Libellula Numero 1

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Libellula Lunedì30maggio2011 1 LIBELLULA Liceo Cantonale Bellinzona Anno zero Numero 1 1 Franco Lunedì30maggio2011 G G R R A A N N D D I I Q Q U U A A N N T T O O I I L L G G I I O O R R N N A A L L I I N N O O N ella libellula troverai le intervi- ste a Mauro Lustrinelli e Pao- lo Duca; qualche spunto di riflessione sul liceo che vivia- mo; un commento ad un'ini- ziativa; una nuova al liceo; un ritrovato femminismo; l'importanza di una materia scolastica; una proposta all'Assemblea de- gli studenti; la recensione di un romanzo; qualche scatola; una rubrica; la lotta sepa- ratista d'Irlanda ed altro ancora. Puoi trova- re la versione virtuale sul sito del liceo oppure acquistarla a scuola al prezzo di un franco: l'intero ricavato sarà versato nella cassa degli studenti. Questo è evidente- mente il primo numero, tuttavia la libellula può sopravvivere solo con il tuo contribu- to. Se hai qualcosa da dire, scrivi alla Commissione, se l'articolo è idoneo, nel prossimo numero ci potrebbero essere le tue idee e convinzioni. A questo punto, vi- sto che hai posato gli occhi su questa co- pia, essendo visibilmente interessato: non ti resta che leggermi.

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il primo numero!

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Lunedì30maggio2011

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N ella libellula troverai le intervi-ste a Mauro Lustrinelli e Pao-lo Duca; qualche spunto di riflessione sul liceo che vivia-mo; un commento ad un'ini-

ziativa; una nuova al liceo; un ritrovato femminismo; l'importanza di una materia scolastica; una proposta all'Assemblea de-gli studenti; la recensione di un romanzo; qualche scatola; una rubrica; la lotta sepa-ratista d'Irlanda ed altro ancora. Puoi trova-re la versione virtuale sul sito del liceo

oppure acquistarla a scuola al prezzo di un franco: l'intero ricavato sarà versato nella cassa degli studenti. Questo è evidente-mente il primo numero, tuttavia la libellula può sopravvivere solo con il tuo contribu-to. Se hai qualcosa da dire, scrivi alla Commissione, se l'articolo è idoneo, nel prossimo numero ci potrebbero essere le tue idee e convinzioni. A questo punto, vi-sto che hai posato gli occhi su questa co-pia, essendo visibilmente interessato: non ti resta che leggermi.

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PRESENTAZIONECari lettori,è con questo primo numero che nasce la Li-bellula, il rinato giornalino del LiBe. Come redazione intendiamo fornire l’impulso ini-ziale per questo progetto, augurandoci che proprio voi lettori possiate dare un ampio contributo alla stesura di successivi numeri scrivendo di ciò che più vi interessa. Per ini-ziare nel migliore dei modi, quella che spe-riamo possa diventare un’ampia e redditizia collaborazione, partiremo appunto dalle buone maniere, raccontando-vi qualcosa di più su di noi.

MATTEO SNOZZI:Di terza liceo; sono stato immischiato nell’attivismo studentesco dai miei amici, non sono nel SISA, non sono una zecca: il giornale e il Comitato non è roba solo per comunisti. Non sono mai stato capace a scrivere bene, non sono il capo, non ho l’au-to, ho una moto che ha trentasei anni. So-no fissato con l’ordine, seguo il Bellinzona calcio, ma sono uno sportivo fallito. Parlo a vanvera e talvolta sono di un incontentabi-le cinismo ingiustificato. “Chiedo scusa: mi sono un po' lasciato andare, come si suol di-re” cit. Prof. Manz

SAYRA GIANINI:Attualmente frequento la terza liceo, ma spero ancora per poco… Ho accettato di aderire al Comitato in un momento di pura euforia nel periodo carnascialesco, e dopo un breve periodo di pentimento ho conclu-so che male non poteva farmi. Da diversi anni mi sono appassionata alla fotografia; ciò che faccio non è una ricerca di consensi bensí ciò che mi sento di fare. Di me dicono che sono ostinata, che non parlo... Ma grido e che sono facilmente irri-tabile: sono tutte cose vere, alcuni li trova-no pregi altri difetti, guardate un po' voi… La frase che mi caratterizza maggiormente? “Ho sempre un piano B”.

HAKIM INVERNIZZI:Dunque: al di là del fatto che non ho assolu-tamente nulla da dirti in quanto non ri-tengo che tu debba sapere niente di me in più di ciò che scrivo nei miei articoli, posso comunque condividere delle informazioni. Sono spesso in contrasto con Snozzi ri-guardo l’impostazione del giornale e ho intenzione di farlo uscire dai giochi riu-

scendo in qualche modo ad affibbiargli del lavoro d’ufficio che lo tenga occupato. Sfortunatamente al momento sono l’impa-ginatore - Affermazione infondata n.d.R. - e dunque sono io a fare il lavoro d’ufficio, ma questa situazione non durerà molto. Ho votato contro questa sezione delle pre-sentazioni perché sono sicuro che convincerà il lettore a chiudere immediata-mente il giornale dopo aver letto le inquie-tanti righe che riempiono questa pagina: ho ragione?

LORENZO VICENTINI:Ispirato dalle presentazioni di Matteo e Ha-kim ho deciso che dovevo dire qualcosa di veramente importante di me: ogni se-condo martedì del mese il mio colore prefe-rito è il rosso, gli altri giorni il verde; apprezzo quando qualcuno viene da me da pari a pari a darmi qualche consiglio, ma detesto chi dall’alto mi impone delle restri-zioni. Detesto qualsiasi forma di estremi-smo a meno che la persona in questione non sia romanista; la mia frase preferita è : “Lasciate questo mondo un po’ migliore di quanto non l’avete trovato e, quando suonerà la vostra ora, potrete morire felici nella coscienza di non aver sprecato il vo-stro tempo, ma di avere fatto del vostro meglio” cit. Baden Powel. Non mi piace chi mangia tanto, ma disprezzo chi mi vuol far credere che dopo solo due piatti di pasta sia già sazio; non metto l’accento su da - voce del verbo dare.

SIMONA PIROLINI:Sono un'allieva di terza, tra le poche purtroppo ragazze che frequentano il corso Fam. Sono appassionata di politica e di-pendente dai telefilm. Tifo ACB e HCAP, accoppiata che sicuramente non annoia, soprattutto verso la fine dei campionati… Sogno l’automobile e giro su un motorino - o meglio motorina… Penso sempre in ro-sa!. Una delle mie citazioni preferite è: “Non si combattono le battaglie che si pos-sono vincere, si combattono le battaglie che vanno combattute”.

