Numero 1 obbiettivamente

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al parto. La maternità non riguarda solo le donne ma anche gli uomini. Certe persone pensano che sia una vergogna che un uomo si prenda cura di un bambino. Bisogna supe-rare questa mentalità antica.Ci racconta una sua esperienza del periodo della guer-ra?Durante la guerra non mi reggevo nemmeno in piedi, man-giavo le formiche perché avevo fame, tanto che poi me ne sono intossicata. Penso che se il campo di concentramento fosse durato un altro anno sarei sicuramente morta. Ricor-do che c’erano anche i parassiti, che attaccavano i corpicini più deboli e infatti, contrariamente a quanto si pensa i pa-rassiti non attaccano il corpo grasso ma quello più fragile. Stavamo ore a schiacciarci le cimici in testa perché ne era-vamo ricoperti. Ricordo quando le bombe avevano quasi distrutto il campo di concentramento e ci avevano portato in campagna in un tempio dove qualche tempo dopo morì un monaco e ci obbligarono ad andare a vederlo. Ho ancora in mente la scena in cui dal corpo uscì una specie di serpen-

tello nero che andava verso di noi e pian piano mi accorsi che erano tutte le cimici e le pulci che uscivano dal morto e venivano verso noi vivi. Il suo libro parla anche di malavita siciliana: secondo lei è importante avere il coraggio di denunciare i feno-meni mafiosi?Sì, bisogna averlo. L’unico modo di vincere la mafia è crea-re un’organizzazione e combatterla tutti insieme. A Baghe-ria sono nate delle associazioni studentesche che denun-ciano atti mafiosi di zona in zona. Bisogna unirsi: la mafia ha paura della collettività. La mafia prima isola la preda e poi l’attacca, come i lupi. Il lupo giovane, forte e robusto va in giro alla ricerca della pecorella zoppa, quella rimasta fuori dal gregge. Quando trova la preda, torna dal branco, chiama gli altri lupi e insieme vanno all’attacco. Bisogna unirsi, fare rete, essere solidali, bisogna considerarsi comu-nità. Il nostro paese purtroppo è poco portato al sentimento di comunità, e questa una debolezza: per combattere la mafia bisogna unirsi e non fare lotte fra di noi. Prima di tutto

siamo comunità e poi individui.Pensa che la visione pessimistica di Paler-mo che emerge dal romanzo La lunga vita di Marianna Ucria sia legata esclusivamente al periodo storico?Sono convinta che Palermo in fin dei conti sia cambiata: c’è più consapevolezza, grazie anche al fatto che ci sono molte associazioni antimafia e che la società in generale sia schierata contro la malavita. La vecchia mafia che parlava solo dialetto sta scomparendo, tutti i boss di quei tem-pi sono in prigione e questo significa che qual-cosa sta realmente avvenendo. La Sicilia non è la mafia, ma la sua vittima ed è per questo che bisogna combatterla.

Un incontro emozionante quello con Dacia Maraini, scrittri-ce e donna straordinaria, di recente ospite del Liceo Can-nizzaro e protagonista di un dibattito con professori e alunni che è stato ricco e stimolante. Dacia Maraini è tra le voci più importanti del nostro tempo, si è occupata di emancipazio-ne femminile e ha narrato storie che non solo raccontavano di donne, ma erano raccontate dal punto di vista delle don-ne, soprattutto di quelle emarginate o in situazioni difficili e di violenza. Indimenticabili le pagine di Bagheria, (che noi alunni abbia-mo letto insieme a La lunga vita di Marianna Ucria), roman-zo che racconta della sua giovinezza in una Sicilia dalla cultura millenaria, dalla bellezza sfuggente, dagli odori e profumi indimenticabili.La figura di questa scrittrice è per noi di grande esempio, per il valore che lei ha dato alla lettura e alla scrittura, da sempre sua compagna di vita, per il suo impegno sociale e per il fatto di essere stata a contatto con altri personag-gi straordinari quali Moravia e Pasolini, lucidi testimoni del loro tempo. Dacia Maraini è stata estremamente comunicativa con gli studenti, ha ascoltato attentamente le loro domande e, chiamandoli uno ad uno per nome, ha permesso loro di dialogare con lei. Riporto di seguito una parte del dibattito particolarmente interessante. Leggendo Bagheria mi sono chiesto come fosse il rap-porto fra lei e i suoi genitoriTra genitori e figli, in natura, esiste un legame fortissimo. Io non credo in un rapporto fatto di precetti o comandi; secondo me l’unica forma di educazione è l’esempio. Du-rante la seconda guerra mondiale quando venne chiesto agli italiani in Giappone di firmare la repubblica di Salò, i miei genitori rifiutarono nonostante fossero coscienti che saremmo andati in un campo di concentramento. Questo fu un esempio che ha segnato la mia vita, anche se io ho rischiato di morire, ho capito che le proprie idee bisogna difenderle. Il loro insegnamento è andato oltre le parole, ed è stato determinante nella mia vita, come, prendendo un altro esempio, quello di coloro che hanno combattuto la mafia sapendo di rischiare la vita, e che sono diventati degli esempi, dei modelli per la società. Io ho amato mio padre proprio perché dava il buon esempio, senza imporre nulla. Mi diceva di comportarmi bene per il rispetto di me stessa perché se non avessi avuto rispetto per me stessa io, non lo avrebbero avuto nemmeno gli altri.

Ho sentito dire che Marianna Ucria sia realmente esi-stita: lei in che modo si è documentata e ha studiato questo personaggio?Per scrivere Marianna Ucria ho impiegato cinque anni della mia vita, perché il lavoro di documentazione è stato molto lungo. Ricordatevi che nei libri di storia i dettagli della vita comune non ci sono, quelli li ho trovati tutti nei testamenti, nei diari, nelle lettere, nelle cose private e quindi ho do-vuto lavorare molto per ottenere questo materiale. C’era uno storico, il marchese di Villabianca, che era considerato pazzo, lui aveva dei quaderni in cui scriveva delle cose che allora erano considerate inutili: scriveva cosa aveva man-giato quel giorno, quali erano le mode ai tempi, quali dolci si mangiavano in Sicilia ecc. E quando morì pensarono di buttare via i suoi quaderni. Qualcuno però li raccolse, li con-servò e sono proprio questi i documenti da dove ho tratto spunto per il mio libro.Ne La lunga vita di Marianna Ucria si assiste ad una crudele esecuzione, cosa pensa del fatto che degli es-seri umani, avendo commesso un crimine, vengano punite con la morte?Dobbiamo riconoscere che c’è una distinzione enorme fra vendetta e giustizia: la vendetta è una cosa istintiva che utilizzano gli animali; la giustizia è un’altra cosa, è ciò che dà la possibilità al colpevole di difendersi. Il problema è che in molte parti del mondo ancora c’è la pena di morte e la battaglia contro la pena di morte va combattuta, quindi, a livello globale. Bisogna cercare di rieducare le persone: Il carcere è un luogo di passaggio non definitivo. Da cosa derivano, secondo lei, le violenze sulle donne?Solitamente i femminicidi avvengono in famiglia. Chi si identifica con la cultura del possesso entra in crisi quando la sua relazione con qualcuno si interrompe, indipenden-temente dal sesso. Non si può possedere una persona, in quanto ognuno è un essere autonomo, con la propria indi-pendenza. Se si parte da questo presupposto si può creare un rapporto più sereno. Un bambino non nasce assassino, lo diventa: non è un fatto di natura ma di cultura. Rifacendomi all’esperienza di Marianna Ucria, com’è cambiata, secondo lei, la percezione della maternità e dei figli negli anni? Nel 1700 le ragazze, secondo norme sociali, si dovevano sposare a 13 anni, dovevano fare un figlio all’anno e la metà di loro morivano, anche nelle famiglie ricche e aristo-cratiche. Non c’erano cure e medicine, i bambini morivano poiché deboli e le donne spesso non sopravvivevano al

intervista a dacia marainilucia raffaele iii d

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Foto di Francesco Cipolla IV E

