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L’Osservatore Romano il Settimanale Città del Vaticano, giovedì 24 settembre 2020 anno LXXIII, numero 39 (4.063) Formare i giovani alla cura della dignità umana

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L’Osservatore Romanoil SettimanaleCittà del Vaticano, giovedì 24 settembre 2020anno LXXIII, numero 39 (4.063)

Formare i giovani alla curadella dignità umana

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L’Osservatore Romanogiovedì 24 settembre 2020il Settimanale

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L’OS S E R VAT O R E ROMANO

Unicuique suum Non praevalebunt

Edizione settimanale in lingua italiana

Città del Vaticanoo r n e t @ o s s ro m .v a

w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

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GIANLUCA BICCINICo ordinatore

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Papa Francesco è ritornato a parlare di un temache a lui sta molto a cuore: il futuro. Lo hafatto parlando alla redazione della rivista bel-ga «Te r t i o » lo scorso giovedì 18 settembre,con queste parole: «Il professionista cristianodell’informazione deve dunque essere un por-tatore di speranza e di fiducia nel futuro. Per-ché solamente quando il futuro è accolto comerealtà positiva e possibile, anche il presente di-venta vivibile».

Il presente, dice il Papa, in qualche modo, ègenerato, nella sua concreta possibilità, dal fu-turo. Immaginare il futuro, un futuro possibi-le, “umano”, è determinante per poter vivere ilpresente. Significativo l’uso del verbo “acco-g l i e re ”: futuro e presente sono due doni (laparola “p re s e n t e ” lo indica già nel suo signifi-cato) che l’uomo può e deve saper ricevere. Sipotrebbe dire anche di più: che anche il passa-to nasce, “p ro v i e n e ”, dal futuro. Di fronte allesfida rappresentata dal futuro, che è sempreuna “av-ventura”, qualcosa che sta per venire,ogni uomo esamina il presente e lo fa sullascorta del passato, cioè riattiva la memoria percercare, nel bagaglio della sua esperienza, unsuggerimento, una strada per attraversare ilmomento che ha di fronte. È il futuro stessoche, presentandosi, opera questa riattivazionedella memoria, riportando alla mente scene, si-tuazioni, episodi del passato. Ecco perché ilfuturo è così importante, esso ci dice che l’uo-mo è de-centrato, trova il suo baricentro fuoridi sé, in qualcosa che lo precede, che gli stadavanti e lo attira.

Questo vale per ogni uomo e ancora di piùper il cristiano. Egli sa che il suo “c u o re ”, ilcentro della sua vita, è in Dio e finché non “ri-p osa” in Dio (come ha colto il genio disant’Agostino) è inquieto, è appunto de-cen-trato. Questo cuore quindi è “al di là”, è nelfuturo che per ora si può solo immaginare.Questo è un aspetto caratterizzante del cristia-no che nutre la sua fede dall’ascolto della Pa-rola di Dio, leggendo il testo della Bibbia, unlibro che ha fatto un grande dono all’umanitàregalandogli, appunto, il futuro. Primadell’Antico e del Nuovo Testamento infatti ilfuturo non aveva una propria e legittima citta-dinanza nelle idee e nella vita degli uomini

antichi. Ad esempio per i greci il futuro nonc’era ma corrispondeva all’eterno ritornodell’identico, cioè alla ripetizione ciclica del pas-sato. Questo era il fato che, ineluttabile, comeuna ruota ritornava sempre su stesso non riu-scendo mai a sganciarsi dai ritmi della naturaper cui dopo l’inverno tornava sempre la pri-mavera e così via, per sempre. Ulisse torna acasa, a Itaca e finisce con incontrare Laertesuo padre, cioè il passato. Ad Abramo inveceil Signore parla proponendogli di andare inuna terra straniera che “ti indicherò”. E Abra-mo si muove, spinto, come dirà san Paolo, dauna “spes contra spem”, sperando contro ognisp eranza.

Per il cristiano il futuro dunque non soloriattiva la memoria, ma suscita la speranza,questa virtù nuova e decisiva che la Bibbiamette al centro dell’esistenza umana. Sempresan Paolo, parlando ai greci di Tessalonica,scrive loro della sorte delle persone defunte af-finché «non continuiate ad affliggervi come glialtri che non hanno speranza» (1 Ts 4, 13). Ilcristiano è l’uomo della speranza, che si sforzadi immaginare il futuro in cui confida perchéCristo è il Signore della storia, avendo spezza-to le catene del tempo con la sua incarnazio-ne, morte e risurrezione.

Così è il cristiano e così ancor più il «pro-fessionista cristiano dell’informazione» chia-mato oggi, dice il Papa, in questa fine estatedel 2020, «ad alimentare la speranza nella si-tuazione di pandemia che il mondo sta attra-versando. Voi siete seminatori di questa spe-ranza in un domani migliore. Nel contesto diquesta crisi, è importante che i mezzi di comu-nicazione sociale contribuiscano a far sì che lepersone non si ammalino di solitudine e pos-sano ricevere una parola di conforto». La sfidadel futuro è questa terribile malattia della soli-tudine, che già da decenni dilaga nelle societàoccidentali, per fortuna ci sono dei “p re s i d iosp edalieri”, e sono i giornalisti, anche loro ar-ruolati in questo grande “ospedale da campo”che è la Chiesa, portatrice di quella “grandesp eranza” di cui parlava Benedetto XVI nellaSpe salvi, la speranza che, sempre secondo sanPaolo, “non delude” (Romani 5).

Fr a n c e s c o :il cuoredell’uomoè “p ro t e s overso il futuro”

#editoriale

di ANDREA MONDA

La comunicazionesecondoil cristianoovvero l’e s e rc i z i odella speranza

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Cari fratelli e sorelle, sembra che il tempo non ètanto buono, ma vi dico buongiorno lo stesso!Per uscire migliori da una crisi come quella at-tuale, che è una crisi sanitaria e al tempo stes-so una crisi sociale, politica ed economica,ognuno di noi è chiamato ad assumersi la suaparte di responsabilità cioè condividere le re-sponsabilità. Dobbiamo rispondere non solocome persone singole, ma anche a partire dalnostro gruppo di appartenenza, dal ruolo cheabbiamo nella società, dai nostri principi e, sesiamo credenti, dalla fede in Dio. Spesso, pe-rò, molte persone non possono partecipare allaricostruzione del bene comune perché sonoemarginate, sono escluse o ignorate; certigruppi sociali non riescono a contribuirvi per-ché soffocati economicamente o politicamente.In alcune società, tante persone non sono libe-re di esprimere la propria fede e i propri valo-ri, le proprie idee: se le esprimono vanno incarcere. Altrove, specialmente nel mondo occi-dentale, molti auto-reprimono le proprie con-vinzioni etiche o religiose. Ma così non si puòuscire dalla crisi, o comunque non si puòuscirne migliori. Usciremo in peggio.

Affinché tutti possiamo partecipare alla curae alla rigenerazione dei nostri popoli, è giustoche ognuno abbia le risorse adeguate per farlo(cfr. Compendio della dottrina sociale della Chie-sa [CDSC], 186). Dopo la grande depressioneeconomica del 1929, Papa Pio XI spiegò quan-to fosse importante per una vera ricostruzioneil principio di sussidiarietà (cfr. Enc. Q u a d ra g e s i -mo anno, 79-80). Tale principio ha un doppiodinamismo: dall’alto verso il basso e dal bassoverso l’alto. Forse non capiamo cosa significaquesto, ma è un principio sociale che ci fa piùuniti.

Da un lato, e soprattutto in tempi di cam-biamento, quando i singoli individui, le fami-glie, le piccole associazioni o le comunità loca-li non sono in grado di raggiungere gli obietti-vi primari, allora è giusto che intervengano ilivelli più alti del corpo sociale, come lo Stato,per fornire le risorse necessarie ad andareavanti. Ad esempio, a causa del lockdown per ilcoronavirus, molte persone, famiglie e attività

economiche si sono trovate e ancora si trovanoin grave difficoltà, perciò le istituzioni pubbli-che cercano di aiutare con appropriati inter-venti sociali, economici, sanitari: questa è laloro funzione, quello che devono fare.

D all’altro lato, però, i vertici della societàdevono rispettare e promuovere i livelli inter-medi o minori. Infatti, il contributo degli indi-vidui, delle famiglie, delle associazioni, delleimprese, di tutti i corpi intermedi e anche del-le Chiese è decisivo. Questi, con le proprie ri-sorse culturali, religiose, economiche o di par-tecipazione civica, rivitalizzano e rafforzano ilcorpo sociale (cfr. CDSC, 185). Cioè, c’è unacollaborazione dall’alto in basso, dallo Statocentrale al popolo e dal basso in alto: delleformazioni del popolo in alto. E questo è pro-prio l’esercizio del principio di sussidiarietà.

