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L’Osservatore Romano il Settimanale Città del Vaticano, giovedì 30 aprile 2020 anno LXXIII, numero 18 (4.042) Riscoprire la bellezza del Rosario in casa

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L’Osservatore Romanoil SettimanaleCittà del Vaticano, giovedì 30 aprile 2020anno LXXIII, numero 18 (4.042)

Riscoprire la bellezzadel Rosario in casa

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L’Osservatore Romanogiovedì 30 aprile 2020il Settimanale

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L’OS S E R VAT O R E ROMANO

Unicuique suum Non praevalebunt

Edizione settimanale in lingua italiana

Città del Vaticanoo r n e t @ o s s ro m .v a

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Ad un mondo che vive un tempo intriso di pre-carietà e di inquietudine sempre pronta tra-sformarsi in angoscia, quando il morso del vi-rus si fa più vicino e colpisce negli affetti piùcari e demolisce i sogni e le prospettive più“s i c u re ”, il Papa ricorda che l’inquietudine faparte della vita, è una delle materie di cui sia-mo fatti, una delle stoffe in cui siamo stati in-tessuti. Domenica mattina, 26 aprile, durantel’omelia della messa celebrata a Casa SantaMarta il Pontefice, commentando il passo delVangelo relativo ai discepoli di Emmaus, haaffermato con semplicità che: «Noi siamo naticon un seme di inquietudine», e ha aggiunto:«Dio ha voluto così: inquietudine di trovarepienezza, inquietudine di trovare Dio, tantevolte anche senza sapere che noi abbiamo que-sta inquietudine». Il Papa ha dato quindi unnome a questo nostro stato d’animo: cos’è checi inquieta? È il desiderio, la nostalgia di Dio.Senza fare il nome ha poi citato l’incipit delleConfessioni di Sant’Agostino: «Il nostro cuore èinquieto, il nostro cuore ha sete: sete dell’in-contro con Dio. Lo cerca, tante volte per stra-de sbagliate: si perde, poi torna, lo cerca».L’uomo dunque è un essere che cerca, ma nonnel vuoto o per il gusto di cercare ma perchéha una meta che già conosce: «Tu non mi cer-cheresti se non mi avessi già trovato» secondoil pensiero n. 553 di Pascal. Il 27 dicembre del1978 San Giovanni Paolo II, da due mesi di-ventato successore di Pietro, citava il famosopensiero di Pascal aggiungendo che «Questa èla verità sull’uomo. Non la si può falsificare.Non la si può nemmeno distruggere. La si de-ve lasciare all’uomo perché essa lo definisce».L’uomo, un essere in ricerca.

Ma questa è solo una parte della realtà enemmeno la più grande, perché il punto deci-sivo del mistero dell’esistenza umana è chenon è tanto che l’uomo cerca Dio ma il con-trario: è Dio che cerca l’uomo. Senza perdersiin spiegazioni troppo didascaliche il Papa nel-la sua omelia ha chiarito perché noi viviamocon questo seme inquieto dentro il cuore, per-ché Dio ha voluto così: Dio ci ha creati in-quieti perché Lui stesso è inquieto. «Dall’altraparte — ha aggiunto Francesco — Dio ha setedell’incontro, a tal punto che ha inviato Gesùper incontrarci, per venire incontro a questainquietudine». Due esseri assetati uno dell’al-tro destinati a incontrarsi: Dio e l’uomo.

Essere precario (cioè “colui che prega”) èuna condizione inscritta nella natura dell’uo-mo, quella natura che Cristo ha assunto finoalle estreme conseguenze, pregando il Padregiovedì santo e sulla croce, apparentementesenza risposta. Questa dimensione della preca-rietà, della sete è cara a Papa Francesco chedurante il viaggio in Colombia nel settembredel 2017 ebbe a dire parlando a dei giovani:«Se vuoi riuscire nella vita come vuole Gesù,prega, perché il protagonista della storia è ilmendicante, il protagonista della storia dellasalvezza è il mendicante che ciascuno di noiha dentro»; il protagonista della storia,un’espressione a sua volta ripresa dalle parolerivolte da don Luigi Giussani a Giovanni Pao-lo II il 30 maggio 1998 in occasione dell’incon-tro in piazza San Pietro tra il Papa e i movi-menti ecclesiali: «Il Mistero come misericordiaresta l’ultima parola anche su tutte le bruttepossibilità della storia. Per cui l’esistenza siesprime, come ultimo ideale, nella mendican-za. Il vero protagonista della storia è il mendi-cante: Cristo mendicante del cuore dell’uomoe il cuore dell’uomo mendicante di Cristo».Due mendicanze si incontrano, devono incon-trarsi in Cristo nel disegno di Dio che l’uomopuò ma non deve ostacolare. E infatti PapaFrancesco, citando implicitamente l’incipitdell’enciclica Deus caritas est di Benedetto XVI,ha iniziato l’omelia con queste parole: «Tantevolte abbiamo sentito che il cristianesimo nonè solo una dottrina, non è un modo di com-portarsi, non è una cultura. Sì, è tutto questo,ma più importante e per primo, è un incontro.Una persona è cristiana perché ha incontratoGesù Cristo, si è lasciata incontrare da Lui».L’uomo può in effetti resistere alla possibilitàd’incontro che Gesù, in modo discreto, gli of-fre. «Come agisce Gesù? In questo passo delVangelo (cfr. Lc 24, 13-35) vediamo bene cheLui rispetta, rispetta la nostra propria situazio-ne, non va avanti. Soltanto, qualche volta, coni testardi, pensiamo a Paolo, quando lo buttagiù dal cavallo. Ma di solito va lentamente, ri-spettoso dei nostri tempi. È il Signore dellapazienza. Quanta pazienza ha il Signore connoi, con ognuno di noi!». Sullo stile di Gesùsi è soffermato a lungo durante l’omelia, per-ché lo stile di Cristo deve essere lo stile delcristiano, uno stile discreto che non usa vio-

L’inquietudine del cuoree l’incontro con Cristoacqua puraper la setedell’uomo

#editoriale

di ANDREA MONDA

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He Qi, «Il camminodi Emmaus»

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GIOVEDÌ 23Per la conversione degli usurai

C’è una «pandemia sociale» che sta portandotante famiglie alla fame, soprattutto le personecon lavori precari che non hanno neppure piùda mangiare e rischiano di finire nelle manidegli usurai perdendo tutto, dignità compresa.E proprio per queste donne e questi uomini ingrandi difficoltà, in particolare per i loro bam-bini, e anche per la conversione di quanti pra-ticano l’usura, il vescovo di Roma, nella me-moria liturgica di san Giorgio, suo giornoonomastico, ha offerto la messa — trasmessa indiretta streaming — celebrata al mattino nellacappella di Casa Santa Marta. «In tante parti— ha detto, a braccio, all’inizio — si sente unodegli effetti di questa pandemia: tante famiglieche hanno bisogno, fanno la fame e purtroppoli “aiuta” il gruppo degli usurai. Questa èun’altra pandemia. La pandemia sociale: fami-glie di gente che ha un lavoro giornaliero, opurtroppo un lavoro in nero, che non possonolavorare e non hanno da mangiare... con figli.E poi gli usurai gli prendono il poco che han-no». A fronte di tutto ciò il Papa ha esortato aunirsi alla sua intenzione spirituale: «Preghia-mo per queste famiglie, per quei tanti bambinidi queste famiglie, per la dignità di queste fa-miglie e preghiamo anche per gli usurai: che ilSignore tocchi il loro cuore e si convertano».

Quindi Francesco ha iniziato l’omelia, fa-cendo subito notare che nella «prima letturacontinua la storia che era incominciata con laguarigione dello storpio presso la Porta Belladel tempio» (cfr. At 5, 27-33). «Gli apostoli so-no stati portati davanti al sinedrio, poi sonostati inviati in carcere, poi un angelo li ha libe-rati — ha spiegato il Papa — e proprio quellamattina dovevano uscire dal carcere per esseregiudicati, ma erano stati liberati dall’angelo epredicavano nel tempio» (cfr. 5, 17-25). «Inquei giorni, il comandante e gli inservienticondussero gli apostoli e li presentarono nelsinedrio» (cfr. versetto 27) si legge negli Attidegli apostoli. E così «sono andati a prenderlinel tempio e li hanno portati nel sinedrio e lìil sommo sacerdote li rimproverò: “Non viavevamo espressamente proibito di insegnarein questo nome?” (cfr. versetto 28) — cioè nelnome di Gesù — “ed ecco, avete riempito Ge-rusalemme del vostro insegnamento e anchevolete far ricadere su di noi il sangue di que-st’uomo”» (cfr. versetto 28). Infatti «gli apo-stoli, Pietro soprattutto e Giovanni — ha fattopresente il Pontefice per spiegare le parole delsommo sacerdote — rimproveravano i dirigenti,i sacerdoti di aver ucciso Gesù».

Riproponendo il passo degli Atti degli apo-stoli, Francesco ha rilanciato i contenuti dellarisposta — una «bella storia» — data, si leggenel testo, da «“Pietro insieme agli apostoli: Bi-sogna obbedire a Dio”, noi siamo obbedienti aDio e voi siete i colpevoli di questo» (cfr. 5,29-31). E poi Pietro «accusa, ma con un corag-gio, con una franchezza che uno si domanda:“Ma questo è il Pietro che ha rinnegato Gesù?Quel Pietro che aveva tanta paura, quel Pietroche era pure un codardo? Come mai è arrivatoqui?”». Quindi Pietro «finisce» il suo discorso«dicendo anche: “E di questi fatti siamo testi-moni noi e lo Spirito Santo”, che è con noi,“che Dio ha dato a quelli che gli obbedisco-no”» (cfr. versetto 32). Ma — è la questioneproposta dal Pontefice — «qual è stata la stra-da di questo Pietro per arrivare a questo pun-to, a questo coraggio, a questa franchezza, aesporsi?». In fin dei conti «lui poteva arrivarea dei compromessi e dire ai sacerdoti: “ma sta-te tranquilli, noi andremo, parleremo un po’con un tono più basso, non vi accuseremo maiin pubblico, ma voi lasciateci in pace”». In-somma, «arrivare a dei compromessi».

«Nella storia — ha affermato il Papa — laChiesa ha dovuto fare questo tante volte persalvare il popolo di Dio». E «tante volte lo haanche fatto per salvare se stessa — non la santaChiesa ma i dirigenti». Tuttavia, ha aggiunto,«i compromessi possono essere buoni e posso-no essere cattivi». Tornando all’episodio rac-contato dagli Atti, gli apostoli «potevano usci-re attraverso il compromesso? No, Pietro hadetto: niente compromesso, voi siete i colpevo-li» (cfr. versetto 30). E lo ha affermato «concoraggio». Eppure «Pietro come è arrivato aquesto punto?», si è chiesto Francesco, facen-do notare che l’apostolo «era un uomo entu-siasta, un uomo che amava con forza, ancheun uomo timoroso, un uomo che era aperto aDio al punto che Dio gli rivela che Gesù è ilCristo, il Figlio di Dio; ma poco dopo — subi-to — si lascia cadere nella tentazione di dire aGesù: “No, Signore, per questa strada no: an-diamo per l’altra”: la redenzione senza croce».Tanto che «Gesù gli dice “Satana”» (cfr. Mc 8,31-33). È «un Pietro — ha proseguito il Ponte-fice — che passava dalla tentazione alla grazia,un Pietro che è capace di inginocchiarsi da-vanti a Gesù» e dire: «“Allontànati da me chesono peccatore” (cfr. Lc 5, 8); e poi un Pietroche cerca di passarla senza farsi vedere e pernon finire in carcere rinnega Gesù» (cfr. Lc 22,54-62). In sostanza «è un Pietro instabile — hadetto il Papa — perché era molto generoso eanche molto debole».

Tenendo conto di questo ritratto tratteggia-to da Francesco, la domanda è: «Qual è il se-greto, qual è la forza che ha avuto Pietro perarrivare qui?». In realtà, ha spiegato il Papa,«c’è un versetto che ci aiuterà a capire questo.Prima della Passione, Gesù disse agli apostoli:“Satana vi ha cercato per vagliarvi come il gra-no” (cfr. Lc 22, 31). È il momento della tenta-zione: “Sarete così, come il grano”. E a Pietrodice: “E io pregherò per te, perché la tua fedenon venga meno”» (cfr. versetto 32). Proprio«questo — ha affermato il Pontefice — è il se-greto di Pietro: la preghiera di Gesù. Gesùprega per Pietro, perché la sua fede non vengameno e possa, dice Gesù, confermare nella fe-de i fratelli». Dunque «Gesù prega per Pie-tro». Ma, ha assicurato Francesco, «questo cheha fatto Gesù con Pietro lo fa con tutti noi:Gesù prega per noi, prega davanti al Padre».La questione, ha affermato il Papa, è che «noisiamo abituati a pregare Gesù perché ci diaquesta grazia, quell’altra, ci aiuti; ma non sia-mo abituati a contemplare Gesù che fa vedereal Padre le piaghe: a Gesù l’intercessore, a Ge-sù che prega per noi». Ecco, allora, che «Pie-tro è stato capace di fare tutta questa strada,da codardo a coraggioso, con il dono delloSpirito Santo grazie alla preghiera di Gesù».