NICOLA MARTINETTI:Non ho ancora ben capito l'utilità di questa presentazione, comunque sia a grandi li-nee ho aderito a questa iniziativa per varia-re le mie attività: girare i pollici e grattarsi la pancia dopo un po' diventa noioso. Faccio tutto quello che devo fare all'ultimo momento, compreso svegliarsi alla matti-

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LibellulaL u n e d ì 3 0 m a g g i o 2 0 1 1 3 na, e questa peculiarità mi vale le cariche di Last minute e n'dormentato. Tifo Ambrì-Piotta, Bellinzona e Arsenal, quindi potete capire i commentini che ricevo al lunedì mattina dopo le partite del week end. Ascolto tutti i tipi di musica, dalla tunz tunz alla classica - sì, sì, certo - ma predili-go principalmente il buon rap, del buon hip-hop e gruppi come gli AC/DC ed i Drop-kick Murphys. Sono innamorato dei co-siddetti States, dove non vedo l'ora di tornare, e di tutto ciò che li riguarda, film e telefilm compresi. Ah, sono anche invi-schiato fino al collo nella lotta al raggiungi-mento del passaggio dalle due alle quattro ruote. Ora, siccome tutti hanno buttato là un motto di vita, io cito una frase che al posto di andare bene per me va bene per il giornalino: “La differenza tra letteratura e giornalismo consiste nel fatto che il giornalismo è illeggibile e la letteratura non viene letta” cit. Oscar Wilde.

GIANINI SAYRA

SPORT E SCUOLA

Q uante volte vi è capitato di senti-re frasi del genere: "Domani non posso venire ad allena perché devo studiare per un espe!" oppure "Ho preso ins.

perché giocavo e dopo ero stanco e non ho più studiato"?Non so voi, ma a me è capitato spesso. Ed allora, magari anche inconsciamente, pian piano, si affaccia nella mente una do-manda che puntualmente ritorna, sempre più forte, fino a rimbombare: vale davvero la pena mettere a rischio il proprio rendi-mento scolastico per praticare lo sport? Ma anche, vale la pena penalizzare un possibi-le futuro fuoriclasse facendogli sorbire ore ed ore di materie scolastiche sacrificando tempo prezioso per gli allenamenti? Lanciando uno sguardo oltre l'atlantico, per fare un esempio, pare che praticare entrambi ad alto livello sia fattibile poiché quasi tutte le high school e quasi tutti i college danno la possibilità ai propri talenti di seguire un programma che permette lo-ro di allenarsi frequentemente nei vari sport (come il baseball, il football america-no, l'hockey, il basket, il lacrosse) e al contempo seguire con successo gli studi. Purtroppo o per fortuna, a dipendenza dei

punti di vista, nel nostro paese la situazio-ne è molto differente e nel contempo molto chiara, in quanto se si intraprendo-no degli studi a livello superiore la scelta di continuare a praticare dello sport di-venta una lama a doppio taglio: pochi rie-scono a portare a termine gli studi praticando ancora sport ad alto livello e molti si vedono costretti ad abbassare il li-vello di agonismo o addirittura smettere.Ma allora non si potrebbe introdurre un modello come quello made in U.S.A. anche in Svizzera, o perlomeno in Ticino dato che ci interessa più da vicino? Alcuni passi so-no stati mossi in tal senso, ad esempio si è creata la Scuola professionale per sportivi d’élite di Tenero, ma è evidente che pro-getti simili, seppur buoni, non sono neanche lontanamente paragonabili a quelli statunitensi.Per discutere ed approfondire queste te-matiche mi sono avvalso dei pareri di due sportivi ticinesi che questa situazione l'hanno vissuta o la stanno ancora vivendo sulla loro pelle: Paolo Duca (capitano dell'HCAP) e Mauro Lustrinelli (capitano dell'ACB), che si sono gentilmente messi a disposizione per rispondere ad alcune do-

Mauro Lustrinelli, capitano ACB

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LibellulaL u n e d ì 3 0 m a g g i o 2 0 1 1 4 mande.

Allora Paolo e Mauro, qual era (è) la vostra materia preferita? MAURO: La matematica (ride n.d.r.). PAO-LO: A quindici anni ho scelto di intraprende-re il liceo letterario (ai miei tempi era detto ancora “tipo B”), quello che contemplava il latino e poneva l’accento sulle materie uma-nistiche. Ben presto mi son purtroppo reso conto che il latino non era il mio forte e che ero molto più portato per le materie scientifiche come la matematica, la fisica o la chimica.

E quella che più odiavate (odiate)?MAURO: L'inglese. PAOLO: Non ho mai odiato nessuna materia in particolare, forse anche perché ho sempre avuto ottimi insegnanti che rendevano interessanti le lo-ro materie.

Pensate che un giovane talento possa sfondare nello sport a livello professionistico e al contempo portare a termine degli studi, o de-ve scegliere fra uno o l'altro?MAURO: Certamente può, io ne sono un esempio! Bisogna però essere in grado di organizzare bene il tempo e soprattutto sa-pere ciò che si vuole e come raggiungerlo. Non è facile, ma è possibile, basta volerlo e metterci tutto l'impegno per ottenerlo. PAOLO: Generalmente si possono fare entrambe le cose. Dipende molto dalla fa-coltà che si sceglie e dallo sport che si prati-ca. Onestamente non penso sia possibile gareggiare in Formula 1 e nel contempo stu-diare medicina!

E voi, quando avete capito di po-ter fare dello sport il vostro mestie-re, come avete deciso di proseguire nella vostra carriera scolastica?MAURO: A me è giunta l'occasione di di-

ventare professionista dopo aver finito il se-condo anno di Università a Lugano (facoltà di Scienze economiche n.d.r.). Sono co-munque riuscito a portare a termine gli stu-di e a prendere il diploma nonostante gli impegni sportivi (che per me sono da consi-derare impegni lavorativi). PAOLO: Ho co-minciato a pensare in modo serio all’hockey all’età di quindici anni, ma dal punto di vista scolastico non è cambiato as-solutamente niente. Ovviamente l’impegno e i sacrifici sono cresciuti, ma so-stanzialmente la mia vita non ha subito grandi cambiamenti.

Qual é il voto peggiore che avete preso?MAURO: Mi è capitato di prendere dei due... PAOLO: La nota in assoluto peggiore che abbia mai preso è un uno in Informati-ca e Statistica all’Università di Zurigo perché non mi sono presentato all’esame e non mi ero disiscritto in tempo. Mentre l’esame peggiore che ho scritto di pugno è stato una versione di latino in terza liceo, se mi ricordo bene la nota era un tre secco.

E quale migliore?MAURO: Be' mi è capitato di prendere anche dei sei! PAOLO: Probabilmente l’esa-me di Informatica e Statistica sempre all’Università di Zurigo. Mi ricordo che, non essendomi presentato la prima volta ed avendo quindi preso un uno secco in pa-gella, avevo la pressione di dover passare l’esame a tutti i costi, altrimenti mi avrebbero buttato fuori dalla facoltà di eco-nomia. Per fortuna un mio caro amico, nonché ex compagno di squadra quando giocavamo ancora per l’HC Ascona, era as-sistente di Statistica e mi ha preparato alla perfezione. Il risultato è stato eccellente: miglior esame su circa duecento studenti!