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“Cos’è il M.U.O.S?”Il M.U.O.S. (Mobile User Objective System) è un sistema di telecomuni-cazioni satellitare gestito dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Il sistema è composto da quattro satelliti (più uno di riserva) e quattro stazioni di terra. Sarà utilizzato per il coordinamento capillare di tutti i sistemi militari statunitensi dislocati nel globo, in particolare i droni, aerei senza pilota.“Dove sono posizionate le stazioni di terra del M.U.O.S?”Le stazioni di terra del M.U.O.S. sono 4:·Australia Defence Satellite Comunication Station a Kojarena, in Au-stralia dell’ovest a 30 km da Geraldton.·Naval Radio Transmitter Facility a Niscemi in Sicilia, a 60 km dalla Naval Air Station a Sigonella.·Naval Satcom Facility, Northwest, Chesapeake, nel sud-est della Vir-ginia.·Naval Computer and Telecommunication Station Pacific, nelle isole Hawaii.“Come funziona il M.U.O.S?”Le stazioni comunicano tra di loro grazie ai satelliti in orbita e sono formate da tre grandi antenne paraboliche con un diametro di 18 metri e alte 50 metri circa e da un antenna elicoidale alta 149 metri, utilizzata per le comunicazioni dei sottomarini. Le onde emesse dalle stazione coprono tutto lo spettro compreso tra le UHF e le VHF (Ultra and Very High Frequency – ultra e altissime frequenze, dai 30 MHz ai 3000 MHz, utilizzate per le comunicazioni radio con aerei e satelliti), alle ELF – VLF – LF (Extremely and Very Low Frequency – frequenze estrema-mente basse e bassissime, dai 300 Hz a 300kHZ), queste ultime in grado di penetrare in profondità le acque degli oceani e contribuire alle comunicazioni con i sottomarini a capacità e propulsione nucleare.Le tre grandi antenne paraboliche funzionano in banda Ka per le tra-smissioni verso i satelliti geostazionari e il trasmettitore elicoidali in banda UHF per il posizionamento geografico. Mentre le maxi-ante trasmetteranno con frequenze che raggiungeranno valori compresi tra i 30 e i 31 GHz, i due trasmettitori elicoidali avranno una frequenza di trasmissione tra i 240 e i 315 Mhz.“Perchè essere contro il M.U.O.S.?”Il M.U.O.S è uno strumento che ha esclusivamente fini bellici.Interferisce con le apparecchiature mediche, infatti, i campi elettroma-gnetici prodotti vanno ad interferire con qualunque apparecchiatura “elettrica”, inclusi by-pass, sedie a rotelle, pace-maker, ecc.Le esposizioni a lungo termine a campi elettromagnetici ad altissima frequenza, anche se non eccessive ma prolungate nel tempo possono produrre insorgenze tumorali agli organi riproduttivi e leucemie.

I danni alle persone accidentalmente esposte a distanze inferiori ai 20 Km saranno gravi e permanenti, con conseguente necrosi dei tessuti e l’organo più esposto è l’occhio (cataratta indotta da esposizione a radiofrequenze o a microonde). Le persone colpite accidentalmente potrebbero subire danni gravi e irreversibili anche per brevi esposizioni.Le interferenze elettromagnetiche sarebbero incompatibili con il rego-lare traffico aereo in buona parte della Sicilia Orientale: Comiso, Sigo-nella e Fontanarossa (questi ultimi due per giunta set privilegiati per le guerre spaziali dei velivoli senza pilota UAV “Global Hawk”, “Predator” e “Reaper). Ci pare ovvio che la nostra terra diverrà un obiettivo militare sensibile.

Scioperi, cortei, occupazioni, parole che gli studenti cono-scono bene, parole altisonanti che riempiono di istinti rivo-luzionari. Parole che magari provocano nostalgia agli alun-ni di qualche decennio fa ma che ormai per le componenti studentesche sono solo definizioni da vocabolario.Negli ultimi anni la ciclicità delle contestazioni ha allontana-to molte persone dal manifestare il proprio disagio, anche per cause di rilevanza nazio-nale. L’eccesso di proteste fa sì che spesso ancora oggi si perde la vera essenza della manifestazione creando, nella maggior parte dei casi, cortei e occupazioni fini a se stesse.Sia chiaro, nessuno nega che la protesta sia utile. Anzi, in una democrazia bisogna far valere i propri diritti quando si è in dissenso con le scelte di chi governa e diventa quasi un dovere protestare quando queste scelte ci toccano da vicino. Quindi il problema non è “protesta sì” o “protesta no” quanto riempire di contenuti i momenti di contestazione, fare in modo che la partecipa-zione sia attiva, evitare le barriere ideologiche seppure con la sacrosanta esclusione di chi predica violenza ed esercita prevaricazioni. Bisogna sforzarsi di essere innovativi, di creare nuovi me-todi di protesta, complementari a quelli già esistenti. L’e-sempio più classico di protesta inefficace è l’occupazione, forse la più radicale ma che ormai è entrata quasi di diritto nei calendari scolastici. Per questo motivo ha perso gran parte della sua incisività a prescindere dalla fondatezza dei

princìpi che ispirano il dissenso. Se l’occupazione si trasformasse in un periodo di presa di coscienza da parte degli studenti, sarebbe più autentico il confronto/ scontro con le istituzioni che governano la scuo-la. Nei fatti sarebbe auspicabile anteporre la proposta alla protesta. Lo sciopero non si prospetterebbe più proficuo se affrontasse, assieme ai temi generali, anche situazioni

legate alle singole scuole? Se si parlasse di “Buona Scuola” ma anche di carenze igieniche negli edifici scolastici o attività extracurriculari? E i cortei non potrebbero essere affiancati o sostituiti da giornate di rifles-sioni sui temi della nostra so-cietà che ci riguardano più da vicino? Oggi la generazione dei nativi digitali ha la possibilità di un elevato grado di informazione. Ciò consente di conoscere i

motivi per cui si protesta, di farsi opinioni indipendenti da capi e capetti, dal sentito dire, da movimenti e partiti. La consapevolezza delle proprie azioni rende sempre una contestazione pura, credibile e partecipata, non solo dal punto di vista emotivo. Perché le emozioni devono essere complementari alla ragione se si vuole costruire una protesta su basi fondate e su coscienze formate.

OCCUPAZIONE 3.0 OVVEROCOME RENDERE CREDIBILE UNA PROTESTA

flavio scuderi iv h

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stefano zampardi iv f

Foto di Gabriele Rizzo IV C

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intervista a ruggero artaleasia clemenza V i carlotta migliore III F andrea giliberti iv l

Cosa ti ha spinto a candidarti?Tranne che al mio primo anno di liceo, sono sempre stato rappresentante di classe, e

devo dire che essere portavoce dei miei compagni mi è sempre piaciuto molto. Siccome credo di poterlo fare in maniera adeguata, ho deciso di candidarmi come rappresentante

d’istituto. Avevo già provato a candidarmi l’anno scorso ma non ce l’ho fatta per una questione di tempo.

