Libellula Numero 2

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Liceo Cantonale Bellinzona Anno zero Numero 2 1 Franco V i trovate di fronte al primo numero annuale del giornale. Molti di voi non saranno a conoscenza della storia della Commissione del giornale, fondata l'anno scorso su iniziativa personale di uno studente che era venuto a sapere della possibilità di istituire questo organo. Di conseguenza rese pubblica la sua scoperta e si venne a formare un gruppo interessato a organizza re il progetto. L'idea era quella di contribuire in quali tà di coordinatori alla nascita di un giornale che permettesse la comunicazione fra i singoli studenti liceali e la comunità intera. Non si trattava di un progetto che aveva degli obiettivi definiti oltre a quello di fungere da mezzo di condivisione a livello del liceo. Tutte le varietà di articoli sarebbero state accettate, posto che la scrittura fosse chiara a suffi cienza da permettere la comprensione del contenu to al lettore e che il tema trattato non fosse esposto con un tono stilistico aggressivo o diffamatorio. Si parla dunque di un progetto estremamente aperto le cui uniche restrizioni sono quelle dettate dalla

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Yo bro', il secondo numero

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Lunedì21 novembre201 1 1

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LLAASSCCIIAAOORRAADDDDOOPPPPIIAA??EDITORIALEV i trovate di fronte al primo numeroannuale del giornale. Molti di voi nonsaranno a conoscenza della storiadella Commissione del giornale,fondata l'anno scorso su iniziativapersonale di uno studente che era venuto a saperedella possibilità di istituire questo organo.Di conseguenza rese pubblica la sua scoperta e sivenne a formare un gruppo interessato a organizza­re il progetto. L'idea era quella di contribuire in quali­

tà di coordinatori alla nascita di un giornale chepermettesse la comunicazione fra i singoli studentiliceali e la comunità intera. Non si trattava di unprogetto che aveva degli obiettivi definiti oltre aquello di fungere da mezzo di condivisione a livellodel liceo. Tutte le varietà di articoli sarebbero stateaccettate, posto che la scrittura fosse chiara a suffi­cienza da permettere la comprensione del contenu­to al lettore e che il tema trattato non fosse espostocon un tono stilistico aggressivo o diffamatorio. Siparla dunque di un progetto estremamente apertole cui uniche restrizioni sono quelle dettate dalla

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LIBELLULA

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Libellula2convivenza civile. La convinzione era ed è tuttoraquella che uno strumento con simile potenzialità po­tesse diventare un veicolo di informazione importantee apprezzato dagli studenti. Consapevoli che ci sa­rebbe voluto molto tempo perché una situazione delgenere si realizzasse e impediti nella tempistica ­ ave­vamo formato il nostro gruppo nel mese di marzo ­decidemmo di pubblicizzare il progetto e di realizzareun'edizione promozionale del giornale attingendo adarticoli scritti prevalentemente di nostro pugno. Il ri­sultato fu incoraggiante in quanto le 270 copie furonovendute in un breve lasso di tempo e il riscontro fupreminentemente positivo.A distanza di sei mesi notiamo che quel successo nonè stato sufficiente ad affermare la presenza del giorna­le all'interno della comunità liceale, come del resto sipoteva presumere. Infatti i contributi scritti pervenutial giornale sono esigui e provengono per la maggiorparte da una cerchia di studenti molto vicina ai coordi­natori. Questo fenomeno è indice del fatto che gli stu­denti non hanno ancora acquisito familiarità con ilgiornale e non lo sentono come proprio.La mia opinione è che se c'è un momento propizioperché il giornale diventi popolare quello è adesso. Ilcomitato del giornale sta infatti attraversando un pe­riodo critico: il nucleo fondatore è composto preva­lentemente da studenti di quarta liceo che a brevedovranno lasciare il posto a nuove forze.Questa transizione non è ancora avvenuta e di conse­guenza lo scenario è ancora aperto. Questo periodooffre enormi possibilità nella stessa misura in cui po­trebbe costituire, nel peggiore dei casi, un fallimentonel proposito di dare continuità al progetto del giorna­le.Per questo motivo voglio lanciare un appello: chi vuo­le contribuire a questa proposta nata di recente, lofaccia adesso. Sarà proprio il riscontro che questo nu­mero otterrà fra gli studenti a decidere la corposità ela qualità delle edizioni future. Tutti quelli che so­stengono il progetto non possono che sperare chequest'idea attecchisca fra gli studenti del Liceo. È perquesto che, per concludere, sono dell'opinione che chisenta di avere a cuore l'idea di disporre di un mezzodi comunicazione fra studenti, oggi e in futuro, debbacontribuire alle prossime edizioni, la cui data distampa dipenderà da voi.

HAKIM INVERNIZZI

ILNOSTROFUTUROD al 17 settembre a questa parte, ilcentro finanziario del mondo è sottooccupazione. L'indignazione di pochistudenti si è trasformata nella spe­ranza di un vero cambiamento, che

coinvolge persone con passati politici diversi, tuttiuniti dalla rabbia avversa all'avidità finanziaria eall'influenza che i soldi hanno sul governo. Il velocedilagare di questo movimento, ispirato alla piazzaTahrir egiziana, in molte città statunitensi, sta gene­rando una serie di reazioni isteriche tra l'oligarchiaamericana e non solo, che continua a servire gli inte­ressi di quell'1% di popolazione che detiene 50%della ricchezza complessiva dell'intero paese.Il sogno americano si basa sulla democrazia, unconcetto semplice ossia "il popolo governa" ma larealtà sta nel fatto che il potere finanziario detiene ilpotere effettivo ed è in grado di influenzare le decisio­ni prese dal governo in nome di tutto il popolo ameri­cano. Negli ultimi anni questa contraddizione haraggiunto un livello di rottura a seguito della crisi glo­bale in gran parte provocata dagli eccessi del capitali­smo finanziario. Inoltre è degli ultimi anni la decisionedella corte suprema degli Stati Uniti di riconoscere ildiritto di cittadinanza alle aziende americane, ovveroconsiderarle alla stregua di esseri umani.L'unico valore che la finanza riconosce è "ne voglioancora". Sventrano così ogni servizio pubblico fi­nanziato dal censo, letteralmente rubando soldi ai po­veri per darli ai ricchi in una sorta di Robin Hoodcapovolto. Lasciando 10 milioni di americani sul la­strico, una mancata sanità, bambini non scolarizzati egli insegnanti devono comunque aggiungersi alla listadei disoccupati. Per non parlare delle guerre, torturee dell'inquinamento in continuo aumento.A chi importa? Se le azioni aumentano la vita e' bella.Profitto! Questo è quello che pensano andando controtutte le leggi della natura, uccidendo l'ecosistemaovvero impedendo la vita alle generazioni future. Ilbisogno imperante di troncare la nostra dipendenzadai combustibili fossili viene ignorato dal mondo indu­striale, che ha squarciato qualsiasi forma di accordoclimatico e pensiero a lungo termine. Questa situa­zione però non coinvolge solo gli Stati Uniti d'America

Occupata

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Lunedì21 novembre201 1 3ma raggiunge ormai una dimensione globale come te­stimonia la crisi della zona Euro.È ora di smettere di inginocchiarsi davanti al concettoassurdo che le richieste dei mercati finanziari debba­no imporsi sul comportamento umano.Anche se quello che succede nel mondo sembrascorrere sui nostri teleschermi come una fastidiosafiction, ci riguarda, ne siamo responsabili e avrà uninfluenza sul nostro futuro.La resistenza preserva la nostra dignità di esseri uma­ni, significa che non siamo ancora stati classificati co­me oggetti. La speranza che ci rimane per riformare ilsistema viene attraverso un'aperta sfida ai sistemi pre­costituiti di potere. Le persone nelle piazze lo sanno ecapiscono benissimo il bisogno di una rivoluzione de­mocratica, non violenta, che possa riportare le levedel potere nelle mani dei cittadini.

