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Anno II - Num. 12 - Ottobre 2011 L!NK - mensile indipendente “riciclato” | Anno II - Num. 12 - Ottobre 2011 | www.link-net.it Siamo pronti a ricominciare e ripartire, dopo una lunga pausa estiva, nell’intento che ormai da tempo – e siamo all’inizio del terzo anno – ci accomuna tutti e ognuno singolarmente. Creare quella sorta di “collega- mento”, di ponte, questa volta ci aiuta a ben definire la nostra “identità”, ci aiuta a riscoprirci “es- seri migranti”. Spesso la parola “migrante” è ac- costata a termini poco fraterni, tanto più poco umani. Lo scopo di questo nuovo “collegamento”, questo L!NK, è proprio quello di andare alla ricerca di chi è vera- mente migrante: andare alla ri- cerca quindi del sé, partendo dal proprio cammino di vita interiore. Molto calzante, anzi, perfetta- mente aderente alla realtà che viviamo, risulta questo tema che, oggi, ci invita a riflettere sulla visione antropologica della so- cietà. Partiamo da alcune manifesta- zioni, curate da diverse associa- zioni cittadine, in concomitanza con l’ottobre missionario per domandarci: perché le migra- zioni? Perché diverse etnie, con culture, lingue e tradizio- ni ad esse legate, si riscopro- no sempre “esseri migranti”? Forse perché è nell’uomo, in cia- scuno di noi, la “vocazione” a mi- grare… EDITORIALE di Piergiorgio Aquilino Free press di Troia (Fg) | stampato su carta riciclata | registrazione al Tribunale di Lucera n° 147 I l 9 ottobre scorso si è conclusa la prima settimana interculturale organizzata dai Missionari Com- boniani e dalle associazioni Voci fuori dal coro e Act! Monti Dauni. Quale senso ha questo tipo di ini- ziativa a Troia? Nel corso degli ul- timi anni il numero dei migranti presenti nella nostra città è sensi- bilmente aumentato fino a rappre- sentare, secondo i dati più recenti, circa il 10% dell’intera popolazione. Chi sono queste persone? La ri- sposta purtroppo è sovente par- ziale o superficiale. Rumeni, al- banesi, ucraini, cinesi, polacchi attraversano la “piazza” ad ogni ora del giorno. Molti entrano nelle nostre case, ci aiutano a prenderci cura dei nostri anziani, ci rifanno il letto e spesso diventano custo- di dei nostri affetti e delle nostre fragilità. Tantissimi ci permettono di costruire i nostri appartamenti o di ridare loro nuovo splendo- re, ci consentono di fare il nostro olio e il nostro vino, di raccogliere tonnellate di pomodori, prodotto vanto di queste zone. Nei modi più variegati, pur con molte meno pretese e con pochissimi diritti, i migranti suppliscono alla carenza di manodopera e, quando in rego- la, concorrono col versamento dei loro contributi ad erogare le nostre pensioni senza avere la sicurezza di poter godere in futuro di un iden- tico beneficio. Di frequente il mi- grante viene identificato come “la continua a pag.2 di Chiara Neri Un nuovo dialogo con i migranti con l’iniziativa di Voci fuori dal coro e Act!

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Anno II - Num. 12 - Ottobre 2011

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Siamo pronti a ricominciare e ripartire, dopo una lunga pausa estiva, nell’intento che ormai da tempo – e siamo all’inizio del terzo anno – ci accomuna tutti e ognuno singolarmente.Creare quella sorta di “collega-mento”, di ponte, questa volta ci aiuta a ben de! nire la nostra “identità”, ci aiuta a riscoprirci “es-seri migranti”.Spesso la parola “migrante” è ac-costata a termini poco fraterni, tanto più poco umani. Lo scopo di questo nuovo “collegamento”, questo L!NK, è proprio quello di andare alla ricerca di chi è vera-mente migrante: andare alla ri-cerca quindi del sé, partendo dal proprio cammino di vita interiore. Molto calzante, anzi, perfetta-mente aderente alla realtà che viviamo, risulta questo tema che, oggi, ci invita a ri( ettere sulla visione antropologica della so-cietà.Partiamo da alcune manifesta-zioni, curate da diverse associa-zioni cittadine, in concomitanza con l’ottobre missionario per domandarci: perché le migra-zioni? Perché diverse etnie, con culture, lingue e tradizio-ni ad esse legate, si riscopro-no sempre “esseri migranti”? Forse perché è nell’uomo, in cia-scuno di noi, la “vocazione” a mi-grare…