Quali sono le problematiche del sistema scolastico che tu vivi da studente?Come studente, attualmente ho affrontato la problematica dell’università. La scuola, infatti, non offre servizi che aiuti-no con le procedure per l’iscrizione all’università, soprattutto se si tratta di università estere. Sarebbe ottimo secondo

me istituire un organo scolastico che aiuti ad entrare in questi meccanismi. Un altro grosso problema riguarda i furti che sono avvenuti recentemente a scuola. Questo è un problema comune che certamente io e gli altri rappresentanti cercheremo di risolvere, almeno per quanto riguarda l’aria che compete alla nostra scuola, ad esempio spostando le

rastrelliere in una posizione più visibile.

Quali cambiamenti hai registrato negli anni rispetto all’andamento delle proteste studentesche, se ne hai percepiti?

In questa scuola ogni anno si è attuata l’occupazione come forma di protesta che, però, non ha mai portato ad ottenere risultati, se non un ulteriore accanimento dei professori sugli alunni. Secondo me non c’è stata una grande evoluzione

nelle lotte studentesche visto che neanche i cortei hanno molta presa sulle autorità che noi vorremmo sensibilizzare: bisognerebbe fare delle campagne più mirate a Roma, proprio dove vengono emanate le leggi.

Facendo una selezione di punti della tua lista, nel dettaglio, in cosa consistono e secondo quali modalità essi sono realizzabili?

Con PO FESR s’intendono dei finanziamenti pubblici stanziati dall’UE, dal governo nazionale e regionale ai quali la scuola può attingere in quanto ente pubblico. Sono alla portata di tutti, sebbene spesso non vengano presi in conside-

razione o per noncuranza o perché effettivamente non si conoscono.Potrebbero essere impiegati per introdurre sul tetto della scuola dei pannelli fotovoltaici che andrebbero ad ammor-

tizzare i costi dell’energia elettrica. I soldi risparmiati potrebbero essere reinvestiti, per esempio per dei condizionatori nelle varie classi, dato che d’estate c’è fin troppo caldo e d’inverno al contrario fin troppo freddo. L’attuazione di questo meccanismo richiederà qualche anno ma credo che sia un punto molto importante e mi sto già impegnando per scrive-

re la proposta per il consiglio d’istituto.Vi è anche il problema di un’equa distribuzione del contributo volontario: ci sono molti ragazzi che non possono parteci-pare ad alcuni progetti se non lo hanno versato. Credo sia veramente ingiusto perché non tutti ne hanno la possibilità, e in una scuola pubblica non dovrebbe essere un obbligo, le iniziative dovrebbero essere indistintamente aperte a tutti gli

studenti.Per quanto riguarda le entrate a seconda ora vorremo richiedere una flessibilità maggiore proponendo sei entrate a

seconda ora perché solo quattro sono veramente poche, sarebbe una forma di mediazione abbastanza adeguata. Molti studenti di questo istituto, infatti, vivono al di fuori del perimetro scolastico e sarebbe ingiusto penalizzarli per coloro

che in questi anni ne hanno fatto un uso improprio. Bisognerebbe, a tal proposito, rivedere i criteri per l’attribuzione del permesso di pendolarità.

Il piano di disinfestazione viene sempre fatto intorno a Marzo, abbastanza tardi rispetto all’inizio dell’anno scolastico: si sono già verificati numerosi episodi di ragazzi che si sono imbattuti in insetti che, seguendo le norme igienico-sanitarie, non dovrebbero comparire. Il nostro obiettivo è dunque quello di proporre in consiglio di spostare il piano di disinfesta-

zioni ai primi mesi della scuola.

intervista a edoardo battagliaasia clemenza V i carlotta migliore xx andrea giliberti iv l

Cosa ti ha spinto a candidarti?Mi ha spinto a candidarmi il fatto che penso di essere una persona valida e che ritengo di poter dare un contributo, attraverso le mie idee, al sistema scolastico.Spero di portare a termine i punti che ho proposto con la mia lista e di rivelarmi un buon rappresentante di questo liceo che da anni è considerato uno dei migliori di Palermo.

Quali sono le problematiche del sistema scolastico che tu vivi da studente?Una scarna coesione tra gli studenti e un mancato rapporto tra studenti e corpo docente. Il fatto che non ci sia uno spazio dedicato agli alunni: infatti è proprio per questo che abbiamo, con la mia lista, proposto l’aula autogestita, come anche altre liste.

Quali cambiamenti hai registrato negli anni rispetto all’andamento delle proteste studentesche, se ne hai percepiti?Vi sono numerosi modi per protestare e i più usati dagli studenti sono cortei e occupazioni. Credo sia giusto protestare e lottare contro ciò che si ritiene scorretto, ma entro un certo limite. Per quanto riguarda i cortei ritengo che siano una valida forma di protesta poiché sono un modo che gli studenti possono utilizzare per esprimere il proprio disagio. Rife-rendomi invece all’occupazione credo che, da qualche anno ad oggi, abbia perso di credibilità in quanto vista come un periodo di tempo di pura vacanza.

Facendo una selezione di punti della tua lista, nel dettaglio, in cosa consistono e secondo quali modalità essi sono realizzabili?Per quanto riguarda la settimana dello studente sarebbe sicuramente a discrezione di ogni classe se fare lezione o meno, poiché se per esempio ci sono delle classi che vogliono andare avanti con il programma o fare interrogazioni o compiti, sono liberi di farlo. La classe potrebbe inoltre decidere di prendersi questa settimana come una settimana di svago, o per fare lezioni di puro ripasso. Nel primo pomeriggio pensavo di organizzare dei tornei sportivi, mentre nel tardo pomeriggio si organizzerebbe un cineforum oppure vorrei vedere di riuscire a inserire quei corsi di ambientamen-to di cui ho parlato con la mia lista, onde evitare di far perdere ore a coloro che vogliono partecipare.Mentre, per quanto riguarda lo spazio dedicato al dialogo settimanale, ovviamente sono già disponibili per chi le voles-se le mail dei 4 rappresentanti, per chiunque avesse una domanda o un consiglio da porre a uno dei 4 rappresentati può trovarci il sabato dalle 11 alle 12 nell’aula dove si svolge il collettivo.I corsi di orientamento, invece, sono per me molto importanti. Parecchi ragazzi, sia di quarto che di quinto anno, non hanno ancora delle idee chiare riguardo il loro futuro al termine di questi 5 anni. Un orientamento gestito da un nostro “coetaneo”, con il quale poterci confrontare direttamente riguardo ciò, può rivelarsi molto importante in una scelta fon-damentale circa il nostro percorso post-scolastico.

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intervista a gabriele rizzoasia clemenza V i carlotta migliore III F andrea giliberti iv l

Cosa ti ha spinto a candidarti?La decisione di candidarmi proviene dall’anno scorso: difatti approfondendo la cono-

scenza con Flavio abbiamo scoperto di essere sulla stessa lunghezza d’onda e abbiamo deciso di portare avanti dei progetti insieme. Quest’anno abbiamo confermato la nostra

decisione di candidarci nella stessa lista e di portare avanti quei progetti che si sono sviluppati in tutto questo lasso di tempo.

Quali sono le problematiche del sistema scolastico che tu vivi da studente?Nell’ultimo anno ho provato tanta frustrazione per via dell’alternanza scuola-lavoro, ma non credo sia l’unico problema della riforma della Buona Scuola, spesso se ne rendono conto anche i professori. Un altro problema per me è che non

si faccia la raccolta differenziata a scuola, nonostante siamo in una zona dove è d’obbligo la raccolta porta a porta, e soprattutto nonostante dovrebbe essere parte della formazione che la scuola deve fornire a uno studente, anche per

rialzare queste statistiche che per adesso ci affliggono tanto.