MARIA LUBAN

LAFREITAGLe borse Freitag, come sappiamo, hanno avuto unenorme successo, sulla spinta dell'idea rivoluzionariadi riutilizzare vecchi teloni di camion, tessuti sinteticiderivati dal PVC (acronimo di un materiale plastico,ignifugo, il PoliVinilCloruro, ndR) per concepire quelleborse comode e versatili che tutti conosciamo e chehanno reso questo marchio unico nel suo genere. Ifratelli Freitag hanno fondato la loro azienda nel1993, e si sono immessi sul mercato con il loro primo

modello di borsa, fatta con materiale riciclato e resi­stenete alle intemperie. Il successo non si è fattoattendere: la gente attirata dall'idea di possederequalcosa di completamente unico e simbolo di unospirito ecologista, non ha potuto farsi mancarel'acquisto di una di queste borse. Così Freitag invent'anni ha conquistato una buona fetta di mercatonel mondo della moda "borsistica". Vedo però chesebbene il marchio mostri al mondo come il riciclo deimateriali possa creare qualcosa di veramente utile,unico ed innovativo, i fratelli Freitag non si sono co­munque fatti mancare la possibilità di sfruttare l'ondadel successo per ottenere interessanti profitti. Infattise pensiamo che il materiale riciclato generalmente èmateriale di scarto che dovrebbe avere un costo esi­guo, paradossalmente le Freitag sono borseparecchio costose e ciò mi fa pensare che lo spiritoecologista, che dovrebbe accompagnare il marchio,venga un po' accantonato per rafforzare secondo me,una finta immagine di lusso ed esclusività, concepitacome stile, e frutto del banale studio sulla scelta deiteloni della Planzer con cui vengono fatte le borse. Aparer mio questo marchio, senza toglier niente allagenialità che lo ha concepito, sa tanto di merosfruttamento di una buona fonte di guadagno nasco­sta sotto una ben strumentalizzata immagineambientalista. Freitag è effettivamenterappresentativa della sostenibilità, ma purtroppo nonposso dire che combini la sostenibilità con la giustaaccessibilità, la quale dovrebbe completare quelmessaggio rivolto alla gente atto ad un cambiamentodella mentalità collettiva, ancora troppo caratterizzatada un consumo sfrenato "usa e getta" e che nonlascia troppo spazio al riciclaggio.. Qualcuno dal cantosuo, spirito libero di questa scuola, ha creato unapropria linea di prodotti fatti in tela di camion e spu­doratamente copiati dai modelli Freitag, che ha deci­so di cedere gratuitamente a chi li richiedesse.Simbolo di ribellione verso quell'utilitarismo, cheormai intacca anche quelle idee innovative, comequella griffata Freitag.NATHAN FURÍA

CRISIEFRANCOFORTEN egli ultimi mesi si è sentito parlaremolto del franco forte, dei suoi effettie delle sue cause. Per capire questoproblema, o almeno per averneun'idea più chiara, dobbiamo primafare qualche considerazione sulla crisi che, dal 2007,stiamo vivendo. In realtà è opportuno fare un passoancora più indietro, all'inizio degli anni '80, quandonegli USA e in Inghilterra salirono al potere rispettiva­mente Ronald Reagan e Margaret Thatcher. EntrambiSede principale Freitag, Zurigo

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Libellula4impostarono una politica di chiaro stampo liberistache provocò, fra gli altri effetti, un disequilibrioenorme nella redistribuzione della ricchezza, cioè undivario abissale fra le retribuzioni degli alti manager, iprofitti degli imprenditori e i guadagni degli investitorie dall'altra parte i salari dei lavoratori. La classe mediasi è ritrovata in circa trent'anni con un potere d'acqui­sto molto ridotto, ma la produzione continuava a cre­scere e con essa doveva farlo anche il consumo. È inquesto modo che si sono diffusi in maniera sproposi­tata i metodi di pagamento a debito (come il paga­mento a rate) e addirittura se ne sono creati di nuovi.Questi metodi permettevano in sostanza di acquistareora con i soldi di domani. È quindi facile capire comequesto sistema sia in sé perverso e destinato ad avvi­tarsi su sé stesso, ciò che appunto è successo.La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono stati i fa­migerati mutui subprime, che non sono altro che mu­tui fatti da alcune banche (fra cui anche UBS) apersone o famiglie che, come si sapeva fin dall'inizio,non avrebbero mai potuto ripagare tale debito.Quando ce ne siamo accorti era troppo tardi, le caseerano già state costruite, queste persone si eranoindebitate con le banche, ma non potevano pagare egli istituti di credito si trovarono spiazzati e senza iguadagni preventivati, ma anzi con ingenti perdite.Ma perchè furono erogati questi prestiti? Perchè biso­gnava guadagnare, bisognava produrre, costruire,ma non lo si può fare se poi nessuno compra il pro­dotto. Allora si è fatto come si faceva da ormai moltianni, si lasciava che il ceto medio si indebitasse, ri­versando il problema sul futuro. In questo caso peròsi è tirata troppo la corda, il giocattolo si è rotto e iproblemi ci si sono riversati addosso, tutti assieme, ela crisi, partita nei settori edilizio e bancario, è di­

ventata globale.Inizialmente si intervenne per salvare le banche (peresempio la Confederazione Svizzera ha messo adisposizione più di 60 miliardi di franchi per ilsalvataggio di UBS), si è intervenuto cioè nel settorefinanziario, salvando in sostanza coloro che nella crisici avevano portato. Messa così questa misura sembrainsensata, e in effetti lo è, almeno a parer mio. E ifatti non smentiscono questa tesi, anzi, la supporta­no. Questi introiti salvarono sì le banche, maentrando nel sistema finanziario, a lungo andare, nonfecero altro che stimolare le speculazioni, tanto che ainostri giorni sono molto più sostanziosi i capitali inve­stiti in ambiti speculativi che in investimenti reali(addirittura nei momenti più significativi degli ultimimesi si è parlato di un rapporto di 10 a 1). In altreparole parte dei fondi dati alle banche per salvarle so­no stati utilizzati da esse nell'investimento, e sonoandati a incrementare le possibilità di quelle personeche investono sul fallimento di imprese, Stati e anchevalute.Ecco uno dei principali motivi del perché l'euro inquesto periodo fa così fatica: la speculazione. Ci sonomolte persone che hanno investito parecchio nel falli­mento dell'euro, aggravandone la situazione più diquanto già non fosse. Infatti secondo le teorie di JohnMaynard Keynes (colui che propose le misure anticrisiche il presidente Roosvelt attuò durante la crisi del'29 nel contesto del cosiddetto "New Deal") l'investi­mento statale, anche se causa di pesanti debiti delloStato stesso, è una cosa salutare per l'economia intempo di crisi. Il problema è che gli Stati hanno inve­stito male, perchè lo hanno fatto nel settore finanzia­rio, potenziandolo e rendendolo ancor piùincontrollabile di quanto già non fosse.Anche in Svizzera è successo ciò, basti pensare ai giàcitati 60 e passa miliardi stanziati per il salvataggio diUBS, ma, per citare un esempio ancora più recente,basti pensare al fissaggio di un limite minimo per ilcambio fra euro e franco. Quest'operazione, voluta eadottata dalla Banca Nazionale, è alquanto contro­versa. Infatti è innanzitutto onerosa, perchè per fis­sare questo minimo si è dovuto svalutare il francosvizzero sull'euro e per farlo si è dovuta stamparemoneta che, come detto, è stata immessa nell'eco­nomia finanziaria, la quale è appunto incontrollabileed è stata negli ultimi anni la maggiore fonte di pro­blemi.Probabilmente si sarebbero potuti investire questisoldi in altro modo, nell'economia reale. Ovvero si sa­rebbe potuto investirli per esempio nella ricerca, inopere sociali, creando in questo modo lavoro, dimi­nuendo ancora di più la disoccupazione e dando unvigoroso slancio all'economia nazionale. Infatti ilprincipale problema per le esportazioni dei prodottiUtili in fumo

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Lunedì21 novembre201 1 5svizzeri non è il cambio euro­franco, bensì il potered'acquisto dei cittadini dell'eurozona (cioè i paesi incui la moneta è l'euro) sottoposti a piani di austerità,che appunto non permettono loro di acquistare moltiprodotti provenienti dalla Svizzera, i quali non sono diprima necessità e quindi sono fra i primi ad esseresoggetti a rinunce.Quindi la manovra per bloccare il deprezzamentodell'euro rispetto al franco va a cercare di correggereun effetto, non la causa. Questa è una crisi di so­vrapproduzione, cioè l'offerta non è stata interamenteconsumata, perchè i consumatori (di cui la maggiorparte è costituita da semplici lavoratori) non avevanole risorse per acquistare i prodotti. Dunque il fatto dinon aver investito abbastanza nell'economia reale, si­gnifica aver lasciato questi consumatori in balía dellacrisi, contribuendo a peggiorarla.