Ciascuno deve avere la possibilità di assu-mere la propria responsabilità nei processi diguarigione della società di cui fa parte. Quan-do si attiva qualche progetto che riguarda di-rettamente o indirettamente determinati grup-pi sociali, questi non possono essere lasciatifuori dalla partecipazione. Per esempio: “Cosafai tu? — Io vado a lavorare per i poveri —Bello, e cosa fai? — Io insegno ai poveri, io di-co ai poveri quello che devono fare — No,questo non va, il primo passo è lasciare che ipoveri dicano a te come vivono, di cosa hannobisogno: Bisogna lasciar parlare tutti! E cosìfunziona il principio di sussidiarietà. Non pos-siamo lasciare fuori della partecipazione questagente; la loro saggezza, la saggezza dei gruppipiù umili non può essere messa da parte (cfr.Esort. ap. postsin Querida Amazonia [QA], 32;Enc. Laudato si’, 63). Purtroppo, questa ingiu-stizia si verifica spesso là dove si concentranograndi interessi economici o geopolitici, comead esempio certe attività estrattive in alcunezone del pianeta (cfr. QA, 9.14). Le voci deipopoli indigeni, le loro culture e visioni delmondo non vengono prese in considerazione.Oggi, questa mancanza di rispetto del principiodi sussidiarietà si è diffusa come un virus. Pen-siamo alle grandi misure di aiuti finanziari at-tuate dagli Stati. Si ascoltano di più le grandicompagnie finanziarie anziché la gente o colo-ro che muovono l’economia reale. Si ascoltanodi più le compagnie multinazionali che i movi-menti sociali. Volendo dire ciò con il linguag-gio della gente comune: si ascoltano più i po-tenti che i deboli e questo non è il cammino,non è il cammino umano, non è il camminoche ci ha insegnato Gesù, non è attuare ilprincipio di sussidiarietà. Così non permettia-mo alle persone di essere «protagoniste delproprio riscatto» (Messaggio per la 106.maGiornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato,13 maggio 2020). Nell’inconscio collettivo dialcuni politici o di alcuni sindacalisti c’è que-sto motto: tutto per il popolo, niente con ilpopolo. Dall’alto in basso ma senza ascoltarela saggezza del popolo, senza far attuare que-

A t t u a reil principiodi sussidiarietàascoltandoi più deboli

Al l ’udienza generaleil Ponteficespiegache o si lavorainsiemeo non si uscirà maidalla crisi

#catechesi

«Sussidiarietà e virtù della speranza»:questi i due aspetti approfonditi da PapaFrancesco all’udienza generale di mercoledìmattina, 23 settembre, proseguendo nel Cortiledi San Damaso il ciclo di catechesi sul tema«Guarire il mondo» in tempo di pandemia.

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La vicinanza del Papa alla gentedi Cuba che soffre per la pandemia

sta saggezza nel risolvere dei problemi, in que-sto caso nell’uscire dalla crisi. O pensiamo an-che al modo di curare il virus: si ascoltano piùle grandi compagnie farmaceutiche che glioperatori sanitari, impegnati in prima linea ne-gli ospedali o nei campi-profughi. Questa nonè una strada buona. Tutti vanno ascoltati,quelli che sono in alto e quelli che sono inbasso, tutti.

Per uscire migliori da una crisi, il principio disussidiarietà dev’essere attuato, rispettandol’autonomia e la capacità di iniziativa di tutti,specialmente degli ultimi. Tutte le parti di uncorpo sono necessarie e, come dice San Paolo,quelle parti che potrebbero sembrare più de-boli e meno importanti, in realtà sono le piùnecessarie (cfr. 1 Cor 12, 22). Alla luce di que-

sta immagine, possiamo dire che il principiodi sussidiarietà consente ad ognuno di assume-re il proprio ruolo per la cura e il destino dellasocietà. Attuarlo, attuare il principio di sussi-diarietà dà s p e ra n z a , dà s p e ra n z a in un futuropiù sano e giusto; e questo futuro lo costruia-mo insieme, aspirando alle cose più grandi,ampliando i nostri orizzonti (cfr. Discorso aigiovani del Centro Culturale Padre Félix Varela,L’Avana – Cuba, 20 settembre 2015). O insie-me o non funziona. O lavoriamo insieme peruscire dalla crisi, a tutti i livelli della società, onon ne usciremo mai. Uscire dalla crisi non si-gnifica dare una pennellata di vernice alle si-tuazioni attuali perché sembrino un po’ piùgiuste. Uscire dalla crisi significa cambiare, e ilvero cambiamento lo fanno tutti, tutte le per-sone che formano il popolo. Tutte le professio-ni, tutti. E tutti insieme, tutti in comunità. Senon lo fanno tutti il risultato sarà negativo.

In una catechesi precedente abbiamo vistocome la solidarietà è la via per uscire dalla cri-si: ci unisce e ci permette di trovare propostesolide per un mondo più sano. Ma questocammino di solidarietà ha bisogno della sussi-diarietà. Qualcuno potrà dirmi: “Ma padre og-gi sta parlando con parole difficili!”. Ma perquesto cerco di spiegare cosa significa. Solida-li, perché andiamo sulla strada della sussidia-rietà. Infatti, non c’è vera solidarietà senzapartecipazione sociale, senza il contributo deicorpi intermedi: delle famiglie, delle associa-zioni, delle cooperative, delle piccole imprese,delle espressioni della società civile. Tutti de-vono contribuire, tutti. Tale partecipazioneaiuta a prevenire e correggere certi aspetti ne-gativi della globalizzazione e dell’azione degliStati, come accade anche nella cura della gen-te colpita dalla pandemia. Questi contributi“dal basso” vanno incentivati. Ma quanto èbello vedere il lavoro dei volontari nella crisi. Ivolontari che vengono da tutte le parti sociali,volontari che vengono dalle famiglie più bene-stanti e che vengono dalle famiglie più povere.Ma tutti, tutti insieme per uscire. Questo è so-lidarietà e questo è principio di sussidiarietà.

Durante il lockdown è nato spontaneo il ge-sto dell’applauso per i medici e gli infermieri ele infermiere come segno di incoraggiamento edi speranza. Tanti hanno rischiato la vita etanti hanno dato la vita. Estendiamo questoapplauso ad ogni membro del corpo sociale, atutti, a ognuno, per il suo prezioso contributo,per quanto piccolo. “Ma cosa potrà fare quellodi là? — Ascoltalo, dagli spazio per lavorare,consultalo”. Applaudiamo gli “scartati”, quelliche questa cultura qualifica “scartati”, questacultura dello scarto, cioè applaudiamo gli an-ziani, i bambini, le persone con disabilità, ap-plaudiamo i lavoratori, tutti quelli che si met-tono al servizio. Tutti collaborano per usciredalla crisi. Ma non fermiamoci solo all’applau-so! La s p e ra n z a è audace, e allora incoraggia-moci a sognare in grande. Fratelli e sorelle,impariamo a sognare in grande! Non abbiamopaura di sognare in grande, cercando gli idealidi giustizia e di amore sociale che nasconodalla speranza. Non proviamo a ricostruire ilpassato, il passato è passato, ci aspettano cosenuove. Il Signore ha promesso: “Io farò nuovetutte le cose”. Incoraggiamoci a sognare ingrande cercando questi ideali, non proviamo aricostruire il passato, soprattutto quello cheera iniquo e già malato, che ho nominato giàcome ingiustizie. Costruiamo un futuro dovela dimensione locale e quella globale si arric-chiscano mutualmente — ognuno può dare ilsuo, ognuno deve dare del suo, la sua cultura,la sua filosofia, il suo modo di pensare —, do-ve la bellezza e la ricchezza dei gruppi minorianche dei gruppi scartati possa fiorire perchépure lì c’è bellezza, e dove chi ha di più si im-pegni a servire e a dare di più a chi ha di me-no.

#catechesi

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 3

A cinque anni dal viaggio a Cuba, Papa Francesco ha ricordato «tutti i figli e le figlie di quella amataterra», assicurando loro «vicinanza e preghiera... in questi tempi difficili» di pandemia. Al terminedell’udienza, prima di recitare il Padre nostro e impartire la benedizione, il Pontefice ha infatti comedi consueto salutato i gruppi di fedeli presenti e quelli collegati attraverso i media, e in spagnolo ha parlatodella storica visita in terra cubana (19-22 settembre 2015).

Saluto cordialmente i pellegrini di lingua francese.Apparteniamo tutti ad un unico “corp o” e tutte le membra di un corpo sono necessarie, cidice San Paolo! Per uscire meglio dalla crisi attuale, vi invito ad assumervi la vostra partedi responsabilità, anche se piccola, per costruire un mondo più giusto e più fraterno. Diovi benedica!

Saluto cordialmente i fedeli di lingua inglese. Mentre l’estate volge al termine, auguro chequesti giorni di riposo portino a tutti pace e serenità. Su di voi e sulle vostre famiglieinvoco la gioia del Signore Gesù Cristo. Dio vi benedica!

Rivolgo un cordiale benvenuto ai fratelli e alle sorelle di lingua tedesca. Il Signore ciinvita a contribuire con i doni che ci ha dato al bene della società. Confidando nel suoaiuto vogliamo costruire insieme un futuro pieno di speranza, giustizia e pace. Lo SpiritoSanto ci accompagni sempre con la sua forza.

Saludo cordialmente a los fieles de lengua española. ¡Son tantos hoy! En estos días se hancumplido cinco años de mi viaje apostólico a Cuba. Saludo a mis hermanos Obispos y atodos los hijos e hijas de esa amada tierra. Les aseguro mi cercanía y mi oración. Pido alSeñor, por intercesión de Nuestra Señora de la Caridad del Cobre, que los libre y alivieen estos momentos de dificultad que atraviesan a causa de la pandemia. Y a todos, que elSeñor nos conceda construir juntos, como familia humana, un futuro de esperanza, en elque la dimensión local y la dimensión global se enriquezcan mutuamente, florezca la be-lleza y se construya un presente de justicia donde todos se comprometan a servir y a com-partir. Que Dios los bendiga a todos.

Saluto cordialmente i pellegrini e ascoltatori di lingua portoghese e vi incoraggio a cercaresempre lo sguardo della Madonna che conforta quanti sono nella prova e tiene ap ertol’orizzonte della speranza. Nell’affidare voi e le vostre famiglie alla sua protezione, invocosu tutti la Benedizione di Dio.

Saluto i fedeli di lingua araba. In mezzo alle difficoltà in cui vive il mondo di oggi, laparola di Dio rimane l’unico approdo sicuro, la guida e la fonte del vigore necessario, peraffrontare, con autentica speranza, le sfide della vita e per contribuire alla costruzionedella casa comune. Il cristiano è pertanto chiamato alla vita, non alla disperazione, perchél’ultima parola è quella di Dio, non quella degli uomini. Il Signore vi benedica tutti e viprotegga sempre da ogni male.

Saluto cordialmente tutti i Polacchi. Sono tanti qui!Tra poco benedirò una campana che si chiama «La Voce dei non Nati», commissionatadalla Fondazione “Sì alla Vita”. Essa accompagnerà gli eventi volti a ricordare il valoredella vita umana dal concepimento alla morte naturale. La sua voce risvegli le coscienzedei legislatori e di tutti gli uomini di buona volontà in Polonia e nel mondo. Il Signore,unico e vero Donatore della vita benedica voi e le vostre famiglie.

Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli di lingua italiana. Tutti incoraggio a progettare ilproprio futuro come un generoso servizio a Dio e al prossimo.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, ai giovani, ai malati e agli sposinovelli. La testimonianza di fede e di carità che animò san Pio da Pietrelcina, di cui oggifacciamo memoria, sia per ciascuno un invito a confidare sempre nella bontà di Dio,accostandosi con fiducia al Sacramento della Riconciliazione, di cui il Santo del Gargano,instancabile dispensatore della misericordia divina, fu assiduo e fedele m i n i s t ro .

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C’erano i poveri della città di Como — c a rc e r a t i ,profughi, vittime della tratta e senza tetto, «ifratelli e le sorelle ai quali egli ha voluto piùbene» ha affermato il vescovo Oscar Cantoni— sabato mattina, 19 settembre, in cattedraleper la messa di suffragio del loro padre e ami-co don Roberto Malgesini, ucciso martedìscorso mentre stava servendo gli “ultimi”.

Francesco, in unione spirituale con loro, eanche con l’intera comunità di Como, ha volu-to essere spiritualmente presente alla concele-brazione — con il vescovo diocesano c’eranoaltri sei presuli e numerosi sacerdoti — attra-verso il cardinale elemosiniere Konrad Kraje-wski che, dopo aver presieduto la messa, è an-dato a consegnare personalmente ai genitori didon Roberto — con il gesto di baciare le loromani — una corona del rosario, dono del Pon-tefice. Altre coroncine sono state portate dalporporato per «il ragazzo sfortunato che è incarcere», per i poveri e i volontari vicini a donRob erto.

In particolare, alla messa era presente il po-polo delle parrocchie di Regoledo di Cosio(dove don Roberto è nato), Gravedona, Lipo-mo (lì è stato vicario) e i rappresentanti dellacomunità Beato Giovanbattista Scalabrini do-ve ha esercitato il suo ministero pastorale. Leofferte raccolte durante il rito — ma ancheall’uscita della cattedrale e nelle piazze (sonostati allestiti tre maxischermi nelle piazze Gri-moldi, Verdi e Cavour) — saranno destinate al-la carità del Papa e ai poveri della diocesi.

«Vi porto un saluto e un abbraccio fraternoda parte del Santo Padre. Lui sta con noi. Siunisce a noi nella preghiera» ha detto il cardi-nale Krajewski. «Appena è giunta la notizia inVaticano della morte di don Roberto — ha af-fermato — il Santo Padre, nell’udienza genera-le di mercoledì scorso, ha ripreso le parole delvostro vescovo che sono uscite dal cuore delbuon pastore e ha affermato: “Rendo lode aDio della testimonianza, cioè del martirio didon Roberto, testimone della carità verso i piùp overi”».

«Papa Francesco sta con noi e si unisce aldolore e alla preghiera dei familiari di don Ro-berto, bacia proprio le loro mani», ha fattopresente il cardinale elemosiniere. E «si unisceai fedeli della sua parrocchia, ai fratelli biso-gnosi che ha servito con tutto il cuore finoall’ultima mattina, e a tutta la comunità coma-sca».

La vicinanza del Papa è stata profondamen-te sentita da tutti: «Don Roberto è morto,quindi vive. L’amore non muore mai, neppurecon la morte. La pagina del Vangelo che noisacerdoti spesso leggiamo e che don Roberto

gno, non il mio”. Questa pagina si riferisce inparticolare a noi sacerdoti, che dobbiamo vive-re il puro Vangelo, che dobbiamo diffonderela fragranza di Gesù dovunque andiamo. Èproprio la preghiera del cardinal Newman chemadre Teresa raccomandava alle sue sorelleche ogni giorno escono a servire i poveri perrappresentare Gesù stesso: “Caro Gesù, / aiu-tami a diffondere la Tua fragranza ovunquevada, / inonda la mia anima con il Tuo Spiritoe la Tua Vita. / Penetra e possiedi tutto il mioessere, / così completamente che la mia vita /non sia che un riflesso luminoso della Tua. /Risplendi attraverso di me, e sii così presentein me, / che ogni anima con cui vengo a con-tatto sperimenti / la Tua presenza nella miaanima. Che alzino gli occhi e vedano non piùme, ma Gesù soltanto! Rimani con me, / e al-lora comincerò a risplendere / come Tu ri-splendi; / risplendere in modo da essere luceper gli altri. / La luce, o Gesù, proverrà tuttada Te; / niente di essa sarà mia. / Sarai Tu arisplendere sugli altri attraverso di me. / Fa’

Nell’abbraccio del Papail ricordo di don Malgesini

Messa di suffragiop re s i e d u t a

dal cardinaleK ra j e w s k i

che ha testimoniatola vicinanza

spiritualedi Francesco

a tutto il popolodi Como

#chiesainitalia

Fedeli assistono alla celebrazione( An s a )

ci ricorda proprio oggi, la pagina che non sipuò strappare mai dal Vangelo, ci ricorda:“Non c’è amore più grande di questo, dare lavita per i suoi amici”. Non si può essere cri-stiani fino in fondo se questa pagina non è fat-ta nostra. Perché questo è capitato a don Ro-berto e non a me? Non lo so. Lui nella sua vi-ta ha incorporato la preghiera di Gesù: “Pa d renostro, sia la tua volontà non la mia, sia santi-ficato il tuo nome, non il mio, venga il tuo re-

che, così, io ti lodi nel modo che più ami: / ri-splendendo di luce su coloro che sono attornoa me. / Fa’ che ti annunci senza predicare, /non a parole, ma con l’esempio, / con una for-za che trascina, / con l’influenza benevola diciò che faccio, / con la pienezza tangibiledell’amore / che il mio cuore porta per Te.Amen”».

CO N T I N UA A PA G I N A 12

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Un uomo che aveva dedicato interamente la suavita agli ultimi degli ultimi, quelli che nonhanno nemmeno un tetto sulla testa. Quasi un“santo della porta accanto”, come lo ricorda ilsuo vescovo. Un prete di strada, letteralmente,anche se non amava dirsi tale. Ma era lì, sullastrada, che don Roberto Malgesini, 51 anni,collaboratore dell’unità pastorale Beato Scala-brini di Como, passava le sue giornate, dall’al-ba a notte inoltrata, sempre pronto ad aiutare isuoi amici, migranti e persone senza dimora. Eproprio sulla strada è morto il 15 settembre,accoltellato da uno di quelli che aiutava, unapersona con gravi problemi psichici, di originetunisina. Come Charles de Foucauld in Alge-ria, come don Renzo Beretta a Ponte Chiassonel 1991. Nello stesso giorno in cui ricorre l’an-niversario dell’assassinio di don Pino Puglisi aPalermo. Incredibile coincidenza.

«Credo profondamente che la vita non ciappartiene e nulla succede a caso», commentail diacono Roberto Bernasconi, direttore diCaritas Como: «Sapeva che sarebbe potutoaccadere qualcosa. La sua frase ricorrente era:“Mi chiedo sempre cosa vuole Gesù da me?”Si riteneva uno strumento nelle mani del Si-gnore, voleva recuperare la dimensione dellaCroce nelle persone sofferenti che incontrava».Bernasconi paragona la sua morte a un marti-rio, perché «frutto del suo impegno disinteres-sato».

Erano amici da una vita i due Roberto, sivedevano spesso e collaboravano, seppure constili diversi, nella missione comune dell’aiutoai poveri. Il sacerdote ucciso era anche moltolegato al vescovo di Como, Oscar Cantoni,suo padre spirituale ai tempi del seminario. Ilpresule aveva confermato l’impegno di donRoberto tra i senza dimora di Como, si con-frontavano spesso. «Sono convinto che donRoberto sia stato un santo della porta accanto— ha detto monsignor Cantoni — per la suasemplicità, per l’amorevolezza con cui è anda-to incontro a tutti, per la stima che ha ricevutoda tanta gente anche non credente o non cri-stiana, per l’aiuto fraterno e solidale che havoluto dare a tutti in questa città che ha tantobisogno di imparare la solidarietà perché que-sto è il nuovo nome della pace».

I duecentocinquanta senza dimora presentiin città trovavano la sua porta sempre aperta.Al mattino portava la colazione a una settanti-na di persone, aiutato da un piccolo gruppodi volontari. Durante la giornata incontrava isuoi amici: sulle panchine, alla mensa, li ac-compagnava in ospedale. Praticamente vivevain strada con loro. «Mi rimane nel cuore lasua semplicità e costanza nel vivere una vitacosì faticosa», aggiunge il direttore della Cari-tas di Como: «Si alzava tutte le mattine alle 4,andava a pregare in chiesa e poi partiva per le

sue azioni concrete, frutto di questa preghie-ra». Le persone che aiutava facevano partedella sua vita. E loro ricambiavano l’affetto. Sifidavano e affidavano. Per loro era disponibile24 ore su 24. E quando non riusciva a trovaresoluzioni concrete, chiedeva aiuto alla Caritas.Non aveva una parrocchia ma celebrava lemesse nell’unità pastorale.

Probabilmente è stato ucciso per un motivobanale. Tant’è che chi ha commesso il gesto siè subito recato dai carabinieri per costituirsi.Una persona con un disagio mentale grave,che girava per le strade di Como da una venti-na d’anni, senza familiari, perso nella solitudi-ne e nei meandri oscuri della sua psiche. E chetuttavia, stando alla questura, non risultava incarico ai servizi sociali. Don Roberto gli avevadato la possibilità di dormire al coperto in unaparrocchia perché era difficile da gestire in undormitorio. Gli ricordava di prendere le medi-cine. «In Italia — afferma Bernasconi — la ma-lattia psichica è la Cenerentola del sistema sa-nitario e questi sono i risultati. Credo ci siaanche una responsabilità delle istituzioni per-ché tutto viene demandato alla Caritas, allecomunità parrocchiali e alle altre associazionima non c’è niente di strutturato per aiutarli adaffrontare un cammino di recupero».