«Pensiamo un po’ a questo» ha suggerito ilPontefice, proponendo: «Rivolgiamoci a Gesù,ringraziando che Lui prega per noi: per ognu-no di noi Gesù prega. Gesù è l’i n t e rc e s s o re .Gesù ha voluto portare con sé le piaghe perfarle vedere al Padre. È il prezzo della nostrasalvezza». Con questa consapevolezza, ha ag-giunto il Papa, «dobbiamo avere più fiducia,più che nelle nostre preghiere, nella preghieradi Gesù: “Signore, prega per me” — “Ma iosono Dio, io posso darti...” — “Sì, ma pregaper me, perché Tu sei l’i n t e rc e s s o re ”». E pro-prio «questo è il segreto di Pietro: “Pietro, iopregherò per te perché la tua fede non vengameno”» (cfr. Lc 22, 32). E «che il Signore — èstato l’invito a conclusione della meditazione— ci insegni a chiedergli la grazia di pregareper ognuno di noi». Con la preghiera del car-dinale Rafael Merry del Val, il Pontefice hainvitato quindi «le persone che non possonocomunicarsi» a fare la comunione spirituale.

Le omeliedel Pontefice

Come di consueto, il Papaha concluso le celebrazioni

del mattino con l’a d o ra z i o n ee la benedizione eucaristica.

E ha affidato — accompagnatodal canto dell’antifona Regina

Caeli — la sua preghieraalla Madre di Dio, sostando

davanti all’immagine marianadella cappella di Casa

Santa Marta.

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VENERDÌ 24Accanto a insegnanti e studenti

«Preghiamo oggi per gli insegnanti che devo-no lavorare tanto per fare lezioni via internet ealtre vie mediatiche e preghiamo anche per glistudenti che devono fare gli esami in un modonel quale non sono abituati». Con un invitoad «accompagnare con la preghiera» la grandecomunità scolastica, che sta vivendo l’emer-genza della pandemia, Papa Francesco ha ini-ziato la celebrazione della messa mattutinanella cappella di Casa Santa Marta.

Per l’omelia il vescovo di Roma ha presospunto dal brano del Vangelo di Giovanni (6,1-15) proposto dalla liturgia, che racconta lamoltiplicazione dei pani e dei pesci. E, ha su-bito confidato, una «frase di questo passo delVangelo ci fa pensare: “Diceva così per metter-lo alla prova; egli infatti sapeva quello che sta-va per compiere”» (cfr. 6, 6). Ed è proprio«quello che aveva in mente Gesù quando dissea Filippo: “Dove potremmo comprare il paneperché costoro abbiano da mangiare?”» (cfr. 6,5). Ma, appunto, «lo diceva “per metterlo allap ro v a ”: Lui sapeva». Qui ssi vede — ha fattonotare il Papa — l’atteggiamento di Gesù congli apostoli: continuamente li metteva alla pro-va per insegnare loro e, quando loro eranofuori dalla funzione che dovevano svolgere, lifermava e insegnava loro». Del resto, ha ag-giunto Francesco, «il Vangelo è pieno di que-

sti gesti di Gesù per far crescere i suoi disce-poli e farli diventare pastori del popolo diDio, in questo caso vescovi: pastori del popolodi Dio».

«Una delle cose che Gesù amava di più eraessere con la folla — ha affermato il Pontefice— perché anche questo è un simbolo dell’uni-versalità della redenzione». Invece, ha prose-guito Francesco, «una delle cose che più nonpiaceva agli apostoli era la folla, perché a loropiaceva stare vicino al Signore, sentire il Si-gnore, sentire tutto quello che il Signore dice-va». Facendo sempre riferimento al passo li-turgico del Vangelo, il Papa ha ricordato che,quel giorno «sono andati lì a fare una giornatadi riposo — dicono le altre versioni negli altriVangeli, perché tutti e quattro ne parlano, for-se ci sono state due moltiplicazioni dei pani».Perciò «venivano da una missione e il Signoreha detto: “Andiamo a riposarci un po'”» (cfr.Mc 6, 31). Così, ha detto ancora il Pontefice,

«sono andati lì e la gente si accorse di doveandavano per il mare, ha percorso la riva e lihanno aspettati lì». Ma «i discepoli non eranofelici — ha affermato — perché la folla avevarovinato la “pasquetta”: non potevano farequesta festa con il Signore». Malgrado ciò,«Gesù incominciava a insegnare, loro ascolta-vano, poi parlavano fra loro e passavano leore, le ore, le ore: Gesù parlava e la gente erafelice». Però gli apostoli «dicevano: “la nostrafesta è rovinata, il nostro riposo è rovinato”».

«Il Signore cercava la vicinanza con la gen-te — ha spiegato il Papa — e cercava di forma-re il cuore dei pastori alla vicinanza con il po-polo di Dio per servirli». Ma gli apostoli, daparte loro, «si capisce questo, si sentono eletti,si sentivano un po’ una cerchia privilegiata, unceto privilegiato, “un’aristo crazia”, diciamo co-sì, vicini al Signore». Proprio per questo, haproseguito il Pontefice, «tante volte il Signorefaceva gesti per correggerli. Per esempio, pen-siamo con i bambini». I discepoli «custodiva-no il Signore: “No, no, no, non avvicinare ibambini che molestano, disturbano. No, ibambini con i genitori”. E Gesù? “Che venga-no i bambini”» (cfr. Mc 10, 13-16). Ma i disce-poli «non capivano. Poi hanno capito». Esempre a questo proposito, il Papa ha ricorda-to un altro episodio evangelico, quando, sulla«strada verso Gerico, quell’altro che gridava:“Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!”»(cfr. Lc 18, 38). E i discepoli gli rispondono:«Ma sta’ zitto, sta’ zitto che passa il Signore,non disturbarlo”». Invece Gesù dice: «Ma chiè quello? Fatelo venire”» (cfr. Lc 18, 35-43).Ecco che «un’altra volta il Signore» li correg-ge, «e così insegnava loro la vicinanza al po-polo di Dio».

«È vero — ha riconosciuto Francesco — cheil popolo di Dio stanca il pastore, stanca:quando c’è un buon pastore si moltiplicano lecose, perché la gente va sempre dal buon pa-store per un motivo, per l’altro» E ha confida-to: «Una volta, un grande parroco di un quar-tiere semplice, umile, della mia diocesi, avevala canonica come una casa normale, come lealtre, e la gente bussava alla porta o bussavaalla finestra, a ogni ora, e una volta mi disse:“Ma io avrei voglia di murare la porta e la fi-nestra perché mi lascino riposare”. Ma lui sene accorgeva che era pastore e doveva esserecon la gente!». Ecco dunque, ha spiegato ilPontefice, che «Gesù forma, insegna ai disce-poli, agli apostoli questo atteggiamento pasto-rale che è la vicinanza al popolo di Dio». Ma«il popolo di Dio stanca, perché sempre cichiede cose concrete; sempre ti chiede qualchecosa concreta, forse sbagliata, ma ti chiede co-se concrete». E «il pastore deve accudire aqueste cose». Il vescovo di Roma ha quindifatto presente che «le versioni degli altri evan-gelisti di questo episodio fanno vedere che so-no passate le ore e la gente doveva andarseneperché cominciava il buio». E gli apostoli aGesù «dicono così: “Congeda la gente perchévadano a comprare per mangiare”». E lo dico-no proprio «nel momento del buio, quandoincominciava il buio» (cfr. Lc 9, 12-13). Ma gliapostoli, è la questione suggerita dal Papa,«cosa avevano in mente? Almeno di fare unp o’ di festa fra loro, quell’egoismo non cattivo,ma si capisce, di stare col pastore, stare conGesù che è il gran pastore». Invece «Gesù ri-sponde per metterli alla prova: “Dategli voi dam a n g i a re ”» (cfr. versetto 13). In realtà, ha det-to Francesco, «questo è quello che Gesù diceoggi a tutti i pastori: “Dategli voi da mangia-re ”» In sostanza: «Sono angosciati? Dateglivoi la consolazione. Sono smarriti? Dategli voiuna via di uscita. Si sono sbagliati? Dateglivoi aiuto per risolvere i problemi. Dategli voi,dategli voi...».

#santamarta

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 3

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«Il povero apostolo — ha affermato il Pon-tefice — sente che deve dare, dare, dare... Mada chi riceve? Gesù ci insegna» che il pastorericeve «dallo stesso da cui riceveva Gesù». IlVangelo dice che «dopo questo» fatto, Gesù«congeda gli apostoli e va a pregare: dal Pa-dre, dalla preghiera». E questa «“doppia vici-nanza” del pastore — ha insistito il Papa — èquella che Gesù cerca di far capire agli aposto-li perché diventino grandi pastori». Ma «tantevolte la folla sbaglia, e qui ha sbagliato, no?:“Allora la gente, visto il segno che egli avevacompiuto, diceva: ‘Questi è davvero il profeta,colui che viene nel mondo!’. Ma Gesù, sapen-do che venivano a prenderlo per farlo re, si ri-tirò di nuovo”» (cfr. Gv 6, 14-15). Francesco haanche aggiunto che «forse, forse — ma non lodice il Vangelo — qualcuno degli apostoli gliavrebbe detto: “Ma Signore, approfittiamo diquesto e prendiamo il potere”». Dunque,«un’altra tentazione». Ma «Gesù fa loro vede-re che quella non è la strada». Perché «il pote-re del pastore è il servizio, non ha un altro po-tere, e quando sbaglia prendendo un altro po-tere si rovina la vocazione e diventa, non so,gestore di “imprese pastorali” ma non pasto-re». Quindi, ha rilanciato il Pontefice, «“las t ru t t u r a ” non fa pastorale: il cuore del pastoreè ciò che fa la pastorale». E «il cuore del pa-store è quello che Gesù ci insegna adesso».Infine concludendo la sua meditazione, Fran-cesco ha chiesto di pregare «oggi per i pastoridella Chiesa, perché il Signore parli sempre aloro, perché li ama tanto: ci parli sempre, cidica come sono le cose, ci spieghi e soprattut-to ci insegni a non avere paura del popolo diDio, a non avere paura di essere vicini». Poicon la preghiera di sant’Alfonso de’ Liguori hainvitato «le persone che non possono fare lacomunione» a fare la comunione spirituale.

SA B AT O 25Per le persone che svolgono

i servizi funebri«Preghiamo insieme oggi per le persone chesvolgono servizi funebri. È tanto doloroso,tanto triste quello che fanno, e sentono il do-lore di questa pandemia così vicino». Conquesto invito alla preghiera il vescovo di Ro-ma ha iniziato, nella memoria liturgica di sanMarco, la celebrazione della messa, nella cap-pella di Casa Santa Marta. «Oggi la Chiesacelebra uno dei quattro evangelisti, molto vici-no all’apostolo Pietro», ha subito ricordatoFrancesco nell’omelia. «Il Vangelo di Marco —ha sottolineato — è stato il primo a esserescritto. È semplice, uno stile semplice, moltovicino». E, ha suggerito il Papa, «se oggi ave-te un po’ di tempo prendetelo in mano e leg-getelo. Non è lungo, e fa piacere leggere lasemplicità con la quale Marco racconta la vitadel Signore».

Riferendosi al passo evangelico propostodalla liturgia — «che è la fine del Vangelo diMarco» (16, 15-20) — il Pontefice ha fatto no-tare che «c’è l’invio del Signore», il quale «siè rivelato come salvatore, come il Figlio unicodi Dio; si è rivelato a tutto Israele, al popolo,specialmente con più dettagli agli apostoli, aidiscepoli». Marco racconta proprio «il conge-do del Signore, il Signore se ne va: partì e “fuelevato in cielo e sedette alla destra di Dio”(cfr. 16, 19). Ma prima di partire, quando ap-parve agli Undici, disse loro: “Andate in tuttoil mondo e proclamate il Vangelo a ogni crea-tura”» (cfr. 16, 15). In queste parole, ha spiega-to Francesco, «c’è la missionarietà della fede»,perché «la fede o è missionaria o non è fede».In realtà, ha aggiunto, «la fede non è una cosasoltanto per me, perché io cresca con la fede:questa è un’eresia gnostica». Invece «la fede ti

porta sempre a uscire da te». È «la trasmissio-ne della fede», dunque. «La fede — ha insisti-to il Pontefice — va trasmessa, va offerta, so-prattutto con la testimonianza: “Andate, che lagente veda come vivete”» (cfr Mt 16, 15). Inproposito il Papa ha confidato il contenuto diun suo colloquio con «un prete europeo, diuna città europea: “C’è tanta incredulità, tantoagnosticismo nelle nostre città, perché i cristia-ni non hanno fede. Se l’avessero, sicuramentela darebbero alla gente”». In pratica «mancala missionarietà». E manca la missionarietà«perché alla radice manca la convinzione: “Sì,io sono cristiano, sono cattolico...”». Quasi«come se fosse un atteggiamento sociale».Cioè, «nella carta d’identità ti chiami così ecosì... e “sono cristiano”. È un dato della cartad’identità». Ma «questa non è fede! Questa èuna cosa culturale».

«La fede — ha spiegato il Pontefice — neces-sariamente ti porta fuori, ti porta a darla: per-ché la fede essenzialmente va trasmessa». Dipiù: la fede «non è quieta: “Ah, Lei vuol dire,padre, che tutti dobbiamo essere missionari eandare nei Paesi lontani?”. No, questa è unaparte della missionarietà». Insomma, ha rilan-ciato Francesco, «se tu hai fede necessariamen-te devi uscire da te, e far vedere socialmente lafede». Perché «la fede è sociale, è per tutti:“Andate in tutto il mondo e proclamate ilVangelo ad ogni creatura”» (cfr Mc 16, 15).

