Obbiettivamente maggio 2012

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IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZARO PALERMO NUMERO 4 02/05/2012 La vita ha quattro sensi: amare, soffrire, lottare e vincere. Chi ama soffre, chi soffre lotta, chi lotta vince. Ama molto, soffri poco, lotta tanto, vinci sempre.Oriana Fallaci LA PEDAGOGIA DELLA SPERANZA CONCETTA NIGRELLI “Siamo quello che lo specchio riflette, siamo solo apparen- za. Non voglio credere che per scoprire che siamo altro, che quello (che vediamo riflesso ) è soltanto un involucro, una cassaforte che contiene la cosa più preziosa, non voglio e non posso credere che debbo arrivare alla fine della vita per vederci finalmente…” con queste parole Marcello Alessandra, in Lasciami an- dare”, fa dire al protagonista di non voler conquistare la consapevolezza di sé dopo aver abbandonato questa vita 1 . Il tema della consapevolezza di sé è centrale nelle dina- miche connesse all’universo adolescenziale. Il periodo che inizia con la pubertà e termina con l’ac- quisizione dello status sociale di adulto viene conven- zionalmente definito “Adolescenza”. Quanto succede in questi anni è causa di grandi dibattiti. Per alcuni gli adolescenti rappresentano un test proiettivo per gli adul- ti: “Guardiamo alla giovinezza non solo come a ciò che è in realtà, ma come se fosse lo specchio dei nostri desideri, delle nostre speranze, delle nostre soddisfazioni, delle nostre frustrazioni, delle nostre paure e delle nostre disillusioni2 . Pur non potendo parlare degli adolescenti come di un’entità unica, è un dato di fatto l’esistenza di elemen- ti distintivi validi per tutti... pagina 2 SILENZIO RICCARDO CALDARERA V C Odio dover fare la voce “out”, ma nel coro non voglio metterci piede. Ciò che è successo, di cui si sta parlando in queste pagine, è terribile, anche nella sua controversia, in quanto nessuno ha ancora le idee ben chiare in merito all’accaduto. Tentare di togliersi la vita nasconde nella sua definizione di “suicidio” una dietrologia troppo ampia e complessa da poter essere trattata in una paginetta di un giornale scolastico. E ancora di più, per quanto riguar- da l’ipotesi meno avvalorata ma comunque possibile, ri- schiare di togliere la vita a qualcuno anche se per una goliardia mal calibrata, è riprovevole. Ma purtroppo (o per fortuna) noi non siamo né giudici né psicologi, e ciò che ho sentito in questi giorni mi ha indignato parecchio. In seguito all’annunciata tragica notizia, le voci, come invisibili ed efficaci catene di Sant’ Antonio, hanno co- minciato a vagare con assoluta indiscrezione e con inat- tendibile veridicità. Ho notato manie di protagonismo mascherate da un sottilissimo, ma per i molti spessissimo, velo di pietà e solidarietà. Ho notato moralismi, di quelli più biechi e infondati, che hanno portato le instancabili dita di certe persone a dare sfoggio delle loro capacità d’accusa all’interno del “Social Network” per antonoma- sia. pagina 4

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Il numero di maggio 2012 del giornalino del L.S. "Cannizzaro" di Palermo

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IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZAROPALERMO NUMERO 402/05/2012

“La vita ha quattro sensi: amare, soffrire, lottare e vincere.Chi ama soffre, chi soffre lotta, chi lotta vince.

Ama molto, soffri poco, lotta tanto, vinci sempre.”Oriana Fallaci

LA PEDAGOGIA DELLA SPERANZACONCETTA NIGRELLI

“Siamo quello che lo specchio riflette, siamo solo apparen-za. Non voglio credere che per scoprire che siamo altro, che quello (che vediamo riflesso ) è soltanto un involucro, una cassaforte che contiene la cosa più preziosa, non voglio e non posso credere che debbo arrivare alla fine della vita per vederci finalmente…” con queste parole Marcello Alessandra, in Lasciami an-dare”, fa dire al protagonista di non voler conquistare la consapevolezza di sé dopo aver abbandonato questa vita 1. Il tema della consapevolezza di sé è centrale nelle dina-miche connesse all’universo adolescenziale.Il periodo che inizia con la pubertà e termina con l’ac-quisizione dello status sociale di adulto viene conven-zionalmente definito “Adolescenza”. Quanto succede in questi anni è causa di grandi dibattiti. Per alcuni gli adolescenti rappresentano un test proiettivo per gli adul-ti: “Guardiamo alla giovinezza non solo come a ciò che è in realtà, ma come se fosse lo specchio dei nostri desideri, delle nostre speranze, delle nostre soddisfazioni, delle nostre frustrazioni, delle nostre paure e delle nostre disillusioni” 2. Pur non potendo parlare degli adolescenti come di un’entità unica, è un dato di fatto l’esistenza di elemen-ti distintivi validi per tutti... pagina 2

SILENZIO

RICCARDO CALDARERA V C

Odio dover fare la voce “out”, ma nel coro non voglio metterci piede. Ciò che è successo, di cui si sta parlando in queste pagine, è terribile, anche nella sua controversia, in quanto nessuno ha ancora le idee ben chiare in merito all’accaduto. Tentare di togliersi la vita nasconde nella sua definizione di “suicidio” una dietrologia troppo ampia e complessa da poter essere trattata in una paginetta di un giornale scolastico. E ancora di più, per quanto riguar-da l’ipotesi meno avvalorata ma comunque possibile, ri-schiare di togliere la vita a qualcuno anche se per una goliardia mal calibrata, è riprovevole. Ma purtroppo (o per fortuna) noi non siamo né giudici né psicologi, e ciò che ho sentito in questi giorni mi ha indignato parecchio. In seguito all’annunciata tragica notizia, le voci, come invisibili ed efficaci catene di Sant’ Antonio, hanno co-minciato a vagare con assoluta indiscrezione e con inat-tendibile veridicità. Ho notato manie di protagonismo mascherate da un sottilissimo, ma per i molti spessissimo, velo di pietà e solidarietà. Ho notato moralismi, di quelli più biechi e infondati, che hanno portato le instancabili dita di certe persone a dare sfoggio delle loro capacità d’accusa all’interno del “Social Network” per antonoma-sia. pagina 4

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“Siamo quello che lo specchio riflette, siamo solo apparen-za. Non voglio credere che per scoprire che siamo altro, che quello (che vediamo riflesso ) è soltanto un involucro, una cassaforte che contiene la cosa più preziosa, non voglio e non posso credere che debbo arrivare alla fine della vita per veder-ci finalmente…” con queste parole Marcello Alessandra, in Lasciami andare”, fa dire al protagonista di non voler conquistare la consapevolezza di sé dopo aver abbandona-to questa vita 1. Il tema della consapevolezza di sé è centrale nelle dinami-che connesse all’universo adolescenziale.Il periodo che inizia con la pubertà e termina con l’acqui-sizione dello status sociale di adulto viene convenzional-mente definito “Adolescenza”. Quanto succede in questi anni è causa di grandi dibattiti. Per alcuni gli adolescenti rappresentano un test proiettivo per gli adulti: “Guar-diamo alla giovinezza non solo come a ciò che è in realtà, ma come se fosse lo specchio dei nostri desideri, delle nostre speranze, delle nostre soddisfazioni, delle nostre frustrazioni, delle nostre paure e delle nostre disillusioni” 2. Pur non potendo parlare degli adolescenti come di un’en-tità unica, è un dato di fatto l’esistenza di elementi di-stintivi validi per tutti: subiscono i cambiamenti fisici e fisiologici della pubertà; avvertono l’esigenza di definire la propria identità, di trovare una risposta all’eterna do-manda “chi sono? che senso ha la mia vita?”; si scontrano con la necessità di “guadagnarsi” la vita e di entrare a far parte della società.Di contro, il mondo degli adulti – in particolar modo quello genitoriale – vive con disagio la relazione con l’a-dolescenza.Da genitori non sappiamo come comportarci di fronte al rifiuto che spesso i nostri figli esprimono nei nostri stessi confronti . Di fronte ad un figlio adolescente che rivendica un modo di pensare e di agire, è ugualmente negativo sia insistere con intransigenza, nella pretesa di instaurare un dialogo, sia accettare tacitamente la situazione oppure, ancor peg-gio fingere di ignorarla.Sebbene possa sembrare assurdo, per i nostri figli adole-scenti è importante contraddirci o, meglio ancora, conte-