EDITORIALE

di Piergiorgio Aquilino

F r e e p r e s s d i Tr o i a ( F g ) | s t a m p a t o s u c a r t a r i c i c l a t a | r e g i s t r a z i o n e a l Tr i b u n a l e d i L u c e r a n ° 1 4 7

Il 9 ottobre scorso si è conclusa la prima settimana interculturale organizzata dai Missionari Com-

boniani e dalle associazioni Voci fuori dal coro e Act! Monti Dauni.

Quale senso ha questo tipo di ini-ziativa a Troia? Nel corso degli ul-timi anni il numero dei migranti presenti nella nostra città è sensi-bilmente aumentato ! no a rappre-sentare, secondo i dati più recenti, circa il 10% dell’intera popolazione.

Chi sono queste persone? La ri-sposta purtroppo è sovente par-ziale o super! ciale. Rumeni, al-banesi, ucraini, cinesi, polacchi attraversano la “piazza” ad ogni ora del giorno. Molti entrano nelle nostre case, ci aiutano a prenderci cura dei nostri anziani, ci rifanno

il letto e spesso diventano custo-di dei nostri a* etti e delle nostre fragilità. Tantissimi ci permettono di costruire i nostri appartamenti o di ridare loro nuovo splendo-re, ci consentono di fare il nostro olio e il nostro vino, di raccogliere tonnellate di pomodori, prodotto vanto di queste zone. Nei modi più variegati, pur con molte meno pretese e con pochissimi diritti, i migranti suppliscono alla carenza di manodopera e, quando in rego-la, concorrono col versamento dei loro contributi ad erogare le nostre pensioni senza avere la sicurezza di poter godere in futuro di un iden-tico bene! cio. Di frequente il mi-grante viene identi! cato come “la

continua a pag.2

di Chiara Neri

Un nuovo dialogo con i migranti con l’iniziativa di Voci fuori dal coro e Act!

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badante di”, “l’operaio di” perdendo la speci! cità della propria identità, della propria storia, del percorso che lo ha condotto in un picco-lo borgo dell’entroterra pugliese invece che in una grande città.

Sulla base di queste considerazioni è nata l’idea di creare un momento in cui incontrarsi e aprire uno spi-raglio per la conoscenza reciproca, che rappresenta l’unica maniera per ri! utare il pregiudizio e rega-larsi l’occasione del confronto. Così il luogo scelto per tutte le attività della settimana non poteva che essere la parrocchia della Media-trice, perché qui a Troia i Missionari hanno parlato da sempre dell’im-portanza del dialogo tra culture di* erenti e per primi hanno testi-moniato a vantaggio dell’intera comunità cosa signi! chi arricchirsi profondamente per mezzo del con-tatto con paesi diversi dal nostro.

La mostra “CORPI MIGRANTI” (che sta viaggiando con successo per tutta la penisola e che è stata vi-sitata a Troia da circa 600 persone, tra cui tantissimi ragazzi delle scuo-le), il colloquio con chi da tempo si occupa di accoglienza nei posti più di3 cili del Sud Italia, la proiezione del ! lm “Lezioni di cioccolato” (che mette in scena in modo divertente e appassionato l’inversione di vite tra uno spregiudicato geometra e uno dei tanti operai sfruttati nei cantieri), la cena interetnica (in cui al sottofondo di percussionisti afri-cani si è accompagnata la degusta-zione di ottime specialità rumene, polacche e africane) sono stati dei

pretesti. La volontà era ed è quella di o* rire spunti di discussione, sti-moli per la ri( essione sulla condi-zione dei migranti che troppe volte è sinonimo di indi* erenza, miseria, abuso o, “semplicemente”, isola-mento. Le nuove generazioni in questo senso godono di un gran-de vantaggio rispetto alle vecchie. Oggi a otto anni il tuo compagno di banco può chiamarsi Nicolaj o Uang ma parlare un troiano perfet-to, adorare il cornetto col gelato o le orecchiette rucola e pomodoro. Per chi è piccolo il rischio del precon-cetto si assottiglia e la barriera dei tabù si fa quasi priva di senso. Per i più grandi, invece, cominciare a ra-gionare sul tema dell’integrazione, che cela talvolta l’idea di un neces-sario adeguamento-annullamento nella cultura dominante, diventa uno strumento indispensabile per «capovolgere il paradigma media-tico e politico che fa dell’immigrato un problema sociale, una minac-cia» e per sostenere con forza che «i migranti sono una ricchezza, una risorsa e la loro cultura è preziosa».