Pensate che uno sportivo d'élite, terminata la sua carriera, debba trovare un lavoro oppure può permettersi di vivere per così dire "di rendita"? Se sì, gli studi intra-presi in precedenza credete possa-no facilitarlo oppure basterebbe “la fama”? MAURO: Dipende, sono pochi che lo fanno perché hanno guadagnato abbastanza da non dover o voler più lavorare, ma gene-ralmente in Svizzera è quasi impossibile. PAOLO: Dipende da quanto ha guadagnato in carriera, ma soprattutto da quanto è riu-scito a risparmiare (ride n.d.r.). A mio mo-

Paolo Duca, capitano HCAP

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LibellulaL u n e d ì 3 0 m a g g i o 2 0 1 1 5 do di vedere, gli studi sono sicuramente ne-cessari, mentre la fama, se caso, può aiu-tarti a trovare un posto di lavoro.

Se vi trovaste a dover parlare a dei giovani talenti emergenti, che consiglio dareste loro riguardo al rapporto carriera sportiva-futuro scolastico?MAURO: Gli studi ti arricchiscono a livello culturale e sono un bagaglio importante per ogni persona. Possono aiutarti sia du-rante la carriera sportiva che nel postcarrie-ra (ad esempio nelle negoziazioni contrattuali, nelle relazioni con le persone e con i media, nella comunicazione, ecc.). PAOLO: Personalmente direi loro che si pos-sono fare entrambe le cose, anzi, che fare entrambe le cose è più bello.

Qual è stata la vostra maggior soddisfazione a livello sportivo? E a livello scolastico?MAURO: A livello sportivo le maggiori soddi-sfazioni sono state la partecipazione alla Champions League nel 2005 col Thun e la partecipazione al Mondiale in Germania nel 2006 (ottavi di finale) con la nazionale Svizzera. A livello scolastico di sicuro il di-ploma in Scienze Economiche all'Università di Lugano. PAOLO: A livello sportivo direi la conquista con l’Ambrì-Piotta della Su-percoppa europea, con lo Zugo la rimonta dal tre a zero nella serie dei quarti di finale dei playoffs del 2006-07 contro il Rappers-wil e la partecipazione ai Mondiali nel 2010 con la nazionale. A livello scolastico la maturità e il bachelor in Economia e a bre-ve dovrei poter aggiungere il master in Ma-nagement.

Per concludere, meglio un goal de-cisivo in un derby o un sei in una materia in cui siete (eravate) scarsissimi ?MAURO: Perchè non entrambi? PAOLO: Un goal decisivo in un derby dà sicuramente emozioni più forti!

NICOLA MARTINETTI

LA SCUOLA: I SUOI E I NOSTRI DOVERI

A l liceo si entra a 15 anni, anco-ra bambini, e si esce a 19-20 anni con la maturità e quindi si suppone maturi. Ma maturi in che senso? Nel senso che

poi si è pronti per affrontare la vita avendo una base su cui poggiarsi, o nel senso che poi si è una specie di enciclopedia vivente capace di recitare a memoria definizioni ri-guardanti diversi campi approfonditi in ambito liceale?Secondo me la tendenza attuale è più verso la seconda opzione. In quest’epoca a scuola viene insegnato a leggere e a scri-vere, a calcolare e a disegnare, ma ad insegnarci a pensare chi ci pensa? Chi ci viene a spiegare che dietro all’attacco della N.A.T.O. nei confronti della Libia ci so-no, in primo luogo, gli interessi economici dei paesi europei che hanno paura di perdere il petrolio e gli interessi di Francia? E più precisamente quelli di Sarkozy che probabilmente ha strumenta-lizzato tale attacco in vista delle imminenti elezioni per le quali vuole fare bella figura? Chi ci viene a spiegare che dietro alle campagne xenofobe dell’U.D.C. e della Le-ga dei ticinesi, proponenti leggi inapplicabi-li e che cavalcano l’onda delle paure nei confronti degli stranieri che loro stessi hanno contribuito a far nascere, non c’è nient’altro che l’egoistico tentativo di otte-nere più voti alle elezioni? Una persona che non approfondisce i temi d’attualità, per esempio leggendo il giornale tutti i giorni o parlando di questi temi con i geni-tori, certe cose non le viene a sapere. Se-condo me in questo caso dovrebbe entrare in gioco la scuola che, oltre che imbottirci di formule e definizioni, dovrebbe prepa-rarci alla vita fuori dalle aule, gettando fondamenta solide per permettere a ciascu-no di noi di poter interpretare, in maniera critica e il più oggettivamente possibile, la realtà.Di queste basi ai nostri giorni c’è un grandissimo bisogno. Ci sono molti fatti che provano che oramai la gente non s’interessa più di quello che la circonda poi-ché spesso non c’è nessuno che le apre gli occhi. Come esempio della realtà ticinese posso citare la vergognosa campagna anti-IRB, la quale sfrutta l’ignoranza della gente per evitare la costruzione del nuovo centro, cosa che sarebbe senza dubbio un durissimo colpo per Bellinzona. Un se-condo esempio potrebbe essere quello dell’iniziativa - fortunatamente respinta n.d.r. - del raddoppio del tunnel autostra-dale del San Gottardo: il progetto Alp-

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LibellulaL u n e d ì 3 0 m a g g i o 2 0 1 1 6 transit che costa allo Stato svizzero, e quindi a noi tutti, diversi miliardi di franchi, ha come scopo quello di ridurre il traffico su gomma, favorendo gli sposta-menti passeggeri e i trasporti merci su rota-ia per diminuire l’inquinamento come vuole l'iniziativa delle Alpi votata in passato. L’idea era quella di ridurre il traffi-co invece di costruire un secondo tunnel au-tostradale, proposta, questa dell’UDC, appoggiata da molti che asseconderebbe, invece, la tendenza ad un aumento del traffico autostradale. A mio avviso ciò è contraddittorio, ma è solo una mia opinio-ne.Nessuno, in parole povere, ci apre gli occhi. Ma quanti li vogliono davvero apri-re? Io non voglio che questo articolo sia una critica a senso unico contro la scuola come, emerge da ciò che ho scritto finora. Voglio anche ricordare agli studenti e ai gio-vani in generale che se le cose non funzio-nano in politica ma anche nella realtà del nostro liceo non è solo colpa “di chi co-manda”. Se durante tutto un anno scolasti-co in una materia si passano più lezioni a guardare film che a fare teoria e poi il do-cente si mette a giocare al solitario al computer durante le verifiche, permettendo agli allievi di copiare la prova scritta dagli altri, uno studente dovrebbe chiedersi se è per questo che si è iscritto al liceo. Al posto di restare indifferente sfruttando la situazione per bigiare o per fa-re altro dovrebbe cercare in qualche modo di cambiare la situazione e non semplice-mente di accettare i fatti come gli si pre-sentano. Troppo spesso gli studenti non sfruttano le potenzialità che la scuola offre a causa del proprio disinteresse. Molti studenti non si rendono conto che al liceo s’impara a cono-scere, oltre che le scienze, anche la nostra cultura. Non si accorgono che studiando le opere di personaggi come Dante, Manzoni, Platone, Ovidio e molti altri si conosce la ba-se del pensiero moderno, le proprie origini e si viene confrontati con problematiche tuttora attuali. Gli studenti non si rendono conto e quindi non s’interessano alla mate-ria etichettandola con pregiudizi infondati, cosa che non porta ad altro che ad un impo-verimento del proprio bagaglio culturale. Troppo spesso si sente dire che a qualcuno non piace una materia perché a suo avviso