MAURIZIO SOLARI

EUSKALHERRIAR ieccomi con un altro articolo ri­guardante un tema che tanto mi sta acuore: i conflitti dimenticati da una buo­na parte della popolazione europea enon, ma che ancora oggi sono più chemai attuali. Questa volta voglio parlarvi del conflittonei Paesi Baschi (20 mila chilometri quadrati e tre mi­lioni di abitanti coinvolti), protagonisti di una battagliaper l'indipendenza forse tra le più lunghe e tenaci chela storia ricordi. Come ­ purtroppo ­ per tante guerreindipendentiste, anche patrioti baschi vengono pronta­mente indicati come terroristi (soprattutto da partedei media nazionali e internazionali), dimenticando pe­rò che essi hanno alle spalle motivazioni e un passatoprofondamente legato alla storia europea, e più preci­samente, a quella della Spagna del Novecento.Ma procediamo con ordine. Per inquadrare il proble­ma del conflitto basco, come detto, si deve andaremolto indietro nel tempo, e, per essere precisi, addi­rittura al periodo precedente all'invasione del VecchioContinente da parte delle popolazioni indoeuropee. IBaschi sono infatti l'unico popolo ancora esistente inEuropa, l'unico ceppo linguistico persistente, a parlareuna lingua non indoeuropea. Nemmeno durante il pe­riodo di dominazione romana il latino riuscì ad intacca­re la lingua originaria. Nel corso del XVI secolo,Francia e Spagna si suddivisero quel territorio che fu ilRegno di Pamplona, poi il Regno di Navarra (chiamatonella lingua basca "Euskadi" ­ termine utilizzato perindicare il paese, fondato dalla parola "eusko" (basco)e "di" (insieme) ­ da Sabino Arana, padre del mo­derno nazionalismo basco che indica unicamente ilterritorio dei baschi, assumendo un significato pretta­mente politico), tramite sanguinosi combattimenti.

Per di più, oltre all'importanza degli usi e costumi deibaschi, è scientificamente provato che gli stessi pos­siedono uno dei DNA più antichi di tutt'Europa, che lidifferenzia da qualsiasi altra popolazione oggi esi­stente.Periodo particolrmente delicato e importante per lastoria politica di Euskadi fu la guerra civile spagnola(1936­1939), che diede vita ad uno dei movimentiindipendentisti della storia più conosciuti: l'ETA. Nel1936 i nazionalisti baschi, appartenenti al Partito Na­zionalista Basco fondato nel 1895 come rispostaall'impostazione liberale dello Stato spagnolo che peri baschi significò la perdita dei 'fueros', le leggi checonsentivano la conservazione dei remoti costumi lo­cali, si schierarono contro Franco, intuendo che unavittoria dell'ultranazionalista avrebbe ulteriormenteaumentato la centralizzazione dello Stato spagnolo,creando maggiori problemi al popolo basco:"Lottammo contro Franco perché rappresentava unostacolo all'indipendenza" ammette Julen Madariaga,fondatore di ETA sul finire degli anni 50 (Marco Cicala,Viaggio nei Paesi Baschi, tra le ceneri (roventi)dell'ETA, "Il Venerdì di Repubblica", nr. 1232, 2011,pagg. 64­70).La risposta del regime franchista non si fece attende­re, e Euskadi pagò a caro prezzo la propria scelta:bombardamenti colpirono le città basche, le scuole incui si insegnava la lingua locale furono soppresse, eoltre 80.000 persone furono incarcerate per reatipolitici. Ci vogliono anni, prima che i patrioti baschitrovino la forza a risollevare la testa, ad organizzarsi ecombattere lo Stato spagnolo. Fu così che, nel 1959,nacque ETA, acronimo per Euskadi Ta Askatasuna(Paese Basco e Libertà). La maggioranza dei membridi ETA erano studenti di stampo socialista e marxista(cosa che non suscita molto stupore, se si pensa chenel clima della dittatura franchisa, era chiaro ed inevi­tabile che le contestazioni arrivassero da ideologie disinistra). ETA si dichiarò anticonfessionale, in netto

Il vessillo basco

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Libellula6contrasto con l'orientamento di matrice cristiana deiprimi movimenti patriottici baschi. Non bisonga peròlasciarsi trarre in inganno: ETA nei sui comunicati uffi­ciali ha sempre criticato il fascimo quanto il comuni­smo, ritenuti una mera copertura ideologica al fine diperpetrare il mito della sacralità dello Stato a scapitodei popoli e della loro propria identità.Lo scontro con il regime franchista diventò subito du­rissimo: le sparatorie e gli attentati furono il pane quo­tidiano del paese basco; repressione e arresti disfondo politico si susseguirono in continuazione. Glietarras (termine con cui generalmente si indicano i mi­litanti di ETA) non si lasciarono intimorire, e nel di­cembre del '73 a Madrid, misero in atto uno degliattentati dinamitardi più spettacolari della storia. Vitti­ma dell'attacco fu il vice di Franco, l'uomo designatocome suo successore: Luis Carrero Blanco. Cosasuccesse: i militanti di ETA affittarono un apparta­mento adiacente ad una strada percorsagiornalmente da Blanco per dirigersi alla celebrazionedella Messa, presentandosi come scultori; ma al po­sto di forgiare belle statue di marmo, scavarono unagalleria sottostante alla via, che imbottirono di esplosi­vo; così, la mattina del 20 dicembre 1973, al pas­saggio della vettura di Carrero Blanco, la bombavenne fatta esplodere, l'auto fece un volo di 30 metri,superando un edificio e ricadendo nella corte internadello stesso!Finita la guerra e con l'avvento del re Juan Carlos (sa­lito al potere il 22 novembre del 75, dopo la morte diFranco avvenuta 3 giorni prima, e tutt'ora in carica),le cose per i patrioti baschi cambiarono solo relativa­mente. L'apparente libertà permise la formazione dipartiti locali, ma la sorveglianza del governo spagnolorimase comunque alta. Al contempo anche Mitterand(presidente francesce per due mandati dal 1981 al1995) cominciò a collaborare con la Spagna e astringere la morsa contro i rifugiati baschi in Francia.Negli stessi anni, i partiti politici baschi presero ledistanze dal movimento indipendentista bascoarmato.La lotta diventò guerra, e gli attacchi di ETA si fecerovia via più frequenti e più cruenti e non solo contro loStato spagnolo: venne istituita quella che è chiamatala "tassa rivoluzionaria", il pizzo estorto ad imprendito­ri per sovvenzionare il movimento clandestino. Alla ba­se di quest'imposta in stile Robin Hood, vi è laconvinzione che, se la borghesia basca attraverso leimposte sostenesse le forze armate statali, allora do­vesse sostenere anche i combattenti baschi.Anche a livello istituzionale il conflitto diventò più du­ro, tanto che le città governate da forze indipendenti­ste basche rispedirono al mittente il vessillo spagnoloe al suo posto issarono la ikurriña, la bandiera basca.Nel 1983 ETA condusse una campagna dinamitarda

