bisogni culturali per se stessi e per i propri figli, anziché il possesso di un bene materiale.

Entrambi gli aspetti della vita andrebbero curati l’uno,infatti non esclude l’altro. Perché al-lora non cercare d’integrare le caratteristiche (espresse qui in maniera semplice e riduttiva) delle due comunità urbane? In pratica bisognerebbe finirla di

pensare a Palmi e Gioia Tau-ro come a “due nemici”, ma guardarle come le due facce di una stessa medaglia. Un’unica realtà, tipizzata nel suo DNA, ma pur sempre unica. Se si co-minciasse a pensare in termini di unione, di somma e non di divisione,l’intera popolazione ne trarrebbe vantaggi concreti. Alcune cose potrebbero essere realizzate subito. Ad esempio vi siete mai chiesti perché se una persona di Palmi deve prendere un treno diretto al nord ha biso-gno di qualcuno che lo accom-pagni alla stazione ferroviaria di Gioia con i disagi che la cosa comporta? Eppure entrambe le città hanno un sistema di trasporti municipalizzato (e in parte anche privato), con mezzi spesso sottoutilizzati o quanto-meno poco appetibili all’utilizzo da parte della popolazione. Si pensi anche alle linee “tranvia-rie” della ex Calabro-Lucana che viaggiano spesso vuote! Se si unissero le risorse disponibili scavallando lo steccato divi-sorio rappresentato dal ponte sul fiume Petrace che segna il confine più mentale che reale tra i due comuni, quanti vantag-gi potremmo avere. Uno arriva in stazione e prende il mezzo pubblico che lo porta vicino casa. Allo stesso modo, un cit-tadino gioiese che deve recarsi in tribunale a Palmi ad esempio per un certificato casellario, potrebbe utilizzare i mezzi pub-blici. Questo comporterebbe anche una riduzione del volume di traffico sulla statale 18 con riduzione del numero di inci-denti che ormai quasi settima-nalmente si verificano su questa arteria di congiunzione.

Così aumenterebbero il nu-mero di lavoratori nei trasporti, la gente socializzerebbe di più, ognuno di noi risparmierebbe un bel po’ di soldi sprecati in carburante e quindi dirottati altrove: insomma tutti vantaggi per l’ambiente e per la colletti-vità. il processo d’integrazione potrebbe nel tempo essere esteso agli altri servizi socia-li fino ad arrivare a superare definitivamente lo steccato campanilistico che aleggia sulla costruzione del Policlinico delle due città.

Che senso ha la diatriba Palmi-Gioia sull’ubicazione del futuro nosocomio? Sarà la qualità dei servizi a fare la differenza e non certo la sua sede. Se quest’ul-timo dovesse essere realizzato nel territorio palmese, lo imma-gino con personale altamente qualificato, come una “scuola di Medicina” e in fatto di scuo-le Palmi è maestra, lo dice la sua storia. Il futuro Policlinico dovrebbe avere però la “gran-diosità e la concretezza” tipica dei gioiesi. E se anche qualcuno potrebbe obbiettare: “Ma non si trova proprio sotto casa mia..!” - “Nessun problema” risponde-rei, “ci arrivi anche col mezzo pubblico! Ormai siamo un’unica grande realtà!!!”.

di Gianni Piccolo

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attualita’ Palmi e dintorni

La “malasanità” è uno degli argomenti più attuali e più

sfruttati dai giornalisti. Telegior-nali e quotidiani traboccano di casi di Malasanità.

E’ proprio di questi giorni la notizia di una sorta di Hit-Parade delle regioni con il più alto numero di casi e, guarda caso, il meridione è in testa a questa classifica. zuffe in Sala Operatoria, pazienti dimes-si dal Pronto Soccorso senza aver effettuato alcun accertamento e chi più ne ha più ne metta, si con-tano le vittime! Ma, permettetemi, la cosa che mi meraviglia maggior-mente è il silenzio degli Operatori Sanitari in merito a questa spinosa questione.

Io faccio il Medico da trent’anni e mi chiedo: “possibile che dopo anni di studi e di gavetta, di sac-rifici sudore e sangue gettato sui libri o nelle corsie o sugli scomodi lettini di una postazione di Guar-dia Medica, i miei colleghi siano tutti impazziti? Improvvisamente l’ammalato, la vita umana non ha più alcun valore e il nostro “Giura-mento di Ippocrate” è diventato carta straccia! Siamo diventati tutti avidi e prezzolati, di più! As-sassini, macellai!”

Il povero cittadino che legge le notizie di quotidiana malasanità rimane basito, annichilito e si chie-de: dovremmo tornare alla me-dicina fai da te o al vecchio buon Medico di Famiglia che, bontà sua,

di Carmela Gentile

SaNita’ e malaSaNita’si prenda a cuore le sorti dei suoi poveri assistiti?

L’unica cosa positiva di questa specie di “Clas-sifica dell’orrore” è forse proprio il triste primato del meridione d’Italia, cosa che dovrebbe far riflettere sul perché di questi casi di malasanità. Sì, infatti, non nego che essi si siano realmente verificati, anche se, i giudizi e le relative condanne vengono general-mente emessi dai tribunali dopo un lungo e laborioso periodo di indagini perizie

e controperizie, per cui non riesco a spiegarmi come mai un giornalista riesca in un solo attimo a giungere ad una sentenza!

A parte questa considerazione comunque, vorrei ritornare sul triste primato del sud e chiedermi: Come mai i Medici calabresi e si-ciliani che sono emigrati occupano in gran parte i posti dirigenziali più ambiti in quegli Ospedali del Nord Italia che vantano il maggiore prestigio anche a livello internazi-onale?”

Mah! Probabilmente sarà l’aria insalubre della nostra Terra a darci improvvisamente alla testa e a renderci pazzi e assassini, oppure le esalazioni venefiche del nostro suolo che ci intossicano il cuore e l’intelletto rendendoci tutti dei “Dottor Jekill e Mister Hyde”. E’ possibile!

Ma, mi chiedo, non sarà forse la disorganizzazione estrema della rete ospedaliera pubblica, le dev-astazioni introdotte da alcuni anni a questa parte con la nascita delle USL e successivamente delle ASL e delle ASP che, nel tentativo di razionalizzare (leggesi chiudere più Ospedali possibile o quanto meno sfasciarli rendendoli delle in-utili cattedrali nel deserto) hanno privato il territorio e forse l’intera regione (mi riferisco in particolare alla Calabria) di un civile, moderno Sistema Sanitario.

In questa situazione ovviamente, chi paga di più è il povero, inerme cittadino, ma anche i Medici e

gli Operatori Sanitari rimangono tristemente schiacciati tra la ne-cessità di continuare ad operare in Strutture disorganizzate ed es-tremamente carenti ed il tentativo di svolgere al meglio la propria opera mirata a prevenire a curare le malattie. In questo sistema la professionalità è misconosciuta e affossata ed il Medico viene anche privato dei necessari stimoli per crescere professionalmente, come un tenero germoglio che venga privato dell’acqua e del nutrimen-to langue, non muore, ma ha una crescita sofferta e stentata.

In un Ospedale, in un Ambu-latorio è il Medico che opera, per cui, se le cose vanno male, il paziente se la prende con lui e non con chi ha sfasciato l’Ospedale. Che ne sa il povero paziente di quell’amministratore che, dalla sera alla mattina, ha privato l’Ospedale di un Servizio di Cardiologia o di una Sala Operatoria o di un Labo-ratorio Analisi? E il giornalista che fa presto ad etichettare il Medico come un incompetente avido e prezzolato, mi spieghi come fa il povero Medico di Guardia di un Pronto Soccorso dell’ex Ospedale di Palmi, tanto per non fare nomi, a diagnosticare una emorragia in atto (magari per un trauma sulla strada) se non è in condizione di fare un esame Emocromocitomet-rico? Oppure di salvare la vita ad un altro paziente che giunge (per lo stesso sfortunato incidente) con la milza rotta? O ancora, come fa a curare un infarto se non ha la pos-sibilità di fare un tracciato Elettro-cardiografico o di consultare uno Specialista Cardiologo? Il paziente muore e la colpa della malasanità è del povero Medico che ha avuto la sfortuna di essere presente in quel determinato momento ed in quel posto disastrato.

la classifica coinvolge anche, in misura nettamente inferiore i fun-zionali e ben organizzati Ospedali del nord Italia ed in questo caso bi-sogna invocare probabilmente non la disorganizzazione ma la possi-bilità di errore medico o di una fa-talità o ancora, di una malattia in-

curabile. Ma … al giornalista lesto a compilare classifiche è mai venuto in mente che di malattie gravi si può anche morire e che, nonos-tante i progressi degli ultimi anni della Medicina, esistono ancora malattie incurabili ed inguaribili? Forse tale giornalista dimentica che l’uomo ha un’età genetica-mente determinata che, per i più fortunati può arrivare anche, ma raramente, a cento anni!

Il vero problema forse è che l’uomo respinge a tal punto l’idea della morte che, se essa avviene, debba essere necessariamente attribuita a qualcuno. Infatti, mentre una volta i vecchi si speg-navano serenamente nei propri letti, con tutti i conforti e accu-diti amorevolmente dai familiari, oggi il vecchio ammalato deve es-sere necessariamente portato in Ospedale o in Casa di Cura e se, disgraziatamente muore, privando i congiunti del necessario sostegno della sua pensione, sicuramente la colpa è di qualche Medico negli-gente o incompetente!

In questo panorama si com-prende facilmente come i Medici oggi rifuggano quelle branche operative come la Chirurgia o l’Anestesia in cui, per definizione, il rischio intrinseco risulta molto elevato. Inoltre il più volte menzi-onato giornalista ci spieghi perché non si è mai preso la briga di com-pilare invece una classifica degli Ospedali più virtuosi, dei Medici che hanno donato e che giornal-mente donano la propria vita e le proprie forze nel tentativo di sal-vare delle vite ( è di poco tempo fa la notizia di un Medico schiantato da oltre ventiquattro ore di guar-dia attiva!!).

E’ vero, ci sono stati cento e più casi di malasanità! Ma nel frattem-po quante vite sono state salvate? non è dato saperlo perché i mass Media si nutrono di malvagità e, da che mondo è mondo, il bene non ha mai fatto notizia! Per cui con-tinuiamo a credere ad un mondo desolante e pazzo perché il male fa notizia ed il bene è tanto banale e ordinario!

Palmi - Corso garibaldi 125

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attualita’

di Giuseppe Pardeo

E’ un luogo comune o noi abitanti del Mezzogiorno

siamo davvero, a detta soprat-tutto dei “fratelli” (Mameli, 1847 ndr) settentrionali, il tumo-re del Paese? Come cambierebbe l’economia italiana con l’avven-to, sempre più imminente, della riforma fiscale? Quanto e come, per noi cittadini del Meridione, tale decisione finanziaria inci-derà da vicino e che effetti por-terà? Prima di formulare ipotesi sull’eventuale mutamento dello scenario politico-economico che apporterebbe il federalismo fi-scale, tanto caro a Bossi & Co. in primis, occorre stilare il qua-dro della situazione attuale in cui versano le regioni italiane: la media nazionale della copertura della spesa corrente con i tributi propri (Irap, addizionale regio-nale Irpef, etc.) delle regioni or-dinarie italiane è pari al 46,6%. Arriva a toccare l’apice in Lom-bardia (64,6%), poi in Piemonte ed in Veneto, ma anche valori bassissimi come il 31,3% in cam-pania e via via sempre minori in Puglia, Calabria e Basilicata. Bene, ragionando per assurdo ed ipotizzando che da domani tut-te le regioni del nostro ordina-mento si attestassero sul valore medio nazionale (46,6%), queste potrebbero percorre due strade risolutive: o agire sulle tasse o sulla spesa corrente. Pertanto, quali sarebbero le conseguenze per noi cittadini? Prendiamo in prima analisi il caso dei Lombar-di. Attualmente il tasso di co-pertura è del 64,6%. la regione Lombardia potrebbe optare di ridurre di ben 18 punti la coper-tura abbassando le tasse di 323 € procapite l’anno ai propri citta-dini oppure di aumentare la spe-sa corrente di 705 € procapite. Il Piemonte, invece, potrebbe altresì dare un taglio alle tasse per 167 € procapite ma potrebbe anche decidere che sia maggior-mente utile aumentare la spesa procapite di 366 €. Situazione che chiaramente si ribaltereb-be per le Regioni del Sud. In Calabria ad esempio, gli ammi-nistratori regionali guidati dal Presidente Scopelliti sarebbero posti alle strette dinanzi alla possibile alternativa di aumen-tare le imposte di 506 € procapi-te o di ridurre la spesa di 1.108 € procapite. Appare già netta quindi la situazione di forte di-suguaglianza vigente tra Nord/Sud; è evidente il forte ritardo del Mezzogiorno, sul cui groppo pesa un agire da parte dell’am-ministrazione pubblica non sem-pre all’altezza dei compiti, una spelacchiata abitudine alla coo-perazione e alla fiducia, un co-stume diffuso di noncuranza del-le norme, nonché una situazione di degrado generale. Mentre le entrate rivelano redditi e basi

attraverso flussi perequativi tra Stato ed enti decentrati è una scelta politica; ma è necessario che le regole per determinare tali flussi siano semplici e tra-sparenti; che chi riceva fondi dia ampiamente conto del loro utilizzo”. Che cosa ci fa pensare che attuando questa riforma che attecchirebbe il sistema fiscale alla radice, potremmo diventare improvvisamente un Paese vir-tuoso? Perché possa funzionare davvero, il federalismo fiscale, dovrebbe premiare le regioni più oculate (due o tre) e pena-lizzare quelle più dissennate (la stragrande maggioranza). Il fatto che quasi tutti i partiti siano d’accordo col federalismo fiscale fa pensare che saranno premiate le une e le altre; cioè che la spesa salirà, e con essa le tasse. A fronte di ciò è facile chiedersi se sia davvero questo lo strumento più idoneo al fine di curare il malessere vigente in molte regioni italiane; se è opportuno quindi circoscrivere

le zone più povere in un recinto ben delimitato e porle dinanzi ad una morte pressoché immi-nente o tentare perlomeno di imboccare un’altra strada, come potrebbe essere ad esempio il tentativo di far contemperare il più possibile, al fine di attuare un forte processo d’integrazione sociale ed economica, gli abi-tanti del Nord e quelli del Sud, cancellando definitivamente la grande linea di demarcazione che separa le due grandi aree. Bisognerebbe piuttosto portare avanti uno spirito diverso e non fare i falsi perbenisti solo quan-do si parla di Unione Europea, anche perché non tutti ricorda-no sempre l’idea di fondo che prima di essere membri di una Comunità europea, entro la qua-le sono abolite le discriminazioni e i contrasti tra gli Stati membri e dove l’aiuto e la fratellanza reciproca sono leggi imperative, bisognerebbe riconoscersi an-zitutto come rappresentanti di un’Italia sana, forte e UNITA.

FederaliSmO FiSCale:gli Ultimi giOrNi dell’UNita’ d’italia

imponibili pro-capite che nel Meri-dione sono notevolmente inferiori, la spesa pubblica è tendenzialmente propor-zionale alla popolazione; ma, a parità di spesa, resta forte la differenza tra Mezzogior-no e Centro-Nord nella qualità dei servizi pubblici prestati. Discrepanze di abnorme enti-tà si trovano in tutti i settori: dalla sanità all’istruzione, dalla tutela della sicurezza personale alle politiche sociali, dall’ammi-nistrazione della giustizia a quel-la del territo-rio, alla stessa realizzazione di infrastrut-ture; sarebbe ora che l’accento si sposti radicalmen-te segnando il passaggio dalla quantità delle risorse alla qualità dei risultati. Le stes-se politiche nazionali devono tener conto, nel disegno e nelle modalità operative, della diver-sa efficacia applicativa che le medesime norme hanno in dif-ferenti aree del Paese. Livello di apprendimento degli studen-ti, migrazioni verso gli ospedali pubblici di altre regioni, tem-pi di degenza e percentuali di guarigione, durata dei processi civili; questi sono esempi tratti dai campi in cui più si sente il bisogno di rilevazioni obiettive, sistematiche, frequenti, su cui misurare i progressi delle singo-le amministrazioni, stabilire un corretto sistema di incentivi, in-dirizzare le risorse pubbliche.

il federalismo fiscale, che in maniera incalzante sembra acce-lerare concretamente il suo per-corso attuativo, prima con l’ap-provazione in Parlamento della legge sul federalismo demaniale il 20 maggio scorso ed ora con il placet dato dal Governo, neces-sario per consentire l’adozione dello schema del decreto legi-slativo in materia, avrà tanto più generale consenso nel Paese quanto più accrescerà l’efficacia dell’azione pubblica. Riportan-do le parole del Governatore di Bankitalia mario Draghi: “È im-portante che il sistema dell’im-posizione e della spesa a livello decentrato sia tale da premiare l’efficienza, indirizzare le risor-se verso gli usi più produttivi e le priorità più urgenti. La misu-ra della redistribuzione regio-nale di reddito che si realizza

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

attualita’

La famiglia come straordi-naria risorsa per l’intera

collettività, come fondamento insostituibile per lo sviluppo e il progresso di una società aper-ta e solidale. E’ questo, in sinte-si, il messaggio che emerge dal-la seconda Conferenza nazionale sulla famiglia, organizzata a Mi-lano dal Dipartimento politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri in col-laborazione con l’Osservatorio nazionale sulla famiglia dall’8 al 10 novembre scorso.

Un’iniziativa che ha visto uni-ti amministrazione centrale rap-presentata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega alle politiche per la famiglia, Carlo Giovanardi, e gli enti locali, associazioni e impre-se per una comune riflessione sulle tematiche familiari. Una conferenza nel corso della qua-le, è emersa, durante i tre gior-ni di intenso lavoro, la volon-tà di sostenere con convinzione tutte le politiche che avranno al proprio centro la famiglia inte-sa come società naturale fonda-ta sul matrimonio.