quello che viene insegnato non serve a nulla, senza pensare al fatto che non si studia solo per imparare cose utili ma anche per imparare cose belle che appa-rentemente non ha nessuna utilità studia-re. Ad imparare le cose utili sono capaci tutti gli animali: il lupo impara a cacciare in gruppo per permettere il sostentamento del branco, gli uccelli imparano a volare per poter trovare cibo e per migrare; ma solo l’uomo, però, riesce a cogliere la bellezza di una poesia, di un quadro o di un canzone. Solo l’uomo può, ma per po-terlo fare deve essere disposto ad aprire la mente e il cuore a queste opere, non chiu-dersi in una campana di vetro eretta da pregiudizi e pigrizia. Per volare non basta avere le ali, bisogna anche sbatterle. Que-sto disinteresse mostrato dagli studenti nei confronti di ciò che al liceo viene loro proposto, porta i docenti a cambiare pro-gramma rendendolo più ricco di nozioni e definizioni, cioè cose “più utili”. In questo modo risulterà più noioso e meno variato. Oppure porta a casi come quello del do-cente citato prima che come risposta all’indisponibilità degli studenti riduce la mole di lavoro e, visto che nessuno si la-menta, non si rende conto di sbagliare me-todo peggiorando la qualità del proprio insegnamento e penalizzando gli studenti che al liceo sono venuti per imparare qualcosa.Con quest’articolo ho voluto mostrare che se la scuola o più in generale lo Stato ha degli obblighi verso lo studente o il cittadi-no anche quest'ultimo ha degli obblighi verso lo Stato. Non si può vivere solo di di-ritti, ma bisogna anche prendersi le pro-prie responsabilità e far fronte ai propri doveri. Le istituzioni devono fornire al singolo individuo le basi per guardare con occhio critico ciò che lo circonda, ma l’indi-viduo deve andare contro le cose che non funzionano e non restare a guardare come se niente di quello che capita lo riguardas-se.

VICENTINI LORENZO

NOVITÀ AL LICEO

D opo grande attesa è fi-nalmente nato il gruppo di Amnesty International del Li-ceo di Bellinzona (scaturito

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LibellulaL u n e d ì 3 0 m a g g i o 2 0 1 1 7 grazie all’impegno congiunto di studenti e professori). L’entusiasta gruppo si è ritro-vato per la prima volta martedì 19 aprile. È stato fatto il punto della situazione e si è discusso delle azioni da intraprendere - per restare aggiornati basta seguire le co-municazioni affisse man mano all’albo e nei corridoi. Tra i vari incontri, ve ne è stato pure uno con il gruppo giovani del Li-ceo di Lugano 2, al fine di conoscersi e pia-nificare le attività future, tra le quali una partecipazione congiunta ai festeggiamenti per i 50 anni dalla fondazione di Amnesty International. Nuove adesioni sono sempre ben accette!Passiamo ora alla storia di Amnesty International - non sbuffare e continua a leggermi, sono interessante… - Ci trovia-mo nell’Inghilterra degli anni ’60, ed un avvocato - tale Peter Benenson - legge il giornale recandosi al lavoro. Tra i vari arti-coli ve ne è uno particolarmente scioccante: due studenti sono stati arre-stati dal governo portoghese - allora una dittatura - per aver brindato, in un risto-rante, alla libertà delle colonie. Indignato, il 28 maggio 1961, scrive un articolo sul quotidiano inglese The Observer intitolato The Forgotten Prisoners - I prigionieri di-menticati. Il suo scopo, oltre a quello di salvare i due ragazzi, è quello di sensibi-lizzare i lettori sulle numerosissime violazio-ni dei diritti umani, ignorate o affrontate passivamente. Chiede quindi loro di unirsi a lui e, tutti insieme, scrivere al governo

portoghese affinché i due giovani vengano rilasciati - e non, come già deciso, di condannarli ai lavori forzati nelle colonie portoghesi). Ovvero chiede un’amnistia. Con grande stupore di Benenson sono mi-gliaia le persone - delle più svariate nazio-nalità - che si mettono in contatto, ed assieme organizzano la prima campagna internazionale in difesa dei Diritti Umani. È nato Amnesty International! Grazie alla grande quantità di lettere i due studenti vengono così liberati.Il giorno in cui i diritti umani saranno uni-versalmente riconosciuti e rispettati, Amnesty International non avrà più alcuna ragione d’esistere. Ma fino ad allora si batterà con ogni mezzo presso i Governi di tutti i Paesi.

PIROLINI SIMONA

INIZIATIVA ANTIBURQA

Come tutti dovrebbero sapere anche il Ticino sarà chiamato alle urne per decidere sulla questione di introdurre o no nella costituzione una legge

che vieti la dissimulazione, ovvero la copertura del volto in pubblico. Quest’iniziativa ha come unico scopo, oltre che vietare ai cosidetti hooligans e black block, movimenti inesistenti in Ticino, di

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LibellulaL u n e d ì 3 0 m a g g i o 2 0 1 1 8 coprirsi il viso con sciarpe o passamontagna, anche quello di vietare che donne mussulmane indossino il burqa. Qui di seguito commenterò i tre “attori” che subiranno le conseguenze di questa legge: black bloc è una strategia di manifestazione: si manifesta con uso di violenza, con vestiario scuro - per non essere distinguibili l’uno dall’altro - e con il viso coperto. Questa strategia non si è mai vista applicata in manifestazioni ticinesi. Gli hooligans invece, come molti sanno, sono i gruppi di tifosi che usano spesso violenza per intimorire le tifoserie avversarie. Essi, come il nome suggerisce, sono tifosi inglesi e non svizzeri. Questo tipo di, scusate il termine, cultura, oppure movimento non è affatto diffuso alle nostre latitudini. Il burqa è un vestito che talvolta è indossato da donne mussulmane. Io personalmente di donne con il burqa non ne ho mai viste. In Ticino infatti ce ne sono pochissime.I black bloc e gli hooligans in Ticino non esistono come già detto. Anche se esistessero non penso che per compiere atti illegali si farebbero problemi a coprirsi il volto anche se questo atto fosse illegale. In qualunque caso tutti i cittadini svizzeri dispongono di una carta d’identità che possono mostrare e inoltre, non ritengo che lo sforzo di abbassare una sciarpa o di sfilarsi un passamontagna per farsi riconoscere sia tanto grande da dover rendere illegale un simile accessorio.Per quanto riguarda il burqa non mi meraviglio che lo si voglia rendere illegale vista la progressiva e repentina xenofobizzazione della nostra società. Posso capire che questo capo d’abbigliamento sia un sintomo di sottomissione della donna all’uomo ma con una legge non si migliora la situazione. Per fare un reale passo avanti si dovrebbe indagare l’origine del problema e cercare di integrare maggiormente le persone colpite da quella che, vista la paura che se ne ha, sembra essere quasi una malattia. Non bisogna arredersi alle spiegazioni speciose, “che tagliano corto”, tutt'altro.Quello della sicurezza, a mio avviso, è solo un pretesto per sferrare un altro colpo ad un nemico invisibile che dovrebbe mietere centinaia di vittime all'anno, soprattutto in Ticino, Cantone in cui molto