contro le succursali delle banche spangole e francesi(ben 94 attentati!); vennero colpiti spacciatori di dro­ga (considerata un sistema utilizzato dal nemico perindebolire l'animo dei giovani baschi) e nello stessoperiodo l'organizzazione perse il supporto dei movi­menti politici (in particolare Batasuna, considerato ilbraccio politico di ETA e dichiarto illegale nel 2002 dalparlamento spagnolo) a seguito di ripetuti attacchi avillaggi turistici, causando vittime innocenti.La storia più moderna di Euskal Herria parla di ripetu­ti contatti tra ETA e le forze governative per giungeread un accordo e al disarmo del gruppo armato, manessuno di essi ha portato ad una soluzione. Dopoanni di lotta, dopo molti "cessate il fuoco" annunciatida ETA e prontamente rotti dalla stessa, dopo moltiattentati (l'ultimo risale al 2009, con un'organizzazio­ne ormai ridotta ad una cinquantina di militanti), sullespalle di oltre 800 morti e di circa 750 presoak, i pri­gionieri baschi, detenuti in 82 diverse prigioni situatead una media di circa 600 km di distanza dai PaesiBaschi (nonostante la legislazione europea riconoscail diritto dei prigionieri a scontare la pena in carceri vi­cine al proprio domicilio), ETA ha deciso infine disventolare bandiera bianca.Il 20 ottobre è arrivato "el comunicado final ­ la di­chiarazione con cui l'Eta chiuderà decenni di lottaarmata[...]": sullo sfondo del tradizionale stendardo(con il serpente che si arrotola sull'ascia) "treincappucciati [...] alle sette di sera, hanno dichiaratola "cessazione definitiva dell'attività armata",parlando di "nuova fase politica" e di "rispetto dellavolontà popolare" levando poi il pugno al motto di'Patria libera, indipendente e socialista'" (Marco Cica­la, Viaggio nei Paesi Baschi, tra le ceneri (roventi)dell'ETA, "Il Venerdì di Repubblica", nr. 1232, 2011,pag. 67).MARTINO COLOMBO

SIGNORBCOLPEVOLE?N el mezzo del cammin di nostra vita /Mi ritrovai per una selva oscura, / chela diritta via era smarrita. Ho deciso diiniziare con queste celebri versi percontestualizzare le mie parole: inquesti giorni ci troviamo in una “selva oscura” e la“retta via” sembra lontana anni luce. Per l'Italial'albero che bloccava la strada è, secondo tutti, SilvioBerlusconi. Lui e solo lui ha portato l'Italia nella fore­sta e l'ha condotta nelle zone più buie e remote. Amio avviso però si dimenticano alcuni fatti che hannocontribuito alla creazione dei problemi che affliggonooggi il paese. Dante, riproducendo il pellegrinare cheimmagina di fare attraverso l'inferno, il purgatorio e ilparadiso, rappresenta un viaggio di purificazione dal

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peccato e di elevazione verso Dio che tutti gli uominidovrebbero fare. Nel suo primo tentativo di elevazio­ne però fallisce, fermato dalle tre fiere: la lonza, il leo­ne e il lupo, metafore rispettivamente dei peccatidella lussuria, della superbia e dell'avidità. Ritengoche, come per Dante, anche per la situazione politicaitaliana questi tre peccati abbiano giocato un ruolofondamentale nella crisi che attualmente sta attra­versando.La lussuria, rappresentata dalla lonza, serpeggiaormai da tempo in modo marcato specialmente aMontecitorio (cioè la camera dei deputati italiana,ndR). Essa porta gli uomini a dimenticare il loro impe­gno nei confronti dello Stato. Dimenticano il patto so­ciale che garantisce loro sì dei diritti, ma che richiededei sacrifici nei confronti della collettività di cui lorostessi fanno parte. Essi dimenticano che ogni cosa vaguadagnata, sudata. Non si può pensare di vivere inuna nazione in cui gli unici valori sono l'individualismoe il consumismo, non si possono ignorare i propri do­veri. La lussuria porta alla scomparsa di un qualsiasipunto fisso, condiviso dai più, al quale appoggiarsi percostruire, nel nostro caso, uno Stato forte e solido.Esattamente questo è successo in Italia: il popolo hacontribuito alla formazione di uno Stato che più cheparagonabile, come vorrebbe Machiavelli, ad un albe­ro ben radicato nel terreno sembra un palloncino nellemani di un bambino: ogni momento potrebbesfuggirgli di mano.La superbia raggiunge il suo massimo splendore neipolitici. Essi infatti sono sempre pronti al rimprovero eal giudizio, si danno tante arie, ma molti di loro sono iprimi a voltare le spalle ai compagni già dopo i primisegni di difficoltà. Loro sono i primi che, accusandoBerlusconi di atti vergognosi, distolgono l'attenzione

dell'opinione pubblica dai veri problemi del paese, fo­calizzandola sui capricci del premier. Questo succedeperché loro, non potendo proporre un'alternativa vali­da, si affidano alla diffamazione. Dai loro frequenti egrandi discorsi, i politici italiani possono sembrare deigrandi combattenti ma in realtà sono come una cilie­gia: all'apparenza buona, ma se la si gira si scopreche è marcia. La superbia, rappresentata da Danteper mezzo del leone, nel quadro politico italiano, nonha portato ad altro che ad un ridicolo pavoneggia­mento che ha cagionato in fin dei conti un nulla difatto.Come ultimo peccato, rappresentato dalla lupa,abbiamo la cupidigia, cioè l'avidità. Essa è proba­bilmente l'unico motivo per cui in Italia si fa politica:quest'ultima serve solo ed unicamente per acca­parrarsi potere e soldi. La politica infatti è un ottimomezzo per fare soldi senza fare troppa fatica. Questofatto ha portato l'Italia ad essere sfruttata da un go­verno che, interessato soprattutto al profitto, non habadato troppo alle conseguenze del suo agire. In tuttii Paesi “normali” (con sistema maggioritario edalternanza, ndR) un qualunque governo deve sempreconfrontarsi con un'opposizione che realmente sicontrappone ad esso. In Italia questo non avviene. InItalia far parte dell'opposizione vuol dire mettere ilbastone fra le ruote all'avversario per un mero calcolodi guadagno personale: accaparrarsi una fetta delpotere e riempirsi le tasche. Anche i media hannofatto e fanno tutt'ora la stessa cosa traendo il massi­mo profitto da questo meccanismo senza curarsidelle conseguenze che questo può portare, bastipensare all'attenzione che hanno rivolto sulle vicendesessuali di Berlusconi, trascurando i veri problemidell'Italia.Con questo articolo non voglio assolutamente di­fendere Berlusconi, ma voglio ricordare che se l'Italiaè entrata in crisi, non varando le dovute riforme, nonlo ha fatto soltanto per colpa del premier. Infattimolte altre persone hanno fatto i propri interessisenza badare agli altri e cercando sempre di trarre ilmassimo profitto da tutto. Ora che Berlusconi èsconfitto mi domando se questo sia effettivamenteun fatto così positivo come ci viene detto: ci saràqualcuno in grado di governare l'Italia? L'opposizioneche ha finalmente vinto la sua battaglia riuscirà a farequalcosa di positivo o continuerà a bisticciare comeha fatto sin ora? Spero che un giorno l'Italia potràuscire da questa situazione e, guardandosi indietro,affermare consapevole del fatto che i problemi sianostati risolti:Ahi quanto a dir era cosa dura / Esta selva selvaggiae aspra e forte / Che nel pensier rinova la paura!LORENZO VICENTINI

Dante Alighieri secondo Botticelli

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Libellula8ESERCITOSVIZZEROI l tema che voglio trattare con questo artico­lo (tema che, a parer mio, dovrebbe diventa­re di discussione e confronto per i giovani emeno giovani in tutta la Confederazione) è ilservizio militare e le possibilità alternativead esso proposte. Come è risaputo il periodo di leva,obbligatorio ancor'oggi, puo' essere svolto in diversemodalità: tramite il classico servizio militare della du­rata di 18 settimane; tramite il servizio civile, sceltapossibile per gli obiettori di coscienza giudicati abili alservizio militare e della durata di una volta e mezzo ilperiodo di servizio militare; tramite l'impiego nella pro­tezione civile nel caso di una giudizio attestante laparziale inabilità al servizio militare, di durata variabi­le; è infine possibile che un individuo venga giudicatototalmente inabile al servizio: in questo caso essoverrà tassato sul reddito netto per un certo periodo ditempo.I casi più significativi sono a mio parere quelli che ungiovane si trova ad affrontare nel caso egli venga giu­dicato abile al servizio, specialmente nel caso egliprenda la via dell'addestramento militare. Sarebbeinfatti necessario riflettere sulle scelte proposte senzalasciarsi trascinare da sentimentalismi quali “difendola mia patria” e “sto per affrontare un'esperienza di vi­ta importante per il mio futuro”: quanti si fermanoinfatti a pensare alla scelta che hanno effettuato? Daun lato prettamente morale ed etico il servizio militareinsegna al cittadino ad eseguire un'attività che nellanormale vita civile ognuno giudica come immonda:uccidere nel modo più efficace possibile. Chi obiettache il problema non si pone poichè la Svizzera è “neu­trale” e quindi non è presente il rischio di un conflittoarmato cade in un pesante controsenso: qual è ilsenso di un armata in un paese considerato “neutra­le” (termine relativo quando si pensa alle produzionidi armamenti esportati all'estero o ad operazioni co­me SWISSCOY)? Un altro lato dal quale osservarel'esercito è quello sociale: basti pensare ai suicidi/omi­cidi commessi con l'arma di ordinanza (l'ultimo deiquali il 5.11.2011 in Vallese quando un 23enne hasparato ad un'amica, uccidendola) o alla sostanzialeinutilità (alla luce di quanto affermato prima) del servi­zio militare confrontato con i servizi di pubblica utilitàofferti dai "civilisti": le esperienze di vita dovrebberoessere quelle che formano un individuo, che possonofornirgli una sensibilità maggiore alla quotidiana realtàdel nostro Cantone ed esse, oggettivamente, non sieffettuano sparando a bersagli di compensato.Si rende infine necessario guardare l'esercito da unpunto di vista economico: quest'anno è stato infattiaumentato il budget disponibile annualmente