Forse al concetto dell’integrazione potrà in futuro preferirsi quello di felice contaminazione tra culture in cui, dopo lo scambio delle infor-mazioni e con la reale condivisione, si possa dire “mi sei antipatico”, “ti voglio bene”, “non ti voglio come amico”, “ti voto” perché so chi sei. Sei diverso da me e come me, hai dei diritti e dei doveri, perché sei parte di questa società di cui, insie-me a me, stai costruendo la storia.

“Con quel ! lm (Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore) si è chiusa l’attività di questo cine-teatro quarant’anni fa. Con quel ! lm vogliamo riaprire tutte le attività in luogo”. Con queste parole ha accolto tutti i presenti l’ass. Ren-ato Ciccarelli, primo intervenuto alla cerimonia d’inaugurazione del Cine-Teatro Pidocchietto, lo scorso 11 ottobre. Alle ore 18.30, dopo il classico taglio di nastro e la benedizione dei locali, è stato “ridonato alla cittadinanza ques-to contenitore culturale, e con esso tutti i sogni di noi cittadini”, per dirla con le parole del primo cittadino, dott. Edoardo Beccia.Emozionante serata che ha visto la sala ristrutturata gremita per assistere alla bella performance teatrale a cura di “Teatri 35” e alla stupenda elaborazione al piano del maestro Antonio Di Dedda.Gli interventi hanno visto suc-cedersi: prof. Giovanni Guadag-no, per una relazione storica del cine-teatro; ing.ri Giulio Tri-carico e Vincenzo Sgobbo, per la relazione tecnico-economica; dott. Giannicola De Leonardis, consigliere della Regione Puglia; prof.ssa Silvia Godelli, assessore regionale alla cultura e al tur-ismo. A chiudere l’intera serata, la proiezione del su citato ! lm da oscar.

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La maggior parte di voi mi conosce … e per chi non mi conoscesse, sono Loreta Bec-

cia, novizia comboniana, cioè, sto studiando per diventare Suora Mis-sionaria Comboniana. Attualmente vivo a Milano però prima di arrivare qui ho trascorso due anni a Grana-da, una bellissima città al sud della Spagna. Vivevo in un quartiere con un alta percentuale di immigrati – senza permesso di soggiorno, so-prattutto del Senegal, del Pakistan, del Marocco, della Nigeria. Come comunità comboniana c’eravamo resi conto che tutti coloro che er-ano stati catapultati per necessità, guerra, crisi in Spagna avevano principalmente bisogno di una cosa per potersi inserire nella nuova realtà … imparare la lingua. Quindi si è messo su un progetto: “Las clases de espanol ol para imi-grantes” … l’idea era di coinvolgere persone del posto che si facessero i primi responsabili dei loro fratelli e sorelle migranti. Non potevamo sopportare l’idea che li vedesse-ro come “quelli che vengono a prendersi il mio lavoro”, “quelli che sporcano”, “quelli che rubano”… ma come fratelli e sorelle un po’ più sfortunati di loro, e che in quel momento avevano bisogno del loro aiuto. Il progetto è stato ben accolto e presto un buon gruppo

di volontari si è “sporcato le mani” impegnandosi in prima persona. L’esperienza che io ho vissuto li è stata stupenda. Dopo 3 giorni dal mio arrivo a Granada mi chiesero di insegnare spagnolo a donne anal-fabete del Pakistan e del Marocco. Io con donne musulmane? Non ci penso proprio, non ero mai en-trata in contatto con persone così diverse da me, poi lo spagnolo lo conoscevo appena. Mi sembrava una proposta assurda, ma mi ripetevo una frase del Vangelo che dice: “Ero straniero e mi avete accol-to!” … tante volte ciò che in “questo Libro” c’è scritto ci sembra piantato in aria ma non era questo il caso, avevo davanti a me degli stranieri che dovevo accogliere se davvero mi volevo de! nire innamorata di questo Cristo che stava con gli ul-timi! Allora cominciai a preparare le mie lezioni e mi presentai in classe. Quale la mia sorpresa nel vedere queste donne, di cui forse avevo anche un po’ paura, lì pronte ad accogliermi, con un sorriso. Ben presto capii che lo spagnolo era il pretesto per creare un gruppo di persone che potessero condividere le loro diversità di lingua, religione, cultura … e come diceva don Ton-ino Bello, quelle “di* erenze che convivono” senza creare divisione anzi permettendo un unione sem-

