Obbiettivamente N°3 2014

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IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZARO PALERMO NUMERO 3 03/06/2014 A nche se non ce lo insegnano e non ci danno informazioni sull’argomento, uno stile di vita radicalmente alternativo è possibile, è attuabile. Come sostiene l’antropo- loga ed ambientalista Helena Norberg-Hodge, la globalizzazione ha portato, nella società odierna, una perdita pressoché totale del senso di comunità e di connessione con la natura: sono due elementi fondamentali per la nostra identità, come nell’infanzia (e quindi nella crescita), quanto nella maturità e nelle scelte di vita da adulti. Il vuoto che sostituisce la nostra natura è terreno fertile per il consumo spropositato, nella ricerca di qualcosa che è poi l’ “identità-pacchetto”, basata su modelli omologati ed irreali. ►PAGINA 7 A nche quest’anno incombono le tanto discusse prove INVALSI, che sembrano da sempre più subite che condivise, “volte a verificare i livelli generali e specifici di apprendimento conseguiti da- gli studenti”. In linea di principio uno strumento di valutazione dell’operato delle scuole potrebbe anche essere utile, qualora ci fossero le risorse per attività di supporto e investimenti sul sistema scolastico, allora da cosa nasce tutta questa avversione? ►PAGINA 4 INVALSI O NON INVALSI? QUESTO È IL DILEMMA A PALERMO ANCHE LA STREET ART CONTRO LA MAFIA L a Street Art è prepotente, nel senso buono però. L’arte di strada si impone sotto gli occhi di tutti, è un fenomeno virale, contagioso. Colpisce l’anti- convenzionalità degli artisti, che attraverso tecniche e stili (anche molto diversi tra loro) trasformano nel modo più puro l’ossessiva cornice urbana in una vera tela. I più celebri sono consapevoli del “rumore” che si crea attorno alle loro opere e sono disposti ad utilizzarlo per trasmettere messaggi spesso scomodi. Ecco, usare l’arte urbana per diffondere il messag- gio Antimafia permette di infondervi nuova vitalità, comu- nicare senza cadere in un tono scolastico o quasi catechistico. L’imprenditore catanese Salvo Zappalà, impegnato nel settore turistico-alber- ghiero, dopo aver preso in gestione il parcheggio dell’Hotel IBIS Styles di Palermo, in via Crispi, ha commissionato cinque diversi lavori, frutto dell’in- terpretazione personale degli artisti riguardo la Mafia e le sopraffazioni della società. ►PAGINA 6 Per qualsiasi domanda o consiglio non esitate a scriverci al nostro indirizzo e-mail: [email protected] ALBERTO ROMANO III E ASIA CLEMENZA II I ECOVILLAGGI, COSA E PERCHE’ ALICE CALANDRA IV H O re 14.46 dell’11 Marzo 2011: terremoto di magnitudo 9 (scala Richter), conseguente tsunami ed esplosione della centrale nucle- are di Fukushima Dai-ichi. Ogni anno il Giappone ricorda le 20.000 vittime (esclusi i dispersi) del se- condo disastro nucleare più grande della storia dopo quello di Chernobyl. A tre anni da questo tragico evento, gli effetti sull’ambiente e sull’uomo appaiono quanto più allarmanti e insanabili.►PAGINA 16 FUKUSHIMA: TRE ANNI DOPO DAVIDE ANGELINI III C

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IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZAROPALERMO NUMERO 303/06/2014

Anche se non ce lo insegnano e non ci danno informazioni sull’argomento, uno stile di vita radicalmente alternativo è possibile, è attuabile. Come sostiene l’antropo-loga ed ambientalista Helena Norberg-Hodge, la globalizzazione ha portato, nella

società odierna, una perdita pressoché totale del senso di comunità e di connessione con la natura: sono due elementi fondamentali per la nostra identità, come nell’infanzia (e quindi nella crescita), quanto nella maturità e nelle scelte di vita da adulti. Il vuoto che sostituisce la nostra natura è terreno fertile per il consumo spropositato, nella ricerca di qualcosa che è poi l’ “identità-pacchetto”, basata su modelli omologati ed irreali. ►PAGINA 7

Anche quest’anno incombono le tanto discusse prove INVALSI, che sembrano da sempre più subite che condivise, “volte a verificare i livelli

generali e specifici di apprendimento conseguiti da-gli studenti”. In linea di principio uno strumento di valutazione dell’operato delle scuole potrebbe anche essere utile, qualora ci fossero le risorse per attività di supporto e investimenti sul sistema scolastico, allora da cosa nasce tutta questa avversione? ►PAGINA 4

INVALSI O NON INVALSI? QUESTO È IL DILEMMA

A PALERMO ANCHE LA STREET ART CONTRO LA MAFIA

La Street Art è prepotente, nel senso buono però. L’arte di strada si impone sotto gli occhi di tutti, è un fenomeno virale, contagioso. Colpisce l’anti-convenzionalità degli artisti, che attraverso tecniche e stili (anche molto

diversi tra loro) trasformano nel modo più puro l’ossessiva cornice urbana in una vera tela. I più celebri sono consapevoli del “rumore” che si crea attorno alle loro opere e sono disposti ad utilizzarlo per trasmettere messaggi spesso scomodi. Ecco, usare l’arte urbana per diffondere il messag-gio Antimafia permette di infondervi nuova vitalità, comu-nicare senza cadere in un tono scolastico o quasi catechistico.L’imprenditore catanese Salvo Zappalà, impegnato nel settore turistico-alber-ghiero, dopo aver preso in gestione il parcheggio dell’Hotel IBIS Styles di Palermo, in via Crispi, ha commissionato cinque diversi lavori, frutto dell’in-terpretazione personale degli artisti riguardo la Mafia e le sopraffazioni della società. ►PAGINA 6

Per qualsiasi domanda o consiglio non esitate a scriverci al nostro indirizzo e-mail: [email protected]

ALBERTO ROMANO III EASIA CLEMENZA II I

ECOVILLAGGI, COSA E PERCHE’ALICE CALANDRA IV H

Ore 14.46 dell’11 Marzo 2011: terremoto di magnitudo 9 (scala Richter), conseguente tsunami ed esplosione della centrale nucle-

are di Fukushima Dai-ichi. Ogni anno il Giappone ricorda le 20.000 vittime (esclusi i dispersi) del se-condo disastro nucleare più grande della storia dopo quello di Chernobyl. A tre anni da questo tragico evento, gli effetti sull’ambiente e sull’uomo appaiono quanto più allarmanti e insanabili.►PAGINA 16

FUKUSHIMA: TRE ANNI DOPO

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ONE EXCHANGER TO ANOTHER SILVANA BENANTI V B

Cannizzaro high school has a long tradition of exchangers going out and coming in, to fully dive

in a different culture. This year Nuttah, a 17 years old girl from Thailand, attended the fourth year in our school, getting too appreciate the deep differences between hers and our country.Everything started more like a game: she went to take the test that allowed her to have this experience with a bunch of friends that pushed her to do so. Even-tually she was the only one who passed in that group and, at that point, she started to think about it more seriously and put Italy among the options of the countries she would have liked to go to.Nuttah had no chances to learn Italian before coming here, so the language wasn’t an indifferent problem for her to face, when she first got here in Septem-

ber. She is now living with a sweet fa-mily, made up by a couple of caring host parents and their two kids, aged 4 and 5.What exchange students are the most concerned about is obviously school, but not only because of studying, even thou-gh it’s certainly important to all of them, but also because it’s the place where they invest the biggest part of their experien-ce, since that is the place to meet people who will walk with them along this one year path. Luckily exchangers get the chance to switch some of the classes they were supposed to attend, according to the grade they are in, even if the school system doesn’t give the same possibility to the other students. Our dear Thai girl, as we all would like to do, didn’t attend Latin and philosophy lessons and spent her time in the library. School grades don’t really matter, since she’s going to

have to make up the school year once back, but she still takes written tests as her classmates do. “Occupazione” is still a mystery.What she enjoys the most, as ways to spend her spare time, is going to the mo-vie and eat out. Here is where she oc-curred in another exchanger’s problem: weight. Be it distance from home, or curiosity for different foods, students le-aving for this kind of experience always go back home more mature and fat than before.Even though Nuttah misses home, she doesn’t give any sign of a will t go back, which is certainly due to the great time she’s having here. She spent a bunch of weekends with her host family in their house in Castellammare, but she also vi-sited Italian important cities, such as Ve-rona and Florence, in trips organized by the agency she left with. The remaining time was always a chance to have a blast with her friends met in school, that she also spent New Year’s Eve with, partying in a house.Differences she suddenly noticed are: the weather, that makes her sleepy and the landscape, very different from the Thai one she is used to. More than a few words are to dedicate to the strange peo-ple characterizing the culture we live in. right after the question “what do you like the most about here?” was the one about the ‘hates’: busses and “tascioni” are not a pleasure to face to anyone, especially if you are a stranger to them. Other than the limitless time spent at the bus stop, Nuttah was shocked by the people you can meet if you decide to take the risk and get on the bus: stories about fishes and weird maniacs will forever be linked to this unpredictable vehicle.