Il direttore della Caritas, addolorato, osser-va le reazioni sui social e si intristisce perché ègià iniziata la caccia all’untore, e subito lestrumentalizzazioni politiche. «Vorrei inveceche la sua morte — confida — diventasse un se-me per far nascere una nuova società ma saràmolto difficile far passare questa idea, anchenelle nostre comunità. Almeno un tentativoandrebbe fatto. Però questo è il momento dirispettare il dolore dei familiari e pregare perlui. Verrà il giorno in cui bisognerà fare questevalutazioni».

Don Roberto Malgesini, nato a Morbegno,in Valtellina, ha tre fratelli. Sapevano che siesponeva a rischi, però rispettavano il suo sen-tire. «Lascia un vuoto a livello di ideali — con-clude Bernasconi — perché era colui che li te-neva vivi. Noi arrivavamo dopo per renderliconcreti. Speriamo di riuscire a prendere esem-pio da lui e di avere la possibilità di migliorareil cammino della Caritas e il cammino dellecomunità parrocchiali nell’attenzione alle per-sone». Nella serata di martedì, tutta la comu-nità ecclesiale di Como si è riunita in cattedra-le per pregare il rosario, per lui e per il suo as-s a l i t o re .

Si chiedevas e m p re :«Cosa vuoleGesù da me?»

Il ricordodel direttore

della Caritasdiocesana

#chiesainitalia

di PAT R I Z I A CA I F FA

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L’Osservatore Romanogiovedì 24 settembre 2020il Settimanale

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Cari fratelli sacerdoti,mi rallegro che anche quest’anno, nonostantele limitazioni necessarie per contrastare la pan-demia, vi siate ritrovati assieme ai vostri Vesco-vi nel Santuario della Madonna di Caravag-gio.

Ringrazio la Conferenza Episcopale Lom-barda, che da sei anni organizza questa gior-nata di preghiera e fraternità con il clero an-ziano e ammalato. È bella quest’attenzione deipastori per la parte fisicamente più fragile delloro presbiterio. In realtà, siete sacerdoti che,nella preghiera, nell’ascolto, nell’offerta dellesofferenze, compite un ministero non seconda-rio nelle vostre Chiese.

Ringrazio l’UN I TA L S I e quanti si adoperanoper la buona riuscita di questo incontro. Colloro impegno concreto e con lo spirito che lianima, i volontari esprimono la gratitudine ditutto il popolo di Dio verso i suoi ministri.

uno spazio limitato, sembravano interminabilie sempre uguali. Abbiamo sentito la mancanzadegli affetti più cari e degli amici; la paura delcontagio ci ha ricordato la nostra precarietà.In fondo, abbiamo conosciuto quello che alcu-ni di voi, come anche molti altri anziani, vive-te quotidianamente. Spero tanto che questoperiodo ci aiuti a capire che, molto piùdell’occupare spazi, è necessario non sciupareil tempo che ci viene donato; che ci aiuti a gu-stare la bellezza dell’incontro con l’altro, aguarire dal virus dell’autosufficienza. Non di-mentichiamo questa lezione!

Nel periodo più duro, pieno «di un silenzioassordante e di un vuoto desolante» (Mo m e n t odi preghiera, 27 marzo 2020), tanti, quasi spon-taneamente, hanno sollevato il loro sguardo alCielo. Con la grazia di Dio, può essereun’esperienza di purificazione. Anche per lanostra vita sacerdotale la fragilità può essere

Vi mando di cuore la mia benedizione. Evoi, per favore, non dimenticatevi di pregareper me.

Roma, San Giovanni in Laterano, 13 agosto2020

Guarire dal virusdell’autosufficienza

Il Papanella Giornatadei preti anzianie malatidella Lombardia

#messaggio

«come il fuoco del fonditoree come la lisciva dei lavan-dai» (Ma l 3, 2) che, innalzan-doci verso Dio, ci raffina e cisantifica. Non abbiamo pauradella sofferenza: il Signoreporta la croce con noi!

Cari fratelli, alla VergineMaria affido ciascuno di voi.A lei, Madre dei sacerdoti, ri-cordo nella preghiera i tantipreti deceduti a causa di que-sto virus e quanti stanno af-frontando il percorso di riabi-litazione.

La speranza «che questo periodo» di pandemia da covid-19 «ci aiuti a guarire dal virusdell’autosufficienza» è stata espressa da Papa Francesco in un messaggio inviato ai partecipantialla Giornata dei sacerdoti anziani e malati della Lombardia, riuniti nel santuario marianodi Caravaggio giovedì 17 settembre. Eccone il testo.

Ed è soprattutto a voi, cari confratelli chevivete il tempo della vecchiaia o l’ora amaradella malattia, che sento il bisogno di dire gra-zie. Grazie per la testimonianza di amore fede-le a Dio e alla Chiesa. Grazie per l’annunciosilenzioso del vangelo della vita. Grazie perchésiete memoria viva cui attingere per costruire ildomani della Chiesa.

Negli ultimi mesi, tutti abbiamo sperimenta-to delle restrizioni. Le giornate, trascorse in

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il Settimanale L’Osservatore Romanogiovedì 24 settembre 2020

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C

La letteradel cardinalePa ro l i n

«La tradizionale giornatadedicata all’UniversitàCattolica del Sacro Cuore sisvolge quest’anno in uncontesto molto particolare,segnato da una pandemiache sta condizionando lavita di tutta l’umanità».Inizia così la lettera inviatanella circostanza festiva dalcardinale Pietro Parolin,segretario di Stato,all’arcivescovo di MilanoMario Delpini, presidentedell’Istituto Toniolo di studisuperiori. «L’impatto delcontagio sulla vita sociale —ha aggiunto — ha resonecessaria lariorganizzazione, per ragionisanitarie, del sistemaformativo in tutti i suoiordini e gradi. Anche ilmondo universitario è statocostretto a modificareprofondamente le modalitàdi gestione delle proprieattività accademichepassando dalla tradizionalefrequentazione delle sedi aisupporti informatici edigitali che consentono dioperare a distanza. Difronte ad un tale scenario iltema scelto “Alleati per ilf u t u ro ” assume significatinuovi e implica peculiariresponsabilità. Il mondouniversitario, infatti, oltre adessere colpito come gli altriambiti della vita socialedagli effetti della pandemia,si presenta anche come unospazio privilegiato perelaborare risposte efficaci econtrastare a diversi livelli leconseguenze del lavorosvolto, proprio nei momentidi maggiore criticità per ilPaese, dal contagio». Inparticolare «l’Ateneofondato da padre AgostinoGemelli può offrire uncontributo originale eprezioso, grazie alle altecompetenze scientifiche ealle elevate capacitàprofessionali, corroboratedall’impegno etico a serviziodel bene comune e dallavisione cristiana finalizzata apromuovere uno sviluppoumano integrale». Lotestimonia «il personaleaccademico e sanitario delPoliclinico universitario A.Gemelli, che si è fattocarico, con grandegenerosità e competenza, diaccogliere e curare migliaiadi persone colpite dal covid-19. Una consolidata capacitàad unire avanzata ricercascientifica, efficienteorganizzazione sanitaria erigore etico, fanno di questaeccellenza dell’Ateneo deicattolici italiani unaespressione paradigmaticadel compito educativo diuna Università cattolica».

ari fratelli e sorelle, buongiorno!L’odierna pagina evangelica (cfr. Mt 20, 1-16)narra la parabola dei lavoratori chiamati agiornata dal padrone della vigna. Attraversoquesto racconto, Gesù ci mostra il sorprenden-te modo di agire di Dio, rappresentato da dueatteggiamenti del padrone: la chiamata e la ri-compensa.

Prima di tutto la chiamata. Per cinque volteil padrone di una vigna esce in piazza e chia-ma a lavorare per lui: alle sei, alle nove, alledodici, alle tre e alle cinque del pomeriggio. Ètoccante l’immagine di questo padrone cheesce a più riprese sulla piazza a cercare lavora-tori per la sua vigna. Quel padrone rappresen-ta Dio che chiama tutti e chiama s e m p re , aqualsiasi ora. Dio agisce così anche oggi: con-tinua a chiamare chiunque, a qualsiasi ora, perinvitare a lavorare nel suo Regno. Questo è lostile di Dio, che a nostra volta siamo chiamatia recepire e imitare. Egli non sta rinchiuso nelsuo mondo, ma “esce”: Dio sempre è in uscita,cercando noi; non è rinchiuso: Dio esce. Escecontinuamente alla ricerca delle persone, per-ché vuole che nessuno sia escluso dal suo dise-gno d’a m o re .

Anche le nostre comunità sono chiamate aduscire dai vari tipi di “confini” che ci possonoessere, per offrire a tutti la parola di salvezzache Gesù è venuto a portare. Si tratta di aprir-si ad orizzonti di vita che offrano speranza aquanti stazionano nelle periferie esistenziali enon hanno ancora sperimentato, o hannosmarrito, la forza e la luce dell’incontro conCristo. La Chiesa deve essere come Dio: sem-pre in uscita; e quando la Chiesa non è inuscita, si ammala di tanti mali che abbiamonella Chiesa. E perché queste malattie nellaChiesa? Perché non è in uscita. È vero chequando uno esce c’è il pericolo di un inciden-te. Ma è meglio una Chiesa incidentata, peruscire, per annunziare il Vangelo, che unaChiesa ammalata da chiusura. Dio esce sem-pre, perché è Padre, perché ama. La Chiesadeve fare lo stesso: sempre in uscita.

Il secondo atteggiamento del padrone, cherappresenta quello di Dio, è il suo modo di ri-c o m p e n s a re i lavoratori. Come paga, Dio? Ilpadrone si accorda per «un denaro» (v. 2) coni primi operai assunti al mattino. A coloro chesi aggiungono in seguito invece dice: «Quelloche è giusto ve lo darò» (v. 4). Al termine del-la giornata, il padrone della vigna ordina didare a tutti la stessa paga, cioè un denaro.Quelli che hanno lavorato fin dal mattino so-

A conclusione della preghiera mariana, primadi parlare della Giornata dell’U n i v e rs i t àcattolica, il Papa ha esortato i pastori e i fedeliungheresi a prepararsi spiritualmente al Congressoeucaristico internazionale, che avrebbe dovutosvolgersi nei giorni scorsi a Budapest ma, a causadella pandemia, è stato rinviato al prossimoanno.