spesso si sente parlare delle numerose vittime cadute nelle fauci di questa spietata bestia. Non bisogna dimenticare che la religione islamica annovera moltissime correnti, ma che solo le più violente, o fondamentaliste, fanno parlare di sé. È un nemico da sconfiggere ad ogni costo secondo alcuni, un'erbaccia da estirpare secondo altri, tuttavia per fortuna esiste ancora qualcuno che ha il coraggio di affrontare il discorso armato di buonsenso e dell’onestà ma soprattutto di cuore. Detto questo spero che, per gli allievi che abbiano già il diritto di voto nel nostro Cantone, scelgano prima di tutto che posizione prendere poi essere coscienti degli effetti che simili normative repressive possano, qualora vengano adottate, causare.

LORENZO VICENTINI

PER UN MONDO ROSATO

Se sei una lettrice, sono sicura che a breve capirai il senso del titolo. Se invece sei un ma-schio, guarda attentamente la scritta grande più in alto, da

una certa angolazione si vede una bottiglia di vino… Ho deciso di scrivere questo testo per dimostrare che la parità dei sessi è, ancora ai giorni nostri, pura fantascienza - tranquilla, non è un testo impegnato, non verranno quindi citati stipendi, impieghi, violenze, ...Partiamo dall’italiano… Non vi sale una certa rabbia pensando che, se un gruppo è composto da quaranta ragazze ed un solo ragazzo, si parlerà unicamente al maschi-le? Non siamo forse in grado di fare una semplice proporzione, come quella di qua-ranta a uno? Come si sa niente è perfetto, abbandoniamo quindi questo campo mi-nato ed andiamo tra le impressioni popola-ri. Una ragazza con diversi accompagnatori è di facili costumi - se si è fini nel linguaggio n.d.r -, mentre un ra-gazzo è un figo. Se non sposata, una donna è una vecchia zitella, l’uomo di-versamente è uno scapolo d’oro. Una cosa che mi fa veramente innervosire è trovare quel di dopo aver scritto nome e cognome. Prima di tutto io sono io e non di qualcu-

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no, in secondo luogo per quale motivo do-vrei scrivere il nome di mio padre e non quello di mia madre, dato che sono entrambi miei tutori legali - legalmente pari-tari! - ? Uno dei luoghi comuni più ri-correnti è quello della ragazza che sperpera la paghetta tra vestiti e trucchi. Ah sì ?! Le scuole medie - ma non solo - brulicano di giovani piastrati più attenti all’abbigliamento di una debuttante al suo ballo.Va bene, per oggi ho finito di bistrattare il genere umano maschile… Mi raccomando, se sei una ragazza che vuole farsi sentire e fregare i maschi o un ragazzo che vuole replicare e tentare di riscattarsi, scrivi al no-stro indirizzo [email protected]. Fate in modo che questo sia solo il primo di numerosi articoli.Lo so, sono troppo buona: ehi tu, ragazzo che stai girando il foglio cercando di vede-re la bottiglia. Non c'è nessun disegno! Ro-sato è riferito al colore rosa, simbolo femminile, e non al vino. (Test già fatto ad un compagno, non ci è arrivato… La scena è stata decisamente divertente!)

PIROLINI SIMONA

L'IMPORTANZA DELLA STORIA

Sin dai primi anni di scuola ele-mentare sono inserite nel pro-gramma scolastico alcune ore di storia e geografia, accomu-nate sotto la denominazione di

ambiente. L’approfondimento di queste materie è evidentemente in relazione con la giovane età degli allievi e riguarda principalmente un contesto regionale. A partire dalla scuola media si passa invece ad una visione più continentale, prendendo in considerazione le grandi ci-viltà, come quella egizia, greca e romana, per poi arrivare a toccare i primi secoli del Novecento. Una volta che si raggiunge il li-ceo gli argomenti trattati alla scuola media vengono ripresi e ritrattati in modo più approfondito rispetto a quanto fatto du-rante i quattro anni precedenti.La storia, intesa come materia scolastica, ha pertanto un importante rilievo all’interno del processo di scolarizzazione. Molte volte questa disciplina viene però vi-sta come una materia noiosa e, in alcuni casi, inutile. Quando si segue una lezione di storia o quando si studia per approfondi-re un determinato argomento non sempre si trova infatti l’immediatezza, e dunque l’utilità, che si è abituati a cercare in una società che fa dell’utilità una sua colonna portante. Inoltre, la storia è spesso vista come una materia lenta, che tratta avveni-menti estremamente distanti dal contesto contemporaneo. Anche in questo caso l’aspetto dell’utilità arrischia di passare in secondo piano.Tali aspetti è dunque facile che si trasformi-no in una sorta di effetto deterrente per lo studente, il quale è facile trovi un’attività alternativa più interessante con la quale rimpiazzare lo studio della storia. Va co-munque detto che un’importante fetta di responsabilità circa l’interesse dell’allievo alla disciplina storica sta sicuramente sulle spalle del docente che, con il suo metodo di insegnamento, può favorire o dissuade-re l’interessamento per la sua materia. È così perfettamente comprensibile che se un docente imposta la sua lezione me-diante un nozionistico elenco di date o