pre più intima perché nata da radici comuni. Credo di aver fatto discorsi teologici più interessanti con loro che con tanti preti incontrati nel mio cammino. Provate un po’ a spi-egare ad una donna musulmana il mistero dell’incarnazione … è stata divertentissimo vederle interessate ascoltando una cosa per loro as-surda, ma che non avrebbero mai confutato perché loro la diversità la rispettano! Questo è stato il più grande regalo per me, sentirmi accolta (ma non ero io quella che doveva accogliere?!), poter con-dividere con loro qualsiasi cosa e sapere che loro vedevano in me una persona di cui ! darsi! Ho im-parato cos’è il Ramadan, e il per-ché di tante cose che dei musul-mani non capiamo, qualcosa delle loro tradizioni e della loro cultura che a volte stentiamo ad accet-tare. Scolasticamente parlando, invece, momenti più belli erano quelli quando loro si rendevano conto di aver fatto progressi con lo spagnolo … con loro è stato neces-sario iniziare dalle lettere (come si scrivono e come si leggono) pen-sate che erano analfabete al 100%, uno dei primi risultati fu quello di riconoscere le lettere, poi si passò a saper leggere le sillabe, ! no ad arrivare a poter leggere, per es-empio, la sillaba “ma” e a seguire la

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L’esperienza diretta con i migranti nel racconto di una novizia comboniana

di Loreta Beccia

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sillaba “no” e scoprire, con grandis-sima sorpresa, che le due sillabe insieme davano la parola “mano”! Fu incredibile vederle negli occhi mentre facevano questo gioco, unire le sillabe e scoprire le parole che loro stesse riuscivano a leg-gere. Incredibile, un’immagine che mai dimenticherò. Non so quanto a Rabia, Zubida, Kadisha, Jamila, Fa-tima, Fadella, Fatma gli sia rimasto delle mie lezioni di spagnolo, una cosa è certa, loro mi sono rimaste nel cuore e credo che grazie a loro oggi posso dire di aver superato quella stupida paura di entrare in relazione con “il diverso”… cosa che per una missionaria comboni-ana sarebbe stato un grande prob-lema! Prima di partire per Milano mi fu chiesto di parlare della mia esperienza granadina, io la rias-sunsi in poche parole: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sarò con loro”. Nel Vangelo non c’è scritto “il nome”, che si chiami Al-lah, Dio, Yhavè non c’è di* erenza, è proprio questo che ho impa-rato dalle mie amiche “migranti”!

continua da pagina 4

Per commenti, richieste, idee e storie manda

un messaggio a:[email protected] Nel 2005 gli stranieri residenti

a Troia rappresentavano lo 0,9% della popolazione

totale; nel 2009 si sono raggiunti livelli oltre il 3% (fonte: www.comuni-italiani.it). Su una popo-lazione di circa settemila abitanti queste cifre hanno un impatto di non poca importanza. Secondo le statistiche nell’anno 2009 oltre la metà della popolazione immigrata residente a Troia era di nazionalità rumena, mentre il resto proveniva dalla Bulgaria, Ucraina, Algeria, Polonia, Russia e Cina. Sentiamo spesso parlare di “fenomeni” mi-gratori, in realtà si tratta di uomini e donne con storie, sogni, paure e speranze. Per cercare di compren-dere meglio queste dinamiche abbiamo intervistato G.M., un ra-gazzo rumeno di ventidue anni. Ringraziamo lui e tutti i suoi amici per la disponibilità con cui si sono prestati alle nostre domande. Come sei arrivato in Italia? Mia madre lavorava a Troia come badante e tre anni fa l’ho raggiunta per cercare un impiego. Dopo vari lavoretti ho frequentato un corso sul fotovoltaico ed ora monto pan-nelli solari.

Come ti hanno accolto gli italiani?

