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SdW – SISTEMI DI WELFARE (P. Silvestri, 2018-19) 1

Lezione 8.2

L’ISTRUZIONE IN ITALIA

SdW – SISTEMI DI WELFARE (P. Silvestri, 2018-19) 2

CONTENUTO DELLA LEZIONE

• Modelli di organizzazione del servizio (prosegue parte teorica)

• Il finanziamento dell’istruzione in Italia

• Il finanziamento dell’università

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I possibili vantaggi del privato• maggiore efficienza

– decentramento decisionale (… ma si può realizzare anche nel pubblico)

– profitto e connessi incentivi

• sovranità del consumatore

MODELLI ORGANIZZATIVI

Produzione pubblica o privata?L’alternativa presenta forti risvolti

ideologici

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Due alternative all’offerta pubblica:

• Finanziamento della scuola privata

• Finanziamento degli utenti (vouchers)

MODELLI ORGANIZZATIVI

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I possibili limiti del Privato

• topping up e minaccia all’equità(rischi di segmentazione e di formazione di scuole di élite)

• profitto e qualità del servizio(rischio di assunzioni di personale

precario, meno costoso)

MODELLI ORGANIZZATIVI

Pubblico o Privato?

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Istruzione diversa da universitaria

Competenze miste

Stato (pagamento insegnanti) e Enti locali e Distretti scolastici

Trasferimenti dal bilancio dello stato(autonomia gestionale per acquisti di beni

e servizi)

FINANZIAMENTO DELL’ISTRUZIONE IN ITALIA

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Istruzione universitaria

Competenze misteUniversità: servizi educativi e di ricercaRegioni: servizi per il diritto allo studio

Principali finanziatoriStato con trasferimenti Utenti con tasse, contributi e tariffe

FINANZIAMENTO DELL’ISTRUZIONE IN ITALIA

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Le principali fonti di entrata delle università pubbliche

2015 55% 7% 17% 15% 2% 4% 100%

2000 61% 13% 10% 11% 3% 2% 100%

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Le principali voci di spesa delle università pubbliche

2015 62% 13% 11% 3% 1% 6% 2% 2% 100%

2000 63% 12% 7% 1% 2% 14% 1% 1% 100%

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«Due conti» (università statali): la copertura del costo dei servizi educativi

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Spesa: 11,8 mld; di cui per la didattica (stima al 50%): 5,9 mldIscritti: 1.450 milaEntrate contributive: 1,85 mldTassa media: 1275 €Costo per iscritto: 4070 €Copertura tasse / costo= 1275/4070= 31,3%

http://ustat.miur.it/dati/didattica/italia/atenei-statali

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PROBLEMI DEL SISTEMA UNIVERSITARIO IN ITALIA

(alla vigilia delle riforme degli anni ‘90)

1. Bassa produttività e qualità– Pochi iscritti; elevatissima dispersione; pochi laureati

2. Effetti redistributivi perversi– Iscritti che provengono dai segmenti socio-economici medio-

alti; finanziamento con imposte generali (tasse universitarie simboliche); bassi aiuti per il Dsu

3. Eccessivo centralismo, ma forte sperequazione nella distribuzione delle risorse– Bassissima autonomia finanziaria degli atenei; enorme

sperequazione nei costi medi per iscritto e laureato tra facoltà e (a parità di facoltà) tra atenei

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OBIETTIVI DELLA RIFORMA: MAGGIORE EFFICIENZA ED EQUITÀ A

PARITÀ DI SPESA PUBBLICA

• Attraverso diverse norme, emanate nella seconda metà degli anni ’90 (la più importante è l’articolo 5 della legge n. 537/1993), si cerca di:– ridimensionare l’intervento/ingerenza dello stato e

controllare la dinamica della spesa aggregata – conferire maggiore autonomia e responsabilità ai

soggetti decentrati (atenei)– introdurre elementi di competizione tra gli atenei– destinare più risorse ai meritevoli, privi di mezzi e

selezionare con più rigore i destinatari delle politiche equitative

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LA RIFORMA SI ISPIRA AI MODELLI DI «CONCORRENZA AMMINISTRATA»

La riforma si propone di fare evolvere il sistema universitario italiano da un regime centralistico

e fortemente burocratico a un regime di «concorrenza amministrata»: un modello in cui, entro i limiti di un budget pubblico complessivo

e salvaguardando obiettivi di tipo equitativo definiti a livello centrale, si ridefinisce la struttura degli incentivi dei soggetti che

operano nel sistema per consentire alle forze della concorrenza di giocare un ruolo più

incisivo nella allocazione delle risorse.