La crisi economica, la preca-rietà del lavoro, i nuovi stili di vita sono tutti fattori che in que-sto particolare momento condi-zionano, gravano e per molti aspetti contribuiscono a mette-re in crisi il modello ‘tradiziona-le’ di famiglia. In tal senso, que-sta occasione di riflessione si è caratterizzata come un momen-to di centralità e di dibattito il cui obiettivo primario è e rima-ne il riconoscimento e la valoriz-zazione della famiglia, che ha la sua base nell’articolo 29 della Costituzione.

La Conferenza ha gettato le premesse e costituito la piatta-forma per un dialogo sereno e fecondo in vista dell’adozione di un sistema di politiche socia-li moderne e di vero sostegno, oggi sempre più necessarie. Non solo, ma essa ha rappresentato un’occasione importante per la maturazione di una coscienza più forte e condivisa sulle que-stioni aperte e sulle soluzioni necessarie per le problematiche in cui si declinano oggi le rela-zioni familiari.

Naturalmente quando si parla di “famiglia” è facile che scop-pi la polemica, alimentata da quelle lobby laiciste e radicali che preferiscono piuttosto che si parli di ‘famiglie’, per com-prendere così tutte le varie e va-riegate forme di convivenza che rivendicano lo status e i diritti della famiglia tradizionale. Così è bastato che il Ministro Sacconi facesse riferimento all’articolo 29 della Costituzione, e cioè fa-miglia come unione di un uomo e

CONFereNZa NaZiONale di milaNO

Per tre giorni la famiglia al centro del dibattito

una donna legati dal vincolo del matrimonio, e che il Sottosegre-tario Giovanardi sottolineasse l’importanza della legge 40 con-tro i rischi del far west procrea-tivo, per aprire nuovi steccati e critiche contro la famiglia tradi-zionale e contro il Piano nazio-nale sulla famiglia, tracciato dal

governo e che individua un ap-proccio organico alle problema-tiche della famiglia intesa come insieme di relazioni sociali.

Il Ministro Sacconi ha tenuto a ribadire che la famiglia di cui si occupa lo stato è fondamen-talmente quella naturale, vota-ta alla procreazione, ma vanno anche valutate le nuove situa-zioni di vita familiare compresi i figli nati fuori dal matrimonio. Il dibattito, ovviamente, si è in-centrato sulle problematiche di natura economica che in modo specifico interessano la famiglia ed in particolare sul “Quoziente Familiare”, o Fattore famiglia, per andare incontro all’esigen-za di un fisco più equo. e ciò co-stituisce una forte innovazione ed una doverosa attenzione nei confronti della politiche familia-ri, perché oggi, a parità di reddi-to, è il numero di figli a sposta-re la lancetta da una condizione di benessere a una condizione di povertà. E’ dunque importante sostenere quelle coppie che, pur nelle difficoltà e nella precarie-tà del momento, fanno figli; e

ciò attraverso adeguate politi-che fiscali, attraverso la conci-liazione dei tempi di lavoro con i tempi della famiglia, attraverso la creazione di una rete di servi-zi a supporto della famiglia.

Il punto però e’ riuscire a ri-organizzare le risorse destinate alla famiglia in modo più razio-

nale, adeguato ed efficace: in proporzione, cioè alla sua com-posizione, ai soggetti deboli e con un’attenzione specifica alla natalità.

“Oggi - ha commentato la se-natrice Bianconi a margine della Conferenza di Milano - a parità di reddito, è il numero di figli a spostare la lancetta da una con-dizione di benessere a una con-dizione di povertà”.

Fra i tanti interventi di intel-lettuali, politici, uomini di cul-tura non è mancata la presenza della Chiesa cattolica che at-traverso la voce del Cardinale Dionigi Tettamanzi ha richiama-to le istituzioni politiche e so-ciali a dare risposte e soluzio-ni alle complesse ed inquietanti problematiche che investono la famiglia, affrontando con de-terminazione e lungimiranza i problemi principali che ne osta-colano la nascita, la crescita, lo sviluppo mediante la precarietà del lavoro, l’instabilità dell’oc-cupazione, la difficoltà di acces-so ai servizi e sostegni pubblici.

‘’Non basta - egli ha detto - il

semplice proclamare valori, im-pegni e mete. Serve un lavoro quotidiano sulle condizioni con-crete perché i valori proclama-ti da tutti siano resi reali, ef-ficaci, tangibili nella rete delle famiglie’’. Affinché ciò avven-ga - ha concluso Tettamanzi - va considerata e decisa “la ne-

cessità di un coinvolgimento, di una grande alleanza tra le for-ze politiche, sociali, culturali e imprenditoriali, che possono impegnarsi sulla famiglia’’, in-dividuando per le stesse obietti-vi chiari e destinando alle fami-glie risorse precise”.

di Attilio Scarcella

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Punti di vista

di Chiara Ortuso

«Gli ebrei italiani nel vedere e nell’ascolta-

re l’esternazione del Senatore Ciarrapico hanno provato rabbia e sconforto». Questo è ciò che afferma in una nota il presiden-te dell’Unione della Comunità ebraica, Renzo Gattegna, rife-rendosi all’intervento in Senato dell’esponente del PdL. Ciò che stupisce è che l’affermazione del senatore non abbia incontrato lo sdegno e l’opposizione di tutta l’aula, ma solo sorrisi ammiccan-ti e battute ironiche. L’ accaduto giustifica le riflessioni di quanti ritengono che lo stesso Occiden-te non abbia compreso piena-mente la portata della violenza millenaria perpetrata nei con-fronti del popolo ebraico.

La Shoah pur costituendo, infatti,un “unicum” nella storia degli ebrei e, oserei dire, nella storia mondiale, ha profonde ra-dici che ne vietano una banale quanto superficiale attribuzio-ne alla follia omicida e all’odio antisemita di un solo uomo, Hit-ler. E’ pur vero che se il nazio-nalsocialismo nazista incontrò

IL “DOVERE” DI SOPRAVVIVERE’

per gran parte della guerra il consenso della nazione tedesca e l’appoggio di molti altri paesi europei, in un clima di miopismo generale, ciò è dovuto in larga parte alla sedimentazione mil-lenaria di leggende e sentimenti razziali che facevano degli ebrei “parassiti da eliminare” per il benessere della società.

il 900’ è diventato il secolo di Auschwitz solo al suo tramon-to. Nessuno durante gli anni 50’ e 60’ avrebbe considerato e riconosciuto l’Olocausto come l’evento centrale della secon-da guerra mondiale a causa di una mancanza di conoscenza appropriata dei fatti, ma anche e soprattutto della difficoltà da parte dell’uomo di riuscire a uti-lizzare un linguaggio in grado di spiegare una ferita tanto profon-da quanto insanabile nella storia dell’umanità. Auschwitz rappre-

senta infatti la negazione di ogni senso, l’umiliazione di un popolo privato della sua esistenza, del-la sua dignità. Contro gli ebrei orrendamente trucidati nelle camere a gas, morti di stenti, di fatica e bruciati nei forni crema-tori, si è scatenata una violenza irrazionale e organizzata siste-maticamente. L’unica risposta possibile di fronte a tanta morte e dolore non è che il silenzio che avvolge il ricordo delle vittime e che penetra il non senso, il nulla rischiarandone la superficie. un filosofo ebraico Fackenheim scri-ve «Gli ebrei non hanno il diritto di concedere a Hitler vittorie po-stume, ma essi hanno il dovere di sopravvivere come ebrei per-ché il popolo ebraico non abbia a perire». Il dovere della sopravvi-venza, dopo la Shoah, diventa il nuovo imperativo di ogni ebreo. Ma come si fa, ci si chiede, a so-

pravvivere in una realtà avvele-nata dal razzismo e dai pregiudi-zi morali? Obbedire al comando della sopravvivenza vorrebbe poter dire consegnare la propria memoria alle future generazioni camminando insieme agli altri popoli nel terreno da sempre minato della storia. Sopravvi-vere vorrebbe poter dire oltre-passare le trappole della stessa memoria non rifugiandosi in uno sterile oblio ma, nel ricordo del-le tragedie passate, impegnarsi per edificare un progetto di fra-tellanza umana. ecco perché è nostro dovere e obbligo morale rispettare e difendere la cultura ebraica e multietnica onde evi-tare che l’odio e il rancore se-dimentino causando, ancora una volta, una violenza devastante per l’esistenza di un’umanità che possa e debba definirsi veramen-te “umana”.

... per non dimenticare

Ciuffi di riccioli neri mi accarezzavano ancora la

fronte quando, con il cuore gon-fio di passione cantavo Bandiera Rossa, L’Internazionale e Bella Ciao.

Ero davvero impaziente di ve-derlo sorgere quel Sol dell’Av-venire, di vederlo inondare il mondo con i suoi raggi benefici, portatori di pace, benessere, giustizia e libertà.

Mi indignavo al pensiero di quanto aveva dovuto subire Er-nesto Che Guevara per il solo fatto di aver voluto lottare per la giustizia e contro l’oppressione dei popoli che nel mondo subiva-no le angherie del capitalismo.

Mi nutrivo dei valori e dei prin-cipi che nella mia famiglia riven-dicavano l’emancipazione del proletariato, della conquista dei diritti da parte dei poveri, dei deboli,dei vinti, (an-che la mia era una famiglia proleta-

la mia idea della politicaI sogni muoiono all’alba…purtroppo

ria, cinque figli sono prole che consuma e impone sacrifici).

Credevo in una politica giusta, in una sinistra che avrebbe, in un giorno non lontano, riscattato i diritti degli ultimi, abbattendo le barriere interclassiste, libe-rando i lavoratori dai gioghi del capitale e dalle sue logiche del profitto.

Sognavo e nel sogno ogni par-venza appare non già come mi-raggio ma come solida realtà, ma si sa la realtà vera purtroppo è ben altra cosa.

Il tempo è passato e troppi muri sono crollati denudando realtà dissimulate dietro cortine prima imperscrutabili.

Tanti sogni hanno lasciato spazio solo a cru-

do realismo.Oggi le mie primavere sono di-

ventate tante, troppe purtroppo per continuare a credere in quei sogni di giustizia e bellezza.

La realtà mi ha costretto a ca-pire che il mondo funziona con regole che obbediscono a leggi spietate, quasi sempre gestite e manovrate da professionisti dell’opportunismo.

La politica, tutta, in tutto il mondo non è immune dal farsi brodo di coltura per gli interessi e gli affari di piccole, privilegia-te parti di società.

Il mondo è una grande savana, questo ho capito crescendo, per ogni potenziale Pinocchio ci sono stuoli di gatti e di volpi pronti a carpire la buonafede dei malca-pitati, ci sono branchi di sciacalli iene e avvoltoi che fanno il loro lavoro, predano per sopravvive-re, per annientare l’avversario.

Ero un sognatore da giovane, oggi la maturità mi ha fatto rea-lista e mi ha trasformato, forse, in quel borghese che tanto te-mevo di diventare.

Nella savana si corre, per so-pravvivere, a volte ci si mette insieme ad altri come noi, si sta in branchi per affrontare meglio l’avversario, per sembrare ai suoi occhi più forti, per stravolgere e disorganizzare le strategie dei predatori, a volte si cerca soli-darietà, a volte la si da, ma sem-pre conservando la insopprimi-bile necessità di portare a casa la pelle, di non venire inghiottiti

dalle trappole insidiose tese da predatori palesi o da lupi travestiti da cerbiatti.

di Giuseppe Cricrì

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

Punti di vistaLa Redazione

Premesso che in data 30 giugno 2006 è stato sottoscritto il Protocollo d’Intesa tra le Città di Palmi, Gubbio, Nola, Viterbo e Sassari, per il Progetto di interscambio culturale denominato “ Le Città delle Macchine da Festa a spalla” Che con deliberazione G.C.n. 168 del 28.06.2006 questa Amministrazione Comunale ha approvato il Protocollo di cui sopra; Considerato che in data 19 aprile 2010, presso il MIBAC, si è tenuta una riunione operativa tra i rappresentanti delle Città che hanno sottoscritto il Protocollo d’intesa, i funzionari del MIBAC e i responsabili dell’Ufficio Patrimonio Mondiale dell’Unesco e che in tale occasione è stata, all’unanimità, favorevolmente valutata l’ipotesi di presentare un progetto di candidatura denominato “Rete Italiana delle grandi Macchine a spalla”, per il riconoscimento da parte dell’UNESCO quale patrimonio culturale immateriale; Atteso che, a tal proposito, si rende necessario avvalersi della collaborazione di esperti in materia e pertanto, unitamente a tutti gli altri Comuni della Rete , si è stabilito di dare incarico ad un coordinamento tecnico – scientifico formato dagli studiosi prof. Paolo Apolito, consulente scientifico e antropologo dell’Università di Roma, dott. Francesco D’Uva, consulente tecnico - IULM - Milano e dott.ssa Patrizia Nardi – Università di Messina e che dal quadro finanziario trasmesso l’importo per l’affidamento dell’incarico al succitato comitato tecnico - scientifico risulta essere € 10.000,00, complessivi e comprensivi anche di oneri fiscali; Considerato inoltre che gli altri Comuni hanno già emanato l’atto formale di adesione al Progetto di candidatura all’UNESCO e di incarico al comitato tecnico - scientifico; Ritenuto di dover provvedere in merito; Dato atto che sulla presente deliberazione non occorre acquisire i pareri di cui all’art. 49 del T.U. n.267 del 18.08.00, trattandosi di un atto di indirizzo, Ad unanimità di voti favorevoli;

D E L I B E R A

per quanto esposto in premessa, di aderire al progetto di candidatura denominato “Rete Italiana delle grandi •Macchine a spalla”, per il riconoscimento di patrimonio culturale immateriale all’UNESCO;

di condividere quanto stabilito da tutti i Comuni appartenenti alla Rete circa l’individuazione del comitato •tecnico – scientifico nelle figure degli studiosi prof. Paolo Apolito, dott. Francesco D’Uva e dott.ssa Patrizia Nardi, per un corrispettivo di € 10.000,00, complessivi e comprensivi anche di oneri fiscali;

di dare mandato alle Aree competenti per i consequenziali atti gestionali, che potranno essere espletati solo a •seguito di istituzione di apposito capitolo di spesa in Bilancio;

di dichiarare il presente atto immediatamente eseguibile, a norma dell’art.134 - 4° comma del T.U., approvato •con D.Lgs n.267/2000.

Letto e sottoscritto IL VICE SINDACO IL SEGRETARIO GENERALE

f.to S.Silvestri f.to P.Emilio

Dopo tanto parlare, scambi di vedute e dibattiti di ogni

genere, l’Amministrazione Comu-nale di Palmi, avendo sottoscrit-to lo scorso 30 giugno il protocol-lo d’intesa tra le città di Palmi, Nola, Viterbo, Sassari e Gubbio, ha deliberato di aderire al pro-getto di candidatura della VARIA alla “ rete italiana delle grandi macchine a spalla”, per il rico-noscimento come patrimonio cul-turale immateriale dell’UNESCO. Con la delibera, che riportiamo integralmente, la stessa Giunta Comunale, calcolato che occorre avvalersi della collaborazione di esperti in materia, ha dato incari-co ad un comitato tecnico scien-tifico, formato dagli studiosi, Prof. Paolo Apolito,consulente scientifi-co e antropologo, Dott. Francesco D’Uva, consulente tecnico IULM- Milano e Dott.ssa Patrizia Nardi, docente Università di Messina, per l’espletamento del l’articolato la-voro organizzativo. Auspichiamo che, con l’ingresso all’UNESCO, la nostra Varia, amata e rispet-tata nei secoli e per la quale si sono spese, in numerosi ruoli, mi-gliaia di persone, raggiunga quella dimensione nazionale che merita.

Palmi - Un enorme cinghiale abbattuto alle porte del centro abitato.

Il cinghiale diventa specie sempre più invadente, la quasi totale assenza di nemici natura-li, (tranne l’uomo) e la sua gran-de adattabilità, lo rendono un animale molto più presente di un tempo nel nostro territorio. Esso per tali motivi non solo ha riconquistato zone in cui viveva in passato ma si è anche esteso la dove della sua presenza non vi era mai stata traccia.

Oggi possiamo affermare con certezza che la sussistenza di questo suide è stata riscontrata anche nel territorio di Palmi sul-le pendici boscose del Sant’Elia.

Le tracce di un grosso anima-le già da alcuni anni erano state rilevate dagli esponenti della lo-cale squadra di cinghialai, deno-minata “GLI ORSI DELLE SCRISE” che ha come capo caccia il sig. Francesco BRANDO e come suoi

vice i sig.ri Giovanni PUTRINO e Rosario CIPRI. Il verro lasciava decisi quanto effimeri segni del-la sua presenza per poi eclissarsi nei forteti inviolabili della Costa Viola. I tracciatori erano rima-sti più volte beffati dalla espe-rienza e dalla astuzia di questo anziano animale e così è stato fino al giorno fatale. Domenica 17 ottobre, la battuta di caccia (coordinata da Brando e Cipri, effettuata in collaborazione con alcuni componenti della squadra “Il Cinghiale” di Varapodio, che ha come Capocaccia il sig. Sal-vatore Longo e come suo vice il sig. Nicola Scoleri) si è svolta in località Tracciolino- Vitica -San Michele (San Biceli) a due passi del centro abitato. Erano le ore 14,00 quando il cinghiale veni-va abbattuto. I cacciatori erano sorpresi dalle inconsuete dimen-sioni dell’animale che arrivava a pesare 135Kg .

G.C.