Quali cambiamenti hai registrato negli anni rispetto all’andamento delle proteste studentesche, se ne hai percepiti?

Il cambiamento secondo me è iniziato già da prima degli ultimi quattro anni: si è persa la commisurazione tra il valore della protesta e valore del disagio. Prendendo ad esempio l’occupazione, che è una forma estrema di protesta, spesso

non corrisponde a una forma estrema di disagio, e nel momento in cui non c’è una motivazione le cose si gestiscono male. Mentre per quanto riguarda le altre forme di protesta, come i cortei studenteschi, la presenza è sempre minore.

Seconde me rimane un buon modo per fare informazione e conoscere nuove opinioni, è un momento di confronto.

Facendo una selezione di punti della tua lista, nel dettaglio, in cosa consistono e secondo quali modalità essi sono realizzabili?

Il progetto “Cannizzaro ecosostenibile” intende ridurre al minimo la raccolta indifferenziata qui a scuola, con l’introduzio-ne di nuovi cestini, per i quali sarà necessaria una gara d’appalto, sebbene non sia una spesa così grande.

Parlando invece del rispetto delle norme igienico-sanitarie, penso ci siamo resi tutti conto che la situazione, non solo all’interno delle classi, è complicata da gestire, in particolar modo d’inverno quando la temperatura è particolarmen-te bassa. Non tutte le classi infatti hanno l’aria condizionata. Per il resto, il problema è quel sentimento di collettività

che secondo me manca nello studente cannizzarino: buttare la cicca della sigaretta nel lavandino del bagno ne è un esempio, non rispetti né te stesso né gli altri, è la dimostrazione di un atteggiamento di individualismo. Noi abbiamo

già iniziato delle attività per aumentare la coesione all’interno del Cannizzaro, ma se dovesse peggiorare la situazione sarebbe necessario avviare le sanzioni, per tutelare chi invece si ritrova a subire questa situazione.

Un altro punto che è volto alla crescita del fattore di collettività è quello delle iniziative per la città, anche per mostrare di cosa siamo capaci, con attività esterne al contesto scolastico: ad esempio come collettivo ci muoviamo tanto a favore

della manifestazione artistico-culturale, perché crediamo che, oltre ad esprimere il nostro dissenso contro la Buona Scuola, possiamo mostrare le nostre capacità e aumentare il sentimento di collettività che ci lega tutti.

Invece per quanto riguarda il punto sull’alternanza scuola-lavoro, probabilmente è stata fraintesa l’espressione “libertà di scelta”: non è possibile scegliere se farla o non farla, ma s’intende la possibilità di decidere a quale progetto pren-dere parte. Già ci siamo mossi, e potremmo trovare una soluzione a partire dalla primavera: il nostro problema è che

spesso ci viene imposto dal coordinatore della classe un progetto che probabilmente non va bene a tutti i ragazzi. Noi vorremo dare a ogni ragazzo la possibilità di fare la propria scelta secondo i propri interessi e seguendo il proprio

percorso formativo, visto che l’alternanza dovrebbe appunto servire per fare esperienza nel campo delle discipline che vorremmo intraprendere. E’ possibile, ci siamo informati con il professore responsabile: vorremmo che si creino dei

macro progetti in ambiti diversi, in modo che tutti gli studenti possano scegliere il proprio progetto. Ci siamo molto interessati anche sulla questione dell’uguaglianza, a questo facciamo riferimento con il punto sul

comodato d’uso: per giungere a un sentimento di collettività, crediamo che tutti debbano avere pari opportunità. Nel momento in cui aumentiamo il fondo del comodato d’uso anche gli studenti che non riescono ad acquistare tutti i libri

potrebbero essere aiutati. Già ci sono delle borse di studio, relative al reddito ISEE, fornite dallo Stato, ma il comodato d’uso dovrebbe fornirlo la scuola.

intervista a flavio scuderiasia clemenza V i carlotta migliore xx andrea giliberti iv l

Cosa ti ha spinto a candidarti?Non mi piace essere una parte passiva che subisce, all’interno della scuola, scelte di altri magari poco ponderate, come si è visto negli anni passati. Già l’anno scorso avevo deciso di candidarmi e quindi quest’anno, siccome ritengo di aver fatto un buon lavoro, ho deciso di riprovarci, e credo sia andata piuttosto bene, nel senso che la scuola ha avuto fiducia in me.

Alla luce dell’anno scorso, quali sono i tuoi propositi per l’anno corrente?L’anno scorso ho ricevuto molti meno voti, ero una piccola parte di rappresentanza, quasi come se fossi l’“opposizione” alla Lista I. Quest’anno uno degli intenti è quello di fare valere la presenza della componente studentesca all’interno del consiglio d’istituto; poi, dato che l’anno scorso siamo riusciti a eseguire solo pochi progetti extra curriculari, tenteremo di estendere il nostro impegno a più progetti; credo che la scuola si faccia anche fuori dai banchi. Come ad esempio il Cannizzaro-Expo, il potenziamento dei talenti della nostra scuola, come abbiamo già fatto con il contest.

Quali sono le problematiche del sistema scolastico che tu vivi da studente?Mi trovo bene con i miei professori, però vedo sempre di più un allontanamento dall’attualità, dalla politica in generale, da quella scolastica, lo dimostra il numero ridotto di candidati quest’anno. C’è molto nozionismo, un POF che è sempre più snello anche a causa della Buona Scuola e dunque l’incombenza della scuola-lavoro.

Quali cambiamenti hai registrato negli anni rispetto all’andamento delle proteste studentesche, se ne hai percepiti?E’ stata una parabola molto discendente, come ho già detto percepisco un allontanamento dalla politica, scolastica e non. Al mio primo anno per esempio l’occupazione era gestita molto meglio, aveva una certa durata, ma alla luce dell’anno scorso mi sembra che abbia perso di significato, nonostante per me sia contemplato l’uso di un metodo di protesta così estremo qualora ce ne siano i motivi. Ma anche per i cortei, c’è una perdita di fiducia in questi metodi di protesta diciamo più classici.

Facendo una selezione di punti della tua lista, nel dettaglio, in cosa consistono e secondo quali modalità essi sono realizzabili?Per come è strutturata nella nostra scuola l’alternanza scuola-lavoro, ci si è ritrovati ad avere assegnati dei progetti per sorteggio, perché erano pochi. Quest’anno si affida tutto al coordinatore, anche se non tutte le classi hanno un tutor interno al consiglio, quello a cui noi puntiamo è far sì che i singoli alunni possano scegliere i propri progetti: se dobbia-mo cominciare a metterci in contatto con il mondo del lavoro, dobbiamo poter scegliere noi quello che vogliamo fare, evitando tra l’altro che gli studenti vengano lasciati a se stessi come è successo l’anno scorso. Abbiamo già istituito una commissione (con libero accesso) che regolerà le attività dell’alternanza, proponendo anche delle attività. Avere un tutor esterno, nonostante sembri più difficile, in verità non lo è, basta creare una convenzione. Per quanto riguarda le condizioni igienico-sanitarie occorre regolamentare e fare a norma di legge tutto ciò che le riguarda, soprattutto per l’igiene delle classi. Ci muoveremo, inoltre, anche per far anticipare l’attivazione di termosifoni e condizionatori. Bisogna far capire agli studenti, attraverso un certo numero di regole da seguire e l’azione “vigile” dei bidelli, come mantenere in buone condizioni l’istituto, a fronte di un impianto scolastico sempre più nozionistico in cui manca il sano “pugno di ferro”.Parlando di “identità comune” mi riferisco all’obiettivo di ricreare una collettività studentesca, anche con attività extra-curriculari, creando dei progetti nostri, non solo limitandoci ad aderire a quelli proposti dagli insegnanti.