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LE PRINCIPALI AZIONI DELLA RIFORMA (1): l’efficienza

• Maggiore responsabilità nella gestione delle risorse:– Budget unico (assegnazione in forma “liquida” delle risorse

e controllo della dinamica aggregata della spesa)– Quota di riequilibrio (redistribuzione tra atenei sulla base di

costi standard per studente) – Fondi di ricerca su base competitiva (cofinanziati e con

referees)

• Maggiore flessibilità e autonomia:– nella gestione delle risorse umane (nuove modalità

concorsuali; superamento del concetto di “pianta organica”)– nel disegno dei prodotti formativi (riforma della didattica,

con il 3+2) – nella apertura di nuove università, facoltà, corsi di laurea

(norme sulla programmazione del sistema universitario)

• Istituzione di un sistema di valutazione sia a livello locale (Nuclei) sia nazionale (Cnvsu, poi Anvur)

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LE PRINCIPALI AZIONI DELLA RIFORMA (2): l’equità

• Rafforzamento e revisione del sistema del diritto allo studio (importo delle borse, tassa diritto allo studio, revisione dei criteri di selezione dei beneficiari: merito e condizione economica)

• Più forte ricorso alla contribuzione degli utenti (deregolamentazione delle tasse + ricorso alla prova dei mezzi per differenziarle)

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LE UNIVERSITÀ HANNO OTTENUTO DIVERSE FORME DI AUTONOMIA

(statutaria e regolamentare; di bilancio; didattica; nella definizione dei fabbisogni di personale)

Atenei liberi di:• Scegliere la combinazione dei fattori

(docenti o acquisti di beni e servizi).• Di definire offerta didattica, nell’ambito

di schemi fissati dal centro.• Verso il superamento del valore legale

del titolo di studio.

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CHE COSA SI SAREBBE DOVUTO FARE PER PROSEGUIRE SUL MODELLO AVVIATO

CON LA RIFORMA ANNI ‘90?

1. rafforzare la competizione tra gli atenei (consentire agli studenti di «votare con i piedi»

+ competere anche sugli altri input); 2. aumentare le risorse, sia pubbliche sia private,

nel settore universitario; 3. riformare la struttura decisionale, di governo,

all’interno delle università (superare l’autoreferenzialità).

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IN REALTÀ COSA È ACCADUTO (dal 2000 in poi)?

«Abbandono», da parte del governo, del processo di autonomia delle università avviato negli anni ’90.

Il sistema delle autonomia ha così prodotto, dal 2000 in poi, alcune degenerazioni, di cui li principali sono:

(1) eccessiva frammentazione dell’offerta formativa …

(2) eccessiva proliferazione di idoneità per posti di ruolo (professori) …

A queste degenerazioni si è cercato di rispondere con una forte sterzata centralistica.

A questa sta facendo seguito, dal 2010, una risoluta politica di tagli (inizialmente “mascherata” con una forte enfasi sul

recupero del merito e della qualità).

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«Sterzata centralistica»: alcuni esempi

• Progressivo innalzamento dei «requisiti minimi» di docenza per attivare un corso

• Fissazione numero massimo di esami• Limiti all’assunzioni di personale (blocco del

turn over)• Blocco dei concorsi e nuove regole

concorsuali• Limiti sulla composizione del personale

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A cosa servono e che conseguenze provocano questi rimedi?

• A correggere le degenerazioni e le storture, • … ma … forte limitazione dell’autonomia degli atenei;• … ma … anche potente “freno” alla crescita del

sistema: contenimento della dimensione dell’offerta formativa e delle dinamiche del personale (nuove assunzioni).

• Vero obiettivo: contenere la spesa nel settore universitario!

• Il contenimento della spesa non sarebbe però stato possibile se nel frattempo non si fosse verificato un fenomeno permissivo: la forte accelerazione delle uscite dai ruoli universitari.– Elevata età media dei docenti italiani– Provvedimenti volti ad abbassare l’età pensionabile e a

incentivare le uscite.

Vedi dati nelle 2

diapo ss

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La dinamica delle entrate

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Flette la quota del finanziamento Miur; aumenta quello privato

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A cosa servono e che conseguenze provocano questi rimedi?

• A correggere le degenerazioni e le storture, • … ma … forte limitazione dell’autonomia degli atenei;• … ma … anche potente “freno” alla crescita del

sistema: contenimento della dimensione dell’offerta formativa e delle dinamiche del personale (nuove assunzioni).

• Vero obiettivo: contenere la spesa nel settore universitario!

• Il contenimento della spesa non sarebbe però stato possibile se nel frattempo non si fosse verificato un fenomeno permissivo: la forte accelerazione delle uscite dai ruoli universitari.– Elevata età media dei docenti italiani– Provvedimenti volti ad abbassare l’età pensionabile e a

incentivare le uscite.Vedi dati nelle 2

diapo ss

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Progressivo invecchiamento

del corpo docente

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Accelerazione uscite nette dal SUI a partire dal 2008(22.284 uscite contro 7.981 ingressi => - 14.303)

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Il contenimento della spesa è andato di pari passo con quello della spesa del personale

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…ma anche qualche passo in avanti, nel campo della valutazione e della assicurazione della qualità …

• Istituzione dell’Agenzia nazionale di valutazione dell’università e della ricerca (Anvur)

• Sistema di valutazione della qualità della ricerca (VQR: tre ondate)

• Sistema di valutazione delle università: accreditamento e viste delle CEV (ateneo; CdS; Dipartimenti)

• Idea di fondo: accanto alla valutazione «hard» (cioè legata i finanziamenti e che guarda esclusivamente ai risultati) va sviluppata una valutazione di «processo» che abitui a lavorare per bene

• In definitiva costruzione di sistema di AQ (Assicurazione della qualità: tesa al miglioramento continuo.