La mia esperienza in ItaliaQuando sono arrivata qui, io dovevo fare tutto da sola perché qui non è casa mia. Non posso fare tutto quello che voglio o aspettare che qualcuno lo faccia per me. Io ho capito che l’italiano non è la mia lingua. Per me è tutto più difficile da fare, ma non posso arrendermi. Io devo essere entusiasta, essere sempre attenta e provare sempre qualcosa di nuovo. Non rifiutare perché sono spaventata anche se qualcosa che ne vale la pena, ma ci sta ricordando che una volta che abbiamo già provato, se si prende una decisione sbagliata, e ti senti deluso o cupo, non si può rinunciare, si deve continuare e cercare di fare meglio. Se hai un obiettivo che hai difficoltà a raggiungere, devi andare avanti e le cose che abbiamo fatto male i insegneranno a non fare lo stesso errore.È necessario rispettare ogni situazione e ciò che fanno gli altri. Dobbiamo seguire gli altri tranne che è una brutta cosa da fare. Dobbiamo avere una mente aperta perché ci farà conoscere altre persone, pareri e noi avremo più cultura. Vedremo che in que-sto paese hanno molte più cose interessanti del previsto. Io credo in uno dei proverbi buddisti che dice อโมฆํ ทิวสํ กยิรา, che significa “non perdete il vostro tempo”.Infine questa esperienza mi fa amare la mia famiglia molto di più di prima perché ca-pisco che lavorano così duramente per farmi avere una vita migliore e mmi sostengo-no sempre in tutto quello che faccio, quindi grazie alla mia famiglia per darmi sempre un buon consiglio e grazie a tutti gli amici qui che hanno un bel cuore e per essere buoni amici per me. – Nuttah Bennecke

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INVALSI O NON INVALSI? QUESTO È IL DILEMMA

ASIA CLEMENZA II I

Anche quest’anno incombono le tanto discusse prove INVALSI, che sembrano da sempre più

subite che condivise, “volte a verificare i livelli generali e specifici di apprendi-mento conseguiti dagli studenti”.In linea di principio uno strumento di valutazione dell’operato delle scuole po-trebbe anche essere utile, qualora ci fos-sero le risorse per attività di supporto e investimenti sul sistema scolastico, allora da cosa nasce tutta questa avversione? Un’offerta di “riflessione sul proprio operato, un punto di riferimento e di confronto esterno” dovrebbe inserirsi in una prospettiva di miglioramento che sembra essere estranea alla scuola italia-na, ultimamente soggetta a svariati tagli che provocano un generale immiseri-mento dell’istruzione pubblica.Le contestazioni si incentrano anche sul-le modalità di gestione e sull’uso spesso pericolosamente strumentale. Serpeggia infatti il timore di un sempre più inci-sivo “benchmarking” – metodo basato sul confronto usato principalmente nelle aziende - come scritto nel piano trienna-le di attività 2014-2015, consultabile su internet: premiare o penalizzare istituti, dirigenti e professori, tramite il proget-to VALeS, attualmente proposto in via sperimentale.Così l’istruzione diventa merce in azien-de scolastiche, e chi stava ai vertici dell’INVALSI, fino al novembre 2013, se non Pietro Cipollone prima e Pao-lo Sestio poi, autorevoli economisti di estrazione Bankitalia? Certo non uomini del Miur o esperti del mondo scuola.Il 20 ottobre 2011, Silvio Berlusconi scrive che “si valorizzerà il ruolo del do-cente, elevandone impegno didattico e livello stipendiale relativo, introducendo un nuovo sistema di valutazione e reclu-tamento”, mentre Mario Monti, prima

della fiducia afferma che “l’INVALSI misurerà il ‘valore aggiunto’ in termini di risultati dell’insegnamento prodotti da ogni scuola. Una classifica stilata da un corpo di ispettori in base alle valuta-zioni sarà usata per dare alle scuole mi-gliori incentivi e ricompense in termini di finanziamenti”.Ma che uso si fa dei risultati rileva-ti? Nel decreto legislativo che istituisce l’INVALSI si prevede che “agli esiti di verifica il Ministero, nel rispetto della vigente normativa sulla protezione dei dati personali, assicura idonee forme di pubblicità e conoscenze”. Per esiti si in-tende quelli delle prove stesse o i risultati delle ricerche svolte dagli INVALSI? In alcuni paesi, come Regno Unito, U.S.A. e Francia, si pubblicizzano i risultati scuola per scuola: ne consegue una sorta di graduatoria, con gli effetti collaterali di un maggiore afflusso di iscritti nelle scuole considerate di “serie A”. Questo provoca una deformazione del sistema scolastico, riducendolo a una gerarchia, ghettizzando le scuole di “serie B”, in una sorta di circolo vizioso da cui è diffi-cile uscire. E’ anche vero che oggi questo

in parte avviene, ma dare una valutazio-ne, un punteggio alle scuole darebbe ri-gore pseudoscientifico a questa dinamica da contrastare.Per ovviare a questo problema, si trasfor-merebbe anche la didattica in funzione del test, il famoso teaching to the test, sfavorendo gli apprendimenti significa-tivi. Ma ovviamente i dati relativi agli apprendimenti degli alunni non posso-no non essere collegati ai diversi fattori situazionali e ambientali. Vengono così aboliti i processi individuali consolidati negli anni, calibrati su necessità educati-ve spesso particolari. E’ possibile riassu-mere, nel risultato di un test a crocette, il processo di apprendimento di un bam-bino o un ragazzo? Il Comitato genitori insegnanti per la difesa della scuola pub-blica afferma che: “certo non misurano la capacità di riflessione critica di esporre il pensiero, la complessità dei saperi o delle abilità. Non misurano il livello di partenza e di arrivo di ogni allievo, la re-lazione insegnante-alunno. Si limitano a misurare l’acquisizione di una serie di informazioni settoriali e frazionate”.

VITA SCOLASTICA

SICILY UP TO IMUN

Born in 1945, right after World War II, United Nations is the world biggest organization, just like a world Par-liament attended by 193 countries (almost the totality).

United Nations work every day in order to solve the deepest problems afflicting the world, such as war, hunger or envi-ronmental issues.This year, for the second time, the IMUN project was brought to the high schools all over our island. Model United Nations is a simulation of the General Assembly and other multi-lateral bodies, in which students learn and engage on the topics of the international politics agenda, wearing the shoes of ambas-sadors and diplomats. The simulation, which is completely run in English, is pretty realistic, delegates will have to wear a suit and tie and behave for three days like real diplomats would.The project is divided into two phases: a preparatory phase, that leads them to this three days experience, in which stu-dents study both the topic, object of the international activity of the United Nations, and the right way to operate during the simulation; an operational phase of direct action based on the method of learning by doing, in which the delegates, recalling what they have learned in the preparatory course, wear the diplomats’ shoes in the model.Students will work individually representing one of the 193 member states of the United Nations. An English guide, ex-plaining the totally actual topic covered by the activity of his commission, will be provided to each delegate.A motion is moved to open the speakers’ list, which regula-tes the order of delegates who will have their formal speeches, with which they will introduce their country and how it is related to the topic. As time passes, points of order and mo-tions follow and the committee moves into either moderated or unmoderated caucuses for a set amount of time, during which the delegates propose ideas of resolutions and find allies sharing their same interests in matter. Delegates carry out typical tasks of diplomacy: they held spee-ches, prepare draft resolutions, negotiate with adversaries, sol-ve conflicts and learn how to move in the committee they are

assigned to, adopting the United Nations procedural rules. In order to do this a great determination and a strong motivation, together with the ability of making their own ideas outstand, in a diplomatic way, helped by a good knowledge of English, are required.To push those hundreds of kids to do their best there is an awesome award: a scholarship to go to the second phase of the United Nations Model, that will take place in New York, whe-re they will have the opportunity to meet foreign diplomats from the country they represent. But as this experience went on, some delegates found out that passion was pushing them, and not the scholarship. It is only passion the reason why a couple of those delegates almost got no sleep in order to be prepared for their last speech the following day.This kind of experience is likely to change you at least a bit, maybe because you get the chance to approach to something you like; maybe because in a couple of days you get to com-pare thoughts and ideas with people you never talked to and with a completely different vision of life; maybe because after studying the topic and the country you are assigned, you ac-tually end up caring for the culture you represent.