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Punti di vista

di Mario Idà

Un tempo considerata “cul-la del diritto”, l’Italia di

oggi si è ridotta ad essere la mi-serevole fossa dove sono seppelli-ti i resti di quella che fu la grande e insuperabile tradizione giuridi-ca romana. La realtà che si pre-senta ai nostri occhi documenta il ripudio di una “idea del dirit-to” che ha permeato di sé secoli di storia. Sono sufficienti pochi ac-cenni per delineare la situazione tragica in cui oggi versa il nostro sistema giuridico-giudiziario, che – per il principio di causa ed ef-fetto – è lo specchio del crescente anarchismo in cui versa la socie-tà italiana, priva di guida e in ba-lia di se stessa. Anche se in verità le guide ci sono e agiscono dietro il palcoscenico della politica-poli-ticante di cui muovono i fili: sono le grandi lobby del potere econo-mico-finanziario e tutta la pletora di organismi aggressivi che infet-tano il tessuto vitale della Nazio-ne italiana. Poiché ormai la nostra esistenza si muove all’interno di un grande e onnipervadente mer-cato, il diritto inevitabilmente si è “commercializzato”, perden-do sempre più la sua funzione es-senziale di ordinatore delle rego-le e dei modelli comportamentali ai quali i cittadini devono unifor-mare le loro condotte, diventan-do una fucina vulcanica dalla qua-le fuoriescono materiali lapidei cucinati in salsa anarco-italiana. Sotto altro e inquietante aspet-to, la mercificazione giuridica dei valori ha aggredito lo stesso dirit-to penale, a partire dall’istituto del c.d. patteggiamento, previsto dall’art. 444 del codice di rito, la cui rubrica recita “Applicazione

ITALIA, TOMBA DEL DIRITTOdella pena a richiesta delle par-ti”, a mezzo del quale si è di fatto sancita, con il subdolo presuppo-sto di snellire l’economia proces-suale, la transazione della pena. Con grave pregiudizio del princi-pio di autorità, che la magistratu-ra penale massimamente incarna. Ma dove l’anarchismo e il persona-lismo dell’odierno diritto italiano trovano la loro funesta e pratica applicazione è in una ipertrofica, cancerogena produzione di leggi e decreti che obbediscono spesso ad esigenze corporative, quando non sono scandalosamente ritagliate a misura degli interessi della classe cosiddetta politica e, in primis, dell’attuale Presidente del Consi-glio dei Ministri. Le stesse norme codicistiche processuali vengono fatte sempre più frequentemente oggetto di revisione, addirittura con decretazione di urgenza e sot-to la spinta di gruppi di pressione, con innesti di disposizioni che ar-recano nocumento soprattutto ai tempi dei procedimenti civili, già penalizzati dalla cronica caren-za di magistrati togati. Su questo punto dolente e con specifico rife-rimento alla nostra provincia, ba-sti pensare, esemplificando, che alla Corte di Appello di Reggio Ca-labria le prime udienze delle cause civili iscritte a ruolo vengono fis-sate già ora al 2016. non sorpren-de, pertanto, se lo stato confusio-nale in cui versa il sistema della giustizia genera il sempre più fre-quente ricorso alle procedure ar-bitrali, disciplinate dagli artt. 806 e segg. del codice di rito. Dal pun-to di vista dell’ermeneutica, cioè dell’interpretazione delle norme, la situazione si appalesa altrettan-to grave. Sovente, i contrasti giu-risprudenziali su questioni aventi

identità di materia tra le diverse sezioni della Cassazione Civile e del Consiglio di Stato determinano una babele di lingue e di decisio-ni, che si ripercuotono a loro volta sulle sentenze dei giudici di meri-to. Tardive appaiono in certi casi le stesse sentenze delle Sezioni Unite delle Magistrature superio-ri, chiamate a risolvere i contrasti giurisprudenziali, quando già gli effetti prodotti dai diversi orienta-menti hanno intaccato la credibi-lità del sistema-giustizia. Esso ap-pare oggi a tal punto frantumato in una miriade di interessi contin-genti, che lo stesso Giudice delle Leggi fatica a tener dritta la barra della nave che affonda nel brago. In questo contesto di disgregazio-ne, non mancano poi Giudici, ere-di dei vecchi “Pretori d’assalto”, i quali si affidano al “diritto viven-te”, che è poi quello che si fon-da sui falsi valori e sul costume so-ciale veicolati dai grandi strumenti dell’informazione di massa. Così il cerchio si chiude.

Questo è il sistema, questi sono i protagonisti. Ma, del resto, la decadenza si misura anche dal valore degli uomini: basti pensa-re, per quel che riguarda i titolari del Ministero della Giustizia, che nell’arco di settant’anni si è pas-sati dal sommo Maestro Alfredo De Marsico ad Angelino Alfano…. In questo quadro desolante la Dea della Giustizia, disgustata e stan-ca, ha ormai deposto la Bilancia e la Norma è un fantasma che vaga spaurita tra aule “sorde e grige” dove si va consumando – per ne-mesi storica - l’ultima tragedia italiana: la fine ingloriosa del Di-ritto proprio nella terra dove è as-surto alle massime e ineguagliate espressioni di civiltà.

E’ risultata una straordina-ria serata culturale la pre-

sentazione, nei saloni di Palazzo Grillo, di Domrèmy, l’opera di te-atro scritta da Robert Brasillach a 23 anni, tradotta da Mario Mer-lino ed accompagnata, nell’edi-zione Settimo Sigillo, dai saggi dello stesso Merlino e di Rodolfo Sideri.

L’iniziativa, di fronte ad un at-tento e qualificato pubblico, si è sviluppata, nell’ambito di un mo-derno pluralismo culturale con la dotta conduzione di Maria Frisi-na, poetessa ed artista,neo pre-sidente dell’Associazione Geppo Tedeschi, la quale ha esordito presentando la figura di mario

Merlino – nichilista, poeta e ro-manziere - attraverso i momenti più salienti della sua vita, per poi profondamente commentare, con evidente e compiaciuto consen-so dell’interessato, anche la sua produzione libraria sia in versi che in prosa (ha ricordato una precedente conferenza per pre-sentare “E venne Valle Giulia”), ed offrendo così al personaggio presente al suo fianco, un fertile terreno di esibizione diretta.

Il pubblico ha così appreso dal vivo che Mario Merlino, poeta, scrittore ed oggi docente di Sto-ria e Filosofia in un liceo roma-no, dall’aspetto ieratico per la lunghezza e la bianchezza dei capelli e della barba - cresciuti in contestazione di quella che

oPPiDo mAmerTinA: l’AssociAzione culturAle Geppo Tedeschi incontrA MArio Merlino.

di Rocco Militano

era una caratteristica esclusiva della sinistra (Pasolini riconobbe che aveva introdotto un aspetto equivoco) - era stato attivo mili-tante durante quel dramma ge-nerazionale (perché i giovani fu-rono strumentalizzati da destra e da sinistra) che fu il periodo del 68, prima schierandosi con i circoli della estrema destra fasci-sta e reazionaria, e poi, forse da infiltrato, con quelli del circolo 22 marzo della sinistra anarchica, finendo anche detenuto in carce-re per tre anni (ma poi assolto) come partecipante alla strage di piazza Fontana. Fu proprio du-rante il carcere che si innamorò delle poesie che Brasillach aveva scritto nelle ultime sue ore pri-ma della fucilazione, adottando-lo come un fratello più grande ed apprezzandolo a fondo nelle sue sensibilità più profonde espresse con spirito anticonformista, an-tiborghese ed irriverente, in un campo culturale influenzato dal regime spagnolo e di sostegno al fascismo francese ritenuto de-gno non di essere assorbito ma di allearsi con il nazionalsocialismo tedesco.

E’ così che Merlino osanna, nella poetica di Brasillac, la fidu-cia alla vita, alla felicità, all’ami-cizia; lo vede poeta con la faccia da bambino e gli occhialini roton-di impersonare il coraggio del fascismo; vede nel personaggio

di Giovanna d’Arco in Domrèmy l’eroismo ed il sacrificio con cui ognuno è obbligato a confrontar-si; indica all’emulazione il suo ri-fiuto del concetto del male anche quando, arrestato e condannato a morte, egli accetta la velocis-sima sentenza alla fucilazione esponendo la sua sciarpa rossa al collo, (fascismo immenso e ros-so), dando così una visione gioio-sa anche della morte a 36 anni, per non negare il senso forte del suo modo di essere: E’ un onore - esclamò - morire così!

E così, nei saloni dell’antico palazzo comunale, l’atmosfera di grande emozione che aveva co-stantemente contornato gli inter-venti, diviene ancora più parteci-pe con la coinvolgente lettura di versi e brani da parte delle gio-vani poetesse Anna Maria Tripodi ed Eleonora Vinaccia.

Con un corale applauso è sot-tolineato infine il ringraziamento da parte di Merlino del consiglie-re comunale Carlo Frisina, orga-nizzatore della serata. L’apprez-zamento convinto poi, espresso dal Vice Sindaco prof.ssa Maria zerbi a nome dell’Amministrazio-ne comunale, conclude l’incontro che Oppido Mamertina ricorderà certamente a lungo come uno dei momenti più significativi delle sue molteplici e variegate ini-ziative a sostegno della crescita culturale della cittadinanza.

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

il Personaggio

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14Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

riCordi storiCi

ricorderemo!!Palmi rievoca il miracolo e il terremoto del 1894

Palmi , 16 novembre 2010, anche oggi rievocheremo, ricorderemo quanto accadde

in quel terribile 16 novembre di centosedici anni fa, in quella giornata che passò alla storia per essere stata funestata da un tremendo sisma i cui effetti devastanti furono però notevolmente attenuati, riguardo alle perdite di vite umane, per effetto di un prodigio legato alla statua della Madonna del carmine. la scossa disastrosa che avvenne alle ore 18, 52, era stata preceduta da rombi che durarono tutta la notte ed il giorno successivo, i testimoni parlarono di rumori cupi, come di cannoni lontani. Malgrado la grande potenza delle scosse e le grandi rovine prodotte nella Calabria e nella Sicilia, nel nostro comune il numero dei morti fu solamente di 8 e quello dei feriti di circa 300. Palmi allora contava 12500 abitanti, nella città si contavano 2050 case, quelle leggermente 0crollate furono 370, le totalmente crollate 88. Innumerevoli furono le testimonianze di coloro che assistettero al prodigio del movimento degli occhi della Vergine nei giorni precedenti al sisma e nel giorno del disastroso evento. la decisione di portare in processione la Sacra effige determinò che una moltitudine di popolo si trovasse per strada dietro la Statua e non in casa, tanto che i crolli avvennero perlopiù in case prive di abitanti. Tutto ciò fece pensare al Miracolo. Nel giorno successivo tutte le statue Sacre vennero portate in Piazza, quello fu un collettivo momento di fede e devozione, col quale il popolo tutto volle tributare riconoscenza e gratitudine.Da allora fino ad oggi, ogni 16 novembre la collettività palmese vuole rievocare quel particolare evento storico con una suggestiva processione nella quale rimane immutata la grande venerazione nei confronti di Maria SS.ma del Monte Carmelo.Le immagini a volte raccontano storie che le parole non sanno esprimere. Nei volti spossati e atterriti della gente che allora visse quella terribile esperienza, ancora oggi in queste rarissime, esclusive immagini, si può leggere l’emozione, la paura, lo smarrimento e il bisogno di trovare un sostegno per il corpo e per lo spirito.

Fra le innumerevoli testimonianze raccolte nel volume di Pa-dre anselmo Cosimo leopardi “NOVemBre 1894: il CarmiNe

di Palmi al CeNtrO di UN eVeNtO StOriCO” edito, nel 1988, citiamo stralci tratti dalla stampa:

- il “mattino”, quotidiano di Napoli, nel N. 310 del 6-7 Novembre 1894:“La mattina del 31 Ottobre 1894, mentre si celebrava la messa nella chiesa del Carmine, un ragazzo, picchiandosi il petto, cominciò a strepitare, perché aveva visto muovere gli occhi alla Madonna, posta in una nicchia sull’altare maggiore. Le poche donne presenti, avvicinandosi all’altare, diedero l’allarme, gridando e piangendo, sicchè in breve la Chiesa non conteneva più la folla accorsa al suono delle campane chiamanti a raccolta.Tutti vedevano il miracolo: gli occhi della Madonna si aprivano e si chiudevano e per le lucide gote grondavano gocciole di sudore. I pianti, le preghiere, i contorcimenti di quell’ammasso di gente facevano rizzare i capelli.”… “e la sera del 6 novembre Monsignor Gallucci invitato da altri Sacerdoti, andò a vedere di cosa si trattava. Giunto davanti all’im-magine della Vergine fu colto da deliquio e cadde fra le braccia di coloro che lo accompagnavano.

le vergini: dell’immacolata, del Soccorso e del rosarioGli altarini improvvisati in piazza, con le statue dei santi

VERA EFFIGIE DI M. SS. DEL CARMELOche nellA ciTTà Di PAlmi

DAl 31 oTToBre 1894Fino All’inFAuSTA SerA Del TerremoTo Del 16 novemBre

CON RARO PORTENTO MOSSE LE CELESTI PUPILLEE PIù VOLTE CHIUSE ED APRì LE PALPEBRE

TRAENDO LAGRIME FIN DAGLI OCCHI DEI MISCREDENTICHE OSSERVAVANO Sì GRANDE PRODIGIO

di Giuseppe Cricrì

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

riCordi storiCiAllora le campane suonarono a stormo e Palmi si riversò attorno alla Chiesa…”

- “il metauro”, gazzetta del circondario di Palmi nel N. 14 dell’11 Novembre del 1894:“Il pellegrinaggio alla Chiesa del Carmine, per la visione del Mira-colo, è stato per tutta la settimana continuo, incessante. Il popolo non lascia mai la chiesa e segue l’entusiasmo dei primi giorni – giovedì, poi, Palmi è stata onorata dalla visita di S.E. l’Arcivescovo di Reggio, Mons. Portanova – l’accoglienza avuta è stata delle più cordiali, delle più clamorose.”

- “Fede e Civiltà”, di reggio Calabria, nel N. 45 del 10 Novembre del 1894:… “D’un tratto le colonne dell’altare, le pareti della chiesa, lo stesso volto della Madonna, grondavano acqua! Qui il popolo scorse un se-gno di prossimo flagello, emise grida così alte che facevano spaven-to; e nonostante che io cercassi di calmarli, spiegando il fenomeno col vapore acqueo che si condensa sui corpi levigati, non si persuase e tutti quelli che hanno potuto si arrampicavano come meglio loro riusciva per raccogliere quell’acqua. Crescendo il popolo e vedendo-ci quasi soffocati e pesti, noi preti ci ritirammo in sacrestia.”… “Sera di venerdì 2 Novembre il miracolo si affermò così luminosa-mente che non può mettersi in dubbio.”… “Entro in chiesa non tanto affollata, ma quella gente assistendo al grandioso prodigio schiamazzava avanti la Madonna indirizzando-le le più tenere e commoventi parole. Mi avvicino alla Statua e veg-go chiarissimamente gli occhi della Madonna interamente serrati!! Grido ancor io col popolo implorando pietà, misericordia, perdono per la mia patria, piango, stendo le braccia alla cara Vergine, la quale col serrare gli occhi mi sembrò che ci dichiarasse indegni dei suoi sguardi materni.”… “si è anco osservato che la SS Vergine colla pupilla ha fatto il se-gno della Croce: alza la pupilla, l’abbassa, la manda a sinistra poi a destra. Sono fatti che ci riempiono di terrore, ma considerando che la madre delle misericordie è colei che li compie, ci aprono il cuore alla speranza.”

- “il metauro”, supplemento del N. 14 del 21 Novembre del 1894:…”Sera di venerdì 16 corrente alle ore 7 e un quarto la nostra città fu quasi distrutta da un terribile terremoto. Diciamo distrutta e non crediamo di esagerare. Le case rimaste tuttora in piedi sono in tali condizioni da doversi tutte demolire. Tutte non escluse una sola. La città presenta un aspetto miserando; tutta la popolazione spaventa-ta ancora non fa che piangere e gridare per le vie…”

- dalla testimonianza del canonico rocco Calogero:16 Novembre 1894: “… era sull’imbrunire e precisamente verso le 5 pomeridiane…… la Chiesa del Carmine rigurgita di fedeli che implorano pietà e misericordia. Moltissime persone sono svenute, ed un’afa terribile, un caldo soffocante impediscono la respirazione. I singhiozzi, le grida, gli urli, il picchiarsi del petto producono un rumore cupo e sordo come il rompersi delle onde sugli scogli di un mare tempesto-so…… quando sorge unanime il grido: “Si porti fuori la Madonna! …Fuori la Madonna! …Fuori! …Fuori! …Evviva Maria!...…Eran quasi le 6 quando s’improvvisò questa processione… Il popolo che la segue è assai più di due terzi della popolazione del paese…… la gioia è universale, la commozione al colmo.… la processione era giunta intanto nella piazzetta dell’Arangia-ra, dirimpetto al palazzo dei RR Carabinieri. In un momento …si avverte sotto i piedi il movimento del terreno e al tempo stesso due spaventosi rombi sotterranei, come fossero tuoni. Si vide tosto sollevare in aria un immenso nuvolo. E’ la polvere dei cornicioni e dei muri delle case cadute. Anche qui è apparso manifesto il prodi-gio di Maria SS, perché tutti quelli che formavano l’immenso corteo rimasero illesi…… al terremoto segue un istante di silenzio profondo, e quindi gri-da, urli, strepiti, gemiti e lamenti……il popolo attonito, sbalordito, stupefatto e fuor di se stesso non sa come regolarsi, … tutti voglio aggrupparsi presso la Santa Madonna divenuta oramai l’unico ideale, l’unica speranza, l’unica ricchezza, l’unico conforto di tutti…… Ripreso animo intanto il popolo cominciò a gridare: In piazza la Madonna!... In piazza!... In piazza!… che momento indescrivibile! Meraviglioso! Inimmaginabile!Allo spuntar dell’alba del sabato 17 Novembre, nella gran piazza, sotto quattro coperte, formanti un piccolo padiglione, … si eressero due altarini e si cominciò a celebrare delle Sante Messe……Intanto alle Statue della Madonna, di San Nicola e di S. Rocco, si pensò di aggiungere tutte le altre della città.… che momento indescrivibile! Solenne! Indimenticabile!...Palmi riconoscente e grata a Maria SS del Carmelo per tanta predile-zione, ne serberà imperitura memoria nei secoli, e non dimenticherà d’istillare nel sangue dei suoi figli la devozione a Maria del Carmelo”.