• Ciclo del riesame. • Adeguamento agli standard europei di AQ (ESG 2015)• Ecc ecc

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Dove siamo oggi? (Rapporto Anvur): 1

• In Italia la spesa in istruzione terziaria in rapporto al numero degli studenti è inferiore a quella media dei Paesi Ocse (-30%), mentre è sostanzialmente allineata alla media per i gradi inferiori dell’istruzione.

• Dal 2008 il finanziamento complessivo del MIUR al sistema universitario si è ridotto di quasi 1 miliardo, (-11% in termini nominali, -20% in termini reali).

• La riduzione delle risorse è stata resa sostenibile dalla riduzione del personale e dal blocco delle progressioni degli stipendi.

• Il rapporto studenti/docenti è tornato oggi a valori elevati.

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Dove siamo oggi? (Rapporto Anvur): 2

• Il Rapporto registra l’aumento del numero dei laureati negli ultimi anni: tra il 1993 e il 2017, infatti, la quota dei laureati sulla popolazione in età da lavoro è salita dal 5% al 14% e tra i giovani in età compresa tra i 25 e i 34 anni si è passati dal 7% al 27% [raggiunto e superato l’obiettivo nazionale fissato con Strategia Europa 2020: 26%]

• Eppure i confronti internazionali mostrano che l’Italia è ancora uno dei Paesi con la più bassa quota di laureati, anche tra i più giovani (27% contro 39% media UE; penultimo prima della Romania). Infatti, vista la parallela crescita dell’istruzione universitaria anche altrove, lo scarto rispetto ai valori medi europei non si è ridotto nel tempo.

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Dove siamo oggi? (Rapporto Anvur): 3

• Nonostante i progressi degli ultimi anni, il sistema, continua a presentare problemi cronici, che la riforma 3+2 ha attenuato ma non risolto. Il fatto che circa il 12% degli immatricolati abbandoni o cambi corso di studio dopo il primo anno indica la difficoltà del passaggio dalle scuole superiori all’università: ciò è dovuto all’inefficacia dell’orientamento formativo, a deficit di preparazione degli studenti, alla debolezza del tutoraggio per gli immatricolati.

• Nonostante luoghi comuni diffusi, sul mercato del lavoro la laurea continua in media a offrire migliori opportunità occupazionali e reddituali rispetto al solo diploma di maturità. La crisi ha colpito duramente i più giovani, ma gli effetti sono stati decisamente peggiori per chi ha un livello d’istruzione più basso

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Dove siamo oggi? (Rapporto Anvur): 4

• La spesa italiana in ricerca e sviluppo è tra le più basse delle grandi economie industriali (la spesa del settore privato è circa la metà; quella pubblica è inferiore di circa il 30% rispetto alla media Ocse).

• Anche le risorse MIUR specifiche per il finanziamento della ricerca sono diminuite nel tempo.

• Alle minori risorse investite corrisponde un minor numero di ricercatori e un minor potenziale d’innovazione.

• Tuttavia i risultati della ricerca italiana sono positivi: nel complesso università ed enti di ricerca mostrano una qualità delle pubblicazioni scientifiche paragonabile a quella dei principali Paesi europei.

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PAROLE CHIEVE DELLA LEZIONE• Natura e caratteristiche dei servizi

d’istruzione

• Funzioni delle politiche d’istruzione

• Istruzione come investimento in capitale umano: modello con due periodi

• Costi e benefici privati dell’istruzione: la scelta ottima d’istruzione in relazione al talento e ai vincoli economici

• Ragioni dell’intervento pubblico: efficienza ed equità

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• Modalità dell’intervento pubblico: regolamentazione, finanziamento e produzione pubblica

• Il dibattito sul superamento del vincolo economico nel caso dell’istruzione superiore

• prestiti d’onore (commerciali e condizionati al reddito futuro), imposta sui laureati e borse di studio

• L’alternativa tra produzione pubblica e privata• Il finanziamento dell’istruzione universitaria in

Italia• Le riforme degli anni novanta: verso un modello

di concorrenza amministrata con forte autonomia degli atenei

• Anni duemila: tra mancate riforme, deviazioni “centralistiche” e tagli.

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DOVE STUDIARE:

P.Bosi (a cura di), Corso di scienza delle finanze, Il Mulino, Bologna 20157

Capitolo 8

Paragrafo 6. L’istruzione

Appunti + diapositive della lezione