L'attempata signora - add editore · 2019. 3. 5. · Buongiorn o signora intant, grazi de i aver...

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aria il piccolo complesso di Barbiana che accolse don Lorenzo e lo vide all'opera nel dar vita a una delle esperienze scolastiche più importanti della storia della pedagogia mondiale. L'attempata signora Intervista di Fabrizio Silei alla Chiesetta di Barbiana che si fece scuola A essere intervistata oggi è la piccola chiesetta di Barbiana che si fece scuola. Son salito su apposta in una giornata bel- lissima per incontrarla. Per scambiare quattro chiacchiere con questa attempata signora fatta di travi e mattoni, di un oratorio e una canonica che era anche la casa per il parroco. È il piccolo complesso di Barbiana che accolse don Lorenzo e lo vide all'opera nel dar vita a una delle esperienze scola- stiche più importanti della storia della pedagogia mondiale che voglio interrogare. Naturalmente, trattandosi di signora Buongiorno signora, intanto grazie di aver accetta- to di parlare. Lei è uno dei luoghi più conosciuti al mondo in ambito pedagogico e visitato ogni anno da tante persone. Che effetto fa essere così famose e quando era giovane, se lo sarebbe mai aspettato? Beh, sinceramente, devo ammettere che fa piacere, dire di no 'un si po' dire. Rischio, lo so, il peccato di superbia, ma l'or- goglio l'è legittimo, non le pare? Sono sempre piena di visita- tori, pullman, gente, scolaresche, famiglie, che vengono a ve- "Non parliamo di quando arrivò lui, in che stato ero. Da vergognassi. Oggi mi pare d'esse' una villa da turisti, me la passo da gran signora. Se don Lorenzo mi vedesse, per quanto m'avesse risistemata co' su ragazzi, io dico 'un mi riconoscerebbe nemmeno" attempata, che grazie alla sua fama è però sempre restaura- ta di fresco e tenuta a puntino, eviteremo di chiederle l'età e di essere indiscreti e non dovremmo meravigliarci per la sua parlata toscana e i suoi modi semplici: è una chiesetta di campagna addossata all'edificio più grande della canonica che è tutt'uno con lei. Detto questo, cominciamo. dermi come fossi i' Duomo di Firenze. A volte mi sento anche un po' imbarazzata, perché per quanto cerchi di tenermi, ho l'età che ho e modestamente non è che sia quella gran cosa, intendiamoci. Però il posto l'è bello, su questo niente da dire, se uno e'ha i' fiato pe' arrivacci poi quassù si sta bene dav- vero. L'attr'anno, non pe' dire, ma l'è venuto anche i' papa: 363

Transcript of L'attempata signora - add editore · 2019. 3. 5. · Buongiorn o signora intant, grazi de i aver...

  • aria il piccolo complesso di Barbiana che accolse don Lorenzo e lo vide all'opera nel

    dar vita a una delle esperienze scolastiche più importanti della storia

    della pedagogia mondiale.

    L'attempata signora

    Intervista di Fabrizio Silei alla Chiesetta

    di Barbiana che si fece scuola

    A essere intervistata oggi è la piccola chiesetta di Barbiana che si fece scuola. Son salito su apposta in una giornata bel-lissima per incontrarla. Per scambiare quattro chiacchiere con questa attempata signora fatta di travi e mattoni, di un oratorio e una canonica che era anche la casa per il parroco. È il piccolo complesso di Barbiana che accolse don Lorenzo e lo vide all'opera nel dar vita a una delle esperienze scola-stiche più importanti della storia della pedagogia mondiale che voglio interrogare. Naturalmente, trattandosi di signora