Via Tribunali, Oggi Via Roma

Corso Garibaldi

Un Momento Della Processione Rievocativa

Foto

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Corso Carolino, Oggi Ten. A. Barbaro, Sullo Sfondo La Matrix

le foto d’arChivio sono tratte dalla Collezione Privata dell’autore

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16Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

il Personaggio

di Francesco Collura

“Io vivo per quelle gocce d’ac qua”, “Io amo la vita nascosta nell’atomo”. Con queste affer-mazioni, si apre e si chiude l’an-tologia poetica “Piccole cose” di Pina De Maria, la cui esistenza umana e letteraria si svolge fra amore e gioia in un ambiente geograficamente limitato: Pal-mi, ove è nata, in un tempo non molto lontano dal nostro, tanto che è ancor viva l’eco della sua voce, come d’altronde quella della sorella Maria.E scorre fra le “Piccole cose” appunto, non in un ambito ri-stretto, come potrebbe sembra-re, ma nel loro insieme sconfina-to. Queste cose, dall’apparenza insignificanti, t r a s c u r a t e , misere, ma non tali per la poetessa, che piuttosto tro-va in esse un grande valore, una mirabile collocazione, un’importanza ben precisa nel creato. Perché lo completano e l’arricchiscono come una raccolta infinita di perle, rivelando nel contempo il meraviglioso disegno di Dio, la grandezza della creazione infi-ne, che l’affascina e la rapisce. Per esse ed in esse la De Ma-ria vive. Questo universo, poco appariscente, quasi celato, è in realtà il suo microcosmo, dove, per natura schiva, ama nascon-dersi, certo per fuggire dai cla-mori del mondo, per cercare e scoprire con ingenua curiosità, presa dal bisogno di sentirsi par-te e voce di esso. Così, mentre si rifugia e si con-fonde con ciò che lo costitui-sce, dialoga e partecipa al suo destino. Si rivolge alle piccole cose, manifestando un’immensa sensibilità, un amore quasi fran-cescano.Parlando prega e nel contempo si confessa. La preghiera, infat-ti, aleggia in ogni verso e lo ca-ratterizza, perché la fede in Dio le permette di accogliere nel candore della sua anima tutte le piccole cose, di svelare i suoi segreti pensieri. Allora, si può benissimo dire che il suo è un misticismo liri-co, soave, come l’armonia delle sue rime, puro come le sue pic-cole cose, riflesso certamente della fanciullezza senza tempo, che dilata quella irrinunciabile innocenza come virtù intuitiva della bellezza del creato.Bellezza che riesce a percepire in maniera istantanea e tradur-re in brevi ed efficaci componi-menti. Il frammento, infatti (più o meno come quello degli er-

il mistiCismo liriCo di Pina de maria nella Poesia delle “PiCCole Cose”

metici) compare spesso nell’in-tera raccolta, la rima è piana e sciolta, pregevole l’ispirazione, chiaro il messaggio. Se queste sono le caratteristi-che metrico-linguistiche, i con-tenuti sono più vari per la mol-teplicità delle tematiche, dei sentimenti, delle emozioni.Troviamo l’amicizia sincera inte-sa come fratellanza e ricorrente spesso l’amore ideale, accenna-to come grande forza di voler bene, dedizione, il sentimento più trattato, inteso come of-ferta al prossimo, condivisione, simpatia. Ancora la poliedricità emotiva come antidoto alla mo-notonia della vita; insomma per intero, la sua delicata natura di donna. Continuando, la contemplazio-ne che le consente di scoprire, percepire la rivelazione dell’Al-

tissimo e la spinge all’ele-vazione; la bellezza come appagamen-to, perché in essa intuisce l’Assoluto ed è assoluta ar-monia. Poi, l’umiltà

che l’asseconda nell’apprezza-re il valore delle piccole cose, nella cui semplicità è possibile esistere con la pacatezza pro-pria degli animi ricchi di grande virtù.Perciò, è evidente l’affinità con la luna, specchio della sua ani-ma, sinonimo di riservatezza. La luna, spesso chiamata è il suo io. Ad essa parla sovente ed essa, distante e silenziosa, l’ascolta e la segue nel suo iti-nerario esistenziale e lirico. Però, il vero protagonista dell’intera raccolta è il “magico, divino”, come lo definisce, si-lenzio, che ha un significato profondo e du-plice. Questo è da considerare primo un luogo metafisico, un Eden agogna-to, recesso e momento insieme di emozioni, sentimenti, stati d’animo essen-ziale, propizio, in quanto per-mette alla poetessa di cogliere la vera essenza delle piccole cose e di avvicinarsi a Dio. Se-condo, è convinzione profonda che sia Entità soprannaturale, immanente nel mondo, quindi il Creatore stesso, (natura natu-rans), che si percepisce con la meditazione, preghiera questa ed ardente anelito.Non è, perciò, afonia, bensì armonia eccelsa che invita a confondersi con le piccole cose nel punto in cui le rivela ed al-lontana, quindi, dalla terrenità, dall’attaccamento a ciò che è mutevole e caduco.

Infatti, nei versi non ci sono passioni, toni forti, contrasti,

perché non c’è la società, solo la comunità. Non rimpianto, perché non c’è memoria.Tutto è attesa e speranza. Se il protago-

nista, come detto, è il Silenzio, flusso della sua anima ed essen-za divina, il motivo dominante comunque è la poesia. Dice: “un ramo d’alloro bussa alla mia finestra e non sono più sola” è certo questa l’antidoto alla so-litudine consolatrice, rivelatrice di quelle verità, che la poetessa ama osservare ed in cui soave-mente s’annulla. Nella poesia, intesa come una plaga luminosa e serena, pone le piccole cose, dialogando qua-si con esse. la poesia è, infine, l’unica pura voce del protagoni-sta, cioè del silenzio. Per concludere, la profonda religiosità, che domina tutta l’opera ed avvalora il contesto

unicamente psicologico e spi-rituale, definisce il messaggio sublime che si coglie facilmente nei versi che seguono. Nell’ulti-ma lirica dice: “Io amo la vita, io amo la morte che mi conduce alla vita” non certo per attaccamento alle cose terrene, ma per la speran-za alimentata dalla fede di una ricompensa finale.A questo invito si potrebbe fare seguire l’esortazione a “parte-cipare alla festa della natura fin dal primo risveglio”, che tro-viamo in un’altra come fa lei, non mai indifferente a tutto ciò che la natura offre: la pioggia, i fiori, le stagioni; attenta alla vita che ritorna come palinge-nesi quando primavera fiorisce. Un invito ad amare ed un’esor-tazione a gioire dunque, ecco cosa meravigliosamente sugge-risce.Ora che non c’è, per quelle mi-steriose doti proprie degli uma-ni, a questa diuturna festa che è vita, potremmo vedere Pina De Maria grande fra le piccole cose e fra noi.

Per esse ed in esse la De Maria vive. Questo univer-so, poco appariscente, quasi celato, è in realtà il suo mi-crocosmo, dove, per natura schiva, ama nascondersi...

Nella poesia, intesa come una plaga luminosa e se-rena, pone le piccole cose, dialogando quasi con esse.

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

Citolena (urdiPili) di Saverio Petitto

Berluponi

Solo un po’di… protezionechiede, ammicca e fa il guascone,

Berluponi, è uomo forte,sempre tanto ama l’eSCOrte,le sue brame non son morte

e confida in buona sortese di notte non ha dubbinel chiamare la sua Tuby.Se stavolta resta indennee non lascia ci le penne,la ragazza è maggiorenne

ed è tempo ormai di strenne,fa regali, …più di trenta,lui di poco si accontenta,

vuole in cambio dei suoi sghei,con ragazze e mai con gay, senza farla tanto lunga…

solo un po’ di bunga-bunga!!

Giuseppe Cricrì

Silvio è italico marpione,nell’alcova poi è campione,

del latino amore è figlio,

Presidente del…Coniglio

le scorte...

Un Papà risentito Maurizio C., quella mattina si trovava in Piazza I° Maggio, quando si sentì chiamare dal suo amico Ciccio che lo invitò a prendere un caffè, chieden-

dogli poi, di accompagnarlo fino alla scuola elementare del centro, perché convocato dall’insegnante di suo figlio. i due, dopo aver fatto colazione, si avviarono verso la scuola. una volta dentro, ciccio informò il bidello che li condusse fino all’aula. la maestra, avvertita, uscì davanti alla porta e, ini-ziò il breve colloquio, con maurizio presente lì ad ascoltare: “Allora, mi dica – disse il papà – è successo qualcosa? Perché mi ha mandato a chiamare? “ “Guardi signor..Ciccio – rispose la maestra - Suo figlio è troppo movimentato, disturba, litiga spesso con i compagni e di studiare non ne vuole sapere. Devo aggiungere che è anche scostumato.” Ah no! Chistu no vu permettu – rispose Ciccio infuocato – Se le mi dice che il bambino è movimentato, che disturba e non studia, posso essere d’accordo; ma per quanto riguarda l’educazione da me famigghja, ‘nda ponnu tutti suc….ri”.

Rocco Cadile

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18Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

Cultura e folKlore

Esiste un popolo senza sto-ria? Certamente no. Come

disse Cicerone “Historia magistra vitae”, il decadimento dell’uomo moderno consiste nel non avere più memoria del proprio pas-sato; la perdita della memoria delle proprie origini rappresenta per l’uomo la perdita di una par-te di sé stesso. Bisogna ricreare un dialogo tra vecchio e nuovo, tra passato e futuro, tra con-servazione e innovazione. Oggi è proprio questo senso del pas-sato che sta lentamente scom-parendo nella vita degli uomini e dei popoli. Un passato che ci ha tramandato un patrimonio storico, artistico, culturale che rappresenta una delle risorse più importanti ed invidiate che l’Italia possiede da millenni, ma che né le istituzioni né gli italiani sembrano rendersene conto. Un patrimonio che rappresenta una delle ragioni di attrazione delle nostra penisola, quella che più di ogni altra contribuisce a co-stituirne il carattere, lo spirito, l’anima per chi è italiano e per chi non lo è. Abbiamo ereditato un mondo antico che abbiamo la responsabilità di preservare, è in gioco un valore assoluto, univer-sale, l’ unico che condividiamo e di cui ogni paese, ogni generazio-ne debbano considerarsi custodi e depositari e quindi responsabili nei confronti della collettività e delle future generazioni. Il crol-lo avvenuto, in questi giorni, a Pompei o quelli precedenti verificatesi alla Domus Au-rea, alle Mura Aureliane o in tanti altri siti archeo-logici, rappresentano un gravissimo danno al patrimonio artis-tico dell’Italia, ma non solo, noi tutti dob-biamo sen-tirlo come una ver-gogna per l ’ I t a l i a , come sostie-ne il nostro Pre-sidente Napolitano. L’affronto al patrimonio artistico, storico e cultu-rale italiano è sotto i nostri oc-chi; si tratta di un’offesa ad una ricchezza unica, ma anche di un enorme danno materiale: degra-do, incuria, vandalismo, tras-curatezza, burocrazia. Le de-

La tutela del patrimonio storico, artistico e architettonico

IL BEL PAESE CHE… SI SBRICIOLA Lasciarsi conquistare dalla magia dei luoghi e non lasciare che indifferenza e oblio prendano il sopravvento sul nostro passato

di Cettina Angì nunce, le inchieste, gli articoli, portati avanti in tutti questi anni non hanno condotto a nulla; il disinteresse verso il nostro patri-monio fa nascere una seria pre-occupazione sul futuro dei nostri beni archeologici. Non c’è nes-suna cura, nessuna attenzione e tutela verso quelli che possiamo considerare dei veri e propri mu-sei all’aperto. Tra i doveri dello Stato ci sono quelli di provvede-re, con tutti i mezzi e con un im-pegno incondizionato, alla salva-guardia e alla valorizzazione di un immenso patrimonio che ri-chiede interventi di manutenzio-ne ordinaria e straordinaria), con una cura quotidiana, (cosa gra-ve in siti archeologici millenari come Pompei, Ercolano, Tarqui-nia ecc.), con investimenti e una normativa necessaria a tutelare, conservare questa straordinaria eredità. Un Paese che è il primo al mondo per il numero di siti inclusi nella lista dell’UNESCO dei patrimoni dell’umanità (43 su 878). Anche le battaglie che FAI e ITALIA NOSTRA conducono, sono preziose ma, insufficienti. Davanti ai nostri occhi si presen-ta una geografia emozionante e coinvolgente, di un’Italia straor-dinaria ma trascurata, ricca an-che di beni culturali minori ma di grande valore archeologico, artistico e storico, come palazzi, centri storici, musei, chiese, sca-vi archeologici spesso abbando-

nati, sconosciuti che vanno assolutamente restaurati.

Accanto al degrado dei beni culturali vi è

anche una deva-stazione, non

meno rile-vante, del paesaggio,

cui assistia-mo ogni gior-

no e che non possiamo assolu-

tamente sottova-lutare o tantomeno

ignorare. La prima legge per la tutela del

paesaggio in Italia risa-le al 1920 e fu presentata

da Benedetto Croce, allora ministro della Pubblica Istru-

zione del governo Giolitti. Egli affermava: “Il paesaggio altro non è che la rappresentazione materiale e visibile della patria, coi caratteri fisici particolari (…), formati e pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli”. Sui principi di questa legge nel 1939, Bottai promulgò

Il Teatro di Pompei

Scavi archeologici in Calabria

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

Cultura e folKloreLa tutela del patrimonio storico, artistico e architettonico

IL BEL PAESE CHE… SI SBRICIOLA Lasciarsi conquistare dalla magia dei luoghi e non lasciare che indifferenza e oblio prendano il sopravvento sul nostro passato

Quando un popolo non ha più il senso vitale del suo passato, si spegne. La vitalità creatrice è fatta di una riserva di passato. Si diventa creatori anche noi, quando si ha un passato. La giovinezza dei popoli è una ricca vecchiaia.

C. Pavese

la legge sulla “protezione delle bellezze naturali” emanata poco dopo la legge per la tutela del patrimonio culturale. Appren-sione anche per i patrimoni ar-cheologici presenti in Calabria. “Da almeno due anni – denuncia Francesco Prosperetti, diretto-re regionale dei Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria – at-tendiamo da parte del Governo Nazionale l’erogazione dei fon-di Fas. Il nostro augurio che si tratti di un blocco temporaneo, perché le ripercussioni potreb-bero essere gravi nella gestione dei beni calabresi”. I siti esposti a rischi sono nella Locride, per il più grande teatro greco-romano della Calabria; l’area del Parco Archeologico di Monastarace; il teatro greco-romano di Marina di Gioiosa Jonica; il sito di Locri epizefiri e casignana; la colonna di Hera, emblema di Crotone;

l’antica Sybaris; senza dimen-ticare la recente scoperta av-venuta nel nostro paese, di un teatro romano tra i più grandi della Calabria ed altri meravi-gliosi ritrovamenti ancora da ri-portare alla luce, che contribu-iranno, in futuro, alla creazione del Parco Archeologico di Tau-reana, in attesa di nuovi fondi per il completamento dei lavori seguiti in maniera appassionata dal gruppo di volontari dell’As-sociazione S. Fantino. Sono luo-ghi questi che hanno ancora un fascino ed una magia particola-re, luoghi che ci parlano e ci insegnano molto sulla cultura e l’identità di un popolo, ma della loro anima, pare che a noi ita-liani non importi nulla, abituati ormai a considerare la devasta-zione del paesaggio come un pedaggio necessario da pagare alla modernità.

Portale Pieve S.M Assunta - Bolano

Scavi di Cerveteri

Scavi di Tarquinia

Rovine di Pompei

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20Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

Cultura e folKloredi Rocco Liberti

Non costituendo un adeguato riparo dalle incursioni corsare o piratesche le opere di difesa approntate un tempo nell’antico

reame, il vicerè d. Pietro di Toledo, in collaborazione col marchese di cerchiara, d. Fabrizio Pignatelli, ha ideato a metà del ’500 la costru-zione di una serie di torri lungo i litorali maggiormente esposti. Tali manufatti erano affidati a dei torrieri, i quali comunicavano tra di loro con appositi segnali. Dai torrieri dipendevano squadre di cavalla-ri, che dovevano sorvegliare il tratto di marina loro affidato ed avvi-sare del pericolo tempestivamente con un suono di corno o con colpi di archibugio. Gli stessi, una volta informato il torriere, erano impe-gnati poi a recarsi nell’entroterra ed estendere l’allarme alle igna-re popolazioni, per dar loro modo di portarsi agevolmente in zone più sicure. Delle torri costruite tra l’antica Villa Fossae oggi Villa San Giovanni e Gioia Tauro si conoscono quelle di Gioia, Pietrenegre, San Francesco (Palmi) e Capo Rocchi (Bagnara). Di queste strutture la maggior parte è andata perduta in seguito a vari eventi ed oggi restano in discreto stato di conservazione solo quelle di Pietrenegre e di Capo Rocchi. I bagnaresi chiamano erroneamente quest’ultima torre di re Ruggero.

