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L’Osservatore Romano il Settimanale Città del Vaticano, giovedì 28 maggio 2020 anno LXXIII, numero 22 (4.046) Il miracolo della gratuità

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L’Osservatore Romanoil SettimanaleCittà del Vaticano, giovedì 28 maggio 2020anno LXXIII, numero 22 (4.046)

Il miracolodella gratuità

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L’Osservatore Romanogiovedì 28 maggio 2020il Settimanale

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L’OS S E R VAT O R E ROMANO

Unicuique suum Non praevalebunt

Edizione settimanale in lingua italiana

Città del Vaticanoo r n e t @ o s s ro m .v a

w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

ANDREA MONDAD irettore

GIANLUCA BICCINICo ordinatore

PIERO DI DOMENICANTONIOProgetto grafico

Redazionevia del Pellegrino, 00120 Città del Vaticano

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Condividere è la parola chiave: questo è quelche Papa Francesco, nel suo messaggio di que-st’anno, ci invita a fare: a condividere narran-dola la nostra storia, a condividere ascoltando-la la storia degli altri e a tessere, nella condivi-sione, una storia nuova.

Condividere tra di noi e condividere conDio: questa è la strada.

Raccontarci a Dio per dare a ogni storia unsenso, un dinamismo, una prospettiva di re-denzione.

C’è un passaggio molto bello nel messag-gio.

È quello dove il Papa dice: «A Lui (al Si-gnore) possiamo narrare le storie che viviamo,a lui possiamo portare le persone, affidare lesituazioni. Con Lui possiamo riannodare iltessuto della vita, ricucendo le rotture e glistrappi».

In questi giorni di tribolazione a causa delcoronavirus abbiamo tutti — chi più chi meno— sfogliato l’album dei nostri ricordi.

Abbiamo riflettuto sulle nostre vite; sulleoccasioni che abbiamo saputo cogliere, e suquelle che invece abbiamo perduto, sprecato.

Abbiamo ripensato al vissuto, e rimpianto ilnon vissuto.

Abbiamo raccontato storie che abbiamo at-traversato e immaginato cammini che non ab-biamo percorso.

Abbiamo benedetto la civiltà digitale per lacondivisione che ci ha consentito, e per le di-stanze che ha annullato.

Ma abbiamo temuto anche il rischio che ladimensione da remoto finisca con il sostituirsidefinitivamente alla prossimità corporea.

Abbiamo applaudito in queste settimane alfiorire di iniziative spontanee, capaci di unireciò che prima era diviso, di chiamare a raccol-ta gli uomini e le donne di buona volontà.

Siamo rabbrividiti, anche, di fronte al marci-re di rancori mai sopiti, alla rinascita di pre-giudizi, al risorgere della tentazione di risolve-re tutto additando questo o quel capro espia-torio.

Separati gli uni dagli altri, abbiamo risco-perto soprattutto la bellezza del noi, la bellez-za — nel “c o m u n i c a re ” con Dio — di parlarglial plurale, di parlargli di noi, delle nostre pau-re, delle nostre preoccupazioni, delle nostreaspettative. Senza separare le mie da quelledegli altri.

Facendo esperienza della separazione, ab-biamo capito il senso della comunione.

Abbiamo misurato la distanza fra quel checredevamo ci unisse e quel che ci unisce dav-v e ro .

Senza la capacità di ricondurre l’esp erienzaad unità, non c’è sapienza, e nemmeno cono-scenza; tutto si riduce ad una elencazione difatti senza storia.

In questi giorni forse lo abbiamo capito dipiù, ma siamo sempre di fronte allo stesso bi-vio.

Riguarda la direzione da dare alle cose. Ver-so il bene o verso il male.

Così è anche nella comunicazione. Possiamoaffidarci solo alla tecnologia, o darle una ani-ma.

Possiamo perderci nella incomunicabilità,oppure ritrovarci nella comunione.

Possiamo sentire su ognuno di noi la re-sponsabilità della ricerca della verità, o diven-tare strumenti (consapevoli o inconsapevoli)alla diffusione delle fake news.

Possiamo negare, oppure comprendere i se-gni del tempo.

Possiamo comunicare disperazione oppuresp eranza.

Ma tutto dipende da dove fondiamo la no-stra speranza.

Dipende dalla nostra capacità di essere den-tro la realtà senza farcene corrompere.

Sta a noi scegliere, come ha detto PapaFrancesco poche settimane fa, il 27 marzo, nelvuoto di piazza San Pietro.

Sta a noi scegliere che cosa conta e che cosapassa, separare ciò che è necessario da ciò chenon lo è.

Tessere nella condivisioneuna nuova storia

#editoriale

di PAOLO RUFFINI

Nel messaggioper la Giornatadelle comunicazionisociali

Serve un cambio di passo: un atteggiamentodiverso, una maggiore fiducia, una fede piùgrande, uno sguardo puro, capace di stupirsi,di farsi sorprendere dalla verità di Dio.

Per dare una nuova forma alle cose di ieri;per far sì che l’isolamento non diventi solitudi-ne; per rispondere all’unione malata della pan-demia con l’unione sana delle buone volontà;

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di ANDREA TORNIELLI

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«Laudato si’», enciclicaper guardare al futuro

dopo la pandemia

icordare i cinque anni della Laudato si’ non èuna celebrazione rituale. La settimana e poil’anno dedicato all’enciclica rappresentano unasorta di verifica per raccogliere iniziative, idee,esperienze, buone pratiche. Sono un modo percondividere ciò che il documento ha messo inmoto nelle comunità, nei territori, in tutto ilmondo. E per riflettere sulla sua attualità nelmomento presente, mentre il mondo interocombatte contro la pandemia del covid-19.

Uno dei meriti dell’ampio testo papale, cheparte dai fondamenti del rapporto tra le crea-ture e il Creatore, è l’averci fatto comprendereche tutto è connesso: non esiste una questioneambientale separata da quella sociale e i cam-biamenti climatici, le migrazioni, le guerre, lapovertà e il sottosviluppo sono manifestazionidi un’unica crisi che prima di essere ecologicaè, alla sua radice, una crisi etica, culturale espirituale. Si tratta di uno sguardo profonda-mente realistico. Laudato si’ non nasce da no-stalgie per far tornare indietro l’orologio dellastoria e riportarci a forme di vita pre-industria-li, ma individua e descrive i processi di auto-distruzione innescati dalla ricerca del profittoimmediato, e del mercato divinizzato. La radi-ce del problema ecologico, scrive Papa France-sco, sta proprio nel fatto che «vi è un modo dicomprendere la vita e l’azione umana che èdeviato e contraddice la realtà fino al punto diro v i n a r l a » .

Ripartire dalla realtà significa fare i conticon l’oggettività della condizione umana, apartire dal riconoscimento della limitatezza delmondo e delle sue risorse. Significa star lonta-ni dalla cieca fiducia rappresentata dal “para-digma tecnocratico” che, afferma il Papa se-guendo le orme di Romano Guardini, «ha fi-nito per collocare la ragione tecnica al di so-pra della realtà, tanto che non sente più la na-tura né come norma valida, né come viventerifugio». L’intervento dell’uomo sulla natura,

leggiamo ancora nell’enciclica, «si è sempreverificato, ma per molto tempo ha avuto la ca-ratteristica di accompagnare, di assecondare lepossibilità offerte dalle cose stesse. Si trattavadi ricevere quello che la realtà naturale da sépermette, come tendendo la mano. Viceversa,ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto èpossibile dalle cose attraverso l’imp osizionedella mano umana, che tende ad ignorare o adimenticare la realtà stessa di ciò che ha di-nanzi». Per questo «è giunto il momento diprestare nuovamente attenzione alla realtà coni limiti che essa impone, i quali a loro voltacostituiscono la possibilità di uno sviluppoumano e sociale più sano e fecondo».

La crisi che stiamo vivendo a causa dellapandemia ha reso tutto ciò ancora più eviden-te: «Siamo andati avanti a tutta velocità — hadetto il Papa lo scorso 27 marzo durante laStatio Orbis — sentendoci forti e capaci in tut-to. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assor-bire dalle cose e frastornare dalla fretta… nonci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiusti-zie planetarie, non abbiamo ascoltato il gridodei poveri, e del nostro pianeta gravementemalato. Abbiamo proseguito imperterriti, pen-sando di rimanere sempre sani in un mondomalato». Sempre nel corso di quell’intensomomento di preghiera per invocare la fine diuna pandemia che ci ha fatto risvegliare tuttifragili e indifesi, Francesco ha ricordato chesiamo chiamati «a cogliere questo tempo diprova come un tempo di scelta… il tempo discegliere che cosa conta e che cosa passa, diseparare ciò che è necessario da ciò che non loè». Laudato si’ ci guida nel ripensare societàdove la vita umana, specie quella dei più de-boli, sia difesa; dove tutti abbiano accesso allecure, dove le persone non siano mai scartate ela natura non sia indiscriminatamente depre-data ma coltivata e custodita per chi verrà do-po di noi.

#editoriale

Cinque anni fail documentodi Francescosulla curadella casa comune

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L’Osservatore Romanogiovedì 28 maggio 2020il Settimanale

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi, in Italia e in altri Paesi, si celebra la so-lennità dell’Ascensione del Signore. Il branodel Vangelo (cfr. Mt 28, 16-20) ci mostra gliApostoli che si radunano in Galilea, «sul mon-te che Gesù aveva loro indicato» (v. 16). Quiavviene l’ultimo incontro del Signore risortocon i suoi, sul monte. Il “monte” ha una fortecarica simbolica. Su un monte Gesù ha procla-mato le Beatitudini (cfr. Mt 5, 1-12); sui montisi ritirava a pregare (cfr. Mt 14, 23); là acco-glieva le folle e guariva i malati (cfr. Mt 15,29). Ma questa volta, sul monte, non è più ilMaestro che agisce e insegna, guarisce ma è ilRisorto che chiede ai discepoli di agire e diannunciare, affidando a loro il mandato dicontinuare la sua opera.

Li investe della missione presso tutte le gen-ti. Dice: «Andate dunque e fate discepoli tuttii popoli, battezzandoli nel nome del Padre edel Figlio e dello Spirito Santo, insegnandoloro a osservare tutto ciò che vi ho comanda-to» (vv. 19-20). I contenuti della missione affi-data agli Apostoli sono questi: annunciare,battezzare, insegnare e camminare sulla viatracciata dal Maestro, cioè il Vangelo vivo.Questo messaggio di salvezza implica prima ditutto il dovere della testimonianza — senza te-stimonianza non si può annunciare —, allaquale anche noi, discepoli di oggi, siamo chia-mati per rendere ragione della nostra fede. Difronte a un compito così impegnativo, e pen-sando alle nostre debolezze, ci sentiamo inade-guati, come di certo si sentirono anche gliApostoli stessi. Ma non bisogna scoraggiarsi,ricordando le parole che Gesù ha rivolto a lo-ro prima di ascendere al Cielo: «Io sono convoi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (v.20).

Questa promessa assicura la presenza co-stante e consolante di Gesù tra di noi. Ma inche modo si realizza questa presenza? Median-te il suo Spirito, che conduce la Chiesa a cam-minare nella storia come compagna di stradadi ogni uomo. Quello Spirito che, inviato daCristo e dal Padre, opera la remissione deipeccati e santifica tutti coloro che, pentiti, siaprono con fiducia al suo dono. Con la pro-messa di rimanere con noi sino alla fine deitempi, Gesù inaugura lo stile della sua presen-za nel mondo come Risorto. Gesù è presentenel mondo ma con un altro stile, lo stile delRisorto, cioè una presenza che si rivela nella

Per la curadella Terrae dei poveri

L’appellonel quintoa n n i v e rs a r i odella «Laudato si’»

#reginacaeli

Al terminedel Regina Caeli

il Papaha impartito

la benedizionesu piazza

San Pietro, doveper la prima volta

dall’iniziodella pandemia ha

potuto radunarsiun piccolo gruppo

di persone grazieall’allentamento

delle misuredi sicurezza

adottateper contrastare

la diffusionedel coronavirus

Il Papa ha rilanciato l’iniziativa dell’Anno speciale indetto per il quinto anniversario della «Laudatosi’». Le sue parole sono riecheggiate nella Biblioteca privata del Palazzo apostolico vaticano, al terminedel Regina Caeli di domenica 24 maggio, data in cui in Italia e in altri Paesi si è celebrata la solennitàdell’Ascensione, alla quale Francesco ha dedicato la riflessione che ha preceduto la recita dell’antifonamariana.

CO N T I N UA A PA G I N A 19

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L’Osservatore Romanogiovedì 28 maggio 2020il Settimanale

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Domani si compiono venticinque anni da quan-do San Giovanni Paolo II firmò la Lettera En-ciclica Ut unum sint. Con lo sguardo rivoltoall’orizzonte del Giubileo del 2000, egli volevache, nel suo cammino verso il terzo millennio,la Chiesa tenesse ben presente l’accorata pre-ghiera del suo Maestro e Signore: “Che sianouna cosa sola!” (cfr. Gv 17, 21). Perciò scrissequesta Enciclica che confermò «in modo irre-versibile» (UUS, 3) l’impegno ecumenico dellaChiesa Cattolica. La pubblicò nella Solennitàdell’Ascensione del Signore, ponendola sotto ilsegno dello Spirito Santo, artefice dell’unitànella diversità, e in questo medesimo contestoliturgico e spirituale noi la commemoriamo ela riproponiamo al Popolo di Dio.

Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto che ilmovimento per il ristabilimento dell’unità ditutti i cristiani «è sorto per grazia dello SpiritoSanto» (Unitatis redintegratio, 1). Ha affermatoanche che lo Spirito, mentre «realizza la diver-sità di grazie e di ministeri», è «principiodell’unità della Chiesa» (ibid., 2). E la Utunum sint ribadisce che «la legittima diversitànon si oppone affatto all’unità della Chiesa,anzi ne accresce il decoro e contribuisce nonpoco al compimento della sua missione» (n.50). Infatti, «solo lo Spirito Santo può suscita-re la diversità, la molteplicità e, nello stessotempo, operare l’unità. [...] È Lui che armo-nizza la Chiesa», perché, come dice San Basi-lio il Grande, «Lui stesso è l’armonia» (Omelianella Cattedrale cattolica dello Spirito Santo,Istanbul, 29 novembre 2014).