Molto bene. Non si sono mai veri-! cati fenomeni di razzismo. Sicura-mente all’inizio bisogna lavorare molto sulla ! ducia cercando di di-mostrare la propria a3 dabilità. Ed ora conosco tanti ragazzi del paese e mi sento a casa.

Cosa ti piace di Troia?Il cibo, la Cattedrale e le passeggiate per le vie del centro storico.

Vedi la prospettiva di un futuro in Italia?Si. Spero di restare in Italia, in particolar modo vorrei vivere a Troia. Mi sono ambientato bene e sarebbe di3 cile ricominciare tutto in un’altra città. Mi auguro soprat-tutto di avere sempre un lavoro per poter costruire il mio futuro in questa terra.

Il multiculturalismo è una risorsa non solo economica, ma il val-ore aggiunto di ogni società che voglia considerarsi liberale. L’immigrazione è una realtà vasta e complessa in grado di cambiare il volto di una società. Se in bene o in male siamo soltanto noi a decid-erlo. Perché come ha scritto Thor Heyerdahl “Le frontiere? Esistono eccome. Nei miei viaggi ne ho in-contrate molte e stanno tutte nella mente degli uomini”.

di Iolanda Bronzoni

L’immigrazione coinvolge sempre di più anche il nostro paese

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Se guardiamo il Mondo da una prospettiva storica di lungo periodo, non possiamo che

giungere a una sola conclusione: siamo tutti migranti. I nostri cos-tumi, le nostre lingue e le nostre culture sono il frutto di lunghis-simi processi storici caratterizzati da molteplici migrazioni di popoli. L’idea di cristallizzare le culture ed impacchettarle in contenitori chia-mati “identità nazionali” è soltanto un pessimo prodotto delle elite politico-culturali del secolo XIX. Furono loro a decidere di tracciare delle linee immaginarie, i cosiddet-ti “con! ni nazionali”, per delimitare il campo di potere dello Stato e ce-menti! carlo nell’idea di Nazione.

Per capire cosa intendo dire basti pensare alla celebre frase pro-nunciata da Massimo d’Azeglio all’indomani del Risorgimento: «Fatta l’Italia, bisogna fare gli ital-iani». Gli italiani andavano “fatti” perché l’identità italiana non esist-eva, bisognava crearla. La penisola italiana era un territorio abitato da genti che parlavano lingue diverse ed avevano usi e costumi straordi-nariamente variegati da regione a regione. Neppure il Re d’Italia Vit-torio Emanuele II parlava italiano: come la sua corte, infatti, egli par-lava essenzialmente francese e pie-montese. Fu poi lo Stato, attraverso la scuola, le leggi, la leva militare, i riti e le feste civili, ad inculcare una “educazione nazionale”, ad imporre una lingua comune e a costruire l’idea di una storia comune con l’obiettivo di “fare gli italiani”. Quan-to è accaduto in Italia è successo al contempo in molti stati europei.

In realtà però, al di là degli arti-! ci costruiti dalle elite a partire dall’Ottocento, le identità culturali non sono altro che il frutto di mi-grazioni. Senza andare troppo lontano, la stessa città di Troja è sta-ta abitata nel corso della sua storia da Dauni, Greci, Latini, Longobardi,

Bizantini, Normanni, Svevi, Angioi-ni, Aragonesi, Ebrei e da tanti altri popoli migranti. Ciò che oggi siamo non è altro che il prodotto di in! niti incontri tra genti di diversa proven-ienza: per! no le pietre della nostra Cattedrale raccontano di culture e popoli diversi che hanno abitato la nostra città o l’hanno attraversata percorrendo la Via Francigena. An-che le nostre abitudini alimentari, la nostra lingua, le nostre leggi, le nostre pratiche religiose sono il risultato degli incontri di popo-lazioni che si sono mescolate ed integrate.