«La torre di Pietrenegre – scriveva il De Salvo sul finire del seco-lo scorso – ancora in buono stato, ha ventidue metri di circonferen-za alla base, quindici metri d’altezza, ha la porta di entrata di sei o sette metri dal suolo ed è sormontata in giro da feritoie». In essa lo storico palmese ha visto segnata a graffio sull’intonaco una data: 1565 e crede ch’essa debba rappresentare la data di costruzione del-la stessa, un giudizio alquanto plausibile dopo quanto si è detto so-pra. La torre si trova su di un ciglione che sovrasta l’odierno abita-to di Pietrenere ed è inglobata nel territorio di quella che un tempo è stata la gloriosa Tauriana distrutta nel x secolo dai pirati. Oggi proprio accanto ad essa, grazie all’impegno del comune e della so-vrintendenza archeologica, stanno venendo alla luce i poderosi resti dell’antica città.

nel 1707 risultava torriero della torre di Pietrenere il caporale Gio-vanni moretto, mentre 40 anni dopo, nel 1747 era «Capitano proprie-tario della Reggia Torre delle Pietre Negre in giursdizione della Città di Seminara» a lui pervenuta per acquisto dalla regia corte con facol-tà di farsi sostituire da persona di sua fiducia, Bruno ubaldo di Palmi. Questi, in un atto notarile del 2 novembre del medesimo anno, di-chiarava che «non potendo presentemente invigilare, e personalmen-te assistere alla guardia, e custodia di detta Reggia Torre conforme à osservato, e pratticato per il passato, stante il morbo apoplettico, che attualmente patisce, però in virtù di detta potestà, che tiene a poter sostituire per non restare essa torre senza la dovuta assisten-za, in pregiudicio di sua Real Maestà», era venuto alla determinazio-ne di nominare «Gioanne Cannizzaro di Seminara, persona abbile, in-tegro, puntuale e bene inteso nonche prattica in tale servizio … col godimento di tutti lucri, ed emolumenti, e sodisfazzione di tutti pesi soliti pratticarsi in simili capitani sustituti».

L’altra torre del territorio gravitante su Palmi, quella denominata San Francesco e oggi non più esistente, era ubicata nelle immediate adiacenze della città e, con tutta probabilità, nel luogo noto come ‘a turri (la torre), sulla strada che conduce alla Marinella. Il Valen-te, forse ingannato dalla presenza sulla spiaggia di Pietrenere di altro antico manufatto a forma quadrangolare e con robuste basi e igno-rando l’esistenza del toponimo la torre riferito ad altra località, de-nomina quello torre di Pietrenegre e l’altro, di contrada San Fantino, torre di S. Francesco.

(Bibl. e doc.: G. valente, Le torri costiere della Calabria; A. De Sal-vo, Ricerche e studi storici intorno a Palmi, Seminara e Gioia Tauro; Sez. Arch. St. Palmi, atti nr. Bruno De Condina).

Torri cosTiere cinquecenTesche nel liTorale di Palmi

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

Cultura e folKlore

di Giuseppe Pisano

Ancora oggi si parla molto poco del ruolo che la Cala-

bria ha avuto rispetto alle vicen-de legate alla scoperta dell’Ame-rica e alla figura di cristoforo co-lombo. Apporti importanti, molti dei quali sconosciuti, offerti da marinai, personaggi misteriosi, con ogni probabilità uomini di chiesa e santi calabresi. E’ pro-vabile documentalmente sia la presenza nel primo viaggio di Colombo che portò alla scoperta del Nuovo continente, del mari-naio calabrese Anton Calabrès, sia la partecipazione ad uno o più viaggi, non escluso il primo di scoperta, di Angelo Manetti proveniente dal paese di Aiello.

Di Calabrès possiamo dire che era imbarcato assieme a soli 25 uomini sulla “Pinta”, la caravella che avvisterà per prima la chi-merica Terra. Non è ancora stato stabilito con certezza il paese di origine del marinaio calabrese di Colombo, probabilmente era di Amantea, anche se vi è anche un’ipotesi che indica Calabrès di Seminara, “lo stesso luogo da dove proveniva Giovanni Cala-brese, luogotenente di CarloV. A tale riguardo bisogna aggiungere che sempre nello stesso centro della Piana di Gioia Tauro si ri-troverà successivamente anche il Manetti, in quanto risulta da un documento del ‘700, scritto dall’abate umbro Cesare Orlan-di, che “si ritrovò alla battaglia di Seminara con il gran Capita-no” Consalvo da Cordova, che comandava la cavalleria contro i francesi. Calabrès è un perso-naggio affascinante che merita un’accurata indagine archivisti-ca che potrebbe rivelarci notizie precise sui suoi precedenti viag-gi di mare, sulle origini, sulla fa-miglia, su eventuali discendenti e altre sorprese ancora. Secondo

lA cAlABriA e lA scoPertA dell’AmericAForse proveniente da Seminara un componente dell’equipaggio della Pinta

gli ultimi studi effettuati sui componenti degli equipaggi del primo viaggio di Colombo sono stati individuati appena 4 uomini con precedenti pe-nali sui 90 complessivi e tra questi non compare il nome di Calabrès. Potrebbe quindi darsi che questo nostro con-terraneo fosse un esperto ma-rinaio voluto da Colombo.

Per quanto riguarda Ange-lo Manetti possiamo dire che partecipò a uno dei viaggi dell’Ammiraglio genovese, non escluso il primo, “allo scopri-mento dell’Indie Occidenta-li”, per citare alla lettera ciò che viene riportato sul tomo dell’Orlandi. Questo nostro importantissimo conterraneo sembra proprio caduto total-mente nel dimenticatoio. Ep-pure oggi che viene rivalutata la figura di papa innocenzo viii, Giovanni Battista Cybo considera-to dal grande colombista Ruggero marino il vero artefice del viaggio di Cristoforo Colombo, credo nes-suno abbia mai colto l’importan-za che la famiglia del Manetti fu sempre legata alla famiglia Cybo, quella famiglia che nel XVI se-colo acquisterà proprio la contea di Aiello. Come attesta inequivo-cabilmente il testo dell’Orlandi, possiamo dire nessun altro uomo al mondo prima del calabrese Manetti risulta avere intrapreso esplorazioni geografiche tanto estese: dalle cosiddette indie Orientali (aggirando quasi tutto il continente africano) a quelle Oc-cidentali (attraversando l’oceano Atlantico) e per giunta insieme ai grandi esploratori della terra come Cristoforo Colombo e Va-sco da Gama.

Inoltre, non si può trascura-re affatto l’idea di un probabile apporto dato da altri due grandi calabresi: il contemporaneo San Francesco da Paola e Gioachino da Fiore.

Del Santo di Paola non bisogna guardare tanto ai suoi prodigi

compiuti sul mare e spesso in fa-vore dei naviganti che in taluni casi sembrerebbero essere segni premonitori come, ad esempio, il miracolo dell’attraversamento delle acque sul suo mantello dal-la terraferma all’isola di Sicilia, ma bisognerebbe invece meglio capire perché Pio Xii nel 1943 proclama al mondo San Fran-cesco da Paola quale “Patrono della gente di mare italiana”; perché fu costruita la basilica in onore del Santo a Genova vi-sto che sussistono ancora molti dubbi persino sul suo passaggio in quella città; qual è il significa-to degli incontri tra Francesco e papa Sisto iv, il pontefice che si era sforzato di unire i potentati cristiani di tutta l’Europa contro il pericolo musulmano; quale fu il vero ruolo dei Minimi in Spa-gna durante l’assedio di Mala-ga del 1487 e nel periodo della presa di Granata, terminata nel gennaio 1492, visto che per il loro contributo offerto per la espulsione definitiva dei musul-mani dalla penisola iberica da allora in Spagna furono indicati col nome di Frates de Victoria. E non si dimentichi che Bernardo

Boyl - il padre eremita benedet-tino che risulta avere incontrato più volte il Santo che gli risvegliò il desiderio di vita più umile e penitente e che indosserà il saio dell’ordine di San Francesco di Paola - seguirà Cristoforo Colom-bo nel suo secondo viaggio ver-so il Nuovo Mondo come primo missionario in quelle terre, con poteri di vicario apostolico.

Per quanto riguarda Gioacchi-no da Fiore, Paolo Emilio Taviani, uno dei massimi studiosi a livello mondiale di Colombo, disse che forse il vero movente che spin-se Colombo ad affrontare questo difficilissimo viaggio fu la pro-spettiva mistica di essere pro-tagonista d’una missione prov-videnziale e tutto ciò s’inquadra nella concezione del mondo derivata dall’abate calabrese, dalla quale Colombo, come tanti francescani del suo tempo, era più o meno consapevolmente influenzato e condizionato. Del resto lo stesso Colombo nel suo “Libro delle profezie” afferma che “Gioacchino da Fiore disse che doveva venire dalla Spagna colui che doveva riedificare il monte Sion”.

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22Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

si diCe Che...

MADRETERRA Palmi & Dintorni

REGISTRAZIONE AL TRIB. DI PALMI Nr. 1 / 2010Anno 1 - Numero 11 - Novembre 2010

Direttore respons.: Francesco Massara

Coadiuvatori: Paolo Ventrice Andrea OrtusoCollaboratori di REDAZIONE lucia ortusoSaverio PetittoCettina AngìGiovanni BruzzeseNella CannataGiuseppe CricrìWalter CricrìSalvatore De FranciaDario GallettaClaudia Garganolaura GiustiTeresa laganà

Editore: Associazione Culturale MadreterrraSede Palmi - Via ss.18 km 485.30P.i. 02604200804Cod. Fisc. 91016680802Tel./Fax - 0966 1945480 - 0966 1940380Mobile - Paolo Ventrice 335 6996255Mobile - Andrea ortuso 333 4894882e-mail: [email protected]

Progetto Grafico: A.ortuso - W. Cricrì - P. Ventrice

Impaginazione grafica: Paolo Ventrice

Progetto e cura sito web:De Francia S.- Galletta D. - ortuso l.

Stampa: Tipografia BalzamàVia S. Giorgio 82 - Palmi - RC - Tel_0966420567

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Provincia di Reggio Calabriamaltempo: istituita unita’ di crisi

per fronteggiare l’emergenza

- reggio calabria 3 novembre 2010 -

La provincia di Reggio Calabria ha istituito una propria unità di crisi per fronteggiare i danni del maltempo di ieri. Del tavolo

operativo, assieme al Presidente avv. Giuseppe Morabito fanno par-te, il direttore generale dell’Ente, dr.ssa Elisabetta Madaffari, gli assessori, all’Ambiente, Giuseppe Neri ed alla Viabilità Mimmo Bat-taglia; l’ing. Domenico Italo Cuzzola, responsabile “difesa del suolo e ambiente”, l’ing. Domenica Catalfamo, dirigente del settore via-bilità, l’ing. Francesco Lamberti, funzionario dello stesso settore. Nel corso della riunione si è fatto il punto dei danni presenti sulla

viabilità provinciale, sulla quale fin dalle prime ore dell’emergenza stanno operando squadre di tecnici della provincia. La situazione così come si è prospettata è gravissima. Per questo motivo è stata chiesta l’istituzione immediata di un tavolo di concertazione con Prefettura di Reggio Calabria, Protezione Civile e regione calabria. la provincia di reggio, nel limite delle proprie dotazioni finanziarie sta operando al massimo delle proprie possibilità ed ha risposto prontamente in occasione degli altrettanto eccezionali eventi alluvionali che hanno colpito la provincia, sia nel dicembre 2008 che nel gennaio 2009 con una spesa di oltre 20 mln di €. Somme che la provincia ha anticipato, rispetto a erogazioni promesse da Protezione civile e regione calabria finora rimaste tali. occorre, inoltre precisare, che per le competenze delegate dalle regione per la manutenzione delle aste fluviali e delle coste, questa amministrazione è sempre in attesa dei relativi trasferimenti finanziari. Tuttavia, nulla è stato lasciato al caso. Squadre di tecnici, stan-no operando da ore e per l’intera nottata, in diversi punti del territorio provinciale. “Abbiamo esaurito le già scarse risorse di cui disponevamo – ha dichiarato il presdiente Morabito – trovandoci alla fine dell’anno finanziario dell’Ente. Tuttavia, come sempre non ci siamo tirati indietro. A questo punto, però serve un tavolo di concertazione nel quale concordare una nuova politica di confronto tra Enti ed istituzioni. Se ne-cessario – ha concluso il Presidente Morabito – siamo pronti a rimodulare il Piano di intervento delle opere pubbliche ed utilizzare l’avanzo di amministrazione di cui disponiamo”.

“Una finestra aperta sul mondo”: così si potreb-

be definire il liceo c. Alvaro, che da anni coinvolge gli studenti in attività che vanno oltre le mura scolastiche ed i confini naziona-li. Basti pensare alle esperien-ze di stage linguistici, di stage aziendali non solo sul territorio nazionale ma anche in Europa, agli scambi culturali con classi di altri paesi europei, alla for-mazione di singoli studenti pres-so scuole americane e alla pre-senza di studenti stranieri tra gli alunni dell’istituto (dalla Germa-nia, dall’Austria, dalla Tailandia e dal Belgio). Anche nel corrente anno scolastico l’attività non si ferma: viaggi in Spagna e Fran-cia con corsi di lingua, scam-bio di classe con una scuola di Stoccarda, una spagnola ed una francese; frequenza all’estero per un anno presso una scuola americana dello studente Fran-cesco Barone, che segue l’esem-pio di carmelo zinnato, che lo ha preceduto l’anno scorso. Inoltre stanno per essere avviati i pro-getti Pon 2007/2013, cofinan-ziati dalla Comunità Europea, che consentiranno agli studenti non solo di potenziare le com-petenze di base, ma di essere coinvolti in attività laboratoria-li e raggiungere elevati livelli di apprendimento. Oltre ai corsi di matematica ed informatica sono previsti un corso di scienze per la promozione delle eccellenze,

LA SFIDA EUROPEA DEL LICEO“CORRADO ALVARO” DI PALMI

un’attività di simulazione di im-presa con tirocinio aziendale ed un corso di inglese di livello B2, pre-requisito per realizzare l’an-no prossimo lo stage in Scozia ed Inghilterra. Il Liceo “Alvaro” è una delle poche scuole nella Pia-na che da anni offre agli studenti non solo percorsi tecnico-pratici, ma anche corsi di formazione che richiedono notevole impegno e carica motivazionale, per otte-nere risultati spendibili anche nel mondo del lavoro. Un’ultima soddisfazione, comunicata di re-cente, è che il progetto di Alter-nanza Scuola-Lavoro “Un patri-monio da vivere”, svolto a Malta in collaborazione con la Camera di Commercio di Reggio Calabria e la Camera di Commercio Italia-na a Malta , è stato individuato quale esperienza di “eccellenza” su tutto il territorio naziona-le, unico per le caratteri-stiche di internaziona-lità e di innovazione. Gli allievi hanno ef-fettuato un’espe-rienza di stage e realizzato una fiera di promo-zione turistica sulla Calabria, perfezionando le proprie com-petenze lingui-stiche e le ca-pacità di dialogo interculturale. Solo gli Istituti di due città, Palmi e Siena, presenteran-no con un video que-sta esperienza di stage

in contesti internazionali al Con-vegno del Ministero dell’istruzio-ne sull’Alternanza Scuola – Lavo-ro, che si svolgerà in seno alla Fiera sull’Orientamento di Ve-rona - JOB ORIENTA, dando vi-sibilità all’impegno progettua-le innovativo e sperimentale del Liceo, volto alla formazione di studenti preparati ad interagire in ambienti internazionali in li-nea con la domanda di compe-tenze espressa dalle imprese.

Il Dirigente scolastico prof. Francesco Bagalà, stimola e so-stiene tutte queste iniziative, che si possono concretizzare grazie a un gruppo di docen-ti seriamente impegnato nel-la professione e a studenti vi-vaci, desiderosi di apprendere e di aprire i propri orizzonti.

di Francesco Bagalà

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

saPeri & saPori di Walter Cricrì

Superarsi è un’im-

presa assai ardua, gli orga-

nizzatori della V° Rassegna del “Sud Italia di Cu-cina, Pasticceria

e Sculture Artisti-che”, abbinata al III° Trofeo “Co-sta Viola” (riservato alle Scuole Alberghiere), ci sono riusciti!

La Manifestazione si è svolta l’8 novembre scorso presso il distinto Grand Hotel “Stella Maris” di Palmi. Protagonisti della kermesse oltre 150 chef partecipanti, che, come accade in un gioco pirotecnico, ogni fuoco esploso è una sorpresa per tutti; tranne che per i “fuochisti”: gli chef Giuseppe Sgrò e Rocco Sgrò. Veri maestri, non solo nell’arte cu-linaria, ma anche nelle capacità organizzative e progettuali, nel campo gastronomico. Da eccellen-ti “Padroni di Casa”, hanno in più occasioni dovuto supplire anche le carenze di rappresentanza Istitu-zionale, che il caso richiedeva.

Hanno gestito, con professio-nalità ma anche con l’umiltà che li contraddistingue, il coinvolgen-te dipanarsi del ricco programma della Manifestazione, articolato nelle tre Categorie dei Professio-nisti ed il Trofeo a squadre a cui hanno partecipato gli allievi di ben 11 Scuole Alberghiere.

In conseguenza dello sciamare operoso della moltitudine di ber-rette bianche all’opera, la grande sala d’esposizione si è progressiva-mente tramutata in una sbalorditi-va galleria d’arte culinaria, gene-rata dall’estro creativo e dall’abi-lità tecnica di cuochi, pasticceri e scultori che, di anno in anno, si mostrano sempre più stupefa-centi. La cucina ha così trasceso l’ordinario giudizio degustativo, per operare una mirabile sintesi di culture, influenze, tradizioni, innovazioni, alla ricerca di un pia-cere puramente intellettuale.

Composti in verosimili piatti monoporzione da ristorazione, i semplici ingredienti impiegati nei piatti nelle categorie di Cu-cina e Pasticceria hanno svilup-pato articolati concetti, allegorie

di gusto, quasi nuove dimensioni estetiche. Ciò si e’ dimostrato an-cor più evidente nel campo delle Sculture Artistiche, ove il confine con l’arte, comunemente intesa, è sembrato davvero molto sottile, se non riducibile alla natura effi-mera di opere necessariamente realizzate con materiali edibili, quali il ghiaccio, la margarina, la mollica di pane ecc. Per rendere merito alla qualità dei numerosi elaborati in gara, gli organizzatori hanno riproposto anche quest’an-no l’attribuzione di premi specia-li, assegnati in tutte le categorie da parte di un’apposita giuria: un premio per la “Valorizzazione del territorio”, destinato a cele-brare i piatti in cui maggiormente si fossero esaltati alcuni prodotti tipici, ormai universalmente rico-nosciuti come preziosa risorsa da valorizzare, e un premio specia-le “effetto artistico” volto a dar risalto alle proposte più originali ed innovative. In uno straordinario contesto di eccellenza, non è stato facile decretare i vincitori nean-che per una Giuria, composta da esperti di caratura internazionale, presieduta da luigi Ugolini, Presi-dente Nazionale dell’Associazio-ne Professionale Cuochi Italiani, Joseph Vella, noto giurato inter-nazionale e guida del nutrito Team chefmalta (giunto a Palmi con 20 partecipanti), il Maestro antonio del Sole Presidente dell’Unione Cuochi Campania, lo chef Sergio Ferrarini, dirigente del notissimo marchio Orogel, i Maestri Scultori maurizio Urso e antonio de lo-renzis, il Maestro di Cucina cala-brese Salvatore Pasqua.