In questo anniversario, rendo grazie al Si-gnore per il cammino che ci ha concesso dicompiere come cristiani nella ricerca della pie-na comunione. Anch’io condivido la sana im-pazienza di quanti a volte pensano che po-tremmo e dovremmo impegnarci di più. Tutta-via, non dobbiamo mancare di fede e di rico-noscenza: molti passi sono stati fatti in questidecenni per guarire ferite secolari e millenarie;sono cresciute la conoscenza e la stima reci-proche, aiutando a superare pregiudizi radica-ti; si sono sviluppati il dialogo teologico equello della carità, come pure varie forme dicollaborazione nel dialogo della vita, sul pianopastorale e culturale. In questo momento ilmio pensiero va a miei amati Fratelli posti acapo delle diverse Chiese e Comunità cristia-

Nuovi gesti profeticisulla strada verso l’unità

ne; e si estende a tutti i fratelli e le sorelle diogni tradizione cristiana che sono i nostricompagni di viaggio. Come i discepoli di Em-maus, possiamo sentire la presenza di Cristorisorto che cammina accanto a noi e ci spiegale Scritture e riconoscerlo nella frazione delpane, in attesa di condividere insieme la Men-sa eucaristica.

Rinnovo la mia gratitudine a quanti hannooperato e operano in codesto Dicastero permantenere viva nella Chiesa la consapevolezzadi tale irrinunciabile meta. In particolare sonolieto di salutare due recenti iniziative. La pri-ma è un Vademecum ecumenico per i Vescovi,che sarà pubblicato nel prossimo autunno, co-me incoraggiamento e guida all’esercizio delleloro responsabilità ecumeniche. Infatti, il servi-zio dell’unità è un aspetto essenziale della mis-sione del Vescovo, il quale è «il visibile princi-pio e fondamento di unità» nella sua Chiesaparticolare (Lumen gentium, 23; cfr. CIC 383 §3;CCEO 902-908). La seconda iniziativa è il lan-cio della rivista Acta Œcumenica, che, rinno-vando il Servizio di Informazione del Dicaste-ro, si propone come sussidio per quanti lavo-rano al servizio dell’unità.

Sulla via che conduce alla piena comunioneè importante fare memoria del cammino per-corso, ma altrettanto lo è scrutare l’orizzonteponendosi, con l’Enciclica Ut unum sint, la do-manda: «Quanta est nobis via?» (n. 77), “quan-ta strada ci resta da fare?”. Una cosa è certa:l’unità non è principalmente il risultato dellanostra azione, ma è dono dello Spirito Santo.Essa tuttavia «non verrà come un miracolo al-la fine: l’unità viene nel cammino, la fa lo Spi-rito Santo nel cammino» (Omelia nei Vespri,San Paolo fuori le Mura, 25 gennaio 2014). In-vochiamo dunque fiduciosi lo Spirito, perchéguidi i nostri passi e ognuno senta con rinno-vato vigore l’appello a lavorare per la causaecumenica; Egli ispiri nuovi gesti profetici erafforzi la carità fraterna tra tutti i discepoli diCristo, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21) esi moltiplichi la lode al Padre che è nei Cieli.

Dal Vaticano, 24 maggio 2020

L e t t e radi Francescoper i venticinqueanni della«Ut unum sint»di Papa Wojtyła

#ecumenismo

Lo Spirito Santo «ispiri nuovi gesti profetici erafforzi la carità fraterna tra tutti i discepolidi Cristo». È l’auspicio con cui si chiudela lettera — resa nota lunedì 25 maggio — cheil Papa ha inviato al cardinale Kurt Koch,presidente del Pontificio consiglioper la promozione dell’unità dei cristiani,in occasione del venticinquesimo anniversariodell’enciclica «Ut unum sint» di GiovanniPaolo II: un testo, sottolinea Francesco,che ha confermato «in modo irreversibilel’impegno ecumenico della Chiesa Cattolica».

Al caro FratelloCardinale KURT KO CH

Presidente del Pontificio Consiglioper la Promozione

dell’Unità dei Cristiani

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Dedichiamo la catechesi di oggi alla p re g h i e radei giusti.

Il disegno di Dio nei confronti dell’umanitàè buono, ma nella nostra vicenda quotidianasp erimentiamo la presenza del male: èun’esperienza di tutti i giorni. I primi capitolidel libro della Genesi descrivono il progressivodilatarsi del peccato nelle vicende umane.Adamo ed Eva (cfr. Gen 3, 1-7) dubitano delleintenzioni benevoli di Dio, pensando di averea che fare con una divinità invidiosa, che im-pedisce la loro felicità. Di qui la ribellione:non credono più in un Creatore generoso, chedesidera la loro felicità. Il loro cuore, cedendoalla tentazione del maligno, è preso da deliridi onnipotenza: “Se mangeremo il fruttodell’albero, diventeremo come Dio” (cfr. v. 5).E questa è la tentazione: questa è l’ambizioneche entra nel cuore. Ma l’esperienza va in sen-so opposto: i loro occhi si aprono e scopronodi essere nudi (v. 7), senza niente. Non dimen-ticatevi questo: il tentatore è un mal pagatore,paga male.

Il male diventa ancora più dirompente conla seconda generazione umana, è più forte: èla vicenda di Caino e Abele (cfr. Gen 4, 1-16).Caino è invidioso del fratello: c’è il vermedell’invidia; pur essendo lui il primogenito, ve-de Abele come un rivale, uno che insidia ilsuo primato. Il male si affaccia nel suo cuore eCaino non riesce a dominarlo. Il male comin-cia a entrare nel cuore: i pensieri sono sempredi guardare male l’altro, con sospetto. E que-sto, avviene anche con il pensiero: “Questo èun cattivo, mi farà del male”. E questo pensie-ro va entrando nel cuore... E così la storia del-la prima fraternità si conclude con un omici-

(Gen 4, 23-24). La vendetta: “L’hai fatto, la pa-gherai”. Ma questo non lo dice il giudice, lodico io. E io mi faccio giudice della situazio-ne. E così il male si allarga a macchia d’olio,fino ad occupare tutto il quadro: «Il Signorevide che la malvagità degli uomini era grandesulla terra e che ogni intimo intento del lorocuore non era altro che male, sempre» (Gen 6,5). I grandi affreschi del diluvio universale(capp. 6-7) e della torre di Babele (cap. 11) ri-velano che c’è bisogno di un nuovo inizio, co-me di una nuova creazione, che avrà il suocompimento in Gesù Cristo.

Eppure, in queste prime pagine della Bib-bia, sta scritta anche un’altra storia, meno ap-pariscente, molto più umile e devota, che rap-presenta il riscatto della speranza. Se anchequasi tutti si comportano in maniera efferata,facendo dell’odio e della conquista il grandemotore della vicenda umana, ci sono personecapaci di pregare Dio con sincerità, capaci discrivere in modo diverso il destino dell’uomo.Abele offre a Dio un sacrificio di primizie.Dopo la sua morte, Adamo ed Eva ebbero unterzo figlio, Set, da cui nacque Enos (che si-gnifica “mortale”), e si dice: «A quel tempo sicominciò a invocare il nome del Signore» (4,26). Poi compare Enoc, personaggio che“cammina con Dio” e che viene rapito al cielo(cfr. 5, 22.24). E infine c’è la storia di Noè, uo-mo giusto che «camminava con Dio» (6, 9),davanti al quale Dio trattiene il suo propositodi cancellare l’umanità (cfr. 6, 7-8).

Leggendo questi racconti, si ha l’i m p re s s i o -ne che la preghiera sia l’argine, sia il rifugiodell’uomo davanti all’onda di piena del maleche cresce nel mondo. A ben vedere, preghia-mo anche per essere salvati da noi stessi. È

suta da una moltitudine di giusti in tutte le re-ligioni» (CCC, 2569). La preghiera coltivaaiuole di rinascita in luoghi dove l’o diodell’uomo è stato capace solo di allargare ildeserto. E la preghiera è potente, perché attirail potere di Dio e il potere di Dio sempre dàvita: sempre. È il Dio della vita, e fa rinascere.

Ecco perché la signoria di Dio transita nellacatena di questi uomini e donne, spesso in-compresi o emarginati nel mondo. Ma il mon-

Un argine potentealla piena del male

Al l ’udienzag e n e ra l eil Papa parladella «preghieradei giusti»

#catechesi

La preghiera è «l’a rg i n e »e «il rifugio dell’uomodavanti all’onda di pienadel male che crescenel mondo». Lo hasottolineato Papa Francescoall’udienza generalesvoltasi nella mattinadel 27 maggio,nella Biblioteca privatadel Palazzo apostolicoVaticano, senza la presenzadi fedeli a causadelle misure anti-assembramento adottateper contenere la pandemia.Proseguendo nel ciclodi catechesi iniziatemercoledì 6, il Ponteficeha incentratola sua meditazionesulla «preghiera deigiusti».

dio. Penso, oggi, alla fraternità umana... guer-re dappertutto.

Nella discendenza di Caino si sviluppano imestieri e le arti, ma si sviluppa anche la vio-lenza, espressa dal sinistro cantico di Lamec,che suona come un inno di vendetta: «Ho uc-ciso un uomo per una mia scalfittura e un ra-gazzo per un mio livido […] Sette volte saràvendicato Caino, ma Lamec settantasette»

importante pregare: “Signo-re, per favore, salvami dame stesso, dalle mie ambi-zioni, dalle mie passioni”.Gli oranti delle prime pagi-ne della Bibbia sono uominioperatori di pace: infatti, lapreghiera, quando è autenti-ca, libera dagli istinti di vio-lenza ed è uno sguardo ri-volto a Dio, perché torniLui a prendersi cura delcuore dell’uomo. Si leggenel Catechismo: «Questaqualità della preghiera è vis-

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L’esempio di santità di Paolo VI — del quale il 29 maggiosi celebra la memoria liturgica — è stato sottolineato dal Papanel saluto rivolto ai fedeli italiani che hanno seguito l’udienzaattraverso i mezzi di comunicazione sociale.

Saluto cordialmente i fedeli di lingua francese. Trapochi giorni celebreremo la festa di Pentecoste.Preghiamo lo Spirito Santo affinché ci rendauomini di pace e fratellanza e doni al mondofiducia e speranza. Dio vi benedica.

Saluto i fedeli di lingua inglese collegati attraverso imezzi di comunicazione sociale. Mentre ciprepariamo a celebrare la Solennità di Pentecoste,invoco su di voi e sulle vostre famigliel’abbondanza dei doni dello Spirito Santo. Dio vib enedica!

Un cordiale saluto rivolgo ai fedeli di linguatedesca. Seguiamo l’esempio della Beata VergineMaria: Lei, con la sua assidua preghiera assiemeagli Apostoli, ha invocato lo Spirito Santo per laChiesa, il quale rinnova gli uomini nell’amore diCristo. Lo Spirito di Carità riempia i nostri cuoriperché siano continuamente rivolti al Signore nellap re g h i e r a .

Saludo cordialmente a los fieles de lengua españolaque siguen esta catequesis a través de los medios decomunicación social. Los animo a leer las primeraspáginas del libro del Génesis para redescubrir lafuerza que tiene la oración de los “amigos de Dios”,y para hacer nosotros lo mismo. Invoquemos suNombre con confianza y elevemos nuestra oraciónconjunta para que el Señor sane a este mundo detodas sus dolencias, y a nosotros nos haga experi-mentar la alegría de la salvación.Que Dios los bendiga.

L’esempio di santità di Paolo VI

do vive e cresce grazie alla forza di Dio chequesti suoi servitori attirano con la loro pre-ghiera. Sono una catena per nulla chiassosa,che raramente balza agli onori della cronaca,eppure è tanto importante per restituire fidu-cia al mondo! Ricordo la storia di un uomo:un capo di governo, importante, non di que-sto tempo, dei tempi passati. Un ateo che nonaveva senso religioso nel cuore, ma da bambi-no sentiva la nonna che pregava, e ciò è rima-sto nel suo cuore. E in un momento difficiledella sua vita, quel ricordo è tornato al suocuore e diceva: “Ma la nonna pregava …”. In-cominciò così a pregare con le formule dellanonna e lì ha trovato Gesù. La preghiera èuna catena di vita, sempre: tanti uomini edonne che pregano, seminano vita. La pre-ghiera semina vita, la piccola preghiera: perquesto è tanto importante insegnare ai bambi-ni a pregare. A me dà dolore quando trovobambini che non sanno fare il segno della cro-ce. Bisogna insegnare loro a fare bene il segnodella croce, perché è la prima preghiera. È im-portante che i bambini imparino a pregare.Poi, forse, si potranno dimenticare, prendereun altro cammino; ma le prime preghiere im-parate da bambino rimangono nel cuore, per-ché sono un seme di vita, il seme del dialogocon Dio.

Il cammino di Dio nella storia di Dio ètransitato attraverso di loro: è passato per un“re s t o ” dell’umanità che non si è uniformatoalla legge del più forte, ma ha chiesto a Dio dicompiere i suoi miracoli, e soprattutto di tra-sformare il nostro cuore di pietra in cuore dicarne (cfr. Ez 36, 26). E questo aiuta la pre-ghiera: perché la preghiera apre la porta aDio, trasformando il nostro cuore tante voltedi pietra, in un cuore umano. E ci vuole tantaumanità, e con l’umanità si prega bene.

C o n g re g a z i o n edelle causedei santi:p ro m u l g a z i o n edi decreti

Il 26 maggio, PapaFrancesco ha ricevuto inudienza il cardinale AngeloBecciu, prefetto dellaCongregazione delle causedei santi. Durante l’udienza,il Sommo Pontefice haautorizzato la medesimaCongregazione apromulgare i decretir i g u a rd a n t i :

— il miracolo, attribuitoall’intercessione del beatoCesare de Bus, sacerdote,fondatore dellacongregazione dei Padridella dottrina cristiana(dottrinari); nato il 3febbraio 1544 a Cavaillon(Francia) e morto adAvignone (Francia) il 15aprile 1607;

— il miracolo, attribuitoall’intercessione del beatoCarlo de Foucauld (dettoCarlo di Gesù), sacerdotediocesano; nato aStrasburgo (Francia) il 15settembre 1858 e morto aTamanrasset (Algeria)il 1° dicembre 1916;

— il miracolo, attribuitoall’intercessione della beataMaria DomenicaMantovani, cofondatricee prima superiora generaledell’Istituto delle piccolesuore della Sacra Famiglia;nata il 12 novembre 1862a Castelletto di Brenzone(Italia) e ivi mortail 2 febbraio 1934;

— il miracolo, attribuitoall’intercessione delvenerabile servo di DioMichele McGivney,sacerdote diocesano,fondatore dell’Ordine deicavalieri di Colombo, v.d.The Knights of Columbus; natoil 12 agosto 1852 aWaterbury (Stati Unitid’America) e morto a

Saluto gli ascoltatori di lingua portoghese e viricordo che la preghiera apre la porta della nostravita a Dio. E Dio ci insegna a uscire da noi stessiper andare incontro agli altri immersi nella prova,offrendo loro consolazione, speranza e sostegno. Dicuore vi benedico nel nome del Signore.