SILVANA BENANTI V B

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ATTUALITÀ E CULTURAATTUALITÀ E CULTURA

Anche se non ce lo insegnano e non ci danno informa-zioni sull’argomento, uno stile di vita radicalmente alternativo è possibile, è attuabile. Come sostiene l’an-

tropologa ed ambientalista Helena Norberg-Hodge, la globa-lizzazione ha portato, nella società odierna, una perdita presso-ché totale del senso di comunità e di connessione con la natura: sono due elementi fondamentali per la nostra identità, come nell’infanzia (e quindi nella crescita), quanto nella maturità e nelle scelte di vita da adulti. Il vuoto che sostituisce la nostra natura è terreno fertile per il consumo spropositato, nella ri-cerca di qualcosa che è poi l’ “identità-pacchetto”, basata su modelli omologati ed irreali. Il futuro, secondo la Hodge, è nella localizzazione, spesso confusa a torto con il protezionismo e l’isolamento economico. Si tratta semplicemente di ridurre la scala di azione economica di ogni paese: energia locale, cibo locale, dunque meno trasporti, meno rifiuti, meno sprechi e meno inquinamento; localizzare la produzione, localizzare il nostro spirito naturale: ciò ci permetterebbe di ritrovare la no-stra connessione con la comunità, per allontanarci da una vita ormai palesemente denaturata sotto il punto di vista materia-le, spirituale e relazionale. Esistono da decenni comunità nate sotto il principio di localizzazione e rispetto dell’ambiente, i cosiddetti “eco-villaggi”: almeno 2.000, il 90% negli Stati Uni-ti; in Europa spiccano la Gran Bretagna e l’Irlanda con 250

villaggi, seguite da Germania, Francia, paesi scandinavi, Spa-gna e Portogallo (In Italia sono presenti circa 20 comunità). Uno dei principi imperanti è quello del rispetto dell’ambiente, che determina la produzione del cibo, la costruzione di ogni edificio, l’utilizzo delle energie rinnovabili; fondamentali poi la solidarietà e la cooperazione tra gli abitanti, guide nel siste-ma decisionale della comunità ed espresse in rituali e mani-festazioni periodiche tese alla tolleranza e alla comprensione delle varie diversità culturali.Le dimensioni sono chiaramen-te estremamente ridotte se paragonate ad una qualsiasi città come quelle che conosciamo, ma questi villaggi hanno come obiettivo l’autosufficienza economica e l’espressione di ogni desiderio e bisogno dell’individuo. Sono ancora quasi “labo-ratori”, “sperimentazioni”, ma la conquista consiste nel fatto che questa utopia è adesso tastabile e sperimentabile.Esiste una rete globale degli ecovillaggi, la Global Ecovillage Network, e la Rete Italiana dei Villaggi Ecologici (RIVE) aderisce ad essa ed è peraltro consultabile su internet.

ECOVILLAGGI, COSA E PERCHE’

La Street Art è prepotente, nel senso buono però. L’arte di strada si impone sotto gli occhi di tutti, è un fenomeno virale, con-tagioso. Colpisce l’anticonvenzionalità degli artisti, che attra-

verso tecniche e stili (anche molto diversi tra loro) trasformano nel modo più puro l’ossessiva cornice urbana in una vera tela. I più cele-bri sono consapevoli del “rumore” che si crea attorno alle loro opere e sono disposti ad utilizzarlo per trasmettere messaggi spesso scomodi. Ecco, usare l’arte urbana per diffondere il messaggio An-timafia permette di infondervi nuova vitalità, comunica-re senza cadere in un tono scolastico o quasi catechistico.L’imprenditore catanese Salvo Zappalà, impegnato nel settore turi-stico-alberghiero, dopo aver preso in gestione il parcheggio dell’Ho-tel IBIS Styles di Palermo, in via Crispi, ha commissionato cinque diversi lavori, frutto dell’interpretazione personale degli artisti ri-guardo la Mafia e le sopraffazioni della società. L’inaugurazione, avvenuta l’1 Marzo, ha visto anche la partecipazione di Francesco Giambrone, assessore comunale alla cultura. Un turbine di colori, forme familiari e inconsuete si intrecciano su diversi temi, riportando pensieri anche di menti autorevoli quali Oriana Fallaci e Pippo Fava.Corn79 e Mrfijodor, che hanno collaborato già in altri lavori, uniscono la vena geometrica e astrattista del primo con le figure surreali del secondo, rievocando una figura alquanto rappresen-tativa di questa iniziativa, nel trentennale della morte per mano mafiosa di Pippo Fava, intellettuale, fondatore di due giornali di stampo culturale e scrittore (da un suo romanzo è stato trat-to “Palermo or Wolfsburg”, vincitore dell’Orso d’oro di Berlino nel 1980). La sua celebre frase “A che serve vivere se non c’è il coraggio di lottare?” campeggia a grandi caratteri nel graffito.L’artista di origine brasiliana DMS, famoso per rendere le diver-se forme della città parti integranti dei suoi lavori, si concentra invece sulla violenza sulle donne, dipingendo con un rosa acceso in modo innaturale un corpo che si snoda tra muro e pavimento.Il graffito di Hunto, invece, mescola carceri, armi e dena-ro in una sola immagine originale della Mafia, dove boc-che e mani si intrecciano inestricabili e indistinguibili.Una serie di facce, curatissime nei dettagli, è l’opera di Rosk. Qui accanto una frase della storica giornalista Oriana Fallaci: ”La libertà è un dovere”. Zed1 e Mr.Thoms, entrambi noti per le loro figure estrema-mente cartoon, ma al limite dell’inquietudine, che combina-no tinte vivacissime con figure in nero/grigio, molto cupe e melanconiche, firmano forse il murale più espressivo: una gi-gantesca Matrioska di vari personaggi con braccia e gambe

smembrate che occupa un’intera porzione distaccata di muro.Troppe cose orribili sono state fatte in questi anni da Cosa(sempre meno)Nostra, ma una di quelle che secondo me è tra le più gravi è la totale abolizione del gusto. La mafia è prima di tutto un fenome-no culturale, dove tutto cio che è “bello” viene demolito senza crite-rio e la gente, a poco a poco, si abitua: lentamente non si distingue più un palazzo fuori contesto (l’edilizia è uno dei settori più cor-rotti e produttivi), un monumento deperito o magari un giardino rovinato. E’ alla luce di questo che la scelta di trasformare l’arte in un mezzo per combattere il degrado diventa ancora più necessaria.

A PALERMO ANCHE LA STREET ART CONTRO LA MAFIA

ALBERTO ROMANO III E

ALICE CALANDRA IV H

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Per chi non sapesse cos’è il Parco d’Orléans...Il Parco d’Orléans è un parco ornitologico di Palermo adiacente al Palazzo d’Orléans, l’attuale sede della Pre-

sidenza Siciliana. Il parco, che è stato donato alle famiglie ma ancor più ai bambini, ospita animali provenienti da tutto il mondo: rarissime specie di uccelli di grandissimo interesse scientifico e dal valore e dalla bellezza straordinari, ospitate all’interno di un sito altrettanto eccezionale che ha un grandis-simo valore per la città di Palermo e che finora è stata abilmen-te amministrata, preservata e valorizzata dal direttore Nicola Lauricella. Attualmente il parco sta attraversando un momento buio a causa dei tagli effettuati ‘’ingiustamente’’ dalla Regione Siciliana, che sta mettendo a rischio la riserva e i meravigliosi animali che esso ospita, e sta togliendo ai ragazzi, alle famiglie e alla città un bene prezioso.

Gentile Sig. Lauricella, quando e come è nato il Parco d’Orléans?Il primo Presidente della Regione Siciliana Giuseppe Alessi nel 1947 comprò un terreno e un edificio in condizioni di abban-dono. Mio padre (Salvatore Lauricella), appassionato ornitolo-go e caro amico del Presidente, possedeva nella nostra dimora estiva a Sferracavallo delle rare specie di uccelli. Alessi, condivi-dendo con mio padre la passione per gli uccelli, propose di tra-sferire gli animali di mio padre presso la proprietà acquistata. L’accordo tra i due fu siglato da un contratto con la Regione; gli animali furono trasferiti e il terreno fu ripristinato e attrezzato per tale scopo: ed è così che nacque Parco d’Orléans. L’inten-zione di mio padre e di Alessi era quello di donare alle famiglie un bel giardino, dove i bambini potessero giocare in totale si-

curezza e tranquillità e ammirare la bellezza di rare specie di uc-celli esotici. Ora si ha la possibilità di vedere tali animali viag-giando, leggendo riviste, guardando la televisione... Ma negli anni 50, gli anni del dopoguerra, non c’era questa possibilità. L’intenzione era quella di cominciare a costruire cose nuove: una di queste è stata Villa d’Orléans.

Qual è l’importanza che Parco d’Orléans ha per la città di Palermo?Il parco è importante non solo per la città di Palermo. In questi sessant’anni è cambiata la funzione stessa dello zoo. Non è più un serraglio o solo un luogo in cui la gente si diverte. Lo zoo è diventato un’ importante banca genetica: negli zoo infatti si fanno progetti di riproduzione per la salvaguardia degli ani-mali in via di estinzione. Inoltre gli animali vengono utilizzati a scopi universitari, come il tirocinio per i neolaureati o per i laureandi dei corsi di Laurea in Biodiversità, Scienze Biologi-che, Scienze Naturali... Dunque il parco dà la possibilità agli universitari di cominciare ad approcciarsi alle attività pratiche legate a questi corsi di studio e di svolgere la propria tesi di laurea. Sicuramente il parco è importante per la sua collabo-razione non solo con l’Università ma anche con le scuole: i bambini delle scuole elementari o i ragazzi delle scuole medie hanno la possibilità di fare visite guidate all’interno del parco e fare laboratori di botanica, di ornitologia. Ricordiamo anche la collaborazione con la facolta di Medicina Veterinaria dell’Uni-versità di Messina: il parco permette di studiare le malattie e le infenzioni che colpiscono gli animali o quelle che si trasmetto-no dagli animali all’uomo.