Quando finalmente, dopo le operazioni di giuria, l’esposizioni delle Opere culinarie si è aperta al numeroso pubblico, ormai da tempo assiepato in attesa davanti alle porte, la meraviglia suscitata nei non addetti ai lavori è stata ancora più tangibile, caratterizza-ta da un trionfo di flash ed esta-siate esclamazioni.

Con la Cena di Gala, la Rasse-gna ha raggiunto il suo culmine, grazie ad alcune sorprese, tenute in serbo dagli organizzatori per stemperare l’attesa febbrile dei

nomi dei vincitori. Nel corso del-la serata condotta da rocco Sgrò, tra una portata e l’altra e con un coinvolgente sottofondo di musica popolare sono stati consegnati i doverosi riconoscimenti agli enti ed alle aziende che hanno soste-nuto l’iniziativa. Prima delle pre-miazioni un personaggio storico della musica e dello spettacolo ca-labrese ha strappato a più riprese scroscianti applausi, il mitico Otel-lo Profazio che ha offerto una me-morabile esibizione in vernacolo.

Si è svolto con particolare atte-sa e soddisfazione il rito delle pre-miazioni nelle varie categorie (si rimanda al sito www.sgroppino.al-tervista.org per maggiori dettagli).

La mattina successiva, 9 no-vembre, sono continuati i lavori con il Maestro Antonio De Loren-zis che ha curato un seguitissimo “Corso di Tecnica d’Intaglio per la realizzazione di Sculture Arti-stiche”, offrendo così una novità assoluta nel panorama della for-mazione professionale calabrese.

Se ciò è stato possibile, citando le parole dello chef Giuseppe Sgrò, <<è stato soprattutto per merito dei veri protagonisti di ogni Rasse-gna: cuochi, pasticceri e scultori dell’Apci che, riconoscendo, nella Rassegna che si svolge in Calabria il palcoscenico ideale, per sfoggia-re le proprie doti, accorrono pun-tualmente numerosi sulle ali della passione che nutrono per il pro-prio lavoro; senza il loro entusia-smo, che ripaga gli organizzatori di ogni fatica, nessun concorso di cucina avrebbe senso>>.

La Manifestazione non è stata soltanto un’appassionante com-petizione fra professionisti del settore, ma anche una prestigiosa ed esclusiva occasione espositiva per tutte le eccellenze dell’eno-gastronomia regionale, la quale dovrebbe costituire una risorsa culturale ed economica da difen-dere e promuovere, azioni ,che in un simile evento, fortemente caratterizzato da competenza e professionalità, dovrebbero trova-re un contesto più favorevole.

Una manifestazione che ha rac-colto consensi da tutte le parti. Una manifestazione che ha visto

la nostra Cittadina protagonista, per due giornate, nell’opera di va-lorizzazione delle più genuine tra-dizioni locali; anche la ricettività alberghiera del circondario è stata coinvolta e ne ha beneficiato. Tan-te sono state le autorità locali invi-tate ed altrettanti gli operatori che avrebbero potuto prendere spunto dalla manifestazione o allacciare contatti con le realtà convenute. Nel partecipare, un unico rammari-co: ancora una volta, nemo profeta in patria. Avrebbero dovuto essere partecipe, come attori principa-li, gli assessorati alle attività pro-duttive e al turismo di tutta l’area della Costa Viola, ma solo qualcu-no, meno miope, ha pensato bene di rendere omaggio a chi come un motore attende il suo volano.

A Palmi un esempio di Eccellenza Gastronomica, un motore senza volano

in Calabria l’alta cucina esprime le potenzialità di un territorio 5a Rassegna sud Italia di cucina, pasticceria e sculture artistiche, 3° Trofeo “Costa Viola” riservato alle scuole alberghiere - 8-9/11/2010 – Grand Hotel “Stella Maris”.

chef Pino sgrò

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24Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

saPeri & saPori di Walter Cricrì

la raccomandazione è d’obbligo: scegliamo cibo di stagione!Riscoprire il piacere di consumare cibi stagionali non è solo il piacere di scandire le stagioni assaporando i frutti che le caratterizzano.

Le specie vegetali ci offrono la cosa giusta al momento giusto, rinfrescan-doci in estate e scaldandoci in inverno. I prodotti stagionali apportano la giusta dose di calorie in relazione al clima, così come i principi nutritivi adatti ad affrontare la stagione in corso, aiutandoci a prevenire i ma-lanni tipici dei mesi freddi e idratan-do il corpo nei mesi caldi.

La frequente abitudine di consuma-re primizie e verdure che non abbiano ancora completato il loro ciclo di matu-razione, sottopone l’organismo all’as-sorbimento di una quantità massiccia di nitrati, un elemento solitamente transitorio nei vegetali di stagione, ma che non riesce ad essere eliminato in quelli coltivati forzatamente. E i ni-trati nell’organismo si trasformano in sostanze tossiche, i nitriti.

consumare cibi di stagione significa anche non dover assumere alimenti la cui maturazione sia avvenuta artificial-mente o che, per arrivare tutto l’anno sulle nostre tavole, siano trattati in modo massiccio con prodotti fitosanitari.

È noto come il commercio di materiale di propagazione

e ancor più quello di piante or-namentali, possa costituire un importante mezzo di diffusione di organismi associati alle piante i quali, in questo modo, possono essere trasportati da un paese all’altro, anche al di fuori del loro areale di distribuzione ori-ginario. Agli intensi e complessi scambi commerciali che inter-corrono tra i paesi produttori di piante ornamentali si deve anche la comparsa in Italia di Rhyncho-phorus ferrugineus Olivier. Qual-che anno fa un caso di declino fulmineo ha colpito alcune delle nostre palme che ornavano la piazza Amendola, corollario del-la simbolica fontana, appunto, delle palme. Allora molti dubbi circolarono attorno alla repen-tina morte degli esemplari; ma a quanto pare ci trovavamo di fronte ad una (allora) sconosciu-ta emergenza che oggi identi-fichiamo nel “Punteruolo rosso della Palma” (Rhynchophorus ferrugineus). Il coleottero cur-culionide, soprattutto allo stadio di larva, attacca voracemente le parti tenere della corona delle palme, soprattutto delle specie Cocos nucifera, P. dactylifera, P. silvestris, Phoenix canarien-sis, presenti in tutto il territorio Nazionale. Tanto da interessare, nelle ultime settimane, anche la

popolare trasmissione “Striscia la Notizia” che ha dedicato più servizi in merito, alla ricerca della soluzione di lotta più eco-nomica, efficace e rispettosa dell’ambiente.

I sintomi riscontrati sono ini-zialmente a carico delle foglie apicali: vista in lontananza la palma mostra asimmetrie della cima. Successivamente l’intera cima si piega, afflosciandosi su se stessa e la pianta sembra, a distanza, come capitozzata. Da vicino la cima appare fortemen-te danneggiata ed in avanzato stato di marcescenza. In segui-to, all’avanzare dell’attività di nutrizione delle larve, l’intera chioma apparirà con tutte le foglie ripiegate verso il basso. Le palme in questo stadio d’in-festazione sono già irrimedia-bilmente compromesse. A terra si possono rinvenire foglie con la base interessata da gallerie e rosure, provocate dalle larve del punteruolo, nonché bozzo-li, della lunghezza di 4-5 cm e dall’aspetto di piccole noci di

cocco, e infine adulti.

Come fronteggiare il Nemico?La lotta al Punteruolo rosso

delle Palme è obbligatoria su tutto il territorio nazionale ed è regolamentata dal D.M. 09 no-vembre 2007.

Anche i proprietari di giardini privati hanno l’obbligo di abbattere e distruggere le piante infettate.

le più efficaci misure di con-trollo sono preventive: l’elevata aggressività di questo fitofago rende aleatorio l’intervento cura-tivo su piante sintomatiche.

Dopo la potatura delle foglie, i rami rimasti sulla palma hanno un alto tasso di umidità il che fa-vorisce la diffusione di muffe e batteri che emanano molecole ol-fattive attirando il punteruolo ros-so. Individuata una palma idonea, i maschi rilasciano un feromone di aggregazione (non un feromo-ne sessuale) capace di richiamare molti individui, al fine di favorire il successo riproduttivo, amplifi-cando la capacità distruttiva.

Il precoce rinvenimento di un at-tacco di punteruolo in vivaio, giardi-no domestico, area verde o parco, quando ancora il sintomo è iniziale (asimmetrie a carico della cima), può essere utile nel tentativo di isolare il fenomeno e circoscrivere il problema, attraverso l’immediata eliminazione dell’esemplare colpi-to. Le piante che presentano sin-tomi anche iniziali di infestazione vanno immediatamente estirpate e incenerite con tutto il materiale di risulta. Quelle contigue vanno sottoposte a misure di profilassi effettuando ripetuti trattamenti lo-calizzati con insetticidi e fungicidi, avendo cura di bagnare a fondo la parte interna della corona apicale (impiego di ugelli a bassa pressione). Sono state realizzate anche macchi-ne con braccio semovente, portanti in testata una sorta di “ciambella” che, utilizzando una tecnologia a micro-onde, porta al surriscalda-mento delle zone trattate ed alla conseguente “cottura dell’insetto”.

Tra i mezzi chimici, sono stati

impiegati soprattutto esteri fo-sforici e carbammati distribuiti in diversa maniera: trattamento dei tagli di potatura, dei tronchi, inie-zioni ai tronchi o intervento a tutta chioma. La tecnica degli “Interven-ti Fitosanitari Endoterapici” è stata particolarmente sviluppata in anni più recenti nei paesi del medio oriente, dove è stata applicata per difendere dal curculionide le pal-me da dattero (Murphy e Briscoe, 1999). Tali interventi effettuati con principi attivi che vengono immes-si nell’albero mediante iniezioni al tronco, senza alcuna dispersione nell’ambiente, risultano molto ef-ficaci se eseguite nell’epoca più adeguata (ripresa vegetativa).

La disponibilità del feromone di aggregazione di R. ferrugineus ha permesso di migliorare il controllo del curculionide, mediante l’im-piego di trappole attivate col fe-romone sintetico ed esche alimen-tari, utilizzabili sia per il monito-raggio sia per la cattura massale (Murphy e Briscoe, 1999).

Riguardo alla possibilità di uti-lizzare nemici naturali del curcu-lionide, non sono state ancora indi-viduate specie che possano essere impiegate efficacemente come bio-pesticidi, tuttavia sono in corso im-portanti ricerche in tale direzione.

La soluzione al momento non sembra essere felice, il metodo mi-gliore per salvare il salvabile è senza dubbio la prevenzione, i trattamenti da applicare alle singole piante co-stano poche decine di euro e vanno ripetuti a cadenza mensile.

Si tratta di una lotta contro il tempo l’insetto si espande velo-cemente ed eliminerà dal nostro panorama le meravigliose piante esotiche che hanno contribuito ad abbellire le nostre piazze ed i nostri litorali. Pertanto si racco-manda di non acquistare palme, e qualsiasi altro tipo di piante, provenienti dall’Egitto.

In conclusione se vogliamo sal-vare almeno qualcuna delle pal-me, ancora sane, della nostra città e dei nostri giardini è necessario che tutti noi prendiamo coscienza del problema “Punteruolo Rosso”. La Pubblica Amministrazione ed i privati cittadini, proprietari di pal-me, devono impegnarsi in prima persona nel controllo, nella cura e se occorre nell’abbattimento degli esemplari infetti, la cronica man-canza di fondi non fa ben sperare che tutto questo possa realizzarsi con aiuti esterni e sembra che il piccolo insetto venuto da Medio Oriente avrà vita facile.

Un Punteruolo rossominaccia il buon nome di Palmi

Grande è il rischio di dover abbattere molti esemplari di palme nella nostra Città e nei comuni della provincia.

Nella nostra Piana un frutto dal

grande Cuore

Il kiwi, nome scientifico Actinidia Chinensis, è una pianta da frutto

originaria della Cina che fu introdotta in Nuova Zelanda all’inizio del secolo scorso: è qua che l’actinidia prese il nome di kiwi per via della somiglian-za con l’omonimo uccello. Alla fine del 1960 il kiwi fu impiantato in italia e, grazie alla massiccia domanda dei consumatori, ben presto le produzioni nazionali raggiunsero dimensioni note-voli, tanto che il nostro paese è diven-tato il maggior produttore mondiale.

In particolare la Calabria, gra-zie al suo clima caldo-umido e ai terreni di medio impasto, consente un rapporto ottimale della pianta con l’ambiente. E’ la regione ita-liana con la maggior produzione di kiwi, in particolar modo nella pro-vincia di Reggio Calabria e, soprat-tutto, nella Piana di gioia tauro.

Il kiwi è un frutto che contiene, oltre a zuccheri semplici, sali mine-rali e fibre, la massima quantità di vitamina C e per questo è partico-larmente attivo nella stimolazione delle difese dell’organismo contro le malattie da raffreddamento. Inol-tre, fornisce un notevole apporto di vitamina PP, di vitamine del gruppo B, come la B1 e la B2, e di minera-li come il calcio, il fosforo, il ma-gnesio, il sodio, ma soprattutto il potassio che svolge un’importante funzione equilibratrice sul cuore.

Il kiwi prodotto nella Piana di gio-ia tauro è considerato tra i migliori al mondo per le spiccate qualità orga-nolettiche, che lo rendono superiore anche a quello neozelandese.

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

saPeri & saPori di Walter Cricrì

Ricordare le tradizioni vicine con uno sguardo a quelle lontaneDolci dei morti, frutta martorana, zucche vuote e “dolcetto o scherzetto”, un unico minimo comune multiplo che lega Ognissanti, Festa dei Morti ed Halloween.

Sono appena passate le festivi-tà dei Morti, ma non tutti co-

noscono il legame con la tradizione di feste che sembrano lontane dal-la nostra cultura (vedi Halloween) e le relative produzioni pasticcere.

Secondo le credenze della tradizione popolare, nella notte tra l’1 e il 2 novembre le anime dei defunti tornano dall’aldilà. Il viaggio che li separa dal mondo dei vivi è lungo e faticoso… Nasce così, per ristorare i propri cari e per renderli benevoli verso i gior-ni che verranno, la tradizione cu-linaria della Festa dei Morti.

i dolci dei morti simboleggia-no i doni che i defunti portano dal cielo e contemporaneamente l’of-ferta di ristoro dei vivi per il loro viaggio. Un modo per esorcizzare la paura dell’ignoto e della morte.

Tanti i prodotti fatti in casa ti-pici della tradizione, che si prepa-rano per l’occasione, come i “Seni della Vergine”, dolci siciliani a for-ma di mammelle ripieni di zuccata al gelsomino; le “Mani”, un pane ad anello con un unico braccio che unisce le due mani; o le calabresi “Dita di Apostolo”, dolci di pasta di mandorle farciti con mar-mellata di cedro che assu-mono la forma delle dita di una mano; e, ancora, i “Cavalli” grandi pani a forma di cavallo, che si cucinano in Val Passiria in Alto Adige, riferimento probabilmente legato alla leggenda di Proserpina.

la frutta martorana, nello spe-cifico, ha una storia relativamente più recente, ma con radici legate al mondo arabo, e di derivazione prettamente siciliana. L’impasto con cui si prepara la “Frutta mar-torana” si chiama “pasta reale” (in dialetto siciliano “pasta rriali”).

L’aggettivo “reale” indicherebbe che questo dolce è degno del pala-to di un re oppure che la pasta re-ale è la “regina” degli impasti per dolci. L’impasto con cui si prepara

la “Frutta martorana” viene anche chiamato “marzapane”.

Il termine “marzapane”deriva secondo alcuni dall’arabo “man-thàban”, secondo altri, dalla parola araba “mauthaban”. Il termine, in origine, veniva utilizzato dagli Arabi per indicare il conte-nitore dove erano riposti dei piccoli pani, prepararti impastando zucchero e mandorle tritate. In seguito, passò ad indi-care la moneta con cui venivano venduti ed acquistati i piccoli pani dolci. Successivamente il termine “marzapane” venne utilizzato per fare riferimento all’unità di misura utilizzata per pesare sia lo zucchero che le mandorle.

nel giugno 1537 carlo v visitò Palermo. Nel giardino della Chiesa di S. Maria dell’Ammiraglio o San Nicolò dei Greci, comunemente chiamata della Martorana, che si affaccia sulla prestigiosa Piazza Bellini di Palermo, vi erano alberi di aranci ma a luglio non essendoci

i frutti, le monache, per far vedere un giardino bello e

ben curato, fecero delle arance di marzapane e le colorarono dando al giardino un effetto più vistoso e bello. In-

ventarono così i frutti di martorana. Il convento aveva

preso nome dalla sua fondatrice, la nobildonna Eloisa Martorana. Da qui l’espressione “frutta di marto-rana”. Dolci, quindi, che all’origine ebbero la forma di arance, poi, man mano conosciuti da tutti, vennero ideate sotto forma di frutta varia e diffusa per imitazione dai pasticce-ri sparsi nell’Isola, appositamente preparati per alcune ricorrenze, in particolare per la commemorazio-ne dei Defunti, occasione per farli trovare ai bambini quale “regalo dei morti”, da loro lasciati durante

la notte. Col tempo, ed a seconda delle tradizioni locali che si anda-vano affermando, ecco che questa pasta assumerà forme diverse, tra

le quali le pecorelle per la Pasqua. Halloween ha origini europee.