Ma «questo — ha messo in guardia il Papa— non vuol dire fare proselitismo, come se iofossi una squadra di calcio che fa proselitismoo fossi una società di beneficenza». No, ha in-sistito, «la fede è: “niente proselitismo”. È farvedere la rivelazione, perché lo Spirito Santopossa agire nella gente attraverso la testimo-nianza: come testimone, con servizio». Oltre-tutto, ha fatto presente, «il servizio è un mododi vivere. Se io dico che sono cristiano e vivocome un pagano, non va! Questo non convin-ce nessuno. Se io dico che sono cristiano e vi-vo da cristiano, questo attira. È la testimonian-za». A questo proposito Francesco ha ricorda-to il suo dialogo a Cracovia — il 30 luglio2016, in occasione della Giornata mondialedella gioventù — con José Pasternak, originariodi San Paolo del Brasile, missionario della co-munità Shalom in Italia per nove anni e poi,dal 2014, in Polonia come volontario. José, al-la sua prima Gmg, ebbe l’opportunità di par-tecipare al pranzo con Papa Francesco, nell’ar-civescovado di Cracovia, dialogando con luiinsieme a undici coetanei dei cinque continen-ti. «Una volta, in Polonia, uno studente uni-versitario — ha ricordato il Pontefice riferendo-si a lui — mi ha domandato: “Nell’università ioho tanti compagni atei. Cosa devo dire loroper convincerli?” — “Niente, caro, niente! L’ul-tima cosa che tu devi fare è dire qualcosa. In-comincia a vivere, e loro, vedendo la tua testi-monianza, ti domanderanno: ‘Ma perché tu vi-vi così?’”». Dunque, «la fede va trasmessa:non per costringere ma per offrire un tesoro.“È lì, vedete?”». E proprio «questa — ha affer-mato il Papa — è anche l’umiltà della qualeparlava San Pietro nella prima lettura (5, 5-14)» proposta dalla liturgia: «Carissimi, rivesti-tevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, per-ché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agliumili». Invece, ha riconosciuto, «quante voltenella Chiesa, nella storia, sono nati movimenti,aggregazioni di uomini o donne che volevanoconvincere della fede, convertire... Veri “p ro s e -litisti”. E come sono finiti? Nella corruzione».

«È così tenero — ha suggerito ancora il Pon-tefice — questo passo del Vangelo! Ma dov’è lasicurezza? Come posso essere sicuro cheuscendo da me sarò fecondo nella trasmissionedella fede? “Proclamate il Vangelo a ogni crea-

Alla messa del 25 aprile il Papaha pregato per quanti svolgono

servizi funebri (Afp)

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tura” (cfr Mc 15, 15), farete meraviglie» (cfrversetti 17-18). E «il Signore sarà con noi finoalla fine del mondo. Ci accompagna». Perché,ha assicurato Francesco, «nella trasmissionedella fede c’è sempre il Signore con noi. Nellatrasmissione dell’ideologia ci saranno i maestri,ma quando io ho un atteggiamento di fedeche va trasmessa, c’è il Signore lì che mi ac-compagna. Mai, nella trasmissione della fede,

nella cappella di Casa Santa Marta. Per la suameditazione Francesco ha preso spunto dalbrano del Vangelo di Luca (24, 13-35) che rac-conta l’incontro di Gesù risorto con i discepolidi Emmaus. «Tante volte abbiamo sentito —ha affermato il Papa — che il cristianesimo nonè solo una dottrina, non è un modo di com-portarsi, non è una cultura. Sì, è tutto questo,ma più importante e per primo, è un incontro.Una persona è cristiana perché ha incontratoGesù Cristo, si è lasciata “incontrare da Lui”».

«Questo passo del Vangelo di Luca — haspiegato — ci racconta un incontro, in mododa far capire bene come agisce il Signore e co-me è il modo nostro di agire». In realtà, haproseguito, «noi siamo nati con un “seme diinquietudine”. Dio ha voluto così: inquietudi-ne di trovare pienezza, inquietudine di trovareDio, tante volte anche senza sapere che noiabbiamo questa inquietudine».

Dunque «il nostro cuore è inquieto, il no-stro cuore ha sete: sete dell’incontro con Dio.Lo cerca, tante volte per strade sbagliate: siperde, poi torna, lo cerca...». Ma, ha fatto pre-sente il Papa, «dall’altra parte, Dio ha setedell’incontro, a tal punto che ha inviato Gesùper incontrarci, per venire incontro a questainquietudine».

«Come agisce Gesù? In questo passo delVangelo — ha affermato Francesco — vediamobene che Lui rispetta, rispetta la nostra pro-pria situazione, non va avanti». Lo fa «soltan-to, qualche volta, con i testardi: pensiamo aPaolo, quando lo butta giù dal cavallo». Inve-ce «di solito va lentamente, rispettoso dei no-stri tempi: è il Signore della pazienza». E«quanta pazienza ha il Signore con noi, conognuno di noi!». Ma sempre «il Signore cam-mina accanto a noi, come abbiamo visto qui,con questi due discepoli» ha spiegato il Ponte-fice riferendosi all’episodio di Emmaus. Il Si-gnore «ascolta le nostre inquietudini, le cono-sce, e a un certo punto dice qualcosa. Al Si-gnore piace sentire come noi parliamo, per ca-pirci bene e per dare la risposta giusta a quellainquietudine». Per questo «il Signore non ac-celera il passo, va sempre al nostro passo, tan-te volte lento, ma la sua pazienza è così».

«C’è un’antica regola dei pellegrini — ha ri-cordato il Papa — che dice che il vero pellegri-no deve andare al passo della persona più len-ta. E Gesù è capace di questo, lo fa, non acce-lera, aspetta che noi facciamo il primo passo.E quando è il momento, ci fa la domanda».Nel «caso» dei discepoli di Emmaus «è chia-ro: “Di cosa parlate voi?”» (cfr. versetto 17).Qui, ha fatto notare Francesco, Gesù «si faignorante per farci parlare. A Lui piace chenoi parliamo. Gli piace sentire questo, gli pia-ce che noi parliamo così». È il suo stile di at-tenzione, «per ascoltarci e rispondere ci faparlare. Come se facesse l’ignorante, ma contanto rispetto». Ma poi il Signore «risponde,spiega, fino al punto necessario». Nel branoliturgico di Luca «ci dice: “Non bisognava cheil Cristo patisse queste sofferenze per entrarenella sua gloria?”» (cfr. versetto 26). ScriveLuca: «E cominciando da Mosè e da tutti iprofeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò chesi riferiva a lui”». Gesù «spiega, fa chiarire».

«Io confesso — ha detto il Pontefice — cheho la curiosità di sapere come Gesù ha spiega-to per fare lo stesso. È stata una catechesi bel-lissima. E poi lo stesso Gesù che ci ha accom-pagnato, che ci ha avvicinato, fa finta di anda-re oltre, per vedere la misura della nostra in-quietudine». Ma subito i discepoli di Emmausgli dicono: «No, vieni, vieni, rimani un po’con noi”» (cfr. versetto 29). Ed è proprio cosìche «si dà l’incontro», ha insistito il Papa. Per-ché «l’incontro non è soltanto il momento del-lo spezzare il pane qui, ma è tutto il cammi-no». E infatti «noi incontriamo Gesù nel buio

«San Marco evangelista»

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sono solo. È il Signore con me che trasmette lafede». Del resto, «lo ha promesso: “Io sarò convoi tutti i giorni fino alla fine del mondo”» (cfrMt 28, 20).

Concludendo la sua meditazione Francesco haesortato a pregare «il Signore perché ci aiuti a vi-vere la nostra fede così: la fede da porte aperte,una fede trasparente, non “p ro s e l i t i s t a ”, ma chefaccia vedere: “Io sono così”. E con questa sanacuriosità, aiuti la gente a ricevere questo messag-gio che li salverà». Infine con la preghiera delcardinale Rafael Merry del Val, ha invitato «lepersone che non possono comunicarsi» a fare lacomunione spirituale.

DOMENICA 26Accanto a chi è triste

«Preghiamo oggi, in questa messa, per tutte lepersone che soffrono la tristezza, perché sono so-le o perché non sanno quale futuro le aspetta operché non possono portare avanti la famigliaperché non hanno soldi, perché non hanno lavo-ro. Tanta gente che soffre la tristezza». È conquesto invito che il vescovo di Roma ha iniziatola celebrazione dell’Eucaristia alle 7 del mattino

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dei nostri dubbi, anche nel dubbio brutto deinostri peccati, Lui è lì per aiutarci, nelle nostreinquietudini». Egli «è sempre con noi».

«Il Signore ci accompagna perché ha vogliadi incontrarci» ha rilanciato il vescovo di Ro-ma. «Per questo — ha aggiunto — diciamo cheil nocciolo del cristianesimo è un incontro: èl’incontro con Gesù. “Perché tu sei cristiano?Perché tu sei cristiana?”. E tanta gente non sadirlo». Magari «alcuni per tradizione. Altrinon sanno dirlo, perché hanno incontrato Ge-sù» e forse neppure «si sono accorti che eraun incontro con Gesù». Perché «Gesù sempreci cerca, sempre», ha rilanciato Francesco. E«noi abbiamo la nostra inquietudine: nel mo-mento in cui la nostra inquietudine incontraGesù, lì incomincia la vita della grazia, la vitadella pienezza, la vita del cammino cristiano».

Concludendo la sua meditazione, il Pontefi-ce ha invitato a pregare perché «il Signore atutti noi dia questa grazia di incontrare Gesùtutti i giorni; di sapere, di conoscere proprioche Lui cammina con noi in tutti i nostri mo-menti. È il nostro compagno di pellegrinag-gio». Con la preghiera di sant’Alfonso Mariade’ Liguori, il Papa ha invitato infine «le per-sone che non possono comunicarsi» a fare lacomunione spirituale.

LUNEDÌ 27Con la grazia della creatività

sulla strada della bellezzaPer ritrovare «la strada della bellezza», pur inun tempo di dolore e paura, Papa Francescoha invocato «la grazia della creatività» per tut-ti, con un pensiero particolare «per gli artisti».Con questa preghiera il vescovo di Roma haaperto la celebrazione della messa nella cap-pella di Casa Santa Marta. «Preghiamo oggiper gli artisti — ha detto a braccio — che han-no questa capacità di creatività molto grande eper mezzo della strada della bellezza ci indica-no la strada da seguire». Un’intenzione segui-ta dall’auspicio «che il Signore dia a tutti noila grazia della creatività in questo momento».Facendo riferimento al passo del Vangelo diGiovanni (6, 22-29), il Papa ha subito fattopresente come «la gente che aveva ascoltatoGesù durante tutta la giornata, e poi avevaavuto questa grazia della moltiplicazione deipani e aveva visto il potere di Gesù, volevafarlo re». Infatti, ha spiegato, «andarono pri-ma da Gesù per ascoltare la parola e ancheper chiedere la guarigione degli ammalati. Ri-masero tutta la giornata ascoltando Gesù sen-za annoiarsi, senza stancarsi: erano lì, felici».Ma «quando poi hanno visto che Gesù davaloro da mangiare, cosa che loro non aspettava-no, hanno pensato: “Ma questo sarebbe unbuon governante per noi e sicuramente saràcapace di liberarci dal potere dei romani eportare il Paese avanti”». Con queste conside-razioni, ha proseguito il Pontefice, «si sonoentusiasmati per farlo re» e «la loro intenzioneè cambiata perché hanno visto e hanno pensa-to: “Bene, perché una persona che fa questomiracolo, che dà da mangiare al popolo, puòessere un buon governante”» (cfr. Gv 6, 1-15).Ma «avevano dimenticato in quel momentol’entusiasmo che la parola di Gesù faceva na-scere nei loro cuori». Gesù «si allontanò e an-dò a pregare» scrive l’evangelista (cfr. versetto15). «Quella gente è rimasta lì — ha affermatoil Papa — e il giorno dopo cercava Gesù, “p er-ché deve essere qui” diceva, perché aveva vistoche non era salito sulla barca con gli altri. Ec’era una barca lì, è rimasta lì» (cfr. 6, 22-24).Ma «non sapevano che Gesù aveva raggiuntogli altri camminando sulle acque» (cfr. versetti16-21) e «così si sono decisi ad andare dall’al-

tra parte del mare di Tiberiade a cercare Gesùe, quando lo hanno visto, la prima parola chedicono a lui è: “Rabbì, quando sei venutoqua?” (cfr. versetto 25)». Come a dire: «Noncapiamo, questa sembra una cosa strana». EGesù, ha chiarito Francesco, «fa tornare loroal primo sentimento, a quello che avevano pri-ma della moltiplicazione dei pani, quandoascoltavano la parola di Dio: “In verità, in ve-rità io vi dico: voi mi cercate non perché avetevisto dei segni — come all’inizio, i segni dellaparola, che li entusiasmavano, i segni dellaguarigione — ma perché avete mangiato diquei pani e vi siete saziati”» (cfr. versetto 26).Insomma, «Gesù svela la loro intenzione e di-ce: “Ma è così, avete cambiato atteggiamen-to”». E «loro, invece di giustificarsi», rispon-dono: «“No, Signore, no...”, sono stati umili».Allora, prosegue il racconto evangelico, «Gesùcontinua: “Datevi da fare non per il cibo chenon dura, ma per il cibo che rimane per la vi-ta eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Per-ché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo si-gillo”» (cfr. 6, 27). È un dialogo che continuae sono «loro, buoni», a rilanciarlo: «Che cosadobbiamo compiere per fare le opere di Dio?»(cfr. versetto 28). Chiara la risposta di Gesù:«“Che crediate” nel Figlio di Dio (cfr. versetto29). Questo è un caso — ha spiegato il Papa —nel quale Gesù corregge l’atteggiamento dellepersone, della folla, perché a metà cammino siera un po’ allontanata dal primo momento,dalla prima consolazione spirituale e avevapreso una strada che non era giusta, una stra-da più mondana che evangelica». Ma, ha mes-so in guardia Francesco, «questo ci fa pensareche tante volte noi nella vita incominciamouna strada alla sequela di Gesù, dietro Gesù,con i valori del Vangelo, e a metà strada civiene un’altra idea, vediamo qualche segnale eci allontaniamo e ci conformiamo con una co-sa più temporale, più materiale, più mondana,può darsi, e perdiamo la memoria di quel pri-mo entusiasmo che abbiamo avuto quandosentivamo parlare Gesù». E così, ha prosegui-to il Pontefice, «il Signore fa tornare sempreal primo incontro, al primo momento nel qua-le Lui ci ha guardato, ci ha parlato e ha fattonascere dentro di noi la voglia di seguirlo». E«questa è una grazia da chiedere al Signore,perché noi nella vita sempre avremo questatentazione di allontanarci perché vediamoun’altra cosa: “Ma quello andrà bene, maquell’idea è buona...”». Così «ci allontania-mo». Per questa ragione, ha insistito il Papa,dobbiamo chiedere al Signore «la grazia ditornare sempre alla prima chiamata, al primomomento: non dimenticare, non dimenticare lamia storia, quando Gesù mi ha guardato conamore e mi ha detto: “Questa è la tua strada”;quando Gesù tramite tanta gente mi ha fattocapire qual era la strada del Vangelo e non al-tre strade un po’ mondane, con altri valori».Insomma, «tornare al primo incontro».