Yes, we can

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LibellulaL u n e d ì 3 0 m a g g i o 2 0 1 1 1 0concetti separati tra loro, questo porta ad un calo generale dell’interesse degli allievi verso quanto spiegato, sebbene sia magari un argomento importante. Naturalmente non si può però pensare di insegnare sto-ria senza l’utilizzo delle date, visto che es-se sono indispendabili per situare nel tempo un determinato avvenimento. Perso-nalmente ritengo quindi che un docente di storia, come peraltro anche qualsiasi do-cente, debba in qualche modo cercare, nel limite del possibile, di interagire con i pro-pri allievi, insegnando in modo opportuno la propria materia.Il fatto di apprezzare ed interressarsi maggiormente alla storia ha però un ri-scontro ben più importante che quello improntato esclusivamente al consegui-mento di un buon risultato in una verifica od in una presentazione ai compagni. Il ruo-lo di una materia come la storia deve infatti essere quello di permettere all’allie-vo di sviluppare un certo senso critico in re-lazione al mondo in cui egli si trova inserito. Avendo delle conoscenze in campo storico possiamo infatti capire in ma-niera più completa gli avvenimenti che contraddistinguono la nostra epoca. Anche la storia degli ultimi secoli - in particolar modo Ottocento e Novecento - assume dunque un’importanza fondamentale. Molto spesso nella storia si trovano infatti insegnamenti ed importanti risposte circa problematiche attuali. Lo strumento stori-co non può però essere infallibile, alcune volte si nota infatti che gli insegnamenti che l’umanità avrebbe dovuto trarre dalla storia non vengono poi concretamente ri-spettati a causa di, ad esempio, interessi economici o politici. Questo fatto apre però un’altra problematica, non direttamente le-gata all’importanza della storia, ma piutto-sto ad aspetti riguardanti la natura umana. Tornando al discorso originale, penso inoltre che nella nostra società molte cose siano date per scontato, non si pensa qua-si mai che tutti i diritti che noi diamo, fortu-natamente, per acquisiti sono stati frutto di importanti processi storici che hanno se-gnato in modo indelebile il nostro modo di pensare e di vedere la realtà.Riassumendo, si può così concludere come la storia non debba essere una materia sco-lastica fine a sé stessa, ma debba essere una disciplina che permetta di guardare il

passato per capire il presente (con tutti i difetti che lo caratterizzano) e per cercare di migliorare il futuro. Il ruolo della storia deve dunque ritornare prepotentemente in primo piano, per dimostrare che dietro ad ogni conquista ci sono state persone che hanno agito al fine, appunto, di cercare di costruire un futuro migliore per le genera-zioni dell’avvenire.

SCACCHI RAPHAËL

STAMPA INTERNA -ZIONALE

Ogni tanto, quando leggo La Regione Ticino, mi chiedo: ma nel resto del Mondo cosa sta accadendo? Questa do-manda nasce dal fatto che

dai quotidiani ticinesi, a livello internazio-nale, si vengono a sapere solo i fatti più eclatanti, mentre tutto il resto del giornale è occupato da notizie riguardanti affari interni, augurî di compleanno e annunci mortuarî.Io ritengo che in una scuola come il liceo occorrerebbero dei giornali più eruditi, che approfondiscano le notizie d’attualità e che non si limitino alla cronaca locale. Come

Proposta all'Assemblea

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LibellulaL u n e d ì 3 0 m a g g i o 2 0 1 1 1 1complemento ai giornali ticinesi io pro-pongo all'Assemblea di introdurre, pagando gli abbonamenti annuali, settima-nali come l'Internazionale oppure quotidia-ni come La Stampa, Il Corriere della Sera, Neue Zürcher Zeitung e chi più ne ha più ne metta. Secondo me varrebbe la pena introdurre almeno l’Internazionale, poiché dà un quadro generale di ciò che succede in tutto il Mondo e approfondisce in modo più completo gli argomenti trattati. Esso è un settimanale italiano che traduce articoli da giornali e riviste entrambi provenienti da diversi paesi. Ritengo che sia un foglio molto interessante e molto competente.

VICENTINI LORENZO

IL NOME DELLA ROSA

V iaggio in una abbazia del bas-so Medioevo colpita da tre-mendi omicidî: si ritrovano il pensiero di Aristotele, echi danteschi, in una coinvolgente

indagine svolta in un monastero all'inizio dell'epoca dei comuni dove la forza signori-le nelle città comincia a stravolgere i para-digmi delle abbazie, le quali da circa ottocento anni custodiscono gelosamente li-bri che contengono il sapere occidentale e mediorientale. Il romanzo è intitolato Il no-me della Rosa, scritto da Umberto Eco, edi-to da Bompiani.I protagonisti sono due frati: Guglielmo da Baskerville, ex inquisitore, francescano, più aperto ad accettare i beneficî della tecnologia, voluto dall'abate per risolvere l'intricata serie di omicidî all'interno delle mura; lui riassume una figura, il detective aristotelico, attento ad ogni dettaglio, il qua-le fa da maestro a Adso, il nostro narrato-re, novizio dell'ordine, meno aperto alle nuove scoperte, dei benedettini. Oltre alla coppia intrusiva, in secondo piano, chi più chi meno, ci sono gli altri frati, soprattutto miniatori, coinvolti nelle vicende. Il ro-manzo oltre ad essere un giallo, ha la narra-zione e la struttura scandita da tempi precisi, le ore canoniche, un espediente che induce il lettore a costruirsi la scena distinguendo giorno, momento di lavoro e contemplazione, da notte teatro perfetto di assassinî, incontri stravolgenti, incursio-ni nell'Edificio, sede della biblioteca, accessi-bile solo attraverso cunicoli segreti che

portano al labirinto dove sono custoditi i volumi; i capitoli sono suddivisi in sette giorni, i sottocapitoli in ore con l'aggiunta di rubriche riassuntive tipiche del tempo; certe volte si assiste a scambi di battute in latino che non compromettono però la leggibilità, anzi trasportano con sé l'aria del tempo. Il tempo è fissato intorno al Milletrecento dove si assiste al lento decli-no del ruolo delle abbazie, allo scontro tra fazioni polarizzate all'interno della Chiesa prima del concilio di Trento, cioè nel perio-do della cattività avignonese. Le dottrine si scontrano tra orgogliosamente poveri e mendicanti contro rigogliosamente ricchi e vicini alla Curia, in mezzo l'ordine france-scano, più aperto, solidale, giusto, inno-vatore. Alla narrazione si affiancano

diverse digressioni storiche, tra cui l'inqui-sizione dei fraticelli eretici, i rapporti con la popolazione circostante, le nuove conqui-ste tecnologiche che si intrecciano con il giallo da risolvere. I luoghi dell'abbazia ri-specchiano l'alta organizzazione della citta-della, ma oltre al carattere funzionale si aggiunge quello mistico nel caso dell'Edifi-cio, gioiello secolare protetto gelosamente, palazzo con all'interno lo scriptorium e la

La copertina

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LibellulaL u n e d ì 3 0 m a g g i o 2 0 1 1 1 2biblioteca. Quest'ultima di notte cambia volto, da deposito accessibile solo al biblio-tecario diventa luogo oltre che proibito, pe-ricoloso, tremende allucinazioni provocate agli intrusi le connotano un alone magico, frati eccessivamente magnanimi, muoiono per aver cercato di svelare segreti celati da secoli. Tocca a Guglielmo e Adso districa-re questi reconditi nodi, mettere ordine logi-co agli eventi, stilare la mappa del labirinto nell'Edificio se vogliono vera-mente risolvere il giallo, ma diversi attori si metteranno in mezzo, moriranno, l'esito delle ricerche è incerto, il romanzo invece lodevole.

