Obbiettivamente genn feb 2012

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Giorno 31 Gennaio è stato nomina- to dal Consiglio di Amministrazione della Rai il nuovo direttore del Tg 1. Il vincitore di questa tanto discussa ele- zione è Alberto Maccari che negli ultimi tempi aveva preso in via straordinaria le veci dell’ex direttore Minzolini. E sì, in via straordinaria e provvisoria soprattut- to, infatti il neonominato ha già superato l’età da pensione. Ma nonostante ciò la sua elezione si è svolta sotto circostanze molto “particolari”: per la prima volta nella storia della RAI un direttore del Tg è stato insignito della carica essendo vo- tato da solo una parte del Consiglio di Amministrazione. Certo, nel panorama di un’Italia divisa, anzi tenuta insieme dal collante Monti, non sorprende che ci si- ano opinioni così contrastanti, o forse si? D’altra parte se si scende più nei dettagli si può vedere come il direttore Maccari sia stato votato da quegli elementi del consiglio facenti riferimento ad una certa area di influenza politica definibile come centrodestra, e che abbia ottenuto la no- mina attraverso lo scarto di un solo ed unico voto… E noi che professavamo che le maggioranze vere (soprattutto quando si parla di fiducia) non si fondano su un voto o due! Eppure quel voto ha portato a diverse lamentele più o meno tuonanti. Primo fra tutti il Consigliere Nino Rizzo Nervo che cercando di dare un messaggio chiaro e forte ha presentato le sue dimis- sioni al Presidente Garimberti e poi capi gruppo PD e IDV Bersani e Di Pietro che hanno preannunciato un declino de- finitivo della validità del Tg 1 gravemen- te compromesso dalla personalità, possia- mo dirlo, completamente di parte quale è stato Minzolini. Ad ogni modo vedremo nel futuro se il Consigliere Nizzi dovrà ricredersi o, forse più probabilmente, il presidente Garimberti si dimetterà. ALICE CALANDRA II H IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZARO MACCARI: SIETE SICURI? ALAN TOURING CIPRO DEL NORD C i troviamo nel bel mezzo di una crisi di enormi proporzioni e di portata globale. Non mi riferisco alla crisi economica e finanziaria, iniziata a Wall Street, nel “tempio del capitalismo finanziario”, nell’estate del 2008 ed oggi, dopo quasi quattro anni, non ancora conclusa. Tuttavia, almeno in quel caso, i governanti dei vari paesi si sono resi conto della gravità della situazione e dei potenziali rischi, adoperandosi in cerca di una via d’uscita. Mi riferisco invece ad una crisi che passa da tempo inosservata, nonostante continui costantemente ad insinuarsi sempre più nelle radici delle grandi democrazie, a “lavorare” in silenzio, proprio come un cancro che dirama le sue metastasi; PALERMO NUMERO 2 PERCHÉ LE DEMOCRAZIE HANNO BISOGNO DELLA CULTURA EUGENIO CANNATA IV C F orse è anche grazie a lui se oggi usiamo il computer, forse è anche grazie a lui se oggi il mondo è un posto libero, ma di sicuro è merito suo se oggi stiamo leggendo questo tributo a un uomo la cui singola vita ha cam- biato quella di molti ren- dendola migliore: Alan Turing. Alan Mathison Turing è stato uno dei più impor- tanti matematici, logici, e crittalinisti britannici del ‘900 ed è per ciò che oggi egli è considerato uno dei padri dell’informatica e del computer. Nato a Lon- dra 100 anni fa, Alan è stato uno studente eccelso che ha brillato fra i suoi compagni per le sue ca- pacità matematiche e scientifiche che lo portarono all’essere arruolato dai servizi segreti inglesi come crittalinista durante la seconda guerra mondiale... PAGINA 20 “Scusi signore, dobbiamo analizzare meglio il suo pas- saporto” “Come mai?” “Uno dei timbri non risulta valido, le faremo sapere”. E’ questa la discussione che vi potrebbe capitare di sostenere al ritorno a casa, nel caso in cui abbiate passato le vacanze a Cipro del Nord, Stato in realtà ricono- sciuto solo dalla Turchia e de- finibile quindi uno “Stato fan- toccio”. Si definisce così una parte di territorio appoggiata, controllata e sostenuta militar- mente da uno Stato estero (di norma più potente) PAGINA 14 MATTIA D'ARPA I I 01/02/2012 GIULIA CATALISANO V B Per domande o per qualche consiglio, non esitate e scriveteci al nostro indirizzo e-mail : [email protected] PAGINA 8

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Giorno 31 Gennaio è stato nomina-to dal Consiglio di Amministrazione della Rai il nuovo direttore del Tg 1.Il vincitore di questa tanto discussa ele-zione è Alberto Maccari che negli ultimi tempi aveva preso in via straordinaria le veci dell’ex direttore Minzolini. E sì, in via straordinaria e provvisoria soprattut-to, infatti il neonominato ha già superato l’età da pensione. Ma nonostante ciò la sua elezione si è svolta sotto circostanze molto “particolari”: per la prima volta nella storia della RAI un direttore del Tg è stato insignito della carica essendo vo-tato da solo una parte del Consiglio di Amministrazione. Certo, nel panorama di un’Italia divisa, anzi tenuta insieme dal collante Monti, non sorprende che ci si-ano opinioni così contrastanti, o forse si? D’altra parte se si scende più nei dettagli si può vedere come il direttore Maccari sia stato votato da quegli elementi del consiglio facenti riferimento ad una certa area di influenza politica definibile come centrodestra, e che abbia ottenuto la no-mina attraverso lo scarto di un solo ed unico voto… E noi che professavamo che le maggioranze vere (soprattutto quando si parla di fiducia) non si fondano su un voto o due! Eppure quel voto ha portato a diverse lamentele più o meno tuonanti. Primo fra tutti il Consigliere Nino Rizzo Nervo che cercando di dare un messaggio chiaro e forte ha presentato le sue dimis-sioni al Presidente Garimberti e poi capi gruppo PD e IDV Bersani e Di Pietro che hanno preannunciato un declino de-finitivo della validità del Tg 1 gravemen-te compromesso dalla personalità, possia-mo dirlo, completamente di parte quale è stato Minzolini. Ad ogni modo vedremo nel futuro se il Consigliere Nizzi dovrà ricredersi o, forse più probabilmente, il presidente Garimberti si dimetterà.

ALICE CALANDRA II H

IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZARO

MACCARI: SIETE SICURI?

ALAN TOURING CIPRO DEL NORD

Ci troviamo nel bel mezzo di una crisi di enormi proporzioni e di portata globale. Non mi riferisco alla crisi economica e finanziaria, iniziata a Wall Street, nel “tempio del capitalismo finanziario”, nell’estate del 2008 ed

oggi, dopo quasi quattro anni, non ancora conclusa. Tuttavia, almeno in quel caso, i governanti dei vari paesi si sono resi conto della gravità della situazione e dei potenziali rischi, adoperandosi in cerca di una via d’uscita. Mi riferisco invece ad una crisi che passa da tempo inosservata, nonostante continui costantemente ad insinuarsi sempre più nelle radici delle grandi democrazie, a “lavorare” in silenzio, proprio come un cancro che dirama le sue metastasi;

PALERMO NUMERO 2

PERCHÉ LE DEMOCRAZIE HANNO BISOGNO DELLA CULTURA

EUGENIO CANNATA IV C

Forse è anche grazie a lui se oggi usiamo il computer, forse è

anche grazie a lui se oggi il mondo è un posto libero, ma di sicuro è merito suo se oggi stiamo leggendo questo tributo a un uomo la cui singola vita ha cam-biato quella di molti ren-dendola migliore: Alan Turing.Alan Mathison Turing è stato uno dei più impor-tanti matematici, logici, e crittalinisti britannici del ‘900 ed è per ciò che oggi egli è considerato uno dei padri dell’informatica e del computer. Nato a Lon-dra 100 anni fa, Alan è stato uno studente eccelso che ha brillato fra i suoi compagni per le sue ca-pacità matematiche e scientifiche che lo portarono all’essere arruolato dai servizi segreti inglesi come crittalinista durante la seconda guerra mondiale...

PAGINA 20

“Scusi signore, dobbiamo analizzare meglio il suo pas-saporto” “Come mai?” “Uno dei timbri non risulta valido, le faremo sapere”. E’ questa la discussione che vi potrebbe capitare di sostenere al ritorno a casa, nel caso in cui abbiate passato le vacanze a Cipro del Nord, Stato in realtà ricono-sciuto solo dalla Turchia e de-finibile quindi uno “Stato fan-toccio”. Si definisce così una parte di territorio appoggiata, controllata e sostenuta militar-mente da uno Stato estero (di norma più potente)

PAGINA 14

MATTIA D'ARPA I I

01/02/2012

GIULIA CATALISANO V B

Per domande o per qualche consiglio, non esitate e scriveteci al nostro indirizzo e-mail : [email protected]

PAGINA 8

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L'ULTIMO PNIENRICO MUNI III E

VITA SCOLASTICA2

NEL MEZZO DEL CAMMIN DI NOSTRA VITA CI RITROVAMMO IN... SUCCURSALE!

VITA SCOLASTICA3

GLORIA VARRICA III R & FEDERICA RESTIVO III R

Ogni anno tre trienni del Liceo Cannizzaro, a causa della ristrutturazione della scuola, svolgo-no le lezioni in nove aule dell’Istituto ITI e ciò

è causa di grandi disagi sia per gli studenti in centrale sia, e soprattutto, per quelli in succursale. La lontanan-za tra i due edifici comporta molto spesso dei ritardi dei professori poiché devono essere disponibili durante le ore di buco per i colloqui infrasettimanali con i genitori.Ma ciò che incombe maggiormente sugli alunni che fre-quentano il complesso in via Laurana è senza dubbio l’as-senza di alcuni servizi che nell’altro edificio sono garantiti. Ad esempio la mancanza di una palestra o di un laboratorio di chimica e biologia priva gli studenti della possibilità di svolgere la parte pratica delle loro lezioni in un luogo ade-guato. Infatti, lo spazio adibito a palestra non è altro che l’atrio sottostante ad una terrazza del Vittorio Emanuele III dove viene messo a disposizione un solo tavolo da ping-pong, e dove un’eventuale corsa o allenamento sono resi impossibili dalla presenza di scale e da una pavimentazio-ne scivolosa. In quest’area la sicurezza degli studenti non è garantita, né tanto meno il continuo utilizzo, dettato dal numero di classi che ne dovrebbe usufruire. Sono inoltre presenti dei contenitori di forma cilindrica destinati ai ri-fiuti chimici dell’istituto industriale, con i relativi tubi in evidente stato di degrado. Non è da escludere che conten-gano materiale pericoloso e che possano subire (a causa di continue pallonate!) seri danni. In ogni caso la loro presenza turba i ragazzi che frequentano quest’ambiente. Durante i mesi invernali le aule sono gelide poiché il si-stema di riscaldamento è davvero pessimo e insufficiente se rapportato alle dimensioni delle aule. Le classi “nuove” non sono attrezzate di termosifoni e sono state fornite recentemente di stufette elettriche troppo piccole e mal funzionanti. Giorno 25/01, a causa di un surriscalda-mento del rivestimento in plastica delle barre di metallo che emettono calore della stufetta elettrica, nella classe III M si è verificato un principio d’incendio. Esso è stato prontamente domato con l’estintore anche se ha (inevita-bilmente) interrotto l’ora e causato il panico fra i ragaz-zi poiché l’aula si è immediatamente riempita di fumo.

Anche in passato, lo svolgimento delle lezioni è stato di-verse volte disturbato, se non del tutto interrotto, a causa di collassi dell’impianto elettrico, allagamenti dei locali o da esplosioni di petardi davanti alle finestre delle aule poste sul lato interno del complesso. Inoltre lo stato di de-grado dell’esterno dell’edificio ha incrementato la crescita della pianta di parietaria che è causa di forti crisi allergiche. Nonostante quanto detto in precedenza, stare in suc-cursale può anche avere dei vantaggi, ad esempio, l’ac-cesso all’aula multimediale è meno difficoltoso e più frequente e ciò facilita di molto le lezioni che preve-dono testi di supporto reperibili online. Inoltre l’am-pio spazio esterno facilita il posteggio dei ciclomotori e ciò garantisce maggior sicurezza ai proprietari (poiché non devono lasciare il motorino in strada) e ai pedoni che durante la ricreazione non corrono il rischio di es-sere travolti. Poi i collaboratori scolastici di questo edi-ficio sono gentilissimi e sempre molto disponibili! I ba-gni e le aule sono più puliti delle classi in centrale e vi sono presenti persino gli specchi, il sapone e le salviette!