«A me sempre ha colpito — ha confidatoFrancesco — che tra le cose che Gesù dice nel-la mattina della Risurrezione» c’è un vero eproprio appuntamento per gli apostoli: «An-date dai miei discepoli e ditegli che vadano inGalilea, lì mi troveranno» (cfr Mt 28, 10). La«Galilea era il posto del primo incontro. Lìavevano incontrato Gesù». Infatti «ognuno dinoi — ha ricordato il Pontefice — ha la propria“Galilea” dentro, il proprio momento nel qualeGesù si è avvicinato e ci ha detto: “Seguimi”».E, in realtà, ha aggiunto, «nella vita succedequesto che è successo a questa gente buona,perché poi gli dice: “Ma cosa dobbiamo fa-re ? ”» e «subito loro hanno obbedito». Così«succede che ci allontaniamo e cerchiamo altrivalori, altre ermeneutiche, altre cose, e perdia-mo la freschezza della prima chiamata». E

Georges Rouault«I discepoli di Emmaus»

( p a r t i c o l a re )

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«l’autore della lettera agli Ebrei ci rimanda an-che a questo: “Ricordatevi i primi giorni”»(cfr. 10, 32). Concludendo l’omelia Francescoha esortato a fare «memoria: la memoria delprimo incontro, la memoria della “mia Gali-lea”, quando il Signore mi guardò con amoree mi ha detto: “Seguimi”». Quindi, con la pre-ghiera di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, hainvitato «le persone che non possono comuni-carsi» a fare la comunione spirituale.

MARTEDÌ 28Prudenza e obbedienza

perché la pandemia non torni«In questo tempo, nel quale si incomincia adavere disposizioni per uscire dalla quarantena,preghiamo il Signore perché dia al suo popo-lo, a tutti noi, la grazia della prudenza e dellaobbedienza alle disposizioni, perché la pande-mia non torni». Con queste parole Papa Fran-cesco ha iniziato la celebrazione della messadel mattino nella cappella di Casa Santa Mar-ta. «Nella prima lettura di questi giorni abbia-mo ascoltato il martirio di Stefano: una cosasemplice, come è successo» ha detto il vescovodi Roma all’omelia, facendo riferimento alpasso degli Atti degli apostoli (7, 51-8, 1) pro-posto dalla liturgia. «I dottori della Leggenon tolleravano la chiarezza della sua dottrina

e, appena proclamata, sono andati a chiedere aqualcuno che dicesse di aver sentito dire cheStefano bestemmiava contro Dio, contro laLegge» (cfr At 6, 11-14). E «dopo questo — haproseguito il Papa — gli piombarono addossoe lo lapidarono: così, semplicemente» (cfr 7,57-58). Ed «è una struttura di azione che nonè la prima: anche con Gesù hanno fatto lostesso» (cfr Mt 26, 60-62) ha fatto presenteFrancesco. «Il popolo, che era lì incerto — haosservato — han cercato di convincerlo che eraun bestemmiatore e loro hanno gridato: “C ro -cifiggilo!” (cfr Mc 15, 13). È una bestialità.Una bestialità, partire dalle false testimonianzeper arrivare a “fare giustizia”». E «questo è loschema». E «anche nella Bibbia — ha spiegatoil Pontefice — ci sono casi del genere: a Susan-na hanno fatto lo stesso (cfr Dn 13, 1-64), aNabot hanno fatto lo stesso (cfr 1 Re 21, 1-16),poi Aman ha cercato di fare lo stesso con il

popolo di Dio (cfr Est 3, 1-14)». Si ricorre a«notizie false, calunnie che riscaldano il popo-lo e chiedono la giustizia. È un linciaggio, unvero linciaggio». Riprendendo il racconto de-gli Atti degli apostoli, il Papa ha ricordato cheStefano viene portato davanti «al giudice, per-ché il giudice dia forma legale a questo: magià è stato giudicato; il giudice deve esseremolto, molto coraggioso per andare contro ungiudizio “così popolare”, fatto apposta, prepa-rato». Ed «è il caso di Pilato» — ha rilanciatoFrancesco — il quale «vide chiaramente cheGesù era innocente, ma vide il popolo, se nelavò le mani (cfr Mt 27, 24-26). È un modo difare giurisprudenza».

«Anche oggi — ha insistito il Pontefice — lovediamo, questo: anche oggi è in atto, in alcu-ni Paesi, quando si vuole fare un colpo di Sta-to o “fare fuori” qualche politico perché nonvada alle elezioni, si fa questo: notizie false,calunnie, poi si affida ad un giudice di quelliai quali piace creare giurisprudenza con questopositivismo “situazionalista” che è alla moda, epoi condanna. È un linciaggio sociale». E pro-prio «così è stato fatto a Stefano, così è statofatto il giudizio di Stefano: portano a giudica-re uno già giudicato dal popolo ingannato».

«Questo — ha affermato il Papa — succedeanche con i martiri di oggi»: cioè «i giudicinon hanno possibilità di fare giustizia perchésono già stati giudicati». E ha invitato a pen-sare «ad Asia Bibi, per esempio, che abbiamovisto: dieci anni in carcere perché è stata giu-dicata da una calunnia e un popolo che nevuole la morte». Ma «davanti a questa valan-ga di notizie false che creano opinione, tantevolte non si può fare nulla: non si può farenulla».

«Io penso tanto, in questo, alla Shoah» haconfidato Francesco. «La Shoah — ha detto —è un caso del genere. È stata creata l’opinionecontro un popolo e poi era normale dire: “Sì,sì, vanno uccisi, vanno uccisi”». Insomma,«un modo di procedere per fare “fuori la gen-te” che è molesta, che disturba».

«Tutti sappiamo che questo non è buono —ha proseguito il Pontefice — ma quello chenon sappiamo è che c’è un piccolo linciaggioquotidiano che cerca di condannare la gente,di creare una cattiva fama sulla gente, di scar-tarla, di condannarla». È «il piccolo linciaggioquotidiano del chiacchiericcio che crea un’opi-nione. Tante volte uno sente sparlare di qual-cuno e dice: “Ma no, questa persona è unapersona giusta!” — “No, no, si dice che...”». Eproprio «con quel “si dice che” si crea un’opi-nione per farla finita con una persona».

«La verità è un’altra: la verità è la testimo-nianza del vero — ha spiegato il Papa — dellecose che una persona crede; la verità è chiara,è trasparente. La verità non tollera le pressio-ni». Da qui il suggerimento: «Guardiamo Ste-fano, martire, primo martire dopo Gesù: pri-mo martire». E, ha aggiunto il Pontefice,«pensiamo agli apostoli: tutti hanno dato te-stimonianza». Francesco ha invitato anche apensare a «tanti martiri, anche quello che fe-steggiamo oggi, san Pietro Chanel: è stato ilchiacchiericcio a creare l’opinione che era con-tro il re». Così «si crea una fama e va ucciso».

Concludendo la sua meditazione il Papa hachiesto di pensare «a noi, alla nostra lingua:tante volte noi, con i nostri commenti, inizia-mo un linciaggio del genere». Tanto che «nel-le nostre istituzioni cristiane, abbiamo vistotanti linciaggi quotidiani che sono nati dalchiacchiericcio». Con questa consapevolezza ilPontefice ha pregato perché il Signore aiuti gliuomini a essere giusti nei giudizi, a non inco-minciare o seguire questa condanna «massicciache il chiacchiericcio provoca». Infine con lapreghiera del cardinale Merry del Val ha invi-

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tato «le persone che non possono comunicar-si» a fare la comunione spirituale.

MERCOLEDÌ 29Fratelli di un’Europa unita

«Oggi è la festa di santa Caterina da Siena,dottore della Chiesa, patrona d’Europa. Pre-ghiamo per l’Europa, per l’unità dell’E u ro p a ,per l’unità dell’Unione europea: perché tuttiinsieme possiamo andare avanti come fratelli».Con questa intenzione Papa Francesco ha ini-ziato la celebrazione della messa del mattinonella cappella di Casa Santa Marta.

«Nella prima Lettera di San Giovanni apo-stolo ci sono tanti contrasti: fra luce e tenebre,tra bugia e verità, tra peccato e innocenza» hapoi esordito il vescovo di Roma nell’omelia,facendo riferimento al passo proposto comeprima lettura (cfr. 1 Gv 1, 5-2,2). «Ma sempre— ha proseguito il Papa — l’apostolo richiamaalla concretezza, alla verità, e ci dice che nonpossiamo essere in comunione con Gesù ecamminare nelle tenebre, perché Lui è luce».Insomma, «o una cosa o l’altra: il grigio èpeggio ancora, perché il grigio ti fa credereche tu cammini nella luce, perché non sei nelletenebre, e questo ti tranquillizza. È molto tra-ditore, il grigio. O una cosa o l’altra».

Francesco ha fatto presente che, nella suaLettera, «l’apostolo continua: “Se diciamo diessere senza peccato, inganniamo noi stessi ela verità non è con noi” (cfr. 1, 8), perché tuttiabbiamo peccato, tutti siamo peccatori». E«qui — ha messo in guardia il Pontefice — c’èuna cosa che ci può ingannare: dicendo “tuttisiamo peccatori”, come chi dice “buongiorno”,“buona giornata”, una cosa abituale, ancheuna cosa sociale, e così non abbiamo una veracoscienza del peccato». L’atteggiamento giu-sto, ha insisto il Papa, è invece riconoscere che«io sono peccatore per questo, questo, que-sto». Con «la concretezza, la concretezza dellaverità. Mentre la verità è sempre concreta; lebugie sono eteree, sono come l’aria, tu nonpuoi prenderla». «la verità è concreta. E tunon puoi andare a confessare i tuoi peccati inmodo astratto: “Sì..., io, sì, una volta ho persola pazienza, un’altra...”, e cose astratte». Civuole dunque, ha rilanciato Francesco, la con-cretezza di dire: «Sono peccatore: Io ho fattoquesto. Io ho pensato questo. Io ho detto que-sto». Ed è proprio «la concretezza che mi fasentire peccatore sul serio e non “p eccatorenell’aria”». In questa prospettiva, il Ponteficeha riproposto le parole di Gesù riportate daMatteo (11, 25-30) nel passo liturgico del Van-gelo: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cieloe della terra, perché hai nascosto queste coseai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai picco-li». Ecco, ha detto il Papa, «la concretezza deipiccoli. È bello ascoltare i piccoli quando ven-gono a confessarsi: non dicono cose strane,“nell’aria”; dicono cose concrete, e alle voltetroppo concrete perché hanno quella semplici-tà che Dio dà ai piccoli».

«Ricordo sempre un bambino — ha confida-to Francesco — che una volta è venuto a dirmiche era triste perché aveva litigato con la zia.Ma poi è andato avanti. Io ho detto: “Ma co-sa hai fatto?” — “Io ero a casa, volevo andare agiocare a calcio — un bambino — ma la zia —mamma non c’era — dice: ‘No, tu non esci: tuprima devi fare i compiti’. Parola va, parolaviene, e alla fine l’ho mandata a quel paese”.Era un bambino di grande cultura geografica:mi ha detto anche il nome del paese al qualeaveva mandato la zia!». Ma i bambini «sonocosì: semplici, concreti» ha fatto presente, nonsenza ironia, il Pontefice. «Anche noi dobbia-mo essere semplici, concreti. La concretezza tiporta all’umiltà, perché l’umiltà è concreta» ha

affermato il Papa. Dire «“Siamo tutti peccato-ri” è una cosa astratta». Invece bisogna rico-noscere: «“Io sono peccatore per questo, que-sto e questo”. E questo mi porta alla vergognadi guardare Gesù». È dire «“p erdonami” il ve-ro atteggiamento del peccatore».

Scrive Giovanni: «Se diciamo di essere sen-za peccato inganniamo noi stessi e la veritànon è in noi» (cfr. 1 Gv 1, 8). In effetti, haproseguito Francesco, «un modo di dire chesiamo senza peccato è questo atteggiamentoastratto: “Sì, siamo peccatori, sì, ho perso lapazienza una volta...”, ma tutto “nell’aria”.Non mi accorgo della realtà dei miei peccati.“Ma, sa, tutti, tutti facciamo queste cose, mispiace..., mi spiace, mi dà dolore, non vogliofarlo più, non voglio dirlo più, non vogliopensarlo più...”. È importante che, dentro dinoi, diamo nomi ai nostri peccati».