    Buongiorno signora, intanto grazie di aver accetta-to di parlare. Lei è uno dei luoghi più conosciuti al m o n d o in ambito pedagogico e visitato ogni anno da tante persone. Che effetto fa essere così famose e quando era giovane, se lo sarebbe mai aspettato? Beh, sinceramente, devo ammettere che fa piacere, dire di no 'un si po' dire. Rischio, lo so, il peccato di superbia, ma l'or-goglio l'è legittimo, non le pare? Sono sempre piena di visita-tori, pullman, gente, scolaresche, famiglie, che vengono a ve-

    "Non parliamo di quando arrivò lui, in che stato ero. Da vergognassi. Oggi mi pare d'esse' una villa da turisti, m e la passo da gran signora. Se don Lorenzo mi vedesse, per quanto m'avesse risistemata co' su ragazzi, io dico 'un mi riconoscerebbe nemmeno"

    attempata, che grazie alla sua fama è però sempre restaura-ta di fresco e tenuta a puntino, eviteremo di chiederle l'età e di essere indiscreti e non dovremmo meravigliarci per la sua parlata toscana e i suoi modi semplici: è una chiesetta di campagna addossata all'edificio più grande della canonica che è tutt'uno con lei. Detto questo, cominciamo.

    dermi come fossi i' Duomo di Firenze. A volte mi sento anche un po' imbarazzata, perché per quanto cerchi di tenermi, ho l'età che ho e modestamente non è che sia quella gran cosa, intendiamoci. Però il posto l'è bello, su questo niente da dire, se uno e'ha i' fiato pe' arrivacci poi quassù si sta bene dav-vero. L'attr'anno, non pe' dire, ma l'è venuto anche i' papa:

    363

  • Le interviste impossibili ]

    * f. i ?•• ai •

    mWm

    papa Francesco, con l'elicottero! Gl'è sceso da i' cielo come

    l 'arcangelo Gabriele, c'era u n sacco di gente, s'è inginocchia-

    to, ha pregato. M'ha fat to piacere perché noi quassù quando

    c'era don Lorenzi) a dire i' vero di papi e di vescovi 'un se n'è

    mai vista n e m m e n o l 'ombra. Ci soffriva poerino. Lettere sì,

    quelle i vescovi le mandavano. . . ma lasciamo perdere via...

    Si sarebbe mai aspettata, le chiedevo, di diventare così famosa?

    Ma n e m m e n o per idea, che discorsi... Io ero stata fatta per

    quat t ro contadini, senza t roppe pretese. All'epoca questi di-

    sgraziati dopo aver lavorato come ciuchi tut ta la set t imana

    ni' campo di' padrone si facevano un bel po' di chilometri a

    piedi e poi c'era da scalare i' salitone pe' venire alla messa a

    farsi dire quanto gl 'erano peccatori, icché dovevan pensare,

    chi dovevan votare e così via. Ma gl 'erano quat t ro gatti con

    un branco di mocciosi. Ora, s inceramente, io credo che oggi

    come oggi, se qui non ci fosse stato don Lorenzo, pace all'ani-

    ma sua benedet ta , io sarei bell'e f ranata . Chissà chi ci veniva

    qui, a fare icchè? Alla messa ora ci vanno comodi, quando ci

    vanno, la vogliono vicino casa, devono arrivare con la mac-

    china vicino alla panca e anche così ci vanno poco, sempre

    in meno.. . Invece per fortuna. . . A dire i' vero, pe' dilla tut-

    ta, sto meglio ora da vecchia che allora. Non par l iamo poi di

    quando arrivò lui, in che stato ero. Da vergognassi. Oggi imi

    pare d'esse' una villa da turisti, me la passo da gran

    signora. Se don Lorenzo mi vedesse, per quanto

    m'avesse risistemata co' su ragazzi, io dico 'un

    mi riconoscerebbe nemmeno .

    Ha anche la piscina adesso? No. ecco, lo sapevo, l 'errore che fanno tutti!