Quali sono le problematiche che oggi Villa d’Orléans sta affrontando?Vista l’attuale situazione economica che la Sicilia, ma anche tutta l’Italia, sta attraversando, l’attuale Presidente della Re-gione Rosario Crocetta ha deciso di tagliare i fondi, ritenen-do il costo del Parco uno spreco. A una condizione: tenersi gli animali, senza considerare che gli uccelli appartengono a un privato, il sottoscritto e senza valutare se la precedente ammi-nistrazione si sia rivelata realmente un guadagno o uno spreco. Ma se il lavoro effettuato è maggiore di quello richiesto, le spese sono inferiori rispetto a quelle che la Presidenza potrebbe soste-nere sotto la propria gestione, e il risultato è maggiore rispetto a quello che la Regione potrebbe ottenere con i suoi mezzi, al-lora non si tratta di spreco. La gestione privata del parco risulta

INTERVISTA AL DIRETTORE DI PARCO D’ORLÉANS

MANFREDI ALBERTO MONTI III C

L'INTERVISTAL’INTERVISTA

sotto una amministrazione privata, una volta pattuito (tra la Presidenza e il privato, come nel mio caso) il costo necessario al mantenimento del parco, esso rimane invariato per tutto l’an-no. Invece nel caso di una pubblica amministrazione, molto spesso il costo effettivo risulta essere maggiore di quello pre-ventivato inizialmente, a causa di una cattiva gestione, e l’ente interessato (comune o regione) è costretto a versare in denaro la differenza. Inoltre prima che i fondi per il parco venissero defi-nitivamente eliminati il 18 marzo del 2013, l’anno prima sono stati drasticamente ridotti a tal punto che sono stato costretto a licenziare alcuni operai. Ridurre lo stipendio dei lavoratori rimasti e le spese per gli animali e spendere più di quanto incas-sato, preoccupandomi non solo degli animali di mia proprietà

ma anche dei 141 uccelli di proprietà della Regione, in quanto essa non se ne era affatto occupata.

Come si potrebbero risolvere queste problematiche?Il Presidente, in quanto ha deciso di appropriarsi degli animali, potrebbe occuparsi di far valutare da un ragioniere o da un contabile quali sono i costi necessari al mantenimento del par-co, basandosi sulla legge degli zoo, legge 73 del 2005, la quale riprende una legge europea, che stabilisce quali sono le moda-lità con cui deve essere condotto un bioparco. Una volta fatti i conti, qualora la cifra sia inferiore a quella che io ho finora ricevuto per la manutenzione del parco, prenderei di nuovo gli animali e il parco in custodia, qualora sia superiore, dovrei ricevere anche la differenza dovuta alla diminuizione dei fondi degli anni passati. Ma questi conteggi non sono stati fatti ed evidentemente non c’è l’ intenzione di farli: vogliono appro-priarsi degli animali illegittimamente e ‘’mandarmi a casa’’. Se mi fosse stato chiesto in modo opportuno di lasciare gli animali e mi fosse stata assicurata la loro salvaguardia e la loro tutela, io forse glieli avrei anche regalati. Del resto è anche mio interesse cercare di trovare una strada per assicurare un futuro a questo

giardino: potrebbe essere che nè le mie figlie nè il mio fido col-laboratore, il dott. Giampaolo Badalamenti, siano interessati a occuparsene. Quando io non ci sarò più, a questi animali chi ci penserà? La scelta migliore sarebbe quella di affidare gli animali a un’istituzione, la quale non può essere nè la Regione, nè tan-tomeno il Comune, ma un’istituzione specialistica come l’Uni-versità. Così come il Dipartimento di Botanica dell’Università si occupa dell’Orto botanico, così il Dipartimento di Biolo-gia Animale potrebbe occuparsi di Parco d’Orléans. In questo caso sarei anche disposto a regalare gli animali perchè saprei che questa eredità fra cinquant’anni (magari cento) verrebbe salvaguardata. Quanto è successo nel passato a Villa Giulia testimonia il fatto che nè la Regione nè il Comune sarebbero in grado di gestire il parco. Inizialmente gli animali di mio padre erano ospitati a Villa Giulia, ma, quando li abbiamo trasferiti a Villa d’Orléans, mio padre ha deciso di lasciare lì una coppia di leoni, un gruppo di daini, di pony e di aquile, donandoli al Co-mune: nel giro di sette anni è morto tutto... Il Comune, come la Regione, non è organizzato a mantenere “cose vive”; ha già problemi a mantenere “cose morte” (edifici, infrastrutture,etc.) figuriamoci se è in grado di mantenere “cose vive”. Invece nel caso in cui il parco fosse gestito dall’Università, ci sarebbe da parte di questa un interesse scientifico: è proprio questo il mo-tivo fondamentale per cui lascerei il parco all’Università.

Come potremmo noi ragazzi contribuire a salvare il parco?Scrivendo ai giornali... chiedendo un colloquio con il Presiden-te per ulteriori chiarimenti... magari stimolandolo, come ha fatto Priscilla Alessi, nipote dell’ex Presidente Alessi, a riflettere sul valore del parco e a gestire meglio il denaro pubblico in modo tale da non essere “costretto” a tagliare i fondi per un bene così prezioso...

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L’INTERVISTA10 11

L’altro giorno sono andato in giro per l’istituto a chiedervi quali fossero i pro-blemi più rilevanti della scuola. In questo articolo riporto le dichiarazione di alcuni studenti che sono riusciti a individuare degli argomenti su cui riflettere. Gli in-tervistati sono di sesso sia femminile sia maschile di diverse età e di diverse classi, i nomi di questi, però, non saranno resi noti.Siete uomini o caporali è il titolo che mi è stato suggerito dall’intervista che troverete all’ultimo.Si premette che sia l’autore dell’articolo sia la redazione non risponde di ciò che è stato dichiarato e non necessariamente lo condivide.

A:Quali sono i problemi della scuola?L:Oggi la scuola ha più pregi che difet-ti, incominciando dal problema relativo ai miseri fondi scolastici stanziati dalle istituzioni e concludendo ai docenti, se-gretari e presidi. Il primo causa proble-mi come il caro libri e la fatiscenza delle scuole il secondo, in alcuni casi, non vor-rei fare del qualunquismo, rende inutili i pochi fondi che vengono stanziati. A chi non è mai capitato di avere come docente

un incompetente? Certo non è nemme-no bello vedere un docente che pur di fi-nire il programma viola più volte i nostri diritti. Penso che tutti in questa scuola abbiano studiato Domenica almeno una volta, ebbene ciò va contro la legge. Tra l’altro esiste la carta dei diritti delle stu-dentesse e degli studenti che molti di noi non conoscono, ma i docenti si e fanno finta di non saperne nulla.

A:Quali sono i problemi della scuola?F:La cosa che mi salta subito in mente è l’aggiornamento delle materie. Mi spie-go meglio: a che serve il latino nel 2014? La scuola dovrebbe mantenersi al passo con i tempi. Ci sono materie che ci po-trebbero essere più utili. Un esempio è l’informatica, l’insegnamento di questa materia, secondo me, dovrebbe essere estesa in tutte le scuole e le ore a essa de-dicata dovrebbero essere maggiori. Un altra cosa che non mi va giù è che i do-centi vengono “valutati” in base agli anni di insegnamento.A: Potresti spiegarti meglio?F:Dovrebbero essere valutati in base alle loro capacità. Ci sono docenti che non fanno nulla e non sanno spiegare da vent’anni e giovani disoccupati laurea-ti che potrebbero fare quel lavoro mille volte meglio. In poche parole non esiste meritocrazia.

A:Quali sono i problemi della scuola?S:In molte scuole il corpo docenti è di vecchio stampo e questo si trova in con-traddizione con le aspettative dei giovani d’oggi. La questione della pensione all’e-tà di 65/67 anni influenza negativamente perché il docente a un certo punto getta la spugna. Per risolvere molti problemi proporrei dei test psicologici annuali per valutare l’idoneità dell’insegnamento anno per anno.

A:Quali sono i problemi della scuola?D:Il problema più grave sono i docen-ti. Soprattutto per il fatto che, in teoria, molti di quelli che dovrebbero essere in-segnanti, in pratica credono che il loro mestiere consista nel puntare il fucile contro i ragazzi che vanno a scuola per costruirsi il loro futuro e si trovano psi-cologicamente sconfitti perché se cono-scono, indifferenza totale e nessuna gra-tificazione, se non conoscono ricevono non solo indifferenza ma schernimento da parte di alcuni professori.

A:Quali sono i problemi della scuola?V:Il problema è che tutto sta diventando eccessivamente meccanico e schematico, e di questo gli invalsi sono la massima espressione. Le disposizioni ci portano ad essere valutati in base a tabelle pre-definite e fisse, e in base a riferimenti matematici e vuoti. Inoltre, ci stiamo sempre più dirigendo verso una “specia-lizzazione” inutile e deprimente del liceo in generale: ricordo che il concetto stesso di “liceo”, che risale ad Aristotele, porta in sé l’insegnamento contemporaneo e compenetrato di materie umanistiche e materie scientifiche; togliere, per esem-pio, il latino da un liceo scientifico è perciò solo un controsenso! Complessi-vamente, quindi, ritengo che i problemi della scuola, anche della nostra, partano, piuttosto che dal “basso”, dall’ “alto”.

SIETE UOMINI O CAPORALI?ALBERTO TUDISCA IV F

LO SAI CHE?