Molti di noi, approssimativamente quelli nati fra il ’95 e il ’96, almeno tre anni fa, nell’iscriversi a questa scuola sono stati posti di fronte ad una

scelta. Gli è stato infatti richiesto quale corso preferissero seguire, avvalendosi di una triplice scelta: piano nazionale informatica, corso bilingue, e corso tradizionale.Recenti stravolgimenti della gestione risorse in ambito scolastico hanno però obbligato il taglio dei primi due corsi, si è arrivati così a un unico piano di studi, uguale per tutte le sezioni, e della precedente suddivisione, fra circa due anni e mezzo, non resterà nemmeno il ricordo. Certamente da determinati punti di vista si potrebbe dire che la dipartita dei corsi sperimentali possa essere un vantaggio per gli studenti che, prima di tutto, devono af-frontare un programma molto meno esteso, e sono liberi dall’enorme mole di lavoro che invece richiedevano i cor-si eliminati; tale diminuzione porta, come conseguenza più diretta, a migliori risultati, dovendosi concentrare su meno argomenti i ragazzi possono infatti approfondirli meglio, il che comporta una sensibile diminuzione dello stress.Appare anche evidente come i corsi sperimentali siano per certi versi deleteri. Essi obbligano i ragazzi, qualora voles-sero conseguire buoni risultati, ad una quantità inumana di sforzi, che si traducono in “studio matto e disperatissi-mo”; studio che, nell’arco delle 24 ore a noi concesse non è materialmente possibile nella sua interezza. Ne escono

ragazzi che, non riuscendo nella folle impresa di terminare anche solo i compiti assegnati per casa sono stressati e de-motivati. Sorge spontaneo chiedersi perché preoccuparsi tanto del taglio di qualcosa di così negativo, una risposta è sicuramente da ricercarsi nella grande preparazione che questi corsi alla fine danno, e questo è un dato di fatto, e che è fondamentale nella ricerca di un lavoro che ad oggi è sempre più difficile trovare.

Tabelle di confronto delle percentuali di risposte corrette delle prove INVALSI 2010/2011 delle seconde classi del nostro Istituto con i dati dei LICEI nazionali e per area geografica pertinente

MATEMATICAArea geografica MediaITALIA 53,3SUD e ISOLE 48,9SICILIA 49,4Ls CANNIZZARO 63,9

ITALIANO Area geografica MediaITALIA 78,3SUD e ISOLE 75,6SICILIA 76Ls CANNIZZARO 77,1

QUALCHE DATO...INVALSI

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LA VELA ROSSAGABRIELE VANNINI PARENTI IV A

VITA SCOLASTICA 4

VITA SCOLASTICA 5

Il concorso lanciato dalla Kaos cinematografica “Racconta il tuo finale “ chiedeva di trovare - nell’ambito del pro-getto seguito alla visione di Fughe e Approdi di Giovanna Taviani - un epilogo al finale aperto del film Stromboli terra di Dio di Roberto Rossellini, girato nel 1950. L’opera del maestro neorealista raccontava di una profuga lituana, Karin - interpretata da Ingrid Bergman, la celebre protagonista di Casablanca - prigioniera di un campo di raccolta per stranieri in Italia, deve scegliere se emigrare in Argentina o ottenere la cittadinanza sposando Antonio. Negatole il permesso per trasferirsi in Sud America, ella sceglie di seguire Antonio a Stromboli, dove quest’ultimo vive facendo il pescatore. Karin, però, non riesce ad adattarsi alla vita del marito e soffre le differenze culturali con la gente del posto, rozza e “all’antica”. La ge-losia di Antonio, istigato dalle maldicenze dei paesani, e la scoperta di essere incinta inducono Karin a fuggire con l’aiuto dell’unico isolano gentile e fidato: il guardiano del faro. Ella tenta dunque di oltrepassare il vulcano, ma la sua fuga si rivela impossibile. Il film si conclude mentre Karin, arrancando stremata sulle pendici del vulcano, in-voca l’aiuto di Dio.Da questo punto i concorrenti dovevano sviluppare il loro finale ed ecco come l’ho immaginato.

Sbarcati sulla riva, Karin rimase impressionata da quel-la sabbia leggera come nuvola e da quella montagna di polvere dalla quale si poteva correre verso il mare e quasi volare. Risaliti sulla tartana, la donna osservò da lontano il vulcano di Stromboli, ora calmo, nella sua maestosità, nel suo aspro splendore. Le cale e le insenature che Figliodoro le mostrava durante il viaggio erano tutte caratterizzate da quella dura bellezza; l’acqua che le circondava era azzurra e trasparente e aveva sfumature di verde chiaro, e il rifles-so del sole che tramontava le conferiva una luminosità ancora più affascinante. Ad un tratto, la vela rossa della tartana si gonfiò di vento e verso Ovest videro formarsi una tromba d’aria.Karin, spaventata, esclamò: - Andiamo via! – ma Figlio-doro, calmo come sempre le spiegò: - Quella è una delle Maiare, che gli abitanti credono streghe del vento, ma in realtà sono solo i messaggeri di noi Guardiani. Ed ora, mentre il sole tramonta ed è finita la tua avventura su questa barca, dovrai dirmi se vuoi andare a Ginostra da Antonio, tornare da Vincenzo o raggiungere l’Argenti-na. Karin, calmatosi il vento, meravigliata dallo splendore

della natura visto quel giorno, dopo aver rischiato di mo-rire insieme al figlio che portava in grembo, mentre guar-dava il sole che si inabissava oltre l’orizzonte, prese una decisione. – Guardiano del Mare, Antonio e gli abitanti di Stromboli mi sono stati ostili e mi hanno trattato male ed in quel luogo non crescerò mio figlio. Ma ciò che ho visto oggi con te mi ha convinto a rimanere nelle Eolie, per-ciò ho deciso di raggiungere Vincenzo, l’unico che è stato realmente gentile con me. Vorrei farti però – continuò Karin – un’ultima domanda, Guardiano. Ho pregato Dio sul vulcano perché salvasse me e mio figlio. Sei forse un angelo? -. – Angelo, Guardiano, pescatore, o Figliodoro, sono tutti nomi giusti per chiamarmi. Ora va – le disse.Improvvisamente, tutto divenne nero e Karin svenne, e quando riprese conoscenza si ritrovò a Ginostra e vide Vincenzo che correva verso di lei. – Ce l’hai fatta Karin! – esclamò -. – Sì – disse lei, chiedendosi se avesse sognato – ora andiamo a costruire la nostra nuova vita-.

Le onde ed il vento spingevano la tartana dalla vela rossa di Figliodoro verso l’isola di Stromboli, che si stagliava contro il cielo nero di cenere, mentre il

vulcano si preparava ad esplodere nella sua furia. Figlio-doro osservava la cima della montagna già quasi del tutto avvolta dal fumo, ed in un attimo scomparve dal ponte della barca per riapparire sulla cima del vulcano, vicino al corpo di Karin, svenuta per le fatiche della scalata ed i fumi tossici. Il pescatore dai capelli biondi la toccò ap-pena e le disse: - Svegliati - ed ella aprì gli occhi e si girò verso di lui. - Chi sei? - gli chiese la donna. – Ne parle-remo dopo. Ora tieniti al mio braccio e chiudi gli occhi, ti porterò via di qui -. Karin, confusa dal fragore del vul-cano e da quella apparizione improvvisa, decise di fidarsi di quell’uomo sconosciuto, anche se non capiva cosa in-tendesse fare. Un attimo dopo averlo sfiorato, il frastuono dell’eruzione scomparve e, riaprendo gli occhi la donna si ritrovò su una barca da pesca dalla vela rossa, che l’uomo dai riccioli biondi stava già manovrando per allontanar-si da Stromboli. Karin, sbalordita, non riusciva a capire come fossero arrivati lì e soprattutto si chiedeva chi fosse quel marinaio che l’aveva salvata dal vulcano. – Il mio nome è Figliodoro - disse, quasi leggendole nella mente, il pescatore biondo. - Viaggio per il Mediterraneo ormai da tanti anni, sempre su questa tartana dalla vela rossa. Tutti mi conoscono come un pescatore, ma io sono molto più di ciò -. Karin sempre più sorpresa da quell’uomo, disse: - Io sono Karin e …- - Tranquilla - la interruppe Figliodoro - conosco già il tuo nome e la tua storia, così come quelle di tutti coloro che

attraversano questo mare -. Confusa dall’assurda situa-zione, Karin esplose allora in un susseguirsi di domande: - Ma chi sei tu in realtà? Come mi hai portato via dal vulcano? Come conosci me e la mia storia? - - Il mio è un segreto custodito da millenni, ma poiché ti ho salvata e te ne ho già rivelato una parte, ti racconterò tutta la verità. Io sono il Guardiano del Mare Mediterraneo ed il mio compito e quello dei miei compagni sugli altri mari è quello di proteggere queste acque e di salvare dispersi in mare e gli isolani dalle calamità naturali. – - Ma come hai fatto a portarmi sulla tua barca? – chiese Karin. – Siamo esseri antichi, noi Guardiani, ed inoltre dotati di poteri sovrannaturali -. – Dove mi porterai ora? -. – Ti mostrerò le isole Eolie, dalle quali volevi fuggire, ed infine ti lascerò scegliere la tua via, ma non ti dirò quale scelta ti porterà alla felicità -. Karin, turbata da quelle rivelazioni, osservò pensosa il riflesso del sole attraverso la vela rossa, mentre Figliodoro già dirigeva la tartana verso una spiaggia bian-ca per la polvere di pomice.

Nel percorso che mi ha portato a “raccontare il mio finale”, devo dire che l’ispirazione mi è venuta direttamente dalla regista di Fughe e Approdi, Giovanna Taviani, poiché, dopo la visione del documentario, avvenuta l’anno preceden-te, lei stessa era venuta a scuola a parlarci di questo concorso. In questa occasione ci aveva illustrato la possibilità di utilizzare, anche mischiandoli, i personaggi e le storie sia del suo film che di quello di Rossellini, consigliandoci di affidarci alla nostra fantasia. Quando nominò ancora Figliodoro, reale pescatore delle Eolie con il quale aveva girato il documentario (che aveva già lavorato con i fratelli Taviani recitando in Kaos, del 1984), mi venne l’idea di elevare il suo ruolo da semplice guida a “guardiano”, incarnazione delle isole stesse, dei suoi abitanti e della semplicità e bellezza di quei luoghi.La professoressa Notarbartolo, nostra docente di italiano, propose di far svolgere il concorso a tutta la classe, come una sorta di compito. Durante la stesura del racconto mi ha guidato una sensazione inedita, l’“essere autore”, cioè realizzare una storia caratterizzandola e sviluppandola con qual-cosa di “mio”. Quasi la sensazione di poter plasmare un universo reale e, allo stesso tempo, irreale, poiché frutto della mia fantasia.Nonostante non fossi mai stato alle Eolie, sono riusci-to a superare questo ostacolo affidandomi ai ricordi e alle emozioni che mi aveva suscitato il documentario di Giovanna Taviani.Ero soddisfatto del mio lavoro essendomi innanzitutto divertito a scriverlo e non mi aspettavo di vincere il concorso. Sono stato ancor più felice quando ho sco-perto che fra i componenti della giuria c’erano gli stessi Paolo e Vittorio Taviani, un riconoscimento che, cer-tamente, mi ha riempito di orgoglio e mi ha portato a guardare con sempre maggiore interesse alla scrittura e al cinema.

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Si è appena conclusa, al Palazzo dei Normanni di Palermo, l’esposizione di alcune opere di Christo, artista bulgaro classe ’35, e della moglie defunta Jeanne Claude, rappre-

sentanti della Land Art. I due artisti, uniti nella vita profes-sionale e in quella amorosa, sono riusciti a stupire il mondo con la loro “folle” arte dell’impacchettamento. Ovviamente la domanda che sorge spontanea è: “Perché impacchettare qual-cosa e spacciarla per arte?". Il successo, però, è indiscutibile.Le opere nascono dall’unione sapiente di architettura moderna e di principi del classicismo che hanno portato i due coniugi a impacchettare oggetti, luoghi, monumenti che prima passa-vano inosservati. CELARE PER SVELARE; è questo l’input che ha mosso gli artisti in quest’arte “matta”, ma geniale.L’arte dell’impacchettamento consiste nell’avvolgere l’oggetto o il sito prescelto in tessuti tecnici come il propilene, oppure stoffe naturali come il cotone, fermandoli con corde o nastro adesivo. A chi in questa pratica vuole vedere l’intenzione di soffocare un’idea, il maestro Christo ha sempre risposto che

non è interessato a questo, ma vuole semplicemente celebrare, a suo modo, la bellezza. Altro intento di Christo è di voler coinvolgere nella realizzazione dell’opera i cittadini; perché solo se questi, incuriosendosi, domandano e in-teragiscono con gli operatori, diventa vera e propria arte. Fra le sue opere più sorprendenti possiamo citare il viale di teli arancioni montati al Central Park di NY; oppure i 1240 ombrelloni blu in una valle del Giappone; e ancora l’imballaggio del Reichstag di Berlino nel 1995 e le isole della baia di Biscayne a Miami circondate da una cintura di polipropilene fucsia.