    Pensane che la piscina stretta e lunga, l 'ab-

    I jA • b iano fatta ora per lusso, invece la fece fare

    ì l i " I don Lorenzo. Non era

    \ * f i un t ipe da calcio e

    da biliardino,

    ma voleva che i ragazzi gl ' imparassino a nuotare , e anche a

    sciare. Sapeva che a un contadino gli bastava cascà in u n a

    pozza, magari sotto militare in un t raspor to di t r u p p e su u n a

    zattera, per morire affogato. Non pensava solo alla mente ,

    ma anche a i' fisico. Come si dice: Mens sana in corpore

    sano. Ora s'arriva bene a Barbiana? For tuna tamente no, non t roppo bene. Specie per chi arriva

    con i pul lman la s t rada l'è stret ta. Così se vogliono venire

    devono fare t re chilometri a piedi. Gli arr ivano al bivio di

    Piidulivo e lì c'è una s t radina s terra ta e at traverso il "Sentiero

    della Costituzione" s'arriva quassù. Chi mi vuol vedere deve

    fare u n po' di pellegrinaggio. Gl'è bene che gli assaggino ic-

    ché voleva dire stare qui per don Lorenzo.

    Ma come ha conosciuto don Lorenzo, ce lo raccon-ta? Certo che lei l'è un be' curioso. Ma l'è simpatico, la c'è sempre

    piaciuta quassù la gente curiosa.

    'L'n me lo scorderò mai, dovessi r imanere in piedi altri t re

    secoli, di quando gl'arrivo don Lorenzo qui da me. Gl'era il

    4 , no, aspetti un pochino, mi sbaglio: l 'era i' 6 di d icembre

    del 1954. Un lunedì. Pioveva come Iddio la mandava , f red-

    do, vento, da accapponare. Gl'era con l 'Eda, lui la

    chiamava la nonna . Abbracciati, con ques t 'om-

    brellino che il vento gli s t rappava dalle

    mani , fradici mezzi. Gl 'arr ivonno e n o n

    c'era nessuno ad accoglierli. Mi dispiaceva,

    ma io che potevo fare, le campane n u n le

    potevo mica sona ' da me. Lui venne den t ro

    di me, nella chiesa, s ' inginocchiò e si mise

    a pregare. Piangeva.

    "Mah' -, mi dissi. "Questo qui ci du ra t re

    giorni e semo d'accapo!" e invece mi sba-

  • La vi ta a Barbiana ai t emp i di don M i lan i : 1 .1 ragazzi nuotano ne l la piscina

    3 . I l volto pensieroso di don Lorenzo

    - 2. Una lez ione da segui re a t ten tamente , tutt i insieme -

    gliavo. Ci rimase fino alla fine. Fu un pessimo inizio. La roba la fu scaricata sotto l'acqua dai ragazzi di Calenzano al bivio, portata su con le bestie. A rimontare i mobili 'un trovavano i pezzi, materasse e mobili rovinati da i' fango e dall'acqua. L'Eda, precisìna com'era, la faceva attro che digni: "O hai visto andò c'hanno buttato! Hai visto indove ci siam ritrovi. Che posto brutto, che casa!" "Oh! modera le parole!" avrei voluto digni: "Sarai bellina te, sarai! Vecchia ciabatta!"

    L'aveva ragione però. Mi dispiaceva anche a me, ma c'era poco da fare. Una parrocchia di quaranta anime senza stra-de, né luce, né acqua... né scuola. Ma lui 'un si perse d'animo, piano piano, con l'aiuto dei ra-gazzi sistemarono la strada, feciano la luce coi gasse a bom-bole, dipinsero di celeste le porte... Come fece a convincere i ragazzi di qui ad aiutarlo? Devo ammettere che anch'io ci rimasi a porte spalancate, cioè a bocca aperta. M'ero detta: figuriamoci con i campi, le bestie, senza pagalli, se l'aiutano. E invece lavorarono a rimettere la strada anche con i' freddo e i' ghiaccio. Don Milani in una lettera al dottor Meucci gli scrisse: "E poi di-cono che la gioventù vuole il divertimento. Altri dicono che vuole l'organizzazione. Altri ancora che vuole un ideale di parte. Nessuno può supporre che si possa invitarla a re-