Favara, provincia di Agrigento, 32000 abi-tanti. Una cittadina

che ormai ospita soprattutto anziani: i giovani decido-no di partire, di costruire la propria vita lontano da una realtà ormai quasi senza pro-spettive, senza sviluppo. Due professionisti, Florinda Saieva e Andrea Bartoli, vogliono of-frire ai propri figli un futuro nella loro città, e iniziano un formidabile progetto di riqua-lificazione del territorio. Nel 2010 aprono il Farm Cultural Park all’interno del Cortile Bentiveglia, situato nel centro storico di Favara, perlopiù ab-bandonato e in rovina. In un luogo già di per sé suggestivo (il Cortile Bentiveglia è a sua volta un aggregato di sette piccoli cortili che ospitano palazzi bianchi con giardini di matrice araba) Florinda e An-drea hanno creato un distret-to culturale e turistico con-temporaneo: gallerie d’arte e spazi espositivi temporanei e

permanenti (Farm-young-art, Fondazione Bartoli-Felter, Artegiovane Sicilia, Terry Richardson Fan Club, Uwe Jaentsh Museum), centro di architettura contemporanea (Sicily Foundation), residenza per artisti, designer, architetti e curatori, scuola di specia-lizzazione in Hotellerie d’a-vanguardia, centro di grafica e web design, librerie d’arte, architettura e cultura con-temporanea, alberghi d’avan-guardia e day suite spa (Ho-tel Belmonte Farm Hotels), rental spaces per congressi, feste, eventi, ludoteca lingui-stica e dipartimenti educativi per adulti e bambini, spazi di ristoro innovativi, store di design e di food esclusivo, no-leggio bici...Insomma, un posto creato appositamente per soddisfare tutti i bisogni culturali e ar-tistici non solo dei locali, ma anche dei turisti: la finalità del progetto è infatti quella di recuperare tutto il centro sto-

rico di Favara, in modo tale da diventare, subito dopo la Valle dei Templi, la seconda attrazione turistica della pro-vincia di Agrigento ed una delle prime dieci attrazioni culturali di tutta la Sicilia.I due coraggiosi professioni-sti stanno vincendo la sfida: nel 2011 il museo ha vinto il Premio Cultura di Gestio-ne di Federculture e l’anno seguente è stata invitata alla XXIII Mostra Internaziona-le di Architettura di Venezia; inoltre il blog britannico Pur-ple Travel ha collocato il Farm Cultural Park e Favara al sesto posto al mondo come meta turistica dell’arte contempo-ranea.Il progetto si sta estendendo anche ai comuni di Gela e Lampedusa (Farm Regene-ration) : un team di artisti, designer ed esperti del setto-

re opererà un progetto di ri-qualificazione del territorio in base al piacere dei cittadini : le proposte della popolazione saranno ascoltate tramite in-terviste dirette e la creazione di una piattaforma on-line.Un nuova Sicilia: come scrit-to sul sito di Farm Cultural Park, “una piccola comunità impegnata ad inventare nuovi modi di pensare, abitare e vi-vere”. Quasi una rivoluzione sociale: due cittadini hanno “preso in mano” ciò che era stato abbandonato dallo Sta-to, rendendolo non solo fonte di guadagno ma anche luogo di cultura attiva; ci hanno ri-portato alla consapevolezza che quello che è intorno a noi è nostro realmente, è plasma-bile dalla nostra volontà di cambiamento, è pronto per il nostro desiderio di vivere nel miglior modo possibile.

FARM CULTURAL PARKALICE CALANDRA IV H

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LO SAI CHE?

“Avevano il corpo pieno di piaghe e un ca-tetere infilato nell’addome; alcuni, impaz-ziti per il dolore, sbattevano ripetutamente la testa contro le sbarre fino a procurarsi orribili ferite; altri si erano spaccati i den-ti mordendo le gabbie. Dalle sbarre vidi spuntare una zampa gigantesca e, incon-sapevole dei rischi che potevo correre, volli toccarla. Allungai la mano e l’orso me la strinse dolcemente. Allora gli promisi che sarei tornata e che l’avrei salvato”Jill Robinson, Fondatrice di Animals Asia Foundation

Queste sono le prime impressio-ni di chi entra in una delle così dette fattorie della bile, dove

vengono imprigionati e torturati a vita gli orsi neri cinesi, o Orsi della Luna, chiamati così per la caratteristica voglia a forma di luna crescente sul petto. In passato venivano cacciati e uccisi, ma il Governo cinese, negli anni ’80, decise di promuovere la diffusione di queste vere e proprie sale delle torture, per evitarne l’estinzione. In Cina, Corea e Vietnam sono migliaia gli orsi reclusi: attualmente in tutta l’Asia più di 10.000.Ma a cosa serve la bile? Il componente

principale della bile è l’acido ursodeo-xicolico (UCDA), che nella Medicina Tradizionale Cinese è molto utilizzato da più di tre mila anni per trattare di-sturbi quali febbre, patologie del fegato, infiammazioni degli occhi, spasmi, con-vulsioni, come ingrediente in unguenti, shampoo, dentifrici, bibite, tè e vino. Ma l’UDCA è sintetizzabile in laboratorio e può essere sostituito da almeno 54 alter-native erboristiche, e sia i preparai sinte-tici che quelli erboristici sono facilmente reperibili e hanno costi di produzione in-feriori. Ma il commercio è fin troppo flo-rido, anche grazie alle credenze popolari dei consumatori locali. L’estrazione della bile avviene due volte al giorno, ed è una pratica disumana e quasi inconcepibile: gli orsi sono rinchiusi in gabbie poco più grandi di loro, che non consentono alcun movimento, senza libero accesso ad ac-qua e cibo, tutto ciò per fare aumentare la produzione di bile con lo stress. Ven-gono poi applicati dei cateteri di metallo che arrivano fino alla cistifellea, assicurati al corpo da una pettorina metallica chia-mata metal jacket che comprime mag-giormente l’addome.Nel 1993 Jill Robinson dà inizio a una

serie di trattative con le autorità cinesi fino al luglio del 2000, concludendo lo storico accordo con China Wildlife Con-servation Association e il Dipartimento Forestale del Sichuan, liberando i primi 500 orsi: il documento è il primo ed uni-co in materia di animal welfar concluso tra le autorità cinesi e un’organizzazione internazionale.All’arrivo degli attivisti dell’associazione gli animali vengono trovati in condizio-ni disastrose: con denti e artigli tagliati per non ferirsi, agonizzanti e in stato di shock. Le condizioni di salute sono estreme, a causa delle infezioni contratte per le pietose condizioni igieniche. Tut-ti vengono sottoposti subito a controlli veterinari, per asportare la cistifellea, ma non tutti sopravvivono. Inizia così il pe-riodo di recupero e riabilitazione: mesi di fisioterapia per tornare a muoversi e riabituarsi all’ambiente aperto. Nessuno degli esemplari, però, potrà essere reinse-rito nel proprio habitat naturale: restano quindi per il resto della vita nel Moon Bear Rescue Centre, il centro di riabilita-zione di Animals Asia.L’attività di Animals Asia sta riscuoten-do un successo dirompente e senza pre-cedenti, essendo il solo interlocutore del Governo cinese a cui è consentito opera-re all’interno dei confini nazionali.

ANIMALS ASIA E GLI ORSI DELLA LUNA ASIA CLEMENZA II I

LO SAI CHE?

La tribù Masai è tra le prime comunità fondate in Africa nel XVIII secolo, in particolare in Kenya e in Tanzania, e costitu-isce il 2% della popolazione. Grazie alla loro fama di guerrieri sono riusciti a sfuggire alla deportazione come schiavi. I vari componenti dei due paesi si incontrano spesso al confine, detto tok tok, per barattare bestiame e prodotti agricoli. Gli incontri avvengono anche in occasione delle cerimonie di iniziazione alle quali accorrono le famiglie dello stesso clan percorrendo grandissime distanze e portando con sé dei doni. Le danze sono incentrate soprattutto su salti: un uomo viene considerato tan-to abile in base a quanto in alto riesce a saltare. I Masai sono tradizionalmente pastori nomadi, o quasi, e la loro cultura gra-vita attorno alla cura del bestiame: ritengono che all’alba dei tempi, il dio della pioggia abbia affidato loro tutto il gregge af-finché lo preservassero. Gli animali allevati per essere mangiati sono infatti esclusivamente le mucche e le capre, invece con le specie abitanti le savane si è instaurato un rapporto di convi-venza e di rispetto reciproco. Durante i loro transiti, è tipico di questa tribù percorrere i luoghi in cui si trova una maggiore concentrazione di erbivori per evitare che si avvicinino a questi ultimi i predatori. I leoni, ad esempio, sin dall’antichità sono intimoriti da questa popolazione per due motivi: il primo ri-guarda il colore dei loro abiti, il rosso, che ha una frequenza cromatica che infastidisce la loro vista; il secondo è dovuto al cattivo odore che emanano a causa del grasso di mucca che si spalmano di sopra proprio per tener lontani i carnivori. Hanno una struttura sociale patriarcale, sostenuta da tre componenti fondamentali: il consiglio degli anziani, ma ancor di più il capo di questi, il dottore e l’ostetrica. Gli anziani hanno potere deci-sivo quasi assoluto per quanto riguarda gli affari comunitari; il consiglio è anche chiamato a dare giudizi legali qualora due o più contendenti non siano d’accordo su come applicare le leggi orali. Le punizioni per mancanza di rispetto o per assassinio possono oscillare tra delle semplici scuse, pagamenti di multe in bestiame, allontanamento dal villaggio. Il dottore si occupa della raccolta e della prescrizione di piante mediche in base al malessere contratto. La pianta che ha maggiore utilità è quella di Chinino che serve a curare la malaria: se ne prendono delle foglie, le si mettono nell’acqua bollente e dopo qualche minuto si beve. L’assunzione di questa miscela , una volta al giorno per una settimana circa, causa nel paziente il vomito che libera dalla malattia. La loro religione è di tipo monoteista, il dio in cui credono è Enkai, che si rivela attraverso colori diversi a se-conda dell’umore. Dio è nero quando è bonario, rosso quando è irritato. La vera natura di dio è difficile da capire, ma si sa che