«La concretezza», dunque. «Perché se cimanteniamo “nell’aria”, finiremo nelle tene-bre» ha detto ancora il Papa, invitando a di-ventare «come i piccoli che dicono quello chesentono, quello che pensano: ancora non han-no imparato l’arte di dire le cose un po’ “in-cartate” perché si capiscano ma non si dica-no». E «questa è un’arte dei grandi, che tantevolte non ci fa bene». A tal proposito France-sco ha confidato di aver ricevuto «ieri una let-tera di un ragazzo di Caravaggio. Si chiamaAndrea. E mi raccontava cose sue. Le letteredei ragazzi, dei bambini sono bellissime, perla concretezza. E mi diceva che aveva sentitola Messa per televisione e che doveva “r i m p ro -verarmi” una cosa: che io dico “la pace sia convoi”, “e tu non puoi dire questo perché con lapandemia noi non possiamo toccarci”». Il Pa-pa si è riferito, in proposito, all’accenno di sa-luto a distanza che i pochissimi fedeli presentialla messa si scambiano al momento della pa-ce: «Non vede — ha detto — che voi qui inchiesa fate un inchino con la testa e non vitoccate». In ogni caso, nella sua lettera, An-drea «ha la libertà di dire le cose come sono».Perciò «anche noi, con il Signore» ha suggeri-to il Pontefice, «dobbiamo avere la libertà didire le cose come sono: “Signore, io sono nelpeccato, aiutami” (cfr. Lc 5, 8)». Proprio «co-me Pietro dopo la prima pesca miracolosa:“Allontanati da me, Signore, perché sono unp eccatore”». Bisogna «avere questa saggezzadella concretezza» ha raccomandato il Papa,«perché il diavolo vuole che noi viviamo neltepore, tiepidi, nel grigio: né buoni né cattivi,né bianco né nero, grigio». Ma questa è «unavita che non piace al Signore». Difatti «al Si-gnore non piacciono i tiepidi». Ci vuole «con-cretezza» anche «per non essere bugiardi» haspiegato Francesco: «Se confessiamo i nostripeccati, egli è fedele e giusto tanto da perdo-narci» (cfr. 1 Gv 1, 9)». Dio «ci perdona quan-do noi siamo concreti». In fondo, ha aggiun-to, «è tanto semplice la vita spirituale, tantosemplice; ma noi la rendiamo complicata conqueste sfumature, e alla fine non arriviamomai...». Concludendo la sua meditazione, ilPontefice ha invitato a chiedere «al Signore lagrazia della semplicità. Che Lui ci dia questagrazia che dà ai semplici, ai bambini, ai ragaz-zi che dicono quello che sentono, che non na-scondono quello che sentono. Anche se è unacosa sbagliata, ma lo dicono». Così occorre fa-re «anche con Lui, dire le cose: la trasparen-za». E «non vivere una vita che non è una co-sa né l’altra». Che il Signore, ha auspicato ilPapa, dia «la grazia della libertà per dire que-ste cose; e anche la grazia di conoscere benechi siamo noi davanti a Dio». Infine con lapreghiera di sant’Alfonso Maria de’ LiguoriFrancesco ha invitato «le persone che nonpossono fare la comunione» a fare la comu-nione spirituale.

#santamarta

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il Settimanale L’Osservatore Romanogiovedì 30 aprile 2020

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C

Riscoprire la bellezza del Rosario in casa

Giovanni Battista Ramenghi, «Madonna del Rosario con santi» (1585)

#copertina

«Riscoprire la bellezza di pregareil Rosario a casa nel mese di maggio»in questo tempo di isolamento socialedovuto alla pandemia. È l’esortazione cheFrancesco rivolge ai fedeli di tutto il mondoattraverso una lettera — accompagnatada due preghiere alla Vergine — diffusanella mattina di sabato 25 aprile, a pochigiorni dall’inizio del mese tradizionalmentededicato alla Madre di Dio. Pubblichiamoi testi della lettera papale e delle dueorazioni mariane: la prima è quella cheil Pontefice ha rivolto alla Madonnadel Divino Amore in un videomessaggioin occasione della messa celebrata l’11marzo scorso dal cardinale vicario AngeloDe Donatis presso il santuario romanoper la Giornata diocesana di preghierae di digiuno; la seconda, inedita, è statacomposta per l’occasione.

ari fratelli e sorelle,è ormai vicino il mese di maggio, nelquale il popolo di Dio esprime con par-ticolare intensità il suo amore e la suadevozione alla Vergine Maria. È tradi-zione, in questo mese, pregare il Rosarioa casa, in famiglia. Una dimensione,quella domestica, che le restrizioni dellapandemia ci hanno “c o s t re t t o ” a valoriz-zare, anche dal punto di vista spirituale.

Perciò ho pensato di proporre a tuttidi riscoprire la bellezza di pregare il Ro-sario a casa nel mese di maggio. Lo sipuò fare insieme, oppure personalmente;scegliete voi a seconda delle situazioni,valorizzando entrambe le possibilità. Main ogni caso c’è un segreto per farlo: lasemplicità; ed è facile trovare, anche ininternet, dei buoni schemi di preghierada seguire.

Inoltre, vi offro i testi di due preghie-re alla Madonna, che potrete recitare altermine del Rosario, e che io stesso reci-terò nel mese di maggio, spiritualmenteunito a voi. Le allego a questa letteracosì che vengano messe a disposizionedi tutti.

Cari fratelli e sorelle, contemplare in-sieme il volto di Cristo con il cuore diMaria, nostra Madre, ci renderà ancorapiù uniti come famiglia spirituale e ciaiuterà a superare questa prova. Io pre-gherò per voi, specialmente per i piùsofferenti, e voi, per favore, pregate perme. Vi ringrazio e di cuore vi benedico.

Roma, San Giovanni in Laterano,25 aprile 2020

Festa di San Marco Evangelista

Maria segno di salvezzae di speranza

Liberaci da questa terribile pandemia

Lettera di Francesco a tutti i fedeli per il mese di maggio

«Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio».

Nella presente situazione drammatica, carica di sofferenze e diangosce che attanagliano il mondo intero, ricorriamo a Te, Madredi Dio e Madre nostra, e cerchiamo rifugio sotto la tuap ro t e z i o n e .

O Vergine Maria, volgi a noi i tuoi occhi misericordiosi in questapandemia del coronavirus, e conforta quanti sono smarriti epiangenti per i loro cari morti, sepolti a volte in un modo cheferisce l’anima. Sostieni quanti sono angosciati per le personeammalate alle quali, per impedire il contagio, non possono starevicini. Infondi fiducia in chi è in ansia per il futuro incerto e perle conseguenze sull’economia e sul lavoro.

Madre di Dio e Madre nostra, implora per noi da Dio, Padre dimisericordia, che questa dura prova finisca e che ritorni unorizzonte di speranza e di pace. Come a Cana, intervieni presso iltuo Figlio Divino, chiedendogli di confortare le famiglie deimalati e delle vittime e di aprire il loro cuore alla fiducia.

Proteggi i medici, gli infermieri, il personale sanitario, i volontariche in questo periodo di emergenza sono in prima linea emettono la loro vita a rischio per salvare altre vite. Accompagnala loro eroica fatica e dona loro forza, bontà e salute.

Sii accanto a coloro che notte e giorno assistono i malati e aisacerdoti che, con sollecitudine pastorale e impegno evangelico,cercano di aiutare e sostenere tutti.

Vergine Santa, illumina le menti degli uomini e delle donne discienza, perché trovino giuste soluzioni per vincere questo virus.

Assisti i Responsabili delle Nazioni, perché operino consaggezza, sollecitudine e generosità, soccorrendo quanti mancanodel necessario per vivere, programmando soluzioni sociali edeconomiche con lungimiranza e con spirito di solidarietà.

Maria Santissima, tocca le coscienze perché le ingenti sommeusate per accrescere e perfezionare gli armamenti siano invecedestinate a promuovere adeguati studi per prevenire similicatastrofi in futuro.

Madre amatissima, fa’ crescere nel mondo il senso diappartenenza ad un’unica grande famiglia, nella consapevolezzadel legame che tutti unisce, perché con spirito fraterno e solidaleveniamo in aiuto alle tante povertà e situazioni di miseria.Incoraggia la fermezza nella fede, la perseveranza nel servire, lacostanza nel pregare.

O Maria, Consolatrice degli afflitti, abbraccia tutti i tuoi figlitribolati e ottieni che Dio intervenga con la sua manoonnipotente a liberarci da questa terribile epidemia, cosicché lavita possa riprendere in serenità il suo corso normale.

Ci affidiamo a Te, che risplendi sul nostro cammino come segnodi salvezza e di speranza, o clemente, o pia, o dolce VergineMaria. Amen.

O Maria, Tu risplendi sempre nel nostrocammino come segno di salvezza e di speranza.

Noi ci affidiamo a Te, Salute dei malati, chepresso la croce sei stata associata al dolore diGesù, mantenendo ferma la tua fede.

Tu, Salvezza del popolo romano, sai di che cosaabbiamo bisogno e siamo certi che provvederaiperché, come a Cana di Galilea, possa tornare lagioia e la festa dopo questo momento di prova.

Aiutaci, Madre del Divino Amore, a conformarcial volere del Padre e a fare ciò che ci dirà Gesù,che ha preso su di sé le nostre sofferenze e si ècaricato dei nostri dolori per condurci,attraverso la croce, alla gioia della risurrezione.Amen.

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non

disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni

pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Il Vangelo di oggi, ambientato nel giorno diPasqua, racconta l’episodio dei due discepolidi Emmaus (cfr. Lc 24, 13-35). È una storia cheinizia e finisce in cammino. C’è infatti il viag-gio di andata dei discepoli che, tristi per l’epi-logo della vicenda di Gesù, lasciano Gerusa-lemme e tornano a casa, a Emmaus, cammi-nando per circa undici chilometri. È un viag-gio che avviene di giorno, con buona parte deltragitto in discesa. E c’è il viaggio di ritorno:altri undici chilometri, ma fatti al calare dellanotte, con parte del cammino in salita dopo lafatica del percorso di andata e tutta la giorna-ta. Due viaggi: uno agevole di giorno e l’a l t rofaticoso di notte. Eppure il primo avviene nel-la tristezza, il secondo nella gioia. Nel primoc’è il Signore che cammina al loro fianco, manon lo riconoscono; nel secondo non lo vedo-no più, ma lo sentono vicino. Nel primo sonosconfortati e senza speranza; nel secondo cor-rono a portare agli altri la bella notizia dell’in-contro con Gesù Risorto.

I due cammini diversi di quei primi disce-poli dicono a noi, discepoli di Gesù oggi, chenella vita abbiamo davanti due direzioni op-poste: c’è la via di chi, come quei due all’an-data, si lascia paralizzare dalle delusioni dellavita e va avanti triste; e c’è la via di chi nonmette al primo posto sé stesso e i suoi proble-mi, ma Gesù che ci visita, e i fratelli che atten-dono la sua visita, cioè i fratelli che attendonoche noi ci prendiamo cura di loro. Ecco lasvolta: smettere di orbitare attorno al proprioio, alle delusioni del passato, agli ideali nonrealizzati, a tante cose brutte che sono accadu-te nella propria vita. Tante volte noi siamoportati a orbitare, orbitare... Lasciare quello eandare avanti guardando alla realtà più grandee vera della vita: Gesù è vivo, Gesù mi ama.Questa è la realtà più grande. E io posso farequalcosa per gli altri. È una bella realtà, posi-tiva, solare, bella! L’inversione di marcia è

quali passano però al sì: “sì, il Signore è vivo,cammina con noi. Sì, ora, non domani, ci ri-mettiamo in cammino per annunciarlo”. “Sì, ioposso fare questo perché la gente sia più feli-ce, perché la gente migliori, per aiutare tantagente. Sì, sì, posso”. Dal se al sì, dalla lamen-tela alla gioia e alla pace, perché quando noici lamentiamo, non siamo nella gioia; siamo inun grigio, in un grigio, quell’aria grigia dellatristezza. E questo non aiuta, neppure ci facrescere bene. Dal se al sì, dalla lamentela allagioia del servizio.

Questo cambio di passo, dall’io a Dio, daise al sì, com’è accaduto nei discepoli? Incon-trando Gesù: i due di Emmaus prima gli apro-no il loro cuore; poi lo ascoltano spiegare leScritture; quindi lo invitano a casa. Sono trepassaggi che possiamo compiere anche noinelle nostre case: primo, aprire il cuore a Gesù,

Cari fratelli e sorelle, nella vita siamo sem-pre in cammino. E diventiamo ciò verso cuiandiamo. Scegliamo la via di Dio, non quelladell’io; la via del sì, non quella del se. Scopri-remo che non c’è imprevisto, non c’è salita,non c’è notte che non si possano affrontarecon Gesù. La Madonna, Madre del cammino,

Inversione di marciadall’io a Dio

Il Ponteficecommental’episodioevangelicodi Emmause lancia un appelloper le vittimedella malaria

#reginacaeli

questa: passare dai pensieri sul mio io alla re a l t àdel mio Dio; passare — con un altro gioco diparole — dai “se” al “sì”. Dai “se” al “sì”. Cosasignifica? “Se fosse stato Lui a liberarci, seDio mi avesse ascoltato, se la vita fosse andatacome volevo, se avessi questo e quell’a l t ro . . . ”,in tono di lamentela. Questo “se” non aiuta,non è fecondo, non aiuta noi né gli altri. Eccoi nostri se, simili a quelli dei due discepoli. I

affidargli i pesi, le fatiche, ledelusioni della vita, affidarglii “se”; e poi, secondo passo,ascoltare Gesù, prendere inmano il Vangelo, leggere oggistesso questo brano, al capi-tolo ventiquattro del Vangelodi Luca; terzo, pregare Gesù,con le stesse parole di queidiscepoli: “Signore, ‘resta connoi’ (v. 29). Signore, restacon me. Signore, resta contutti noi, perché abbiamobisogno di Te per trovarela via. E senza di Te c’è lanotte”.