Questa è arte contemporanea e bisogna osservare la sua originali-tà, non si può spiegare, compren-dere, definire… o forse sì?

E SE L’IMPACCHETTAMENTO DIVENTASSE ARTE?!?

MARZIA FERRARA V M

VITA SCOLASTICA 6

EMANUELE MILAZZO I C

PENSIERI E PAROLE7

Nella notte, i fiumi di treni, che si intravedono sotto il ponte, danno da riflettere. Dalle cremisi e calde vetrate della chiesa, osservo, non osservato occhi languidi bagnati da gocce di cristallo. La pioggia, si infrange sui bianchi gelsomini che luccicano, candidi, al parco, raggio di sole che filtra tra le trame di una nube. Cinerea. Una stella, porpora, nuda in terra, scruta il cielo, meraviglioso, in cerca delle sue sottili origini. Volerò; io volerò sopra tutto questo: come una fenice sopra l’ oceano; come un giglio in un campo; o, come un’ aquila su una montagna. Per sentire, finalmente, l’ odore della libertà e della speranza; del cielo e della tranquillità.

Neanche un sasso, che guizza in acqua, affonda, e muore, è paragonabile alla fugace, e dolce arte dei pianisti. Sul loro pianoforte, una rosa, rossa, adagiata, scarna, sullo specchio d’ un cristallo d’ acqua, e ciclamini, fulgidi di vita al loro balcone. Le loro dita, di morte, plasmano, armonie di malinconiche gioie: lutti, alimentati dalla vita, sulle tastiere, d’ avorio. Opaco.

Al tramonto di Soli, si affaciano alla finestra, ora, per ricevere, come una goccia sulla dorata chioma, l’ ispirazione di sogni, e d’ onde, e di mari e d’ aurore, e deserti. Veloce luce d’ occhiata, è la loro, che camminano, vagabondi, per le grigie vie, al fine di assorbire, tutte le possibilità dell’ esistenza, e non, smembrala nella transitorietà d’ attimi. Ingannevoli.

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PERCHÉ LE DEMOCRAZIE HANNO BISOGNO DELLA CULTURA

EUGENIO CANNATA IV C

ATTUALITÀ E CULTURA 8

ECCOVI NON SPIEGATO IL SEGRETO DEL SUCCESSO DELLA LEGA NORD

ATTUALITÀ E CULTURA 9

DANIELE PISCITELLO V B & FRANCESCO CONTI III B

“Insomma, anche in termini monetari e di influenza politica (non calcolo neppure il peso di dieci premi Nobel), con la cultu-ra si mangia. So benissimo che non abbiamo soldi per sostenere università come Harvard, musei come il MoMA o il Louvre, però basterebbe cercare, e ferocemente, di non buttare via il poco che abbiamo.Certo che, se in quel poco non ci crediamo, abbiamo perso in partenza. Non si mangia con l´anoressia culturale.”(Umberto Eco, in risposta all’ex Ministro Tremonti, secondo cui “la gente non mangia cultura”)

Ci troviamo nel bel mezzo di una crisi di enormi proporzioni e di portata globale. Non mi riferisco alla crisi economica e finanziaria, iniziata a Wall Street, nel “tempio del capitalismo finanziario”, nell’estate del 2008 ed oggi, dopo quasi quattro anni, non ancora conclusa. Tuttavia, almeno in quel caso, i governanti dei vari paesi

si sono resi conto della gravità della situazione e dei potenziali rischi, adoperandosi in cerca di una via d’uscita. Mi riferisco invece ad una crisi che passa da tempo inosservata, nonostante continui costantemente ad insinuarsi sempre più nelle radici delle grandi democrazie, a “lavorare” in silenzio, proprio come un cancro che dirama le sue metastasi; una crisi destinata ad essere, in prospettiva, ben più dannosa di qualsiasi crisi economica: la crisi mondiale dell’istru-zione. Sedotti dall’imperativo del profitto e della crescita economica, la quasi totalità degli stati occidentali opera tagli scriteriati e convulsi agli studi artistici e umanistici, visti come “fronzoli superflui” in un’epoca in cui le nazioni si “al-leggeriscono” di tutto quello che pare non serva a restare competitivi sul mercato globale. Come ricorda a più riprese la filosofa americana Martha C. Nussbaum nel suo recente saggio Non per profitto, “ciò che nel fermento competitivo è stato perso di vista è il futuro dell’autogoverno democratico”; in altre parole si è persa di vista la vocazione principale dell’istruzione, quale vero e proprio fondamento della democrazia, poiché contribuisce a creare l’atteggiamento men-tale su cui si regge la democrazia stessa. Questo atteggiamento mentale non può essere pensato in termini prettamente strumentali, come una serie di utili abilità tecniche volte a garantire un guadagno a breve termine, bensì come l’insieme delle capacità essenziali, in primo luogo, per la salute della democrazia e, in secondo luogo, per la formazione di una cultura mondiale attenta alle nuove esigenze del pianeta.La più importante tra queste è, senz’altro, la capacità di pensare criticamente e, dunque, di non accettare nulla che non sia prima stato sottoposto al vaglio critico della ragione; capacità per cui, più di duemila anni fa, Socrate diede la vita. Infatti non è un caso che Nussbaum faccia spesso riferimento al filosofo ateniese e che esorti all’uso del dialogo di impronta socratica, necessario per la buona salute della democrazia, che, per citare l’Apologia di Socrate di Platone, è “un grande cavallo di razza, che proprio per la sua grandezza è un po’ pigro e ha bisogno di venire pungolato da un tafano”. Un altro problema, in un certo senso endemico di tutte le società umane, riguarda l’influenzabilità di coloro che non hanno una coscienza critica e che delegano, quasi con deferenza, le proprie decisioni e, soprattutto, le proprie responsabilità, sottomettendosi all’autorità e alle pressioni sociali. Si tratta dello “stato di minorità” descritto da Kant nel 1784, che consiste nell’“incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro” e che, cosa ancor più importante, è imputabile unicamente alla viltà e alla pigrizia degli uomini, i quali “rimangono nondimeno volentieri minorenni per l' intera vita”. Accanto al “pensiero critico”, l’autrice del saggio pone - come secondo fondamento di un nuovo sistema educativo sulla scia di Rousseau, Tagore e Montessori - il “pensiero posizionale”, ovvero la capacità degli studenti di vedere il mondo con gli occhi degli altri, imparando, di conseguenza, a vedere coloro che sono diversi da noi non come un minaccioso “altro” ma come esseri umani totalmente eguali, con aspirazioni e obiettivi propri.Una buona scuola deve educare in questo modo al mondo. La storia recente del mondo obbliga i sistemi educativi che vogliano formare cittadini responsabili e dotati di capacità critica a considerare come asse portante delle scuole la conoscenza e la comprensione dell’altro, “del lontano nello spazio e nel tempo”.

Quando, alla riunione della redazione di Obiettivamen-te, mi è stato chiesto di scri-

vere un articolo riguardante la linea politica odierna della Lega Nord, mi sono subito chiesto se questo fosse il giusto modo di trattare, in un giorna-le scolastico, un tema così comples-so come il partito di Umberto Bossi o, come vezzosamente lui ama farsi chiamare, il "Senatùr". Il mio primo pensiero è stato "Che senso ha parlare di quello che succede oggi se nel frat-tempo che l'articolo viene comple-tato altre mille cose saranno succes-se?" Nonostante ciò possa sembrare piuttosto convincente, purtroppo, mi sbagliavo. Mi sono difatti dopo poco reso conto, che non è assolutamente possibile analizzare e comprendere le ragioni del grande successo della li-nea di pensiero che sta alla base della Lega Nord senza analizzarne gli avve-nimenti attuali.Tuttavia, proprio mentre ero alla scri-vania, con la tastiera tra le mani, a scrivere il mio "bell’articoletto”, Um-berto Bossi e Roberto Maroni si sono mandati a quel paese reciprocamente e poi stretti il dito medio in segno di pace almeno una dozzina di volte, di-mostrando in tal modo che alla fine

almeno un po’ di ragione l'avevo a dire che mille cose sarebbero succes-se. Ciò che invece mi ha fatto pen-sare che sarebbe stato bello provare a descrivere l'origine culturale di quello che possiamo “ammirare” in alcuni esemplari di Padano D.O.C. (che, da un punto di vista strettamente etologico, viene definito come "Un-PelinoDiRazzismo") è stato il mio viaggio nel Nord Italia. Durante una delle tante esplorazioni safari che l'i-tinerario propone, ho potuto ammi-rare, nel suo habitat naturale, questa specie (il Padano D.O.C.), ben lungi dall'essere in pericolo di estinzione. Chiunque infatti abbia avuto la for-tuna di potere fare un viaggio nel no-stro meraviglioso Nord Italia (che no, non ha solo la nebbia come invece i "saggi" detti popolari tentano di in-segnarci) si sarà reso conto di quanto sia immensamente facile incontrare qualche signore benpensante dispo-sto a dire tutto il male possibile dei "Terùn". Il "Terùn", per intenderci, non è una creatura mitologica imma-ginaria nordica come il nome potreb-be suggerire, bensì un loro simpatico modo di definire, a volte con poco affetto, la gente meridionale - il Le-ghista ha un'idea tutta particolare di Meridione, dato che per loro è Sud tutto ciò che si estende dal Centro-Nord in giù. Ma allora perché, se pro-viamo a sintonizzare, a nostro rischio e pericolo, la radio sul canale "Radio Padania Libera", la metà delle perso-ne che telefonano in studio non per insultare, provengono dal Sud Italia? Perché la loro mentalità razzista pren-de così piede anche tra le persone a

loro volta vittima di discriminazione? Forse perché, in realtà, i sostenitori di questo partito vedono in esso l'uni-co gruppo politico che si preoccupa realmente dei cittadini dei luoghi più sperduti del nostro paese dando loro importanza. E, nonostante con-siglierei loro di controllarsi un po’ la vista, non si può dire che non abbia-no ragione. La Lega è il partito che dà importanza ai piccoli paesi, che ha reinventato il termine "locale" defi-nendolo come qualcosa di prezioso anzichè qualcosa da buttare via o da integrare nel “globale”, ed è il partito che, più di tutti, incarna una menta-lità chiusa con una paura del nuovo e del diverso, comune a diverse zone della nostra penisola. Ma c'è proba-bilmente molto altro, motivazioni e fatti che un ragazzo di 17 anni con poco più di 4000 caratteri a disposi-zione non riesce a raccontare.Per capire le ragioni nascoste del grande successo di questo movimen-to "culturale" e politico che dilania il nostro paese separandolo in settori buoni e cattivi ci rimane, ormai, solo una cosa da fare: possiamo solo spe-rare che Il Trota, prodotto di punta della famiglia Bossi, prima o poi, be-vendo un po’ della miracolosa acqua del Dio Pò, si ravveda da quel giorno in cui invece bevve il suo cervello e ci riveli, in una lunga e ammaliante ora-zione, il segreto del grande successo del padre. Ma, purtroppo, credo che sia addirittura più probabile che un giorno qualcuno riesca finalmente a comprendere il significato dei farfu-gliamenti di Renzo Bossi, piuttosto che tutto ciò avvenga.

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ACCA LARENTIALUDOVICO DI MARTINO IV E

ATTUALITÀ E CULTURA10

TU DI CHE RAZZA SEI?UMANA O DISUMANA?