Saluto i fedeli di lingua araba che seguono questoincontro attraverso i mezzi di comunicazionesociale. La preghiera non cambia Dio ma noi stessie ci rende più docili alla Sua santa volontà. Pregareci fa entrare pian piano nella luce divina chepurifica il nostro cuore da ogni tenebra. Il Signorevi benedica tutti e vi protegga sempre da ogni male!

Saluto cordialmente tutti i Polacchi collegati connoi attraverso i mass media. Stiamo vivendo i giornidella novena di Pentecoste: imploriamo la presenzadello Spirito Santo in noi, affinché con i suoi doni,così necessari, ci aiuti a progredire nella vitacristiana. In questo tempo difficile, preghiamo conle parole che San Giovanni Paolo II pronunciò aVarsavia: «Scenda il tuo Spirito e rinnovi la facciadella terra! Di questa terra!» (2 giugno 1979). Vibenedico di cuore.

Saluto i fedeli di lingua italiana. Dopodomanicelebreremo la memoria liturgica del Papa SanPaolo VI. L’esempio di questo Vescovo di Roma,che ha raggiunto le vette della santità, incoraggiciascuno ad abbracciare generosamente gli idealievangelici.Rivolgo il mio pensiero agli anziani, ai giovani, aimalati e agli sposi novelli. Nel clima dipreparazione alla Solennità di Pentecoste ormaiprossima, vi esorto ad essere sempre docili all’azionedello Spirito Santo, affinché la vostra vita siasempre riscaldata ed illuminata dall’amore che loSpirito di Dio riversa nei cuori. A tutti voi la miab enedizione!

#catechesi

Thomaston (Stati Unitid’America) il 14 agosto1890;

— il miracolo, attribuitoall’intercessione dellavenerabile serva di DioPaolina Maria Jaricot,fondatrice delle Operedel “Consiglio dellapropagazione della fede”e del “Rosario vivente”; natail 22 luglio 1799 a Lione(Francia) e ivi mortail 9 gennaio 1862;

— il martirio dei servi diDio Simeone Cardon e 5compagni, religiosi professidella Congregazionecistercense di Casamari;uccisi a Casamari, in odioalla fede, tra il 13 e 16maggio 1799;

— il martirio del servo diDio Cosma Spessotto (alsecolo: Sante), sacerdoteprofesso dell’Ordine deifrati minori; nato il 28gennaio 1923 a Mansué(Italia) e ucciso a San JuanNonualco (El Salvador), inodio alla Fede, il 14 giugno1980;

— le virtù eroiche del servodi Dio Melchiorre Maria deMarion Brésillac, vescovotitolare di Prusa, già vicarioapostolico di Coimbaore,fondatore della Società dellemissioni africane; natoil 2 dicembre 1813a Castelnaudary (Francia)e morto a Freetown (SierraLeone) il 25 giugno 1859.

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L’Osservatore Romanogiovedì 28 maggio 2020il Settimanale

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Rche correvano al sepolcro di Gesù la mattinadella Risurrezione (cfr. Gv 20, 3-6). Arriva pri-ma il più giovane [Giovanni], e il più vecchio[Pietro], resta indietro. Ma sempre c’è il ri-spetto di aspettare l’altro. E c’è un’antica rego-la medievale per i pellegrini, per coloro che fa-cevano i pellegrinaggi ai santuari nel MedioEvo — anche oggi si fanno, pensiamo a Santia-go de Compostela, per esempio — una regolache dice: Si deve andare al passo di quello cheè più debole, di quello che cammina più ada-gio. “No, ma io vado prima...”. No. Si deveandare al passo. Come ha fatto Giovanni: sì, èarrivato per primo, ma ha aspettato l’a l t ro .Questa è una cosa molto bella, che noi dob-biamo imparare, come umanità: andare al pas-so delle persone che hanno un altro ritmo, oalmeno considerarli e integrarli nel nostro pas-so.

Grazie. Grazie di tutto questo. E adesso iovorrei fare un... ma, diciamola com’è: un di-scorso. Così, a tutte le associazioni, a tutti voi,perché rimanga come un messaggio a tutti diquesto incontro con voi.

Al ritmodel più debole

Il Papa incontraAthletica Vaticana

e personecon disabilità

migranti e detenuti

#sport

Papa Francesco ha incontrato mercoledì mattina, 20 maggio, nella Biblioteca privata del Palazzoapostolico, i rappresentanti degli atleti che avrebbero partecipato al meeting «We Run Together - SimulCurrebant», organizzato da Athletica Vaticana per il 21 maggio — e rimandato per la pandemia —insieme alle Fiamme Gialle, al Cortile dei Gentili e alla Fidal Lazio. L’iniziativa sportiva e solidale,con un forte carattere di inclusione concreta delle persone più fragili, è stata presentata al Ponteficedal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, dicasteroal quale la Segreteria di Stato ha affidato Athletica Vaticana. Ecco le parole, a braccio, del Pontefice.

Una garadi solidarietà

Ci sarà anche un donopersonale del Papa aconcreto sostegnodell’iniziativa promossa daAthletica Vaticana, FiammeGialle, Cortile dei Gentili eFidal Lazio per rilanciare ilsenso solidale e inclusivodel meeting «We RunTogether - SimulCurrebant» che, come hadetto Francesco, se non si èpotuto correre il 21 maggioper la pandemia, si potràcomunque “correre con ilc u o re ”.L’8 giugno sarà lanciataun’asta di beneficenza, sullapiattaforma CharityStars,con la partecipazione ditantissimi campioniinternazionali: il ricavato —come ha spiegato il Papanel videomessaggio almondo dello sport — saràinteramente devoluto alpersonale sanitario degliospedali di Bergamo eBrescia, particolarmenteprovati dalla pandemia.Nell’udienza di mercoledì20 maggio hanno presentatoal Papa l’iniziativa, insiemeal cardinale GianfrancoRavasi, Sara Vargetto, 11anni, atleta “onoraria” diAthletica Vaticana, con unamalattia neurodegenerativa;Giulia Staffieri, atleta diSpecial Olympics con undisturbo psichiatrico evittima di bullismo (con leiil Papa ha intessuto undialogo toccante); CharlesAmpofo, atleta migranteoriginario del Ghana (lavoranel Centro Mondo Miglioredella cooperativa Auxilium)e anch’egli tesserato come“onorario” da AthleticaVaticana per un percorso diinclusione; e BarbaraVentrone, detenuta delcarcere di Rebibbia, che haletto al Papa una poesia inromanesco per esprimerglil’impegno a “r i n a s c e re ”.Con loro i campioni delleFiamme Gialle FabrizioDonato, capitano dellanazionale italiana emedaglia olimpica di saltotriplo, e Carolina Visca,campionessa europea under20 di lancio del giavellotto.L’asta di beneficenza,dunque, “sostituisce” (fino aquando non si potrànuovamente organizzare) ilmeeting vero e proprio che,per la prima volta, avrebbevisto insieme campioniolimpionici, atletiparalimpici e con disabilitàintellettiva, migranti ecarcerati che avrebberoanche fatto da giudici digara. Insomma, lo sportcome piace a Francesco.

ingrazio tutti voi per il lavoro che fate: ognu-no fa qualcosa per la comunità, per gli altri. Equesta è la gioia, no? La gioia di fare qualcosaper gli altri. E poi, di conseguenza, si ricevedagli altri. Ma quello che ha citato il Cardina-le, la gioia di dare, di offrire, di offrire la bel-lezza dello sport, la possibilità di ognuno: of-frire per la gioia e la felicità degli altri qualco-sa che io ho. E questo è grande, è un atteggia-mento umano, è creativo. E le persone offronopersino la vita per gli altri: le mamme per i fi-gli, e i papà per i figli, e tanti... Dare qualcosadi mio per gli altri. E voi date bellezza agli al-tri, la bellezza dello sport. Questa è una cosaimportante: capire come dare bellezza. Questoaiuta, perché quello che voi state facendo nonè un esercizio, diciamo così, di pratica di velo-cità o di giochi, no. Questo è vero, ma c’è dipiù. È dare agli altri. È quel motto dell’asso-ciazione che è tanto importante: voi non sietestaccati dagli altri, “You run together”, voi cor-rete insieme, insieme.

E sempre c’è un atteggiamento che troviamoin quel passo del Vangelo, dei due discepoli

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L’Osservatore Romanogiovedì 28 maggio 2020il Settimanale

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Care amiche e cari amici sportivi,domani, 21 maggio, avrebbe dovuto svolgersi aCastel Porziano il Meeting internazionale diatletica «We Run Together - Simul Curre-bant». Campioni olimpici avrebbero corso —per la prima volta — con atleti paralimpici,atleti con disabilità mentale, e con rifugiati,migranti e carcerati, che sarebbero stati anchegiudici di gara. Tutti insieme e con pari digni-tà. Una testimonianza concreta di come do-vrebbe essere lo sport: cioè un “p onte” cheunisce donne e uomini di religioni e culturediverse, promuovendo inclusione, amicizia, so-lidarietà, educazione. Cioè un “p onte” di pa-ce.

Domani non si potrà correre con le gambe,ma si potrà correre con il cuore. L’“anima” diquesto Meeting inclusivo è solidale: correre in-sieme. E così i tantissimi atleti che hanno ade-rito — e che, con piacere, avrei incontrato per-sonalmente — metteranno a disposizione alcu-ni oggetti ed esperienze sportive per un’inizia-tiva di beneficenza. L’intero ricavato sarà de-

La corsa della vita Videomessaggioa sostegnodell’iniziativain favore di medicie infermieridegli ospedalidi Bergamoe di Brescia

#sport

Una iniziativa inclusivadi Athletica Vaticana (Piazza

Navona, 13 ottobre 2019)

Per sostenere l’iniziativa di beneficenza promossadagli atleti del meeting «We Run Together -Simul Currebant» a favore del personalesanitario degli ospedali di Bergamo e di Brescia,Papa Francesco ha rivolto un messaggio a tuttoil mondo dello sport. E ha messo a disposizioneun suo dono personale. Ecco il testo lettodal Pontefice durante l’udienza del 21 maggio.

voluto al personale sanitario degli Ospedali“Papa Giovanni XXIII” di Bergamo e alla“Fondazione Poliambulanza” di Brescia, tutti edue simboli della lotta contro la pandemia cheha colpito tutto il pianeta. È un’iniziativa peraiutare e ringraziare le infermiere, gli infermie-ri e il personale ospedaliero. Sono degli eroi!Stanno tutti vivendo la loro professione comeuna vocazione, eroicamente, mettendo a ri-schio la loro stessa vita per salvare gli altri.Gesù ha detto: «Nessuno ha più amore diquello che dà la vita per gli altri» (cfr. Gv 15,13).

Sono contento che questa iniziativa sia pro-mossa da Athletica Vaticana, una realtà che te-

stimonia concretamente, sulle strade e in mez-zo alla gente, il volto solidale dello sport. Ilprimo gesto di Athletica Vaticana è stato quellodi accogliere come atleti “onorari” alcuni gio-vani migranti e una bambina con una gravemalattia neurodegenerativa. Oggi sono venuti,qui, a trovarmi.

Con Athletica Vaticana collaborano a questainiziativa le Fiamme Gialle, ilGruppo Sportivo della Guardia diFinanza, e il “Cortile del Gentili”,struttura del Pontificio Consigliodella cultura che promuove l’incon-tro e il dialogo tra credenti e noncredenti. Hanno tutti dimostratosempre una particolare sensibilitànei confronti dei bisogni reali delle

persone: in particolare per le famiglie assistitedal Dispensario pediatrico Santa Marta, attivoda quasi cent’anni anni qui in Vaticano. Insie-me a loro, a questo progetto di sport inclusivoe per tutti collabora anche il Comitato Regio-nale Fidal-Lazio.

Vi incoraggio, care amiche e cari amici spor-tivi, a vivere sempre più la vostra passione co-me un’esperienza di unità e di solidarietà. Pro-prio i veri valori dello sport sono particolar-mente importanti per affrontare questo tempodi pandemia e soprattutto, la difficile riparten-za. E con questo spirito vi invito a correre, in-sieme, la corsa della vita. Grazie per tuttoquello che fate.

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Cari fratelli e sorelle!Quest’anno avevo deciso di partecipare allavostra Assemblea generale annuale, giovedì 21maggio, festa dell’Ascensione del Signore. Poil’Assemblea è stata annullata a causa dellapandemia che ci coinvolge tutti. E allora vor-rei inviare a tutti voi questo messaggio, perfarvi giungere comunque le cose che avevo incuore di dirvi. Questa festa cristiana, nei tempiinimmaginabili che stiamo vivendo, mi appareancora più feconda di suggestioni per il cam-mino e la missione di ognuno di noi e di tuttala Chiesa.

Celebriamo l’Ascensione come una festa, ep-pure essa commemora il congedo di Gesù daisuoi discepoli e da questo mondo. Il Signoreascende in Cielo, e la liturgia orientale raccon-ta lo stupore degli angeli nel vedere un uomoche con la sua carne sale alla destra del Padre.Eppure, mentre Cristo è sul punto di ascende-re al cielo, i discepoli — che pure lo hanno vi-sto risorto — non sembrano ancora aver capitobene che cosa è accaduto. Lui sta per dare ini-zio al compimento del suo Regno, e loro siperdono ancora dietro alle proprie congetture.Gli chiedono se sta per restaurare il regnod’Israele (cfr. At 1, 6). Ma quando Cristo li la-scia, invece di essere tristi, tornano a Gerusa-lemme «pieni di gioia», come scrive Luca (cfr.24, 52). Sarebbe una stranezza, se non fosseaccaduto qualcosa. E infatti Gesù ha già pro-messo loro la forza dello Spirito Santo, chescenderà su di essi a Pentecoste. Questo è il

Quando nella missione della Chiesa non sicoglie e riconosce l’opera attuale ed efficacedello Spirito Santo, vuol dire che perfino leparole della missione — anche le più esatte,anche le più pensate — sono diventate come“discorsi di umana sapienza”, usati per dargloria a sé stessi o rimuovere e mascherare ipropri deserti interiori.