»»»

La necessità di un’«inversione di marcia»,di un «cambio di passo dall’io a Dio, dai seal sì», come testimonia l’esperienza dei discepolidi Emmaus, è stata rilanciata dal Papaal Regina Caeli recitato a mezzogiorno del 26aprile nella Biblioteca privata del Palazzoapostolico vaticano. Commentando il Vangelodella domenica, il Pontefice ha preso spuntodal noto episodio descritto da Luca (24, 13-35)per attualizzarne il messaggio, sintetizzato in «trepassaggi che possiamo compiere anche noi nellenostre case» in questo tempo di pandemia: aprireil cuore a Gesù, ascoltarlo e pregare.

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La vita di milioni di persone, nel nostro mondogià alle prese con tante sfide difficili da affron-tare e oppresse dalla pandemia, è cambiata edè messa a dura prova. Le persone più fragili,gli invisibili, le persone senza dimora rischianodi pagare il conto più pesante.

Voglio allora salutare il mondo dei giornalidi strada e soprattutto i loro venditori che so-no per la maggior parte homeless, persone gra-vemente emarginate, disoccupate: migliaia dipersone che in tutto il mondo vivono e hannoun lavoro grazie alla vendita di questi giornalis t r a o rd i n a r i .

In Italia penso alla bella esperienza di S c a rpde’ tenis, il progetto della Caritas che permettea più di 130 persone in difficoltà di avere unreddito e con esso l’accesso ai diritti di cittadi-nanza fondamentali. Non solo. Penso all’esp e-rienza degli oltre 100 giornali di strada di tut-to il mondo, che sono pubblicati in 35 diversiPaesi e in 25 lingue differenti e che garantisco-no lavoro e reddito a più di 20.500 senzatettonel mondo. Da molte settimane i giornali distrada non sono venduti e i loro venditori nonpossono lavorare. Voglio esprimere allora lamia vicinanza ai giornalisti, ai volontari, allepersone che vivono grazie a questi progetti eche in questi tempi si stanno prodigando contante idee innovative. La pandemia ha resodifficile il vostro lavoro ma sono sicuro che lagrande rete dei giornali di strada del mondotornerà più forte di prima. Guardare ai più

poveri, in questi giorni, può aiutare tutti noi aprendere coscienza di quanto ci sta realmentecapitando e della nostra vera condizione. Atutti voi il mio messaggio di incoraggiamentoe di fraterna amicizia. Grazie per il lavoro chefate, per l’informazione che date e per le storiedi speranza che raccontate.

Una risorsa per poverie senzatetto

La vicinanzadel Ponteficeai venditori

che non possonol a v o ra re

#giornalidistrada

Dare voceagli invisibili

È riunito nella Reteinternazionale Insp(www.insp.ngo), il «mondodei giornali di strada»cui Papa Francesco havoluto rivolgere unmessaggiodi incoraggiamento inquesto tempo di pandemiadi covid-19, a causa dellaquale da molte settimane gli“s t r a o rd i n a r i ” streetpap ers,come li definisceil Pontefice, non sonostampati in formato cartaceoe i loro venditori nonpossono lavorare.È un mondo popolato dadonne e uomini fragili,invisibili,che sta particolarmentea cuorea Papa Bergoglio:lo testimoniano le dueinterviste rilasciate nel 2015all’olandese «Straatnieuwse»e nel 2017 all’italiano«Scarp de’ tenis», mensilep ro m o s s odalle Caritas Ambrosianae nazionale.Con oltre vent’anni dipresenza “on the road”, ilpiù diffuso diario dellastrada in Italiaesce ininterrottamente,ogni trenta giorni dalfebbraio del 1996 ed èvenduto soprattutto inp ro s s i m i t àdelle parrocchie di dodicicittà: da Milano, dov’è nato,a Napoli, Torino, Vicenza,Venezia, Firenze, Rimini,Ve ro n a ,Napoli, Genova, Comoe Cagliari.Per una diffusione totaledi ventimila copie ognimese, che dannolavoro a piùdi 150 individui condifficoltà gravi, emarginati,diso ccupati,o bisognosi di integrareredditi minimi. Dallavendita infatti possonot r a t t e n e remetà del prezzodi copertina.Intanto, in attesa di potertornare a stamparee a vendere in mezzoalla strada,«Scarp de’ tenis» escesoltanto in formato digitalesull’edicola virtualewww.social-shop.it. E ilprossimo numero, in uscitail 9 maggio, conterràuno specialededicato a Papa Francescoe al suo messaggio.

Pubblichiamo il testo della lettera resa notalunedì 27 aprile che il Papa ha scritto martedìscorso «al mondo dei giornali di strada».

D.S.M., 21 aprile 2020

che accogliendo la Parola ha fatto di tutta lasua vita un “sì” a Dio, ci indichi la via.

Al termine della recita dell’antifona mariana ilPapa ha ricordato la Giornata mondiale controla malaria, ha salutato i fedeli polacchi impegnatinella “Lettura nazionale della Sacra scrittura” eha rinnovato l’invito a pregare il rosario nel mesedi maggio dedicato alla Vergine Maria. Infine si èaffacciato dalla finestra per impartire labenedizione su piazza San Pietro ancora vuota acausa delle misure antiassembramento impostedalla pandemia di covid-19.

Cari fratelli e sorelle,ieri ricorreva la Giornata Mondiale delle

Nazioni Unite contro la malaria. Mentre stia-mo combattendo la pandemia di coronavirus,dobbiamo portare avanti anche l’impegno perprevenire e curare la malaria, che minaccia mi-liardi di persone in molti Paesi. Sono vicino atutti i malati, a quanti li curano, e a coloro che

lavorano perché ogni persona abbia accesso abuoni servizi sanitari di base.

Rivolgo anche un saluto a tutti coloro cheoggi, in Polonia, partecipano alla “Lettura Na-zionale della Sacra Scrittura”. Vi ho dettomolte volte e vorrei dirlo ancora di nuovo,quanto è importante prendere l’abitudine dileggere il Vangelo, alcuni minuti, tutti i giorni.Portiamolo in tasca, nella borsa. Che sia sem-pre vicino a noi, anche fisicamente, e leggerneun po’ ogni giorno.

Tra pochi giorni inizierà il mese di maggio,dedicato in modo particolare alla Vergine Ma-ria. Con una breve Lettera — pubblicata ieri —ho invitato tutti i fedeli a pregare in questomese il santo Rosario, insieme, in famiglia oda soli, e pregare una delle due preghiere cheho messo a disposizione di tutti. La nostraMadre ci aiuterà ad affrontare con più fede esperanza il tempo di prova che stiamo attra-versando.

Auguro a tutti un buon mese di maggio euna buona domenica. Per favore, non dimenti-catevi di pregare per me. Buon pranzo e arri-v e d e rc i .

«««

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Raggiungiamo al telefono David Sassoli, presi-dente del Parlamento Europeo in una data al-tamente simbolica, il 25 aprile e la conversa-zione ruota tutta sul tema dei valori, libertà,democrazia, pluralismo che sono sottesi aquella ricorrenza. Non si tratta di temi astrattima di quella “fonte” da cui scaturisce la cura el’attenzione per la vita concreta delle personeche è la dimensione da cui si deve ripartire perricostruire un’Europa capace di uscire più for-te dalla tremenda crisi della pandemia del co-vid-19.

Papa Francesco di recente a più riprese ha dedi-cato molto spazio nei suoi discorsi proprio al temadell’Europa. Ad esempio nel messaggio Urbi etOrbi della Pasqua ha affermato che: «Dopo laSeconda Guerra Mondiale, questo continente è po-tuto risorgere grazie a un concreto spirito di soli-darietà che gli ha consentito di superare le rivali-tà del passato. È quanto mai urgente, soprattuttonelle circostanze odierne, che tali rivalità non ri-prendano vigore, ma che tutti si riconoscano partedi un’unica famiglia e si sostengano a vicenda.Oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfi-da epocale, dalla quale dipenderà non solo il suofuturo ma quello del mondo intero. Non si perdal’occasione di dare ulteriore prova di solidarietàanche ricorrendo a soluzioni innovative». Volevochiedere a lei, come cattolico, come cittadino, rap-

sone. Credo che questo sia il momento in cuil’Europa degli Stati, delle nazioni, dei governi,possa rafforzare le sue istituzioni per essere ac-canto a tutti i cittadini, quelli del nord e quellidel sud. Per fare cosa? Innanzi tutto per rive-dere il proprio modello di sviluppo, per riusci-re a proteggere meglio le persone e per custo-dire anche quei valori che il Santo Padre ha ri-chiamato e che sono un elemento indispensa-bile per sostenere le sfide che il mondo globa-le ci propone. Noi abbiamo una responsabilitàche riguarda anche il patrimonio di valori chequesti settanta anni ci hanno consegnato: la li-bertà, la democrazia, il pluralismo. Credo chein questo momento dobbiamo essere ancorapiù orgogliosamente fedeli ai valori europeiperché il mondo ne ha bisogno.

L’Unione Europea si trova nella condizione didover armonizzare la spinta ideale dei padrifondatori, con la concretezza, anche finanziaria,richiesta nei vari momenti storici e politici. Comeriuscire a trovare ogni volta, e adesso in specialmodo, questo difficile, ma necessario equilibrio?

Siamo a un cambio di fase e serviranno vi-sione e pragmatismo. L’Europa non si costrui-sce soltanto immaginandola illuministicamen-te. L’Europa è un grande spazio di dibattitopolitico e vogliamo che lo sia sempre di più.Vogliamo che però sia anche uno spazio di

partecipazione e non solo di cruda difesa degliinteressi nazionali. Ecco perché lo spazio euro-peo può essere anche di esempio e un modelloper gli altri, non credendoci più bravi degli al-tri, ma sapendo offrire agli altri un patrimonioimportante per tutti. Dobbiamo dimostrareche in libertà, in democrazia, rispettando i di-ritti fondamentali della persona e il valore del-la vita si vive meglio e si può migliorare glistandard di vita. Se si sgretola l’Europa chi al-

Europa significa attenzioneconcreta alle persone

Con David Sassolip re s i d e n t edel parlamentodi Bruxelles

#intervista

di ANDREA MONDA presentante politico e come Presidente del Parla-mento Europeo, che effetto le ha fatto ascoltarequeste parole dal Santo Padre?

L’effetto di un richiamo giusto per affronta-re con responsabilità questo passaggio storico,perché è vero che l’Europa è una comunità diinteressi, ma non può non essere una comuni-tà di destino. E in questo momento il richiamodel Santo Padre è particolarmente importanteperché ci chiede di essere attenti a tutte le per-

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tri oggi nel mondo terrebbe alta la bandieradei diritti della persona? In questo momento ilmondo chiede più democrazia, non meno de-mo crazia.

Il Papa dice: «Dare ulteriore prova di solidarietàanche ricorrendo a soluzioni innovative»;scendendo sul piano concreto: le misure che sonouscite fuori dal Consiglio Europeo del 23 aprile,penso ad esempio al Recovery Fund, possonoessere viste come quelle soluzioni innovative di cuiparla il Papa?

Sì, nella miseria della politica, il Consiglioha fatto un importante passo in avanti. Siamoentrati un mese e mezzo fa a mani nude,sprovvisti di strumenti per affrontare una crisicosì profonda che lascerà degli strascichi im-portanti nelle nostre società. Oggi ne usciamoun po’ meglio attrezzati, con degli interventiche sono stati fatti tempestivamente, alcunierano anche attesi da molto tempo, ma sonostati fatti con velocità. Nel Consiglio di giove-dì è stata presa una decisione: aprire un “can-tiere della ricostruzione” per dare una rispostacomune, europea, all’emergenza. Questo è ilpasso in avanti; non era scontato. Adesso que-sto piano della ricostruzione dobbiamo fon-darlo sulla solidarietà. Mi lasci dire però checredo che da questa crisi non si uscirà soloraddrizzando le questioni materiali; penso in-vece che usciremo da questa crisi se le questio-ni materiali si combineranno con una ripresadi valori, quei valori europei oggi indispensa-bili. Bene quindi l’apertura del cantiere e delladiscussione che si svilupperà cercando di farconciliare sensibilità, punti di vista, interessi.Ma la cosa importante, da sottolineare, è cheabbiamo sentito da tutti i capi di governo il ri-chiamo a un’uscita comune dalla crisi. Si esceinsieme, altrimenti sarebbe declino per tutti;questo qualche settimana fa non era scontato.

Lei ha espresso la necessità di un “PianoMa rs h a l l ” per la ripresa, finanziato direttamentedai Paesi dell’Unione. Si tratterebbe di unastrategia che evidenzierebbe la forza dell’UnioneEuropea, ma soprattutto la sua capacità di esserecoesa e solidale. Questo mi sembra un messaggiodi cui si sente davvero il bisogno: la vicinanza enon la distanza. Dal ruolo che riveste, leipercepisce che c’è stato uno scatto, uncambiamento, che la dimensione sociale è entrataal centro della riflessione dell’Unione Europea?