    galare per affetto. Non ho dato loro nemmeno da bere (perché sono contrario), né da fumare (perché sono con-trario). Qualunque altro prete sarebbe passato da avaro. Io invece, da buon giudeo ho la scuola con la quale pos-so illustrare i danni del bere e del fumo e risparmiare un mucchio di quattrini!". Diceva giudeo a scherzo, perché la mamma l'era di famiglia ebraica. E come nasce in don Lorenzo quest'idea di fare di lei una scuola?

    Una scuola, lei l'è gentile. Ero du' stanze serie serie. Come chiamare supermercato uno che vende le noci. Ma l'idea non si misura in metri quadri, e lui ce l'aveva già

    in testa da Calenzano quest'idea. Gl'era ostinato. All'inizio 'un capivo nemmeno io che bisogno che c era di perder tempo dietro ai contadini ignoranti e ciuchi. Vu' mi vor-rete scusare, ma gli aveo sempre visti fin da quando son nata in qui' modo... Diceva: "Io i' prete l'intendo solo

    così e lo fo così! E mi devono tollerare. Tollerano i preti che commerciano maiali e vino, devono tollerare anche

    me. E la scuola, fino a prova contraria, sta un gradino più in su del commercio dei maiali e delle gazzose. Se non gli va bene, prima mi devono dimostrare perché, e poi mi ritiro alla Certosa!". Gl'era un caratterino, sapete. Fra le tante cose che sono successe qui, i tanti perso-naggi che ci sono venuti... E, scusi se la interrompo, ce ne sono stati anche alcuni che sono scappati a gambe levate. C'era questo giornalista, gl'era venuto a parlare con i ragazzi. S'aspettava domande facili, da bambini. Gli scappò via infuriato... "Questa l'è un'imbosca-ta!" gridava! Questi bambini gl'erano diventati così bravi che tenevano testa a dottori e a professori. Don Lorenzo gli scris-se alla maestra Adele Corradi: "Venga a godersi lo spettacolo di Tranquillo - l'era un bambino si chiamava così - che si mangia gli statistici...".

    "Don Lorenzo diceva: 'Io i' prete l'intendo solo così e lo fo così! E mi devono tollerare. Tollerano i preti che commerciano maiali e vino, devono tollerare anche me'"

    Dicevo che, fra le tante cose, qui dentro di lei è sta-ta scritta Lettera a una professoressa, la lettera più famosa della storia della pedagogia. Lei se n'è accor-ta? Com'è andata? Che vuole, all'inizio ero un po' distratta. Pensavo alle rondini che facevano i' nido sotto le gronde, guardavo i' panorama, sonnecchiavo se i ragazzi non facevano troppo rumore. Chi s'immaginava che vu' venissi a farmi tutte queste domande. Poi piano piano mi sono appassionata a vederli trasformare così. A tutte quelle cose che imparavano loro e che imparavo anch'io. A volte nella frenesia delle discussioni avrei voluto dire la mia, allora facevo sbattere un'imposta, cadere un te-golo. Ma gl'omini non credono che anche le case e le cose ab-biano un'anima e se non ci credono, t'ha core a dire. Successe così: la maestra Adele la beccò un bambino arrabbiato con un foglio che gl'aveva scritto a una professoressa. C'era scrit-to: "Cara professoressa lei l'è una..." ci siamo capiti? Una...?

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  • Le interviste impossibili ]

    Ma lei è proprio di coccio. Una poco di bono... una di quelle... Ha capito ora? Che le devo fare un disegno? Lei creda a me, con don Lorenzo l'avrebbe vista dura... curioso va bene, ma la facevo più vispo. L'Adele la gli disse a don Lorenzo che l'era solo la rabbia di un ragazzo, "una porcheria" la disse e i' priore sorrideva guardando i' foglio. "La vuoi più bella? E noi la faremo più bella!" ni disse. Gl'era venuto l'idea geniale della lettera, si mise subito a i' lavoro con i ragazzi.