all'esercito di 0,3 miliardi di franchi, raggiungendoquota 4,4 (la cifra corrisponde a circa il 3,5% del PILelvetico), senza contare le recenti spese per l'acquistodi 22 nuovi aeromobili. Queste spese si rendonoquantomeno ridicole se pensiamo che, per fare unesempio nostrano, il LiBe, la SCC e innumerevoli altriistituti d'apprendimento e non solo ospitano il doppiodegli allievi che dovrebbero e potrebbero contenere,poichè il Cantone non dispone delle finanze necessa­rie all'ampliamento degli stessi. Alla luce di quantoscritto vorrei affermare come oggi l'esercito si rivelianacronistico: esso è infatti fonte di problemi checoinvolgono anche la sfera privata di chi decide di nonprendervi parte (si pensi alle difficoltà e alle restrizioniimposte ai "civilisti"), problemi che non ha senso esi­stano nella società odierna.STEFANO BOUMYA

LAMANIPOLAZIONEDELLEINFORMAZIONII l problema della manipolazione delleinformazioni esiste da molto tempo. Sepensiamo infatti al periodo classico, all'epo­ca delle civiltà greca e romana, era già evi­dente tra le opere dei grandi autori (penso aCicerone, Tito Livio, Cesare) la presenza di questaabitudine di descrivere in modo iperbolico le varieconquiste della patria, e di tralasciare osdrammatizzare i fallimenti. Tant'è vero che oggi glistorici si trovano costretti a prendere con le pinze leinformazioni di tali documenti. Oggigiorno questoproblema della manipolazione, oltre ad essere au­mentato, ha molta più influenza sull'opinione pubbli­ca, poiché basta accendere il televisore per diventarebersaglio di innumerevoli informazioni in poco tempo.

Forze NATO in Libia

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Lunedì21 novembre201 1 9Di primo impatto si potrebbe pensare a un progressopositivo nel mondo della comunicazione, ma pu­troppo non ci si rende conto che il metodo con il qualeci vengono trasmesse le notizie è mirato a manipolarele nostre idee e le nostre opinioni. Infatti è interessedei governi egemoni far sì che l'opinione pubblicacoincida nel miglior modo possibile a una visionesoddisfacente del sistema e non venga a conoscenzadelle gravi lacune che in esso si possono riscontrare.Per fare ciò sono state istituite delle aziende propa­gandiste, fantoccio del soldo americano, che studianocome trasmettere le notizie in modo che la visionesoggettiva delle autorità del sistema, si trasformi in vi­sione oggettiva, e che il punto di vista del governo de­gli USA divenga il punto di vista di ognuno. Bisognapurtoppo dire che queste aziende stannoraggiungendo risultati sconcertanti: mi impressiono dicome io stesso, che penso di essere cosciente del pro­blema, mi senta condizionato dal lavoro di questeimprese. Se prendiamo per esempio il caso dellaguerra in Libia, molti (io compreso) hanno creduto aquanto riferito dai Tg, ossia alla visione di un popolooppresso e sfruttato economicamente, sotto la dittatu­ra del leader Gaddafi; in realtà la situazione libica po­teva definirsi la migliore in tutto il continente Africano,poiché l'ascesa di Gaddafi rivoluzionò radicalmente ilsistema economico, ovvero portò alla nazionalizzazio­ne del settore bancario e petrolifero, togliendo que­st'ultimo dalle mani delle multinazionali (le cosiddetteSette Sorelle). In questo modo lo Stato ha cominciatoa ricevere i soldi, prima accaparrati dalle multinaziona­li, e a redistribuirli alla popolazione, portando dei note­voli benefici. Pensiamo all'elettricità gratuita, al dirittoad avere una casa, questi sono solo due dei parecchidiritti dei quali godeva il popolo libico e di cui diffi­cilmente, con la morte di Gaddafi, potrà ancora usu­fruire. Quello che abbiamo visto ai Tg e che abbiamoletto su molti quotidiani, è quello che i governi impe­rialisti hanno voluto farci credere, per passare inos­servati mentre facevano i loro interessi, rovinando unpaese in via di sviluppo. Per prendere un esempio piùvicino a noi, di come l'informazione distorta ha il pote­re di manipolare la mente dei referenti, cade apennello la faccenda dell'autogestione dei giovani. Nelcorso degli ultimi giorni, durante i quali sono statoimpegnato nella raccolta firme per far sì che la Ca­setta ex Zoni torni ad essere un centro giovanile, hoavuto modo di percepire tra la gente una certa pauraverso la parola “autogestione”, e sono convinto cheanche qua i metodi dei Tg portino il loro influsso ne­gativo. I termini usati dai media per decrivere un gio­vane reduce da una rissa o scoperto mentrepasticciava la vetrina di un negozio o un vagone deltreno, sono frequentemente aggettivi di disprezzo:“vandalista”, “caso disperato”, “casinista” (per citare i

più gettonati) e portano a una pessima visione delgiovane in generale. Da questa visione ne scaturisceun'inevitabile paura dell'autogestione, che vi assicuropuò essere facilmente smentita, spiegando nei detta­gli come si ha intenzione di organizzarsi e far capireche non mancano le potenzialità per istituire qualchecosa di buono e di costruttivo per i giovani e la socie­tà. È infatti la fiducia, che spesso sono riuscito a tra­smettere alla gente, che ha portato molte persone afirmare la petizione, quella fiducia che i telegiornalievitano accuratamente di far passare. Potrei conti­nuare a riportare esempi del genere per non soquanto tempo: gli scioperi e le varie manifestazioni diprotesta, come quelle che in questi giorni animano laGrecia, sono uno dei bersagli maggiormente colpitidalla manipolazione, tanto che per evitare di metterein crisi l'opinione pubblica nei confronti del sistema, siè costretti a cancellare con “photoshop” la firma KKE(Partito Comunista Greco) dai manifesti appesi sulPartenone. Ma dove siamo finiti? Questa non è de­mocrazia! Questa è una vera e propria dittaturaimposta dai governi imperialisti! E non è tutto. Èanche una chiara infrazione della Dichiarazione Uni­versale dei Diritti dell'Uomo. Più precisamentedell'articolo 19 nel quale si decreta che: “Ogni indivi­duo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione,incluso il diritto di non essere molestato per la propriaopinione e quello di cercare, ricevere e diffondereinformazioni ed idee attraverso ogni mezzo …”. Ed ècosì che ci troviamo ad essere dei poveri burattini,rinchiusi nello scenario del capitalismo a fare le veci dichi è al potere, senza avere le necessarie informazio­ni per poter reagire. L'unico modo per cercare di nonfar sì che la nostra mente venga manipolata è quellodi consultare il maggior numero di fonti a disposizio­ne, ma non molti possono e fra di essi non tuttidispongono del tempo per farlo. Siamo così destinatia rimanere impotenti davanti alla violazione di un no­stro diritto fondamentale.STEFANO ROBERTINI