LA GIOIA DEL VANGELO

La salvezza è l’incontro con Gesù, che civuole bene e ci perdona, inviandoci lo Spiritoche ci consola e ci difende. La salvezza non èla conseguenza delle nostre iniziative missiona-rie, e nemmeno dei nostri discorsi sull’incarna-zione del Verbo. La salvezza per ognuno puòaccadere solo attraverso lo sguardo dell’incon-tro con Lui, che ci chiama. Per questo il miste-ro della predilezione inizia e non può iniziareche in uno slancio di gioia, di gratitudine. Lagioia del Vangelo, la “gioia grande” delle po-vere donne che la mattina di Pasqua erano an-date al Sepolcro di Cristo e lo avevano trovatovuoto, e che poi per prime incontrarono Gesùrisorto e corsero a dirlo agli altri (cfr. Mt 28,8-10). Solo così questo essere scelti e predilettipuò testimoniare davanti a tutto il mondo, conle nostre vite, la gloria di Cristo risorto.

Il miracolo della gratuitàche si fa servizio alla Chiesa

In un messaggioalle Pontificie

Opere MissionariePapa Francesco

indica il camminoda intraprendere

e le tentazionida evitare

#copertina

miracolo che cambia le cose. E loro diventanopiù sicuri, quando affidano tutto al Signore.Sono pieni di gioia. E la gioia in loro è la pie-nezza della consolazione, la pienezza dellapresenza del Signore.

Paolo scrive ai Galati che la pienezza digioia degli Apostoli non è l’effetto di emozioniche soddisfano e rendono allegri. È una gioiatraboccante che si può sperimentare solo comefrutto e dono dello Spirito Santo (cfr. 5, 22).Ricevere la gioia dello Spirito è una grazia. Edè l’unica forza che possiamo avere per predica-re il Vangelo, per confessare la fede nel Signo-re. La fede è testimoniare la gioia che ci donail Signore. Una gioia così, uno non se la puòdare da solo.

Gesù, prima di andar via, ha detto ai suoiche avrebbe mandato loro lo Spirito, il Conso-latore. E così ha consegnato allo Spirito anchel’opera apostolica della Chiesa, per tutta lastoria, fino al suo ritorno. Il misterodell’Ascensione, insieme all’effusione delloSpirito nella Pentecoste, imprime e trasmetteper sempre alla missione della Chiesa il suotratto genetico più intimo: quello di essereopera dello Spirito Santo e non conseguenzadelle nostre riflessioni e intenzioni. È questo iltratto che può rendere feconda la missione epreservarla da ogni presunta autosufficienza,dalla tentazione di prendere in ostaggio la car-ne di Cristo — asceso al Cielo — per i propriprogetti clericali di potere.

Il «fervore missionario non si può mai ottenerein conseguenza di un ragionamento odi un calcolo» ma nasce dal «dono gratuitodi sé» che si fa servizio alla Chiesa. Lo ribadiscePapa Francesco nel messaggio inviatoalle Pontificie Opere Missionarie, la cui assembleagenerale annuale — inizialmente prevista pergiovedì 21 maggio, festa dell’As c e n s i o n edel Signore — è stata rinviata a causadelle restrizioni imposte in questi mesi dallapandemia. Di seguito il testo originale italianodel messaggio pontificio.

Quelli dunque che erano con lui gli domandava-no: «Signore, è questo il tempo nel quale ricosti-tuirai il regno per Israele?». Ma egli rispose:«Non spetta a voi conoscere tempi o momenti cheil Padre ha riservato al suo potere, ma ricevereteforza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, edi me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta laGiudea e la Samaria e fino ai confini della ter-ra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu ele-vato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi(At 1, 6-9).

Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fuelevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Alloraessi partirono e predicarono dappertutto, mentre ilSignore agiva insieme con loro e confermava laParola con i segni che la accompagnavano (Mc16, 19-20).

Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate lemani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccòda loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi siprostrarono davanti a lui; poi tornarono a Geru-salemme con grande gioia e stavano sempre neltempio lodando Dio (Lc 24, 50-53).

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I testimoni, in ogni situazione umana, sonocoloro che attestano ciò che viene compiuto daqualcun altro. In questo senso, e solo in que-sto senso noi possiamo essere testimoni di Cri-sto e del suo Spirito. Dopo l’Ascensione, comeracconta il finale del Vangelo di Marco, gliapostoli e i discepoli «partirono e predicaronodappertutto, mentre il Signore agiva insiemecon loro e confermava la Parola con i segniche l’accompagnavano» (16, 20). Cristo, con ilsuo Spirito, testimonia sé stesso mediante leopere che compie in noi e con noi. La Chiesa— spiegava già Sant’Agostino — non preghe-rebbe il Signore per chiedere che la fede siadonata a quelli che non conoscono Cristo, senon credesse che è Dio stesso a rivolgere e at-tirare verso di sé la volontà degli uomini. LaChiesa non farebbe pregare i suoi figli perchiedere al Signore di perseverare nella fede inCristo, se non credesse che è proprio il Signo-re ad avere in mano i nostri cuori. Infatti, se laChiesa chiedesse a Lui queste cose, ma pensas-se di potersele dare da sé stessa, vorrebbe direche tutte le sue preghiere non sono autentiche,ma sono formule vuote, dei “modi di dire”,dei convenevoli imposti dal conformismo ec-clesiastico (cfr. Il dono della perseveranza. AProspero e Ilario, 23, 63).

Se non si riconosce che la fede è un dono diDio, anche le preghiere che la Chiesa rivolge aLui non hanno senso. E non si esprime attra-verso di esse nessuna sincera passione per lafelicità e la salvezza degli altri, e di quelli chenon riconoscono Cristo risorto, anche se sipassa il tempo a organizzare la conversionedel mondo al cristianesimo.

È lo Spirito Santo ad accendere e custodirela fede nei cuori, e riconoscere questo fattocambia tutto. Infatti, è lo Spirito che accendee anima la missione, le imprime dei connotati“genetici”, accenti e movenze singolari cherendono l’annuncio del Vangelo e la confessio-ne della fede cristiana un’altra cosa rispetto adogni proselitismo politico o culturale, psicolo-gico o religioso.

Ho richiamato molti di questi tratti distinti-vi della missione nella Esortazione apostolicaEvangelii gaudium. Ne riprendo alcuni.

At t ra t t i v a . Il mistero della Redenzione è en-trato e continua a operare nel mondo attraver-so un’attrattiva, che può avvincere il cuore de-gli uomini e delle donne perché è e appare piùattraente delle seduzioni che fanno presasull’egoismo, conseguenza del peccato. «Nes-suno può venire a me, se non lo attira il Padreche mi ha mandato», dice Gesù nel Vangelodi Giovanni (6, 44). La Chiesa ha sempre ri-petuto che per questo si segue Gesù e si an-nuncia il suo Vangelo: per la forza dell’attra-zione operata da Cristo stesso e dal suo Spiri-to. La Chiesa — ha affermato Papa BenedettoXVI — cresce nel mondo per attrazione e nonper proselitismo (cfr. Omelia nella Messa diapertura della V Conferenza Gen. dell’EpiscopatoLatinoamericano e dei Caraibi, Aparecida, 13maggio 2007: AAS 99 [2007], 437). Sant’Agosti-no diceva che Cristo si rivela a noi attirandoci.E, per dare un’immagine di questa attrattiva,citava il poeta Virgilio, secondo il quale cia-scuno è attratto da ciò che gli piace. Gesù nonsolo convince la nostra volontà, ma attira ilnostro piacere (Commento al Vangelo di Giovan-ni, 26, 4). Se si segue Gesù felici di essere at-tratti da lui, gli altri se ne accorgono. E posso-no stupirsene. La gioia che traspare in coloroche sono attirati da Cristo e dal suo Spirito èciò che può rendere feconda ogni iniziativamissionaria.

Gratitudine e gratuità. La gioia di annunciareil Vangelo brilla sempre sullo sfondo di unamemoria grata. Gli Apostoli non hanno maidimenticato il momento in cui Gesù toccò loroil cuore: «Erano circa le quattro del pomerig-gio» (Gv 1, 39). La vicenda della Chiesa ri-splende quando in essa si manifesta la gratitu-dine per la gratuita iniziativa di Dio, perché«è lui che ha amato noi» per primo (1 Gv 4,10), perché «è Dio solo che fa crescere» (1 Cor3, 7). La predilezione amorosa del Signore cisorprende, e lo stupore, per sua natura, nonpuò essere posseduto né imposto da noi. Nonci si può “stupire per forza”. Solo così puòfiorire il miracolo della gratuità, del dono gra-tuito di sé. Anche il fervore missionario non sipuò mai ottenere in conseguenza di un ragio-namento o di un calcolo. Il mettersi “in statodi missione” è un riflesso della gratitudine. Èla risposta di chi dalla gratitudine viene resodocile allo Spirito, e quindi è libero. Senzapercepire la predilezione del Signore, che ren-de grati, perfino la conoscenza della verità e lastessa conoscenza di Dio, ostentati come unpossesso da raggiungere con le proprie forze,diventerebbero di fatto “lettera che uccide”(cfr. 2 Cor 3, 6), come hanno mostrato per pri-mi San Paolo e Sant’Agostino. Solo nella li-bertà della gratitudine si conosce veramente ilSignore. Mentre non serve a niente e soprat-tutto non è appropriato insistere nel presentarela missione e l’annuncio del Vangelo come sefossero un dovere vincolante, una specie di“obbligo contrattuale” dei battezzati.

Umiltà. Se la verità e la fede, se la felicità ela salvezza non sono un nostro possesso, untraguardo raggiunto per meriti nostri, il Van-gelo di Cristo può essere annunciato solo con

Alle sorgenti di una missioneche non è opera nostra

di ANDREA TORNIELLI

Il messaggio di Papa Francesco allePontificie Opere Missionarie è un testoforte, concreto nelle sue indicazioni, cheindica l’unica reale sorgente dell’azionemissionaria della Chiesa e al tempo stessovuole evitare, chiamandole per nome,alcune patologie che rischiano disnaturare la missione stessa.La missione, spiega Francesco, non è ilfrutto dell’applicazione di «sistemi elogiche mondani della militanza o dellacompetenza tecnico-professionale», manasce dalla «gioia traboccante» che «cidona il Signore» e che è frutto delloSpirito Santo. È una grazia, questa gioiache nessuno si può dare da solo. L’e s s e remissionari significa riverberare il donogrande e immeritato che si è ricevuto,cioè riflettere la luce di un Altro, come fala luna con il sole. «I testimoni — scrive ilPapa — in ogni situazione umana, sonocoloro che attestano ciò che vienecompiuto da qualcun altro. In questosenso e solo in questo senso noi possiamoessere testimoni di Cristo e del suoSpirito». È quel mysterium lunae caro aiPadri della Chiesa dei primi secoli, i qualiavevano ben chiaro che la Chiesa viveistante dopo istante della grazia di Cristo.Come la luna, anche la Chiesa non brilladi luce propria e quando guarda troppo asé stessa o confida nelle proprie capacità,finisce per essere autoreferenziale e nondona più luce ad alcuno.L’origine di questo messaggio è ilcontenuto dell’esortazione Evangelii

gaudium, il testo che ha tracciato ilcammino dell’attuale pontificato.Francesco ricorda che l’annuncio delVangelo e la confessione della fedecristiana sono un’altra cosa rispetto adogni proselitismo politico, culturale,psicologico o religioso. La Chiesa crescenel mondo per attrazione e «se si segueGesù felici di essere attratti da lui, glialtri se ne accorgono. E possonostupirsene».È evidente, dal messaggio alle POM,l’intento del Papa di arginare quellatendenza a considerare la missione comequalcosa di elitario, da indirizzare edirigere mediante programmi a tavolinoapplicando strategie, che ottengano una“presa di coscienza” attraversoragionamenti, richiami, militanze,addestramenti. Risulta altrettantoevidente dal testo pontificio pubblicatooggi che il Vescovo di Roma consideraquesto un rischio presente e dunque lesue parole hanno una valenza che va benal di là delle Pontificie OpereMissionarie, alle quali è diretto. Perevitare l’autoreferenzialità, l’ansia dicomando, e la delega dell’attivitàmissionaria a «una classe superiore dispecialisti» che considerano il popolo deibattezzati una massa inerte da rianimare eda mobilitare, Francesco ricorda alcunidei tratti distintivi della missionecristiana: gratitudine e gratuità, umiltà,prossimità alla vita delle persone lì dovesono e così come sono, predilezione per ipiccoli e per i poveri.

#copertina

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umiltà. Mai si può pensare di servire la missio-ne della Chiesa esercitando arroganza comesingoli e attraverso gli apparati, con la super-bia di chi snatura anche il dono dei sacramentie le parole più autentiche della fede cristianacome un bottino che ci si è meritato. Si puòessere umili non per buona educazione, nonper voler apparire accattivanti. Si è umili se sisegue Cristo, che ai suoi ha detto: «Imparateda me, che sono mite e umile di cuore» (Mt11, 29). Sant’Agostino si chiede come mai, do-po la Risurrezione, Gesù si è fatto vedere solodai suoi discepoli e non invece da chi lo avevacrocifisso; e risponde che Gesù non voleva da-re l’impressione di «sfidare in qualche modo isuoi uccisori. Per lui era infatti più importanteinsegnare l’umiltà agli amici, piuttosto che rin-facciare la verità ai nemici» (D i s c o rs o 284, 6).

Facilitare, non complicare. Un altro trattodell’autentica opera missionaria è quello cherimanda alla pazienza di Gesù, che anche neiracconti del Vangelo accompagnava semprecon misericordia i passi di crescita delle perso-ne. Un piccolo passo, in mezzo a grandi limitiumani, può far contento il cuore di Dio piùdelle ampie falcate di chi procede nella vitasenza grandi difficoltà. Un cuore missionarioriconosce la condizione reale in cui si trovanole persone reali, con i loro limiti, i peccati, lefragilità, e si fa «debole con i deboli» (1 Cor9, 22). “U s c i re ” in missione per giungere alleperiferie umane non vuol dire errare senza unadirezione e senza senso, come venditori impa-zienti che si lamentano perché la gente è trop-po rozza e primitiva per essere interessata allaloro merce. A volte si tratta di rallentare il pas-so, per accompagnare chi è rimasto al bordodella strada. A volte c’è da imitare il padredella parabola del figlio prodigo, che lascia leporte aperte e scruta ogni giorno l’orizzonteaspettando il ritorno di suo figlio (cfr. Lc 15,20). La Chiesa non è una dogana, e chi inqualsiasi modo partecipa alla missione dellaChiesa è chiamato a non aggiungere pesi inu-tili sulle vite già affaticate delle persone, a nonimporre cammini di formazione sofisticati e af-fannosi per godere di ciò che il Signore donacon facilità. Non mettere ostacoli al desideriodi Gesù, che prega per ognuno di noi e vuoleguarire tutti, salvare tutti.