    È una domanda delicata. Delicata davvero. N o n la prenda male. Mi dica però. Lei si è mai sentita un po' responsabile, in colpa insomma, per la fine di don Lorenzo? La chiesa sussulta, freme quasi impercettibilmente, guardo la grande scritta I CARE fissata sulla porta e il vento solleva e fa ondeggiare i disegni sulla parete dell'aula. Lei china la testa, singhiozza. Poi prende fiato e risponde. Certo, certo che sì. Lo so benissimo di avere le mie colpe.

    "Impossibile per impossibile.. . perché la non ha intervistato direttamente don Lorenzo. Lui sì che Fera un buon parlatore, mica io"

    Un'ultima domanda. O quante la ne vuol sapere! Io sono anziana, m'ho anche da riposare. Ce ne sarebbe un poche e via di cose da dire su don Lorenzo, sui processi, i dispetti degli altri preti... Nun è pos-sibile dire quanto gl'ha patito e quanto gl'ha lottato. Con le mi mura ho visto cose... miracoli! Ragazzini che scappavano tornare, mamme con le lacrime agli occhi a baciargli le mani. Ragazze maritate tornare da lui come da un padre. Gnamo su, sentiamo l'ultima e poi basta davvero!

    LETTURE CONSIGLIATE La Chiesetta di Barbiana e don Lorenzo Milani

    Per cominciare, un libro di Fabrizio Silei: F. Silei. Il maestro, Roma, Orecchio acerbo, 2017, con le ili. di Simone Massi

    Don Milani, i l maestro raccontato a bambini e ragazzi: E. Affinati. Il sogno di un'altra scuola: don Milani raccontato ai ragazzi, Milano, Piemme, 2018

    G.Ba; R. Pagliarini. Don Milani, bestie, uomini e Dio, a cura di C. Ridolfi, Padova, BeccoGiallo, 2014 (a fumetti)

    M. Fabbri. Ho disegnato lettera a una professoressa, San Minialo, La Conchiglia di Santiago, 2017

    S. Fabris; S. Proniewicz. Don Milani, Trapani, i l Pozzo di Giacobbe, 2017

    A. Schiavon. Parole per timidi e disobbedienti, Torino, add, 2017

    Opere di Don Milani: Esperienze pastorali, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 2004

    Lettera a una professoressa, Milano, Mondadori, 2017

    Lettera ai cappellani militari. Lettera ai giudici, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2017

    L'obbedienza non è più una virtù: documenti del processo di Don

    Milani, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 2004

    Tutte le opere, Milano, Mondadori, 2017

    Qualche approfondimento: E. Affinati. L'uomo del futuro: sulle strade di don Lorenzo Milani, Mondadori, 2016

    "L'amore per la parola": un dossier di LiBeR per il cinquantesimo anniversario della morte di don Milani, LiBeR n. 116 (ott.-dic. 2016) con un'intervista a Silei disponibile nel portale LiBeRWEB: http://www.liberweb.it/CMpro-v-p-1222 .html

    I l f i lm: Barbiana '65: la lezione di Don Milani, regia di Alessandro G.A. D'Alessandro (2017)