Cari fratelli e sorelle,secondo i programmi fatti prima della pande-mia, nei giorni scorsi avrebbe dovuto svolgersiil Congresso Eucaristico Internazionale a Bu-dapest. Per questo desidero rivolgere il mio sa-luto ai Pastori e ai fedeli dell’Ungheria e a tut-ti coloro che aspettavano con fede e con gioiaquesto evento ecclesiale. Il Congresso è statorinviato all’anno prossimo, dal 5 al 12 settem-bre, sempre a Budapest. Proseguiamo, spiri-tualmente uniti, il cammino di preparazione,trovando nell’Eucaristia la fonte della vita edella missione della Chiesa.

Oggi in Italia ricorre la Giornata per l’Uni-versità Cattolica del Sacro Cuore. Incoraggio asostenere questa importante istituzione cultu-rale, chiamata a dare continuità e nuovo vigo-re ad un progetto che ha saputo aprire la por-ta del futuro a molte generazioni di giovani. Èquanto mai importante che le nuove genera-zioni siano formate alla cura della dignitàumana e della casa comune.

Saluto tutti voi, romani e pellegrini di variPaesi: famiglie, gruppi parrocchiali, associazio-ni e singoli fedeli.

A tutti auguro una buona domenica. Per fa-vore, non dimenticatevi di pregare per me.Buon pranzo e arrivederci.

Formare i giovani alla curadella dignità umana e della casa comune

L’appello del Papaal termine

dell’An g e l u s

#copertina

no sdegnati e si lamentano contro il padrone,ma lui insiste: vuole dare il massimo della ri-compensa a tutti, anche a quelli che sono arri-vati per ultimi (vv. 8-15). Sempre Dio paga ilmassimo: non rimane a metà pagamento. Pagatutto. E qui si capisce che Gesù non sta par-lando del lavoro e del giusto salario, che è unaltro problema, ma del Regno di Dio e dellabontà del Padre celeste che esce continuamen-te a invitare e paga il massimo a tutti.

Infatti, Dio si comporta così: non guarda altempo e ai risultati, ma alla disponibilità,guarda alla generosità con cui ci mettiamo alsuo servizio. Il suo agire è più che giusto, nelsenso che va oltre la giustizia e si manifestanella G ra z i a . Tutto è Grazia. La nostra salvez-za è Grazia. La nostra santità è Grazia. Do-nandoci la Grazia, Egli ci elargisce più diquanto noi meritiamo. E allora, chi ragionacon la logica umana, cioè quella dei meriti ac-quistati con la propria bravura, da primo sitrova ultimo. “Ma, io ho lavorato tanto, hofatto tanto nella Chiesa, ho aiutato tanto, e mipagano lo stesso di questo che è arrivato perultimo”. Ricordiamo chi è stato il primo santocanonizzato nella Chiesa: il Buon Ladrone.Ha “ru b a t o ” il Cielo all’ultimo momento dellasua vita: questo è Grazia, così è Dio. Anchecon tutti noi. Invece, chi cerca di pensare aipropri meriti, fallisce; chi si affida con umiltàalla misericordia del Padre, da ultimo — comeil Buon Ladrone — si trova primo (cfr v. 16).

Maria Santissima ci aiuti a sentire ogni gior-no la gioia e lo stupore di essere chiamati daDio a lavorare per Lui, nel suo campo che è ilmondo, nella sua vigna che è la Chiesa. E diavere come unica ricompensa il suo amore,l’amicizia con Gesù.

«Le nuove generazioni siano formate alla curadella dignità umana e della casa comune».Al termine dell’Angelus di domenica 20 settembre,data in cui in Italia è stata celebratala Giornata per l’Università cattolica del SacroCuore, il Papa ha espresso questo auspicio,incoraggiando l’opera formativa svoltadall’istituzione accademica. In precedenzail Pontefice aveva proposto ai fedeli riunitiin piazza San Pietro una riflessione sul branoevangelico della liturgia (Mt 20, 1-16) dedicatoalla parabola dei lavoratori della vigna.

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L’Osservatore Romanogiovedì 24 settembre 2020il Settimanale

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Vi do il benvenuto. Ringrazio il Presidentedella Fondazione Banco Farmaceutico per lecordiali parole che mi ha rivolto. Come ha ri-cordato, in questo anno ricorre il ventesimoanniversario della nascita del Banco Farmaceu-tico: tanti auguri! Da quella intuizione inizia-le, tanta strada è stata fatta. Oltre ad esserepresenti in Italia, operate anche in altre nazio-ni.

Chi vive nella povertà, è povero di tutto,anche di farmaci, e quindi la sua salute è piùvulnerabile. A volte si corre il rischio di nonpotersi curare per mancanza di soldi, oppureperché alcune popolazioni del mondo nonhanno accesso a certi farmaci. C’è anche una“marginalità farmaceutica”, e questo dobbiamodirlo. Questo crea un ulteriore divario tra lenazioni e tra i popoli. Sul piano etico, se c’è lapossibilità di curare una malattia con un far-maco, questo dovrebbe essere disponibile pertutti, altrimenti si crea un’ingiustizia. Troppepersone, troppi bambini muoiono ancora nelmondo perché non possono avere quel farma-co che in altre regioni è disponibile, o quelvaccino. Conosciamo il pericolo della globaliz-zazione dell’i n d i f f e re n z a . Vi propongo invece diglobalizzare la cura, cioè la possibilità di acces-so a quei farmaci che potrebbero salvare tantevite per tutte le popolazioni. E per fare questoc’è bisogno di uno sforzo comune, di una con-vergenza che coinvolga tutti. E voi sietel’esempio di questo sforzo comune.

Auspico che la ricerca scientifica possa pro-gredire per cercare sempre nuove soluzioni aproblemi vecchi e nuovi. Il lavoro di tanti ri-cercatori è prezioso e rappresenta un magnifi-co esempio di come lo studio e l’intelligenzaumani siano capaci di far crescere, per quantopossibile, nuovi percorsi di guarigione e di cu-ra.

Le aziende farmaceutiche, sostenendo la ri-cerca e orientando la produzione, generosa-mente possono concorrere ad una più equa di-stribuzione dei farmaci.

I farmacisti sono chiamati a svolgere un ser-vizio di cura in prossimità alle persone più bi-sognose, e in scienza e coscienza operano peril bene integrale di quelli che a loro si rivolgo-no.

Anche i governanti, attraverso le scelte legi-slative e finanziarie, sono chiamati a costruireun mondo più giusto, in cui i poveri non ven-gano abbandonati o, peggio ancora, scartati.

La recente esperienza della pandemia, oltrea una grande emergenza sanitaria in cui sono

già morte quasi un milione di persone, si statramutando in una grave crisi economica, chegenera ancora poveri e famiglie che non sannocome andare avanti. Mentre si opera l’assisten-za caritativa, si tratta di combattere anche que-sta povertà farmaceutica, in particolare conun’ampia diffusione nel mondo dei nuovi vac-cini. Ripeto che sarebbe triste se nel fornire ilvaccino si desse la priorità ai più ricchi, o sequesto vaccino diventasse proprietà di questao quella Nazione, e non fosse più per tutti.Dovrà essere universale, per tutti.

Cari amici, vi ringrazio molto per il servizioche svolgete a favore dei più deboli. Grazie diquello che fate. La Giornata di Raccolta delFarmaco è un esempio importante di come lagenerosità e la condivisione dei beni possonomigliorare la nostra società e testimoniarequell’amore nella prossimità che ci viene ri-chiesto dal Vangelo (cfr. Gv 13, 34). Benedicotutti voi qui presenti, le vostre famiglie. Bene-dico e chiedo a Dio di benedire tutti voi che,come ha detto il presidente, siete di diverse re-ligioni. Ma Dio è Padre di tutti e io chiedo:Dio, benedica tutti voi, le vostre famiglie, ilvostro lavoro, la vostra generosità. E, poiché ipreti sempre chiedono, vi chiedo di pregareper me. Grazie.

C o m b a t t e rela povertàfarmaceutica

Il Ponteficeribadisce

che i vaccinicontro il covid-19

dovranno essereu n i v e rs a l i

e non accessibilisolo ai più ricchi

#sanità

Un servizio a chi soffreMettendosi a disposizione del Papa per aiutare «una realtà che abbia particolare bisognodi una donazione di farmaci» il presidente della fondazione Banco Farmaceutico, SergioDaniotti, ha espresso gratitudine «per questo incontro che avviene nel ventesimo anno»di un servizio nato per iniziativa di «un gruppo di giovani farmacisti — figli spiritualidel servo di Dio Luigi Giussani — per rispondere al bisogno di chi non può permettersimedicine». In particolare, «la Giornata di raccolta del farmaco — ha affermato Daniottiall’inizio dell’udienza — non sarebbe possibile senza i farmacisti che devolvono al Bancoquanto guadagnerebbero dai farmaci donati. Queste risorse, come quelle donate daicittadini o altre realtà della società civile, non sono “soldi per i poveri” ma “soldi deip overi” e, pertanto, cerchiamo di gestirli nel miglior modo possibile». Ma «anche senzavolontari la Giornata non sarebbe possibile» ha fatto presente Daniotti. Essi, infatti,«invitano al dono e svolgono un compito delicato: chi entra in farmacia, spesso,soffre o è preoccupato, per la sua salute o per quella di un suo caro: l’invito va fattoincontrando tale sofferenza. E, ogni anno, anche persone gravemente malate citestimoniano la generosità e il desiderio di aiutare il fratello povero. Quando poi — haconcluso — nelle farmacie recuperiamo medicine non utilizzate, che andrebbero distrutte,spesso incontriamo il dolore di chi ha perso qualcuno e spera che le medicine nondiventino spreco».

Un’ampia diffusione nel mondo di eventuali nuovivaccini contro il covid-19 è stata auspicatadal Papa nel discorso ai membri della fondazioneBanco Farmaceutico, ricevuti sabato mattina,19 settembre, nell’Aula Paolo VI, in occasionedel ventennale di attività.