SNOZZI MATTEO

LA SCATOLA

P er poter discutere di televisio-ne, bisogna anzitutto averla guardata. Mi avvalgo della mia esperienza infantile – chi non è cresciuto guardando la televisio-

ne? - fino ad arrivare all'inizio del liceo, quando per motivi di tempo quella scatola è passata in secondo piano, prediligendo altre attività. Fatte le premesse, si passa alla questione principale di questo articolo -il mio scopo non è far perdere tempo (forse inconsciamente sì) su questo argo-mento - cosa rispondereste: televisione sì o no? A questa domanda manichea, si può non rispondere semplicemente con una sillaba ma aggiungere qualche ragiona-mento. Di seguito sono suggeriti dieci moti-vi per far tendere la risposta per tenerla spenta.1)Al fine di finanziare il palinsesto per offri-re una programmazione che faccia sceglie-re uno piuttosto che l'altro programma bisogna racimolare soldi, i quali sono prele-vati sì dal canone, ma principalmente dalle pubblicità menzognere, aberranti, di catti-vo gusto, ridondanti, cantilenanti, che oltre-tutto prolungano e di molto la durata di film soprattutto trasmessi dalle emittenti berlusconiane. 2)Piuttosto che seduto in poltrona si potrebbe uscire a scambiare qualche chiacchera con qualcuno. 3)Il ca-rattere antisociale della televisione non è palese, quindi vi faccio immaginare di esse-re ospitati in una cascina in montagna do-ve non ci sono i mezzi per installare una televisione: allora, che si fa? Si discute, si

gioca a carte insomma si passa il tempo in svariati modi ormai dimenticati, e noiosi? 4)La televisione predilige dei protagonisti affabili, di una bellezza immediata, ciò non corrisponde evidentemente alla realtà, va-le per tutti, vi toccherà guadagnare alme-no un miliardo per entrare a far parte della cerchia. 5)In televisione non c'è scelta, i programmi sono mandati in onda in base agli interessi generali che purtroppo spes-so non collimano con le esigenze del singo-lo. 6)Ciò che rimane di una trasmissione, del solito film è nulla. Meglio leggere. Pro-vare per credere. 7)L'amabile spazzatura che viene propinata troppo spesso annienta quel poco di contributo alla cultu-ra che viene ancora trasmesso, tuttavia è accettabile visualizzarla con almeno la consapevolezza del suo poco valore interio-re accontentandosi di quello estetico. 8)Le programmazioni sono tutte hollywoodiane. Magari, è difficile crederlo, ma fino agli anni ottanta la vicina penisola aveva un ci-nema invidiabile anche dagli americani. Sa-rebbe il caso di rispolverare film con un ritmo seppur lento ma di validi contenuti. 9)La televisione, o meglio le sue serie cercano insistentemente di far passare un modello moralisteggiante - come faccio io n.d.r - ad esempio in Everwood, oppure violentemente giustizialista, si pensi a Chuck Norris, o che danno un'aberrante rappresentazione di un ospedale, IR, o di un bordello per medici Grey's Anatomy. 10)Infine,come ultimo motivo, vorrei cita-re un grande cineasta: “Il cinema trae spunto dalla società, la società dalla televi-sione” cit. W. Allen. Pensateci.Per farsi un'idea di cosa significa oggi tele-visione, e guardarla con altri occhi, pubbli-cizzo un programma in onda da molti anni, uno dei più longevi, ma non per questo tra-sandati, su rai tre, da lunedì a venerdì, dalle 20:00: si chiama Blob. In sintesi, la trasmissione è fatta da una serie di video presi da tutte le emittenti con un titolo a lato talvolta ironico e questa serie è concatenata in modo da far riflettere sul punto a cui è arrivata infatti la televisione, per estendere il concetto alla società oppu-re alla politica, buona visione!

SNOZZI MATTEO

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LibellulaL u n e d ì 3 0 m a g g i o 2 0 1 1 1 3

TRA IL SERIO E IL FACETORubrica di 10 domandeposte a studenti e professori

Figurano solamente le risposte più divertenti.

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IRLANDA

È stata di grande rilevanza storica la visita del 17 maggio scorso della Regina Elisabetta II in Irlanda, la prima di un monarca bri-tannico dal 1911 - l'ultimo era

stato il nonno della stessa Elisabetta II, Gregorio V. La Regina certo non è la benve-nuta per tutti nella terra di San Patrizio. Non lo è dopo decenni di sanguinari attentati, rivolte violentemente represse, soprusi, e subordinazione irlandese alla co-rona britannica, all’imperialismo britanni-co. Un imperialismo che dura da tanto tempo, per alcuni addirittura da troppo,

ma che non sembra volersi fermare.Scontri sono avvenuti tra le forze dell'ordi-ne e i manifestanti che hanno deciso di sfi-dare i divieti imposti dalle autorità per esprimere il loro disprezzo verso la Regina e verso la Corona britannica scandendo di-versi slogan come “Fuori la Gran Bretagna dall'Irlanda!”. Ha provocato inoltre ulterio-re prurito, in un'Irlanda che rischia il crack economico a causa della crisi, sapere che per la passeggiatina della Regina sono stati dislocati oltre 10.000 uomini tra milita-ri e poliziotti, sono state pulite e riverni-ciate le facciate dei palazzi, per un costo totale di 30 milioni di euro che andranno a gravare sul budget nazionale. Nemmeno gli importanti mutamenti politici avvenuti intorno agli anni Novanta hanno prodotto grandi novità nello scontro tra le comunità etniche, politiche e religiose che abitano l’isola degli gnomi e delle fate; perfino il vento di cambiamenti politici e culturali che ha investito l’Europa sul finire del seco-lo, e che nel giro di qualche mese è stato in grado di abbattere il muro di Berlino, si è scontrato con la durezza delle scogliere dell’Ulster, senza apportare cambiamenti durevoli ed apprezzabili. Inutili si sono rive-late anche le mediazioni da parte degli Stati Uniti, dove risiedono una grande quantità di profughi irlandesi che con il tempo hanno formato una lobby molto po-tente - basti pensare ai grandi politici di ori-gine irlandese che si sono susseguiti al Governo statunitense, tra i quali i Kenne-dy; senza successo sono state anche le mo-deste ed incerte intrusioni delle Nazioni Unite e le periodiche e oltremodo formali iniziative dell’UE.