starci. Lasciando ai nostri figli ogni tanto la possibilità di agire la loro volontà, permettiamo loro di affrontare con autonomia la vita, anche se ciò li può portare all’errore.Li sollecitiamo a fare esperienze utili alla loro crescita. At-traverso la discussione e il rifiuto delle opinioni genito-riali, i ragazzi si differenziano da noi ed affermano la loro identità in divenire. Non dobbiamo averne paura, poiché spesso sperimentiamo che fuori dal contesto familiare , ri-portano come proprie le nostre argomentazioni , le stesse che più volte duramente ci hanno criticato. Durante l’infanzia i genitori sono eroi; crescendo si scopre che così non è. Si genera un fatale processo di demitizzazione con aspre contestazioni. Al contrario, fuori dall’ambiente familiare il ragazzo incontra persone che sente in sintonia con il proprio modo di essere e ne resta sedotto .Da qui, la tendenza a lasciarsi influenzare da persone esterne alla famiglia.; tendenza influenzata dall’ansia di individualità e di libertà. La relazione esterna è vissuta come un fatto del tutto libero, mentre le relazioni fami-liari risentono spesso di regole vissute come imposizioni. A mano a mano che l’adolescente matura, abbandona progressivamente il proprio egocentrismo per lasciar spa-zio ad altro. Tale passaggio può comportare un sentimen-to di disperazione esistenziale. Scopre che è difficile, se non impossibile, conciliare la propria visione del mondo con le opinioni differenti degli altri. Poiché non è ancora pronto per riconoscere che la sog-gettività è qualcosa di universale, sovente l’adolescente si recinge in una forma di solitudine epistemologica o ricer-ca amici, adulti o gruppi con i quali tentare di assumere un’identità concreta. E’ sufficiente incontrare qualcuno che abbia delle risposte plausibili, anche solo in apparen-za, per sentirsi improvvisamente in grado di risolvere sia il problema del rapporto con se stesso sia quello legato al suo ruolo sociale. Inoltre, se è presente anche la componente idealistica, si spiega il successo di certe sette religiose o parareligiose e di certi gruppi politici radicali.Nel cercare degli approcci utili alla complessità del feno-

meno, condivido il persiero di Viktor Emil Frankl, neuropsichiatria viennese (internato in quattro lager nazisti), fon-datore dell’indirizzo psicologico della cosiddetta “Logoterapia”, il cui “cuore” consiste proprio nell’aiutare ogni uomo ad essere una persona che non si colloca nel mondo solo come “cosa semplicemente presente”, ma come “essere del mondo”, il cui dinamismo primario è fondamentalmente orientato verso “qualcosa” o “qualcuno” al di fuori di sé: una persona da amare, una causa da servire, un impegno da assolvere.La pedagogia suggerita mira a qualificare il valore spirituale e dinamico del soggetto nelle possibilità d’incontro tra la propria determinazione finita e l’infinita apertura all’esistenza .Per Frankl, l’uomo è un “essere in speranza” perché in ogni situazione della vita,anche quando questa volge al termine, può trovare un significato che dia senso alla sua esistenza. 3

Concetta Nigrelli,Una madre

1 M. Alessandra, Lasciami andare, Ed. Flaccovio, Palermo 20082 G.Lindzey, Psicologia , Barcellona Ed. Omega , 19823 C. Economi, La pedagogia della speranza – La prospettiva di Viktor Emil Frankl- Collana Mondialità -ED Mis-sionaria Italiana,Bologna 2002

CONCETTA NIGRELLI

LA PEDAGOGIA DELLA SPERANZA

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Chi tra noi non co-nosce l’Iliade? la dolorosa furia di

Achille privato della sua schiava, umiliato dopo la contesa con Agamennone? Nel I Canto Omero racconta che infine l’eroe proruppe in un pianto im-provviso, “E da’ suoi scom-pagnato in su la riva del grigio mar s’assise, e il mar guardando le man stese, e dolente alla diletta madre pregando, Oh madre!” dis-se. […] Teti emerge allora dalle profondità del mare, “accanto al figlio, che la-crime spargea, dolce s’as-

sise” e accarezzandolo con la mano disse “Figlio, a che piangi? Quale affanno t’opprime? Dì, non celarlo in cor, DIVIDILO CON ME”. “Madre, tu il sai, ri-spose alto gemendo il piè veloce. Ridir che giova?”Ma, a questo punto. l’eroe dispiega tutta la storia del-la sua ira e del suo dolore, sebbene sappia che Teti è a conoscenza di ogni cosa. La madre, infatti ha già risposto alla sua domanda (“A che serve raccontarlo?”) con la frase: “Dividilo con me”.

DIVIDILO CON ME ART. DI REDAZ.

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Odio dover fare la voce “out”, ma nel coro non voglio metterci piede. Ciò che è successo, di cui si sta parlando in queste pagine, è terribile, anche nella sua controversia, in quanto nessuno ha ancora le idee ben chiare in merito all’accaduto. Tentare di togliersi la vita nasconde nella sua definizione di “suicidio” una dietrologia

troppo ampia e complessa da poter essere trattata in una paginetta di un giornale scolastico. E ancora di più, per quan-to riguarda l’ipotesi meno avvalorata ma comunque possibile, rischiare di togliere la vita a qualcuno anche se per una goliardia mal calibrata, è riprovevole. Ma purtroppo (o per fortuna) noi non siamo né giudici né psicologi, e ciò che ho sentito in questi giorni mi ha indignato parecchio. In seguito all’annunciata tragica notizia, le voci, come invisibili ed efficaci catene di Sant’ Antonio, hanno cominciato a vagare con assoluta indiscrezione e con inattendibile veridicità. Ho notato manie di protagonismo mascherate da un sottilissimo, ma per i molti spessissimo, velo di pietà e solidarietà. Ho notato moralismi, di quelli più biechi e in-fondati, che hanno portato le instancabili dita di certe persone a dare sfoggio delle loro capacità d’accusa all’interno del “Social Network” per antonomasia. Ho notato persone svolgere il ruolo di centri propulsori di fandonie o verità iperboliche, soltanto per mettersi al centro dell’attenzione per qualche minuto. E ho notato, non solo all’interno del mondo virtuale, ma anche nel mondo reale (che ormai si confonde tanto con quello informatico), un misto di ipo-crisia e falsità accompagnare giovani bocche nelle proposte più estreme di una solidarietà malgovernata e spesso poco sentita. Ne uscirò come sempre “insensibile”, ma voglio dar sfogo a quello che penso e condividerlo con voi: Come si può pensare di indire un corteo, la cui partecipazione è richiesta all’intero gruppo scolastico, affliggendo l’animo già messo a dura prova di due genitori totalmente devastati da un gesto inspiegabile? Un corteo?! Un silenzioso mazzo di fiori no? Un silenzioso SILENZIO? C’è bisogno di farsi vedere, ecco tutto. Chi conosce davvero questo ragazzo? Silenzio. E la più rispettosa forma di solidarietà nei confronti del trambusto emotivo che sta avvolgendo un’intera famiglia. Non diamoci all’ipocrisia, al moralismo gratuito, si può stare vicini ad una persona anche senza concedersi ad esibi-zionismi esagerati. Ora, la mia non è un’accusa nei confronti di chi, in buona fede, vuole mettere del suo dimostrando solidarietà. Anzi, la reputo una causa nobilissima. Ma non credo ci sia spazio per la vera e sentita solidarietà nei cuori di chi specula su questo genere di avvenimenti. E’ un momento delicato, non abbandoniamoci a futili meccanismi di “aggregazione solidale” prima di provare ad empatizzare realmente. Questo mio commento, vorrei sottolineare, nasce dalla rabbia e dalla confusione che si è creata all’interno del mio animo in seguito all’accaduto. Chiaramente ripeto, non sto facendo di tutta l’erba un fascio, ma nella “psicologia delle folle” funziona così, come scrisse Le Bon negli ultimi anni dell’800. L’accaduto mi ha colpito, tantissimo, forse troppo, ed ho deciso di mettermi qualche ora seduto sul letto a riflettere. Ma le mie riflessioni sono state violentemente deviate dalle reazioni esagerate di certa gente, e ripeto certa gente. Cosa posso fare nel mio piccolo? Sperare, sperare, sperare tantissimo che Luigi sia forte. Posso sperare che i genitori riescano ad essere forti insieme a lui. Sperare che tutto possa tornare alla normalità. E’ un momento di intimità per lui e la sua famiglia, non interrompiamolo, facciamoci sentire vicini ma non opprimiamoli, pregate se credete. Ma fatelo col cuore. Fatelo col cuore, per favore. A 14 anni la vita deve ancora iniziare, pregate che possa continuare questo viaggio.Silenzio.