ATTUALITÀ E CULTURA11

LAURA BONAFEDE IV EIl 7 gennaio di questo nuovo anno per molti era un giorno qualsia-si, per altri l'ultimo sabato delle

vacanze natalizie e per altri ancora un giorno importante. Cosa ha di particolare il 7 gennaio per questi altri? È una data per ricordare i tre ragazzi uccisi proprio il 7 gennaio del 1978. Parliamo di una giornata tragica, una delle tante all'interno degli anni di piombo, periodo sel-vaggio figlio del terrorismo politico. Il 7 gennaio 1978, cinque giovani iscritti al partito "MSI", uscendo dal circolo di via acca larentia a Roma, furono investiti dai colpi di diverse armi da fuoco. Uno di questi ragazzi, Franco Bigonzetti di 20 anni, venne ucciso sul colpo; un secondo ragazzo, Francesco Ciavatta, scappó ma venne inseguito e colpito alla schiena da un proiettile e morí in seguito in ambulanza. Gli altri 3 ragazzi riusci-rono a salvarsi entrando nella sede del circolo dotato di porta blindata. La voce dell'accaduto si sparse presto in tutta Roma e un gran numero di "missini" romani giunsero in via acca larentia dove la tragedia con-tinuó. Per motivi ed in circostanze non chiare, scaturirono dei tafferugli che provocarono l'intervento delle forze dell'ordine con cariche e lancio di lacrimogeni. Le apparecchiature video dei giornalisti RAI furono danneggiate. Si dice che tutto fosse cominciato poiché un giornalista, distrattamente (alcuni sostengono l'intenzionalità del gesto), avrebbe gettato un mozzicone di sigaretta nel sangue rappreso sul terreno di una delle vittime della sparatoria. L'atto

venne interpretato come gesto di sfrontato oltraggio scaturendo così l'ira dei manifestanti. Con l'intenzio-ne di riportare all'ordine, il capitano dei carabinieri sparó ad altezza uomo centrando in piena fronte un ragazzo di 19 anni, Stefano Recchioni, che morí dopo 2 giorni in ospedale. Ma non finì qui... Il padre del ragazzo poco dopo si suicidó bevendo una bottiglia di acido muriatico.Questo 7 gennaio a Palermo, il partito "Giovane Italia" (PDL) ha organizzato una manifestazione in memoria di queste 3 vittime del terrorismo rosso, attaccando aper-tamente l'"antifascismo", dimen-ticando delle numerose stragi del terrorismo nero e di "Ordine nuovo" (movimento di Pino Rauti storico le-ader del MSI). Quest'anno proprio a Roma sul luogo della strage, davanti l'ex circolo ora sede del movimento "Acca Larentia", è stata cambiata la targa in memoria dei ragazzi. La nuova targa riportava i nomi e l'età dei ragazzi ricordandoli come vittime "dell'odio comunista e dei servi dello stato". L' unica risposta all'evidente provocazione è giunta dal "PDCI" che ha apertamente contestato quanto scritto. Inoltre subito dopo l'affissione della targa un corteo spontaneo antifascista si è unito sotto lo slogan di << 10, 100, 1000 Acca Larentia>>.Concordo pienamente nel voler ricordare le vittime di questa strage, affinchè non debbano accadere piú fatti del genere, ma sono anche del parere che vadano ricordate tutte le vittime allo stesso modo. Non riesco

a sopportare questa faziosità nel ricordare le vittime dell'estremismo politico: non importa se di destra o di sinistra! Critico aspramente chi scrive e urla "10,100 ,1000 Acca Larentia" perchè penso che non sappia cosa dice: il dolore e la gravità di questa strage non hanno limite. Bisogna rispettare e ricordare tutti i caduti: i morti sono morti e nessun tipo di valori giustifica una strage. Forse neanche il valore dell'antifasci-smo, elemento portante della re-pubblica italiana. "L'antifascismo" a mio parere va attuato culturalmente, in modo costruttivo e onesto, non spargendo sangue e commettendo atrocità.

Quanti cani randagi vagano nella nostra città? Vi è mai capitato di guar-darli negli occhi, questi cani? A me si. Ogni volta che ne vedo uno, ogni volta che per sbaglio la mia strada si incrocia con quella di un

cane randagio lo faccio, lo guardo negli occhi. E sapete cosa ho notato? Che ogni sguardo è diverso. Sembrerà una cosa banale, ma in realtà non lo è. Ci sono quei cani grossi, stanchi, pieni di chewingum e sporcizia appiccicate nel pelo che hanno quello sguardo spento e rassegnato. Vagano tra la gente o dor-mono talmente profondamente che ci vuole un pò per capire se sono vivi o morti. Ci sono quei cani giovani e felici che appena li accarezzi ti seguono, ti accompagnano a casa e che fino all'ultimo secondo in cui possono godere della tua compagnia ti chiedono con occhi imploranti di portarli con te. Poi ci sono i cani impauriti, che dalla gente preferiscono star lontani, quelli che se ti avvicini ti abbaiano. Ed infine ci sono i cuccioli, quelli che trovi negli scatoloni, quelli che non riesci a lasciare lì, a morire di fame. C'è chi dice che l'autenticità della bontà di una persona si vede da che rapporto ha con gli animali. Lo penso

anche io. La bontà di una persona che va in chiesa, che è disponibile con il prossimo non può essere autentica se quella stessa persona è la prima ad abbandonare un cane. Il fatto che loro non parlano, o meglio, il fatto che loro non sono in grado di comunicare con noi non vuol dire che la loro vita sia insignificante. I loro sguardi, come dicevo prima, sono vari, sono diversi come probabilmente lo sono i loro trascorsi, il loro modo di essere cani. Ed è su questo punto che mi voglio soffermare. Perchè se ci si ragiona un pò loro sono individui, come noi. Vivono, sentono freddo, soffrono la fame, muoiono di fame. Hanno i nostri stessi bisogni vitali. Poi se provano emozioni, se hanno sentimenti non lo so. Ma anche se non fosse, anche se loro vivessero esclusivamente di istinti la loro vita non sarebbe meno degna di rispetto di quella di un uomo.Purtroppo questi qua sono concetti ancora troppo lontani per essere acquisiti da tutte le persone. Infatti, ad oggi, il randagismo costituisce un problema difficile da risolvere. I canili son in pessime condizioni, i rifugi sono strapieni e la gente che prende un cane senza coscienza è pronta ad abbandonarlo quando sporca troppo a casa o in vista di eventuali viaggi. Il problema è appunto che manca una coscienza. Il problema è che i cuccioli sono carini e che quando ne compri uno in un negozio nessuno ti dice che è una responsabiltà, che è impegnativo e costoso mante-nere e crescere un cane. E' molto importante infatti che una persona che decide di adottare un cane sappia quello che comporta, perchè cani in mezzo alla strada ce ne sono già troppi e carcasse di cani sotto le macchine anche. Un modo efficace per combattere il randagismo è la sterilizzazione. Non si tratta di una mutilazione, ma semplicemente di un atto di ragionato amore. Perchè è difficile trovare una casa sicura a tanti cuccioli, perchè crescerli insieme alla mamma fino ai 3 mesi (com'è giusto che sia) è anche abbastanza costoso. Questo è quello che la gente non sa. Fare accoppiare il proprio cane senza prima avere già a chi dare i cuccioli è assolutamente sbagliato. Poi ci si ritrova in una situazione disperata, con 8-9 cuccioli a carico, e trovargli una casa sicura diventa secondario, la cosa più importante è toglierseli di torno. E se non si ha intenzione di far accoppiare il proprio cane farlo sterilizzare diventa ancora più importante, soprattutto per le femmine (L'80% delle cagne non sterilizzate e che non si sono accoppiate regolarmente nel corso della loro vita soffrono di gravidanze isteriche o di problemi ancora più gravi come tumori all'utero o alle mammelle).Concludo dicendo che è giusto avere rispetto verso ogni forma di essere vivente, dal nostro compagno di classe a quel cane che abbiamo incrociato per strada. Se volete prendere un cane è importante informarsi prima e considerare tutti i pro e i contro e se alla fine decidete di adottarne uno vi consiglio di dotarlo di microcip, che nel caso in cui il vostro cane scappasse vi aiuterebbe a ritrovarlo. Infine, aggiungendo una considerazione personale, lasciatevi dire che il cane è sicuramente un grande compagno di vita, il più fedele amico che potrete mai incontrare.

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LE RACISME EXPLIQUÉ À LES RACISTESGEMMA GUAGLIARDO IV E

ATTUALITÀ E CULTURA12

FORCONI, FORCHETTE E ALTRE STOVIGLIE DEL PANORAMA POLITICO SICILIANO

IL COLLETTIVO13

COLLETTIVO GRUPPO 63L'ignoranza di una qualsiasi materia ha sempre portato all'odio di quest'ultima. Ignoranza di una materia scola-stica, dell'altro sesso, di qualcuno. Non capisci la matematica ed essa diventa la materià più odiata, non conosci veramente una tua ex e da amanti passate a nemici. Ignori che al mondo esiste solamente un genere umano al di

là del paese d’origine e del colore della pelle, al di là dei gusti sessuali e della religione praticata e scendi in pieno centro a caccia di uomini nati oltre il confine territoriale della tua patria. Ignori che non esistono frontiere tra i vari colori di pelle e così innalzi un muro tra te e ‘loro’; loro che cercano di venderti le rose senza riuscirci perché scacciati via, loro che ti vendono un oggetto a metà prezzo se riesci a contrattare bene; loro che ci hanno volentieri accolti quando abbiamo deciso di conoscerli. Loro che hanno dei nomi e sono Solemàn, Adamàn, Sangarè, Lemàn, Soùman e tanti altri provenienti dal Senegal , la cui lingua madre, dopo il francese, è il bambarà, una lingua tradizionale -che Solèman non sa parlare- passata in secondo piano dopo l’arrivo dei colonizzatori francesi in Mali. Quei colonizzatori che hanno creato frontiere che prima non c’erano, che sono arrivati in Africa dicendo di voler aiutare, ma in realtà hanno preso potere ed uomini che non hanno fatto lavorare, uomini a cui avevano promesso un aiuto e a cui hanno rubato la libertà. Questo è un altro modo di rubare –aggiunge Solèman- e se dici troppe verità ti rovini. Ma quali verità? Gli europei, ci dice, portano gli africani qua per farli lavorare, ma non concedono loro il permesso di soggiorno, non li lasciano lavorare. E come vivono? Dove vivono? Vivono nella comunità di s. francesco e non proprio dignitosamente. Non gli piace ciò che mangiano, ma è tutto ciò che hanno: una macchina, guidata da non si sa chi, che porta quel cibo orribile cucinato da non si sa chi. ‘Qui dicono democrazia, ma fanno confusione, qui c’è distinzione tra ricco e povero, in Africa no ricco, no povero, un problema si risolve insieme, quella è democrazia.’ Ci dice Sangarè Amadù e Solèman ci ripete che non è vero che tecnologia e modernità hanno portato la felicità, ‘l’importante è stare insieme, con rispetto e nessuno è più importante dell’altro, siamo tutti importanti.’Com’era la vita nel loro paese? E qui? Qui com’è la vita? In Africa, ci dice Lemàn, c’è tempo per le persone e se vuoi uccidere un leone, per aiutarti le persone si sacrificano prima di sapere chi sei, se vai in Africa nessuno ti tocca,ti proteg-gono, fai parte della famiglia; qui senza un documento non hai valore, qui ‘mancano di umanità’. ‘se volete divertirvi chiedete i soldi a papà, noi non abbiamo i soldi per mangiare. Ma ragazzi non contano solo i soldi, ci piacerebbe una bella parola, una chiaccherata, un sorriso. Vorremmo un contatto con il mondo. Oltre le parole io penso che si deve far qualcosa. Com’è la vita qui? Piano piano ci si conosce e a poco a poco si conquista la fiducia. È così. C’est la vie.’E il viaggio? Quello com’è? ‘Sono partito per lavorare in Libia –è Solemàn a parlare- ma con la rivoluzione eravamo visti come ribelli che volevano fare scappare gli altri. E se durante il viaggio qualcuno muore cerchi di salvare la tua vita, di andare avanti.’Chiediamo se hanno lasciato famiglie, fidanzate, figli. Ci sono tante realtà e Solèman ci racconta di Souman: si era innamorato di una ragazza, figlia di un vicino parente e per poterla avere ha cercato lavoro, non sa quando ritornerà e se la troverà. Ma ci ridono su, gli danno pacche sulla schiena dicendogli di andare in giro a trovare un’altra ragazza.