Sì, perché tutti settimana dopo settimana sisono resi conto della profondità della crisi. Equanto siano interdipendenti e connesse leeconomie dei singoli Stati. L’Europa si co-struisce con le sue crisi, diceva Jean Monnet.È così. E a ogni momento di difficoltà tutticapiscono che non puoi fare da solo, che nes-suno è autosufficiente. L’avevamo detto seisettimane fa: o ne usciremo con un’Unione eu-ropea più attrezzata e robusta oppure non neusciremo. Per fare questo adesso servirà raffor-zare il livello istituzionale dell’Unione e ren-derlo capace di guidare la fase nuova. Dobbia-mo combattere contro l’egoismo? Sì. Dobbia-mo combattere contro una vecchia idea nazio-nalista che esiste in tutti i Paesi? Sì. Però, inquesto momento sentiamo tutti la necessitàche il mondo lo possiamo affrontare se le no-stre istituzioni, il quadro democratico europeosarà più robusto e in grado di assumere deci-sioni in tempi rapidi. Quindi non bastano solosoluzioni alla crisi in quanto tale; servono so-luzioni al cambio di fase che questa crisi im-pone a tutti. Le faccio un esempio: noi nonpossiamo e non vogliamo rinunciare alle liber-tà e alla democrazia, però dobbiamo ancheadeguarle, perché siano anche più capaci di ri-spondere tempestivamente. Abbiamo bisognodi sostenere un processo di uscita dalla crisi ri-vedendo il nostro modo di essere. Rafforzare

l’Europa vuole dire anche cambiarla, adeguan-do gli strumenti con i quali siamo entrati nellatempesta. Credo che questo sia uno sforzo cheriguarda Bruxelles, ma che riguarda tutte lecapitali, tutti i Paesi; anche loro devono cam-biare. Dobbiamo inoltre avere un’idea chiaranel medio e nel lungo periodo su dove voglia-mo andare, cosa e come ricostruire. Vogliamotornare a rimettere le lancette dell’orologio in-dietro o le vogliamo mettere al tempo giusto,in cui, con grandi difficoltà, la storia ci ha po-sizionato? Oggi l’orologio non può tornare in-dietro. In questo è quanto mai prezioso il for-te richiamo che Papa Francesco ci sta rivolgen-do: ha ragione e coglie il punto, perché la de-mocrazia la rafforziamo se guarda alle perso-ne, a ogni persona, agli interessi e alla necessi-tà di ogni persona. Allora la sfida è quella diriallacciare, riscoprire una vocazione. Poi è ve-ro, abbiamo un piano per la ricostruzione, un“piano Marshall”, che però a differenza delSecondo Dopoguerra, deve essere finanziatodagli europei e non verrà finanziato da altri;un piano che, ad esempio, dovrà dirci quantocambiamento del nostro modello economicovogliamo, quanto vogliamo investire nella rico-struzione sul green deal e l’Europa digitale... Lapandemia ci ha posto davanti a una sfida, ilcambio di fase, di passo, e questo ci deve ve-dere molto attenti e capaci di coglierne gli ele-menti di novità. Dobbiamo questo non soloalla tradizione e ai valori dell’Europa; dobbia-mo questo anche alle persone che sono morte,alle persone che ci hanno lasciato, a questodolore che il mondo sta provando. Dobbiamouscirne proteggendo meglio le nostre società.La ricostruzione è fatta di tante cose, contienetanti ingredienti.

Qualche giorno fa, intervistato da Vatican News,Andrea Riccardi ha detto che secondo lui lapandemia non rende più difficile, ma più facilel’azione condivisa, la coesione quindi di tutti percercare di cambiare la situazione. Però lui stessonotava come l’Europa in passato e ancora forseoggi, stia tralasciando i temi umani, i temi dellegame. Quella attenzione alle persone che coninsistenza Papa Francesco ci ricorda è la rispostaal vero problema della società europea, dellesocietà occidentali, il problema della grandesolitudine delle persone. Paradossalmente ilcoronavirus che ci condanna all’isolamento, hasvelato un fatto che però era già presente, questagrande solitudine. Non tocca alla politicarispondere, e come?

Sono convinto che questa fase, anche cosìdolorosa, stia mettendo in risalto tanti elemen-ti di umanità. Anche la politica quando escedalle contrapposizioni, magari dà anche provadi questa umanità. Mi riferisco per esempio adalcuni provvedimenti, a delle buone praticheche in questo momento tanti governi europei,sia al nord che al sud, hanno adottato e cheforse potrebbero essere utili e costituire degliesempi. In Portogallo è stata fatta una leggeper dare un indirizzo fittizio ai senzatetto e aimigranti e poter consentire loro di accedere aiservizi sociali, sanitari. Credo che questo mo-do di affrontare la crisi, facendo leva sulleesperienze che le società civili stanno animan-do, sia molto importante perché una politicasenza i cittadini vive nella torre di avorio e di-venta burocrazia. Penso quindi che da questastagione si uscirà rafforzando l’umanità che inquesto momento in tutti i Paesi si sta manife-stando, è una grande ricchezza e sarà anche ilriscatto di questa stagione. Poi, non dobbiamonemmeno cadere in visioni illuministiche, per-ché noi sappiamo che non basta immaginare ilmondo nuovo, dobbiamo costruirlo. Questo lodobbiamo fare passo per passo, battaglia dopobattaglia, sostenendo ogni passaggio con il

#intervista

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consenso, perché la democrazia è consenso,trovare soluzioni per mezzo di decisioni condi-vise. Questo è il tempo per grandi riflessionisul modo di essere della politica. Vorrei sotto-lineare però che stiamo vedendo delle cosestraordinarie che fanno parte di una generositàdegli uomini e delle donne che in questo mo-mento stanno combattendo, che si rimboccanole maniche; pensate a tutte le associazioni chein questo momento sono mobilitate in Europa:che energia esprimono! Credo quindi che pos-siamo caricarci di speranza, rispetto alla fatica,al dolore di queste drammatiche vicende. Pernoi questa è una necessità: caricare e ricaricarela speranza e lo possiamo fare solo se saremoaccanto alle persone.

Quale ruolo può assumere l’Unione Europea nelloscenario globale del dopo pandemia? Puòdiventare l’UE un modello da seguire?

Deve diventare un modello, perché altri-menti non avrebbe alcuna funzione. Purtrop-po nello spazio europeo ci sono dei virus oltreil Covid, che da sempre tormentano lo spiritoeuropeo. Uno è certamente l’antisemitismo el’altro è il nazionalismo, che sono le spinte cheproducono divisione, costruzione del nemico,odio, e in Europa anche guerre. Dobbiamo

rigenerare non il Vecchio Continente, ma uncontinente vecchio?

Sì, possono esserlo, però questo non devecostituire un alibi per chi non è cattolico, per-ché c’è il rischio di assegnare ai cattolici unaresponsabilità che deve essere di tutti. Si scari-ca sempre su altri e questo non va bene. Se-condo la Lettera a Diogneto i cristiani vivononella società, non al di fuori di essa. E anchegli altri devono vivere nella società e devonocollaborare. Ognuno faccia la propria parte.In Europa ci sono tante sensibilità, tante cul-ture e ognuno deve portare sulle spalle la pro-pria parte di responsabilità. Certamente lo fa-ranno i cattolici, i cristiani, però in questo mo-mento credo che sia l’Europa nel suo insiemeche deve avere le spalle larghe per assumereuna funzione agli occhi del mondo. Per i cri-stiani credo venga naturale pensare che la vitadegli altri, di quelli che sono fuori dal nostrospazio, sia uguale alla nostra, che debba averegli stessi diritti. Questo è normale per i cristia-ni. Ecco perché credo che le parole di PapaFrancesco stiano impressionando tutti e chia-mando tutti alla responsabilità anche i nonc re d e n t i .

La società ha bisogno sempre di essere rigenerata.Mi viene in mente la figura del Senatore RobertoRuffilli, che il 16 aprile del 1988 fubarbaramente ucciso dai terroristi; viene dapensare che dal punto di vista cristiano per“f e r t i l i z z a re ” bisogna dare la vita, il seme chemuore produce molto frutto. Ruffilli avevadedicato tutta la vita a questo ideale di libertà edemocrazia, il suo libro s’intitolava «Il cittadinocome arbitro». Oggi anche la democrazia è ingioco in questa crisi dell’E u ro p a ?

Sono stato molto amico di Roberto. La suatestimonianza è davvero un esempio. Quel ti-tolo, «Il cittadino come arbitro», è molto at-tuale. Ci richiama a fare in modo che tuttoquello che uscirà dalla crisi sia fatto per lepersone, non solo per ricucire strappi all’inter-no di dinamiche di potere. Ecco perché daquesta crisi dobbiamo uscirne rafforzando iprocessi democratici. Ma quanti oggi si stannoimpegnando per dividere lo spazio europeo? Ecome mai c’è tanto impegno a dividerci, a ren-derci più deboli, a frammentarci, a riportarciognuno nella sua piccola patria? Perché c’èquesta dinamica che arriva forte da fuoridell’Europa e che scatena questa voglia diaverci deboli? Eppure non abbiamo un eserci-to, non facciamo la guerra, non invadiamoPaesi... Credo che la risposta sia perché i valo-ri e il diritto europeo siano elementi di fortecontraddizione in questo momento rispetto adinamiche globali che vedono una ripresadell’autoritarismo. Ecco perché ha fatto moltobene Papa Francesco a richiamare alla respon-sabilità gli europei, affinché in questo momen-to possano essere un punto di riferimento perriappropriarsi dei valori davvero importantiper l’uomo: il valore della vita, il valore dei di-ritti inalienabili delle persone, il diritto alla li-bertà; riferimenti per noi scontati, ma che nelmondo non lo sono.

Ha ragione quindi il cardinale del LussemburgoHollerich, che di recente su “La Civiltà Cattolica”ha detto: «L’Europa non può essere ricostruitasenza un’idea di Europa, senza ideali»?

Certamente. Ma noi gli ideali li abbiamoanche se facciamo troppa fatica a esprimerli. Ilproblema è che spesso l’egoismo delle nazioni,un cattivo sentimento nazionalista, l’idea cheio sia migliore dell’altro, impedisce di dispie-gare le nostre potenzialità e manifestare la no-stra identità. Credo che questa crisi possa esse-re l’occasione per liberarci di tante catene.

#intervista

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portare lo spazio europeo, che già lo è, ad es-sere ancora di più un punto di riferimento.Ma uno spazio di libertà non può vivere senzaresponsabilità e solidarietà. Credo che questasia la vocazione dell’Europa che ci hanno con-segnato i nostri padri in questi settant’anni, esu questo dobbiamo investire. L’Europa nonpuò essere utile solo a se stessa, perché nonavrebbe visione, non avrebbe orizzonti. Essa èutile agli europei certo, ai nostri paesi per sta-re al mondo altrimenti sarebbero marginalizza-ti, ma è anche utile al mondo per avere unpunto di riferimento. Non vogliamo uscire daquesta crisi con più autoritarismo e imperiali-smo ma con più democrazia e partecipazione.

In un’intervista di qualche mese fa all’O s s e r v a t o reRomano, Massimo Cacciari usò questaespressione: «L’Europa è vecchia, decrepita. Habisogno di un fertilizzante e guardandomi in giro,lo dico da non credente, l’unico fertilizzante chevedo in circolazione è la Chiesa cattolica, icattolici». Secondo lei la Chiesa cattolica, icattolici, possono oggi avere questo ruolo per

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Con l’udienza di oggi concludiamo il percorsosulle Beatitudini evangeliche. Come abbiamoascoltato, nell’ultima si proclama la gioia esca-tologica dei perseguitati per la giustizia.

Questa beatitudine annuncia la stessa felici-tà della prima: il regno dei Cieli è dei perse-guitati così come è dei poveri in spirito; com-prendiamo così di essere arrivati al termine diun percorso unitario dipanato negli annuncip re c e d e n t i .

La povertà in spirito, il pianto, la mitezza,la sete di santità, la misericordia, la purifica-zione del cuore e le opere di pace possonocondurre alla persecuzione a causa di Cristo,ma questa persecuzione alla fine è causa digioia e di grande ricompensa nei cieli. Il sen-tiero delle Beatitudini è un cammino pasqualeche conduce da una vita secondo il mondo aquella secondo Dio, da un’esistenza guidatadalla carne — cioè dall’egoismo — a quella gui-data dallo Spirito.

Il mondo, con i suoi idoli, i suoi compro-messi e le sue priorità, non può approvarequesto tipo di esistenza. Le “strutture di pec-cato”,1 spesso prodotte dalla mentalità umana,così estranee come sono allo Spirito di veritàche il mondo non può ricevere (cfr. Gv 14, 17),non possono che rifiutare la povertà o la mi-tezza o la purezza e dichiarare la vita secondoil Vangelo come un errore e un problema,quindi come qualcosa da emarginare. Cosìpensa il mondo: “Questi sono idealisti o fana-tici...”. Così pensano loro.

Se il mondo vive in funzione del denaro,chiunque dimostri che la vita può compiersi

nel dono e nella rinuncia diventa un fastidioper il sistema dell’avidità. Questa parola “fasti-dio” è chiave, perché la sola testimonianza cri-stiana, che fa tanto bene a tanta gente perchéla segue, dà fastidio a coloro che hanno unamentalità mondana. La vivono come un rim-provero. Quando appare la santità ed emergela vita dei figli di Dio, in quella bellezza c’èqualcosa di scomodo che chiama ad una presadi posizione: o lasciarsi mettere in discussionee aprirsi al bene o rifiutare quella luce e indu-rire il cuore, anche fino all’opposizione eall’accanimento (cfr. Sap 2, 14-15). È curioso,attira l’attenzione vedere come, nelle persecu-zioni dei martiri, cresce l’ostilità fino all’acca-nimento. Basta vedere le persecuzioni del se-colo scorso, delle dittature europee: come siarriva all’accanimento contro i cristiani, controla testimonianza cristiana e contro l’eroicità deicristiani.