RICCARDO CALDARERA V C

SILENZIO

5PENSIERI E PAROLE

Questo fatto ci ha sconvolte profondamente, perché? Perché voler finire tutto così in fretta, quando a 14 anni, hai ancora tutta una vita davanti?Non conosciamo bene questo ragazzo, ma ci immedesimiamo in lui. Per aver fatto questo gesto avrà avuto dei proble-mi, per lui importanti. Per fortuna è ancora vivo, anche se in gravi condizioni. I suoi genitori proveranno un dolore e un senso di colpa enorme dentro di loro, penseranno di aver sbagliato tutto e lui, guardandoli, proverà vergogna o dolore?Siamo molto vicine al dolore dei genitori, e comprendiamo la difficoltà del loro ruolo, ma a tutto c’è rimedio, e spe-riamo che anche questo si superi nel migliore dei modi e che tutto vada per il meglio. È stato un momento davvero doloroso, ma nello stesso tempo emozionante vedere nel viso dei suoi compagni e dei suoi amici il dolore e la tristezza. Questo ci fa capire che lui non era solo ma che tante persone gli vogliono bene e che nei momenti più difficili come questo gli sono vicini, dimostrandogli il loro affetto.La vita è un dono che Dio ci offre, lasciando a noi la possibilità di viverla come vogliamo. Ognuno è libero di fare della propria vita ciò che vuole, ma quello che vorremmo consigliare a tutti è di viverla nel migliore dei modi.A volte sorgono dei problemi più o meno gravi, a seconda della situazione, ma questo non vuole dire che dobbiamo de-moralizzarci, perché tutto si risolve. Ed è per questo che vogliamo mandare un saluto ed un abbraccio a Luigi e a tutta la sua famiglia, con tutto il cuore pieno di speranza e di amore. E anche se non lo conosciamo, vogliamo mandare un messaggio a Luigi: “Ti vogliamo bene. Guarisci presto e torna a scuola, tutto il Cannizzaro ti aspetta a braccia aperte”. Carla ed Erika I D

Caro Luigi,non so perché tu l’abbia fatto, non ti conoscevo, ma credo di poter capire il tuo gesto. Ieri ho letto di quello che è suc-cesso su internet e mi ha dato molto da riflettere. Ho pensato a molte cose negative che ci sono nella vita, a tutti quegli ostacoli da superare che a noi ragazzi sembrano montagne altissime e impossibili da scalare e che poi, con il passare del tempo, diventeranno pianure dove cammineremo con i nostri cari e con i nostri amici che ci saranno sempre e comunque vicini. Io personalmente penso, come tanti altri, che la vita non è inutile. E’ una sola e non si può pensare di eliminarla in questo modo. Non è un sogno, è la realtà in cui viviamo e anche se a volte sembra un incubo non ci si può svegliare, si deve continuare a vivere finché quell’incubo non sembrerà un bellissimo sogno. Mi ha fatto pensare anche il luogo in cui è accaduto il fatto. La scuola, la nostra seconda casa, una parte della vita che ci porteremo sempre dentro. Il posto in cui passiamo forse le ore più belle. Ore in cui ci innamoriamo, studiamo, ci divertiamo, conosciamo dei veri amici, piangiamo ed infine ci rendiamo conto di quanto la vita sia importante. Ma forse tu quest’ultima cosa non l’avevi ancora scoperta. Avrai tratto una conclusione troppo affrettata. Comunque vada, sappi che noi ti rimaniamo vicini e ti rivogliamo a scuola.

M.

Ciò che è successo ha scosso profondamente tutti noi... E’ incredibile come un attimo possa cambiarci la vita, anche se forse quell’attimo è il culmine di tanti momenti passati. Ci si chiede cosa si sarebbe potuto fare e dove abbiamo sbagliato, ma a questo non c’è risposta. Sicuramente un tale episodio compiuto da un ragazzo così giovane è motivo di riflessione per tutti noi. Come classe cercheremo di migliorare i nostri rapporti per imparare a conoscerci meglio e a sostenerci a vicenda. Anche nelle situazioni più difficili cercheremo di essere più uniti in modo da sentirci tutti all’in-terno di una famiglia, con la consapevolezza di poter contare sempre l’uno sull’altro. Riteniamo inoltre che sarebbe utile che la scuola organizzasse degli incontri con delle persone specializzate al fine di essere di aiuto per gli studenti.

IV D

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La vita è qualcosa che dobbiamo custodire poiché è un valore importante.La vita è fatta di momenti piacevoli che bisogna godere a pieno, ma anche da momenti meno piacevoli e difficili, che bisogna comunque affrontare cercando di non rimanere da soli, ma di condividerli con qualcuno che ti sappia ascoltare e aiutare a superarli.Ma sono i momenti piacevoli che dovremmo veramente ricordare perché sono i più importanti.La tristezza deve essere mostrata agli altri piuttosto che essere celata da un falso sorriso.Ma queste sono le solite cose che si dicono.In realtà il giusto spirito sta nel sapere che la vita non ha un senso, ma dobbiamo comunque ricercarne uno.

III H

Un’ etàdove giàla realtànon si sacosa sia.... E quale viadebba scegliere?Una scia già percorsa?Una vitacome corsa?Una gitaper vederecosa siail bel piacere?… Un solcodentro il troncoforse stancodi quel vento,mi rinviasu ciò che sentodel momentodel suo pianto.Non ti abbattere… Un consiglio,non che io sappia cos’è meglio…Ma lascia il tuo segnoin questa terra… forse sogno.

“Meraviglioso, ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso?! Meraviglioso, perfino il tuo dolore potrà appa-rire poi meraviglioso! Ma guarda intorno a te, che doni ti hanno fatto: ti hanno inventato il mare! Tu dici non è niente, ti sembra niente il sole?! La vita, l’amore?!”

Secondo noi, questa canzone dice tutto perché evidenzia l’importanza della vita e ci fa capire che è un dono meravi-glioso; i dolori e le disgrazie ne fanno parte e possono essere sempre superati.La vita è come una canzone, va ascoltata per intero per decidere se è bella o brutta, è per questo che non capiamo il motivo del gesto di Luigi, perché lui, a soli quattordici anni, non ha vissuto abbastanza per giudicare la sua vita. Anche se non conosciamo Luigi possiamo solo augurargli il meglio, e che soprattutto quando ritornerà capirà l’im-portanza della vita che ha rischiato di perdere! I C

Caro Luigi,sono Gaia la tua compagna delle elementari, non so se ti ricordi. Oggi io e i miei compagni abbiamo dedicato le ore di lezione a parlare del gesto che ieri hai compiuto. Tutta la scuola è con te e speriamo tanto che tu possa tornare presto. Ci hai fatto riflettere su quanto sia importante la vita: è una e non va sprecata. Ieri appena abbiamo saputo la terribile notizia non potevamo credere che un ragazzo come te che tira aereoplanini dalle scale possa fare un’azione simile!I problemi si possono risolvere anche parlando, esprimendosi con i propri amici.Ti aspettiamoElda, Gaia e Piero

Spiegare il senso della vita non è semplice; tutti insieme, noi ragazzi della 3°H, abbiamo discusso cercando di trovarlo.Siamo, però, arrivati ad una conclusione:il senso della vita si trova vivendotalvolta solo quando si sta per morire ci si rende conto del suo valore, perché l’istante prima della morta è il momento in cui si vive più intensamente.