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The “Change the World Model United Nations” (CWMUN) experience changed my life and my way of seeing the world. More than 1800 students from all over the word at-tending every year this forum held at the UN Headquarter in New York. But, what is it?The CWMUN is a conference which is set in different loca-tions around the world. Nowadays many students attend conferences in Barcelona, Rome, Bruselles, Abu Dhabi, Dubai and, of course, New York which is the most important one. Before the real simulation, students take part to diffe-rent lessons where people from the staff of Associazione Diplomatici show them the procedures rules; then, they are divided in many committees such as: ECOSOC, COND, General Assembly, Security Council, etc. When the simulation starts student forget to come from their own country and start thinking as they were the am-bassadors of the country they represent, starting thinking in a different way, following the policy of the country they are representing.Each committee has a different topic according to the main topic treated in the General Assembly. Each student works in pairs with another one. I attended this project twice and next year I am going to take part for the third time at the CWMUN in New York. During my first time I represented Lesotho in the UNHCR. In my second experience I preten-ded to be the ambassador of Egypt and I was in the Commission on Narcotics and Drugs, our topic was “International drug trafficking facilited by the internet”. How did these experiences changed my life and what did I learn?Before I have joined the Conference, I had no idea of how big the world is. How many cultures, traditions, stories, how many different ways to see things! This experience thought me that, despite all the differences existing among people, solutions to problems can always be found. We all should bear in mind this very simple concept, in this way facing the serious problems affecting us could be easier – starting from the biggest atrocity created by human beings: the war.One of the main aims of CWMUN is to support students and improve their skills, make them becoming future lea-ders, and in a certain way create a better world, following important values such as tolerance and respect. Thanks to Associazione Diplomatici and this project, I have learnt how important the respect for different people, languages, cul-tures and religions is. I have also developed my leadership

skills, understanding how to become a “positive” leader.I highly recommend to participate to CWMUN and test yourself, we all should be committed in the creation of a better world or we should at least try, as our motto says, to change it.

ll 13 settembre 2016 la trentunenne Tiziana Cantone, ori-ginaria di Napoli, si è tolta la vita a causa della diffusione sui social network di alcuni video che la ritraevano durante rapporti sessuali.La pubblicazione dei video era avvenuta già nella prima-vera del 2015 e durante i mesi successivi Tiziana aveva cercato di porre rimedio alla loro diffusione senza riuscirvi. Per tentare di sfuggire alle umiliazioni e all’accanimento mediatico da parte di giornali e siti online, la giovane aveva lasciato la propria città di origine e aveva cambiato cogno-me; la pressione psicologica durata per più di un an-no, però, l’ha portata al suicidio. Il mondo dell’informazione tenta di mantenere un’etica pro-fessionale, infatti, alcuni giornali online hanno ammesso pubblicamente di aver sbagliato ad aver dato un eccessivo risalto alla notizia dei video di Tiziana, ma purtroppo hanno cancellato dal web quello che avevano pubblicato nei mesi precedenti soltanto dopo la sua morte.Un altro caso che riguarda la diffusione di filmati compro-mettenti attraverso i social media risale al marzo scorso: Sant’Arcangelo di Romagna, un gruppo di ragazze dicia-settenni ubriache assiste ad abusi sessuali nei confronti di una loro amica nel bagno di una discoteca. Queste, invece di interve-nire e chiamare aiuto, filmano la scena e diffondo-no il video con il programma di messaggistica “Whatsapp”. Il giorno dopo, la vittima si rende conto dell’accaduto e del fatto che ormai il filmato sia di pubblico domino.Questi avvenimenti hanno innescato un vasto dibattito su-gli effetti negativi che possono provocare i social network quando, usati scorrettamente, invadono la sfera privata.Nel caso di Tiziana, infatti, seppure lei fosse stata consen-ziente alle riprese dei sei video, che erano privati, certa-mente non era d’accordo alla loro diffusione online; nel secondo caso, invece, sorpren-de l’insensibilità delle “ami-che” della vittima che hanno pubblicato il video dello stupro come se po-tesse essere motivo di divertimento.Entrambi questi eventi evidenziano il pericoloso fenomeno dell’utilizzo distorto e incontrollato del web come mezzo di denigrazione mediatica che può avere conseguenze estre-mamente negative sulla vita delle persone.Ad esempio, nel caso di Tiziana gli effetti nocivi non sono stati causati soltanto da coloro che hanno pubblicato il vi-deo, ma soprattutto da quelli che hanno contribuito alla sua diffusione “virale”. Perso-ne che non hanno mai avuto a che fare con il soggetto interessato hanno condiviso il video con

commenti denigratori senza rendersi conto di ciò che effet-tivamente stessero facendo e degli effetti che ne sarebbero stati generati. Per quanto concerne la ragazza romagnola, i responsabili dell’accaduto non sono state delle persone a lei “distanti”, bensì delle persone a lei “vicine”, le stesse presenti durante il compimento del reato. Internet e i social media possono sicuramente essere uno strumento utile alla conoscenza e allo svi-luppo di relazioni sociali, tuttavia, la notizia dei drammatici abusi subiti dalle vittime di queste due vi-cende deve indurre a pensare che sia essenziale applicare dei sistemi di prevenzione: non tutti gli utenti sono in grado di comprendere gli effetti delle proprie azioni all’interno del mondo virtuale, in quanto ri-tenuto come qualcosa di evanescente. Purtroppo, però, la realtà dei fatti è che ogni conte-nuto che viene pubblicato può avere notevoli ripercussioni sulla propria vita quotidia-na. È quindi ne-cessario educare le generazioni attuali e future ad un uso consapevole e sicuro del web, in quanto i giovani, tanto abili nell’uso delle nuove tecnologie, devono essere i primi a prendere le necessarie precauzioni.