A partire da queste ri( essioni, io credo che dovremmo imparare a capire che le persone che oggi giungono nella nostra città sono non soltanto cittadini con pieni dir-itti: essi sono una ricchezza cultu-rale . Credo che dovremmo impeg-narci ad accoglierli e a garantire loro le migliori condizioni di vita e di lavoro. Credo che dovremmo denunciare pubblicamente chi li costringe a lavorare in condizioni precarie e chi li sfrutta tenendoli in condizioni di moderna schi-avitù. Credo che dovremmo capire che il futuro dell’umanità si gioca nell’accettazione delle diversità e nella loro paci! ca integrazione perché di guerre nazionaliste e identitarie ne abbiamo combat-tute troppe ed è ora di dire basta. Credo, in! ne, che dovremmo prov-are a costruire una città interetnica dando sostanza ai tanti principi evangelici e ai tanti principi della cultura liberale e progressista che ci invitano a farlo a3 nché la nostra unica patria si chiami “Mondo” e i nostri compatrioti siano tutti i cit-tadini che abitano questo pianeta. Perché, in ! n dei conti, siamo tutti migranti.

Fino al 21 dicembre sul grande schermo dell’Ambardam ver-ranno proiettati i nuovi ! lm della seconda edizione del “Cinefo-rum Ambaradam”, un progetto inaugurato un anno fa, da un gruppetto di soci, fra cui il nos-tro carissimo amico scomparso Mario Beccia, con l’intento di creare all’interno del Circolo un momento di sana aggregazione, discutendo e confrontandosi su svariate tematiche d’attualità. A novembre ci sarà il “2° Corso di pasta fatta in casa”: tutti gli iscritti potranno apprendere le tecniche migliori per produrre troccoli e pasta all’uovo. Il corso si terrà in quattro incontri e gio-vedì 1 dicembre ci sarà la festa di ! ne corso, con degustazione dei prodotti realizzati. Nel mese di dicembre è previsto invece il “1° Corso di dolci tipici”: si potrà imparare a produrre i dol-ci tipici della nostra tradizione. Questo corso culminerà giovedì 22 dicembre. Entrambi i corsi sono tenuti da Eliana Bu* o. Il 15 dicembre è prevista una “Giornata del baratto” dove pot-er scambiare oggetti. In cantiere poi vi sono altre proposte tra cui: un dibattito sulla lotta al randag-ismo; corsi vari di cucito, pittura e realizzazione di souvenir; un club del libro, a cura di Michele Lombardi; gite fuori porta; colle-gamento internet wi-! per i soci.

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di Gianluca Iacobelli

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di Giuseppe Beccia

Facciamo in modo che Troia diventi una città realmente interetnica

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Dal 9 ottobre scorso è partito il 15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni 2011, che si svolge nell’anno in cui si celebra il 150° anniversario dell’Unita d’Italia. Giunto alla sua 15° edizione, il Censimento scat-terà una “fotogra! a” dell’Italia e rileverà le caratteristiche di 25 milioni di famiglie, circa 61 milio-ni di cittadini italiani e di stranieri residenti distribuiti in oltre 8.000 Comuni italiani. Il Censimento rappresenta uno strumento di ri-levazione indispensabile, poiché permette di raccogliere dati sulle caratteristiche demogra! che, so-ciali ed economiche della popo-lazione, con un livello di dettagl-io territoriale che nessun’altro tipo di indagine consentirebbe.Il censimento della popolazione si e* ettua in Italia ogni 10 anni, nell’anno che termina con 1, con l’eccezione degli anni 1891 (per di3 coltà ! nanziarie) e 1941 (per motivi bellici), mentre ne fu ag-giunto uno nel 1936. Dal 1951 il censimento della popolazione è aggregato a quello delle abit-azioni. Compilare e restituire il questionario non è solo un do-vere stabilito dalla legge, ma un contributo alla conoscenza.

C D E F G F D H I J K F L I J M N

Il nostro giornale tra diversi percorsi e nuove partenze

di Antonio Jr Ciarmoli

H o tra le mani L!NK. Ricordate i primi numeri formato len-zuolo del nostro giornale