Il cassetto a statuto speciale del panorama politico sici-liano, si sa, è sempre stato riempito da un' accozzaglia di (s)oggetti politici diversamente colorati, strambi,

spesso futili e malamente assortiti tra loro. Difficile imma-ginare il nazionale Pd lavorare in sinergia con un partito quale l' Mpa. É palesemente difficoltoso infatti nutrirsi degli ultimi resti della Sicilia con un coltello di plastica formato da ex-incendiari e una forchetta sporca dai rebbi piegati.Quando però Mamma Italia decide di fare un po' di ordi-ne nel cassetto ormai messo a soqquadro da anni di noncu-ranza, ecco che improvvisamente appaiono nuovi e sopiti arnesi: i forconi, addirittura con la pretesa di sovvertire l' ordine costituito dopo anni e anni di lotte e contestazioni. Ora, se i metodi di lotta con i quali si sono espressi sono chiari e noti a tutti (blocco delle autostrade, sciopero dei trasportatori e comunicati fondati su argomenti dialettici inoppugnabili) lo sono meno le loro richieste, che vanno dalla richiesta di lavoro all' aumento degli stipendi. Il mo-vimento è composito ed eterogeneo, ma è formato prin-cipalmente lavoratori delle industrie, piccoli negozianti, trasportatori e, ovviamente, agricoltori e braccianti. Con forza e determinazione autostrade e viadotti secondari sono stati bloccati, una moltitudine di lavoratori è accorsa spontaneamente sulle barricate, inneggiando allo sciopero e chiudendo le loro imprese. Tutto questo spontaneamen-te? Un agricoltore di Lentini avrebbe da ridire: “Tutti i mezzi commerciali, anche semplici macchine furgonate, sono stati costretti a fermarsi e a dimostrare solidarietà al movimento abbandonando il mezzo. Ho passato un po' di tempo ad osservare questi blocchi, non c'era ovviamen-te nessuna facoltà nel poter scegliere di aderire o meno. I toni ed i modi erano semplicemente intimidatori, in una maniera che nessun siciliano che voglia campare cent'anni potrebbe mai fraintendere. Un ragazzo africano venditore ambulante, che evidentemente non conosce bene questi codici comportamentali è stato circondato, gli hanno aperto gli sportelli è fatto capire in maniera poco velata cosa doveva fare. La sua macchina è ancora parcheggia-ta lì. I blocchi non si sono limitati a sequestrare i mezzi, ma hanno fatto opera di indottrinamento...[...]...Da ieri

squadracce di individui poco raccomandabili girano in-timando a ciascun esercente, artigiano, ecc.. di chiudere l'attività pena ritorsioni. Ieri, la panettiera, quando sono entrato in panificio aveva le mani tremanti: "mi anno det-to che se quando tornano trovano aperto spaccano tutto". Idem in molti altri esercizi, "scusate , ma ci hanno fatto chiudere per sciopero””. Ma tutto questo è un invenzione dei giornali del Nord volta a sfregiare il bel volto della Sicilia, e se anche fosse così tutti i mezzi sono giustificati se il fine è sovvertire l' ordine costituito.Ma quest' ordine scosso così tanto dalle recentissime in-surrezioni popolari, in cosa consiste? Non consiste forse in decenni di politiche assistenzialistiche a carico prima dell' Italia e poi dell' Europa? Non consiste forse in sovvenzioni continue nei confronti dell' agricoltura siciliana? Sovven-zioni che poi misteriosamente si volatilizzano? Prova ne siano i 750000 euro stanziati pochi mesi fa alla Provincia dall' Unione Europea per il sostegno delle scuole del ca-poluogo, lasciati stagnare per settimane e tutt' ora in via di assegnazione. È davvero un movimento rivoluzionario? Come si può definire rivoluzionario un movimento che va contro il blocco delle emissioni di denaro volto a sov-venzionare la decadente industria del territorio siciliano, senza nessuna seria politica territoriale volta allo sviluppo auto sufficiente dell' isola? Come si può riabilitare un in-fermo se al posto di buttargli il bastone gliene si da uno sempre migliore? Niente di nuovo sotto il sole quindi, as-sistiamo ancora una volta al rapporto di causa ed effetto più vecchio di sempre: soldi che mancano, cattiva gestio-ne dei fondi e gente che protesta. Ma il nostro portafoglio è vuoto da molto prima dell' avvento dei Forconi. Come mai tutti questi pericolosi bolscevichi si son destati solo ora? Come mai non sono state mosse critiche nei confron-ti del (mal)governo locale? Come mai nessuno ha chiesto una riduzione dei costi della carissima politica siciliana o un implemento del servizio scolastico per i loro figli? O si tratta forse di un movimento reazionario con atteggia-menti mafiosi, operante attraverso vere e proprie estorsio-ni? Ma tutto questo è una farsa. Quante idiozie scrivono i giornali diffamatori del Nord.

Il Collettivo

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ALICE CALANDRA II H

LO SAI CHE?14

CHE VITA DURA!

LO SAI CHE?15

ARIANNA AMATO II F

“Scusi signore, dobbiamo analizzare meglio il suo passaporto” “Come mai?” “Uno dei timbri non risulta valido, le faremo sapere”.

E’ questa la discussione che vi potrebbe capitare di soste-nere al ritorno a casa, nel caso in cui abbiate passato le va-canze a Cipro del Nord, Stato in realtà riconosciuto solo dalla Turchia e definibile quindi uno “Stato fantoccio”. Si definisce così una parte di territorio appoggiata,controllata e sostenuta militarmente da uno Stato estero (di norma più potente) che però formalmente continua ad aderire ai costumi e alla legislazione della nazione di cui fa parte.Grecia e Turchia si contendono Cipro da molti secoli, in realtà: l’isola, conquistata dagli Ottomani nel XVI seco-lo, dal 1821 appoggia la Grecia nella lotta contro la di-pendenza dall’Impero, causando feroci violenze dei turchi contro la popolazione cipriota; quando la Grecia riesce in fine ad ottenere l’agognata indipendenza, gli abitanti di Cipro tentano di annettersi alla nazione liberata, ottenen-do però solo alcune modifiche dell’amministrazione stata-le da parte dell’Impero Ottomano. Quest’ultimo concede finalmente l’indipendenza nel 1878, ma solo per interessi strategici: Cipro si trova infatti in una posizione favore-vole per il commercio e il controllo del canale di Suez, così la Gran Bretagna non perde tempo e dopo la Confe-renza di Costantinopoli con la Turchia si aggiudica Cipro come colonia. L’annessione si ufficializza nel 1925 dopo la caduta definitiva dell’Impero Ottomano, e si conclude nel 1960 con l’indipendenza, e la nascita della Repub-blica di Cipro. La Costituzione stabilisce che il 30% del Parlamento deve essere costituito da turco-ciprioti, a un presidente greco deve essere affiancato un vicepresidente turco, e la bandiera dello Stato raffigura due rami d’ulivo, per rappresentare la pace ritrovata tra greci e turchi. Tut-

tavia, l’attrito tra i due popoli continua (anche con lotte interne), e si intensifica in coincidenza della Dittatura dei Colonnelli in Grecia, la quale risveglia il desiderio di ri-volta negli estremisti favorevoli all’annessione greca: sono loro che, con un colpo di stato appoggiato dalla guardia nazionale, rovesciano il presidente greco (monsignor Ma-karios) e instaurano un governo pro-annessione. Nell’e-state del 1974, in risposta all’attacco, l’esercito turco invia dei soldati nell’isola, i quali occupano il nord del paese e costringono all’espatrio verso sud gli abitanti greci resi-denti nel settentrione. Nonostante i caschi blu dell’Onu, la situazione risulta irrisolvibile e nel 1983 la parte occu-pata di Cipro si autoproclama Repubblica indipendente di Cipro del Nord. Il Neostato ha una bandiera e un go-verno autonomo, ma non è riconosciuto né dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu né dall’Unione Europea (della quale Cipro fa parte), bensì solo dalla Turchia. Il confine tra sud e nord è chiamata “Buffer Zone” (zona cuscinetto) ed è contrassegnata da cartelli, divieto di sosta e fotografia e soldati americani; al nord vi sono ancora molte basi mili-tari turche, del tutto attive. Esaminando le differenze, ne troviamo di sostanziali: la lingua ufficiale (al sud greco e turco, al nord solo turco), la moneta (al sud euro, al nord nuova lira turca), la religione (al sud ortodossa, al nord musulmano-sunnita)…solo la capitale è la stessa, Nicosia. Grazie al piano per la riunificazione promosso dalle Na-zioni Unite, nel 2004 viene ammesso un referendum per saggiare le posizioni delle due parti rispetto a una possibile unione: il lato greco, del sud, ha votato contro la riuni-ficazione, mentre al nord i turchi hanno espresso parere favorevole con il 65% dei consensi. Il lato greco teme si verifichi lo spostamento della ricchezza dal sud al nord (da sempre meno agiato), ma l’Unione Europea sta tuttora promuovendo agevolazioni commerciali per l’incremento dell’economia settentrionale (quindi una maggiore equi-parazione del reddito) e una riunificazione pacifica. Mi trovo nuovamente a scrivere a proposito della divi-sione di un paese (l’anno scorso, nella stessa rubrica, ho scritto a proposito della secessione del Sudan), e anche questa volta colpisce come interessi economici personali possano ostacolare in modo così evidente il sentimento nazionale di solidarietà.

Non tutti forse sono a conoscenza degli Africani Albini. Si tratta di pochi individui (circa 1 su

5.000 in Africa) “affetti” da albinismo: non è una malattia, ma un’ anomalia genetica che provoca un deficit di pig-mentazione in diversi tessuti, tale da ren-dere i loro capelli biondo paglia o bian-chi, gli occhi rossastri o grigio-blu e, in particolare, una pelle bianchissima, ma soprattutto, delicatissima! Non è diffici-le, quindi, immaginare le condizioni di questi “neri bianchi” sempre copertissi-mi, nonostante il caldo, per proteggersi dagli intensi raggi del sole africano che spesso provoca loro scottature, piaghe e, certe volte, anche tumori. Ma il supplizio più grande è quello del razzismo nei loro confronti da parte degli altri africani, i quali credono che gli albini siano maledetti e che portino sfortuna. I poveri albini, anziché ricevere più attenzioni a causa delle loro condizioni, vengono invece emarginati e sono costretti a subire dei soprusi solo perché sono “bianchi”. Una sorta di razzismo occidentale al rovescio. Molte donne albine vengono, ad esempio, stuprate perché si ritiene che, violentandole, lo stupratore po-trebbe guarire da malattie come l’Aids. Altre credenze portano invece ad uccidere e fare a pezzi gli albini e utilizzare i loro organi per fare delle presunte pozioni magiche. Per gli albini che rimangono in vita la sorte è altrettanto tragica: vengono emarginati, non riescono a trovare lavoro, vengono dati loro appellativi come mostro demone e chissà quanti altri! Addirittura certe gente sputa a terra al loro passaggio! Ma come si può solo pensare di considerare e chiamare un bambino così bello come quello nella foto, “un mostro”? è “bianco”… e allora?

CIPRO DEL NORD

Udite udite!! Siete tutti invitati a partecipare al progetto “ Lo Schermo Magico” che prevede 5 incontri/cineforum, finalizzati alla riflessione sulla musica e sulle immagini.

Giovedì 15.12.2011 - Aula Magna, ore 16.00 Metropolis (Germania 1926, versione a colori, 80’) Regia di F. Lang / musica di G. Moroder

Giovedì 19.01.2012 - Aula Magna, ore 16.00Ottobre - i dieci giorni che sconvolsero il mondo (URSS 1928, bianco e nero, 102’) Regia di S.M. Ejzenstejn / musica di D. Sostakovic

Giovedì 16.02.2012 - Aula Magna, ore 16.00Koyaanisquatsi - Life out of balance (USA 1983, a colori, 82’) Regia di G. Reggio / musica di P. Glass

Giovedì 22.03.2012 - Aula Magna, ore 16.00Oedipus Rex (Giappone 1993, a colori, 58’) Regia di J. Taymor / musica di I. Strawinsky

Giovedì 19.04.2012 - Aula Magna, ore 16.00The Death of Klinghoffer (USA 2003, a colori, 119’) Regia di P. Woolcock / musica di J. Adamsintervento conclusivo: Marco Carapezza

LO SCHERMO MAGICOCLARA LA LICATA IV E

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SENTINEL PROJECT MANFREDI LA GUARDIA II P

ALICE CALANDRA II H

SCIENZE16

FECONDAZIONE: L’UOMO DIVERRÀ SU-PERFLUO?