III H

La vita è fatta di scelte che vanno prese con consapevolezza e coraggio. Anche tentare di uccidersi è una scelta, presa forse con avventatezza e disperazione. Io su questo tema ho tanti pensieri che riesco difficilmente ad esprimere, poiché sono molti e anche un po’ confusi, dato che sono giovane e non ho vissuto ancora abbastanza per sapere esattamente quale sia il senso della vita. Io adesso ritengo che la vita non abbia un determinato senso, essendo un po’ monotona, fatta di gioie e dolori al tempo stesso. Talvolta è anche ingiusta. Però se non c’è dolore non può in alcun modo esserci gioia. Non ci si rende conto delle situazioni brutte che accadono realmente: ci chiudiamo in noi stessi e non capiamo più cosa sia giusto e cosa sbagliato. Penso alla gente che sta peggio di me e in un certo qual modo mi rendo conto di non avere grandi problemi, quelli che ho sono abbastanza futili e infondati. Però, pensando a me stessa e confrontando la mia vita di qualche anno fa’ con quella attuale, mi rendo conto di quanto i miei problemi siano proporzionali all’età. Lo ammetto: a volte ho pensato anch’io di togliermi la vita. Quando ieri sono venuta a sapere di questo ragazzo, ho pensato che ha avuto un coraggio impressionante. Compiere un gesto simile è segno di una disperazione morale pro-fonda, che in certi momenti ho avuto anch’io. Però rispetto a lui credo di non poter avere mai il coraggio per compiere un azione simile. Avrà sicuramente sbagliato, ma è da comprendere. La fragilità delle persone può a volte essere tale da divenire un malessere. Io credo di essere fragile, anche se magari non vorrei darlo a vedere, e per questo mi dispiaccio tanto per lui.

7PENSIERI E PAROLE PENSIERI E PAROLE

ALESSANDRO LA MALFA III I

AD UN COMPAGNO

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9PENSIERI E PAROLE PENSIERI E PAROLE

MANFREDI LA GUARDIA II P

NON ESISTE NOTTE TANTO LUNGA CHE IMPEDISCA AL SOLE DI RISORGERE

Da un anziano ad un adulto ad un adolescente, sono tante le motivazioni per cui si è spinti a commettere un’azio-ne tanto estrema; spesso in momenti di rabbia o di tristezza, che ci fanno vedere la realtà in modo più angusto,

dimentichiamo i motivi della vita per cui essere felici. La tematica del suicidio ha origini molto antiche, la troviamo nella filosofia greca ai tempi di Platone e Aristotele, che furono i primi a interrogarsi sul senso della vita e della morte, nella stessa letteratura, nella religione e anche nella musica. L’uomo è nato con la capacità di togliersi la vita e, benché questo sia ritenuto illegale in molti paesi, ci sono circa un milione di persone all’anno che lo fanno. Questa decisione così estrema viene presa quando si è convinti che non esistano altre soluzioni ai propri problemi, talvolta temporanei, non pensando che, col passare del tempo, la situazione potrebbe migliorare. Basta un secondo, un solo secondo d’im-pulsività per commettere quest’azione e non avere la possibilità di tornare indietro; la maggior parte delle persone che hanno pensato di commettere il suicidio, adesso è felice di non averlo fatto, perché questi non volevano porre fine alla propria vita, ma semplicemente porre fine al dolore che provavano a causa dei loro problemi.Pensare di togliersi la vita è umano, io stesso quando ero più piccolo dopo una brutta litigata dicevo “basta ora lo fac-cio!” ma poi riflettevo e capivo che sarebbe stato stupido e che avrei perso cosa la vita mi avrebbe poi offerto. Ci sono persone in un grande stato di depressione che non hanno la possibilità di potersi confidare con qualcuno o di chiedere consigli in grado di aiutarli. Chi decide di togliersi la vita ha bisogno di qualcuno che lo ascolti, che si prenda il tempo di ascoltarlo veramente, che non lo giudichi, ma che gli presti completa attenzione. Qualcuno di cui fidarsi, che lo rispetti e che consideri tutto quello che gli viene detto in modo riservato. Qualcuno a cui importi. Qualcuno che si metta a completa disposizione e che permetta a questa persona di parlare con assoluta tranquillità. Qualcuno che lo rassicuri, lo accetti e che creda alle sue parole. Qualcuno che gli faccia capire che il gioco non vale la candela. Qualcuno che dica: “a me importa”.Molte persone pensano che togliersi la vita sia un gesto egoistico perché provocherebbe un gran dolore agli amici e, soprattutto, ai familiari, che si ritrovano a fronteggiare una situazione che mai si potrebbe accettare; un gesto che espri-me l’assenza di quella forza di volontà che serve per affrontare i problemi che s’incontrano durante la vita da quando si è giovani a quando si è anziani. Sarebbe come sprecare il gran dono della vita, offertoci dai nostri genitori con la nascita, un dono il cui senso è molto difficile da riuscire a comprendere, che anzi rimane incomprensibile sino all’ul-timo momento della nostra vita.Io invito voi lettori a fare una riflessione sulla vostra esistenza, su cosa voi pensiate che sia, per trovare una risposta ai “perché” della vita, dato che, come disse Nietzsche, «Se si possiede il nostro perché della vita, si va d’accordo quasi con ogni domanda sul come»

Per te, Luigi:

Everyday is so wonderful,then suddenlyit’s hard to breathe.Now and then I get insecure,from all the painI’m so ashamed...You may sayI’m a dreamer, but I’m not the only oneI hope someday you’ll join us‘cause Life can’t bring you down

That’s the way it is

Life is beautifulno matter what they say,words can’t bring you downohh no,Life is beautifulin every single wayyes, words can’t bring you downohh no...

‘Cause life is beautiful today

Everywhere we gothe sun won’t always shinebut tomorrow’s another dayso keep on looking to the sky

You may say I’m a dreamer, but I’m not the only oneI hope someday you’ll join us‘cause Life can’t bring you down

That’s the way it isLife is beautiful everyday!

Speriamo di poterti stare vicino con questi versi che dicono ciò che a voce non sapremmo esprimere.

La 2°C

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DISCORSI TRA COETANEIGASPARE IPPOLITO II B

VITA SCOLASTICA10

‘’Compà accollativo?”- -”Facile.”

Ormai noi giovani ci impegniamo nel disturbare e far rivoltare nella tomba i celebri scrittori padri dell’italiano distorcendo e modificando la nostra lingua italiana con abbreviazioni. Ma perché la nascita delle abbrevia-zioni? Forse perché ci stanchiamo a dire l’ultima sillaba delle parole dei nostri discorsi (sprechiamo troppo

fiato!), oppure perché quando scriviamo un messaggio ci secca aggiungere quelle altre tre lettere. Certo, la nascita delle abbreviazioni può risalire addirittura ai tempi del Medioevo, poiché i chierici che si dedicavano alla letteratura e alla copiatura dei libri, per copiare velocemente un tomo usavano le abbreviazioni. Oggi noi ragazzi usiamo le abbrevia-zioni negli SMS per essere più celeri nello scrivere il messaggio e per utilizzare il minor numero possibile di lettere, dal momento che spendiamo più soldi via via che il messaggio si allunga. E questo vizio di abbreviare ha fatto trasformare il bisogno in moda, una moda che ha portato noi giovani ad abbreviare qualunque cosa! Ormai il “nié” (niente) e il “brà”(bravo/a) sono usatissimi, come il famoso “Compà” (compare). Compà è proprio l’abbreviazione per eccellenza! Viene utilizzata così tanto che, specialmente nel Meridione, è diventata una specie di intercalare. Da un nostro coe-taneo potremmo sentire:”Cioè compà, ormai tutta questa gente compà è assurda compà!’’. E questo uso continuo ha portato molte persone ad odiare questa eccessiva iterazione. Ma dobbiamo ricordarci che noi giovani usiamo anche molti modi di dire. E non ci accontentiamo SEMPLICEMENTE delle espressioni italiane. Come se non bastassero aggiungiamo quelli inglesi! Riusciamo a mettere avverbi dappertutto come se potessero essere sorretti in qualunque parte della frase. Molto utilizzato è l’avverbio “Troppo”: es. ‘’Usciamo?’’-’’ Troppo.’’). E altri utilizzano anche offese spropositate e assolutamente esagerate in ogni frase. Qui vi elenco alcune tra le espressioni più usate!