Prossimità nella vita “in atto”. Gesù ha in-contrato i suoi primi discepoli sulle rive del la-go di Galilea, mentre erano intenti al loro la-voro. Non li ha incontrati a un convegno, o aun seminario di formazione, o al tempio. Dasempre, l’annuncio di salvezza di Gesù rag-giunge le persone lì dove sono e così come so-no, nelle loro vite in atto. L’ordinarietà dellavita di tutti, nella partecipazione alle necessità,alle speranze e ai problemi di tutti, è il luogoe la condizione in cui chi ha riconosciutol’amore di Cristo e ricevuto il dono dello Spi-rito Santo può rendere ragione, a coloro chelo chiedono, della fede, della speranza e dellacarità. Camminando insieme con gli altri, alfianco di tutti. Soprattutto nel tempo in cuiviviamo, non si tratta di inventare percorsi diaddestramento “dedicati”, di creare mondi pa-ralleli, di costruire bolle mediatiche in cui farriecheggiare i propri slogan, le proprie dichia-razioni d’intenti, ridotte a rassicuranti “nomi-nalismi dichiarazionisti”. Ho ricordato altrevolte, a titolo di esempio, che nella Chiesa c’èchi continua a far riecheggiare con enfasi loslogan «È l’ora dei laici!», ma intanto l’o ro l o -gio sembra essersi fermato.

Il “sensus fidei” del Popolo di Dio. C’è unarealtà nel mondo che ha una specie di “fiuto”per lo Spirito Santo e la sua azione. È il Po-polo di Dio, chiamato e prediletto da Gesù, e

che a sua volta continua a cercare Lui e do-manda sempre di Lui negli affanni della vita.Il Popolo di Dio mendica il dono del suo Spi-rito: affida la sua attesa alle parole semplicidelle preghiere, e mai si accomoda nella pre-sunzione della propria autosufficienza. Il santoPopolo di Dio radunato e unto dal Signore, invirtù di questa unzione è reso infallibile “in cre-dendo”, come insegna la Tradizione della Chie-sa. Il lavoro dello Spirito Santo dota il Popolodei fedeli di un “istinto” della fede — il sensus fi-dei — che lo aiuta a non sbagliare quando cre-de le cose di Dio, anche se non conosce ragio-namenti e formule teologiche per definire i do-ni che sperimenta. Il mistero del popolo pelle-grino, che con la sua spiritualità popolarecammina verso i santuari e si affida a Gesù, aMaria e ai santi, attinge e si mostra connatura-le alla libera e gratuita iniziativa di Dio, senzadover seguire piani di mobilitazione pastorale.

Predilezione per i piccoli e i poveri. Ogni slan-cio missionario, se è mosso dallo Spirito San-to, manifesta la predilezione per i poveri e ipiccoli come segno e riflesso della preferenzadel Signore verso di loro. Le persone coinvoltedirettamente in iniziative e strutture missiona-rie della Chiesa non dovrebbero mai giustifica-re la loro disattenzione verso i poveri con lascusa — molto usata in certi ambienti ecclesia-stici — di dover concentrare le proprie energiesu incombenze prioritarie per la missione. Lapredilezione per i poveri non è per la Chiesaun’opzione facoltativa.

Benvenuto Tisi da Garofalo«Ascensione di Cristo»(1510-1520)

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Le dinamiche e gli approcci sopra descrittifanno parte della missione della Chiesa, ani-mata dallo Spirito Santo. Di solito, neglienunciati e nei discorsi ecclesiastici, la necessi-tà dello Spirito Santo come sorgente dellamissione della Chiesa viene riconosciuta e af-fermata. Ma accade anche che tale riconosci-mento si riduca a una specie di “omaggio for-male” alla Santissima Trinità, una formulaconvenzionale introduttiva per interventi teo-logici e piani pastorali. Ci sono nella Chiesatante situazioni in cui il primato della graziarimane solo come un postulato teorico, unaformula astratta. Succede che tante iniziative eorganismi legati alla Chiesa, invece di lasciartrasparire l’operare dello Spirito Santo, finisco-no per attestare solo la propria autoreferenzia-lità. Tanti apparati ecclesiastici, ad ogni livello,sembrano risucchiati dall’ossessione di pro-muovere sé stessi e le proprie iniziative. Come

alla missione universale cui è chiamata tutta laChiesa.

— Le Opere Missionarie sono nate spontanea-mente, dal fervore missionario espresso dalla fe-de dei battezzati. C’è e permane una conso-nanza intima, una familiarità tra le OpereMissionarie e il sensus fidei infallibile in creden-do del Popolo fedele di Dio.

— Le Opere Missionarie, fin dall’inizio, sonoandate avanti procedendo su due “binari”, o me-glio lungo due argini che corrono sempre pa-ralleli, e nella loro elementarità sono da sem-pre familiari al cuore del Popolo di Dio: quel-lo della p re g h i e ra e quello della carità, nellaforma dell’elemosina, che «salva dalla morte epurifica da ogni peccato» (Tb 12, 9), la «caritàfervente» che «copre una moltitudine di pec-cati» (1 Pt 4, 8). Gli iniziatori delle OpereMissionarie, a partire da Pauline Jaricot, noninventarono le preghiere e le opere a cui affi-dare i loro desideri riguardo all’annuncio delVangelo, ma li trassero semplicemente dal te-soro inesauribile dei gesti più familiari e abi-tuali per il Popolo di Dio in cammino nellastoria.

— Le Opere Missionarie, sorte in maniera gra-tuita nella trama di vita del popolo di Dio, perla loro configurazione semplice e concreta so-no state riconosciute e stimate dalla Chiesa diRoma e dai suoi Vescovi, i quali nell’ultimosecolo hanno chiesto di poterle adottare comepeculiare strumento del servizio da essi resoalla Chiesa universale. Per questa via è statoattribuito a tali Opere la qualifica di “Pontifi-cie”. Da quel momento, risalta nella fisiono-mia delle POM la loro caratteristica di stru-mento di servizio a sostegno delle Chiese par-ticolari, nell’opera di annuncio del Vangelo.Per questa medesima via le Pontificie OpereMissionarie si sono offerte con docilità comestrumento di servizio alla Chiesa, in seno alministero universale svolto dal Papa e dallaChiesa di Roma, che «presiede nella carità».In questo modo, con il loro stesso percorso, esenza entrare in complesse dispute teologiche,le POM hanno smentito gli argomenti di chi,anche negli ambienti ecclesiastici, contrapponein maniera impropria carismi e istituzioni, leg-gendo sempre i rapporti tra queste realtà attra-verso una ingannevole “dialettica dei principi”.Mentre nella Chiesa anche gli elementi strut-turali permanenti — come i sacramenti, il sa-cerdozio e la successione apostolica — vannocontinuamente ricreati dallo Spirito Santo, enon sono a disposizione della Chiesa come unoggetto di possesso acquisito (cfr. Card. J.R a t z i n g e r, I movimenti ecclesiali e la loro colloca-zione teologica. Intervento al Convegno mon-diale dei movimenti ecclesiali, Roma, 27-29maggio 1998).

— Le Opere missionarie, fin dalla loro primadiffusione, si sono strutturate come una rete capil-l a re diffusa nel Popolo di Dio, pienamente an-corata e di fatto “immanente” alla rete dellepreesistenti istituzioni e realtà della vita eccle-siale, come le diocesi, le parrocchie, le comu-nità religiose. La vocazione peculiare dellepersone coinvolte nelle Opere Missionarie nonè mai stata vissuta e percepita come una viaalternativa, un’appartenenza “esterna” risp ettoalle forme ordinarie della vita delle Chieseparticolari. La sollecitazione a pregare e racco-gliere risorse per la missione è sempre stataesercitata come un servizio alla comunione ec-clesiale.

— Le Opere Missionarie, diventate col temporete diffusa in tutti i Continenti, riflettono per laloro stessa configurazione la varietà di accenti,condizioni, problemi e doni che connotano lavita della Chiesa nei diversi luoghi del mondo.Una pluralità che può proteggere da omologa-zioni ideologiche e unilateralismi culturali. Inquesto senso, anche attraverso le POM si può

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se fosse quello l’obiettivo e l’orizzonte della lo-ro missione.

Fin qui ho voluto riprendere e riproporrecriteri e spunti sulla missione della Chiesa, cheavevo già esposto in maniera più distesanell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium.L’ho fatto perché credo che anche per lePOM sia utile e fecondo — e non rinviabile —confrontarsi con quei criteri e suggerimenti, inquesto tratto del loro cammino.

LE POM E IL TEMPO PRESENTETALENTI DA S V I L U P PA R ET E N TA Z I O N I E M A L AT T I E

DA E V I TA R E

Dove conviene guardare, per il presente e ilfuturo delle POM? Quali zavorre rischiano in-vece di appesantirne il cammino?

Nella fisionomia, direi nell’identità dellePontificie Opere Missionarie si colgono certitratti distintivi — alcuni, per così dire, genetici,altri acquisiti lungo il percorso storico — chevengono spesso trascurati o considerati comescontati. Eppure proprio quei tratti possonocustodire e rendere prezioso, soprattutto neltempo presente, il contributo di questa “re t e ”

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sperimentare il mistero dell’universalità dellaChiesa, in cui l’opera incessante dello SpiritoSanto crea l’armonia tra le voci diverse, men-tre il Vescovo di Roma, con il suo servizio dicarità, esercitato anche attraverso le PontificieOpere Missionarie, custodisce l’unità nella fe-de.

Tutte le caratteristiche fin qui descritte pos-sono aiutare le Pontificie Opere Missionarie asottrarsi alle insidie e patologie incombenti sulloro cammino e su quello di tante altre istitu-zioni ecclesiali. Ne segnalo alcune.

INSIDIE DA E V I TA R E

Au t o re f e re n z i a l i t à . Organizzazioni ed entitàecclesiastiche, al di là delle buone intenzionidei singoli, finiscono talvolta per ripiegarsi susé stesse, dedicando energie e attenzioni so-prattutto alla propria auto-promozione e allacelebrazione in chiave pubblicitaria delle pro-prie iniziative. Altre sembrano dominatedall’ossessione di ridefinire continuamente lapropria rilevanza e i propri spazi in seno allaChiesa, con la giustificazione di voler rilancia-re al meglio la propria missione. Per queste vie— ha detto una volta l’allora Cardinale JosephRatzinger — si alimenta anche l’idea inganne-vole che una persona sia tanto più cristianaquanto più è impegnata in strutture intra-ec-clesiali, mentre in realtà quasi tutti i battezzativivono la fede, la speranza e la carità nelle lo-ro vite ordinarie, senza essere mai comparsi incomitati ecclesiastici e senza occuparsi degliultimi sviluppi di politica ecclesiastica (cfr.Una compagnia sempre riformanda, Conferenzaal Meeting di Rimini, 1 settembre 1990).

Ansia di comando. A volte capita che istitu-zioni e organismi sorti per aiutare le comunitàecclesiali, servendo i doni suscitati in essi dalloSpirito Santo, col tempo pretendano di eserci-tare supremazie e funzioni di controllo neiconfronti delle comunità che dovrebbero servi-re. Questo atteggiamento si accompagna quasisempre con la presunzione di esercitare il ruo-lo di “dep ositari” dispensatori di patenti di le-gittimità nei confronti degli altri. Di fatto, inquesti casi ci si comporta come se la Chiesafosse un prodotto delle nostre analisi, dei no-stri programmi, accordi e decisioni.

Elitarismo. Tra chi fa parte di organismi erealtà organizzate nella Chiesa, prende piedediverse volte un sentimento elitario, l’idea nondetta di appartenere a un’aristocrazia. Unaclasse superiore di specialisti che cerca di allar-gare i propri spazi in complicità o in competi-zione con altre elite ecclesiastiche, e addestra isuoi membri secondo i sistemi e le logichemondani della militanza o della competenzatecnico-professionale, sempre con l’intento pri-mario di promuovere le proprie prerogativeo l i g a rc h i c h e .

Isolamento dal popolo. La tentazione elitistain alcune realtà connesse alla Chiesa si accom-pagna talvolta a un sentimento di superiorità edi insofferenza verso la moltitudine dei battez-zati, verso il popolo di Dio che magari fre-quenta le parrocchie e i santuari, ma non ècomposto di “attivisti” occupati in organizza-zioni cattoliche. In questi casi, anche il popolodi Dio viene guardato come una massa inerte,che ha sempre bisogno di essere rianimata emobilitata attraverso una “presa di coscienza”da stimolare attraverso ragionamenti, richiami,insegnamenti. Si agisce come se la certezzadella fede fosse conseguenza di un discorsopersuasivo o di metodi di addestramento.

As t ra z i o n e . Organismi e realtà legate allaChiesa, quando diventano autoreferenziali,perdono il contatto con la realtà e si ammala-no di astrazione. Si moltiplicano inutili luoghidi elaborazione strategica, per produrre pro-getti e linee-guida che servono solo come stru-menti di autopromozione di chi li inventa. Siprendono i problemi e li si seziona in labora-tori intellettuali, dove tutto viene addomestica-to, verniciato secondo le chiavi ideologiche dipreferenza. Dove tutto, fuori dal contesto rea-le, può essere cristallizzato in simulacro, anchei riferimenti alla fede o i richiami verbali a Ge-sù e allo Spirito Santo.

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Fu n z i o n a l i s m o . Le organizzazioni autorefe-renziali ed elitarie, anche nella Chiesa, finisco-no spesso per puntare tutto sull’imitazione deimodelli di efficienza mondani, come quelli im-posti dalla esasperata competizione economicae sociale. La scelta del funzionalismo garanti-sce l’illusione di “sistemare i problemi” conequilibrio, tenere le cose sotto controllo, accre-scere la propria rilevanza, migliorare l’o rd i n a -ria amministrazione dell’esistente. Ma comegià vi dissi nell’incontro che abbiamo avutonel 2016, una Chiesa che ha paura di affidarsialla grazia di Cristo e punta sull’efficientismodegli apparati è già morta, anche se le struttu-re e i programmi a favore dei chierici e dei lai-ci “auto-o ccupati” dovessero durare ancora persecoli.