SCIENZE17

FRANCESCA DENISE MARTORANA II E

All’indomani dell’evento del 11 settembre 2001, l’ FBI (Federal Bureau of Investiga-tion), per facilitare la lotta al terrorismo,

decise di passare al digitale: non più archivi cartacei, non più dover mandare per posta foto o informazio-ni top-secret ma, semplicemente, far ciò collegandosi a un sistema operativo integrato, e con qualche clic scaricare con estrema facilità le informazioni che ser-vivano.Nel 2001 l’ FBI iniziò a lavorare al progetto “Tri-logy”, finanziato con 380 milioni di dollari, ma i co-sti superarono il budget consentito, e con una spesa di170 milioni di dollari crearono un programma di supporto ad esso: Virtual Case File. Ciò consisteva in una rete sicura online, nel quale i federali potevano scambiarsi informazioni senza il rischio che eventuali organizzazioni terroristiche le avrebbero rintracciate. Il progetto fallì nel 2005 a causa di una concatenazio-ne di problemi. Nel 2006 l’ FBI, collaborando con l’ OIG (Office of the Inspector General), e sapendo che non potevano tornare indietro, realizzarono un altro progetto: “Sentinel Project”. Furono investiti circa

425 milioni di dollari, e il programma sareb-be dovuto essere operativo entro Dicembre del 2009. Nell’Ottobre 2007 fù completata soltanto la prima di quattro fasi, ciò causò inevitabilmente uno slittamento dei tempi di realizzazione del progetto. Infatti, Robert Mueller, direttore dell’FBI, annunciò presso il “FederalTimes” che l’attivazione del pro-getto, originariamente prevista per il 2009, sarebbe stata posticipata a Settembre 2011. Nel 2010 furono completate le prime due parti del progetto, ma iniziarono a spunta-re i primi problemi: mancavano le funzioni di ricerca, il controllo ortografico, e l’auto salvataggio dei documenti; peggio ancora, l’Ispettore Generale affermò che erano stati

spesi quasi il novanta per cento dei 425 milioni di dollari previsti per l’intero programma, cosi il gover-no aumentò il budget a 451 milioni di dollari, e l’FBI ridusse il personale addetto al progetto ad un quinto. Nell’ agosto 2010 è stato presentato il progetto “Sen-tinel” alla Casa Bianca come un progetto ad alta pri-orità ma a rischio di fallimento, dando un voto di 2.5 su 10. Venne, nuovamente, posticipata l’attivazione del programma a metà 2012, a causa di un controllo effettuato ad Ottobre, quando Sentinel fallì misera-mente un test impallandosi, crashando e riavviando-si, con soltanto 750 utenti collegati (un numero no-tevolmente basso in confronto agli utenti che saranno collegati una volta finito il progetto: circa cinquemi-la). Questo è dovuto alla struttura hardware attual-mente inadeguata. Il progetto non riceverà più alcun finanziamento nonostante le rassicurazioni da parte dell’FBI, che dovrà affrontare senza alcun contributo le spese per il nuovo hardware.Lo sviluppo di “Sentinel” ad oggi rimane un “work in progress”.

In Inghilterra, nella rivista Reproduction, il Pro-fessor Karim Nayernia (in foto) e la sua équipe hanno annunciato di aver creato i progenitori

degli spermatozoi, a partire da cellule staminali pre-levate dal midollo osseo di quattro volontari e fatte crescere in tessuti muscolari.Hanno fatto lo stesso con individui di sesso femmini-le, e i risultati sono stati sorprendenti.Infatti, facendo crescere le cellule genitrici estratte dal midollo in laboratorio, e addizionandole di vi-tamina A, si è riscontrata una produzione di cellule spermatogonali, ovvero cellule che dovrebbero evol-vere in sperma.Il Professore afferma di poter produrre cellule sper-matiche femminili entro due anni, mentre per dello sperma in grado di fecondare un ovulo ci vorranno almeno tre anni.I bambini che nasceranno da questa fecondazione “fai da te” ovviamente saranno tutte femmine, in quanto il cromosoma Y sarà completamente assente.Ma questo non credo sarà un problema per chi vuole avere un figlio e non può.Perché questa ricerca nasce principalmente dal desi-derio di combattere l’infertilità, ma è anche la notizia che le coppie gay aspettavano da tempo.Infatti ora sarà possibile anche per loro dare alla luce dei bambini con il loro materiale genetico.Per gli uomini la cosa, invece, sarà un po’ diversa, per-ché la coppia potrà trasformare le cellule staminali del partner in ovuli e falli fecondare dallo sperma dell’al-tro, ma dovranno sempre affittare un utero.Il progetto ha sollevato un vero e proprio polvero-ne, qui entra in gioco l’etica e i pareri degli scienziati sono discordanti anche perché la manipolazione di queste cellule potrebbe causare anomalie cromosomi-che. Ma è ancora tutto da vedere.C’è chi la definisce una cosa disumana, sbagliata, chi invece una svolta decisiva.

Ma in questo modo gli uomini che fine farebbero?Se tutte le donne usassero questo tipo di fecondazio-ne, che da vita solo ad altre donne, i maschi si estin-guerebbero?Ma ve lo immaginate?Quante volte fra donne si è detto “senza gli uomini il mondo sarebbe migliore” , ma sarebbe davvero così?Un mondo popolato da sole donne, con il nostro modo di vedere le cose, con il nostro tanto famoso ciclo mestruale che spesso ci rende suscettibili, fun-zionerebbe?Secondo me no, perché non ci sarebbe equilibrio, l’e-quilibrio che da l’esistenza degli uomini, così diversi da noi.Perché alla fine, se esistono gli opposti, un motivo ci sarà.

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IL BUCO NERO: L’ANGELO DELLA MORTE

ANTONIO SCHIFANI I A

SCIENZE18

LE “STELLE VAMPIRO”

SCIENZE19

DAVIDE ANGELICI I C

Niente riesce a sfuggirgli neanche la luce, le sue vitti-me preferite sono i piccoli pianeti indifesi , di chi sto parlando vi chiederete? Dei buchi neri. Il primo a

utilizzare questo termine per questi fenomeni cosmici fu John Archibald Wheeler nel 1967.Sono corpi celesti molto densi, la cui attrazione gravitazionale è talmente alta che nessun corpo riesce ad allontanarsi dalla loro superficie. La loro formazione avviene quando una stella, arrivata al ter-mine del suo ciclo vitale(nebulosa,protostella,stella,supergigante rossa,supernova,buconero), dopo aver consumato, at-traverso la fusione nucleare, il 10% dell’idrogeno, smette di produrre energia . La forza gravitazionale che prima era in equilibrio con la pres-sione creata dalle reazioni nucleari, comprime la stella su se stessa. Se la densità della stella arriva a valori abbastanza alti, la fu-sione dell’elio riprende e successivamente quella dell’azoto, del litio, dell’ossigeno ( detta fusione CNO, cioè carbonio, azoto, ossigeno) facendo espandere e contrarre violentemente la stella che espellerà parte della sua massa dando origine a una nana bianca. Se invece la densità della stella supera la massa critica, detto limite di chandrasekhan (che supera le 1,4 masse solari an-dando fino alla sintesi del ferro e di altri materiali più pesanti) la fusione è endotermica, cioè richiede energia al posto di emetterla.

Quindi la stella ,diventata un’ ammasso di ferro, subisce una fortissima contrazione che viene improvvisamente interrotta provocando una esplosione di supernova di secondo tipo. Durante l’esplosione la stella espelle gran parte della sua massa, facendo rimanere solo il nucleo denso e massiccio. A questo punto la forza gravitazionale vince; inoltre, secon-do la Relatività generale, la pressione interna non viene più esercitata verso l’esterno ma diventa essa stessa una sorgente del campo gravitazionale, rendendo così inevitabile il collasso infinito. Infine la densità della stella raggiunge valori così alti da creare un campo gravitazionale dal quale niente può sfuggire, nem-meno la luce. Un’altra possibile causa della formazione dei buchi neri si trova nei sistemi binari( sistemi formati da stelle che han-no un centro di massa comune)in cui sono situati una stella di neutroni e una sua compagna, la stella di neutroni strap-perebbe così massa alla stella compagna superando la massa critica(limite di chandrasekhan) collassando su se stessa e ori-ginando un buco nero che, secondo alcuni studi, è più fre-quente di quello normale. La prima volta che si parlò indirettamente di buco nero( dark star o black star ) fu nel 1783 quando lo scienziato inglese John Michell suggerì in una lettera a Henry Cavendish che la velocità di fuga avrebbe potuto superare la velocità della luce, identificando quel fenomeno come dark star.Solo con Einstein, però, con la teoria della relatività generale, fu spiegato il perché di un campo gravitazionale così intenso. Lo stesso Einstein, infatti, aveva ipotizzato l’esistenza dello spaziotempo, una specie di tessuto quadridimensionale(le cui dimensioni sono lunghezza, profondità, larghezza e tempo) deformabile su cui l’universo appoggia e dove si verificano i fenomeni cosmici, nei buchi neri però la massa è così concen-trata da deformare infinitamente lo spazio-tempo che ideal-mente è diviso in due o più parti dall’orizzonte degli eventi, sfera centrata nell’astro, oltrepassabile solo in una direzione. Se un satellite dovesse finire nei pressi di un buco nero ,esso, guardato da un osservatore, man mano che si avvicinerà sem-brerà che rallenti il suo cammino fino ad arrestarsi; in realtà esso continuerà ad avvicinarsi al buco fino ad oltrepassare l’o-rizzonte degli eventi, un luogo in cui le leggi della fisica sono sovvertite e dal quale una volta entrati non si potrà più uscire. Non si conosce ancora la forma che la materia prende all’in-terno del buco nero, le leggi stesse della fisica perdono valore all’interno dei buchi neri. Esso attualmente è uno dei fenomeni cosmici più misteriosi che esistano nell’universo e che tuttora è inspiegato.

Osservate per la prima volta negli anni ’50 nell’am-masso globulare M3, le misteriose “stelle-vampi-ro” hanno messo in crisi la teoria dell’evoluzione

stellare per anni. Parenti di Edward Cullen? Non proprio. Esse sono delle stelle che nascondono sorprendentemente la loro età, apparendo calde e brillanti come delle “stelle bambine”, ma aventi un’età molto grande (generalmente intorno ai 13 miliardi d’anni). Numerose ipotesi riguar-danti le loro caratteristiche e la loro evoluzione sono cir-colate fino ad oggi. Alcuni scienziati, per esempio, pensa-vano che esse confutassero la teoria dell’evoluzione stellare (grandi nubi di gas dense > protostella > stella > gigante rossa > nebulosa planetaria > nana bianca oppure gran-di nubi di gas dense > protostella > stella > supergigante > supernova > stella di neutroni o buco nero), in quanto nel diagramma di Hertzsprung-Russel (un diagramma che classifica le stelle in base alla loro temperatura e alla lumi-nosità, ponendo come punto di riferimento il Sole) non si trovano nella curva della Sequenza Principale (banda occu-pata dalle stelle che risplendono per le loro fusioni nucleari all’interno del loro nucleo), ma altrove (da qui il termine di vagabonde, in inglese blue straggler).Dopo tanti anni, due scienziati sono riusciti a formulare una teoria che spiegherebbe il comportamento anomalo delle “stelle-vampiro”. Aaron Geller, della Northwestern Uni-versity (Evaston, Stati Uniti) e Robert Mathieu, della Uni-versity of Wisconsin-Madison (Madison, Stati Uniti) sono riusciti a spiegare come sono ringiovanite (non grazie al lifting), sulla base di simulazioni e d’osservazioni l’ammas-so stellare NGC 188, contenente una ventina di vagabon-de blu. Essi hanno affermato che in una stella binaria (vale a dire 2 stelle “costrette” a ruotare l’una attorno all’altra per

la loro for-za gravi-t a z i o n a -le) quella principale (la più lu-minosa ) , in deter-m i n a t i casi, può “risucchia-re” la mas-sa della

compagna (una sorta di vampirizzazione). Ciò determina che la primaria ringiovanisce, aumentando la propria tem-peratura, mentre la compagna diventa più vecchia e più fredda. <<Ed è proprio la stella compagna che ci ha aiutato a determinare l’origine delle vagabonde blu>> ha spiega-to Geller. Le vagabonde blu <<sono stelle anomale, che, in aggregati stellari vecchi, dove da tempo gli astri hanno smesso di formarsi, risultano invece giovani e massicce>>, chiarisce il professor Francesco Ferraro, astrofisico dell’uni-versità di Bologna . Egli ha studiato e osservato il sistema Messeir 30 (M30), dove ha trovato due gruppi distinti di vagabonde blu. <<Sono più calde delle altre e la loro luce appare quindi più blu, mentre le stelle vicine, nello stesso agglomerato, risultano più vecchie e più fredde. […] NCG 188 è un sistema stellare mediamente vecchio, di circa 7 miliardi di anni, mentre il nostro Sole, ad esempio, ne ha 4 miliardi e mezzo, e le stelle più vecchie arrivano anche a 13 miliardi di anni. A differenza di M30, studiato da noi, in cui per la formazione delle vagabonde era attivo anche il meccanismo della collisione, NCG 188 non ha una den-sità molto elevata, quindi la probabilità di collisioni al suo interno non è così grande>>. Geller e Mathieu hanno rag-giunto queste conclusioni osservando le stelle dal telesco-pio di Hubble, un importantissimo strumento situato in un’orbita che dista dalla terra circa 575 km. Inaugurato il 24 aprile del 1990, quest’importantissimo strumento ha permesso agli scienziati di osservare lo spazio senza gli ef-fetti perturbanti dell’atmosfera e senza i capricci della me-teorologia.Inoltre il professor Ferraro, sempre con l’aiuto di Hubble, ha scoperto delle differenze che sussistono tra le vagabonde blu, legate alle loro origini: quando le stelle si scontrano, la vagabonda risultante ha una temperatura più elevata; quando una stella risucchia la massa dell’altra, la tempera-tura è minore rispetto a quella nata dalle collisioni, perché il trasferimento di materia è ancora in corso. Le vagabonde di M30 si sono formate recentemente (rispetto all’età di una stella), cioè circa 2 miliardi di anni fa.Se questa teoria fosse corretta, l’evoluzione stellare non andrebbe in crisi, in quanto le vagabonde blu dovrebbe-ro presentare una quantità maggiore d’idrogeno, dovuta allo spostamento di massa. L’idrogeno è il carburante di una stella, in quanto i suoi isotopi, il deuterio e il trizio, si fondono e liberano energia; perciò quest’anomalia sarebbe spiegata.