Agghiacciare - (umiliare una persona.);Atomico - (straordinario);Brò - (brother, fratello);Cucì - (cugino);Cose fighe - (cose belle);Easy - (facile, facile da fare);Fango - (qualcuno che ti fa un torto);Flash - (farsi i flash, immaginare qualcosa);Fijo - (compare);Figo/a - (bello/a);Il delirio - (una cosa bellissima);Mondiale - (straordinario);Non ho/hai come - (non ce la puoi fare);Non puoi capire - (usato all’inizio di una frase per indicare un fatto assurdo);OMG - (Oh My God, O mio Dio);Palliato - (sfigato);Posare - (lasciare qualcuno);Sgamare - (baciare, pomiciare);Da fare troppo – (da fare subito);Vascio – (tranquillo).

E chissà se queste parole usate da noi, adulti di domani, da errori diventeranno regole?Il rimedio? Usa il dizionario.

VITA SCOLASTICA11

LA GENERAZIONE DEL FUTUROMICHELE MINARDI & GIULIANO ROCCA IB

Nel mezzo del cammin della lezione, si sente la porta aprirsi. Notiamo subito che si tratta del bidello con un foglio bianco. Partono i film

mentali di ognuno di noi: giorni di vacanza, prof che si assentano, uscite anticipate e divertimento; infatti si può dire che per molti sia così. Si tratta dell’assemblea d’isti-tuto. Si leggono le motivazioni, i temi da trattare e poi si riprende a fare ciò che si stava facendo prima dell’interru-zione, direte voi... Invece no! In classe, almeno da noi, si scatena l’inferno. Moltissimi incominciano a fantasticare su cosa fare quel giorno, alcuni incominciano a parlare con i vicini di banco su dove andare, giocare a biliardo o giocare a pallone al Giardino Inglese? Starsene a casa? Uscire con le amiche? Grazie al super potere dei social network vediamo chiaramente i piani dei compagni per il giorno dell’assemblea. Facciamo notare che per un dovere etico e morale, nonché perché sarebbe giusto sapere come gira il mondo ai tempi nostri, sarebbe corretto partecipar-vi, ma pare che 20 su 24 non abbiano colto il messaggio. C’è chi scrive cose come “giuliano smettila d scrvere poe-mi xkè mi siddia leggerli” oppure “mikele non c rompere piu”. Finalmente dopo ben 225 commenti (di cui circa i 2/3 a dire cose senza senso) il concetto gli entra in testa.

Come risposta riceviamo che le assemblee sono troppo noiose, non riguardano noi giovani, più adatti al diverti-mento che alle cose troppo serie. Dicono che sono roba da vecchi, da zii e da nonne, ma non penso che “futuro” sia una parola per una signora di novantanove anni, “facendo corna” come si suol dire. Chiediamo se allora va bene per tutti di chiedere di non fare più assemblee e come d’aspet-tativa veniamo figuratamente mandati in luoghi remoti. In sostanza loro vogliono che ci sia l’assemblea per il solo gusto di prendersi un giorno di riposo, ed è qui che ci accorgiamo di essere noi lo specchio dei nostri genitori, e guardando come va il mondo, non pare stiano facendo cose buone. Ahinoi, queste idee, questa mentalità, non si limitano al solo gruppo della nostra 1B, dato che in una scuola di ben 1777 studenti a ogni assemblea non si supe-ra il centinaio di presenze. Dovremmo essere noi il futuro (parola che qui in Italia sta perdendo significato, sostituita da parole come spread, bund e debito pubblico)? Noi che non conosciamo nemmeno il nostro presente, per non parlare dei tempi passati? Rassegnati davanti a ciò che leg-giamo, ci rendiamo conto che il presente non è roseo e il futuro sarà... sarà... vabbè, meglio lasciar perdere.

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ATTUALITÀ E CULTURA12

TERREMOTO A PALERMO:

GABRIELE VANNINI IV A

EVACUAZIONE IN SUCCURSALE

Venerdì 13 aprile, ore 8:21. La seconda scossa di terremoto colpisce Palermo, abbastanza potentemente da essere avvertita anche nel seminterrato della succursale del nostro liceo. Preceduto un paio di ore prima da una debolissima scossa di magnitudo 2.4, l’intensità del secondo sisma è stato di 4.3 gradi della scala Richter,

tecnicamente considerato leggero, ma sufficiente a provocare preoccupazione e piccoli danni. Durante la prima ora di lezione non tutti si accorgono della scossa breve ma intensa, ma dopo pochi minuti, viste le segnalazioni degli alunni e dei professori che avevano notato il sisma, viene decisa l’evacuazione. Non essendovi state fino ad allora simulazioni per affrontare una situazione per la succursale, ed essendone fissata proprio per quel giorno una per la centrale, vengono seguiti i piani di uscita conosciuti, aventi come punto di ritrovo per il liceo Cannizzaro il vicino Giardino Inglese. No-nostante la probabile assenza di capo-fila e chiudi-fila, dovute proprio alla mancanza di prove in tal senso, l’organizza-zione fornita dai professori è stata sufficiente perché tutti i ragazzi arrivassero tranquillamente al parco di via Duca della Verdura. In un clima fortunatamente stemperato e mai nervoso anche perché non tutti avevano avvertito la scossa, si è svolto l’appello. Risultati tutti gli alunni presenti, le classi si sono spostate all’interno del giardino dove molti hanno cercato di informarsi sull’entità del terremoto e si sono messi in contatto con le famiglie, a volte con difficoltà a causa delle linee telefoniche sovraccariche di chiamate proprio per la preoccupazione generata dall’evento. Successivamente le classi, comunque mai nel panico vista la scarsa durata e la media intensità del terremoto, si sono ulteriormente tran-quillizzate fino all’annuncio di esonero dal resto delle lezioni per quel giorno, per ovvi motivi di sicurezza. Chiarito che il giorno seguente la scuola sarebbe stata tranquillamente attiva, i ragazzi sono stati congedati. Nel corso della stessa mattinata si sono comunque avvertite altre due scosse di terremoto, sebbene più leggere, alle 11:45 e alle 11:59, di grado 3.1 della scala Richter. Complessivamente la scuola non sembra aver subito danni, ma in succursale è stata fatta notare da alcune classi la presenza di leggere crepe sia all’interno delle aule che nei corridoi, probabilmente causate dal fenomeno. Inoltre ha sorpreso la mancata coordinazione dell’evacuazione con il liceo ospitante, l’ITI Vittorio Emanue-

le III, che prevedeva differenti piani di eva-cuazione, ma tutto è stato chiarito qualche giorno dopo con un’assemblea in cui il di-rigente dell’istituto ospitante la succursale ha spiegato quali fossero le misure e i piani per la sicurezza dell’edificio comprenden-te il plesso del liceo Cannizzaro. E’ stata un’occasione per approfondire le temati-che relative alla sicurezza delle strutture scolastiche, nell’intenzione di prepararsi a situazioni d’emergenza in modo adeguato, seguendo linee comuni.