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CONSIGLI PER IL CAMMINO

Guardando al presente e al futuro, e cercan-do anche nel percorso delle POM le risorseper superare le insidie del cammino e andareavanti, mi permetto di dare alcuni suggerimen-ti, per aiutare il vostro discernimento. Dal mo-mento che avete intrapreso anche un percorsodi riconsiderazione delle POM, che volete siaispirato dalle indicazioni del Papa, offro allavostra attenzione criteri e spunti generali, sen-za entrare nei dettagli, anche perché i diversi

vertire con godimento nel tempo presente, incui anche nella circostanza del flagello dellapandemia si avverte dovunque il desiderio diincontrare e rimanere vicino a tutto ciò che èsemplicemente Chiesa. Cercate pure nuovestrade, nuove forme per il vostro servizio; ma,nel fare questo, non serve complicare ciò che èsemplice.

3) Le POM sono e vanno vissute come unostrumento di servizio alla missione nelle Chieseparticolari, nell’orizzonte della missione dellaChiesa, che abbraccia sempre tutto il mondo.In questo consiste il loro contributo sempreprezioso all’annuncio del Vangelo. Siamo tuttichiamati a custodire per amore e gratitudine,anche con le vostre opere, i germogli di vitateologale che lo Spirito di Cristo fa sbocciaree crescere dove vuole Lui, anche nei deserti.Per favore, nella preghiera chiedete per primacosa che il Signore ci renda tutti più pronti acogliere i segni del suo operare, per poi indi-carli a tutto il mondo. Questo solo può essereutile: chiedere che per noi, per l’intimo del no-stro cuore, l’invocazione allo Spirito Santonon sia ridotta a un postulato sterile e ridon-dante delle nostre riunioni e delle nostre ome-lie. Mentre non serve fare congetture e teoriz-zare su super-strateghi o “centrali direttive”della missione, a cui delegare, come a presuntie immodesti “dep ositari” della dimensionemissionaria della Chiesa, l’impresa di ridestarelo spirito missionario o di dare patenti di mis-sionarietà agli altri. Se in alcune situazioni ilfervore della missione viene meno, è segno chesta venendo meno la fede. E, in quei casi, lapretesa di rianimare la fiamma che si spegnecon strategie e discorsi finisce per indebolirlaancora di più, e fa avanzare solo il deserto.

4) Il servizio svolto dalle POM porta persua natura gli operatori a contatto con innume-revoli realtà, situazioni ed eventi che fannoparte del grande flusso della vita della Chiesa,in tutti i Continenti. In questo flusso ci si puòimbattere in tante pesantezze e sclerosi che ac-compagnano la vita ecclesiale, ma anche neidoni gratuiti di guarigione e consolazione chelo Spirito Santo dissemina nella vita quotidia-na di quella che si potrebbe chiamare la “clas-se media della santità”. E voi potete rallegrarvied esultare, gustando gli incontri che vi posso-no capitare grazie al lavoro delle POM, la-sciandovi sorprendere da essi. Penso ai raccon-ti ascoltati di tanti miracoli che accadono tra ibambini, che magari incontrano Gesù attraver-so le iniziative proposte dall’Infanzia missiona-ria. Per questo la vostra è un’opera che non vamai “sterilizzata” in una dimensione esclusiva-mente burocratico-professionale. Non possonoesistere burocrati o funzionari della missione.E la vostra gratitudine può diventare a suavolta un dono e una testimonianza per tutti.Potete indicare per il conforto di tutti, con imezzi che avete, senza artificiosità, le vicendedi persone e comunità che voi potete incontra-re con più facilità di altri, persone e comunitàin cui risplende gratuitamente il miracolo dellafede, della speranza e della carità.

5) La gratitudine davanti ai prodigi cheopera il Signore tra i suoi prediletti, i poveri ei piccoli a cui Lui rivela le cose nascoste ai sa-pienti (cfr. Mt 11, 25-26), può rendere più faci-le anche per voi sottrarsi alle insidie dei ripiega-menti autoreferenziali e uscire da sé stessi, se-guendo Gesù. L’idea di una missionarietà au-toreferenziale, che passa il tempo a contempla-re e auto-incensarsi per le proprie iniziative,sarebbe in sé stessa un assurdo. Non consuma-te troppo tempo e risorse a “guardarvi addos-so”, a elaborare piani auto-centrati sui mecca-nismi interni, su funzionalità e competenze del

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contesti possono richiedere adattamenti e va-rianti.

1) Per quello che potete, e senza farci sopratroppe congetture, custodite o riscoprite l’inseri-mento delle POM in seno al Popolo di Dio, laloro immanenza alla trama di vita reale in cuisono nate. Farà bene una più intensa “immer-sione” nella vita reale delle persone, cosìcom’è. Fa bene a tutti uscire dal chiuso delleproprie problematiche interne, quando si se-gue Gesù. Conviene calarsi nelle circostanze enelle condizioni concrete, anche curando oprovando a reintegrare la capillarità dell’azionee dei contatti delle POM, nel suo intrecciarsialla rete ecclesiale (diocesi, parrocchie, comu-nità, gruppi). Se si privilegia la propria imma-nenza al Popolo di Dio, con le sue luci e lesue difficoltà, si riesce a sfuggire meglio ancheall’insidia dell’astrazione. Occorre dare rispo-ste a domande ed esigenze reali, più che for-mulare e moltiplicare proposte. Forse nel cor-po a corpo con la vita in atto, e non dai cena-coli chiusi, o dalle analisi teoriche sulle pro-prie dinamiche interne, possono arrivare ancheintuizioni utili per cambiare e migliorare leproprie procedure operative, adattandole ai di-versi contesti e alle diverse circostanze.

2) Suggerisco di fare in modo che l’impian-to essenziale delle POM rimanga quello legatoalle pratiche della preghiera e della raccolta di ri-sorse per la missione, prezioso e caro proprioper la sua elementarità e la sua concretezza.Esso esprime l’affinità delle POM con la fededel Popolo di Dio. Con tutta la flessibilità egli adattamenti richiesti, conviene che questodisegno elementare delle POM non venga di-menticato o stravolto. Preghiere al Signoreperché apra Lui i cuori al Vangelo, e supplichea tutti affinché sostengano anche concretamen-te l’opera missionaria: c’è in questo una sem-plicità e una concretezza che tutti possono av-

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proprio apparato. Guardate fuori, non guarda-tevi allo specchio. Rompete tutti gli specchi dicasa. I criteri da seguire, anche nella realizza-zione dei programmi, puntino ad alleggerire, arendere flessibili strutture e procedure, piutto-sto che appesantire con ulteriori elementi diapparato la rete delle POM. Ad esempio, ognidirettore nazionale, durante il suo mandato, siimpegni a individuare le figure di qualche po-tenziale successore, avendo come unico criterioquello di segnalare non persone del suo girodi amici o compagni di “c o rd a t a ” ecclesiastica,ma persone che gli sembrano avere più fervoremissionario di lui.

6) Riguardo alla raccolta di risorse per aiuta-re la missione, in occasione dei nostri incontripassati ho già richiamato il rischio di trasfor-mare le POM in una ONG tutta votata al re-perimento e allo stanziamento dei fondi. Que-sto dipende dal cuore con cui si fanno le cose,più che dalle cose che si fanno. Nella raccoltadi fondi può essere certo consigliabile e addi-rittura opportuno utilizzare con creatività an-che metodologie aggiornate di reperimento deifinanziamenti da parte di potenziali e beneme-riti sovventori. Ma se in alcune aree la raccoltadi donazioni viene meno, anche per l’affievo-lirsi della memoria cristiana, in quei casi puòvenire la tentazione di risolvere noi il proble-ma “c o p re n d o ” la realtà e puntando su qual-che sistema di raccolta più efficace, che vadaalla ricerca dei grandi donatori. Invece la sof-ferenza per il venir meno della fede e ancheper il calare delle risorse non va rimossa, vamessa nelle mani del Signore. E comunque èbene che la richiesta di offerte per le missionicontinui a essere rivolta prioritariamente a tut-ta la moltitudine dei battezzati, anche puntan-do in maniera nuova sulla colletta per le mis-sioni che si effettua nelle chiese di tutti i Paesia ottobre, in occasione della Giornata Missio-naria Mondiale. La Chiesa continua da sempread andare avanti anche grazie all’obolo dellavedova, al contributo di tutta quella schierainnumerevole di persone che si sentono guari-te e consolate da Gesù e che per questo, per iltraboccare della gratitudine, donano quelloche hanno.

7) Riguardo all’uso delle donazioni ricevute,vagliate sempre con appropriato sensus Eccle-siae la redistribuzione dei fondi a sostegno distrutture e progetti che realizzano in vario mo-do la missione apostolica e l’annuncio delVangelo nelle diverse parti del mondo. Si ten-ga sempre conto delle reali necessità primariedelle comunità, e nel contempo si evitino for-me di assistenzialismo, che invece di offrirestrumenti al fervore missionario finiscono perintiepidire i cuori e alimentare anche nellaChiesa fenomeni di clientelismo parassitario.Con il vostro contributo puntate a dare rispo-ste concrete a esigenze oggettive, senza dilapi-dare risorse in iniziative connotate da astrat-tezza, auto-referenzialità o partorite dal narci-sismo clericale di qualcuno. Non cedete acomplessi di inferiorità o tentazioni di emula-zione verso quelle organizzazioni super-fun-zionali che raccolgono fondi per cause giuste,poi utilizzati in buona percentuale per finan-ziare il proprio apparato e per fare pubblicitàal proprio marchio. Anche quella a volte di-venta una strada per curare innanzitutto i pro-pri interessi, pur mostrando di operare a van-taggio dei poveri e di chi è nel bisogno.

8) Riguardo ai poveri, anche voi non dimenti-catevi di loro. Questa fu la raccomandazioneche, al Concilio di Gerusalemme, gli apostoliPietro, Giovanni e Giacomo diedero a Paolo,Barnaba e Tito, venuti a discutere della loromissione tra i non circoncisi: «Ci pregarono

soltanto di ricordarci dei poveri» (Gal 2, 10).Dopo quella raccomandazione, Paolo organiz-zò le collette in favore dei fratelli della Chiesadi Gerusalemme (cfr. 1 Cor 16, 1). La predile-zione per i poveri e i piccoli fa parte findall’inizio della missione di annunciare il Van-gelo. Le opere di carità spirituale e corporaleverso di loro manifestano una “preferenza divi-na” che interpella la vita di fede di tutti i cri-stiani, chiamati ad avere gli stessi sentimenti diGesù (cfr. Fil 2, 5).

9) Le POM, con la loro rete diffusa in tuttoil mondo, rispecchiano la ricca varietà del “popo-lo dai mille volti” raccolto dalla grazia di Cri-sto, con il suo fervore missionario. Fervore chenon è intenso e vivace sempre e dovunque allastessa maniera. E comunque, nel condividerela stessa urgenza di confessare Cristo morto erisorto, si esprime con accenti diversi, adattan-dosi a diversi contesti. La rivelazione del Van-gelo non si identifica con nessuna cultura e,nell’incontro con nuove culture che non hannoaccolto la predicazione cristiana, non bisognaimporre una determinata forma culturale insie-me con la proposta evangelica. Oggi, anchenel lavoro delle POM, conviene non portare

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bagagli pesanti; conviene custodire il loro pro-filo vario e il loro comune riferimento ai trattiessenziali della fede. Può fare ombra all’uni-versalità della fede cristiana anche la pretesa distandardizzare la forma dell’annuncio, magaripuntando tutto su cliché e slogan che vannodi moda in certi circoli di certi Paesi cultural-mente o politicamente dominanti. A questo ri-guardo, anche il rapporto speciale che uniscele POM al Papa e alla Chiesa di Roma rap-presenta una risorsa e un sostegno di libertà,che aiuta tutti a sottrarsi a mode passeggere,appiattimenti su scuole di pensiero unilateralio omologazioni culturali di impronta neo-colo-nialista. Fenomeni che purtroppo si registranoanche in contesti ecclesiastici.

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10) Le POM non sono nella Chiesa un’entitàa sé stante, sospesa nel vuoto. Tra le loro spe-cificità che conviene sempre coltivare e rinno-vare c’è il vincolo speciale che le unisce al Ve-scovo della Chiesa di Roma, che presiede nellacarità. È bello e confortante riconoscere chequesto vincolo si manifesta in un lavoro con-dotto in letizia, senza cercare applausi o ac-campare pretese. Un’opera che proprio nellasua gratuità si intreccia con il servizio del Pa-pa, servo dei servi di Dio. Vi chiedo che il ca-rattere distintivo della vostra vicinanza al Ve-

un’articolazione su scala puramente nazionaledelle iniziative mette a repentaglio la fisiono-mia stessa della rete delle POM, nonché loscambio di doni tra Chiese e comunità localivissuto come frutto e segno tangibile della ca-rità tra i fratelli, nella comunione con il Vesco-vo di Roma.

In ogni caso, chiedete sempre che ogni con-siderazione riguardante l’assetto operativo del-le POM sia illuminata dall’unica cosa necessa-ria: un po’ d’amore vero alla Chiesa, come ri-flesso dell’amore a Cristo. Il vostro è un servi-zio reso al fervore apostolico, cioè a uno slan-

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scovo di Roma sia proprio questo: la condivi-sione dell’amore alla Chiesa, riflesso perl’amore verso Cristo, vissuto ed espresso nel si-lenzio, senza gonfiarsi, senza marcare i “p ro p r iterritori”. Con un lavoro quotidiano che attin-ga alla carità e al suo mistero di gratuità. Conun’opera che sostenga innumerevoli personeinteriormente grate, ma che magari non sannonemmeno chi ringraziare, perché delle POMnon conoscono neanche il nome. Il misterodella carità, nella Chiesa, si realizza così. Con-tinuiamo ad andare avanti insieme, contenti diavanzare tra le prove grazie ai doni e alle con-solazioni del Signore. Mentre, ad ogni passo,riconosciamo in letizia di essere tutti servi inu-tili, a partire da me.

CONCLUSIONE

Partite con slancio: nel cammino che viaspetta ci sono tante cose da fare. Se ci sonocambiamenti da sperimentare nelle procedure,è bene che essi puntino ad alleggerire, e nonad aumentare i pesi; che siano volti a guada-gnare flessibilità operativa, e non a produrreulteriori apparati rigidi e sempre minacciati diintroversione. Tenendo presente che un’ecces-siva centralizzazione, anziché aiutare, puòcomplicare la dinamica missionaria. E anche

cio di vita teologale che solo lo Spirito Santopuò operare nel Popolo di Dio. Voi pensate afare bene il vostro lavoro, «come se tutto di-pendesse da voi, sapendo che in realtà tuttodipende da Dio» (S. Ignazio di Loyola). Co-me vi ho già detto in un nostro incontro, ab-biate la prontezza di Maria. Quando andò daElisabetta, Maria non lo fece come un gestoproprio: andò come una serva del Signore Ge-sù, che portava in grembo. Di sé stessa nondisse nulla, soltanto portò il Figlio e lodò Dio.Non era lei la protagonista. Andava come laserva di Colui che è anche l’unico protagonistadella missione. Ma non perse tempo, andò difretta, a fare cose per accudire la sua congiun-ta. Lei ci insegna questa prontezza, la frettadella fedeltà e dell’adorazione.