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ALAN TOURINGMATTIA D’ARPA I I

SCIENZE20

MUSICA

MUSICA E CINEMA21

EUGENIO CANNATA IV CCLARA LA LICATA IV E

Forse è anche grazie a lui se oggi usiamo il computer, forse è anche grazie a lui se oggi il mondo è un posto libero, ma di sicuro è merito suo se oggi stiamo leggen-

do questo tributo a un uomo la cui singola vita ha cambiato quella di molti rendendola migliore: Alan Turing.Alan Mathison Turing è stato uno dei più importanti mate-matici, logici, e crittalinisti britannici del ‘900 ed è per ciò che oggi egli è considerato uno dei padri dell’informatica e del computer.Nato a Londra 100 anni fa, Alan è stato uno studente eccelso che ha brillato fra i suoi compagni per le sue capacità ma-tematiche e scientifiche che lo portarono all’essere arruolato dai servizi segreti inglesi come crittalinista durante la seconda guerra mondiale, e fu proprio in quel periodo che, studian-do il calcolatore “BOMBA”, è riuscito a creare la cosiddetta “Macchina di Turing”, dalla quale deriva un antenato dell’o-dierno computer: il Colossus.Tutto ciò non fu riconosciuto subito ad Alan in quanto, dopo la fine della guerra, il governo di Sua Maestà impose un rigo-roso silenzio a tutti coloro che parteciparono allo spionaggio. Questo non gli permise di ricevere i riconoscimenti dovuti per le sue scoperte che hanno permesso agli Alleati di deci-frare i messaggi tedeschi, italiani e giapponesi e di vincere la guerra .Gli anni 50 del secolo scorso furono molto intensi e travaglia-ti per Alan che approfondì gli studi sull’intelligenza artificia-le, cioè l’abilità di una macchina di svolgere funzioni o ragio-namenti tipici della mente umana, e inventò il Test di Turing descrivendolo con un articolo sulla rivista Mind. Si ispirò ad un gioco nel quale partecipano tre concorrenti “un uomo A, una donna B, e una terza persona C, quest’ultimo è tenuto separato dagli altri due e tramite una serie di domande deve stabilire qual è l’uomo e quale la donna. Dal canto loro anche A e B hanno dei compiti: A deve ingannare C e portarlo a fare un’identificazione errata, mentre B deve aiutarlo. Affinché C non possa disporre di alcun indizio (come l’analisi della grafia o della voce), le risposte alle domande di C devono essere dat-tiloscritte o similarmente trasmesse”. Il test di Turing “si basa sul presupposto che una macchina si sostituisca ad A, se la percentuale di volte in cui C indovina chi sia l’uomo e chi la donna è simile prima e dopo la sostituzione di A con la mac-china, allora la macchina stessa dovrebbe essere considerata intelligente, dal momento che - in questa situazione - sarebbe indistinguibile da un essere umano”.Dopo di ciò Alan, durante un interrogatorio della polizia, stremato ammise la sua omosessualità e fu arrestato in quanto colpevole del fatto di essere gay. La pena per lui fu severissima,

gli agenti lo sottoposero alla castrazione chimica che gli pro-curò conseguentemente un aumento del seno. Tutte queste cause lo portarono di li a poco al suicidio, avvenuto nel 1954 per l’assunzione di una “Mela di Biancaneve”, cioè una mela avvelenata con cianuro di potassio. Nonostante la teoria della madre secondo la quale Alan avrebbe ingerito involontaria-mente il cianuro successivamente all’aver mangiato la mela, la sentenza fu chiara <suicidio>, dovuto presumibilmente al trattamento persecutorio che gli avevano riservato.Dopo tanti anni dalla morte di Turing, causata in ogni caso dal fatto che l’uomo non sa capire e imparare a conoscere chi è diverso, l’ormai ex Ministro Gordon Brown chiese scusa ad Alan con questa lettera, che è solo un minimo tributo a un uomo che come tanti ogni giorno cerca di cambiare il mondo:«Per quelli fra noi che sono nati dopo il 1945, in un’ Euro-pa unita, democratica e in pace, è difficile immaginare che il nostro continente fu un tempo teatro del momento più buio dell’umanità. È difficile credere che in tempi ancora alla por-tata della memoria di chi è ancora vivo oggi, la gente potesse essere così consumata dall’odio - dall’antisemitismo, dall’o-mofobia, dalla xenofobia e da altri pregiudizi assassini - da far sì che le camere a gas e i crematori diventassero parte del pa-esaggio europeo tanto quanto le gallerie d’arte e le università e le sale da concerto che avevano contraddistinto la civiltà eu-ropea per secoli [...] Così, per conto del governo britannico, e di tutti coloro che vivono liberi grazie al lavoro di Alan, sono orgoglioso di dire: ci dispiace, avresti meritato di meglio».

Questa volta abbiamo deciso di selezionare due distinte top five per mettere in evidenza

quelli che sono i due principali generi della musica francese: il cantautorato degli anni ‘60 e la musica elettronica, che nell’ultimo decennio ha visto la sua massima fioritura.Chi non la conosce? la cantautrice più famosa di tutta la Francia che ha da subito incantato tutti con la sua magnifica voce vibrante. La sua canzone più celebre è stata rifatta da Louis Armstrong, BB King e Aretha Franklin – solo per dirne tre - e vie-

ne ripetutamente citata nel film Sabrina, diretto da Billy Wilder, dalla dolce Audrey Hepburn che la definisce «la maniera francese per dire “sto guardando il mondo con degli occhiali colorati di rosa”». La Vie En Rose è il titolo della canzone che dà il nome all’album che rappresenta gli anni dei cantautori francesi del Secondo Dopo-guerra. I francesi, infatti, alla fine della guerra, fecero de La Vie En Rose l’inno del ritorno alla vita, dopo gli anni bui dell’occupazione nazista.I Kap Bambino sono un duo di musica elettronica francese che nel 2001 debuttò con l’album Love. Dopo sette anni, nel 2008, fu il momento di Zero Life Night Vision che prosegue molto bene lo stile del primo ed in cui troviamo l’atmosfera di una festa allegra e la voce distorta di Caroline Martial che echeggia nelle canzoni.

L’intro, Zero Life, è un brano ener-gico di due minuti con richiami dance-beat. Segue New Breath dove la voce di Caroline si mescola a cin-guettii elettronici; il ritmo più pla-cato di quest’ultima traccia non pre-para all’arrivo del pezzo forte del cd: Save, incalzante ed elettrico, travol-ge tutti, che all’ascolto non riescono a fare a meno di ballare e lo stesso vale per i successivi Seed ed Hey. Il solo accenno di questi pezzi da parte della band scatena l’euforia e persino il panico tra la folla. Vittime e, allo stesso tempo, paladini della musica indipendente, i Kap Bambino riempiono, ormai sempre di più, i dance-floor di Europa, Giappone, Stati Uniti e Sud America.

Questo mese la nostra rubrica tratterà di alcuni dei più significativi dischi e film francesi. Nonostante il cinema e la musica francesi siano considerati spesso noiosi e un po’ snob, con questo numero ci piacerebbe squadernare tutti questi luoghi comuni e, soprattutto, mostrarvi come all’interno di questa vasta cultura ci siano opere di grande originalità e spessore artistico.

TOP FIVE CANTAUTORI1. La vie en rose - Edith Piaf (1945)2. Et moi, et moi, et moi - Jacques Dutronc (1966)3. Ne me quitte pas - Jacques Brel (1972)4. C’est ça - Charles Aznavour (1964)5. La mauvaise reputa-tion - Georges Brassens (1952)TOP FIVE ELETTRONICA1. Zero Life - Kap Bambino (2007)2. Around the World - Daft Punk (1999)3. Bande à Part - Nou-velle Vague (2006)4. D.A.N.C.E. - Justice (2007)5. Marre marre marre - Sexy Sushi (2008)

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CINEMA

MUSICA E CINEMA22

CHEYENNE, L’ADOLESCENTE CINQUAN-TENNE

RECENSIONI23

EUGENIO CANNATA IV CPer quanto riguarda il cinema, invece, ci occuperemo prevalentemente del feno-meno della “Nouvelle Vague” (“Nuova Onda”) che, alla fine degli anni ‘50, ha

rivoluzionato radicalmente il modo di fare cinema e di concepire il ruolo del regista, non solo in Francia, ma anche in tutto il resto del mondo.

Titolo originale: Les Quatre Cents CoupsNazione: FranciaAnno: 1959Genere: DrammaticoDurata: 99’Regia: François TruffautCast: Jean-Pierre Léaud, Claire Maurier, Albert Rémy, Georges Flamant, Patrick Auffray

I quattrocento colpi è il primo lungometraggio dell’allora vivace critico cinematogra-fico dei Cahiers du Cinema François Truffaut e, allo stesso tempo, una delle opere più significative della Nouvelle Vague che ancora oggi colpisce per la sua autenticità e la sua freschezza, frutto di un magico equilibrio tra improvvisazione e rigore, realismo e rielaborazione astratta. Inoltre esso apre il ciclo che ha per protagonista Antoine Doinel, alter ego del regista, interpretato da Jean-Pierre Léaud in diverse fasi della sua vita. Il primo capitolo del ciclo, per l’appunto I quattrocento colpi, narra le disavven-ture del giovanissimo Doinel, schiacciato tra una madre che mal interpreta i bisogni affettivi e le inquietudini tipiche dell’adolescenza ed un padre - che in realtà è tale solo sotto il profilo legale - abbastanza bonario ma superficiale e disinteressato. Per evadere da questo ostile contesto familiare, Doinel combina una ragazzata dopo l’altra – da qui il titolo che, in francese, significa “fare il diavolo a quattro” – dal marinare la scuo-la per andare al cinema al mentire sulla morte della madre per giustificare l’ennesima assenza a scuola, dal plagio di una pagina di Balzac al furto di una macchina da scrivere. Al termine di questo tour de force, Antoine viene rinchiuso in un riformatorio, con una rigidissima disciplina, che lo spinge a fuggire verso il mare,

che vede per la prima volta nella sua vita. Questo finale è uno dei più belli, appassionanti e poetici della storia del cinema, in cui la prova recitativa di Jean-Pierre Léaud e la capacità creativa e autoriale di Truffaut toccano vette stra-ordinarie. Con I quattrocento colpi si ha la sensazione di entrare nell’infanzia del regista, profondamente personale ma che, allo stesso tempo, sembra parlare un po’ di tutti noi. La grande forza di Truffaut è di non parlare mai di-rettamente di se stesso, ma di dedicarsi pazientemente ad un altro ragazzino, che gli assomiglia come un fratello, e di ricostruire, a partire dalla sua esperienza personale, una realtà ugualmente oggettiva, come disse Jacques Rivette, “scrostata da tutti gli strati di convenzionalità che la de-formano quasi sempre sullo schermo”.