FRIBURGO, LA CITTÀ CHE HA BANDITO IL PETROLIO

SCIENZA E TECNOLOGIA13

EUGENIO CANNATA IV C

Non sono un esperto di scienze naturali, né tanto-meno un ambientalista militante che coltiva in sé la speranza di salvare il pianeta dal surriscaldamen-

to globale. Sono tuttavia preoccupato per le condizioni di-sastrose in cui verserà il pianeta, una volta che lo avranno ereditato le future generazioni. Joel Cohen, un demografo della Columbia University, prevede che, se la popolazione continuerà a crescere secondo i ritmi attuali – tra i 75 e gli 80 milioni di persone all’anno – entro il 2030 il consumo mondiale di energia elettrica raddoppierà. Considerando anche il fatto, per nulla ininfluente, che la maggior parte delle nazioni in via di sviluppo fa parte del cosiddetto “Ter-zo Mondo” e dunque manifesta sempre di più l’esigenza di consumare quantità crescenti di energia, questo significa che il numero delle centrali elettriche dovrà quantomeno rad-doppiare. Sebbene il costo monetario di questa operazione – all’incirca di 14 mila miliardi – possa apparire limitato a confronto con le cifre vertiginose che rimbalzano da una piazza finanziaria all’altra, il costo ambientale sarà immen-samente superiore. Se dovesse mantenersi invariata la nostra (tossico)dipendenza dalle energie fossili, che è dell’80%, non solo il livello di inquinamento ambientale supererebbe le so-glie di sopportabilità del nostro organismo, ma le emissioni di anidride carbonica aumenterebbero del 50% causando danni irreparabili al nostro ecosistema.La soluzione alternativa a questo scenario apocalittico l’han-no trovata gli abitanti di Friburgo, nella Germania meridio-nale, dimostrando come sia realmente possibile abbandonare i combustibili fossili e realizzare una città ecologica e sosteni-bile. Tutto ebbe inizio negli anni Settanta quando la popola-zione insorse contro la costruzione di una centrale nucleare che avrebbe quasi certamente esposto al rischio della con-taminazione radioattiva i verdi campi friburghesi. È questo ciò che più sorprende del caso di Friburgo: tutto è nato e si è sviluppato per iniziativa autonoma e cosciente dei suoi abitanti, poiché, come afferma il sindaco ecologista Dieter Salomon, “con le sole scelte dall’alto non si arriva a nulla”. Entrando più in profondità nella “capitale verde d’Europa” si scopre quella che è la parte più riuscita di questo “esperi-mento ecologico”, ovvero Vauban, il “quartiere-modello del futuro”. Vauban rappresenta quell’ambiente urbano capace di svolgere la funzione di centro di aggregazione culturale e sociale dell’intera città, senza però tradire minimamente

le istanze ecologiste e di rispetto del territorio. Se infatti a Friburgo soltanto 50 abitanti su 100 possiedono un’automo-bile, tra le giovani famiglie borghesi che abitano a Vauban la media proporzionale scende vertiginosamente a 19 su 100. Il quartiere, come l’intera città del resto, è infatti caratterizzato da una quiete profonda, interrotta soltanto dal passaggio dei tram e dei filobus e dai passi della gente; le poche automobili della zona sono parcheggiate, secondo l’ordinamento nor-mativo, all’interno di alcuni silos posti lontani dal centro, in modo che i friburghesi le usino il meno possibile. Inoltre la quasi totalità delle case di Friburgo, oltre ad essere dotata di pannelli fotovoltaici, svolge anche una funzione “passiva”, ovvero ha una struttura capace di trattenere il calore accu-mulato dall’irraggiamento solare nei mesi caldi per riciclarlo durante la stagione fredda. Ovviamente la “città verde” non si direbbe tale se tutta l’energia elettrica che serve per illumi-nare la città e per rifornire i servizi urbani non provenisse da fonti rinnovabili, tanto che persino lo stadio e l’aeroporto sono alimentati da energia pulita . Infatti, la sezione di ener-gie rinnovabili del Fraunhofer Institut di Friburgo, oltre ad essere una delle più efficienti d’Europa, dà lavoro a dodici-mila persone – a fronte dei duecentomila abitanti – di cui un migliaio sono gli scienziati e i ricercatori più competenti e all’avanguardia nel campo dell’energia pulita. Con questo esperimento la popolazione di Friburgo è riuscita a dar vita ad un centro urbano altamente ecologico e con un bassissi-mo impatto ambientale, in cui la vita stessa è più appagan-te, grazie all’assenza di smog e inquinamento acustico e alla grande quantità di spazi verdi sparsi in tutta la città.Io credo che l’esperienza di Friburgo debba servirci come una lezione esemplare capace di guidarci al meglio nell’af-frontare tematiche e questioni che sono nobili proprio in quanto non rispecchiano la ristretta quanto diffusa mentali-tà antropocentrica, ma riguardano il futuro del pianeta e di tutti gli esseri viventi a venire. Come ci dimostra ancora una volta l’esempio di Friburgo, per cambiare in maniera deter-minante il futuro della Terra, di cui ci dobbiamo preoccu-pare anche se non riguarderà direttamente né noi né i nostri figli, l’iniziativa deve partire dal basso, ovvero dall’istruzione, dallo sviluppo della conoscenza attraverso una forte sensibi-lizzazione che metta fine all’atteggiamento indifferente e me-nefreghista diffuso nei riguardi delle tematiche ambientali.

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SILVANA BENANTI III B

SCIENZA E TECNOLOGIA14

NE SEI CERTO?

Prima di affrontare i tanti problemi che riguardano l’ambiente è necessario chiarire il concetto di “am-biente”, “ecologia”, “ecosistema”. L’ambiente è tutto

ciò che ci circonda, costituito da tutti gli esseri viventi e dalle condizioni fisiche che influenzano la nostra esistenza ed il nostro modo di vivere e su cui noi esercitiamo la nostra influenza. La scienza che studia i rapporti tra gli esseri viventi e l’ambiente in cui essi vivono è invece l’eco-logia. Essa mette in relazione l’attività degli esseri umani e le esigenze di sopravvivenza e sviluppo della natu-ra: il suo principio fondamentale consiste nella difesa dell’ambiente che è necessaria per la sopravvivenza di tutti. L’ecosistema è il complesso degli organismi viventi, che sono legati tra loro e con l’ambiente in cui vivono da fitti rapporti. Ogni ecosistema è dunque costituito da un luogo e dai suoi abitanti che danno vita alla comu-nità biologica. L’alterazione di uno solo degli elementi che lo compongono può mettere in crisi l’intero ecosistema.Soltanto da alcuni anni gli studiosi anche i cittadini hanno cominciato a preoccuparsi seria-mente della salute dell’ambiente. Ci si è accorti, infatti, che i cambiamenti prodotti dall’uomo hanno causato situazioni di pericolo per la so-pravvivenza di tutti gli esseri viventi e per il pianeta stes-so: troppe sono le fonti inquinanti dell’acqua, del suolo e dell’aria (gas velenosi, scarichi fognari e sostanze chimiche e nocive immesse nell’ambiente sono solo alcuni esempi). A causa dello sfruttamento incontrollato, si stanno esau-rendo le fonti di energia non rinnovabili, si distrugge la vegetazione, si ha una produzione eccessiva di rifiuti e uno sfruttamento smisurato del terreno coltivabili, con l’uso di fertilizzanti e insetticidi, si alterano gli equilibri naturali degli ecosistemi. Le principali cause del degrado ambien-tale sono l’industrializzazione, l’incremento della popola-zione e la nascita della cosiddetta “società dei consumi”, caratterizzata dalla produzione e dall’utilizzo di prodotti, con relative confezioni, spesso inutili ed inquinanti.L’inquinamento, nelle sue varie forme provoca danni che, con il trascorrere del tempo, portano ad una lenta distru-

zione del nostro pianeta. Per inquinamento s’intende la contaminazione e la conseguente alterazione dell’aria, dell’acqua e del suolo, attraverso l’utilizzo di materiali e sostanze che provocano danni all’ambiente e alla salute degli animali in esso presenti e dell’uomo. L’inquinamen-to della superficie terrestre è causato da diversi fattori tra cui l’eccessivo uso di sostanze chimiche, l’esagerata pro-duzione di rifiuti urbani e la riduzione della vegetazione, causata dall’ampliamento dei centri urbani, oltre che dal

disboscamento, dagli incendi dolosi e dalle piogge acide. L’acqua, presente sulla Terra sotto di-

verse forme,, è un elemento indispen-sabile per la sopravvivenza di qualsiasi

essere vivente. Il suo inquinamento è principalmente causato dagli sca-

richi civili e industriali che libe-rano nell’ambiente prodotti nocivi; dagli acidi sospesi nell’aria e portati giù dal-le piogge e dai rifiuti che produciamo continua-

mente. Anche l’agricoltura contribuisce ad inquinare il nostro am-

biente, con l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi che finiscono nelle acque sotterranee, nei fiumi, nei

laghi ed infine nei mari, a loro volta inquinati anche dalle petroliere. Una semplice soluzione a questo problema potrebbe essere l’introduzione

di impianti di depurazione o la riduzione dei fertilizzan-ti utilizzati in campo agricolo, ma anche noi, nel nostro piccolo, faremmo una grande differenza usando detersivi e prodotti biodegradabili. Anche l’aria come l’acqua è in-dispensabile alla vita e sono i gas prodotti dalle industrie, dagli scarichi delle automobili e dagli impianti di riscal-damento domestico a danneggiarla di più. Gli effetti più evidenti di tale inquinamento sono: l’effetto serra, il buco dell’ozono e le piogge acide.Tra i più gravi danni ambientali causati dall’uomo, oltre alle forme d’inquinamento che abbiamo già trattato, c’è la deforestazione, cioè la distruzione di grandi estensioni di verde per la costruzione di nuove zone residenziali, per la coltivazione di nuove terre e per la ricerca di materie pri-me. Mentre nei paesi poveri il disboscamento avviene per soddisfare i bisogni elementari delle popolazioni indige-