è soprattutto parnumin, il Dio di tanti colori, e cioè una realtà complessa. La persona incaricata dal sacro è l’Oloibon. Questi conosce i rituali ed è in grado di svolgere anche la funzione di medium. Il suo ruolo sociale dipende dall’influenza personale e non dal suo essere dedicato al sacro. Spesso sono le donne ad avere una funzione sacrale. In molte famiglie, la donna è la prima ad alzarsi e benedire il recinto della casa ai quattro lati geografici con acqua posta in una zucchetta e sparsa con un rametto di oseki, un albero sacro. La tradizione vuole che i ma-schi non possano sposarsi e costruire il proprio villaggio finchè fanno parte del gruppo dei moran (guerrieri) e la generazione successiva non passa l’iniziazione. In genere questo avviene tra i 30 e i 35 anni. Le femmine invece sono avviate al matrimonio già a partire dai 13 anni, e ciò provoca un gran divario tra i due coniugi.Entrando in un villaggio si nota un recinto costruito con alberi secchi, possibilmente spinosi, al fine di tener lontani gli animali durante la notte. Un altro recinto è dedicato al bestiame per evitarne la fuga. Le singole case sono fatte con sterco (special-mente di zebra ed elefante poiché più voluminoso) mescolato a fango e posto su di una struttura di rami flessibili. L’altez-za massima è di circa 1,5 metri ed ha una forma ovale con l’entrata bassa verso il punto di minor larghezza. All’interno la casa è divisa in tre sezioni: al centro un focolare dove cucina-re, ad un capo il letto dei coniugi, dall’altro lato il letto per i bambini (entrambi i letti sono composti semplicemente da una struttura di rami coperta da pelle di mucca) , che ha sempre la stessa grandezza indipendentemente dal loro numero. I villaggi dipendono molto più da tecniche ancestrali che ad oggetti mo-derni reperibili nei mercati. Ad esempio per l’accensione del fuoco vengono utilizzati due pezzi di legno che, strofinando tra loro, provocano una scintilla che, con il passare del tempo, riesce a far infiammare lo sterco secco.

I MASAICLARA RIBAUDO IV H

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SEZIONE ARTE14 15

“Non conosco nessuno che ha bisogno di un critico per capire cos’è l’arte.” -BasquiatChi può dire cos’è l’arte? Chi l’ha detto che per fare arte bisogna aver studiato? Servono davvero anni accademici, corsi e ricor-si a tecniche già collaudate per far di se un artista? Le risposte a queste domande non sono lecite, questo non implica che non possiamo cercarle.Jean-Michel BasquiatNato a Brooklyn (NY) nel 1960.Dopo esser stato iniziato all’arte dalla madre di origini afroportoricane, già da piccolissimo inizia ad interes-sarsi al disegno riproducendo figure tratte da cartoni animati. A segui-to di un incidente gli viene asportata la milza e, costretto

in per diverso tempo, inizia a studiare anatomia. Questo dettaglio influen-zerà granparte della sua produzione. A sette anni, dopo un furibondo litigio tra i genitori (divorziati) scappa di casa e inizia un vagabondaggio, durato solo un paio di ore e conclusosi con l’arresto. Quest’esperienza lo inizia alla vita di strada, spingendolo a frequentare una scuola per artisti non conven-zionale dove stringe fraterna amicizia con Al Diaz. Consolidando la loro amicizia con l’uso di stupefacenti, i due iniziano a riempire New York di graffiti firmandosi come SAMO, acronimo di same old shit (sempre la stessa merda). Ripudiando la casa paterna, inizia a vivere da solo vendendo carto-line. Fu con questo espediente che venne notato dall’eclettico Andy Wahrol che comprerà alcune sue opere. Questa conoscenza lo porterà a frequentare i club culturali più esclusivi della grande mela, conoscendo Madonna e il collega Haring. Abbandonate le strade, inizia ad affascinare i critici d’arte esponendo le sue creazioni in gallerie e conquistando pubblico di ogni estrazione sociale. La fama e la gloria scemano nel momento in cui gli attacchi di paranoia (accentuatasi dopo la morte di Warhol) compromettono ogni suo rap-porto sociale, dalle amicizie agli agenti commerciali. Muore nel 1988, a soli 27 anni, dopo un’eccessiva dose di eroina.

BanskyIdentificato nella persona di Robin Gunningham, non si conosce nessun dettaglio della sua vita se non la città di provenienza, Bristol. Negli anni 80 diede vita al raduno europeo dell’arte di strada insieme all’amico e collega Inkie,

unendo graffitari e pittori in un lugo week end dal successo irripetuto. Tutte la sua produzio-ne, e forse la sua esistenza, è giocata sui temi satirici ed umoristici, segnata dai costanti temi anticapitalisti, anti-istituzionali e contro la guerra. Em-blema di tale filosofia artistica è il graffito realizzato sulla bar-riera di separazione israeliana, il muro simbolo della guerra in palestina. Una delle

caratteristiche è quella di riuscire a infiltrare nei più importanti musei di tutto il mondo, dipinti in stile settecentesco con dettagli palesemente anacronistici (esempio celebre quello delle dame con maschere antigas). Spesso, passarono settimane prima che qual-cuno se ne accorgesse. Londra, città che ospita la maggior parte dei suoi murales, è stata disseminata di Rats (il cui anagramma è Arts), rappresentanti appunto topi, animali detestati dall’artista simbolo dello squallore e della persecuzione. Furono disegnate e stampate dall’artista alcune sterline con Lady Diana al posto della Regina Elisabetta. L’intento era quello di lanciarle sulla folla per vedere la reazione ma, consapevole della pericolosità del gesto, si astenne dal compierlo. A Napoli dipinse una parodia dell’estasi di Santa Teresa (Bernini), raffigurando la donna con un panino e delle patatine. Il graffito venne successivamente imbrattato e an-dato perduto. Ciò che rende Bansky l’artista di strada più ammi-rato nel mondo è probabilmente la scelta dell’anonimato: il rifiuto della fama personale lo rendono perfettamente coerente con la scelta artistica.

Keith HaringNasce nel 1958 a Reading. Figlio di un celebre fumettista e disegnatore Disney, manifesta la passione per il lavoro pater-no già dai primi ani di vita. Inizia a delineare la tecnica del disegno stilizzato che diverrà la sua firma un po’ in tutto il mondo. Finito il liceo, inizia a frequentare Ivy School of Professional Art di Pittsburgh e in seguito la scuola di Commer-cia Art. Trovandosi a disagio con questo ambiente accademico, abbandona gli studi iniziando a girare gli Stati Uniti in autostop, conoscendo così diversi artisti. Viene arrestato diverse volte per vandalismo e disprezzato pubblicamente per la sua lecita omosessualità. Torna a Pittsburgh dove completa gli studi e inizia a esporre le sue creazioni nelle gallerie alter-native, insieme a Basquiat e Bar- bara Kruger. La sua passione però resta per strada e le sue ope- re migliori riempono i muri delle stazioni metropolitane, dove la sua fama raggiunge ogni strato sociale. Negli anni ‘80 esplode il successo e i suoi murales vengono spesso tolti dal- la loro collocazioni originali e venduti alle esposizioni. Dopo il terremoto in Irpinia, si dedica insieme ad altri colleghi (tra cui il celebre Andy Wahrol) ad una raccolta di beneficienza. Iniziata la carriera professionale, mette sù una propria galleria e un negozio. Nell’’84 intraprende numerosissimi viaggi in Europa e nell’’86 lascia la sua impronta sul muro di Berlino, dipingendo alcuni bambini che si tengono per mano. «Nella mia vita ho fatto un sacco di cose, ho guadagnato un sacco di soldi e mi sono divertito molto. Ma ho anche vissuto a New York negli anni del culmine della promiscuità sessuale. Se non prenderò l’AIDS io, non lo prenderà nessuno.» : pochi mesi dopo la profetica frase, annuncia al mondo tramite la rivista Rolling Stones di aver preso l’HIV. É questa la causa della morte avvenuta nel 1990, a trentun anni. Poco prima di morire, diede vita alla Keith Haring Foundation, organizzazione in favore dei bambini e della lotta all’AIDS.