Ma questo mostra che il dramma della per-secuzione è anche il luogo della liberazionedalla sudditanza al successo, alla vanagloria eai compromessi del mondo. Di cosa si rallegrachi è rifiutato dal mondo per causa di Cristo?Si rallegra di aver trovato qualcosa che valepiù del mondo intero. Infatti «quale vantaggioc’è che un uomo guadagni il mondo intero eperda la propria vita?» (Mc 8, 36). Quale van-taggio c’è lì?

È doloroso ricordare che, in questo momen-to, ci sono molti cristiani che patiscono perse-cuzioni in varie zone del mondo, e dobbiamosperare e pregare che quanto prima la loro tri-bolazione sia fermata. Sono tanti: i martiri dioggi sono più dei martiri dei primi secoli.Esprimiamo a questi fratelli e sorelle la nostravicinanza: siamo un unico corpo, e questi cri-stiani sono le membra sanguinanti del corpodi Cristo che è la Chiesa.

Ma dobbiamo stare attenti anche a non leg-gere questa beatitudine in chiave vittimistica,auto-commiserativa. Infatti, non sempre il di-sprezzo degli uomini è sinonimo di persecu-zione: proprio poco dopo Gesù dice che i cri-stiani sono il «sale della terra», e mette inguardia dal pericolo di “perdere il sapore”, al-trimenti il sale «a null’altro serve che ad esseregettato via e calpestato dalla gente» (Mt 5, 13).Dunque, c’è anche un disprezzo che è colpanostra, quando perdiamo il sapore di Cristo edel Vangelo.

Bisogna essere fedeli al sentiero umile delleBeatitudini, perché è quello che porta ad esse-re di Cristo e non del mondo. Vale la pena diricordare il percorso di San Paolo: quandopensava di essere un giusto era di fatto unpersecutore, ma quando scoprì di essere unpersecutore, divenne un uomo d’amore, che

Si ferminole persecuzionicontro i cristianinel mondo

Il Papa concludeil ciclo di udienzeg e n e ra l isulle beatitudinievangelicher i c o rd a n d oi tanti martiridel nostro tempo

#catechesi

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«In questo momento,ci sono molti cristianiche patiscono persecuzioniin varie zone del mondo»,perciò «dobbiamo speraree pregare che quanto primala loro tribolazione siafermata»: essi infatti«sono le membrasanguinanti del corpodi Cristo che è la Chiesa».È quanto ha auspicatoPapa Francesco all’udienzagenerale del 29 aprile,concludendo il ciclodi catechesisulle Beatitudinievangeliche.Nella Biblioteca privatadel Palazzo apostolicovaticano, dove si svolgel’appuntamento settimanaledel mercoledì, da quandosono scattate le misureantiassembramento voltea contenere il contagiodel coronavirus, il Ponteficeha commentato l’ottavae ultima beatitudine,riferita ai «perseguitatiper la giustizia, perchédi essi è il regno dei cieli».

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L’Osservatore Romanogiovedì 30 aprile 2020il Settimanale

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Saluto i fedeli di lingua inglese collegati at-traverso i mezzi di comunicazione sociale.Nella gioia del Cristo Risorto, invoco su di voie sulle vostre famiglie l’amore misericordiosodi Dio nostro Padre. Il Signore vi benedica!

Saluto di cuore i fedeli di lingua tedesca. Lapotenza del Cristo Risorto, di cui siamo mem-bra, mantenga sempre viva in noi la gioia delVangelo e la forza di esserne veraci testimoni.Il Signore vi accompagni con la sua pace.

Saludo cordialmente a los fieles de lenguaespañola que siguen esta catequesis a través delos medios de comunicación social. Los animoa seguir la senda de las bienaventuranzas, ha-ciéndolas vida con quienes tienen cerca y su-fren, de modo particular en estos momentosde adversidad y dificultad. El Señor les conce-derá experimentar, en medio de las circunstan-cias que les toca vivir, una gran alegría y pazinterior. Que Dios los bendiga.

Saluto gli ascoltatori di lingua portoghese.Affido al buon Dio la vostra vita e quella deivostri familiari. Pregate anche voi per me!Esorto le vostre famiglie a radunarsi quotidia-namente per la recita del Rosario sotto losguardo della Vergine Madre, affinché in essenon si esaurisca l’olio della fede e della gioia,che sgorga dalla vita di quanti sono in comu-nione con Dio.

Saluto tutti i fedeli di lingua araba che se-guono questa Udienza attraverso i mezzi dicomunicazione sociale! Le Beatitudini rappre-

Sotto la protezione di santa Caterina

affrontava lietamente le sofferenze della perse-cuzione che subiva (cfr. Col 1, 24).

L’esclusione e la persecuzione, se Dio ce neaccorda la grazia, ci fanno somigliare a Cristocrocifisso e, associandoci alla sua passione, so-no la manifestazione della vita nuova. Questavita è la stessa di Cristo, che per noi uomini eper la nostra salvezza fu “disprezzato e reiettodagli uomini” (cfr. Is 53, 3; At 8, 30-35). Acco-gliere il suo Spirito ci può portare ad averetanto amore nel cuore da offrire la vita per ilmondo senza fare compromessi con i suoi in-ganni e accettandone il rifiuto. I compromessicon il mondo sono il pericolo: il cristiano èsempre tentato di fare dei compromessi con ilmondo, con lo spirito del mondo. Questa — ri-fiutare i compromessi e andare per la strada diGesù Cristo — è la vita del Regno dei cieli, lapiù grande gioia, la vera letizia. E poi, nellepersecuzioni c’è sempre la presenza di Gesùche ci accompagna, la presenza di Gesù che ciconsola e la forza dello Spirito che ci aiuta adandare avanti. Non scoraggiamoci quando unavita coerente col Vangelo attira le persecuzionidella gente: c’è lo Spirito che ci sostiene, inquesta strada.

1. Cfr. Discorso ai partecipanti al workshop«Nuove forme di fraternità solidale, di inclusione,integrazione e innovazione», 5 febbraio 2020:«L’idolatria del denaro, l’avidità, la corruzio-ne, sono tutte “strutture di peccato” — come ledefiniva Giovanni Paolo II — prodotte dalla“globalizzazione dell’i n d i f f e re n z a ”».

sentano un cammino di santità, sul quale cam-miniamo per diventare veri discepoli di Cristo.Sono l’unica via per seguire il Suo esempio,per diventare come Lui, e così accogliere ilSuo Regno e ottenere la vera gioia. Il Signorevi benedica tutti e vi protegga sempre dal ma-ligno!

Cari Polacchi, saluto cordialmente ognunodi voi e le vostre famiglie. Dopo domani ini-zieremo il mese mariano, il mese di maggio.Rimanendo nelle case a causa della pandemia,sfruttiamo questo tempo per riscoprire la bel-lezza di pregare il Rosario e la tradizione dellefunzioni mariane. In famiglia, oppure indivi-dualmente, in ogni momento fissate con losguardo il Volto di Cristo e il cuore di Maria.La sua materna intercessione vi aiuti ad affron-tare questo tempo di particolare prova. Vi be-nedico di cuore.

Saluto i fedeli di lingua italiana. Oggi cele-briamo la festa di Santa Caterina da Siena,compatrona d’Italia. Questa grande figura didonna attinse dalla comunione con Gesù il co-raggio dell’azione e quella inesauribile speran-za che la sostenne nelle ore più difficili, anchequando tutto sembrava perduto, e le permisedi influire sugli altri, anche ai più alti livelli ci-vili ed ecclesiastici, con la forza della sua fede.Il suo esempio aiuti ciascuno a saper unire,con coerenza cristiana, un intenso amore allaChiesa ad una efficace sollecitudine in favoredella comunità civile, specialmente in questotempo di prova. Chiedo a Santa Caterina cheprotegga l’Italia durante questa pandemia; eche protegga l’Europa, perché è patrona d’Eu-ropa, che protegga tutta l’Europa perché ri-manga unita.

Rivolgo un pensiero speciale ai giovani, aglianziani, ai malati e agli sposi novelli. Tuttiesorto ad essere testimoni del Cristo risorto ilquale mostra ai discepoli le piaghe ormai glo-riose della sua Passione. Di cuore vi benedico.

#catechesi

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Al termine della catechesi, prima di recitareil Padre nostro e impartire la benedizioneconclusiva, il Papa ha salutato i vari gruppidi fedeli che attraverso radio, televisione e webhanno seguito l’udienza generale. Dopo essersirivolto a quelli di lingua francese, con le paroleche riportiamo in ultima pagina, il Pontefice hacosì proseguito:

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L’Osservatore Romanogiovedì 30 aprile 2020il Settimanale

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Qualitàsup eriore

Dice Filippo: «Non conosciamo la via... mostraci ilPadre, e ci basta». Gli risponde Gesù: «Da tantotempo sono con voi e ancora non mi conosci?».

Dobbiamo confessare di essere anche noi comeFilippo. Da tanto tempo ci diciamo cristiani, ma diCristo conosciamo ben poco! Di Cristo viviamo benpoco! Abbiamo una infarinatura di tutto, ma unaconoscenza di niente!

Il rimprovero di Gesù è soprattutto per i nostritempi impastati di chiacchiera (chat!) informatica otelevisiva. Qualcuno (come dice il titolo di un gior-nale) ha provato anche a “chattare" con il Padreter-no! La nostra, invece, deve essere una conoscenzaprogressiva, amorosa, non una conoscenza intellet-tuale.

E la conoscenza avviene attraverso l’ascolto e lameditazione della Parola di Dio, l’intimità nella pre-ghiera. Si arriva a Dio attraverso Gesù che gli dà unvolto, che ce lo spiega e ce lo rivela. Conoscere Ge-sù significa entrare nella sua comunione attraversol'amore e la fiducia nella sua parola.

Il mondo è pieno di strade, di vie, di sentieri, diprogetti. Ma solo Gesù può dire: io sono la stradavera che porta alla vita.

Il mondo offre tante verità. Solo Gesù può dire:io sono la verità. Non dice di “avere" la verità, madi “essere" la verità. La verità non consiste in coseda sapere o da avere, ma in un modo di vivere (cfr.Ermes Ronchi).

Il mondo propone tanti stili di vita, che seguonomode passeggere. Solo Gesù dice: io sono la vita, iofaccio vivere!

Allora, impegniamoci a seguire questo Gesù, an-che se è esigente; anche se non sempre capiamo. Seriusciamo a mettere in noi più Dio, più Cristo, piùVangelo, avremo più vita vera. Vita di una qualitàsup eriore!

10 maggioDomenicaV di PasquaAt 6, 1-7Sal 321 Pt 2, 4-9Gv 14, 1-12

#spuntidiriflessione

di LEONARD OSAPIENZA

lenza ma conosce l’arte dell’incontro, fatta di ascolto paziente edi condivisione sincera.

Nelle parole pronunciate al Regina Caeli il Papa si è soffer-mato invece sugli effetti di quell’incontro, partendo sempredall’episodio di Emmaus, e osservando come i due viaggi deidiscepoli, prima in fuga da e poi di ritorno a Gerusalemme, sia-no non solo geograficamente opposti: «Il primo avviene nellatristezza, il secondo nella gioia. Nel primo c’è il Signore checammina al loro fianco, ma non lo riconoscono; nel secondonon lo vedono più, ma lo sentono vicino. Nel primo sono scon-fortati e senza speranza; nel secondo corrono a portare agli altrila bella notizia dell’incontro con Gesù Risorto». È il bivio incui si trova ogni cristiano nella sua vita, anche oggi: «Abbiamodavanti due direzioni opposte: c’è la via di chi, come quei dueall’andata, si lascia paralizzare dalle delusioni della vita e vaavanti triste; e c’è la via di chi non mette al primo posto séstesso e i suoi problemi, ma Gesù che ci visita, e i fratelli cheattendono la sua visita, cioè i fratelli che attendono che noi ci

prendiamo cura di loro. Ecco la svolta: smettere di orbitare at-torno al proprio io, alle delusioni del passato, agli ideali nonrealizzati, a tante cose brutte che sono accadute nella propriavita». C’è bisogno di uno scatto, di quello che il Papa definisceun «cambio di passo, dall’io a Dio, dai se al sì», un cambio chei discepoli riescono a compiere «incontrando Gesù».

Con un’avvertenza: nel primo viaggio, quello dello sconforto,dell’inquietudine, Gesù è già presente e cammina a fiancoall’uomo. Si tratta allora per davvero di lasciarsi incontrare, dinon fare nulla, nessuna ricerca, ma attendere, vivere l’attesa(cioè essere tesi-a) nei confronti di una presenza che è già vicinaa noi, anche se in modo misterioso. Forse si tratta di sognare unp o’ di più. Proprio come fa Giacobbe nel capitolo 28 della Ge-nesi, quando sogna gli angeli che salgono e scendono dal cielo eDio che gli promette di non abbandonarlo mai: «Allora Giacob-be si svegliò dal sonno e disse: “Certo, il Signore è in questoluogo e io non lo sapevo”». Questo che è il fulcro del raccontoveterotestamentario è anche la roccia della speranza cristiana:Gesù ci sta a fianco, bussa alla nostra porta, e attende solo chenoi, come a Emmaus, gli diciamo di entrare e restare con noi.

L’inquietudine del cuore e l’incontro con Cristoacqua pura per la sete dell’uomo

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 2

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Sono lieto di salutare i fedeli di lingua francese. Venerdì ricorre la festa di San Giuseppelavoratore: per sua intercessione, affido alla misericordia di Dio le persone colpite

dalla disoccupazione a causa dell’attuale pandemia. Possa il Signore essere la Provvidenzadi tutti i bisognosi e incoraggiarci ad aiutarli! Dio vi benedica!

Udienza generale, mercoledì 29 aprile

#controcopertina