    Che a quei tempi ero umida e fredda d'inverno e piena di spifferi nonostante le migliorie. Che non ero i' posto adat-to per lui e i suoi polmoni così fragili. L'era spesso malato, raffreddato, con la tossa. Io cercavo di tenere strette bene le pietre, serratele finestre, litigavo co'i' vento, lo pregavo di far piano, d'andare altrove a soffiare. Mi impegnavo per non far passare l'umido. Mi faceva male vederlo in qui' modo. Ho cercato di proteggerlo. Era troppo orgoglioso per ammetter-lo, per rinunciare, per andarsene. E anch'io ero tutta dolori,

    le mi' travi, le mi' ossa. Ho cercato di fare del mio me-glio. Quassù il panorama è stupendo, ma l'inverno è quello che è e io ero quello che ero senza riscaldamen-to, senza nulla. Io qui murata non potevo scappare, e lui nemmeno, non poteva sottrarsi alla sua chiamata e al suo martirio, lo capite? La colpa non è mia, è di chi ce l'ha mandato invece. Di chi l'ha esiliato qui per spegnerlo, per farlo tacere, ma non c'è riuscito, non c'è riuscito perché in don Lorenzo ardeva una fiamma troppo grande, troppo forte per farsi soffocare da loro. E io ho fatto del mio meglio per conservare e protegge-re quella fiamma e ne sono orgogliosa. Perché era una fiamma divina, era la fiamma del Cristo che si dedica agli ultimi e diventa ultimo rinunciando a tutto. E tanti che oggi si beano dei suoi scritti e del suo nome e fanno tante chiacchiere dovrebbero chiedersi se hanno fatto lo stesso... e qualcuno forse, dovrebbe anche chiedere scusa. Perché quassù a Barbiana, gl'è questo che stiamo ancora aspettando.

    C'è un lungo attimo di silenzio. Le mura sembrano tira-re il fiato, la luce si smorza. Ora se permette, però, una domanda la vorrei fare io a lei, posso? Mi dica Sa quando capii che don Lorenzo sarebbe rimasto qui per sempre? Il giorno dopo il suo arrivo, perché gli andò a Vicchio e si comprò i' posto a i' cimitero. Dove difatti l'è seppellito. Ma allora voglio dire. L'è venuto fino a qui, la poteva andare a Vicchio. Impossibile per impossibile... perché la non ha intervistato direttamente don Lorenzo. Lui sì che l'era un buon parlatore, mica io. Non lo so... intervistare un morto, disturbare una personalità così importante. . . Perché l'uomo di Neanderthal intervistato da quell'Italo Calvino, o Maria Sofia regina di Napoli quando l'intervistò

    http://www.liberweb.it/CMpro-v-p-1222.html

  • RIFLESSIONI Cosa avrebbe r isposto don Milani?

    Fabrizio Silei spiega perché ha scelto di intervistare la Chiesetta invece del sacerdote di Barbiana

    Mi è stato chiesto di fare un'intervista impossibile, sul modello di quelle realizzate a suo tempo da Italo Calvino, Carmelo Bene e Umberto Eco, per capirsi A me è stato chiesto di intervistare niente meno che don Lorenzo Mi-lani. L'offerta mi ha lusingato, ma anche, come si dice, mi ha fatto tremare le vene ai pol-si. Cercare di dedurre, indovinare, cosa don Lorenzo penserebbe della scuola di oggi, di quanto accade nel nostro Mediterraneo, di cosa stia-mo diventando e siamo diventati non è cosa semplice per due motivi almeno: il primo è che don Loren-zo Milani era geniale e se è facile dedurre da che parte starebbe, chi sarebbero i suoi allievi oggi, dove sarebbe situata la sua scuola, non lo è altrettanto immaginare che analisi avrebbe fatto del presente e cosa avrebbe ritenuto doveroso per sé fare in un'epoca fatta di In-ternet, smartphone e teologia della prosperità. Il secondo è che, qualsiasi cosa gli avessi fat-to dire sarebbe stata sbagliata per qualcuno perché una cosa la si capisce subito accostandosi alla vita e all'opera di don Lorenzo Milani e cioè che, per com'è stato e per la complessità del suo pensiero e le asperità del suo carat-tere, ognuno c'ha il suo don Milani e perfino i suoi allievi non si trovano d'accordo nel riferire chi era, com'era e cosa pensasse. C'era poi, non da ultimo, da fare i conti con la lingua di Milani e se è vero che sarei potuto ricor-