CARTAGRATUITAT utte le mattine frugo nella cassettaazzurra per scovare il mio giornale:peccato, solo pochi giorni fa una ragazzalo distribuiva ai passanti, ma ora non sifa più vedere. Il cambiamento repentinomi induce a pensare, a scrivere un articolo certa­mente più incentrato sulle caratteristiche dellostampato che sulle fattezze della distributrice.Apprendo da un articolo apparso il quattordicisettembre duemilaundici su laRegioneTicino, che ilsuo proprietario, l'editore Giacomo Salvioni, e PietroSupino per nome della Tamedia, già detentrice di 20

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Libellula10minuten e l'omonimo romando, hanno unito le forzeper offrire anche al piccolo Ticino un tabloid gratuito,un quotidiano cioè facilmente leggibile, dunque si di­rebbe destinato ai giovani.I giovani infatti sono il bersaglio dichiarato dagli edito­ri, l'obiettivo da raggiungere è coinvolgere coloro cheper svariati motivi non hanno intenzione di abbonarsiad un consueto quotidiano a pagamento. È statocreato apposta un "taglio" che rispecchi le aspettativedegli speciali lettori: grandi immagini colorate, titolisfacciati e articoli corti; si preferisce uno strettocontatto alla realtà quotidiana a scapito di testi diapprofondimento e d'inchiesta; inoltre i promotori as­sicurano che i giovani da oggi sono molto "meglioinformati" e che l'uscita del giornale sarà (ed è stata,nda) sicuramente un successo. L'ingegnere Salvionioltre a ciò spera che "gli attuali lettori del "20 minuti",fra 10 anni, divengano abbonati dei giornali a paga­mento". Insomma tutti coloro che prima non avevanoun giornale su cui posare gli occhi, ora sono soddi­sfatti e compiaciuti. Ci guadagnano tutti: nuovi clientisi avvicinano al mercato editoriale e giovani, che aconfronto col passato sono "meglio informati". Ma co­sa ha portato all'introduzione anche in Ticino di ungiornale gratuito? Quali sono le cause? Gli editorihanno intravvisto una necessità, un bisogno, e l'affaregrazie alle inserzioni pubblicitarie che finanziano la re­dazione sembra essere andato bene. Ne è complice ilcosto spesso inaccessibile ai giovani della cosiddettastampa a pagamento; ancor di più il tempooccorrente che spesso manca nella giornata frenetica,dove la calma e la tranquillità che impone la lettura diun giornale non si può trovare né imporre al proprioritmo; ma anche la mancanza d'impegno nel curarela propria personale informazione, che spesso è aggra­vata dalla complessità di articoli che trattano argo­mento difficili, dove la scuola, questo bisogna dirlo,molte volte non onora il suo compito di garantire lacapacità di giudizio e coscienza critica nell'affrontare i

temi di attualità, preferendo piuttosto trasmettere"grosso modo" nozioni di cultura generale senzatrattare spesso il nostro tempo per infiniti motivi. Lanecessità di un giornale gratuito facilmente leggibile èanche sintomo di una disaffezione dell'impegno politi­co improntato allo scontro dialogico che in passatonon è certo mancato, anche nel nostro liceo. Oltre aititoloni inconcludenti di prima pagina trovoinsopportabile le discussioni di origine astrologica ge­nerate dall'oroscopo del giornale. Spesso capitad'intravvedere un'edizione aperta solo su questa pa­gina, forse, lo spero vivamente, per la presenza a latodel cruciverba ed altri giochi d'intrattenimento. Effettipositivi sono invece il riempimento dei momenti co­siddetti vuoti, dove spesso non si parla con nessuno,possa essere alla fermata del bus o accantoall'entrata dell'aula; oppure la risorsa infinita di ae­reoplanini di carta. È fondamentale ammettere peròche questo genere di stampa abitua l'occhio a leggeregiornalmente notizie, colonne, capoversi ed incisi;quindi il futuro roseo di un sempre più folto pubblicodi attenti lettori civilmente responsabili e (perché no?)irascibili contro qualsivoglia sopruso, sarà proba­bilmente realtà. Non per ultimo per il fatto che daquando è stata introdotta questa "carta gratuita"circolano più idee, e le discussioni si fanno più accesesulla base di stimoli, spesso stilisticamente eformalmente scadenti, ma pur sempre stimoli.MATTEO SNOZZI

LOCKOUTL ockout (in italiano letteralmente“serrata”) è un termine inglese cheprincipalmente al giorno d'oggi viene as­sociato allo sport. Ma quanti di voi sannorealmente cosa significhi e quando vieneutilizzato? Io non ne sapevo molto, generalmentequando lo si sente si dice qualcosa del tipo: "ma sì, èquando i giocatori scioperano e non si gioca"; e devodire che come idea di base non è così fuori strada.Essendo anch'io abbastanza ignorante sull'argomentoho deciso di documentarmi un po' facendo qualcherapida ricerca, scoprendo che nella storia dello sportsono avvenuti innumerevoli casi, alcuni dei quali sonoaddirittura ancora in corso. Prima di tutto vorrei fareuna premessa, lo sciopero è una manifestazioneattraverso la quale gli sportivi esprimono il lorodisappunto per delle situazioni venutesi a creare in undeterminato campionato o club, e solitamente essi sirifiutano di giocare o praticare il loro sport per uncerto lasso di tempo.Il lockout invece è il contrario: la chiusura di un de­terminato campionato, decretata dai vertici della legadi quest'ultimo (e dai dirigenti dei club), che si rifiuta­Coscienza critica

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no di pagare i propri giocatori e non accettano le loroprestazioni lavorative, al fine di metterli sotto pressio­ne. Al giorno d'oggi questi lockout vengono dichiaratipoiché le associazioni dei giocatori e i vertici di leghe eclub non trovano un accordo riguardo il tetto limitedei salari (in inglese il famoso “Salary cap”) che è so­stanzialmente la massima cifra che ogni club puòspendere per lo stipendio dei propri giocatori. Ildiscorso è un pochino più complesso perché i giocato­ri hanno anche un contratto collettivo con la legasportiva, ma non entro nei dettagli, mi limito a direche di solito le leghe e i club vogliono ridurre il budgetper lo stipendio dei giocatori, che, ovviamente, nonsono d'accordo nel vedersi ridurre il loro salario. Du­rante il periodo del lockout le parti in causa continua­no a riunirsi per trovare un compromesso, e igiocatori nel frattempo si mettono a disposizione disquadre che militano in altri campionati, in attesa dipoter tornare a disputare quello che è fermo.I casi di sciopero sono innumerevoli, e potreielencarne a bizzeffe, quindi mi limiterò a rimembraregli ultimi in ordine cronologico, come lo sciopero deicalciatori militanti nella “Liga” calcistica spagnola, chesi sono rifiutati di scendere in campo per le prime duegiornate di campionato poiché parte di essi avevanostipendi in arretrato che non erano stati versati, e vo­levano delle garanzie da parte dei club e della Legacalcio spagnola, oppure lo sciopero dei calciatori della“Serie A” italiana che non hanno disputato la primagiornata di campionato per manifestare contro unapossibile nuova tassa che colpirebbe persone con unreddito superiore ai 90'000 € e per avere più garanziee meno discriminazioni per i giocatori fuori rosa.I casi di lockout sono invece meno frequenti, mamolto più pesanti a livello finanziario. I più famosi e re­centi sono il lockout della NHL (massima lega mondia­le di hockey) del 2004­2005, quello parziale dellaNBA (massima lega mondiale di basket) nel 1999 esoprattutto quello attualmente in corso, quello avve­

nuto da marzo a luglio nella NFL (massima legamondiale di football americano) che per fortuna èstato revocato dopo che le parti in causa hanno tro­vato un accordo, permettendo lo svolgimento dellastagione 2011/2012.I lockout sono delle opportunità per gli appassionatisportivi che non possono godere dello spettacoloofferto dai migliori atleti nei migliori campionatiperché si svolgono in un altro continente, epermettono ad esempio alle squadre europee di ba­sket, hockey, ecc. di poter mettere sotto contratto igiocatori più forti al mondo per un breve periodo(alcuni esempi sono Joe Thornton e Rick Nash chehanno portato l'Hockey Club Davos alla conquista deltitolo, il cestista Danilo Gallinari che è tornatoall'Olimpia Milano quest'autunno per mantenersi informa ed addirittura c'é quasi stato un clamorosoapprodo di Kobe Bryant al Bologna, saltato all'ulti­mo).Lascio all'intelligenza dei lettori decretare se è giustoche i vari Ibrahimovic e Shaquille O'Neal protestinosu tasse e salari ridotti che non permetterebbero lorodi mantenere tutte le ville e i superveicoli che possie­dono, o se è giusto che club blasonati e di prestigio sipermettano di non pagare i propri giocatori per sva­riati mesi, certo è che il protagonista nello sport mo­derno è sempre più il denaro, non i giocatori.NICOLA MARTINETTI