La Madonna custodisca voi e le PontificieOpere Missionarie, e vi benedica suo Figlio, ilSignore Nostro Gesù Cristo. Lui, prima di sa-lire al Cielo, ci ha promesso di stare semprecon noi. Fino alla fine del tempo.

Dato a Roma, presso San Giovanniin Laterano, il 21 maggio 2020, Solennità

dell’Ascensione del Signore

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L’Osservatore Romanogiovedì 28 maggio 2020il Settimanale

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L’immensaprofondità di DioNella meditazione sul mistero che celebriamo oggi,la Santissima Trinità, ci aiuta San Colombano abate,che scriveva: «Chi mai potrà investigare la sublimeessenza di Dio, ineffabile e incomprensibile? Chipotrà scrutare i suoi altissimi misteri?... Chi potràvantarsi di conoscere Dio infinito? Nessuno presu-ma di investigare i misteri incomprensibili di Dio:che cosa sia, come sia, dove sia. Questi sono misteriineffabili, inscrutabili, impenetrabili. Devi crederequesto solo: che Dio è così, come è sempre stato ecome sempre sarà, perché è immutabile. ... Così ladivinità della Trinità si dimostra incomprensibile aisensi dell’uomo. ... La conoscenza di Dio, infatti,quanto più viene discussa, tanto più sembra allonta-narsi da noi. Cerca perciò la conoscenza la cono-scenza di Dio più alta, quella che non sta nelle di-spute verbose, ma nella santità di una buona vita;non nel parlare, ma nella fede che sgorga dalla sem-plicità del cuore».

Si tratta di una verità pesante, indigesta. Potrem-mo pensare che non ha alcun riflesso sulla nostra vi-ta. Ma dobbiamo riflettere che Dio ha rivelato chela sua vita è interamente dono, amore, gioia di ama-re e di essere amato.

Se vivessimo di questa persuasione, quale sicurez-za, quale abbandono totale ci sarebbe in noi! Pensa-re che Dio è sorgente di ogni bene; che tutto ci vie-ne da lui; che tutto è bene; che il Padre dirige tuttoe siamo nelle sue mani.

Per questo dobbiamo vivere all’ombra di questogrande mistero, per riuscire a fare e ad essere qual-cosa di buono.

Domenica7 giugnoSantissima TrinitàEs 34, 4-6. 8-9Salmo Dn 32 Cor 13, 11-13Gv 3, 16-18

#spuntidiriflessione

di LEONARD OSAPIENZA

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 4

Per la cura della Terra e dei poveri

Parola, nei Sacramenti, nell’azione co-stante e interiore dello Spirito Santo. Lafesta dell’Ascensione ci dice che Gesù,pur essendo salito al Cielo per dimorareglorioso alla destra del Padre, è ancora esempre tra noi: da qui derivano la no-stra forza, la nostra perseveranza e lanostra gioia, proprio dalla presenza diGesù tra noi con la forza dello SpiritoSanto.

La Vergine Maria accompagni il no-stro cammino con la sua materna prote-zione: da Lei impariamo la dolcezza e ilcoraggio per essere testimoni nel mondodel Signore risorto.

Dopo il Regina Caeli e la successivapreghiera per la Cina — che pubblichiamoin ultima pagina — il Ponteficeha ricordato la Giornata mondialedelle comunicazioni sociali, ha rivoltoun pensiero alla famiglia salesiananel giorno di Maria Ausiliatrice, haindirizzato un saluto alla comunità

diocesana di Acerra, dove a causadella pandemia non si è potuto recarein visita come era stato programmato.

Ricorre oggi la Giornata Mondiale delleComunicazioni Sociali, dedicata que-st’anno al tema della narrazione. Possaquesto evento incoraggiarci a raccontaree condividere storie costruttive, che ciaiutano a comprendere che siamo tuttiparte di una storia più grande di noi epossiamo guardare con speranza al futu-ro, se ci prendiamo davvero cura comefratelli gli uni degli altri.

Oggi, nel giorno di Maria Ausiliatri-ce, porgo un affettuoso e cordiale salutoai salesiani e alle salesiane. Ricordo congratitudine la formazione spirituale cheho ricevuto dai figli di Don Bosco.

Oggi avrei dovuto recarmi ad Acerra,per sostenere la fede di quella popola-zione e l’impegno di quanti si adopera-no per contrastare il dramma dell’inqui-namento nella cosiddetta Terra dei fuo-chi. La mia visita è stata rimandata; tut-tavia, invio al Vescovo, ai sacerdoti, alle

famiglie e all’intera Comunità diocesanail mio saluto, la mia benedizione e ilmio incoraggiamento, in attesa di incon-trarci appena possibile. Ci andrò, sicu-ro !

E oggi anche è il quinto anniversariodell’Enciclica Laudato si’, con la quale siè cercato di richiamare l’attenzione algrido della Terra e dei poveri. Grazieall’iniziativa del Dicastero per il Serviziodello Sviluppo Umano Integrale, la“Settimana Laudato si’”, che abbiamoappena celebrato, sboccerà in un Annospeciale di anniversario della Laudato si’,un Anno speciale per riflettere sull’Enci-clica, dal 24 maggio di quest’anno finoal 24 maggio del prossimo anno. Invitotutte le persone di buona volontà adaderire, per prendere cura della nostracasa comune e dei nostri fratelli e sorellepiù fragili. Sul sito verrà pubblicata lapreghiera dedicata a questo Anno. Saràbello pregarla.

Auguro a tutti una buona domenica.Per favore, non dimenticatevi di pregareper me. Buon pranzo e arrivederci.

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il Settimanale L’Osservatore Romanogiovedì 28 maggio 2020

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Il trattino a metà parola («com-unico») non è un errore distampa ma una sottolineatura voluta. Diversi e uniti. Com-unico quindi sono (Città del Vaticano, L E V, 2020, pagine 206,euro 15) è un nuovo volume edito dalla Libreria editricevaticana – Dicastero per la comunicazione della Santa Sedeche ha per tema occasioni di dialogo “in azione”, nel suoconcreto declinarsi. Il testo fa parte di «Scambio dei doni»,la collana “ecumenica” dell’editrice che raccoglie i testi e idiscorsi del Pontefice accompagnati da un suo scritto ineditoe da un’introduzione solitamente firmata da unrappresentante dei fratelli e delle sorelle delle Chiese eComunità ecclesiali separate. Della stessa collana fannoparte il volume Nostra Madre Terra. Una lettura cristianadella sfida dell'ambiente (Città del Vaticano, L E V, 2019, pagine144, euro 15) che raccoglie i discorsi del Papa sulla cura delcreato ed è introdotto dalla prefazione del PatriarcaEcumenico di Costantinopoli Bartolomeo, e La preghiera. Ilrespiro della vita nuova con la prefazione del Patriarca diMosca Kirill (Città del Vaticano, L E V, 2019, pagine 208, euro15). Il filo rosso che lega i libri l’uno all’altro è l’ecumenismodei fedeli, quell’ecumenismo pratico che si manifesta nelleiniziative comuni dei cristiani per la salvaguardia del Creatoe dell’ecologia interiore di ciascun essere umano, che dellaCreazione fa parte. Diversi e uniti contiene la prefazione diJustin Welby, Arcivescovo di Canterbury, primate di tuttal’Inghilterra e leader mondiale della Comunione Anglicana ele riflessioni del Santo Padre sulle relazioni umane: relazionitra persone create ad immagine di Dio. «Le relazioni umanepiù belle e più fruttuose — sottolinea Justin Welby — sonoquelle che sono fondate sull’amore che Dio ha per noi». Conlo sguardo di Gesù è il testo inedito di Papa Francesco,aperto dalla storia del “giovane ricco” «che chiede a Gesùcosa deve fare per ereditare la vita eterna». Senza lo“sguardo d’a m o re ” di Dio «la comunicazione umana —scrive Papa Francesco — il dialogo tra le persone, puòfacilmente diventare soltanto un duello dialettico». Diversi euniti. Com-unico quindi sono sarà presto disponibile in varielingue. I diritti sono stati venduti agli editori RomanaEditorial (lingua spagnola), Catholic Truth Society CTS(lingua inglese per Inghilterra, Irlanda e Australia), OurSunday Visitor (lingua inglese per gli Stati Uniti), PaolinePortogallo (per la lingua portoghese), Editura Arcidiocesi diBucarest (per la lingua romena), Editions Salvator (per lalingua francese) e Kršćanska sadašnjost (per la linguac ro a t a ) .

Con lo sguardo di Gesù

Testo ineditodi Francesco

per un nuovovolume della LEV

dedicatoalla comunicazione

e alle relazioniumane

Il giovane riccoin un fermo immagine

del film «Il Vangelosecondo Matteo»

di Pier Paolo Pasolini(1964)

#libri

CIl Papa ha rilanciato l’iniziativa dell’An n ospeciale indetto per il quinto anniversario della«Laudato si’». Le sue parole sono riecheggiatenella Biblioteca privata del Palazzo apostolicovaticano, al termine del Regina Caeli didomenica 24 maggio, data in cui in Italia e inaltri Paesi si è celebrata la solennitàdell’Ascensione, alla quale Francesco ha dedicatola riflessione che ha preceduto la recitadell’antifona mariana.

entre andava per la strada, un tale gli corse in-contro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui,gli domandò: «Maestro buono, che cosa devofare per avere in eredità la vita eterna?». Gesùgli disse: «Perché mi chiami buono? Nessunoè buono, se non Dio solo. Tu conosci i co-mandamenti: Non uccidere, non commettereadulterio, non rubare, non testimoniare il fal-so, non frodare, onora tuo padre e tua ma-dre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte que-ste cose le ho osservate fin dalla mia giovinez-za». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, loamò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’,vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avraiun tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma aqueste parole egli si fece scuro in volto e se neandò rattristato; possedeva infatti molti beni.

Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse aisuoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelliche possiedono ricchezze, entrare nel regno diDio!». I discepoli erano sconcertati dalle sueparole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli,quanto è difficile entrare nel regno di Dio! Èpiù facile che un cammello passi per la crunadi un ago, che un ricco entri nel regno diDio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra lo-ro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù,guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agliuomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibi-le a Dio» (Mc 10, 17-27).

Tutti e tre i vangeli sinottici riportano l’epi-sodio del “giovane ricco”, di quell’uomo (inrealtà l’età esatta non si deduce dalla letturadei testi) che chiede a Gesù cosa deve fare perereditare la vita eterna. C’è un dettaglio inquesto breve dialogo che riporta solo il Vange-lo di Marco, nel mezzo della conversazione,tra una domanda e una risposta, l’evangelistascrive che «Gesù, fissatolo, l’amò» (Mc 10, 21).Un dettaglio che a me appare decisivo. Unparticolare che dice molto dello stile di Gesù,di quello stile che è “essenza”, “sostanza” e ciindica una via per vivere da veri uomini nelmondo. Essere uomini vuol dire comunicare,entrare in contatto con il mondo e con gli altrie costruire relazioni.

Un reciproco scambio di doni

ne, vertiginosa, che non ha al centro il meritodella discussione ma molto di più, il sensostesso dell’esistenza, mia e del mio interlocuto-re .

Interessante quel termine che l’evangelistausa: “fissatolo”, un verbo che sottintende unatteggiamento contemplativo che a sua voltarichiede una dilatazione temporale, un fermareil momento quasi per gustarne ogni attimo.Soprattutto nelle società occidentali il verbo“f i s s a re ”, l’atteggiamento contemplativo sem-bra non avere più cittadinanza, essere sparitodal paesaggio quotidiano, nella vita di tutti igiorni. Nessuno fissa più nessun altro, anzi sequesto accade scatta automatico un senso didisagio e una reazione come di fronte a un pe-ricolo. Si è perso così qualcosa, nessuno guar-da negli occhi l’altro, non si “sta” uno di fron-te all’altro, fermando per un attimo la corsafrenetica del tempo a cui siamo sottoposti.Pensando a questa condizione ho espresso,tornando dal viaggio in Asia lo scorso novem-bre, il mio auspicio che l’Occidente recuperas-se dall’Oriente il senso della “p o esia”, inten-dendo con questa bella parola proprio il sensodella contemplazione, del fermarsi e donarsiun momento di apertura verso se stessi e glialtri nel segno della gratuità, del puro disinte-resse. Senza quel “di più” della poesia, senzaquesto dono, senza la gratuità, non può nasce-re un vero incontro, né una comunicazionepropriamente umana. Gli uomini “comunica-no” non solo perché si scambiano informazio-ni, ma perché provano a costruire una comu-nione. Le parole devono essere quindi comedei ponti gettati per avvicinare le diverse posi-

Mentre i due parlano, Gesù non sta soltantopensando a quello che vuole dire al suo inter-locutore, ma sta pensando a lui, a chi ha da-vanti, anzi, prima ancora di pensare, lo guar-da, lo fissa, con amore. Questo stile Gesù loha mostrato non solo con il giovane ricco macon tutte le persone che ha incontrato. In fon-do il Vangelo è (anche) il racconto dei tantiincontri di Gesù lungo il suo cammino per levie della Palestina. In alcuni casi è facile im-maginare che quel “fissatolo, lo amò” sia acca-duto, pur se non è detto esplicitamente, anchenegli altri incontri di Gesù; pensiamo allachiamata di Matteo (fissato con uno sguardodi elezione e insieme di misericordia), al dialo-go notturno con Nicodemo, o a quello pressoil pozzo di Giacobbe con la samaritana, e for-se anche quelli più rapidi con la donna cana-nea e con Zaccheo. Di sicuro quello sguardo èlo stesso con cui Gesù offre la sua guancia aGiuda chiamandolo “amico”, lo stesso sguardocon cui si volge verso Pietro mentre il gallocanta, e, anche se facciamo fatica a compren-derlo, è lo stesso sguardo con cui osserva si-lenzioso il misero spettacolo del re Erode cheaspetta da lui qualche gesto miracoloso primadi rimandarlo deluso da Pilato. Anche nel dia-logo con il procuratore romano Gesù lo avràfissato con amore.