Il giorno dedica-to ad “Ogni San-ti” (in inglese All Saints’Day) aveva una denominazione

antica: All hallows’Day. Presso i popoli dell’antichità la ce-lebrazione di “Ogni Santi” iniziava al tramonto del 31 ottobre e per-tanto la sera precedente al 1° No-vembre era chiamata “All Hallows’ eve” (eve significa vigilia), ma an-che “All Hallows’Even” (Even signi-fica sera) che venne abbreviato in Hallows’Even, poi in Hallow-e’en ed infine in halloween.

Due sono le tradizioni che ac-compagnano la notte di Hallowe-en: Trick-or-treat e Jack-o’-lantern

trick-or-treat, il tradizionale “trick-or-treat” - dolcetto o scher-zetto - pare che abbia origine non dai celti ma da una pratica europea del nono secolo d.C. chiamata in in-glese “souling” che potremmo tra-durre in italiano come “elemosinare anima”. Il 2 novembre, Ognissanti, i primi Cristiani vagavano di villag-gio in villaggio elemosinando per un po’ di “pane d’anima” dolce fatto di forma quadra-ta con l’uva passa (come il “pane ra-merino”). Più dolci ricevevano più pre-ghiere promette-vano per i parenti defunti dei dona-tori. A quell’epoca si credeva che i morti rimanessero nel limbo per un certo periodo dopo la morte e che le preghiere, anche fatte da estranei, potessero rendere più veloce il passaggio in paradiso.

Jack-o’-lantern Ma il simbolo di Halloween per

eccellenza è oggi una zucca, in cui viene intagliato un grottesco volto illuminato da una candela posta al suo interno. Tale oggetto trae ori-gine dalla leggenda di un “Ne’er-do-well” (“non ne combino una giusta”) chiamato Stingy Jack, un fannullone e scommettitore dal brutto caratte-raccio, assai dedito all’alcool.

Una sera di Halloween, dopo l’en-nesima sbronza, gli apparve il De-monio intenzionato ad impossessarsi della sua anima da peccatore. Jack gli propose una scommessa: non sa-rebbe più riuscito a scendere da un albero una volta salitoci. Il Diavolo sorrise ed accettò, salendo su un albero lì vicino. Fu allora che Jack incise sulla corteccia una croce, che impediva al Diavolo di saltare giù.

Con la vittoria in pugno, Jack propose al Diavolo un patto: egli avrebbe cancellato la croce, se lui si fosse impegnato a non tentarlo più. Dopo circa un anno, Jack morì. Al suo bussare alle porte del Paradiso venne risposto che non sarebbe po-tuto entrare perché aveva condotto una vita dissoluta piena di peccati. Giunto all’Inferno, anche il Diavolo gli negò il permesso di entrare, per-ché ancora offeso per come era sta-to raggirato dall’uomo. Tuttavia, il Diavolo donò a Jack un tizzone che gli illuminasse la strada nel limbo oscuro. Jack si ingegnò per far du-rare più a lungo quella luce e la ri-pose in una rapa svuotata, ricavan-done così una lanterna. Da allora, nelle notti della vigilia di Ognissanti è possibile scorgere la fiammella di Jack, che vaga alla ricerca della sua strada. Da allora Jack fu sopranno-minato Jack O’Lantern.

Gli irlandesi usavano in origi-ne i cavoli rapa ma, quando nel 1840 arrivarono negli USA, scopri-rono che le rape americane erano piccole, ma an-che che le zucche erano più grosse e più facili da scava-re dei cavoli rapa.

ecco perché a tutt’oggi Jack-o-lantern è una zucca intagliata al cui interno è posata un lumino.

Frutta martoranaingredienti:Per la pasta:1 kg di farina di mandorle, 1 kg di zucchero, 250 g di acqua, ½ bustina di vaniglia.Per colorare:coloranti vegetali per dolci.Per lucidare:gomma arabica alimentare.

Per decorare:chiodi di garofano foglioline, tralci, piccioli…, comprati in appositi negozi.

Preparazione:In una casseruola versare acqua e zucchero, mescolare e fare bolli-re. Togliere dal fuoco non appena lo zucchero “fila”. unire al com-posto la farina di mandorle e la vaniglia, mescolando evitando la formazione di grumi. Amalgamare bene e versare la pasta sul tavolo

da lavoro, precedentemente bagna-to. Una volta intiepidito, inumidir-lo con un po’ d’acqua e lavorarlo a lungo con le mani, finché diventerà liscio, omogeneo e consistenza mor-bida. Lasciarlo riposare per un’oret-ta, coperto. A questo punto la pasta reale è pronta per essere modellata a forma di frutta, ortaggi e qualsiasi altro soggetto nato dalla creatività individuale oppure con dei modelli in immagine stampata, dei quali ri-prendere forma e colore.

I lavori nell’orto Indicazioni pratiche e consigli utili per affrontare i lavori di novembre ed dicembre nell’orto

Il mese di Novembre, con le temperature e le ore di luce che diminui-scono, segna l'inizio del periodo di riposo autunno/invernale. Un buon

“ortista”, tuttavia, spera sempre nell'estate di San Martino per un ritor-no di sole: breve ma gradito.

Per questi mesi, fino a primavera, il nostro orto sarà per noi un vero e proprio frigorifero biologico dove le verdure e i frutti che abbiamo pian-tumato a fine estate si sono sviluppati a dovere. Questo, infatti, è tem-po di cavolo nero, finocchi, porri, verze, cappuccio, spinaci ecc.

Come ormai sappiamo, anche questa fase dell’anno possiamo semina-re o piantare ortaggi da gustarsi in primavera. Come recita un antico adagio: “chi vuole un bell'agliaio lo pianti di gennaio... ma chi se ne in-tende... lo mette di novembre”.

Gli agli si propagano nell'orto tramite la piantagione dei medesimi spicchi che usiamo in cucina: l’unico avvertimento, se possibile, è di usare agli selezionati appositamente per la propagazione.

metteteli a dimora in solchi profondi 10 cm, e distanti fra di essi 20 (cir-ca, siamo ortisti e non geometri!): state bene attenti a rispettare la pola-rità naturale del bulbo, radici a terra e apice vegetativo verso il cielo. In questo modo, potrete consumarli da primavera, quando saranno ancora freschi e verdeggianti, e per tutta la estate quando si saranno essiccati.

La bellezza di possedere è un orto, sta soprattutto nel poter scegliere cosa mangeremo: quindi, perché non facciamo crescere aglio bianco comune vicino ad aglio rosso di Sulmona e a quello rosa siciliano? In un vaso provate a pianta-re vari spicchi di aglio facendo all'esterno una semina di prezzemolo: al centro lasciate il posto per una pianta di peperoncino piccante che metterete in primavera inoltrata! Ottimo mix per una bella pasta all’arrabbiata!

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26Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

mondo sCuola

di Nella Cannata

Senza borsa •

Parliamoci chiaro, chi vive al sud, in provincia o in

città, in un periodo di profonda crisi economica come quello che stiamo attraversando, affronta immani sacrifici per mantenere agli studi i propri figli e garantire loro un futuro migliore, creden-do ancora nel miraggio del fa-moso “pezzo di carta” che, più passa il tempo e più viene svalu-tato. Moltissimi sono i nuclei fa-miliari con redditi sotto i 17000 euro che hanno potuto ricorrere al sostegno di presalari e borse di studio, non solo per l’acquisto di libri e materiale didattico ma anche per l’ affitto di abitazioni, mense e trasporto. Il contributo economico che lo Stato attribu-isce alle famiglie più bisognose, ha rappresentato negli anni, una vera e propria strategia di in-tervento democratico, volto a “ rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che di fatto limitano l’uguaglianza dei citta-dini nell’accesso all’istruzione superiore e a consentire ai capa-ci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi” (art. 34 costi-tuzione). Ebbene, oggi, un pas-saggio della manovra finanziaria voluta dai ministri Tremonti e Gelmini, ha decretato la FINE DELL’ISTITUTO DELLA BORSA DI STUDIO. Si tratta dell’ennesi-mo taglio di fondi alla Scuola e all’università che arriva al 90% dei finanziamenti; l’ammontare in euro delle borse da erogare è passato, infatti, da 246 milioni a 25,7 (praticamente una soppres-sione). ciò significherà, ancora una volta, privilegi e canali di accesso solo per pochi e un ine-vitabile aumento dell’abbandono universitario che ci vede già col-locati al vertice europeo.

Con borsa • la situazione degli edifici

scolastici in Italia è abbastanza

ULTIMISSIME DALLA SCUOLA

Hit parade

Il settimanale inglese “The”ha appena pubblicato la classifica dei migliori atenei del mondo. Tra i primi 200, 72 posti sono

occupati dagli Stati uniti e 89 dall’europa, poi cina, Giappone, Singapore e Corea del sud, ma nessuna Università italiana risulta in classifica. Fino allo scorso anno era presente “la Sapienza”di Roma, oggi nemmeno una. Ricominciamo a gestire in modo corretto fondi e borse di studio per permettere a chi merita di andare avanti, indipendentemente dal reddito familiare o della baronia di appartenenza per diritto di nascita. Vero che negli Stati Uniti le migliori università – poche, davvero poche – costano moltoil governo ha trovato fondi per il funzionamento della riforma universitaria, “una riforma urgente, l’ultima possibilità per fare emergere le nostre università ed evitare la fuga dei cervelli”. E’ il ministro dell’Istruzione, maria Stella gelmini, a tirare le somme sul lavoro svolto negli ultimi mesi respingendo le critiche sui tagli nel suo settore. A margine della prima conferenza nazionale sulla ricerca sanitaria accoglie le indicazioni che arrivano dai ricercatori come Mauro Ferrari direttore dell’Istituto di ricerca Metodisth di Houston in Texas, che parla di meccanismi di riequilibrio per evitare la fuga delle migliori menti italiane.“il coraggio di cambiare si dimostra mettendo mano alle regole, quindi facendo le riforme. Penso che sia stato importante trovare le risorse, ma questo è un elemento necessario e non sufficiente. Occorre cambiare le regole dell’università e favorire il ricambio generazionale, senza dare più finanziamenti e soldi a pioggia, ma introducendo un sistema trasparente di valutazione per dare le risorse sulla qualità delle ricerche della didattica e del servizio a favore degli studenti”.“Si tratta di raccogliere la sfida dei cambiamenti e rendere il sistema centrale, dobbiamo ripensare alla regole e non puntare solo alle risorse”. Rivolgendosi ai ricercatori, il ministro annuncia che a breve saranno definiti i vincitori del programma rita levi montalcini per 50 milioni di euro, un programma che sarà rifinanziato. Fra le “altre buone notizie” Gelmini spiega che è stato ultimato il bando per i distretti tecnologici nel Mezzogiorno per un totale di 915 milioni di euro. “Parlare solo di tagli è ingeneroso” ha concluso.

preoccupante. I plessi scolastici individuati di recente dal mini-stero dell’Istruzione come biso-gnosi di interventi urgenti, an-che su elementi non strutturali, sono quasi 13 mila: il record con il 54 per cento va alle scuole “sgarrupate” della Calabria, seguita dal lazio, che conta 42 edifici su 100 a rischio. Da pa-recchio tempo, per conformarsi alle normative sulla sicurezza, si attendono provvedimenti che garantiscano agibilità e annulla-mento dei rischi. Gli operatori della Scuola hanno completato già da anni noiosissimi corsi di aggiornamento per conoscere quanti metri quadri pro capite, quanta luce e quali spazi do-vrebbero assicurare l’incolumi-tà a docenti e studenti, ma, di fatto, ancora nulla è cambiato. Si continua a trascorrere gran parte della giornata e della vita su posti di lavoro inadeguati e strutturalmente pericolosi per la salute. Tuttavia, ultimamente, qualcosa potrebbe cambiare: è arrivata la “LEGGE MANCIA” un finanziamento di circa 120 mi-lioni di euro , stanziati nell’ulti-ma finanziaria, per ristrutturare edifici scolastici, modernizzarli, migliorarli. Si tratta di una mi-sura che sarebbe assolutamente normale, e anzi, meritoria, vi-ste le condizioni in cui si trova-no gli edifici scolastici presenti nell’intero territorio naziona-le, se non fosse per un piccolo particolare: “la somma sarà ripartita tra i singoli parlamen-tari delle commissioni Cultura e Bilancio e servirà a finanziare opere che garantiscano al parla-mentare un ritorno elettorale” dice l’On.Donadoni dell’IdV, “in quanto non è stato stabilito al-cun criterio per l’assegnazione dei fondi, né il parlamentare do-vrà rendere conto a qualcuno”. Non essendoci criteri di priorità e di emergenza, dunque, quei soldi sono a disposizione, di fat-to, per una sorta di campagna elettorale pagata dai cittadini. A tal proposito grande scalpore ha avuto l’assegnazione di 800 mila euro (300 mila per il 2009 e 500 mila per il 2010) elargito “per ampliamento e ristruttu-razione” della scuola Bosina s. r. l. di Varese, un istituto pa-ritario fondato nel 1998 dalla signora Manuela Marrone, mo-glie del Senatur Umberto Bossi. Siamo all’istituzionalizzazione del clientelismo, lo Stato ha il dovere di amministrare nell’in-teresse di tutti i cittadini e di gestire i fondi con oculatezza e in base a reali esigenze e non di distribuire benefici clientelari.

Ministero sotto accusa

La falce della riforma Gelmini ha colpito ancora, riducendo drasticamente le ore di sostegno alla disabilità e mettendo in

ginocchio moltissime famiglie di alunni con problemi, costrette a tenere i figli a casa nelle ore di scuola non coperte dal sostegno. Nel mese di settembre erano stati programmati 2700 posti in più per garantire il diritto all’istruzione dei minori disabili, ma si è trattato, ancora una volta di vane promesse. la risposta delle famiglie non si è fatta attendere e, a Milano, è partita la prima azione collettiva contro il Ministero dell’istruzione, accusato di discriminare gli studenti disabili e impedire il loro pieno diritto all’integrazione. Emarginare il disabile nell’età scolare significa estrometterlo dal suo futuro di lavoratore e di cittadino, significa impedirgli di socializzare, di crescere e di essere partecipe della propria esperienza di vita. e’ per questo motivo che negli anni si è lottato per rimuovere quegli ostacoli di carattere culturale e burocratico radicati nel nostro sistema scolastico che, di fatto, impedivano il pieno diritto dei disabili a frequentare le scuole di ogni ordine e grado. Sono stati facilitati i raccordi tra scuola e strutture del territorio (ASl, Centri diagnostici, enti locali) per individuare tempestivamente le situazioni di disagio, si è riuscito a garantire personale sempre più specializzato e interventi sempre più puntuali. e oggi? oggi, lamentando la scarsità di fondi e attuando un taglio agli organici di sostegno non si soddisfano più i diritti fondamentali delle persone deboli ma si genera nelle famiglie un disagio profondo. Appare evidente, a questo punto, quanto la nostra società si sia impoverita e quanto sia ormai sempre più priva di valori e sempre meno civile.

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

salute e benessere

Una circolare del ministe-ro della Salute indica in-

fatti la “necessità” di partire dal primo ottobre e non oltre il 31 ottobre “e di completarla il più rapidamente possibile”,

il bluff pandemia non ha smorzato gli entusiasmi per la vaccinazione antinfluenzale, anzi... Quest’anno partirà addirittura in anticipo, rispetto agli anni passati, la campagna vaccinale 2010-2011.

Puntuali lettori di MadreTer-ra e cari Medici di Famiglia cer-chiamo almeno quest’anno di “nun ‘mbuccari” !!!

bluff e falsi allarmi

“con almeno due settimane di an-ticipo” spiega-no gli esperti che si sono prefis-si l’obiettivo di-chiarato di “bat-tere sul tempo il ritorno del virus

pandemico”. Quindi, non solo si continua ad ignorare che il vi-rus pandemico AH1N1 è stato un grande bluff, ma si rincara la dose. La circolare indica anche che per quest’anno sarà a dispo-sizione della popolazione il vac-cino unico, con tre ceppi: quel-lo dell’influenza pandemica A H1N1, quello del virus H3N2 ed il virus B. E malgrado l’epidemio-

logo Tom Jefferson, della Co-chrane Collaboration, abbia più volte ripetuto che il vaccino si rivela inutile per anziani e bam-bini, la vaccinazione è consiglia-ta anche agli anziani sopra i 65 anni e ai bambini di età superio-re ai 6 mesi. Da non dimenticare che lo scorso anno in Italia per l’acquisto dei vaccini per l’in-fluenza A sono stati spesi circa 97 milioni di euro per acquista-re 12,5 milioni di dosi. Di que-ste, solo 1 milione è stato uti-lizzato. Intanto il Codacons si è detto “pronto a denunciare per procurato allarme chiunque tra medici, politici o presunti esper-ti, pur di fare un lauto regalo alle case farmaceutiche, annun-

ci disastri, pandemie e simila-ri”. “Dopo aver allarmato inu-tilmente mezzo mondo rispetto per un’influenza che sembrava dover fare una strage di esseri umani - commenta il Codacons - ecco che, con gran ritardo, fi-nalmente l’Oms si è accorta che l’influenza h1n1 è finita. nel frattempo il solerte ministro alla Salute, Ferruccio Fazio, ha già emanato la circolare per la profilassi d’autunno contro l’in-fluenza stagionale, annunciando che la campagna partirà a otto-bre”.

Dr. Palmerino Eugenio RIGITANOMedico di FamigliaSpecialista in Medicina dello Sporte-mail: [email protected]

Finiti i fasti dell’estate, l’ora legale ha portato , con le giornate più corte, un po’ di malinconia nei romantici e nei depressi e, all’op-

posto, un po’ di quiete e serenità in quelli che non amano i rumori e la confusione.

E la pelle, passata l’estate e superata la boa dell’ora legale, come si prepara ad affrontare l’incipiente inverno ? Chi sono i soggetti che de-vono temere le intemperie, quali sono le cause dei disturbi, quali pre-sidi approntare ?

Devono temere la nuova stagione invernale soprattutto gli atopici e gli ittiosici, poi i soggetti affetti da couperose e da xerosi.