INTERVISTAAMICHELETANNERN ella nostra piccola regione, conside­rata da alcuni particolarmente noiosae poco attrattiva, c'è chi si è ricavatouna grande passione che lo accompa­gna da tutta la vita. È il caso di Mi­chele Tanner: appassionato di ogni forma di disegno;passione che ha approfondito grazie a dedizione e adiversi studi frequentati in quell'ambito. In questabreve intervista capiremo meglio il suo percorso arti­stico, il lavoro che si cela dietro un'opera e le tecnicheutilizzate da un illustratore nel suo lavoro.Quando e in che modo hai cominciato adavvicinarti all'arte?Disegnare mi è sempre piaciuto. Fin dai tempidell'asilo sono stato incoraggiato dai miei genitori inquest'attività, che permetteva loro di avere un po' diquiete. In seguito, durante il periodo delle scuole ele­mentari, ho continuato a disegnare. In questo perio­do ho potuto beneficiare dei consigli di mio zio e di unamico dei miei genitori, i quali essendo entrambi arti­sti mi aiutavano nel lavoro, regalandomi spesso delmateriale artistico per incitarmi a disegnare. Verso i

Campionato chiuso

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Libellula12

dodici anni mi sono interessato fortemente ai graffitiche ho fatto per parecchi anni, portandomi fino a stu­diare illustrazione a Firenze.Come hai continuato il tuo percorso dalpunto di vista artistico? Quali scuole hai fre­quentato?Finito il liceo economico di Locarno, ho svolto la miaformazione artistica a Firenze all'Accademia delle artidigitali NEMO NT, dove mi sono diplomato inentertainment design nel 2010. La mia formazione,della durata di tre anni, mi ha permesso di acquisiredelle buone basi d'illustrazione tradizionale e digitale;ho acquisito inoltre una conoscenza dei software ne­cessari agli illustratori odierni quali Photoshop, CorelPainter e Flash. Il primo anno era incentrato sullo stu­dio delle tecniche e delle basi tradizionali del disegnoquali: l'anatomia, la prospettiva, le luci, le ombre,l'uso dell'acrilico, della china e dell'acquarello. Duranteil secondo anno abbiamo approfondito l'utilizzo deiprogrammi usufruiti nell'illustrazione digitale comePhotoshop e Corel Painter. Infine il terzo anno ognistudente ha realizzato un progetto personale, conte­nuto in un libro di venti pagine illustrate, utilizzando eperfezionando le conoscenze fino ad allora acquisite.Altro aspetto molto importante é stato il fatto di po­tersi confrontare con i professori e i compagni, con iquali ci si scambia tutt'ora consigli e critiche grazie adinternet.

Come sviluppi i tuoi disegni? Lavori di pu­ra fantasia o esprimi a maniera tua qualco­sa che hai già visto? Ti ispiri a qualcheartista in particolare?Utilizzo vari metodi. In generale prima di cominciarea disegnare faccio una ricerca d'immagini sulsoggetto, dopodiché comincio a fare delle bozzemolto piccole per capire come impostare il disegno ecome gestire gli spazi. Una volta trovata la bozza giu­sta, ne faccio altre intermedie più dettagliate fino adarrivare al disegno definitivo. Ora grazie al digitale lesoluzioni possono essere molteplici; ogni tanto partoda disegni a mano che importo nel computer e conti­nuo in digitale, oppure disegno tutto direttamente alcomputer con l'aiuto della tavoletta grafica. Perquanto riguarda l'ispirazione invece la trovo un po' intutte le cose che faccio normalmente. Essa può veni­re da un film che ho visto, una fotografia oppure unlibro, per questo motivo penso sia importante conti­nuare a osservare sempre nuove cose. Gli artisti chemi hanno ispirato sono molti, inoltre oggi con internetè facile tenersi aggiornati grazie ai blog e ai vari sitispecializzati. Passo molto tempo sui blog di altri dise­gnatori per vedere sempre nuovi lavori e imparareattraverso i loro disegni.In alcuni tuoi lavori riprendi la realtà,mentre in altri crei un mondo immaginario.Quale dei due approcci preferisci? Realtà o

Tratto da un murales di Michele Tanner

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Lunedì21 novembre201 1 13immaginazione?Ritengo che i due approcci siano strettamente legati.L'approccio reale mi serve a capire bene gli elementio il soggetto che voglio disegnare. Una volta che hocapito le caratteristiche posso creare un disegno inversione “mondo fantastico" enfatizzando o modifi­cando i vari elementi. Per questo considero importantientrambi gli approcci.Alcuni tuoi lavori sono molto colorati,mentre altri rimangono in bianco e nero.Quale delle due possibilità è la migliore?Che importanza dai ai colori usati?Anche in questo caso la scelta varia da soggetto asoggetto e da disegno a disegno. Solitamente scelgola tecnica che si abbina meglio con il soggetto che hoscelto. In generale lavoro con pochi colori nella fase diprogettazione perché l'importante e la struttura deldisegno, ossia le luci e le ombre, poi una volta che houna bozza ben strutturata penso a come mettere il co­lore e procedo alla colorazione. Anche in questo casoritengo sia importante lavorare su entrambi gliaspetti, infatti utilizzando il bianco e il nero lavoro piùsulla forma, sulle luci e sulle ombre, mentre coi colorimi concentro sull'atmosfera e la sensazione che il dise­gno trasmette.Un consiglio a chi prova a immergersi nelmondo artistico? Infine un saluto, ringrazia­menti e pubblicità per il tuo sito, blog oaltro ancora.Oggigiorno la scelta di formazioni in ambito artistico èdavvero vasta ed esistono molte belle scuole, quindise la vostra passione è il disegno buttatevi senza esita­re e ricordatevi di disegnare moltissimo! Ringraziol'Accademia NEMO NT di Firenze. Se volete vedere imiei lavori li trovate su:WWW.MICHELETANNER.CHWWW.TANNERMICHELE.BLOGSPOT.COMDal canto mio ringrazio molto Michele Tanner per ladisponibilità, e consiglio a tutti di guardare i suoi lavo­ri. Spero che questa breve intervista sia stata d'aiutoo sia servita come motivazione per chiunque facciaqualcosa legato all'arte.

ALESSIO BARRAS

LACOSTOLADIADAMOF ilm commedia americana del '48 con gliintramontabili Katharine Hepburn eSpencer Tracy. Fantastica pellicolatrattante la situazione della donnanell'America di allora. Strabilianti le situa­zioni ­ tra le quali le opinioni, impressioni trattanti unmarito infedele, rispetto ad una moglie infedele ­ancora oggi presenti.Amanda (Katharine Hepburn) e Adamo (Spencer Tra­cy) sono due coniugi avvocati. Lei in uno studio legale

e lui nell'ufficio del procuratore; lei democratica e luirepubblicano. Avversari in tribunale ma innamoratis­simi tra le mura domestiche. Quando una donna spa­ra al marito fedigrafo (sfioradolo appena), ad Adamoviene affidato il caso (ritenuto di facile conclusione),mentra Amanda assume (senza avvertire il marito) ladifesa della donna. Questo caso e la linea difensiva"particolare" di Amanda (tra le altre cose, fa indossa­re alla sua assistita il cappello che Adamo le avevaregalato) metteranno a dura prova il loro matrimonio.La donna vince in maniera poco ortodossa la causa(decisamente divertente la scena in cui Adamo vieneletteralmente sollevato da terra da un artistacircense) ma perde il marito. Per dimostrare di nonessere in torto, Adamo minaccia con una pistolaAmanda ed un suo amico (che gradirebbe esserequalcosina in più). La moglie afferma dunque chenessuno ha il diritto di trasgredire la legge, Adamo,soddisfatto, dà un morso alla pistola, in realtà di liqui­rizia... È la fine del loro matrimonio! Ritrovatisi dalnotaio per la suddivisione dei beni, il marito si mettea piangere al pensiero della loro casa in campagna.Amanda è colpita da questo gesto ed i due se nevanno fuori città. Arrivati, Adamo rivela che il PartitoRepubblicano gli ha proposto di divenire giudice.