che leggerli, capire da dove iniziare e poi ripiegarli era un’impresa non da poco? Questo è il primissimo numero: “ANNO I – NUM.0 – NO-VEMBRE 09”. Guardo più volte la copertina, si vedono dei soggetti poco identi! cabili che scalano una montagna, c’è un sole che fa capolino tra le nuvole. Poi mi sof-fermo sul titolo, geniale: “LINKOM-INCIAMO!”. Abbasso lo sguardo e leggo un aforisma di Jean Sul-livan, non so neanche chi sia, ma recita così: “Troppa gente si occupa del senso. Mettetevi in cammino. Voi siete il senso e il cammino”. In queste parole forse è racchiuso proprio tutto il senso. Avrei dovuto scrivere un articolo sulla mia espe-rienza universitaria da fuori sede a Trento e sulle tantissime storie e volti che sto incontrando, di com’è vivere a ottocento chilometri di distanza da casa, o magari di come ci si sente a seguire una lezione nelle aule di Sociologia in cui iniziò il Sessantotto e dove si sedevano e discutevano durante le assemblee un Renato Curcio o un Mauro Ros-tagno, oppure com’è passeggiare e vedersi circondato dalle Dolomiti. Ma ho sempre qui vicino L!NK e nel mio, nostro cammino, c’è un pezzo che ci lega a quest’avventura. È sempre nitida nella mia mente quella sera, quando nella camera di Mario pensammo il nome da dare al giornale. Come sempre eravamo un pro( uvio di nomi, proposte, idee, ! n quando, ormai a sera inol-trata, decidemmo per Laboratorio Inkiostro, da cui poi è nato L!NK che conoscete. Di solito si dice che in-izia tutto per caso, ma questo non è nato tutto per caso. Eravamo de-terminati, sicuramente un po’ folli ed entusiasti nel veder nascere una piccola “creatura” che contenesse nient’altro che noi stessi, la nostra voglia di fare, di dire e scrivere dei nostri progetti e delle nostre ansie,

di ciò che ci succedeva attorno, di arrabbiarci per tutto quello che non ci piaceva nel nostro paese e nel mondo, di sorridere per quello che ci rendeva contenti e soddis-fatti. Nel nostro cammino e così di L!NK abbiamo conosciuto tanta gente e realtà, tanti momenti di-versi tra loro. Abbiamo conosciuto Luca ed Eliana dell’Ambaradam, con cui insieme a Gianfranco, ab-biamo collaborato alla prima ed-izione del Cineforum. I ragazzi di Attiv@mentis, con cui insieme all’Unione Giovanile Troiana, siamo stati promotori dell’appello per la legalità “SV’GLIAM’C”. La compag-nia teatrale della Melagranata, gra-zie alla quale ci siamo appassionati all’esilarante vernacolo troiano. Poi Giuseppe, con cui siamo scesi in pi-azza con i banchetti per sostenere il referendum sull’acqua pubblica e abbiamo certi! cato in Comune più di quattrocento ! rme. E ancora i gruppi polacchi e francesi con cui abbiamo passato dieci giorni tra monocicli, canzoni e cene inter-culturali vicino Reims, in Francia. Gli utenti e gli operatori del Centro Diurno Itaca, che è diventato il nos-tro editore, ma anche Mariano Loi-acono ed il suo Metodo alla Salute. E in! ne il Comitato Salute e Terri-torio, poi diventato associazione, con cui condividiamo l’impegno nella difesa dell’ambiente e una stampante da cui escono le pag-ine in carta riciclata su cui state leggendo. Ci siamo, e mi sono fer-mato personalmente tante volte, avevo smarrito l’entusiasmo, non si riusciva più a trovare un senso per continuare, soprattutto quando a mancare è stata quell’immensa for-za trascinatrice di Mario. Adesso è tutto più di3 cile, siamo in giro per l’Italia, molti sono a Troia, ma forse proprio in questo momento, più che mai, dobbiamo tenerci stretti a quel senso: “link” in lingua inglese vuol dire collegamento ed è così che le pagine di un giornale pos-sono diventare un modo per con-

tinuare a “connetterci”, a sentirci e a raccontarci. Non so quanto sia sta-to interessante questo mio artico-lo, se così può chiamarsi, che ! no a pochissimo tempo fa non avrei mai scritto. Sicuramente interesserà più uno scoop dell’ultima ora o la polemica su questo o quell’altro, ma non è quello che vogliamo fare, o almeno credo. Comunque questo cammino non so quanto sarà lungo, ma posso dire che ! no ad adesso è stato bellissimo.

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Page 8: L!NK Maggio 2011

O P Q R S T U V W R X Y PZ [ \ ] ^ _ ` a b c d e Z _ ` f g c h e i f b _c Z g _ j _ k l \ \ l \ mn o R T X U Pp q q r i c _ s c r Z f g c t r ` r Z j _ b c _ j ru a v a a w w x y z h z { z x h v | }y c _ | ~ � c _ � c r � \ { ^ \ m � k a b r c _ � � � �

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