SEZIONE ARTEa cura di Federica Restivo V R

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16 17SCIENZA E TECNOLOGIA

DAVIDE ANGELINI III C

FUKUSHIMA: TRE ANNI DOPO

Ore 14.46 dell’11 Marzo 2011: terremoto di magnitudo 9 (scala Richter), conseguente tsunami ed esplosione della centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi. Ogni

anno il Giappone ricorda le 20.000 vittime (esclusi i dispersi) del secondo disastro nucleare più grande della storia dopo quel-lo di Chernobyl. A tre anni da questo tragico evento, gli effetti sull’ambiente e sull’uomo appaiono quanto più allarmanti e in-sanabili.Delle 267mila persone evacuate, ancora 100.000 vivono in pre-fabbricati; il governo sta provvedendo alla costruzione di nuove abitazioni in altre regioni, poiché passeranno ancora decenni prima che si potrà tornare a vivere nelle aree danneggiate dall’e-splosione. Oggi lo spazio entro un raggio di 5 km dalla centrale è categoricamente inaccessibile se non muniti di adeguate pro-tezioni, ma gli abitanti possono avvicinarsi alla “zona proibita” senza trascorrere la notte. I bambini sono i più vulnerabili alle radiazioni, dunque la maggior parte di essi non gioca fuori di casa da tre anni, poiché foglie, strada e tutte le superfici artifi-ciali potrebbero contenere tracce di materiali radioattivi o di-ventare tali; nelle rare volte in cui escono, le mamme li coprono con la plastica se piove e fanno mettere a loro una mascherina, perché anche l’acqua potrebbe essere radioattiva. Si ha paura di ciò che non si vede e non bisogna stupirsi se si sono create numerose credenze popolari: per esempio, qualsiasi fenomeno avvistato per la prima volta in mare o in cielo (da una forma insolita delle nuvole all’acqua del mare di un colore particolare) viene considerato come un effetto del disastro. Due bambini su un milione (di età compresa tra i 10 e i 14 anni) hanno contratto una forma gravissima di tumore alla tiroide. Il biota (il complesso degli organismi che occupano un deter-minato spazio in un ecosistema) giapponese risulta gravemen-te danneggiato dalle esplosioni e dalle conseguenti radiazioni: molti vegetali e animali hanno subito delle mutazioni genetiche; i tonni che passano per il mare vicino Fukushima presentano all’interno del loro organismo dei nuclidi radioattivi (i nuclidi

sono particelle come gli elettroni e i protoni, e quelli radioattivi sono anche chiamati “radionuclidi”), che tramite la catena ali-mentare potrebbero giungere all’uomo; qualsiasi forma di vita marina vicino Fukushima è scomparsa e soltanto adesso, dopo tre anni, sono state avvistate le prime uova di pesci.Ogni giorno a Fukushima sono adoperate tonnellate di acqua per raffreddare i noccioli dei reattori; dopo essere state utiliz-zate, purtroppo diventano a loro volta radioattive: per tentare di risolvere questo problema la TEPCO (“Tokyo Electric Power Company”, l’azienda che gestiva la centrale nucleare e che si oc-cupa della questione) costruisce 40 serbatoi da mille litri ogni mese (quelli attualmente costruiti possono contenere 436mila tonnellate); si evince chiaramente che questi non basteranno, dunque i dirigenti dell’azienda cercano di persuadere l’opinione pubblica (sia del paese che internazionale) ad accettare che le acque contaminate vengano rilasciate in mare dopo aver subito dei trattamenti che ne riducano la radioattività (incapaci, però, di azzerarla del tutto). Frattanto dai serbatoi si verificano del-le grandi perdite (l’ultima risale al 20 Febbraio); per ovviare a

questo problema sono stati presi vari provvedimenti, alcuni dei quali ancora in corso: la deviazione di acque di sorgenti di mon-tagna verso il mare tramite dei canali (in modo che non possano giungere vicino l’impianto); iniezioni di silicato di sodio e vetro liquido - materiali impermeabilizzanti - nelle tubature; coprire le strade con l’asfalto per evitare che l’acqua piovana contamina-ta filtri nel terreno; si progetta di congelare il sottosuolo.La TEPCO è stata aiutata economicamente dal governo giappo-nese, il quale attualmente non è in crisi economica ed è in grado di sostenere le spese: le centrali nucleari, infatti, sono state di-sattivate e progressivamente aumenta la spesa per l’energia elet-trica importata. Recentemente i 3000 tecnici e operai impiegati ogni giorno nell’impianto hanno protestato per le condizioni in cui lavorano. La strada per il risanamento di Fukushima è ancora lunga e tortuosa.

SCIENZA E TECNOLOGIA

È la causa della maggior parte dei mali della nostra società, eppure nessuno sa cosa sia.

Dunning e Kruger non sono dei giocatori tedeschi distintisi nella Bundesliga, bensì due psicologi che negli anni ‘90 hanno analizzato una distorsione cognitiva presente in moltissime persone con cui abbia-mo contatti ogni giorno. Vi è mai capitato di incontrare qualcuno che sostiene di essere esperto su certi argomenti, ma che in verità non co-nosce totalmente? Una persona che denigra gli altri non ammettendo mai i propri errori? E quante volte abbiamo litigato con questo tipo di persone? Qualcuno è morto a causa loro, come Socrate: egli riconosce-va di non sapere, gli ateniesi invece credevano di conoscere e lo con-dannarono a morte pur di evitare che le loro contraddizioni fossero messe in evidenza. Dagli studi di Dunning e Kruger è emerso che chi non è esperto su una data materia tende a non ri-conoscere i propri errori e a sotto-

valutare tutti gli altri, anche coloro che sono effettivamente validi. Chi invece ha consapevolezza delle pro-prie effettive capacità tende a essere pessimista, sottovalutando se stesso e temendo sempre di non riuscire a raggiungere i propri obiettivi. I due scienziati, che insegnano nella Cornell University di New York, sottoposero gli studenti del primo anno di università a test di logica, grammatica e anche di umorismo. Paradossalmente i meno esperti ritennero di aver risposto in modo corretto al 62% delle domande, ma il loro reale punteggio era del 12%. Chi, invece, aveva raggiunto un buon punteggio, pensava di aver fallito il test e di avere una prepa-razione non sufficiente. Nel tem-po, però, gli studenti impreparati riconobbero le proprie difficoltà e mostrarono una grande volontà nel migliorare. È difficile spiegare questi risultati sperimentali. Si pensa che si trat-ti di una questione di ricezione di feedback, ovvero l’imparare dai propri errori: chi non li riconosce, non migliora e resta sempre sulla propria considerazione di sè. È più preoccupante la posizione di chi merita: spesso si è ostacolati, nel la-voro come nella vita, da chi non è assolutamente esperto. Gli incom-petenti soffrono di un’illusoria “su-periorità” che danneggia gli altri. Grazie all’effetto Dunning-Kruger si può spiegare il perché molte don-ne abbandonino la carriera scienti-fica.Sappiamo che questo fenomeno era conosciuto anche in passato: Bernard Russel, per esempio, scri-

ve: <<Una delle cose dolorose del nostro tempo, è che coloro che pro-vano certezze sono stupidi, e coloro che sono dotati di immaginazione e capacità di comprensione sono pieni di dubbi e indecisioni>>; Sha-kespeare, nel “Come vi piace” (“As You Like It”), dice: <<Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio>>; per-sino nella Bibbia, nel Libro dei Pro-verbi 12:15, si trova: <<La via dello stolto è diritta ai suoi occhi, ma chi ascolta i consigli è saggio>>. Dunning e Kruger vinsero il pre-mio Ig-Nobel (o Ignobel) per l’ar-ticolo in cui esposero il fenomeno analizzato, “Unskilled and Unawa-re of It: How Difficulties in Reco-gnizing One’s Own Incompetence Lead to Inflated Self-Assessments” (“Senza competenze e inconsape-voli: la difficoltà di riconoscere la propria incompetenza porta a gon-fiare la valutazione di sé stessi)”. Che i giudici abbiano riconosciuto la loro bravura nel studiare gli scar-si?

DAVIDE ANGELINI III C

L’EFFETTO DI DUNNING-KRUGER, OVVERO NON SO DI NON SAPERE

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CARLO MODICA V E &GIORGIO ALESSANDRO V A

CARLO MODICA V E &GIORGIO ALESSANDRO V A

Rain Dogs, pubblicato nel 1985 dall’Island Records, rappresenta l’apice della folle genialità crea-tiva di Tom Waits. La trasformazione dell’artista, già evidente nel precedente “Swordfishdtrom-bones”, qui è ampiamente confermata. L’album che vi proponiamo è infatti così tanto vario da

spaziare dal Blues al Tango, adottando addirittura soluzioni musicali che ricordano la musica circense. Dalle originarie atmosfere fumose di un sofisticato jazz-blues tipico da night-club si passa a uno spe-rimentalismo con influenze provenienti dal folk, dal rock, dal country e dalla musica popolare che oseremmo definire postmoderno. Anche la voce dell’autore è ormai giunta alla sua piena maturazione: un timbro inconfondibile, inasprito dal fumo di miliardi di sigarette che sembra quasi che sia stato “ immerso in un tino di whi-sky, lasciato per mesi nell’af-fumicatoio e poi portato fuori e investito con la macchina” come l’ha definito con stra-ordinaria espressività il critico musicale Daniel Durchholz. é un album particolarissimo che affondando appieno nella cultura statunitense racconta di tutti quelli che sono stati esclusi dal “sogno america-no”, di reietti, senzatetto, car-cerati, alcolizzati, ovvero par-la appunto dei “Rain Dogs”, title-track e probabilmente canzone più rappresentativa del disco. “Diamonds and Gold”, “ Singapore”, “Ceme-tery Polka” ,per citarne solo alcuni, sono brani che pro-babilmente nessuno di noi riuscirebbe a classificare in un genere musicale ben definito, che ti lasciano sconvolto per la loro intensità e la durezza capace di trasportarti in un mondo fatto di depravazione, disperazione, follia, un mondo, per così dire, tutto “alla rovescia”. Non mancano comunque le classiche ballate dalla struttura pop rock come “Hang Down your Head” o “Blind Love” sicuramente più accessibili e com-merciali, meno ricercate e teatrali, ma con grande potenza comunicativa. Il tutto si chiude in bellezza con “ Anywhere I Lay My Head”, una canzone di una struggenza commovente che ti colpisce dritto nello stomaco, di quelle che sentendole ti senti percorrere da un brivido lungo la schiena. è il canto a squarciagola di un vecchio uomo ubriaco che ha assaporato il mondo intero e che ormai stremato da eterni vagabondaggi, ripensando alla sua appasionata vita, si lascia cadere in un sonno profondo sapendo di potersi sentire a casa ovunque poggi la testa. Ruvido, aggressivo, intenso, quasi surreale. Rain Dogs è un album che ti prende e ti strizza, che si odia o si ama, che ti conquista poco a poco trascinandoti con sè tra i cani della pioggia.