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L’Osservatore Romanogiovedì 24 settembre 2020il Settimanale

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Cari fratelli e sorelle, benvenuti!Sono lieto di incontrare voi, collaboratori delSettimanale cristiano «Te r t i o », che festeggia ilsuo ventennale. Vi auguro un proficuo pelle-grinaggio a Roma e mi congratulo per tuttociò che fate nel campo dell’informazione e del-la comunicazione. Ringrazio Monsignor Smete il Signor Van Lierde per le loro parole di in-tro duzione.

Nella società in cui viviamo, l’informazionefa parte integrante del nostro quotidiano.Quando è di qualità, essa ci permette di com-prendere meglio i problemi e le sfide che ilmondo è chiamato ad affrontare, e ispira icomportamenti individuali, familiari e sociali.In particolare, è molto importante la presenzadi media cristiani specializzati nell’informazio-ne di qualità sulla vita della Chiesa nel mon-do, capace di contribuire a una formazionedelle coscienze.

Del resto, il nome stesso del vostro settima-nale, «Te r t i o », fa riferimento alla Lettera apo-stolica di San Giovanni Paolo II Tertio millen-nio adveniente, in vista del grande Giubileodell’anno 2000, per preparare i cuori ad acco-

gliere Cristo e il suo messaggio liberatore. Taleriferimento, dunque, è non solo un richiamoalla speranza, ma mira altresì a far sentire lavoce della Chiesa e quella degli intellettualicristiani in uno scenario mediatico sempre piùsecolarizzato, al fine di arricchirlo con rifles-sioni costruttive. Cercando una visione positi-va delle persone e dei fatti, respingendo i pre-

Nell’attuale pandemiai media aiutino le personea non ammalarsi di solitudine

Il Papaai giornalisti belgidel settimanalecristiano «Tertio»

#comunicazione

«Alimentare la speranza nella situazionedi pandemia che il mondo sta attraversando»e contribuire «a far sì che le persone non siammalino di solitudine»: questa la duplicemissione che il Papa ha affidato ai mediadi ispirazione cristiana, ricevendo in udienzanella mattina di venerdì 18 settembre,nella Sala Clementina, i giornalistidi «Tertio», settimanale belga che celebrai vent’anni di attività.

Compito difficile in una società secolarizzataBienvenue à Rome. Carrefour de l’Église universelle. «Benvenuto aRoma. Crocevia della Chiesa universale»: è il titolo dellibro che Emmanuel Van Lierde ha donato al Pontefice altermine dell’udienza di stamane. Pubblicato nelventennale della rivista «Tertio» da lui diretta, il volumecontiene analisi e interviste, compresa quella fatta a PapaFrancesco il 7 dicembre 2016.Ricordando il contesto della conversazione di quattroanni fa — poco dopo che il Belgio era stato duramentecolpito dagli attacchi terroristici del cosiddetto“Stato islamico” del 22 marzo nell’area metropolitanadi Bruxelles — Van Lierde ha dichiarato a «L’O sservatoreRomano» di sentirsi «felice per questa seconda possibilitàche il Pontefice ci ha offerto, perché pur avendo buonilegami con la Chiesa, la nostra è comunque un’iniziativalaica». L’incontro odierno, ha aggiunto, «ci incoraggia nelnostro difficile compito di trasmettere il messaggiocristiano in un Paese fortemente secolarizzato». Unarealtà, ha spiegato, «che Bergoglio conosce bene, visto

che ai tempi in cui era provinciale dei gesuitidell’Argentina aveva stretto legami di amicizia con iconfratelli dell’università di Namur».Nel saluto rivolto al vescovo di Roma all’iniziodell’udienza, il direttore-caporedattore del settimanalebelga aveva riletto il passaggio di una delle risposte delPapa che, a proposito del ruolo dei media, disse: «Hannouna responsabilità molto grande. Al giorno d’oggi hannonelle loro mani la possibilità e la capacità di formareun’opinione: possono formare una buona o una cattivaopinione. I mezzi di comunicazione... di per sé, sono fattiper costruire, per inter-cambiare, per fraternizzare, per farpensare, per educare». E «Tertio», ha assicurato VanLierde, «si impegna per questo giornalismo costruttivo»,rendendo «visibile la rilevanza sociale del cristianesimonel ventunesimo secolo». Tale missione si riscontra anchenel nome della testata, «fondata nelle Fiandre» proprionell’anno 2000 — ha poi spiegato monsignor Dirk Smet,rettore del Pontificio Collegio Belga e consigliere

ecclesiastico dell’ambasciata presso la Santa Sede — «dagiornalisti laici, con l’aiuto del cardinale GodfriedDanneels», all’epoca primate del Belgio. Un sostegnoconfermato anche dall’attuale arcivescovo della capitale, ilcardinale Jozef De Kesel, dai presuli e dai religiosi delPa e s e .«Tertio» si propone, ha proseguito Smet, «di contribuirealla nuova evangelizzazione» e di mantenere altal’attenzione sui «cristiani perseguitati in MedioOriente», sui «conflitti nel mondo» e sui tanti chefuggono «da guerre e violenze». Anche perché, «quandoalcuni giornali belgi, originariamente cattolici, hannoseguito la tendenza generale della secolarizzazione»,sostituendo «l’informazione religiosa, altri hannoritenuto necessario» — ha concluso il sacerdote —rilanciare nuove forme di presenza «nell’universomediatico, per far sentire la voce degli intellettualicristiani» nel dibattito pubblico, soprattutto in campoetico.

CO N T I N UA A PA G I N A 15

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Cari bambini, cari genitori, Eccellenze, Signoree Signori!Vi dò il benvenuto qui in Vaticano. Sono feli-ce di vedere le vostre facce, e leggo nei vostriocchi che anche voi siete contenti di stare unp o’ con me.

La vostra casa si chiama “Sonnenschein”, cioè“lo splendore del sole”. Posso immaginare per-ché i responsabili hanno scelto questo nome.Perché la vostra casa sembra un magnificoprato fiorito nello splendore del sole, e i fioridi questa Casa siete proprio voi! Dio ha creatoil mondo con una grande varietà di fiori ditutti colori. Ogni fiore ha la sua bellezza, cheè unica. Anche ognuno di noi è bello agli oc-chi di Dio, e Lui ci vuol bene. Questo ci fasentire il bisogno di dire a Dio: grazie! Grazieper il dono della vita, grazie per tutte le crea-ture! Grazie per mamma e papà! Grazie per lenostre famiglie! E grazie anche per gli amicidel Centro “Sonnenschein”!

Questo dire “grazie” a Dio è una bella pre-ghiera. A Dio piace questo modo di pregare.Poi potete aggiungere anche una piccola do-manda. Per esempio: Buon Gesù, potresti aiu-tare mamma e papà nel loro lavoro? Potrestidare un po’ di conforto alla nonna che è mala-ta? Potresti provvedere ai bambini di tutto ilmondo che non hanno da mangiare? Oppure:Gesù, ti prego di aiutare il Papa a guidare be-ne la Chiesa. Se voi domandate con fede, ilSignore certamente vi ascolta.

Infine, esprimo la mia riconoscenza ai vostrigenitori, agli accompagnatori, alla Signora Mi-nistro Presidente e a tutti i presenti. Grazie

per questa bella iniziativa e per l’impegno afavore dei piccoli a voi affidati. Tutto quelloche avete fatto a uno solo di questi piccoli,l’avete fatto a Gesù!

Vi ricordo nella mia preghiera. Gesù vi be-nedica sempre e la Madonna vi protegga.

Und bitte vergesst nicht, für mich zu beten.Diese Arbeit ist nicht einfach. Betet für mich bitte.Dankeschön! [E per favore non dimenticate dipregare per me. Questo lavoro non è facile.Per favore pregate per me. Grazie mille!].

Ogni bambino è un fioree la sua bellezza è unica

Udienza ai piccolicon autismo

ospitidi una struttura

austriaca

#francesco

«Ogni fiore ha la sua bellezza, che è unica. Anche ognuno di noi è bello agli occhi di Dio, e Lui ci vuolbene». Lo ha sottolineato il Papa nell’udienza ai bambini con autismo della casa austriaca Sonnenschein.Francesco li ha ricevuti con i loro genitori lunedì 21 settembre nella Sala Clementina. La delegazione eraguidata dalla ministro presidente della Bassa Austria, Johanna Mikl-Leitner, che segue con interessequesto progetto pilota gratuito di diagnosi e terapia: attraverso interventi tempestivi che coinvolgono anchei genitori, i piccoli ospiti riescono a compiere importanti progressi ai fini nell’integrazione. Il centro offreanche assistenza a distanza nelle scuole e negli asili frequentati da questi bimbi.

Nell’abbraccio del Papa il ricordo di don Malgesini

Proprio questa preghiera rende ancor più eloquente la testi-monianza del vescovo di Como, che ha tratteggiato il profilo didon Roberto chiamandolo «martire della carità e della miseri-cordia». Il suo segreto, ha aggiunto, era «la presenza di Dio inlui». Una consatazione che monsignor Cantoni aveva espressoanche, venerdì 18, celebrando in forma privata le esequie di donRoberto a Regoledo di Cesio. Il paese della Valtellina dove ilsacerdote ha «imparato» la fede. «Ordinato presbitero nel 1998— ha ricordato il vescovo — don Roberto si è sentito chiamato asviluppare un dono che si sarebbe chiarito progressivamente eche ha coltivato come “una vocazione nella vocazione”: quelladi condividere, a tempo pieno, in città di Como, la vita dei piùpoveri, dei senza dimora, dei profughi».

Don Roberto, ha proseguito monsignor Cantoni, «ha scelto,col consenso e in comunione col vescovo, di prendersi cura de-gli ultimi, singolarmente presi, di accettare anche le loro fragili-tà, offrendo in cambio accoglienza piena e amorevolezza, conuna delicata “attenzione d’a m o re ” ai singoli, subito attratti dallasua singolare disponibilità ad accogliere tutti con gratuità e sen-za giudizio».