L’uso distortodi internet e dei mass media

Irene La Spina III G, Ludovico Piazza III G

CWMUN’sa life-changer experience

Ruggero Artale V E

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Quest’anno il premio Nobel per la letteratura è stato asse-gnato il 13 Ottobre 2016 a Bob Dylan, famoso cantante co-nosciuto per i suoi grandi successi tra cui la nota canzone “Blowin’ in the wind”.Il cantante è stato premiato con la seguente motivazio-ne: “Per aver creato nuove espressioni poetiche all’in-terno della grande tradizione della canzone americana.” I principali candidati al Nobel per la letteratura erano: Joice Carol Oates, un’eccellente autrice di romanzi e di racconti; Thomas Pynchon e Philiph Roth, scrittori simili tra loro, che sono sempre stati candidati e mai sce lti; e Richard Ford, uno degli scrittori statunitensi più importanti, vincitore del premio Pulitzer e PEN/Faulkner.Bob Dylan, come detto precedentemente, è un famoso cantautore statunitense, ma anche attore, pittore, scultore e conduttore radiofonico. L’apice del suo successo lo ab-biamo negli anni Sessanta, in cui si delinea come perso-naggio del Movement (movimento di protesta americano). Dylan, nella sua lunghissima carriera musicale, ha creato il folk rock, ma si è anche cimentato in altri generi già noti e sperimentati, tra cui il country, il blues e il gospel/spiri-tual. Le canzoni più famose di Bob Dylan sono ovviamen-te Blowin’ In The Wind, Like A Rolling Stone e Jokerman. In questo periodo, si sono aperti vari dibattiti circa l’asse-gnazione del Nobel a Dylan. Alcuni scrittori, nonché critici, non ritenevano opportuno assegnare un premio del genere ad un cantante (trattandosi di Dylan); si crearono, quindi, dissensi sia nel mondo dello spettacolo sia nel mondo degli scrittori di ogni genere.Subito dopo l’assegnazione del Premio, sul sito ufficiale del cantante apparse la notizia tanto voluta dai suoi sostenitori ma, poco tempo dopo, scomparve, lasciando tutti nel dub-bio.Dylan è stato criticato su tutti i fronti: alcuni gli hanno dato del vigliacco, tra cui la giuria stessa, per non aver ritirato il premio; altri gli hanno dato dello snob, visto che schernì il Premio Nobel, non volendolo ritirare e pubblicare sul sito.Perfino la giuria si chiese, allora, se Dylan avrebbe parteci-pato o meno alla premiazione ufficiale organizzata per il 10 Dicembre 2016.Recentemente il cantante ha accettato con “piacere e gioia” il premio, ritirandolo personalmente in Svezia dalla giuria, sviando così tutte le critiche, dissensi e “offese costruttive”, come afferma Dylan. Alla domanda: “parteciperà alla serata di Stoccolma?”

Dylan ha risposto: “Se potrò sì.”Ricevere un premio come il Nobel ed essere, quindi, riempiti di congratulazioni e felicitazioni dal mondo dello spettacolo, con messaggi, doni, tweet, da parte di tutti, è una grande soddisfazione. Di certo Bob Dylan è un grande composito-re, ma è anche stato un grande rivoluzionario quando nel clou del suo successo fu rappresentante del Movement, e probabilmente anche per questo ha tardato ad accettare il riconoscimento per le sue famosissime canzoni poetiche; alla fine Dylan per non essere criticato ulteriormente, sia dal pubblico, sia da i suoi colleghi scrittori e cantanti, ha accettato “con gioia” il Premio Nobel. Fonti certe dichiarano che Bob Dylan non parteciperà alla serata di Stoccolma, poiché aveva già programmato altri eventi per quella data, non potendoli traslare né anticipare. Molte persone se lo aspettavano e non sono state deluse dal cantante, famoso anche per questi suoi modi di fare.La giuria stessa non ne è rimasta sorpresa,visto il suo atteggiamento nei confronti del Nobel, ma di certo da ades-so in poi non nutrirà più alcuna speranza per la tanto attesa serata.

Guerra o intrattenimento? È possibile che la guerra diventi un fenomeno virale, alla stregua di video di gattini e tormen-toni trash?Sono passati solo 26 anni dalla prima guerra “in diretta”, la Guerra del Golfo, trasmessa dalla CNN. Adesso le cose si sono evolute.L’emittente britannica Channel 4, quella araba Al Jazeera e quella curda Rudaw, insieme ad altri canali minori, hanno deciso di “postare” su Facebook e su Youtube streaming della guerra tutt’ora in corso nei dintorni di Mosul, roccafor-te di Daesh a nord dell’Iraq. Soldati che avanzano, fumo, esplosioni, il tutto accompagnato da commenti, like ed emo-ticon. E allora la guerra diventa un grande show e i 30 mila soldati della coalizione e i 7 mila jihadisti diventano il cast di un grande colossal. Il fatto che ciò accada, almeno in una situazione così importante, per la prima volta, determina una divisione di opinioni: c’è chi condanna apertamente la scelta della diretta, considerandola una mera ed immora-le strategia per attirare like, e chi invece la considera una nuova e intelligente trovata del giornalismo del futuro, del giornalismo 2.0.Ciò che è sicuro è che sta avvenendo una vera e propria rivoluzione sia sul piano etico che su quello strettamente formale dei mezzi di comunicazione. Da un lato, infatti, si rileva un indiscutibile cambiamento del-la comunicazione e dell’informazione: ormai lo streaming si è diffuso a macchia d’olio su tutte le piattaforme digitali, tuttavia ancora la guerra ne era estranea. Questo perché la narrazione della guerra trascina dietro di sé, necessaria-mente, una crudezza della rappresentazione e un impatto devastante con la realtà, con la vita vera, non quella dei film, e allo stesso tempo con la morte. Nel meccanismo della diretta sui social, infatti, non vi è alcun filtro, alcuna mediazione, sottotitolo o delucidazione da parte di esperti: lo spettatore si trova davanti alla realtà cruda e brutale, e la ricezione del “messaggio” si esplica in una reazione pre-valentemente emotiva. Viene meno quindi la mediazione giornalistica che, sebbene non sempre efficace, offre un punto di appiglio, una garanzia e soprattutto una protezio-ne selettiva da elementi che possono urtare la sensibilità dei più. Non è un caso che la mediazione venga meno nel momento in cui il contenuto diventa sempre più drammatico e sempre meno ristretto alla dimensione “locale”, amplian-dosi in quella internazionale.E allora il reporter di guerra viene surclassato dalla comuni-

cazione immediata dello streaming che si rivolge al pubbli-co più disparato, e la narrazione della guerra diventa sem-pre meno vincolata alle regole del giornalismo e sempre più assoggettata a quelle dello spettacolo.

È proprio la ricerca di immediatezza la causa principale che ha portato i vari server ad usufruire del meccanismo della diretta facebook; a questo proposito, infatti, Jon Lawren-ce, direttore editoriale di Channel 4, interpellato in seguito alla polemica, afferma che: “Attraverso il live streaming di Mosul, abbiamo voluto mostrare ai nostri spettatori uno de-gli eventi più rilevanti del nostro tempo. E abbiamo voluto mostrarlo esattamente come stava accadendo”. Lawrence, inoltre, garantisce un controllo costante e meticoloso dei contenuti affinché essi risultino sempre appropriati.Dall’altro lato sorge la controversia etica. È infatti già abbastanza destabilizzante il fatto che la guer-ra diventi uno show di intrattenimento che si può guarda-re dal divano, in più se ci si aggiunge l’interattività dello streaming, ovvero la possibilità di commentare con faccine tristi, arrabbiate, stupite o confuse, la situazione diventa penosamente grottesca. Inoltre l’eccessiva spettacolariz-zazione dell’orrore della guerra, a lungo andare, finisce non per creare crescente indignazione ma, invece, crescente assuefazione al fenomeno. L’orrore “straordinario” lascia spazio all’amarezza “ordinaria”.Grazie alla rete i drammi non sono più vicini, sono forse più nitidi , come la realtà aumentata dei videogame. Allora dal-la guerra in alta definizione, sempre più vicina, scaturisce paradossalmente un senso di alienazione dalla realtà della guerra stessa, che diventa sempre più lontana.