Titolo originale: This Must Be the PlaceNazione: Italia, Francia, IrlandaAnno: 2011Genere: DrammaticoDurata: 118’Regia: Paolo SorrentinoSoggetto: Paolo SorrentinoSceneggiatura: Paolo Sorrentino e Umberto ContarelloMusiche: David ByrneData di uscita: Festival di Cannes 2011; 14 Ottobre nelle saleCast: Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Judd Hirsch, Kerry Condon, David Byrne, Harry Dean Stanton

“This Must Be The Place è il mio primo film semplice nella costruzione, molto di cuo-re. È una commedia, anche giocosa, ma

che tocca corde universali, sullo sfondo di un avveni-mento storico di enorme portata” Paolo SorrentinoCheyenne (Sean Penn) è un ebreo, cinquantenne, ex rock star di musica gothic - con tanto di rossetto ros-so e cerone bianco - che conduce una vita ritirata e più che benestante a Dublino. Trafitto da una noia che tende, talora, ad interpretare come leggera depres-sione. La sua è una vita da pensionato prima di aver raggiunto l’età della pensione. La morte del padre, con il quale aveva da tempo interrotto, in maniera brusca e conflittuale, i rapporti, lo riporta a New York. Qui, attraverso la lettura di alcuni diari, mette a fuoco gli ultimi trent’anni della vita del padre, che scopre di non aver mai conosciuto a fondo. Anni dedicati a cercare ossessivamente un criminale nazista rifugiatosi negli Stati Uniti e che lo aveva umiliato profondamente nel lager in cui era prigioniero durante la Seconda Guerra Mondiale. Accompagnato da un’i-nesorabile lentezza, da un disincantato cinismo e da nessuna dote da investigatore, Cheyenne decide, contro ogni logica razionale, di proseguire le ricerche del padre e, dunque, di mettersi alla ricerca, attraverso gli Stati Uniti, di un novantenne tedesco probabilmente morto di vecchiaia. Da qui ha inizio una sorta di road-movie che, paradossalmente, procede con impressionante lentezza tra le splendide campagne del Nord America, riprese magistralmente da Sorrentino, grazie alla splendida fotografia di Luca Bigazzi.Ottima anche l’interpretazione di Sean Penn che, pur dovendo fare i conti con un personaggio tanto atipico, riesce a recitare, da un lato, come un bambino che guarda il mondo con ingenuo stupore e, dall’altro, come un cinquantenne di-silluso, pensionato in anticipo: un adolescente cinquantenne, un antieroe solitario che, alla fine del suo percorso, riesce a riconciliarsi con la sua vita trascorsa tutta “in superficie” - appunto come su un eterno palcoscenico - trovando il modo di viverla al di là d’ogni trucco ostinato e paradossale. La strepitosa Frances McDormand regala, invece, il primo bel ritratto di donna della “galleria filmica” di Sorrentino. Come per confondere le tracce che riportano ai suoi esordi di sceneggiatore, Paolo Sorrentino sembra deciso a cavalcare un cinema sempre più sprovvisto di parole, sempre più debitore del suo lato “visivo” e “formale”, i cui personaggi - da cantanti e calciatori in caduta libera, ragionieri in esilio, politici burattini e adesso rockstar sopravvissute al proprio mito - si impongono tutti per una “forma” che rifiuta a priori l’essenzialità e la semplicità

EUGENIO CANNATA IV CCLARA LA LICATA IV E

TOP TEN1. I quattrocento colpi - François Truffaut (1959)2. Fino all’ultimo respi-ro - Jean Luc Godard (1969)3. Hiroshima mon amour - Alain Resnais (1959)4. Ascensore per il pati-bolo - Louise Malle (1957)5. Il segno del Leone - Éric Rohmer (1959)6. La grande illusione - Jean Renoir (1937)7. Au Hasard Balthasar - Robert Bresson (1966)8. Le Beau Serge - Claude Chabrol (1958)9. Il fascino discreto della borghesia - Luis Bunuel (1929)10. The Artist – Michel Hazanavicius (2011)

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CHUCK ANTONINO FARAONE III E

RECENSIONI24

FAHRENHEIT 451

RECENSIONI25

EMANUELE MILAZZO I C

Chuck Bartowsky (Zachary Levi), protagonista dell’omonima serie televisiva americana, è un ex studente dell’università di Stanford cacciato per

un complotto ordito dal suo miglior amico Bryce Larkin (Matthew Bomer), e coinvolto in una serie di eventi che lo vedranno protagonista delle più scottanti vicende in-ternazionali.Il giorno del suo compleanno, aprendo una mail di Bryce, una grande quantità di importantissimi segreti governati-vi rubati dal supercomputer “Intersect” della CIA finisco-no nel suo cervello.Da allora la sua vita non è più la stessa. Al suo lavoro nella catena di supermercati “BUY MORE” come “Nerd Herd” (addetto cioè all’assistenza tecnica), affianca infatti una pericolosissima attività da spia insieme ai suoi colle-ghi: la bella Sarah Walker (Yvonne Strahovski) e il burbe-ro John Casey (Adam Baldwin).Nonostante la sua poca attitudine all’azione, Chuck ha un ruolo fondamentale nelle missioni grazie ai frequen-ti “Flash” con cui richiama le informazioni dell’Intersect presenti nel suo cervello riconoscendo ad esempio, agenti della Fulcrum (organizzazione segreta antigovernativa). La nuova vita di Chuck dà però molti problemi: non riesce

più a rispettare gli appuntamenti presi con sua sorella Ellie (Sarah Lancaster) e suo cognato Devon Woodcomb (Ryan McPartlin), alias “Capitan Fenomeno”, è costretto a rifiutare le richieste d’aiuto del suo migliore amico Morgan Grimes(Joshua Gomez) e per non compromettere l’esito delle missioni gli è pure proibito di intraprendere una relazione con Sarah.Il telefilm è andato in onda per la prima volta negli USA il 24 settembre 2007 riscuotendo enormi successi. In seguito ad un progressivo calo di ascolti, i registi Josh Schwartz e Chris Fedak decisero di concludere la storia di Chuck con il 13 episo-dio della quinta stagione andata in onda negli USA il 27 Gennaio 2012.

Quello che maggiormente colpisce di Chuck è la comicità delle situazioni unita ad una trama degna del miglior film di spionaggio Hollywoodiano. Riesce sempre a strappare una risata la goffaggine con cui Chuck riesce a rovinare i più complessi piani dei suoi colleghi non rispettando mai il loro ordine di restare in macchina. Sono spassose poi le ironiche quanto demenziali vicende che coinvolgono i dipendenti del BUY MORE e in particolare Morgan, Jeff e Lester, alle prese con i severissimi vicedirettori del negozio.Poche sono le critiche da fare ad un titolo che ha l’unico difetto di approfondire forse un po’ troppo il rapporto tra Chuck e Sarah creando scene che a lungo andare possono anche diventare ripetitive o noiose.Per il resto Chuck è un crescendo di tensione e colpi di scena farcito da una dose abbondante di ironia creando una storia che riesce a piacere anche a chi, come me, non ama particolarmente i telefilm.

Fahrenheit 451 è un romanzo di fantascienza scritto nel 1953 da Ray Bradbury come continuazione del suo breve racconto “The Fireman” pubblicato nel

1951 nella rivista Galaxy Science Ficition.Esso è ambientato in un ipotetico futuro (si da per sconta-to che si tratti degli anni dopo il 1960) dove leggere libri è considerato un reato gravissimo che viene punito con metodi a dir poco drastici.In questo tempo i pompieri hanno un compito che è l’op-posto di quello che tutti noi conosciamo: quello di dare fuoco alle case di chi nasconde testi.Il protagonista del racconto è Guy Montag un pompiere completamente radicato nella sua indole. La società espo-sta nel libro si rivela subito tetra e triste: gli uomini non

hanno il tempo di comunicare fra di loro poichè passano il tempo a fissare giganti teleschermi a parete, o ad ascol-tare la radio con oggetti molto simili ai nostri auricolari odierni. La moglie di Montag tenta più volte il suicidio per mezzo di sonniferi , (questo è uno dei particolari prin-cipali del libro che fa notare la noia di vivere dei personag-gi) ma grazie alle moderne tecniche di rianimazione viene riportata in vita.A sconvolgere la vita di Montag ci pensa Clarisse una “strana” ragazza che ricorda lui quanto possono essere belli il profumo dei fiori ed i colori della natura. Dopo questo incontro Montag comincia a porsi delle domande molto complesse sulla sua natura, egli infatti comincia a pensare al suo rapporto con la moglie , e quando nota di non ricordarsi nemmeno chi fosse e di non amarla più, ruberà un libro e comincierà un breve percorso che gli permetterà di avere una visione più lucida del mondo.Il testo rientra nella categoria della fantascienza sociologi-ca e vuole rappresentare in modo efficace i rischi di una società definita distopica.Il romanzo di Bradbury affronta il tema delicato della ge-stione delle informazioni e del controllo della società, il tema è analogo a quello dell’altrettanto famoso roman-zo di Aldous Huxley “Il mondo nuovo”, pubblicato nel 1932. In entrambi i romanzi il fine ultimo è apparenza, protagonismo e consumismo. Nonostante il proposito delle dittature, la felicità risulta essere apparente, esistono quindi momenti di tristezza che però possono essere eli-minati facilmente grazie all’uso di pillole.Fahrenheit 451 ha anche numerose analogie con il ro-manzo 1984 di George Orwell: in entrambe le storie si fa un forte uso della censura, dove però quest’ultima è organizzata in modo differente. Mentre in 1984 tutte le notizie vengono costantemente rese false ad opera di un ministero incaricato, nel romanzo di Bradbury è vieta-ta qualsiasi informazione scritta. I libri sono quindi di-chiarati materiale illegale, e come tale, tenuti nascosti dai lettori fuorilegge in difesa delle continue incursioni dei pompieri incendiari.

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CLARA LA LICATA IV E

SABATO SERA26

GIOCHI27

Ero disperata quando cercando non ho trovato eventi per questo mese, poi qualche giorno fa mi sono capitate tra le mani notizie fresche e invitanti! Ecco per voiiiiiiii….-9 Febbraio: John De Leo @ Agricantus (via 20 Settembre 82)Ex leader dei “Quintorigo” John De Leo torna per la terza volta in tre anni di seguito a Palermo dove il pubblico è sempre di più! Nel suo ultimo disco, “Vago Svanendo” , De Leo non si pone limiti e usa tutti i mezzi possibili per rendere questo cd un capolavoro che spiazza gli ascoltatori. E con “tutti” intendo anche microfoni-giocattolo di Bar-bie portati sul palco e ventilatori per ottenere un effetto anni ’60 o suoni gravi del basso elettrico ottenuti montando un pick-up per chitarra elettrica su di una chitarrina giocattolo! Insomma se vi interessa un artista pieno di fantasia e sfacciataggine accorrete all’Agricantus!-17 Febbraio: Brunori Sas @ Candelai (via dei Candelai 65)“Mio padre voleva che facessi il ragioniere, ma io impertinente risposi: giammai!” ed è così che nel 2009 abbandona la carriera al cementificio della famiglia e si consacra del tutto alla musica. Oggi Dario Brunori è tra i giovani cantautori più promettenti in circolazione e le sue canzoni ci fanno entrare in storie di amori e adolescenze lontane , ma superata questa fase di rimpianti, cerca di mettere a fuoco con la consueta leggerezza melodica l’instabilità economico-emotiva che attanaglia da tempo immemore la società comune del Belpaese.-23 Febbraio: Le Luci Della Centrale Elettrica @ Candelai (via dei Candelai 65)Le luci della centrale elettrica tornano a illuminare Palermo e I Candelai. Vasco Brondi, per quanto lui stesso lo ne-ghi, è ormai diventato il vero idolo della generazione indie cresciuta su facebook. Il suo cantato è più una lettura, un tempo accompagnata da semplici accordi di chitarra acustica, adesso anche seguita da un’orchestra di fiati di non poco rilievo. Il genere della band potrebbe essere definito un indie rock, ma da altri è addirittura detto progressive rock, ma sicuramente Brondi preferisce essere definito un cantautore italiano, accostandosi a personaggi di spessore quali De Andrè e De Gregori.-1 Marzo: Sick Tamburo @ Candelai (via dei Candelai 65)Nel 2009 bassista e chitarrista dei Prozac + decisero di dare vita al loro side-project: così nascono i Sick Tamburo, che dei “Prozac +” riprendono la linea punk aggressiva, riuscendo però ad essere meno pop e meno “trash”, prendendo più ispirazione dal lato elettronico piscotico del punk (quello dei DEVO, giusto per intenderci). Ora la band è fresco del suo secondo album, “A.I.U.T.O.”, e già da un mese sta cavalcando le maggiori città di Italia con i suoi concerti, per concludere poi la tour proprio in Sicilia!

Ecco infine proposti due schemi di Sudoku.Buon divertimento

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Caporedattore:Giulia Catalisano V B

Vicecaporedattore:Eugenio Cannata IV C

Redattore:Alice Calandra II H

Impaginazione e Grafica:Antonino Faraone IIIEGloria Varrica III R

Hanno Collaborato:Silvana Benanti III BFederica Restivo IIIRGabrielle Vannini Pareti IV A Marzia Ferrara V MEmanuele Milazzo I CDaniele Piscitello V BFrancesco Conti III BGemma Guagliardo IV EArianna Amato II FLaura Bonafede IV EManfredi Laguardia II PFrancesca Denise Martorana II EMattia D’Arpa I IDavide Angelini I CAntonio Schifani I A

Ludovico Di Martino IV EClara La Licata IV ECollettiva Gruppo 63

Docente Referente:Prof.ssa Elena Santomarco

FOTO: GRAN BRETAGNA