Gli atopici sono coloro che hanno manifestazioni di prurito ed ar-rossamento al volto, alle pieghe delle braccia e delle gambe, alle su-perfici estensorie ( esterne ) degli arti superiori ed inferiori. la loro caratteristica è la mancanza di grassi ( lipidi ) che rivestono e pro-teggono la pelle e, in particolare, il deficit di ceramidi. l’insufficien-te presenza di queste ultime, unitamente alla perdita di acqua dalla cute, predispongono alla secchezza della pelle che l’inverno esalta a causa della mancanza di sole, inducendo prurito e manifestazioni infiammatorie.

L’ittiosi è una malattia che colpisce, spesso in maniera ereditaria, soggetti che, dalla nascita o dalla prima infanzia, presentano una pelle ricoperta da squame grigio-brunastre che, nelle forme gravi, possono ricoprire l’intero tegumento, somigliando alle squame dei pesci da cui deriva il termine di ittiosi.

La couperose è la malattia delle giovani donne con pelli sottili e delicate, che si manifesta in prevalenza alle regioni zigomatiche con arrossamenti variabili, che non tollerano nè il caldo né il freddo e

sono anche in relazione a turbe della sfera digestiva o anche a stati emotivi.La xerosi è la pelle secca degli anziani, che bevono poco e perdono

facilmente liquidi per un aumento della perspiratio insensibilis. Spesso di sera, quando tolgono le calze, hanno prurito agli arti inferiori e, comune-

mente, hanno un prurito in tutto il corpo che si accentua in inverno quando vengono accesi i termosifoni e le stufe e il caldo favorisce l’ulteriore evapo-

razione dell’acqua che è rimasta nella pelle.Come rimediare, nei soggetti affetti da questi disturbi, al prurito, a volte in-

sistente ed intollerabile, e alle manifestazioni infiammatorie che, nella coupe-rose, mettono a disagio le donne nei rapporti sociali e quotidiani ? Innanzitutto la detersione deve essere delicata con l’uso di saponi-non saponi

o di oli.I couperosici non tollerano neppure i saponi-non saponi e, in questi, ci si dovrà

rivolgere a prodotti a base di acque termali che possono essere utilizzate sul viso an-che più volte al di.l’idratazione è la base indispensabile per correggere il prurito e l’infiammazione negli

atopici, nella xerosi senile e negli ittiosici, in questi ultimi ricorrendo a prodotti contenenti concentrazioni elevate di urea. Gli omega-3 e gli omega-6 in confezioni orali e le vitamine A ed e, utilizzati per 3 – 4 mesi

durante l’inverno, sono supplementi validi ed efficaci. Per chi ama la neve ed ha la pelle delicata ( couperose, rosacea, atopia, xerosi ), non bisogna

dimenticare i solari ad alta protezione che, uniti ad una buona idratazione, riducono i danni in-dotti dal sole, dal vento e dal freddo. Da ulti-mo, ma non ultimo, un regime dietetico ricco di frutta, verdure e acqua abbondante.

Dopo queste buone raccomandazioni, non mi resta che auguravi un buon inverno.

la Pelle e la StagiONe iNVerNale

Dr. Giuseppe RibuffoSpecialista dermatologo

Università di Roma - Tel 0966 55378

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28Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

Parlando di musiCa

Da attimi, minuti o forse ore quel corpo, disteso

sullo gelido lastricato dell’ele-gante palazzo Dakota, non per-cepiva sensazioni termiche. Im-merso in un totale oblio, oltre che del tempo aveva perso an-che la dimensione dello spazio. la 72ª strada, nell’upper West Side a New York, potrebbe essere stata una via affollata di Nuova Delhi o un sobborgo malfamato di Soweto, ma tutto questo, in

quel momento, contava poco o niente. Mentre il battito cardia-co si affievoliva, quella sagoma inerme sembrava ancora doman-darsi “Perché?”. nella sua anima sbiadite immagini , fotogramma dopo fotogramma, si susseguiva-no freneticamente proiettando la pellicola su uno schermo scon-finato. il film sulla sua vita ave-va inizio ed era interpretato dai protagonisti di sempre: la madre Julia,la zia Mimi, Paul, George, Ringo, Yoko, Julian, Cynthia, Sean. I loro volti seppiati e de-

formi, come se scrutati da uno spioncino, lo fissavano attoniti senza pronunciare parola, men-tre le sue palpebre sigillate te-stimoniavano l’inutilità di que-gli occhiali circolari che avevano segnato un’epoca. I cinque colpi di rivoltella, che squarciarono le tenebre di quell’8 dicembre del 1980, non avevano lasciato in lui, o in quello che ne era rimasto, una plausibile risposta. Quando John scrisse Imagine, non avreb-be mai pensato che un giorno, un folle esaltato, pronunciando

la frase “Ehi, Mr. Lennon! Sta per entrare nella storia”, avreb-be segnato il suo destino pre-mendo il grilletto di una pisto-la. Nei corridoi della sua mente continuava a rincorrersi una fra-se: “Nothing to kill or die for” ovvero “Niente per cui uccide-re o morire”. Già, niente per cui uccidere. Quel niente invece per Mark David Chapman rappresen-tava tutto: entrare nella storia del proprio mito suggellandogli l’immortalità. Un capannello di curiosi crede di essere davanti al solito omicidio anonimo e, qua-si assuefatti dell’evento, seguo-no con lo sguardo quel sangue fluire tra le scanalature del sel-ciato. Una pattuglia della Polizia inizia la sua folle corsa contro il tempo: l’arrivo in ospedale, la sala operatoria, l’elettroencefa-logramma piatto ma tutto è inu-tile. L’ultimo dei sognatori ave-va appena iniziato il suo viaggio senza ritorno verso quegli spazi per i quali aveva sempre negato l’esistenza. I suoi concetti di pa-radiso, inferno, religione, razza, ricchezza e povertà lo avevano annoverato tra i nuovi guru o per meglio intenderci tra chi scandi-sce ripetutamente, alla folla che lo acclama, il motto “Peace and Love”, parole di facile presa so-prattutto tra i reduci di Wood-stock. Aveva immaginato la de-finitiva cancellazione dei confini geografici che, erigendo muri di-visori virtuali e non , costringono l’uomo a difendere a tutti i co-sti ciò che secondo lui gli appar-tiene e che nessuno, ripeto nes-suno, potrà mai sottrargli. Ecco scoppiare le guerre, l’odio, il rancore, che porta l’essere uma-no a far emergere la sua vera natura. Come potrebbe l’uo-mo rinunciare ai propri posses-si? Come potrebbe l’uomo vive-re nella pace e nella fratellanza universale? Come potrebbe l’uo-mo vivere il presente, senza so-gnare di realizzare le proprie ambizioni in un immediato fu-turo? Ma al tempo stesso ognu-no di noi si potrebbe anche chie-dere: “ma è così difficile vivere in pace?” Il messaggio è chiaro in questa sua canzone, forse la più famosa al mondo, che rap-presenta il testamento spiritua-le dell’ex Beatles: tutti i suoi sogni si possono realizzare solo con uno spirito di collaborazione e di unione tra tutti i popoli del-la terra, a prescindere dal pen-siero, dalla razza o dal ceto so-ciale. Anche la stessa Yoko Ono, sua seconda moglie e principa-le artefice della separazione con gli altri tre baronetti di Liverpo-ol, disse che il contenuto di Ima-gine si poteva riassumere nella frase “siamo tutti un solo mon-do, un solo paese, un solo po-polo”. E se un giorno, in questo mondo o in un altro, lo dovessi scorgere gli urlerei a squarciago-la “Ehi, Mr. Lennon! La tua mu-sica è storia”.

imagine, mr lennon...

di Daniele Gagliardo

War is over - if you want it -happy Christmas from John & Yoko

da 30 anni il dissenso dell’ultimo dei sognatori non si è mai interrotto

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

Parlando di musiCa

di Cristoforo Bovi

Ispirato alla campagna presi-denziale americana del 2008

e concepito durante la stessa, “Wake up!” è un’istantanea del passato attivista R&B’s.

Il singer John Legend insieme al più “groovoso” gruppo hip-

hop in circolazione, The Roots, resuscitano 11 canzoni di prote-sta soul degli anni ‘60 e ‘70, con lo scopo di evocare e catturare il fervore sociale di quel tempo.

Nei brani “Compared to what” di Les McCann e “Little Ghetto Boy di Donny Hathaway,” Legend e The ROOTS illustrano quei tempi di guerra con racconti del-

la classe operaia ancora molto sentiti e mai passati di moda.

Già al primo ascolto, i piace-ri abbondano, anche se “THE ROOTS” non osano molto con gli arrangiamenti tipici del loro sound, mantenendo il più possi-bile fede alle versioni originali.

La rielaborazione di “Hard Times”, hit di curtis mayfield,

è scandita da un basso pieno di tensione, da disarmanti fiati e da un verso “rappato” da Black Thought -MC dei ROOTS sin dal 1987-, mentre il brano di ernie Hines’ “Our Generation” si pre-senta molto più funky, e “spor-co”.

THE ROOTS sono senza dubbio più a loro agio nei brani di Harold Melvin & the Blue note “Wake Up Everybody” (hit spaziale con l’apporto di Melanie Fiona e Common, bellissimo anche il vi-deo), e in “Hang on in There” di Mike James Kirkland’s.

John Legend, invece, esce un pò fuori dal suo sound abitua-le particolarmente presente in “Evolver”.

Commovente il “sentimento” espresso nel brano di Bill Wi-thers “i can’t Write left handed” e la svolta reggae in “UMANITY” di Prince Lincoln Thompson.

In “SHINE”, “ricorda” che qualche anno fa aveva scritto “ORDINARY PEOPLE” , generan-do all’ascolto, la medesima sof-ferenza emotiva.

E’ evidente, che Legend & The Roots nel produrre questo lavo-ro, guardano al di là delle hits, inviando una lettera d’amore agli artisti che spesso trascu-rano il bene supremo che è la Musica.

Buon ascolto.

r&BJohn leggend imagine, mr lennon... magia

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30Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

intorno allo sPort

di Rocco Cadile

C’era una volta..., così ini-ziano le più belle favole

rimaste indelebili nella mente di ognuno di noi. A Palmi, anco-ra si racconta la storia della Vi-gor Palmese, nata negli anni set-tanta per volontà unanime di un gruppo di amici con la passione del calcio, che hanno fatto di-ventare realtà, un sogno. Il sogno era quello di creare una società “amica”, per dare spazio e far divertire tanti ragazzi, indipen-dentemente dalle loro capaci-tà. Il primo passo importante fu quello di costruire una squadra che rappresentasse degnamen-te i valori dello sport, dell’edu-cazione e della solidarietà. Fra i promotori e i fondatori spicca-no i nomi dell’indimenticabile Dott. Lillo Militano, dell’Avv. An-nunziato Santoro, del Prof. Sil-vestro zampogna, del Prof. mim-mo Randazzo, del Dott. Gaetano Suriano, del Prof. Giuseppe Ta-verriti, del Prof. Ciccio Giordano e poi Pasquale Franconieri, Nino Barone, Pino Sgrò, Ciccio Salvini, Gianni Musicò, Gregorio Magaz-zù, Nuccio Muratore, Giacomo Luppino, Umberto Fonte. Tutte persone che hanno seminato la passione sportiva ed hanno inse-gnato ai loro ragazzi, di cui il sot-toscritto faceva orgogliosamente parte, ad interpretare il calcio come un complesso di valori mo-rali e umani al di sopra dei ri-sultati agonistici. Chi non ricor-da quell’immensa sede sociale di via Roma, sopra il cinema Cilea, luogo frequentatissimo dai ra-gazzi e dai dirigenti, dove all’in-terno erano stati allestiti le sale giochi, un market di generi ali-mentari, le riffe, la caccia al te-soro, e tante altre cose che ser-vivano a raccogliere fondi per le spese societarie. Quei momenti di ricreazione, a contatto con i dirigenti furono importanti per noi ragazzi a far crescere le no-stre coscienze. I dirigenti erano una miniera di idee. Non ci fa-cevano mancare nulla; i proble-mi dei ragazzi, erano i loro pro-blemi, che dovevano risolvere ad ogni costo. L’organizzazione in campo era paragonabile a quel-

l Vigo Palmesela di una società professionistica. Il nostro custode, il mitico Don Cosimo Simone, al quale eravamo e siamo ancora affeziona-tissimi, provvede-va alla cura di tut-to l’abbigliamento sportivo perso-nale, che lascia-vamo al campo e che ritrovavamo il giorno dopo, nei nostri cassetti pu-lito e profumato. la pianificazio-ne delle trasferte era impeccabile. Era un’isola feli-ce, un posto dove si respirava aria di amicizia. La socie-tà presto diventò una presenza con-solidata sul terri-torio e l’impegno di tutti fu premia-to con la vittoria di tre campiona-ti, fino ad arrivare in promozio-ne. Noi giovani eravamo accolti nella società con amore filiale e invogliati dai giocatori più esper-ti, come Nunzio Lacquaniti, Gep-pino Suriano, Fulvio Nasso, Cosi-mo Tripodi, Mimmo De Francia, Nuccio Viola, Enzo Surace e tan-ti altri che si prendevano cura di noi. Grande è la gratitudine ver-so i nostri allenatori, da Raffaele Fotia, Mimmo Randazzo, Pasqua-le Veneziano, Carmelo Surace. Era una vera famiglia. Si gioca-va per passione, quello che prin-cipalmente contava erano i rap-porti umani. La società all’inizio ci gratificò con i premi partita, poi decise di regalarci una quo-ta mensile di quarantamila lire, uguale per tutti. Quel gesto fu un segno di riconoscenza nei no-stri confronti che noi ripagammo con l’impegno e la dedizione. Giocavamo per loro, per quelle persone che ci avevano trasmes-so un codice etico non scritto, per coloro che si emozionavano davanti alle imprese dei loro ra-gazzi, imprese figlie di passione e sacrificio. Perché ancora a di-stanza di tanto tempo si sente la

nostalgia della leggendaria Vigor Palmese? Perché adesso il calcio è cambiato, è più una questione di forma che di sostanza, i giova-ni guardano più l’aspetto econo-mico, all’apparenza ed al succes-so che non ai valori fondanti dei rapporti umani. La Vigor Palme-se che è stata una grande scuola di vita, è scomparsa per via del-la fusione con la Palmese, allora

in seria difficoltà. Già …, c’erano una volta i sogni …

Il calciatore Massimo Neri (il primo in piedi nella foto), fedelissimo di Capello, è l’at-tuale preparatore atletico della Nazionale Inglese, già del Real Madrid e della Ju-ventus.

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Anno 1 Nr. 11 Novembre 2010

intorno allo sPort

di Marcello Surace

Era il mese di Giugno del 2010, quando scrissi pro-

prio su questo giornale che, gra-zie all’intervento dell’ammini-strazione comunale, il tennis a Palmi sarebbe riemerso.

Ebbene, a distanza di 5 mesi vi posso confermare che la cosa sta andando avanti, poiché il progetto preliminare per la rea-lizzazione della struttura è stato approvato dalla Giunta Comuna-le e pertanto si sta procedendo

per il progetto esecutivo prima di fare la gara di appalto ed ini-ziare i lavori.

Il fatto che Palmi potesse ave-re una struttura sportiva eccel-lente dedicata al gioco del ten-nis, è stato voluto fortemente da parte di tutta la maggio-ranza del Consiglio Comunale attuale e, in modo particola-re, dal sindaco Gaudio, che ci hanno creduto fortemente su-perando non pochi problemi di natura diversa.

Anche i progettisti, sono an-dati oltre le loro competenze

professionali sacrificandosi, al fine di creare una struttura uti-le e bella da tutti i punti di vi-sta, poiché nulla è stato lascia-to al caso.

A grandi linee, la struttu-ra che, nascerà di fronte alla casa della cultura, prevede un campo centrale in terra battu-ta, due campi secondari in terra battuta, un campo coperto con tappetino sintetico, spogliatoi, club house, sala fitness e mol-to altro. Insomma, una struttura meravigliosa che i palmesi me-ritano.

Con assoluta certezza si può dire che quest’opera sarà, in-sieme al tennis club Rende e al circolo tennis Rocco Polimeni di Reggio Calabria, la più bella del-la Calabria.

Quindi, considerata la valen-za sociale dell’opera, speriamo che questa iniziativa intrapresa dall’amministrazione comuna-le, alla quale bisogna dare atto di efficienza, sia la prima di una lunga serie, al fine di vedere Palmi risollevarsi dopo 30 anni di regresso non solo in ambito sportivo.

teNNiSi SOgNi a VOlte Si POSSONO realiZZare

rispettivamente nei 25 stile libero e 75m misti.

Gli altri atleti che hanno preso parte alla manifestazione e che si sono comportati egregiamen-te migliorando le loro prestazio-ni sono: Buccisano michele, Aricò Alessandra, Bellina Clara, Ani-le valerio, zoccali Giulia, Grisafi Frank, Campagna Giacomo.

Soddisfatta si ritiene la Società per i risultati ottenuti dai propri atleti che sono la spinta a far me-glio e a partire già dal prossimo impegno in programma a Lamezia con i ragazzi più grandi e che ri-salto al lavoro svolto dalla Società e dal suo Staff.

Si è svolto nella giornata del 10 novembre 2010, nella lo-

calità dell’Aquila presso Piscina Verdeacqua, la fase nazionale del circuito di nuoto ASi 2010.

Vi hanno preso parte Società di tutto il territorio Nazionale tra cui la società ASD Nettuno Palmi del-la “Piscina Stella Maris”, la quale con i suoi 12 atleti ha ben figura-to portando a casa sei medaglie (un oro, due argento, tre bronzi), rispettivamente con Rocco Baro-ne oro nei 50 m dorso, Buccisa-no Katia argento nei 25 m dorso, Bova Anastasia argento nei 25 m dorso, Barbera Federica bronzo 75 m misti, chillemi Pietro bronzo

sei medaglie Per i ragazzi della nettuno Palmi

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