    Leonardo Sciascia, che eran vivi loro? No, erano morti, impossibile, appunto, proprio per questo... Vedo che s'è informata.. . Sa, ad aver fatto da scuola a generazioni di ragazzi, quarche cosa l'ho imparata. Bisogna leggere, informassi. Comunque glielo dico io perché è venuto a intervistare me e non ha in-tervistato don Lorenzo. Perché? Glielo dico io perché. Perché, la nun ha avuto coraggio. E ha fatto bene, ha fatto bene a non stuzzicallo. A lasciallo lì a roto-lassi nella tomba ni' vede' come adesso che non può più di' la sua tutti lo tirano per la tonaca dalla loro parte e si fanno belli citando i suoi discorsi, oppure lo offendono e diffamano nel peggiore dei modi. Ma soprattutto si rotola nella tomba nel vede' com'è ridotta la scuola, come trattiamo gli ultimi, come educhiamo i bambini e i ragazzi. "Scemi! Ipocriti!" v'avrebbe detto, se aveste provato a intervistallo e vu' saresti dovuto scappare dal cimitero di Vicchio a gambe levate. Perché don Lorenzo era dolcissimo, generoso, ma sapeva essere anche aspro e violento alle volte. "Vedi", diceva. "Con la dolcezza

    rere ai suoi scritti o imitarne lo stile, anche su questo versante c'era di che preoccuparsi. Come si fa, andiamo, a dire io so cosa penserebbe e cosa risponderebbe don Lorenzo Milani? Davvero più facile far rispondere l'uo-mo di Neanderthal. C'era poi in lui un rigore da asceta,

    una ricerca di integrità assoluta, dai tratti a volte estremamente ri-soluti che si univa però alla provo-cazione verbale, la parolaccia usata per spiazzare, disorientare i propri studenti, togliersi di dosso la pati-na borghese o pretesca che questi potevano esser tentati di attribu-irgli, e anche, temprato da questo rigore, un certo umorismo provo-catorio. Giocarselo in un'intervista però non era cosa facile, c'è da star certi che ciascuno avrebbe trovato il modo di non riconoscersi nel mio don Lorenzo Milani perché ciascu-no di noi ricorda e rimuove le noti-zie che ne ha a seconda dell'imma-

    gine che si è andato costruendo di lui. E allora ho pensato bene, almeno spero, di contropro-porre all'intervista propostami, un'intervista ancora più surreale, visto che impossibile ha da essere, che lo sia fino in fondo. L'ho fatto sia per giocare di sponda, avere maggiore ro-tondità nell'approccio, che per poterla rendere un po' più scoppiettante e anche divertente, com'è nella tradi-zione delle interviste impossibili.

    raggiungerei soltanto quelli che non hanno bisogno delle mie osservazioni. Con la durezza invece ho la speranza di scon-quassare quelli, in buona fede, che non potrei raggiungere". E lei, forse, ammesso che sia in buona fede, forse aveva un po' paura d'esse' sconquassato. Dico bene? Scendo da Barbiana nell'ora dell'Ave Maria, con la coda fra le gambe, e il suono della campana ammonitrice mi saluta beffardo e mi accompagna. Ho nel registratore la mia inter-vista registrata, fatta di scricchiolii, frulli di passeri, silenzi d'altare, raggi di sole e profumo di cipressi da trascrivere e calando per il discesone chino la fronte e mi tornano i mente i versi dell'accademico poeta, ora così calzanti:

    Una di flauti lenta melodia passa invisibil fra la terra e il cielo: spiriti forse chefuron, che sono e che saranno?

    Un oblio lene de la faticosa vita, un pensoso sospirar quiete, una soave volontà di pianto Vanirne invade...

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    III. di Elena Milani Comparetti da

    Esperienze pastorali (1958)

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