RAIN DOGS DOWN BY LOW/DAUNBAILÒ

Daunbailò è il terzo film d i Jim Jarmusch, che ne è sia regista che sceneggiatore. Vero cen-tro dell’opera non è la trama, messa in secondo piano, ma la prorompente personalità dei quattro attori principali: Roberto Benigni, John Lurie, Tom Waits e New Orleans, con il

Boayu che la circonda, la palude degli alligatori, delle zanzare e degli alti cipressi.Tre dei quattro sono presentati nella scena d’apertura, in cui la macchina da presa, partendo da un carro funebre con un cimitero sullo sfondo, scorre veloce sulle abitazioni diroccate della periferia della città del blues, mentre “Jockey full of barbon”, di quel Rain Dogs di cui qui accanto si parla, risuona, interrotta solamente da spezzoni in cui vengono presentati prima Jack (John Lurie) e poi

Zack (Tom Waits) in camera da letto, con la propria amante coricata, che apre appena gli occhi.Bob (Benigni) fa la sua entrata in scena 20 minuti dopo, con un coloratissimo “It’s a sad and beautiful world” (è un bellissimo e triste mondo), letto da un taccuino di appunti di inglese e detto a un Tom Waits ubriaco fradicio che canta seduto su una sedia di legno.Il film si basa sull’equilibrio precario che si instau-ra fra i personaggi: da un lato Zack, dall’altro Jack e Bob nel mezzo, costantemente spaesato. Jack è un pappone gentile, finito in cella perché qualcu-no (non si sa chi o perché) lo ha incastrato. Zack è un dj fallito, finisce dentro perché viene usato come cavia da un malvivente per eseguire un un semplice compito, portare una Jaguar da un lato all’altro della città; ovviamente sotto l’aspetto in-nocuo dell’incarico affidato al malcapitato Zack ci sta un imbroglio, qualcosa andrà storto e lui finirà in galera. Bob è un turista italiano, goffo, bislacco, dagli atteggiamenti bambineschi. La sua personalità divertente si pone in contrasto agli altri due, sempre scontrosi, sempre tristi, sfiorando quasi la presa in giro: è l’ironia la chiave di lettura giusta da utilizzare di fronte le disgrazie. Unico veramente colpevole, è

un baro, e in una giocata andata non come previsto ha ucciso un uomo, per sbaglio.Nel film si ripete sempre lo stesso schema fisso: Zack e Jack litigano e Bob è quello che se la passa meglio, quello che trova la soluzione migliore, per sé e per tutti. La sua stupidità, la sua innocenza è l’anello di congiunzione di due personalità che altrimenti finirebbero per distruggersi a vicenda. È un film in continuo movimento, un continuo scappare, evadere, muoversi verso mete sconosciu-te, tutto per far evolvere, in qualsiasi modo, lo stato in cui si trovano i personaggi. Cambiare, in meglio o in peggio purché cambiare: chi si ferma, muore. Anche lo sfondo cambia, dividendo il film in tre parti principali: quella della città, quella della prigione, quella della foresta. È l’avventura di tre sconosciuti, divenuti compagni di viaggio per costrizione; è la storia di una micro-società tanto piccola quanto varia, che rimane salda, fino alla fine, nonostante le continue forze, interne ed esterne, che tentano di distruggerla.

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PENSIERI E PAROLE20

Buongiorno principessa, dolce e sinceraTi ho visto indossare il vestito da seraI migliori gioielliI sorrisi più belliPronta ad uscire insieme col principe azzurro vestito beneBellissima nei tuoi occhi di cristalloMa anche il tuo cuore era di cristalloE quando l’ha buttato giù neanche l’ha sentitoQuel battito di cuore feritoO invece l’ha sentitoPrincipessa non l’hai colpitoPerché finge che non sia successo nienteMentre tu cammini fra i visi della genteCosì tanto distaccata,Sembri triste, rassegnataVedo le lacrime che rigano il tuo viso mentre corri verso un altro ParadisoPrincipessa fa un sorriso.E ora dove andrai ad abitare? non c’é un castello, non c’é dove andarePrincipessa non crollareTi prego siediti con me ad aspettareIl cavallo bianco é un treno che corre sulle rotaieLava via col trucco quelle brutte occhiaiePrincipessa é il tuo destriero, sta arrivandoForse il vero principe é la sopra che lo sta cavalcandoO forse c’é solo un uomo grasso col giornalePrincipessa non ti addormentarePerderai la fermata per il mondo delle favoleIl mondo dolce di panna e fragoleNon so se é passata, forse ce la puoi fareSolo, non ti addormentareMa forse l’hai già persaPrincipessa non scappareNon mi puoi lasciareNon sarà il mondo delle favoleMa da qualche parte devi pur stare Principessa,Hai già dormito per mille anniVorrei sapermi mettere nei tuoi panniQuando a svegliarti é statoNon un bacio ma il calcio del padrone arrabbiatoPrincipessa non sei ricca, non hai neanche la coronaNeanche un gran nome sul registro di scuolaPrincipessa ma perché continuo a parlarti?Il tuo sguardo é dolce ma non può salvartiPrincipessa addio, basta parlareIl tuo cuore é puro, ma io devo andareAppuntamenti al lavoro, cose da fareNon ho proprio tempo da buttare

ELVIRA LIMA II I

GIORGIA MATTINA IV D

Ma non so cosa fare basta non mi guardareTieni cinquanta centesimiQuesto mese sono gli ennesimiChe un passante ti getta ai piedi,E va avanti, quasi ti disprezza,Sei questo principessa, ancora te lo chiediTienili tutti per te mia dolcezzaMia principessa!No non svenireTi prego, ancora una volta torna a dormire.

La bellezza è pazziala pazzia é bellezzae tu con troppa fretta pretendi d’osservar splendide figuree penetri dentro paesaggi senza orizzontio credi d’innalzare il lume tuocon sterili pensieri d’una mente contraffatta?Credi uomo, in cosa credi?Nel tuo ruolo d’indomabile vincitorecredi che la tua volontà possa esaudire i tuoi lugubri desideri.(Ti dirò uomo a cosa credi tu adori l’idolo dell’utile e l’arido dio del benessere)e non riesci ad ascoltarenon comprendi la roccia che respira anch’essanon afferri il terrore dell’insettocosì puronon vedi al di là del tuo stesso ombellicoperché sei avido uomosei avido e crudelee impavido e terribile;terribilmente geloso dei tuoi segretie così stolto da non riconoscere le tue paure.A nulla ti servirà conoscere perché sei in balia dell’amor di te stessoti ami alla folliae follemente ignori quel che hai intorno.

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Inviateci le vostre foto artistiche, divertenti o curiose all’indirizzo email [email protected]

FOTO DI COSTANZA LA PAROLA

IV A

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GIOCHI2322

GIOCHI

Ecco infine proposti quattro schemi di Sudoku e un cruciverba.Buon divertimento!

ORIZZONTALI1.Con ping diventa uno sport5.Strumento musicale a tastiera9.Quanto basta12.Comuni a tutti e ad alcuni13.Competizioni sportive14.Iniziali della Zanicchi16.Simbolo chimico del bario18.Sovrasta Atene22.Ugo che fu giornalista RAI23.Tasto del tabulatore (abbr.)24.Inaugurano l’azienda25.Yoko che sposò Lennon27.Precede ... Alamein28.Combinazione a poker29.Appena all’inizio30.Spia luminosa32.Eroe senza pari33.Lemper cantante e attrice34.Moglie di lord35.Il regista Renoir

VERTICALI1.Newman del cinema2.S’indossa con il chimono3.Due lettere per ... disattenti4.Breve scenetta comica5.West che fu star del musical6.Sono senza capo nè coda7.I riposi dei pigri8.Città palestinese10.Ostacolare volutamente11.Attrezzo per acrobati15.Fu sovrano d’Israele17.Lubrifica il motore18.Pianta conosciuta dall’antichità19.Alla fine del dessert20.Prime in ordine21.Naturale, istintiva23.Guglielmo infallibile balestriere26.Gara aperta a tutti31.Iniziali della Day33.Unione Europea

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REDAZIONE:

Caporedattore:Alice Calandra IV H

Impaginazione e Grafica:Gloria Varrica V R

Docente Referente:Prof.ssa Elena Santomarco

Hanno collaborato:Silvana Benanti V BFederica Restivo V R

Carlo Modica V EGiorgio Alessandro V AManfredi Alberto Monti III CDavide Angelini III CElvira Lima II IAsia Clemenza II IAlberto Romano III EClara Ribaudo IV HGiorgia Mattina IV DAlberto Tudisca IV FCostanza La Parola IV AAngelo Seidita V H

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FOTO DI: GLORIA VARRICA V R & ANGELO SEIDITA V H