La fede cristiana si fonda su questa sempliceaffermazione: Gesù è di natura divina e Dio èamore. Questo fondamento determina una se-rie di conseguenze e cambia tutto il modo distare al mondo del cristiano. Senza quellosguardo d’amore la comunicazione umana, ildialogo tra le persone può facilmente diventa-re soltanto un duello dialettico, quello sguardorivela invece che c’è in ballo un’altra questio- CO N T I N UA A PA G I N A 22

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L’Osservatore Romanogiovedì 28 maggio 2020il Settimanale

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Tessere nella condivisione una nuova storiaCO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 2

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 20/21

per trovare un nuovo e più sano equilibrio fra locale e globale,serve la nostra testimonianza creativa; serve la nostra intelligen-za; servono soprattutto la nostra fede e le nostre opere.

Serve allora, guardandosi indietro, a come comunicavamoprima della pandemia, un serio esame di coscienza.

Comunicavamo davvero, prima? O la comunicazione cherimpiangiamo è come le cipolle d’Egitto.

Quanto la nostra comunicazione costruiva comunità? Equanto invece gruppi chiusi?

E come oggi questa traversata del deserto può farci ritrovarepiù veri quando finalmente ci re-incontreremo per le strade,nelle piazze, nelle chiese?

Paradossalmente, la impossibilità di incontrarci, durante ilperiodo della quarantena, e la prospettiva di incontrarci solo adebita distanza nel tempo che verrà (e che si preannuncia nonbreve) ci hanno restituito il desiderio di relazioni vere con glialtri.

Ci hanno fatto vedere con occhi nuovi i nostri vicini di casa,di via, di quartiere. Ci hanno fatto avvertire quanto grande è ilcompito al quale, come credenti, siamo tutti chiamati nel testi-moniare ciò in cui crediamo; nel costruire comunità accoglienti,solidali.

Si vedono già i segni, i semi.Ma serve che attecchiscano sulla terra buona.Sta a noi offrire (anche attraverso la comunicazione) nei ter-

ritori la nostra rete di senso, di lavoro, di condivisione. Sta anoi, servi inutili ma chiamati ad essere i tralci della vita nuova.

Come ha detto Papa Francesco sta a noi «trovare il coraggiodi aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permetterenuove forme di ospitalità, di fraternità, di solidarietà» (Momen-to straordinario di preghiera, Sagrato della basilica di San Pie-tro, venerdì 27 marzo 2020)

La comunicazione va rifondata su una rete che è insieme glo-bale e locale. Digitale e reale. Ed è fatta per unire, non per di-v i d e re .

Per donare non per vendere o comprare.Per dare alla tecnologia una dimensione che la trascenda.Se l’obbligo della distanza fisica dovesse perdurare, se il virus

diventerà endemico, toccherà proprio alla comunicazione assu-mere il ruolo di antivirale, consentendo il «noi» impossibilitatodalla distanza.

Separare isolamento da solitudine, distanza fisica da distanzaso ciale.

Se invece l’obbligo di essere fisicamente distanti terminerà,come tutti ci auguriamo, dipenderà da come avremo saputo ri-costruire la nostra insiemità il modo in cui ci re-incontreremo.

Contrariamente a quel che spesso si pensa, «comunicare»non è solo «trasmettere informazioni» (che a loro volta posso-no essere false, invece che vere).

La comunicazione (anche delle informazioni) non è solo farein modo che le cose dette dal centro arrivino a tutti.

La comunicazione ecclesiale non è trasmettere catechesidall’alto.

Comunicare — lo stiamo riscoprendo — è di più. È molto dipiù. Non c’è comunicazione senza la verità di un incontro.

Comunicare è stabilire relazioni, è stare con.Per questo dobbiamo pensare a come utilizzare la rete, per

mantenere viva (nonostante la distanza) la relazione incarnatatra persone. Per costruire una economia della condivisione, del-lo share. Per profilare le persone non in base alla loro capacitàdi consumo ma in base alla loro capacità di dono.

Il dono può prendere molte forme: si può donare il propriotempo, le proprie competenze, il proprio denaro, la propria pre-ghiera.

Ma solo quando le persone percepiscono di stare collaboran-do a costruire un valore reciproco sono disposte a donare.

Dobbiamo imparare a condividere di più nei nostri quartieri,nelle nostre strade, nei nostri condomini; testimoniando il no-stro essere Chiesa, offrendo il nostro essere Chiesa come il luo-go migliore dove stare insieme.

Oggi più che mai è il momento per la Chiesa di uscire dalleproprie mura, di non pensarsi statica ma dinamica; di non stareferma ad aspettare ma di muoversi e partire per costruire comu-nione attraverso tutti gli strumenti di comunicazione; per darevita a progetti collaborativi per censire, raffinare, classificarel’eccedenza comunicativa caratteristica dell’uomo.

È giunto il momento di pensare la comunicazione come unmodo di redistribuire surplus di materiali, di conoscenza, dia m o re .

Oggi più che mai è l’unione che fa la forza. Anche se ci sem-bra il contrario.

Un proverbio africano racconta che noi possiamo essere ilsorriso di coloro che ci hanno preceduto.

Ecco: ogni storia può essere riscattata, redenta dalla condivi-sione di un sorriso che si fa racconto.

zioni, per creare un terreno comune, un luogodi incontro, di confronto e di crescita.

Questo avvicinamento ha come condizionedi partenza quella di essere disposti ad ascol-tare con pazienza le posizioni dell’altro perchéfissare, guardare presuppone accettare di esse-re fissati, guardati: nella comunicazione ci sioffre uno all’a l t ro .

Su questo tema abbiamo molto da appren-dere dalla lezione del santo cardinale JohnHenry Newman. La sua riflessione si è con-centrata particolarmente sulla dimensionedell’immaginazione e della “disp osizione” delcuore che svolge un ruolo più importante ri-spetto a quello della ragione, affinché un uo-mo possa veramente essere toccato dall’esp e-rienza della fede. Newman si rendeva contoche le persone spesso discutevano e finivanoper litigare non per questioni attinenti al meri-to della discussione, ma per una predisposizio-ne di maggiore o minore apertura nei confron-ti dell’interlocutore. La sua non era una rifles-sione astratta, egli partiva dall’esperienza deldialogo costante con il fratello minore, Char-

les, che era diventato ateo. «Non sei nello sta-to d’animo di chi è disposto ad ascoltare argo-menti, quali che siano», scrive al fratello chesecondo lui finisce per cadere nell’i n c re d u l i t àper una «inadeguatezza del cuore, non dell’in-telletto», perché quando si tratta di argomentireligiosi gli uomini tendono a vedere tutto «at-traverso le lenti di abitudini precedenti».Quello che valeva per il fratello Charles valeoggi per la società contemporanea in cui è dif-ficile trovare un ateismo frutto di uno statod’animo di aperta ostilità al Vangelo, ma piut-tosto è facile imbattersi in un’indifferenza chenasce da una serie di pregiudizi e di un’imma-ginazione che rimane al livello della superfi-cialità e non si lascia scalfire dalla forza dirom-pente dei simboli e dei messaggi del Cristiane-simo. Se la disposizione personale è fonda-mentale, allora lo sforzo necessario in ogni oc-casione di comunicazione è quello di viverlacome un incontro vero e non superficiale cheapra a un dialogo fecondo, generativo chemetta in moto un dinamismo capace di scom-pigliare e trasformare le “pre-disp osizioni”, inaltre parole che apra alla conversione.

#libri

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L’Osservatore Romanogiovedì 28 maggio 2020il Settimanale

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Ci vuole coraggio. Come ho avuto modo didire il 4 febbraio 2019 nell’incontro interreli-gioso al Fo u n d e r ’s Memorial di Abu Dhabi, undialogo effettivo «presuppone la propria iden-tità, cui non bisogna abdicare per compiacerel’altro. Ma al tempo stesso domanda il corag-gio dell’alterità che comporta il riconoscimen-to pieno dell’altro e della sua libertà […] sen-za libertà non si è più figli della famiglia uma-na, ma schiavi. […] Il coraggio dell’alterità èl’anima del dialogo, che si basa sulla sinceritàdelle intenzioni […]. In tutto ciò la preghieraè imprescindibile: essa, mentre incarna il co-raggio dell’alterità nei riguardi di Dio, nellasincerità dell’intenzione, purifica il cuore dalripiegamento su di sé».

Identità e alterità esistono insieme e posso-no convivere solo in un contesto di coraggio,libertà e di preghiera. L’alterità è vitale perl’identità. Mai senza l’altro, il titolo di un belsaggio di Michael De Certeau è un bel “mot-to” che può contraddistinguere l’esistenzaumana che trova nella relazione la sua pienez-za e il suo significato ultimo. Un cuore ripie-gato su di sé si ammala e si “i n c ro s t a ” di sco-rie che ne impediscono il palpito sano e vivifi-cante. La relazione ha un suo “re s p i ro ” che habisogno di un ritmo e di ossigeno pulito, con-dizioni assicurate solo dalla presenza dell’a l t ro .La mia identità è un punto di partenza, masenza l’alterità cade a vuoto, si appassisce e ri-schia di morire. Senza il riconoscimentodell’alterità muore non solo l’altro ma anche iostesso. L’aspetto importante però è che questoriconoscimento per essere “pieno”, deve aprirsial riconoscimento della libertà dell’altro. Que-sto punto è cruciale. Qui ci muoviamo ancorauna volta nel cuore del cristianesimo. Viene insoccorso nuovamente il testo del Vangelo dacui siamo partiti, questa volta con il secondotermine racchiuso in quella frase di tre parole:«Fissatolo, lo amò». Gesù non guarda l’a l t rocome uno “sp ettacolo”, ma come una persona,come un dono, come un essere che Dio ha vo-luto creare liberamente (per amore) e metteresulla sua strada. Nel suo sguardo d’amore vi ègià inserita la dimensione della libertà. Si amasolo nella libertà e solo l’amore vero rende elascia liberi gli altri. È illuminante da questopunto di vista il modo in cui termina l’episo-dio raccontato da Marco; potremmo dire cheil finale è amaro, che “finisce male”. L’interlo-cutore di Gesù rimane deluso, sconcertato e sene va “dolente”. L’evangelista spiega anche ilmotivo di questo atteggiamento («perché ave-va molti beni»), che si potrebbe tradurre an-che così: «Perché non era una persona libera».Come se i beni, impedissero il bene: una vitapoliteista soffoca la possibilità di una vita pie-na, “eterna” come chiede il giovane che non acaso elenca tutti i comandamenti della leggeche lui rispetta senza che questo gli abbia do-nato quella felicità di cui il suo cuore è asseta-to. La libertà è il nodo di questa vicenda esi-stenziale, quei molti beni non permettono l’ac-cesso a una vera libertà. È proprio la libertà il“condimento” essenziale per rendere piena-mente umana l’esistenza delle persone sullaterra, e quindi anche ogni atto comunicativo.Senza la libertà non c’è verità, ogni relazionediventa finzione, ipocrisia, scivola nella super-ficialità o, peggio, nella strumentalizzazione.Mi avvicino all’altro per “usarlo” e così finiscoper togliergli la libertà. Invece è proprio diuna relazione basata sull’amore a garantire lalibertà propria e altrui, anche se questo signifi-ca esporsi al rischio. Amare vuol dire essereaperti al rischio. Gesù nel momento in cui fis-sa il giovane davanti a lui, non lo “squadra”per trovare i suoi punti deboli, ma lo contem-pla come fosse appena uscito dalle mani crea-trici di Dio Padre ed è felice della sua esisten-za, lo ama appunto e lo chiama a superare tut-

te le prigioni e le ferite passate per un avveniredi pienezza, rispondendo così alla sua doman-da sulla possibilità di una vita eterna. In que-sto gesto Gesù si espone al rischio, la sua èuna scommessa sull’altro, sull’uomo e come ta-le la possibilità del fallimento è reale. Il finalesembra chiudersi infatti in modo fallimentare,la parola di Gesù, Parola di Dio, non ha sorti-to alcun effetto, la comunicazione tra i due, vi-sta come schermaglia dialettica, non ha pro-dotto alcun frutto, hanno “p erso” tutti e due;è il “dramma della libertà” per dirla con Do-stoevskij. Ma non è la fine, lo si intuisce dalleparole successive di Gesù: su questo drammapuò sopravvenire il gesto della preghiera,dell’apertura all’alterità di Dio per il quale«nulla è impossibile». Ed è interessante cheGesù faccia questa solenne affermazione, anco-ra una volta, “fissando lo sguardo su di loro”.

Possa lo sguardo di Dio posarsi sempre sul-la nostra vita e noi, a nostra volta, entrando inrelazione e comunicando con gli altri uomini,avere lo stesso sguardo di Gesù che ci fissacon gli occhi dell’amore gratuito e generoso fi-no alla totale donazione di sé.

#libri

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Cari fratelli e sorelle, uniamocispiritualmente ai fedeli cattolici in Cina,

che oggi celebrano, con particolaredevozione, la festa della Beata Vergine

Maria, Aiuto dei cristiani e Patronadella Cina, venerata nel santuario

di Sheshan a Shanghai. Affidiamo allaguida e alla protezione della nostra

Madre Celeste i Pastori e i fedeli dellaChiesa cattolica in quel grande Paese,

perché siano forti nella fede e saldinell’unione fraterna, gioiosi testimoni

e promotori di carità e di speranzafraterna e buoni cittadini.

Carissimi fratelli e sorelle cattoliciin Cina, desidero assicurarvi che

la Chiesa universale, di cui siete parteintegrante, condivide le vostre speranze

e vi sostiene nelle prove della vita. Essavi accompagna con la preghiera per una

nuova effusione dello Spirito Santo,affinché in voi possano risplendere

la luce e la bellezza del Vangelo, potenzadi Dio per la salvezza di chiunque

crede. Nell’esprimere a tutti voi ancorauna volta il mio grande e sincero

affetto, vi imparto una specialeBenedizione Apostolica.

Che la Madonna vi custodisca sempre!Affidiamo, infine, all’i n t e rc e s s i o n e

di Maria Ausiliatrice tutti i discepolidel Signore e tutte le persone di buona

volontà che, in questo tempo difficile,in ogni parte del mondo lavorano

con passione e impegno per la pace,per il dialogo tra le nazioni,

per il servizio ai poveri, per la custodiadel creato e per la vittoria dell’umanità

su ogni malattia del corpo,del cuore e dell’anima.

24 maggio, al termine del Regina Caeli

#controcopertina