Il vescovo di Como ha concluso con un vero mandato mis-sionario: «A noi tutti il compito di proseguire con l’affabilità ela tenerezza di don Roberto nei confronti dei bisognosi, dei po-veri in particolare, riconosciuti e accolti come la vera “carne diCristo”. Una nuova primavera di grazie ci prepara il Signore at-traverso il martirio di don Roberto: non sciupiamo questastraordinaria, immeritata occasione e ciascuno faccia la sua par-te!».

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Nel corso della sessione plenaria della Congre-gazione per la Dottrina della fede, dell’anno2018, a proposito delle questioni riguardantil’accompagnamento dei malati nelle fasi criti-che e terminali della vita, i padri del dicasterohanno suggerito l’opportunità di un documen-to che trattasse della tematica, non solo in mo-do dottrinalmente corretto, ma anche con unaccento fortemente pastorale e con un linguag-gio comprensibile, all’altezza del progressodelle scienze mediche. Occorreva approfondi-re, in particolare, i temi dell’accompagnamentoe della cura dei malati dal punto di vista teo-logico, antropologico e medico-ospedaliero,focalizzando anche alcune questioni etiche ri-levanti, implicate nella proporzionalità delleterapie e riguardanti l’obiezione di coscienza el’accompagnamento pastorale dei malati termi-nali.

Alla luce di queste considerazioni, dopo va-rie fasi preliminari di studio in cui diversiesperti hanno offerto il proprio qualificatocontributo redazionale, una prima bozza didocumento ha finalmente preso forma. Il te-sto, accanto alla figura del Buon Samaritano,offre un breve riferimento a quella del Cristosofferente, testimone partecipe del dolore fisi-co, dell’esperienza della precarietà e perfinodella desolazione umana, che in Lui divengo-no abbandono fiducioso all’amore del Padre.Tale confidente consegna di sé al Padre,nell’orizzonte della Resurrezione, conferisceun valore redentivo alla sofferenza stessa e di-schiude, oltre il buio della morte, la luce dellavita ultraterrena. Alla prospettiva di chi siprende cura delle persone nelle fasi critiche eterminali della vita, è venuta così opportuna-mente ad associarsi nel testo anche una pro-spettiva di speranza per la sofferenza vissutada coloro che sono affidati alle amorevoli curedegli operatori sanitari.

Ogni malato, infatti, «ha bisogno non sol-tanto di essere ascoltato, ma di capire che ilproprio interlocutore “sa” che cosa significhisentirsi solo, abbandonato, angosciato di fron-te alla prospettiva della morte, al dolore della

carne, alla sofferenza che sorge quando losguardo della società misura il suo valore neitermini della qualità della vita e lo fa sentiredi peso per i progetti altrui» (p. 9). Per que-sto, «per quanto così importanti e cariche divalore, le cure palliative non bastano se nonc’è nessuno che “sta” accanto al malato e glitestimonia il suo valore unico e irripetibile.[...] Ed è importante, in un’epoca storica incui si esalta l’autonomia e si celebrano i fastidell’individuo, ricordare che se è vero cheognuno vive la propria sofferenza, il propriodolore e la propria morte, questi vissuti sonosempre carichi dello sguardo e della presenzadi altri. Attorno alla Croce ci sono anche ifunzionari dello Stato romano, ci sono i curio-si, ci sono i distratti, ci sono gli indifferenti e irisentiti; sono sotto la Croce, ma non “stanno”con il Crocefisso. Nei reparti di terapia inten-siva, nelle case di cura per i malati cronici, sipuò essere presenti come funzionari o comepersone che “stanno” con il malato» (p. 11).

Il documento, presentato all’attenzione delSanto Padre e da Lui approvato in data 25giugno 2020, reca dunque il titolo di Samari-tanus bonus. Sono stati scelti il genere lettera-rio della L e t t e ra e la data del 14 luglio 2020,memoria liturgica di san Camillo de Lellis(1550-1614). Nel XVI secolo — epoca in cui èvissuto il nostro Santo — gli incurabili veniva-no per lo più consegnati a mercenari; alcuni diessi, delinquenti, venivano costretti a quel la-voro con la forza; altri si rassegnavano a que-st’opera, per non aver avuto diversa possibilitàdi guadagno. Camillo volle «uomini nuovi peruna assistenza nuova». E un pensiero fisso loaveva afferrato: sostituire i mercenari con per-sone disposte a stare con i malati solo peramore. Desiderava avere con sé gente che«non per mercede, ma volontariamente e peramore d’Iddio li servissero con quell’a m o re v o -lezza che sogliono fare le madri verso i proprifigli infermi».

Anche se l’insegnamento della Chiesa inmateria è chiaro e contenuto in noti documen-ti magisteriali — in particolare la lettera encicli-ca Evangelium vitae di san Giovanni Paolo II(25 marzo 1995), la dichiarazione Iura et bonadella Congregazione per la Dottrina della fede(5 maggio 1980), la Nuova carta degli Operatorisanitari (2016) dell’allora Pontificio Consiglioper gli operatori sanitari, oltre a numerosi di-scorsi e interventi effettuati dagli ultimi Som-mi Pontefici —, un nuovo organico pronuncia-mento della Santa Sede sulla cura delle perso-ne nelle fasi critiche e terminali della vita èparso opportuno e necessario in relazione allasituazione odierna, caratterizzata da un conte-sto legislativo civile internazionale sempre piùpermissivo a proposito dell’eutanasia, del sui-cidio assistito e delle disposizioni sul fine vita.

La medicinacome arteterap eutica

L e t t e rasulla curadelle personenelle fasi critichee terminalidella vita

#samaritanusbonus

di LUIS FRANCISCOLADARIA FERRER*

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Paulus Hoffman«Il Buon Samaritano»

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Prendersi cura dei malati imparandociò che significa amare

Al riguardo, un caso del tutto speciale incui è necessario riaffermare l’insegnamentodella Chiesa è l’accompagnamento pastorale dicolui che ha chiesto espressamente l’eutanasiao il suicidio assistito. Per poter ricevere l’asso-luzione nel sacramento della Penitenza, cosìcome l’Unzione degli infermi e il Viatico, oc-corre che la persona, eventualmente registratapresso un’associazione deputata a garantirlel’eutanasia o il suicidio assistito, mostri il pro-posito di retrocedere da tale decisione e di an-nullare la propria iscrizione presso tale ente.Non è ammissibile da parte di coloro che assi-stono spiritualmente questi infermi alcun gestoesteriore che possa essere interpretato come

un’approvazione anche implicita dell’azioneeutanasica, come, ad esempio, il rimanere pre-senti nell’istante della sua realizzazione. Ciò,unitamente all’offerta di un aiuto e di unascolto sempre possibili, sempre concessi, sem-pre da perseguire, insieme ad una approfondi-ta spiegazione del contenuto del sacramento,al fine di dare alla persona, fino all’ultimo mo-mento, gli strumenti per poterlo accogliere inpiena libertà (cfr. punto V, 11, pp. 41-42).

Come è ben detto nel primo paragrafo deldocumento, dal titolo Prendersi cura del prossi-mo, «la cura della vita è la prima responsabili-tà che il medico sperimenta nell’incontro conil malato. Essa non è riducibile alla capacità diguarire l’ammalato, essendo il suo orizzonteantropologico e morale più ampio: anchequando la guarigione è impossibile o improba-bile, l’accompagnamento medico-infermieristi-co... psicologico e spirituale, è un dovere ine-ludibile, poiché l’opposto costituirebbe un di-sumano abbandono del malato. La medicina,infatti, che si serve di molte scienze, possiedeanche una importante dimensione di “arte te-rap eutica” che implica una relazione stretta trapaziente, operatori sanitari, familiari e membridelle varie comunità di appartenenza del mala-to: arte terapeutica, atti clinici e c u ra sono in-scindibilmente uniti nella pratica medica, so-prattutto nelle fasi critiche e terminali della vi-ta» (p. 6).

La testimonianza cristiana mostra come lasperanza sia sempre possibile, anche quandola vita è avvolta e appesantita dalla “culturadello scarto”. E siamo tutti chiamati ad offrireil nostro specifico contributo, perché — comeha detto Papa Francesco (rivolgendosi ai diri-genti degli Ordini dei medici di Spagna eAmerica latina, il 9 giugno 2016) — a essere ingioco sono la dignità della vita umana e la di-gnità della vocazione medica.

*Cardinale prefettodella Congregazione

per la Dottrina della fede

#samaritanusbonus

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di ANDREA TORNIELLI

Inguaribile non è mai sinonimo di incurabile: èquesta la chiave di lettura per comprendere lalettera della Congregazione per la Dottrina del-

la fede Samaritanus bonus, che ha come tema la«cura delle persone nelle fasi critiche e terminalidella vita». Il documento, di fronte a uno smarri-mento della coscienza comune circa il valore dellavita e a dibattiti pubblici a volte troppo condiziona-ti da singoli casi alla ribalta delle cronache, ribadi-sce con chiarezza che «il valore inviolabile della vi-ta è una verità basilare della legge morale naturaleed un fondamento essenziale dell’ordine giuridico».Dunque «non si può scegliere direttamente di at-tentare contro la vita di un essere umano, anche sequesti lo richiede».

Da questo punto di vista, l’architrave che sostieneSamaritanus bonus non contiene novità: il magisteroha infatti più volte affermato il no ad ogni forma dieutanasia o di suicidio assistito, e ha spiegato chealimentazione e idratazione, sono sostegni vitali daassicurare al malato. Il magistero si è anche espres-so contro il cosiddetto «accanimento terapeutico»perché nell’imminenza di una morte inevitabile «èlecito prendere la decisione di rinunciare a tratta-

menti che procurerebbero soltanto un prolunga-mento precario e penoso della vita».