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guerra 2.0La guerra a portata di smartphone

elisabetta cannata V C sophia amato III M

Premio Nobel per la letteratura 2016: vince Bob Dylan

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Orange is the new black, serie targata Netflix, è stata la serie sorpresa del 2013, quando esordisce con l’esplosiva prima stagione.Non è la prima volta che sul piccolo schermo viene raccon-tata la vita all’interno delle carceri, ma Orange is the new black è totalmente originale nel modo di mostrarci i fatti: viene infatti raccontata la vita di detenute donne all’interno di un penitenziario femminile di minima sicurezza, senza nessun tipo di filtro o censura, nudo e crudo.Piper Chapman è una donna proveniente dal Connecticut, benestante e residente a New York con il fidanzato Lar-ry. La sua vita verrà sconvolta quando sarà condannata a scontare quindici mesi al Litchfield, un carcere federale femminile gestito dal Dipartimento Federale di Correzione, per aver trasportato una valigia di narcodollari illecita per Alex Vause, una trafficante di droga internazionale e un tempo sua amante, crimine di cui si è macchiata ben dieci anni prima, quando era solo un’ingenua ventenne.L’approccio alla vita carceraria per Piper non è dei migliori, poiché viene subito vista come anello debole per via del suo aspetto da riccona nullafacente.Piper conoscerà tante donne e le loro storie drammatiche e commoventi, e tra risse, incontri speciali, contrabbando e l’avvento di guardie poco umane, lei e le altre detenute dovranno cercare di cavarsela anche creando “famiglie” e veri e propri ghetti.OITNB distrugge ogni tipo di tabù presentandoci svariati personaggi che talvolta ci faranno commuovere con le loro storie e divertire con le loro avventure.Dove nel carcere degli uomini l’unica complicità ammes-sa era quella legata al gruppo di appartenenza e alle sue caratteristiche, mentre per il resto era guerra di tutti contro tutti, qui c’è più spazio per una maggiore “umanità”, per una maggiore e diversa “sensibilità”. Non si può raccontare la

storia di ogni singola carcerata per motivi di spazio, ma si tratta di storie curate, ben raccontate, che si prendono il loro tempo e che prendono vita attraverso personaggi ben caratterizzati, sviluppati e interpretati; permettendoci così di non avere un unico protagonista attorno al quale gira tutta la trama (come succede in altre serie tv); qui ogni detenuta è protagonista.Proprio questa fusione tra commedia e dramma potrebbe dare qualche fastidio a chi si aspettasse un prodotto più crudo e diretto. Vi sono in realtà molte polemiche a riguar-do, così come sono molte le discussioni scatenate dall’e-lemento del lesbismo nella serie. Non si tratta di troppe scene, e francamente né il modo in cui vengono mostrate né il modo in cui sono integrate nello show lascia spazio a polemiche e discussioni che, da questo punto di vista, appaiono sterili e davvero insensate. Orange is the new black, nonostante tutto, è innanzitutto uno show godibile e molto meno “grave” di altre produzioni attuali, ed è proprio la semplicità e l’abbattimento dei luoghi comuni che rende questa serie fantastica.Vi consiglio di guardarlo perché, credetemi, questa serie è più di un semplice show, sono delle storie vere e come recita lo slogan della serie “every sentence is a story”.

Sin dall’inizio del mio viaggio a Buenos Aires ho notato una forte influenza italiana sulla cultura degli abitanti di questa città; infatti, durante la mia permanenza, purtroppo breve, nella capitale argentina, ho avuto modo di osservare, prima di tutto, delle abitudini molto simili alle nostre che caratte-rizzavano chiunque incontrassi. Tra di queste, quella che mi ha stupito di più è di certo il loro frequentissimo uso del-la parola “ciao”, che però non ha lo stesso significato che ha qui in Italia; “ciao”, infatti, è per gli argentini più simile al nostro “arrivederci”, ma appartiene a un registro legger-mente più informale. Per fare degli esempi, molti dei pro-prietari dei negozi più piccoli, per congedarsi con il cliente usano “ciao”, così come farebbero, però, anche due amici. Girando per la città, inoltre, ho avuto modo di vedere alcuni degli edifici più importanti della città e molti di questi, ad un primo sguardo, mi sono sembrati quasi familiari; visi-tandoli, poi, ho scoperto che le mie sensazioni erano fon-date. Sono infatti tantissimi i palazzi progettati da architetti italiani, come quello del congresso, il Teatro Colón, che è uno dei più grandi al mondo, e Palacio Barolo; quest’ulti-mo, costruito da Mario Palanti su richiesta dell’imprenditore tessile Luigi Barolo, è probabilmente (anche se l’architetto non si è mai espresso a riguardo) dedicato al più grande poeta della storia italiana, Dante Alighieri, e alla sua Com-media. Il palazzo, che è stato il più alto edificio della città ed è sicuramente uno dei più importanti di essa, è carat-terizzato da continui richiami all’opera dantesca, come la sua suddivisione in tre parti orizzontali che rappresentano l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso e i suoi cento metri di altezza, come i cento canti del poema. Così, la cultura ita-liana incontra di nuovo questa bellissima città, si intreccia alla sua storia e al suo stile, e la rende unica. Ho inoltre

scoperto con piacere che il Barrio più grande di Buenos Aires è proprio il quartiere Palermo, il cui collegamento con l’Italia non è ovvio come potremmo pensare tutti noi paler-mitani; durante la mia gita in quel rione, infatti, ho dato per scontato che il nome di esso si riferisse alla nostra città, visto l’elevato numero di immigrati siciliani in Argentina, ma mi sbagliavo. Palermo, in realtà, deriva dal nome di Juan Dominguez Palermo, un nostro concittadino che, sposata la discendente di un fondatore di Buenos Aires, bonificò i possedimenti della donna verso la fine del sedicesimo se-colo. Durante il volo di ritorno, ho avuto il piacere di parlare con una signora argentina sull’ottantina e, quando le ho detto che a Buenos Aires, a volte, avevo la sensazione di essere in Italia, circondato da italiani, lei ha confermato ciò che dicevo; mi ha spiegato infatti che gli abitanti della ca-pitale dell’Argentina si sentono molto più “Europei” e vicini all’Italia degli altri sudamericani, e pensano di essere quasi separati dal resto dell’America Latina, probabilmente per il grandissimo numero di europei emigrati in Argentina nel ventesimo secolo. È quindi per questo che, a differenza di come fanno molti americani e addirittura qualche europeo, gli abitanti di Buenos Aires, quando scoprono che sei ita-liano, ti trattano quasi da compatriota, senza citare i soliti stereotipi riassumibili con il trio “Pizza, Pasta, Mandolino”.

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L’ITALIA A BUENOS AIRESluca Giammanco III E chiara schillaci IV C

orange is the new black

Buenos Aires, quartiere “Palermo”Foto di Luca Giammanco

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Dopo gli otto anni di presidenza democratica dell’afroamericano Barack Obama, la situazione negli Stati Uniti cambia radicalmente. Il sotto-valutato repubblicano Donald Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Sarà sta-to il suo carisma? O il desiderio degli americani di cambiare un sistema ormai troppo antico? O forse gli scandali emersi alla vigilia delle elezioni sull’avversaria democratica, Hillary Clinton? Sono tanti i fattori in gioco, ma è certo che Trump sia arrivato alla Casa Bianca, sovvertendo ogni stati-stica. Oggi, per la prima volta dal 1928 Camera e Senato diventano a maggioranza repubblicana. L’elezione di questo personaggio, ampiamen-te discusso per le sue idee estremiste, in primo luogo ha generato il timore di molti che hanno correttamente espresso opinioni dispregiative sulla sua persona giudicandolo sessista, razzista e omofobo, in secondo luogo ha provocato un crollo immediato dei mercati mondiali. Lo shock generato da questa notte storica ha colpito tut-ti i paesi del mondo che hanno reagito in modo diverso. Russia, Giappone, India ed Egitto si con-gratulano con il neo presidente, mentre la Corea del Sud convoca senza perdere un secondo il consiglio sulla sicurezza nazionale e il presidente del Parlamento UE esprime la sua preoccupazio-ne rispetto ai rapporti transatlantici. Gli america-ni attraverso questa scelta così rilevante hanno

confermato ancora una volta di amare il rischio scegliendo una personalità così forte e ambi-gua. Ci si chiede se le ultime parole pronunciate dopo la vittoria saranno riempite da fatti con-creti, quindi se realmente gli americani potran-no essere uniti e se il presidente sarà capace di rappresentare ogni singolo cittadino. Mentre se si riflette sul fatto che la situazione geopolitica attuale è una tra le più complesse della storia, è inevitabile domandarsi se un imprenditore mi-liardario sarà capace di gestire, a nome di una potenza mondiale, ogni manovra politica neces-saria. Il rischio più grosso è quello di interrom-pere in modo più o meno netto le relazioni in-ternazionali, in cui gli Stati Uniti hanno un peso fondamentale. Nella speranza che l’America non perda l’unità è tutti gli ideali onesti e forti che l’hanno sempre rappresentata e resa tale, ci si può soltanto rassicurare con la consapevolezza che la squadra che sta dietro al nome di Donald Trump sia composta da personalità valide quali l’ex sindaco newyorkese Giuliani.