SCIENZA E TECNOLOGIA15

ne, in molti paesi industrializzati subiscono deforestazioni selvagge dovute ad inquinamento, incendi e tagli di intere boscaglie. Ciò ci priva della potenzialità delle piante di assorbire l’anidride carbonica in eccesso, ma la deforesta-zione provoca anche l’erosione del suolo e l’estinzione di molte specie di animali. Provvedimenti utili potrebbero essere: preservare boschi e foreste e provvedere al rimbo-schimento delle zone a scarsa vegetazione.Per quanto riguarda la questione del riciclaggio esistono delle leggi che ne trattano il problema, esse ne classificano i diversi tipi e puniscono i reati come, il traffico illegale di rifiuti tossici e lo smaltimento di rifiuti in discariche abusive. È stato anche potenziato il servizio di raccolta, di riciclaggio e smaltimento, inoltre l’ONU ha emanato delle direttive per il corretto smaltimento dei rifiuti e pro-mosso varie incentivazioni per il riciclaggio. Riciclare è importante poiché dai rifiuti è possibile recu-perare le materie costitutive ancora contenute nelle so-stanze che eliminiamo. Il vetro è il materiale riciclabile per eccellenza: si può riutilizzare all’infinito, inoltre ogni tonnellata di rifiuti in vetro riutilizzata consente un enor-me risparmio di petrolio e materie prime;non è biodegra-dabile e, se disperso nell’ambiente, costituisce un grave danno per tutti. Riciclando la carta si riduce il numero degli alberi abbattuti ogni anno. I costi per la produzione di alluminio sono elevatissimi, in quanto esso si ottiene da un metallo chiamato bauxite. Esistono almeno 50 diversi tipi di plastica e per produrla occorrono ingenti quantità di energia, tra l’altro la loro dispersione nell’ambiente è causa d’inquinamento.Nel 1992 a Rio de Janeiro si sono riuniti 183 Paesi per discutere sul tema “ambiente e sviluppo”. In quei giorni tutti i pro-blemi fondamentali furono trattati e trascritti in cinque documenti che impegnano i singoli governi ad ef-fettuare programmi comuni e progetti d’intervento a difesa dell’ambiente. In Italia sono state emanate norme a caratte-re nazionale che tutelano la sa-lute dell’ambiente contro quei comportamenti che ne causano il degrado. Per limitare l’inquina-mento delle acque esistono alcune leggi che stabiliscono la percentuale

di fosforo che deve essere contenuta nei detersivi, mentre altre, per tutelare il paesaggio, stabiliscono i limiti per la costruzioni che possono danneggiare i monti, le coste e i fiumi, e per tale motivo, molte zone sono state considera-te protette, anche perché habitat naturale di alcune specie di animali in via d’estinzione. Questi sono soltanto alcuni provvedimenti, la maggior parte del lavoro è nelle nostre mani ed è compito di ognuno di noi contribuire a rendere il nostro pianeta meno inquinato, più pulito e ordinato, con grandi aree verdi. Nel 1986 è stato istituito in Italia il Ministero dell’Ambiente i cui compiti sono essenzial-mente: preparare i programmi per il risanamento delle singole regioni; proporre leggi per la tutela dell’ambiente; combattere ogni forma d’inquinamento soprattutto nelle zone ad alto rischio ambientale; coordinare le iniziative per il miglioramento del territorio; istituire aree protette; definire dei programmi per lo smaltimento dei rifiuti so-lidi urbani.L’impegno a favore dell’ambiente, assunto dalle diverse associazioni, incontra l’appoggio degli organi di governo che si preoccupano di formare nuovi cittadini più rispet-tosi della natura. Nella stessa direzione si muovono anche gli enti pubblici e privati che si occupano della gestione e della tutela dei parchi e delle riserve naturali. Nelle riserve naturali si opera per la conservazione dell’ambiente na-turale nella sua integrità o del patrimonio genetico delle popolazioni e dei vegetali della regione. A seconda della tipologia di riserva si ammettono interventi a carattere scientifico; di tipo culturali, agricoli e silvo-pastorali (pur-ché non in contrasto con la conservazione dell’ambiente).

Vi sono inoltre delle riserve naturali speciali nate per particolari e delimitati compiti di conser-

vazione biologica, biologico-forestale, geologica e etnoantropologica. A delimi-

tare ogni area vi è una zona di protezio-ne, pre-riserva, a sviluppo controllato, in cui è consentito svolgere attività

artigianali, zootecniche, ricreative e sportive, tendenti a valorizza-re le risorse locali. In Sicilia, fra terrestri e marine, ci sono com-plessivamente 92 riserve naturali

così disposte nel territorio: Agri-gento: 9; Caltanissetta: 7; Catania:

8; Enna: 6; Messina: 14; Palermo: 21; Ragusa: 5; Siracusa: 10; trapani:12.

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C NTEMPORANEAMENTE16

SCHOOL RUNA 400 METRI DI ALTEZZZA SUL RIO NEGRO, AD UNA VELOCITA’ DI 50 KM/H. I CAVI SONO ANCORA L’UNICO MEZZO DI TRA-SPORTO PER GLI ABI-TANTI DI UN PICCOLO VILLAGGIO VICINO A BOGOTA’, PER ATTRAVER-SARE LA FORESTA PLU-VIALE. COSì I BAMBINI VANNO A SCUOLA. I PIU’ PICCOLI NEI SACCHI DI JUTA

RECENSIONI17

VOLEVO ESSERE UNA FARFALLA

‘’Peso’’,’’pesare’’, pesante’’.

Queste sono le parole che usa Michela Marzano nel suo ultimo libro ‘’Volevo essere una farfalla’’ e che molto spesso ‘’pesano’’ nella testa di molte persone. Però chi ha dovuto combattere con queste parole

sa che l’anoressia non è solo una questione di peso. Certo, a volte quello che si è disposti a fare per entrare in un vestito taglia 36-38 è inimmaginabile, ma molto spesso non è il ‘’peso’’ a pesare, ma la propria vita. Restare intrappolati nel calcolo delle calorie ingerite e pensare a quante vasche di piscina servano per bruciarle non è dovuto solo ai bombardamenti dei mass media o alla voglia di imitare le modelle super magre, c’è molto altro dietro. Perché come dice la Marzano l’anoressia è soprattutto un sintomo. Il suo libro parla proprio di questo, è un’autobiografia autentica che racconta cosa sia realmente l’anoressia senza, appunto, perdersi in calorie e bilance. Lei si racconta, mettendo nero su bianco quella che è stata la sua vita e le motiva-zioni che l’hanno portata ad inciampare in questo abisso. Le aspettative del padre sono sicuramente le prime cose che gravano su di lei sin dall’infanzia. La spinta ad essere sempre la più brava, la prima della classe. La convinzione folle che ‘’volere è potere’’ non sapendo che alcune volte il potere riesce facilmente a trasformarsi in un dovere. L’abbandono della madre, la laurea con lode alla Normale. Que-ste sono situazioni che nel nostro piccolo molto spesso ci troviamo ad affrontare e che altrettanto spesso ci segnano profondamente. La cosa peggiore di tutto ciò è che le aspettative che pesano sulle nostre spalle ci portano a diventare ciò che in realtà non siamo. Ed è qui che entra in gioco l’invisibilità. Perché entrare in un ruolo, vivere le aspettative di qualcun altro porta a nascondere la parte autentica di noi così da renderla invisibile al mondo e, cosa ancor più grave, invisibile a noi stessi. E allora si finisce per combattere per ottenere qualcosa che in realtà non è importante. Perché in

fondo l’anoressia è questo, una lotta con e contro se stessi. Molto spesso è un modo per attirare l’attenzione su quella parte nascosta del proprio essere. E’ un urlo sof-focato dalla pesantezza della propria vita. E’ il sintomo che c’è qualcosa che non va. Ma il fatto che sia un sintomo non vuol dire che non sia pericolosa. Molte persone sono morte a causa dell’anoressia, molte persone ne stanno morendo e molte altre ci combattono. C’è chi questo sintomo se lo porta dietro per tutta la vita, ma c’è anche chi, con un aiuto, riesce a riappropriarsi del proprio essere. Voler essere leggera come una farfalla, pesare poco fa sì che tutto il resto diventi più pesante. E allora io auguro a tutte quelle persone che ne soffrono di uscirne, di guardarsi dentro. Perché se è vero che il tempo guarisce le ferite è altrettanto vero che chi passa il tempo a lottare contro se stesso, contro il proprio corpo finirà per distruggersi. ‘’Adesso sto bene... cioè sto male, ma come chiunque altro’’ dice Michela Mar-zano, dimostrando che farcela, lasciandosi dietro le macerie e andando avanti, è possibile.