Troubles - tradotto disordini - così si è soli-ti chiamare - eufemisticamente - gli eventi avvenuti nell’ultima fase del conflitto, ini-ziata convenzionalmente nel 1968 e finita ufficialmente nel 1998. In questo periodo l'IRA - Iris Republican Army - e i gruppi paramilitari come l’UDA - Ulster Defence Association - e l’UFF - Ulster Freedom Fighters - hanno combattuto una lunga guerra fatta di attentati dinamitardi, omici-dî mirati, strategici, in un carosello di vio-lenza che ha investito l’intera isola, senza risparmiare nessuno. Si calcola che dal 1969 al 1993 siano rimaste uccise oltre 3.100 persone, di cui metà civili non affi-liati né ai gruppi paramilitari né alle forze di sicurezza. Benché le cifre possano sembrare irrisorie, vanno rapportare ad una popolazione di circa tre milioni e mezzo di persone - non meno di trent'anni quindi quasi una persona su mille è rima-sta vittima di attentati terroristici.Un segnale di avvio sulla via della pace vie-ne dato nel 1994 dall’IRA, dichiarando la "completa cessazione di tutte le operazioni militari", subito imitata dai gruppi paramili-tari antagonisti. Poco è stato fatto da parte dei politici irlandesi e dal governo inglese durante il cessate il fuoco, per cercare di

Iris Republican Army, anni Settanta

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LibellulaL u n e d ì 3 0 m a g g i o 2 0 1 1 1 5gettare delle solide basi di pace, e per porre la parola fine alla guerra. Non ci si è impegnati a sufficienza per cercare di conci-liare il 91.6% di cattolici della Repubblica d’Irlanda e il 51% di protestanti dell’Irlanda del Nord; non ci si è impegnati a sufficienza per, a dir poco, tentare di appianare le disparità razziali che esistono tra le comunità etniche - irlandesi e inglesi in maggioranza, ma anche i discendenti delle grandi dinastie scozzesi -; non ci si è impegnati a sufficienza per conciliare il verde e l'arancio, simboli di due etnie, due modelli politici, due fedi religiose che da de-cenni vivono profondamente divise. Così, solo dopo un paio d'anni di pace, l’IRA rompe unilateralmente la tregua con l’enne-simo attentato. Fortunatamente dopo solo un anno, nel 1997, l'IRA annuncia un nuo-vo cessate il fuoco, in seguito alle elezioni politiche che hanno portato al potere Tony Blair. Da allora la storia del conflitto è piuttosto caotica, e le informazioni ri-guardanti in primis l'IRA e i gruppi paramili-tari, sono alquanto frammentate. Ufficiale è però l'annuncio nel 2005 da parte dell'IRA della “fine della lotta armata” e che “d'ora in poi per realizzare l'unità d'Irlanda userà mezzi esclusivamente pacifi-ci”.Le ferite rimangono però indelebili: il 5 maggio si è ricordato il trentesimo anni-versario della scomparsa di Bobby Sands e compagni, morti per aver intrapreso uno sciopero della fame contro le ingiustizie del governo di Margaret Tatcher, la lady di ferro, nei confronti dei prigionieri politici irlandesi; e ancora non si possono dimenti-care le 34 vittime - uomini, donne e bambi-ni - uccisi il 17 maggio 1974, il bilancio giornaliero più grave in tutto l'arco del conflitto nordirlandese; e infine non si può tralasciare la domenica di sangue, Sunday, Bloody Sunday come canta Bono, quando, il 30 gennaio 1972, il primo Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell'esercito britannico aprì il fuco sulla folla che manife-stava per i diritti civili, uccidendo quattordi-ci persone.L'Irlanda è rimasta vittima della sua storia, dei suoi limiti e delle sue ombre del pas-sato. Costantemente si lavora per trovare una soluzione al conflitto, cosicche, come cantava Fiorella Mannoia, dal Donegal alle isole Aran/ e da Dublino fino al Connema-

ra, ci si possa sentire irlandesi liberi, abi-tanti di un'isola liberata dalla dominazione britannica.

COLOMBO MARTINO

CHIUSURA

Siete dunque giunti alla fine di quella che è la prima edizione da anni a questa parte del giornalino del liceo. Dubito che qualcuno sia arrivato a questa

pagina dopo aver letto tutto il giornale, perché è un’operazione che proverebbe chiunque. Con questo articolo non voglio discutere le vostre opinioni sulla qualità del nostro lavoro o addirittura sulla neces-sità di avere o meno un giornalino a scuo-la. Il mio intento è quello di trasmettere almeno in parte e per quanto mi è possibi-le quelle idee, quelle ispirazioni e quelle convinzioni che hanno portato alla creazio-ne del giornale.Al di là del promotore che da primo ha spolverato il regolamento apprendendo della possibilità di formare un comitato del giornale, mi interessa che sappiate quale concezione di giornale scolastico abbiamo sviluppato con il tempo. Radunatici dappri-ma in un gruppo scarno e senza avere nes-suna visione globale di ciò che si stava per fare, abbiamo discusso su come dovesse essere fatto il giornale, che tipo di articoli avrebbero dovuto trovarvi spazio, se ogni edizione dovesse avere una coerenza te-matica. Abbiamo discusso a lungo se si do-vesse vendere il giornale ad un prezzo simbolico al fine di dargli quel poco di valo-re che alcuni temevano non avrebbe avuto se distribuito gratuitamente, optando infi-ne per la vendita. Abbiamo discusso e nella maggior parte dei casi non ci siamo trovati d’accordo, talvolta neanche su que-stioni fondamentali, e anche adesso siamo lontani dall’unanimità. Quello che però non ha messo in dubbio nessuno è il valore che è verosimilmente alla base di un giornale scolastico. Cioè che il giornale scolastico è uno strumento degli studenti il cui scopo è di permettere la comunicazione fra loro - dove potenzialmente tutti possono scrivere e tutti possono leggere, senza alcun tipo di distinzione.Proprio questo aspetto non è presente in questa edizione. Siccome la formazione

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LibellulaL u n e d ì 3 0 m a g g i o 2 0 1 1 1 6del nostro comitato è avvenuta solo nel corso del tardo secondo semestre non sia-mo stati in grado di sviluppare una strate-gia efficace per rendere consapevole tutto il corpo studentesco della nascita e delle ne-cessità del giornale. Abbiamo dunque tentato di scrivere una breve edizione da noi, con il risultato che le pagine che tene-te in mano sono frutto di nostra iniziativa personale e coprono pertanto solo una piccola parte dei temi che sarebbero emersi se ci fosse stata partecipazione esterna. Sebbene non riteniamo il contenu-to di questo numero inadeguato, non sia-mo purtroppo soddisfatti siccome l’obiettivo primario del giornalino non è stato raggiunto. Questo articolo vuole dunque essere un invito rivolto a chiunque senta il bisogno di condividere qualcosa con il resto dei ragazzi del liceo. Qua-lunque testo scritto da voi e che contenga degli spunti di riflessione è prezioso per l’arricchimento del contenuto del giornale e rende di conseguenza la lettura dello stes-so più variegata e capace di interessare un gruppo di persone più ampio, in quanto se più punti di vista diversi trovano posto in un giornale la possibilità che il lettore venga colpito da uno di questi aumenta esponenzialmente. Siamo tutti ferma-mente convinti che il nostro ruolo sia princi-

palmente quello di coordinare l’organo del giornale e che la nostra redazione scritta debba essere limitata. Con questo offria-mo la nostra totale disponibilità sul discute-re qualunque argomento riguardante il giornale e vi forniamo i nostri contatti, approfittandone per augurarvi una buona fine di scuola se non una buona estate.

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Questo numero è stato impaginato con Scribus, un programma open source. www.scribus.net

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