Ogni cosa cambia, in maniera più o meno signifi-cativa, da Stato a Stato. Così, anche nella politi-ca. Molteplici differenze caratterizzano le diver-se nazioni che, a loro volta, sono influenzate dal sistema politico di ogni paese. Negli ultimi mesi, notiziari, siti web, blog e social network sono sta-ti totalmente invasi dagli infiniti scontri avvenuti tra i due principali candidati alla Presidenza de-gli Stati Uniti d’America: Donald Trump e Hillary Clinton.Come funziona la politica negli USA?Basti pensare alla frase detta da Frank Zappa, «Il governo è il reparto di intrattenimento del siste-ma politico e militare», per farsi un’idea generale del sistema politico americano.Le campagne politiche negli Stati Uniti da sem-pre sono state caratterizzate da frequenti di-battiti, all’interno dei quali i candidati, più che esporre le proprie idee e il proprio programma, cercano di apparire, mettersi in mostra e farsi amare dal popolo per il proprio carisma e per il proprio carattere. Non a caso, nel corso degli anni, il passaggio dal piccolo schermo ha assunto sempre più importanza divenendo fondamenta-le al fine di creare un rapporto tra il candidato e i suoi possibili elettori. Questo 2016 non è stato da meno. Anzi è stato connotato da una aggressività verbale nei con-fronti dell’avversario espressa in modo quasi plateale. L’elezione di Donald Trump come pre-sidente degli Stati Uniti è stata solo il culmine di un’infinità di accesi dibattiti e di apparizioni, anche fuori dal mondo della politica. Di questi di-battiti solamente tre sono stati trasmessi in tele-visione; il confronto tra i due candidati, tuttavia, è continuato spesso sia nei social network sia nei comizi dei due rispettivi partiti. Il primo confronto diretto tra Trump e Clinton è avvenuto il 26 Settembre. A sferrare l’attacco iniziale è stata la Clinton, la quale ha puntualiz-zato l’inadeguatezza del candidato repubblica-no come presidente, considerata la sua scarsa considerazione dei problemi riguardanti il cam-biamento climatico. Dopo aver affrontato altri temi, come la criminalità negli States e l’Isis, il

confronto si è concluso con una leggera prima vittoria della Clinton che, nonostante sia stata in-terrotta molteplici volte dall’avversario, è quasi sempre riuscita a rispondere con carattere alle provocazioni di Trump.Il secondo dibattito, trasmesso il 9 Ottobre, è stato caratterizzato dalle continue provocazioni dei due politici, basate su scandali che li hanno coinvolti: le e-mail mandate dalla Clinton e il vi-deo in cui l’attuale neopresidente dichiara di avere molestato sessualmente delle donne sono gli esempi più significativi. Dopo aver affrontato nuovamente il tema riguardante lo Stato Islami-co, il dibattito si è concluso con una domanda particolare rivolta da un uomo del pubblico a entrambi i candidati, il quale chiedeva di fare ri-spettivamente un complimento al proprio rivale. La Clinton ha lodato Trump considerandolo un buon padre, invece, il repubblicano ha affermato di stimare molto la democratica per la sua forza e la sua determinazione.Infine, nel terzo e ultimo confronto, trasmesso in televisione la sera del 19 Ottobre orario statuni-tense, secondo i sondaggi, si è potuto assistere ancora una volta a una vittoria della Clinton. Dun-que, dopo aver affrontato quasi ogni tema di en-trambe le campagne politiche, dalla questione dell’immigrazione al problema delle armi, i due rivali hanno sferrato il colpo finale. La Clinton ha puntato nuovamente sulla pericolosità e inade-guatezza di Trump come presidente, al contrario di quest’ultimo che ha accusato l’ex segretario di Stato di aver raccolto fondi dalle persone che, divenuta presidente, vorrebbe controllare. Dopo mesi e mesi di provocazioni, battute e acce-se discussioni tra i due candidati, piaccia o meno, ha avuto la meglio Donald Trump. Non resta che attendere e osservare come l’attuale presidente degli Stati Uniti si comporterà nei quattro anni di mandato e se rispetterà o meno tutte le promes-se fatte durante le campagna elettorale.

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Donald trump nuovo presidentevictoria cassarà iv e

Il governo è il reparto di intrattenimento del sistema politico e militare

ettore inzerillo iv c

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Nave, nella nebbia avvolta,urla, di una voce rotta,

uomini, consci della loro vita, morta.Naufragio imminente, confusione, anarchia, Morte!

Da un lato, calma:il comandante si abbandona, aduna il fedele equipaggio,

a gran voce esclama: “Stappate botti di buon vino, conciliate gli animi,preparate un banchetto: un ultimo baccanale...”

IL MIO TITANIC OVVEROSIA UN PARADISO ARTIFICIALE

DARIO SPINELLI V C

Incertezza,mancata consapevolezza,

compagna di vita mi conduci verso il vuoto.Per merito tuo capace di tutto, riuscito in nulla:

manchevole di tutto , tutto bramo, posseggo nulla.Erro, vago, fuggo dal presente e dal futuro in un deserto

di pensieri, contorni sfumati:lontano ti scorgo, unica mia destinazione: Fallimento.

Forse è meglio tornare al mio Titanic.

AMBIZIONE E NARCISISMO

DARIO SPINELLI V C

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REDAZIONE:DOCENTE REFERENTE:Prof.ssa Elena Santomarco

CAPOREDATTORE:Elisabetta Cannata V C

VICE-CAPOREDATTORE:Chiara Schillaci IV C

IMPAGINAZIONE: Mario Labruzzo III EFabrizio Serafini III E

Grafica:Mario Labruzzo III E

Luca Giammanco III E Lucia Raffaele III D Flavio scuderi IV H Asia Clemenza V I Carlotta Migliore III F Stefano Zampardi IV F Gabriele Rizzo IV C Irene La Spina III G Ludovico Piazza III G Ruggero Artale V E Marco Barbaro V C Sophia Amato III M Victoria Cassarà IV E Ettore Inzerillo IV C Dario Spinelli V C Aldo Marguglio IV H Emiliano Rotigliano IV C Andrea Giliberti IV L

FOTOGRAFI:Francesco Cipolla IV EGiuseppe Comparetto IV HLuca Giammanco III EMario Labruzzo III E

Foto dal set di Desìo, il cortometraggio realizzato dagli alunni della IV E sul tema del desiderio e della ricerca labirintica nell’Orlando Furioso. La narrazione in versi, una riscrittura in chiave moderna del Palazzo del mago Atlante, la sceneggiatura e le musiche sono state interamente realizzate dai ragazzi.

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