La lettera ripropone dunque in modo puntualequanto insegnato dagli ultimi Pontefici ed è stataritenuta necessaria di fronte a legislazioni semprepiù permissive su questi temi. Le sue pagine piùnuove sono quelle dall’accento pastorale, che ri-guardano l’accompagnamento e la cura dei malatigiunti nella fase finale della loro vita: prendersi curadi queste persone non può infatti mai essere ridottosolo alla prospettiva medica. C’è bisogno di unapresenza corale per accompagnare con l’affetto, lapresenza, le terapie adeguate e proporzionate, l’assi-stenza spirituale. Significativi gli accenni alla fami-glia, che «ha bisogno di aiuto e di mezzi adeguati».Occorre che gli Stati riconoscano la primaria e fon-damentale funzione sociale della famiglia «e il suoruolo insostituibile, anche in questo ambito, predi-sponendo risorse e strutture necessarie a sostener-la», si legge nel documento. Papa Francesco ci ri-corda infatti che la famiglia «è stata da sempre“l’osp edale” più vicino». E ancora oggi, in tanteparti del mondo, l’ospedale è un privilegio per po-chi, ed è spesso lontano.

Samaritanus bonus seppur ci richiama il drammadei tanti casi di cronaca discussi sui media, ci aiuta

a guardare alle testimonianze di chi soffre e di chicura, alle tantissime testimonianze di amore, sacrifi-cio, dedizione verso malati terminali o persone inmancanza persistente di coscienza, assistiti da mam-me, papà, figli, nipoti. Esperienze vissute quotidia-namente nel silenzio, spesso tra mille difficoltà.Nella sua autobiografia, il cardinale Angelo Scolaha raccontato un episodio accaduto anni fa: «Nelcorso di una visita pastorale a Venezia, un giorno,mentre uscivo dalla casa di un malato, mi venne in-dicato dal parroco del luogo un signore più o menodella mia età dall’aria molto discreta. Tre settimaneprima gli era morto il figlio, un disabile grave, im-possibilitato a parlare e a camminare, di cui si erapreso cura amorevolmente per oltre trent’anni, assi-stendolo giorno e notte e confortandolo con la suacostante presenza. L’unico momento in cui si allon-tanava era la domenica mattina, quando andava aMessa. Davanti a questa persona provai un certoimbarazzo, ma come capita spesso a noi preti misono sentito in dovere di dire qualcosa. Dio glienerenderà merito, farfugliai un po’ stordito. E lui mirispose con un grande sorriso: Patriarca, guardi cheio ho già avuto tutto dal Signore perché mi ha fattocapire che cosa vuol dire amare».

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L’Osservatore Romanogiovedì 24 settembre 2020il Settimanale

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Un amorere s p i n t o

4 ottobredomenica XXVII

del Tempoo rd i n a r i oIs 5, 1-7Sal 79Fil 4, 6-9Mt 21, 33-43

#spuntidiriflessione

di LEONARD O SAPIENZA

I media aiutino le persone a non ammalarsi di solitudine

giudizi, si tratta di favorire una cultura dell’i n c o n t roattraverso la quale è possibile conoscere la realtàcon uno sguardo fiducioso.

Notevole è anche il contributo dei media cristianiper far crescere nelle comunità cristiane un nuovostile di vita, libero da ogni forma di preconcetto edi esclusione. In effetti — lo sappiamo — «le chiac-chiere chiudono il cuore alla comunità, chiudonol’unità della Chiesa. Il grande chiacchierone è ildiavolo, che va sempre dicendo cose brutte degli al-tri, perché lui è il bugiardo che cerca di disunire laChiesa, di allontanare i fratelli e non fare comuni-tà» (An g e l u s , 6 settembre 2020).

La comunicazione è una missione importante perla Chiesa. I cristiani impegnati in questo ambito so-no chiamati a mettere in atto in modo molto con-creto l’invito del Signore ad andare nel mondo eproclamare il Vangelo (cfr. Mc 16, 15). Per la sua al-ta coscienza professionale, il giornalista cristiano ètenuto ad offrire una testimonianza nuova nel mon-do della comunicazione senza nascondere la verità,

né manipolare l’informazione. Infatti, «nella confu-sione delle voci e dei messaggi che ci circondano,abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ciparli di noi e del bello che ci abita. Una narrazioneche sappia guardare il mondo e gli eventi con tene-rezza; che racconti il nostro essere parte di un tessu-to vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamocollegati gli uni agli altri» (Messaggio per la 54.maGiornata delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio2020). Voi siete protagonisti di questa “narrazione”.Il professionista cristiano dell’informazione devedunque essere un portavoce di speranza, un porta-tore di fiducia nel futuro. Perché solamente quandoil futuro è accolto come realtà positiva e possibile,anche il presente diventa vivibile. Queste riflessionipossono anche aiutarci, specialmente oggi, ad ali-mentare la speranza nella situazione di pandemiache il mondo sta attraversando. Voi siete seminatoridi questa speranza in un domani migliore. Nel con-testo di questa crisi, è importante che i mezzi di co-municazione sociale contribuiscano a far sì che lepersone non si ammalino di solitudine e possano ri-cevere una parola di conforto.

Cari amici, vi rinnovo il mio incoraggiamento peril vostro impegno e ringrazio Dio per la vostra te-stimonianza nel corso di questi vent’anni, che han-no permesso al vostro Settimanale di farsi una buo-na reputazione. Come ha sottolineato San GiovanniPaolo II, «a voi, che operate nel campo della cultu-ra e della comunicazione, la Chiesa guarda con fi-ducia e con attesa, perché [...] siete chiamati a leg-gere e interpretare il tempo presente e a individuarele strade per una comunicazione del Vangelo secon-do i linguaggi e la sensibilità dell’uomo contempo-raneo» (Discorso ai partecipanti al Convegno per glioperatori della comunicazione e della cultura promossodalla C.E.I., 9 novembre 2002).

Affido alla protezione della Vergine Santa il vo-stro lavoro al servizio dell’incontro tra le persone ele società. Ella rivolga il suo sguardo verso ciascunoe ciascuna di voi e vi aiuti ad essere fedeli discepolidel suo Figlio nella vostra professione. Benedicotutti i collaboratori di «Te r t i o », i famigliari, comepure i lettori del giornale. E vi chiedo, per favore,di non dimenticarvi di pregare per me. Grazie.

Il rapporto tra Dio e l'uomo non è trop-po fortunato. Moltiplica i suoi gesti diamore («che cosa dovevo fare ancora,che non abbia fatto», dice la prima let-tura), ma l’uomo non risponde. L’amo-

re di Dio è un amore respinto. Forse per que-sto Voltaire diceva che «Dio ha creato l’uomoa sua immagine e somiglianza, ma gli uominigli hanno reso il contraccambio: a loro volta sisono creati un Dio a immagine e somiglianzal o ro » .

Storia di un amore sfortunato, non corrispo-sto da parte dell’uomo. Un amore respinto. Etuttavia, pur con dolore, Dio rispetta questo“no” che l’uomo gli getta in faccia. È deluso,ma non si scoraggia. Ha detto qualcuno: «Diodelude chi non lo conosce abbastanza; le crea-ture deludono chi le conosce troppo» (Gusta-ve Thibon).

Ma chi perde, in questa storia, è l’uomo.Siamo noi. Con i nostri “no” a Dio, costruia-mo la nostra infelicità. Diventiamo capolavorifalliti! Tutto quello che Dio poteva fare, l’hafatto e lo farà. «In Cristo suo Figlio ci ha det-to tutto e ci ha dato tutto» (Orazione). MaDio non salva nessuno senza che lo voglia.«Chi ti ha creato senza di te, non ti salveràsenza di te». Nonostante tutte le nostre infe-deltà, Dio rimane sempre fedele al suo pattod’amore. Nietzsche è arrivato a dire: «AncheDio ha il suo inferno: ed è il suo amore pergli uomini!». Non ha risparmiato il suo unicoFiglio (Vangelo), e tutte le volte che parteci-piamo all’Eucaristia rinnova sempre il suo do-no per noi. Questo ci deve spingere a ricam-biare. A non deludere più oltre le aspettativedi Dio. A chiedere a lui: «Non smettere diamarci. Mai!»; ma anche a rinnovargli l’omag-gio della nostra fede, rimanendo attaccati alui. Lo potremo fare, accogliendo l’invito diSan Paolo nella seconda lettura, ricercando«tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro,quello che merita lode...».

Preghiamo: «La vera vite tu sei e noi i tral-ci, solo con te porteremo buon frutto, e dellavigna faremo un giardino dove ognuno si sen-ta di casa» (padre David Maria Turoldo).

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«Non rimanete fermi, come le statue»; al contrario «siate persone vive, con ideali, persone che cambianoil mondo». Con questa consegna Papa Francesco si è rivolto ai giovani argentini del nordest del Paese(Nea), che sabato scorso, 19 settembre, hanno animato il 41o Pellegrinaggio della pastorale giovanile dellaregione, svoltosi in modalità virtuale a causa del covid-19.Il Pontefice li ha raggiunti con un videomessaggio in lingua spagnola che è stato diffuso dall’a rc i d i o c e s idi Corrientes: «Questo pellegrinaggio — ha detto — viene fatto in un modo senza precedenti, maanche se virtualmente, voi... ci state mettendo il cuore». Da qui l’assicurazione del vescovo di Romadi volerli accompagnare «in questo cammino virtuale, nuovo», perché — ha sottolineato — «l’importanteè non dimenticare mai che la vita è un cammino». Del resto, nonostante le difficoltà e «gli errori»,occorre sempre cercare di «rialzarsi» e «rimettersi in carreggiata» — ha fatto presente Francesco —perché restando fermi si rischia di diventare «una statua, come la moglie di Lot», che nell’episodio biblicodi Sodoma divenne una colonna di sale dopo essersi voltata indietro.A questa esperienza — iniziata nel 1979 — partecipano abitualmente circa 300 mila ragazze e ragazziche da Resistencia, Corrientes, Santo Tomé, Goya, Formosa, San Roque de Sáenz Peña, Posadas, Oberá,Puerto Iguazú e Reconquista si mettono in cammino fino al santuario di Nostra Signora di Itatí.Nonostante non si sia potuto ripetere l’annuale pellegrinaggio, l’arcivescovo Andrés Stanovnik di Corrientesha presieduto nella basilica mariana la messa che è stata trasmessa in diretta su vari social network,per consentire agli intervenuti di seguirla online.

#controcopertina

Il Papa a giovani argentini

Non stare fermi come le statue