Locandina del film

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Libellula14Amanda allora propone di candisarsi pure lei, ma per iDemocratici... I due si sono ormai riappacificati. Ada­mo confessa alla moglie di aver solo finto di commuo­versi, proprio come fanno le donne per ottenere un"effetto garantito" (cit. dal film). Il film si conclude conl'interminabile questione della differenza (o ugua­glianza) tra uomini e donne... Adamo tira dunque laclassica tendina, del classico letto a baldacchino, escla­mando "vive la différence!".

SIMONA PIROLINI

LABOUTIQUEDELMISTEROU na goccia d'acqua sale i gradini dellascala. La senti? Disteso in un letto nelbuio, ascolto il suo arcano cammino.Come fa? Saltella? Tic, tic, si ode aintermittenza. Poi la goccia si ferma emagari per tutta la rimanente notte non si fa più senti­re. Tuttavia sale.

La Boutique del Mistero ha tutto ciò che occorre perstuzzicare la curiosità di qualunque lettore: un auto­re­artista versatile e in continua sperimentazione,un'eccentrica copertina (firmata dallo stesso Buzzati,con il titolo “Ritratto del Califfo Mash Er Rum e dellesue 20 mogli”) e trentuno racconti intrisi di assurdo,ignoto e, appunto, mistero. L'autore stesso li volleraccogliere con il semplice intento di far conoscere almondo il meglio di ciò che aveva scritto; nacque così,nell'agosto del 1968, questa raccolta di scorci narrati­vi, dove attraverso un utilizzo semplice della linguaitaliana Dino Buzzati sfoga la sua destrezza espressi­va e mette in luce, senza tanti complimenti, debo­lezze, paure e stranezze dell'animo umano.Descrive ad esempio con ironia la sua Fine delmondo, dove la popolazione sente crescere ansia,sensi di colpa e un'improvvisa e generale paura delgiudizio divino; dall'attrazione­repulsione nei confrontidell'ignoto, alla ricerca di sé stessi, ne "I sette mes­saggeri", e della morte, tema centrale in più di unracconto, acquisiscono carattere a tratti assurdo einconcepibile.In racconti come "Sette Piani", o "Eppure battono allaporta", l'autore ritrae con ironia i difetti dell'uomo,portando con astuzia i suoi sfortunati personaggi finoalla fine di situazioni di cui sono vittime consapevoli,ma per le quali non si decidono ad agire, vuoi per pi­grizia, vuoi per debolezza di carattere o per viltà. Lostesso accade con la dimensione di sogni e desideri,che come spesso accade si dimostrano illusioni,sofferenze nascoste, nonostante ingenuamente nonce ne si accorga. Egli gioca con le situazioni di appa­rente normalità e conferisce loro una sensazione diastratto, di allucinazione.Non tutti i racconti piaceranno ad ogni lettore, maogni lettore troverà il modo di appassionarsi ad uno opiù di essi: la mente logica proverà diletto nel trovareuna spiegazione alla Goccia che, anziché scendere lescale, le risale, dando noia agli inquilini di un palazzo;l'inguaribile romantica si emozionerà con il calore e ladolce tristezza di "Inviti Superflui", e se li rileggeràancora e ancora; si adatteranno anche a chi sempli­cemente cerca nella brevità una semplice compagniaprima di addormentarsi.È quasi impossibile, in ogni caso, dopo aver lettoanche solo due righe di uno dei racconti della Bouti­que, arrestarsi senza conoscerne la fine; Buzzatiafferra sin dall'inizio l'attenzione del lettore e lo spingea continuare stuzzicando la sua curiosità con un ritmoincessante di nuovi elementi, nuovi intrighi e situazio­ni surreali che esigono spiegazioni (spesso non leraggiungono) e conducono chi legge fino alla fine, inun soffio.ANNA MASPOLI

La copertina del libro

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Lunedì21 novembre201 1 15LECITTÀEILCIELOESTRATTO DA ITALO CALVINO, LE CITTÀ INVISIBILI

Chiamati a dettare le norme per la fondazione di Pe­rinzia gli astronomi stabilirono il luogo e il giorno se­condo la posizione delle stelle, tracciarono le lineeincrociate del decumano e del cardo orientate l'una co­me il corso del sole e l'altra come l'asse attorno a cuiruotano i cieli, divisero la mappa secondo le dodici ca­se dello zodiaco in modo che ogni tempio e ogniquartiere ricevesse il giusto influsso dalle costellazioniopportune, fissarono il punto delle mura in cui aprirele porte prevedendo che ognuna inquadrasse un'eclis­se di luna nei prossimi mille anni. Perinzia – assicura­rono – avrebbe rispecchiato l'armonia delfirmamento; la ragione della natura e la grazia deglidei avrebbero dato forma ai destini degli abitanti. Se­guendo con esattezza i calcoli degli astronomi, Pe­rinzia fu edificata; genti diverse vennero a popolarla;la prima generazione dei nati a Perinzia prese a cre­scere tra le sue mura; e questi alla loro voltaraggiunsero l'età di sposarsi e avere figli.Nelle vie e piazze di Perinzia oggi incontri storpi, nani,gobbi, obesi, donne con la barda. Ma il peggio non sivede; urli gutturali si levano dalle cantine e dai gra­nai, dove le famiglie nascondono i figli con tre teste ocon sei gambe. Gli astronomi di Perizia si trovano difronte a una difficile scelta: o ammettere che tutti i lo­ro calcoli sono sbagliati e le loro cifre non riescono adescrivere il cielo, o rivelare che l'ordine degli dei èproprio quello che si rispecchia nella città dei mostri.RICETTADISTAGIONEC on l'arrivo del primo freddo autunnale el'arrossire delle montagne un prodottodi cui possiamo usufruire in cucina è lacastagna. È risaputo che le castagnesiano un frutto che nella storia del no­stro cantone è stata di primaria importanza in quantoricoprivano la base dell'alimentazione dei nostri avitransumani per il periodo del ritorno dall'alpe: l'au­tunno appunto. La castagna sostituisce il grano, illatte e i suoi derivati che vengono consumati duranteil resto dell'anno. Abbiamo deciso di proporvi la prepa­razione della torta di castagne, sperando di fornirvi unpretesto per ritagliarvi del tempo da dedicare ad unapasseggiata, alla ricerca della materia prima e alla pre­parazione vera e propria di questo dolce.Torta di castagneINGREDIENTI:400 gr. di purea di castagne125 grammi di burro4 uova

125 gr di zuccheroRum a piacerePREPARAZIONE:sbattete in un tegame i tuorli ed integrate lo zuccheroed il burro fino ad ottenere una pasta omogenea. Inseguito aggiungere la purea di castagne e continuarea mescolare. Incorporare gli albumi montati a neve emescolare delicatamente. Imburrate la teglia pertorta e riponetevi l'impasto.COTTURA:cuocere a 180°C per 60'.

SAYRA GIANINI & ELISAGARBANI NERINI

RINGRAZIAMENTISPECIALIMARTINO COLOMBO

STEFANO BOUMYA

STEFANO ROBERTINI

ALESSIO BARRAS

ANNA MASPOLI

ELISA GARBANI NERINI

LUCA ROBERTINI

SIMONE COMETTA

CONTATTIProponi il tuo articolo [email protected] della CommissioneLORENZO VICENTINI

NATHAN FURÌASAYRA GIANINI

HAKIM INVERNIZZINICOLA MARTINETTI

SIMONA PIROLINI RESPINI

MARIA LUBANMAURIZIO SOLARIMATTEO SNOZZI

Perinzia

Page 16: Libellula Numero 2

Libellula16INTRATTENIMENTOCruciatus

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