LAURA BONAFEDE IV E

Michela Marzano

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GABRIELE VANNINI IV A

RECENSIONI18

CESARE DEVE MORIRE

Cesare deve morire , diretto e sceneggiato da Paolo e Vittorio Taviani, è un film girato nel 2012 in stile docu-fiction. Con le musiche di Giuliano Taviani e Carmelo Travia, la produzione Kaos cinematografica in collaborazione con Rai

Cinema, è uscito a marzo nelle sale distribuito dalla Sacher film. Riporta in Italia dopo ventuno anni il prestigioso riconoscimento cinematografico dell’ “Orso d’Oro al miglior film” ricevuto al Festival di Berlino, ed è inoltre candidato a otto nomination per il Da-vid di Donatello.La storia si sviluppa nella sezione di Alta Sicurezza del carcere romano di Rebibbia: il regista Fabio Cavalli prova il “Giulio Cesare” di Shakespeare e prendendo come attori i detenuti, alcuni dei quali segnati dal “fine pena mai”, ovvero dall’ergastolo. Al termine delle prove e della rappresentazione i detenuti/attori fanno rientro nelle loro celle. Il rac-conto si svolge attraverso un flashback: sei mesi prima della rappresentazione, il direttore del carcere espone il progetto teatrale dell’anno ai detenuti che intendono parteciparvi. Successivamente vi sono i provini, nei quali viene chiesto agli aspiranti attori di presen-

tare le propria generalità con due atteggiamenti diversi: commossi ed arrabbiati. Un riferimento alla condizione umana dei detenuti che hanno però commesso gravi crimini.Quotidianamente, nelle celle, nei cubicoli dell’ora d’aria, nei bracci del penitenziario, il film documenta l’oscurità delle giornate dei reclusi e di come, attraverso prove che sempre più li coinvolgono nel profondo (trattando il “Giulio Cesare” anche temi di tradimento e onore) essi riempiano di forza e di vita il testo shakespeariano, anche grazie all’e-spressività e al tono particolare dato dall’interpretazione nei vari dialetti d’origine, fino al successo della messa in scena, davanti ad un pubblico, nella sala teatrale di Rebibbia.I fratelli Taviani intrecciano nel documentario le storie dei detenuti, relazionandole con la loro esperienza teatrale, con la vita in carcere, tutto sottolineato dall’atmosfera creata dalle scene in bianco e nero e dal dialetto utilizzato dai personaggi ( proprio dopo aver sentito recitare Shakespeare nei vari idiomi italiani i due registi decisero di fare questo film). Il teatro è il mezzo con il quale i detenuti vengono rieducati alla vita civile, ed attraverso di esso, i fratelli registi ci ricordano che questi reclusi sono e rimangono uomini anche dopo i crimini commessi, per i quali pagano le loro pene, ricordate all’interno della pellicola. Come documentario, il film è stato interpretato da detenuti reali, i cui nomi sono stati citati a Berlino dagli stessi Taviani : Giovanni Arcuri/Cesare - Cosimo Rega/Cassio - Antonio Frasca/Marco Antonio - Salvatore Striano/Bruto - Juan Dario Bonetti/Decio - Vincenzo Gallo/Lucio.“Da quando ho conosciuto l’arte, questa cella è diventata una prigione“, dice uno dei protagonisti del “Giulio Cesare” ritor-nando rinchiuso dopo le prove. Questa “battuta” segna il ri-torno alla vita attraverso l’arte del teatro, la drammaticità delle storie vere di questi uomini segnati. Con le parole di Shake-speare, attraversate dalla nuova forza di questi veri “attori” e dall’incidere del dialetto, trasportate dal bianco e nero in cui si confondono e si fondono teatro e vita, viene lanciato un mes-saggio di umanità e redenzione , da due interpreti sempre bril-lanti del cinema italiano. Un film forse difficile, ma potente e assolutamente da vedere. Paolo e Vittorio Taviani a Rebibbia

2001: ODISSEA NELLO SPAZIO

RECENSIONI

EMANUELE MILAZZO I C

Nella più spettacolare pellicola di Stanley Kubrick, “2001 odissea nel-lo spazio” possiamo trovare le più

allucinate e meravigliose visioni della fanta-scienza: computer che si pongono interroga-tivi di senso, enigmatiche visioni dello spazio-tempo e dell’evoluzione umana, ed ancora una discontinua ed opaca visione delle am-bientazioni.Il film compare per la prima volta nelle sale nel ’68; fu subito un grande successo, non solo per l’ intricata ed ermetica trama, ma anche per via della splendida colonna sonora composta da Strauss, Ligeti e Kachaturian e per la riproduzione verosimile di molte sequenze ambientate nello spazio aperto.La scena più celebre del film è quella nella quale appare HAL 9000, un’intelligenza artificiale che guiderà il Discovery ed il suo equipaggio, composto da tre uomini ibernati, il capitano Bowman ed il suo vice Frank,su Giove per alcune rilevazioni. Per ragioni sconosciute il supercomputer andrà in tilt e comincierà a causare gravi problemi all’equipaggio, tra i quali l’eliminazione dei tre membri ibernati e l’uccisione del vice.Con l’andare avanti il lungometraggio continuerà a saturare fino a culminare nella più totale incomprensibilità e bel-lezza.In parole povere il film racconta una favola apocalittica sul destino dell’umanità e dello sviluppo della tecnologia, rac-contato come se fosse un documentario in quello che è stato considerato come una svolta del genere fantascientifico. Il protagonista indiscusso della storia è un computer che sembra al servizio degli esseri umani mentre invece sono loro ad essere a sua disposizione, il monolite nero rappresenta una forza divina o cosmica, che nel corso della storia non impazzisce ma va in crisi di fronte alla doppiezza dell’animo umano.

19

Ecco la colonna sonora che ha contribuito a rendere celebre questo film:

Johann Strauss jr: “Sul bel Danubio blu” (“An der schönen, blauen Donau”)Richard Strauss: “Così parlò Zarathustra” (“Also sprach Zarathustra”)György Ligeti: “Atmosfere” (“Atmospheres”), “Luce eterna” (“Lux Aeterna”) “Avventure” (“Adventures”) “Requiem”Aram Kachaturian: “Gayane”, suite dal balletto

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REDAZIONE:

Caporedattore:Giulia Catalisano V B

Vicecaporedattore:Eugenio Cannata IV C

Impaginazione e Grafica:Antonino Faraone IIIEGloria Varrica III R

Docente Referente:Prof.ssa Elena Santomarco

Redazione:Gaspare Ippolito II BMichele Minardi IBGiuliano Rocca IBGabriele Vannini IV AEugenio Cannata IV CSilvana Benanti III BLaura Bonafede IV EGabriele Vannini IV AEmanuele Milazzo I C

Federica Restivo III RArianna Amato II FManfredi Laguardia II PClara La Licata IV EAlessandro La Malfa III I

SI RINGRAZZIANO INOLtRE tUttI I RAGAZZI ChE hANNO CONtRIBUItO ALLA RUBRICA PENSIERI E PAROLE

Foto realizzate da: Giulia Capasso III F